• Il privilegio del passaporto

    Quanto vale la libertà?

    I termini “migrazioni” e “migranti” sono quelli utilizzati soprattutto per parlare delle persone che provengono, principalmente, dal Sud America, dall’Africa, dal Medio Oriente e dal Sud dell’Asia.

    Per indicare invece lo spostamento delle persone che provengono dagli Stati Uniti, dal Giappone o dai Paesi dell’Unione Europea, i termini utilizzati sono principalmente “viaggio”, “expat”, “fuga di cervelli”.

    Questa asimmetria linguistica utilizzata per descrivere la mobilità umana ci suggerisce che esiste una disparità non solo dettata dalla percezione che si ha delle persone che “si spostano” ma anche, evidentemente, dal privilegio della nazionalità del Paese di provenienza. Tale privilegio dipende non solo dalla ricchezza del Paese in cui si nasce – al netto di tutte le disparità sociali che troviamo anche all’interno dei Paesi ricchi -, ma dal passaporto.
    Tutti i passaporti sono uguali ma alcuni sono più uguali di altri

    Nonostante la definizione di passaporto sia generalmente nota, difficilmente ci si sofferma a riflettere sulla potenza di un documento simile e sul suo significato. Il passaporto viene utilizzato per viaggiare da un Paese all’altro, è il lasciapassare, per l’appunto, per poter superare i confini e raggiungere la destinazione desiderata.

    Tuttavia, il passaporto è un’invenzione piuttosto recente. Nell’inchiesta Passaporti d’oro (o The man Who knows no boundaries), scritta dal giornalista Hannes Grassegger su Das Magazin e tradotta da Internazionale, si legge: “solo nella metà del ‘900 si è imposto l’obbligo del visto e quindi anche di dimostrare la cittadinanza. Storicamente, il passaporto […] è l’evoluzione dell’antico salvacondotto che garantiva una protezione ai nobili o ai loro emissari”. E ancora, “la ricercatrice Ayelet Schachar – giurista, Università di Toronto – parla di una lotteria dei passaporti in cui il paese di nascita condanna la maggioranza dell’umanità a stare tra i perdenti”.

    In effetti, se si osserva la classifica aggiornata del Global Passport Power Rank 2023, si noterà che tra i primi sette spiccano principalmente i Paesi nord occidentali – l’Italia è tra i passaporti che si trovano al secondo posto.

    L’unica eccezione sono gli Emirati Arabi Uniti (EAU) che si trovano al primo posto della classifica, infatti: “gli EAU hanno battuto paesi del calibro di Germania, Svezia, Finlandia e Lussemburgo nell’ultima classifica, anche se questi paesi sono tutti tra i primi cinque”, riporta la giornalista Natasha Turak sulla testata CNBC. In sostanza, se si è titolari di un passaporto degli EAU, è possibile viaggiare in un numero enorme di paesi senza visto e in molti altri è possibile ottenere un visto direttamente al proprio arrivo: la popolazione espatriata ammonta a circa l’88,52%, ovvero 9,0 milioni, mentre i cittadini emiratini ammontano solo all’11,48%, ovvero 1,17 milioni, secondo le statistiche del Global Media Insight.

    A differenza di persone di nazionalità siriana, nigeriana, sudanese o pakistana, ad esempio, una persona di nazionalità emiratina può entrare nell’area Schengen senza dover chiedere il visto e ciò dipende principalmente dalle relazioni economico-diplomatiche tra gli EAU e l’Unione Europea (UE), costituiti da accordi bilaterali per l’approvvigionamento di energia e il commercio – chiudendo, tuttavia, un occhio sulle violazioni dei diritti umani che si consumano quotidianamente nel ricco Paese del Golfo.

    L’assenza di vie legali effettivamente percorribili per entrare nei Paesi UE, l’impossibilità di ottenere visti di viaggio presso le ambasciate dei Paesi europei stanno alla base della creazione di un doppio binario: uno è quello percorso dalle persone costrette, ad esempio, a dover attraversare la pericolosa rotta del Mediterraneo, oppure cercare di oltrepassare i confini dalle rotte balcaniche (affrontando respingimenti violenti e illegali da parte delle autorità di frontiera). L’altro è il binario di prima classe e a cui i Paesi europei aprono le porte, ed è percorso da coloro che possono permettersi di acquistare i cosiddetti visti o passaporti d’oro.

    Passaporti e visti d’oro

    Come anticipato, se per la maggior parte delle persone provenienti dai Paesi del Sud Globale viaggiare in Europa legalmente risulta essere una corsa a ostacoli impossibile da superare, le procedure per ottenere visti e passaporti sono molto più semplici per alcune categorie di persone. Tali operazioni sono possibili per via di determinati schemi dell’area Schengen, come viene spiegato nel sito ufficiale della stessa: il Golden Visa è un programma di immigrazione che garantisce a persone facoltose un permesso di soggiorno in un paese straniero in cambio di un importante investimento. Il Golden Passport, invece, è un programma che garantisce [l’acquisizione] della cittadinanza e del passaporto del paese in cui si investe. In entrambi i casi, solitamente, all’investitore/trice non è richiesto di vivere a tempo pieno nel paese in cui ha investito.

    Per poter beneficiare di un visto d’oro o di un passaporto d’oro in Europa, l’investimento dovrebbe essere piuttosto elevato: si tratta di una somma che varia dai centinaia di migliaia ai milioni di dollari. A questo proposito, nel 2018, la coalizione Transparency International, ha pubblicato un rapporto dal titolo European Getaway 1 in cui è stato analizzato l’elevato rischio di corruzione generato dagli schemi Golden Visa e Golden Passport. Innanzitutto, si legge nel rapporto, almeno dal 2008 al 2018, nell’UE, 6 mila cittadini stranieri hanno ottenuto la cittadinanza e quasi 100 mila hanno ottenuto la residenza UE attraverso visti e passaporti d’oro. “Spagna, Ungheria, Lettonia, Portogallo e Regno Unito (prima della Brexit, l’uscita di quest’ultimo dall’Ue) hanno concesso il maggior numero di visti d’oro – oltre 10.000 ciascuno – agli investitori e alle loro famiglie. Seguono Grecia, Cipro e Malta”. I programmi dei visti d’oro, sempre nel medesimo arco di tempo, hanno attirato circa 25 miliardi di euro in investimenti diretti esteri.

    Tuttavia, come riporta la Transparency International, sebbene tali schemi siano legali, il rischio di corruzione deriva dalla scarsa trasparenza degli Stati UE (ad esempio, si legge nel rapporto, nessuno dei Paesi UE ha reso pubblica la lista degli investitori tranne Austria e Malta), sia perché – analizzando in modo particolare i casi di Cipro, Malta e Portogallo – è stata riscontrata una grave carenza sui dovuti controlli nei confronti di chi richiede tali documenti.

    Sia perché, come viene spiegato nel rapporto, gli schemi per l’ottenimento dei visti d’oro sono altamente desiderabili per chiunque abbia a che fare con la corruzione, in quanto offrono l’accesso a un rifugio sicuro – “e non soltanto in termini di stile di vita di lusso, quanto ad esempio in campo bancario, dove un cliente munito di passaporto UE si troverà in una posizione agevolata rispetto a chi proviene da un Paese considerato a rischio o sottoposto a sanzioni”, come ha spiegato il giornalista Duccio Facchini su Altreconomia.

    Dell’alto rischio di vendere visti e passaporti d’oro a ricchi investitori senza i dovuti controlli, ha molto parlato il Guardian che ad esempio, nel 2017, nell’articolo Corrupt Brazilian tycoon among applicants for Portugal’s golden visas ha riportato diversi casi di imprenditori brasiliani condannati, o accusati di corruzione, che hanno acquistato proprietà in Portogallo con il fine di ottenere visti d’oro. Di seguito alcuni esempi (tra i tanti): Otavio Azevedo, un ricco imprenditore brasiliano condannato a 18 anni di carcere per corruzione. Due anni prima del suo arresto, Azevedo aveva acquistato una proprietà da 1,4 milioni di euro a Lisbona e successivamente aveva chiesto un visto d’oro nel 2014; Pedro Novis, ex presidente e amministratore delegato di Odebrecht, la più grande impresa di costruzioni del Sud America, ha acquistato nel 2013 una proprietà da 1,7 milioni di euro a Lisbona. Questo acquisto è stato la base per la sua richiesta di visto d’oro presentata alla fine del 2013. La società è stata accusata di molteplici reati di corruzione in tutta l’America Latina; Carlos Pires Oliveira Dias, vicepresidente del gruppo edile Camargo Correa, ha investito 1,5 milioni di euro in Portogallo nell’ambito del programma Golden Resident nel 2014 – il gruppo Camargo Correa è stato anche collegato allo scandalo Car Wash (operazione della polizia federale brasiliana su gravi reati legati alla corruzione). Oliveira Dias ha confermato di aver ottenuto il visto d’oro.
    L’UE “corre ai ripari“

    Nel 2020 la Commissione Europea ha dato avvio a due procedimenti di infrazione rispettivamente contro Cipro e Malta ritenendo che la concessione della cittadinanza UE in cambio di pagamenti o investimenti predeterminati, senza alcun legame reale con lo Stato membro interessato, fosse in violazione del diritto dell’UE – in particolare dell’articolo 4(3) del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea.

    La stretta sulla vendita dei passaporti d’oro si è ulteriormente intensificata in seguito allo scoppio della guerra in Ucraina, per impedire agli oligarchi russi – che già prima usufruivano dei programmi Golden Visa e Golden Passport, in particolare attraverso i programmi di Cipro – di entrare in UE. Nell’inchiesta “Passaporti d’Oro” del giornalista Grassagger, viene spiegato che all’inizio della guerra, molti cittadini russi benestanti hanno quindi acquistato il passaporto turco: “non uno falso, si badi”, spiega Grassager, “ma quello che si ottiene legalmente in cambio di denaro. La questione in Turchia è regolata dall’articolo 12 della legge n. 5901 sulla cittadinanza, in base alla quale, per diventare turchi, bisogna dimostrare di aver comprato immobili in Turchia per un valore minimo di 400 mila dollari oppure di aver creato cinquanta posti di lavoro o di aver portato in Turchia mezzo milione di dollari investendo in imprese turche per un minimo di tre anni”.

    Nel 2022, riporta il Middle East Monitor, 5 mila cittadini russi hanno acquistato la cittadinanza turca allo scoppio della guerra in Ucraina, specie a seguito delle pesanti sanzioni imposte dai Paesi occidentali. Nell’inchiesta Cyprus Papers (2020) della testata Al Jazeera, è stato rivelato che 2.500 cittadini milionari, inclusi criminali già condannati, hanno ottenuto la cittadinanza cipriota tramite investimento.

    Diversi Paesi europei hanno successivamente deciso di porre restrizioni sui programmi Golden Visa o Golden Passport, come riporta Euronews: nel febbraio 2023, l’Irlanda ha eliminato il suo programma di visti d’oro – l’Immigrant Investor Program – che offriva la residenza irlandese in cambio di una donazione di 500 mila euro o di un investimento triennale annuale di 1 milione di euro nel paese; nello stesso mese il primo ministro portoghese António Costa ha annunciato l’intenzione di porre fine al programma di residenza per contrastare la speculazione sui prezzi immobiliari e sugli affitti.

    Nel mese di settembre 2023, il Portogallo ha definitivamente chiuso il programma Golden Visa, pur concedendo il rinnovo dei visti d’oro già acquisiti.

    Anche l’Italia ha il suo programma Golden Visa (o Visto per Investitori). I beneficiari devono investire almeno 500 mila euro (250 mila euro se si tratta di start-up innovative) in una società per azioni italiana, un contributo di beneficenza di 1 milione di euro a favore di un ente impegnato in un settore specifico come quello dei beni culturali o paesaggistici, o in titoli di Stato per un importo di almeno 2 milioni di euro.

    Benché per l’ottenimento della cittadinanza sia necessario comunque aver maturato i 10 anni di residenza, se si è cittadini extra-UE, e si possiede il denaro necessario, è possibile ottenere un visto di durata biennale (con possibile rinnovo di altri tre anni). L’Italia ha inoltre sospeso i visti d’oro per coloro che sono di cittadinanza russa o bielorussa con un anno di ritardo rispetto ai provvedimenti UE.
    Conclusione: un mercato che si espande mentre le disuguaglianze aumentano

    Henley & Partners, Arton Capital, Cs global partners, PwC sono solo alcune delle aziende di consulenza che agiscono da intermediarie tra cittadini stranieri milionari e i Paesi con programmi Golden Visa o Golden Passport desiderabili. “Secondo le stime di Kristin Surak, sociologa della London School of Economics”, scrive Grasseger nella sua inchiesta, “ogni anno nel mondo si ottengono circa 25 mila cittadinanze in cambio di denaro”.

    E mentre le persone ricche continuano a godere del diritto alla libertà di movimento, tutte le altre non hanno diritto di avere diritti: dall’ennesimo rigetto di visto dalle ambasciate dei Paesi UE fino ai respingimenti sistematici alle frontiere, dalla criminalizzazione strutturale che le conduce nei centri di detenzione fino alla stipulazione di accordi bilaterali con Libia e Tunisia (nonostante le gravi violazioni dei diritti umani di queste ultime ai danni delle persone migranti).

    Non si potrà mai parlare del rispetto dei diritti fondamentali di ogni cittadino/a finché l’accesso a questi ultimi viene garantito solo a chi può permetterselo.

    https://www.meltingpot.org/2023/10/il-privilegio-del-passaporto

    #passeport #privilège #migrations #visa #visas #business #passeports #Golden_Visa #citoyenneté #Golden_Passport #Chypre #Malte

    –—

    ajouté à la métaliste sur la #vente de #passeports et de la #citoyenneté de la part de pays européens/occidentaux à des riches citoyen·nes non-EU :
    https://seenthis.net/messages/1024213

  • Réflexions en marge d’une tragédie de Pierre Vidal-Naquet, 1970

    Il est (...) profondément naturel que le combat de ce peuple [palestinien] dont l’existence même a été, est encore niée soit compris et au besoin soutenu par ceux pour qui l’internationalisme a encore un sens. Mais il ne s’ensuit pas pour autant que cette lutte nécessaire doive être menée avec les armes de l’illusion idéologique et de la mystification apaisante. En particulier il convient de dire, à mon sens, avec la plus grande netteté et une franchise totale que ceux qui répandent la vision idyllique d’une Palestine « laïque et démocratique », unitaire ou binationale se méprennent gravement à la fois sur les objectifs actuels du mouvement palestinien et sur les possibilités réelles de mettre en œuvre une telle solution. Ce qui rend au contraire le conflit israélo-palestinien si profond, si total, c’est qu’il n’est que, pour l’instant, un conflit de délimitation de souveraineté. C’est un conflit pour une même terre entre deux peuples dont l’un, développé, utilise et au besoin force l’appui des collectivités juives de l’Occident capitaliste et de cet Occident tout entier, et dont l’autre, sous-développé, s’insère dans le contexte d’une « révolution arabe » qui est reconquête de l’identité nationale pulvérisée, promesse peut-être à long terme de développement autonome mais qui se situe sur un plan tout différent de celui du combat révolutionnaire et socialiste dont Mai 68 a démontré qu’il n’était pas impossible dans un pays développé.

    En fait, la revendication palestinienne apparaît comme très exactement symétrique du mouvement même qui l’a provoquée, je veux dire de l’établissement sioniste : c’est ce que montre de façon saisissante le texte qui jusqu’à maintenant exprime avec le plus de netteté et de façon officielle la position de la révolution palestinienne — texte que ne sauraient annuler, pour le moment, des déclarations de circonstances : le « pacte national palestinien » adopté au premier congrès palestinien tenu à Jérusalem en mai 1964, texte modifié et amendé au quatrième congrès tenu au Caire en juillet 1968. L’article 4 de ce texte est ainsi rédigé : « La personnalité palestinienne est un caractère inné, persistant qui ne peut disparaître et qui est transmis de père à fils. » Comme l’a observé avec une lucidité féroce le général et arabisant israélien Y. Harkabi (Maariv, 12 décembre 1969), compte tenu du fait que dans la tradition arabo-islamique la filiation est patrilinéaire et que dans la tradition juive elle est matrilinéaire, nous avons là très exactement la contrepartie palestinienne de la « loi du retour ». Il en résulte aussi que la qualité de « palestinien » ne résulte pas d’un contrat (pas plus que la qualité de juif israélien dont tous les fils de mère juive sont les bénéficiaires possibles), mais est transmise exclusivement par la naissance.

    Quant à l’article 6 de ce même document, il précise que les « juifs » qui vivaient en Palestine de façon permanente avant les débuts de l’invasion sioniste « seront considérés comme Palestiniens ». Comme les « débuts » de « l’invasion sioniste » sont fixés par ailleurs à 1917 (déclaration Balfour) la conséquence est facile à tirer. Il est vrai que des déclarations récentes ont corrigé ces affirmations et que les dernières publications d’Al Fatah évoquent une Palestine dont feraient partie tous les habitants du pays, juifs, arabes, israéliens, personnes vivant dans les territoires occupés, exilés ou réfugiés, mais ces textes n’ont jamais eu le caractère solennel du « pacte national » de 1968.

    https://sinedjib.com/index.php/2023/10/27/vidal-naquet-2
    #représentation #malheur_du_jour

  • Substances chimiques : « Aucun débat ne s’engage sur nos usages, alors que se déploie sous nos yeux une catastrophe », Stéphane Foucart

    Les dégâts sanitaires attribués aux substances de synthèse dangereuses, évalués à plus de 30 milliards d’euros par an en Europe par la Commission européenne elle-même, n’y ont rien fait. Bruxelles a annoncé l’abandon de la révision du règlement Reach sur les produits chimiques

    Voilà, c’est fini. La Commission européenne a abandonné l’idée d’adopter dans cette législature, qui s’achève en juin 2024, la réforme du règlement communautaire sur les #produits_chimiques, l’une des mesures les plus ambitieuses du #Pacte_vert (ou #Green_Deal) annoncé par Ursula von der Leyen, en 2019. Ce n’est pas une surprise. Le pacte n’a cessé de s’étioler au fil des mois, détricoté par une majorité d’Etats membres et par l’aile droite du Parlement européen. Le bilan, qu’il faudra bien tirer un jour, risque d’être cruel.

    La réforme du règlement Reach (Enregistrement, évaluation et autorisation des produits chimiques) devait notamment permettre d’exclure les familles chimiques les plus dangereuses, qu’il s’agisse de plastifiants, de solvants, d’ignifuges, d’imperméabilisants, de cosmétiques, de nanomatériaux, etc. C’est-à-dire une diversité de substances présentes dans les objets du quotidien et qui finissent, d’une manière ou d’une autre, par se retrouver dans l’eau, l’environnement, la chaîne alimentaire et in fine dans les organismes de dizaines de millions d’Européens.

    Il est difficile de donner à voir toute l’étendue et toute la profondeur de la faillite politique que constitue l’abandon de cette révision. Pour le comprendre, il faut consulter quelques passages-clés de l’étude d’impact conduite par les services de l’exécutif européen lui-même. Ces pages devaient demeurer confidentielles, mais Le Monde et le quotidien britannique The Guardian en ont révélé des paragraphes éclairants en juillet. « Des bénéfices directs, pour la santé des consommateurs et des travailleurs, comme une meilleure fertilité, une baisse d’incidence de l’obésité, de l’asthme, de maladies neurologiques et du cancer sont attendus de la réduction d’exposition aux produits chimiques les plus dangereux », y lit-on.

    La catastrophe est officiellement là

    Un chiffre, établi par la Commission européenne, permet d’apprécier la magnitude de ces dégâts. Les mesures de retrait les plus ambitieuses des molécules problématiques représenteraient quelque 31 milliards d’euros de bénéfices annuels en termes de #maladies évitées (les pertes associées pour les #industriels étant environ dix fois moindres). C’est évidemment énorme, mais ces chiffrages économiques – la seule métrique que les élites occidentales semblent capables de comprendre – ont tendance à invisibiliser ce qu’ils sont pourtant censés refléter : la maladie et la souffrance, la détresse, le malheur et la mort.
    Pourtant, la révision de Reach a été abandonnée. Ni l’ampleur des dégâts ni le caractère incontrôlable de nos usages de la #chimie_de_synthèse ne semblent, outre quelques aménagements à la marge, pouvoir enclencher le changement. La #catastrophe est officiellement là. Dans un message adressé à ses cadres en septembre et révélé le 18 octobre par Le Canard enchaîné, le directeur de l’agence régionale de santé (ARS) d’Occitanie écrit : « Très clairement, nous allons devoir changer d’approche et de discours ; il y a des #PFAS_ [molécules per- et polyfluoroalkylées] _et des métabolites [produits de dégradation de #pesticides] partout. Et plus on va en chercher, plus on va en trouver. » La situation est si ingérable que l’intéressé écrit dans son courriel que la sécurité sanitaire de l’#eau distribuée n’est plus garantie.

    La contamination généralisée des eaux de surface et souterraines ne concerne pas seulement l’Occitanie mais l’ensemble du territoire national, en particulier le Bassin parisien, la région lyonnaise, les Hauts-de-France, la Loire-Atlantique, la Vienne et bien d’autres zones. Dernier événement en date : le 18 octobre, l’agglomération de La Rochelle fermait provisoirement ses quinze captages pour cause de contamination des nappes phréatiques par un métabolite très persistant du chlorothalonil – un fongicide interdit en 2020. L’eau sera prélevée jusqu’à nouvel ordre dans la Charente.

    Dangereuse cécité

    Dans le courriel révélé par Le Canard enchaîné, le directeur de l’#ARS Occitanie recommande enfin de ne pas mettre en œuvre les contrôles renforcés de l’#eau_potable prévus pour 2026, suspectant que de nouvelles découvertes désagréables ne rendent la situation plus inextricable encore. Un haut responsable de #santé_publique qui confesse sa volonté de ne pas connaître la réalité d’un problème au motif de son ampleur prévisible, cela devrait porter l’ensemble de la société à la plus profonde inquiétude.
    Il n’en est rien. Ni à Bruxelles, ni à Paris, ni dans la plupart des capitales européennes, ni au Parlement européen. En témoigne, on l’a vu, le report sine die de la réforme de #Reach, mais aussi la guérilla menée par la droite européenne contre le règlement sur l’usage durable des pesticides (règlement SUR), en cours de discussion.

    Le projet est du reste déjà moribond. Le principal indicateur de risque (dit « HRI-1 »), la méthode de mesure qui doit objectiver l’utilisation des pesticides dans l’UE, est le fruit d’un trucage manifeste, comme cela a déjà été raconté dans Le Monde. Les Vingt-Sept s’apprêtent à naviguer munis d’une boussole qui indique le sud : ce n’est pas très encourageant.
    Ainsi, alors que se déploie sous nos yeux une catastrophe dont nul ne peut plus nier la réalité, aucun débat ne s’engage sur nos usages de la chimie. Frappés d’une dangereuse cécité, la plus grande part de nos responsables politiques sont prisonniers de leurs automatismes, et bredouillent inlassablement les mêmes mots-clés dont plus personne ne sait trop ce qu’ils veulent dire : innovation, technologies vertes, compétitivité, etc. Il suffit d’écouter le discours prononcé le 17 octobre par le vice-président de la Commission européenne, Maros Sefcovic, où il justifie le report sine die de la révision de Reach : tout y est.
    https://www.lemonde.fr/planete/article/2023/10/22/substances-chimiques-aucun-debat-ne-s-engage-sur-nos-usages-alors-que-se-dep

    #écologie_capitaliste #écologie

  • One of the most popular text editors around has been infected with malicious ads | TechRadar
    https://www.techradar.com/pro/security/one-of-the-most-popular-text-editors-around-has-been-infected-with-malici

    Ah, le design des sites “respectables” en fait-il des complices des scammers ?
    En tout cas, pas loin...

