• Counter-Strike 2 : Valve confirme qu’il n’y aura pas de version Mac
    https://www.nextinpact.com/lebrief/72649/counter-strike-2-valve-confirme-quil-ny-aura-pas-version-mac

    En d’autres termes, seules les personnes ayant un Windows ou Linux 64 bits peuvent jouer à Counter-Strike 2. Évidemment, laisser disponible l’ancienne version aurait été appréciée.

    Steam Support : : Legacy CS:GO Version
    https://help.steampowered.com/en/faqs/view/73EF-08A3-0935-6369

    As technology advances, we have made the difficult decision to discontinue support for older hardware, including DirectX 9 and 32-bit operating systems. Similarly, we will no longer support macOS. Combined, these represented less than one percent of active CS:GO players.

    On dirait que le Mac n’est pas vraiment une machine de gamer.

    #jeu_vidéo #jeux_vidéo #jeu_video_csgo #macos #windows #linux

  • Il sistema delle “coop pigliatutto”

    Per anni hanno dominato il settore dell’accoglienza in Veneto prima di sbarcare nella detenzione amministrativa. Oggi gestiscono due Cpr, tra cui quello di Gradisca d’Isonzo, dove dalla sua riapertura sono morte quattro persone

    Il 16 dicembre del 2019 il Centro di permanenza per il rimpatrio (Cpr) di Gradisca d’Isonzo, in provincia di Gorizia, riapre, a sei anni dalle proteste che hanno portato alla sua chiusura. Tra i primi trattenuti del nuovo corso, c’è un gruppo di circa settanta persone provenienti dal centro di Bari, dove sono stati bruciati tre degli ultimi quattro moduli rimasti dopo le proteste dei mesi precedenti. Bibudi Anthony Nzuzi è tra coloro che sono stati trasferiti «di punto in bianco», dice, in Friuli. L’accoglienza non è stata delle migliori: «Pioveva, faceva freddo, ci siamo ritrovati i poliziotti in tenuta antisommossa. Non avevamo materassi, non c’erano coperte, non avevamo niente per poterci vestire. Ci siamo ritrovati a dormire al freddo perché non c’era il riscaldamento», racconta.

    Nzuzi è nel Cpr friulano anche tra il 17 e il 18 gennaio 2020, quando muore un trattenuto georgiano di 37 anni, Vakhtang Enukidze. I poliziotti di cui parla Nzuzi stanno sedando una protesta. «Hanno inizialmente pestato tutti, solo che lui [Vakhtang Enukidze] era caduto – racconta – ma continuavano a pestarlo e gli altri ragazzi si sono buttati addosso ai poliziotti e l’hanno tirato via».

    Nzuzi si trova nello stesso reparto di Enukidze ma in un’altra cella. «La sera lui [Vakhtang Enukidze] lamentava dolori, non si sentiva bene – ricorda, ripensando ai momenti dopo che la polizia ha lasciato il Cpr -. È andato a dormire e non si è più risvegliato». Questa versione è stata confermata da alcune testimonianze raccolte dal deputato Riccardo Magi durante due visite ispettive subito dopo il decesso. Non dagli investigatori, però.

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    L’inchiesta in breve

    - Ekene nasce nel 2017 come diretta emanazione di Ecofficina ed Edeco, enti che hanno dominato il mercato dell’accoglienza in Veneto guadagnandosi l’appellativo di “coop pigliatutto”
    - A gestirla è Simone Borile, imprenditore padovano che proviene dal business dei rifiuti. Sebbene non compaia mai nella visura camerale, viene considerato dagli inquirenti di Venezia “amministratore di fatto” delle cooperative
    - Nel 2016, Ecofficina-Edeco si aggiudica due centri di accoglienza, a Cona e Bagnoli. Per la gestione dei due hub, sono nati due processi paralleli a Padova e Venezia, dove sono indagati alcuni funzionari delle due prefetture e i vertici della cooperativa, tra cui Simone Borile. Le accuse, a vario titolo, sono di frode nell’esecuzione del contratto, inadempimento e frode degli obblighi contrattuali, rivelazioni di segreto d’ufficio
    - Con la liquidazione di Edeco nasce Ekene, che segna l’ingresso nel mondo della detenzione amministrativa con l’aggiudicazione dei Cpr di Gradisca d’Isonzo, in Friuli-Venezia Giulia, e Macomer, in Sardegna
    – Dalla sua riapertura nel gennaio 2019, nel Cpr friulano sono morte quattro persone. Borile è indagato per omidicio colposo per il decesso di Vakhtang Enukidze, lasciato secondo l’accusa per nove ore senza soccorsi
    – Nell’ottobre 2022, la cooperativa veneta ha vinto la gara per la gestione del Cpr di Caltanissetta. Dopo sette mesi la Prefettura ha annullato l’aggiudicazione per i procedimenti a carico dei vertici

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    A seguito della morte di Enukidze, la procura di Gorizia ha cominciato a indagare. L’autopsia sul deceduto ha stabilito come causa della morte un edema polmonare e cerebrale dovuto non a un pestaggio, ma a un cocktail di farmaci e stupefacenti. Così a essere riviati a giudizio con l’accusa di omicidio colposo sono stati il direttore del centro, Simone Borile, e il centralinista che era di turno quel giorno. La cooperativa che ha in gestione il Cpr si chiama Ekene. È nata dalle ceneri di Ecofficina ed Edeco, conosciute in Veneto come “coop pigliatutto”, per aver dominato per anni la gestione dell’accoglienza in tutta la regione.

    Secondo la ricostruzione degli inquirenti, Enukidze è stato lasciato senza soccorso per diverse ore, nonostante le richieste di aiuto degli altri trattenuti, prima di essere trasferito in ospedale, dove è morto alle 15:37. La sorella, Asmat, ricorda l’ultima telefonata in cui percepiva una voce diversa: «Sembrava che avesse bevuto. Aveva dei dolori e gli avevano dato qualcosa per calmarlo, un antidolorifico. Stava talmente male che non riusciva nemmeno ad andare all’udienza. Mi diceva di contattare l’ambasciata georgiana, per farlo uscire dal Cpr», racconta. Simone Borile, raggiunto al telefono da IrpiMedia, ha una versione diversa dei fatti: «È stato soccorso immediatamente, appena c’è stata la chiamata», il problema «riguarda il mancato funzionamento del sistema di chiamata. Niente a che vedere con il mancato soccorso».
    L’ascesa di Ecofficina tra le coop dell’accoglienza

    Borile ha cominciato a lavorare con i migranti dai tempi di Ecofficina Educational, cooperativa con sede a Battaglia Terme, in provincia di Padova, fondata il 2 agosto 2011. Il direttore del Cpr di Gradisca non appare nella visura camerale in quanto sarebbe stato un semplice consulente esterno. Gli inquirenti di Venezia e Padova che indagheranno sulla società, sosterranno tuttavia che sia lo stesso Borile l’amministratore di fatto delle “coop pigliatutto”.

    I legami tra Borile e i vertici di Ecofficina sono però evidenti: vicepresidente della cooperativa è la moglie Sara Felpati mentre il presidente del consiglio di amministrazione è Gaetano Battocchio, coinvolto con lui nel processo per bancarotta della società di gestione dei rifiuti della Bassa Padovana, Padova Tre srl, ma poi assolto, al contrario di Borile che a marzo 2023 è stato uno dei due condannati in primo grado a quattro anni e otto mesi per peculato perché avrebbe trattenuto illegalmente un importo di oltre tre milioni di euro.

    È nel dicembre 2014 che per la prima volta il nome di Ecofficina viene accostato a un caso di frode nelle pubbliche forniture e maltrattamenti sugli ospiti. Il processo che ne è scaturito si chiuderà otto anni e mezzo dopo, il 12 luglio 2023, con l’assoluzione dei vertici della cooperativa perché il fatto non sussiste.

    Durante gli anni passati a processo, Ecofficina Educational – che nel 2015 ha ceduto parte dell’azienda a un’altra cooperativa, Ecofficina Servizi – si aggiudica diversi appalti per l’accoglienza migranti in particolare nella provincia di Padova, con un monopolio che comprende l’ex Caserma Prandina di Padova, l’Hotel Maxim’s a Montagnana, lo Sprar del comune di Due Carrare e l’accoglienza di più di 700 migranti nelle province di Venezia, Vicenza e Rovigo.

    Nel caso dello Sprar di Due Carrare, uno dei requisiti fondamentali per partecipare era aver svolto in modo continuativo, e per almeno due anni, l’attività di accoglienza. A gennaio 2016, la cooperativa ha depositato una dichiarazione attestante una convenzione con la Prefettura di Padova che provava l’inizio dell’attività il 6 gennaio 2014, nonostante Ecofficina fosse entrata nel settore solo nel maggio dello stesso anno. Grazie alla documentazione falsa, secondo l’ipotesi degli inquirenti di Padova, Ecofficina avrebbe ottenuto l’aggiudicazione provvisoria delle gare per la gestione di centri di accoglienza. Il processo che è scaturito dall’indagine è ancora in corso, riporta il Mattino di Padova. IrpiMedia non ha ricevuto alcuna risposta a domande di chiarimento rivolte via email alla cooperativa su questo e su altri temi.

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    Cpa, Cas, Sai: le sigle dell’accoglienza

    In Italia il sistema di accoglienza dovrebbe svilupparsi su due binari: a un primo livello ci sono i Centri di prima accoglienza (Cpa) e gli hotspot, e a un secondo il Sistema di accoglienza e integrazione (Sai), strutture gestite dagli enti locali su base volontaria, che dovrebbero rappresentare il sistema ordinario. I Centri di accoglienza straordinaria (Cas), invece, dovrebbero essere individuati e istituiti dalle prefetture nel caso in cui i posti negli altri centri fossero esauriti. La maggior parte delle persone che arrivano sul territorio però sono accolte nei Cas, sintomo di una gestione perennemente emergenziale del fenomeno. In base ai dati del rapporto di Actionaid Centri d’Italia del 2022, i posti nei Cas, dove è ospitato oltre il 65% delle persone, e nei Cpa sono infatti quasi 63 mila, a fronte dei 34 mila posti del Sai.

    I centri di prima accoglienza e gli hotspot sono invece strutture nate per identificare, fotosegnalare e assistere dal punto di vista sanitario le persone appena arrivate in Italia. Dovrebbero fornire anche le prime informazioni legali per la richiesta di protezione internazionale.

    Nel Sai – prima conosciuto come Siproimi (Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per minori stranieri non accompagnati) e prima ancora come Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) – i servizi assicurati sono solitamente superiori rispetto agli altri centri e mirano ad accompagnare le persone accolte nei loro percorsi di vita e di autonomia: oltre al vitto e all’alloggio, sono infatti assicurate assistenza legale, mediazione linguistica, orientamento lavorativo, insegnamento della lingua italiana, assistenza psicosociale.

    A parte alcune categorie di soggetti, come i minori stranieri non accompagnati, il decreto firmato il 10 marzo 2023 dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha escluso i richiedenti asilo dalla possibilità di essere accolti nel sistema ordinario, riservando loro i pochi servizi di base garantiti dal Cas, ulteriormente ridotti: l’assistenza materiale, sanitaria e linguistica, vitto e alloggio, eliminando i servizi di assistenza psicologica, i corsi di italiano e l’orientamento legale.

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    Gli anni di Edeco

    Dopo le vicende di Ecofficina, la cooperativa cambia nome. Spunta dunque un nuovo attore nel mercato dell’accoglienza in Veneto: Edeco. I vertici però rimangono invariati. La cooperativa inizia a partecipare ai bandi per la gestione dell’accoglienza a partire dal 2016, quando il suo organigramma si arricchisce di nuove figure. Tra queste, Annalisa Carraro, che con Battocchio, Felpati e Borile sarà imputata nel processo di Venezia. Quell’anno in Italia il numero dei Centri di accoglienza straordinaria (Cas) cresce di quasi il doppio rispetto all’anno precedente, con 137 mila strutture dove si concentra il 78% dei richiedenti asilo. In particolare, in Veneto questa tendenza si affianca alla resistenza degli amministratori locali verso il sistema di accoglienza diffusa rappresentato dagli Sprar (oggi Sai).

    È in questo contesto che nascono centri come la tendopoli nell’ex base militare di Cona, in provincia di Venezia, gestita provvisoriamente da Ecofficina fino al luglio del 2016. Quel mese sarà proprio Edeco, in un raggruppamento temporaneo d’imprese con Ecos e Food Service, ad aggiudicarsi il nuovo appalto.

    Le denunce sulle condizioni interne emergono già dal giugno dello stesso anno, quando alcune associazioni effettuano una visita al centro evidenziando il sovraffollamento e la carenza dei servizi essenziali. Le proteste successive dei richiedenti asilo spingono il presidente della Confcooperative del Veneto, Ugo Campagnaro, a prendere la decisione di sospendere Ecofficina-Edeco con queste motivazioni: «Non esiste una legge che impedisca di ospitare e gestire centinaia di profughi in un’unica struttura. Questo però è un sistema che non risponde alle logiche della buona accoglienza […]. Si tratta invece di un modello che guarda soprattutto al business».

    I problemi diventano evidenti quando a gennaio 2017 Sandrine Bakayoko, 25enne ivoriana ospite del centro di Cona, muore per trombosi polmonare. Questo episodio porterà ad alcuni lavori di ristrutturazione e alla riduzione degli ospiti da 1.600 a 1.000, misure comunque non sufficienti a evitare la protesta dei richiedenti asilo, che a novembre si mettono in marcia verso Venezia per ottenere un incontro con il prefetto di Venezia, che alla fine deciderà di spostarli in altre strutture, scrive Internazionale.

