• La detenzione dei migranti per conto terzi in Bosnia ed Erzegovina

    Il piano del governo del Regno Unito di realizzare nei Balcani degli hub di rimpatrio dei richiedenti asilo che hanno visto respinta la propria domanda di protezione ha sollevato anche le critiche di Human rights watch. “L’esternalizzazione delle responsabilità pone le persone migranti e richiedenti asilo in una situazione di grave rischio”, spiega Michael Garcia Bochenek, consulente della divisione dei diritti dell’infanzia dell’organizzazione

    Nel marzo di quest’anno il governo del Regno Unito ha proposto di istituire in Bosnia ed Erzegovina -oltre che in Serbia, Albania e Macedonia del Nord- un centro per il rimpatrio in cui detenere i richiedenti asilo che hanno visto respinta la propria domanda di protezione in territorio britannico.

    Secondo il piano avanzato dalla ministra dell’Interno #Yvette_Cooper, le persone verrebbero inviate in queste strutture in attesa di essere rimpatriate nei loro Paesi di origine o in altri Paesi terzi. La proposta del Regno Unito si allinea alla visione della Commissione europea, che vorrebbe introdurre un Sistema europeo comune di rimpatrio con la possibilità, tra le altre cose, “di rimpatriare in un Paese terzo persone il cui soggiorno nell’Ue è irregolare che sono destinatarie di una decisione definitiva di rimpatrio”.

    Facendo riferimento ai Balcani a prendere posizione contro questo progetto è anche Human rights watch (Hrw), che ad aprile ha trascorso due settimane proprio in Bosnia per indagare la condizione delle persone migranti e richiedenti asilo.

    Secondo Michael Garcia Bochenek, consulente senior della divisione dei diritti dell’infanzia dell’organizzazione, “è una pessima strategia, anche solo considerando che si tratta di un Paese che già fatica a gestire il fenomeno migratorio già presente sul suo territorio”. Bochenek ha partecipato all’ispezione del centro di detenzione di Lukavica, nei pressi della capitale Sarajevo, rilevando “ritardi nell’esecuzione dei rimpatri dei richiedenti asilo respinti, oltre a coloro detenuti per motivi di sicurezza nazionale o penali, che in alcuni casi portano a reclusioni prolungate, fino a un massimo di 18 mesi”.

    Inoltre in occasione del monitoraggio i membri di Hrw non hanno potuto parlare in privato con le persone detenute a causa della presenza costante del personale della struttura. Tuttavia, spiega Bochenek ad Altreconomia, “Vaša Prava BiH -organizzazione bosniaca che ha il mandato di fornire consulenza legale gratuita alle persone trattenute- ha registrato diverse denunce da parte dei detenuti circa le condizioni di vita all’interno della struttura detentiva”.

    L’organizzazione che si occupa di diritti civili in Bosnia ed Erzegovina ha riferito che il servizio per gli Affari stranieri è solito non comunicare i dettagli delle accuse né ai detenuti né ai loro avvocati, soprattutto nei casi che riguardano minacce alla sicurezza nazionale. “Nel centro poi non sono previsti nemmeno servizi di supporto psicologico per le persone che presentano problematiche di salute mentale”, aggiunge Bochenek. Secondo quanto riportato da Hrw, l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) in Bosnia avrebbe esplicitato le proprie preoccupazioni circa la trasparenza e la responsabilità nei centri di detenzione presso l’ufficio del Difensore civico del Paese, sollecitandolo a produrre un rapporto ufficiale sulle loro condizioni. Ad oggi però non è stata ancora pubblicata alcuna indagine.

    Volgendo poi l’attenzione al sistema di asilo della Bosnia ed Erzegovina nel suo complesso, il consulente senior di Human Rights Watch denuncia “l’assenza di un’adeguata protezione dei richiedenti asilo, tempi lunghissimi per lo svolgimento delle procedure, accesso limitato alla consulenza legale e preoccupazioni per le condizioni e l’accesso ai servizi”. Secondo i dati del ministero della Sicurezza del Paese, nel 2023 -ultimo anno per cui sono stati resi disponibili dati completi- la Bosnia ha registrato appena 147 domande di asilo. Di queste, solo quattro persone hanno ottenuto il riconoscimento dello status di rifugiato e 63 la protezione sussidiaria.

    Nel report del dicembre 2024 dedicato alla Bosnia ed Erzegovina, l’Unhcr ha rilevato poi che i tempi per l’esame della richiesta di protezione sono estremamente lunghi: sebbene la legge preveda la valutazione delle domande entro sei mesi, infatti, spesso ne trascorrono altrettanti solo per la prima audizione e fino a 344 giorni per la notifica della decisione. Bochenek precisa che “in questo lasso di tempo, i richiedenti asilo sono essenzialmente privi di diritti e possono legalmente cercare lavoro solo dopo nove mesi dalla registrazione”.

    Va detto poi che per le persone in cerca di protezione la Bosnia resta principalmente un Paese di transito verso l’Unione europea. Nel 2023 oltre quattromila cittadini di Paesi terzi sono stati riammessi in Bosnia dagli Stati membri dell’Ue in base ad accordi di riammissione. A loro volta, sulla base di questi accordi, le autorità bosniache hanno trasferito 298 persone, principalmente verso la Serbia. Sono stati invece 683 i provvedimenti di detenzione e 79 quelli di espulsione. A questo proposito però Bochenek puntualizza che “a causa della formulazione vaga del rapporto annuale sulle migrazioni del ministero della Sicurezza, non è chiaro quante di queste decisioni siano state effettivamente eseguite”. È bene ricordare, come fa il rappresentante di Hrw, che “la mancanza di accesso alla protezione e i rischi di una detenzione prolungata senza adeguate garanzie di tutela portano molti cittadini di Paesi terzi riammessi in Bosnia a tentare di varcare nuovamente i confini dell’Unione europea, principalmente attraverso la Croazia”.

    Di fronte a questa realtà fatta di ritardi nelle procedure, accesso limitato all’assistenza legale e gravi carenze circa le condizioni e l’accesso ai servizi delle persone migranti, Human rights watch non ha dubbi sui percorsi che Ue e Regno Unito dovrebbero intraprendere in collaborazione con la Bosnia ed Erzegovina e gli altri Paesi della regione. “Bisognerebbe smettere di puntare sull’esternalizzazione delle frontiere e ora anche dei rimpatri -conclude Michael Garcia Bochenek-. I partner internazionali dovrebbero dare il loro contributo per rafforzare i sistemi di protezione per richiedenti asilo e migranti in Bosnia e non solo. Cambiare strada è ancora possibile, si tratta ‛solo’ di una questione di volontà politica”.

    https://altreconomia.it/la-detenzione-dei-migranti-per-conto-terzi-in-bosnia-ed-erzegovina
    #Bosnie-Herzégovine #migrations #réfugiés #détention #route_des_Balkans #Balkans #externalisation #UK #Angleterre #Serbie #Macédoine_du_Nord #Albanie #renvois #expulsions #hubs #hub_d'expulsion #déboutés #Lukavica

  • #Allemagne : les #refoulements de migrants à la frontière sont-ils légaux ?

    En Allemagne, le nouveau ministre de l’Intérieur a annoncé de possibles refoulement de demandeurs d’asile à la frontière allemande. Qui sera concerné par cette mesure ? Et cette politique est-elle vraiment légale ? InfoMigrants s’est entretenu avec deux avocats spécialisés dans les questions d’asile.

    Le nouveau ministre allemand de l’Intérieur, #Alexander_Dobrindt, a ordonné à la police fédérale de refouler les demandeurs d’asile à la frontière, à moins qu’ils ne soient considérés comme vulnérables.

    Nous avons interrogé deux experts juridiques sur la légalité de ce nouveau tour de vis migratoire. Matthias Lehnert est avocat spécialisé dans le droit d’asile à Leipzig, dans l’est de l’Allemagne. Engin Sanli est avocat spécialisé dans le droit d’asile et de l’immigration à Stuttgart, dans le sud du pays.

    InfoMigrants : Selon vous, qui sera le plus touché par cette nouvelle politique ?

    Matthias Lehnert : Tous ceux qui veulent entrer en Allemagne dans le but de demander l’asile peuvent être concernés. Les personnes vulnérables sont censées être exemptées des refoulements à la frontière, mais on ne sait pas encore exactement comment les personnes seront classées ou reconnues comme vulnérables par la police à la frontière. Ne seront pas seulement touchés des personnes possédant des passeports de pays que l’Allemagne considère comme « sûrs », mais aussi des personnes originaires d’autres pays. Le gouvernement a déjà admis que des #demandeurs_d'asile avaient été refoulés à la frontière.

    Engin Sanli : Je pense que les demandeurs d’asile originaires de pays considérés comme sûrs par le Parlement allemand seront les premiers concernés (l’Allemagne classe les pays suivants comme « sûrs » : les États membres de l’UE, l’#Albanie, la #Bosnie-Herzégovine, la #Géorgie, le #Ghana, le #Kosovo, la #Macédoine, le #Monténégro, la #Moldavie, le #Sénégal, la #Serbie, ndlr). La nouvelle politique est largement basée sur un paragraphe existant dans la loi allemande sur l’asile, à savoir le paragraphe 18. Il stipule que les demandeurs d’asile peuvent être refoulés à la frontière s’ils viennent d’un pays sûr ou si un autre pays est responsable de leur demande d’asile. Dans la pratique, il n’est généralement pas possible de vérifier à la frontière si un autre pays européen est responsable de la demande d’asile d’une personne, comme par exemple en vérifiant ses empreintes digitales dans une base de données de l’Union européenne, de sorte que les personnes seront probablement toujours conduites dans des centres d’accueil et non pas refoulées à la frontière.

    Engin Sanli : Non. Seules les personnes qui traversent la frontière pour demander l’asile sont concernées, pas celles qui sont déjà dans le pays.

    Matthias Lehnert : Une fois que quelqu’un est entré en Allemagne, une fois qu’il a passé un poste frontière, il reste autorisé à demander l’asile.

    Est-ce que tout le monde sera désormais arrêté à la frontière ?

    Engin Sanli : Non. La nouvelle politique peut théoriquement être appliquée partout le long de la frontière allemande, mais en pratique, la police se concentrera probablement sur les points de passage les plus fréquentés par les migrants. Le gouvernement allemand souhaite faire passer le nombre de policiers chargés des contrôles frontaliers de 10 000 à 14 000, ce qui n’est pas suffisant pour contrôler tous les points de passage aux frontières.

    Le ministre de l’Intérieur a déclaré que les demandeurs d’asile vulnérables sont censés être exemptés de cette politique. Il a cité les femmes enceintes et les enfants. Existe-t-il des critères juridiquement contraignants pour déterminer qui est vulnérable ?

    Matthias Lehnert : Une directive européenne sur l’asile liste différents types de groupes vulnérables, comme les femmes célibataires et enceintes, les mineurs, certaines familles avec des enfants en bas âge et les personnes souffrant de problèmes médicaux ou psychologiques. À mon avis, la police fédérale aux frontières n’est pas en mesure ou n’est pas qualifiée pour reconnaître si une personne est vulnérable ; elle n’a pas été formée et n’a aucune qualification pour cela. Parfois, il est évident qu’une personne soit vulnérable, par exemple lorsqu’une grossesse est à un stade très avancé ou s’il s’agit d’une femme seule avec trois enfants. Mais souvent, par exemple dans le cas des victimes de traumatismes, il est très difficile de reconnaître ces critères pour des personnes qui n’ont pas été formées et sans une évaluation adaptée.

    La légalité de cette politique suscite de nombreuses interrogations. Selon vous, est-il légal pour l’Allemagne de rejeter des demandeurs d’asile à la frontière ?

    Engin Sanli : Cela est autorisé en vertu du #droit allemand. Les demandeurs d’asile peuvent se voir refuser l’entrée sur le territoire s’ils viennent d’un autre État membre de l’UE ou d’un autre pays sûr, en vertu du paragraphe 18 de la loi sur l’asile et du paragraphe 16a de la Constitution. Mais en vertu du #droit_européen, et plus précisément du #règlement_Dublin III, le cas de chaque demandeur d’asile doit être examiné, y compris la question de savoir si un autre pays est responsable, avant que le demandeur d’asile ne soit renvoyé dans un autre pays.

    Enfin, la question se pose de savoir si l’Allemagne est autorisée à effectuer des contrôles frontaliers à long terme dans le cadre de l’accord de #libre_circulation de l’espace Schengen. L’extension continue des contrôles frontaliers pourrait également constituer une violation de l’#accord_de_Schengen.

    Matthias Lehnert : Je pense que cette politique n’est pas légale. Le gouvernement allemand a évoqué un article de la législation européenne qui permet de suspendre le règlement de Dublin en cas d’urgence. Mais nous ne sommes pas dans une situation d’#urgence. Si vous regardez les chiffres de l’asile, ils ont baissé, il n’y a pas d’afflux massif de migrants. Il est important de noter ici que le droit européen prime sur le #droit_allemand, c’est à dire que le droit européen est donc plus important que le droit allemand.

    Il existe également une décision de la Cour européenne des droits de l’Homme qui stipule que tout demandeur d’asile a le droit de bénéficier d’une procédure d’asile appropriée, ce que, selon moi, la politique de refoulement à la frontière ne respecte pas.

    Les demandeurs d’asile ont-ils la possibilité de contester un refus à la frontière ?

    Engin Sanli : Si une personne se voit refuser l’entrée à la frontière allemande, elle peut légalement s’y opposer et contester la décision en intentant une action en justice. Les tribunaux allemands transmettent alors généralement l’affaire à la Cour européenne de justice.

    Vous attendez-vous à des actions en justice de la part d’organisations pro-réfugiés ?

    Engin Sanli : Ces organisations peuvent contester la politique de deux manières. La première consiste à engager une action en justice contre cette politique, en affirmant qu’elle est anticonstitutionnelle. Je pense qu’il est peu probable que cela se produise, car la Constitution allemande autorise le refoulement aux frontières, comme je l’ai mentionné.

    La deuxième option consisterait pour les organisations à soutenir légalement et financièrement les personnes dont la demande a été rejetée à la frontière afin qu’elles contestent ce refoulement devant les tribunaux. Je pense que cela se produira probablement, certaines organisations comme Amnesty International et ProAsyl ont déclaré qu’elles avaient l’intention de contester la politique de cette manière.

    Matthias Lehnert : Je m’attends à ce que cette politique soit contestée devant les tribunaux.

    Combien de temps prendront ces actions en justice ?

    Matthias Lehnert : Je m’attends à ce que les premières décisions soient rendues dans deux ou trois mois, mais il est difficile de le dire avec certitude. Mais je pense que la première décision interviendra bientôt.

    https://www.infomigrants.net/fr/post/64534/allemagne--les-refoulements-de-migrants-a-la-frontiere-sontils-legaux
    #illégalité #légalité #frontières #migrations #contrôles_frontaliers #réfugiés #frontières_intérieures #vulnérabilité #tri #pays-tiers_sûrs #asile

  • Le Royaume-Uni annonce un plan pour sanctionner les passeurs de migrants - InfoMigrants
    https://www.infomigrants.net/fr/post/62172/le-royaumeuni-annonce-un-plan-pour-sanctionner-les-passeurs-de-migrant

    Le Royaume-Uni annonce un plan pour sanctionner les passeurs de migrants
    Par La rédaction Publié le : 10/01/2025
    Le gouvernement britannique a annoncé mercredi un plan pour s’attaquer financièrement aux réseaux de passeurs : il prévoit, comme pour les sanctions internationales, de geler les avoirs des passeurs et des fabricants de « small boats » qui collaboreraient avec les trafiquants. Mais la majorité des passeurs utilisent un réseau informel basé sur de l’argent liquide.
    Londres multiplie les mesures pour freiner les arrivées irrégulières au Royaume-Uni. Dernière en date : un régime spécifique de sanctions ciblant les réseaux de passeurs de migrants. « Je suis fier d’annoncer que le Royaume-Uni est sur le point de devenir le premier pays au monde à élaborer une législation pour un nouveau régime de sanctions ciblant spécifiquement l’immigration irrégulière et le crime organisé en matière d’immigration », a déclaré mercredi 8 janvier dans un communiqué le ministre des Affaires étrangères, David Lammy. « Cela contribuera à prévenir, combattre, dissuader et perturber l’immigration irrégulière et le trafic de migrants vers le Royaume-Uni ».
    Ce nouveau dispositif, qui doit entrer en vigueur dans le courant de l’année, permettra « de cibler les individus et entités qui organisent ces dangereuses traversées » de la Manche, et qui « réalisent d’importants profits en exploitant des personnes vulnérables », insiste le Foreign Office. Concrètement, les autorités britanniques prévoient, comme pour les sanctions internationales, de geler les avoirs des passeurs et des fabricants de « small boats » qui collaboreraient avec les trafiquants. Le but, selon le gouvernement : « Endiguer les flux financiers à leur source ».
    Le ministère des Affaires étrangères « prévoit de collaborer étroitement avec les alliés internationaux » pour mener à bien son projet. Mais cette mesure ne s’appliquera qu’aux avoirs britanniques des passeurs, souvent basés à l’étranger, qui utilisent rarement les réseaux bancaires traditionnels. La majorité des trafiquants utilisent un réseau informel basé sur de l’argent liquide. Ce plan est « très similaire aux pouvoirs utilisés contre les terroristes, ce qui nous permet de saisir leurs biens, de les empêcher de voyager et de les mettre hors d’état de nuire », pense le gouvernement. Les autres régimes de sanctions existants (contre certains dirigeants iraniens, ou encore les soutiens à la guerre lancée par la Russie contre l’Ukraine), prévoient notamment des gels d’avoirs, des restrictions financières ou encore des interdictions d’entrer sur le territoire britannique.
    Depuis son arrivée au pouvoir en juillet 2024, le Premier ministre britannique Keir Starmer a promis de renforcer la lutte contre les réseaux de passeurs, qu’il entend traiter « comme des terroristes ».
    Le gouvernement a notamment créé un nouveau centre de commandement dédié à la « sécurité des frontières » et a renforcé sa coopération avec ses partenaires européens pour traquer ces réseaux. Le Royaume-Uni a aussi signé l’an dernier un partenariat avec l’Irak qui vise à renforcer la collaboration des deux pays contre les réseaux de passeurs et de « travailler » à accélérer le retour des migrants irakiens dans leur pays, quand ils n’ont pas de titre de séjour valable au Royaume-Uni. Quelques mois plus tôt, Londres avait conclu des accords avec la Serbie, la Macédoine du Nord et le Kosovo destinés à « accroître le partage de renseignements et à intercepter les gangs criminels de passeurs ». Début novembre, Keir Starmer avait aussi annoncé la création d’un fonds de 90 millions d’euros consacré à la lutte contre les trafiquants opérant dans la Manche. L’argent doit notamment servir à financer des équipements de surveillance de haute technologie et 100 enquêteurs spécialisés contre les réseaux de passeurs.
    Mais malgré toutes ces mesures, les traversées de la Manche, à bord d’embarcations précaires et non adaptées à la navigation, ne faiblissent pas. Au contraire. En 2024, 36 816 personnes ont débarqué sur les rives britanniques depuis les côtes françaises. C’est 25 % de plus qu’en 2023. Ce chiffre est toutefois en deçà du record atteint en 2022, avec 45 774 arrivées. Selon la préfecture du Pas-de-Calais, au moins 5 800 personnes ont par ailleurs été secourues en mer en 2024 côté français, et plus de 870 tentatives de traversée ont été empêchées par les forces de l’ordre déployées sur le littoral.
    Afin de gagner le Royaume-Uni, les migrants versent des milliers d’euros à des passeurs pour s’entasser sur des canots pneumatiques. Depuis plusieurs mois, les associations présentes dans le nord de la France dénoncent des montées à bord toujours plus chaotiques. Les causes sont nombreuses : canots surchargés, bousculades, violences de la part des forces de l’ordre françaises pour empêcher les départs. Résultat : les décès survenus sur cette route migratoire n’ont jamais été si nombreux. Au moins 76 personnes sont mortes noyées ou étouffées l’an dernier, faisant de 2024 l’année la plus meurtrière dans la Manche.

    #Covid-19#migrant#migration#royaumeuni#politiquemigratoire#trafic#migrationirrreguliere#manche#passeur#serbie#macédoinedunord#kosovo#sante

  • La Serbie va recevoir 14 millions d’euros de l’UE pour renforcer ses frontières

    L’Union européenne a promis une enveloppe de 14 millions d’euros à la Serbie pour renforcer les contrôles aux frontières. Les arrivées en Serbie ont déjà fortement diminué depuis 2023, avec une route migratoire qui se décale du côté de la Macédoine du Nord et de la Bosnie-Herzégovine.

    La Serbie s’apprête à recevoir une enveloppe de quatorze millions euros de la part de l’#Union_européenne pour lutter contre les migrations irrégulières et renforcer ses frontières.

    « Il s’agira d’#équipements spéciaux destinés aux couloirs verts et bleus, c’est-à-dire les frontières et les rivières », a précisé #Emanuele_Giaufret, le chef de la Délégation de l’Union européenne à Belgrade, rapporte l’AFP.

    Entre 2021 et 2024, l’UE a augmenté de 60 % ses financements en faveur des pays des Balkans occidentaux, pour atteindre plus de 350 millions d’euros. Des aides destinées à la fois à la gestion des frontières mais aussi aux systèmes d’asile et d’accueil.

