• Migranti lungo la Rotta, quarantena permanente versione testuale

    A partire da marzo, mano a mano che il coronavirus dilagava per l’Europa, alcuni stati disposti lungo la dorsale balcanica hanno messo in atto provvedimenti che hanno interessato non solamente la popolazione locale, ma anche e soprattutto la popolazione migrante che vive all’interno dei centri di transito e per richiedenti asilo, allestiti e istituiti lungo la cosiddetta Rotta balcanica a partire dal 2016.
    Dopo il 2015, anno della “crisi dei rifugiati”, che ha visto arrivare in Unione europea quasi un milione di persone (di cui oltre 850 mila transitate dalla Grecia), a partire da marzo 2016 la Rotta balcanica è stata dichiarata ufficialmente chiusa, in base al controverso accordo turco-europeo, che prevede fondamentalmente che la Turchia – in cambio di 6 miliardi di euro versati dall’Ue e di un’accelerazione nelle trattative legate all’ingresso in Europa – gestisca i quasi 4 milioni di richiedenti asilo che si trovano nel suo territorio.
    Di fatto, però, quell’accordo (in realtà una dichiarazione congiunta tra le parti coinvolte) non ha fermato il flusso di persone on the move, ma lo ha solamente rallentato e reso più pericoloso; si calcola, in effetti, che tra il 2016 e il 2019 siano comunque passate circa 160 mila persone lungo questo corridoio migratorio.

    Confini incandescenti
    I paesi maggiormente interessati dalla presenza dei migranti in transito sono Grecia, Serbia e – a partire dal 2018 – Bosnia Erzegovina, diventata nella zona nord-occidentale il collo di bottiglia prima di entrare in Croazia e da lì nei Paesi Shengen, la meta cui maggiormente aspirano le persone, che provengono principalmente da Afghanistan, Pakistan, Siria, Iran e Iraq.
    Poco prima che la pandemia prendesse piede a livello globale, a partire da fine febbraio, la Rotta balcanica era tornata sui principali giornali e siti di notizie, perchè il presidente turco Recep Tayyp Erdo?an aveva annunciato di aver aperto i confini del paese ai migranti intenzionati a raggiungere l’Europa. Quella che sino a poco tempo prima sembrava solo una minaccia si è fatta realtà; nel giro di pochi giorni almeno 10 mila persone hanno raggiunto il confine terrestre tra Turchia e Grecia e hanno provato a sfondare i cordoni di sicurezza greci, trovando una risposta violenta, anche con il sostegno delle polizie e dei militari di altri governi europei.
    La situazione incandescente sul confine, che faceva immaginare uno scenario simile a quello del 2015, con migliaia di persone in transito lungo la rotta, si è però interrotta bruscamente con l’arrivo del virus e le misure di chiusura, limitazione di movimento e autoisolamento messe in atto in pratica da quasi tutti gli stati del mondo.
    Gli stati posti lungo la Rotta balcanica hanno non solo imposto misure restrittive alla popolazione locale, ma hanno chiuso la popolazione migrante all’interno dei campi, dispiegando forze speciali a controllarne i perimetri: nessuna nuova persona entra e nessuno esce, in una quarantena permanente.