    Cobalt Strike

    This is a popular tactic, seen multiple times before. On the search engine results page, the site titles are displayed in larger font compared to the links, making it easy for people to forget to double-check it and just click on the suggested result. Furthermore, Google is generally considered a trusted, safe environment, where people don’t question the motives of the sites being displayed there (especially on page one).

    #Design #Google #Malware

  • Restos du cœur : « L’aide alimentaire est à bout de souffle »
    https://reporterre.net/Restos-du-coeur-L-aide-alimentaire-est-a-bout-de-souffle

    Il y a eu le Covid, ainsi que la hausse de l’inflation des produits alimentaires. Mais c’est avant tout notre système économique qui creuse les inégalités. Les salaires n’augmentent pas suffisamment, les écarts de revenus se sont accrus, et des personnes qui travaillent ne peuvent pas payer leurs charges, dont l’alimentation. Quand on touche les minimas sociaux ou un petit salaire, l’alimentation est en effet l’une des variables d’ajustement dans un budget, avec des effets (et des coûts) importants sur la santé et le bien-être. Tout cela devrait nous enjoindre à réfléchir au problème de façon globale : que veut dire se nourrir ? De quelle alimentation parle-t-on ? Quelle est la vie des paysans, à l’autre bout de la chaîne ? Bref, il est important d’appréhender ces enjeux de façon systémique, plutôt que de se pencher seulement sur une partie du problème.

  • Aujourd’hui lors de la queue au supermarché.
    La cliente qui me précède pose habilement le petit truc séparateur entre clients derrière ses produits, je l’en remercie et et elle m’adresse un beau sourire.
    Elle n’avait pas beaucoup d’articles, mais notamment un #saucisson, c’est peut-être pourquoi la caissière lui lance un aimable « Ça sent l’apéro ».
    La cliente lui répond : « en fait c’est mon #anniversaire, mais ma famille n’est pas là, alors je vais fêter ça toute seule »
    J’ai hésité à lui proposer de partager mes bières avec son saucisson.
    Le temps de réagir, ce moment fugace était terminé.

    • Hier, on est passé à un magasin de producteurs. Comme on est dans les Hautes-Pyrénées (terre d’élevage), ils ont un très bon rayon boucherie, même pas plus cher que le supermarché.
      On est tout seuls.
      Je demande à la personne qui encaisse si c’est habituel (comme on choisit nos horaires, on cherche les heures creuses).

      « Non, là, c’est juste que les gens sont au bout. Ils n’y arrivent plus, c’est fini. ».

      Là, on parle de la classe moyenne pas trop gênée en fin de mois. C’est la clientèle du lieu.

      Le Lidl pas loin a un sas de sécurité pour entrer. Comme dans une banque. Je ne sais pas depuis combien de temps. Je pense me souvenir que la chaine avait mis en place ce système avec affichage de messages en leds lors du covid, pour filtrer/compter les clients. Je n’y vais pas souvent, mais j’ai l’impression que le dispositif ne marchait plus.

      Plus tard, je passe au Netto en bas de chez moi pour un article qui ne s’y trouve pas. J’ai voulu sortir sans achat par les caisses, comme je le fais de temps en temps quand je ne trouve rien. Cette fois, le caissier a été très agressif et m’a ordonné d’ouvrir mon sac devant tout le monde.

      Bref, ça sent pas le joie et la prospérité, tout ça.

    • La pauvreté et la faim dans l’immeuble contre ma maison. Les fins de mois sont hard et iels fument beaucoup. J’essaye d’être attentive et de faire trop à manger pour apporter aux voisin‧es. J’ai peur d’en rater d’autres. Pour des tas de raisons je ne suis pas forcément en relation avec tou‧tes vu les arrivées et départs réguliers. J’ai peur. Je mange à ma faim ainsi que deux de mes enfants adultes qui travaillent et habitent avec moi. Iels ne trouvent pas de logement .

    • Ben moi je vais au marché, et justement hier, on a convenu avec la femme portugaise qui a son stand de beignets de morue hyper bons qu’il y a des sujets qu’il ne faut pas aborder :

      Donc aujourd’hui si tu veux pas revenir déprimer chez toi avec ton cabas, et même si tu croyais avoir affaire à des humains ne parle pas
      – de politique
      – de police
      – de macron
      – de Nahel
      – d’émigration
      – du temps qu’il fait (ça c’est elle qui l’a ajouté et elle a cité un exemple que j’ai oublié où elle est revenue chez elle déprimée pour une histoire de météo)

      C’était mon tour hier de revenir déprimée parce que le volailler a trouvé que la mère de Nahel n’aurait pas du lui laisser les clefs de la voiture alors qu’il était mineur. Et pourquoi il s’est pas arrêté aussi hein. Et cinq minutes après il te dit que tout le monde déteste la police et que lui aussi. Ils sont tous moulinés à Cnews et à je sais plus quelle chaine de merde en continue qui te vomit des trucs infects et faux à répéter à tes clients au marché. Sauf la dame portugaise évidemment, mais j’ai pas creusé puisqu’on a parlé que du sujet de ne pas en parler, ça mange pas de beignet.

      Je dois être maso, je ne lâche pas l’idée que c’est à cet endroit que ça se passe. Quand j’ai la patate, je peux te retourner tout ce petit monde et tenir la conversation contre trois fachos du quotidien mais quand jaillit un « …toute la misère du monde » les bras et la langue me tombent bien souvent.

    • Cet été, suite à not’fête des voisins en décalé, on s’est retrouvés à 6 ou 7 pour terminer la soirée, dont le dernier arrivé, militaire de carrière. Autour de la table, c’est lui qui a calmé le jeu sur les émeutes... en allant à rebours des idées de CNews & cie. Les îlots d’humanité sont rares, et méritent d’être cultivés avec soin.
      J’avoue être lache la plupart du temps. Le voisin du dernier qui est raciste, j’arrête la discussion quand il se lance dans telle diatribe. Quand l’ancienne voisine flic nous lançait sur les cassos, j’essayais, mais je sentais bien que de toute façon, l’intello-bobo-chef-d-entreprise n’avait pas grande légitimité à dire quoi que ce soit à l’encontre de ces gens au contact quotidien du pire de l’humanité.

    • France travail est spécifiquement pensé pour faire des ravages.
      La fermeture de l’observatoire de la pauvreté anticipait ce qui est dans les cartons depuis le début : une paupérisation de masse dans le cadre d’une reconversion massive de la France comme pays à activité essentiellement touristique.

      Dans ce cadre précis, tu n’a pas besoin de système d’éducation ou de santé performants.

    • C’est très étonnant la tournure qu’a pris ce fil, je ne pensais pas du tout à la pauvreté quand j’ai écrit ces quelques lignes. Je pensais à la solitude, mais aussi comment dans ce supermarché (qui est l’un des plus crade de la ville où j’habite, et où je vais régulièrement) il y a des moments d’humanité. Chacun-e lit ce qu’il veut dans ces épisodes.

      Annexe 1 : c’était une caisse « chèque et carte seulement », ce que « la cliente qui me précède » n’avait pas remarqué. Devant sa détresse, la caissière a aussitôt demandé à sa voisine caissière si elle pouvait encaisser les espèces « c’est son anniversaire ». Ce qui fût fait.

      Annexe 2 : cette même caissière à également scanné mon pack de bière comme une seule canette (je soupçonne que c’est involontaire). Ça m’est déjà arrivé, et j’avais alors attiré l’attention de la caissière sur son erreur, de crainte qu’elle en pâtisse. Mais entre-temps j’ai réalisé qu’il n’y a pas de raison qu’elle soit pénalisée, alors hier j’ai rien dit.

      Annexe 3 : je me souviens d’un texte que j’ai lu sur masto dans lequel il était dit « n’essayez pas de faciliter la vie des caissières en anticipant les questions standards, vous les privez des quelques secondes de répit que la machine leur accorde ».

    • La pauvreté (le manque d’argent) crée fatalement de la solitude dans une société où chaque bouffée d’air que tu respires est devenue monétisable.
      Chaque fois que nous invitons des amis à table, on a du mal à s’en remettre.
      Ça marche aussi pour :
      – à chaque fois qu’on voyage pour rencontrer la famille qui est loin
      – à chaque fois qu’on reçoit des invitations pour un évènement local où il te faut fatalement passer à la caisse
      – à chaque fois que nous offrons des cadeaux aux enfants et petits-enfants

      Depuis 2017, (année de l’élection de la petite crapule libertarienne) on « déconsomme » de ouf. On peut se passer de beaucoup de choses mais des amis, c’est le truc le plus difficile.

      Après, tu as les bourgeois middle class qui viennent t’expliquer qu’il faut rester « positif » ... Comme si chaque gorgée d’humiliation quotidienne n’était pas encore assez amère.
      Du coup je vais passer faire un tour chez Walmart pour m’acheter des coupe-faim Ou me faire prescrire des anxiolytiques par mon MT ? J’hésite ...

    • @monolecte : je crois bien que tu as oublié la CAF dans ton descriptif de création de pauvreté. C’est pas pour moi que je le mentionne mais pour mon « petit » dernier (27 ans) qui tombe de Charybde en Scylla dans « l’entreprise de sa vie ». Le moindre faux pas est désormais fatal. Plus aucune chance de remonter la pente vers un niveau de vie décent. Heureusement, il lui reste la musique ...

      #non-recours (dsl pour le trollage @grommeleur)

      https://www.youtube.com/watch?v=UB_5arrnAYw

  • Malea: an investigation into the ‘Ndrangheta groups between Calabria and Luxembourg
    https://irpimedia.irpi.eu/en-malea-investigation-ndrangheta-calabria-luxembourg

    Since the 1980s, a group of Calabrian entrepreneurs have been living in Luxembourg. Their sons now own pubs and restaurants. However, according to an investigation by the anti-Mafia prosecutor’s office, however, they are linked to a cosca from a small town in Calabria Clicca per leggere l’articolo Malea: an investigation into the ‘Ndrangheta groups between Calabria and Luxembourg pubblicato su IrpiMedia.

  • Glyphosate : un lien entre l’herbicide et les malformations prénatales établi pour la première fois – Libération
    https://www.liberation.fr/environnement/agriculture/glyphosate-un-lien-entre-lherbicide-et-les-malformations-prenatales-etabl

    2023-10-10 à 9h36

    Une première victoire historique après un long combat. La famille Grataloup a annoncé lundi 9 octobre au soir à plusieurs médias que le Fonds d’indemnisation des victimes de pesticides avait récemment retenu « la possibilité du lien de causalité entre la pathologie de l’enfant et l’exposition aux pesticides durant la période prénatale du fait de l’activité professionnelle de l’un ou des deux parents ». Une indemnisation de l’ordre de 36 000 euros, selon France Info, pour un enfant, Théo, né avec de graves malformations de l’œsophage et du larynx et ayant déjà subi 54 opérations chirurgicales. Son dossier sera réévalué à sa majorité, en 2025.

  • 8 octobre 2023 · Le Covid-19, une maladie vasculaire
    https://cabrioles.substack.com/p/8-octobre-2023-le-covid-19-une-maladie

    Bonjour,

    Le Covid-19 a initialement été pensé sur le modèle de la grippe comme affectant essentiellement les poumons. Mais le #Covid-19 n’est pas la grippe, notamment parceque contrairement à la grippe, le Sars-Cov-2 utilise comme récepteur l’enzyme de conversion de l’angiotensine 2, ou ACE2 pour infecter notre organisme.

    Cette enzyme est présente dans de très nombreux organes, ce qui fait du Covid-19, bien plus qu’une maladie respiratoire, une maladie multisystémique pouvant impacter de multiples systèmes organiques comme le système respiratoire mais aussi les systèmes gastro-intestinal et hépato-biliaire, ainsi que le système nerveux et le système cardio-neurovasculaire.

    L’impact sur ce dernier, et plus particulièrement sur les vaisseaux sanguins qui irriguent l’ensemble des systèmes organiques qui composent le corps, a été particulièrement souligné. Le Covid-19 semble avoir des effets importants sur l’endothelium, la paroi interne des vaisseaux sanguins qui joue un rôle majeur dans le fonctionnement normal des vaisseaux sanguins, prévenant notamment les phénomènes de coagulation et d’inflammation.

    L’affection de l’endothelium par le Covid-19 favorise ces phénomènes de coagulation et d’inflammation, entrainant la formation de caillots et de surinflammations suceptibles de provoquer des thromboses veineuses profondes, des crises cardiaques ou des accidents vasculaires cérébraux, ou encore des effets neurologiques à long terme.

    Le Covid-19 peut donc être décris comme une maladie multisystémique à fort tropisme #cardio-neurovasculaire.

    Les conséquences grandissantes des politiques d’infection de masse vont tôt ou tard être de plus en plus difficiles à invisibiliser. Les gouvernements qui ont présidés à l’abandon des populations et à la destruction des politiques de prévention pour satisfaire les désirs patronaux, de même que l’ensemble des médias qui les ont soutenus avec enthousiasme dans cette voie (avec en France le soutien notable des média dit de gauche), vont prétendre une chose : que de nouvelles découvertes ont été faites qui obligent à réévaluer les dommages du Covid-19, que jusqu’ici, nous ne savions pas.

    Il n’y a rien de plus faux.

    Les multiples aspects biologiques du #COVID_Long sont décris depuis les tous premiers mois de la pandémie.

    Et cela est particulièrement vrai en ce qui concerne les troubles du système cardio-neurovasculaire, leur implication dans les formes respiratoires graves et les dommages neurologiques.

    Pour faire le point nous vous proposons une poignée d’articles.

    Le Covid-19 est-il une maladie des vaisseaux sanguins ? | Dr Phoebe Kitscha

    Chaque COVID léger peut accroître le risque de problèmes cardiaques | Mariana Lenharo

    Comment le Covid-19 affecte le #cerveau | Jamie Ducharme

    Une attaque des vaisseaux sanguins pourrait déclencher la « deuxième phase » mortelle du Covid-19 | Catherine Matacic

    Covid-19 est aussi une maladie inflammatoire vasculaire, Marc Gozlan, 29/4/2020
    https://www.lemonde.fr/blog/realitesbiomedicales/2020/04/29/covid-19-est-aussi-une-maladie-inflammatoire-vasculaire

    #maladie_vasculaire

  • Yann Arthus-Bertrand se sépare de sa femme : Une rupture à cause de Parkinson
    https://www.pleinevie.fr/loisirs/celebrites/yann-arthus-bertrand-se-separe-de-sa-femme-une-rupture-a-cause-de-parkinso


    Alerte #Gros_Con
    On rappelle qu’on attend des #femmes qu’elles se transforment en infirmière quand leur conjoint est diminué par une #maladie, alors que clairement, on attend juste des hommes qu’ils se défaussent — une fois de plus — tout en geignant sur leur sort.
    #abandon
    💩

    L’état de santé de son épouse a semé le trouble dans leur vie de couple et a eu raison de l’amour qui existait entre eux. Yann Arthus-Bertrand, avec douleur, a énoncé la réalité de leur union depuis la maladie de sa femme. La maladie a changé le caractère de sa bien-aimée, la poussant à se refermer sur elle. Toutefois, il a accepté la situation et a fait preuve de compassion envers son ex-compagne.
    Un mari pas très présent ?

    Les propos de Yann Arthus-Bertrand étaient plein de culpabilité. Il a reconnu n’avoir pas été très présent pour sa femme depuis le début de la maladie. Selon lui, son épouse ne supportait plus son travail et elle se plaignait de ne pas recevoir l’attention qu’elle espérait. Aujourd’hui séparé de sa femme, le photographe se sent coupable d’abandon.

  • Des pics de crises cardiaques chez les jeunes suivent les vagues de COVID-19 | Erin McLaughlin, Maura Hohman [Video]
    https://cabrioles.substack.com/p/des-pics-de-crises-cardiaques-chez

    Une étude récente a montré que les crises cardiaques chez les personnes âgées de 25 à 44 ans ont augmenté de 30 % par rapport au nombre attendu au cours des deux premières années de la pandémie de COVID-19. Pour les survivant·es du #COVID-19, le risque de développer une maladie cardiaque même un an après l’infection, quelle que soit la gravité des symptômes, est « substantiel », selon une étude réalisée en février 2022 sur plus de 150 000 personnes atteintes de COVID-19. Le risque augmente même pour les personnes qui ne présentent aucun autre facteur de risque de maladie cardiaque.

    Erin McLaughlin est correspondante pour NBC News. Elle réalise des reportages pour l’ensemble de NBC News, MSNBC et les plateformes numériques, notamment « Nightly News », « The Today Show » et « NBC NewsNow ». Elle couvre la guerre entre l’Ukraine et la Russie depuis l’Ukraine et l’Europe de l’Est depuis janvier 2022. Elle a également assuré une couverture approfondie de la pandémie de COVID-19. Avant de rejoindre NBC News, Erin McLaughlin était correspondante internationale pour CNN Londres.

    Maura Hohman est rédactrice en chef de la rubrique santé de TODAY.com et couvre les actualités et les tendances en matière de santé et de bien-être depuis 2015. Ses articles ont été publiés sur TODAY, NBC News, US News & World Report, People, Everyday Health, WhatToExpect.com, History.com et bien d’autres encore. Elle s’intéresse notamment à la santé des femmes, aux disparités raciales en matière de santé, à la santé mentale et au COVID-19.

    #maladie_cardiaque #crises_cardiaques #post-covid

  • 🛑 La mère d’un enfant handicapé témoigne : « Je vis cette absence d’accompagnant comme une maltraitance »

    Les conditions de travail et la faible rémunération des AESH fait de l’école inclusive une promesse vaine. Témoignages d’accompagnantes livrées à eux-mêmes et de mères démunies et parfois, à bout de force (...)

    #enfant #handicap #AESH #maltraitance

    https://www.rue89strasbourg.com/la-mere-dun-enfant-handicape-temoigne-je-vis-cette-absence-daccompa

  • Crèches : « La démarchandisation de la petite enfance apparaît comme une impérieuse nécessité »
    https://www.lemonde.fr/idees/article/2023/09/24/creches-la-demarchandisation-de-la-petite-enfance-apparait-comme-une-imperie

    La multiplication des incidents, dont le décès d’une fillette survenu dans une #crèche lyonnaise en juin, a mis en lumière les dérives de l’ouverture de ce secteur aux acteurs privés lucratifs. Préalable à l’élaboration d’un véritable service public de la petite enfance, le député LFI-Nupes William Martinet réclame, dans une tribune au « Monde », l’ouverture d’une commission d’enquête parlementaire.

    Les Clochettes, La Maison des kangourous, Lapin et compagnie… Ce sont de doux noms qu’arborent les vitrines des #crèches_privée_ lucratives, où sont déposés, tous les matins, près de cent mille jeunes #enfants. En arrière-boutique, l’ambiance est moins féerique.
    Des #fonds_d’investissement capitalisés à hauteur de plusieurs milliards d’euros tirent les ficelles. Dans le portefeuille de ces fonds, les crèches cohabitent avec des pipelines en mer du Nord, une autoroute en Pologne ou encore de la fibre optique au Pays-Bas. Entre ces activités, un seul point commun : l’exigence d’un haut niveau de rentabilité pour satisfaire les investisseurs.

    Jusqu’à récemment, le business des crèches agissait dans l’ombre. Mais la multiplication des incidents, dont le drame qui coûta la vie à une fillette dans une crèche lyonnaise en juin, a fini par attirer l’attention. Rien qu’en cette rentrée deux livres-enquêtes accumulent les témoignages et décrivent un système où la recherche de profit conduit à la « #maltraitance économique » des enfants : des repas rationnés, des couches qui ne sont pas changées, des professionnelles épuisées, en sous-effectif et insuffisamment qualifiées. Les témoignages sont glaçants et inquiètent, à juste titre, les parents.

    Généreux crédit d’impôt

    Ces scandales sont l’aboutissement d’un long processus. Il y a vingt ans, les pouvoirs publics ont fait le choix d’ouvrir le secteur de la petite enfance aux acteurs privés lucratifs. Concrètement, les caisses d’allocations familiales (CAF) ont été sommées de financer indifféremment gestionnaires publics et privés. Un généreux #crédit_d’impôt a été créé pour compléter le modèle économique des entreprises de crèches. C’est le paradoxe de cette privatisation : le business des crèches se développe parce qu’il est biberonné à l’#argent_public.

    Aujourd’hui, la marchandisation de la #petite_enfance est un train fou que rien ne semble arrêter. Les gouvernements successifs, incapables de répondre à la pénurie de modes de garde, y ont vu un moyen de se décharger de leur responsabilité. Les entreprises de crèches se sont engouffrées dans un système qui leur assurait un haut niveau de profitabilité, jusqu’à 40 %, selon un rapport de l’inspection générale des affaires sociales (IGAS) publié en 2017.

    Résultat, depuis dix ans, l’essentiel des places de crèches ouvertes l’a été par le secteur privé lucratif. Autant d’argent public gâché car utilisé au profit d’une machine à cash plutôt que de l’épanouissement des jeunes enfants.
    Le lobby des entreprises de crèche n’a eu de cesse de revendiquer, d’obtenir et de mettre en œuvre avec empressement des normes plus faibles, plus souples, moins « contraignantes ». Le résultat est un grand nivellement par le bas, y compris chez certaines collectivités qui ont opportunément sous-traité au privé pour réduire leurs dépenses. La dégradation des conditions d’accueil a été encouragée par la difficulté de la protection maternelle infantile (#PMI) à exercer sa mission de contrôle sur un secteur privé en plein boom.

    Si les enfants sont les premières victimes de ce business, les professionnelles n’en subissent pas moins les conséquences. Elles sont presque exclusivement des #femmes, majoritairement payées au smic, aux conditions de travail épuisantes, mises malgré elles dans la position de rouage d’une machine maltraitante.

    Transparence

    Dans le privé lucratif, une #auxiliaire_de_puériculture avec dix ans d’ancienneté travaille pour un salaire inférieur de 8,1 % à celui du secteur associatif et de 12,6 % à celui du public. Il faut rendre hommage à ces femmes qui, dans leur extrême majorité, malgré les difficultés de leurs conditions de travail, s’efforcent de protéger les enfants de la pression financière qui pèse sur leurs épaules.

    La #démarchandisation de la petite enfance apparaît désormais comme une impérieuse nécessité. Il est temps de construire un véritable service public, gratuit, capable de répondre aux attentes des familles, organisé pour répondre aux besoins des enfants et s’appuyant sur des professionnelles qualifiées et enfin valorisées.

    Pour corriger ce système et entamer une transition, il faut d’abord en faire toute la transparence. Une demande de commission d’enquête parlementaire a été déposée dès le mois d’avril par le groupe parlementaire La France insoumise. Elle peut devenir une démarche transpartisane, faisant écho à l’émotion qui s’est exprimée dans l’ensemble des groupes politiques.

    Les jeunes enfants ne parlent pas, ou si peu, lorsqu’ils subissent des maltraitances. Mais grâce au témoignage des #parents et aux enquêtes des journalistes, désormais, nous savons. Ne nous rendons pas complices en détournant le regard. Agissons.

    aussi :
    Petite enfance : un rapport de l’Igas alerte sur la « maltraitance institutionnelle » pesant sur le personnel des crèches
    « Après le scandale des Ehpad, assurons-nous du bien-être des #bébés accueillis »
    Crèches : le secteur privé lucratif dans le viseur de deux sévères #livres-enquêtes
    « Nos crèches brûlent, et le président de la République regarde ailleurs »

    #machine_à_cash #salaire #travail_des_femmes #femmes

  • La France suspend les visas pour les étudiants du #Mali, #Burkina_Faso et #Niger

    Paris a décidé de suspendre les visas pour les étudiants du Mali, du Burkina Faso et du Niger. La France justifie sa décision par la fermeture de ses #services_consulaires dans ces pays. Les relations avec ces trois États sont tendues depuis les #coups_d’État successifs.