    Une route « pratiquement fermée » selon l’Intérieur serbe

    En réaction à cette nouvelle enveloppe de 14 millions d’euros, le ministre serbe de l’Intérieur, Ivica Dačić, a mis en avant le fait que la route migratoire de la Serbie vers la Hongrie était « pratiquement fermée », mais que de #nouvelles_routes migratoires apparaissaient sans cesse. Il a également précisé qu’en 2023, le nombre de passages migratoires aux frontières serbes avait été réduit de près de 70% par rapport à 2022.

    Une nette diminution corroborée par les chiffres de l’Organisation internationale pour les migrations (OIM) : entre janvier et octobre 2024, 15 200 migrants sont arrivés en Serbie, contre 106 000 en 2023 et 120 000 en 2022.

    De manière plus globale, au cours des cinq premiers mois de 2024, le nombre total de franchissements des frontières de l’UE par la route des Balkans a chuté de 71 % par rapport à l’an passé, pour atteindre un peu plus de 8 900 franchissements, selon les chiffres de Frontex, l’agence européenne des gardes-frontières.

    #Frontex bientôt déployée en #Macédoine_du_Nord et #Bosnie-Herzégovine

    Frontex est déjà déployée en Serbie, au niveau des frontières avec la Bulgarie et la Hongrie, depuis un accord de coopération signé fin juin. Cet accord encadre les opérations conjointes avec les gardes serbes pour surveiller les frontières albanaises, macédoniennes et celles du Monténégro.

    Cette coopération sera bientôt étendue à la Macédoine du Nord et à la Bosnie-Herzégovine, a fait savoir l’UE. Pour rappel, ces deux pays ne font pas partie de l’UE - malgré des demandes d’adhésion introduites en 2005 pour l’un et en 2016 pour l’autre - et constituent une voie d’entrée dans l’UE.

    Le but est de s’adapter aux changements de route : dès 2023, Frontex notait que la route migratoire principale se décalait de la frontière serbe pour se rapprocher plutôt de cette frontière de l’UE avec la Bosnie-Herzégovine. Frontex y enregistrait 80 % de passages frontaliers irréguliers supplémentaires en 2023, par rapport à 2022.

    https://www.infomigrants.net/fr/post/61577/la-serbie-va-recevoir-14-millions-deuros-de-lue-pour-renforcer-ses-fro

    #Balkans #route_des_Balkans #Serbie #externalisation #externalisation_des_frontières #frontières #contrôles_frontaliers #asile #migrations #réfugiés #aide_financière #militarisation_des_frontières #gestion_des_frontières #Frontex

  • Lutte contre l’immigration irrégulière : le #Royaume-Uni signe des accords avec trois pays des #Balkans

    Londres va signer des accords avec la #Serbie, la #Macédoine_du_Nord et le #Kosovo destinés à « accroître le partage de #renseignements et à intercepter les gangs criminels de #passeurs ». L’an dernier, « près de 100 000 migrants ont transité » par les Balkans occidentaux, ce qui en fait une « route importante utilisée par ceux qui se retrouvent illégalement dans l’UE ou au Royaume-Uni », selon le gouvernement britannique.

    Le Royaume-Uni multiplie les partenariats pour tenter de freiner l’immigration irrégulière. Le gouvernement britannique a annoncé mercredi 6 novembre qu’il allait signer des accords avec la Serbie, la Macédoine du Nord et le Kosovo, trois pays de transit des migrants en route vers l’Europe de l’ouest.

    La coopération entre le Royaume-Uni et ces trois États vise à « accroître le partage de renseignements et à intercepter les gangs criminels de passeurs », précise Downing Street dans un communiqué.

    L’an dernier, « près de 100 000 migrants ont transité » par les Balkans occidentaux, ce qui en fait une « route importante utilisée par ceux qui se retrouvent illégalement dans l’UE ou au Royaume-Uni », selon Londres.

    « Il existe un empire criminel qui opère sur notre continent, à l’origine d’un terrible bilan humain et qui porte atteinte à notre sécurité nationale », a déclaré le Premier ministre Keir Starmer dans le communiqué. « Le Royaume-Uni sera au cœur des efforts visant à mettre fin au fléau de la criminalité organisée liée à l’immigration, mais nous ne pouvons pas le faire de manière isolée », a-t-il ajouté.
    Accord similaire avec l’Albanie

    Ces accords sont largement inspirés de celui conclu avec l’Albanie fin 2022. Le Premier ministre de l’époque, le conservateur Rishi Sunak, avait détaillé un éventail de mesures destinées, déjà, à lutter contre l’immigration illégale. Parmi elles, l’envoi d’agents de la police aux frontières britanniques à l’aéroport de Tirana, « des contrôles renforcés [...] à tous les points de passage frontaliers à travers le pays, des contrôles accrus sur les citoyens albanais qui se trouvent illégalement sur le territoire du Royaume-Uni et des échanges d’officiers de police de haut niveau dans les deux États », indiquait un communiqué du Home Office, l’équivalent du ministère de l’Intérieur.

    En juin 2023, une campagne sur les réseaux sociaux avait été lancée par ce même gouvernement. Des publications avaient été diffusées sur Facebook et Instagram pour prévenir les exilés qu’ils « risquent d’être détenus et expulsés » s’ils arrivent illégalement au Royaume-Uni.

    À cette époque, les Albanais représentaient un tiers des personnes qui embarquaient sur des canots via la Manche.
    Plus de coopération avec les pays de l’UE

    Dès son élection en juillet dernier, le travailliste Keir Starmer a abandonné le projet controversé des précédents gouvernements conservateurs visant à expulser vers le Rwanda les demandeurs d’asile arrivés de façon irrégulière. Le Premier ministre met l’accent sur la lutte contre les réseaux de passeurs et veut accroître la collaboration avec les pays européens pour faire baisser les arrivées.

    En début de semaine, Keir Starmer a annoncé la création d’un fonds de 90 millions d’euros consacré à la lutte contre les trafiquants opérant dans la Manche. L’argent servira notamment à financer des équipements de surveillance de haute technologie et 100 enquêteurs spécialisés contre les réseaux de passeurs.

    Le travailliste a également appelé à davantage de coopération avec la France, l’Allemagne et l’Italie pour contrer les passeurs, une « menace comparable au terrorisme » selon lui.

    Le Royaume-Uni, en sortant de l’Union européenne, a perdu l’accès à des bases de données, comme Eurodac, qui contient les empreintes digitales des demandeurs d’asile et migrants arrivant dans l’UE, et le Système d’information Schengen (SIS) portant sur des personnes recherchées, disparues ou en situation irrégulière dans cet espace de libre circulation.
    Plus de 31 000 arrivées au Royaume-Uni

    Malgré les plans successifs en matière de lutte contre l’immigration illégale, les arrivées de migrants sur les côtes britanniques ne faiblissent pas. Depuis janvier, plus de 31 500 exilés ont débarqué au Royaume-Uni en traversant la Manche. Un chiffre en hausse par rapport à l’an dernier où près de 30 000 migrants étaient arrivés en Angleterre par « small boats ». Mais on est encore loin du record enregistré en 2022 avec l’arrivée de 45 000 personnes.

    Certaines personnes en revanche n’atteignent jamais les côtes anglaises. Ces dernières semaines, les drames se succèdent dans la Manche. On compte, pour le seul mois d’octobre, neuf décès dans cette zone maritime. Et depuis janvier, plus de 60 exilés au total ont trouvé la mort lors de cette périlleuse traversée. Ce qui fait de 2024 l’année la plus meutrière dans la Manche, depuis l’apparition du phénomène des « small boats » en 2018.

    https://www.infomigrants.net/fr/post/61064/lutte-contre-limmigration-irreguliere--le-royaumeuni-signe-des-accords
    #Angleterre #GB #route_des_Balkans #accord #coopération #sécurité_nationale #Albanie #migrations #réfugiés

  • Lutte contre l’immigration irrégulière : le Royaume-Uni signe des accords avec trois pays des Balkans - InfoMigrants
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    Lutte contre l’immigration irrégulière : le Royaume-Uni signe des accords avec trois pays des Balkans
    Par La rédaction Publié le : 08/11/2024
    Londres va signer des accords avec la Serbie, la Macédoine du Nord et le Kosovo destinés à « accroître le partage de renseignements et à intercepter les gangs criminels de passeurs ». L’an dernier, « près de 100 000 migrants ont transité » par les Balkans occidentaux, ce qui en fait une « route importante utilisée par ceux qui se retrouvent illégalement dans l’UE ou au Royaume-Uni », selon le gouvernement britannique.
    Le Royaume-Uni multiplie les partenariats pour tenter de freiner l’immigration irrégulière. Le gouvernement britannique a annoncé mercredi 6 novembre qu’il allait signer des accords avec la Serbie, la Macédoine du Nord et le Kosovo, trois pays de transit des migrants en route vers l’Europe de l’ouest. La coopération entre le Royaume-Uni et ces trois États vise à « accroître le partage de renseignements et à intercepter les gangs criminels de passeurs », précise Downing Street dans un communiqué.
    L’an dernier, « près de 100 000 migrants ont transité » par les Balkans occidentaux, ce qui en fait une « route importante utilisée par ceux qui se retrouvent illégalement dans l’UE ou au Royaume-Uni », selon Londres. « Il existe un empire criminel qui opère sur notre continent, à l’origine d’un terrible bilan humain et qui porte atteinte à notre sécurité nationale », a déclaré le Premier ministre Keir Starmer dans le communiqué. « Le Royaume-Uni sera au cœur des efforts visant à mettre fin au fléau de la criminalité organisée liée à l’immigration, mais nous ne pouvons pas le faire de manière isolée », a-t-il ajouté.
    Ces accords sont largement inspirés de celui conclu avec l’Albanie fin 2022. Le Premier ministre de l’époque, le conservateur Rishi Sunak, avait détaillé un éventail de mesures destinées, déjà, à lutter contre l’immigration illégale. Parmi elles, l’envoi d’agents de la police aux frontières britanniques à l’aéroport de Tirana, « des contrôles renforcés [...] à tous les points de passage frontaliers à travers le pays, des contrôles accrus sur les citoyens albanais qui se trouvent illégalement sur le territoire du Royaume-Uni et des échanges d’officiers de police de haut niveau dans les deux États », indiquait un communiqué du Home Office, l’équivalent du ministère de l’Intérieur.
    En juin 2023, une campagne sur les réseaux sociaux avait été lancée par ce même gouvernement. Des publications avaient été largement diffusées sur Facebook et Instagram pour prévenir les exilés qu’ils « risquent d’être détenus et expulsés » s’ils arrivent illégalement au Royaume-Uni. À cette époque, les Albanais représentaient un tiers des personnes qui embarquaient sur des canots via la Manche.
    Dès son élection en juillet dernier, le travailliste Keir Starmer a abandonné le projet controversé des précédents gouvernements conservateurs visant à expulser vers le Rwanda les demandeurs d’asile arrivés de façon irrégulière. Le Premier ministre met l’accent sur la lutte contre les réseaux de passeurs et veut accroître la collaboration avec les pays européens pour faire baisser les arrivées.
    Les garde-côtes britanniques portent secours aux migrants dans la Manche, le 23 juin 2024. Crédit : Marlène Panara/InfoMigrants
    Les garde-côtes britanniques portent secours aux migrants dans la Manche, le 23 juin 2024. Crédit : Marlène Panara/InfoMigrants
    En début de semaine, Keir Starmer a annoncé la création d’un fonds de 90 millions d’euros consacré à la lutte contre les trafiquants opérant dans la Manche. L’argent servira notamment à financer des équipements de surveillance de haute technologie et 100 enquêteurs spécialisés contre les réseaux de passeurs. Le travailliste a également appelé à davantage de coopération avec la France, l’Allemagne et l’Italie pour contrer les passeurs, une « menace comparable au terrorisme » selon lui. Le Royaume-Uni, en sortant de l’Union européenne, a perdu l’accès à des bases de données, comme Eurodac, qui contient les empreintes digitales des demandeurs d’asile et migrants arrivant dans l’UE, et le Système d’information Schengen (SIS) portant sur des personnes recherchées, disparues ou en situation irrégulière dans cet espace de libre circulation.
    Malgré les plans successifs en matière de lutte contre l’immigration illégale, les arrivées de migrants sur les côtes britanniques ne faiblissent pas. Depuis janvier, plus de 31 500 exilés ont débarqué au Royaume-Uni en traversant la Manche. Un chiffre en hausse par rapport à l’an dernier où près de 30 000 migrants étaient arrivés en Angleterre par « small boats ». Mais on est encore loin du record enregistré en 2022 avec l’arrivée de 45 000 personnes.
    Certaines personnes en revanche n’atteignent jamais les côtes anglaises. Ces dernières semaines, les drames se succèdent dans la Manche. On compte, pour le seul mois d’octobre, neuf décès dans cette zone maritime. Et depuis janvier, plus de 60 exilés au total ont trouvé la mort lors de cette périlleuse traversée. Ce qui fait de 2024 l’année la plus meutrière dans la Manche, depuis l’apparition du phénomène des « small boats » en 2018.

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  • Balkans : Frontex va déployer des garde-frontières en Serbie pour lutter contre l’immigration irrégulière - InfoMigrants
    https://www.infomigrants.net/fr/post/58029/balkans--frontex-va-deployer-des-gardefrontieres-en-serbie-pour-lutter

    Balkans : Frontex va déployer des garde-frontières en Serbie pour lutter contre l’immigration irrégulière
    Par La rédaction Publié le : 26/06/2024
    Belgrade a signé un nouvel accord mardi avec l’agence européenne de surveillance des frontières afin de lutter contre les flux migratoires irréguliers. Ce pays des Balkans est un point de transit pour de nombreux migrants en route vers la Hongrie, porte d’entrée de l’UE. La Serbie a signé mardi 25 juin un accord avec l’agence européenne de garde-frontières Frontex visant à renforcer la « coopération opérationnelle » entre l’Union européenne et le pays des Balkans, qui est depuis longtemps un point de transit pour les migrants souhaitant entrer en Europe. L’année dernière, près de 100 000 migrants ont emprunté cette route, selon Frontex. Pour rappel, une même personne peut être comptabilisée plusieurs fois, à chacune de ses tentatives.
    Selon cet accord, l’agence des garde-frontières sera autorisée à lancer des opérations conjointes avec les gardes serbes pour surveiller les frontières albanaises, macédoniennes et celles du Monténégro. « Le renforcement de la gestion des frontières tout au long de la route migratoire est essentiel pour réduire les arrivées irrégulières, compte tenu également de l’évolution du mode opératoire des passeurs et des risques liés au trafic d’armes à feu et à la criminalité organisée », a déclaré la Commission européenne dans un communiqué.
    Depuis plusieurs mois, Belgrade lutte contre des réseaux criminels, souvent surarmés. En novembre 2023, une opération nationale d’envergure avait mené à l’arrestation de trafiquants et de 4 500 migrants. Ce coup de filet d’envergure faisait suite à une fusillade meurtrière du 27 octobre lors de laquelle trois migrants avaient été tués non loin de la frontière hongroise. Les tirs avaient eu lieu dans une ferme abandonnée près du village frontalier de Horgos, où viennent souvent camper les migrants qui tentent d’entrer en Hongrie, selon les médias.
    En juillet 2022, un migrant avait été tué et au moins six autres - dont une adolescente - blessés près de la frontière hongroise dans un échange de tirs entre groupes de passeurs, avait rapporté la radio-télévision publique serbe RTS. « La Serbie protège ses frontières, mais ce faisant, elle assure également la sécurité et la stabilité de toute l’Europe. C’est pourquoi nous avons besoin d’une réponse et d’un soutien unifiés », a déclaré Ivica Dacic, le ministre serbe de l’Intérieur, aux journalistes, à l’issue de la signature de l’accord.La Serbie, qui est candidate à l’adhésion à l’UE depuis 2012, se trouve le long de la route des Balkans, empruntée par les migrants qui se dirigent vers l’Union européenne.
    Par le passé, les autorités serbes ont aussi été accusées d’avoir agressé des migrants. Au mois de février 2024, par exemple, une vidéo publiée par une ONG montrait une file d’hommes à moitié nus sur une route près de la frontière entre la Serbie et la Macédoine du Nord. Ces migrants avaient été expulsés manu militari par les forces serbes vers le pays voisin.
    Ce n’est pas la première fois que Frontex se déploie dans les Balkans. Dernier accord en date, le 25 octobre 2022 : l’Union européenne avait alors décidé d’augmenter son aide financière et humaine à la Serbie, la Bosnie, l’Albanie et le Monténégro. « Nous sommes déterminés à aider nos partenaires des Balkans occidentaux […] Nous proposons de négocier des accords […] ce qui permettrait à des équipes Frontex d’être déployées dans chacun des quatre pays partenaires et d’y exercer leur mandat dans son intégralité, afin que les frontières de ces pays continuent d’être respectées et protégées conformément aux bonnes pratiques européennes », avait déclaré Ylva Johansson. Le lendemain, le 26 octobre, l’UE et la Macédoine du Nord avaient aussi signé un accord de coopération avec l’agence européenne. « Frontex sera en mesure de déployer des équipes du contingent permanent afin de travailler main dans la main avec les garde-frontières de Macédoine du Nord, de prévenir la criminalité transfrontière, en particulier le trafic de migrants et la traite des êtres humains », avait aussi déclaré la commissaire aux affaires intérieures. Entre 2021 et 2024, l’UE a également augmenté de 60% ses financements en faveur des pays des Balkans occidentaux, pour atteindre au moins 350 millions d’euros. Des aides destinées à mettre en place des systèmes efficaces de gestion des migrations, y compris d’asile et d’accueil.

    #Covid-19#migrant#migration#UE#serbie#FRONTEX#balkan#macedoine#albanie#montenegro#routemigratoire#trafic#droit#sante

  • #Macédoine_du_Nord : la nouvelle présidente refuse d’utiliser le nom officiel du pays

    Lors de sa prestation de serment, #Gordana_Siljanovska-Davkova, première femme présidente de la Macédoine du Nord, a refusé de prononcer le nouveau nom du pays adopté après un accord « historique » avec la Grèce.

    Fraîchement élue, la première femme présidente de la Macédoine du Nord a refusé de prononcer le nouveau nom du pays utilisé depuis un accord conclu en 2018 avec la Grèce. « Je déclare que j’exercerai la fonction de présidente de Macédoine de manière consciencieuse et responsable, que je respecterai la Constitution et les lois et que je protégerai la souveraineté, l’intégrité territoriale et l’indépendance de la Macédoine », a déclaré dimanche 12 mai Gordana Siljanovska-Davkova devant les députés du Parlement et des invités lors de sa prestation de serment.

    Dans le texte officiel, qu’elle a répété, c’est bien le nom constitutionnel de Macédoine du Nord qui est employé. Skopje a conclu en 2018 un accord « historique » avec la Grèce, en acceptant d’ajouter la mention géographique « du Nord » au nom du pays, pour mettre fin à une querelle de longue date avec son voisin, qui bloquait pour cette raison son adhésion à l’OTAN et ses négociations d’adhésion à l’Union européenne (UE).

    Depuis, le pays est devenu membre de l’OTAN. Mais la formation de droite nationaliste VMRO-DPMNE, dont Gordana Siljanovska-Davkova était la candidate au dernier scrutin présidentiel, s’opposait à cet accord avec la Grèce.

    Départ de l’ambassadrice de #Grèce

    Athènes a vivement réagi aux propos de Gordana Siljanovska-Davkova. Sa déclaration est une « violation flagrante de l’accord de Prespa et de la Constitution du pays voisin, qui est conforme à ses obligations internationales », a écrit dans un communiqué le ministère des affaires étrangères grec.

    « La Grèce déclare catégoriquement que la poursuite des progrès dans ses relations bilatérales avec la Macédoine du Nord et le parcours européen de cette dernière dépendent de la mise en œuvre intégrale de l’accord de Prespa et, surtout, de l’utilisation du nom constitutionnel du pays voisin », a ajouté le ministère. L’ambassadrice de Grèce à Skopje a quitté la cérémonie au Parlement en signe de protestation, ont rapporté les médias locaux, en citant l’ambassade grecque.
    Skopje rappelée au respect de ses engagements

    Dans un premier temps, la prise de fonctions de la présidente macédonienne a été saluée depuis Bruxelles par la présidente de la Commission européenne, Ursula von der Leyen, et le président du Conseil européen, Charles Michel. Mais dans un second message posté sur X, la présidente de la Commission européenne a jugé « primordial » que la Macédoine du Nord « continue sur la voie des réformes et respecte pleinement ses engagements » dans la perspective d’une adhésion à l’UE.

    Le VMRO-DPMNE est également arrivé largement en tête des élections législatives, qui se sont déroulées aussi le 8 mai, s’assurant 58 des 120 sièges au Parlement en battant l’Union sociale-démocrate de Macédoine (SDSM), au pouvoir depuis 2017. Le retour au pouvoir de l’opposition de droite dans ce pays pauvre des Balkans de 1,8 million d’habitants risque de raviver les tensions avec la Grèce mais aussi avec la Bulgarie, qui pose ses propres conditions pour faire avancer les négociations d’adhésion de la Macédoine du Nord à l’UE.

