• Les Aventures de Rabbi Macron à l’Elysée... :-D :-D :-D

    "Hanouka à l’Elysée, on se pince" : le jour où Macron a perdu toute crédibilité sur la laïcité

    "La vidéo du grand rabbin de France Haïm Korsia allumant la première bougie d’Hanouka dans la salle des fêtes de l’Élysée a provoqué un tollé sur les réseaux sociaux. De la gauche à la droite, les opposants d’Emmanuel Macron ont dénoncé une atteinte grave à la laïcité, et une « cécité volontaire » des ministres qui le défendent. (...)"

    https://www.marianne.net/societe/laicite-et-religions/hanouka-a-l-elysee-on-se-pince-le-jour-ou-macron-a-perdu-toute-credibilite

    #politique #religion #laïcité #démagogie #hanouka #Macron #république #dévoiement #société

  • Border justice

    Instead of forging safe, legal pathways to protection, European states and the EU are fostering strategies of deterrence, exclusion and externalization. Most people on the move are left with no alternative but to cross borders irregularly. When they do, state actors routinely detain, beat and expel them – mostly in secret, with no assessment of their situation, and denying them access to legal safeguards.

    These multiple human rights violations are all part of the pushback experience. Often reliant on racial profiling, pushbacks have become a normalized practice at European borders. ECCHR challenges this state of rightlessness through legal interventions and supports affected people to document and tell their stories. Together we hold states accountable and push for changes in border practice and policies.

    Our team brings together a diverse group of lawyers and interdisciplinary researchers, working transnationally with partners to develop legal strategies and tackle rights violations at borders. We meticulously reconstruct and verify the experiences of those subjected to pushbacks. Confronted with states’ denial of the reality at Europe’s borders, we collect, analyze and publicise in-depth knowledge. Our aim is to enforce the most basic of legal principles: the right to have rights.

    https://www.ecchr.eu/en/border-justice

    #frontières #justice #refoulements #push-backs #violence #migrations #réfugiés #asile #justice_frontalière #justice_migratoire #Espagne #rapport #Ceuta #Grèce #Macédoine_du_Nord #Libye #Italie #hotspots #Allemagne #Croatie #Slovénie #frontière_sud-alpine #droit_d'asile #ECCHR

  • Aumento di arrivi alle Canarie. Dall’inizio dell’anno più di 1.000 le persone disperse

    La principale causa è la repressione delle proteste in Senegal.

    A partire dallo scorso maggio 2023 il collettivo spagnolo Caminando Fronteras ha registrato un nuovo importante aumento di sbarchi alle isole Canarie dovuto principalmente alla situazione politica in Senegal, da dove partono la maggior parte delle imbarcazioni. Come sempre accade, proporzionalmente all’aumento di approdi, aumenta anche il numero di morti e dispersi. La risposta del governo spagnolo è la promessa di maggiore controllo sulle coste africane di partenza, mentre le strutture di “accoglienza” sono al collasso e non forniscono le condizioni minime di igiene e abitabilità.

    Secondo le ricerche di Caminando Fronteras le persone scomparse sono già più di mille dall’inizio dell’anno. Solo nel mese di giugno sono scomparse 3 imbarcazioni con oltre 300 persone a bordo. La maggior parte delle imbarcazioni che stanno raggiungendo le Canarie in questi mesi partono dal Senegal, a causa di una situazione politica sempre più tesa, che vive ora una fase particolarmente acuta.

    Migliaia di persone stanno protestando per la stretta autoritaria messa in atto dall’attuale presidente Macky Sall in vista delle prossime elezioni presidenziali che si terranno a febbraio 2024. Dalla fine di maggio in particolare, la situazione è peggiorata notevolmente e diverse organizzazioni senegalesi per la protezione dei diritti umani hanno denunciato arresti di massa che stanno colpendo anche un gran numero di adolescenti.

    La repressione è molto dura, attualmente si contano circa due mila arresti e 16 persone uccise durante le proteste. Tra le persone detenute si contano anche numerosi minori, motivo per cui negli ultimi due mesi, il numero di bambini e adolescenti che viaggiano sui cayucos è aumentato, rappresentando in alcuni casi fino al 40% delle persone che scelgono di partire a bordo di queste tradizionali imbarcazioni da pesca. Anche donne e intere famiglie stanno iniziando a imbarcarsi in misura sempre maggiore.

    Le autorità spagnole concentrano la loro azione sugli arrivi, ma non sulla pericolosa rotta che divide il Senegal dalle Canarie, attualmente quella che provoca più morti. Il viaggio da Kafountine, in Senegal, al Hierro, l’isola delle Canarie più vicina, può durare anche due settimane. Si tratta di un viaggio molto lungo, in cui le persone sono esposte alle forti correnti dell’oceano, alle condizioni meteorologiche avverse e alla possibilità di imprevisti o guasti al motore. Per queste ragioni la rotta verso le Canarie continua ad affermarsi come una delle più pericolose e con il più alto tasso di mortalità.

    L’azione statale rispetto al soccorso e alla ricerca dei dispersi presenta grosse falle, dal momento che non esiste nessun protocollo per la ricerca dei dispersi in mare e che le operazioni di salvataggio risultano attraversate e ostacolate dalle politiche razziste implementate dal governo spagnolo. Dal 2018 esiste infatti un protocollo specifico per il salvataggio delle persone che naufragano a bordo delle pateras, diverso dal protocollo di salvataggio per il resto delle persone che si trovano a rischio in mare.

    Questo protocollo è fortemente deficitario in termini di mezzi e di azione, ciò obbliga gli operatori e le operatrici di Salvamento marítimo a una differenziazione di tipo razzista nelle operazioni di salvataggio. Molte morti si sarebbero potute evitare, per esempio, se si fossero attivati i mezzi di soccorso nel momento dell’avvistamento delle imbarcazioni invece di aspettare che queste naufragassero. Queste gravi mancanze nel soccorso e nella ricerca dei dispersi non sono un caso, bensì una precisa strategia per tentare di invisibilizzare questa situazione nel discorso pubblico e il governo la mette in atto impunemente, sulla pelle di migliaia di persone che potevano invece essere salvate, la cui vita viene considerata niente più che una moneta di scambio per le proprie esigenze politiche.

    Anche una volta arrivate le persone continuano a essere oggetto di razzismo e maltrattamento istituzionale. A El Hierro, dove sta arrivando la maggior parte di persone in questi mesi, i mezzi per gestire l’accoglienza sono scarsi. Le persone vengono trattenute sulle darsene dei porti, in spazi sovraffollati e in cui le condizioni di vita sono ridotte al minimo. Anche i lavoratori e le lavoratrici delle ONG hanno denunciato la difficile situazione, soprattutto durante le ondate di caldo, in cui le persone sono state costrette a permanere diversi giorni sedute sul cemento in attesa di essere identificate e trasferite in altre isole.

    A tutta questa situazione il governo risponde attraverso la solita retorica del bisogno di un maggiore controllo migratorio. Le misure promesse dal ministro dell’interno Marlaska, riconfermato dopo le ultime elezioni, comprenderebbero anche un aereo della Guardia Civil che sorvoli costantemente le coste africane per identificare le partenze. Questo controllo non sarebbe funzionale ad attività di soccorso, come dimostrano i numerosi casi di omissione di soccorso da parte delle autorità spagnole denunciati da Caminando Fronteras, di cui uno documentato il 20 giugno scorso dall’emittente radio CadenaSER 1.

    Una volta in più assistiamo a come le politiche di controllo, non potendo fermare le migrazioni, siano solamente un dispositivo funzionale alla criminalizzazione e al confinamento delle persone migranti, e di come si rivelino uno strumento di violenza che provoca ogni anno la morte di migliaia di persone che potevano invece essere salvate. I tentativi di insabbiamento di queste morti da parte del governo spagnolo dimostrano la disumanità con cui vengono gestite le frontiere e l’opportunismo politico con cui i governi europei rigirano a proprio favore queste tragedie, di cui sono i responsabili, per mettere in campo nuovi strumenti per la persecuzione delle persone migranti.

    1. Está dentro de la zona SAR nuestra”: la SER accede a las grabaciones de Salvamento Marítimo del último naufragio en la ruta canaria, Cadenaser (22 giugno 2022): https://cadenaser.com/nacional/2023/06/22/esta-dentro-de-la-zona-sar-nuestra-la-ser-accede-a-las-grabaciones-de-sal

    https://www.meltingpot.org/2023/11/aumento-di-arrivi-alle-canarie-dallinizio-dellanno-sono-gia-piu-di-1-000

    J’avais loupé ce protocole raciste:

    Dal 2018 esiste infatti un protocollo specifico per il salvataggio delle persone che naufragano a bordo delle pateras, diverso dal protocollo di salvataggio per il resto delle persone che si trovano a rischio in mare.

    Questo protocollo è fortemente deficitario in termini di mezzi e di azione, ciò obbliga gli operatori e le operatrici di Salvamento marítimo a una differenziazione di tipo razzista nelle operazioni di salvataggio.

    –-> deepl translation:

    « En effet, depuis 2018, il existe un protocole spécifique pour le sauvetage des naufragés à bord des pateras, qui diffère du protocole de sauvetage du reste des personnes en danger en mer.

    Ce protocole est gravement déficient en termes de moyens et d’action, ce qui oblige les opérateurs du Salvamento marítimo à une #différenciation_raciale dans les opérations de sauvetage. »

    #route_atlantique #asile #migrations #réfugiés #Canaries #îles_Canaries #statistiques #chiffres #Sénégal #répression #Caminando_Fronteras #Macky_Sall #cayucos #Kafountine #Hierro #mourir_en_mer #frontières #morts #décès #mortalité #secours #pateras #Salvamento_marítimo #racisme #sauvetage_différencié #contrôles_frontaliers

  • 🟥 Deux mandats de lepénisation des esprits : MACRON OUVRE LA VOIE AU FASCISME...

    🟥 « Dès les premières semaines de son règne, il a commencé à faire preuve d’une constante complaisance pour l’extrême-droite, en lui adressant des signaux très directs quand il a par exemple projeté en 2018 d’“honorer” la mémoire du “grand soldat” Pétain, ou quand il a ensuite accordé un entretien exclusif à l’hebdomadaire d’extrême droite Valeurs actuelles. »

    🟥 Ancien chroniqueur dans ces pages et actuel journaliste à Blast et Politis, Sébastien Fontenelle vient de publier "Macron et l’extrême droite – Du rempart au boulevard". L’occasion de revenir avec lui sur des années de création par le régime Macron d’un « arc républicain » à même de rivaliser avec l’extrême-droite...

    #macronie #extrêmedroite

    > via CQFD Mensuel :

    🟥 Un article à retrouver en ligne, sur notre site web https://cqfd-journal.org/Macron-ouvre-la-voie-au-fascisme

  • La confirmation de l’annulation de l’agrément d’Anticor, « une décision révoltante qui ébranle le combat contre la corruption », pour l’avocat de l’association
    https://www.lemonde.fr/societe/article/2023/11/16/la-confirmation-de-l-annulation-de-l-agrement-d-anticor-une-decision-revolta

    Contre toute attente, pas étonnée du tout ! #macronie et #paywall

    Contre toute attente, l’association anticorruption a encaissé un nouveau revers judiciaire, jeudi 16 novembre, devant la Cour administrative d’appel de Paris.

    • Cet autre article dévoile le torpillage de l’association par trois de ses membres :

      Et si la chute d’Anticor n’était pas seulement l’histoire d’un simple camouflet judiciaire ? Ces trois dernières années, l’association a été mêlée à un drôle d’imbroglio. Le scénario qui s’est déroulé a des airs de polar politique, avec son lot de surprises et de zones d’ombre, pimenté par une brochette de personnages truculents.
      Deux obscurs retraités, du genre opiniâtre et rancunier partis en guerre contre Anticor : l’un, Yves Sassiaut, friand de questions aux accents complotistes, selon un adhérent qui l’a bien connu ; l’autre, Claude Bigel, passionné de comptabilité, de handball et adepte des rapports de force. Mais aussi un ténor du barreau parisien et proche de la Macronie, Me Frédéric Thiriez, devenu leur allié de circonstance. Un climat de tensions et de défiance, entre un pouvoir politique agacé et une association minée par d’interminables querelles internes. Et, comme dans les séries américaines à rebondissements, un coup de billard à trois bandes découvert sur le tard. Avec un épilogue en forme d’interrogation : le retrait de l’agrément d’Anticor serait-il le crime parfait ?

      https://archive.is/qLJwX#selection-2079.0-2087.411

    • article d’il y a bientôt 4 ans sur l’origine de la crise interne à Anticor

      Polémique autour d’un donateur de l’association anticorruption Anticor – Le Monde
      article du 13/03/2021
      https://www.lemonde.fr/societe/article/2021/03/13/polemique-autour-d-un-donateur-de-l-association-anticorruption-anticor_60730

      L’association, en attente du renouvellement par le gouvernement de l’agrément qui lui permet des actions en justice, doit se justifier après avoir reçu des dons d’un homme d’affaires pratiquant l’optimisation fiscale.

      C’est un caillou dans la chaussure d’Anticor depuis plus d’un an : un « donateur mystère » qui a versé 89 000 euros à l’association anticorruption depuis 2017 et dont l’identité, gardée secrète par les dirigeants d’Anticor jusque dans leurs rangs, alimente le soupçon sur l’indépendance de cette dernière.

      Or, voilà qu’en pleine lutte entre Anticor et le gouvernement pour le renouvellement de son agrément d’ici au 2 avril – un agrément vital qui l’autorise à agir en justice –, le nom de ce généreux mécène se voit enfin dévoilé, à la suite de plusieurs articles, notamment dans l’édition du 8 mars du Journal du dimanche : il s’agit d’Hervé Vinciguerra, un homme d’affaires français fortuné, ancré à gauche, qui a bâti un petit empire industriel offshore, du Luxembourg à Singapour.

      De quoi brouiller l’image d’une association à qui la loi impose de rester indépendante et désintéressée – même si la totalité des dons effectués par ce mécène ne représente que 7 % du budget de la structure au cours des quatre dernières années – et, surtout, faire peser un risque supplémentaire sur l’obtention du sésame gouvernemental.

      « On doit être irréprochables »
      De fait, Anticor, qui est à l’origine de plusieurs enquêtes judiciaires gênantes pour la majorité, dont les affaires Richard Ferrand (président de l’Assemblée nationale), Alexis Kohler (secrétaire général de l’Elysée) et, tout récemment, Eric Dupond-Moretti (garde des sceaux), ne serait guère appréciée au sommet de l’Etat. Le travail d’instruction d’un agrément, censé durer deux mois, a été prolongé à l’initiative du gouvernement. Il donne lieu à de multiples échanges de courriels entre l’association et sa tutelle.

      « Le gouvernement n’avait pas à connaître l’identité de ce donateur, mais les administrateurs, oui », martèle Françoise Verchère, référente d’Anticor en Loire-Atlantique et figure de l’opposition à la direction actuelle, suspendue de ses fonctions en février. Pour elle, cette question est l’un des ferments de la crise interne que traverse Anticor. « On ne peut pas se permettre d’être marqués politiquement. Lorsqu’on dérange, et c’est le cas, on doit être irréprochables. Que le gouvernement veuille faire peur à Anticor, c’est évident, mais qu’on donne le bâton pour nous faire battre, c’est désolant. »

      Le donateur, Hervé Vinciguerra, a fait fortune dans l’informatique dans les années 1980. Ce sexagénaire est à la tête de sociétés financières prospères, domiciliées dans des paradis fiscaux. Une situation qui choque jusqu’au sein de l’association. « On n’a pas arrêté de dire que l’optimisation fiscale était quelque chose d’immoral », s’agace Mme Verchère. D’autres estiment que le risque de décrédibiliser Anticor est trop élevé pour permettre des militants en son sein. « Si on est à Anticor, on ne doit pas faire de politique », tranche un opposant.