    Les étudiants originaires du Mali, du Burkina Faso et du Niger ne pourront plus obtenir de visa pour poursuivre leur scolarité en France. Le ministère français des Affaires étrangères a annoncé samedi 16 septembre suspendre les visas pour ces trois pays. « Les services #campus_France et visas ne peuvent plus fonctionner normalement », indique le ministère, en raison de la fermeture des services consulaires français.

    Les étudiants maliens, burkinabè et nigériens déjà sur le territoire français ne sont en revanche pas concernés par la mesure. « Les artistes, étudiants et chercheurs déjà en France poursuivent normalement leurs activités et leurs études, et sont les bienvenus », ajoute la même source.

    Campus France, qui est l’agence française de promotion à l’étranger de l’#enseignement_supérieur français et de l’accueil des étudiants étrangers en France, précise que les bourses accordées aux étudiants de ces trois pays déjà sur le territoire français « restent actives ».

    La France compte actuellement quelque 3 000 étudiants maliens, 2 500 burkinabè et 1 200 nigériens dans ses établissements d’enseignement supérieur.

    « Le ministère de l’Europe et des Affaires étrangères n’a jamais donné instruction de suspendre la coopération avec le Mali, le Niger et le Burkina Faso, ou leurs ressortissants. C’est la coopération de la France dans ces trois pays qui est suspendue, compte tenu du contexte sécuritaire et politique », a-t-il ajouté auprès de l’AFP.

    Vendredi, le ministère de la Recherche et de l’Enseignement supérieur avait indiqué à l’AFP être « contraint de suspendre [ses] services de visas et [sa] coopération civile pour des raisons de sécurité ». Pour autant « il n’est pas question de stopper des coopérations existantes avec des universités ou d’autres établissements scientifiques ».

    Pour des raisons de sécurité, la France a suspendu depuis le 7 août la délivrance de visas depuis Niamey, Ouagadougou et Bamako. Les relations avec ces trois pays sont tendues depuis les coups d’État successifs.


    https://www.infomigrants.net/fr/post/51896/la-france-suspend-les-visas-pour-les-etudiants-du-mali-burkina-faso-et

    #suspension #visas #France #étudiants #étudiants_étrangers #université #facs

  • De Bamako à Niamey, l’annonce de la suspension des demandes de visas plonge les étudiants dans l’incertitude
    https://www.lemonde.fr/afrique/article/2023/09/22/de-bamako-a-niamey-l-annonce-de-la-suspension-des-demandes-de-visas-plonge-l

    De Bamako à Niamey, l’annonce de la suspension des demandes de visas plonge les étudiants dans l’incertitude
    Le ministère des affaires étrangères français évoque le « contexte sécuritaire » au Mali, au Burkina Faso et au Niger dirigés par des juntes pour justifier une telle mesure.
    Par Coumba Kane
    David*, 22 ans, compte les jours. Son admission à l’université d’Angers sera annulée s’il ne s’y présente pas d’ici à la fin du mois de septembre, mais il est bloqué à Ouagadougou, la capitale du Burkina Faso. Comme d’autres étudiants burkinabés, maliens et nigériens, le jeune homme ne peut plus déposer de demande de visa vers la France depuis plusieurs jours. La raison ? Le « contexte sécuritaire » dans ces trois pays dirigés par des juntes, invoqué le 16 septembre par le ministère de l’Europe et des affaires étrangères, sollicité par l’AFP.
    « Les services Campus France [l’agence française de promotion à l’étranger de l’enseignement supérieur français et de l’accueil des étudiants étrangers en France] et visas ne peuvent plus fonctionner normalement », expliquait alors le Quai d’Orsay, tout en assurant que « les artistes, étudiants et chercheurs déjà en France poursuivent normalement leurs activités et leurs études, et sont les bienvenus ».
    Quelques jours plus tôt, une polémique a éclaté après la publication d’une directive administrative émanant des directions régionales des affaires culturelles qui appelait les centres dramatiques et chorégraphiques nationaux et les scènes nationales à cesser toute collaboration avec les trois Etats sahéliens. Le président français Emmanuel Macron avait par la suite nuancé, assurant qu’il n’y avait « ni boycott ni représailles » et que la France allait continuer à accueillir des artistes du Sahel s’ils étaient en possession de visas.
    Mais du côté du ministère de la recherche et de l’enseignement supérieur, qui indique « qu’il n’est pas question de stopper des coopérations existantes avec des universités ou d’autres établissements scientifiques », un certain embarras persiste. Dans un courriel envoyé aux établissements universitaires daté du 31 août et détaillant les instructions du Quai d’Orsay, le ministère disait « regretter les conséquences de cette situation pour les candidats à une mobilité en France », tout en précisant « qu’il s’agit d’une suspension des mobilités et non d’une annulation ».
    L’instruction, qui concerne aussi les invitations de chercheurs à des conférences et colloques, a entraîné la suspension des bourses pour les étudiants pourtant titulaires d’un visa. Pour les autres candidats à la mobilité en France, l’avenir est également suspendu. Au Burkina Faso, au moins 115 étudiants admis dans des établissements français sont en attente d’un visa, selon un décompte établi par le Collectif des étudiants burkinabés. Pour la plupart, la date limite d’arrivée en France est fixée à la fin de septembre.
    Comment rebondir alors que l’année universitaire est sur le point de débuter ? « Je bataille depuis décembre pour monter mon projet d’études. J’y ai mis du temps et mes économies. J’avais tout misé sur une formation en France. Maintenant, c’est dur de me projeter sereinement. Je me sens coincé malgré moi », se désole David. Le manque à gagner est aussi financier. « Entre l’assurance santé, la prise de rendez-vous pour déposer ma demande de visa et l’inscription auprès de Campus France, j’ai dépensé environ 250 000 francs CFA [quelque 380 euros] », calcule l’étudiant burkinabé. « La France est un pays souverain, je le comprends. Mais nous n’avons pas à subir la crise diplomatique avec nos dirigeants. Nous sommes les victimes collatérales de l’histoire », regrette-t-il, tout en espérant que la promesse du Quai d’Orsay de « réévaluer la situation à l’aune de l’évolution sécuritaire dans la région » aboutisse à une levée rapide de la mesure.
    Au Mali voisin, même stupéfaction chez Moulaye Simpara. L’étudiant de 23 ans en informatique aurait dû s’envoler pour Paris le 20 septembre. Lui aussi avait surmonté les obstacles administratifs, passé la sélection de Campus France, puis décroché une place dans une université privée à Vincennes et réglé les frais d’inscription de 3 150 euros. Il préparait son rendez-vous avec Capago, la société à laquelle les autorités françaises sous-traitent la prise en charge des demandes de visa, quand il a découvert sur les réseaux sociaux la décision du Quai d’Orsay. « Je ne comprends pas. Je suis déçu et en colère, soupire-t-il. Les problèmes entre la France et le Mali, nous, étudiants, n’y sommes pour rien. Pourquoi nous punir ? » L’étudiant bamakois avait choisi Vincennes pour parfaire sa formation en ingénierie et réseaux. « Il y a quelques semaines, le centre des impôts où j’étais en stage a subi une panne informatique pendant quatre jours. Cela a entraîné des pertes financières majeures. Faute de compétences chez nous, le centre a fait appel à un technicien européen pour résoudre la panne. Je voulais poursuivre mes études en France pour acquérir une expertise et rentrer servir mon pays », se justifie-t-il.
    Malgré les tensions politiques et diplomatiques qui opposent Paris aux capitales sahéliennes depuis deux ans, la France est restée une destination privilégiée pour les étudiants ouest-africains. Au cours de l’année 2022-2023, Campus France a recensé un total de 3 000 étudiants maliens, 2 500 Burkinabés et 1 200 Nigériens inscrits dans l’enseignement supérieur. Ces derniers pourront poursuivre leur cursus en France. Mais les conditions d’admission se compliquent.
    Au sein de l’association des étudiants en médecine du Burkina Faso qu’il préside, Cheikh Simpore constate ces difficultés persistantes pour ceux qui tentent de suivre un stage en France. « Les CHU français étaient traditionnellement les établissements d’accueil pour nos étudiants à la recherche d’un stage d’un mois. Mais face aux refus de visa qui coûte 50 000 francs CFA [quelque 75 euros] et qui n’est pas remboursé, depuis quelques années, ils se tournent vers la Belgique, le Maroc ou le Cameroun. Nous avons aussi des médecins qui ont dû ces derniers jours renoncer à des formations spécialisées en France à cause de cette mesure », explique-t-il.
    Même si les autorités françaises tentent de rassurer sur leur volonté de maintenir le lien avec les ressortissants du Sahel, la décision de suspendre les visas dans les trois pays suscite de nombreuses critiques de part et d’autre de la Méditerranée. « C’est un signal incompréhensible envoyé à la jeunesse africaine, alors que toute la stratégie du président Macron est justement fondée sur un renforcement des liens avec cette catégorie de la population. Quand on fait le sommet de Montpellier, c’est pour parler à ces jeunes. C’est par ailleurs contraire à nos valeurs et nos intérêts. Face aux juntes, nous incarnons un modèle de démocratie, d’accès à l’éducation. Instaurer un rapport de force avec des régimes autoritaires se défend, mais pas avec les populations que nos politiques de développement ont toujours tenté d’aider », regrette un élu de la majorité.
    « C’est un manque de tact que de s’en prendre aux étudiants, aux chercheurs et aux artistes. Ce sont les alliés naturels de la France car ils se retrouvent souvent dans des valeurs prônées par elle. En attaquant ces catégories, la France risque de renforcer le rejet dont elle se dit victime », craint un ministre ouest-africain.

    #Covid-19#migrant#migration#france#niger#mali#burkinafaso#crise#visas#politiquemigratoire#etudiant#chercheur#artiste

  • « Arrêter la circulation des idées, des savoirs et des créations artistiques avec l’Afrique est un contresens historique »
    https://www.lemonde.fr/idees/article/2023/09/20/arreter-la-circulation-des-idees-des-savoirs-et-des-creations-artistiques-av

    « Arrêter la circulation des idées, des savoirs et des créations artistiques avec l’Afrique est un contresens historique »
    Tribune
    Alors que 3 millions d’étudiants effectuent ces jours-ci leur rentrée dans les universités françaises, le ministère de l’Europe et des affaires étrangères, sur ordre de l’Elysée, donne instruction au ministère de l’enseignement supérieur et de la recherche et à celui de la culture de suspendre toute coopération universitaire, scientifique et culturelle avec le Burkina Faso, le Mali et le Niger. Sans même vouloir évoquer la Guinée, le Tchad, le Gabon, ou la Centrafrique, pour lesquels Paris n’a pas jugé utile de suspendre sa coopération universitaire, scientifique et culturelle, on peut se demander pourquoi les chercheurs, les étudiants, les acteurs culturels et les artistes du Burkina Faso, du Mali et du Niger sont ainsi visés par une suspension des visas d’entrée en France.
    Les chercheurs, les universitaires, les étudiants et les artistes sont les premières victimes des régimes autoritaires, tandis que la liberté d’expression et la pensée critique se rétrécissent dans ces pays en crise. La France ne veut-elle pas entendre ce que les intellectuels et les artistes maliens, burkinabés et nigériens ont à dire ? La tradition d’accueil des intellectuels et des artistes, et l’exception culturelle dont s’enorgueillit la France doivent-elles être brutalement bafouées ?
    Les intellectuels et les artistes ont en commun d’être des passeurs de savoirs et d’émotions mis en partage. Ils nous conduisent là où l’individuel, voire l’intime, et le collectif se rejoignent pour construire une histoire commune et inventer l’avenir. La connaissance et la culture, c’est ce qui nous relie les uns aux autres et qui fait notre humanité.
    Lire aussi : Article réservé à nos abonnés La France suspend les mobilités étudiantes avec le Niger, le Mali et le Burkina Faso
    Tout débute, semble-t-il, le 24 mai 2021, avec le second coup d’Etat au Mali, qui met un terme au processus de transition difficilement négociée avec la Communauté économique des Etats de l’Afrique de l’Ouest (Cedeao), au profit du colonel Assimi Goïta, nouveau chef de l’Etat. Ce coup d’Etat s’accompagne d’un changement d’alliance stratégique du Mali, qui fait alors appel à la Russie. Le 17 février 2022, la France décide de retirer ses forces au Mali, conduisant le pays hôte à mettre fin le 2 mai à l’accord de défense avec la France. Le 16 novembre, Paris cesse son aide publique au développement au Mali. Commence alors un processus similaire avec le Burkina Faso, puis le Niger. Le 30 septembre 2022, le Burkina connaît un second coup d’Etat militaire en moins de huit mois, avant de mettre fin à son tour à l’accord de défense avec la France, le 23 janvier.
    Le 18 février, Paris ordonne le retrait de ses troupes stationnées dans le pays. Le 26 juillet, un nouveau coup d’Etat intervient, cette fois au Niger. Trois jours plus tard, Paris réplique encore par la suspension de ses actions d’aide au développement et d’appui budgétaire au Niger, conduisant ce dernier à mettre fin le 4 août à l’accord de défense avec la France.
    Le Mali, le Burkina et maintenant le Niger ; cela commence à faire beaucoup. Le 7 août, la France décide la suspension collective de la délivrance des visas aux ressortissants burkinabés, maliens et nigériens, tandis que de son côté, appuyant cyniquement la décision de Paris, Air France stoppe ses dessertes aériennes sur les trois pays.
    Après l’arrêt des aides publiques au développement, puis celui de la délivrance des visas et des bourses d’étude, c’est désormais la suspension de toute coopération culturelle avec le Mali, le Niger et le Burkina Faso qui est rendue publique à travers un banal courriel envoyé le 11 septembre par le haut fonctionnaire de défense et de sécurité du ministère de la culture, aux directions régionales des affaires culturelles.
    A en croire la communication officielle, la France punisseuse aurait le droit pour elle, arguant qu’en raison de la dégradation de la situation sécuritaire dans ces trois pays, les consulats ne sont plus en mesure de délivrer des visas de façon sereine. C’est là une curieuse réponse, lorsque la mise en danger du personnel consulaire et des ressortissants français n’est pas attestée dans les faits. En qualité de membre fondateur de l’Unesco, la France est en réalité tenue de respecter les engagements pris en vertu des accords et principes de cette organisation internationale. Et parmi ces engagements figure la promotion de la libre circulation des personnes dans le cadre des échanges culturels, scientifiques et éducatifs.
    Or une telle obligation ne peut souffrir du pouvoir discrétionnaire reconnu aux Etats en matière de protection de leur territoire national. Prise en défaut à l’égard de ces engagements dans le cadre d’une convention internationale qui a la primauté sur le droit interne, la France se met également hors du droit international au regard de son engagement pour la réalisation des objectifs de développement durables (ODD).
    La suspension des coopérations, des visas et des bourses aura en effet comme conséquence directe et immédiate d’entraver la participation des chercheurs, des enseignants, des étudiants, des acteurs culturels et des artistes maliens, nigériens et burkinabés à de nombreux programmes de recherche, d’éducation et de création. Enfin, l’illégalité dans laquelle l’Etat français s’est mis en sanctionnant ces trois pays du Sahel est susceptible de recours auprès des juridictions internationales, dès lors que les mesures prises touchent les peuples et les personnes, et non les régimes, dont on connaît par ailleurs la capacité de résistance, sinon de résilience face aux sanctions internationales. Le monde universitaire, de la recherche et de la culture a une dimension internationale et il se situe dans une temporalité qui n’est nullement celle de l’action politique et diplomatique. En revanche, il se nourrit, et depuis fort longtemps, de la circulation globalisée des personnes, des savoirs, des créations, des technologies.
    Si empêcher une telle circulation est illégal et même un non-sens, c’est aussi un contresens historique qui concourt à ce que la France se replie un peu plus sur elle-même et s’appauvrisse, au moins autant que ses partenaires sahéliens. Arrêter l’histoire, c’est hypothéquer l’avenir. Aussi, en tant que collectif d’universitaires, de chercheurs, d’acteurs culturels et d’artistes internationaux, nous demandons au gouvernement français le rétablissement immédiat de la délivrance des visas aux ressortissants du Mali, du Burkina Faso et du Niger, ainsi que la reprise de tous les programmes de coopération culturelle, universitaire et scientifique avec ces trois pays. Texte à l’initiative de Fatoumata Coulibaly, géographe, université des sciences sociales et de gestion de Bamako (Mali) ; Charles Grémont, historien, IRD (France) ; Gilles Holder, anthropologue, CNRS (France) ; Stéphanie Lima, géographe, institut national universitaire Jean-François-Champollion (France) ; Emmanuelle Olivier, ethnomusicologue, CNRS (France) ; Ophélie Rillon, historienne, CNRS (France) ; Mathias Vicherat, directeur de Science Po Paris.Liste complète des signataires

    #Covid-19#migrant#migration#france#niger#mali#burkinafaso#afrique#cooperation#developpement#crise#visas#universitaire#chercheur#artiste#culture#politiquemigratoire

  • Vous connaissez Charline Avenel ? Mathieu Billière
    (@mathieubil sur l’oiseau mort)
    https://threadreaderapp.com/thread/1703124612811210937.html

    Vous connaissez Charline Avenel ? Non ? Laissez-moi vous la présenter. Elle a été rectrice de l’Académie de Versailles de 2018 à juillet 2023. C’est donc elle qui a géré les alertes lancées par Samuel Paty 1/7
    C’est elle qui avait déclenché le recrutement par #job_dating et donc balancé dans le grand bain des gens qui n’avaient aucune expérience, et dont près de 70% ont très vite quitté le poste. 2/7
    Et c’est donc elle qui dirigeait les bureaux qui ont envoyé la lettre menaçant les parents d’un élève harcelé de poursuites judiciaires. C’est déjà pas mal non ? Attendez. 3/7

    https://fr.m.wikipedia.org/wiki/Charline_Avenel

    #éducation_nationale #école #enseignants #recrutement #élèves #harcèlement_scolaire #menaces_de_poursuites_judiciaires #abus_de_pouvoir #enseignement_supérieur_privé #Ionis #népotisme

    • Harcèlement scolaire : l’association La Voix de l’enfant assure avoir reçu « le même type de courrier » que celui envoyé par le rectorat de Versailles à des parents
      https://www.francetvinfo.fr/societe/education/harcelement-a-l-ecole/harcelement-scolaire-l-association-la-voix-de-l-enfant-assure-avoir-rec

      La présidente de l’association La Voix de l’enfant, Martine Brousse, observe que les associations contre le harcèlement scolaire sont « rappelées à l’ordre parce qu’elles font trop de signalement après des interventions en classe ».

    • Éditorial du « Monde » : Harcèlement scolaire : la nécessité d’un sursaut
      https://www.lemonde.fr/idees/article/2023/06/12/harcelement-scolaire-la-necessite-d-un-sursaut_6177285_3232.html

      cannibalisme à visage humain, de nouvelles avancées :

      Suicide de Nicolas : la révélation d’un courrier menaçant du rectorat met au jour les « manquements » de l’éducation nationale

      Dans ce courrier, révélé par BFM-TV, le rectorat de Versailles dit « réprouver » l’attitude des parents de Nicolas. Ces derniers avaient informé le proviseur, près de deux mois plus tôt, du lancement d’une procédure judiciaire à la suite du harcèlement subi par leur fils.
      Par Violaine Morin

      « Ce courrier est une honte ». Ainsi réagissait Gabriel Attal, samedi 16 septembre, lors d’un point presse organisé dans la foulée des révélations de BFM-TV, qui a diffusé à l’antenne un courrier adressé par le rectorat de Versailles aux parents de Nicolas. Le lycéen de 15 ans, victime de harcèlement scolaire s’est suicidé, le 5 septembre à Poissy (Yvelines).
      Dans ce courrier adressé le 4 mai 2023 par le « pôle Versailles » du service interacadémique des affaires juridiques aux parents de Nicolas, l’administration s’étonne du ton employé par la famille, au sujet du « supposé harcèlement » subi par leur fils, à l’égard du proviseur du lycée Adrienne-Bolland de Poissy, où il était scolarisé en troisième prépa professionnelle.
      « Les propos que vous avez tenus et le comportement que vous avez eu envers des personnels de l’éducation nationale, dont le professionnalisme et l’intégrité n’avaient pas à être remis en cause de la sorte, sont inacceptables. Je les réprouve de la façon la plus vive », peut-on y lire. Le rectorat rappelle ensuite aux parents de Nicolas l’article 226-10 du code pénal, qui réprouve la dénonciation calomnieuse et prévoit, pour ce délit, une peine de cinq ans d’emprisonnement et 45 000 euros d’amende. Contacté par Le Monde, le rectorat de Versailles n’a pas souhaité réagir.

      Des enquêtes administrative et judiciaire
      « Mettez-vous à la place des parents de Nicolas qui ont écrit à l’institution – dont le rôle absolu est de protéger les élèves – pour les informer de la détresse vécue par leur enfant, et qui ont reçu ce type de réponse ! », s’indignait M. Attal, samedi devant les journalistes. Le ministre de l’éducation nationale a rappelé qu’il avait lancé, « dès le lendemain du drame », une enquête administrative en plus de l’enquête judiciaire ouverte par le parquet de Versailles en recherche des causes de la mort. Il a précisé qu’il en tirerait « toutes les conclusions, y compris en matière de sanctions ». Le ministre a également indiqué qu’il réunirait « dès lundi » les recteurs, pour lancer un audit dans l’ensemble des rectorats sur toutes les situations de harcèlement signalées en 2022.

      Le courrier du rectorat faisait référence à une autre lettre datée de la mi-avril, également révélée par BFM-TV, dans laquelle les parents de Nicolas s’inquiétaient auprès du proviseur du lycée de ne pas voir évoluer la situation de leur fils, après un premier rendez-vous avec la direction de l’établissement à la mi-mars. Ils reprochaient au proviseur de les avoir mal reçus, et de leur avoir signifié qu’ils ne disposaient pas de preuves tangibles du harcèlement subi par leur fils. « Il est incompréhensible que vous puissiez laisser un adolescent subir une telle violence verbale et psychologique dans votre établissement sans réagir d’une quelconque manière », écrivaient-ils. « Aussi allons-nous déposer plainte et vous considérer comme responsable si une catastrophe devait arriver à notre fils. » Une main courante a été déposée au commissariat de Conflans-Sainte-Honorine (Yvelines) le 4 mai, selon Le Parisien.

      Quelques jours plus tard, dans une réponse à cette lettre, le proviseur de l’établissement aurait évoqué les mesures prises pour suivre la situation du lycéen : des entretiens avec les élèves concernés auraient été organisés et la conseillère principale d’éducation ainsi que l’assistante sociale du lycée aurait été missionnée sur le sujet. C’est donc dans un courrier séparé, reçu une quinzaine de jours plus tard par les parents du jeune homme, que le rectorat de Versailles adopte le ton menaçant qui a heurté jusqu’à Matignon. « Il y a eu manifestement défaillance sur le type de réponse adressé à des parents qui étaient extrêmement inquiets », a réagi la première ministre, Elisabeth Borne, interrogée sur ce sujet lors des journées du patrimoine à Matignon, le 16 septembre.

      La mère du jeune homme s’est exprimée, dimanche, dans les colonnes du Jounal du dimanche, pour dénoncer la situation. Elle explique avoir lu la lettre du rectorat en présence de son fils. « Nous passions désormais pour des coupables. A partir de ce moment, Nicolas n’a plus été le même, raconte-t-elle. C’était tellement grossier et surtout injuste. »
      La mère de la victime raconte ensuite la visite de Gabriel Attal et Brigitte Macron, organisée le lendemain du drame à la mairie de Poissy, et salue le soutien des élus et de la première ministre dont une lettre manuscrite lui a été remise « en main propre » par le député de sa circonscription, Karl Olive. Le jour des obsèques de son fils, vendredi 15 septembre, Gabriel Attal lui a dit : « Nous n’avons pas été à la hauteur, il y a eu des manquements. »
      Ces développements surviennent alors qu’un grand plan interministériel de lutte contre le harcèlement scolaire est en préparation, sous l’égide de Matignon. Au cours d’une soirée spéciale consacrée au harcèlement scolaire, le 12 septembre sur M6, M. Attal a donné quelques pistes de mesures qui seront dans ce plan. Il s’agirait notamment de mettre en place un questionnaire d’autoévaluation pour que les élèves eux-mêmes repèrent et signalent les situations de harcèlement. Il a également promis une réaction plus rapide et des sanctions plus claires. Un déplacement ministériel est prévu, à la fin de la semaine du 25 septembre au Danemark, un pays qui a mis en place de « bonnes pratiques » dans l’éducation au « respect de l’autre », indique-t-on rue de Grenelle.