    Elue le 8 mai pour un mandat de cinq ans, en battant avec 65 % des voix le chef de l’Etat sortant social-démocrate, Stevo Pendarovski, Mme Siljanovska-Davkova est la première femme à accéder à cette fonction depuis la proclamation d’indépendance de ce petit pays des Balkans en 1991. Cette professeure universitaire à la retraite, qui a fêté samedi son 71e anniversaire, a assuré qu’elle serait la présidente de « tous les citoyens » et a appelé à l’« unité » dans le pays.

    https://www.lemonde.fr/international/article/2024/05/12/macedoine-du-nord-la-nouvelle-presidente-refuse-d-utiliser-le-nom-officiel-d

    #toponymie #toponymie_politique

    via @reka

  • Border security with drones and databases

    The EU’s borders are increasingly militarised, with hundreds of millions of euros paid to state agencies and military, security and IT companies for surveillance, patrols and apprehension and detention. This process has massive human cost, and politicians are planning to intensify it.

    Europe is ringed by steel fences topped by barbed wire; patrolled by border agents equipped with thermal vision systems, heartbeat detectors, guns and batons; and watched from the skies by drones, helicopters and planes. Anyone who enters is supposed to have their fingerprints and photograph taken for inclusion in an enormous biometric database. Constant additions to this technological arsenal are under development, backed by generous amounts of public funding. Three decades after the fall of the Berlin Wall, there are more walls than ever at Europe’s borders,[1] and those borders stretch ever further in and out of its territory. This situation is the result of long-term political and corporate efforts to toughen up border surveillance and controls.

    The implications for those travelling to the EU depend on whether they belong to the majority entering in a “regular” manner, with the necessary paperwork and permissions, or are unable to obtain that paperwork, and cross borders irregularly. Those with permission must hand over increasing amounts of personal data. The increasing automation of borders is reliant on the collection of sensitive personal data and the use of algorithms, machine learning and other forms of so-called artificial intelligence to determine whether or not an individual poses a threat.

    Those without permission to enter the EU – a category that includes almost any refugee, with the notable exception of those who hold a Ukrainian passport – are faced with technology, personnel and policies designed to make journeys increasingly difficult, and thus increasingly dangerous. The reliance on smugglers is a result of the insistence on keeping people in need out at any cost – and the cost is substantial. Thousands of people die at Europe’s borders every year, families are separated, and people suffer serious physical and psychological harm as a result of those journeys and subsequent administrative detention and social marginalisation. Yet parties of all political stripes remain committed to the same harmful and dangerous policies – many of which are being worsened through the new Pact on Migration and Asylum.[2]

    The EU’s border agency, Frontex, based in Warsaw, was first set up in 2004 with the aim of providing technical coordination between EU member states’ border guards. Its remit has been gradually expanded. Following the “migration crisis” of 2015 and 2016, extensive new powers were granted to the agency. As the Max Planck Institute has noted, the 2016 law shifted the agency from a playing “support role” to acting as “a player in its own right that fulfils a regulatory, supervisory, and operational role.”[3] New tasks granted to the agency included coordinating deportations of rejected refugees and migrants, data analysis and exchange, border surveillance, and technology research and development. A further legal upgrade in 2019 introduced even more extensive powers, in particular in relation to deportations, and cooperation with and operations in third countries.

    The uniforms, guns and batons wielded by Frontex’s border guards are self-evidently militaristic in nature, as are other aspects of its work: surveillance drones have been acquired from Israeli military companies, and the agency deploys “mobile radars and thermal cameras mounted on vehicles, as well as heartbeat detectors and CO2 monitors used to detect signs of people concealed inside vehicles.”[4] One investigation described the companies that have held lobbying meetings or attended events with Frontex as “a Who’s Who of the weapons industry,” with guests including Airbus, BAE Systems, Leonardo and Thales.[5] The information acquired from the agency’s surveillance and field operations is combined with data provided by EU and third country agencies, and fed into the European Border Surveillance System, EUROSUR. This offers a God’s-eye overview of the situation at Europe’s borders and beyond – the system also claims to provide “pre-frontier situational awareness.”

    The EU and its member states also fund research and development on these technologies. From 2014 to 2022, 49 research projects were provided with a total of almost €275 million to investigate new border technologies, including swarms of autonomous drones for border surveillance, and systems that aim to use artificial intelligence to integrate and analyse data from drones, satellites, cameras, sensors and elsewhere for “analysis of potential threats” and “detection of illegal activities.”[6] Amongst the top recipients of funding have been large research institutes – for example, Germany’s Fraunhofer Institute – but companies such as Leonardo, Smiths Detection, Engineering – Ingegneria Informatica and Veridos have also been significant beneficiaries.[7]

    This is only a tiny fraction of the funds available for strengthening the EU’s border regime. A 2022 study found that between 2015 and 2020, €7.7 billion had been spent on the EU’s borders and “the biggest parts of this budget come from European funding” – that is, the EU’s own budget. The total value of the budgets that provide funds for asylum, migration and border control between 2021-27 comes to over €113 billion[8]. Proposals for the next round of budgets from 2028 until 2035 are likely to be even larger.

    Cooperation between the EU, its member states and third countries on migration control comes in a variety of forms: diplomacy, short and long-term projects, formal agreements and operational deployments. Whatever form it takes, it is frequently extremely harmful. For example, to try to reduce the number of people arriving across the Mediterranean, member states have withdrawn national sea rescue assets (as deployed, for example, in Italy’s Mare Nostrum operation) whilst increasing aerial surveillance, such as that provided by the Israel-produced drones operated by Frontex. This makes it possible to observe refugees attempting to cross the Mediterranean, whilst outsourcing their interception to authorities from countries such as Libya, Tunisia and Egypt.

    This is part of an ongoing plan “to strengthen coordination of search and rescue capacities and border surveillance at sea and land borders” of those countries. [9] Cooperation with Tunisia includes refitting search and rescue vessels and providing vehicles and equipment to the Tunisian coastguard and navy, along with substantial amounts of funding. The agreement with Egypt appears to be structured along similar lines, and five vessels have been provided to the so-called Libyan Coast Guard in 2023.[10]

    Frontex also plays a key role in the EU’s externalised border controls. The 2016 reform allowed Frontex deployments at countries bordering the EU, and the 2019 reform allowed deployments anywhere in the world, subject to agreement with the state in question. There are now EU border guards stationed in Albania, Montenegro, Serbia, Bosnia and Herzegovina, and North Macedonia.[11] The agency is seeking agreements with Niger, Senegal and Morocco, and has recently received visits from Tunisian and Egyptian officials with a view to stepping up cooperation.[12]

    In a recent report for the organisation EuroMed Rights, Antonella Napolitano highlighted “a new element” in the EU’s externalisation strategy: “the use of EU funds – including development aid – to outsource surveillance technologies that are used to entrench political control both on people on the move and local population.” Five means of doing so have been identified: provision of equipment; training; financing operations and procurement; facilitating exports by industry; and promoting legislation that enables surveillance.[13]

    The report highlights Frontex’s extended role which, even without agreements allowing deployments on foreign territory, has seen the agency support the creation of “risk analysis cells” in a number of African states, used to gather and analyse data on migration movements. The EU has also funded intelligence training in Algeria, digital evidence capacity building in Egypt, border control initiatives in Libya, and the provision of surveillance technology to Morocco. The European Ombudsman has found that insufficient attention has been given to the potential human rights impacts of this kind of cooperation.[14]

    While the EU and its member states may provide the funds for the acquisition of new technologies, or the construction of new border control systems, information on the companies that receive the contracts is not necessarily publicly available. Funds awarded to third countries will be spent in accordance with those countries’ procurement rules, which may not be as transparent as those in the EU. Indeed, the acquisition of information on the externalisation in third countries is far from simple, as a Statewatch investigation published in March 2023 found.[15]

    While EU and member state institutions are clearly committed to continuing with plans to strengthen border controls, there is a plethora of organisations, initiatives, campaigns and projects in Europe, Africa and elsewhere that are calling for a different approach. One major opportunity to call for change in the years to come will revolve around proposals for the EU’s new budgets in the 2028-35 period. The European Commission is likely to propose pouring billions more euros into borders – but there are many alternative uses of that money that would be more positive and productive. The challenge will be in creating enough political pressure to make that happen.

    This article was originally published by Welt Sichten, and is based upon the Statewatch/EuroMed Rights report Europe’s techno-borders.

    Notes

    [1] https://www.tni.org/en/publication/building-walls

    [2] https://www.statewatch.org/news/2023/december/tracking-the-pact-human-rights-disaster-in-the-works-as-parliament-makes

    [3] https://www.mpg.de/14588889/frontex

    [4] https://www.theguardian.com/global-development/2021/dec/06/fortress-europe-the-millions-spent-on-military-grade-tech-to-deter-refu

    [5] https://frontexfiles.eu/en.html

    [6] https://www.statewatch.org/publications/reports-and-books/europe-s-techno-borders

    [7] https://www.statewatch.org/publications/reports-and-books/europe-s-techno-borders

    [8] https://www.statewatch.org/publications/reports-and-books/europe-s-techno-borders

    [9] https://www.statewatch.org/news/2023/november/eu-planning-new-anti-migration-deals-with-egypt-and-tunisia-unrepentant-

    [10] https://www.statewatch.org/media/4103/eu-com-von-der-leyen-ec-letter-annex-10-23.pdf

    [11] https://www.statewatch.org/analyses/2021/briefing-external-action-frontex-operations-outside-the-eu

    [12] https://www.statewatch.org/news/2023/november/eu-planning-new-anti-migration-deals-with-egypt-and-tunisia-unrepentant-, https://www.statewatch.org/publications/events/secrecy-and-the-externalisation-of-eu-migration-control

    [13] https://privacyinternational.org/challenging-drivers-surveillance

    [14] https://euromedrights.org/wp-content/uploads/2023/07/Euromed_AI-Migration-Report_EN-1.pdf

    [15] https://www.statewatch.org/access-denied-secrecy-and-the-externalisation-of-eu-migration-control

    https://www.statewatch.org/analyses/2024/border-security-with-drones-and-databases
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  • Greece is planning a €40m automated surveillance system at borders with North Macedonia and Albania

    The European Commission wants Greece to build an automated wall to prevent some people from leaving the country. Locals are not enthusiastic, but their opinion counts for little.
    Many people holding Syrian, Afghan, Somalian, Bangladeshi or Pakistani passports seeking asylum in the European Union move out of Greece when they have the feeling that their administrative situation will not improve there. The route to other EU countries through the Balkans starts in northern Greece, onward to either North Macedonia or Albania. Greek police, it is said, are quite relaxed about people leaving the country.

    “We have many people who pass our area who want to go to Europe,” says Konstantinos Sionidis, the mayor of Paionia, a working-class municipality of 30,000 at Greece’s northern border. “It’s not a pleasant situation for us,” he adds.

    But leaving via Paionia is getting more difficult. In May 2023, Frontex guards started patrolling at North Macedonia’s border. Near the highway, one young woman from Sierra Leone said she and her friend tried to leave four times in the past month. Once, they got as far as the Serbian border. The other times, they were arrested immediately in North Macedonia at night, coming out of the forest, by Frontex officers asking “Do you want to go to Germany?” (No.) “They don’t want us here [in Greece],” she says. “Let us go!”

    However, the European Commission has plans to make it harder for people to travel through North Macedonia (and other parts of the Western Balkan route). According to a national programming document for the 2021 - 2027 EU “border management” funding for Greek authorities, €47m are budgeted to build an “automated border surveillance system” at Greece’s borders with North Macedonia and Albania. The new system shall explicitly be modeled on the one already deployed at the land border with Türkiye, along the Evros river.
    The virtual border wall

    Evros is described as a surveillance “testing ground.” (https://www.dw.com/en/is-greece-failing-to-deploy-eu-funded-surveillance-system-at-turkish-border-as-intended/a-63055306) In the early 2000s, police used thermal cameras and binoculars to spot people attempting to cross the border. As Greece and other Member-States increased their efforts to keep people out of the EU, more funding came in for drones, heartbeat detectors, more border guards – and for an “automated border surveillance system.”

    In 2021, the Greek government unveiled dozens of surveillance towers, equipped with cameras, radars and heat sensors. Officials claimed these would be able to alert regional police stations when detecting people approaching the border. At the time, media outlets raved about this 24-hour “electronic shield” (https://www.kathimerini.gr/society/561551092/ilektroniki-aspida-ston-evro-se-leitoyrgia-kameres-kai-rantar) that would “seal” (https://www.staratalogia.gr/2021/10/blog-post_79.html#google_vignette) Evros with cameras that can see “up to 15 km” into Türkiye (https://meaculpa.gr/stithikan-oi-pylones-ston-evro-oi-kamer).

    Greece is not the first country to buy into the vision of automated, omnipotent border surveillance. The German Democratic Republic installed automated rifles near the border with West-Germany, for instance. But the origin of the current trend towards automated borders lies in the United States. In the 1970s, sensors originally built for deployment in Vietnam were installed at the Mexican border. Since then, “the relationship between surveillance and law enforcement has been one between salespeople and officers who are not experts,” says Dave Maas, an investigator at the Electronic Frontier Foundation. “Somebody buys surveillance towers, leaves office and three administrations later, people are like: ‘Hey, this did not deliver as promised’, and then the new person is like: ‘Well I wasn’t the one who paid for it, so here is my next idea’.”

    At the US-Mexico border, the towers are “like a scarecrow,” says Geoff Boyce, who used to direct the Earlham College Border Studies Program in Arizona. His research showed that, in cases where migrants could see the towers, they took longer, more dangerous routes to avoid detection. “People are dying outside the visual range of the towers.”

    No data is available that would hint that the Greek system is different. While the Greek government shares little information about the system in Evros, former minister for citizen protection Takis Theodorikakos mentioned it earlier this year in a parliamentary session. He claimed that the border surveillance system in Evros had been used to produce the official statistics for people deterred at the Evros border in 2022 (https://www.astynomia.gr/2023/01/03/03-01-2022-koino-deltio-typou-ypourgeiou-prostasias-tou-politi-kai-ellinik). But thermal cameras, for example, cannot show an exact number of people, or even differentiate people from animals.

    In Evros, the automated border surveillance system was also intended to be used for search-and-rescue missions. Last year, a group of asylum-seekers were stranded on an islet on the Evros river for nearly a month. Deutsche Welle reported that a nearby pylon with heat sensors and cameras should have been able to immediately locate the group. Since then, authorities have continued to be accused of delaying rescue missions.

    “At the border, it is sometimes possible to see people stranded with your own eyes,” says Lena Karamanidou, who has been researching border violence in Evros for decades. “And [they] are saying the cameras that can see up to 15 kilometers into Türkiye can’t see them.”
    Keeping people in

    In contrast to the system in Evros, the aim of the newly planned automated border surveillance systems appears to be to stop people from leaving Greece. Current policing practices there are very different from those at Evros.

    At Greece’s border with North Macedonia, “we’ve heard reports that the police were actively encouraging people to leave the country,” says Manon Louis of the watchdog organization Border Violence Monitoring Network. “In testimonies collected by BVMN, people have reported that the Greek police dropped them off at the Macedonian border.”

    “It’s an open secret,” says Alexander Gkatsis from Open Cultural Center, a nonprofit in the center of Paionia, “everybody in this area knows.”

    Thirty years ago, lots of people came from Albania to Paionia, when there were more jobs in clothing factories and agriculture, many of which are now done by machines. These days, the region is struggling with unemployment and low wages. In 2015, it drew international media attention for hosting the infamous Idomeni camp. Sionidis, the Paionia mayor, says he didn’t know anything about plans for an automated border system until we asked him.

    “The migration policy is decided by the minister of migration in Athens,” says Sionidis. He was also not consulted on Frontex coming to Paionia a few years ago. But he readily admits that his municipality is but one small pawn in a Europe-wide negotiation. “[Brussels and Athens] have to make one decision for the whole European border,” says Sionidis, “If we don’t have the electronic wall here, then we won’t have it at Evros.”

    https://algorithmwatch.org/en/greece-is-planning-a-e40m-automated-surveillance-system-at-borders-w

    #Albanie #Macédoine_du_Nord #frontières #migrations #réfugiés #barrières #fermeture_des_frontières #Grèce #frontières_terrestres #surveillance #contrôles_frontaliers #technologie #complexe_militaro-industriel #Paionia #militarisation_des_frontières #Frontex #border_management #automated_border_surveillance_system #Evros #efficacité #inefficacité #caméra_thermiques #sortie #murs_anti-sortie (comme aux temps de la #guerre_froide)

  • Oltre 28mila persone respinte alle frontiere europee nel 2023 : 8° rapporto #PRAB

    Di fronte all’emergenza umanitaria i respingimenti illegali e le violazioni dei diritti continuano ad essere diffusi e sono diventati uno strumento accettato per la gestione delle frontiere europee .

    L’ottavo rapporto di Protecting Rights at Borders (PRAB) “Respinti alle Frontiere dell’Europa: una crisi continuamente ignorata” documenta ancora una volta le continue violazioni dei diritti umani che si verificano lungo le frontiere europee.

    Il monitoraggio conferma violenze e numeri crescenti

    Secondo il rapporto, nel 2023 più di 28.609 migranti hanno subito respingimenti e violazioni dei diritti umani alle frontiere europee, di cui oltre 8.400 solo negli ultimi quattro mesi dell’anno. Tuttavia, tali numeri rappresentano solo una frazione degli effettivi respingimenti illegali.

    Questo rapporto copre il periodo dal 1 settembre al 31 dicembre 2023. I dati raccolti direttamente dai partner di PRAB o ottenuti dalle fonti governative documentano un totale di 8.403 casi di respingimento durante il periodo di rilevamento. Come parte della documentazione, 1.448 persone sono state intervistate dai partner di PRAB, fornendo dettagli sulle violazioni dei diritti alle quali hanno dichiarato di essere stati esposti.

    I numeri riportati dall’iniziativa PRAB rappresentano una frazione delle persone respinte alle frontiere dell’Europa. La natura delle aree di confine europee e i metodi utilizzati per attraversarle, uniti alla mancanza di accesso a alcune zone di frontiera, rendono difficile raggiungere tutte le persone che subiscono respingimenti e violazioni correlate. Inoltre, la registrazione dei respingimenti dipende dal momento dell’evento e dalla volontà delle vittime di segnalarlo. Come documentato dai partner di PRAB, molte vittime di respingimenti hanno paura di segnalare l’incidente, temendo che ciò possa influire negativamente sulla loro possibilità di entrare o rimanere in uno Stato membro dell’UE.

    I fatti principali che vengono riconfermati dal monitoraggio:

    Numeri allarmanti – Nel solo 2023, più di 28.609 migranti hanno subito respingimenti e violazioni dei diritti umani alle frontiere europee. Nel periodo settembre-dicembre 2023, sono stati documentati oltre 8.400 casi.

    Mancanza di vie legali sicure – Molti migranti, provenienti da regioni colpite da conflitti, persecuzioni o disastri naturali, intraprendono viaggi pericolosi verso l’Europa in cerca di sicurezza e opportunità.

    Respinti con violenza: I respingimenti illegali coinvolgono l’uso di metodi violenti e disumani, con migliaia di persone respinte forzatamente oltre il confine e sottoposte a violenze e abusi.

    Violazioni documentate: PRAB ha intervistato 1.448 persone, documentando i trattamenti disumani e degradanti subiti dall’83% degli arrivi al confine tra Croazia e Bosnia ed Erzegovina e dal 61% al confine tra Francia e Italia.

    Distruzione e confisca illegittima dei beni personali: Oltre alle violenze fisiche, i respingimenti forzati privano le persone dei loro beni, lasciandole vulnerabili e senza mezzi vitali.

    La situazione ai confini italiani

    L’ottavo rapporto di Protecting Rights at Borders (PRAB) rivela la dura realtà dei respingimenti che riguardano quanti arrivano alle frontiere italiane e tentano di attraversarle.

    In Italia, le organizzazioni della rete PRAB hanno documentato il respingimento di 3.180 persone nelle zone di Oulx e Ventimiglia, con particolare preoccupazione per i 737 bambini, di cui 519 erano minori non accompagnati. Un aspetto inquietante è la pratica di respingere minori registrati erroneamente come adulti.

    La maggior parte delle persone coinvolte nei respingimenti proveniva dall’Etiopia, Costa d’Avorio, Marocco e Sudan, con quasi il 40% di loro che ha dichiarato di essere arrivato in Italia via Tunisia.

    Oltre al persistere dei respingimenti , il rapporto registra anche nuovi peggioramenti per chi cerca asilo in Italia.

    Inoltre, l’Italia ha recentemente reintrodotto controlli alle frontiere con la Slovenia, giustificando tale misura con una presunta minaccia alla sicurezza con il conflitto in Medio Oriente. Il governo italiano ha dichiarato apertamente di avere l’intenzione di riprendere i respingimenti dei richiedenti asilo, in violazione della legge nazionale e internazionale.

    Il rapporto critica, infine, anche gli accordi con paesi terzi, tra cui il recente Accordo tra Italia e Albania, evidenziando le problematiche relative al trasferimento dei migranti e la detenzione in Albania.
    Dal patto europeo nuove violazioni

    Il rapporto dimostra come l’impiego sistematico di respingimenti alle frontiere e la mancanza di percorsi sicuri e legali per raggiungere l’UE spinga i rifugiati a mettere a rischio le proprie vite.