    Prendono la strada dei boschi
    In Grecia si calcola una presenza di oltre 118 mila tra rifugiati e richiedenti asilo; circa 20 mila abitano nei 30 campi dislocati sul continente, molti vivono in appartamenti o shelter e oltre 38 mila sono bloccati nei campi ufficiali e informali sulle isole di Lesvos, Chios, Samos e Kos.
    In Serbia sono oltre 8.500 i richiedenti asilo e i migranti distribuiti nei 17 centri in gestione governativa all’interno del paese. Durante il mese di marzo polizia ed esercito locali hanno portato le persone che vivevano negli squat delle periferie di Belgrado e di Šid all’interno dei campi, che sono ora sovraffollati.
    Infine si calcola che in Bosnia Erzegovina ci siano circa 5.500 persone alloggiate in 9 campi per l’accoglienza, ma che almeno 2 mila vivano dormendo in edifici e fabbriche abbandonati o in tende e accampamenti di fortuna nei boschi lungo i confini con la Croazia. L’ampia presenza di persone che vivono fuori dai campi ufficiali ha fatto sì che il 17 aprile il consiglio dei ministri della Bosnia Erzegovina decidesse che ogni straniero che non ha un documento di identità valido e un indirizzo di residenza registrato presso l’ufficio stranieri del comune di competenza, verrà obbligatoriamente portato nei centri di ricezione, dove dovrà risiedere senza possibilità di uscire.
    Per questo motivo già dalle settimane precedenti, in località Lipa, cantone di Una Sana, territorio di Bihac, sono stati avviati di gran lena i lavori per mettere in piedi un nuovo centro temporaneo di transito. Il campo, costituito da ampi tendoni in cerata con letti a castello, container sanitari e toilette chimiche, è stato fortumente voluto dalla municipalità di Bihac per spostare dalle strade e da edifici diroccati le migliaia di persone che vagano tra le rovine senza cibo, acqua corrente, elettricità e vestiti. A partire dalla mattina del 21 aprile sono iniziati in maniera pacifica i trasporti dei migranti, scortati dalla polizia locale, al nuove centro in gestione all’Organizzazione mondiale dei migranti e al Danish Refugee Council. Al tempo stesso, decine di persone che non vogliono vivere nei centri e rimanere bloccate in quarantena a tempo indeterminato, hanno deciso di prendere la strada dei boschi e tentare di andare verso la Croazia o rimanere tra le foreste, in attesa che si allentino nei paesi europei le misure anti-Covid.
    Le preoccupazioni nutrite dalle diverse organizzazioni non governative e associazioni in tutti i contesti citati sono le medesime: i campi sono sovraffolati e non permettono di prevenire la diffusione del contagio, in molti centri i servizi igienici e i presidi sanitari sono insufficienti, in alcune realtà l’acqua non è potabile e fondamentalmente è impossibile mantenere le distanze. Le persone passano le giornate chiuse dentro strutture nella maggior parte dei casi fatiscenti, costrette a lunghe file per ricevere i pasti e sotto il controllo o della polizia e dell’esercito (come in Serbia e Grecia), che impediscono i tentativi di fuga dai campi, o delle imprese di sorveglianza private nei campi in Bosnia (campi gestiti da Iom, a differenza di Serbia e Grecia, dove sono in gestione governativa).
    Naturalmente, se già per la popolazione locale è difficile trovare mascherine usa e getta e guanti, per i migranti nei campi è pressochè impossibile, al punto che sia in Grecia che in Serbia, in alcuni dei centri i migranti hanno cominciato a cucire mascherine in stoffa, per la popolazione dei campi ma anche per la popolazione locale, supportati da alcune organizzazioni.
    In tutti i campi le organizzazioni che non si occupano di servizi primari, ma per esempio di interventi psico-sociali come Caritas, hanno dovuto sospendere o modificare le loro attività e instaurare una modalità di lavoro degli staff a rotazione, per preservare i propri operatori.

    Distanziamento impossibile
    Nonostante in Serbia e in Bosnia Erzegovina non siano stati ufficialmente accertati casi di persone positive al Covid19 tra i migranti nei centri, la stessa cosa non si può dire della Grecia, dove sono scoppiati almeno tre focolai, il primo a Ritsona, una ex base militare a 70 chilometri da Atene, che ospita oltre 3 mila persone, il secondo nel campo di Malakasa, dove è stato trovato un caso positivo tra gli oltre 1.600 residenti, il terzo nel sud della Grecia, a Kranidi, dove 150 su 497 persone di un ostello che ospita famiglie monogenitoriali sono risultate positive al test. In tutti i casi i campi sono stati posti in totale isolamento e quarantena per 14 giorni, e le persone non sono autorizzate a uscire dai loro container, stanze o tende. Per evitare che il fenomeno esploda soprattutto nei contesti come le isole, dove i campi sono sovraffolati e le condizioni di vita più miserevoli, il governo greco ha previsto lo spostamento di almeno 2.300 persone considerate più vulnerabili al virus sulla terraferma, in appartamenti, hotel e altri campi.
    In generale le reazioni dei migranti alle misure che sono state messe in atto sono state simili in tutti i luoghi. In primis vi è la sincera preoccupazione di ammalarsi nei campi; le persone sono consapevoli che igiene e misure di distanziamento sociale sono impossibili da tenere. Per fare un esempio, il Bira, un campo in Bosnia Erzegovina per uomini single e minori non accompagnati, che ha una capacità ufficiale di 1.500 persone, ne ospita più di 1.800 e nei container abitativi vivono non 6 persone, ma almeno il doppio. In luoghi così è impossibile fisicamente mettere in atto tutte le procedure necessarie a evitare il contagio.
    Altro punto che risulta particolarmente frustrante, soprattutto nei campi in Serbia e in Bosnia Erzegovina, è l’impossibilità di uscire fisicamente dai centri. Questo significa non poter esercitare nessuna libertà di movimento, non poter andare a comprare beni e cibo, magari non necessari per la sopravvivenza, ma di aiuto per resistere psicologicamente. Significa non poter andare a ritirare i soldi che i parenti mandano tramite Western Union e Money gram e ovviamente significa non poter tentare il game, il “gioco” di recarsi a piedi, da soli o guidati dai trafficanti, verso i confini, per cercare di valicarli.

