• #Desmond resta qui

    Il 5 agosto 2018, un giovane uomo annega nelle acque del Ceresio. Era probabilmente originario del Benin, e avrebbe dovuto lasciare la Svizzera a breve, ma chi l’ha conosciuto dice “era uno di qua”. Chi era Desmond? Chi l’ha conosciuto ci mostra i luoghi che ha frequentato nei dieci anni passati nella Svizzera italiana, i legami nati, le tracce che ha lasciato, racconta di come abbia preso in mano il suo destino, malgrado il difficile passato, di come si sia integrato e abbia cercato di costruirsi un futuro. Eppure a volte nemmeno questo sembra bastare.

    https://www.rsi.ch/la1/programmi/cultura/storie/Desmond-resta-qui-11598169.html
    #asile #migrations #réfugiés #Suisse #Tessin #mort #décès #mourir_dans_la_forteresse_europe

    Les mots d’une amie sur Desmond :

    Il s’agit de l’histoire, accompagnée de témoignages de personnes qui l’ont connu, du jeune africain qui s’est noyé, début août de l’an passé dans le #lac_de_Lugano, à #Maroggia.
    Il avait 27 ans et était plein d’espoir.Il avait quitté le Bénin pour un avenir meilleur, portant sur ses épaules de lourds événements vécus dans son pays natal.
    Il avait trouvé un travail dans une entreprise de Lugano où son engagement et sa bonne volonté étaient fort appréciée de ses employeurs..
    Nos autorités, néanmoins, lui refusèrent le droit de rester en Suisse, cela le démolit dans sa santé . Il fut interné dans une clinique psychiatrique.
    Un jour accompagné, d’autres patients, il participa à une sortie à Maroggia. Il disparu dans le lac et on ne pu plus rien faire pour lui.

    #santé_mentale #NEM #Dublin #Dublin_tue #règlement_dublin #suicide (?)

    Desmond repose au #cimetière de #Taverne-Torricella :

    • La storia di Desmond, affogato con il marchio di Nem

      Il giovane africano morto nel Ceresio si era diplomato alla Spai con alti voti e aveva lavorato come asfaltatore. Fino al rigetto della sua richiesta come richiedente l’asilo.

      È una storia d’acqua e d’asfalto quella di Desmond Richard, il ragazzo africano annegato domenica pomeriggio nel Ceresio, a pochi metri da riva, davanti all’ex collegio don Bosco. Una storia di amicizie, integrazione e anche tristezza, perché è ingiusto morire a 27 anni. Integrazione è la parola chiave per capire la sua vita, frettolosamente archiviata come la vicenda di un richiedente l’asilo finito male. Anzi ex richiedente, dopo che la Segreteria di Stato della migrazione lo scorso anno aveva deciso per l’espulsione. Desmond era un “NEM”, l’autorità federale gli aveva chiuso la porta in faccia col sigillo della “non entrata in materia”. Stop, da quel giorno la Svizzera gli ha voltato le spalle.

      Una decisione che fa a pugni col fatto che Desmond era perfettamente integrato. Non opinioni, ma fatti: a partire dal diploma, ottenuto con il cinque e mezzo di media nonostante le difficoltà in italiano, alla Spai di Mendrisio come “costruttore stradale”. Qualificato, perché la formazione triennale gli aveva permesso di ottenere l’attestato federale di capacità.

      Un lavoratore molto capace e apprezzato, come lo ricorda un collega della ditta di asfaltatura, la Cogesa, dove ha lavorato fino al luglio dell’anno scorso. Un lavoro duro, quello dell’asfaltatore, che gli permetteva però di essere autosufficiente. Pagava la sua cassa malati (quanti integrati lo fanno?) e contribuiva col 10 per cento del salario al fondo per la migrazione. Intanto riusciva a mettere da parte anche dei risparmi.