    La volontà politica, il coraggio e il realismo nel mettere i diritti delle persone prima della protezione delle frontiere sembrano assenti dagli accordi politici che si tengono a livello europeo e nazionale.

    Sia gli accordi, come il Memorandum tra Italia e Albania, sia il nuovo Patto UE su Asilo e Migrazione rischiano di compromettere ulteriormente i diritti delle persone in cerca di asilo, invece che mettere fine alle violazioni alle frontiere europee.

    Pour télécharger le rapport :
    https://www.asgi.it/asilo-e-protezione-internazionale/oltre-28mila-persone-respinte-alle-frontiere-europee-nel-2023-8-rapporto-prab/attachment/prab-report-september-to-december-2023-_-final

    https://www.asgi.it/asilo-e-protezione-internazionale/oltre-28mila-persone-respinte-alle-frontiere-europee-nel-2023-8-rapporto-prab
    #rapport #Protecting_Rights_at_Borders (#PRAB) #2023 #statistiques #chiffres #refoulements #push-backs #migrations #asile #réfugiés #frontières #droits_humains #violence #violences #Italie #Bosnie #Bosnie-Herzégovine #Grèce #Macédoine_du_Nord #Biélorussie #Pologne #Lithuanie

  • Border justice

    Instead of forging safe, legal pathways to protection, European states and the EU are fostering strategies of deterrence, exclusion and externalization. Most people on the move are left with no alternative but to cross borders irregularly. When they do, state actors routinely detain, beat and expel them – mostly in secret, with no assessment of their situation, and denying them access to legal safeguards.

    These multiple human rights violations are all part of the pushback experience. Often reliant on racial profiling, pushbacks have become a normalized practice at European borders. ECCHR challenges this state of rightlessness through legal interventions and supports affected people to document and tell their stories. Together we hold states accountable and push for changes in border practice and policies.

    Our team brings together a diverse group of lawyers and interdisciplinary researchers, working transnationally with partners to develop legal strategies and tackle rights violations at borders. We meticulously reconstruct and verify the experiences of those subjected to pushbacks. Confronted with states’ denial of the reality at Europe’s borders, we collect, analyze and publicise in-depth knowledge. Our aim is to enforce the most basic of legal principles: the right to have rights.

    https://www.ecchr.eu/en/border-justice

    #frontières #justice #refoulements #push-backs #violence #migrations #réfugiés #asile #justice_frontalière #justice_migratoire #Espagne #rapport #Ceuta #Grèce #Macédoine_du_Nord #Libye #Italie #hotspots #Allemagne #Croatie #Slovénie #frontière_sud-alpine #droit_d'asile #ECCHR

  • En Serbie, 4 500 migrants interpellés en 15 jours dans une opération nationale de lutte contre l’immigration clandestine - InfoMigrants
    https://www.infomigrants.net/fr/post/53149/en-serbie-4-500-migrants-interpelles-en-15-jours-dans-une-operation-na

    En Serbie, 4 500 migrants interpellés en 15 jours dans une opération nationale de lutte contre l’immigration clandestine
    Par La rédaction Publié le : 10/11/2023
    Lancée il y a 15 jours, l’opération nationale serbe visant à mettre un coup d’arrêt à l’immigration clandestine dans le pays a mené à l’arrestation de 4 500 migrants. Ces interpellations font suite à la fusillade meurtrière du 27 octobre lors de laquelle trois migrants avaient été tués non loin de la frontière hongroise. Il l’avait promis. « Nous ne bougerons pas d’ici tant que les personnes responsables d’actes criminels n’auront pas été éliminés ». Le ministre de l’Intérieur serbe Bratislav Gasic était alors en visite dans la région frontalière avec la Hongrie, fin octobre.
    C’est ici que d’importants effectifs policiers avaient été dépêchés après une fusillade meurtrière qui avait éclaté le 27 octobre entre réseaux de passeurs. Trois migrants y avaient perdu la vie. Les résultats sont là. Quinze jours après le lancement d’une vaste opération contre les trafiquants et contre l’immigration clandestine, les autorités serbes ont annoncé mercredi 8 novembre avoir interpellé 4 500 migrants « irréguliers ». Lors de cette opération nationale, huit personnes soupçonnées de trafic d’êtres humains ont été arrêtées aux côtés de 119 autres placées en détention provisoire pour « diverses infractions pénales », a précisé le ministère de l’Intérieur dans un communiqué. Cinq pistolets, cinq fusils automatiques et plus de 1 500 munitions ont également été saisis dans les zones frontalières du sud-est et du nord de la Serbie.
    « Le ministère de l’Intérieur persévèrera dans cette lutte jusqu’à ce que le problème de la migration irrégulière soit résolu et que la chaîne de la traite des êtres humains soit complètement brisée », a souligné la police serbe.
    Les autorités ont ajouté que 3 000 des migrants arrêtés avaient été transférés dans des centres d’accueil, contrôlés par l’État. Sans préciser ce qu’il est advenu des 1 500 autres. Le 27 octobre, trois personnes avaient été tuées et une autre blessée lors d’une fusillade entre migrants près de la frontière serbe avec la Hongrie. La police avait alors lancé cette opération dans tout le pays. Plus de 81 000 voitures et 300 endroits ont déjà été contrôlés, a également annoncé la police serbe.
    La frontière serbo-hongroise se situe sur la route migratoire terrestre des Balkans qui mène à l’Europe occidentale. C’est dans cette zone frontalière que des centaines de migrants squattent des bâtiments abandonnés avant de tenter de franchir la frontière avec la Hongrie, membre de l’Union européenne (UE). Ils continuent ensuite leur route vers l’Europe de l’Ouest. La Serbie, engagée depuis plusieurs mois dans la lutte contre l’immigration clandestine, avait déjà conclu un accord fin 2022 avec la Hongrie et l’Autriche. Elle avait également déployé des forces de police vers le sud du pays, notamment à la frontière avec la Macédoine du Nord. Près de 130 000 entrées irrégulières dans l’UE à partir de la route des Balkans occidentaux avaient été enregistrées en 2022, soit le nombre le plus fort depuis le pic de la crise migratoire de 2015, selon l’agence européenne des garde-frontières, Frontex.

    #Covid-19#migrant#migration#hongrie#serbie#frontiere#balkans#routemigratoire#frontex#ue#autriche#macedoine#passeur#migrationirreguliere#reseau

  • Trois migrants tués dans une fusillade à la frontière entre la Serbie et la Hongrie - InfoMigrants
    https://www.infomigrants.net/fr/post/52889/trois-migrants-tues-dans-une-fusillade-a-la-frontiere-entre-la-serbie-

    Trois migrants tués dans une fusillade à la frontière entre la Serbie et la Hongrie
    Par La rédaction Publié le : 30/10/2023
    Trois migrants sont morts et un quatrième a été blessé vendredi dans une fusillade survenue près de la frontière entre la Serbie et la Hongrie. La zone est souvent le théâtre d’affrontements entre réseaux de passeurs et exilés, qui tentent d’entrer en Hongrie, membre de l’Union européenne, pour continuer leur route vers l’ouest. Un affrontement entre migrants a tourné au drame vendredi 27 octobre en Serbie, près de la frontière avec la Hongrie. Une fusillade s’est produite dans les bâtiments d’une ferme abandonnée près du village frontalier de Horgos. Trois exilés ont été tués et un quatrième a été blessé, a rapporté la télévision étatique RTS. La personne blessée a été transportée à l’hôpital et une enquête a été ouverte pour faire la lumière sur ce drame. La nationalité des victimes n’a pas été précisée. D’importants effectifs policiers ont été dépêchés dans la zone, où se sont produits ces derniers mois des heurts parfois meurtriers entre réseaux de passeurs et groupe de migrants. Les actions de la police visent à « freiner la migration irrégulière et à élever le niveau de sécurité dans cette partie du pays, où les affrontements entre migrants sont fréquents, parfois avec usage d’armes à feu », a indiqué la police dans un communiqué.
    Quelques heures après l’incident, quatre ressortissants afghans et deux Turcs, soupçonnés de possession illégale d’armes à feu et d’explosifs, ont été interpellés, a annoncé la police. On ne sait pas en revanche si ces arrestations sont liées à la fusillade.Lors de la descente de police dans la région, deux fusils automatiques et des munitions ont été saisis. Soixante-dix-neuf exilés ont également été découverts et transférés vers des centres d’accueil du pays, a précisé la police dans le même communiqué. Samedi, deux personnes originaires du Kosovo, accusées de trafic de migrants et d’avoir fourni des armes, ont été interpellées. Les policiers ont par ailleurs trouvé 54 passeports turcs. En visite dans la région, le ministre de l’Intérieur, Bratislav Gasic, a promis que « nous ne bougerons pas d’ici tant que toutes les personnes responsables d’un acte ou d’un incident criminel n’auront pas été éliminées ».
    C’est dans cette zone frontalière que des centaines de migrants squattent dans des bâtiments abandonnés avant de tenter de franchir la frontière avec la Hongrie, membre de l’Union européenne (UE). Ils continuent ensuite leur route vers l’Europe de l’Ouest.
    La frontière serbo-hongroise se situe sur la route migratoire terrestre des Balkans vers l’Europe occidentale, qui mène de la Turquie à la Grèce et à la Bulgarie, puis à la Macédoine du Nord, à la Serbie ou à la Bosnie.La police serbe a effectué des descentes dans la zone frontalière à plusieurs reprises au cours des derniers mois, arrêtant des passeurs présumés et confisquant des armes. Le président Aleksandar Vucic a déclaré vendredi que la Serbie pourrait faire appel à l’armée « pour résoudre ce problème », a rapporté la télévision d’État RTS.

    #Covid-19#migrant#migration#hongrie#balkan#mortalite#routemigratoire#mortalite#kosovo#serbie#frontiere#turquie#grece#bulgarie#macedoine#bosnie

  • Macedonia del Nord: poche risorse per gestire gli incendi nei parchi naturali
    https://www.balcanicaucaso.org/aree/Macedonia-del-Nord/Macedonia-del-Nord-poche-risorse-per-gestire-gli-incendi-nei-parchi-

    Le aree protette macedoni hanno una grande importanza ecologica, ma sono sempre più esposte – tra gli altri – al rischio di incendi. La frammentazione politica e la carenza di personale e risorse pongono sfide notevoli, ma si stanno registrando dei progressi incoraggianti. Un reportage dal parco dei Monti Šar

  • Signature par le Conseil d’un #accord avec l’#Albanie sur la #coopération avec #Frontex

    Le Conseil a adopté une décision relative à la signature d’un accord avec l’Albanie en ce qui concerne les activités opérationnelles menées par l’Agence européenne de garde-frontières et de garde-côtes (Frontex). Cet accord permettra l’organisation d’#opérations_conjointes et le déploiement d’équipes de Frontex spécialisées dans la gestion des frontières en Albanie. Le déploiement d’équipes de Frontex aura lieu sous réserve que le pays soit d’accord. La décision a été prise par voie de procédure écrite.

    « La criminalité transfrontière et la gestion de l’immigration constituent des défis importants tant pour les pays de l’UE que pour nos voisins les plus proches. »
    Fernando Grande-Marlaska Gómez, ministre espagnol de l’intérieur par intérim

    Grâce à cet accord, Frontex sera en mesure d’aider l’Albanie à gérer les flux migratoires, et à lutter contre l’immigration clandestine et contre la criminalité transfrontière.

    Contexte

    Depuis l’adoption d’un nouveau règlement relatif à l’Agence européenne de garde-frontières et de garde-côtes en 2019, Frontex peut prêter assistance aux pays avec lesquels elle signe des accords sur l’ensemble de leur territoire et pas seulement dans les régions limitrophes de l’UE, comme c’était le cas en vertu du mandat précédent. Le règlement permet également au personnel de Frontex d’exercer des pouvoirs d’exécution, comme les vérifications aux frontières et l’enregistrement de personnes.

    Cet accord remplacera l’accord actuel entre l’Albanie et Frontex, qui est entré en vigueur en 2019 (et qui a été conclu avant l’entrée en vigueur du nouveau règlement relatif à l’Agence européenne de garde-frontières et de garde-côtes).

    Frontex a conclu des accords de coopération en matière de gestion des frontières avec la #Serbie (2020) en vertu des règles précédentes, et avec la #Moldavie (2022), la #Macédoine_du_Nord et le #Monténégro (tous deux en 2023) en vertu des nouvelles règles.

    Prochaines étapes

    Une fois que le Parlement européen aura donné son approbation à l’accord, celui-ci pourra être définitivement conclu par le Conseil.

    L’accord entrera en vigueur le premier jour du deuxième mois suivant la date à laquelle l’Albanie et l’UE se seront notifié l’accomplissement de leurs procédures de ratification.

    - Renforcer les frontières extérieures de l’UE (informations générales) : https://www.consilium.europa.eu/fr/policies/strengthening-external-borders
    - Accord entre l’Union Européenne et la République d’Albanie concernant les activités opérationnelles menées par l’Agence européenne de garde-frontières et de garde-côtes en République d’Albanie : https://data.consilium.europa.eu/doc/document/ST-11944-2023-INIT/fr/pdf
    – Décision du Conseil relative à la conclusion de l’accord entre l’Union européenne et la République d’Albanie concernant les activités opérationnelles menées par l’Agence européenne de garde-frontières et de garde-côtes en République d’Albanie : https://data.consilium.europa.eu/doc/document/ST-11945-2023-INIT/fr/pdf

    https://www.consilium.europa.eu/fr/press/press-releases/2023/09/08/council-will-sign-agreement-with-albania-on-frontex-cooperation
    #frontières #migrations #asile #réfugiés #contrôle_frontalier

  • PODCAST- FRONTIERA SOLIDALE #MEDU

    Medici per i Diritti Umani presenta Frontiera solidale: un podcast di tre puntate per raccontare, attraverso le voci dei testimoni diretti, il fenomeno epocale delle migrazioni, assumendo come osservatorio una frontiera nel cuore dell’Europa, quella tra l’Italia e la Francia, nell’Alta Val di Susa.

    https://mediciperidirittiumani.org/podcast-frontiera-solidale-medu
    #podcast #audio #Alpes #frontière_sud-alpine #montagne #Italie #migrations #asile #réfugiés #frontières #Val_de_Suse

  • Nessuno vuole mettere limiti all’attività dell’Agenzia Frontex

    Le istituzioni dell’Ue, ossessionate dal controllo delle frontiere, sembrano ignorare i problemi strutturali denunciati anche dall’Ufficio europeo antifrode. E lavorano per dispiegare le “divise blu” pure nei Paesi “chiave” oltre confine

    “Questa causa fa parte di un mosaico di una più ampia campagna contro Frontex: ogni attacco verso di noi è un attacco all’Unione europea”. Con questi toni gli avvocati dell’Agenzia che sorveglia le frontiere europee si sono difesi di fronte alla Corte di giustizia dell’Unione europea. Il 9 marzo, per la prima volta in oltre 19 anni di attività (ci sono altri due casi pendenti, presentati dalla Ong Front-Lex), le “divise blu” si sono trovate di fronte a un giudice grazie alla tenacia dell’avvocata olandese Lisa-Marie Komp.

    Non è successo, invece, per le scioccanti rivelazioni del rapporto dell’Ufficio europeo antifrode (Olaf) che ha ricostruito nel dettaglio come l’Agenzia abbia insabbiato centinaia di respingimenti violenti: quell’indagine è “semplicemente” costata la leadership all’allora direttore Fabrice Leggeri, nell’aprile 2022, ma niente di più. “Tutto è rimasto nel campo delle opinioni e nessuno è andato a fondo sui problemi strutturali -spiega Laura Salzano, dottoranda in Diritto europeo dell’immigrazione presso l’Università di Barcellona-. C’erano tutti gli estremi per portare l’Agenzia di fronte alla Corte di giustizia e invece nulla è stato fatto nonostante sia un’istituzione pubblica con un budget esplosivo che lavora con i più vulnerabili”. Non solo l’impunità ma anche la cieca fiducia ribadita più volte da diverse istituzioni europee. Il 28 giugno 2022 il Consiglio europeo, a soli due mesi dalle dimissioni di Leggeri, dà il via libera all’apertura dei negoziati per portare gli agenti di Frontex in Senegal con la proposta di garantire un’immunità totale nel Paese per le loro azioni.

    A ottobre, invece, a pochi giorni dalla divulgazione del rapporto Olaf -tenuto segreto per oltre quattro mesi- la Commissione europea chiarisce che l’Agenzia “si è già assunta piena responsabilità di quanto successo”. Ancora, a febbraio 2023 il Consiglio europeo le assicura nuovamente “pieno supporto”. Un dato preoccupante soprattutto con riferimento all’espansione di Frontex che mira a diventare un attore sempre più presente nei Paesi chiave per la gestione del fenomeno migratorio, a migliaia di chilometri di distanza dal suo quartier generale di Varsavia.

    “I suoi problemi sono strutturali ma le istituzioni europee fanno finta di niente: se già è difficile controllare gli agenti sui ‘nostri’ confini, figuriamoci in Paesi al di fuori dell’Ue”, spiega Yasha Maccanico, membro del centro di ricerca indipendente Statewatch.

    A fine febbraio 2023 l’Agenzia ha festeggiato la conclusione di un progetto che prevede la consegna di attrezzature ai membri dell’Africa-Frontex intelligence community (Afic), finanziata dalla Commissione, che ha permesso dal 2010 in avanti l’apertura di “Cellule di analisi del rischio” (Rac) gestite da analisti locali formati dall’Agenzia con l’obiettivo di “raccogliere e analizzare informazioni strategiche su crimini transfrontalieri” oltre che a “sostenere le autorità nella gestione dei confini”. A partire dal 2021 una potenziata infrastruttura garantisce “comunicazioni sicure e istantanee” tra le Rac e gli agenti nella sede di Varsavia. Questo è il “primo livello” di collaborazione tra Frontex e le autorità di Paesi terzi che oggi vede, come detto, “cellule” attive in Nigeria, Gambia, Niger, Ghana, Senegal, Costa d’Avorio, Togo e Mauritania oltre a una ventina di Stati coinvolti nelle attività di formazione degli analisti, pronti ad attivare le Rac in futuro. “Lo scambio di dati sui flussi è pericoloso perché l’obiettivo delle politiche europee non è proteggere i diritti delle persone, ma fermarle nei Paesi più poveri”, continua Maccanico.

    Un gradino al di sopra delle collaborazioni più informali, come nell’Afic, ci sono i cosiddetti working arrangement (accordi di cooperazione) che permettono di collaborare con le autorità di un Paese in modo ufficiale. “Non serve il via libera del Parlamento europeo e di fatto non c’è nessun controllo né prima della sottoscrizione né ex post -riprende Salzano-. Se ci fosse uno scambio di dati e informazioni dovrebbe esserci il via libera del Garante per la protezione dei dati personali, ma a oggi, questo parere, è stato richiesto solo nel caso del Niger”. A marzo 2023 sono invece 18 i Paesi che hanno siglato accordi simili: da Stati Uniti e Canada, passando per Capo Verde fino alla Federazione Russa. “Sappiamo che i contatti con Mosca dovrebbero essere quotidiani. Dall’inizio del conflitto ho chiesto più volte all’Agenzia se queste comunicazioni sono state interrotte: nessuno mi ha mai risposto”, sottolinea Salzano.

    Obiettivo ultimo dell’Agenzia è riuscire a dispiegare agenti e mezzi anche nei Paesi terzi: una delle novità del regolamento del 2019 rispetto al precedente (2016) è proprio la possibilità di lanciare operazioni non solo nei “Paesi vicini” ma in tutto il mondo. Per farlo sono necessari gli status agreement, accordi internazionali che impegnano formalmente anche le istituzioni europee. Sono cinque quelli attivi (Serbia, Albania, Montenegro e Macedonia del Nord, Moldova) ma sono in via di sottoscrizione quelli con Senegal e Mauritania per limitare le partenze (poco più di 15mila nel 2022) verso le isole Canarie, mille chilometri più a Nord: accordi per ora “fermi”, secondo quanto ricostruito dalla parlamentare europea olandese Tineke Strik che a fine febbraio ha visitato i due Stati, ma che danno conto della linea che si vuole seguire. Un quadro noto, i cui dettagli però spesso restano nascosti.

    È quanto emerge dal report “Accesso negato”, pubblicato da Statewatch a metà marzo 2023, che ricostruisce altri due casi di scarsa trasparenza negli accordi, Niger e Marocco, due Paesi chiave nella strategia europea di esternalizzazione delle frontiere. “Con la ‘scusa’ della tutela della riservatezza nelle relazioni internazionali e mettendo la questione migratoria sotto il cappello dell’antiterrorismo l’accesso ai dettagli degli accordi non è consentito”, spiega Maccanico, uno dei curatori dello studio. Non si conoscono, per esempio, i compiti specifici degli agenti, per cui si propone addirittura l’immunità totale. “In alcuni accordi, come in Macedonia del Nord, si è poi ‘ripiegato’ su un’immunità connessa solo ai compiti che rientrano nel mandato dell’Agenzia -osserva Salzano-. Ma il problema non cambia: dove finisce la sua responsabilità e dove inizia quella del Paese membro?”. Una zona grigia funzionale a Frontex, anche quando opera sul territorio europeo.