    Gli interventi Caritas e Ipsia
    La frustrazione di rimanere bloccati a tempo indeterminato è molto alta; in molti dei campi sono scoppiate risse a volte anche molto violente, tra gli stessi migranti ma anche con le forze di polizia e di sicurezza preposte al controllo dei centri. Questi episodi, in Bosnia Erzegovina, sono avvenuti tra i minori non accompagnati del campo Bira, al Miral di Velika Kladuša, a Blažuj vicino a Sarajevo. Stesse dinamiche, con conseguente intervento pesante della security, a Krnja?a, Preševo e Adaševci in Serbia.
    Le organizzazioni impegnate nei centri per migranti potrebbero avere un importante ruolo di stress-relief (supporto in situazione di pressione psicologica) in un contesto di frustrazioni e violenze così diffuse, ma le organizzazioni che gestiscono i campi e i governi locali preferiscono una dimesione di chiusura quasi totale, senza capire che sarebbe importante prevenire la crescita di ulteriori tensioni.
    Caritas e Ipsia Acli, partner dei progetti lungo la rotta dei Balcani dal 2016, continuano – nella misura del possibile – le loro attività in Grecia, Serbia e Bosnia. Gli operatori locali sono portavoce e testimoni dei bisogni delle persone; anche se, a seguito dell’emergenza sanitaria, i ragazzi e le ragazze in Servizio civile all’estero hanno dovuto tornare in patria per non rimanere bloccati, e ciò ha tolto forze ed energie ai team locali, gli operatori sul terreno continuano il supporto alla popolazione migrante lungo la Rotta. Un piccolo apporto, in un mare di bisogni, ma il segno di un’attenzione e una prossimità che non devono essere cancellate dal virus.

    https://www.caritas.it/home_page/attivita_/00008790_Migranti_lungo_la_Rotta__quarantena_permanente.html

    #route_des_balkans #Balkans #Grèce #Croatie #campement #hébergement #camps #forêt #masques #distanciation_sociale #Grèce #Serbie #Bosnie #fermeture_des_frontières #frontières #coronavirus #covid-19 #Lipa #Bihac #OIM #IOM #Danish_Refugee_Council #Ritsona #Athènes #Malakasa #Kranidi #Bira #confinement #liberté_de_mouvement #Miral #Velika_Kladuša #Velika_Kladusa #Blažuj #Blazuj #Preševo #Adaševci #Krnja #Presevo #Adasevci

    ping @luciebacon

    • [Traduit par Chiara Lauvergnac, via Migreurop] 

      Migrants along the Route, permanent quarantine
      April 27, 2020
      Starting in March, as the coronavirus spread to Europe, some states located along the rear Balkan have implemented agreements that have affected not only the local population, but also and above all the migrant population living inside the transit and asylum seeker centers, set up and set up along the so-called Balkan route from 2016.
      After 2015, the year of the “refugee crisis”, which saw almost one million people arrive in the European Union (of which more than 850 thousand passed through Greece), starting from March 2016 the Balkan route was officially declared closed, on the basis of the controversial Turkish-European agreement, which basically provides that Turkey - in exchange for € 6 billion paid by the EU and an acceleration in negotiations related to entry into Europe - handles almost 4 million asylum seekers who we are in its territory.

      In fact, however, that agreement (actually a joint declaration between the parties involved) did not stop the flow of people on the move, but really slowed it down and made it more dangerous; it is estimated, in fact, that between 2016 and 2019 around 160 thousand people have passed through this migratory corridor.

      Red-hot borders

      The countries mainly affected by the presence of migrants in transit are Greece, Serbia and - starting from 2018 - Bosnia and Herzegovina, that became the bottleneck in the north-western area before entering Croatia and from there the Shengen countries, the destination which people aspire to, who are mainly from Afghanistan, Pakistan, Syria, Iran and Iraq.