      Desmond aveva un caratteraccio, dicono quelli che gli hanno voluto bene. Poteva mandarti allegramente a quel paese e questi sbalzi, accompagnati da un’aggressività solo verbale, sarebbero stati anche, ma qui avvertiamo il lettore ci siamo fermati, all’origine dei suoi ricoveri all’Osc di Mendrisio. Fino all’ultimo, quello finito tragicamente durante l’uscita a bordo lago a Maroggia con altri pazienti e accompagnatori. Fin qui i fatti, perché il lato più drammatico della vita di Desmond racconta di una madre morta, anzi uccisa, davanti agli occhi di lui bambino, durante l’esodo verso l’Europa. Non amava riaprire quella ferita, e forse molti dei suoi problemi attuali erano riconducibili a quel trauma.

      Persa tragicamente la mamma, mai conosciuto il padre, Desmond era convinto, sino allo scorso anno, di essere originario del Benin.

      Ma qualcosa non quadrava, dal momento che la sua lingua non era il francese (la parlata ufficiale di quel Paese), ma l’inglese. Un mistero che è stato risolto solo lo scorso anno, quando in un consolato africano di Zurigo Desmond ha scoperto le sue radici: Benin sì, ma Benin City, una popolosa città della Nigeria. E la provenienza nigeriana sarebbe diventata uno degli ostacoli per il riconoscimento quale richiedente l’asilo.

      Così, gravato da un decreto di espulsione che lo invitava a lasciare la Svizzera, il giovane aveva ottenuto qualcosa che poteva permettergli di rifarsi un’altra vita altrove. Un passaporto nigeriano. Un pezzo di carta che purtroppo non gli servirà più a niente.

      https://www.tio.ch/ticino/attualita/1313882/la-storia-di-desmond-affogato-con-il-marchio-di-nem?mr=1&ref=

    • La Segreteria dello di Stato della Migrazione uccide ancora

      Lo scorso 5 agosto 2018 – secondo i media – muore a Maroggia un “ex richiedente l’asilo” annegato nelle acque del Ceresio. Un “tragico incidente”, “una fatalità”, “scivolato su una passerella in riva al lago” – dicono – (…)ex richiedente, che la Segreteria di Stato della Migrazione (SEM) lo scorso anno aveva deciso per l’espulsione(…) D. era un “NEM”, l’autorità federale gli aveva chiuso la porta in faccia col sigillo della “Non Entrata in Materia” . Eppure qui qualcosa non quadra, non convince, per l’ennesima volta. Con un trascorso tragico come molti/e migranti, dopo aver conosciuto inferni come la Libia e la traversata del Mar Mediterraneo nel quale ha perso l’unica persona legata a lui ovvero sua madre, (deceduta e gettata in mare come immondizia) e padre mai conosciuto, era da diversi anni in Svizzera, il paese della tanto rinomata ”accoglienza”. Qui ha svolto diversi tirocini e conseguito un diploma da asfaltatore, per diventare solo uno dei tanti sfruttati.

      Se da una parte dopo la sua scomparsa è stato elogiato dai giornali per quanto riguarda la farsa dell’integrazione, dall’altra quest’ultima suona sempre come una dichiarazione di guerra, una sorta di minaccia verso le persone che giungono in un altro paese, un’impresa eroica praticamente irraggiungibile. È ora ben chiaro che nemmeno superarla basta più. Nonostante fosse riuscito ad adeguarsi ai canoni di questa società, diventando un numero fra tanti che si spezza la schiena per alimentare questo accogliente sistema, si è visto ritirare il suo permesso da richiedente l’asilo proveniente dal Benin, poiché, come dicono i giornali: “ (…)qualcosa non quadrava, dal momento che la sua lingua non era il francese (la parlata ufficiale di quel Paese – il Benin ), ma l’inglese. Un mistero che è stato risolto solo lo scorso anno, quando in un consolato africano di Zurigo D. ha scoperto le sue radici: Benin sì, ma Benin City, una popolosa città della Nigeria. E la provenienza nigeriana sarebbe diventata uno degli ostacoli per il riconoscimento quale richiedente l’asilo”. Dunque l’accertamento della sua provenienza ha permesso di sbloccare le pratiche per la sua deportazione. Senza se, senza ma, Richard Desmond poteva quindi essere rimpatriato forzatamente.