    • Association Anticor : l’annulation de l’agrément est confirmée en appel. – Cour administrative d’appel de Paris
      16 novembre 2023
      https://paris.cour-administrative-appel.fr/decisions-de-justice/dernieres-decisions/association-anticor-l-annulation-de-l-agrement-est-c

      En premier lieu, la Cour a relevé que le Premier ministre avait constaté que l’association Anticor ne remplissait pas les conditions de délivrance d’un tel agrément tenant au caractère désintéressé et indépendant de ses activités et aux garanties de participation effective de ses membres à sa gestion. Elle en a déduit, ainsi que l’avait fait le tribunal, qu’il ne pouvait dès lors, sans commettre d’erreur de droit, procéder à la délivrance de l’agrément en se fondant sur les engagements de l’association à se mettre en conformité pour l’avenir.

      les membres qui faisaient remarquer que le don n’avait pas été soumis au conseil d’administration ont été virés, ce sont eux qui portaient le recours

      il ne semble pas que les procédures internes de l’association aient été modifiées, en tout état de cause, elles ne l’étaient pas à l’époque du rejet de l’agrément, c’est ce sur quoi se fonde l’arrêt de la Cour administrative d’appel du 16 novembre 2023

  • Civils palestiniens bombardés par Israël : sermonné par Netanyahou, Macron reprend ses propos
    Published date : Lundi 13 novembre 2023 | Middle East Eye édition française
    https://www.middleeasteye.net/fr/actu-et-enquetes/guerre-israel-palestine-macron-herzog-netanyahou-civils-gaza

    Quelques heures après avoir exhorté Israël à cesser ses bombardement sur les civils de la bande de Gaza, le président français a rappelé le droit d’Israël à se défendre

    #Macrhonte

  • En Serbie, 4 500 migrants interpellés en 15 jours dans une opération nationale de lutte contre l’immigration clandestine - InfoMigrants
    https://www.infomigrants.net/fr/post/53149/en-serbie-4-500-migrants-interpelles-en-15-jours-dans-une-operation-na

    En Serbie, 4 500 migrants interpellés en 15 jours dans une opération nationale de lutte contre l’immigration clandestine
    Par La rédaction Publié le : 10/11/2023
    Lancée il y a 15 jours, l’opération nationale serbe visant à mettre un coup d’arrêt à l’immigration clandestine dans le pays a mené à l’arrestation de 4 500 migrants. Ces interpellations font suite à la fusillade meurtrière du 27 octobre lors de laquelle trois migrants avaient été tués non loin de la frontière hongroise. Il l’avait promis. « Nous ne bougerons pas d’ici tant que les personnes responsables d’actes criminels n’auront pas été éliminés ». Le ministre de l’Intérieur serbe Bratislav Gasic était alors en visite dans la région frontalière avec la Hongrie, fin octobre.
    C’est ici que d’importants effectifs policiers avaient été dépêchés après une fusillade meurtrière qui avait éclaté le 27 octobre entre réseaux de passeurs. Trois migrants y avaient perdu la vie. Les résultats sont là. Quinze jours après le lancement d’une vaste opération contre les trafiquants et contre l’immigration clandestine, les autorités serbes ont annoncé mercredi 8 novembre avoir interpellé 4 500 migrants « irréguliers ». Lors de cette opération nationale, huit personnes soupçonnées de trafic d’êtres humains ont été arrêtées aux côtés de 119 autres placées en détention provisoire pour « diverses infractions pénales », a précisé le ministère de l’Intérieur dans un communiqué. Cinq pistolets, cinq fusils automatiques et plus de 1 500 munitions ont également été saisis dans les zones frontalières du sud-est et du nord de la Serbie.
    « Le ministère de l’Intérieur persévèrera dans cette lutte jusqu’à ce que le problème de la migration irrégulière soit résolu et que la chaîne de la traite des êtres humains soit complètement brisée », a souligné la police serbe.
    Les autorités ont ajouté que 3 000 des migrants arrêtés avaient été transférés dans des centres d’accueil, contrôlés par l’État. Sans préciser ce qu’il est advenu des 1 500 autres. Le 27 octobre, trois personnes avaient été tuées et une autre blessée lors d’une fusillade entre migrants près de la frontière serbe avec la Hongrie. La police avait alors lancé cette opération dans tout le pays. Plus de 81 000 voitures et 300 endroits ont déjà été contrôlés, a également annoncé la police serbe.
    La frontière serbo-hongroise se situe sur la route migratoire terrestre des Balkans qui mène à l’Europe occidentale. C’est dans cette zone frontalière que des centaines de migrants squattent des bâtiments abandonnés avant de tenter de franchir la frontière avec la Hongrie, membre de l’Union européenne (UE). Ils continuent ensuite leur route vers l’Europe de l’Ouest. La Serbie, engagée depuis plusieurs mois dans la lutte contre l’immigration clandestine, avait déjà conclu un accord fin 2022 avec la Hongrie et l’Autriche. Elle avait également déployé des forces de police vers le sud du pays, notamment à la frontière avec la Macédoine du Nord. Près de 130 000 entrées irrégulières dans l’UE à partir de la route des Balkans occidentaux avaient été enregistrées en 2022, soit le nombre le plus fort depuis le pic de la crise migratoire de 2015, selon l’agence européenne des garde-frontières, Frontex.

    #Covid-19#migrant#migration#hongrie#serbie#frontiere#balkans#routemigratoire#frontex#ue#autriche#macedoine#passeur#migrationirreguliere#reseau

  • Ventes d’#armes : la #France complice de la guerre à #Gaza
    https://www.humanite.fr/monde/crimes-de-guerre/ventes-darmes-la-france-complice-de-la-guerre-a-gaza

    En moyenne, Paris vend pour 20 millions d’euros par an de composants militaires à Israël. Ces exportations pourraient rendre notre pays complice des violations des conventions internationales et du droit humanitaire commises dans la guerre à Gaza.

    Gaza : Emmanuel Macron exhorte Israël à arrêter de tuer des civils « sans raison » ni « légitimité »
    https://www.bfmtv.com/politique/elysee/gaza-emmanuel-macron-exhorte-israel-a-arreter-de-tuer-des-civils-sans-raison-

    #duplicité #sans_vergogne

    • En même temps, on va peut-être commencer à respirer, en France, parce qu’il semble bel et bien avoir dit à la BBC : « So there is no reason for that and no legitimacy. So we do urge Israel to stop. » Ça me semble assez énorme :
      https://www.bbc.com/news/world-europe-67356581

      Speaking the day after a humanitarian aid conference in Paris about the war in Gaza, Mr Macron said the “clear conclusion” of all governments and agencies present at that summit was “that there is no other solution than first a humanitarian pause, going to a ceasefire, which will allow [us] to protect... all civilians having nothing to do with terrorists”.

      “De facto - today, civilians are bombed - de facto. These babies, these ladies, these old people are bombed and killed. So there is no reason for that and no legitimacy. So we do urge Israel to stop.”

      [edit - il y a la vidéo de l’entretien dans l’article, il répond dans un anglais pas transcendant, mais c’est très clair]

    • Non, pas d’ironie de ma part. Je déteste ce gugusse, mais pour le coup sa déclaration n’est pas anodine. Évidemment, trop tard, trop incohérent, trop « je décide seul de tout », mais c’est (beaucoup) mieux que rien.

      Au moins les gens arrêteront de se faire traiter d’antisémites quand ils se contenteront de dire la même chose que ce que vient de dire Macron. Plutôt que de commenter le retournement de veste de Macron, je suis surtout curieux de voir à quelle vitesse et avec quel entrain nos animateurs de plateaux vont adopter cette nouvelle posture officielle, alors que ça leur semblait si extraterrestre hier encore (je pense aux deux andouilles dont tu remarquais à quel point ils surjouaient l’indignation face à Villepin - je suis certain qu’en en moins de 24 heures ils vont apprendre à surjouer l’indignation quand quelqu’un refusera de condamner le massacre de civils palestiniens dans les bombardements israéliens).

      Sinon, je vois des gens qui commentent le titre de BFM (Gaza : Emmanuel Macron exhorte Israël à arrêter de tuer des civils « sans raison » ni « légitimité »), ironisant sur le fait qu’ainsi Macron suggérerait qu’il y a des situations où il y aurait des raisons et de la légitimité à tuer les civils. Or Macron n’a pas du tout dit ça, et la tournure est celle de BFM, pas du tout celle de sa déclaration.

      (Je n’aime pas Macron, mais ça ne rend service à personne de déformer ses propos. Surtout quand, enfin, on a un membre du G7 qui appelle ouvertement au cessez-le-feu et déclare comme illégitime le fait pour Israël de tuer enfants, femmes et vieillards.)

    • Un discours clair et fort de Clare Daly, députée irlandaise au parlement européen !
      Alors qu’une grande partie de la gauche française va aller manifester avec ceux qui soutiennent les crimes contre l’humanité à Gaza, Faure, Tondelier, Roussel, main dans la main avec Ciotti et Habib demain ! Répugnant.
      https://video.twimg.com/ext_tw_video/1723391585323274240/pu/vid/avc1/720x720/KIuM-33dIeLNpxdN.mp4?tag=12


      https://twitter.com/CharliesIngalls/status/1723391829473743281

      Violente charge de la députée irlandaise Clare Daly contre Ursula von der Leyen, la Présidente de la Commission européenne.

      De nombreux hauts fonctionnaires de l’Union européenne lui reprochent son soutien « inconditionnel » à Israël. Une pétition regroupant des centaines de signataires lui a même été adressée.

      Le 13 octobre, elle s’était rendu en Israël sans prévenir les capitales européennes de sa démarche, une initiative très peu appréciée à Bruxelles puisque la politique étrangères de l’UE n’est pas du tout dans ses prérogatives.

    • « Sous les injures, sous les menaces devenues permanentes, sous une terreur exercée contre nous aussi bien en France qu’à Bruxelles pour nous faire taire, ce que nous n’avons cessé de dire est aujourd’hui dit par le Président #Macron !

      #CessezLeFeu Maintenant ! #CeasefireInGazaNOW » Younous Omarjee

      https://video.twimg.com/amplify_video/1723236875719053312/vid/avc1/720x732/zdr-dEfl1dRKzIBI.mp4?tag=14

      https://twitter.com/younousomarjee/status/1723236967867920711
      Encore une fois, il faut dire merci à LFI d’avoir tenu la ligne qui était la bonne, malgré les attaques des médias, des adversaires et des alliés.

      Et il faut espérer que Macron soutienne la demande de cessez-le-feu pour de vrai. Pas seulement les mots, mais des actes.

      https://blogs.mediapart.fr/jadran-svrdlin/blog/091123/defile-de-faux-semblants-et-de-vrais-antisemites

    • Macron « exhorte Israël à cesser » les bombardements sur Gaza, Netanyahu lui répond sèchement - Nice-Matin
      https://www.nicematin.com/conflits/macron-exhorte-israel-a-cesser-les-bombardements-sur-gaza-netanyahu-lui-r

      Le Premier ministre israélien, Benjamin Netanyahu, a réagi aux propos de M. Macron, en soulignant que « la responsabilité de tout tort fait aux civils incombe au Hamas », qui a déclenché la guerre avec les massacres du 7 octobre et qui utilise des civils comme « boucliers humains ».

    • Macron en plusieurs actes :

      Lundi, soutien « inconditionnel » à Israël.

      Mardi, il propose que la France participe à une coalition internationale pour détruire le Hamas.

      Mercredi, il ne fait pas voter une proposition à l’ONU de cessez-le-feu humanitaire.

      Jeudi, il fait voter une proposition à l’ONU de cessez-le-feu humanitaire… et exporte des armes vers Israël.

      Vendredi, il envoie un porte-hélicoptères pour prendre en charge les blessés de Gaza… capacité 4 personnes.

      Samedi, il explique qu’Israël doit tout arrêter et s’émeut des morts civils, lui qui voulait le mardi participer à une coalition internationale et apportait un soutien « inconditionnel ».

      Dimanche, il ne participera pas à la marche contre l’antisémitisme.

      Toute cette séquence résume Emmanuel Macron. Aucune cohérence. Aucune colonne vertébrale. Et par conséquent, et depuis longtemps, plus aucune crédibilité à l’internationale.

  • Operation Thunderbolt (Film)
    https://de.m.wikipedia.org/wiki/Operation_Thunderbolt_(Film)


    Pour les admirateurs de Klaus Kinski. L’acteur joue le rôle du méchant qui porte le nom Wilfried Böse (Wilfried le Méchant #ROFL).

    Cette oeuvre glorifie „Yoni“ Netanyahu, le frère de notre „Bibi“ préféré. Quelques politiciens israëliens de l’époque jouent leur propre rôle. Bref, le film est un must pour te mettre à l’aise avant de descendre dans la rue pour montrer ta solidarité avec les sionistes qui se défendent contre les Böse . A ne pas rater l’apparition de notre playboy berlinois Rolf Eden, connu pour ses boîtes de nuit au serveuses à poil. Ah, je savoure la nostalgie de la belle époque !

    Film von Menahem Golan (1977)

    Operation Thunderbolt (hebräisch מבצע יונתן, Mivtsa Yonatan) ist ein israelisches Filmdrama von Menahem Golan aus dem Jahr 1977. Es behandelt die Operation Entebbe.

    Kritik
    Für das Lexikon des internationalen Films war Operation Thunderbolt „zu sehr von einer einseitigen Ideologie geprägt, um ein annähernd authentisches Bild liefern zu können. Die bloße Heroisierung der Kommandoaktionen verstellt den Blick auf die eigentlichen Probleme des Nahost-Konflikts.“

    Auszeichnungen
    Operation Thunderbolt wurde 1978 für einen Oscar als Bester fremdsprachiger Film nominiert.
    DVD Bearbeiten

    Handlung

    Im Sommer 1976 wollen zahlreiche Passagiere, darunter neben Israelis auch US-Amerikaner, Franzosen und Deutsche, von Tel Aviv nach Paris fliegen. Flug 139 landet planmäßig in Athen zwischen, wobei unbemerkt Terroristen an Bord gelangen. Durch einen fingierten Stromausfall werden dabei keine Taschenkontrollen durchgeführt. Kurz nach dem Start gen Paris bringen deutsche und palästinensische Terroristen die Besatzung in ihre Gewalt. Anführer der Gruppe sind die Deutschen Wilfried Böse und Gabriele, die sich Halima nennt. Sie setzen Flugkapitän Michel Bacos davon in Kenntnis, das Böse von nun an das Kommando hat. Er gibt Anweisung, dass das Flugzeug einen neuen Kurs gen Südwest einschlägt. Ein Kopilot aktiviert das Signal, dass das Flugzeug entführt wurde.

    In Israel sorgt das Signal für Hektik, der Entführung wird höchste Priorität eingeräumt. Erste Pressekonferenzen geben als Gebot der Stunde jedoch Abwarten ab, da niemand weiß, wo das Flugzeug landen wird. An Bord müssen die Passagiere unterdessen ihre Pässe abgeben. Eine schwangere Passagierin ritzt sich, sodass sie stark zu bluten beginnt. Bei einer ersten Zwischenlandung der Maschine in Bengasi wird die Frau einem Krankenwagen übergeben. Das Flugzeug hebt zur Bestürzung des israelischen Militärs jedoch erneut ab und beendet seinen Flug schließlich in Entebbe. Dies sorgt in Israel für Probleme, da man mit Uganda keine diplomatischen Beziehungen pflegt.

    Wie in Libyen, wo den Entführern Grüße von Muammar al-Gaddafi ausgerichtet wurden, zeigt sich auch in Uganda, dass die Entführer einen guten Kontakt zu den Machthabern pflegen. Böse und Gabriele verstehen sich selbst als „Friedenskämpfer“. Unverständnis von Passagieren, dass Deutsche Israelis entführen, begegnen sie mit einer Ablehnung des deutschen Staates, der zerstört werden müsse. Ihr Ziel ist es, 43 Terroristen aus israelischen Gefängnissen freizupressen, wobei sie von Machthaber Idi Amin, der vor Ort erscheint, unterstützt werden. Sie setzen der israelischen Regierung eine Frist von 24 Stunden. In der Flughafenhalle von Entebbe trennen sie die israelischen Geiseln von den anderen, die freigelassen werden. Nur die französische Crew weigert sich, die Passagiere im Stich zu lassen, und verbleibt mit den Israelis im Flughafengebäude. Gen Israel machen die Entführer deutlich, dass sie nach Ende der Frist mit Erschießungen der Geiseln beginnen werden.