      Une campagne de communication à destination des adultes est également prévue, ainsi que l’élargissement du programme de lutte contre le harcèlement pHARe aux parents d’élèves. « Ce sont les adultes qui, régulièrement, sont défaillants, et ne déploient pas les moyens nécessaires de prise en charge, réagit Hugo Martinez, de l’association de lutte contre le harcèlement Hugo !. On le constate avec les derniers drames connus du grand public où les enfants ont parlé mais les adultes n’ont, à chaque fois, pas pris la pleine mesure de la situation. Demander aux enfants de s’auto-évaluer dans leur situation pour confirmer ou non le harcèlement est un non-sens. Les adultes ne sont-ils pas capables d’évaluer cela, de déployer une prise en charge ? » Le plan interministériel de lutte contre le harcèlement devrait être annoncé fin septembre.

      https://www.lemonde.fr/societe/article/2023/09/17/suicide-de-nicolas-la-revelation-d-un-courrier-menacant-du-rectorat-met-au-j

      la lettre du rectorat

    • « trop de signalements », 𝑺𝒖𝒓 𝒍𝒂 𝒔𝒐𝒊𝒆 𝒅𝒆𝒔 𝒎𝒆𝒓𝒔 ★𒈝 @Acrimonia1
      https://twitter.com/Acrimonia1/status/1703824359788335537

      « trop de #signalements »... ça m’est arrivé aussi qu’une assistante sociale me reproche d’avoir trop d’élèves en situation de #maltraitance familiale dans mes classes. No comment.
      Citation

      Mediavenir @Mediavenir
      🇫🇷 FLASH - L’association contre le #HarcèlementScolaire « La Voix de l’enfant » affirme avoir été menacée par l’administration scolaire de perdre son agrément pour avoir émis « trop de signalements » pour des faits de harcèlement. (BFMTV)

      UnaDonna @JustUnaDonna
      « ce n’est pas sain, madame, cette façon de prendre si à coeur le fait que S***** ingère des objets en classe, vous devriez vous demander pquoi ça vous atteint autant »

      exactement, et aussi demandez vous pourquoi les élèves se confient à vous et vous racontent comment ils ont passé la nuit à se faire exorciser jusqu’à s’évanouir et entendre que leur famille s’en va et les laisse poru morte (véridique) ou comment ils se font humilier, frapper etc
      et puis vous n’avez pas à être tenue au courant des suites éventuelles une fois que c’est dit, d’ailleurs le plus souvent il n’y en a pas, et ça ne vous regarde pas.

  • #Lampedusa : ’Operational emergency,’ not ’migration crisis’

    Thousands of migrants have arrived on Lampedusa from Africa this week, with the EU at odds over what to do with them. DW reports from the Italian island, where locals are showing compassion as conditions worsen.

    Long lines of migrants and refugees, wearing caps and towels to protect themselves from the blistering September sun, sit flanked on either side of a narrow, rocky lane leading to Contrada Imbriacola, the main migrant reception center on the Italian island of Lampedusa.

    Among them are 16-year-old Abubakar Sheriff and his 10-year old brother, Farde, who fled their home in Sierra Leone and reached Lampedusa by boat from Tunisia.

    “We’ve been on this island for four days, have been sleeping outside and not consumed much food or water. We’ve been living on a couple of biscuits,” Abubakar told DW. “There were 48 people on the boat we arrived in from Tunisia on September 13. It was a scary journey and I saw some other boats capsizing. But we got lucky.”

    Together with thousands of other migrants outside the reception center, they’re waiting to be put into police vans headed to the Italian island’s port. They will then be transferred to Sicily and other parts of Italy for their asylum claims to be processed, as authorities in Lampedusa say they have reached “a tipping point” in migration management.
    Not a ’migration crisis for Italy,’ but an ’operational emergency’

    More than 7,000 migrants arrived in Lampedusa on flimsy boats from Tunisia earlier this week, leading the island’s mayor, Filippo Mannino, to declare a state of emergency and tell local media that while migrants have always been welcomed, this time Lampedusa “is in crisis.”

    In a statement released on Friday, Italian Prime Minister Giorgia Meloni said her government intends to take “immediate extraordinary measures” to deal with the landings. She said this could include a European mission to stop arrivals, “a naval mission if necessary.” But Lampedusa, with a population of just 6,000 and a reception center that has a capacity for only 400 migrants, has more immediate problems.

    Flavio Di Giacomo, spokesperson for the UN’s International Organization for Migration (IOM), told DW that while the new arrivals have been overwhelming for the island, this is not a “migration crisis for Italy.”

    “This is mainly an operational emergency for Lampedusa, because in 2015-2016, at the height of Europe’s migration crisis, only 8% of migrants arrived in Lampedusa. The others were rescued at sea and transported to Sicily to many ports there,” he said. “This year, over 70% of arrivals have been in Lampedusa, with people departing from Tunisia, which is very close to the island.”

    Di Giacomo said the Italian government had failed to prepare Lampedusa over the past few years. “The Italian government had time to increase the reception center’s capacity after it was set up in 2008,” he said. “Migration is nothing new for the country.”
    Why the sudden increase?

    One of Italy’s Pelagie Islands in the Mediterranean, Lampedusa has been the first point of entry to Europe for people fleeing conflict, poverty and war in North Africa and the Middle East for years, due to its geographical proximity to those regions. But the past week’s mass arrival of migrants caught local authorities off guard.

    “We have never seen anything like what we saw on Wednesday,” said a local police officer near the asylum reception center.

    Showing a cellphone video of several small boats crammed with people arriving at the Lampedusa port, he added, “2011 was the last time Lampedusa saw something like this.” When the civil war in Libya broke out in 2011, many people fled to Europe through Italy. At the time, Rome declared a “North Africa emergency.”

    Roberto Forin, regional coordinator for Europe at the Mixed Migration Centre, a research center, said the recent spike in arrivals likely had one main driving factor. “According to our research with refugees and migrants in Tunisia, the interceptions by Tunisian coast guards of boats leaving toward Italy seems to have decreased since the signing of the Memorandum of Understanding in mid-July between the European Union and Tunisia,” he said. “But the commission has not yet disbursed the €100 million ($106.6 million) included in the deal.”

    The EU-Tunisia deal is meant to prevent irregular migration from North Africa and has been welcomed by EU politicians, including Meloni. But rights groups have questioned whether it will protect migrants. Responding to reporters about the delayed disbursement of funds, the European Commission said on Friday that the disbursement was still a “work in progress.”

    IOM’s Giacomo said deals between the EU and North African countries aren’t the answer. “It is a humanitarian emergency right now because migrants are leaving from Tunisia, because many are victims of racial discrimination, assault, and in Libya as well, their rights are being abused,” he said. "Some coming from Tunisia are also saying they are coming to Italy to get medical care because of the economic crisis there.

    “The solution should be to organize more search-and-rescue at sea, to save people and bring them to safety,” he added. “The focus should be on helping Lampedusa save the migrants.”

    A group of young migrants from Mali who were sitting near the migrant reception center, with pink tags on their hands indicating the date of their arrival, had a similar view.

    “We didn’t feel safe in Tunisia,” they told DW. “So we paid around €750 to a smuggler in Sfax, Tunisia, who then gave us a dinghy and told us to control it and cross the sea toward Europe. We got to Italy but we don’t want to stay here. We want to go to France and play football for that country.”
    Are other EU nations helping?

    At a press briefing in Brussels on Wednesday, the European Commission said that 450 staff from Europol, Frontex and the European Union Agency for Asylum have been deployed to the island to assist Italian authorities, and €40 million ($42.6 million) has been provided for transport and other infrastructure needed for to handle the increase in migrant arrivals.

    But Italian authorities have said they’re alone in dealing with the migrants, with Germany restricting Italy from transferring migrants and France tightening its borders with the country.

    Lampedusa Deputy Mayor Attilio Lucia was uncompromising: “The message that has to get through is that Europe has to wake up because the European Union has been absent for 20 years. Today we give this signal: Lampedusa says ’Enough’, the Lampedusians have been suffering for 20 years and we are psychologically destroyed,” he told DW.

    “I understand that this was done mostly for internal politics, whereby governments in France and Germany are afraid of being attacked by far-right parties and therefore preemptively take restrictive measures,” said Forin. “On the other hand, it is a measure of the failure of the EU to mediate a permanent and sustainable mechanism. When solidarity is left to voluntary mechanisms between states there is always a risk that, when the stakes are high, solidarity vanishes.”

    Local help

    As politicians and rights groups argue over the right response, Lampedusa locals like Antonello di Malta and his mother feel helping people should be the heart of any deal.

    On the night more than 7,000 people arrived on the island, di Malta said his mother called him saying some migrants had come to their house begging for food. “I had to go out but I didn’t feel comfortable hearing about them from my mother. So I came home and we started cooking spaghetti for them. There were 10 of them,” he told DW, adding that he was disappointed with how the government was handling the situation.

    “When I saw them I thought about how I would have felt if they were my sons crying and asking for food,” said Antonello’s mother. “So I started cooking for them. We Italians were migrants too. We used to also travel from north to south. So we can’t get scared of people and we need to help.”

    Mohammad still has faith in the Italian locals helping people like him. “I left horrible conditions in Gambia. It is my first time in Europe and local people here have been nice to me, giving me a cracker or sometimes even spaghetti. I don’t know where I will be taken next, but I have not lost hope,” he told DW.

    “I stay strong thinking that one day I will play football for Italy and eventually, my home country Gambia,” he said. “That sport gives me joy through all this hardship.”

    https://www.dw.com/en/lampedusa-operational-emergency-not-migration-crisis/a-66830589

    #débarquements #asile #migrations #réfugiés #Italie #crise #compassion #transferts #urgence_opérationnelle #crise_migratoire #Europol #Frontex #Agence_de_l'Union_européenne_pour_l'asile (#EUEA #EUAA) #solidarité

    ping @isskein @karine4 @_kg_

    • The dance that give life’
      Upon Lampedusa’s rocky shore they came,
      From Sub-Saharan lands, hearts aflame,
      Chasing dreams, fleeing despair,
      In search of a life that’s fair.

      Hunger gnawed, thirst clawed, bodies beat,
      Brutality’s rhythm, a policeman’s merciless feat,
      Yet within their spirits, a melody stirred,
      A refuge in humour where hope’s not deferred.

      Their laughter echoed ’cross the tiny island,
      In music and dance, they made a home,
      In the face of adversity, they sang their songs,
      In unity and rhythm, they proved their wrongs.

      A flood of souls, on Lampedusa’s strand,
      Ignited debates across the land,
      Politicians’ tongues twisted in spite,
      Racist rhetoric veiled as right.

      Yet, the common people, with curious gaze,
      Snared in the web of fear’s daze,
      Chose not to see the human plight,
      But the brainwash of bigotry’s might.

      Yet still, the survivor’s spirit shines bright,
      In the face of inhumanity, they recite,
      Their music, their dance, their undying humour,
      A testament to resilience, amid the rumour and hate.

      For they are not just numbers on a page,
      But humans, life stories, not a stage,
      Their journey not over, their tale still unspun,
      On the horizon, a new day begun.

      Written by @Yambiodavid

      https://twitter.com/RefugeesinLibya/status/1702595772603138331
      #danse #fête

    • L’imbroglio del governo oltre la propaganda

      Le politiche europee e italiane di esternalizzazione dei controlli di frontiera con il coinvolgimento di paesi terzi, ritenuti a torto “sicuri”, sono definitivamente fallite.

      La tragedia umanitaria in corso a Lampedusa, l’ennesima dalle “primavere arabe” del 2011 ad oggi, dimostra che dopo gli accordi di esternalizzazione, con la cessione di motovedette e con il supporto alle attività di intercettazione in mare, in collaborazione con Frontex, come si è fatto con la Tunisia e con la Libia (o con quello che ne rimane come governo di Tripoli), le partenze non diminuiscono affatto, ed anzi, fino a quando il meteo lo permette, sono in continuo aumento.

      Si sono bloccate con i fermi amministrativi le navi umanitarie più grandi, ma questo ha comportato un aumento degli “arrivi autonomi” e l’impossibilità di assegnare porti di sbarco distribuiti nelle città più grandi della Sicilia e della Calabria, come avveniva fino al 2017, prima del Codice di condotta Minniti e dell’attacco politico-giudiziario contro il soccorso civile.

      La caccia “su scala globale” a trafficanti e scafisti si è rivelata l’ennesimo annuncio propagandistico, anche se si dà molta enfasi alla intensificazione dei controlli di polizia e agli arresti di presunti trafficanti ad opera delle autorità di polizia e di guardia costiera degli Stati con i quali l’Italia ha stipulato accordi bilaterali finalizzati al contrasto dell’immigrazione “clandestina”. Se Salvini ha le prove di una guerra contro l’Italia, deve esibirle, altrimenti pensi al processo di Palermo sul caso Open Arms, per difendersi sui fatti contestati, senza sfruttare il momento per ulteriori sparate propagandistiche.

      Mentre si riaccende lo scontro nella maggioranza, è inutile incolpare l’Unione europea, dopo che la Meloni e Piantedosi hanno vantato di avere imposto un “cambio di passo” nelle politiche migratorie dell’Unione, mente invece hanno solo rafforzato accordi bilaterali già esistenti.

      Le politiche europee e italiane di esternalizzazione dei controlli di frontiera con il coinvolgimento di paesi terzi, ritenuti a torto “sicuri”, sono definitivamente fallite, gli arrivi delle persone che fuggono da aree geografiche sempre più instabili, per non parlare delle devastazioni ambientali, non sono diminuiti per effetto degli accordi bilaterali o multilaterali con i quali si è cercato di offrire aiuti economici in cambio di una maggiore collaborazione sulle attività di polizia per la sorveglianza delle frontiere. Dove peraltro la corruzione, i controlli mortali, se non gli abusi sulle persone migranti, si sono diffusi in maniera esponenziale, senza che alcuna autorità statale si dimostrasse in grado di fare rispettare i diritti fondamentali e le garanzie che dovrebbe assicurare a qualsiasi persona uno Stato democratico quando negozia con un paese terzo. Ed è per questa ragione che gli aiuti previsti dal Memorandum Tunisia-Ue non sono ancora arrivati e il Piano Mattei per l’Africa, sul quale Meloni e Piantedosi hanno investito tutte le loro energie, appare già fallito.

      Di fronte al fallimento sul piano internazionale è prevedibile una ulteriore stretta repressiva. Si attende un nuovo pacchetto sicurezza, contro i richiedenti asilo provenienti da paesi terzi “sicuri” per i quali, al termine di un sommario esame delle domande di protezione durante le “procedure accelerate in frontiera”, dovrebbero essere previsti “rimpatri veloci”. Come se non fossero certi i dati sul fallimento delle operazioni di espulsione e di rimpatrio di massa.

      Se si vogliono aiutare i paesi colpiti da terremoti e alluvioni, ma anche quelli dilaniati da guerre civili alimentate dalla caccia alle risorse naturali di cui è ricca l’Africa, occorrono visti umanitari, evacuazione dei richiedenti asilo presenti in Libia e Tunisia, ma anche in Niger, e sospensione immediata di tutti gli accordi stipulati per bloccare i migranti in paesi dove non si garantisce il rispetto dei diritti umani. Occorre una politica estera capace di mediare i conflitti e non di aggravarne gli esiti. Vanno aperti canali legali di ingresso senza delegare a paesi terzi improbabili blocchi navali. Per salvare vite, basta con la propaganda elettorale.

      https://ilmanifesto.it/limbroglio-del-governo-oltre-la-propaganda/r/2aUycOowSerL2VxgLCD9N

    • The fall of the Lampedusa Hotspot, people’s freedom and locals’ solidarity

      https://2196af27df.clvaw-cdnwnd.com/1b76f9dfff36cde79df962be70636288/200000912-464e9464ec/DSC09012.webp?ph=2196af27df

      A few weeks ago, the owner of one of the bars in the old port, was talking about human trafficking and money laundering between institutions and NGOs in relation to what had happened during that day. It was the evening of Thursday 24 August and Lampedusa had been touched by yet another ’exceptional’ event: 64 arrivals in one day. Tonight, in that same bar in the old port, a young Tunisian boy was sitting at a table and together with that same owner, albeit in different languages, exchanging life stories.

      What had been shaken in Lampedusa, in addition to the collapse of the Hotspot , is the collapse of the years long segregation system, which had undermined anypotential encounter with newly arrived people. A segregation that also provided fertile ground for conspiracy theories about migration, reducing people on the move to either victims or perpetrators of an alleged ’migration crisis’.

      Over the past two days, however, without police teams in manhunt mode, Lampedusa streets, public spaces, benches and bars, have been filled with encounters, conversations, pizzas and coffees offered by local inhabitants. Without hotspots and segregation mechanisms, Lampedusa becomes a space for enriching encounters and spontaneus acts of solidarity between locals and newly arrived people. Trays of fish ravioli, arancini, pasta, rice and couscous enter the small room next to the church, where volunteers try to guarantee as many meals as possible to people who, taken to the hotspot after disembarkation, had been unable to access food and water for three days. These scenes were unthinkable only a few days before. Since the beginning of the pandemic, which led to the end of the era of the ’hotspot with a hole’, newly-arrived people could not leave the detention centre, and it became almost impossible to imagine an open hotspot, with people walking freely through the city. Last night, 14 September, on Via Roma, groups of people who would never have met last week danced together with joy and complicity.

      These days, practice precedes all rhetoric, and what is happening shows that Lampedusa can be a beautiful island in the Mediterranean Sea rather than a border, that its streets can be a place of welcoming and encounter without a closed centre that stifles any space for self-managed solidarity.

      The problem is not migration but the mechanism used to manage it.

      The situation for the thousands of people who have arrived in recent days remains worrying and precarious. In Contrada Imbriacola, even tonight, people are sleeping on the ground or on cots next to the buses that will take them to the ships for transfers in the morning. Among the people, besides confusion and misinformation, there is a lot of tiredness and fatigue. There are many teenagers and adolescents and many children and pregnant women. There are no showers or sanitary facilities, and people still complain about the inaccessibility of food and water; the competitiveness during food distributions disheartens many because of the tension involved in queuing. The fights that broke out two days ago are an example of this, and since that event most of the workers of all the associations present in the centre have been prevented from entering for reasons of security and guaranteeing their safety.

      If the Red Cross and the Prefecture do not want to admit their responsibilities, these are blatant before our eyes and it is not only the images of 7000 people that prove this, but the way situations are handled due to an absolute lack of personnel and, above all, confusion at organisational moments.

      https://2196af27df.clvaw-cdnwnd.com/1b76f9dfff36cde79df962be70636288/200000932-250b0250b2/DSC08952-8.webp?ph=2196af27df

      A police commissioner tried unsuccessfully to get only a few people into the bus. The number and determination to leave of the newly arrived people is reformulating the very functioning of the transfers.

      A police commissioner tried unsuccessfully to get only a few people into the bus. The number and determination to leave of the newly arrived people is reformulating the very functioning of the transfers.

      During transfers yesterday morning, the carabinieri charged to move people crowded around a departing bus. The latter, at the cost of moving, performed a manoeuvre that squeezed the crowd against a low wall, creating an extremely dangerous situation ( video). All the people who had been standing in line for hours had to move chaotically, creating a commotion from which a brawl began in which at least one person split his eyebrow. Shortly before, one of the police commissioners had tried something different by creating a human caterpillar - people standing in line with their hands on their shoulders - in order to lead them into a bus, but once the doors were opened, other people pounced into it literally jamming it (photo). In other words, people are trudging along at the cost of others’ psycho-physical health.

      In yesterday evening’s transfer on 14 September (photo series with explanation), 300 people remained at the commercial dock from the morning to enter the Galaxy ship at nine o’clock in the evening. Against these 300 people, just as many arrived from the hotspot to board the ship or at least to try to do so.

      The tension, especially among those in control, was palpable; the marshals who remained on the island - the four patrols of the police force were all engaged for the day’s transfers - ’lined up’ between one group and another with the aim of avoiding any attempt to jump on the ship. In reality, people, including teenagers and families with children, hoped until the end to board the ship. No one told them otherwise until all 300 people passed through the only door left open to access the commercial pier. These people were promised that they would leave the next day. Meanwhile, other people from the hotspot have moved to the commercial pier and are spending the night there.

      People are demanding to leave and move freely. Obstructing rather than supporting this freedom of movement will lead people and territories back to the same impasses they have regularly experienced in recent years. The hotspot has collapsed, but other forms of borders remain that obstruct something as simple as personal self-determination. Forcing is the source of all problems, not freedom.

      Against all forms of borders, for freedom of movement for all.

      https://www.maldusa.org/l/the-fall-of-the-lampedusa-hotspot-people-s-freedom-and-locals-solidarity

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      #Video: Lampedusa on the 14th September

      –-> https://vimeo.com/864806349

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      #Lampedusa #hotspot #soilidarity #Maldusa

    • Lampedusa’s Hotspot System: From Failure to Nonexistence

      After a few days of bad weather, with the return of calm seas, people on the move again started to leave and cross the Mediterranean from Tunisia and Libya.

      During the day of 12 September alone, 110 iron, wooden and rubber boats arrived. 110 small boats, for about 5000 people in twenty-four hours. Well over the ’record’ of 60 that had astonished many a few weeks ago. Numbers not seen for years, and which add up to the approximately 120,000 people who have reached Italy since January 2023 alone: already 15,000 more than the entire year 2022.

      It has been a tense few days at the Favaloro pier, where people have been crowded for dozens of hours under the scorching sun.

      Some, having passed the gates and some rocks, jumped into the water in an attempt to find some coolness, reaching some boats at anchor and asking for water to drink.

      It pains and angers us that the police in riot gear are the only real response that seems to have been given.

      On the other hand, hundreds of people, who have arrived in the last two days on the Lampedusa coast, are walking through the streets of the town, crossing and finally reclaiming public space. The hotspot, which could accommodate 389, in front of 7000 people, has simply blown up. That is, it has opened.

      The square in front of the church was transformed, as it was years ago, into a meeting place where locals organised the distribution of food they had prepared, thanks also to the solidarity of bakers and restaurateurs who provided what they could.

      A strong and fast wave of solidarity: it seems incredible to see people on the move again, sharing space, moments and words with Lampedusians, activists from various organisations and tourists. Of course, there is also no shortage of sad and embarrassing situations, in which some tourists - perhaps secretly eager to meet ’the illegal immigrants’ - took pictures of themselves capturing these normally invisible and segregated chimeras.

      In fact, all these people would normally never meet, kept separate and segregated by the hotspot system.

      But these days a hotspot system seems to no longer exist, or to have completely broken down, in Lampedusa. It has literally been occupied by people on the move, sleeping inside and outside the centre, on the road leading from the entrance gate to the large car park, and in the abandoned huts around, and in every nook and cranny.

      Basic goods, such as water and food, are not enough. Due to the high number of people, there is a structural lack of distribution even of the goods that are present, and tensions seem to mount slowly but steadily.

      The Red Cross and workers from other organisations have been prevented from entering the hotspot centre for ’security reasons’ since yesterday morning. This seems an overwhelming situation for everyone. The pre-identification procedures, of course, are completely blown.

      Breaking out of this stalemate it’s very complex due to the continuous flow of arrivals : for today, as many as 2000 people are expected to be transferred between regular ships and military assets. For tomorrow another 2300 or so. Of course, it remains unpredictable how many people will continue to reach the island at the same time.