    Due anni più tardi la Procura di Venezia chiede il rinvio a giudizio per i vertici di Ecofficina-Edeco. Borile, sempre “amministratore di fatto” a quanto afferma l’accusa, e i suoi colleghi avrebbero impiegato un numero di operatori inferiore agli obblighi contrattuali, un’inadempienza che sarebbe stata coperta dai trasferimenti di personale dall’altro grande centro gestito dalla cooperativa, quello di Bagnoli, in provincia di Padova, e dalla falsificazione dei documenti, che avrebbero fatto apparire un numero di operatori superiore. Inoltre, l’impiego di medici e infermieri con turni e orari inferiori rispetto a quanto previsto dal capitolato d’appalto avrebbe procurato un ingiusto profitto di oltre 200 mila euro. Tutto questo sarebbe stato possibile anche grazie alle informazioni fornite dalla Prefettura. Secondo quanto emerge da alcune intercettazioni contenute nelle carte processuali, ex prefetti e funzionari avrebbero preannunciato e in alcuni casi concordato con i responsabili della cooperativa l’orario e la data delle visite ispettive. Una prassi che avrebbe permesso a Ecofficina-Edeco di organizzarsi in anticipo per coprire eventuali falle.

    Per questo motivo, la giudice per le indagini preliminari ha accolto le richieste di rinvio a giudizio, tra gli altri, anche nei confronti dell’ex prefetto pro tempore di Venezia Domenico Cuttaia e dell’allora vice prefetto vicario Vito Cusumano per rivelazione di segreto d’ufficio.

    Raggiunto al telefono, Simone Borile ha commentato in questo modo: «Non si trattava di ispezioni, ma esclusivamente di una visita di cortesia». Il processo è ancora in primo grado, in fase dibattimentale: nell’ultima udienza, un’ex operatrice ha raccontato che era il personale a firmare il foglio presenze per conto dei richiedenti asilo, in modo da poter ricevere dalla Prefettura la quota diaria per ogni persona accolta, riporta Il Gazzettino.

    Un processo molto simile si sta svolgendo a Padova sulla gestione del Cas di Bagnoli. Tra gli imputati ci sono ancora una volta Sara Felpati, Simone Borile, Gaetano Battocchio, oltre all’ex viceprefetto Pasquale Aversa, il vicario Alessandro Sallusto e una funzionaria della Prefettura. Le accuse a vario titolo sono di turbativa d’asta, frode nelle forniture pubbliche, truffa, concussione per induzione, rivelazione di segreti d’ufficio e falso ideologico. Secondo l’accusa, grazie ai contatti con la Prefettura, Borile, Battocchio e Felpati avrebbero ottenuto informazioni sui concorrenti, partecipando a un bando su misura per Edeco. Anche in questo caso viene contestata la presenza di personale in numero inferiore rispetto al capitolato d’appalto e le chiamate di preavviso della Prefettura prima di alcune ispezioni per permettere alla cooperativa di farsi trovare in regola.
    I danni delle indagini

    Le indagini finiscono per danneggiare la “coop pigliatutto” che alla fine del 2018, anno di chiusura delle strutture di Cona e Bagnoli, avvia una procedura di licenziamento collettivo per 57 lavoratori, a cui se ne aggiungono 71 in scadenza di contratto. Si tratta di addetti alle pulizie e custodia, operai, insegnanti, tecnici, psicologi, educatori che riducono sensibilmente la rosa di Edeco, composta fino ad allora da 228 dipendenti. Nel 2020, Edeco inizia il processo di liquidazione, ma comincia a prendere nuova forma, sempre con lo stesso sistema: la creazione di nuove cooperative.

    Questa volta sono due le cooperative che prendono il testimone di Edeco, segnando l’ingresso nel mondo del trattenimento dei cittadini stranieri: Ekene e Tuendelee. La prima è dedicata quasi esclusivamente alla gestione dei Cpr, la seconda all’attività principale di «pulizia generale (non specializzata) di edifici», oltre a servizi educativi e socio-sanitari come le «attività di prima accoglienza per cittadini stranieri».

    Simone Borile, che di nuovo non compare nelle visure camerali, ha giustificato così a La Nuova Venezia la necessità di creare nuovi soggetti: «Era impossibile continuare a lavorare a causa del danno reputazionale che abbiamo subito». Le stesse persone coinvolte nei processi di Padova e Venezia sono presenti anche nei nuovi organigrammi, come Sara Felpati, prima presidente del Cda di Ekene, ruolo passato poi alla sorella Chiara, e Annalisa Carraro, ex consigliera di Edeco, che oggi ricopre il ruolo di vicepresidente di Ekene e di consigliera in Tuendelee.

    Le controversie del passato non hanno quindi impedito l’aggiudicazione di nuove strutture: nell’agosto del 2019 Edeco ottiene in gestione il Cpr di Gradisca d’Isonzo, poi ceduto due anni dopo a Ekene, e nel dicembre 2021 quello di Macomer. In Friuli, la cooperativa si aggiudica una gara da quasi cinque milioni di euro, grazie al ribasso dell’11,9% rispetto alla base d’asta, dopo l’esclusione delle prime quattro società in graduatoria. Ekene a marzo 2023 vince anche un ricorso al Tar per ottenere la gestione di un centro di accoglienza a Oderzo, nel trevigiano, nell’ex caserma Zanusso.

    Ekene ha poi preso in gestione il Cpr di Macomer dopo l’aggiudicazione della gara del 2021. In una visita, l’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi) ha riportato criticità simili a quelle emerse nella struttura friulana, come la violazione del diritto alla salute, all’informazione normativa e alla corrispondenza, poiché «neanche i difensori possono contattare i loro assistiti in caso di comunicazioni urgenti se non attraverso il filtro del gestore», si legge nel rapporto. Inoltre, secondo Asgi la visita medica è spesso assente o viene fatta in modo superficiale.

    La cooperativa veneta ha poi vinto, nell’ottobre 2022, la gara per la gestione del Cpr di Caltanissetta. Ma dopo sette mesi, a maggio 2023, la Prefettura ha annullato l’aggiudicazione per i procedimenti a carico dei vertici: nel decreto di esclusione si riconosce esplicitamente Ekene come diretta emanazione di Edeco. Ricordando i gravi reati contestati nei procedimenti penali in corso, la Prefettura afferma di non poter «valutare favorevolmente l’integrità e l’affidabilità dell’operatore economico». Considerazioni diverse rispetto a quelle della Prefettura di Gorizia, che ha permesso a Simone Borile di mantenere il ruolo di direttore del centro di Gradisca d’Isonzo.

    L’imputazione di Borile per omicidio colposo, secondo i verbali della nuova gara indetta dalla Prefettura di Gorizia per la gestione del Cpr, «può avere rilievo solo al fine di considerare l’affidabilità dell’operatore economico sotto la cui gestione è occorso l’evento morte», dato che Borile non ricopre alcun incarico formale in Ekene. Nella stessa gara, la cooperativa Badia Grande è stata esclusa per il rinvio a giudizio del rappresentante legale per diversi reati, tra cui frode nelle pubbliche forniture per la gestione dei Cpr di Trapani e Bari. Dai verbali della prefettura disponibili in rete risulta che la posizione della cooperativa veneta sia ancora in fase di valutazione.
    Morire di Cpr a Gradisca d’Isonzo

    Dalla riapertura del 2019 ad oggi sono morti quattro trattenuti al Cpr di Gradisca d’Isonzo. Dopo Vakhtang Enukidze, Orgest Turia, cittadino albanese di 28 anni, è morto per overdose da metadone quattro giorni dopo essere entrato nel centro, il 10 luglio 2020, in una cella di isolamento, dove si trovava con altre cinque persone per il periodo di quarantena. Andrea Guadagnini, avvocato di Turia, ha scoperto della sua morte proprio in sede di convalida del trattenimento ed esprime perplessità sulla provenienza di quella sostanza. Altre due persone si sono poi tolte la vita nella struttura: Anani Ezzedine era un cittadino tunisino di 44 anni. Anche lui in isolamento per il periodo di quarantena, si è suicidato nella sua cella nella notte tra il 5 e il 6 dicembre 2021. Arshad Jahangir, un ragazzo 28enne di origine pakistana, si è suicidato il 31 agosto 2022 in camera un’ora dopo essere entrato nel Cpr.

    «È chiaro che per noi i Cpr debbano essere chiusi, ma nel frattempo volevamo instaurare delle prassi virtuose per agevolare la tutela dei diritti dei detenuti», afferma Eva Vigato, che insieme ad altre due colleghe, tra dicembre 2019 e novembre 2020 ha svolto il servizio di assistenza legale per l’ente gestore. Sostiene che anche per lei fosse molto difficile intervenire: i diritti dei trattenuti nei Cpr non sono delineati da una legge, ma da un semplice regolamento ministeriale, di cui non possono essere contestate le violazioni.

    https://www.youtube.com/watch?v=xq-OrG9-V7c&embeds_referring_euri=https%3A%2F%2Firpimedia.irpi.eu%2

    «Sono successe delle cose che ci hanno sconvolto», ricorda l’avvocata Vigato. Dopo la morte di Vakhtang Enukidze, Vigato e le sue colleghe hanno assistito a un’altra serie di irregolarità: «Abbiamo deciso di tener duro e ci siamo date come limite la Convenzione di Ginevra – spiega -. Di fronte a una violazione del trattato internazionale avremmo sporto denuncia».

    L’occasione si è presentata a novembre 2020: le legali si sono rese conto che dal Cpr transitavano cittadini tunisini senza che venisse registrato il loro ingresso nel sistema e senza che riuscissero a incontrarli e a informarli dei loro diritti, tra cui la richiesta di asilo, tutelata proprio dalla Convenzione di Ginevra. Le avvocate avevano dunque incaricato formalmente i mediatori di informare i trattenuti della possibilità di chiedere protezione internazionale e di metterlo per iscritto. In risposta, l’ente gestore ha deciso di diminuire le ore di ufficio legale, portando l’avvocata a inviare una segnalazione per denunciare la violazione della Convenzione di Ginevra alla Prefettura e al Garante nazionale. Ha risposto «il prefetto in persona – racconta Vigato – dicendo che non c’era nulla di irregolare ravvisabile nell’operato. Mi domando come abbia fatto, in così pochi giorni e senza un serio controllo, ad affermare una cosa del genere». La sera stessa Edeco ha rimosso Vigato e le sue colleghe dall’incarico.

    Nella segnalazione inviata alle autorità, Vigato ha evidenziato la violazione di molteplici diritti, tra cui quello alla salute e all’assistenza legale. Sostiene ci fosse un abuso di medicine nella struttura: «A un certo punto ci siamo rese conto che non c’era un controllo reale sui farmaci e potevano essere utilizzati anche in modo improprio dai detenuti». Le legali spesso non riuscivano ad accedere alle informazioni sanitarie e, in alcuni casi, non veniva caricato il resoconto delle visite, soprattutto quelle psicologiche. «L’impressione che è uscita sia dal processo Edeco sia dalla mia esperienza nel Cpr – conclude Vigato – è che ci sia una sorta di soluzione di comodo tra l’ente gestore e l’istituzione, per cui va bene così».

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    La storia di Anthony

    Bibudi Anthony Nzuzi è nato in Libano, da genitori congolesi, nel 1983, in piena guerra civile. «Era la fase del bombardamento massiccio», racconta, ma dopo cinque anni «la situazione era diventata veramente insostenibile». Per questa ragione, sua madre ha deciso di mandare i figli fuori dal Paese: due dei tre fratelli più grandi sono emigrati in Congo Brazzaville, ma lui, il più piccolo, è rimasto con lei. Poi sono fuggiti insieme in Siria e, visto che il conflitto si stava avvicinando, in Turchia, ad Ankara e a Istanbul.

    Infine, hanno deciso di venire in Italia per ricongiungersi con il fratello maggiore, che si trovava nel Paese da diversi anni. «Nel 1998 mia madre, dopo anni di duro lavoro, è riuscita a riunire tutta la famiglia qui a Jesi, nelle Marche», dice Anthony, che ha poi studiato come perito elettrotecnico, mentre uno dei fratelli ha partecipato alle Olimpiadi di Pechino del 2008 con l’Italia nella disciplina delle arti marziali.

    Anthony vive quindi in Italia da quasi trent’anni e ha conosciuto il mondo dei Cpr «per un errore», racconta: «Vivevo a Modena e mi sono fidato di una persona, sbagliando. Mi sono trovato a dover scontare una pena di 11 mesi e 29 giorni in carcere». Mentre era recluso gli è scaduto il permesso di soggiorno senza, sostiene, che gli fosse data la possibilità di rinnovarlo. «A luglio mi è arrivato il foglio di via e il 10 ottobre a mezzanotte sono venuti a prendermi in cella, mi hanno fatto preparare tutte le mie cose perché dovevano espatriarmi in Congo». Ma dopo essere stato trasferito a Fiumicino alle quattro di mattina e alcune ore di attesa, il volo non è partito ed è stato riportato in cella.

    Uscito dal carcere, dopo uno sconto di pena per buona condotta, ha potuto passare un giorno con la famiglia per poi essere recluso in un Cpr. «Era l’unico modo per me per rimanere in Italia – racconta con commozione – non è facile, ma sono riuscito ad andare avanti». È stato portato al Cpr di Bari, ma per la sua avvocata, che esercita nelle Marche, era diventato difficile seguirlo.

    Dopo pochi giorni le condizioni nel centro pugliese erano già critiche: cibo ammuffito, carenze igieniche e, secondo Anthony, negli altri moduli la situazione era anche peggiore. Per questo sono iniziate rivolte interne che hanno reso inagibile la struttura, andata a fuoco. «La mattina dell’incendio ci siamo ritrovati caricati su dei pullman e portati a Gorizia – dice – di punto in bianco».

    Anthony considera il carcere molto meglio del Cpr: «Hai una vita dignitosa, per quanto è possibile. Sei detenuto, ma comunque hai la tua dignità. Nel Cpr ti tolgono tutto, o almeno ci provano». E aggiunge: «Se arrivo a dire una cosa del genere significa che stavo meglio in carcere per davvero. I primi giorni a Gradisca abbiamo patito il freddo, il cibo arrivava gelato e crudo. Non è stato per niente facile».