    In Israel wächst der Druck, den Forderungen der Geiselnehmer nachzugeben. Öffentlich geht die Regierung daher auf die Forderungen der Geiselnehmer ein, was mehr Zeit bringt. Eine kleine Einheit unter Colonel Yonatan Netanyahu, genannt Yoni, plant unterdessen die Befreiung der Geiseln, wobei das Überraschungsmoment eine entscheidende Rolle spielen soll. Mit nur vier Militärmaschinen, die Wagen, die als offizielle ugandische Regierungswagen getarnt sind, sowie mehrere schnelle Jeeps transportieren, sollen die Geiseln nachts gerettet werden. Die Einheit plant den Angriff und übt die Abläufe, die so schnell wie möglich erfolgen müssen. In Entebbe wird unterdessen die alte Dora Bloch in ein Krankenhaus gebracht, nachdem sie durch verschlucktes Essen zu ersticken drohte.

    Da die Frist für eine Freilassung der Terroristen nahe ist, fliegen die vier Militärmaschinen gen Entebbe, bevor die Mission durch die Regierung autorisiert wurde. Erst in der Luft erhalten sie die Einwilligung. In Entebbe gelingt es der Gruppe um Yoni, die Geiseln zu befreien. Neben den Geiselnehmern kommen dabei auch drei Geiseln ums Leben. Yoni wiederum wird von einem Wachturm aus von ugandischen Soldaten angeschossen und verstirbt auf dem Rückweg nach Tel Aviv. Dora Bloch bleibt im Krankenhaus in Uganda zurück. In Tel Aviv werden die Militärmaschinen von jubelnden Menschenmassen empfangen, wobei sich die Freude bei vielen mit der Trauer der wenigen, die Angehörige verloren haben, mischt. Yonis Freundin, der der Soldat vor seiner Abreise noch die Ehe versprochen hatte, wird von den Männern seiner Einheit tröstend in die Mitte genommen und vom Rollfeld geführt.

    Operation Thunderbolt war eine von mehreren Verfilmung, die kurz nach der Operation Entebbe erschienen. Der Fernsehfilm Unternehmen Entebbe war bereits im Jahr der Entführung 1976 erschienen, ...die keine Gnade kennen folgte im Januar 1977 ebenfalls im Fernsehen. Operation Thunderbolt war schließlich der erste Kinofilm über die Geiselbefreiung. Wie in den früheren Filmen wurde auch im Kinofilm die Rolle des Wilfried Böse von einem deutschsprachigen Schauspieler übernommen, so war nach Helmut Berger (1976)[1] und Horst Buchholz (1977, TV)[2] nun Klaus Kinski als Böse zu sehen. Eine Besonderheit des Films war, dass neben Familienmitgliedern der Geiseln auch zahlreiche Entscheidungsträger wie Shimon Peres, Jigal Allon, Moshe Dayan und Jitzchak Rabin selbst im Film auftreten.[3] Im Film bleibt das Schicksal von Dora Bloch offen, da zu der Zeit noch nicht bekannt war, dass sie durch Idi Amins Truppen aus Rache ermordet wurde.

    Der Film wurde in bzw. bei Eilat (Szenen in Entebbe), Tel Aviv (Flughafen Ben Gurion) und Jerusalem (Knesset-Szenen) gedreht. Er kam 1977 in die israelischen Kinos. In Deutschland war er erstmals am 21. Mai 1987 auf Sat.1 zu sehen.

    Der Film wurde 2019 unter dem Titel ’Operation Entebbe’ in Deutschland auf DVD veröffentlicht.

    Film
    Deutscher Titel
    Operation Thunderbolt
    Originaltitel
    מבצע יונתן / Mivtsa Yonatan
    Produktionsland
    Israel
    Originalsprache
    Hebräisch,
    Englisch,
    Deutsch,
    Arabisch,
    Spanisch
    Erscheinungsjahr
    1977
    Länge
    124 Minuten
    Stab
    Regie
    Menahem Golan
    Drehbuch
    Ken Globus,
    Menahem Golan,
    Clarke Reynolds
    Produktion
    Sybil Danning,
    Yoram Globus,
    Menahem Golan
    Musik
    Dov Seltzer
    Kamera
    Adam Greenberg
    Schnitt
    Dov Hoenig
    Besetzung

    Yehoram Gaon: Yonatan „Yoni“ Netanyahu
    Gila Almagor: Nurit Aviv
    Assi Dayan: Shuki
    Klaus Kinski: Wilfried Böse
    Sybil Danning: Halima
    Arik Lavie: Dan Schomron
    Shmuel Rodensky: Familienoberhaupt
    Shaike Ophir: Gadi Arnon
    Reuven Bar-Yotam: Avraham Ben-David
    Gabi Amrani: Gavriel
    Mark Heath: Idi Amin
    Henri Czarniak: Michel Bacos
    Rolf Eden: Air France Co-Pilot
    Shoshana Shani-Lavie: Alma Raviv
    Oded Teomi: Dan Zamir
    Shimon Bar: deutscher Arzt
    Ori Levy: Mordechai Gur
    Rachel Marcus: Dora Bloch
    Mona Silberstein: Naomi Tal
    Avraham Ben-Yosef: Prof. Avner Tal
    Hi Kelos: US-amerikanischer Reporter
    Natan Cogan: Grossman
    Gad Keiner: Rogman

    Rolf Eden
    https://de.m.wikipedia.org/wiki/Rolf_Eden

    Mit 14 verließ Rolf Eden die Schule und verdiente sein Geld als Musiker. Im ersten arabisch-israelischen Krieg von 1948 kämpfte er in der Einheit Palmach zusammen mit Yoram Kaniuk unter Jitzchak Rabin

    Voilà le film en v.o. sous-titrée en anglais. Merci Youtube !
    https://www.youtube.com/watch?v=D_GQdH1V7As

    #Entebbe #Israël #Ouganda #cinéma #terrorisme #sionisme #machisme #Berlin #histoire #trash #wtf



  • Abandon du projet d’autoroute Toulouse Castres A69/A680

    Texte rédigé par le collectif La Voie Est Libre https://www.lvel.fr

    Le projet d’autoroute Toulouse Castres, déclaré d’utilité publique par décret du 19 juillet 2018 https://www.legifrance.gouv.fr/jorf/id/JORFTEXT000037226458 (...) entraînerait l’artificialisation de plus de 366 hectares de terres agricoles et d’espaces naturels. Il a fait l’objet de nombreux avis critiques ou négatifs d’autorités indépendantes dont l’Autorité environnementale, le Commissariat Général à l’Investissement, le Conseil national de la protection de la nature, et de milliers d’avis négatifs de citoyens lors des enquêtes publiques.

    Ce projet d’autoroute est inutile, injuste socialement, destructeur de l’environnement, massivement rejeté par les habitants du territoire, fortement contesté par des scientifiques locaux et nationaux, rejeté à plus de 75% par les élus du Tarn. (...)

    Nous demandons :

    1./ l’abandon du projet [cf titre]

    2./ que des auditions soient organisées pour entendre les scientifiques locaux et nationaux, les acteurs économiques du territoire, les agriculteurs, les associations qui ne cessent de répéter que ce projet est inutile, injuste, écocide, climaticide.

    Faire autrement n’est plus une option.

    ~~~
    ☆ Historique ☆
    ~~~

    Publication : 2023-11-07
    10k voix : 2023-11-08
    50k voix : 2023-12-22
    ~~~

    Réunion de la commission du dev. durable le 20/12/2023

    La commission décide de ne pas classer la pétition. Un débat en commission, non-suivi de vote, est prévu en février 2024.

    https://www.assemblee-nationale.fr/dyn/16/comptes-rendus/cion-dvp/l16cion-dvp2324026_compte-renduhttps://piaille.fr/@politipet/111625074490915156
    ~~~

    Réunion de la commission le 7/02/2024

    « débat » en commission : https://videos.assemblee-nationale.fr/direct.14614507_65c3447c43e1d

    Pas de rapport (au 04/03). Pétition toujours ouverte au vote populaire.


    publiée le 07/11/2023
    commission du développement durable
    admissibilité : 10k en 9 mois

    https://politipet.fr/1999
    https://petitions.assemblee-nationale.fr/initiatives/i-1999


    https://piaille.fr/@politipet/111368832107265917

  • #Start-up_nation : quand l’État programme son #obsolescence
    (publié en 2021)

    Depuis de nombreuses années, les start-ups françaises peuvent se targuer d’avoir à leur disposition de nombreuses subventions publiques et un environnement médiatique favorable. Partant du postulat que la puissance privée est seule capable d’imagination et d’innovation, l’État français finance à tour de bras ces « jeunes pousses » dans l’espoir schumpéterien de révolutionner son #économie. Cette #stratégie_économique condamne pourtant la puissance publique à l’#impuissance et à l’#attentisme.

    En 2017, #Emmanuel_Macron avait largement axé sa campagne présidentielle sur un discours général favorable à l’entreprenariat. La stratégie économique française valorise ainsi la création de nouvelles entreprises, dites jeunes pousses ou start-ups. En avril 2017, le futur président français assène qu’une « start-up nation est une Nation où chacun peut se dire qu’il pourra créer une start-up. Je veux que la France en soit une ». Ces entités ont pour vocation de proposer des technologies de ruptures disruptives, selon l’expression de l’économiste américain Clayton Christensen, c’est-à-dire une redéfinition des règles du jeu économique venant remplacer les anciens schémas de pensée.

    Cette configuration institutionnelle favorable aux start-ups n’est cependant pas apparue subitement lors de la dernière présidentielle. Le label #French_Tech est en effet lancé dès 2013 par #Fleur_Pellerin, alors Ministre déléguée chargée des Petites et moyennes entreprises, de l’Innovation et de l’Économie numérique. Ce programme a pour ambition de développer les jeunes pousses hexagonales. Les successeurs de Fleur Pellerin vous tous accompagner et poursuivre ce mouvement d’effervescence : en 2015 sont lancés le French Tech Ticket ainsi que le French Tech Visa en 2017.

    Ce discours s’accompagne d’un appel à créer le plus de licornes possibles : des start-ups valorisées sur les marchés à plus d’un milliard d’euros. Alors que la France compte 3 licornes en 2017, ce chiffre est passé à 15 en 2020. Le gouvernement espère qu’il en sera crée 10 de plus d’ici 2025. Ce constant appel à l’#innovation s’inspire de l’exemple israélien, parangon de la start-up nation, qui compte une jeune pousse pour 1400 habitants. Poussé par l’afflux de liquidités fourni par son ministère de la défense, l’État hébreux s’est lancé très tôt dans cette stratégie économique. Les nombreuses start-ups qui y sont créées permettent à #Israël de mieux peser sur la scène internationale : son secteur de l’innovation représente 10% de son PIB et près de la moitié de ses exportations.

    De l’État providence à l’État subventionneur

    Toutes ces entreprises ne se sont pas créées d’elles-mêmes. Pour leur écrasante majorité, elles ont largement été financées par la puissance publique. Dès 2012, tout un écosystème institutionnel favorable à l’entreprenariat individuel est mis en place. En pleine campagne présidentielle, #François_Hollande promet une réindustrialisation rapide et efficace de la France. Afin d’atteindre cet objectif ambitieux, ce dernier entend créer « une banque publique d’investissement qui […] accompagnera le développement des entreprises stratégiques ». Quatre mois plus tard naît la #Banque_Publique_d’Investissement (#BPI), détenue par la #Caisse_des_Dépôts_et_des_Consignations (#CDC) ainsi que par l’État. La BPI a pour mission de « financer des projets de long terme » et d’œuvrer à la « #conversion_numérique » de l’Hexagone. Très vite, l’institution devient un outil permettant à l’État de financer massivement les start-ups. La BPI subventionne ainsi le label French Tech à hauteur de 200 millions d’euros et est actionnaire de nombreuses start-ups françaises.

    Comme le pointe un rapport publié par Rolland Berger, une grande majorité des entreprises du #French_Tech_Next 40/120 — un programme regroupant les start-ups françaises les plus prometteuses — a reçu des prêts et des #subventions de la puissance publique. On estime ainsi que 89% de ces entreprises ont reçu une aide indirecte de la BPI ! En pleine crise sanitaire, l’institution obtient plus de 2 milliards d’euros pour soutenir ces entreprises innovantes tandis que 3,7 milliards du plan de relance décidé en 2020 par le gouvernement a été fléché vers la création et l’aide aux start-ups. Cedric O, Secrétaire d’État chargé de la Transition numérique, confirme ainsi qu’il « va y avoir des opportunités suite à la crise [sanitaire], tout comme celle de 2008 ».

    Pour autant, l’État français ne soutient pas ses start-ups uniquement sur le plan financier. La loi Pacte de 2019, en continuité avec la loi Allègre de 1999, facilite les passerelles public-privé et encourage les chercheurs à créer des entreprises. Ces dispositions législatives permettent à des recherches menées et financées grâce à de l’argent public d’être « valorisées », c’est-à-dire en réalité privatisées, par le secteur lucratif. Des #Sociétés_d’Accélération_du_Transfert_de_Technologies (#SATT) ont été créées pour accélérer ce processus dans de nombreuses universités. Plus de 250 start-ups ont été développées par le prisme de ce réseau depuis 2012. L’Union européenne n’est pas en reste dans cette stratégie de soutien massif aux « jeunes pousses ». Sa stratégie Horizon 2020, un programme de 79 milliards d’euros étalé entre 2014 et 2020, dédiait 20% de son budget à la création de start-ups. Pléthore de pays européens se tournent eux aussi vers des stratégies de numérisation de l’économie, souvent via un soutien sans faille aux start-ups. En 2012, le ministre italien de l’économie, sous le gouvernement du technocrate Mario Monti, a promulgué une loi qui a permis à l’État italien de dépenser 200 millions d’euros pour aider les jeunes entreprises du pays, dans le but de « promouvoir la mobilité sociale ». Depuis 2019, le fonds national pour l’innovation italien a dépensé 245 millions d’euros pour subventionner 480 start-ups.
    Le mythe des start-ups souveraines et créatrices d’emplois

    Si les nations européennes axent autant leurs stratégies économiques sur le développement des start-ups, c’est avant tout car cette politique permet aux États de prétendre agir dans des domaines clefs où leur incurie a mainte fois été pointée du doigt : la lutte contre le chômage de masse et la mise en place d’une souveraineté technologique.

    Nombre de médias se sont ainsi fait le relais de la start-up mania, louant la capacité de la French Tech à « créer 224.000 nouveaux emplois d’ici à 2025 » et à être le « fer de lance de l’économie ». Ces jeunes pousses permettraient de créer jusqu’à « 5,2 emplois indirects qui dépendent de [leur] activité » et d’œuvrer à la réindustrialisation de la France. Ce constat mérite pourtant d’être nuancé. Comme cela a déjà été évoqué, la start-up mania s’accompagne d’une aide inconditionnelle de l’État français par le prisme de la BPI. Pourtant, comme l’ont analysé nos confrères du Média, le bilan de l’institution est tâché de nombreux scandales. La banque, dès sa création, n’a pas été pensée comme un organisme capable de contenir et d’endiguer la désindustrialisation de l’Hexagone. M. Moscovici, alors ministre des finances, déclarait ainsi en 2012, que « la BPI n’est pas un outil défensif, c’est un outil offensif, n’en faisons pas un pompier ». L’institution est en effet souvent demeurée indifférente aux plans de licenciements et en a même favorisé certains comme le confirment les exemples des entreprises Veralia et Arjowiggins. Une loi du 23 mars 2020 a quant à elle permis d’ouvrir le conseil d’administration de l’institution à des acteurs privés, laissant une fois de plus planer le doute sur la capacité et la volonté de la banque publique d’agir pour le bien commun.