      Da qui, con un’espulsione pendente nei suoi confronti verso una terra mai conosciuta e, viste le sue grida di aiuto inascoltate da parte di persone e associazioni, l’unico destino a lui imposto, come accade per molte persone in tali situazioni, è stata quella del ricovero all’ospedale psichiatrico. Bombato di psicofarmaci in modo che non potesse né pensare né reagire a quello che gli stava accadendo. Letteralmente gettato nel dimenticatoio, nel luogo in cui la mente viene annientata dai sedativi e la propria personalità viene calpestata.
      D’altronde si sa, le numerose testimonianze dalle prigioni ai centri di detenzione/espulsione per migranti parlano chiaro: è più facile ottenere ansiolitici o sedativi piuttosto che pastiglie per il mal di testa, per la gioia degli aguzzini e delle case farmaceutiche – come avviene anche nella vita di molte persone bianche occidentali.
      Forse allora non si parla più di “tragico incidente”, o “scivolata dal pontile”, come riportano i media di regime, per quanto ci riguarda si tratta dell’ennesimo omicidio da parte di chi decide delle vite e delle libertà altrui. Ennesimo perché di storie simili ne abbiamo sentite abbastanza, chi si ricorda di Youssouuf Diakité, il ragazzo maliano di 20 anni che il 27 febbraio dello scorso anno rimase folgorato sul tetto di un treno? O del ragazzo marocchino travolto a gennaio da un convoglio – sempre a Balerna – lungo i binari della ferrovia? E del richiedente l’asilo di Brissago morto ammazzato da 3 colpi di pistola (!!) da parte della polizia cantonale ticinese per “legittima difesa”? Per non citare Hervé Mandundu, ucciso il 6 novembre 2016 da tre pallottole sparate da un caporale della polizia del Chablais nel Canton Vaud. O Lamine F. trovato morto in una cella del carcere della Blécherette a Losanna il 24 ottobre 2017 che tre giorni prima, alla stazione di Losanna, era stato fermato per un controllo dalle guardie di confine e trattenuto in carcere perché scambiato per un’altra persona per la quale era stato emanato un decreto di espulsione. O anche Mike, membro del collettivo Jeano Dutoit, morto il 28 febbraio 2018 a Losanna durante un controllo di polizia nel quale viene “immobilizzato” e quante storie ancora di “avventurieri” migranti morti cercando di attraversare i confini di questa maledetta fortezza Europa?
      Tutte persone non vittime di fatalità o incidenti come spesso riportato, ma uccise da questo sistema marcio, dalla Segreteria di Stato della Migrazione, uccise dai confini di Stato, uccise dalla Polizia, uccise dal silenzio di questa società complice… …ma tanto si sa, erano migranti, persone non in regola – senza documenti – dal colore della pelle nera, e le loro vite valgono meno delle vite dei bianchi occidentali, non valgono un cazzo. Ecco l’accoglienza svizzera fatta di razzismo, prigioni, deportazioni e omicidi.
      Il razzismo e le frontiere uccidono, l’indifferenza pure! Per un mondo dove nessuno/a debba morire per una linea tracciata su una cartina o per il fatto di non possedere un pezzo di carta: abbattiamo ogni frontiera!


      https://frecciaspezzata.noblogs.org/post/2018/08/25/la-segreteria-dello-di-stato-della-migrazione-uccide-ancora

  • #Métaliste, compilation de liens concernant des nouvelles sur des exilés décédés en Suisse...
    Cela pourrait notamment servir à montrer qu’il ne s’agit pas de cas isolés, mais d’une conséquence directe des politiques migratoires restrictives.