    Lo sa bene l’avvocata tedesca Lisa-Marie Komp che, come detto, ha portato l’Agenzia di fronte alla Corte di giustizia dell’Ue. Il caso, su cui il giudice si pronuncerà nei prossimi mesi, riguarda il rimpatrio nel 2016 di una famiglia siriana con quattro bambini piccoli che, pochi giorni dopo aver presentato richiesta d’asilo in Grecia, è stata caricata su un aereo e riportata in Turchia: quel volo è stato gestito da Frontex, in collaborazione con le autorità greche. “L’Agenzia cerca di scaricare le responsabilità su di loro ma il suo mandato stabilisce chiaramente che è tenuta a monitorare il rispetto dei diritti fondamentali durante queste operazioni -spiega-. Serve chiarire che tutti devono rispettare la legge, compresa l’Agenzia le cui azioni hanno un grande impatto sulla vita di molte persone”.

    Le illegittimità nell’attività dei rimpatri sono note da tempo e il caso della famiglia siriana non è isolato. “Quando c’è una forte discrepanza nelle decisioni sulle domande d’asilo tra i diversi Paesi europei, l’attività di semplice ‘coordinamento’ e preparazione delle attività di rimpatrio può tradursi nella violazione del principio di non respingimento”, spiega Mariana Gkliati, docente di Migrazione e Asilo all’università olandese di Tilburg. Nonostante questi problemi e un sistema d’asilo sempre più fragile, negli ultimi anni i poteri e le risorse a disposizione per l’Agenzia sui rimpatri sono esplosi: nel 2022 questa specifica voce di bilancio prevedeva quasi 79 milioni di euro (+690% rispetto ai dieci milioni del 2012).

    E la crescita sembra destinata a non fermarsi. Frontex nel 2023 stima di poter rimpatriare 800 persone in Iraq, 316 in Pakistan, 200 in Gambia, 75 in Afghanistan, 57 in Siria, 60 in Russia e 36 in Ucraina come si legge in un bando pubblicato a inizio febbraio 2023 che ha come obiettivo la ricerca di partner in questi Paesi (e in altri, in totale 43) per garantire assistenza di breve e medio periodo (12 mesi) alle persone rimpatriate. Un’altra gara pubblica dà conto della centralità dell’Agenzia nella “strategia dei rimpatri” europea: 120 milioni di euro nel novembre 2022 per l’acquisto di “servizi di viaggio relativi ai rimpatri mediante voli di linea”. Migliaia di biglietti e un nuovo sistema informatico per gestire al meglio le prenotazioni, con un’enorme mole di dati personali delle persone “irregolari” che arriveranno nelle “mani” di Frontex. Mani affidabili, secondo la Commissione europea.

    Ma il 7 ottobre 2022 il Parlamento, nel “bocciare” nuovamente Frontex rispetto al via libera sul bilancio 2020, dava conto del “rammarico per l’assenza di procedimenti disciplinari” nei confronti di Leggeri e della “preoccupazione” per la mancata attivazione dell’articolo 46 (che prevede il ritiro degli agenti quando siano sistematiche le violazioni dei diritti umani) con riferimento alla Grecia, in cui l’Agenzia opera con 518 agenti, 11 navi e 30 mezzi. “I respingimenti e la violenza sui confini continuano sia alle frontiere terrestri sia a quelle marittime così come non si è interrotto il sostegno alle autorità greche”, spiega la ricercatrice indipendente Lena Karamanidou. La “scusa” ufficiale è che la presenza di agenti migliori la situazione ma non è così. “Al confine terrestre di Evros, la violenza è stata documentata per tutto il tempo in cui Frontex è stata presente, fin dal 2010. È difficile immaginare come possa farlo in futuro vista la sistematicità delle violenze su questo confine”. Su quella frontiera si giocherà anche la presunta nuova reputazione dell’Agenzia guidata dal primo marzo dall’olandese Hans Leijtens: un tentativo di “ripulire” l’immagine che è già in corso.

    Frontex nei confronti delle persone in fuga dal conflitto in Ucraina ha tenuto fin dall’inizio un altro registro: i “migranti irregolari” sono diventati “persone che scappano da zone di conflitto”; l’obiettivo di “combattere l’immigrazione irregolare” si è trasformato nella gestione “efficace dell’attraversamento dei confini”. “Gli ultimi mesi hanno mostrato il potenziale di Frontex di evolversi in un attore affidabile della gestione delle frontiere che opera con efficienza, trasparenza e pieno rispetto dei diritti umani”, sottolinea Gkliati nello studio “Frontex assisting in the ukrainian displacement. A welcoming committee at racialised passage?”, pubblicato nel marzo 2023. Una conferma ulteriore, per Salzano, dei limiti strutturali dell’Agenzia: “La legge va rispettata indipendentemente dalla cornice in cui operi: la tutela dei diritti umani prescinde dagli umori della politica”.

    https://altreconomia.it/nessuno-vuole-mettere-limiti-allattivita-dellagenzia-frontex

    #Frontex #migrations #asile #réfugiés #frontières #contrôles_frontaliers #justice #Lisa-Marie_Komp #OLAF #Sénégal #externalisation #Africa-Frontex_intelligence_community (#Afic) #Rac #Nigeria #Gambie #Niger #Ghana #Côte_d'Ivoire #Togo #Mauritanie #status_agreement #échange_de_données #working_arrangement #Serbie #Monténégro #Albanie #Moldavie #Macédoine_du_Nord #CJUE #cours_de_justice #renvois #expulsions

    • I rischi della presenza di Frontex in Africa: tanto potere, poca responsabilità

      L’eurodeputata #Tineke_Strik è stata in Senegal e Mauritania a fine febbraio 2023: in un’intervista ad Altreconomia ricostruisce lo stato dell’arte degli accordi che l’Ue vorrebbe concludere con i due Paesi ritenuti “chiave” nel contrasto ai flussi migratori. Denunciando la necessità di una riforma strutturale dell’Agenzia.

      A un anno di distanza dalle dimissioni del suo ex direttore Fabrice Leggeri, le istituzioni europee non vogliono mettere limiti all’attività di Frontex. Come abbiamo ricostruito sul numero di aprile di Altreconomia, infatti, l’Agenzia -che dal primo marzo 2023 è guidata da Hans Leijtens- continua a svolgere un ruolo centrale nelle politiche migratorie dell’Unione europea nonostante le pesanti rivelazioni dell’Ufficio europeo antifrode (Olaf), che ha ricostruito nel dettaglio il malfunzionamento nelle operazioni delle divise blu lungo i confini europei.

      Ma non solo. Un aspetto particolarmente preoccupante sono le operazioni al di fuori dei Paesi dell’Unione, che rientrano sempre di più tra le priorità di Frontex in un’ottica di esternalizzazione delle frontiere per “fermare” preventivamente i flussi di persone dirette verso l’Europa. Non a caso, a luglio 2022, nonostante i contenuti del rapporto Olaf chiuso solo pochi mesi prima, la Commissione europea ha dato il via libera ai negoziati con Senegal e Mauritania per stringere un cosiddetto working arrangement e permettere così agli “agenti europei” di operare nei due Paesi africani (segnaliamo anche la recente ricerca pubblicata dall’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione sul tema).

      Per monitorare lo stato dell’arte di questi accordi l’eurodeputata Tineke Strik, tra le poche a opporsi e a denunciare senza sconti gli effetti delle politiche migratorie europee e il ruolo di Frontex, a fine febbraio 2023 ha svolto una missione di monitoraggio nei due Paesi. Già professoressa di Diritto della cittadinanza e delle migrazioni dell’Università di Radboud di Nimega, in Olanda, è stata eletta al Parlamento europeo nel 2019 nelle fila di GroenLinks (Sinistra verde). L’abbiamo intervistata.

      Onorevole Strik, secondo quanto ricostruito dalla vostra visita (ha partecipato alla missione anche Cornelia Erns, di LeftEu, ndr), a che punto sono i negoziati con il Senegal?
      TS La nostra impressione è che le autorità senegalesi non siano così desiderose di concludere un accordo di status con l’Unione europea sulla presenza di Frontex nel Paese. L’approccio di Bruxelles nei confronti della migrazione come sappiamo è molto incentrato su sicurezza e gestione delle frontiere; i senegalesi, invece, sono più interessati a un intervento sostenibile e incentrato sullo sviluppo, che offra soluzioni e affronti le cause profonde che spingono le persone a partire. Sono molti i cittadini del Senegal emigrano verso l’Europa: idealmente, il governo vuole che rimangano nel Paese, ma capisce meglio di quanto non lo facciano le istituzioni Ue che si può intervenire sulla migrazione solo affrontando le cause alla radice e migliorando la situazione nel contesto di partenza. Allo stesso tempo, le navi europee continuano a pescare lungo le coste del Paese (minacciando la pesca artigianale, ndr), le aziende europee evadono le tasse e il latte sovvenzionato dall’Ue viene scaricato sul mercato senegalese, causando disoccupazione e impedendo lo sviluppo dell’economia locale. Sono soprattutto gli accordi di pesca ad aver alimentato le partenze dal Senegal, dal momento che le comunità di pescatori sono state private della loro principale fonte di reddito. Serve domandarsi se l’Unione sia veramente interessata allo sviluppo e ad affrontare le cause profonde della migrazione. E lo stesso discorso può essere fatto su molti dei Paesi d’origine delle persone che cercano poi protezione in Europa.

      Dakar vede di buon occhio l’intervento dell’Unione europea? Quale tipo di operazioni andrebbero a svolgere gli agenti di Frontex nel Paese?
      TS Abbiamo avuto la sensazione che l’Ue non ascoltasse le richieste delle autorità senegalesi -ad esempio in materia di rilascio di visti d’ingresso- e ci hanno espresso preoccupazioni relative ai diritti fondamentali in merito a qualsiasi potenziale cooperazione con Frontex, data la reputazione dell’Agenzia. È difficile dire che tipo di supporto sia previsto, ma nei negoziati l’Unione sta puntando sia alle frontiere terrestri sia a quelle marittime.

      Che cosa sta avvenendo in Mauritania?
      TS Sebbene questo Paese sembri disposto a concludere un accordo sullo status di Frontex -soprattutto nell’ottica di ottenere un maggiore riconoscimento da parte dell’Europa-, preferisce comunque mantenere l’autonomia nella gestione delle proprie frontiere e quindi non prevede una presenza permanente dei funzionari dell’Agenzia nel Paese. Considerano l’accordo sullo status più come un quadro giuridico, per consentire la presenza di Frontex in caso di aumento della pressione migratoria. Inoltre, come il Senegal, ritengono che l’Europa debba ascoltare e accogliere le loro richieste, che riguardano principalmente i visti e altre aree di cooperazione. Anche in questo caso, Bruxelles chiede il mandato più ampio possibile per gli agenti in divisa blu durante i negoziati per “mantenere aperte le opzioni [più ampie]”, come dicono loro stessi. Ma credo sia chiaro che il loro obiettivo è quello di operare sia alle frontiere marittime sia a quelle terrestri.
      Questo a livello “istituzionale”. Qual è invece la posizione della società civile?
      TS In entrambi i Paesi è molto critica. In parte a causa della cattiva reputazione di Frontex in relazione ai diritti umani, ma anche a causa dell’esperienza che i cittadini senegalesi e mauritani hanno già sperimentato con la Guardia civil spagnola, presente nei due Stati, che ritengono stia intaccando la sovranità per quanto riguarda la gestione delle frontiere. È previsto che il mandato di Frontex sia addirittura esecutivo, a differenza di quello della Guardia civil, che può impegnarsi solo in pattugliamenti congiunti in cui le autorità nazionali sono al comando. Quindi la sovranità di entrambi i Paesi sarebbe ulteriormente minata.

      Perché a suo avviso sarebbe problematica la presenza di agenti di Frontex nei due Paesi?
      TS L’immunità che l’Unione europea vorrebbe per i propri operativi dispiegati in Africa non è solo connessa allo svolgimento delle loro funzioni ma si estende al di fuori di esse, a questo si aggiunge la possibilità di essere armati. Penso sia problematico il rispetto dei diritti fondamentali dei naufraghi intercettati in mare, poiché è difficile ottenere l’accesso all’asilo sia in Senegal sia in Mauritania. In questo Paese, ad esempio, l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) impiega molto tempo per determinare il loro bisogno di protezione: fanno eccezione i maliani, che riescono a ottenerla in “appena” due anni. E durante l’attesa queste persone non hanno quasi diritti.

      Ma se ottengono la protezione è comunque molto difficile registrarsi presso l’amministrazione, cosa necessaria per avere accesso al mercato del lavoro, alle scuole o all’assistenza sanitaria. E le conseguenze che ne derivano sono le continue retate, i fermi e le deportazioni alla frontiera, per impedire alle persone di partire. A causa delle attuali intercettazioni in mare, le rotte migratorie si stanno spostando sulla terra ferma e puntano verso l’Algeria: l’attraversamento del deserto può essere mortale. Il problema principale è che Frontex deve rispettare il diritto dell’Unione europea anche se opera in un Paese terzo in cui si applicano norme giuridiche diverse, ma l’Agenzia andrà a operare sotto il comando delle guardie di frontiera di un Paese che non è vincolato dalle “regole” europee. Come può Frontex garantire di non essere coinvolta in operazioni che violano le norme fondamentali del diritto comunitario, se determinate azioni non sono illegali in quel Paese? Sulla carta è possibile presentare un reclamo a Frontex, ma poi nella pratica questo strumento in quali termini sarebbe accessibile ed efficace?

      Un anno dopo le dimissioni dell’ex direttore Leggeri ritiene che Frontex si sia pienamente assunta la responsabilità di quanto accaduto? Può davvero, secondo lei, diventare un attore affidabile per l’Ue?
      TS Prima devono accadere molte cose. Non abbiamo ancora visto una riforma fondamentale: c’è ancora un forte bisogno di maggiore trasparenza, di un atteggiamento più fermo nei confronti degli Stati membri ospitanti e di un uso conseguente dell’articolo 46 che prevede la sospensione delle operazioni in caso di violazioni dei diritti umani (abbiamo già raccontato il ruolo dell’Agenzia nei respingimenti tra Grecia e Turchia, ndr). Questi problemi saranno ovviamente esacerbati nella cooperazione con i Paesi terzi, perché la responsabilità sarà ancora più difficile da raggiungere.

      https://altreconomia.it/i-rischi-della-presenza-di-frontex-in-africa-tanto-potere-poca-responsa

    • «Un laboratorio di esternalizzazione tra frontiere di terra e di mare». La missione di ASGI in Senegal e Mauritania

      Lo scorso 29 marzo è stato pubblicato il rapporto «Un laboratorio di esternalizzazione tra frontiere di terra e di mare» (https://www.asgi.it/notizie/rapporto-asgi-della-senegal-mauritania), frutto del sopralluogo giuridico effettuato tra il 7 e il 13 maggio 2022 da una delegazione di ASGI composta da Alice Fill, Lorenzo Figoni, Matteo Astuti, Diletta Agresta, Adelaide Massimi (avvocate e avvocati, operatori e operatrici legali, ricercatori e ricercatrici).

      Il sopralluogo aveva l’obiettivo di analizzare lo sviluppo delle politiche di esternalizzazione del controllo della mobilità e di blocco delle frontiere implementate dall’Unione Europea in Mauritania e in Senegal – due paesi a cui, come la Turchia o gli stati balcanici più orientali, gli stati membri hanno delegato la gestione dei flussi migratori concordando politiche sempre più ostacolanti per lo spostamento delle persone.

      Nel corso del sopralluogo sono stati intervistati, tra Mauritania e Senegal, più di 40 interlocutori afferenti a istituzioni, società civile, popolazione migrante e organizzazioni, tra cui OIM, UNHCR, delegazioni dell’UE. Intercettare questi soggetti ha consentito ad ASGI di andare oltre le informazioni vincolate all’ufficialità delle dichiarazioni pubbliche e di approfondire le pratiche illegittime portate avanti su questi territori.

      Il report parte dalle già assodate intenzioni di collaborazione tra l’Unione Europea e le autorità senegalesi e mauritane – una collaborazione che in entrambi i paesi sembra connotata nel senso del controllo e della sorveglianza; per quanto riguarda il Senegal, si fa menzione del ben noto status agreement, proposto nel febbraio 2022 a Dakar dalla Commissaria europea agli affari interni Ylva Johansson, con il quale si intende estendere il controllo di Frontex in Senegal.

      L’obiettivo di tale accordo era il controllo della cosiddetta rotta delle Canarie, che tra il 2018 e il 2022 è stata sempre più battuta. Sebbene la proposta abbia generato accese discussioni nella società civile senegalese, preoccupata all’idea di cedere parte della sovranità del paese sul controllo delle frontiere esterne, con tale accordo, elaborato con un disegno molto simile a quello che regola le modalità di intervento di Frontex nei Balcani, si legittimerebbe ufficialmente l’attività di controllo dell’agenzia UE in paesi terzi, e in particolare fuori dal continente europeo.

      Per quanto riguarda la Mauritania, si menziona l’Action Plan pubblicato da Frontex il 7 giugno 2022, con il quale si prospetta una possibilità di collaborare operativamente sul territorio mauritano, in particolare per lo sviluppo di governance in materia migratoria.

      Senegal

      Sin dai primi anni Duemila, il dialogo tra istituzioni europee e senegalesi è stato focalizzato sulle politiche di riammissione dei cittadini senegalesi presenti in UE in maniera irregolare e dei cosiddetti ritorni volontari, le politiche di gestione delle frontiere senegalesi e il controllo della costa, la promozione di una legislazione anti-trafficking e anti-smuggling. Tutto questo si è intensificato quando, a partire dal 2018, la rotta delle Canarie è tornata a essere una rotta molto percorsa. L’operatività delle agenzie europee in Senegal per la gestione delle migrazioni si declina principalmente nei seguenti obiettivi:

      1. Monitoraggio delle frontiere terrestri e marittime. Il memorandum firmato nel 2006 da Senegal e Spagna ha sancito la collaborazione ufficiale tra le forze di polizia europee e quelle senegalesi in operazioni congiunte di pattugliamento; a questo si aggiunge, sempre nello stesso anno, una presenza sempre più intensiva di Frontex al largo delle coste senegalesi.

      2. Lotta alla tratta e al traffico. Su questo fronte dell’operatività congiunta tra forze senegalesi ed europee, la normativa di riferimento è la legge n. 06 del 10 maggio 2005, che offre delle direttive per il contrasto della tratta di persone e del traffico. Tale documento, non distinguendo mai fra “tratta” e “traffico”, di fatto criminalizza la migrazione irregolare tout court, dal momento che viene utilizzato in maniera estensiva (e arbitraria) come strumento di controllo e di repressione della mobilità – fu utilizzato, ad esempio, per accusare di traffico di esseri umani un padre che aveva imbarcato suo figlio su un mezzo che poi naufragato.

      Il sistema di asilo in Senegal

      Il Senegal aderisce alla Convenzione del 1951 sullo status de rifugiati e del relativo Protocollo del 1967; la valutazione delle domande di asilo fa capo alla Commissione Nazionale di Eleggibilità (CNE), che al deposito della richiesta di asilo emette un permesso di soggiorno della durata di 3 mesi, rinnovabile fino all’esito dell’audizione di fronte alla CNE; l’esito della CNE è ricorribile in primo grado presso la Commissione stessa e, nel caso di ulteriore rifiuto, presso il Presidente della Repubblica. Quando il richiedente asilo depone la propria domanda, subentra l’UNHCR, che nel paese è molto presente e finanzia ONG locali per fornire assistenza.

      Il 5 aprile 2022 l’Assemblea Nazionale senegalese ha approvato una nuova legge sullo status dei rifugiati e degli apolidi, una legge che, stando a diverse associazioni locali, sulla carta estenderebbe i diritti cui i rifugiati hanno accesso; tuttavia, le stesse associazioni temono che a tale miglioramento possa non seguire un’applicazione effettiva della normativa.
      Mauritania

      Data la collocazione geografica del paese, a ridosso dell’Atlantico e delle isole Canarie, in prossimità di paesi ad alto indice di emigrazione (Senegal, Mali, Marocco), la Mauritania rappresenta un territorio strategico per il monitoraggio dei flussi migratori diretti in Europa. Pertanto, analogamente a quanto avvenuto in Senegal, anche in Mauritania la Spagna ha proceduto a rafforzare la cooperazione in tema di politiche migratorie e di gestione del controllo delle frontiere e a incrementare la presenta e l’impegno di attori esterni – in primis di agenzie quali Frontex – per interventi di contenimento dei flussi e di riammissione di cittadini stranieri in Mauritania.

      Relativamente alla Mauritania, l’obiettivo principale delle istituzioni europee sembra essere la prevenzione dell’immigrazione lungo la rotta delle Canarie. La normativa di riferimento è l’Accordo di riammissione bilaterale firmato con la Spagna nel luglio 2003. Con tale accordo, la Spagna può chiedere alla Mauritania di riammettere sul proprio territorio cittadini mauritani e non solo, anche altri cittadini provenienti da paesi terzi che “si presume” siano transitati per la Mauritania prima di entrare irregolarmente in Spagna. Oltre a tali interventi, il report di ASGI menziona l’Operazione Hera di Frontex e vari interventi di cooperazione allo sviluppo promossi dalla Spagna “con finalità tutt’altro che umanitarie”, bensì di gestione della mobilità.