    Il est également permis de rester sceptique face à une stratégie de réduction de chômage structurelle se basant principalement sur le soutien à des start-ups qui participent à la « plateformisation » de notre économie. En proposant de mettre en contact clients et professionnels, des entreprises telles que Uber ou Deliveroo s’évertuent à détruire code du travail et régulations étatiques. Alors qu’elles sont vendues comme des instruments permettant de lutter contre le chômage, ces start-ups ne peuvent exister et espérer devenir rentables que par une grande flexibilité et en excluant leurs travailleurs du salariat. Le gouvernement socialiste espagnol vient ainsi récemment de légiférer afin de contrôler ces géants de l’économie de plateforme, permettant de conférer un statut de salarié aux livreurs qui étaient considérés comme des travailleurs indépendants. À peine la nouvelle annoncée, Deliveroo a annoncé qu’elle comptait mettre fin à ses activités dans le pays, tandis que ses concurrents Stuart, Glovo et UberEats critiquaient cette décision qui va mettre « en danger un secteur qui apporte 700 millions d’euros au PIB national ».

    En somme, la France semble avoir abandonné toute stratégie ambitieuse de réduction du chômage de masse. Plutôt que de défendre le droit de tout citoyen à obtenir un emploi, inscrit dans le préambule de la Constitution de 1946, l’État dépense des sommes faramineuses afin d’encourager la création d’entreprises à l’avenir très incertain. Dans cette politique qui s’apparente à un véritable choix du chômage, les citoyens sont appelés à innover alors même que les multiples causes du chômage structurelle sont éludées. Pour autant, cette incurie étatique ne date ni du quinquennat Hollande ni du mandat du président Macron : Raymond Barre déclarait en 1980 que « les chômeurs pourraient essayer de créer leur entreprise au lieu de se borner à toucher les allocations de chômage ! ».

    NDLR : Pour en savoir plus sur les choix politiques et économiques ayant conduit à un chômage de masse persistant, lire sur LVSL l’interview de Benoît Collombat par le même auteur : « Le choix du chômage est la conséquence de décisions néolibérales ».

    Outre l’argument des créations d’emplois, le soutien aux start-ups est également justifié par une nécessaire préservation de la souveraineté nationale. Dès qu’éclate en 2013 l’affaire Snowden, la préservation de la vie privée et la souveraineté technologique deviennent des préoccupations politiques majeures. Des entrepreneurs ont profité de ce phénomène pour proposer des technologies souveraines capables de réduire l’impuissance des nations européennes face à l’espionnage de masse. Les États comme la France vont alors largement baser leur politique de défense de la souveraineté nationale par un soutien massif à des start-ups.

    L’exemple de l’entreprise Qwant est sur ce point éloquent tant il permet de montrer les insuffisances et les impasses d’une telle approche. Fondée en 2011 par Jean-Manuel Rozan, Eric Léandri et Patrick Constant, l’entreprise se rêve en « Google français » en proposant un moteur de recherche souverain. Alors que la société n’est pas loin de la faillite, l’affaire Snowden lui permet de faire un large lobbying au sein des institutions françaises. Ces efforts seront rapidement récompensés puisque la Caisse des Dépôts et des Consignations investit en 2017 plus de 20 millions d’euros dans le projet tout en détenant 20% de son capital. En janvier 2020, l’État annonce même que Qwant est désormais installé sur les postes informatiques de l’administration publique. Pourtant, force est de constater que cette aide massive n’a pas permis de bâtir un moteur de recherche réellement souverain : en 2019, soit sept ans après sa création, Qwant utilise la technologie de Bing (Microsoft) dans 75% des recherches effectuées. Une note de la Direction interministérielle du numérique (DINUM) pointe également les nombreuses failles de l’entreprise, tels que les salaires mirobolants de ses dirigeants et les nombreux problèmes techniques du logiciel utilisé par Qwant, qui laissent perplexe quant au soutien massif que lui prodigue l’État. Plus largement, rien n’indique qu’une entreprise créée sur le sol français ne tombera pas aux mains de fonds d’investissements étrangers : parmi les licornes « françaises », la start-up Aircall (téléphonie via IP) est détenue à majorité par des acteurs non-français, tandis que Voodoo (jeux vidéo) a fait rentrer le géant chinois Tencent à son capital.
    Quand les start-ups remplacent l’État

    Le recours aux start-ups s’explique également par une prétendue incapacité de l’État à innover, à comprendre le marché et à « prendre des risques ». Ce mythe, pourtant déconstruit méthodiquement par l’économiste Mariana Mazzucato dans The Entrepreneurial State (paru en français en 2020), laisse penser que seul le secteur privé est capable de faire évoluer nos activités économiques et donc de créer des emplois. Comme l’analyse l’auteure, « le « retard » de l’Europe par rapport aux États-Unis est souvent attribué à la faiblesse de son secteur du capital-risque. Les exemples des secteurs de haute technologie aux États-Unis sont souvent utilisés pour expliquer pourquoi nous avons besoin de moins d’État et de plus de marché ». Nombre de start-ups se servent de ce mythe auto-réalisateur pour légitimer leur activité.

    Il est intéressant de noter que cette mentalité a également imprégné les dirigeants d’institutions publiques. Un rapport de la CDC ayant fuité en 2020 et prétendant redéfinir et révolutionner la politique de santé française chantait les louanges du secteur privé, des partenariats public-privé et de 700 start-ups de la healthtech. La puissance publique finance volontiers des jeunes pousses du domaine de la santé, à l’image d’Owkin, qui utilise l’intelligence artificielle pour traiter des données médicales, ou encore Lucine qui, grâce à des sons et des images, revendique la capacité de libérer des endorphines, de la morphine ou de l’adrénaline. La CDC détient également 38,8% d’Icade santé, un des acteurs majeurs du secteur privé et lucratif de la santé en France. De fait, les start-ups médicales s’immiscent de plus en plus au sein des institutions privées, à l’image d’Happytal, financé à hauteur de 3 millions d’euros par la BPI, qui propose à prix d’or aux hôpitaux des services de pré-admission en ligne ou de conciergerie de patients hospitalisés. Pour encourager les jeunes pousses à envahir les hôpitaux publics, la puissance publique va jusqu’à prodiguer, via un guide produit par BPI France, des conseils pour entrepreneurs peu scrupuleux expliquant comment passer outre des agents publics dubitatifs et méfiants qui ont « tendance à freiner les discussions » !

    Ainsi, comme l’analyse Mariana Mazzucato, « c’est donc une prophétie auto-réalisatrice que de considérer l’État comme encombrant et uniquement capable de corriger les défaillances du marché ». Pourtant, les start-ups ne pullulent pas uniquement grâce à ce zeitgeist favorable à l’entreprenariat, mais profitent directement de l’incapacité de l’État à fournir des services à ses citoyens, renforçant d’autant plus le mythe évoqué par Mariana Mazzucato. L’exemple de l’attribution à Doctolib du vaste marché de la prise de rendez-vous en ligne des Hôpitaux de Paris (AP-HP) en 2016 est révélateur de ce phénomène : devenu incapable de fournir un service public de prise de rendez-vous, l’État a dû confier les données de santé de millions de français à cette start-up française. La même expérience s’est répétée lors de la prise des rendez-vous de la vaccination contre le COVID-19, qui ont permis à l’entreprise d’engranger des millions de nouveaux clients sans aucune dépense de publicité.
    Vers une bulle spéculative ?

    Outre les questions que soulève le soutien massif de l’État français aux jeunes pousses du numérique, il convient également de se poser la question de la crédibilité économique de ces entreprises. En effet, il apparaît que nombre de ces sociétés participent à la financiarisation de nos activités économiques et deviennent des actifs spéculatifs et instables. Plus que de « changer le monde », un créateur de start-up recherche principalement à réaliser un « exit », c’est-à-dire à réaliser une belle plus-value via le rachat ou l’entrée en bourse de son entreprise. Dans un climat hostile et instable — on estime que seulement 20 % des jeunes pousses réussissent cet « exit » — les entrepreneurs sont poussés à dilapider le plus rapidement l’argent qu’ils ont à leur disposition. Cette stratégie, dénommée burn rate, est souvent perçue comme une perspective de croissance future par les investisseurs.

    De plus, les entrepreneurs sont souvent poussés à embellir leurs entreprises en exagérant le potentiel des services qu’elles proposent, voire en mentant sur leurs résultats, comme le montrent les exemples de Theranos (tests sanguins soi-disant révolutionnaires), Rifft (objets connectés) ou The Camp (technopôle provençal en perdition adoubé par M. Macron). Cela conduit les start-ups technologiques à avoir un ratio de valorisation sur chiffre d’affaires très élevé. Alors qu’il n’est que de 2,6 fois pour Amazon, c’est-à-dire que la valorisation boursière de l’entreprise n’excède « que » de 2,6 fois son chiffre d’affaires, ce nombre atteint plus de 50 pour certaines licornes. Pour AirBnb, la troisième licorne mondiale valorisée à 25,5 milliards de dollars, le chiffre est par exemple de 28,6. Alors que dans une entreprise traditionnelle la valeur des actions est estimée par les investisseurs en fonction de l’estimation des bénéfices futurs d’une entreprise, ce chiffre est très largement secondaire dans les levées de fonds de start-ups. Ainsi, de nombreuses licornes ne prévoient pas à court ou moyen terme de réaliser des bénéfices. L’entreprise Lyft a par exemple enregistré l’an dernier une perte de 911 millions de dollar, tandis qu’Uber a perdu 800 millions de dollars en un trimestre. On estime que sur les 147 licornes qui existent autour du globe, seulement 33 sont rentables. En somme, les investisseurs s’intéressent principalement à la capacité d’une start-up à produire une masse d’utilisateurs la plus large possible. Ce phénomène justifie des dépenses gargantuesques par ces mastodontes de l’économie de plateforme : Lyft a dépensé 1,3 milliard de dollars en marketing et en incitations pour les chauffeurs et les coursiers en 2018. Cet écosystème très instable a toutes les chances de participer à la création d’une bulle spéculative sous la forme d’une pyramide de Ponzi. En effet, si nombre de ces entreprises sont incapables à moyen terme de produire un quelconque bénéfice, que leurs actifs sont surévalués et que les règles du jeu économique poussent les entrepreneurs à dépenser sans compter tout en accentuant excessivement les mérites de leurs produits, les marchés financiers risquent de connaître une nouvelle crise technologique comparable à celle de 2001.

    La stratégie économique de soutien massif aux start-ups adoptée par l’État français s’apparente ainsi fortement à une politique néolibérale. En effet, comme ont pu l’analyser Michel Foucault et Barbara Stiegler, le néolibéralisme, loin d’être favorable à un État minimal, comme le libéralisme classique, prône l’émergence d’un État fort capable de réguler l’économie et d’adapter les masses au sens de l’évolution capitaliste ; c’est-à-dire aux besoins du marché. Ce constat conduit l’auteure d’Il faut s’adapter (Gallimard, 2019) à affirmer que « la plupart du temps les responsables de gauche caricaturent ainsi le néolibéralisme en le prenant pour un ultralibéralisme lointain […] si bien que dès qu’un gouvernement fait appel à plus l’État, ces responsables croient que ça signifie que la menace ultralibérale a été repoussée ». De fait, plutôt que de considérer de facto une politique de soutien aux start-ups comme souhaitable et efficace, il conviendrait de rester prudent vis-à-vis de ce genre d’initiative. Une telle attitude serait d’autant plus vertueuse qu’elle permettrait de comprendre que « l’économie disruptive », loin de dynamiter les codes du secteur économique, imite sans scrupule les recettes du « monde d’avant ». Les concepts flous de « start-up » ou de « technologies de ruptures » y sont les nouveaux arguments d’autorité justifiant la destruction de nos écosystèmes, la disparition des petites entreprises et des services publics et la précarisation de pans entiers de la populations.

    NDLR : Pour en savoir plus sur la différence entre libéralisme et néolibéralisme, lire sur LVSL l’article réalisé par Vincent Ortiz et Pablo Patarin : L’impératif néolibéral de « l’adaptation » : retour sur l’ouvrage de Barbara Stiegler.

    https://lvsl.fr/start-up-nation-quand-letat-programme-son-obsolescence

    #start-up #macronisme #Macron #France

    • Ces dispositions législatives permettent à des recherches menées et financées grâce à de l’argent public d’être « valorisées », c’est-à-dire en réalité privatisées, par le secteur lucratif.

      On ne saurait mieux dire...

  • Patrick Boucheron : « Le temps impose parfois à l’historien d’entrer dans la mêlée »
    https://www.lemonde.fr/idees/article/2023/11/03/patrick-boucheron-le-temps-impose-parfois-a-l-historien-d-entrer-dans-la-mel

    Si un dirigeant occidental n’a pas l’âge du président américain, Joe Biden, il verra donc les conséquences de ses actes ; ou plus précisément de l’absence de ses actes. Et peut-être même sera-t-il jugé. Auparavant, il y avait toujours plus urgent que l’urgence climatique. Nous sommes maintenant dans un moment stupéfiant où ce qu’on pensait inaccessible est désormais à notre portée : on peut agir dans les temps et en percevoir le bénéfice immédiat, ce qui devrait faciliter la décision politique.
    [...]
    Mais cessons là. Je tente de me désintoxiquer de cette indignation morale que suscite en moi l’arrogance de ceux qui nous gouvernent. Ce n’est pas si facile, car je n’ai pas l’expérience d’un gouvernement qui ait à ce point méprisé les sciences sociales, l’université, l’exercice collectif de l’intelligence, le mouvement social : tant de suffisance pour tant d’insuffisances.
    [...]
    l’effondrement de l’esprit public, qui passe notamment par la barbarie télévisuelle, la mainmise de groupes financiers sur l’information et le saccage de la diversité culturelle, est un préalable à l’arrivée au pouvoir de l’extrême droite. Et que celle-ci produit toujours une fatigue des défenses démocratiques de la société, et même une obéissance anticipée à ses penchants autoritaires, par le traitement indigne qu’elle réserve aux populations immigrées. Voilà pourquoi la question des réfugiés me semble un des dossiers critiques de notre temps, celui sur lequel nous serons jugés.

    #Macron #changement_climatique #extrême_droite #histoire

  • « Le bateau que Macron a envoyé pour se dédouaner du soutien qu’il apporte au massacre de Gaza est capable d’accueillir 4 blessés, et il n’en accueille aucun
    On se demande toujours comment Macron pourrait nous couvrir de honte encore plus et il y arrive ! »
    https://www.francetvinfo.fr/replay-radio/le-choix-franceinfo/document-franceinfo-guerre-entre-israel-et-le-hamas-on-a-pu-embarquer-a

    Alors combien de patients peut-il accueillir en ce moment ? « Deux blessés très graves, deux blessés graves », répond le commandant Schaar, à la tête du Tonnerre.

    https://twitter.com/realmarcel1/status/1720410135045058667

    • Comme si le passage de la tempête Ciaran ne suffisait pas, voilà le présipotent, aujourd’hui, à Plougastel-Daoulas.
      https://www.lefigaro.fr/meteo/en-direct-tempete-ciaran-emmanuel-macron-se-rend-en-bretagne-ce-vendredi-an

      « On a un combat, qui est de rétablir au plus vite la vie normale », affirme Emmanuel Macron dans le Finistère.

      La vie normale pour ce con là est toujours un combat. Faut toujours qu’il la ramène. à défaut de moulins à vent sur la pointe du raz où des rafales à plus de 200 km/h ont été enregistré. Le projet de la centrale de Plogoff était à quelques encablures. Le monarque n’était pas né mais nul doute qu’il aurait signé des deux mains et mené bataille pour le bien du peuple breton « ces gaulois réfractaire » et pour le prestige de la france.

    • Le PHA Tonnerre va « soutenir » les hôpitaux de Gaza avec des hélicoptères Tigre et NH-90 à bord
      par Laurent Lagneau · 26 octobre 2023
      https://www.opex360.com/2023/10/26/le-pha-tonnerre-va-soutenir-les-hopitaux-de-gaza-avec-des-helicopteres-tigr

      Et, dans le droit fil des propos qu’il avait tenus, la veille, en Cisjordanie, devant Mahmoud Abbas [alias Abou Mazen] le président de l’autorité palestinienne [« Une vie palestinienne vaut une vie française qui vaut une vie israélienne », avait-il dit], M. Macron a salué la mobilisation de l’Égypte pour « les populations de Gaza » et annoncé l’engagement de la France sur le terrain humanitaire, avec l’envoi d’un « navire de la Marine nationale » en Méditerranée orientale « pour soutenir les hôpitaux » de l’enclave, visée par des frappes aériennes israéliennes et soumise à blocus depuis les attaques terroristes du 7 octobre.