      In reaction to all this, we are not surprised, but again disappointed, that the city council is declaring a state of emergency still based on the rhetoric of ’invasion’.

      A day of city mourning has also been declared for the death of a 5-month-old baby, who did not survive the crossing and was found two days ago during a rescue.

      We are comforted, however, that a torchlight procession has been called by Lampedusians for tonight at 8pm. Banners read: ’STOP DEAD AT SEA’, ’LEGAL ENTRANCE CHANNELS NOW’.

      The Red Cross, Questura and Prefecture, on the other hand, oscillate between denying the problem - ’we are handling everything pretty well’ - to shouting at the invasion.

      It is not surprising either, but remains a disgrace, that the French government responds by announcing tighter border controls and that the German government announces in these very days - even though the decision stems from agreements already discussed in August regarding the Dublin Convention - that it will suspend the taking in of any refugee who falls under the so-called ’European solidarity mechanism’.

      We are facing a new level of breaking down the European borders and border regime by people on the move in the central Mediterranean area.

      We stand in full solidarity with them and wish them safe arrival in their destination cities.

      But let us remember: every day they continue to die at sea, which proves to be the deadliest border in the world. And this stems from a political choice, which remains intolerable and unacceptable.

      Freedom of movement must be a right for all!

      https://www.maldusa.org/l/lampedusas-hotspot-system-from-failure-to-nonexistence

    • « L’effet Lampedusa », ou comment se fabriquent des politiques migratoires répressives

      En concentrant les migrants dans des hotspots souvent situés sur de petites îles, les Etats européens installent une gestion inhumaine et inefficace des migrations, contradictoire avec certains de leurs objectifs, soulignent les chercheuses #Marie_Bassi et #Camille_Schmoll.

      Depuis quelques jours, la petite île de Lampedusa en Sicile a vu débarquer sur son territoire plus de migrants que son nombre d’habitants. Et comme à chacun de ces épisodes d’urgence migratoire en Europe, des représentants politiques partent en #croisade : pour accroître leur capital électoral, ils utilisent une #rhétorique_guerrière tandis que les annonces de #fermeture_des_frontières se succèdent. Les #élections_européennes approchent, c’est pour eux l’occasion de doubler par la droite de potentiels concurrents.

      Au-delà du cynisme des #opportunismes_politiques, que nous dit l’épisode Lampedusa ? Une fois de plus, que les #politiques_migratoires mises en place par les Etats européens depuis une trentaine d’années, et de manière accélérée depuis 2015, ont contribué à créer les conditions d’une #tragédie_humanitaire. Nous avons fermé les #voies_légales d’accès au territoire européen, contraignant des millions d’exilés à emprunter la périlleuse route maritime. Nous avons laissé les divers gouvernements italiens criminaliser les ONG qui portent secours aux bateaux en détresse, augmentant le degré de létalité de la traversée maritime. Nous avons collaboré avec des gouvernements irrespectueux des droits des migrants : en premier lieu la Libye, que nous avons armée et financée pour enfermer et violenter les populations migrantes afin de les empêcher de rejoindre l’Europe.

      L’épisode Lampedusa n’est donc pas simplement un drame humain : c’est aussi le symptôme d’une politique migratoire de courte vue, qui ne comprend pas qu’elle contribue à créer les conditions de ce qu’elle souhaite éviter, en renforçant l’instabilité et la violence dans les régions de départ ou de transit, et en enrichissant les réseaux criminels de trafic d’êtres humains qu’elle prétend combattre.

      Crise de l’accueil, et non crise migratoire

      Revenons d’abord sur ce que l’on peut appeler l’effet hotspot. On a assisté ces derniers mois à une augmentation importante des traversées de la Méditerranée centrale vers l’Italie, si bien que l’année 2023 pourrait, si la tendance se confirme, se hisser au niveau des années 2016 et 2017 qui avaient battu des records en termes de traversées dans cette zone. C’est bien entendu cette augmentation des départs qui a provoqué la surcharge actuelle de Lampedusa, et la situation de crise que l’on observe.

      Mais en réalité, les épisodes d’urgence se succèdent à Lampedusa depuis que l’île est devenue, au début des années 2000, le principal lieu de débarquement des migrants dans le canal de Sicile. Leur interception et leur confinement dans le hotspot de cette île exiguë de 20 km² renforce la #visibilité du phénomène, et crée un #effet_d’urgence et d’#invasion qui justifie une gestion inhumaine des arrivées. Ce fut déjà le cas en 2011 au moment des printemps arabes, lorsque plus de 60 000 personnes y avaient débarqué en quelques mois. Le gouvernement italien avait stoppé les transferts vers la Sicile, créant volontairement une situation d’#engorgement et de #crise_humanitaire. Les images du centre surpeuplé, de migrants harassés dormant dans la rue et protestant contre cet accueil indigne avaient largement été diffusées par les médias. Elles avaient permis au gouvernement italien d’instaurer un énième #état_d’urgence et de légitimer de nouvelles #politiques_répressives.

      Si l’on fait le tour des hotspots européens, force est de constater la répétition de ces situations, et donc l’échec de la #concentration dans quelques points stratégiques, le plus souvent des #îles du sud de l’Europe. L’#effet_Lampedusa est le même que l’effet #Chios ou l’effet #Moria#Lesbos) : ces #îles-frontières concentrent à elles seules, parce qu’elles sont exiguës, toutes les caractéristiques d’une gestion inhumaine et inefficace des migrations. Pensée en 2015 au niveau communautaire mais appliquée depuis longtemps dans certains pays, cette politique n’est pas parvenue à une gestion plus rationnelle des flux d’arrivées. Elle a en revanche fait peser sur des espaces périphériques et minuscules une énorme responsabilité humaine et une lourde charge financière. Des personnes traumatisées, des survivants, des enfants de plus en plus jeunes, sont accueillis dans des conditions indignes. Crise de l’accueil et non crise migratoire comme l’ont déjà montré de nombreuses personnes.

      Changer de paradigme

      Autre #myopie européenne : considérer qu’on peut, en collaborant avec les Etats de transit et de départ, endiguer les flux. Cette politique, au-delà de la vulnérabilité qu’elle crée vis-à-vis d’Etats qui peuvent user du chantage migratoire à tout moment – ce dont Kadhafi et Erdogan ne s’étaient pas privés – génère les conditions mêmes du départ des personnes en question. Car l’#externalisation dégrade la situation des migrants dans ces pays, y compris ceux qui voudraient y rester. En renforçant la criminalisation de la migration, l’externalisation renforce leur #désir_de_fuite. Depuis de nombreuses années, migrantes et migrants fuient les prisons et la torture libyennes ; ou depuis quelques mois, la violence d’un pouvoir tunisien en plein tournant autoritaire qui les érige en boucs émissaires. L’accord entre l’UE et la Tunisie, un énième du genre qui conditionne l’aide financière à la lutte contre l’immigration, renforce cette dynamique, avec les épisodes tragiques de cet été, à la frontière tuniso-libyenne.

      Lampedusa nous apprend qu’il est nécessaire de changer de #paradigme, tant les solutions proposées par les Etats européens (externalisation, #dissuasion, #criminalisation_des_migrations et de leurs soutiens) ont révélé au mieux leur #inefficacité, au pire leur caractère létal. Ils contribuent notamment à asseoir des régimes autoritaires et des pratiques violentes vis-à-vis des migrants. Et à transformer des êtres humains en sujets humanitaires.

      https://www.liberation.fr/idees-et-debats/tribunes/leffet-lampedusa-ou-comment-se-fabriquent-des-politiques-migratoires-repr

    • Pour remettre les pendules à l’heure :

      Saluti dal Paese del “fenomeno palesemente fuori controllo”.


      https://twitter.com/emmevilla/status/1703458756728610987

      Et aussi :

      « Les interceptions des migrants aux frontières représentent 1 à 3% des personnes autorisées à entrer avec un visa dans l’espace Schengen »

      Source : Babels, « Méditerranée – Des frontières à la dérive », https://www.lepassagerclandestin.fr/catalogue/bibliotheque-des-frontieres/mediterraneedes-frontieres-a-la-derive

      #statistiques #chiffres #étrangers #Italie

    • Arrivées à Lampedusa - #Solidarité et #résistance face à la crise de l’accueil en Europe.

      Suite à l’arrivée d’un nombre record de personnes migrantes à Lampedusa, la société civile exprime sa profonde inquiétude face à la réponse sécuritaire des Etats européens, la crise de l’accueil et réaffirme sa solidarité avec les personnes qui arrivent en Europe.

      Plus de 5 000 personnes et 112 bateaux : c’est le nombre d’arrivées enregistrées sur l’île italienne de Lampedusa le mardi 12 septembre. Les embarcations, dont la plupart sont arrivées de manière autonome, sont parties de Tunisie ou de Libye. Au total, plus de 118 500 personnes ont atteint les côtes italiennes depuis le début de l’année, soit près du double des 64 529 enregistrées à la même période en 2022 [1]. L’accumulation des chiffres ne nous fait pas oublier que, derrière chaque numéro, il y a un être humain, une histoire individuelle et que des personnes perdent encore la vie en essayant de rejoindre l’Europe.

      Si Lampedusa est depuis longtemps une destination pour les bateaux de centaines de personnes cherchant refuge en Europe, les infrastructures d’accueil de l’île font défaut. Mardi, le sauvetage chaotique d’un bateau a causé la mort d’un bébé de 5 mois. Celui-ci est tombé à l’eau et s’est immédiatement noyé, alors que des dizaines de bateaux continuaient d’accoster dans le port commercial. Pendant plusieurs heures, des centaines de personnes sont restées bloquées sur la jetée, sans eau ni nourriture, avant d’être transférées vers le hotspot de Lampedusa.

      Le hotspot, centre de triage où les personnes nouvellement arrivées sont tenues à l’écart de la population locale et pré-identifiées avant d’être transférées sur le continent, avec ses 389 places, n’a absolument pas la capacité d’accueillir dignement les personnes qui arrivent quotidiennement sur l’île. Depuis mardi, le personnel du centre est complètement débordé par la présence de 6 000 personnes. La Croix-Rouge et le personnel d’autres organisations ont été empêchés d’entrer dans le centre pour des « raisons de sécurité ».

      Jeudi matin, de nombreuses personnes ont commencé à s’échapper du hotspot en sautant les clôtures en raison des conditions inhumaines dans lesquelles elles y étaient détenues. Face à l’incapacité des autorités italiennes à offrir un accueil digne, la solidarité locale a pris le relais. De nombreux habitants et habitantes se sont mobilisés pour organiser des distributions de nourriture aux personnes réfugiées dans la ville [2].

      Différentes organisations dénoncent également la crise politique qui sévit en Tunisie et l’urgence humanitaire dans la ville de Sfax, d’où partent la plupart des bateaux pour l’Italie. Actuellement, environ 500 personnes dorment sur la place Beb Jebli et n’ont pratiquement aucun accès à la nourriture ou à une assistance médicale [3]. La plupart d’entre elles ont été contraintes de fuir le Soudan, l’Éthiopie, la Somalie, le Tchad, l’Érythrée ou le Niger. Depuis les déclarations racistes du président tunisien, Kais Saied, de nombreuses personnes migrantes ont été expulsées de leur domicile et ont perdu leur travail [4]. D’autres ont été déportées dans le désert où certaines sont mortes de soif.

      Alors que ces déportations massives se poursuivent et que la situation à Sfax continue de se détériorer, l’UE a conclu un nouvel accord avec le gouvernement tunisien il y a trois mois afin de coopérer « plus efficacement en matière de migration », de gestion des frontières et de « lutte contre la contrebande », au moyen d’une enveloppe de plus de 100 millions d’euros. L’UE a accepté ce nouvel accord en pleine connaissance des atrocités commises par le gouvernement tunisien ainsi que les attaques perpétrées par les garde-côtes tunisiens sur les bateaux de migrants [5].

      Pendant ce temps, nous observons avec inquiétude comment les différents gouvernements européens ferment leurs frontières et continuent de violer le droit d’asile et les droits humains les plus fondamentaux. Alors que le ministre français de l’Intérieur a annoncé son intention de renforcer les contrôles à la frontière italienne, plusieurs autres États membres de l’UE ont également déclaré qu’ils fermeraient leurs portes. En août, les autorités allemandes ont décidé d’arrêter les processus de relocalisation des demandeurs et demandeuses d’asile arrivant en Allemagne depuis l’Italie dans le cadre du « mécanisme de solidarité volontaire » [6].

      Invitée à Lampedusa dimanche par la première ministre Meloni, la Présidente de la Commission européenne Von der Leyen a annoncé la mise en place d’un plan d’action en 10 points qui vient confirmer cette réponse ultra-sécuritaire [7]. Renforcer les contrôles en mer au détriment de l’obligation de sauvetage, augmenter la cadence des expulsions et accroître le processus d’externalisation des frontières… autant de vieilles recettes que l’Union européenne met en place depuis des dizaines années et qui ont prouvé leur échec, ne faisant qu’aggraver la crise de la solidarité et la situation des personnes migrantes.

      Les organisations soussignées appellent à une Europe ouverte et accueillante et exhortent les États membres de l’UE à fournir des voies d’accès sûres et légales ainsi que des conditions d’accueil dignes. Nous demandons que des mesures urgentes soient prises à Lampedusa et que les lois internationales qui protègent le droit d’asile soient respectées. Nous sommes dévastés par les décès continus en mer causés par les politiques frontalières de l’UE et réaffirmons notre solidarité avec les personnes en mouvement.

      https://migreurop.org/article3203.html?lang_article=fr

    • Che cos’è una crisi migratoria?

      Continuare a considerare il fenomeno migratorio come crisi ci allontana sempre più dalla sua comprensione, mantenendoci ancorati a soluzioni emergenziali che non possono che risultare strumentali e pericolose
      Le immagini della fila di piccole imbarcazioni in attesa di fare ingresso nel porto di Lampedusa resteranno impresse nella nostra memoria collettiva. Oltre cinquemila persone in sole ventiquattrore, che si aggiungono alle oltre centomila giunte in Italia nei mesi precedenti (114.256 al 31 agosto 2023). Nel solo mese di agosto sono sbarcate in Italia più di venticinquemila persone, che si aggiungono alle oltre ventitremila di luglio. Era del resto in previsione di una lunga estate di sbarchi che il Governo aveva in aprile dichiarato lo stato di emergenza, in un momento in cui, secondo i dati forniti dal ministro Piantedosi, nella sola Lampedusa erano concentrate più di tremila persone. Stando alle dichiarazioni ufficiali, l’esigenza era quella di dotarsi degli strumenti tecnici per distribuire più efficacemente chi era in arrivo sul territorio italiano, in strutture gestite dalla Protezione civile, aggirando le ordinarie procedure d’appalto per l’apertura di nuove strutture di accoglienza.

      Tra il 2017 e il 2022, in parallelo con la riduzione del numero di sbarchi, il sistema d’accoglienza per richiedenti protezione internazionale era stato progressivamente contratto, perdendo circa il 240% della sua capacità ricettiva. Gli interventi dei primi mesi del 2023 sembravano tuttavia volerne rivoluzionare la fisionomia. Il cosiddetto “Decreto Cutro” escludeva i richiedenti asilo dalla possibilità di accedere alle strutture di accoglienza che fanno capo alla rete Sai (Sistema accoglienza migrazione), che a fine 2022 vantava una capacità di quasi venticinquemila posti, per riservare loro strutture come i grandi Centri di prima accoglienza o di accoglienza straordinaria, in cui sempre meno servizi alla persona sarebbero stati offerti. Per i richiedenti provenienti dai Paesi considerati “sicuri”, invece, la prospettiva era quella del confinamento in strutture situate nei pressi delle zone di frontiera in attesa dell’esito della procedura d’asilo accelerata e, eventualmente, del rimpatrio immediato.

      L’impennata nel numero di arrivi registrata negli ultimi giorni ha infine indotto il presidente del Consiglio ad annunciare con un videomessaggio trasmesso all’ora di cena nuove misure eccezionali. In particolare, sarà affidato all’Esercito il compito di creare e gestire nuove strutture detentive in cui trattenere “chiunque entri illegalmente in Italia per tutto il tempo necessario alla definizione della sue eventuale richiesta d’asilo e per la sua effettiva espulsione nel caso in cui sia irregolare”, da collocarsi “in località a bassissima densità abitativa e facilmente perimetrabili e sorvegliabili”. Parallelamente, anche i termini massimi di detenzione saranno innalzati fino a diciotto mesi.

      Ciò di cui nessuno sembra dubitare è che l’Italia si trovi a fronteggiare l’ennesima crisi migratoria. Ma esattamente, di cosa si parla quando si usa la parola “crisi” in relazione ai fenomeni migratori?

      Certo c’è la realtà empirica dei movimenti attraverso le frontiere. Oltre centomila arrivi in otto mesi giustificano forse il riferimento al concetto di crisi, ma a ben vedere non sono i numeri il fattore determinante. Alcune situazioni sono state definite come critiche anche in presenza di numeri tutto sommato limitati, per ragioni essenzialmente politico-diplomatiche. Si pensi alla crisi al confine greco-turco nel 2020, o ancora alla crisi ai confini di Polonia e Lituania con la Bielorussia nel 2021. In altri casi il movimento delle persone attraverso i confini non è stato tematizzato come una crisi anche a fronte di numeri molto elevati, si pensi all’accoglienza riservata ai profughi ucraini. Sebbene siano stati attivati strumenti di risposta eccezionali, il loro orientamento è stato prevalentemente umanitario e volto all’accoglienza. L’Italia, ad esempio, ha sì decretato uno stato d’emergenza per implementare un piano di accoglienza straordinaria dei profughi provenienti dall’Ucraina, ma ha offerto accoglienza agli oltre centosettantamila ucraini presenti sul nostro territorio senza pretendere di confinarli in centri chiusi, concedendo inoltre loro un sussidio in denaro.

      Ciò che conta è la rappresentazione del fenomeno migratorio e la risposta politica che di conseguenza segue. Le rappresentazioni e le politiche si alimentano reciprocamente. In breve, non tutti i fenomeni migratori sono interpretati come una crisi, né, quando lo sono, determinano la medesima risposta emergenziale. Ad esempio, all’indomani della tragedia di Lampedusa del 2013 prevalse un paradigma interpretativo chiaramente umanitario, che portò all’intensificazione delle operazioni di ricerca e soccorso nel Mediterraneo. Nel 2014 sbarcarono in Italia oltre centosettantamila migranti, centocinquantamila nel 2015 e ben centottantamila nel 2016. Questo tipo di approccio è stato in seguito definito come un pericoloso fattore di attrazione per le migrazioni non autorizzate e l’area operativa delle missioni di sorveglianza dei confini marittimi progressivamente arretrata, creando quel vuoto nelle attività di ricerca e soccorso che le navi delle Ong hanno cercato negli ultimi anni di colmare.

      Gli arrivi a Lampedusa degli ultimi giorni sono in gran parte l’effetto della riduzione dell’attività di sorveglianza oltre le acque territoriali. Intercettare i migranti in acque internazionali implica l’assunzione di obblighi e ricerca e soccorso che l’attuale governo accetta con una certa riluttanza, ma consente anche di far sbarcare i migranti soccorsi in mare anche in altri porti, evitando eccessive concentrazioni in un unico punto di sbarco.

      I migranti che raggiungono le nostre coste sono rappresentati come invasori, che violando i nostri confini minacciano la nostra integrità territoriale. L’appello insistito all’intervento delle forze armate che abbiamo ascoltato negli ultimi giorni si giustifica proprio attraverso il riferimento alla necessità di proteggere i confini e, in ultima analisi, l’integrità territoriale dell’Italia. Per quanto le immagini di migliaia di persone che sbarcano sulle coste italiane possano impressionare l’opinione pubblica, il riferimento alla necessità di proteggere l’integrità territoriale è frutto di un grave equivoco. Il principio di integrità territoriale è infatti codificato nel diritto internazionale come un corollario del divieto di uso della forza. Da ciò discende che l’integrità territoriale di uno Stato può essere minacciata solo da un’azione militare ostile condotta da forze regolari o irregolari. È dubbio che le migrazioni possano essere considerate una minaccia tale da giustificare, ad esempio, un blocco navale.

      Se i migranti non possono di per sé essere considerati come una minaccia alla integrità territoriale dello Stato, potrebbero però essere utilizzati come strumento da parte di attori politici intenzionati a destabilizzare politicamente i Paesi di destinazione. Non è mancato negli ultimi tempi chi ha occasionalmente evocato l’idea della strumentalizzazione delle migrazioni, fino alla recente, plateale dichiarazione del ministro Salvini. D’altra parte, questo è un tema caro ai Paesi dell’Est Europa, che hanno spinto affinché molte delle misure eccezionali adottate da loro in occasione della crisi del 2021 fossero infine incorporate nel diritto della Ue. Una parte del governo italiano sembra tuttavia più cauta, anche perché si continua a vedere nella collaborazione con i Paesi terzi la chiave di volta per la gestione del fenomeno. Accusare esplicitamente la Tunisia di strumentalizzare le migrazioni avrebbe costi politico-diplomatici troppo elevati.

      Cionondimeno, insistendo sull’elemento del rischio di destabilizzazione interna, plasticamente rappresentato dalle immagini delle migliaia di persone ammassate sul molo o nell’hotspot di Lampedusa, il governo propone una risposta politica molto simile all’approccio utilizzato da Polonia e Lituania nel 2021, centrato su respingimenti di massa e detenzione nelle zone di frontiera. L’obiettivo è quello di disincentivare i potenziali futuri migranti, paventando loro lunghi periodi di detenzione e il ritorno nella loro patria di origine.

      Gran parte di questa strategia dipende dalla collaborazione dei Paesi terzi e dalla loro disponibilità a bloccare le partenze prima che i migranti siano intercettati da autorità Italiane, facendo di conseguenza scattare gli obblighi internazionali di ricerca e soccorso o di asilo. Una strategia simile, definita come del controllo senza contatto, è stata seguita a lungo nella cooperazione con la Guardia costiera libica. Tuttavia, è proprio il tentativo di esternalizzare i controlli migratori a rendere i Paesi della Ue sempre più vulnerabili alla spregiudicata diplomazia delle migrazioni dei Paesi terzi. In definitiva, sono i Paesi europei che offrono loro la possibilità di strumentalizzare le migrazioni a scopi politici.

      Sul piano interno, il successo di una simile strategia dipende dalla capacità di rimpatriare rapidamente i migranti giunti sul territorio italiano. Alla fine del 2021 la percentuale di rimpatri che l’Italia riusciva ad eseguire era del 15% dei provvedimenti di allontanamento adottati. Gran parte delle persone rimpatriate sono tuttavia cittadini tunisini, anche perché in assenza di collaborazione con il Paese d’origine è impossibile rimpatriare. I tunisini rappresentano solo l’8% delle persone sbarcate nel 2023, che vengono in prevalenza da Guinea, Costa d’Avorio, Egitto, Bangladesh, Burkina Faso. L’allungamento dei tempi di detenzione non avrà dunque nessuna incidenza sulla efficacia delle politiche di rimpatrio.

      Uno degli argomenti utilizzati per giustificare l’intervento dell’Esercito è quello della necessità di accrescere la capacità del sistema detentivo, giudicata dal Governo non adeguata a gestire l’attuale crisi migratoria. Stando ai dati inclusi nella relazione sul sistema di accoglienza, alla fine del 2021 il sistema contava 744 posti, a fronte di una capacità ufficiale di 1.395. Come suggerisce la medesima relazione, il sistema funziona da sempre a capacità ridotta, anche perché le strutture sono soggette a ripetuti interventi di manutenzione straordinaria a causa delle devastazioni che seguono alle continue rivolte. Si tratta di strutture ai limiti dell’ingestibilità, che possono essere governate solo esercitando una forma sistemica di violenza istituzionale.