      Shortly before the pandemic took off globally, starting from the end of February, the Balkan Route had returned to the main newspapers and news sites, because Turkish President Recep Tayyp Erdogan announced he had opened the borders to migrants willing to reach Europe. What seemed only a threat became reality; within a few days at least 10,000 people reached the land border between Turkey and Greece and tried to push through the security cordons, finding a violent response, also with the support of the police and military personnel from other EU countries.
      The incandescent situation on the border, which showed a scenario similar to that of 2015, with thousands of people in transit along the route, however, was abruptly interrupted with the arrival of the virus and the measures of closure of movement and the self-isolation put into practice by almost all states of the world.
      The states located along the Balkan route have not only imposed restrictive measures on the local population, but have closed the migrant population inside the camps, deploying special forces to control their perimeters: no new person enters and no one excludes, in a permanent quarantine.
      They take the road in the woods

      In Greece there are an estimated 118,000 refugees and asylum seekers; about 20 thousand inhabitants in the 30 camps located on the continent, many residents in apartments or shelters and over 38 thousand are blocked in the official and informal camps on the islands of Lesvos, Chios, Samos and Kos.
      In Serbia there are over 8,500 asylum seekers and migrants distributed in the 17 government-run centers within the country. During the month of March the police and army brought the people who lived in the squat on the outskirts of Belgrade and Šid into the camps, which are now overcrowded.
      Finally, it is estimated that in Bosnia and Herzegovina there are about 5,500 people housed in 9 camps for reception, but that at least 2,000 live sleeping in abandoned buildings and factories or in makeshift tents and camps in the woods along the borders with Croatia. On April 17, the Council of Ministers of Bosnia and Herzegovina decided that every foreigner who does not have a valid identity document and a residence address registered at the foreign office of the municipality of competence, will be obligatorily taken to the reception centers, where he must reside without possibility to go out. For this reason, work has already started in the past weeks, in Lipa, in the canton of Una Sana, in the Bihac area, to set up a new temporary transit centre. The camp, consisting of large tents with bunk beds, sanitary containers and chemical toilets, was fortuitously desired by the municipality of Bihac to move the thousands of people who wander through streets and ruined buildings without food, running water, electricity and clothes. Transportation of migrants, escorted by local police, to the new centre managed by the the World Organization for Migrants and the Danish Refugee Council began peacefully from the morning of April 21. At the same time, dozens of people who do not want to live in the centres and remain stuck in quarantine indefinitely, have decided to take the road through the woods and try to go to Croatia or stay in the forests, waiting for anti-Covid measures to loosen in the various countries.
      The concerns raised by the various non-governmental organizations and associations in all the contexts mentioned are the same: thecamps are overcrowded and do not allow to prevent the spread of the infection, in many centers the toilets and health facilities are insufficient, in some situations the water is not drinkable and basically it is impossible to keep your distance. People spend their days locked in structures in most cases dilapidated, forced to wait in long lines to receive meals and under the control of the police and the army (as in Serbia and Greece), which prevent attempts to flee the camps, or private surveillance companies in the camps in Bosnia ( managed by IOM, unlike Serbia and Greece, where they are under government management).
      Of course, if it is already difficult for the local population to find disposable masks and gloves, for migrants in the camps it is almost impossible, to the point that both in Greece and Serbia, in some of the centers the migrants have begun to sew masks in cloth , for the population of the campss but also for the local population, supported by some organizations.
      In all camps, organizations that do not deal with primary services, but for example with psycho-social interventions such as IPSIA/Caritas, have had to suspend or modify their activities and establish a rotating staff working mode, to preserve their operators.
      Impossible distancing

      Although cases of positive Covid19 people among migrants in the centers have not been officially recognized in Serbia and Bosnia and Herzegovina, the same cannot be said of Greece, where at least three outbreaks have erupted, the first in Ritsona, a former military base 70 kilometers from Athens, which houses over 3,000 people, the second in the Malakasa camp, where a positive case was found among the more than 1,600 residents, the third in southern Greece, in Kranidi, where 150 out of 497 people from a hostel hosting single parent families tested positive. In all cases the camps were placed in total isolation and quarantined for 14 days, and people are not allowed to leave their containers, rooms or tents. To prevent the phenomenon from exploding especially in contexts such as the islands, where the camps are overcrowded and the living conditions most miserable, the Greek government has disposed the movement of at least 2,300 people considered most vulnerable to the virus on the mainland, in apartments, hotels and other camps.
      In general, the reactions of migrants to the measures that have been put in place have been similar in all places. First of all, there is the sincere concern of getting sick in the camps; people are aware that hygiene and social distancing measures are impossible to maintain. For example, the Bira, a camp in Bosnia and Herzegovina for single men and unaccompanied minors, which has an official capacity of 1,500 people, is home to more than 1,800 and not just 6 people live in one container, but at least twice as many. In places like this it is physically impossible to put in place all the necessary procedures to avoid contagion.
      Another point that is particularly frustrating, especially in the camps in Serbia and Bosnia and Herzegovina, is the impossibility of physically leaving the centers. This means not being able to exercise any freedom of movement, not being able to go and buy goods and food, perhaps not necessary for survival, but of help to resist psychologically. It means not being able to go and collect the money that relatives send via Western Union and Money gram and obviously means not being able to try the game, the “game” to go on foot, alone or guided by traffickers, to the borders, to try to cross them.
      .
      The Caritas and Ipsia interventions