    Décès de #Joseph_Ndukaku_Chiakwa :
    https://seenthis.net/messages/210817
    #Joseph_Chiakwa

    Suicide au centre de détention en vue de renvoi :
    https://seenthis.net/messages/306906

    Toter lag eine Woche lang in Notunterkunft
    https://seenthis.net/messages/397685

    Le cadavre d’un requérant retrouvé dans un centre
    https://seenthis.net/messages/398259

    Une jeune Afghane se défenestre à #Zweisimmen (BE)
    https://seenthis.net/messages/512460

    [Chiasso] Un mort à la frontière, rassemblement !
    https://seenthis.net/messages/575005

    Le Matin | Retour sur la funeste épopée de Youssouf Diakite
    https://seenthis.net/messages/594653

    Lausanne Ils interpellent le mauvais requérant gambien. Ce dernier meurt en cellule
    https://seenthis.net/messages/640988

    20 Minutes | « Requérant apatride, il n’a pas été écouté, il est parti »
    https://seenthis.net/messages/652050

    #Décès de #Mike
    https://seenthis.net/messages/687438

    Et probablement j’en oublie... sic.

    #asile #migrations #réfugiés #décès #mort #mourir_dans_la_forteresse_Europe #Suisse #vol_spécial #renvois #expulsions

    cc @isskein

    • Renvois forcés | Pratique zurichoise : Une obstination meurtrière

      Fin octobre, l’association « Augenauf » organisait une campagne nationale de manifestations à Zurich, Bâle, Berne, Lucerne, et Lausanne pour dénoncer les expulsions sous la contrainte. Une pratique relativement courante – le 28 octobre dernier l’Office fédéral des réfugiés (ODR) indiquait avoir utilisé la contrainte 40 fois sur 6’500 renvois depuis le début de l’année – mais pas sans de dramatiques conséquences. En mars dernier, à l’aéroport de Kloten, un Palestinien est mort étouffé au cours de son expulsion. La plainte pour négligence déposée contre la cheffe du département de justice et police du canton de Zurich, Rita Führer (UDC), a été jugée « manifestement infondée » le 12 novembre, et les renvois sous la contrainte de continuer. Comme le montre l’article ci-dessous repris du bulletin d’« Augenauf » no 26, d’octobre 1999.

      https://asile.ch/1999/12/01/renvois-forcespratique-zurichoiseune-obstination-meurtriere

      Trouvé dans les archives de @vivre. C’était en 1999

    • Voici une nouvelle victime des politiques migratoires...

      YK, née le 1er janvier 1998, est arrivé en Suisse en juillet 2015. Il y a une année, il appris qu’il ne sera pas reconnu en tant que réfugié en Suisse. A partir de ce moment là, YK a arrêté l’école, pourtant il aimait l’école. Il a finalement mis fin à sa vie le 4 juillet 2018.

      Accompagné de ses amis, nous organisons une cagnotte participative pour couvrir les frais du rapatriement du corps de YK en Érythrée, afin qu’il puisse retrouver sa famille et reposer en paix. Les frais s’élèvent à 13’000 CHF.

      Dans la culture érythréenne, il est difficile pour une famille d’entamer son deuil sans avoir pu voir le corps et sans pouvoir enterrer son enfant selon les coutumes. Comme vous le savez, le processus de deuil prend du temps et est très pénible.
      En soutenant le rapatriement du corps de YK, nous aidons ses parents et ses proches dans cette longue guérison.

      –-> j’ai anonymisé son nom, qui est connu notamment par la coordination asile de Genève

    • Communiqué de presse | La Coordination asile.ge invite à un rassemblement en solidarité avec la communauté érythréenne

      La Coordination asile.ge appelle à un rassemblement ce jeudi 12 juillet à 17h30 à la zone piétonne du Mont-Blanc afin de manifester notre solidarité et notre tristesse face au décès tragique de Yemane. #Yemane, retrouvé mort le 4 juillet dernier, était âgé de 20 ans. Originaire d’Érythrée, il était arrivé en Suisse en juillet 2015 pour y déposer une demande d’asile, à l’âge de 17 ans, en tant que mineur non accompagné.

      https://asile.ch/2018/07/12/communique-de-presse-la-coordination-asile-ge-invite-a-un-rassemblement-en-sol

    • #Maroggia, “era un ragazzo bravo e impegnato”

      Il ricordo di chi conosceva il 27.enne del Benin morto tragicamente nel lago Ceresio domenica.