    Grazie all’assistenza legale della sua avvocata è riuscito a uscire, ma se fosse stato rimpatriato nel Paese di origine dei suoi genitori, dove lui non è mai stato, avrebbe dovuto arrangiarsi senza soldi: «Non mi hanno dato un euro quando sono arrivato in aeroporto», spiega. Anthony rischiava di essere rimpatriato in Congo, dove ha alcuni parenti, «ma non so neanche dove siano, come si chiamino o come contattarli». E, oltre ad avere sempre avuto i documenti in regola, già prima di entrare nel Cpr, aveva un figlio di nazionalità italiana.

    «Metà delle persone che trovi nel Cpr – conclude Anthony – hanno semplicemente voglia di trovare un futuro. Magari c’è chi vorrebbe veramente lavorare, ma non ha possibilità perché lo trattano come un cane. Dagli la possibilità di dimostrarti che può rimanere nel tuo Paese. Non ne vuole tante, gliene basta una».

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    https://irpimedia.irpi.eu/cprspa-coop-ekene-gradisca-isonzo-macomer

    ici aussi : https://seenthis.net/messages/1016060

    #accueil #rétention #détention_administrative #asile #migrations #réfugiés #sans-papiers #business #Gradisca_d'Isonzo #Italie #CPR #Vakhtang_Enukidze #Enukidze #Simone_Borile #Ecofficina-Edeco #Ecofficina #Edeco #Cona #Bagnoli #Ekene #Macomer #coopérative #Ecofficina_Educational #Sara_Felpati #Gaetano_Battocchio #Ecofficina_Servizi #Due_Carrare #CPA #CAS #SAI #centri_di_prima_accoglienza #Sistema_di_accoglienza_e_integrazione #Centri_di_accoglienza_straordinaria #Edeco #Annalisa_Carraro #Ecos #Food_Service #Sandrine_Bakayoko #Tuendelee #Oderzo #caserma_Zanusso #Caltanissetta #Badia_Grande

  • Les Oubliés de #Cassis

    Ils ont construit le Cassis moderne, mais dorment dans des cabanes en bois. Des tunisiens venus dans les années 70, un contrat en main pour construire les villas de la cité balnéaire. Ils vivent oubliés depuis quarante ans au milieu d’une carrière de calcaire en bordure de la ville de Cassis, dans l’un des derniers bidonvilles de France. Des hommes fragilisés par des années d’exil, de sacrifices, d’abnégation de leur vie pour subvenir aux besoins de leurs familles restées au pays. La perspective du nouvel habitat est pour eux un deuxième déracinement... Le documentaire de Sonia Kichah raconte la vie, la mémoire de ces hommes en marge.

    https://www.film-documentaire.fr/4DACTION/w_fiche_film/21157_0

    #film #documentaire #film_documentaire
    #France #migrants_tunisiens #travailleurs_étrangers #bidonville #migrations #maçons #logement #cabanes #Mareth #relogement #exil #retraités #Quartier_Fontblanche

  • Un serveur localhost en https

    Un fois installé, cet alias permet d’aller dans n’importe quel répertoire et de taper : localhost pour ouvrir le répertoire dans un browser. Le https est indispensable pas tellement pour la sécurité (tout est en local), mais pour activer certaines API du web moderne.

    je bute toujours là-dessus quand j’en ai besoin, mais là j’ai pris les 20 minutes nécessaires pour me faire un script qui va bien, et c’était pas si affreux. Je note pour m’en ressouvenir plus tard.

    1. créer un répertoire et y enregistrer des certificats

    mkdir Sites/cert && cd Sites/cert/
    openssl req -x509 -sha256 -nodes -newkey rsa:2048 -days 365 -keyout localhost.key -out localhost.crt

    2. Accepter le certificat
    (double-clic sur le fichier localhost.crt puis accepter tout dans le trousseau)

    3. créer un fichier cert.js contenant exactement :

    const fs = require("fs");
    module.exports = {cert: fs.readFileSync(__dirname + "/localhost.crt"), key: fs.readFileSync(__dirname + "/localhost.key")};

    4. créer un alias dans ~/.zprofile
    alias localhost="npx live-server --https=/Users/fil/Sites/cert/cert.js"

    et penser à l’activer : source ~/.zprofile

    live-server est plus cool que http-server (alternative), car il fait du hot reloading des fichiers html et css. Ses options sont documentées ici https://www.npmjs.com/package/live-server

    #web #dev #https #cert #localhost #macos

    • Oui. La même chose en python ce serait python3 -m http.server, mais je ne sais pas faire le https dans ce cas-là, ni le hot-reload. (Et au final quelle que soit la techno employée par le serveur, ça ne change pas grand chose car on ne fait que servir des fichiers.) Je regrette que personne n’ait fait un « tout en un » qui serait auto-configuré, ce serait quand même plus simple que de devoir se taper des cert à la main.

  • How to add user to a group on command line ? - Ask Different
    https://apple.stackexchange.com/questions/13132/how-to-add-user-to-a-group-on-command-line

    Utilisation de l’utilitaire en ligne de commande dseditgroup pour ajouter/supprimer un utilisateur à un groupe sur MacOS (l’équivalent de useradd / usermod sous Linux)
    Pour mémoire : ajouter l’utilisateur toto dans le groupe wheel :

    dseditgroup -o edit -a toto -t user wheel

    Voir aussi la man page de dseditgroup : https://ss64.com/osx/dseditgroup.html

    #dseditgroup #macos #groupe #useradd #usermod #wheel

  • Votre ordinateur n’est pas le vôtre
    https://sneak.berlin/i18n/2020-11-12-your-computer-isnt-yours.fr

    C’est ici. C’est arrivé. Vous avez remarqué ? Je parle, bien sûr, du monde que Richard Stallman a prédit en 1997. Celui dont Cory Doctorow nous a également mis en garde. Sur les versions modernes de macOS, vous ne pouvez tout simplement pas allumer votre ordinateur, lancer un éditeur de texte, un lecteur de livres électroniques, écrire ou lire sans qu’un journal de votre activité soit transmis et stocké. Il s’avère que dans la version actuelle de macOS, le système d’exploitation envoie à Apple un (...)

    #Apple #cryptage #backdoor #iOS #écoutes #PRISM #surveillance

  • « Vivre avec le virus » : avant la rentrée, Emmanuel Macron détaille sa stratégie
    https://www.lemonde.fr/politique/article/2020/08/29/pour-sa-rentree-emmanuel-macron-se-projette-deja-dans-l-apres_6050276_823448

    Malgré l’épidémie et ses contraintes, redresser le pays n’est pas « un rêve impossible », a promis le chef de l’Etat, vendredi, lors de son premier déplacement de rentrée, dans une usine pharmaceutique, à Villeneuve-la-Garenne.

    « Il faut regarder devant ! » Le président de la République, Emmanuel Macron, a lâché la phrase d’un coup, comme un cri du cœur.

    Titre, chapeau et première phrase. L’hagiographie en marche :
    – Jupiter « détaille sa stratégie » ;
    – « redresser le pays », « n’est pas un rêve impossible », « a promis » le chef ;
    – « comme un cri du cœur ».

    Je ne sais même pas comment on arrive à écrire d’une façon aussi ridicule. L’auteur s’en rend compte, ou pas ?

    #culte_du_chef

  • L’art du pisé ou la massivation de la terre
    https://topophile.net/savoir/lart-du-pise-ou-la-massivation

    Au lendemain de la révolution française, François Cointeraux (1740-1830), maître maçon, entrepreneur, architecte, s’établit comme « professeur d’architecture rurale » avec l’ambition d’actualiser et de populariser la tradition constructive de sa région natale (Lyon) : le pisé, une maçonnerie monolithique obtenue par la compression de couches successives de terre légèrement humide dans un coffrage. Matériau disponible et... Voir l’article

  • Coronavirus: Malta says 65 rescued migrants test positive - BBC News
    https://www.bbc.com/news/world-europe-53576765

    More than two thirds of a group of 94 migrants rescued in the Mediterranean by the Maltese coastguard have tested positive for coronavirus. In tests carried out on arrival, 65 were found to have Covid-19.
    Twenty tested negative, and a further nine will receive their results later.
    The migrants - thought to be from Eritrea, Morocco and Sudan - were reported to have been at sea for 30 hours before being picked up when their vessel started taking on water. They will remain in quarantine at a reception centre. “Migrants arriving by boat are immediately quarantined for 14 days and tested. The migrants who are positive will continue to be isolated and the rest will remain in quarantine and followed up,” the health ministry said.

    #covid-19#migrant#migration#malte#eithree#soudan#macoc##test#sante#quarantaine#mediterranee

  • Beta testing of the #PVS-Studio C# analyzer on #linux and #macOS
    https://hownot2code.com/2020/03/23/beta-testing-of-the-pvs-studio-c-analyzer-on-linux-and-macos

    More and more users of the PVS-Studio C# analyzer get interested in the possibility to utilize it for checking C# code on Linux and macOS. Today the PVS-Studio team has some good news. Since the end of the last year, it’s been actively working on porting the C# analyzer to the #.NET_Core platform, as … Continue reading Beta testing of the PVS-Studio C# analyzer on Linux and macOS

    #Tips_and_tricks #C#
    https://1.gravatar.com/avatar/a7fa0bb4ebff5650d2c83cb2596ad2aa?s=96&d=identicon&r=G

  • Migranti. Sbarca in Italia la multinazionale svizzera del business dell’accoglienza

    Prima il centro di detenzione per irregolari di #Macomer. Ora #Casa_Malala a Trieste per richiedenti asilo della rotta balcanica. La strategia di #Ors_Italia che vince i bandi a colpi di ribassi.

    Dall’accoglienza umanitaria al business dell’accoglienza? Il cambio di gestione al Centro Casa Malala di Trieste, struttura per la prima assistenza dei richiedenti asilo della via balcanica, apre scenari e interrogativi. E conferma la tendenza, avviata dai decreti sicurezza salviniani, di favorire l’affidamento dei centri ad aziende lucrative, più che alle Onlus della rete territoriale dei centri Sprar. Succede a Trieste in località Fernetti, dove la gestione del centro, da sei anni guidata da Consorzio italiano di solidarietà (Ics) e Fondazione Caritas di Trieste, è scaduta ed è stata affidata per bando a Ors Italia, affiliata del gruppo elvetico Ors nato nel ’92 da una costola di Adecco, società di lavoro interinale.

    Il gruppo gestisce centri per richiedenti asilo in Svizzera, Austria e Germania. E continua a vincere bandi, nonostante le inchieste giornalistiche e le interrogazioni parlamentari che negli anni scorsi hanno denunciato gestioni inefficienti al punto di essere lesive dei diritti fondamentali. Frutto di un approccio che bada più al profitto che all’integrazione. E la scelta punta, di fatto, a escludere le Ong: dopo quelle in mare, anche quelle sulle rotte di terra, sentinelle «scomode» dei diritti.

    Significativo l’esordio nel nostro paese di Ors Italia, che a fine 2019 ha vinto la gestione del primo Cpr sardo a Macomer, struttura di detenzione amministrativa per il rimpatrio di migranti irregolari, realizzata in un ex carcere in provincia di Nuoro. Ex caserma della Finanza, Casa Malala è stata ristrutturata dal 2016 come centro di prima accoglienza, 100 posti per migranti traumatizzati, nel fisico e nella psiche, dal viaggio e dalle violenze delle polizie balcaniche.

    Ors Italia venerdì ha ottenuto il primo posto anche nella graduatoria tecnica per Casa Malala grazie a offerte - sulla carta - di servizi di qualità. Ma dovrà giustificare la sua offerta giudicata «anomala»: il ribasso del 14% sul costo ipotizzato nel bando ha attivato in automatico uno stop nella procedura, da parte della Prefettura, per dubbi sulla qualità dei servizi. Trattandosi di una società commerciale, e non di una Onlus, Ors Italia ha anche l’obbligo di legge di dimostrare che avrà un utile, dopo aver pagato dipendenti e fornitori. Nonostante i decreti sicurezza abbiano ridotto il contributo per rifugiato da 35 a 26 euro o meno. Per Valori.it, testata di finanza etica ed economia sostenibile, Ors è controllata dalla finanziaria Equistone partners, legata a Banca Barclays.

    L’impressione degli addetti ai lavori dunque è quella di un marketing aggressivo per sbaragliare la concorrenza, a costo di rinviare i guadagni, pur di occupare quote di mercato. Dubbi anche sul requisito dell’esperienza triennale: non ne ha, la neonata Ors Italia, che però propone quella della casa madre svizzera, grazie all’istituto giuridico dell’"avvalimento".

    C’è poi il clima politico, che in Friuli Venezia-Giulia da un anno e mezzo a oggi è cambiato. Ad aprile 2018 l’elezione alla presidenza della Regione Friuli Venezia-Giulia di Massimiliano Fedriga, fedelissimo di Matteo Salvini. E a gennaio 2019 l’inaspettata sostituzione, da parte del governo giallo-verde, del prefetto Annapaola Porzio con Valerio Valenti. Ics e Caritas esprimono «serie preoccupazioni» per le gravi «carenze di programmazione: due operatori di servizio diurno, uno solo di notte, mediazione linguistica di pochi minuti a settimana per ospite, cancellazione del servizio di supporto psicologico». Massimizzare il risparmio, insomma. Anche se si tratta di esseri umani.

    https://www.avvenire.it/attualita/pagine/immigrazione-nel-business-dell-accoglienza-ai-migranti-sbarca-in-italia-una
    #ORS #privatisation #accueil (sic) #Italie #migrations #asile #réfugiés

    Ajouté à la métaliste sur ORS:
    https://seenthis.net/messages/802341

    • Dai timori alla realtà: «i centri-migranti sempre più ghetti senza servizi». E a #Trieste rispunta ORS

      L’esito dei bandi post Decreti Salvini conferma: le società for profit s’impadroniscono dell’accoglienza migranti. In FVG primo appalto in vista per la holding elvetica.