      Le bâtiment « partira de Toulon dans les 48 prochaines heures », a précisé M. Macron, avant d’annoncer l’arrivée prochaine en Égypte d’un avion chargé de matériel médical. « D’autres suivront », a-t-il assuré… alors que l’aide humanitaire est acheminée au compte-gouttes depuis le sol égyptien vers Gaza.

      Cela étant, à peine M. Macron venait-il de faire cette annonce que l’on appris que le porte-hélicoptères amphibie [PHA] Tonnerre avait déjà appareillé pour rejoindre la Méditerranée orientale, où il retrouvera la frégate multi-missions à capacités de défense aérienne renforcée [FREMM DA] « Alsace » et la frégate de type La Fayette [FLF] Surcouf .

    • Proche-Orient : M. Lecornu annonce le déploiement du porte-hélicoptères Dixmude en Méditerranée orientale
      par Laurent Lagneau · 3 novembre 2023
      https://www.opex360.com/2023/11/03/proche-orient-m-lecornu-annonce-le-deploiement-du-porte-helicopteres-dixmud

      En attendant, depuis le Liban où il a rencontré les militaires de l’opération Daman [nom de la participation française à la Force intérimaire des Nations unies au Liban, ndlr], le ministre des Armées, Sébastien Lecornu, a annoncé que le PHA Dixmude serait bientôt déployé en Méditerranée orientale, après avoir été configuré en « navire hôpital ». La « planification » de sa mission est « en train d’être faite », a-t-il dit.

      Le Dixmude pourrait être prêt à appareiller de Toulon « autour de la mi-novembre », a précisé son entourage. Il n’est pas clair s’il va relever le Tonnerre ou bien s’il le rejoindra.

      En outre, a aussi indiqué le ministre, le Service de santé des armées [SSA] pourrait être sollicité, celui-ci disposant « d’antennes de chirurgie avancée, par exemple, avec une bonne expertise des blessures de guerre ». Et d’ajouter : « C’est autant d’objets de moyens que la France met sur la table ».

      « Il faut comprendre que le président de la République a demandé une manœuvre globale pour que la France soit une nation cadre, c’est-à-dire, une nation qui emmène d’autres pays en matière sanitaire au secours des populations civiles de Gaza », a par ailleurs expliqué M. Lecornu. Pour schématiser, l’idée est donc de permettre à d’autres pays d’agréger leurs moyens à ceux déployés par les forces françaises.

      « Les populations civiles de Gaza doivent être protégées, c’est le droit international et c’est aussi le devoir moral de la France que de jouer ce rôle dans la région », a aussi fait valoir M. Lecornu, avant d’affirmer qu’il « est légitime qu’Israël mène les actions qui permettent de mettre le Hamas hors d’état de nuire ».

      #valde_des_PHA = porte-hélicoptères amphibie

    • « La vie normale » pour Macron est de se mettre en scène et même si on a mieux à faire de plus urgent. Il ne faut pas désobéir au petit marquis.
      Ouest-France | Mickaël LOUÉDEC | Publié le 04/11/2023
      Tempête Ciaran. Les salariés d’Enedis invités à rester 3 heures… pour une image avec Emmanuel Macron
      https://www.ouest-france.fr/politique/emmanuel-macron/tempete-ciaran-les-salaries-denedis-invites-a-rester-3-heures-pour-une-

      Ce vendredi 3 novembre 2023, au lendemain de la tempête Ciaran et en marge de la visite officielle d’Emmanuel Macron dans le Finistère, les salariés d’Enedis ont été contraints de se mettre en scène et d’attendre trois heures, pour saluer le Président de la République.
      Si la situation n’avait pas été si douloureuse, pour certains foyers finistériens, plongés dans l’obscurité et le froid depuis le passage de la tempête Ciaran, il y aurait presque de quoi en sourire.

      Ce vendredi 3 novembre 2023, en marge du déplacement d’Emmanuel Macron à Plougastel-Daoulas, commune finistérienne impactée par les pannes de courant, il a été demandé à cinq salariés d’Enedis d’attendre patiemment le président de la République… Pendant trois heures, pour cinq poignées de main furtives. Une scène d’un peu plus d’une minute, montre en main, devant un poteau électrique censé être en cours de réparation.
      Renseignements pris auprès d’un expert : l’intervention nécessaire sur le poteau en question devait prendre dix minutes maximum. Une interrogation supplémentaire : était-il pertinent de faire venir un technicien qui était sur une intervention à Plouguerneau (intervention bien nécessaire celle-là) pour une image ?

      Un des agents confie d’ailleurs : « J’aime mon métier, j’aime être utile ! On m’a demandé d’être là, alors je suis venu, mais je ne sers à rien. C’est dommage, des gens ont besoin de nous. »

  • Gaza : à l’international comme en #Israël, le massacre est dénoncé
    https://www.frustrationmagazine.fr/international-gaza

    Quand on vit dans un régime autoritaire, regarder ce qu’il se dit et se passe ailleurs dans des pays plus démocratiques est une démarche qui aide à sortir de l’impression de matraquage idéologique que l’on subit. Nos grands médias sont très branchés comparaison internationale quand il s’agit de dénoncer nos droits sociaux, mais quand cela […]

    #Décrypter_-_International #Amérique_latine #Colombie #Espagne #macron #ONU #Palestine

  • Trois migrants tués dans une fusillade à la frontière entre la Serbie et la Hongrie - InfoMigrants
    https://www.infomigrants.net/fr/post/52889/trois-migrants-tues-dans-une-fusillade-a-la-frontiere-entre-la-serbie-

    Trois migrants tués dans une fusillade à la frontière entre la Serbie et la Hongrie
    Par La rédaction Publié le : 30/10/2023
    Trois migrants sont morts et un quatrième a été blessé vendredi dans une fusillade survenue près de la frontière entre la Serbie et la Hongrie. La zone est souvent le théâtre d’affrontements entre réseaux de passeurs et exilés, qui tentent d’entrer en Hongrie, membre de l’Union européenne, pour continuer leur route vers l’ouest. Un affrontement entre migrants a tourné au drame vendredi 27 octobre en Serbie, près de la frontière avec la Hongrie. Une fusillade s’est produite dans les bâtiments d’une ferme abandonnée près du village frontalier de Horgos. Trois exilés ont été tués et un quatrième a été blessé, a rapporté la télévision étatique RTS. La personne blessée a été transportée à l’hôpital et une enquête a été ouverte pour faire la lumière sur ce drame. La nationalité des victimes n’a pas été précisée. D’importants effectifs policiers ont été dépêchés dans la zone, où se sont produits ces derniers mois des heurts parfois meurtriers entre réseaux de passeurs et groupe de migrants. Les actions de la police visent à « freiner la migration irrégulière et à élever le niveau de sécurité dans cette partie du pays, où les affrontements entre migrants sont fréquents, parfois avec usage d’armes à feu », a indiqué la police dans un communiqué.
    Quelques heures après l’incident, quatre ressortissants afghans et deux Turcs, soupçonnés de possession illégale d’armes à feu et d’explosifs, ont été interpellés, a annoncé la police. On ne sait pas en revanche si ces arrestations sont liées à la fusillade.Lors de la descente de police dans la région, deux fusils automatiques et des munitions ont été saisis. Soixante-dix-neuf exilés ont également été découverts et transférés vers des centres d’accueil du pays, a précisé la police dans le même communiqué. Samedi, deux personnes originaires du Kosovo, accusées de trafic de migrants et d’avoir fourni des armes, ont été interpellées. Les policiers ont par ailleurs trouvé 54 passeports turcs. En visite dans la région, le ministre de l’Intérieur, Bratislav Gasic, a promis que « nous ne bougerons pas d’ici tant que toutes les personnes responsables d’un acte ou d’un incident criminel n’auront pas été éliminées ».
    C’est dans cette zone frontalière que des centaines de migrants squattent dans des bâtiments abandonnés avant de tenter de franchir la frontière avec la Hongrie, membre de l’Union européenne (UE). Ils continuent ensuite leur route vers l’Europe de l’Ouest.
    La frontière serbo-hongroise se situe sur la route migratoire terrestre des Balkans vers l’Europe occidentale, qui mène de la Turquie à la Grèce et à la Bulgarie, puis à la Macédoine du Nord, à la Serbie ou à la Bosnie.La police serbe a effectué des descentes dans la zone frontalière à plusieurs reprises au cours des derniers mois, arrêtant des passeurs présumés et confisquant des armes. Le président Aleksandar Vucic a déclaré vendredi que la Serbie pourrait faire appel à l’armée « pour résoudre ce problème », a rapporté la télévision d’État RTS.

    #Covid-19#migrant#migration#hongrie#balkan#mortalite#routemigratoire#mortalite#kosovo#serbie#frontiere#turquie#grece#bulgarie#macedoine#bosnie

  • Langage inclusif : pour le cerveau, le neutre n’est pas neutre | CNRS Sciences humaines & sociales
    https://www.inshs.cnrs.fr/fr/cnrsinfo/langage-inclusif-pour-le-cerveau-le-neutre-nest-pas-neutre

    Dans un second temps, la même expérience a été reproduite en utilisant cette fois le point médian. Les résultats obtenus indiquent que le déséquilibre de temps de traitement entre le masculin et le féminin était alors totalement éliminé : la présence explicite des marques masculine et féminine force le cerveau à considérer les deux alternatives.

    Cette étude éclaire à quel point le cerveau est profondément affecté par le biais de genre dans le langage : il tend à présupposer le masculin même face à des phrases n’employant pas le masculin générique. La stratégie de re-féminisation qui fait apparaître les formes masculines et féminines des mots (par exemple, « Françaises, Français ») apparaît donc la plus efficace pour susciter des représentations mentales équilibrées.

    L’étude signalée depuis https://seenthis.net/messages/1023926
    https://www.frontiersin.org/articles/10.3389/fpsyg.2023.1256779/full

    #macronnerie

    • L’article s’en tient exclusivement à la langue française... Il aurait tout de même été intéressant de voir en anglais où le neutre tend vers le féminin (the sister-ship of Titanic) et dans les langues à 3 genres distincts (allemand, russe), les langues slaves distinguant en plus l’animé du non animé (les animaux faisant partie des animés, en russe, quand on voit un animal inconnu on ne demande pas « qu’est-ce que c’est ? » mais « qui est-ce ? »). Le Sorabe, lui, distingue 9 genres : M, F, N pour animés humains, animés animaux et non animés. Et dans les langues non indo-européennes, il y a des situations encore plus compliquées.

    • @rodolphe

      On parle d’écriture inclusive en france et je ne vois pas le problème si justement cette étude basée sur deux expériences se font sur la compréhension du genre à la lecture de phrases en français. C’est un choix intéressant car le français est une langue spécifique pour la distinction de genre, l’histoire du français (cf Eliane Viennot) est un long travail d’invisibilisation du féminin au profit du masculin opéré par les institutions. Comment étudier la colonisation d’un espace de langage, si celui-ci n’est pas circonscrit minutieusement à sa langue, ici la france de l’académie francniaise si glorieuse de bannir tout féminin de ses mots mais fière des lettres non prononcées à chacun.

      Par contre je vois nombre d’hommes qui en profitent pour expliquer l’inclusivité dans d’autres langues et c’est un peu problématique. Ne pas vouloir saisir l’enjeu politique français actuel du langage inclusif est-il si pénible ? Est-ce qu’être allié des féministes est si difficile ?

      Etude effectuée par

      1- Laboratoire de Psychologie et NeuroCognition, Université Grenoble Alpes, CNRS, Grenoble, France
      2- Laboratoire Lidilem, Université Grenoble Alpes, Grenoble, France
      3- Laboratoire des Systèmes Perceptifs, Département d’Études Cognitives, École Normale Supérieure, Université PSL, CNRS, Paris, France

      https://www.frontiersin.org/articles/10.3389/fpsyg.2023.1256779/full

      J’ai trente-quatre étudiants en cours, dont seulement sept sont des étudiants

      [I have thirty-four studentsMASC in my class, only seven of whom are studentsMASC]

      The resolution of this kind of ambiguity relies on various cognitive mechanisms, including world knowledge, context, and pragmatic cues. However, previous research suggests that the ambiguity is typically resolved to the disadvantage of the feminine gender, with the masculine generic favoring the activation of masculine-specific representations. For instance, in Experiment 1 of Gygax and Gabriel (2008), French-speaking participants had to decide, as fast as possible, whether the person referred to by a kinship term (e.g., un frère [a brother] or une sœur [a sister]) could be part of a group described by a role noun in the masculine generic form (e.g., musiciens [musiciansMASC]). The results revealed a strong bias toward male kinship terms, indicating that male kinship terms were more readily associated with role nouns written in the masculine form. Similarly, when asked to estimate the percentage of women in a group described by a generic masculine term, participants consistently selected gender ratios below 50%, despite the role nouns being non-stereotyped in terms of gender (Tibblin et al., 2023). Moreover, studies have shown that the use of generic masculine language in questionnaires can impact the self-reported efficacy of female respondents (Chatard-Pannetier et al., 2005; Vainapel et al., 2015). Wilson and Ng (1988) used a priming paradigm to manipulate the perception of gender in ambiguous photographs through short sentences presented beforehand. The results indicated that the use of masculine generic language in the sentences biased perception toward male faces. Together, the findings from these experiments, as well as other studies mentioned below, provide robust evidence supporting the notion that the use of masculine-generic forms automatically activates masculine-specific representations.

    • En ce lundi, l’#armée_israélienne affirme avoir frappé, via les airs et au sol, plus de 600 cibles dans #Gaza ces vingt-quatre dernières heures. Dans le détail : « des dépôts d’armes, positions de lancement de missiles antichar, caches du #Hamas » et « des dizaines » de chefs du mouvement islamiste tués. Des chars israéliens sont postés à la lisière de #Gaza_City et le principal axe routier nord-sud est coupé. C’est vendredi en fin de journée que l’État hébreu a lancé son opération d’envergure, annoncée depuis près de deux semaines déjà. Mêlant #incursions_terrestres localisées – surtout dans le nord de l’enclave palestinienne – et #bombardements intensifiés. Samedi, le Premier ministre israélien Benyamin Netanyahou a prévenu : la #guerre sera « longue et difficile ».

      Vendredi, 17 h 30. La #bande_de_Gaza plonge dans le noir. Plus d’électricité, plus de réseau téléphonique, ni de connexion internet. Le #black-out total. Trente-six heures de cauchemar absolu débutent pour les Gazaouis. Coupés du monde, soumis au feu. L’armée israélienne pilonne le territoire : plus de 450 bombardements frappent, aveugles. La population meurt à huis clos, impuissante. Après avoir quitté Gaza City au début de la riposte israélienne (lire l’épisode 1, « D’Israël à Gaza, la mort aux trousses »), Abou Mounir vit désormais dans le centre de la bande de Gaza, avec ses six enfants. Ce vendredi, il est resté cloîtré chez lui. Lorsqu’il retrouve du réseau, le lendemain matin, il est horrifié par ce qu’il découvre. « Mon quartier a été visé par des tirs d’artillerie. L’école à côté de chez moi, où sont réfugiées des familles, a été touchée. Devant ma porte, j’ai vu tous ces blessés agonisants, sans que personne ne puisse les aider. C’est de la pure #folie. Ils nous assiègent et nous massacrent. Cette façon de faire la guerre… On se croirait au Moyen-Âge », souffle le père de famille, qui dénonce « une campagne de #vengeance_aveugle ». L’homme de 49 ans implore Israël et la communauté internationale d’agir urgemment. « La seule et unique solution possible pour nous tous, c’est la #solution_politique. On l’a répété un million de fois : seule une solution politique juste nous apportera la paix. »

      Toujours à Gaza City avec sa famille, la professeure de français Assya décrit ce jour et demi d’#angoisse : « On se répétait : “Mais que se passe-t-il, que va-t-il nous arriver ?” On entendait les bombardements, boum, boum, boum… Ça n’arrêtait pas ! Ma petite-fille de 1 an, la fille de mon fils, quand il y avait de grosses explosions, elle pleurait. Alors nous, on faisait les clowns pour lui faire croire que c’était pour rire. Et elle se calmait… Chaque matin, c’est un miracle qu’on soit encore là… » Chaque jour aussi, Assya demande si nous, journalistes, en savons plus sur un cessez-le-feu.