      È una storia triste con un finale tragico, quella del 27.enne del Benin morto domenica a Maroggia. Una parabola che l’ha portato dall’Africa alla Svizzera, dove il sogno di una vita migliore sembrava essersi realizzato, ma poi si è infranto contro le leggi e le norme del paese che l’aveva accolto, facendolo precipitare in uno stato di sofferenza tale da necessitare il ricovero alla clinica sociopsichiatrica di Mendrisio. Domenica il drammatico epilogo nelle acque del Ceresio, dove il giovane è scivolato durante una gita organizzata dalla struttura, trovando la morte.

      «Era un ragazzo bravo e impegnato, che ha lavorato da noi per diversi anni». Amanda Pizzagalli, segretaria di direzione della Cogesa SA di Taverne ne parla con affetto e tanta tristezza.«Ci tengo che sia ricordato perché non avendo più i genitori, eravamo diventati un po’ noi la sua famiglia».

      https://m.cdt.ch/Ticino/Lugano/197184/maroggia-era-un-ragazzo-bravo-e-impegnato

      v. l’article complet, que j’ai reçu par email:

    • On parle dans cet article du décès de #Joseph_Ndukaku_Chiakwa alias #Alex_Khamma sur un vol spécial :

      Depuis le décès d’un Nigérian, survenu le 17 mars 2010, juste avant l’embarquement dans un de ces vols, des médecins sont requis pour déclarer « Fit to fly » les personnes ainsi renvoyées et sont mandatés pour accompagner ces vols. On les a vus prêts à injecter des sédatifs¹ lorsque menottes et baillons ne suffisaient plus…

      L’article est accompagné de cette #caricature de #Herji :


      https://seenthis.net/messages/814582
      #dessin_de_presse

    • Décès d’#Abdoul_Mariga après son renvoi de Suisse

      Abdoul Mariga est décédé à l’hôpital de Conakry ce 17 octobre, probablement des suites d’une hépatite B. Ce jeune homme âgé de 30 ans avait été renvoyé de Suisse par la contrainte le 6 novembre 2019, alors qu’il séjournait en Suisse depuis 10 ans, occupait un emploi au CHUV comme cuisinier, et avait à son actif un parcours d’intégration fulgurant et exemplaire. D’un coup l’exécution du renvoi a laissé son entourage dans le désarroi, a mis fin à tous ses projets de vie, et l’a mis en situation de danger pour sa sécurité et sa santé qui a conduit à sa mort.

      Abdoul était arrivé à l’âge de 18 ans en Suisse. Malgré une décision négative et de renvoi, il est parvenu à rapidement apprendre le français, puis il a suivi un AFP, c’est-à-dire un rattrapage scolaire pendant deux ans, qu’il a terminé avec succès. Il a ensuite été engagé comme apprenti au CHUV. Il a obtenu son Certificat et a été engagé de manière fixe. Son employeur le décrit comme un jeune homme exigeant, soigneux, respectueux, de très bonne sociabilité, apprécié de son entourage et investi dans son travail, « un collaborateur sur qui nous pouvons pleinement compter ».

      D’après d’autres témoignages de ses proches et des personnes qui l’ont accompagné dans son parcours, Abdoul était persévérant, déterminé dans ses apprentissages et il a montré beaucoup de courage pour mener à bien sa formation professionnelle. Son intégration était considérée comme « remarquable », « exemplaire » et « exceptionnelle ».

      Les autorités ont ignoré ce parcours méritoire et tous les efforts que le jeune avait accomplis pour construire, de sa propre volonté, une existence viable. Il n’avait aucune famille ici et ne pouvait compter que sur lui-même dans un premier temps, puis sur les personnes avec qui il avait créé des liens. Les autorités ont également ignoré l’avis et l’investissement de tous ceux qui le connaissaient personnellement et avaient exprimé leur attachement ou leur sympathie.

      L’exécution du renvoi avait déjà laissé un grand vide et un sentiment d’injustice. Ce jeune n’avait rien à se reprocher et il avait trouvé sa place. Il n’y avait aucune raison de le renvoyer en Guinée.