      Gli operatori della solidarietà accusano: il Decreto Sicurezza (o Decreto Salvini che dir si voglia) partorito nell’inverno 2018 e votato da M5S e Lega sta cambiando, in peggio, la gestione dell’accoglienza dei migranti. Le critiche non sono una novità ma adesso i problemi trovano ulteriori conferme. A finire sotto accusa sono ovviamente i bandi pubblici che imporrebbero una concorrenza al ribasso apparentemente insostenibile per il mondo del no profit. Taglio dei costi, ovvero dei servizi. E soprattutto megacentri, vale a dire grandi numeri e ampie dimensioni. Risultato: via libera ai grandi gestori pronti a soppiantare i soggetti tradizionali, con tutto quel che ne segue. E le polemiche, va da sé, infuriano. A partire da un cruciale angolo di Nord Est, ultimo sbocco della sempre attiva rotta balcanica.

      Migranti, a Trieste vince la svizzera ORS

      L’ultima contesa, in ordine di tempo, si è aperta a Trieste, «una Ventimiglia ma al contrario» dice Gianfranco Schiavone, presidente di ICS – Consorzio Italiano di Solidarietà, centro di riferimento per i migranti e rifugiati nel capoluogo giuliano. Qui, a differenza di ciò che accade nel Ponente ligure, i flussi sono in entrata. Più o meno 7mila, spiega, i potenziali richiedenti asilo registrati ufficialmente nell’area lo scorso anno dopo aver varcato verso ovest il confine sloveno, ultima tappa della rotta che attraversa la Grecia e la ex Jugoslavia. Quasi 1.500 i migranti accolti da ICS nei primi dieci mesi del 2019 (più del doppio rispetto al numero rilevato nel 2018) nella struttura di prima accoglienza “Casa Malala” a Fernetti, a pochi passi dalla frontiera. Un migliaio circa le persone attualmente ospitate dallo stesso ente in collaborazione con la Caritas in quasi 150 appartamenti della città.

      Solo che nel frattempo le richieste presentate nei bandi sarebbero diventate sempre più difficili da soddisfare, con il rischio di tagliare fuori gli operatori sociali più esperti e radicati nel territorio. Il 22 gennaio scorso la Prefettura di Trieste ha pubblicato la graduatoria finale della gara d’appalto per la gestione della stessa Casa Malala. Chi si è piazzata al primo posto? La ORS, già attiva da anni in Svizzera e Austria e presente in Italia con una controllata. Se gli ultimi accertamenti tecnici daranno esito positivo, la gestione della struttura e dei suoi 95 posti toccherà alla sussidiaria italiana della società for profit elvetica. E potrebbe essere solo l’inizio.

      ORS tra Londra e la Sardegna

      ORS Italia Srl, che è stata registrata a Roma il 25 luglio 2018 e ha sede presso uno studio notarile della capitale, è controllata dalla società ORS Service AG, ultimo anello di una catena che conduce a una holding di Zurigo di proprietà del fondo di private equity Equistone Partners di Londra. Per le sue attività in Svizzera, Austria e Germania, nel 2018, il gruppo ORS ha conseguito profitti operativi per 1,3 milioni di franchi (1,2 milioni di euro al cambio attuale) meno della metà del dato 2016 (3 milioni di franchi circa). La variazione, riferisce tra gli altri il tabloid svizzero 20 Minuten, sarebbe da imputare al drastico calo delle domande di asilo che si sono ridotte di due terzi nel giro di tre anni.

      Per quasi un anno e mezzo, secondo quanto riportato nelle visure camerali, ORS Italia è risultata “inattiva”. L’ultima visura disponibile, visionata da Valori il 28 gennaio, segnala invece l’avvio delle attività. Alla controllata italiana, in particolare, è stata recentemente affidata la gestione del Centro regionale per la permanenza e il rimpatrio dei migranti irregolari di Macomer, in provincia di Nuoro. Stando sempre all’ultima visura ORS Italia avrebbe per ora un solo dipendente, contro i circa 1.300 registrati negli altri tre Paesi di attività alla fine del 2018.

      Controversie in Austria

      Il faro puntato su ORS è legato al fatto che il gruppo elvetico non è stato immune alle polemiche. Nel 2015 ORS è stata fortemente criticata per la gestione del centro rifugiati di Traiskirchen, in Austria. Progettato per una capienza di 1.800 persone, il campo era arrivato a ospitarne 4.600. 1.500 di loro, denunciava Amnesty International, erano costretti a dormire all’aperto. Contattata da Valori, ORS aveva risposto per iscritto parlando di «accuse infondate» e spiegando di non essere stata responsabile del sovraffollamento del campo non avendo il potere «né di assegnarsi né di respingere i rifugiati». L’invio dei richiedenti asilo a Traiskirchen, precisava la società elvetica, sarebbe stato effettuato «tramite il Ministero dell’Interno austriaco con la collaborazione istituzionale del personale di ORS».

      Per Casa Malala un taglio dei costi del 14%

      L’assegnazione di Casa Malala, come si diceva, non è ancora definitiva. L’offerta di ORS prevede un taglio dei costi del 14%, un ribasso davvero notevole capace di sbaragliare la concorrenza frenando però l’iter di approvazione. Tecnicismi a parte, funziona più o meno così: quando il preventivo di un concorrente scende al di sotto di una certa soglia minima (nel rapporto costi/servizi) scatta automaticamente un apposito procedimento di controllo. Nulla di illecito, per carità. Ma ora, come previsto dalla legge, l’autorità deve verificare la sostenibilità della proposta, capire cioè se ORS sia davvero in grado di offrire i servizi proposti a quel prezzo. A prescindere dall’esito dei controlli, sostengono gli altri operatori, resta tuttavia irrisolto un problema di fondo.

      Bandi sotto accusa: «Impossibile offrire servizi adeguati»

      «Il fatto è che non è possibile per noi offrire servizi adeguati e orientati alla tutela dei diritti della persona ai costi previsti dai nuovi bandi» commenta Schiavone. «A queste condizioni – aggiunge – si favoriscono gli operatori come ORS che gestiscono grandi strutture di proprietà pubblica». Sotto accusa, insomma, il modello generale dei grandi centri ispirato dallo stesso Decreto Sicurezza, strutture che il presidente di ICS descrive come «parcheggi di fatto con standard molto bassi o peggio ancora ghetti che producono elevate tensioni sociali».

      In questo contesto, sostiene ancora Schiavone, «il modello di accoglienza diffusa che mira invece a una veloce integrazione delle persone accolte non trova spazio». E non è un caso, suggerisce, che le ultime gare d’appalto indette a Trieste siano andate praticamente deserte.
      Gare deserte, la parola al Tribunale

      Due in particolare i bandi senza soluzione. Il primo è relativo a un progetto di accoglienza diffusa per migranti richiedenti asilo, con un importo previsto di 10,9 milioni di euro, che sembra tanto ma – spiega ancora Schiavone – farebbe a conti fatti 21 euro e cinquanta centesimi al giorno di spesa per persona, contro i 35 euro previsti in passato. L’unica offerta ricevuta è arrivata da una cooperativa sociale di Castel San Giorgio (Salerno), ma la proposta copre appena 10 dei 1.150 posti richiesti, come dire meno dell’1% del totale.

      Alla seconda gara – per l’assistenza di 300 migranti distribuiti in diverse in strutture collettive e un budget di quasi 5,8 milioni – non ha risposto nessuno. ICS, che nel frattempo continua a gestire in proroga il sistema di accoglienza insieme a Caritas, ha impugnato i bandi ritenendoli illegittimi dal momento che i parametri di costo previsti non sarebbero adeguati ai servizi richiesti. L’udienza presso il TAR del Friuli Venezia Giulia è fissata per il mese di maggio. Sempre che il Governo, nel frattempo, non decida di risolvere a monte la questione cancellando il Decreto Sicurezza. Chissà se il risultato elettorale in Emilia Romagna riporterà a più miti consigli il Movimento 5 Stelle. Che per ora, nonostante le pressioni, continua a nicchiare sull’ipotesi di modifica delle norme fortemente volute dal suo ex alleato.

      https://valori.it/migranti-bandi-trieste-ors

    • Rifugiati. L’assalto delle holding straniere. E l’accoglienza diventa vero business

      Rapporto di «Valori.it»: il Decreto sicurezza che punta sui mega-centri a scapito degli Sprar apre un mercato per grandi aziende britanniche, tedesche, svizzere. Raddoppio dei costi, qualità a rischio.

      Altro che risparmio. Altro che «fine della pacchia» per chi «fa affari coi migranti». Il Decreto sicurezza aumenterà il costo pro-capite dell’accoglienza dei richiedenti asilo, a causa della scelta di puntare su grandi strutture invece che sulla rete territoriale degli Sprar. Ed è un business su cui si stanno lanciando grandi aziende straniere, alla ricerca di nuovi mercati. Più soldi dei contribuenti per un’accoglienza peggiore, elargiti a holding internazionali invece che a cooperative italiane.

      Ad accendere i riflettori sul nuovo business favorito dalla politica del governo è Valori.it, testata online specializzata in finanza etica ed economia sostenibile, in un dossier in 17 capitoli. «Il Decreto sicurezza voluto da Lega e 5 Stelle – scrive – fa gioire società estere e holding specializzate nella gestione di megacentri per migranti. Dietro di loro, fondi di «private equity», finanza londinese, investitori sauditi e svizzeri. Vincitori di una guerra sporca che farà aumentare disuguaglianze, razzismo, crimine e tensioni sociali». Il dossier è stato illustrato ieri alla Camera da Emanuele Isonio e Rosy Battaglia, autori di parte delle analisi, e da Nicoletta Dentico, vicepresidente della Fondazione Finanza Etica. Nicola Fratoianni, segretario di Sinistra italiana, ha annunciato un’interrogazione parlamentare.

      Tra i «big» dell’"accoglienza profit" ci sono la norvegese Hero e la tedesca European Homecare che dagli anni 90 fa affari espandendosi in Polonia e ex Ddr: «Era come una licenza per stampare soldi», ha dichiarato un ex dipendente al Wlz, quotidiano locale tedesco. Parole che riecheggiano le intercettazioni di «mafia capitale», quando Salvatore Buzzi, diceva che «il traffico di droga rende meno».

      Altra azienda leader è il gruppo elvetico Ors, secondo Valori.it già sbarcato in Italia. L’azienda svizzera – controllata dalla società finanziaria londinese Equistone Partners, legata alla Banca Barclkays – che gestisce da anni decine di centri in Svizzera, Austria e Germania, il 22 agosto ha annunciato il suo ingresso nel nostro Paese con Ors Italia Srl, annunciando che «l’Italia rappresenta un primo importante passo per la nostra espansione nel Mediterraneo». Secondo la testata online, Ors ha già ottenuto un affidamento dalla Prefettura di Roma.

      L’interesse per l’Italia di Ors è motivato anche dal fatto che l’impresa sta perdendo i suoi sette centri in Austria. Il ministro dell’Interno austriaco Herbert Kickl vuole una nuova agenzia pubblica al posto dei privati. Nel 2015 Ors è stata travolta dalle polemiche per la pessima gestione del centro di Traiskirchen: progettato per 1.800 persone, era arrivato a ospitarne 4.600. Per il giornale Usa Today, Traiskirchen è stato gestito con la logica delle carceri private statunitensi: taglio dei costi e massimizzazione del profitto.

      Ors è in crisi anche in Svizzera: chiusura della rotta balcanica e giro di vite sulle domande d’asilo ha dimezzato i rifugiati rispetto ai 40 mila del 2015. Dal 2017 Ors ha chiuso 19 centri. «Una ragione in più – scrive Valori.it – per guardare all’Italia e al suo mercato più promettente». Le prefetture ora, per accelerare i tempi, possono ricorrere alla procedura negoziata senza pubblicazione del bando di gara, anche se con la vigilanza dell’Autorità anticorruzione.

      Il ministro ha ridotto la quota di spesa procapite da 35 a una forbice tra 19 e 26 euro, dicendo che l’Italia aveva le quote più care d’Europa. «Falso – afferma Emanuele Isonio – visto che Belgio, Finlandia, Svezia e Slovacchia spendono di più. E la Germania nel 2017 ha investito 21,3 miliardi per l’integrazione». Non solo. Secondo il dossier, l’accoglienza «modello Salvini» pur tagliando i servizi per l’integrazione - insegnamento della lingua italiana e sanità - farà impennare i costi. «I documenti Anci depositati alla Camera denunciano che nei megacentri si spenderanno 14mila euro per richiedente asilo a fronte del 6.300 nel sistema diffuso degli Sprar». Mentre infatti un profugo resta in una struttura Sprar mediamente 6 mesi, la permanenza nei Cas, i centri di accoglienza straordinaria, varia da 18 a 24 mesi, con una spesa più che doppia.