      The frustration of getting stuck indefinitely is very high; in many of the camps brawls sometimes even very violent broke out, among the migrants themselves but also with the police and security forces in charge of the control of the centers. These incidents in Bosnia and Herzegovina occurred among unaccompanied minors from the Bira camp, in Velika Kladuša’s Miral, in Blažuj near Sarajevo. Same dynamics, with consequent heavy security intervention, in Krnja? A, Preševo ​​and Adaševci in Serbia.
      Organizations engaged in migrant centers may have an important stress-relief role (support in situations of psychological pressure) in a context of such widespread frustrations and violence, but the organizations that manage the camps and local governments prefer an almost closed closure total, without understanding that it would be important to prevent the growth of further tensions.
      Caritas and Ipsia Acli, partners of projects along the Balkan route since 2016, continue - as far as possible - their activities in Greece, Serbia and Bosnia. Local operators are spokespersons and witnesses to people’s needs; even though, following the health emergency, the young men and women in the Civil Service abroad had to return to their homeland in order not to get stuck, and this took away local forces and energies. The operators on the ground continue to support the migrant population along the Route. A small contribution, in a sea of ​​needs, but the sign of attention and proximity that must not be erased by the virus.

      Silvia Maraone

      Caritas Italiana - Migranti lungo la Rotta, quarantena permanente

  • Penser la pandémie

    Le déconfinement relève d’une décision politique. Cette décision, en démocratie, doit pouvoir être prise après un débat contradictoire. Elle doit se fonder sur la compréhension des phénomènes épidémiques par les sciences, toutes les sciences : virologie, épidémiologie et infectiologie, mais aussi sciences humaines et sociales. Si l’on pense aux errements politiques qui ont conduit au confinement pour tous au même moment et aux conséquences économiques, sociales, individuelles d’un tel choix, encore difficiles à mesurer, si l’on observe que suivre l’expérience chinoise signifierait pour la France un déconfinement entre mi-juin et fin juillet, on voit l’intérêt de discuter les stratégies possibles de déconfinement en mobilisant des disciplines et des savoirs complémentaires.

    https://www.youtube.com/watch?v=iVH9GJzkxGs&feature=emb_logo

    #déconfinement #épidémie #coronavirus #covid-19 #confinement #démocratie #chronologie #décision_politique #virus #Bruno_Canard #recherche #Hubert_Laude #appels_à_projets #politique_de_la_recherche #ressources_pédagogiques #incubation #patient_zéro #tests #dépistage #désindustrialisation #Allemagne #France #masques #clusters_familiaux #stocks #flux_tendus #LEAN_management #néo-management #santé_publique #OMS #épidémie #Agnès_Buzyn #asymptomatiques #porteurs_asymptomatiques #liberté_publique #Phillippe_Klein #Chine #Didier_Raoult #Raoult #modèle_SIR #taux_de_létalité #hôpitaux #services_hospitalités #hôpital #système_de_santé #UK #Angleterre #Boris_Johnson #immunité_de_groupe #immunité_collective #Dominic_Cummings #Dominic_Mckenzie_Cummings #économie #R0 #taux_de_reproduction #49_3 #49-3 #France #fil_chronologique #vidéo

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    Les sources figurent sur la page dédiée du séminaire :
    https://pds.hypotheses.org/2840

  • Suivi journalier de la crise liée au Covid19 - pratiques [les sources indiquées sont munies de leur url dans les articles]
    https://pratiques.fr/Suivi-de-la-crise-liee-au-Covid19

    Jessica Guibert, médecin généraliste au village 2 santé à Echirolles, accepte de partager avec nous le résultat de ses recherches quotidiennes d’informations médicales et scientifiques sérieuses et ses commentaires afin de nous aider à comprendre le déroulement de cette crise liée au Covid-19

    Le 26 avril 2020

    – 14202 personnes décédées à l’hôpital (+ 152 en 1 journée)
    – 28217 personnes hospitalisées (-5 en 1 journée) → l’effet dimanche
    – 4862 personnes en réanimation (-43 en 1 journée)
    – 8654 personnes décédées dans les EHPAD et les établissements médico-sociaux depuis le début de l’épidémie.