      Plus de 8 000 Gazaouis ont péri, mais leurs suppliques résonnent dans le vide jusqu’à présent. Elles sont pourtant de plus en plus pressantes, face à la #situation_humanitaire qui se dégrade dramatiquement. Ce samedi, des entrepôts des Nations unies ont été pillés. « C’est le signe inquiétant que l’ordre civil est en train de s’effondrer après trois semaines de guerre et de #siège de Gaza. Les gens sont effrayés, frustrés et désespérés », a averti Thomas White, directeur des opérations de l’UNRWA, l’agence onusienne pour les réfugiés palestiniens. Assya confirme : l’un de ses cousins est revenu avec des sacs de sucre, de farine, des pois chiches et de l’huile. Quand elle lui a demandé d’où ça venait, il lui a raconté, le chaos à Deir Al-Balah, dans le sud de l’enclave. « Les gens ont cassé les portes des réserves de l’UNRWA, ils sont entrés et ont pris la farine pour se faire du pain eux-mêmes, car ils n’ont plus rien. La population est tellement en #colère qu’ils ont tout pris. » Depuis le 21 octobre, seuls 117 camions d’#aide_humanitaire (lire l’épisode 2, « “C’est pas la faim qui nous tuera mais un bombardement” ») ont pu entrer dans la bande de Gaza dont 33 ce dimanche), via le point de passage de Rafah au sud, à la frontière égyptienne. L’ONU en réclame 100 par jour, pour couvrir les besoins essentiels des Gazaouis. Le procureur de la Cour pénale internationale Karim Khan a averti : « Empêcher l’acheminement de l’aide peut constituer un #crime. […] Israël doit s’assurer sans délai que les #civils reçoivent de la #nourriture, des #médicaments. »

      Les corps des 1 400 victimes des attaques du 7 octobre sont dans une #morgue de fortune. Beaucoup ont subi des sévices, ont été brûlés. L’#horreur à l’état pur

      En écho à cette situation de plus en plus dramatique, Israël a intensifié sa guerre de la #communication. Pas question pour l’État hébreu de laisser le Hamas ni les Palestiniens gagner la bataille de l’émotion au sein des opinions. Depuis une dizaine de jours, les autorités israéliennes estiment que les médias internationaux ont le regard trop tourné vers les Gazaouis, et plus assez sur le drame du 7 octobre. Alors Israël fait ce qu’il maîtrise parfaitement : il remet en marche sa machine de la « #hasbara ». Littéralement en hébreu, « l’explication », euphémisme pour qualifier ce qui relève d’une véritable politique de #propagande. Mais cela n’a rien d’un gros mot pour les Israéliens, bien au contraire. Entre 1974 et 1975, il y a même eu un éphémère ministère de la Hasbara. Avant cela, et depuis, cette tâche de communication et de promotion autour des actions de l’État hébreu, est déléguée au ministère des Affaires étrangères et à l’armée.

      Un enjeu d’autant plus important face à cette guerre d’une ampleur inédite. C’est pourquoi, chaque jour de cette troisième semaine du conflit, l’armée israélienne a organisé des événements à destination de la #presse étrangère. Visites organisées des kibboutzim où les #massacres de civils ont été perpétrés : dimanche dans celui de Beeri, mercredi et vendredi à Kfar Aza, jeudi dans celui de Holit. Autre lieu ouvert pour les journalistes internationaux : la base de Shura, à Ramla, dans la banlieue de Tel Aviv. Elle a été transformée en morgue de fortune et accueille les 1 400 victimes des attaques du 7 octobre, afin de procéder aux identifications. Dans des tentes blanches, des dizaines de conteneurs. À l’intérieur, les corps. Beaucoup ont subi des sévices, ont été brûlés. L’horreur à l’état pur.

      Mais l’apogée de cette semaine de communication israélienne, c’est la convocation générale de la presse étrangère, lundi dernier, afin de visionner les images brutes des massacres. Quarante-trois minutes et quarante-quatre secondes d’une compilation d’images des GoPro embarquées des combattants du Hamas, des caméras de vidéosurveillance des kibboutzim, mais aussi des photos prises par les victimes avec leurs téléphones, ou par les secouristes. Le tout mis bout à bout, sans montage. Des images d’une violence inouïe. Une projection vidéo suivie d’une conférence de presse tenue par le porte-parole de l’armée israélienne, le général Daniel Hagari. Il le dit sans détour : l’objectif est de remettre en tête l’ignominie de ce qui s’est passé le 7 octobre dernier. Mais également de dire aux journalistes de mieux faire leur travail.

      Il les tance, vertement : « Vous ! Parfois, je prends trente minutes pour regarder les infos. Et j’ai été choqué de voir que certains médias essayent de COMPARER ce qu’Israël fait et ce que ces vils terroristes ont fait. Je ne peux pas comprendre qu’on essaye même de faire cette #comparaison, entre ce que nous venons de vous montrer et ce que l’armée fait. Et je veux dire à certains #médias qu’ils sont irresponsables ! C’est pour ça qu’on vous montre ces vidéos, pour qu’aucun d’entre vous ne puisse se dire que ce qu’ils font et ce que nous faisons est comparable. Vous voyez comment ils se sont comportés ! » Puis il enfonce le clou : « Nous, on combat surtout à Gaza, on bombarde, on demande aux civils d’évacuer… On ne cherche pas des enfants pour les tuer, ni des personnes âgées, des survivants de l’holocauste, pour les kidnapper, on ne cherche pas des familles pour demander à un enfant de toquer chez ses voisins pour les faire sortir et ensuite tuer sa famille et ses voisins devant lui. Ce n’est pas la même guerre, nous n’avons pas les mêmes objectifs. »

      Ce vendredi, pour finir de prouver le cynisme du Hamas, l’armée israélienne présente des « révélations » : le mouvement islamiste abriterait, selon elle, son QG sous l’hôpital Al-Shifa de Gaza City. À l’appui, une série de tweets montrant une vidéo de reconstitution en 3D des dédales et bureaux qui seraient sous l’établissement. Absolument faux, a immédiatement rétorqué le Hamas, qui accuse Israël de diffuser « ces mensonges » comme « prélude à la perpétration d’un nouveau massacre contre le peuple [palestinien] ».

      Au milieu de ce conflit armé et médiatique, le Président français a fait mardi dernier une visite en Israël et dans les territoires palestiniens. Commençant par un passage à Jérusalem, #Emmanuel_Macron a réaffirmé « le droit d’Israël à se défendre », appelant à une coalition pour lutter contre le Hamas dans « la même logique » que celle choisie pour lutter contre le groupe État islamique. Il s’est ensuite rendu à Ramallah, en Cisjordanie occupée, au siège de l’Autorité palestinienne. « Rien ne saurait justifier les souffrances » des civils de Gaza, a déclaré Emmanuel #Macron. Qui a lancé un appel « à la reprise d’un processus politique » pour mettre fin à la guerre entre Israël et le Hamas. Tenant un discours d’équilibriste, rappelant que paix et sécurité vont de pair, le Président a exigé la mise en œuvre de la solution à deux États, comme seul moyen de parvenir à une paix durable. Une visite largement commentée en France, mais qui a bien peu intéressé les Palestiniens.

      Car si les projecteurs sont braqués sur Israël et Gaza depuis le début de la guerre, les Palestiniens de #Cisjordanie occupée vivent également un drame. En à peine trois semaines, plus de 120 d’entre eux ont été tués, selon le ministère de la Santé de l’Autorité palestinienne. Soit par des colons juifs, soit lors d’affrontements avec les forces d’occupation israéliennes. Bien sûr, la montée de la #violence dans ce territoire avait commencé bien avant la guerre. Mais les arrestations contre les membres du Hamas, les raids réguliers menés par l’armée et les attaques de colons prennent désormais une autre ampleur. Ce lundi matin encore, l’armée israélienne a mené un raid sur le camp de Jénine, au nord de la Cisjordanie, faisant quatre morts. Selon l’agence de presse palestinienne Wafa, plus de 100 véhicules militaires et deux bulldozers sont entrés dans le camp. Déjà, mercredi dernier, deux missiles tirés depuis les airs en direction d’un groupe de personnes avait fait trois morts à #Jénine.

      À chaque mort de plus, la colère monte derrière les murs qui encerclent les Territoires. À Gaza, mais aussi en Cisjordanie

      À chaque mort de plus, la colère monte derrière le mur qui encercle les territoires palestiniens. Du sud, à Hébron, au nord, à Naplouse, en passant par Jénine et Ramallah, les #manifestations ont émaillé ces trois dernières semaines, s’intensifiant au fil du temps. À chaque fois, les Palestiniens y réclament la fin de l’#occupation, la mise en œuvre d’une solution politique pour un #accord_de_paix et surtout l’arrêt immédiat des bombardements à Gaza. Ce vendredi, quelques milliers de personnes s’étaient rassemblés à Ramallah. Drapeaux palestiniens à la main, « Que Dieu protège Gaza » pour slogan, et la rage au ventre. Yara était l’une d’entre eux. « Depuis le début de la guerre, le #traitement_médiatique en Europe et aux États-Unis est révoltant ! L’indignation sélective et le deux poids deux mesures sont inacceptables », s’énerve la femme de 38 ans. Son message est sans ambiguïté : « Il faut mettre un terme à cette agression israélienne soutenue par l’Occident. » Un sentiment d’injustice largement partagé par la population palestinienne, et qui nourrit sa colère.

      Manal Shqair est une ancienne militante de l’organisation palestinienne Stop The Wall. Ce qui se passe n’a rien de surprenant pour elle. La jeune femme, qui vit à Ramallah, analyse la situation. Pour elle, le soulèvement des Palestiniens de Cisjordanie n’est pas près de s’arrêter. « Aujourd’hui, la majorité des Palestiniens soutient le Hamas. Les opérations militaires du 7 octobre ont eu lieu dans une période très difficile traversée par les Palestiniens, particulièrement depuis un an et demi. La colonisation rampante, la violence des colons, les tentatives de prendre le contrôle de la mosquée Al-Aqsa à Jérusalem et enfin le siège continu de la bande de Gaza par Israël ont plongé les Palestiniens dans le #désespoir, douchant toute perspective d’un avenir meilleur. » La militante ajoute : « Et ce sentiment s’est renforcé avec les #accords_de_normalisation entre Israël et plusieurs pays arabes [les #accords_d’Abraham avec les Émirats arabes unis, Bahreïn, le Maroc et le Soudan, ndlr]. Et aussi le sentiment que l’#Autorité_palestinienne fait partie de tout le système de #colonialisme et d’occupation qui nous asservit. Alors cette opération militaire [du 7 octobre] a redonné espoir aux Palestiniens. Désormais, ils considèrent le Hamas comme un mouvement anticolonial, qui leur a prouvé que l’image d’un Israël invincible est une illusion. Ce changement aura un impact à long terme et constitue un mouvement de fond pour mobiliser davantage de Palestiniens à rejoindre la #lutte_anticoloniale. »

      #7_octobre_2023 #à_lire

    • Ma petite-fille de 1 an, la fille de mon fils, quand il y avait de grosses explosions, elle pleurait. Alors nous, on faisait les clowns pour lui faire croire que c’était pour rire.

      C’est exactement ce qu’on faisait ma femme et moi à notre fils de 4 ans en 2006 au Liban.

    • Emmanuel Macron affirme (https://twitter.com/BFMTV/status/1718960210902237424) qu’en langue française, “le #masculin fait le #neutre, on n’a pas besoin d’ajouter des points au milieu des mots, ou des tirets, ou des choses pour la rendre lisible”. Pour le CNRS, en français, “pour le cerveau, le neutre n’est pas neutre”.

      Il est désormais bien établi que l’utilisation du #masculin_générique engendre des #représentations_mentales déséquilibrées en faveur du masculin. Pour autant, toutes les formes d’écriture inclusive sont-elles aussi efficaces pour contrer ce biais ? Dans une étude récente parue dans la revue Frontiers in Psychology, une équipe de scientifiques a démontré que les #formulations_neutres, sans marque de #genre_grammatical, ne permettent pas d’éliminer complètement le #biais vers le masculin, au contraire des formes doubles qui mentionnent à la fois le masculin et le féminin (https://www.frontiersin.org/articles/10.3389/fpsyg.2023.1256779/full).

      Pour éclairer le débat, lire Spinelli E., Chevrot J-P., Varnet L. 2023, Neutral is not fair enough : testing the efficiency of different language gender-fair strategies, Frontiers in Psychology ou son compte rendu sur la lettre du CNRS.

      #écriture_inclusive #Macron #Emmanuel_Macron #CNRS #langue #français #langue_française

    • Le rêve d’un abruti sur tout les fronts, ça me rappelle les Ceaucescus qui se targuaient de savoir et de science faux diplômes à l’appui mais n’avaient que la securitate pour s’imposer.

      les misérables à l’œuvre partout s’épaulent pour leurs crimes, du simple langage aux meurtres des enfants

      Bien dit :
      « A travers les mains de ceux qui la bite »

      PS
      Il ne dit pas ’des choses pour la rendre lisible’ mais ’des choses pour la rendre illisible’ et là il est tellement content qu’il boit un verre de vodka pendant que son auditoire de vieux chnocks et chnokesses, jackLang au premier rang applaudit.

      EDIT
      D’ailleurs quelques jours après, en relisant le post, il doit quand même être morveux de sortir une énormité pareille puisqu’il bafouille et noie ensuite ses mots dans son verre de vodka·eau. De fait, c’est comique puisqu’il bafouille « illisible » qui devient dans les médias « lisible » preuve qu’il est inaudible, et est incapable de parler distinctement le français !

    • #Interdiction de l’écriture inclusive : les ressorts d’un procès politique

      Pour une fois, les hommes et les femmes de la chambre haute se sont pressées pour proposer une loi visant à interdire l’écriture inclusive. Mais l’application de cette #prohibition, purement idéologique, ne serait pas sans lourdes conséquences administratives.

      Lundi 30 octobre 2023, les sénateurs et sénatrices françaises (double flexion inclusive avec accord de proximité certifié de tradition française multiséculaire) ont adopté à 221 voix pour et 82 contre une #proposition_de_loi de droite particulièrement intrusive et extensive visant à « protéger la langue française des #dérives de l’écriture dite inclusive » et interdisant, sous peine de nullité, l’usage de certains traits d’inclusivité – le point médian, perçu comme un comédon typographique, est évidemment ciblé – dans les actes juridiques, les modes d’emploi, les contrats de travail ou les règlements intérieurs d’entreprise.

      Le président de la République, Emmanuel Macron, s’est fort opportunément coordonné avec les débats et le vote depuis Villers-Cotterêts, où il inaugurait la Cité internationale de la langue française. S’évertuant à remplir les amples chausses de François Ier, il a tenu à faire part de sa « pensée complexe » en la matière. Il a appelé – leçon de girouette politique – à ne pas « céder aux airs du temps » et rappelé doctement, avec un sens admirable de la précision, que dans la langue française, dont la perfection, l’état d’achèvement ne sont plus à démontrer, « le masculin fait le neutre » et qu’« on n’a pas besoin d’ajouter des points au milieu des mots, ou des tirets, ou des choses pour la rendre lisible ».

      On eût aimé que les un·es et les autres, dans leurs « travaux » et gloses diverses sur cette langue divinisée que le monde entier nous envie, se renseignassent un minimum auprès des linguistes et des philologues, des praticien·nes et historien·nes de « la langue », avant de proférer, en l’occasion, les énormités qui constituent la récolte ordinaire du marronnier régulièrement secoué par Le Figaro.