      In tale regione, nella fase degli sbarchi risulta molto dubbio il ruolo giocato da organizzazioni come OIM e UNHCR, poiché non è codificato; interlocutori diversi hanno fornito informazioni contrastanti sulla disponibilità di UNHCR a intervenire in supporto e su segnalazione delle ONG presenti al momento dello sbarco. In ogni caso, se effettivamente UNHCR fosse assente agli sbarchi, ciò determinerebbe una sostanziale impossibilità di accesso alle procedure di protezione internazionale da parte di qualsiasi potenziale richiedente asilo che venga intercettato in mare.

      Anche in questo territorio la costruzione della figura del “trafficante” diventa un dispositivo di criminalizzazione e repressione della mobilità sulla rotta atlantica, strumentale alla soddisfazione di richieste europee.
      La detenzione dei cittadini stranieri

      Tra Nouakchott e Nouadhibou vi sono tre centri di detenzione per persone migranti; uno di questi (il Centro di Detenzione di Nouadhibou 2 (anche detto “El Guantanamito”), venne realizzato grazie a dei fondi di un’agenzia di cooperazione spagnola. Sovraffollamento, precarietà igienico-sanitaria e impossibilità di accesso a cure e assistenza legale hanno caratterizzato tali centri. Quando El Guantanamito fu chiuso, i commissariati di polizia sono diventati i principali luoghi deputati alla detenzione dei cittadini stranieri; in tali centri, vengono detenute non solo le persone intercettate in prossimità delle coste mauritane, ma anche i cittadini stranieri riammessi dalla Spagna, e anche le persone presenti irregolarmente su territorio mauritano. Risulta delicato il tema dell’accesso a tali commissariati, dal momento che il sopralluogo ha rilevato che le ONG non hanno il permesso di entrarvi, mentre le organizzazioni internazionali sì – ciò nonostante, nessuna delle persone precedentemente sottoposte a detenzione con cui la delegazione ASGI ha avuto modo di interloquire ha dichiarato di aver riscontrato la presenza di organizzazioni all’interno di questi centri.

      La detenzione amministrativa risulta essere “un tassello essenziale della politica di contenimento dei flussi di cittadini stranieri in Mauritania”. Il passaggio successivo alla detenzione delle persone migranti è l’allontanamento, che si svolge in forma di veri e propri respingimenti sommari e informali, senza che i migranti siano messi nelle condizioni né di dichiarare la propria nazionalità né di conoscere la procedura di ritorno volontario.
      Il ruolo delle organizzazioni internazionali in Mauritania

      OIM riveste un ruolo centrale nel panorama delle politiche di esternalizzazione e di blocco dei cittadini stranieri in Mauritania, tramite il supporto delle autorità di pubblica sicurezza mauritane nello sviluppo di politiche di contenimento della libertà di movimento – strategie e interventi che suggeriscono una connotazione securitaria della presenza dell’associazione nel paese, a scapito di una umanitaria.

      Nonostante anche la Mauritania sia firmataria della Convenzione di Ginevra, non esiste a oggi una legge nazionale sul diritto di asilo nel paese. UNHCR testimonia come dal 2015 esiste un progetto di legge sull’asilo, ma che questo sia tuttora “in attesa di adozione”.

      Pertanto, le procedure di asilo in Mauritania sono gestite interamente da UNHCR. Tali procedure si differenziano a seconda della pericolosità delle regioni di provenienza delle persone migranti; in particolare, i migranti maliani provenienti dalle regioni considerate più pericolose vengono registrati come rifugiati prima facie, quanto non accade invece per i richiedenti asilo provenienti dalle aree urbane, per loro, l’iter dell’asilo è ben più lungo, e prevede una sorta di “pre-pre-registrazione” presso un ente partner di UNHCR, cui segue una pre-registrazione accordata da UNHCR previo appuntamento, e solo in seguito alla registrazione viene riconosciuto un certificato di richiesta di asilo, valido per sei mesi, in attesa di audizione per la determinazione dello status di rifugiato.

      Le tempistiche per il riconoscimento di protezione, poi, sono differenti a seconda del grado di vulnerabilità del richiedente e in taluni casi potevano condurre ad anni e anni di attesa. Alla complessità della procedura si aggiunge che non tutti i potenziali richiedenti asilo possono accedervi – ad esempio, chi proviene da alcuni stati, come la Sierra Leone, considerati “paesi sicuri” secondo una categorizzazione fornita dall’Unione Africana.
      Conclusioni

      In fase conclusiva, il report si sofferma sul ruolo fondamentale giocato dall’Unione Europea nel forzare le politiche senegalesi e mauritane nel senso della sicurezza e del contenimento, a scapito della tutela delle persone migranti nei loro diritti fondamentali. Le principali preoccupazioni evidenziate sono rappresentate dalla prospettiva della conclusione dello status agreement tra Frontex e i due paesi, perché tale ratifica ufficializzerebbe non solo la presenza, ma un ruolo legittimo e attivo di un’agenzia europea nel controllo di frontiere che si dispiegano ben oltre i confini territoriali comunitari, ben oltre le acque territoriali, spingendo le maglie del controllo dei flussi fin dentro le terre di quegli stati da cui le persone fuggono puntando all’Unione Europea. La delegazione, tuttavia, sottolinea che vi sono aree in cui la società civile senegalese e mauritana risulta particolarmente politicizzata, dunque in grado di esprimere insofferenza o aperta contrarietà nei confronti delle ingerenze europee nei loro paesi. Infine, da interviste, colloqui e incontri con diretti interessati e testimoni, il ruolo di organizzazioni internazionali come le citate OIM e UNHCR appare nella maggior parte dei casi “fluido o sfuggevole”; una prospettiva, questa, che sembra confermare l’ambivalenza delle grandi organizzazioni internazionali, soggetti messi innanzitutto al servizio degli interessi delle istituzioni europee.

      Il report si conclude auspicando una prosecuzione di studio e analisi al fine di continuare a monitorare gli sviluppi politici e legislativi che legano l’Unione Europea e questi territori nella gestione operativa delle migrazioni.

      https://www.meltingpot.org/2023/05/un-laboratorio-di-esternalizzazione-tra-frontiere-di-terra-e-di-mare

    • Pubblicato il rapporto #ASGI della missione in Senegal e Mauritania

      Il Senegal e la Mauritania sono paesi fondamentali lungo la rotta che conduce dall’Africa occidentale alle isole Canarie. Nel 2020, dopo alcuni anni in cui la rotta era stata meno utilizzata, vi è stato un incremento del 900% degli arrivi rispetto all’anno precedente. Il dato ha portato la Spagna e le istituzioni europee a concentrarsi nuovamente sui due paesi. La cosiddetta Rotta Atlantica, che a partire dal 2006 era stata teatro di sperimentazioni di pratiche di contenimento e selezione della mobilità e di delega dei controlli alle frontiere e del diritto di asilo, è tornata all’attenzione internazionale: da febbraio 2022 sono in corso negoziazioni per la firma di un accordo di status con Frontex per permettere il dispiegamento dei suoi agenti in Senegal e Mauritania.

      Al fine di indagare l’attuazione delle politiche di esternalizzazione e i loro effetti, dal 7 al 13 maggio 2022 un gruppo di socз ASGI – avvocatз, operatorз legali e ricercatorз – ha effettuato un sopralluogo giuridico a Nouakchott, Mauritania e a Dakar, Senegal.

      Il report restituisce il quadro ricostruito nel corso del sopralluogo, durante il quale è stato possibile intervistare oltre 45 interlocutori tra istituzioni, organizzazioni internazionali, ONG e persone migranti.

      https://www.asgi.it/notizie/rapporto-asgi-della-senegal-mauritania
      #rapport

    • Au Sénégal, les desseins de Frontex se heurtent aux résistances locales

      Tout semblait devoir aller très vite : début 2022, l’Union européenne propose de déployer sa force anti-migration Frontex sur les côtes sénégalaises, et le président Macky Sall y semble favorable. Mais c’était compter sans l’opposition de la société civile, qui refuse de voir le Sénégal ériger des murs à la place de l’Europe.

      Agents armés, navires, drones et systèmes de sécurité sophistiqués : Frontex, l’agence européenne de gardes-frontières et de gardes-côtes créée en 2004, a sorti le grand jeu pour dissuader les Africains de prendre la direction des îles Canaries – et donc de l’Europe –, l’une des routes migratoires les plus meurtrières au monde. Cet arsenal, auquel s’ajoutent des programmes de formation de la police aux frontières, est la pierre angulaire de la proposition faite début 2022 par le Conseil de l’Europe au Sénégal. Finalement, Dakar a refusé de la signer sous la pression de la société civile, même si les négociations ne sont pas closes. Dans un climat politique incandescent à l’approche de l’élection présidentielle de 2024, le président sénégalais, Macky Sall, soupçonné de vouloir briguer un troisième mandat, a préféré prendre son temps et a fini par revenir sur sa position initiale, qui semblait ouverte à cette collaboration. Dans le même temps, la Mauritanie voisine, elle, a entamé des négociations avec Bruxelles.

      L’histoire débute le 11 février 2022 : lors d’une conférence de presse à Dakar, la commissaire aux Affaires intérieures du Conseil de l’Europe, Ylva Johansson, officialise la proposition européenne de déployer Frontex sur les côtes sénégalaises. « C’est mon offre et j’espère que le gouvernement sénégalais sera intéressé par cette opportunité unique », indique-t-elle. En cas d’accord, elle annonce que l’agence européenne sera déployée dans le pays au plus tard au cours de l’été 2022. Dans les jours qui ont suivi l’annonce de Mme Johansson, plusieurs associations de la société civile sénégalaise ont organisé des manifestations et des sit-in à Dakar contre la signature de cet accord, jugé contraire aux intérêts nationaux et régionaux.

      Une frontière déplacée vers la côte sénégalaise

      « Il s’agit d’un #dispositif_policier très coûteux qui ne permet pas de résoudre les problèmes d’immigration tant en Afrique qu’en Europe. C’est pourquoi il est impopulaire en Afrique. Frontex participe, avec des moyens militaires, à l’édification de murs chez nous, en déplaçant la frontière européenne vers la côte sénégalaise. C’est inacceptable, dénonce Seydi Gassama, le directeur exécutif d’Amnesty International au Sénégal. L’UE exerce une forte pression sur les États africains. Une grande partie de l’aide européenne au développement est désormais conditionnée à la lutte contre la migration irrégulière. Les États africains doivent pouvoir jouer un rôle actif dans ce jeu, ils ne doivent pas accepter ce qu’on leur impose, c’est-à-dire des politiques contraires aux intérêts de leurs propres communautés. » Le défenseur des droits humains rappelle que les transferts de fonds des migrants pèsent très lourd dans l’économie du pays : selon les chiffres de la Banque mondiale, ils ont atteint 2,66 milliards de dollars (2,47 milliards d’euros) au Sénégal en 2021, soit 9,6 % du PIB (presque le double du total de l’aide internationale au développement allouée au pays, de l’ordre de 1,38 milliard de dollars en 2021). « Aujourd’hui, en visitant la plupart des villages sénégalais, que ce soit dans la région de Fouta, au Sénégal oriental ou en Haute-Casamance, il est clair que tout ce qui fonctionne – hôpitaux, dispensaires, routes, écoles – a été construit grâce aux envois de fonds des émigrés », souligne M. Gassama.

      « Quitter son lieu de naissance pour aller vivre dans un autre pays est un droit humain fondamental, consacré par l’article 13 de la Convention de Genève de 1951, poursuit-il. Les sociétés capitalistes comme celles de l’Union européenne ne peuvent pas dire aux pays africains : “Vous devez accepter la libre circulation des capitaux et des services, alors que nous n’acceptons pas la libre circulation des travailleurs”. » Selon lui, « l’Europe devrait garantir des routes migratoires régulières, quasi inexistantes aujourd’hui, et s’attaquer simultanément aux racines profondes de l’exclusion, de la pauvreté, de la crise démocratique et de l’instabilité dans les pays d’Afrique de l’Ouest afin d’offrir aux jeunes des perspectives alternatives à l’émigration et au recrutement dans les rangs des groupes djihadistes ».

      Depuis le siège du Forum social sénégalais (FSS), à Dakar, Mamadou Mignane Diouf abonde : « L’UE a un comportement inhumain, intellectuellement et diplomatiquement malhonnête. » Le coordinateur du FSS cite le cas récent de l’accueil réservé aux réfugiés ukrainiens ayant fui la guerre, qui contraste avec les naufrages incessants en Méditerranée et dans l’océan Atlantique, et avec la fermeture des ports italiens aux bateaux des ONG internationales engagées dans des opérations de recherche et de sauvetage des migrants. « Quel est ce monde dans lequel les droits de l’homme ne sont accordés qu’à certaines personnes en fonction de leur origine ?, se désole-t-il. À chaque réunion internationale sur la migration, nous répétons aux dirigeants européens que s’ils investissaient un tiers de ce qu’ils allouent à Frontex dans des politiques de développement local transparentes, les jeunes Africains ne seraient plus contraints de partir. » Le budget total alloué à Frontex, en constante augmentation depuis 2016, a dépassé les 754 millions d’euros en 2022, contre 535 millions l’année précédente.
      Une des routes migratoires les plus meurtrières

      Boubacar Seye, directeur de l’ONG Horizon sans Frontières, parle de son côté d’une « gestion catastrophique et inhumaine des frontières et des phénomènes migratoires ». Selon les estimations de l’ONG espagnole Caminando Fronteras, engagée dans la surveillance quotidienne de ce qu’elle appelle la « nécro-frontière ouest-euro-africaine », entre 2018 et 2022, 7 865 personnes originaires de 31 pays différents, dont 1 273 femmes et 383 enfants, auraient trouvé la mort en tentant de rejoindre les côtes espagnoles des Canaries à bord de pirogues en bois et de canots pneumatiques cabossés – soit une moyenne de 6 victimes chaque jour. Il s’agit de l’une des routes migratoires les plus dangereuses et les plus meurtrières au monde, avec le triste record, ces cinq dernières années, d’au moins 250 bateaux qui auraient coulé avec leurs passagers à bord. Le dernier naufrage connu a eu lieu le 2 octobre 2022. Selon le récit d’un jeune Ivoirien de 27 ans, seul survivant, le bateau a coulé après neuf jours de mer, emportant avec lui 33 vies.

      Selon les chiffres fournis par le ministère espagnol de l’Intérieur, environ 15 000 personnes sont arrivées aux îles Canaries en 2022 – un chiffre en baisse par rapport à 2021 (21 000) et 2020 (23 000). Et pour cause : la Guardia Civil espagnole a déployé des navires et des hélicoptères sur les côtes du Sénégal et de la Mauritanie, dans le cadre de l’opération « Hera » mise en place dès 2006 (l’année de la « crise des pirogues ») grâce à des accords de coopération militaire avec les deux pays africains, et en coordination avec Frontex.

      « Les frontières de l’Europe sont devenues des lieux de souffrance, des cimetières, au lieu d’être des entrelacs de communication et de partage, dénonce Boubacar Seye, qui a obtenu la nationalité espagnole. L’Europe se barricade derrière des frontières juridiques, politiques et physiques. Aujourd’hui, les frontières sont équipées de moyens de surveillance très avancés. Mais, malgré tout, les naufrages et les massacres d’innocents continuent. Il y a manifestement un problème. » Une question surtout le hante : « Combien d’argent a-t-on injecté dans la lutte contre la migration irrégulière en Afrique au fil des ans ? Il n’y a jamais eu d’évaluation. Demander publiquement un audit transparent, en tant que citoyen européen et chercheur, m’a coûté la prison. » L’activiste a été détenu pendant une vingtaine de jours en janvier 2021 au Sénégal pour avoir osé demander des comptes sur l’utilisation des fonds européens. De la fenêtre de son bureau, à Dakar, il regarde l’océan et s’alarme : « L’ère post-Covid et post-guerre en Ukraine va générer encore plus de tensions géopolitiques liées aux migrations. »
      Un outil policier contesté à gauche

      Bruxelles, novembre 2022. Nous rencontrons des professeurs, des experts des questions migratoires et des militants belges qui dénoncent l’approche néocoloniale des politiques migratoires de l’Union européenne (UE). Il est en revanche plus difficile d’échanger quelques mots avec les députés européens, occupés à courir d’une aile à l’autre du Parlement européen, où l’on n’entre que sur invitation. Quelques heures avant la fin de notre mission, nous parvenons toutefois à rencontrer Amandine Bach, conseillère politique sur les questions migratoires pour le groupe parlementaire de gauche The Left. « Nous sommes le seul parti qui s’oppose systématiquement à Frontex en tant qu’outil policier pour gérer et contenir les flux migratoires vers l’UE », affirme-t-elle.

      Mme Bach souligne la différence entre « statut agreement » (accord sur le statut) et « working arrangement » (arrangement de travail) : « Il ne s’agit pas d’une simple question juridique. Le premier, c’est-à-dire celui initialement proposé au Sénégal, est un accord formel qui permet à Frontex un déploiement pleinement opérationnel. Il est négocié par le Conseil de l’Europe, puis soumis au vote du Parlement européen, qui ne peut que le ratifier ou non, sans possibilité de proposer des amendements. Le second, en revanche, est plus symbolique qu’opérationnel et offre un cadre juridique plus simple. Il n’est pas discuté par le Parlement et n’implique pas le déploiement d’agents et de moyens, mais il réglemente la coopération et l’échange d’informations entre l’agence européenne et les États tiers. » Autre différence substantielle : seul l’accord sur le statut peut donner – en fonction de ce qui a été négocié entre les parties – une immunité partielle ou totale aux agents de Frontex sur le sol non européen. L’agence dispose actuellement de tels accords dans les Balkans, avec des déploiements en Serbie et en Albanie (d’autres accords seront bientôt opérationnels en Macédoine du Nord et peut-être en Bosnie, pays avec lequel des négociations sont en cours).

      Cornelia Ernst (du groupe parlementaire The Left), la rapporteuse de l’accord entre Frontex et le Sénégal nommée en décembre 2022, va droit au but : « Je suis sceptique, j’ai beaucoup de doutes sur ce type d’accord. La Commission européenne ne discute pas seulement avec le Sénégal, mais aussi avec la Mauritanie et d’autres pays africains. Le Sénégal est un pays de transit pour les réfugiés de toute l’Afrique de l’Ouest, et l’UE lui offre donc de l’argent dans l’espoir qu’il accepte d’arrêter les réfugiés. Nous pensons que cela met en danger la liberté de circulation et d’autres droits sociaux fondamentaux des personnes, ainsi que le développement des pays concernés, comme cela s’est déjà produit au Soudan. » Et d’ajouter : « J’ai entendu dire que le Sénégal n’est pas intéressé pour le moment par un “statut agreement”, mais n’est pas fermé à un “working arrangement” avec Frontex, contrairement à la Mauritanie, qui négocie un accord substantiel qui devrait prévoir un déploiement de Frontex. »

      Selon Mme Ernst, la stratégie de Frontex consiste à envoyer des agents, des armes, des véhicules, des drones, des bateaux et des équipements de surveillance sophistiqués, tels que des caméras thermiques, et à fournir une formation aux gardes-frontières locaux. C’est ainsi qu’ils entendent « protéger » l’Europe en empêchant les réfugiés de poursuivre leur voyage. La question est de savoir ce qu’il adviendra de ces réfugiés bloqués au Sénégal ou en Mauritanie en cas d’accord.
      Des rapports accablants

      Principal outil de dissuasion développé par l’UE en réponse à la « crise migratoire » de 2015-2016, Frontex a bénéficié en 2019 d’un renforcement substantiel de son mandat, avec le déploiement de 10 000 gardes-frontières prévu d’ici à 2027 (ils sont environ 1 500 aujourd’hui) et des pouvoirs accrus en matière de coopération avec les pays non européens, y compris ceux qui ne sont pas limitrophes de l’UE. Mais les résultats son maigres. Un rapport de la Cour des comptes européenne d’août 2021 souligne « l’inefficacité de Frontex dans la lutte contre l’immigration irrégulière et la criminalité transfrontalière ». Un autre rapport de l’Office européen de lutte antifraude (Olaf), publié en mars 2022, a quant à lui révélé des responsabilités directes et indirectes dans des « actes de mauvaise conduite » à l’encontre des exilés, allant du harcèlement aux violations des droits fondamentaux en Grèce, en passant par le refoulement illégal de migrants dans le cadre d’opérations de rapatriement en Hongrie.

      Ces rapports pointent du doigt les plus hautes sphères de Frontex, tout comme le Frontex Scrutiny Working Group (FSWG), une commission d’enquête créée en février 2021 par le Parlement européen dans le but de « contrôler en permanence tous les aspects du fonctionnement de Frontex, y compris le renforcement de son rôle et de ses ressources pour la gestion intégrée des frontières et l’application correcte du droit communautaire ». Ces révélations ont conduit, en mars 2021, à la décision du Parlement européen de suspendre temporairement l’extension du budget de Frontex et, en mai 2022, à la démission de Fabrice Leggeri, qui était à la tête de l’agence depuis 2015.
      Un tabou à Dakar

      « Actuellement aucun cadre juridique n’a été défini avec un État africain », affirme Frontex. Si dans un premier temps l’agence nous a indiqué que les discussions avec le Sénégal étaient en cours – « tant que les négociations sur l’accord de statut sont en cours, nous ne pouvons pas les commenter » (19 janvier 2023) –, elle a rétropédalé quelques jours plus tard en précisant que « si les négociations de la Commission européenne avec le Sénégal sur un accord de statut n’ont pas encore commencé, Frontex est au courant des négociations en cours entre la Commission européenne et la Mauritanie » (1er février 2023).