    Diagnostic et clinique

    • Une étude qui compare de nouveau les tests par PCR sur la salive et en naspharyngé : les tests sur la salive ne permettent diagnostiquer 84,6% des personnes positives en nasopharyngé, mais ont permis de diagnostiquer positive une personne qui avait un test nasopharyngé négatif (sur 50 personnes négatives dont les tests salivaires ont été analysés).
    Cela est moins favorable sur les tests salivaires que l’étude dans le mail de 23 avril, mais souligne surtout que la comparaison doit être faite sur des échantillons de personnes plus importants.
    Source : JCM
    • Des suspicions aux USA sur un lien entre covid-19 et Accident Vasculaire Cérébral chez des jeunes adultes. Le nombre de personnes avec des AVC a doublé à New-York pendant la pandémie, et plus de la moitié des cas avaient 15 ans de moins que ceux qui faisaient des AVC sans être atteints du covid-19.
    Source : Le Journal de Quebec
    • Le covid-19 pourrait laisser des séquelles à type de fibrose pulmonaire ; cet article montre des signes de fibrose sur les personnes qui ont eu un scanner plusieurs semaines après le début de la maladie. Donc potentiellement des séquelles pulmonaires, parfois importantes.
    Source : The Lancet

    Epidémiologie
    • Pour illustrer la diffusion en situation d’hébergement collectif :
    Dans un centre de soins infirmiers spécialisés (de ce que j’en comprends, c’est une structure de santé avec hébergement aux USA), à Washington, suite à la découverte d’un cas de covid-19, les résident-e-s ont été testé-e-s à plusieurs reprises.
    Résultats : au total, au bout d’un mois, 64% étaient infecté-e-s ! 56% des personnes testées positives étaient asymptomatiques au moment du test, mais la plupart ont développé des symptômes après.
    Les chercheurs/ses soulignent l’important des tests en collectivité, la transmission étant très importante avec une forte participation de personnes présymptomatiques.
    Source : NEJM
    • Dans 15 écoles en Nouvelle-Galles-du-Sud, 18 cas confirmés dont 9 enfants et 9 adultes ; sur 863 contacts proches, seulement 2 cas en transmission secondaire.Cela suggère une fois de plus que la transmission du virus par les enfants/dans les écoles est limitée.
    Source : NCIRS
    • Un article intéressant qui parle du fait qu’il y a beaucoup de variations entre les personnes sur la capacité à infecter d’autres personnes ; certaines personnes sont capables d’en infecter beaucoup, alors que d’autres peu. C’est le cas pour de nombreuses maladies infectieuses, et probablement pour le covid-19. Alors qu’on utilise une moyenne, le R0 (nombre de personnes que peut infecter une personne), qui ne représente pas cette variabilité.Or cela nécessiterait des études plus approfondies car cela changerait beaucoup de choses sur la modélisation que l’on peut avoir de l’épidémie et les stratégies pour y faire face.
    Source : NCBI

    Organisation
    • Une étude de l’Agence Nationale de Sécurité du Médicament sur les consommations de médicaments en mars 2020.
    La plupart des médicaments chroniques (cardiovasculaires, diabète, hypertension, psychiatriques, levothyroxine, antiépileptiques, antirétroviraux, BPCO, IPP) ont connu des hausses de délivrance importantes : les personnes ont-elles fait des stocks ?
    Par contre, forte baisse pour les AINS (Anti Inflammatoires Non Stéroidiens), probablement en lien avec la recommandation de ne pas en prendre en cas de symptômes d’infection respiratoire.
    La contraception orale a beaucoup augmenté, mais il y a une diminution de la contraception orale d’urgence.
    Les produits pharmaceutiques en lien avec des actes médicaux ont sans surprise beaucoup diminué : vaccins, Dispositifs Intra Uterin, produits pour les examens d’imagerie.
    La délivrance a augmenté de +145% pour l’hydroxychloroquine/chloroquine et de +72% pour l’azithromycine !
    Source : ANSM

    Autres
    • Une interview du virologue allemand expert, Christian Drosten, qui parle notamment du « paradoxe de la prévention » : en Allemagne, comme il y a eu peu de mort-e-s (sans doute grâce aux mesures prises), les personnes ne comprennent pas pourquoi ces mesures ont été prises et les critiquent.
    Source : The Guardian

    Crise_sanitaire #covid-19 #Jessica_Guibert #Epidémiologie #clinique #Organisation et aussi selon les jours, des rubriques #Masques et #mesures_de_protection #Traitements ? #Organisation

    • Suivi de la crise liée au Covid19 - pratiques
      https://pratiques.fr/Suivi-de-la-crise-liee-au-Covid19

      Le 6 mai 2020
      [...]
      Traitements ?
      • Le comité indépendant qui était chargé du suivi de l’étude de l’AP-HP sur le tolicizumab démissionne, dénonçant de nombreux dysfonctionnements dans l’étude en cours. Elles sont belles, les #études_scientifiques en pleine épidémie !(et en dehors de l’épidémie aussi bien souvent...)
      Source : Twitter
      [...]