      Mais qu’attendre, en vérité, d’un personnel politique de droite, d’extrême droite et d’extrême centre qui, à l’oral comme à l’écrit, passe sa vie, dans les hémicycles, sur les réseaux sociaux, sur les plateaux de télévision ou dans les studios de radio, à écorcher, appauvrir, atrophier et faire rancir le sacro-saint français ; qui nous bassine avec ses néologismes publicitaires à forte valeur non ajoutée (« start-up nation ») ou ses interdicteurs de pensée et de débat (« islamogauchisme », « wokisme ») ?

      Nous serons assez charitables pour rappeler au président de la République que l’ordonnance de Villers-Cotterêts (1539) ne se réduit pas à l’image d’Épinal du bon père de la Nation qui généralise l’emploi du français, déjà bien présent depuis le Moyen Âge dans les actes notariés dans tout son nuancier dialectal, à l’ensemble des actes administratifs.

      D’abord, de portée très limitée (si on la compare au projet de loi sénatorial), elle ne s’appliquait qu’aux documents de justice ; ensuite, dans un pays fait de plusieurs « nations » (au sens de l’Ancien Régime), dont certaines d’arrimage récent (Bretagne), le français n’était qu’un « langage maternel » parmi d’autres, et ces autres se sont pour une bonne part maintenus, en s’appuyant sur ladite ordonnance, la promotion du « langage maternel françoys » étant entendue comme celle du « langage maternel ou françoys ». L’essentiel était alors que les actes de justice, rédigés en langue vernaculaire, fussent compréhensibles par les habitant·es de la province et non par les seuls hommes de l’art, francophones ou pas.

      Nous signalerons tout aussi charitablement aux sénatrices et sénateurs que le vieux ressort argumentatif rouillé d’une inclusivité non inclusive à l’endroit des personnes dyslexiques et dysorthographiques rendrait un autre son si étaient exigées dans la foulée l’abolition des mots composés et des abréviations, ainsi que la simplification réelle et la mise en cohérence effective de l’orthographie française. Mais telle n’est pas leur ambition. En revanche, l’emploi du mot « dérives » et la distance sanitaire signifiée par l’expression « écriture dite inclusive » nous disent très bien leur présupposé. L’inclusivité elle-même est en sursis probatoire.

      La proposition de loi sénatoriale, si elle était définitivement adoptée, pourrait entraîner des bouleversements considérables, qui plus est rétroactifs, sachant que l’administration n’a pas attendu les « airs du temps » pour pratiquer l’inclusivité. Elle utilise depuis des lustres le banal trait d’union à la place du point médian et la double flexion (elle tolérée par le Palais du Luxembourg).

      Nos arbitres des élégances typographiques se souviennent-ils seulement des bouleversements considérables occasionnés par la dernière « grosse » réforme de modernisation de l’orthographie à avoir été réellement mise en œuvre, en 1835 ? Guizot, alors à la tête du ministère de l’instruction publique, voulait traduire en actes les préconisations de la sixième édition du Dictionnaire de l’Académie française. Les trois principales mesures de cette réforme, déjà poussées en son temps par Voltaire, étaient celles-ci :

      – on passe de [oi] à [ai] là où on prononçait déjà le son \ɛ\, la graphie [oi] étant réservée au son \wa\ (typiquement françois/français, mais sont aussi touchées une bonne partie des formes verbales) ;

      – les mots se terminant jusque-là par [-nt] au singulier et faisant [-ns] au pluriel, comme parent/parens, se finissent désormais en [-nts] ;

      – l’esperluette [&] est remplacée par [et] (un petit mot de rien mais surabondant).

      Point de cris d’orfraie, à l’époque, dans les rangs des assemblées, pourtant encore bien réactionnaires, contre cet « air du temps » là. Adoptée sans opposition notable, cette (petite) révolution en différé, initiée – une fois n’est pas coutume – par l’Académie elle-même, obligea à réimprimer une bonne partie de la littérature du temps et des temps passés (un Armageddon paperassier régulièrement brandi par les contempteurs et contemptrices de l’écriture inclusive). Trois mesurettes, dont la première en forme de rattrapage phonétique, mais conséquences maousses.

      Vu l’accroissement considérable du volume depuis l’époque de Guizot, la proposition de loi du Sénat ressemble fort à une usine à gaz chronophage et dévoreuse de ressources, plus susceptible de mettre le zbeul que de mettre bon ordre à une orthographie officielle qui, nonobstant plusieurs propositions réformatrices de savants et de ministres, a globalement peu bougé depuis 1835, soit près de deux siècles – c’est dire la vigueur des attaques qu’elle a subies.
      Force de frappe idéologique

      À défaut de protéger « la langue », quintessence à jamais inaccessible et assurément fumeuse, la droite sénatoriale et son caudataire présidentiel montrent surtout l’étendue et de leur ignorance et de leurs préjugés. Objectivement, ce n’est pas tant l’inclusivité qui les gêne, celle-ci étant pratiquée diversement en français depuis le Moyen Âge, ainsi que le pôle Correction de Mediapart le rappelait dans ce billet, et même en partie entérinée par l’Académie française elle-même pour les noms de métier.

      Non, ce qui les gêne, c’est que certains milieux militants, notamment féministes mais pas que, s’en soient emparés dès les années 1970, en jouent, continuent de la faire vivre, lui donnent une force de frappe idéologique perceptible, à l’heure des grandes régressions sociales et sociétales, sans réclamer nécessairement, du reste – ce qui serait contradictoire avec la plasticité recherchée – son institutionnalisation, sa normalisation, sa glaciation.

      Pendant qu’on ergote et chicane sans fin sur les effets de graphie, dont la plupart des écrivain·es, des éditeurs et éditrices se sont soucié·es pendant des siècles comme de leur première chemise, y compris aux époques (eh oui, c’est cyclique, mesdames messieurs les déclinistes) du rayonnement international de la lingua franca, on ne travaille pas sur les effets de lexique et de sens (l’inclusivité se loge aussi là), autrement délicats, où se nouent, pour l’essentiel, les rapports de force politiques, voire géopolitiques, de sexe, de classe ou de race, où les discriminations s’expriment et se résolvent parfois.

      Les progrès de l’inclusivité sont encore, au plan éditorial, largement marginaux, nul ne songeant à l’imposer à coups de règle, comme du reste la dernière réformette orthographique de 1990, ce qui rend l’alarme sénatoriale et présidentielle d’autant plus pathétique, pour ne pas dire risible. À la fin des fins, la pratique ordinaire tranchera. Une large partie de l’expression langagière, par nature dérivante (non au plan moral mais au plan linguistique), échappe, hors contexte totalitaire, aux tentatives d’arraisonnement et d’encagement, et ce depuis que notre langue est langue. Mais cela, les intelligences artificielles de certain·es de nos représentant·es et dirigeant·es ont du mal à le concevoir.

      https://www.mediapart.fr/journal/culture-et-idees/021123/interdiction-de-l-ecriture-inclusive-les-ressorts-d-un-proces-politique

    • Communiqué de presse : « Le masculin fait le neutre… » ou pas

      Dans son discours d’inauguration de la Cité internationale de la langue française prononcé le lundi 30 octobre 2023 à Villers-Cotterêts, le Président de la République a pris position contre « l’écriture inclusive », en affirmant : « le masculin fait le neutre, on n’a pas besoin d’y rajouter des points au milieu des mots, ou des tirets, ou des choses pour la rendre illisible ».

      La position surplombante du président donne l’impression de vouloir édicter une règle une fois pour toutes qu’il imposerait, par sa seule parole, à des millions de francophones, en France et hors de France, à rebours du symbole que représente la Cité inaugurée ce jour-là.

      Nous rappelons, en tant que scientifiques spécialistes du langage et des langues – et de la langue française en particulier – que les règles se forment au fil du temps par les pratiques des locuteurs et locutrices, et que c’est l’usage qui finit par s’imposer, et non la volonté d’une autorité, fût-elle académique, ministérielle ou présidentielle. Si les questions d’enseignement et d’orthographe nécessitent des décisions politiques, elles ne sauraient être tranchées par une seule personne, aussi puissante soit-elle.

      Emmanuel Macron semble se positionner contre le point médian et d’autres formes abrégées. Beaucoup, comme lui, feignent de réduire l’écriture inclusive à un seul procédé, au milieu de nombreuses autres possibilités (accord de proximité, mots épicènes…). D’ailleurs, il utilise lui-même des procédés inclusifs dans le discours du 30 octobre comme dans ses autres prises de parole. Les doublets complets (« Françaises, Français… ») existent depuis longtemps, et la littérature classique regorge de rois et reines, de princes et princesses plutôt que rois ou princes quand il s’agit de personnes des deux sexes : ils ressortissent du langage inclusif. En outre, certaines formes abrégées présentes depuis des décennies sur les documents officiels de la République française (dont la carte d’identité ou des formulaires administratifs : « né(e) le… », « domicilié(e) à… ») ne posent aucun problème. Les doublets complets ou abrégés se déploient aujourd’hui sur de nombreux supports (privés, publics, papier, numériques, sites, presse, cartels de musées…) sans être l’apanage d’une poignée de militants ou de militantes, contrairement à l’idée fausse qui est véhiculée. Il ne s’agit pas d’un système d’écriture figé ni imposé, mais d’une série de pratiques dont l’un des objectifs premiers est de préciser la composition de groupes humains.

      La formule « le masculin fait le neutre » est contredite par de nombreux travaux scientifiques qui montrent, à partir de données et d’expérimentations, que le sens premier du masculin, pour les humains, est de désigner des hommes, et que l’emploi dit générique est source d’ambigüité. Moins de femmes répondent aux offres d’emploi rédigées au masculin par exemple. Tout ceci est documenté.

      Le jour de l’inauguration de la Cité internationale de la langue française, il eût été important de ne pas oublier ces choses élémentaires, de faire davantage appel aux travaux scientifiques, et sans doute encore plus opportun d’évoquer l’un des sujets majeurs pour l’avenir du français et des francophones, à savoir l’orthographe à enseigner : celle de 1990, comme en Belgique et en Suisse ? Ou celle de 1878, comme c’est trop souvent le cas ? Si le Président se soucie de la lisibilité du français, qu’il joigne sa voix aux nombreuses autres, dont des fédérations de professeurs de français et des linguistes (voir Le Monde du 16 octobre dernier), qui demandent une nouvelle réforme de l’orthographe.

      Le collectif des Linguistes atterrées, le 31 octobre 2023

      https://www.tract-linguistes.org/communique-de-presse-communique-le-masculin-fait-le-neutre-ou-pas

    • Écriture inclusive : “Le président ne peut pas faire la loi sur la langue que parlent les Français”

      Le débat sur l’écriture inclusive, relancé lundi par Emmanuel Macron, ainsi que par le Sénat, pose la question de l’action politique sur la langue. Entretien avec le linguiste Michel Launey.

      « Dans cette langue, le masculin fait le neutre. On n’a pas besoin d’y ajouter des points au milieu des mots, ou des tirets ou des choses pour la rendre lisible. » Le discours d’Emmanuel Macron, le 30 octobre, lors de l’inauguration de la Cité internationale de la langue française à Villers-Cotterêts, et tandis que le Sénat votait une proposition de loi visant à « protéger la langue française des dérives de l’écriture dite inclusive », a relancé le débat autour de celle-ci. Michel Launey, linguiste et auteur de La République et les langues 1, rappelle la dimension politique d’une telle prise de parole. Membre du collectif des Linguistes atterrées, il met en lumière l’importance d’une rationalisation de la langue, venant du peuple et pas de l’État.

      Quand Emmanuel Macron dit qu’il ne faut pas « céder aux airs du temps », que cela signifie-t-il ?
      Les changements linguistiques sont généralement des phénomènes lents, inconscients et collectifs. S’il parle d’une mode passagère, c’est mal poser le problème car la langue est dans son temps : on verra bien si les innovations et les changements restent ou pas. Ce n’est pas le président de la République ou le Sénat qui le décideront, ce sont les jeunes, les vieux, tous les locuteurs. Cela revient à mélanger le phénomène d’innovation linguistique et le phénomène de mode – qui, par ailleurs, n’est ni bon ni mauvais par essence.

      L’écriture inclusive est-elle une mode ?
      Je suis prudent sur le sujet, mais c’est un phénomène intéressant car il s’agit, pour une fois, d’une action consciente d’une partie de la population, alors que généralement les évolutions de la langue ne sont pas concertées. D’ailleurs, quand on parle d’écriture inclusive, on mélange ses trois branches. La première, la féminisation des noms de métiers, est plutôt passée dans le langage courant, c’est un premier combat gagné. Les deux autres concernent l’accord de proximité [accorder avec le nom situé au plus proche, par exemple « les marcheurs et marcheuses sont contentes », ndlr] et le point médian [par exemple un·e écrivain·e, ndlr].

      Pourquoi cette crispation autour du point médian ?
      Une objection au point médian est que les formules ne sont pas facilement lisibles à l’oral. Ceci dit, il peut y avoir une convention qui définirait comment lire « les étudiant·e·s », tout comme on sait prononcer le mot « deux », quand on lit « 2 », c’est le même mécanisme. On est habitués à la différence entre ce qu’on lit et ce qu’on prononce, notamment en mathématiques. Par ailleurs, une partie de la communication écrite n’a pas pour fonction d’être lue à l’oral, donc ce n’est pas choquant tant que c’est compris. L’intérêt de l’écriture inclusive est d’ailleurs relevé par le Haut Conseil à l’égalité : les femmes ont par exemple tendance à moins postuler à une offre d’emploi écrite au masculin, plutôt qu’en écriture inclusive.

      Est-ce à un président ou à l’État de dicter l’usage de la langue française ?
      C’est peut-être le rêve de certains, mais ce n’est pas dans les compétences du président. Il ne peut pas faire la loi sur la langue que parlent l’ensemble des Français et Françaises. On a, en France, le plus grand mal à penser une langue qui présente des variations, qui n’est pas unique. La doxa veut que la langue française, comme la République, soit une, et que tout ce qui s’écarte des standards ne soit plus du français. Or pour moi, c’est très grave. Par exemple dire d’un jeune de banlieue que ce qu’il parle n’est pas du français, alors qu’il ne parle pas une autre langue, revient à l’exclure de la communauté des francophones. On organise une déchéance de langue, une apatridie linguistique.

      Que symbolise la volonté d’un « bon usage » du français ?
      C’est une volonté politique, assurément. Si on prend le français à la création de l’Académie française, en 1634, il était une évolution du bas latin qui avait beaucoup changé en un millénaire. On lui avait retiré les déclinaisons, ajouté des articles, etc. Quand ces changements se sont produits, personne ne les a refusés sous prétexte que leurs ancêtres parlaient différemment. Et, de toute façon, ceux qui ont engendré ces modifications étaient les membres de la communauté linguistique tout entière – le peuple, des gens majoritairement non instruits et illettrés. Il ne s’agissait pas d’une affaire de loi, ni de noblesse, clergé ou bourgeoisie. Le début de la légifération de la langue est arrivé avec la création de l’Académie française.

      Est-il utile de vouloir légiférer sur la langue ?
      Le texte de loi voté au Sénat hier est, selon moi, une stupidité politique. S’il passait l’Assemblée nationale, il serait sans doute bloqué par le Conseil constitutionnel car il ne relève pas de la compétence de l’État. Et même s’il était validé, on ne peut pas mettre en place une police linguistique pour vérifier le non-usage de l’écriture inclusive dans le cadre privé.

      Cela ne veut pas dire que la langue ne doit pas évoluer – surtout son orthographe. Il n’y a pas eu de vrai changement orthographique depuis 1835, il est temps d’une rationalisation, car le français contient beaucoup d’illogismes qui vampirisent le temps d’apprentissage. Il y a une multitude d’exemples, comme le mot « nénuphar » qui n’a aucune raison de s’écrire avec « ph » et pas un « f », aucune racine grecque. Si changement il y a, je crois qu’il n’aura pas lieu à l’Académie française ; il faudrait plutôt un rassemblement international de francophones avec des linguistes, des écrivains, des éditeurs pour réfléchir ensemble, tranquillement à ces sujets.

      https://www.telerama.fr/debats-reportages/ecriture-inclusive-le-president-ne-peut-pas-faire-la-loi-sur-la-langue-que-

    • Pourquoi utiliser l’écriture inclusive ?