      A questo popolo di potenziali disoccupati ed emarginati si sommeranno tutti gli irregolari prodotti dal Decreto sicurezza: i titolari di vecchi permessi di protezione umanitaria (circa la metà) che non se lo vedranno convertire in alcune nuove fattispecie molto più selettive, saranno espulsi dagli Sprar. «Aumenteranno così gli irregolari, disperati pronti a aumentare il numero di chi vive di espedienti. Per l’Ispi (Istituto studi politica internazionale) saranno almeno 140mila in 30 mesi, tra giugno 2018 e dicembre 2020».

      https://www.avvenire.it/attualita/pagine/accoglienza-il-business

    • INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/04511

      Al Ministro dell’interno. — Per sapere – premesso che:

      la scelta operata con il «decreto sicurezza» di ospitare i migranti puntando su grandi strutture e su standard di accoglienza molto bassi, invece che sulla rete territoriale degli Sprar, rischia di diventare un business per grandi aziende straniere alla ricerca di nuovi mercati;

      tale sistema determinerà un aumento dei costi per i contribuenti elargiti a holding internazionali e un’accoglienza peggiore per i migranti;

      un dossier del 2019 di Valori.it descrive come il «decreto sicurezza» farà gioire società estere e holding specializzate nella gestione di megacentri per migranti;

      una di queste realtà è il gruppo elvetico Ors, che sta già investendo sull’Italia;

      tale azienda, controllata dalla società finanziaria londinese Equistone Partners, legata alla Banca Barclays, gestisce da anni decine di centri in Svizzera, Austria e Germania, ed è al centro di dure e circostanziate accuse rispetto alla qualità della gestione di tali centri, come si evince anche da numerosissimi articoli, rapporti di autorevoli organizzazioni umanitarie ed inchieste giornalistiche di testate straniere in diversi Paesi;

      nel 2015 Ors stata travolta dallo scandalo, emerso a seguito di un rapporto di Amnesty International, per la pessima gestione del centro di Traiskirchen in Austria: progettato per 1.800 persone, era arrivato a ospitarne 4.600. La logica, in quel centro come in tutte le strutture gestite da Ors, sembra essere sempre la stessa: taglio dei costi e massimizzazione del profitto con «risparmi» su visite sanitarie, corsi di formazione, penuria di cibo, qualità degli alloggi;

      per partecipare a bandi di gara per «l’alloggiamento, l’assistenza, la consulenza sociale per profughi e richiedenti asilo» in Italia, la Ors Svizzera ha creato nel 2018 Ors Italia s.r.l. che, stante l’ultima visura camerale disponibile, risulta «inattiva»;

      dal 20 gennaio 2020 aprirà, in un ex carcere, il Cpr di Macomer (Nuoro) gestito da Ors;

      leggendo il contratto di servizio stipulato con Ors Italia il 21 novembre 2018 si evince che il contratto sia stato sottoscritto senza che sia stata acquisita l’obbligatoria «informativa antimafia» pur prevista dal decreto legislativo n. 159 del 2011 e richiesta da oltre sei mesi (maggio 2019) «attesa l’urgenza di attivare il servizio di gestione del CPR»;

      un articolo dell’Unione Sarda del 13 dicembre 2019 riporta che la Corte dei Conti aveva rinviato l’apertura del Centro regionale per il rimpatrio di Macomer (Nuoro), per accertamenti;

      la Ors Italia ha inoltre partecipato alla gara per la gestione del centro di prima accoglienza per i richiedenti asilo a Trieste, struttura denominata «Casa Malala»; quest’ultima è una struttura gestita da ICS e Caritas dal 2016 e rappresenta un esempio di buona gestione di una struttura di primissima accoglienza stilla quale c’è un grande impatto (circa 3.000 richiedenti solo nel 2019);

      a parere dell’interrogante in entrambi i casi esposti si pone il grande dubbio di come sia possibile, per una società a responsabilità limitata sostanzialmente inattiva, superare i requisiti di concreta esperienza ed essere ritenuta idonea alla gestione di grandi centri di accoglienza;

      il timore dell’interrogante è che ci si trovi di fronte a una società che si avvarrebbe solo e totalmente della casa madre svizzera senza possedere mezzi e personale proprio con le qualifiche e l’esperienza richieste dai relativi bandi, consentendo che sul futuro di tali centri possano mettere le mani delle realtà discutibili interessate solo al profitto a discapito di migranti e contribuenti –:

      quali iniziative di competenza intenda intraprendere al fine di vigilare sui rischi derivanti dalla possibilità che società come la Ors, già oggetto di serie inchieste e indagini per la cattiva gestione dei centri di accoglienza e di detenzione all’estero, possano gestire importanti centri nel nostro Paese.
      (4-04511)

      https://aic.camera.it/aic/scheda.html?numero=4/04511&ramo=CAMERA&leg=18
      #justice #interrogazione_parlamentare

    • Pecunia non olet

      Società che risultano inattive, costole italiane di multinazionali estere, vincono appalti per la gestione dei centri. Cooperative che gestiscono stabilimenti balneari diventati big del settore. Coop dal volto umano che cercano operatori notturni esperti in tecniche di combattimento. Inchiesta sul sistema di accoglienza che si trasforma dopo i decreti sicurezza.

      Nella località di #Fernetti, all’interno del comune sparso di #Monrupino, in provincia di Trieste, a poca distanza dal confine con la Slovenia, c’è la sede di Casa Malala, una struttura di prima accoglienza per i richiedenti asilo che arrivano dalla rotta balcanica. Nonostante negli anni la struttura sia stata gestita attraverso i fondi dell’accoglienza straordinaria predisposti dalla prefettura di Trieste, il modello di accoglienza seguito è stato quello ordinario dei comuni dell’ex Sprar, che prevede, tra le altre cose, l’accoglienza diffusa in piccoli appartamenti.

      Così, il Consorzio italiano di solidarietà – #Ics – che la gestisce insieme alla Caritas, ha dato vita a un modello di accoglienza diffusa che comprende 150 appartamenti dislocati su tutto il territorio triestino, i quali rappresentano oggi uno dei fiori all’occhiello della buona accoglienza italiana. Ora tutto ciò però è a rischio. Insieme ai posti di lavoro di centinaia di operatori qualificati. Insegnanti di lingua, operatori legali, assistenti sociali. Ad avvertire di questo pericolo, è stato un verbale di gara della stessa prefettura triestina che aveva aperto la procedura per 95 posti ulteriori in località Fernetti, con l’offerta della prima classificata che era stata considerata «anomala dal punto di vista tecnico e da quello economico». Si tratta di Ors Italia, che dal luglio scorso è iscritta alla Camera di Commercio di Roma, e che è una costola della società multinazionale svizzera Ors, in cui ritroviamo, tra i consulenti, anche politici, come l’ex ministro elvetico della Giustizia, della Polizia e delle Migrazioni, Ruth Metzler-Arnold e l’ex vice-cancelliere austriaco Michael Spindelegger. Soprattutto, il gruppo svizzero è da tempo nel mirino di Ong e giornali indipendenti, in Austria, Germania, Svizzera, tanto che esiste ormai una ampia letteratura che ha rilevato svariate ombre sulla gestione dei centri di prima accoglienza da parte di Ors.

      In particolare, sulla gestione di quello di Traiskirchen, in Austria, esistono due dettagliati rapporti di Amnesty International e di Medici Senza Frontiere che documentarono nel 2015 profili inquietanti rispetto alle modalità repressive dei centri di accoglienza dove, secondo i documenti delle Ong, gli ospiti sarebbero stati maltrattati e gli operatori, costantemente minacciati, sarebbero stati messi nelle condizioni di non avere contatti con l’esterno. La stessa cosa sarebbe accaduta – secondo quanto ha rivelato l’Associazione “Droit de Rester” – nel centro di accoglienza gestito da Ors a Friburgo, in Svizzera. Scandali, questi, che hanno avuto l’effetto di far diminuire, in alcuni casi addirittura di far cessare, le attività della multinazionale. Facendo accendere i riflettori su Ors. Come aveva fatto tempo fa il deputato del partito ecologista svizzero, Glättli Balthasar, il quale in una interpellanza al locale Dipartimento di giustizia e polizia (Dfgp) aveva chiesto una maggiore trasparenza per quanto riguardava l’impiego dei soldi dei contribuenti elvetici da destinare all’asilo, e, tra le altre cose, di riferire i criteri determinanti in base ai quali per gli anni precedenti, fino al 2012, l’azienda Ors si era aggiudicata, senza gara, la gestione di un centro per l’accoglienza, ricevendo come risposta dal Consiglio federale che: «conformemente alle disposizioni legali applicabili, le prestazioni di assistenza sono acquisite in regime di concorrenza. E che non sono previsti sussidi, quindi, le modalità evocate dall’autore dell’interpellanza non entrano in linea di conto».

      Tornando all’Italia e alla penetrazione di Ors, chi invece attende dallo scorso 17 gennaio una risposta alla sua interrogazione – da parte della Ministra dell’Interno Luciana Lamorgese – è il deputato Erasmo Palazzotto. Il parlamentare di Sinistra Italiana ha chiesto lumi sulle modalità di penetrazione nel “mercato” italiano dei centri di accoglienza, per la partecipazione a bandi di gara per «l’alloggiamento, l’assistenza, la consulenza sociale per profughi e richiedenti asilo» della costola della multinazionale svizzera, Ors Italia s.r.l, che, «stante l’ultima visura camerale disponibile, risulta inattiva».

      Ha chiesto Palazzotto: «come sia possibile, per una società a responsabilità limitata sostanzialmente inattiva, superare i requisiti di concreta esperienza ed essere ritenuta idonea alla gestione di grandi centri di accoglienza». E ancora, rivolgendosi alla Ministra dell’Interno: «quali iniziative di competenza intenda intraprendere al fine di vigilare sui rischi derivanti dalla possibilità che società come la Ors, già oggetto di inchieste e indagini per la cattiva gestione dei centri di accoglienza e di detenzione all’estero, possano gestire importanti centri nel nostro Paese». Non soltanto a Trieste.

      Il timore del deputato è in riferimento al fatto che «dal 20 gennaio Ors Italia s.r. l. gestirà in un ex carcere, il Centro per i rimpatri (Cpr) di Macomer». A Nuoro, dove la locale prefettura aveva stipulato già nel novembre del 2019 il contratto di servizio con la società in questione senza aver acquisito l’obbligatoria informativa antimafia, richiesta da sei mesi, «attesa l’urgenza di attivare il servizio di gestione del CPR». E con la Corte dei Conti regionale, che poi ne aveva rinviato l’apertura per ulteriori accertamenti. Fino allo scorso 20 gennaio, quando il Cpr è stato effettivamente aperto, spalancando, di fatto, le porte alla costola della multinazionale elvetica Ors nel business dell’accoglienza italiana.

      Salvo ulteriori accertamenti della prefettura triestina, inoltre, Ors Italia ora penetrerà ulteriormente nel mercato italiano, puntando, dunque, a stravolgere l’impianto attuale della consolidata esperienza locale di accoglienza diffusa. Qui, a leggere il capitolato di gara, l’azienda in questione non avrebbe potuto nemmeno parteciparvi, se è vero che sono previsti i requisiti esperienziali di almeno tre anni. È fuor di dubbio, a questo punto, che Ors Italia s.r.l si sia servita dell’istituto giuridico previsto dal codice degli appalti del così detto “avvalimento”, in base al quale una ditta carente di requisiti (anche sotto il profilo dei requisiti professionali) può avvalersi della “garanzia” di un altro soggetto economico che li abbia. Che, in questo caso, potrebbe essere stata concessa dalla stessa “casa madre svizzera”.

      Sia come sia, e questo persino al di là del fatto che una società come Ors Italia s.r.l. possa aggiudicarsi definitivamente la gara di appalto di Casa Malala, che ci sia una tendenza all’ulteriore immissione nel settore dell’accoglienza ai rifugiati e richiedenti asilo di società dall’oggetto – diciamo così – molto ampio, e quindi poco legato ai servizi di tutela socio-legale da offrire, questo è confermato dal profilo della società che è risultata seconda classificata nella stessa gara di Casa Malala.

      La VersoProbo società cooperativa sociale, infatti, è presentata come la coop accogliente, ma ricerca un operatore notturno da impegnare nel centro di via Corelli a Milano che sia specializzato in tecniche di combattimento. Non solo. A leggere le carte della Camera di Commercio di Biella e Novara alla quale la coop è iscritta, il dubbio che ne emerge è se per caso la gestione di servizi di asilo nido e assistenza di minori disabili in provincia di Alessandria, Genova, Novara, la gestione di stabilimenti balneari in provincia di Lecce, di stabilimenti lacustri e fluviali in provincia di Como e Savona, attività di bar ed esercizi simili in Piemonte, siano in qualche modo un ulteriore requisito esperienziale per l’accoglienza ai profughi; settore in cui la stessa società ammette di essere impegnata, con appalti pubblici vinti in diverse parti d’Italia. Piuttosto, ci si chiede: non siamo di fronte allo snaturamento dell’accoglienza e della tutela dei richiedenti asilo, alla sconfitta della piccola cooperazione sociale, a tutto vantaggio dei big di ogni settore economico. È la realizzazione concreta di quella che una fetta della classe dirigente del Movimento Cinque Stelle definiva il business dell’accoglienza. È un programma di trasformazione dell’accoglienza che sta realizzando, oggi, quella stessa classe politica che siede sui banchi di governo, tassello dopo tassello.

      https://www.dinamopress.it/news/pecunia-non-olet

    • Migranti, Serracchiani (PD): “Il Viminale chiarisca l’appalto ‘Casa Malala’ a Trieste”

      “Il Ministero dell’Interno verifichi le condizioni di aggiudicazione e affidamento dell’appalto per la gestione del centro di prima assistenza per i richiedenti asilo ‘Casa Malala‘ alla compagine societaria della Ors Italia. Il ribasso del 14 per cento che ha permesso l’aggiudicazione appare anomala dal punto di vista tecnico e da quello economico, e la mancanza di esperienza triennale di questa società, nonché il carattere esplicitamente commerciale dell’impresa sollevano dubbi sulla qualità dei servizi assicurati”. Lo afferma la deputata Debora Serracchiani, che ha depositato un’interrogazione al Ministro dell’Interno, intesa a chiarire i contorni dell’appalto per la gestione della struttura ‘Casa Malala’ di Trieste, affidata per bando a Ors Italia dopo che per sei anni era stata guidata da Consorzio italiano di solidarietà (Ics) e Fondazione Caritas di Trieste.