      Il sistema detentivo per stranieri sta tuttavia cambiando pelle progressivamente, ibridandosi con il sistema di accoglienza per richiedenti asilo al fine di contenere i migranti appena giunti via mare in attesa del loro più o meno rapido respingimento. Fino ad oggi, tuttavia, la detenzione ha continuato ad essere utilizzata in maniera più o meno selettiva, riservandola a coloro con ragionevoli prospettive di essere rimpatriati in tempi rapidi. Gli altri sono stati instradati verso il sistema di accoglienza, qualora avessero presentato una domanda d’asilo, o abbandonai al loro destino con in mano un ordine di lasciare l’Italia entro sette giorni.

      Le conseguenze di una politica basata sulla detenzione sistematica e a lungo termine di tutti coloro che giungono alla frontiera sono facili da immaginare. Se l’Italia si limitasse a trattenere per una media di sei mesi (si ricordi che l’intenzione espressa in questi giorni dal Governo italiano è di portare a diciotto mesi i termini massimi di detenzione) anche solo il 50% delle persone che sbarcano, significherebbe approntare un sistema detentivo con una capacità di trentottomila posti. Certo, questo calcolo si basa sulla media mensile degli arrivi registrati nel 2023, un anno di “crisi” appunto. Ma anche tenendo conto della media mensile degli arrivi dei due anni precedenti la prospettiva non sarebbe confortante. Il nostro Paese dovrebbe infatti essere in grado di mantenere una infrastruttura detentiva da ventimila posti. Una simile infrastruttura, dato l’andamento oscillatorio degli arrivi via mare, dovrebbe essere poi potenziata al bisogno per far fronte alle necessità delle fasi in cui il numero di sbarchi cresce.

      Lascio al lettore trarre le conseguenze circa l’impatto materiale e umano che una simile approccio alla gestione degli arrivi avrebbe. Mi limito qui solo ad alcune considerazioni finali sulla maniera in cui sono tematizzate le cosiddette crisi migratorie. Tali crisi continuano ad essere viste come il frutto della carenza di controlli e della incapacità dello Stato di esercitare il suo diritto sovrano di controllare le frontiere. La risposta alle crisi migratorie è dunque sempre identica a sé stessa, alla ricerca di una impossibile chiusura dei confini che riproduce sempre nuove crisi, nuovi morti in mare, nuova violenza di Stato lungo le frontiere fortificate o nelle zone di contenimento militarizzate. Guardare alle migrazioni attraverso la lente del concetto di “crisi” induce tuttavia a pensare le migrazioni come a qualcosa di eccezionale, come a un’anomalia causata da instabilità e catastrofi che si verificano in un altrove geografico e politico. Le migrazioni sono così destoricizzate e decontestualizzate dalle loro cause strutturali e i Paesi di destinazione condannati a replicare politiche destinate a fallire poiché appunto promettono risultati irraggiungibili. Più che insistere ossessivamente sulla rappresentazione delle migrazioni come crisi, si dovrebbe dunque forse cominciare a tematizzare la crisi delle politiche migratorie. Una crisi più profonda e strutturale che non può essere ridotta alle polemiche scatenate dai periodici aumenti nel numero di sbarchi.

      https://www.rivistailmulino.it/a/che-cos-una-crisi-migratoria

    • Spiegazione semplice del perché #Lampedusa va in emergenza.

      2015-2017: 150.000 sbarchi l’anno, di cui 14.000 a Lampedusa (9%).

      Ultimi 12 mesi: 157.000 sbarchi, di cui 104.000 a Lampedusa (66%).

      Soluzione: aumentare soccorsi a #migranti, velocizzare i trasferimenti.
      Fine.

      https://twitter.com/emmevilla/status/1704751278184685635

    • Interview de M. #Gérald_Darmanin, ministre de l’intérieur et des outre-mer, à Europe 1/CNews le 18 septembre 2023, sur la question migratoire et le travail des forces de l’ordre.

      SONIA MABROUK
      Bonjour à vous Gérald DARMANIN.

      GERALD DARMANIN
      Bonjour.

      SONIA MABROUK
      Merci de nous accorder cet entretien, avant votre déplacement cet après-midi à Rome. Lampedusa, Monsieur le Ministre, débordé par l’afflux de milliers de migrants. La présidente de la Commission européenne, Ursula VON DER LEYEN, en visite sur place, a appelé les pays européens à accueillir une partie de ces migrants arrivés en Italie. Est-ce que la France s’apprête à le faire, et si oui, pour combien de migrants ?

      GERALD DARMANIN
      Alors, non, la France ne s’apprête pas à le faire, la France, comme l’a dit le président de la République la Première ministre italienne, va aider l’Italie à tenir sa frontière, pour empêcher les gens d’arriver, et pour ceux qui sont arrivés en Italie, à Lampedusa et dans le reste de l’Italie, nous devons appliquer les règles européennes, que nous avons adoptées voilà quelques mois, qui consistent à faire les demandes d’asile à la frontière. Et donc une fois que l’on fait les demandes d’asile à la frontière, on constate qu’une grande partie de ces demandeurs d’asile ne sont pas éligibles à l’asile et doivent repartir immédiatement dans les pays d’origine. S’il y a des demandeurs d’asile, qui sont éligibles à l’asile, qui sont persécutés pour des raisons évidemment politiques, bien sûr, ce sont des réfugiés, et dans ces cas-là, la France comme d’autres pays, comme elle l’a toujours fait, peut accueillir des personnes. Mais ce serait une erreur d’appréciation que de considérer que les migrants parce qu’ils arrivent en Europe, doivent tout de suite être répartis dans tous les pays d’Europe et dont la France, qui prend déjà largement sa part, et donc ce que nous voulons dire à nos amis italiens, qui je crois sont parfaitement d’accord avec nous, nous devons protéger les frontières extérieures de l’Union européenne, les aider à cela, et surtout tout de suite regarder les demandes d’asile, et quand les gens ne sont pas éligibles à l’asile, tout de suite les renvoyer dans leur pays.

      SONIA MABROUK
      Donc, pour être clair ce matin Gérald DARMANIN, vous dites que la politique de relocalisation immédiate, non la France n’en prendra pas sa part.

      GERALD DARMANIN
      S’il s’agit de personnes qui doivent déposer une demande d’asile parce qu’ils sont persécutés dans leur pays, alors ce sont des réfugiés politiques, oui nous avons toujours relocalisé, on a toujours mis dans nos pays si j’ose dire une partie du fardeau qu’avaient les Italiens ou les Grecs. S’il s’agit de prendre les migrants tels qu’ils sont, 60 % d’entre eux viennent de pays comme la Côte d’Ivoire, comme la Guinée, comme la Gambie, il n’y a aucune raison qu’ils viennent…

      SONIA MABROUK
      Ça a été le cas lors de l’Ocean Viking.

      GERALD DARMANIN
      Il n’y a aucune raison. Pour d’autres raisons, c’est des raisons humanitaires, là il n’y a pas de question humanitaire, sauf qu’à Lampedusa les choses deviennent très difficiles, c’est pour ça qu’il faut que nous aidions nos amis italiens, mais il ne peut pas y avoir comme message donné aux personnes qui viennent sur notre sol, qu’ils sont quoiqu’il arrive dans nos pays accueillis. Ils ne sont accueillis que s’ils respectent les règles de l’asile, s’ils sont persécutés. Mais si c’est une immigration qui est juste irrégulière, non, la France ne peut pas les accueillir, comme d’autres pays. La France est très ferme, vous savez, j’entends souvent que c’est le pays où il y a le plus de demandeurs d’asile, c’est tout à fait faux, nous sommes le 4e pays, derrière l’Allemagne, derrière l’Espagne, derrière l’Autriche, et notre volonté c’est d’accueillir bien sûr ceux qui doivent l’être, les persécutés politiques, mais nous devons absolument renvoyer chez eux, ceux qui n’ont rien à faire en Europe.

      SONIA MABROUK
      On entend ce message ce matin, qui est un peu différent de celui de la ministre des Affaires étrangères, qui semblait parler d’un accueil inconditionnel. Le président de la République a parlé d’un devoir de solidarité. Vous, vous dites : oui, devoir de solidarité, mais nous n’allons pas avoir une politique de répartition des migrants, ce n’est pas le rôle de la France.

      GERALD DARMANIN
      Le rôle de la France, d’abord aider l’Italie.

      SONIA MABROUK
      Comment, concrètement ?

      GERALD DARMANIN
      Eh bien d’abord, nous devons continuer à protéger nos frontières, et ça c’est à l’Europe de le faire.

      SONIA MABROUK
      Ça c’est l’enjeu majeur, les frontières extérieures.

      GERALD DARMANIN
      Exactement. Nous devons déployer davantage Frontex en Méditerranée…

      SONIA MABROUK
      Avec une efficacité, Monsieur le Ministre, très discutable.

      GERALD DARMANIN
      Avec des messages qu’on doit passer à Frontex effectivement, de meilleures actions, pour empêcher les personnes de traverser pour aller à Lampedusa. Il y a eu à Lampedusa, vous l’avez dit, des milliers de personnes, 5000 même en une seule journée, m’a dit le ministre italien, le 12 septembre. Donc il y a manifestement 300, 400 arrivées de bateaux possibles. Nous devons aussi travailler avec la Tunisie, avec peut-être beaucoup plus encore d’actions que nous faisons jusqu’à présent. La Commission européenne vient de négocier un plan, eh bien il faut le mettre en place désormais, il faut arrêter d’en parler, il faut le faire. Vous savez, les bateaux qui sont produits à Sfax pour venir à Lampedusa, ils sont produits en Tunisie. Donc il faut absolument que nous cassons cet écosystème des passeurs, des trafiquants, parce qu’on ne peut pas continuer comme ça.

      GERALD DARMANIN
      Quand vous dites « nous », c’est-à-dire en partenariat avec la Tunisie ? Comment vous expliquez Monsieur le Ministre qu’il y a eu un afflux aussi soudain ? Est-ce que la Tunisie n’a pas pu ou n’a pas voulu contenir ces arrivées ?

      GERALD DARMANIN
      Je ne sais pas. J’imagine que le gouvernement tunisien a fait le maximum…

      SONIA MABROUK
      Vous devez avoir une idée.

      GERALD DARMANIN
      On sait qu’on que tous ces gens sont partis de Sfax, donc d’un endroit extrêmement précis où il y a beaucoup de migrants notamment Africains, Subsahariens qui y sont, donc la Tunisie connaît elle-même une difficulté migratoire très forte. On doit manifestement l’aider, mais on doit aussi très bien coopérer avec elle, je crois que c’est ce que fait en ce moment le gouvernement italien, qui rappelle un certain nombre de choses aux Tunisiens, quoi leur rappelle aussi leurs difficultés. Donc, ce qui est sûr c’est que nous avons désormais beaucoup de plans, on a beaucoup de moyens, on a fait beaucoup de déplacements, maintenant il faut appliquer cela. Vous savez, la France, à la demande du président de la République, c’était d’ailleurs à Tourcoing, a proposé un pacte migratoire, qui consistait très simplement à ce que les demandes d’asile ne se fassent plus dans nos pays, mais à la frontière. Tout le monde l’a adopté, y compris le gouvernement de madame MELONI. C’est extrêmement efficace puisque l’idée c’est qu’on dise que les gens, quand ils rentrent sur le territoire européen, ne sont pas juridiquement sur le territoire européen, que nous regardions leur asile en quelques jours, et nous les renvoyons. Il faut que l’Italie…

      SONIA MABROUK
      Ça c’est le principe.

      GERALD DARMANIN
      Il faut que l’Italie anticipe, anticipe la mise en place de ce dispositif. Et pourquoi il n’a pas encore été mis en place ? Parce que des députés européens, ceux du Rassemblement national, ont voté contre. C’est-à-dire que l’on est dans une situation politique un peu étonnante, où la France trouve une solution, la demande d’asile aux frontières, beaucoup plus efficace. Le gouvernement de madame MELONI, dans lequel participe monsieur SALVINI, est d’accord avec cette proposition, simplement ceux qui bloquent ça au Parlement européen, c’est le Rassemblement national, qui après va en Italie pour dire que l’Europe ne fait rien.

      SONIA MABROUK
      Sauf que, Monsieur le Ministre…

      GERALD DARMANIN
      Donc on voit bien qu’il y a du tourisme électoral de la part de madame LE PEN…

      SONIA MABROUK
      Vous le dénoncez.

      GERALD DARMANIN
      Il faut désormais être ferme, ce que je vous dis, nous n’accueillerons pas les migrants sur le territoire européen…

      SONIA MABROUK
      Mais un migrant, sur le sol européen aujourd’hui, sait qu’il va y rester. La vocation est d’y rester.

      GERALD DARMANIN
      Non, c’est tout à fait faux, nous faisons des retours. Nous avons par exemple dans les demandes d’asile, prévu des Ivoiriens. Bon. Nous avons des personnes qui viennent du Cameroun, nous avons des personnes qui viennent de Gambie. Avec ces pays nous avons d’excellentes relations politiques internationales, et nous renvoyons tous les jours dans ces pays des personnes qui n’ont rien à faire pour demander l’asile en France ou en Europe. Donc c’est tout à fait faux, avec certains pays nous avons plus de difficultés, bien sûr, parce qu’ils sont en guerre, comme la Syrie, comme l’Afghanistan bien sûr, mais avec beaucoup de pays, la Tunisie, la Gambie, la Côte d’Ivoire, le Sénégal, le Cameroun, nous sommes capables d’envoyer très rapidement ces personnes chez elles.

      SONIA MABROUK
      Lorsque le patron du Rassemblement national Jordan BARDELLA, ou encore Eric ZEMMOUR, ou encore Marion MARECHAL sur place, dit : aucun migrant de Lampedusa ne doit arriver en France. Est-ce que vous êtes capable de tenir, si je puis dire cette déclaration ? Vous dites : c’est totalement illusoire.

      GERALD DARMANIN
      Non mais monsieur BARDELLA il fait de la politique politicienne, et malheureusement sur le dos de ses amis italiens, sur le dos de femmes et d’hommes, puisqu’il ne faut jamais oublier que ces personnes évidemment connaissent des difficultés extrêmement fortes. Il y a un bébé qui est mort à Lampedusa voilà quelques heures, et évidemment sur le dos de l’intelligence politique que les Français ont. Le Front national vote systématiquement contre toutes les mesures que nous proposons au niveau européen, chacun voit que c’est un sujet européen, c’est pour ça d’ailleurs qu’il se déplace, j’imagine, en Italie…

      SONIA MABROUK
      Ils ne sont pas d’accord avec votre politique, Monsieur le Ministre, ça ne surprend personne.

      GERALD DARMANIN
      Non mais monsieur SALVINI madame MELONI, avec le gouvernement français, ont adopté un texte commun qui prévoit une révolution : la demande d’asile aux frontières. Monsieur BARDELLA, lui il parle beaucoup, mais au Parlement européen il vote contre. Pourquoi ? Parce qu’il vit des problèmes. La vérité c’est que monsieur BARDELLA, comme madame Marion MARECHAL LE PEN, on a compris qu’il y a une sorte de concurrence dans la démagogie à l’extrême droite, eux, ce qu’ils veulent c’est vivre des problèmes. Quand on leur propose de résoudre les problèmes, l’Europe avec le président de la République a essayé de leur proposer de les résoudre. Nous avons un accord avec madame MELONI, nous faisons la demande d’asile aux frontières, nous considérons qu’il n’y a plus d’asile en Europe, tant qu’on n’a pas étudié aux frontières cet asile. Quand le Rassemblement national vote contre, qu’est-ce qui se passe ? Eh bien ils ne veulent pas résoudre les problèmes, ils veulent pouvoir avoir une sorte de carburant électoral, pour pouvoir dire n’importe quoi, comme ils l’ont fait ce week-end encore.

      SONIA MABROUK
      Ce matin, sur les 5 000, 6 000 qui sont arrivés à Lampedusa, combien seront raccompagnés, combien n’ont pas vocation et ne resteront pas sur le sol européen ?

      GERALD DARMANIN
      Alors, c’est difficile. C’est difficile à savoir, parce que moi je ne suis pas les autorités italiennes, c’est pour ça que à la demande, du président je vais à Rome cet après-midi, mais de notre point de vue, de ce que nous en savons des autorités italiennes, beaucoup doivent être accompagnés, puisqu’encore une fois je comprends que sur à peu près 8 000 ou 9 000 personnes qui sont arrivées, il y a beaucoup de gens qui viennent de pays qui ne connaissent pas de persécution politique, ni au Cameroun, ni en Côte d’Ivoire, ni bien sûr en Gambie, ni en Tunisie, et donc ces personnes, bien sûr, doivent repartir dans leur pays et la France doit les aider à repartir.

      SONIA MABROUK
      On note Gérald DARMANIN que vous avez un discours, en tout cas une tonalité très différente à l’égard de madame MELONI, on se souvient tous qu’il y a eu quasiment une crise diplomatique il y a quelques temps, lorsque vous avez dit qu’elle n’était pas capable de gérer ces questions migratoires sur lesquelles elle a été… elle est arrivée au pouvoir avec un discours très ferme, aujourd’hui vous dites « non, je la soutiens madame MELONI », c’est derrière nous toutes ces déclarations, que vous avez tenues ?

      GERALD DARMANIN
      Je ne suis pas là pour soutenir madame MELONI, non, je dis simplement que lorsqu’on vote pour des gouvernements qui vous promettent tout, c’est le cas aussi de ce qui s’est passé avec le Brexit en Grande-Bretagne, les Français doivent comprendre ça. Lorsqu’on vous dit " pas un migrant ne viendra, on fera un blocus naval, vous allez voir avec nous on rase gratis ", on voit bien que la réalité dépasse largement ces engagements.

      SONIA MABROUK
      Elle a réitéré le blocus naval !

      GERALD DARMANIN
      Le fait est qu’aujourd’hui nous devons gérer une situation où l’Italie est en grande difficulté, et on doit aider l’Italie, parce qu’aider l’Italie, d’abord c’est nos frères et nos soeurs les Italiens, mais en plus c’est la continuité, évidemment, de ce qui va se passer en France, donc moi je suis là pour protéger les Français, je suis là pour protéger les Français parce que le président de la République souhaite que nous le faisions dans un cadre européen, et c’est la seule solution qui vaille, parce que l’Europe doit parler d’une seule voix…

      SONIA MABROUK
      C’est la seule solution qui vaille ?

      GERALD DARMANIN
      Oui, c’est la seule solution qui vaille…

      SONIA MABROUK
      Vous savez que l’Allemagne a changé, enfin elle n’en voulait pas, finalement là, sur les migrants, elle change d’avis, la Hongrie, la Pologne, je n’en parle même pas, la situation devient quand même intenable.

      GERALD DARMANIN
      La France a un rôle moteur dans cette situation de ce week-end, vous avez vu les contacts diplomatiques que nous avons eus, on est heureux d’avoir réussi à faire bouger nos amis Allemands sur cette situation. Les Allemands connaissent aussi une difficulté forte, ils ont 1 million de personnes réfugiées ukrainiens, ils ont une situation compliquée par rapport à la nôtre aussi, mais je constate que l’Allemagne et la France parlent une nouvelle fois d’une seule voix.

      SONIA MABROUK
      Mais l’Europe est en ordre dispersé, ça on peut le dire, c’est un constat lucide.

      GERALD DARMANIN
      L’Europe est dispersée parce que l’Europe, malheureusement, a des intérêts divergents, mais l’Europe a réussi à se mettre d’accord sur la proposition française, encore une fois, une révolution migratoire qui consiste à faire des demandes d’asile à la frontière. Nous nous sommes mis d’accord entre tous les pays européens, y compris madame MELONI, ceux qui bloquent c’est le Rassemblement national, et leurs amis, au Parlement européen, donc plutôt que de faire du tourisme migratoire à Lampedusa comme madame Marion MARECHAL LE PEN, ou raconter n’importe quoi comme monsieur BARDELLA, ils feraient mieux de faire leur travail de députés européens, de soutenir la France, d’être un peu patriotes pour une fois, de ne pas faire la politique du pire…

      SONIA MABROUK
      Vous leur reprochez un défaut de patriotisme à ce sujet-là ?

      GERALD DARMANIN
      Quand on ne soutient pas la politique de son gouvernement, lorsque l’on fait l’inverser…

      SONIA MABROUK
      Ça s’appelle être dans l’opposition parfois Monsieur le Ministre.

      GERALD DARMANIN
      Oui, mais on ne peut pas le faire sur le dos de femmes et d’hommes qui meurent, et moi je vais vous dire, le Rassemblement national aujourd’hui n’est pas dans la responsabilité politique. Qu’il vote ce pacte migratoire très vite, que nous puissions enfin, concrètement, aider nos amis Italiens, c’est sûr qu’il y aura moins d’images dramatiques, du coup il y aura moins de carburant pour le Rassemblement national, mais ils auront fait quelque chose pour leur pays.

      SONIA MABROUK
      Vous les accusez, je vais employer ce mot puisque la ministre Agnès PANNIER-RUNACHER l’a employé elle-même, de « charognards » là, puisque nous parlons de femmes et d’hommes, de difficultés aussi, c’est ce que vous êtes en train de dire ?

      GERALD DARMANIN
      Moi je ne comprends pas pourquoi on passe son temps à faire des conférences de presse en Italie, à Lampedusa, en direct sur les plateaux de télévision, lorsqu’on n’est pas capable, en tant que parlementaires européens, de voter un texte qui permet concrètement de lutter contre les difficultés migratoires. Encore une fois, la révolution que la France a proposée, et qui a été adoptée, avec le soutien des Italiens, c’est ça qui est paradoxal dans cette situation, peut être résolue si nous mettons en place…

      SONIA MABROUK
      Résolue…

      GERALD DARMANIN
      Bien sûr ; si nous mettons en place les demandes d’asile aux frontières, on n’empêchera jamais les gens de traverser la Méditerranée, par contre on peut très rapidement leur dire qu’ils ne peuvent pas rester sur notre sol, qu’ils ne sont pas des persécutés…

      SONIA MABROUK
      Comment vous appelez ce qui s’est passé, Monsieur le Ministre, est-ce que vous dites c’est un afflux soudain et massif, ou est-ce que vous dites que c’est une submersion migratoire, le diagnostic participe quand même de la résolution des défis et des problèmes ?

      GERALD DARMANIN
      Non, mais sur Lampedusa, qui est une île évidemment tout au sud de la Méditerranée, qui est même au sud de Malte, il y a 6000 habitants, lorsqu’il y a entre 6 et 8 000 personnes qui viennent en quelques jours évidemment c’est une difficulté immense, et chacun le comprend, pour les habitants de Lampedusa.

      SONIA MABROUK
      Comment vous qualifiez cela ?

      GERALD DARMANIN
      Mais là manifestement il y a à Sfax une difficulté extrêmement forte, où on a laissé passer des centaines de bateaux, fabriqués d’ailleurs, malheureusement….

      SONIA MABROUK
      Donc vous avez un gros problème avec les pays du Maghreb, en l’occurrence la Tunisie ?

      GERALD DARMANIN
      Je pense qu’il y a un énorme problème migratoire interne à l’Afrique, encore une fois la Tunisie, parfois même l’Algérie, parfois le Maroc, parfois la Libye, ils subissent eux-mêmes une pression migratoire d’Afrique, on voit bien que la plupart du temps ce sont des nationalités du sud du Sahel, donc les difficultés géopolitiques que nous connaissons ne sont pas pour rien dans cette situation, et nous devons absolument aider l’Afrique à absolument aider les Etats du Maghreb. On peut à la fois les aider, et en même temps être très ferme, on peut à la fois aider ces Etats à lutter contre l’immigration interne à l’Afrique, et en même temps expliquer…

      SONIA MABROUK
      Ça n’empêche pas la fermeté.

      GERALD DARMANIN
      Que toute personne qui vient en Europe ne sera pas accueillie chez nous.