      Parce que la langue façonne notre perception du monde, #Marie_Barbier, corédactrice en chef de la revue féministe La Déferlante, défend l’usage de l’écriture inclusive, comme un outil pour ne laisser de côté ni les femmes ni les minorités de genre.

      Pour nous, à La Déferlante, il était évident de ne pas utiliser une langue où le masculin l’emporte sur le féminin. Dès qu’on a commencé à travailler sur la revue, un an avant la publication de notre premier numéro (en mars 2021), c’était certain que la revue des révolutions féministes serait écrite en écriture inclusive.

      Nous avons travaillé avec deux correctrices, Sophie Hofnung et Aurélie Charrier, qui ont réalisé une charte d’écriture inclusive – qui est désormais actualisée par Mélanie Tanous. C’est une charte vivante, on la fait évoluer au fur et à mesure du temps.

      Tout, tout le temps, doit être lisible et compréhensible par nos lectrices et lecteurs, y compris par des personnes qui ne pratiquent pas l’écriture inclusive. Il faut qu’elles ne soient pas rebutées par ça quand elles ouvrent la revue. On tient aussi à respecter les propos des personnes interrogées, donc toujours demander si elles sont d’accord pour que leurs propos soient transposés en écriture inclusive. Pour résumer, on tient à respecter au maximum la parole donnée, tout en étant au clair avec la ligne éditoriale de la revue.

      Depuis notre création, jamais personne ne nous a dit que c’était illisible. On n’a pas du tout ce genre de retours. Ça veut dire qu’en France, il y a des gens capables de lire 144 pages de revue en écriture inclusive de A à Z sans que ce soit un problème de lecture. Les correctrices, Sophie Hofnung, Mélanie Tanous et Sara Roumette, font extrêmement attention à cela.

      Par exemple, dans notre dernière newsletter sur la Palestine (envoyée le vendredi 10 novembre), je pensais écrire « juif·ves », mais la correctrice m’a repris en disant qu’on essayait de ne pas écrire de choses imprononçables. Donc, ici, on a mis le doublé : « juifs et juives ».
      La langue française révèle les discriminations

      Dans les débats récents sur la proposition de loi au Sénat, les sénateurs et sénatrices sont d’une mauvaise foi crasse. Évidemment que la langue française révèle les discriminations qu’il y a dans la société. Ça peut paraître anecdotique, mais ça ne l’est absolument pas.

      C’est très important de redonner la place au féminin dans la langue française. « Le masculin l’emporte sur le féminin », c’est l’apothéose du patriarcat : ce n’est pas possible, nulle part. Que ce soit dans la société, dans la langue, dans tous les domaines possibles, le masculin ne doit pas l’emporter sur le féminin.

      D’autant que l’on peut retracer cette habitude au 17e siècle, lorsqu’on a instauré des normes qui disaient, en substance, que le masculin était plus noble que le féminin. C’est donc une construction de la langue. Comme beaucoup de choses contre lesquelles on se bat, c’est une construction sociale. À un moment donné, les dominants se sont emparés de l’outil qui est la langue pour asseoir leur domination. Ce n’est pas envisageable de ne pas le questionner, au moins.
      Il n’y a pas qu’une écriture inclusive

      Ce n’est pas vrai qu’un point d’ortho-typo peut gêner la lecture. C’est utilisé dans plein d’autres choses. C’est ce que dit aussi la tribune de 130 féministes, dont la grammairienne Éliane Viennot, en réponse à Emmanuel Macron. Par exemple, on utilise le « né(e) le » dans des documents administratifs. Et quel symbole de mettre entre parenthèses le féminin ! Ça dit quelque chose. On ne le met pas entre parenthèses, le féminin est l’égal du masculin dans la langue, et on l’assoit de la manière la plus lisible possible.

      Les conservateurs et les conservatrices sont arcbouté·es sur une vision passéiste de la langue. Ils et elles sont dans une logique de domination, où la langue reflète une domination et une vision de la société, qui fait peu de cas de la place des femmes et des minorités sexuelles.

      Le « Citoyens, citoyennes » utilisé par Macron, c’est le doublé, c’est de l’écriture inclusive. C’est le fait d’intégrer le féminin et de le mettre à égalité avec le masculin. Donc la présidence française utilise l’écriture inclusive. Il y a plein de moyens d’utiliser l’écriture inclusive. À chaque numéro, on fait un petit marque-page avec des techniques d’écriture inclusive, et les gens adorent, ils le scotchent au-dessus de leur bureau.

      On explique par exemple qu’on peut utiliser les mots épicènes, dont la forme ne varie pas selon le genre. Il y a plein de techniques simples qui permettent de reformuler, ça demande juste un petit peu de temps.
      Appliquer l’égalité des genres

      Nous sommes une revue engagée, nous défendons le féminisme, mais au-delà de ça, on est une revue créée par des professionnelles de l’information. Donc, ça nous tient extrêmement à cœur que l’égalité des genres soit retranscrite dans la revue jusque dans son écriture. Il ne s’agit pas d’une lutte anecdotique, contrairement à ce que peuvent dire les gens de droite – qui, soit dit en passant, mettent une énergie démesurée à se battre contre. Non, ce n’est pas anecdotique, parce que la langue qu’on utilise est très révélatrice. Nous, elle nous permet d’appliquer l’égalité des genres jusqu’au bout.

      Ce n’est pas juste une question pour les gens de gauche. Moi, ça m’énerve que l’école ne l’utilise pas, ça m’énerve que Jean-Michel Blanquer (ancien ministre de l’Éducation nationale) s’y soit opposé. J’apprends à mes enfants le point médian, et il n’y a aucun problème avec ça. Ils l’utilisent, et ils savent le faire. C’est tout à fait possible. Les enfants ne sont pas perturbés par ça.

      Au contraire, ça permet de questionner la binarité de genre, de dire que si tu ne te sens pas fille ou garçon, qu’on peut utiliser le point médian et que c’est OK. Ça va au-delà de la question du masculin qui l’emporte sur le féminin, parce que dans la langue française, il y a une binarité très marquée. Le point médian comme le pronom « iel » permettent d’aller au-delà de cette binarité. C’est un des avantages : ça ouvre à des personnes qui ne se reconnaissent pas dans la binarité de genre d’être incluses dans la langue française.

      L’écriture inclusive devrait être utilisée par tout le monde. Ce n’est pas vrai que c’est compliqué, c’est simple et ça permet d’inclure le plus grand nombre et de ne pas rejeter des personnes de la langue française. Ça permet d’inclure les femmes, les personnes non binaires, les personnes trans, tout le monde. Je ne comprends pas pourquoi le fait d’inclure des gens dans la langue et de la rendre plus égalitaire est un problème.

      https://basta.media/pourquoi-utiliser-ecriture-inclusive-Senat

  • Ecriture inclusive : Emmanuel Macron estime qu’« on n’a pas besoin d’ajouter des points au milieu des mots pour rendre la langue française lisible »
    https://www.lemonde.fr/politique/article/2023/10/30/ecriture-inclusive-emmanuel-macron-estime-qu-on-n-a-pas-besoin-d-ajouter-des

    Lors de l’inauguration de la Cité internationale de la langue française, à Villers-Cotterêts, le chef de l’Etat a appelé à « ne pas céder aux airs du temps ». Une proposition de loi visant à interdire certains éléments de l’écriture inclusive est examinée lundi soir par les sénateurs.

    J’ai pas la vidéo, mais je suis certain que quand il a balancé sa petite phrase sur les « points au milieu des mots », il avait son air de beauf réjoui par sa propre connerie. Comme il fait si bien.

    • @mfmb J’ai viré ma blague sur Fabien R, parce que pour le coup c’était très injuste. Sur ce sujet-là en particulier, je suis tombé sur une interview où il a un point de vue qui m’a semblé clair et irréprochable.

    • Pas directement Roussel : « son équipe de campagne ». Mais bon, c’est ce que j’ai trouvé de plus approchant (« Aujourd’hui, l’équipe de campagne de Fabien Roussel (PCF) a accepté de nous répondre en son nom. ») :
      https://www.lalanguefrancaise.com/articles/propositions-fabien-roussel-presidentielle-2022

      De quoi parle-t-on ? L’écriture inclusive désigne l’ensemble des attentions graphiques et syntaxiques permettant de n’exclure personne pour des motifs de sexe, d’âge, d’origine, d’orientation sexuelle ou d’identité de genre. On l’emploie souvent pour évoquer l’égalité des représentations entre les femmes et les hommes : il s’agira par exemple d’accorder en genre les noms de fonctions, grades, métiers et titres, ou d’user du féminin et du masculin, que ce soit par l’énumération par ordre alphabétique, l’usage d’un point médian, ou le recours aux termes épicènes.

      Dès lors, comment les politiques publiques, qui doivent être l’expression du général, ont pu si longtemps se passer de cette attention particulière ? En réalité des habitudes inclusives sont prises et très ancrées aujourd’hui même par ceux qui entendent combattre l’écriture inclusive. Tous les élus confondus commenceront leurs discours par un « mesdames et messieurs », expression à présent très consacrée, signifiant bien une adresse à toutes et tous et non pas aux seuls hommes de l’assistance.

      Quant à « l’expression française officielle » dont une vague conservatrice voudrait être pourfendeuse, elle n’existe tout simplement pas ! L’Académie française, par exemple, que d’aucuns peuvent qualifier d’autorité, n’est pas une « autorité normative ». Sa mission est seulement de « contribuer à titre non lucratif au perfectionnement et au rayonnement des lettres ». Mais nous le savons, face à tout changement, il y a toujours des réticences. Surtout quand il s’agit de rendre les femmes visibles.

      Sinon, au détour d’un portrait de Roussel chez VA (Fabien Roussel, un “facho” chez les cocos ?) :

      Plus anecdotique, Roussel écrit depuis quelque temps certains de ses tweets en écriture inclusive. Il faut bien garder quelques votes féministes et LGBT…

    • Merci pour ta réponse. C’est pas vraiment roussel du coup, l’equipe le gère sur ce sujet et ecrit certains de ces twit pour que le PC soit pas totalement confondable avec des macronnards à cause des position brunâtre de ce mascu saucisse BBQ. Oh lala me voila d’accord avec VA quel enfer !

  • En France, la majorité présidentielle se fracture sur le conflit entre Israël et le Hamas
    https://www.lemonde.fr/politique/article/2023/10/29/la-majorite-presidentielle-se-fracture-sur-le-conflit-entre-israel-et-le-ham

    Alors que l’exécutif veille à maintenir une ligne d’équilibre entre soutien à Israël et appel à une trêve humanitaire, des élus du camp d’Emmanuel Macron s’émancipent de la position diplomatique française. Ces divergences suscitent des remous internes.

    Deux remarques à propos de cet article :

    1°) Sylvain Maillard, le chef du groupe parlementaire macroniste, justifie la position de soutien à Israël par une posture émotionnelle et même tripale :

    « Mais c’est une situation tripale à laquelle nous devons faire face, poursuit le patron du groupe Renaissance. Trente-cinq de nos compatriotes ont été brûlés, massacrés ou violés et la priorité absolue est de sortir nos otages. Il est normal que les députés expriment ce que nous ressentons tous. Nous ne sommes pas des historiens. »

    Je suis surpris de constater d’ailleurs qu’il évoque des viols, qui à ma connaissance n’ont fait l’objet d’aucune confirmation et qui d’ailleurs n’ont pas été mentionné dans l’article du Monde de Samuel Forey Attaque du Hamas : retour sur le 7 octobre, une journée en enfer en Israël
    https://www.lemonde.fr/international/article/2023/10/28/attaque-du-hamas-retour-sur-le-7-octobre-une-journee-en-enfer-en-israel_6197
    Je trouve surprenant que cette citation ne soit pas assortie d’un commentaire du journaliste du Monde pour souligner cette absence de confirmation de cette accusation (voir par exemple https://www.unz.com/article/what-really-happened-on-7th-october)
    Un autre site de factchecking, citant le Shinbeth, affirme néanmoins que le Hamas aurait autorisé ses combattants à commettre des viols. Néanmoins, il ne semble pas y avoir eu de cas documentés par cette source : https://www.factcheck.org/2023/10/what-we-know-about-three-widespread-israel-hamas-war-claims

    2°) Derrière l’émotion, il y a aussi très clairement un calcul politique et clientéliste

    Le vote de la communauté juive
    L’Elysée ferme les yeux sur ces dissensions, préférant affirmer que tous les députés Renaissance sont alignés derrière le chef de l’Etat. Ces différences de sensibilités sur la question israélo-palestinienne sont cependant anciennes. Ainsi, en décembre 2019, la proposition d’une résolution, portée par Sylvain Maillard, à l’époque simple député, sur la lutte contre l’antisémitisme, avait-elle fait apparaître au sein du groupe La République en marche (LRM) un profond clivage. Cette proposition reprenait la définition associant l’antisionisme à une forme d’antisémitisme. Très contestée par une partie des députés macronistes, elle n’a pu être adoptée que grâce à l’apport de voix de droite, alors même que LRM détenait à elle seule la majorité absolue. Mardi 24 octobre, en réunion de groupe, c’est donc un vieux débat qui a ressurgi, exacerbé. M. Maillard s’est vu demander des comptes par ses collègues sur son rejet de la solution à deux Etats, position officielle de la France.
    Au-delà des convictions et des histoires personnelles des parlementaires se cache un non-dit, celui du vote de la communauté juive. Alors qu’il s’est sensiblement déplacé vers la droite ces dernières décennies, il sera très disputé par les candidats LR et Renaissance dans la bataille de Paris qui vient, en 2026. Un électorat qui observe avec attention la position des responsables politiques dans ce conflit. Dans son allocution du 12 octobre, saluée au-delà de la majorité macroniste, Emmanuel Macron appelait à « ne pas mener chez nous des aventures idéologiques par imitation, par projection ». Et à ne pas ajouter, « par illusion ou par calcul, des fractures nationales aux fractures internationales ». Un vœu pour l’instant resté pieux.

    #clientélisme #émotions #macronisme #viols

  • En 2022, 624 SDF sont morts en France, un « drame sociétal scandaleux »
    https://www.lemonde.fr/societe/article/2023/10/27/en-2022-624-sdf-sont-morts-un-drame-societal-scandaleux_6196795_3224.html

    Le nombre de sans domicile fixe en France a doublé en dix ans, avec plus de 330 000 personnes selon le dernier décompte de la Fondation Abbé Pierre en 2022. Les femmes, familles et mineurs sont de plus en plus nombreux à la rue.

    31/12/2017 les vœux du président au petit jésus

    « Je veux que nous puissions apporter un toit à toutes celles et ceux qui sont aujourd’hui sans-abri. Le gouvernement s’est beaucoup engagé dans cette direction ces derniers mois et a beaucoup amélioré les choses, mais il y a encore des situations qui ne sont pas acceptables, a déclaré Emmanuel #Macron à la télévision. Nous continuerons l’effort indispensable pour réussir (...) »

  • De l’état d’exception à l’État souverain
    https://laviedesidees.fr/Julien-Le-Mauff-Genealogie-de-la-raison-d-Etat

    Contre l’idée d’un basculement fondateur dans notre modernité politique, survenu au moment de #Machiavel, Julien Le Mauff montre que l’exception à la loi connaît une lente gestation, du XIIe au XVIIe siècle, constitutive de modes de gouvernement caractéristiques de la modernité. A propos de : Julien Le Mauff, Généalogie de la raison d’État. L’exception souveraine du Moyen Âge au baroque, Classiques Garnier, 2021.

    #Histoire #État #crime_d'Etat
    https://laviedesidees.fr/IMG/pdf/20231025_raisondetat.pdf
    https://laviedesidees.fr/IMG/docx/20231025_raisondetat.docx


  • Germany’s chancellor: “We need to deport on a grand scale”. What a time we live in, where politicians distract from their lack of answers to the polycrisis this world faces by obsessively blaming and scapegoating people not ’from here’.

    https://twitter.com/MauriceStierl/status/1715416879601246364

    #Allemagne #renvois #expulsions #machine_à_expulser #Olaf_Scholz #asile #migrations #réfugiés #sans-papiers

    ping @karine4