      “Il ribasso del 14 per cento sul costo ipotizzato nel bando fatto dalla Prefettura di Trieste”, spiega la deputata, “ha attivato da parte di quest’ultima un blocco automatico nella procedura, per dubbi sulla qualità dei servizi. Dubbi vi sarebbero anche sul requisito dell’esperienza triennale, che manca alla Ors Italia registrata a Roma il 25 luglio 2018, superando l’ostacolo proponendo quella della casa madre svizzera, grazie all’istituto giuridico dell’avvalimento”. Per Serracchiani “il caso particolare di Trieste si inserisce in un contesto più ampio, da Nuoro a Milano a Traiskirchen in Austria, che registra il mutamento delle caratteristiche dell’accoglienza e della gestione dei richiedenti asilo. A seguito dei decreti Salvini, l’accoglienza si presta a diventare un ‘mercato’ riservato alle grandi società internazionali capaci di abbattere i costi con la forza dei numeri ma non”, conclude, “di assicurare standard adeguati quanto al personale”.

      https://www.triesteallnews.it/2020/02/05/migranti-serracchiani-pd-il-viminale-chiarisca-lappalto-casa-malala-a

    • Inchiesta sulla trasformazione dei centri di accoglienza dopo i decreti sicurezza

      Società che risultano inattive, costole italiane di multinazionali estere, vincono appalti per la gestione dei centri. Cooperative che gestiscono stabilimenti balneari diventati big del settore. Coop dal volto umano che cercano operatori notturni esperti in tecniche di combattimento.

      Nella località di Fernetti, all’interno del comune sparso di Monrupino, in provincia di Trieste, a poca distanza dal confine con la Slovenia, c’è la sede di Casa Malala, una struttura di prima accoglienza per i richiedenti asilo che arrivano dalla rotta balcanica. Nonostante negli anni la struttura sia stata gestita attraverso i fondi dell’accoglienza straordinaria predisposti dalla prefettura di Trieste, il modello di accoglienza seguito è stato quello ordinario dei comuni dell’ex Sprar, che prevede, tra le altre cose, l’accoglienza diffusa in piccoli appartamenti.

      Così, il Consorzio italiano di solidarietà – Ics – che la gestisce insieme alla Caritas, ha dato vita a un modello di accoglienza diffusa che comprende 150 appartamenti dislocati su tutto il territorio triestino, i quali rappresentano oggi uno dei fiori all’occhiello della buona accoglienza italiana. Ora tutto ciò però è a rischio. Insieme ai posti di lavoro di centinaia di operatori qualificati. Insegnanti di lingua, operatori legali, assistenti sociali. Ad avvertire di questo pericolo, è stato un verbale di gara della stessa prefettura triestina che aveva aperto la procedura per 95 posti ulteriori in località Fernetti, con l’offerta della prima classificata che era stata considerata «anomala dal punto di vista tecnico e da quello economico». Si tratta di Ors Italia, che dal luglio scorso è iscritta alla Camera di Commercio di Roma, e che è una costola della società multinazionale svizzera Ors, in cui ritroviamo, tra i consulenti, anche politici, come l’ex ministro elvetico della Giustizia, della Polizia e delle Migrazioni, Ruth Metzler-Arnold e l’ex vice-cancelliere austriaco Michael Spindelegger. Soprattutto, il gruppo svizzero è da tempo nel mirino di Ong e giornali indipendenti, in Austria, Germania, Svizzera, tanto che esiste ormai una ampia letteratura che ha rilevato svariate ombre sulla gestione dei centri di prima accoglienza da parte di Ors.

      In particolare, sulla gestione di quello di Traiskirchen, in Austria, esistono due dettagliati rapporti di Amnesty International e di Medici Senza Frontiere che documentarono nel 2015 profili inquietanti rispetto alle modalità repressive dei centri di accoglienza dove, secondo i documenti delle Ong, gli ospiti sarebbero stati maltrattati e gli operatori, costantemente minacciati, sarebbero stati messi nelle condizioni di non avere contatti con l’esterno. La stessa cosa sarebbe accaduta – secondo quanto ha rivelato l’Associazione “Droit de Rester” – nel centro di accoglienza gestito da Ors a Friburgo, in Svizzera. Scandali, questi, che hanno avuto l’effetto di far diminuire, in alcuni casi addirittura di far cessare, le attività della multinazionale. Facendo accendere i riflettori su Ors. Come aveva fatto tempo fa il deputato del partito ecologista svizzero, Glättli Balthasar, il quale in una interpellanza al locale Dipartimento di giustizia e polizia (Dfgp) aveva chiesto una maggiore trasparenza per quanto riguardava l’impiego dei soldi dei contribuenti elvetici da destinare all’asilo, e, tra le altre cose, di riferire i criteri determinanti in base ai quali per gli anni precedenti, fino al 2012, l’azienda Ors si era aggiudicata, senza gara, la gestione di un centro per l’accoglienza, ricevendo come risposta dal Consiglio federale che: «conformemente alle disposizioni legali applicabili, le prestazioni di assistenza sono acquisite in regime di concorrenza. E che non sono previsti sussidi, quindi, le modalità evocate dall’autore dell’interpellanza non entrano in linea di conto».

      Tornando all’Italia e alla penetrazione di Ors, chi invece attende dallo scorso 17 gennaio una risposta alla sua interrogazione – da parte della Ministra dell’Interno Luciana Lamorgese – è il deputato Erasmo Palazzotto. Il parlamentare di Sinistra Italiana ha chiesto lumi sulle modalità di penetrazione nel “mercato” italiano dei centri di accoglienza, per la partecipazione a bandi di gara per «l’alloggiamento, l’assistenza, la consulenza sociale per profughi e richiedenti asilo» della costola della multinazionale svizzera, Ors Italia s.r.l, che, «stante l’ultima visura camerale disponibile, risulta inattiva».

      Ha chiesto Palazzotto: «come sia possibile, per una società a responsabilità limitata sostanzialmente inattiva, superare i requisiti di concreta esperienza ed essere ritenuta idonea alla gestione di grandi centri di accoglienza». E ancora, rivolgendosi alla Ministra dell’Interno: «quali iniziative di competenza intenda intraprendere al fine di vigilare sui rischi derivanti dalla possibilità che società come la Ors, già oggetto di inchieste e indagini per la cattiva gestione dei centri di accoglienza e di detenzione all’estero, possano gestire importanti centri nel nostro Paese». Non soltanto a Trieste.

      Il timore del deputato è in riferimento al fatto che «dal 20 gennaio Ors Italia s.r. l. gestirà in un ex carcere, il Centro per i rimpatri (Cpr) di Macomer». A Nuoro, dove la locale prefettura aveva stipulato già nel novembre del 2019 il contratto di servizio con la società in questione senza aver acquisito l’obbligatoria informativa antimafia, richiesta da sei mesi, «attesa l’urgenza di attivare il servizio di gestione del CPR». E con la Corte dei Conti regionale, che poi ne aveva rinviato l’apertura per ulteriori accertamenti. Fino allo scorso 20 gennaio, quando il Cpr è stato effettivamente aperto, spalancando, di fatto, le porte alla costola della multinazionale elvetica Ors nel business dell’accoglienza italiana.

      Salvo ulteriori accertamenti della prefettura triestina, inoltre, Ors Italia ora penetrerà ulteriormente nel mercato italiano, puntando, dunque, a stravolgere l’impianto attuale della consolidata esperienza locale di accoglienza diffusa. Qui, a leggere il capitolato di gara, l’azienda in questione non avrebbe potuto nemmeno parteciparvi, se è vero che sono previsti i requisiti esperienziali di almeno tre anni. È fuor di dubbio, a questo punto, che Ors Italia s.r.l si sia servita dell’istituto giuridico previsto dal codice degli appalti del così detto “avvalimento”, in base al quale una ditta carente di requisiti (anche sotto il profilo dei requisiti professionali) può avvalersi della “garanzia” di un altro soggetto economico che li abbia. Che, in questo caso, potrebbe essere stata concessa dalla stessa “casa madre svizzera”.

      Sia come sia, e questo persino al di là del fatto che una società come Ors Italia s.r.l. possa aggiudicarsi definitivamente la gara di appalto di Casa Malala, che ci sia una tendenza all’ulteriore immissione nel settore dell’accoglienza ai rifugiati e richiedenti asilo di società dall’oggetto – diciamo così – molto ampio, e quindi poco legato ai servizi di tutela socio-legale da offrire, questo è confermato dal profilo della società che è risultata seconda classificata nella stessa gara di Casa Malala.

      La VersoProbo società cooperativa sociale, infatti, è presentata come la coop accogliente, ma ricerca un operatore notturno da impegnare nel centro di via Corelli a Milano che sia specializzato in tecniche di combattimento. Non solo. A leggere le carte della Camera di Commercio di Biella e Novara alla quale la coop è iscritta, il dubbio che ne emerge è se per caso la gestione di servizi di asilo nido e assistenza di minori disabili in provincia di Alessandria, Genova, Novara, la gestione di stabilimenti balneari in provincia di Lecce, di stabilimenti lacustri e fluviali in provincia di Como e Savona, attività di bar ed esercizi simili in Piemonte, siano in qualche modo un ulteriore requisito esperienziale per l’accoglienza ai profughi; settore in cui la stessa società ammette di essere impegnata, con appalti pubblici vinti in diverse parti d’Italia. Piuttosto, ci si chiede: non siamo di fronte allo snaturamento dell’accoglienza e della tutela dei richiedenti asilo, alla sconfitta della piccola cooperazione sociale, a tutto vantaggio dei big di ogni settore economico. È la realizzazione concreta di quella che una fetta della classe dirigente del Movimento Cinque Stelle definiva il business dell’accoglienza. È un programma di trasformazione dell’accoglienza che sta realizzando, oggi, quella stessa classe politica che siede sui banchi di governo, tassello dopo tassello.

      http://www.osservatoriorepressione.info/inchiesta-sulla-trasformazione-dei-centri-accoglienza-decr

    • Le mani della finanza speculativa sui centri di accoglienza

      La scelta fatta dai decreti sicurezza di puntare su grandi strutture e su standard di accoglienza molto bassi invece che sulla rete territoriale degli Sprar, rischia di diventare un business per grandi aziende straniere alla ricerca di nuovi mercati, con un aumento dei costi per i contribuenti italiani.

      Come denunciato da un dossier di Valori.it le holding del profit e della finanza, che all’estero già fanno affari d’oro sulla pelle dei migranti, sono pronte a puntare sull’Italia grazie alle nuove condizioni favorevoli contenute nel cosiddetto decreto sicurezza. Una di queste realtà è il gruppo elvetico ORS, che sta già investendo sull’Italia. Questa azienda, che è controllata dalla società finanziaria londinese Equistone Partners, legata alla Banca Barclays, gestisce da anni decine di centri per migranti in Svizzera, Austria e Germania, ed è al centro di dure e circostanziate accuse rispetto alla qualità della gestione di quei centri.

      Per partecipare ai bandi di gara in Italia, la ORS svizzera ha creato nel 2018 ORS Italia s.r.l. che, stante l’ultima visura camerale disponibile risulta ‘inattiva’, prosegue Palazzotto. Eppure, dal 20 gennaio questa società aprirà e gestirà in un ex carcere il Cpr di Macomer (Nuoro). Leggendo il contratto di servizio stipulato con ORS Italia il 21 novembre scorso si evince come questo sia stato sottoscritto senza che sia stata acquisita l’obbligatoria ‘informativa antimafia’. La ORS Italia ha inoltre partecipato alla gara per la gestione del centro di prima accoglienza per i richiedenti asilo a Trieste, ‘Casa Malala’.

      In entrambi i casi si pone il grande dubbio di come sia possibile per una Srl sostanzialmente inattiva, superare i requisiti di concreta esperienza ed essere ritenuta idonea alla gestione di grandi centri di accoglienza. Il timore è che ci si possa trovare di fronte a una vera e propria “scatola vuota” senza mezzi e con personale senza le qualifiche e l’esperienza richieste dai relativi bandi, consentendo che sul futuro di tali centri possano mettere le mani delle realtà opache interessate solo al profitto a discapito di migranti e contribuenti, prosegue Palazzotto.

      http://www.osservatoriorepressione.info/le-mani-della-finanza-speculativa-sui-centri-accoglienza

    • ORS fonda una società affiliata in Italia

      Inizia l’attuazione della strategia di crescita nei Paesi del Mediterraneo

      Il gruppo ORS, finora operante in Svizzera, Austria e Germania, inizia ad attuare la propria strategia di crescita nei Paesi europei del Mediterraneo. Come prima nazione è stata scelta l’Italia con la fondazione di una società affiliata, la ORS Italia S.r.l., con sede a Roma. È previsto che la nuova controllata, costituita in Italia a metà luglio 2018, nei prossimi mesi partecipi in Italia a bandi di gara nei settori dell’alloggiamento, dell’assistenza, della consulenza sociale e dell’integrazione per profughi e richiedenti asilo. Con circa 1’500 collaboratori e circa 10’000 richiedenti asilo e profughi assistiti quotidianamente, ORS è già oggi tra le società private leader nel campo dell’assistenza ai migranti prevalentemente nei Paesi di lingua tedesca.

      Il Dott. Jürg Rötheli, CEO del gruppo ORS, conferma che l’Italia rappresenta un primo importante passo per l’espansione nel Mediterraneo. «Siamo pronti per applicare anche nelle nazioni dell’Europa meridionale il know-how accumulato negli ultimi due decenni». L’assistenza professionale e l’alloggiamento di profughi e richiedenti asilo sta acquisendo un’importanza sempre maggiore soprattutto nei Paesi del Mediterraneo. L’assegnazione di appalti a fornitori di servizi privati consente di sgravare notevolmente le strutture statali. Che la scelta sia caduta sull’Italia, secondo Jürg Rötheli non è un caso: «In quanto azienda svizzera, siamo abituati a operare anche in territori non di lingua tedesca. L’Italia ci è molto familiare, non solo dal punto di vista linguistico, ma anche con riferimento alla nostra capacità di capire la cultura italiana». Già oggi infatti ORS gestisce in Svizzera diversi alloggi per richiedenti asilo e profughi nel Canton Ticino di lingua italiana.