      Autres
      • Les français-es auraient pris en moyenne 2,5 kg depuis le début du confinement, selon un sondage de l’IFOP.
      Source : Sciences et Avenir [...]

      Le 5 mai 2020

      [...] Le laboratoire pharmaceutique Gilead, fabricant du remdesivir (autorisé en urgence par la FDA , sur la base d’une étude dont on n’a toujours pas les résultats exacts), à dépensé 32% de plus en lobbying sur le premier trimestre 2020 qu’au premier trimestre 2019. Ah bon, mais pour quoi faire ?
      Source : NPR

      Suite au constat que les personnes hospitalisées en psychiatrie sont moins infectées par le covid-19 que les professionnel-le-s de soin qui y travaillent, et après une étude de l’Institut Pasteur montrant une efficacité du médicament antipsychotique la chlorpromazine sur le SARS-COV-2 dans des cellules humaines in vitro, un essai sur 40 personnes va démarrer pour tester ce médicament.
      Source : France tv info
      • Un résumé bien fait sur ce qu’on sait sur les personnes asymptomatiques et le covid-19.
      Source : INSPQ
      • Un point très bien fait sur ce qu’on sait ou pas sur tabagisme et covid-19
      Source : Vidal
      • Suite à un déconfinement partiel en Autriche le 14 avril, pas d’augmentation notable du nombre de cas quotidiens ni des décès.
      Source : The Guardian

      Autres
      • De nombreux articles de recherche sont produits dans cette période de covid-19, avec une augmentation notable du nombre d’articles scientifiques écrits par des hommes, mais une stabilité voire une diminution de ceux écrits par des femmes. Sans doute en lien avec les tâches domestiques en période de confinement.
      Source : The lily

      Le 4 mai 2020

      [...] Une étude de séroprévalence dans une petite ville allemande qui a eu un événement qui a beaucoup diffusé le virus (carnaval). 15,5% de la population a été en contact avec le virus, soit 5 fois plus que le nombre de cas recensés officiellement (3,1%). 22,2% ont été asymptomatiques. Le taux de létalité était de 0,36%.
      De manière intéressante, la participation au carnaval a augmenté le taux d’infection (21,3% contre 9,5%) mais aussi le nombre de symptômes des personnes infectées. Chez les personnes qui n’ont pas été au carnaval, il y a beaucoup plus d’asymptomatiques (36% contre 16%) (et ça suggère fortement une hypothèse de dose infectieuse qui pourrait modifier des symptômes, et peut-être la gravité de la maladie).

  • Masques et bergamasques

    Hier, chemin faisant, nanti de l’Ausweis, nous passons devant la pharmacie. Damned ! Masques disponibles !

    9,90 le bout. Lavable, utilisable 10 fois.

    Je demande « lavable à 60% ? »

    Non, à trente, à la main.

    J’en prends quatre, puisque notre ado doit passer l’oral de français.

    J’ai un peu l’impression de m’être fait avoir...

    • Tu ne t’es pas fait avoir ... tu as juste été la proie des spéculateurs, nuance !
      Ceux qui se sont fait avoir, ils en ont acheté avec un marquage CE complètement bidon (autant se les tricoter soi-même).

      Quelques minutes à la vapeur , il parait que ça complète bien le nettoyage.

    • C’est juste marqué « Masque. Fabriqué en France ».

      Sinon c’est à l’angle Ménilmontant - Julien Lacroix en face du tabac, et j’en aurais pris dix c’était possible. Bon, à ce prix là je vais attendre ceux d’Hidalgo, mais de ce côté là, comme d’hab, je crains le pire, en étant assuré de ne pas être déçu...

    • Il nous restait sept masques chirurgicaux (bleus et blancs, bien mettre le côté bleu vers l’extérieur) dans un fond de boîte qui datait de H1N1. Alors pour les économiser, on les laisse en plein cagnard pendant plusieurs jours et on les réutilise. Je ne sais pas si c’est « safe » ; enfin, pour le porte-monnaie, ça le fait.
      Bon, c’est sûr, je suis un gros b... de privilégié vu que j’ai un bout de pré avec une corde à linge près de ma bicoque.