      Interrogé sur les négociations avec le Sénégal, la chargée de communication de Frontex, Paulina Bakula, nous a envoyé par courriel la réponse suivant : « Nous entretenons une relation de coopération étroite avec les autorités sénégalaises chargées de la gestion des frontières et de la lutte contre la criminalité transfrontalière, en particulier avec la Direction générale de la police nationale, mais aussi avec la gendarmerie, l’armée de l’air et la marine. » En effet, la coopération avec le Sénégal a été renforcée avec la mise en place d’un officier de liaison Frontex à Dakar en janvier 2020. « Compte tenu de la pression continue sur la route Canaries-océan Atlantique, poursuit Paulina Bakula, le Sénégal reste l’un des pays prioritaires pour la coopération opérationnelle de Frontex en Afrique de l’Ouest. Cependant, en l’absence d’un cadre juridique pour la coopération avec le Sénégal, l’agence a actuellement des possibilités très limitées de fournir un soutien opérationnel. »

      Interpellée sur la question des droits de l’homme en cas de déploiement opérationnel en Afrique de l’Ouest, Paulina Bakula écrit : « Si l’UE conclut de tels accords avec des partenaires africains à l’avenir, il incombera à Frontex de veiller à ce qu’ils soient mis en œuvre dans le plein respect des droits fondamentaux et que des garanties efficaces soient mises en place pendant les activités opérationnelles. »

      Malgré des demandes d’entretien répétées durant huit mois, formalisées à la fois par courriel et par courrier, aucune autorité sénégalaise n’a accepté de répondre à nos questions. « Le gouvernement est conscient de la sensibilité du sujet pour l’opinion publique nationale et régionale, c’est pourquoi il ne veut pas en parler. Et il ne le fera probablement pas avant les élections présidentielles de 2024 », confie, sous le couvert de l’anonymat, un homme politique sénégalais. Il constate que la question migratoire est devenue, ces dernières années, autant un ciment pour la société civile qu’un tabou pour la classe politique ouest-africaine.

      https://afriquexxi.info/Au-Senegal-les-desseins-de-Frontex-se-heurtent-aux-resistances-locales
      #conditionnalité #conditionnalité_de_l'aide_au_développement #remittances #résistance

    • What is Frontex doing in Senegal? Secret services also participate in their network of “#Risk_Analysis_Cells

      Frontex has been allowed to conclude stationing agreements with third countries since 2016. However, the government in Dakar does not currently want to allow EU border police into the country. Nevertheless, Frontex has been active there since 2006.

      When Frontex was founded in 2004, the EU states wrote into its border agency’s charter that it could only be deployed within the Union. With developments often described as the “refugee crisis,” that changed in the new 2016 regulation, which since then has allowed the EU Commission to negotiate agreements with third countries to send Frontex there. So far, four Balkan states have decided to let the EU migration defense agency into the country – Bosnia and Herzegovina could become the fifth candidate.

      Frontex also wanted to conclude a status agreement with Senegal based on this model (https://digit.site36.net/2022/02/11/status-agreement-with-senegal-frontex-wants-to-operate-in-africa-for-t). In February 2022, the EU Commissioner for Home Affairs, Ylva Johansson, announced that such a treaty would be ready for signing by the summer (https://www.france24.com/en/live-news/20220211-eu-seeks-to-deploy-border-agency-to-senegal). However, this did not happen: Despite high-level visits from the EU (https://digit.site36.net/2022/02/11/status-agreement-with-senegal-frontex-wants-to-operate-in-africa-for-t), the government in Dakar is apparently not even prepared to sign a so-called working agreement. It would allow authorities in the country to exchange personal data with Frontex.

      Senegal is surrounded by more than 2,600 kilometers of external border; like neighboring Mali, Gambia, Guinea and Guinea-Bissau, the government has joined the Economic Community of West African States (ECOWAS). Similar to the Schengen area, the agreement also regulates the free movement of people and goods in a total of 15 countries. Senegal is considered a safe country of origin by Germany and other EU member states like Luxembourg.

      Even without new agreements, Frontex has been active on migration from Senegal practically since its founding: the border agency’s first (and, with its end in 2019, longest) mission started in 2006 under the name “#Hera” between West Africa and the Canary Islands in the Atlantic (https://www.statewatch.org/media/documents/analyses/no-307-frontex-operation-hera.pdf). Border authorities from Mauritania were also involved. The background to this was the sharp increase in crossings from the countries at the time, which were said to have declined successfully under “Hera.” For this purpose, Frontex received permission from Dakar to enter territorial waters of Senegal with vessels dispatched from member states.

      Senegal has already been a member of the “#Africa-Frontex_Intelligence_Community” (#AFIC) since 2015. This “community”, which has been in existence since 2010, aims to improve Frontex’s risk analysis and involves various security agencies to this end. The aim is to combat cross-border crimes, which include smuggling as well as terrorism. Today, 30 African countries are members of AFIC. Frontex has opened an AFIC office in five of these countries, including Senegal since 2019 (https://frontex.europa.eu/media-centre/news/news-release/frontex-opens-risk-analysis-cell-in-senegal-6nkN3B). The tasks of the Frontex liaison officer stationed there include communicating with the authorities responsible for border management and assisting with deportations from EU member states.

      The personnel of the national “Risk Analysis Cells” are trained by Frontex. Their staff are to collect strategic data on crime and analyze their modus operandi, EU satellite surveillance is also used for this purpose (https://twitter.com/matthimon/status/855425552148295680). Personal data is not processed in the process. From the information gathered, Frontex produces, in addition to various dossiers, an annual situation report, which the agency calls an “#Pre-frontier_information_picture.”

      Officially, only national law enforcement agencies participate in the AFIC network, provided they have received a “mandate for border management” from their governments. In Senegal, these are the National Police and the Air and Border Police, in addition to the “Department for Combating Trafficking in Human Beings and Similar Practices.” According to the German government, the EU civil-military missions in Niger and Libya are also involved in AFIC’s work.

      Information is not exchanged with intelligence services “within the framework of AFIC activities by definition,” explains the EU Commission in its answer to a parliamentary question. However, the word “by definition” does not exclude the possibility that they are nevertheless involved and also contribute strategic information. In addition, in many countries, police authorities also take on intelligence activities – quite differently from how this is regulated in Germany, for example, in the separation requirement for these authorities. However, according to Frontex’s response to a FOIA request, intelligence agencies are also directly involved in AFIC: Morocco and Côte d’Ivoire send their domestic secret services to AFIC meetings, and a “#Center_for_Monitoring_and_Profiling” from Senegal also participates.

      Cooperation with Senegal is paying off for the EU: Since 2021, the total number of arrivals of refugees and migrants from Senegal via the so-called Atlantic route as well as the Western Mediterranean route has decreased significantly. The recognition rate for asylum seekers from the country is currently around ten percent in the EU.

      https://digit.site36.net/2023/08/27/what-is-frontex-doing-in-senegal-secret-services-also-participate-in-t
      #services_de_renseignement #données #services_secrets

  • 25,000 violent pushbacks at EU borders documented in the ‘Black Book’

    The Left in the European Parliament today launches the second edition of the “#Black_Book_of_Pushbacks”: over 3,000 pages mapping the systematic violence unfolding at Europe’s borders. The four volumes of the Black Book are a collection of more than one thousand testimonies of people on the move compiled by independent experts from the #Border_Violence_Monitoring_Network (#BVMN). It documents how almost 25,000 thousand people were beaten, kicked, humiliated and arbitrarily detained before being illegally pushed back, both at the EU’s external borders and from deep within the territory of its member states.

    Key data:

    - 1,635 testimonies impacting 24,990 persons
    - 4 volumes, consisting of more than 3,000 pages
    - 15 countries covered: Austria, Italy, Greece, Slovenia, Croatia, Poland, Hungary, Romania, Serbia, Bosnia and Herzegovina, Montenegro, Kosovo, Bulgaria, North Macedonia, Albania 

    https://left.eu/25000-violent-pushbacks-at-eu-borders-documented-in-the-black-book

    #Black_Book #refoulements #push-backs #frontières #migrations #réfugiés #asile #violence #frontières_extérieures #frontières_intérieures #rapport #statistiques #chiffres #Autriche #Italie #Slovénie #Grèce #Croatie #Pologne #Hongrie #Roumanie #Serbie #Bosnie-Herzégovine #Bosnie #Monténégro #Kosovo #Bulgarie #Macédoine_du_Nord #Albanie #frontière_sud-alpine #Balkans #route_des_Balkans

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    voir aussi ce fil de discussion :
    https://seenthis.net/messages/892443

    • - 15 countries covered: Austria, Italy, Greece, Slovenia, Croatia, Poland, Hungary, Romania, Serbia, Bosnia and Herzegovina, Montenegro, Kosovo, Bulgaria, North Macedonia, Albania

      ce qui veut dire que si on inclut la France et ses 10aines de pushback à la frontière avec l’Italie (Montgenèvre en particulier) par semaine (jours !) on doit arriver à des chiffres nettement supérieurs...

      #Frontex

  • At the heart of Fortress Europe: A new study about Austria’s role in border externalization policies in the Balkans

    On the 28th of September 2020, Ayoub N. and six of his friends were chain pushed back from Austria to Slovenia, Croatia, and eventually back to Bosnia and Herzegovina (BiH), from where Ayoub had begun his journey to Austria a few weeks earlier. Ayoub, like many others, had been stuck for years in between the EU member states, in the Balkans, and this was just another attempt to reach the Schengen Zone. He continued trying even after this push-back. In July 2022, Ayoub was still stuck inside the Balkan Circuit (Stojić Mitrović and Vilenica 2019), a region of transit with many loops, within which movement is circular, going forward and backwards because of border violence.

    Exactly one year after Ayoub and his group of friends experienced the chain push-back, Austrian Interior Minister, Karl Nehammer, finished his trip to Kosovo, Albania, and Montenegro meant to coordinate joint frameworks for fighting what he calls illegal migration, terrorism, and organized crime. During the trip, he announced that a “Return Conference” would take place a few months later in Vienna. The gathering in February 2022 brought together high-ranking officials from more than 22 countries, including representatives of EU agencies and think tanks. The main focus of the event was supporting Western Balkan[1] states with effective deportation practices through the newly established “Joint Coordination Platform against irregular migration.” BiH was mentioned as one of the platform’s main partners, and during the press conference organized after the event BiH Security Minister Selmo Cikotić stated that “With the support of the EU and some proactive partners, like Austria, we could move from a crisis situation to migration management.”

    It is not known to the public how the “return mechanisms” discussed would materialize and on what legal grounds the return of people would take place. In 2021, a parliamentary request for information focused specifically on Austria’s plans to return people to the Western Balkans, while another asked details about the role of BiH. In response to the queries, the interior minister emphasized that Austria is “only” providing good practice, expertise, and training, while partner countries can state their specific needs and are, in the end, responsible for ensuring that the human rights of those concerned will be upheld. This is a common rhetorical practice in the context of EU border externalization policies, with EU countries only providing knowledge and equipment, while “accession” countries in the Balkans have to fulfil the dark side of Europeanization.

    Austria took over a key role in building up a network of multilateral stakeholders that enables the fortification of Europe on diplomatic and informal levels, while states and locations near and far from Central Europe face the consequences of these policies; BiH is one example.

    Lobbying for Externalization

    In July 1998, Austria took over the EU presidency. As its first intervention on the issue of EU-migration policy, it introduced the Strategy Document on Immigration and Asylum Policies, which was sent to the European Council for further discussion. In this document, Austria advocated for a unified approach to migration in the Schengen area, which at that moment comprised 15 countries. It proposed the “Europeanization of migration policy,” while describing the existing approach and structures dealing with migration as “relatively clumsy.” The document called for more cooperation with “third states” in exchange for economic and other benefits. The Strategy envisaged that “Fortress Europe” should be replaced by the “concentric circles of the migration policy,” which included EU neighboring countries. Further, the neighboring partners “should be gradually linked into a similar system” that would eventually be similar to the “first circle,” meaning the EU member states. As for “transit countries,” the main approach would be to “eliminate push factors” in them. The Strategy called for the “tightening of the pre-accession strategy… as far as migration policies are concerned.” In addition, it stressed the need for agreements with third countries that would allow the return of people whose asylum applications were rejected, as well as the introduction of policies that would deter migration in general. The paper also argued that the Geneva Convention was outdated and that individual rights should be replaced with “political offers” of EU membership, or other types of cooperation.

    By the end of the year, this proposal had been amended twice, but in the end it was rejected. A number of non-governmental organizations, including the International Federation for Human Rights, condemned the document on account of its harsh language and the restrictive measures proposed. Even though it was never adopted, the document remains a guideline, and some of its measures were put in place, especially in Austria. Along with several Balkan neighboring countries, Austria became more involved in security-related questions in the region, establishing various organizations and groups that are visibly active in the field, including the Salzburg Forum as one key intergovernmental group. Since the early 1990s, the forum functioned as a lobbying group, not only within the framework of the EU and on a regional level between its partners, but also on an often invisible level that reaches far beyond the EU. Austria played a key role in establishing the forum and is also one of its leading members. While the forum did not always achieve its strategic goals (Müller 2016, 28), it became a testing ground for fueling anti-Muslim and anti-migrant sentiments in Europe, and spearheaded plans for the dark future of EU border externalization policies. The multilateral cooperation within the Forum was based on debate, dialogue, exchange of ideas, and strategic planning; the establishment of its operative tool, the Joint Coordination Platform, is another step in cementing the externalization of border management to the Balkans.

    Coordinating “Migration Management”

    The Joint Coordination Platform (JCP) is a network that coordinates political and strategic intervention outside the Schengen Area, monitoring and controlling the EU’s external borders, as well as actions in third countries. Although it was already in the planning for several years, the JCP was inaugurated in Vienna after the Return Conference in February 2022. The JCP office is led by former Frontex Vice-President Berndt Körner and by lawyer Bohumil Hnidek,[2] and will provide a hinge function for Frontex operations in the Balkans (Monroy 2022). As the Frontex agency is not allowed to organize deportations to third countries, in the future it may support deportations from different EU countries to the Balkans, while the JCP would coordinate and monitor the rest of the “local” operations. In September 2022, the first deportations from Bosnia to Morocco with the support of the JCP already took place.

    The investigative journalist Matthias Monroy further links the Vienna-based think tank ICMPD, led by former Austrian Vice-Chancellor Michael Spindelegger (ÖVP), to the operational implementation of regional return mechanisms to the Balkans. As early as 2020, the JCP started training police officers from BiH for conducting deportations. The training of 50 “return specialists” was recently described by Austrian Interior Minister Karner: “We help with training, impart standards, but that doesn’t change the responsibility that remains in the respective countries. It is about observing all international standards.”

    To understand ICMPD’s practices on the ground, it is worth reviewing the project descriptions of its Western Balkans and Turkey office in recent years. The long-standing partner of the Salzburg Forum implements migration management, border management, and capacity building in the Balkans, for example by providing the border police in Kosovo[3] with technical and biometric equipment to register people on the move; and supporting the border police in Albania[4] with equipment for land border surveillance and maritime border surveillance and control. Capacity building in Albania means in particular providing patrol boats and surveillance vehicles. The regional capacity building projects further cover information campaigns for people in Afghanistan, Iraq, and people on the move in the Western Balkans.[5] Labelled as protection and support for migrants, ICMPD invests in the enhancement of migrant information systems[6] for authorities in BiH to implement entry control, registration, and data collection mechanisms. The “electronic biometric residence permit cards,” which should be made available through such projects, point not only to the on-ground preparation but also to the implementation of what investigative journalists call “extra-European Dublin.” This includes for example “Balkandac,” a fingerprint database in the Balkans that would allow countries to deport third-country nationals to countries with readmission agreements before entering the EU Schengen area.

    It is important to highlight that ICMPD has entered the Joint Coordination Platform with years of experience in implementing EU border externalization projects in Africa and the Middle East (Naceur 2021).

    Another active regional partner of the Joint Coordination Platform is Hilfswerk International. Next to the 1 million Euro in Austrian Development Aid that was used as an emergency relief fund through IOM in BiH in 2021, the Upper Austrian Federal Government donated 100,000 Euro to support the construction of a water system in the Lipa camp.[7] The project was implemented by Hilfswerk International, which has been working in the Balkans and especially in BiH as a humanitarian aid organization since 1996. While the organization covers a broad range of services in BiH, it recently joined the niche of network and capacity building in the field of “migration management” in BiH, Serbia, North Macedonia, and Montenegro.

    Hilfswerk International has joined the field of migration management in Bosnia and Herzegovina as a player that can offer extensive experience on the ground. Considering the top-down and dysfunctional approach implemented by IOM in the region, Hilfswerk International is an organization that is closely linked to Austria-based actors and accessible for unbureaucratic and, according to its managing director, pragmatic solutions. As Regional Director Jašarević stated in an interview about their most recent project:

    … we all know, and it is not a secret, that the EU does not want migrants on their territory. And what now? Should we leave them here to suffer or to disappear? It’s not possible.

    They [the JCP] can use our infrastructure here if needed, but they also organize some events themselves. They are connecting donors and infrastructure. They know what is going on at a much deeper level than we do. And we are happy to contribute. They are working very hard as far as I know. Very few people and very big plans, but very capable people. I think it will be more visible this year. But it has only just started.[8]

    Balkan Route: better coordination with Austrian aid

    Even at the end of the 1990s, Austria’s political landscape paved the way for defining the Western Balkans as a strategic buffer zone for Europe’s increasingly restrictive migration and asylum policies. What has been drafted as a strategy to contain migration in “concentric circles” has since developed into the full-scale implementation of land and sea border zones that legitimate legislation, control, tracking, management of, and violence against people moving in circuits while trying to reach the EU Schengen zone.

    Our study can be used as a tool to further investigate Austrian-based and Austrian-initiated organizations, security corporations, and individual actors that are heavily involved in violent EU border externalization from Vienna to Sarajevo and beyond.

    The full study can be accessed here.

    References:

    Müller, Patrick. 2016. “Europeanization and regional cooperation initiatives: Austria’s participation in the Salzburg Forum and in Central European Defence Cooperation.” Österreichische Zeitschrift für Politikwissenschaft 45, no. 2: 24-34.

    Stojić Mitrović, Marta, and Ana Vilenica. 2019. “Enforcing
    and disrupting circular movement in an EU
    Borderscape: housingscaping in Serbia.” Citizenship Studies 23, no. 6: 540-55.

    Stojić Mitrović, Marta, Nidzara Ahmetašević, Barbara Beznec, and Andrej Kurnik. 2020. The Dark Sides of Europeanisation: Serbia, Bosnia and Herzegovina, and the European Border Regime. Belgrade: Rosa-Luxemburg Stiftung Southeast Europe; and Ljubljana: Inštitut Časopis za kritiko znanosti. https://rosalux.rs/wp-content/uploads/2022/04/169_the-dark-side-of-europeanisation-_vladan_jeremic_and_wenke_christoph_rls.

    [1] The authors only use the term Western Balkans in relation to the process of EU border externalization and accession plans of Albania, BiH, Kosovo, Montenegro, North Macedonia, and Serbia. See Stojić Mitrović et al. 2020, 20-22.

    [2] Bohumil Hnidek is a lawyer and the former Director for International Cooperation and EU Affairs to the Ministry of interior of the Czech Republic.

    [3] MIK: Manage increased influx of migrants in Kosovo, April, March 2021 (Fact Sheet ICMPD, 4).

    [4] EU4SAVEALB: EU Support for the Effective Management of Green and Blue Borders in Albania, February 2019-April 2022 (Fact Sheet ICMPD, 7-8).

    [5] IKAM: Information and capacity building on asylum, legal and irregular migration in Afghanistan, Iraq and the Western Balkans, March 2021-March 2022 (ICMPD Fact Sheet, 9).

    [6] MiS BiH: Enhancement of Migration Information System for Strengthening Migration, Asylum and Border Management in Bosnia and Herzegovina, November 2021-March 2023 (ICMPD Fact Sheet, 9-10).

    [7] In mid-June 2022, people living in Lipa reached out to local volunteers in BiH to inform them that for a week they did not have running water. At that moment, the temperatures were over 40 degrees. Even though less than 400 people were in the camp (capacity is 1,500), people were crammed in containers (six in each) with one small fan, and were receiving a gallon of water per person a day. Every day, one cistern was used. According to the testimony, there was no water in the bathrooms and toilets, either. After the information was published on social media, people in the camp told local volunteers that the employees in the camp threatened some of the residents, warning them that they cannot talk about the camp and saying that if they did not like the place they could leave.