      Ampliamento dei servizi di ORS nel campo dell’integrazione

      In aggiunta alla propria attività principale, l’alloggiamento di richiedenti asilo e profughi, il gruppo ORS amplia la propria offerta di servizi in tutte le nazioni in cui opera già. L’attenzione è focalizzata sui programmi di integrazione nel mercato del lavoro per profughi, persone accolte temporaneamente, beneficiari di aiuti sociali e disoccupati a lungo termine. Grazie alla propria esperienza basata sull’assistenza quotidiana a richiedenti asilo e profughi, ORS è particolarmente portata a offrire e fornire servizi professionali come la definizione del potenziale e una formazione linguistica e professionale per l’inserimento e l’integrazione nei rispettivi mercati del lavoro. Una reale necessità, come dimostra il trend attualmente in atto in Europa. I primi feedback fondati provenienti dal mondo economico, politico e sociale sono positivi e mostrano che queste attività specifiche per un’integrazione di successo si devono svolgere laddove vi sono le maggiori conoscenze relative a origine, formazione e possibilità di impiego di richiedenti asilo e profughi. Inoltre, ORS gestisce già aziende modello nel campo della gastronomia in Svizzera. Le persone che vi lavorano vengono sistematicamente formate e preparate allo svolgimento di un’attività professionale. Il CEO di ORS Rötheli è convinto che l’integrazione dei profughi sarà uno dei compiti principali nel corso dei prossimi anni. «Le persone che non torneranno più nel proprio paese di origine necessitano di una prospettiva professionale, affinché la loro integrazione nella società possa avere successo».

      Gruppo ORS

      In quanto fornitore di servizi riconosciuto a livello internazionale, ORS garantisce ai profughi un’assistenza professionale che va dall’alloggiamento all’integrazione. Da oltre 25 anni gestisce oltre 100 alloggi in Svizzera, Austria e Germania.

      Per ulteriori informazioni:

      Gruppo ORS
      Ufficio stampa
      c/o. KMES Partner
      Hans Klaus
      Basteiplatz 7
      8001 Zurigo/Svizzera
      Telefono +41-43-544-17-44
      Cellulare +41-79-357-03-57
      E-mail klaus@kmespartner.com

      SOURCE ORS Service AG

      https://www.prnewswire.com/it/comunicati-stampa/ors-fonda-una-societ%C3%A0-affiliata-in-italia-849158236.html

    • Migranti, rivolta nel Cpr di Macomer: uomo si cuce la bocca

      Altri sono saliti sul tetto, protestano per le condizioni di vita dentro la struttura
      19 Giugno 2020

      MACOMER. Rivolta nel Cpr di Macomer, il primo in Sardegna ricavato dall’ex carcere di Bonu Trau e già al centro di polemiche e tensioni. Ieri pomeriggio, secondo quanto riferisce il quotidiano L’Unione Sarda, un gruppo di migranti ha inscenato una protesta contro le condizioni di vita all’interno della struttura dove sono ospitati gli irregolari in attesa del rimpatrio. Il culmine della ribellione quando un uomo si è cucito le labbra ed è stato trasferito in infermeria. Altri invece sono saliti sul tetto urlando slogan. Le forze dell’ordine, carabinieri, polizia e guardia di Finanza, hanno lavorato a lungo per riportare la calma. Nessun commento ufficiale da parte della Prefettura di Nuoro, responsabile della sicurezza del centro. Aperto nel gennaio scoro, il Cpr ospita attualmente 50 migranti. (ANSA)

      https://www.lanuovasardegna.it/nuoro/cronaca/2020/06/19/news/migranti-rivolta-nel-cpr-di-macomer-uomo-si-cuce-la-bocca-1.38985588
      #lèvres

  • #Macomer, il Cpr affidato alla società svizzera Ors

    Il contratto è stato firmato all’inizio del mese, ancora incerta la data di apertura Nell’appalto la gestione di tutti i servizi del centro per il rimpatrio degli immigrati

    https://www.lanuovasardegna.it/nuoro/cronaca/2019/12/15/news/macomer-il-cpr-affidato-alla-societa-svizzera-ors-1.38217425
    #asile #migrations #réfugiés #déboutés #renvois #CPR #rétention #détention_administrative #Italie #ORS #privatisation

    Ajouté à la métaliste sur ORS:
    https://seenthis.net/messages/802341#message818363

    • Sardegna – Il CPR di Macomer apre il 18 dicembre

      Ieri sulla stampa locale (https://www.unionesarda.it/articolo/news-sardegna/nuoro-provincia/2019/12/08/il-cpr-di-macomer-riapre-il-18-dicembre-in-arrivo-un-centinaio-di-136-96) è stata annunciata l’apertura del CPR di Macomer, in provincia di Nuoro, per il 18 dicembre 2019, quando verranno detenute nel nuovo lager le prime 50 persone.

      L’ex casa circondariale di Macomer, sita alla periferia della cittadina, nella Zona Industriale di Bonu Trau, era vuota dal 2014. Dopo la decisione di trasformarla in un CPR negli ultimi mesi erano stati effettuati dei lavori di ristrutturazione da parte del 2° reparto genio dell’Aeronautica Militare, conclusi ad ottobre.

      Lo scorso 8 novembre la Prefettura di Nuoro aveva aggiudicato (www.prefettura.it/FILES/AllegatiPag/1210/Decreto_prefettizio_di_aggiudicazione_ORS_Italia_S.r.l..doc) definitivamente “l’appalto dei servizi di gestione e funzionamento del Centro di Permanenza per i Rimpatri (C.P.R.) di Macomer (NU) per una ricettività iniziale di 50 posti elevabili a 100” alla ORS Italia srl. Il 3 dicembre era stato stipulato il contratto dell’importo di 570.000 euro per 12 mesi.


      ORS Service AG (https://www.ors.ch/it-IT/Home) è una società privata svizzera che da 25 anni si occupa della gestione dei richiedenti asilo in Svizzera, Austria e Germania. Con “10.000 richiedenti asilo e profughi assistiti quotidianamente, ORS è già oggi tra le società private leader nel campo dell’assistenza ai migranti prevalentemente nei Paesi di lingua tedesca.” Nell’estate del 2018 la ORS “inizia ad attuare la propria strategia di crescita nei Paesi europei del Mediterraneo. Come prima nazione è stata scelta l’Italia con la fondazione di una società affiliata, la ORS Italia S.r.l. (https://www.ors.ch/ORSS/media/ORSSMediaLibrary/22082018-Comunicato-stampa-ORS-Italia.pdf), con sede a Roma. La nuova controllata, costituita a metà luglio 2018, partecipa in Italia a bandi di gara nei settori dell’alloggiamento, dell’assistenza, della consulenza sociale e dell’integrazione per profughi e richiedenti asilo.” Un’interessante inchiesta “sull’intreccio globale di politica e finanza” che si cela dietro la ORS era stata pubblicata in Italia nel gennaio di quest’anno, è possibile leggerla a questo link: https://valori.it/ors-finanza-rifugiati-italia.

      Il nuovo CPR di Macomer, come si legge nel bando (https://valori.it/ors-finanza-rifugiati-italia), è strutturato su tre padiglioni, due destinati alla detenzione e uno alle attività amministrative e gestionali. Sono previsti al momento 40 posti nelle celle del padiglione B e 10 in quelle del padiglione C, in celle da 2 a 4 posti. La ristrutturazione ha riguardato tra le altre cose i muri perimetrali, nuove recinzioni e l’impianto di videosorveglianza interno ed esterno.

      Il nuovo campo di concentramento di Macomer nelle intenzioni degli ultimi governi è destinato soprattutto ad agevolare le deportazioni delle persone che sbarcano in Sardegna. Nel corso di quest’anno fino al 6 dicembre sono quasi mille le persone che sono riuscite a sbarcare autonomamente sulle coste dell’isola, di queste 992 di origine algerina. Dopo essere state intercettate in prossimità della costa o braccate e inseguite dalle forze dell’ordine subito dopo gli sbarchi, le persone migranti vengono portate nel “centro di identificazione e prima accoglienza” che ha sede nell’ex scuola di polizia penitenziaria di Monastir, in pratica un hotspot dove è presente anche personale dell’agenzia europea Frontex. Qui di solito ricevono un decreto di espulsione entro 7 giorni e vengono successivamente trasferite in nave sul continente, dove tante riprovano a continuare il viaggio. Nei primi sei mesi del 2019 erano state 25 le persone deportate in Algeria. Ai primi di ottobre il governo italiano ha presentato un decreto su 13 paesi d’origine “sicuri”, tra i quali è compresa anche l’Algeria. Questa lista, nelle intenzioni del governo, dovrebbe accelerare le procedure burocratiche e facilitare le deportazioni nei paesi d’origine definiti sicuri.

      https://hurriya.noblogs.org/post/2019/12/09/sardegna-cpr-macomer-apre-18-dicembre
      #Sardaigne

    • CPR Macomer

      Opened on January 20, 2020, the Macomer CPR (Centro di Permanenza per i Rimpatri) is the first detention centre in Sardinia. The facility can hold up to 100 people for a maximum period of 180 days (Law Decree 113/2018). As highlighted by Francesca Mazzuzi in an article written a few days after the opening of the centre, “the opening of the CPR was presented by the regional government as an important choice to revive the (impoverished) local economy and an indispensable one to discourage the migratory flow of young Harragas from Algeria to the coasts of south-western Sardinia. This is a (migratory) route that has been active for almost fifteen years and through which around 750 people arrived in 2019. It is a well-known phenomenon and despite the alarmist tones regularly used by local media it can hardly be called an emergency.” The new detention facility was designed to confine these group of young men, as well as other illegalised migrants.

      Located in Macomer, an Italian town of 9,861 inhabitants in the province of Nuoro, the building where the immigration detention centre is operating used to be a maximum-security prison which was closed in 2014 for not meeting the minimum statutory parameters envisaged for prison institutions (Bottazzo & Bleggi 2019, p. 103). The facility, where illegalised non-citizens are now held, has been remodelled in the last few years in order to “guarantee its security as well as the security of the local population”.

      For the first three years the centre will be run by Ors Italia, a subsidiary of the Ors Group, a multinational company operating in Switzerland, Austria and Germany and already involved in the management of reception centres for asylum seekers. Ors Italia won the public tender promoted by the Prefecture of Nuoro thanks to their low bid offer, thus raising widespread concerns for their interest in making profit rather than safeguarding migrants’ human rights. The Ors has indeed been involved in various scandals, such as the one following a report by Amnesty International for the bad management of the Traiskirchen centre in Austria. To address these concerns a parliamentary inquiry was also presented on January 17, 2020 by the MP Erasmo Palazzotto.

      Notably, opposition to this project was raised since its very beginning. In addition to local political actors, opponents included local residents concerned with their security but also activists and civil society groups engaged in safeguarding migrants’ rights. In particular, a group named ‘No CPR Macomer’ was created. They organised a demonstration on February 2020 to challenge the creation of the Macomer detention centre and, overall, to contest the Italian policies of migration control.

      https://borderlandscapes.law.ox.ac.uk/location/cpr-macomer

    • Bufera sul Cpr di Macomer: «Aggressioni? Vogliamo la verità»

      Si rincorrono le voci di presunte aggressioni all’interno della struttura, ma dalla Prefettura di Nuoro nessuna conferma.

      Non si placa la tensione intorno al Cpr di Macomer, il primo Centro in Sardegna di permanenza e rimpatri per i migranti.

      Dopo le polemiche sulla sua apertura, adesso si rincorrono le voci su presunti episodi di violenza e aggressioni, mai confermati dalla Prefettura né dalle forze dell’ordine, ma a livello politico monta la polemica.

      «La gestione interna del Cpr non compete al Comune ma alla Prefettura», spiega il sindaco facente funzioni Rosanna Ledda.

      L’opposizione replica aspramente: «È lei che deve informarsi dalla Prefettura e dire con chiarezza e trasparenza cosa sta succedendo nel Cpr, è un diritto dei macomeresi sapere se hanno in città una struttura che è una polveriera o se le voci che si rincorrono sono infondate - dice Arturo Uleri della lista Uniamoci di Macomer, dimessosi qualche giorno fa insieme al suo collega Daniele Nieddu proprio perché in disaccordo sull’apertura del Centro -. Tutti i giorni si vedono movimenti strani: ieri notte abbiamo sentito un’ambulanza correre all’impazzata verso l’uscita sud nel paese seguita dalle forze dell’ordine. Sono cose che preoccupano, così come ci preoccupa il fatto che da più parti si dice che qualcuno dei migranti è stato rimesso in libertà. Chiediamo al sindaco e al prefetto se queste voci sono vere, le risposte ci sono dovute», chiarisce l’esponente dell’opposizione.

      A placare gli animi non è servito neppure il via libera della Prefettura all’istituzione di un organismo di controllo e raccordo con la Regione, il Comune e la società che gestisce il Cpr.

      https://www.unionesarda.it/articolo/news-sardegna/nuoro-provincia/2020/02/14/bufera-sul-cpr-di-macomer-aggressioni-vogliamo-la-verita-136-987010.html

    • Macomer, ancora danneggiamenti all’interno del Cpr

      Si rincorrono voci di devastazioni all’interno della struttura che ospita migranti irregolari

      Al Cpr di Macomer ancora una notte di inferno.

      Un gruppo di ospiti dell’unico centro in Sardegna per la permanenza e rimpatrio dei migranti irregolari, durante la notte ha dato fuoco ad un mucchio di carta, facendo scattare il sistema antincendio. In poco tempo la struttura è stata allagata, creando disagi agli altri ospiti, che hanno dovuto trascorrere una notte in bianco tra le proteste.