      SONIA MABROUK
      Encore une question sur ce sujet. Dans les différents reportages effectués à Lampedusa on a entendu certains migrants mettre en avant le système social français, les aides possibles, est-ce que la France, Gérald DARMANIN, est trop attractive, est-ce que notre modèle social est trop généreux et c’est pour cela qu’il y a ces arrivées aussi ?

      GERALD DARMANIN
      Alors, je ne suis pas sûr qu’on traverse le monde en se disant « chouette, il y a ici une aide sociale particulièrement aidante », mais il se peut…

      SONIA MABROUK
      Mais quand on doit choisir entre différents pays ?

      GERALD DARMANIN
      Mais il se peut qu’une fois arrivées en Europe, effectivement, un certain nombre de personnes, aidées par des passeurs, aidées parfois par des gens qui ont de bonnes intentions, des associations, se disent « allez dans ce pays-là parce qu’il y a plus de chances de », c’est ce pourquoi nous luttons. Quand je suis arrivé au ministère de l’Intérieur nous étions le deuxième pays d’Europe qui accueille le plus de demandeurs d’asile, aujourd’hui on est le quatrième, on doit pouvoir continuer à faire ce travail, nous faisons l’inverse de certains pays autour de nous, par exemple l’Allemagne qui ouvre plutôt plus de critères, nous on a tendance à les réduire, et le président de la République, dans la loi immigration, a proposé beaucoup de discussions pour fermer un certain nombre d’actions d’accueil. Vous avez la droite, LR, qui propose la transformation de l’AME en Aide Médicale d’Urgence, nous sommes favorables à étudier cette proposition des LR, j’ai moi-même proposé un certain nombre de dispositions extrêmement concrètes pour limiter effectivement ce que nous avons en France et qui parfois est différent des pays qui nous entourent et qui peuvent conduire à cela. Et puis enfin je terminerai par dire, c’est très important, il faut lutter contre les passeurs, la loi immigration que je propose passe de délit a crime, avec le garde des Sceaux on a proposé qu’on passe de quelques années de prison à 20 ans de prison pour ceux qui trafiquent des êtres humains, aujourd’hui quand on arrête des passeurs, on en arrête tous les jours grâce à la police française, ils ne sont condamnés qu’à quelques mois de prison, alors que demain, nous l’espérons, ils seront condamnés bien plus.

      SONIA MABROUK
      Bien. Gérald DARMANIN, sur CNews et Europe 1 notre « Grande interview » s’intéresse aussi à un nouveau refus d’obtempérer qui a dégénéré à Stains, je vais raconter en quelques mots ce qui s’est passé pour nos auditeurs et téléspectateurs, des policiers ont pris en chasse un deux-roues, rapidement un véhicule s’est interposé pour venir en aide aux fuyards, un policier a été violemment pris à partie, c’est son collègue qui est venu pour l’aider, qui a dû tirer en l’air pour stopper une scène de grande violence vis-à-vis de ce policier, comment vous réagissez par rapport à cela ?

      GERALD DARMANIN
      D’abord trois choses. Les policiers font leur travail, et partout sur le territoire national, il n’y a pas de territoires perdus de la République, il y a des territoires plus difficiles, mais Stains on sait tous que c’est une ville à la fois populaire et difficile pour la police nationale. La police le samedi soir fait des contrôles, lorsqu’il y a des refus d’obtempérer, je constate que les policiers sont courageux, et effectivement ils ont été violentés, son collègue a été très courageux de venir le secourir, et puis troisièmement force est restée à la loi, il y a eu cinq interpellations, ils sont présentés aujourd’hui…

      SONIA MABROUK
      A quel prix.

      GERALD DARMANIN
      Oui, mais c’est le travail…

      SONIA MABROUK
      A quel prix pour le policier.

      GERALD DARMANIN
      Malheureusement c’est le travail, dans une société très violente…

      SONIA MABROUK
      D’être tabassé ?

      GERALD DARMANIN
      Dans une société très violente les policiers, les gendarmes, savent la mission qu’ils ont, qui est une mission extrêmement difficile, je suis le premier à les défendre partout sur les plateaux de télévision, je veux dire qu’ils ont réussi, à la fin, à faire entendre raison à la loi, les Français doivent savoir ce matin que cinq personnes ont été interpellées, présentées devant le juge.

      SONIA MABROUK
      Pour quel résultat, Monsieur le Ministre ?

      GERALD DARMANIN
      Eh bien moi je fais confiance en la justice.

      SONIA MABROUK
      Parfois on va les trouver à l’extérieur.

      GERALD DARMANIN
      Non non, je fais confiance en la justice, quand on…

      SONIA MABROUK
      Ça c’est le principe. On fait tous, on aimerait tous faire confiance à la justice.

      GERALD DARMANIN
      Non, mais quand on moleste un policier, j’espère que les peines seront les plus dures possible.

      SONIA MABROUK
      On va terminer avec une semaine intense et à risques qui s’annonce, la suite de la Coupe du monde de rugby, la visite du roi Charles III, le pape à Marseille. Vous avez appelé les préfets à une très haute vigilance. C’est un dispositif exceptionnel pour relever ces défis, qui sera mis en oeuvre.

      GERALD DARMANIN
      Oui, donc cette semaine la France est au coeur du monde par ces événements, la Coupe du monde de rugby qui continue, et qui se passe bien. Vous savez, parfois ça nous fait sourire. La sécurité ne fait pas de bruit, l’insécurité en fait, mais depuis le début de cette Coupe du monde, les policiers, des gendarmes, les pompiers réussissent à accueillir le monde en de très très bonnes conditions, tant mieux, il faut que ça continue bien sûr. Le pape qui vient deux jours à Marseille, comme vous l’avez dit, et le roi Charles pendant trois jours. Il y aura jusqu’à 30 000 policiers samedi, et puis après il y a quelques événements comme PSG - OM dimanche prochain, c’est une semaine…

      SONIA MABROUK
      Important aussi.

      GERALD DARMANIN
      C’est une semaine horribilis pour le ministre de l’Intérieur et pour les policiers et les gendarmes, et nous le travaillons avec beaucoup de concentration, le RAID, le GIGN est tout à fait aujourd’hui prévu pour tous ces événements, et nous sommes capables d’accueillir ces grands événements mondiaux en une semaine, c’est l’honneur de la police nationale et de la gendarmerie nationale.

      SONIA MABROUK
      Merci Gérald DARMANIN.

      GÉRALD DARMANIN
      Merci à vous.

      SONIA MABROUK
      Vous serez donc cet après-midi…

      GÉRALD DARMANIN
      A Rome.

      SONIA MABROUK
      …à Rome avec votre homologue évidemment de l’Intérieur. Merci encore de nous avoir accordé cet entretien.

      GERALD DARMANIN
      Merci à vous.

      SONIA MABROUK
      Et bonne journée sur Cnews et Europe 1

      https://www.vie-publique.fr/discours/291092-gerald-darmanin-18092023-immigration

      #Darmanin #demandes_d'asile_à_la_frontière

    • Darmanin: ’La Francia non accoglierà migranti da Lampedusa’

      Ma con Berlino apre alla missione navale. Il ministro dell’Interno francese a Roma. Tajani: ’Fa fede quello che dice Macron’. Marine Le Pen: ’Dobbianmo riprendere il controllo delle nostre frontiere’

      «La Francia non prenderà nessun migrante da Lampedusa». All’indomani della visita di Ursula von der Leyen e Giorgia Meloni sull’isola a largo della Sicilia, il governo transalpino torna ad alzare la voce sul fronte della solidarietà e lo fa, ancora una volta, con il suo ministro dell’Interno Gerald Darmanin.

      La sortita di Parigi giunge proprio mentre, da Berlino, arriva l’apertura alla richiesta italiana di una missione navale comune per aumentare i controlli nel Mediterraneo, idea sulla quale anche la Francia si dice pronta a collaborare.

      Sullo stesso tenore anche le dichiarazioni Marine Le Pen. «Nessun migrante da Lampedusa deve mettere piede in Francia. Serve assolutamente una moratoria totale sull’immigrazione e dobbiamo riprendere il controllo delle nostre frontiere. Spetta a noi nazioni decidere chi entra e chi resta sul nostro territorio». Lo ha detto questa sera Marine Le Pen, leader dell’estrema destra francese del Rassemblement National, «Quelli che fanno appello all’Unione europea si sbagliano - ha continuato Le Pen - perché è vano e pericoloso. Vano perché l’Unione europea vuole l’immigrazione, pericoloso perché lascia pensare che deleghiamo all’Unione europea la decisione sulla politica di immigrazione che dobbiamo condurre. Spetta al popolo francese decidere e bisogna rispettare la sua decisione».

      La strada per la messa a punto di un’azione Ue, tuttavia, resta tremendamente in salita anche perché è segnata da uno scontro interno alle istituzioni comunitarie sull’intesa con Tunisi: da un lato il Consiglio Ue, per nulla soddisfatto del modus operandi della Commissione, e dall’altro l’esecutivo europeo, che non ha alcuna intenzione di abbandonare la strada tracciata dal Memorandum siglato con Kais Saied. «Sarebbe un errore di giudizio considerare che i migranti, siccome arrivano in Europa, devono essere subito ripartiti in tutta Europa e in Francia, che fa ampiamente la sua parte», sono state le parole con cui Darmamin ha motiva il suo no all’accoglienza. Il ministro lo ha spiegato prima di recarsi a Roma, su richiesta del presidente Emmanuel Macron, per un confronto con il titolare del Viminale Matteo Piantedosi. Ed è proprio a Macron che l’Italia sembra guardare, legando le frasi di Darmanin soprattutto alle vicende politiche interne d’Oltralpe. «Fa fede quello che dice Macron e quello che dice il ministro degli Esteri, mi pare che ci sia voglia di collaborare», ha sottolineato da New York il titolare della Farnesina Antonio Tajani invitando tutti, in Italia e in Ue, a non affrontare il dossier con «slogan da campagna elettorale».

      Eppure la sortita di Darmanin ha innescato l’immediata reazione della maggioranza, soprattutto dalle parti di Matteo Salvini. «Gli italiani si meritano fatti concreti dalla Francia e dall’Europa», ha tuonato la Lega. Nel piano Ue su Lampedusa il punto dell’accoglienza è contenuto nel primo dei dieci punti messi neri su bianco. Ma resta un concetto legato alla volontarietà. Che al di là della Francia, per ora trova anche il no dell’Austria. Il nodo è sempre lo stesso: i Paesi del Nord accusano Roma di non rispettare le regole sui movimenti secondari, mentre l’Italia pretende di non essere l’unico approdo per i migranti in arrivo. Il blocco delle partenze, in questo senso, si presenta come l’unica mediazione politicamente percorribile. Berlino e Parigi si dicono pronte a collaborare su un maggiore controllo aereo e navale delle frontiere esterne. L’Ue sottolinea di essere «disponibile a esplorare l’ipotesi», anche se la «decisione spetta agli Stati».

      Il raggio d’azione di von der Leyen, da qui alle prossime settimane, potrebbe tuttavia restringersi: sull’intesa con Tunisi l’Alto Rappresentante Ue per la Politica Estera Josep Borrell, il servizio giuridico del Consiglio Ue e alcuni Paesi membri - Germania e Lussemburgo in primis - hanno mosso riserve di metodo e di merito. L’accusa è duplice: il Memorandum con Saied non solo non garantisce il rispetto dei diritti dei migranti ma è stato firmato dal cosiddetto ’team Europe’ (von der Leyen, Mark Rutte e Meloni) senza l’adeguata partecipazione del Consiglio. Borrell lo ha messo nero su bianco in una missiva indirizzata al commissario Oliver Varhelyi e a von der Leyen. «Gli Stati membri sono stati informati e c’è stato ampio sostegno», è stata la difesa della Commissione. Invero, al Consiglio europeo di giugno l’intesa incassò l’endorsement dei 27 ma il testo non era stato ancora ultimato. E non è arrivato al tavolo dei rappresentanti permanenti se non dopo essere stato firmato a Cartagine. Ma, spiegano a Palazzo Berlaymont, l’urgenza non permetteva rallentamenti. I fondi per Tunisi, tuttavia, attendono ancora di essere esborsati. La questione - assieme a quella del Patto sulla migrazione e al Piano Lampedusa - è destinata a dominare le prossime riunioni europee: quella dei ministri dell’Interno del 28 settembre e, soprattutto, il vertice informale dei leader previsto a Granada a inizio ottobre.

      https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2023/09/18/darmanin-la-francia-non-accogliera-migranti-da-lampedusa_2f53eae6-e8f7-4b82-9d7

    • Lampedusa : les contrevérités de Gérald Darmanin sur le profil des migrants et leur droit à l’asile

      Le ministre de l’Intérieur persiste à dire, contre la réalité du droit et des chiffres, que la majorité des migrants arrivés en Italie la semaine dernière ne peuvent prétendre à l’asile.

      A en croire Gérald Darmanin, presque aucune des milliers de personnes débarquées sur les rives de l’île italienne de Lampedusa depuis plus d’une semaine ne mériterait d’être accueillie par la France. La raison ? D’un côté, affirme le ministre de l’Intérieur, il y aurait les « réfugiés » fuyant des persécutions politiques ou religieuses, et que la France se ferait un honneur d’accueillir. « Et puis, il y a les migrants », « des personnes irrégulières » qui devraient être renvoyées dans leur pays d’origine le plus rapidement possible, a-t-il distingué, jeudi 22 septembre sur BFMTV.

      « S’il s’agit de prendre les migrants tels qu’ils sont : 60 % d’entre eux viennent de pays tels que la Côte d’Ivoire, comme la Guinée, comme la Gambie, il n’y a aucune raison [qu’ils viennent] », a-t-il en sus tonné sur CNews, lundi 18 septembre. Une affirmation serinée mardi sur TF1 dans des termes semblables : « 60 % des personnes arrivées à Lampedusa sont francophones. Il y a des Ivoiriens et des Sénégalais, qui n’ont pas à demander l’asile en Europe. »
      Contredit par les données statistiques italiennes

      D’après le ministre – qui a expliqué par la suite tenir ses informations de son homologue italien – « l’essentiel » des migrants de Lampedusa sont originaires du Cameroun, du Sénégal, de Côte-d’Ivoire, de Gambie ou de Tunisie. Selon le ministre, leur nationalité les priverait du droit de demander l’asile. « Il n’y aura pas de répartition de manière générale puisque ce ne sont pas des réfugiés », a-t-il prétendu, en confondant par la même occasion les demandeurs d’asiles et les réfugiés, soit les personnes dont la demande d’asile a été acceptée.

      https://twitter.com/BFMTV/status/1704749840133923089

      Interrogé sur le profil des migrants arrivés à Lampedusa, le ministère de l’Intérieur italien renvoie aux statistiques de l’administration du pays. A rebours des propos définitifs de Gérald Darmanin sur la nationalité des personnes débarquées sur les rives italiennes depuis la semaine dernière, on constate, à l’appui de ces données, qu’une grande majorité des migrants n’a pas encore fait l’objet d’une procédure d’identification. Sur les 16 911 personnes arrivées entre le 11 et le 20 septembre, la nationalité n’est précisée que pour 30 % d’entre elles.

      En tout, 12 223 personnes, soit 72 % des personnes arrivées à Lampedusa, apparaissent dans la catégorie « autres » nationalités, qui mélange des ressortissants de pays peu représentés et des migrants dont l’identification est en cours. A titre de comparaison, au 11 septembre, seulement 30 % des personnes étaient classées dans cette catégorie. Même si la part exacte de migrants non identifiés n’est pas précisée, cette catégorie apparaît être un bon indicateur de l’avancée du travail des autorités italiennes.

      Parmi les nationalités relevées entre le 11 et 20 septembre, le ministère de l’Intérieur italien compte effectivement une grande partie de personnes qui pourraient être francophones : 1 600 Tunisiens, 858 Guinéens, 618 Ivoiriens, 372 Burkinabés, presque autant de Maliens, 253 Camerounais, mais aussi des ressortissants moins susceptibles de connaître la langue (222 Syriens, environ 200 Egyptiens, 128 Bangladais et 74 Pakistanais).

      A noter que selon ces statistiques italiennes partielles, il n’est pas fait état de ressortissants sénégalais et gambiens évoqués par Gérald Darmanin. Les données ne disent rien, par ailleurs, du genre ou de l’âge de ces arrivants. « La plupart sont des hommes mais aussi on a aussi vu arriver des familles, des mères seules ou des pères seuls avec des enfants et beaucoup de mineurs non accompagnés, des adolescents de 16 ou 17 ans », décrivait à CheckNews la responsable des migrations de la Croix-Rouge italienne, Francesca Basile, la semaine dernière.

      Légalement, toutes les personnes arrivées à Lampedusa peuvent déposer une demande d’asile, s’ils courent un danger dans leur pays d’origine. « Il ne s’agit pas seulement d’un principe théorique. En vertu du droit communautaire et international, toute personne – quelle que soit sa nationalité – peut demander une protection internationale, et les États membres de l’UE ont l’obligation de procéder à une évaluation individuelle de chaque demande », a ainsi rappelé à CheckNews l’agence de l’union européenne pour l’asile. L’affirmation de Gérald Darmanin selon laquelle des migrants ne seraient pas éligibles à l’asile en raison de leur nationalité est donc fausse.

      Par ailleurs, selon le règlement de Dublin III, la demande d’asile doit être instruite dans le premier pays où la personne est arrivée au sein de l’Union européenne (à l’exception du Danemark), de la Suisse, de la Norvège, de l’Islande et du Liechtenstein. Ce sont donc aux autorités italiennes d’enregistrer et de traiter les demandes des personnes arrivées à Lampedusa. Dans certains cas, des transferts peuvent être opérés vers un pays signataires de l’accord de Dublin III, ainsi du rapprochement familial. Si les demandes d’asile vont être instruites en Italie, les chiffes de l’asile en France montrent tout de même que des ressortissants des pays cités par Gérald Darmanin obtiennent chaque année une protection dans l’Hexagone.

      Pour rappel, il existe deux formes de protections : le statut de réfugié et la protection subsidiaire. Cette dernière peut être accordée à un demandeur qui, aux yeux de l’administration, ne remplit pas les conditions pour être considéré comme un réfugié, mais qui s’expose à des risques grave dans son pays, tels que la torture, des traitements inhumains ou dégradants, ainsi que des « menaces grave et individuelle contre sa vie ou sa personne en raison d’une violence qui peut s’étendre à des personnes sans considération de leur situation personnelle et résultant d’une situation de conflit armé interne ou international », liste sur son site internet la Cour nationale du droit d’asile (CNDA), qui statue en appel sur les demandes de protection.
      Contredit aussi par la réalité des chiffres en France

      Gérald Darmanin cite à plusieurs reprises le cas des migrants originaires de Côte-d’Ivoire comme exemple de personnes n’ayant selon lui « rien à faire » en France. La jurisprudence de la CNDA montre pourtant des ressortissants ivoiriens dont la demande de protection a été acceptée. En 2021, la Cour a ainsi accordé une protection subsidiaire à une femme qui fuyait un mariage forcé décidé par son oncle, qui l’exploitait depuis des années. La Cour avait estimé que les autorités ivoiriennes étaient défaillantes en ce qui concerne la protection des victimes de mariages forcés, malgré de récentes évolutions législatives plus répressives.

      D’après l’Office de protection des réfugiés et apatrides (Ofrpa), qui rend des décisions en première instance, les demandes d’asile de ressortissants ivoiriens (environ 6 000 en 2022) s’appuient très souvent sur des « problématiques d’ordre sociétal […], en particulier les craintes liées à un risque de mariage forcé ou encore l’exposition des jeunes filles à des mutilations sexuelles ». En 2022, le taux de demandes d’Ivoiriens acceptées par l’Ofrpa (avant recours éventuel devant la CNCDA) était de 27,3 % sur 6 727 décisions contre un taux moyen d’admission de 26,4 % pour le continent africain et de 29,2 % tous pays confondus. Les femmes représentaient la majorité des protections accordées aux ressortissants de Côte-d’Ivoire.

      Pour les personnes originaires de Guinée, citées plusieurs fois par Gérald Darmanin, les demandes sont variées. Certaines sont déposées par des militants politiques. « Les demandeurs se réfèrent à leur parcours personnel et à leur participation à des manifestations contre le pouvoir, qu’il s’agisse du gouvernement d’Alpha Condé ou de la junte militaire », décrit l’Ofpra. D’autre part des femmes qui fuient l’excision et le mariage forcé. En 2022, le taux d’admission par l’Ofpra était de 33,4 % pour 5 554 décisions.
      Jurisprudence abondante

      S’il est vrai que ces nationalités (Guinée et Côte-d’Ivoire) ne figurent pas parmi les taux de protections les plus élevées, elles figurent « parmi les principales nationalités des bénéficiaires de la protection internationale » en 2022, aux côtés des personnes venues d’Afghanistan ou de Syrie, selon l’Ofpra. Les ressortissants tunisiens, qui déposent peu de demandes (439 en 2022), présentent un taux d’admission de seulement 10 %.

      La jurisprudence abondante produite par la CNDA montre que, dans certains cas, le demandeur peut obtenir une protection sur la base de son origine géographique, jugée dangereuse pour sa sécurité voire sa vie. C’est le cas notamment du Mali. En février 2023, la Cour avait ainsi accordé la protection subsidiaire à un Malien originaire de Gao, dans le nord du pays. La Cour avait estimé qu’il s’exposait, « en cas de retour dans sa région d’origine du seul fait de sa présence en tant que civil, [à] un risque réel de subir une menace grave contre sa vie ou sa personne sans être en mesure d’obtenir la protection effective des autorités de son pays ».

      « Cette menace est la conséquence d’une situation de violence, résultant d’un conflit armé interne, susceptible de s’étendre indistinctement aux civils », avait-elle expliqué dans un communiqué. Au mois de juin, à la suite des déclarations d’un demandeur possédant la double nationalité malienne et nigérienne, la Cour avait jugé que les régions de Ménaka au Mali et de Tillaberi au Niger étaient en situation de violence aveugle et d’intensité exceptionnelle, « justifiant l’octroi de la protection subsidiaire prévue par le droit européen ».

      D’après le rapport 2023 de l’agence de l’Union européenne pour l’asile, le taux de reconnaissance en première instance pour les demandeurs guinéens avoisinait les 30 %, et un peu plus de 20 % pour ressortissants ivoiriens à l’échelle de l’UE, avec un octroi en majorité, pour les personnes protégées, du statut de réfugié. Concernant le Mali, le taux de reconnaissance dépassait les 60 %, principalement pour de la protection subsidiaire. Ces données européennes qui confirment qu’il est infondé d’affirmer, comme le suggère le ministre de l’Intérieur, que les nationalités qu’il cite ne sont pas éligibles à l’asile.