      Là-bas, il n’avait plus de famille. Il s’est retrouvé seul à Conakry sans logement et rapidement désargenté. Il a survécu sur place grâce à son dernier salaire du CHUV puis grâce à l’aide privée d’amis avec qui il était resté en contact. Ses conditions de vie étaient très difficiles et il n’a pas pu avoir accès aux soins médicaux. Il a été hospitalisé alors qu’il se trouvait au plus mal et est décédé quelques jours plus tard, seul, sans l’accompagnement d’aucun proche.

      Cette terrible nouvelle nous laisse dans l’incompréhension et la colère, ainsi qu’une grande tristesse. Voici quelques mots d’Abdoul qui expliquait sa situation là-bas, et sa détresse :

      « Ma santé ne va pas bien. Mes bras et mes jambes s’endorment. Ça a commencé pendant ma détention [en Suisse, avant l’exécution du renvoi] et maintenant c’est de plus en plus fréquent. J’ai des vertiges et parfois je perds l’équilibre et je tombe.

      J’ai été à l’hôpital au début, mais je n’ai plus accès, faute d’argent. J’ai pris un traitement quelque temps, mais maintenant c’est fini, je n’ai plus de médicaments et plus de soins. Même me loger devient très difficile. Je suis là avec beaucoup d’angoisses parce que les prochains jours, je ne sais pas comment je vais être.

      Je vis très difficilement ici et chaque fois que la police me contrôle, ils me prennent tout l’argent que j’ai sur moi. Chaque sortie est risquée et me faire perdre encore mes moyens pour vivre. Le ministre de la sécurité a refusé de me donner un document de circulation.

      J’ai fait des démarches pour essayer d’obtenir des documents. J’ai été au tribunal de Dixinn au mois de décembre 2019 pour la nationalité. Ils m’ont dit qu’ils ne sont pas compétents pour gérer mon cas. Ils m’ont dit d’aller voir un notaire ce que j’ai fait. Ce dernier m’a dit que je ne peux pas avoir la nationalité et il m’a fait signer un acte de déclaration. Après je suis retourné au tribunal et ils m’ont dit d’aller au ministère de la Sécurité. J’y suis allé et j’ai été arrêté et auditionné. J’ai rencontré des membres de la direction. On m’a reconvoqué pour le lendemain pour me dire que je risquais d’être expulsé vers la Somalie selon le Secrétaire général. Après plusieurs convocations et intimidations, j’ai dû prendre un avocat qui est intervenu. Ils m’ont demandé d’aller au ministère des Affaires étrangères.

      Mon avocat a saisi la Présidente du Tribunal de première instance de Kaloum. Mardi 25 février à 9h j’ai été convoqué devant le juge du tribunal de Kaloum. Actuellement, la procédure n’a pas abouti et le Tribunal est fermé.

      Toutes les autorités guinéennes à même de traiter mon cas ont été saisies. Je me suis rendu partout, mais on ne voulait pas me répondre ni m’écouter. J’ai dû payer un avocat pour faire les démarches, mais je n’ai plus d’argent.

      Les autorités m’ont aussi demandé de retourner en Mauritanie. Je n’ai personne là-bas et je n’y ai même jamais habité.

      Je suis malade je ne dors plus. Partout quand je vais dans les hôtels on me demande un passeport et si je sors pour manger, je risque de me faire arrêter par la police et racketter. Pour le logement, on me demande de payer 8 à 12 mois d’avance ce que je ne peux pas. Je suis complètement bouleversé, des fois, je ne mange pas. Je paie seulement l’hôtel. C’est trop difficile pour moi. »

      Abdoul Mariga est décédé à l’hôpital de Conakry ce 17 octobre. Le collectif Droit de rester est triste et exprime sa sympathie aux proches d’Abdoul. Nous sommes également en colère. Sans ce renvoi décidé par le SEM, Abdoul Mariga serait encore en vie, et travaillerait aujourd’hui encore au CHUV.

      https://asile.ch/2020/10/30/renvois-hommage-a-abdoul-mariga