    [8] Interview Suzana Jašarević online, 15 March 2022.

    https://lefteast.org/fortress-europe-austria-border-externalization

    #Autriche #externalisation #asile #migrations #réfugiés #frontières #contrôles_frontaliers #Balkans #route_des_Balkans #push-backs #refoulements #refoulements_en_chaîne #Slovénie #Croatie #migrerrance #violence #Balkan_Circuit #Return_Conference #Joint_Coordination_Platform_against_irregular_migration #renvois #expulsions #Joint_Coordination_Platform (#JCP) #Frontex #ICMPD #Michael_Spindelegger #return_specialists #spécialistes_du_retour #Salzburg_Forum #Kosovo #militarisation_des_frontières #complexe_militaro-industriel #Albanie #surveillance #surveillance_des_frontières #biométrie #Balkandac #empreintes_digitales #réadmission #Hilfswerk_International #Lipa #Bosnie #Bosnie_et_Herzégovine #Serbie #Macédoine_du_Nord #Monténégro

    • At the Heart of Fortress Europe

      The study provides a broad mapping of Austrian-based multilateral cooperation, actors, and or­ganisations that are heavily involved in EU border externalisation policies far beyond Austrian borders – and therefore in the violent and sometimes lethal approach to people on the move.

      Since the ‘long summer of migration’ in 2015 and the sealing of the Balkan Route in 2016, people on the move are trying to make their way to the European Schengen area via Bosnia-Herzegovina. According to Frontex, the Western Balkans has become one of the main migrant routes to Europe. The actors examined here are therefore of particular importance.

      https://www.transform-network.net/publications/issue/at-the-heart-of-fortress-europe

      #rapport

    • Balkans : la #Serbie, la #Hongrie et l’Autriche s’unissent contre l’immigration illégale

      La Serbie a accepté mercredi, en concertation avec la Hongrie et l’Autriche, de déployer des forces de police supplémentaires à sa frontière Sud avec la Macédoine du Nord, afin de lutter contre l’immigration illégale. L’Autriche va envoyer 100 policiers en renfort dans cette zone.

      La Serbie est parvenue à un accord avec la Hongrie et l’Autriche, mercredi 16 novembre, sur le déploiement de patrouilles de police conjointes le long de sa frontière Sud.

      « Nous avons convenu d’engager plus de police (...) à la frontière avec la Macédoine du Nord », a déclaré le président serbe Aleksandar Vucic, lors d’une conférence de presse organisée après la signature de l’accord avec les Premiers ministres hongrois et autrichien, Viktor Orban et Karl Nehammer.

      L’accord vise à freiner en amont les arrivées dans l’Union européenne (UE), la Serbie étant utilisée comme un pays de transit par les migrants. La route des Balkans occidentaux, via la Turquie, la Bulgarie, la Macédoine du Nord et la Serbie, reste la principale porte d’entrée dans l’UE pour les migrants. Près de 130 000 entrées irrégulières dans l’UE à partir de la route des Balkans occidentaux ont été enregistrées sur les dix premiers mois de l’année 2022, soit le nombre le plus fort depuis le pic de la crise migratoire de 2015, selon Frontex.
      « La migration illégale ne devrait pas être gérée, elle devrait être stoppée »

      Karl Nehammer a annoncé que son pays allait déployer 100 officiers de police pour aider son voisin serbe à patrouiller la frontière avec la Macédoine du Nord. Ces patrouilles seront secondées par des moyens techniques tels que « des caméras à vision thermique, des drones et des véhicules », a précisé le Premier ministre autrichien. Le même genre de matériel est déjà utilisé à la frontière serbo-hongroise où, depuis 2017, une clôture s’étend sur 160 km.

      Viktor Orban a, de son côté, affirmé que, depuis le début de l’année 2022, la Hongrie avait empêché 250 000 franchissements illégaux de frontières, dont beaucoup organisés par des passeurs armés. « La migration illégale ne devrait pas être gérée, elle devrait être stoppée », a-t-il ajouté, décrivant la situation à la frontière avec la Serbie comme « difficile ».

      Conséquence du mur érigé entre la Serbie et la Hongrie : les migrants se tournent vers les passeurs, seuls espoirs pour les aider à franchir. Résultat, dans la zone, leur mainmise s’exerce partout, dans les camps informels comme à l’intérieur des centres officiels, comme a pu le constater InfoMigrants sur place en octobre.
      En finir avec le « tourisme de l’asile »

      Toujours mercredi, Aleksandar Vucic a déclaré que son pays imposait désormais des visas aux ressortissants de la Tunisie et du Burundi, une mesure déjà annoncée en octobre mais qui entre ces jours-ci en vigueur.

      L’UE et la Suisse avaient fait pression pendant plusieurs semaines sur la Serbie afin qu’elle modifie sa politique des visas. Ces pays avaient reproché à la Serbie de servir de porte d’entrée vers l’UE à des migrants turcs, indiens, tunisiens, cubains et burundais, dispensés de visas jusque là pour venir dans le pays. C’est maintenant chose faite.

      Le président de la Serbie, du pays candidat à l’UE depuis 2012, avait promis que Belgrade alignerait sa politique des visas sur celle de Bruxelles « d’ici la fin de l’année » en commençant par la révocation des dispenses accordées aux Tunisiens, Burundais et Indiens. « Bientôt, deux autres pays seront soumis à cette même mesure car nous devrons avoir le même régime de visas que l’UE », a-t-il prévenu, sans préciser de quels pays il s’agissait.

      « Je suis reconnaissant envers le président de la Serbie pour tout ce qu’il fait pour en finir avec le ’tourisme de l’asile’ », a réagi, mercredi, Karl Nehammer.

      Ensemble, les Tunisiens, les Burundais, les Indiens, les Cubains et les Turcs représentent seulement 20% des migrants passés par la route des Balkans occidentaux depuis janvier 2022. La grande majorité des personnes qui transitent par la Serbie ne sont donc pas des exilés exemptés de visas. La plupart sont originaires d’Afghanistan et de Syrie.

      http://www.infomigrants.net/fr/post/44816/balkans--la-serbie-la-hongrie-et-lautriche-sunissent-contre-limmigrati

  • #Route_des_Balkans : avec #Frontex, l’UE met les grands moyens pour enrayer les migrations

    La route des Balkans des réfugiés s’impose comme une priorité pour l’UE, qui accorde une enveloppe supplémentaire de 39,2 millions d’euros. Frontex va se déployer en #Albanie, en #Bosnie-Herzégovine, au #Monténégro et en #Serbie. La mission européenne vient aussi de signer un accord avec la #Macédoine_du_Nord.

    La #Commission_européenne a donné son #accord à une présence renforcée de Frontex, l’Agence européenne de garde-frontières et de garde-côtes, dans quatre pays des Balkans occidentaux. Cette autorisation porte sur les frontières entre l’UE, l’Albanie, la Serbie, le Monténégro et la Bosnie-Herzégovine. Bruxelles a aussi adopté un nouveau plan d’aides à hauteur de 39,2 millions d’euros, dans le cadre de l’#Instrument_d’aide_de_préadhésion (#IAP) pour le renforcement de la gestion des frontières dans ces pays candidats à l’intégration.

    Selon les accords actuellement en vigueur entre Frontex et l’Albanie, la Serbie et le Monténégro, des effectifs permanents de l’Agence européenne ne peuvent être déployées que sur les frontières de ces pays avec l’UE, sans exercer de compétences exécutives. Désormais, des #effectifs_permanents de Frontex pourront également être déployés sur les frontières de ces pays avec des États tiers. Cela veut dire, par exemple que des agents Frontex pourront patrouiller sur la frontière entre l’Albanie et le Monténégro ou entre la Serbie et la Bosnie-Herzégovine.

    Le plan d’aides financières annoncé servira surtout à financer du #matériel spécialisé (systèmes de #surveillance mobiles, #drones ou appareils biométriques). Ce plan financera aussi de la #formation et une aide à la mise en place et au fonctionnement de #centres_de_coordination_nationaux, dont des #centres_d’accueil et de #rétention des migrants. Ces 39,2 millions d’euros viennent renforcer les dispositifs sécuritaires pour un meilleur contrôle des frontières, dotés jusque là de 171,7 millions d’euros.

    “Nous nous concentrons sur le renforcement de la protection des frontières, la lutte contre les réseaux de trafiquants et l’intensification des #retours depuis la région.”

    La Commissaire aux Affaires intérieures #Ylva_Johansson a souligné que l’UE était très impliquée dans le soutien aux Balkans occidentaux au renforcement de la #coopération pour la gestion des migrations sur le terrain. « Voilà pourquoi nous proposons de négocier des accords de statut conformes au nouveau cadre juridique, qui permettront le déploiement de Frontex dans nos quatre pays partenaires avec la pleine force de son mandat, afin d’assurer que leurs frontières soient respectées et protégées conformément aux meilleures pratiques et normes européennes. »

    De son côté, le Commissaire européen à l’Élargissement #Oliver_Varhelyi estime que ce paquet arrive à point nommé, car les migrations restent, selon lui, un domaine dans lequel la collaboration avec les partenaires des Balkans occidentaux doit être renforcée. « Étant donné la pression migratoire accrue dans la région, nous nous concentrons sur le renforcement de la #protection_des_frontières, la lutte contre les réseaux de trafiquants et l’intensification des retours depuis la région. C’est dans ce but que nous renforçons notre soutien politique et financier. »

    Oliver Varhelyi a annoncé que la Commission avait l’intention d’augmenter ses financements en la matière d’ici 2024 pour les pays candidats des Balkans occidentaux, soit une enveloppe totale d’au moins 350 millions d’euros. Cette somme doit permettre à ces pays candidats de développer un système efficace de gestion des migrations dans tous les domaines, y compris l’asile, l’accueil, la sécurité aux frontières et les procédures de retour.

    https://www.courrierdesbalkans.fr/Route-des-Balkans-avec-Frontex-l-Union-europeenne-veut-mettre-les
    #Balkans #migrations #réfugiés #asile #frontières #contrôles_frontaliers #aide_financière #biométrie #militarisation_des_frontières #renvois #expulsions

    ping @isskein @karine4 @_kg_

    • Tracking the Pact: EU seeks to seal off Balkan Route with expanded Frontex deployments

      The European Commission wants to launch negotiations with Serbia, Montenegro, Bosnia and Albania so that EU border agency Frontex can extend its zone of operations. Currently, Frontex operations in those states can only take place at the borders they share with EU member states, in accordance with the 2016 Frontex Regulation. Upgrading the EU’s agreements with the Balkan states to take into account the powers granted to Frontex by the 2019 Regulation will make it possible to deploy EU border guards at non-EU borders - for example, between Bosnia and Serbia, or between Serbia and Montenegro. An agreement with North Macedonia has already been signed. The aim is to halt the irregular movement of people through the Balkans towards “core” EU member states.

      In order to launch negotiations the Commission needs the approval of the Council of the EU, and has thus sent to the Council four recommendations that, once they are signed off, will allow it to enter into negotiations with each of the four states:

      - Albania (COM(2022) 690 final, in Council doc. 14060/22, LIMITE, 26 October 2022, pdf)
      – Bosnia and Herzegovina (COM(2022) 691 final, in Council doc. 14061/22, LIMITE, 26 October 2022, pdf)
      – Montenegro (COM(2022) 692 final, in Council doc. 14062/22, LIMITE, 26 October 2022, pdf)
      – Serbia (COM(2022) 693 final, in Council doc. 14063/22, LIMITE, 26 October 2022, pdf)

      An upgraded agreement with North Macedonia based on the 2019 Frontex Regulation has already been approved.

      Each of the documents contains an explanatory memorandum before coming to the draft text of the proposed Council Recommendations.

      For example, the proposal on Albania notes:

      “Albania lies on the Western Balkans migration route, which sees significant irregular migration towards the core of the European Union, both via land and across the Adriatic Sea...

      Given that Albania is a neighbouring third country that remains an important country of transit for irregular migration to the European Union, the value of cooperation between the European Border and Coast Guard Agency and the relevant authorities of Albania remains high. Albania has been a model for the successful deployment of Frontex joint operations to third countries, and it therefore represents an ideal candidate for the expansion of such cooperation.”

      Amongst other things, the memoranda note bilateral agreements signed by each of the states - for example, Bosnia has signed “readmission agreements with all the Western Balkan countries, Türkiye, Russia, Moldova and Pakistan whose practical implementation started in August 2022.” The intention is that Balkan states will not just prevent people from arriving in “core” EU territory - they will also deport them.

      There is no mention in any of the documents of the controversy the agency is mired in for its failure to uphold fundamental rights standards within the EU, in particular at the Greek-Turkish border, as confirmed by the recently-published report of the European Anti-Fraud Office.

      An annex to each of the above documents contains the negotiating directives for the Commission to follow, subject to possible amendment and then approval by the Council.

      - Albania (as above, ANNEX/ADD 1, pdf)
      - Bosnia and Herzegovina (as above, ANNEX/ADD 1, pdf)
      - Montenegro (as above, ANNEX/ADD 1, pdf)
      - Serbia (as above, ANNEX/ADD 1, pdf)

      Although marked ’SENSITIVE’ (as are the proposals for recommendations), the annexes merely state that the agreement with each country should meet the standards set out in the model status agreement adopted by the European Commission in December last year.

      The final terms of the agreements are of course subject to negotiations with each state, with the texts then sent to the Council and Parliament for approval (or not).

      This is likely to lead to certain discrepancies. For example, the current status agreements with Balkan states contain differences on the privileges and immunities of officials deployed on Frontex operations:

      “While the agreements with Albania, Montenegro, and North Macedonia include the provision that the executive director’s decision [on whether to waive criminal immunity or not] will be binding upon the authorities of the host state, no such article is found in the agreements with Bosnia and Herzegovina and Serbia.”

      Negotiations on status agreements that would allow Frontex operations in Senegal and Mauritania are also ongoing. When approved, Frontex operations in those two countries will be the first ones outside the European continent.

      https://www.statewatch.org/news/2022/october/tracking-the-pact-eu-seeks-to-seal-off-balkan-route-with-expanded-fronte

    • Communiqué de presse du Conseil de l’UE du 24 février 2023 au sujet du nouvel accord conclu entre Frontex et la Macédoine du Nord (signé en octobre 2022, déploiement opérationnel à partir du 1er avril 2023: https://www.consilium.europa.eu/en/press/press-releases/2023/02/24/border-management-eu-concludes-agreement-with-north-macedonia-on-fr).

      Le communiqué refait le point sur les accords entre Frontex et les Etats non UE :

      - Border management cooperation agreements in place with Albania (2019), Montenegro (2020) and Serbia (2020) under the previous rules.
      - In November 2022, the Council authorised the opening of negotiations with these countries to broaden these agreements. It also agreed to open negotiations for an agreement with Bosnia and Herzegovina.
      - In July 2022, the Council also authorised the opening of negotiations for agreements with Mauritania and Senegal.
      - An agreement with Moldova, already under the new rules, entered into force on 1 November 2022.
      - The agreement with North Macedonia was signed on 26 October 2022. North Macedonia has reported its conclusion of the agreement, meaning it will enter into force on 1 April 2023 following today’s decision by the Council.

      –---

      Border management: EU concludes agreement with North Macedonia on Frontex cooperation

      The Council gave today its final green light to an agreement with North Macedonia on operational activities carried out by the European Border and Coast Guard Agency (Frontex). The agreement will allow joint operations to be organised and Frontex border management teams to be deployed in North Macedonia, subject to the country’s agreement.

      As of 1st April, Frontex will be able to assist North Macedonia in its efforts to manage migratory flows, counter illegal immigration, and tackle cross-border crime. Reinforcing controls along North Macedonia’s borders will contribute to further enhancing security at the EU’s external borders.

      In line with the European border and coast guard regulation, the agreement also includes provisions for compliance monitoring and for the protection of fundamental rights.

      Background

      In 2019 a new Frontex regulation was adopted, broadening the agency’s mandate on several areas, including cooperation with third countries. The new mandate allows the agency to assist those countries with a status agreement throughout their territory and not only in the regions bordering the EU, as was the case with the previous mandate. It also allows Frontex staff to exercise executive powers, such as border checks and registration of persons. Status agreements allowing for joint operations can now be concluded with a wider range of countries and are no longer limited to neighbouring countries.

      Frontex had border management cooperation agreements in place with Albania (2019), Montenegro (2020) and Serbia (2020) under the previous rules. In November 2022, the Council authorised the opening of negotiations with these countries to broaden these agreements. It also agreed to open negotiations for an agreement with Bosnia and Herzegovina.

      In July 2022, the Council also authorised the opening of negotiations for agreements with Mauritania and Senegal.

      An agreement with Moldova, already under the new rules, entered into force on 1 November 2022.

      The agreement with North Macedonia was signed on 26 October 2022. North Macedonia has reported its conclusion of the agreement, meaning it will enter into force on 1 April 2023 following today’s decision by the Council.

      https://www.consilium.europa.eu/en/press/press-releases/2023/02/24/border-management-eu-concludes-agreement-with-north-macedonia-on-fr

  • Rossolje, salade estonienne
    https://www.cuisine-libre.org/rossolje-salade-estonienne

    Salade estonienne de #Betterave, hareng et pommes de terre. Mélange étonnant, mais délicieux, pour cette salade venue du froid. Couper les filets de harengs, la viande de bœuf, les betteraves rouges, les pommes de terre, les cornichons, les pommes, les œufs et l’oignon en cubes. Verser la crème fraîche dans un saladier, ainsi que la moutarde, le sucre, le sel et le poivre. Mélanger le tout. Ajouter du sel et du poivre si nécessaire. Laisser au réfrigérateur pendant une demi-heure et servir en…

    Betterave, #Macédoines, #Salades_de patates, #Cuisine_de l’Est, #Hareng salé #matjes / #Sans gluten
    #Hareng_salé #Estonie

  • L’Affaire Khaled #El-Masri

    Détenu illégalement par la CIA, l’Allemand Khaled El-Masri a dû mener un long combat pour faire reconnaître la violation des droits dont il a été victime. Retour sur une tragique affaire mardi 31 août à 22:55 sur ARTE.

    En 2003, Khaled El-Masri, un citoyen allemand d’origine libanaise, père de cinq enfants, franchit la frontière macédonienne. Immédiatement arrêté, il est remis aux services de renseignements américains car il porte le même nom que celui d’un proche d’Al-Qaida, recherché par les États-Unis.

    Détenu illégalement pendant cinq mois par la CIA, il est interrogé et régulièrement torturé. La méprise découverte, Khaled El-Masri est relâché, mais un long combat commence alors pour lui afin de rétablir sa dignité et de faire reconnaître la violation des droits dont il a été victime.

    Malgré ses efforts pour rendre son histoire publique, traumatisé par ce qui lui est arrivé, El-Masri enchaîne les actes violents et, après avoir frappé le maire de Neu-Ulm, est condamné à deux ans de prison. Jusqu’à ce que des avocats spécialisés dans les droits de l’homme parviennent à contraindre la CIA à divulguer des documents secrets prouvant son innocence...

    Revenant sur les rouages de cette dramatique affaire, ce documentaire montre comment Berlin, en se soumettant aux intérêts géopolitiques de son allié américain, a brisé la vie de Khaled El-Masri et celle de sa famille, qui ont décidé de quitter l’Allemagne en 2014.

    https://www.coulisses-tv.fr/index.php/documentaires/item/18958-%C2%AB-l%E2%80%99affaire-khaled-el-masri-%C2%BB,-mercredi-1er-sep
    #film #film_documentaire #documentaire
    #kidnapping #Allemagne #CIA #enlèvement #Macédoine #anti-terrorisme #war_on_terror #Afghanistan #Mallorca #11_septembre_2001 #rendition_flights #Salt_Pit #Dick_Marty #Otto_Schily #Franz-Walter_Steinmeier #Joshka_Fischer #BKA #Albanie #extraordinary_renditions #Khaled_El-Masri

  • Sudan says willing to host Afghan refugees

    Sudan on Thursday said willing to host Afghan refugees evacuated recently after the withdrawal of the U.S. troops from the Muslim country located in South Central Asia.

    The U.S. army evacuated more than 100,000 Afghans from Kabul since August But they have not been taken directly to the U.S. as many friendly countries showed a willingness to give them temporary asylum to allow Washington to prepare their resettlement.

    Until now, Uganda is the only African country that has received Afghan refugees in transit to the United States. Rwanda also agreed to house Afghan refugees, according to the State Department.

    On Thursday the Sudanese Security and Defence Council discussed the matter in a meeting chaired by Abdel Fattah al-Burhan, Head of the Sovereign Council.

    Defence Minister Lt-Gen Yassin Ibrahim Yassin stated that the meeting discussed hosting a limited group of Afghans in the country for a known period.

    “Based on Humanitarian grounds, the Council agreed in principle (to temporarily host Afghan refugees), while subjecting the matter to further arrangements and procedures (...),” Yassin further said.

    In a briefing call to the US House of Representatives on 20 August, Secretary of State Antony Blinken told lawmakers that some countries including Sudan offered to house Afghan evacuees.

    The evacuated Afghan may face extended-stay in third countries. Besides the logistical preparations before resettling the Afghan refugees, U.S. security services prefer to conduct security screening for the evacuated people.

    U.S. Army has already placed in custody an Afghan who failed the screening in a military base in Germany. French authorities took a similar decision for an evacuee that was linked to the Taliban.

    https://sudantribune.com/spip.php?article70021

    Après le #Kosovo, l’#Albanie, la #Macédoine_du_Nord, l’#Ouganda, c’est au tour du #Soudan d’accueillir des #réfugiés_afghans évacués de l’#Afghanistan, et qui attendront (à l’infini ?) une #réinstallation...
    C’est l’heure de commencer une métaliste, la voilà :
    https://seenthis.net/messages/928551