      En revanche, dans le cadre du mécanisme « de solidarité », qui prévoit que les pays européens prennent en charge une partie des demandeurs, les Etats « restent souverains dans le choix du nombre et de la nationalité des demandeurs accueillis ». « Comme il s’agit d’un mécanisme volontaire, le choix des personnes à transférer est laissé à l’entière discrétion de l’État membre qui effectue le transfert », explique l’agence de l’union européenne pour l’asile, qui précise que les Etats « tendent souvent à donner la priorité aux nationalités qui ont le plus de chances de bénéficier d’un statut de protection », sans plus de précisions sur l’avancée des négociations en cours.

      https://www.liberation.fr/checknews/lampedusa-les-contreverites-de-gerald-darmanin-sur-le-profil-des-migrants

      #fact-checking

    • #Fanélie_Carrey-Conte sur X :

      Comme une tragédie grecque, l’impression de connaître à l’avance la conclusion d’une histoire qui finit mal.
      A chaque fois que l’actualité remet en lumière les drames migratoires, la même mécanique se met en place. D’abord on parle d’"#appel_d'air", de « #submersion », au mépris de la réalité des chiffres, et du fait que derrière les statistiques, il y a des vies, des personnes.
      Puis l’#extrême_droite monte au créneau, de nombreux responsables politiques lui emboîtent le pas. Alors les institutions européennes mettent en scène des « #plans_d'urgence, » des pactes, censés être « solidaires mais fermes », toujours basés en réalité sur la même logique:chercher au maximum à empêcher en Europe les migrations des « indésirables », augmenter la #sécurisation_des_frontières, prétendre que la focalisation sur les #passeurs se fait dans l’intérêt des personnes migrantes, externaliser de plus en plus les politiques migratoires en faisant fi des droits humains.
      Résultat : les migrations, dont on ne cherche d’ailleurs même plus à comprendre les raisons ni les mécanismes qui les sous-tendent, ne diminuent évidemment pas, au contraire ; les drames et les morts augmentent ; l’extrême -droite a toujours autant de leviers pour déployer ses idées nauséabondes et ses récupérations politiques abjectes.
      Et la spirale mortifère continue ... Ce n’est pas juste absurde, c’est avant tout terriblement dramatique. Pourtant ce n’est pas une fatalité : des politiques migratoires réellement fondées sur l’#accueil et l’#hospitalité, le respect des droits et de la #dignité de tout.e.s, cela peut exister, si tant est que l’on en ait la #volonté_politique, que l’on porte cette orientation dans le débat public national et européen, que l’on se mobilise pour faire advenir cet autre possible. A rebours malheureusement de la voie choisie aujourd’hui par l’Europe comme par la France à travers les pactes et projets de loi immigration en cours...

      https://twitter.com/FCarreyConte/status/1703650891268596111

    • Migranti, Oim: “Soluzione non è chiudere le frontiere”

      Il portavoce per l’Italia, Flavio di Giacomo, a LaPresse: «Organizzare diversamente salvataggi per aiutare Lampedusa»

      Per risolvere l’emergenza migranti, secondo l’Oim (Organizzazione internazionale per le migrazioni), la soluzione non è chiudere le frontiere. Lo ha dichiarato a LaPresse il portavoce per l’Italia dell’organizzazione, Flavio di Giacomo. La visita della presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen a Lampedusa insieme alla premier Giorgia Meloni, ha detto, “è un segnale importante, ma non bisogna scambiare un’emergenza di tipo operativo con ‘bisogna chiudere’, perché non c’è nessuna invasione e la soluzione non è quella di creare deterrenti come trattenere i migranti per 18 mesi. In passato non ha ottenuto nessun effetto pratico e comporta tante spese allo Stato”. Von der Leyen ha proposto un piano d’azione in 10 punti che prevede tra le altre cose di intensificare la cooperazione con l’Unhcr e l’Oim per i rimpatri volontari. “È una cosa che in realtà già facciamo ed è importante che venga implementata ulteriormente“, ha sottolineato Di Giacomo.
      “Organizzare diversamente salvataggi per aiutare Lampedusa”

      “Quest’anno i migranti arrivati in Italia sono circa 127mila rispetto ai 115mila dello stesso periodo del 2015-2016, ma niente di paragonabile agli oltre 850mila giunti in Grecia nel 2015. La differenza rispetto ad allora, quando gli arrivi a Lampedusa erano l’8% mentre quest’anno sono oltre il 70%, è che in questo momento i salvataggi ci sono ma sono fatti con piccole motovedette della Guardia costiera che portano i migranti a Lampedusa, mentre servirebbe un tipo diverso di azione con navi più grandi che vengano distribuite negli altri porti. Per questo l’isola è in difficoltà”, spiega Di Giacomo. “Inoltre, con le partenze in prevalenza dalla Tunisia piuttosto che dalla Libia, i barchini puntano tutti direttamente su Lampedusa”.
      “Priorità stabilizzare situazione in Maghreb”

      Per risolvere la questione, ha aggiunto Di Giacomo, “occorre lavorare per la stabilizzazione e il miglioramento delle condizioni nell’area del Maghreb“. E ha precisato: “La stragrande maggioranza dei flussi migratori africani è interno, ovvero dalla zona sub-sahariana a quella del Maghreb, persone che andavano a vivere in Tunisia e che ora decidono di lasciare il Paese perché vittima di furti, vessazioni e discriminazioni razziali. Questo le porta a imbarcarsi a Sfax con qualsiasi mezzo di fortuna per fare rotta verso Lampedusa”.

      https://www.lapresse.it/cronaca/2023/09/18/migranti-oim-soluzione-non-e-chiudere-le-frontiere

    • Da inizio 2023 in Italia sono sbarcati 133.170 migranti.

      La Ong Humanity1, finanziata anche dal Governo tedesco, ne ha sbarcati 753 (lo 0,6% del totale).
      In totale, Ong battenti bandiera tedesca ne hanno sbarcati 2.720 (il 2% del totale).

      Ma di cosa stiamo parlando?

      https://twitter.com/emmevilla/status/1708121850847309960
      #débarquement #arrivées #ONG #sauvetage

  • La France suspend les mobilités étudiantes avec le Niger, le Mali et le Burkina Faso
    https://www.lemonde.fr/societe/article/2023/09/15/la-france-suspend-les-mobilites-etudiantes-avec-le-niger-le-mali-et-le-burki

    La France suspend les mobilités étudiantes avec le Niger, le Mali et le Burkina Faso
    Fin août, des étudiants de ces trois pays ont reçu un message du ministère des affaires étrangères les informant de l’annulation de leur séjour en France en raison de la crise diplomatique en cours.
    Par Soazig Le Nevé
    L’e-mail est arrivé le 30 août, deux jours avant le départ pour la France de Koffi (les étudiants cités témoignent avec un prénom d’emprunt), étudiant burkinabé et doctorant en géographie. « J’ai le regret de vous informer que nous annulons notre soutien pour votre séjour en France, toutes les prestations de Campus France sont annulées (billet d’avion, allocations et assurance santé) », y annonçait un interlocuteur du ministère de l’Europe et des affaires étrangères.
    La décision fait suite aux « événements intervenus à Niamey [Niger] fin juillet », poursuit l’auteur de ce message que Le Monde s’est procuré, en référence au coup d’Etat mené par des généraux désormais au pouvoir. « La France a suspendu son aide au développement à destination du Burkina Faso, du Mali et du Niger. Cette décision concerne également les bourses de mobilité du gouvernement français, dont vous êtes bénéficiaire », acte-t-il. Soit une somme de 1 500 euros mensuels, pour une durée de trois mois, que devait percevoir Koffi durant son séjour de recherche en France.
    Le jeune homme avait pourtant un visa, valable jusqu’en février 2024, explique-t-il au Monde, ainsi qu’un billet d’avion payé par Campus France, l’agence française de promotion de l’enseignement supérieur français à l’étranger. « La situation s’étant dégradée au cours de l’été, les vols Air France ont été suspendus, relate l’étudiant de l’université Joseph-Ki-Zerbo, à Ouagadougou, dont la thèse est codirigée par une chercheuse de l’Institut des mondes africains, une unité du CNRS située à Aubervilliers. Malgré cela, Campus France m’avait acheté un nouveau billet, la semaine de mon départ. » L’espoir a donc été brutalement douché, à réception de l’e-mail, le 30 août.
    La déception fut tout aussi grande pour Aya, une autre étudiante burkinabée, qui devait démarrer un master d’informatique à l’université Lyon-II. « Tout était fin prêt, ma fille avait rendez-vous pour obtenir son visa le 8 août, mais c’est le 4 août que l’interdiction de les délivrer est tombée », se désole son père. Selon lui, des dizaines d’étudiants se retrouvent immobilisés pour une durée inconnue et sont « les victimes innocentes de la crise diplomatique actuelle ». Ce qui aura pour conséquence de restreindre l’influence de l’Hexagone, estime-t-il. « Tout est toujours si compliqué avec la France que de plus en plus de jeunes se tournent vers le Ghana pour apprendre l’anglais et partir ensuite faire des études aux Etats-Unis », relate-t-il.
    Le « contexte sécuritaire » a conduit à une forte réduction du nombre d’agents présents dans les consulats, ce qui limite la capacité à délivrer des visas, explique-t-on au Quai d’Orsay tout en soulignant que les étudiants ne sont pas spécifiquement visés par ces restrictions, pas plus que les artistes. Une directive administrative, émanant des directions régionales des affaires culturelles, a créé la polémique, le 14 septembre, demandant à cesser toute collaboration avec les trois Etats. Lors d’un déplacement en Côte-d’Or, vendredi 15 septembre, Emmanuel Macron a nuancé, en assurant qu’il n’y avait « ni boycott ni représailles » et que la France allait continuer à accueillir des artistes du Sahel s’ils étaient en possession de visas.
    Selon le père d’Aya, il sera possible de relancer les procédures de délivrance, qui, depuis 2022, sont en grande partie gérées par des employés burkinabés au sein de la société Capago, mandatée par le gouvernement français pour traiter les dossiers qu’ils transmettent in fine pour validation au consulat. Du côté du ministère de l’enseignement supérieur, on assure que concernant la délivrance de nouveaux visas, la situation sera « réévaluée dans les semaines à venir à l’aune de l’évolution sécuritaire dans la région ». « Il n’a jamais été question et il ne sera jamais question ni de faire payer les populations pour les erreurs de leurs dirigeants ni de confondre coopération scientifique et politique », justifie l’entourage de Sylvie Retailleau, ministre de l’enseignement supérieur.
    Les coopérations existantes avec des universités ou d’autres établissements scientifiques se poursuivront, ajoute-t-on. « Les intellectuels, les chercheurs et les étudiants qui doivent se rendre en France et qui détiennent déjà un visa pourront, comme les artistes, continuer de le faire », affirme l’entourage de la ministre. Le cas du doctorant Koffi montre pourtant que jusqu’ici, la détention d’un visa ne semble pas suffire pour permettre une mobilité. Une chose est sûre, selon le ministère : les étudiants originaires des trois pays qui poursuivent leurs études actuellement en France et bénéficient d’une aide financière d’un opérateur public continueront de la percevoir. Au cours de l’année 2022-2023, Campus France a recensé un total de quelque 3 000 étudiants maliens, 2 500 Burkinabés et 1 200 Nigériens.

    #Covid-19#migrant#migration#france#mali#niger#burkinafaso#etudiant#intellectuel#chercheur#visas#politiquemigratoire#crise

  • En France, la crise au Sahel provoque une confusion diplomatico-culturelle
    https://www.lemonde.fr/international/article/2023/09/15/en-france-la-crise-au-sahel-provoque-un-cafouillage-diplomatico-culturel_618

    En France, la crise au Sahel provoque une confusion diplomatico-culturelle
    Un courrier demandant la suspension de tout projet de coopération avec les artistes du Mali, du Niger et du Burkina Faso a provoqué, jeudi, l’indignation des milieux du spectacle vivant et un spectaculaire rétropédalage de la part des autorités concernées.
    Par Joëlle Gayot, Sandrine Blanchard et Philippe Ricard
    Publié hier à 05h00, modifié hier à 11h55
    La polémique et la confusion qu’elle a suscitée jeudi 14 septembre sont à la hauteur des incertitudes générées par la suspension, par la France, de toute forme de coopération avec le Niger, le Mali et le Burkina Faso, y compris dans le domaine de la culture, pourtant très loin des enjeux sécuritaires qui déchirent la région. La crise diplomatique qui sévit entre la France et les trois pays du Sahel, en raison d’une « épidémie » de coups d’Etat militaires dénoncée par le président de la République, Emmanuel Macron, vient de déborder sur le territoire artistique. Au point de déclencher, en quelques heures, l’indignation dans les milieux du spectacle vivant et un spectaculaire rétropédalage de la part des autorités concernées.(...)
    Tout commence jeudi matin, à l’initiative du tout-puissant Syndicat national des entreprises artistiques et culturelles (Syndeac). Ce dernier dénonce un courrier « au ton comminatoire » envoyé la veille par les directions régionales des affaires culturelles (DRAC). « Sur instruction du ministère de l’Europe et des affaires étrangères », assène le document révélé par l’organisation syndicale, les établissements culturels subventionnés ont appris qu’ils devaient « suspendre, jusqu’à nouvel ordre, toute coopération avec les pays suivants : Mali, Niger, Burkina Faso ».
    Ce message, expédié aux structures – les centres dramatiques et chorégraphiques nationaux et les scènes nationales – qui dépendent des DRAC, est passé par le secrétariat du ministère de la culture. Les mesures préconisées sont radicales, à en croire le courrier mis en cause par le Syndeac : « Tous les projets de coopération qui sont menés par vos établissements ou vos services avec des institutions ou des ressortissants de ces trois pays doivent être suspendus, sans délai, et sans aucune exception. Tous les soutiens financiers doivent également être suspendus, y compris via des structures françaises, comme des associations par exemple. De la même manière, aucune invitation de tout ressortissant de ces pays ne doit être lancée », est-il précisé en quelques lignes tranchantes.
    Cette rafale de consignes venue d’en haut provoque la stupeur dans les milieux culturels. « Nous n’avons jamais connu d’injonction de la sorte, explique Bruno Lobé, vice-président du Syndeac et directeur du Manège, scène nationale de Reims (Marne). La philosophie de la France vis-à-vis d’artistes vivant dans des pays avec lesquels elle est en conflit a toujours été de continuer à les inviter, sans jamais rompre le dialogue. Ces créateurs sont déjà empêchés de travailler par leurs propres gouvernants. Si nous en rajoutons une couche, ce sera, pour leur viabilité, mais aussi pour l’image de la France, une véritable catastrophe. »
    La mise en œuvre de l’approche préconisée par les autorités françaises constituerait un précédent. Et une incohérence que souligne Bruno Lobé : « Au début de la guerre en Ukraine, le discours tenu était le suivant : “Continuez à soutenir les artistes russes. Ils ne sont pas Vladimir Poutine.” Quelle est la différence entre un artiste burkinabé, malien, nigérien et un artiste russe ? » (...)
    Si les instructions de la missive devaient être suivies, non seulement des artistes feraient les frais de la dissension des politiques, mais les théâtres et les festivals seraient contraints de bouleverser leurs programmations de saison. Cependant, la polémique oblige très vite les deux ministères à clarifier leurs intentions.
    Si la coopération culturelle publique est bien à l’arrêt, tout comme l’aide au développement et l’appui budgétaire, seuls les artistes n’ayant pas encore reçu de visas sont concernés. Dans les trois pays, justifie encore le Quai d’Orsay, « nous avons suspendu la délivrance de visas, nos postes n’étant plus en mesure de traiter ces demandes du fait de la situation sécuritaire dégradée ».
    L’épisode pourrait néanmoins laisser des traces. « C’est sans doute un fonctionnaire zélé du ministère de la culture qui a rédigé le courrier sur la base de consignes un peu générales des affaires étrangères, qu’il a dû surinterpréter », observe une source sous couvert d’anonymat. Un nouveau message devait être envoyé vendredi par le ministère de la culture afin de clarifier la situation, a indiqué Mme Abdul Malak sur RTL. D’ici là, les professionnels du spectacle vivant risquent de rester sur leurs gardes. « Le fait que ce soient des zones d’influence ou d’anciennes colonies françaises doit jouer dans l’énervement du gouvernement », observe Bruno Lobé. « La sanction est politique, mais celle qui va véritablement souffrir de ses conséquences, c’est la population. Pourquoi viser la culture ? Ce n’est pas très malin », conclut Hassane Kassi Kouyaté.

    #Covid-19#migrant#migration#france#niger#burkinafaso#mali#artiste#visas#politiquemigratoire#crise#culture#postcovid

  • Ma fille boursière s’est vue attribuer un logement par le Crous de Paris, mais ... après un message de validation du dossier, réservation payée, caution payée, le mail de convocation pour la remise des clés qui devait arrivé à partir du 1 sept. n’arrive pas.
    Sa rentrée c’est lundi, à 250km et sans logement !
    au téléphone (40 minutes d’attente) on lui conseille d’aller sur place (!) (500 km A/R donc), ce qu’elle finit par faire en désespoir de cause.
    Au Crous gestionnaire « Ornano » on l’accueille très gentiment et on lui dit que certains occupants refusent de rendre leur logement après la fin de leur bail et que le Crous va devoir les expulser ce qui peut prendre plusieurs semaines voire plusieurs mois !
    Vous avez entendu parler de ça ou bien c’est du pur bullshit pour masquer leur incompétence ?
    J’avoue qu’on est un peu désarçonnés par tant de désinvolture, aucune communication sur ce « problème » , les étudiant·es sont laissés dans le vide.
    #maltraitance_institutionnelle #crous #logement_étudiant

    • oui, il y a des étudiants en fin de bail Crous qui ne peuvent ou ne veulent partir (loyers trop chers partout). il est donc possible (je ne le sais pas) que certains utilisent tous les délais qu’une procédure d’expulsion peut éventuellement permettre, ce qui demande une certaine expertise (ou de bons avocats). par exemple arriver à l’audience avec une demande d’aide juridictionnelle en cours, et demander un report fin d’être en mesure de l’obtenir (droit de la défense, droit à un défenseur).
      ce que j’ai le plus entendu, c’est la manière plutôt expéditive dont le Crous expulse.
      sorry, tout cela est bien vague. si vous cherchez sur le ouaibe avec des précisions sur la localisation, vous découvriez peut-être une lutte en cours... (des dizaines de milliers de repas sont distribués chaque jour à des diants à Paris, ça va mal)
      #étudiants #crous

    • Quand le Crous procède à des expulsions d’étudiants
      https://www.rfi.fr/fr/podcasts/reportage-france/20230919-quand-le-crous-procède-à-des-expulsions-d-étudiants

      Ce sont 20% des étudiants qui vivent sous le seuil de pauvreté, en France. Ils peinent de plus en plus à se loger dans un marché de l’immobilier saturé et inaccessible. Pour les plus précaires, le réseau des Crous, (Centres régionaux des œuvres universitaires et scolaires) propose aux étudiants des logements à des tarifs avantageux. Mais les places sont très limitées et pour garantir le renouvellement des locataires, certaines résidences sont contraintes de procéder à des #expulsions. Des méthodes pointées dans un récent rapport de la Fondation Abbé Pierre.

      #logement

    • Merci pour le suivi @colporteur .
      Finalement la visite sur place a été fructueuse puisque peu après avoir quitté le secrétariat du Crous, ma fille recevait un appel l’informant qu’elle avait une place ... dans un autre arrondissement de Paris.
      Lundi je l’ai accompagné pour l’entrée dans les lieux et j’ai entendu la sécrétaire lui demander ingénument « il y a eu du surbooking à Pajol ? ».
      Le #surbooking semble donc une pratique courante !
      Je connaissais la pratique de la part des compagnies aériennes pour assurer le remplissage à 100% des avions, mais le Crous ??? WTF !
      Pourquoi le surbooking dans des établisements où l’offre est déja trois fois inférieure (au moins) à la demande ?
      Juste pour montrer des statistiques flatteuses d’attribution de logements ?

  • Projets artistiques avec le Sahel : « Il n’est pas question d’arrêter d’échanger avec les artistes et les lieux culturels », assure la ministre de la culture
    https://www.lemonde.fr/culture/article/2023/09/15/projets-culturels-avec-le-sahel-il-n-est-pas-question-d-arreter-d-echanger-a

    Projets artistiques avec le Sahel : « Il n’est pas question d’arrêter d’échanger avec les artistes et les lieux culturels », assure la ministre de la culture
    Seuls les « nouveaux projets de coopération qui démarreraient maintenant et demanderaient des visas, ou d’envoyer des Français » au Burkina Faso, au Mali, au Niger, sont concernés par la demande de suspension, affirme Rima Abdul Malak.
    Confrontée à l’indignation du secteur culturel depuis la diffusion d’un message demandant la suspension de tout projet de coopération avec les ressortissants du Mali, du Niger et du Burkina Faso, la ministre de la culture, Rima Abdul Malak, s’est employée, vendredi 15 septembre, à déminer le sujet.« Ce n’est pas un boycott, pas de représailles », a-t-elle affirmé sur RTL. « Il n’est pas question d’arrêter d’échanger avec les artistes et les lieux culturels, des musées, des festivals et des théâtres » du Niger, du Mali et du Burkina. « Tous les artistes qui ont déjà des visas et qui ont des tournées prévues ou des spectacles prévus, ceux-là vont pouvoir venir comme prévu. Tous ceux qui sont d’origine burkinabée, nigérienne ou malienne, mais qui vivent en France évidemment, ne sont pas du tout du tout concernés », a précisé la ministre. Sont concernés les « nouveaux projets de coopération qui démarreraient et nécessiteraient des visas, ou d’envoyer des Français là-bas », compte tenu du « contexte sécuritaire extrêmement dégradé ». Un « message » sera renvoyé vendredi pour repréciser les mesures.
    Le gouvernement est mis en cause depuis la diffusion, mercredi, d’un message émanant des directions régionales de la culture (DRAC), qui représentent le ministère et sont chargées de conduire la politique culturelle de l’Etat dans les régions et les départements, appelant à « suspendre sans délai, et sans aucune exception » tous les « projets de coopération qui sont menés (…) avec des institutions ou des ressortissants de ces trois pays ». « Tous les soutiens financiers doivent également être suspendus, y compris via des structures françaises, comme des associations par exemple. De la même manière, aucune invitation de tout ressortissant de ces pays ne doit être lancée », poursuivait le message.
    Ce message a provoqué la colère des acteurs culturels : « Cette interdiction totale concernant trois pays traversés par des crises en effet très graves n’a évidemment aucun sens d’un point de vue artistique et constitue une erreur majeure d’un point de vue politique. C’est tout le contraire qu’il convient de faire », a cinglé le Syndeac dans un communiqué. « Cette politique de l’interdiction de la circulation des artistes et de leurs œuvres n’a jamais prévalu dans aucune autre crise internationale, des plus récentes avec la Russie, aux plus anciennes et durables, avec la Chine », a-t-il ajouté.
    Jeudi, confronté à la polémique, le ministère de la culture avait assuré n’avoir demandé « aucune déprogrammation d’artistes, de quelque nationalité que ce soit ». « Cette décision n’affecte pas les personnes qui seraient titulaires de visas délivrés avant cette date ou qui résident en France ou dans d’autres pays », a-t-il ajouté.

    #Covid-19#migrant#migration#france#mali#niger#burkinafaso#culture#visas#politiquemigratoire#postcovid#artiste

  • 🛑 Une fois n’est pas coutume... on relaie l’éditorial du dernier numéro du journal « Lutte Ouvrière » (8 septembre)... avec lequel on partage l’essentiel du point de vue, si l’on fait abstraction de la rhétorique et de la déclamation hautement et indéniablement « trotsko-trotskyste »... 😅🙃

    « On vit chez les fous ! », s’est étranglé Macron, lundi dernier, à propos de la vague de putschs en Afrique, devant les ambassadeurs réunis à l’Élysée. Mais qui sont les fous dans cette histoire ? Ceux qui rejettent la présence française au Mali, au Burkina Faso et au Niger, ou ceux qui, comme Macron, sont prêts à déclencher une nouvelle guerre qui enfoncera davantage le Sahel dans le chaos guerrier ?
    Macron joue les matamores contre la junte nigérienne et refuse de rappeler son ambassadeur. Il ne digère pas que la France soit poussée dehors. À l’entendre, l’armée française aurait sauvé le Sahel du djihadisme ! Mais la population est bien placée pour faire le vrai bilan de l’opération Barkhane, lancée il y a dix ans : les bandes armées continuent de pulluler, elles rackettent et sèment la terreur dans une zone de plus en plus étendue (...)

    #Afrique #putschs #Macron #Françafrique #exploitation #capitalisme #militarisme #guerre #djihadisme #dictature #Mali #Niger #BurkinaFaso #Congo-Brazzaville #Gabon #Bongo #Tchad... #domination #France #EtatsUnis #Russie #Chine #Néocolonialisme #impérialisme #LutteOuvrière

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    ▶️ https://journal.lutte-ouvriere.org/2023/09/06/bas-la-francafrique-travailleurs-dafrique-et-de-france-memes
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