      Disordini, minacce, aggressioni e anche devastazioni, sarebbero ormai all’ordine del giorno all’interno di quella struttura che è stata aperta soltanto 28 giorni fa.

      Voci di episodi di violenza, aggressioni al personale sanitario, rimbalzano ormai quotidianamente dall’interno della struttura. Voci mai confermate (ma manco smentite) dalla Prefettura, che però sono rimbalzate fino a Roma, con una lettera al ministro Lamorgese da parte del parlamentare della Lega, Eugenio Zoffili.

      Una situazione che però non si sta ripercuotendo all’esterno, anche se a Macomer le preoccupazioni e le polemiche non mancano.

      Sotto attacco la Giunta comunale, anche se Rossana Ledda, sindaco facenti funzioni, cerca di dare una spiegazione a quanto sta avvenendo nell’ex carcere.

      «Si tratta di problemi di gestione interna al Cpr, nella quale il Comune non ha nessuna competenza e che si spera di poter argomentare, appena sarà costituito l’organismo di controllo, per il quale abbiamo il via libera della Prefettura. Possiamo però dire che all’esterno non si registrano lacune». La tensione è però alle stelle.

      https://www.unionesarda.it/articolo/news-sardegna/nuoro-provincia/2020/02/14/macomer-ancora-danneggiamenti-all-interno-del-cpr-136-987058.html

    • Detenzione multinazionale

      Inaugurato il 20 gennaio il Centro per il rimpatrio di Macomer in Sardegna. La struttura di detenzione è gestita dalla Ors Italia, una holding elvetica. La Ors è solo una delle multinazionali straniere entrate nel giro d’affari milionario del sistema accoglienza italiano. Su Nigrizia di gennaio maggiori approfondimenti.

      È stato inaugurato lunedì 20 gennaio il Centro per il rimpatrio (Cpr) di Macomer. L’ex carcere di massima sicurezza, chiuso nel 2015, perché inadeguato secondo i parametri minimi previsti dalla legge, è stato rinnovato e convertito in struttura di detenzione dei migranti che sbarcheranno sull’isola. Inizialmente saranno 50 i posti fruibili. Una volta a regime, si stima, diventeranno 100.

      La casa circondariale, che risponde secondo le istituzioni a un’esigenza di contenimento e deterrente per la rotta Algeria-Sardegna (750 gli sbarchi nel 2019, 172 le persone approdate sulle coste da inizio anno), è gestita da Ors Italia srl, una costola dell’elvetica Ors che gestisce in Svizzera e Germania diversi centri per migranti. La holding, che ha alle spalle sostenitori internazionali importanti, che vanno dalla Barclays a fondi sauditi, dall’alta finanza statunitense a politici elvetici, è solo una delle multinazionali scese in campo nel sistema accoglienza in Italia.

      Sul mensile Nigrizia di gennaio si approfondisce il giro d’affari milionario che ruota attorno ai Cpr nel nostro paese, dove sbarcano non solo persone, ma anche società straniere impegnate nel business carcerario. Oltre all’Ors Italia, c’è ad esempio la francese Gepsa (Gestion d’établissement pénitentiaires services auciliares), che dal 2012 partecipa ai bandi italiani, assicurandosi la gestione di diversi Cie (Centri di identificazione ed espulsione) e Cas (Centri d’accoglienza straordinaria), per un totale di 1.300 persone.

      Nelle gare al ribasso per gli appalti delle strutture detentive per stranieri, sempre più spesso le piccole realtà di gestione del sistema accoglienza scompaiono. Fagocitate da grandi realtà che riescono a essere maggiormente concorrenziali. Sulla sparizione dei piccoli Cas, ma anche sul rifiuto di una parte sempre più crescente del terzo settore a diventare mero controllore dei migranti, come richiesto dal decreto sicurezza, dà approfondita notizia la seconda parte del rapporto di Open Polis e ActionAid “La sicurezza dell’esclusione”.

      Da inizio anno sono già due le morti avvenute all’interno dei Cpr: il 18 gennaio a Gradisca d’Isonzo è morto, secondo le testimonianze per un pestaggio delle forze dell’ordine, il giovane georgiano Vakhtang Enukidzeù; il 12, a Caltanissetta, nel Cpr di Pian del Lago, è deceduto, secondo il medico legale per “cause naturali”, il tunisino Aymed.

      In entrambe le strutture, come anche nei Centri di Torino, Bari e Trapani, da inizio anno si registrano rivolte dei migranti che protestano per le condizioni disumane in cui sono costretti a vivere.

      https://www.nigrizia.it/notizia/detenzione-multinazionale

  • In Sardegna, il carcere diventa un #Cpr. La casa circondariale di Macomer era stata chiusa perche inadatta ad ospitare anche i detenuti di massima sicurezza

    Un carcere trasformato in Cpr. La principale conseguenza dei cosiddetti “decreti sicurezza e immigrazione” (Minniti-Orlando e Salvini) in Sardegna sarà la ristrutturazione dell’ex casa circondariale di #Macomer, in provincia di #Nuoro, in un centro di permanenza per il rimpatrio. La struttura, finiti i lavori di sistemazione, dovrebbe ospitare un centinaio di “ospiti”, ma forse dovremmo scrivere “detenuti”. Secondo le direttive del ministero dell’Interno, già quest’anno dovrebbe entrare in funzione per una cinquantina di migranti. “I bandi di gestione sono già stati emessi – spiega Francesca Mazzuzi, referente per la campagna lasciateCIEntrare dell’isola -. Nelle intenzioni del ministro Matteo Salvini, come di chi l’ha preceduto e degli amministratori regionali e locali, questo dovrebbe fungere da deterrente per chi sbarca in Sardegna lungo la rotta algerina ma sappiamo bene che non ci sono deterrenti che reggono per chi non ha alternative a quella di scappare da fame e guerre e per chi, come gli algerini, desidera fortemente un futuro migliore. Proprio come è stato per i Cie, questa struttura non servirà a nulla se non a raccattare facili consensi in campagna elettorale ed a calpestare i diritti di chi ha già sofferto troppo”.

    Contro il Cpr di Macomer si sono levate molte voci tra le quali quella dell’ex cappellano della casa circondariale, don Mario Cadeddu, che ha sottolineato come la struttura sia stata chiusa proprio perché non rispondeva ai parametri minimi di legge previsti per la detenzione. “Un suo impiego come centro di rimpatrio mi sembra assurdo. – Ha dichiarato don Mario alla Nuova Sardegna –. La struttura non va bene per questo tipo di utilizzo e non è neppure adattabile. Le celle sono state considerate troppo strette anche per questo che doveva diventare un carcere di massima sicurezza. Pure gli spazi esterni sono ristretti. Non riesco a immaginare come vivrebbero queste persone che, oltre a tutto, scappano dai loro Paesi per disperazione. Diventerebbe una specie di lager”. Il parere negativo arrivato anche dalla Regione e dai Comuni interessati riguardo le condizioni peggiorative di detenzione previste dal nuovo decreto sicurezza non ha comunque fermato il ministro che ha ribadito la sua intenzione di farne un Cpr a qualunque costo. “Prima i sardi”, per l’appunto!

    “Il bando per l’affidamento è in corso – continua Francesca -. Sette ditte hanno concorso. Tre sono locali e quattro vengono dal continente. Tra queste c’è quella dal curriculum non esattamente promettente che ha gestito il Cara di Mineo, ed è anche quella che ha più probabilità di vincere la gara. Staremo a vedere. Nel frattempo come Campagna LasciateCIEntrare prepariamo la mobilitazione”.

    Cpr a parte, gli effetti del decreto “sicurezza” devono ancora sbarcare in Sardegna. A dispetto di chi urla di “invasione”, le presenze di rifugiati nell’isola è molto bassa ed in diminuzione. I dati del Viminale parlano di 2 mila 101 richiedenti asilo al 13 maggio di quest’anno. Poco più della metà delle presenze dell’anno precedente: 4 mila 155.

    “La nostra Regione non offre grandi attrattive occupazionali, a anche il settore agricolo non ha prospettive, così anche i migranti che presentano ricorso preferiscono andarsene prima di attendere la sentenza – continua Francesca -. Inoltre, l’isola è stata coinvolta in ritardo nella distribuzione dei flussi e nuovi arrivi praticamente non ce ne sono”.

    La contrazione del numero di Cas – 106 a fine 2018 contro 17 Sprar – è dovuta quindi più alla diminuzione delle presenze che al decreto Salvini, al quale sono comunque ascrivibili casi, difficilmente quantificabili, di revoca dell’accoglienza per i titolari della “vecchia” protezione umanitaria.

    “Gli effetti del decreto li sentiremo tra non molto, quando entrano in funzione i nuovi gestori. Attualmente sono in corso le procedure di affido per le provincie di Sassari e di Cagliari che sono quelle con la più alta percentuale di presenze. I tagli sono stati drammatici e dubitiamo che, con i nuovi capitolati di appalto, si riesca a garantire quei servizi come i corsi di lingua, la preparazione al colloquio con la commissione, gli accompagnamenti e l’assistenza sanitaria che già per le passate gestioni erano un punto dolente”.

    Altro punto dolente, la questione anagrafica. Nonostante le recenti sentenze dei tribunali, nessun Comune sardo ha concesso l’iscrizione ai richiedenti asilo. “Gli ufficiali dell’Anagrafe non vogliono esporsi e le amministrazioni fanno orecchie da mercante. Teniamo presente che in molti Comuni siamo prossimi alle elezioni – conclude Francesca -. A Cagliari inoltre, dopo il passaggio del sindaco Massimo Zedda al Consiglio Regionale, il Comune è stato commissariato e qualsiasi presa di posizione in merito è praticamente impossibile. L’unica strada sarà quella dei ricorsi al giudice”.

    https://www.lasciatecientrare.it/in-sardegna-il-carcere-diventa-un-cpr-la-casa-circondariale-di-mac
    #Italie #Sardaigne #asile #migrations #réfugiés #détention_administrative #rétention #Italie

  • Switch Between Light and Dark Mode in macOS Mojave Command Line
    https://hackernoon.com/switch-between-light-and-dark-mode-in-macos-mojave-command-line-b969cb3d

    Switch #mac theme using Command lineI recently updated my Mac to MacOs Mojave. It comes with various upgrades, the dark theme is one of them.Coming from the background of hardcode Linux user, I love anything which is black and dark. I loved the new dark theme for Mac, there was just one issue.Whenever I need to switch the theme to light or dark, I need to go to Appearance screen and select it. Well, not so efficient, so I made a small command line tool to switch the theme to light or dark.And as always, sharing with you how I made it.The problemWe need to somehow manage to do the system call in Mac via command line in order to achieve what we want, I don’t have much experience in developing apps for Mac and that’s an issue.But, I do have expertise in Node.js and I think I can figure out a way (...)

    #javascript #nodejs #macos-mojave-command-line #light-and-dark-mode

  • Macopharma Mouvaux, la galaxie Mulliez et son optimisation fiscale, et le sang
    https://www.youtube.com/watch?v=CpkGhPuDhUs

    Il y a quelques jours, nous diffusions, en vidéo le témoignage de Meryam qui travaille dans une société de la galaxie #Mulliez - #Macopharma Mouvaux : « Mulliez et la vente à l’envers de Macopharma Mouvaux ? »
    Des milliers de vues, pour cette première vidéo sur les réseaux sociaux. La presse s’est très vite emparée de l’information, tout comme une radio libre qui a diffusé le témoignage, suivie par l’analyse de BenoÎt BOUSSEMARD grand spécialiste de l’empire Mulliez. Benoît BOUSSEMARD nous explique de manière factuelle, comment les Mulliez travaillent scientifiquement à l’optimisation fiscale, leurs recherches vers des voies d’exploitation toujours plus efficace… Mais, le travailleur, la travailleuse, restent toujours très vulnérables ...

    #sang #violence #mulliez #macopharma #femmes #harcèlement #transfusion #licenciements #travail

  • Will #linux (Finally) Win the #desktop War Because No One Else Cares?
    https://hackernoon.com/will-linux-finally-win-the-desktop-war-because-no-one-else-cares-5816c7f

    Every year for as long as I remember Linux aficionados claimed that “next year will be the year of the Linux Desktop.” This continued until sometime a couple of years ago. When much of the community realized that with the proliferation of servers, containers, and mobile devices (I’m claiming Android and ChromeOS to a degree) running Linux meant that the community had won the OS war anyway, just not on the desktop.With Apple increasingly looking like it’s losing interest in #macos, and issuing mixed messages on the future of the platform, from promising to update its pro line, while simultaneously alluding to merge macOS and iOS hardware and software further. Read this Bloomberg article and you’ll realize that Apple’s homemade chips are actually pretty powerful and impressive, but they are (...)

    #tech #windows

  • Install and Use GNU Command Line Tools on macOS/OS X - Top Bug Net
    https://www.topbug.net/blog/2013/04/14/install-and-use-gnu-command-line-tools-in-mac-os-x

    If you are moving onto macOS/OS X from GNU/Linux, you would probably find out that the command line tools shipped with OS X are not as powerful and easy to use as the tools in Linux. The reason is that macOS/Mac OS X uses the BSD version command line tools, which are different from the Linux version, while they are both compliant with POSIX standards. But we can easily install the GNU command line tools by using Homebrew in Mac OS X and set them as default.

    Je serais juste un peu prudent avec l’option --default-names qu’ils utilisent : avec ça les outils GNU remplacent ceux de BSD au lieu de les installer avec un ’g’ devant.
    Ça pourrait casser des scripts OSX existant.

    #Linux #GNU #BSD #homebrew #osx #macOS #darwin

    • « Safari casse ces standards en les remplaçant par un ensemble de règles mouvantes qui va dégrader l’expérience utilisateur et saboter le modèle économique d’internet »

      Pour le modèle économique je sais pas, mais pour les standards c’est pas faux.