    • Utiliser p-ê les éléments de connaissance et tutos qui sont indiqués sur ce seen de @touti [Edit : non !! c’est un seen de @odilon ](dont Stop postillon)
      https://seenthis.net/messages/832910

      Plusieurs jours, oui, a priori, le virus est dégradé (si pas humidité)
      Les masques chirurgicaux protègent avant tout les autres (un peu le porteur), donc soit FFP2 (si on a des potes dans le bâtiment ou la santé, un mag de bricolage, un plan) soit les DIY.
      Il faut quand même les concevoir et fabriquer au mieux (pas de coutures centrale mais sur les bords !). Prévoir un filtre en non tissé en plus des épaisseurs de tissu (coton).
      Pour la désinfection. Soit laisser au sec et pas au froid, pas de poche (on y touche), un sac plastique mis à part et fermé (après on se lave les mains, avant on se touche pas la figure) et je dirais plutôt 5 jours car on sait pas combien le virus dure sur le tissu, même si d’aucuns disent que le tissu absorbant l’humidité, ça nuit au virus qui s’abime mieux que sur verre et plastique
      C’est bien d’en avoir plusieurs, deux masques par sortie ça peut être bien pour pouvoir enlever un masque dehors lorsqu’on va pas où il y a du monde (en particulier lieux clôts), puis en remettre un pour les cages d’escaliers, etc (utiliser comme à la maison du gha ou savon, après avoir enlevé, avant de mettre, etc.).

      Mieux, désinfecter :
      – pour les FFP2 four à chaleur tournante à 60° une demie heure
      – pour les tissus, lavage à 60° en machine avec lessive ++, soit à la casserole à petits bouillons avec savon (perso, il m’arrive de juste faire tremper dans de l’eau très chaude avec plein plein de savon qui est réputé dissoudre l’enveloppe du virus et donc l’inactiver m’inspirant du lavage de main, avant de rincer sécher)
      soit, ou en plus, sèche-linge chaud longtemps (le virus aime pas au dessus de 57°)
      – soit vapeur d’eau oxygénée par ex dans un cuit vapeur
      Pas faire mariner dans l’alcool, ça marche mais ça dégrade la filtration.

      J’espère qu’on va publier un truc avec le modèle Parole qui présente l’avantage de pas trop mal s’adapter au nez ce qui évite les entrée/sorties d’air le long des narines et des conseils moins bordéliques que ce qui précède.

    • Hier croisée ma voisine qui fait très attention (son fils est ambulancier) elle portait un masque qu’elle fabrique avec du sopalin et 2 élastiques. Bon il y a eu un orage et le sopalin n’a pas aimé, mais pour une petite heure ça évite de tousser sur quelqu’un·e.

      Je vais essayer de faire des cagoules, et aussi (il me semble) avec une chevelure penser à s’attacher les cheveux ou à les couvrir.

      @colporteur c’est un seen d’@odilon !

  • Masques en tissu : des costumières s’organisent pour sortir du travail gratuit — Entretien avec Annabelle Locks : Agir par la culture
    https://www.agirparlaculture.be/masques-en-tissu-des-costumieres-sorganisent-pour-sortir-du-travail

    Depuis le début de la crise poli­ti­co-sani­taire liée à la pan­dé­mie du Covid19, des cou­tu­rières ne cessent d’être mobi­li­sées à coup de larges appels à fabri­ca­tion béné­vole de masques en tis­su éma­nant de pou­voirs publics pei­nant à éla­bo­rer d’autres solu­tions pour pal­lier leur incu­rie et les pénu­ries de pro­tec­tions. Anna­belle Locks avait lan­cé l’alerte sur les condi­tions dans les­quelles se mènent ces opé­ra­tions qui font tra­vailler de nom­breuses femmes gra­tui­te­ment depuis chez elles et sans cadres. Cos­tu­mière, elle ini­tie aujourd’hui le pro­jet « Les­mas­ques­de­bruxelles » , un col­lec­tif « fémi­niste et mixte qui réunit cos­tu­mières et livreuses, ain­si que des hommes char­gés de la col­lecte de tex­tiles et des com­mandes » et qui vise ali­men­ter Schaer­beek en masques. Réflexions sur la condi­tion de cou­tu­rière à l’ère du coro­na­vi­rus alors que les masques sont deve­nus aujourd’hui des pro­duits de pre­mière néces­si­té et le sym­bole d’une ges­tion gou­ver­ne­men­tale désas­treuse. Mais aus­si sur ce que de nou­veaux pro­jets soli­daires peuvent faire naitre d’espoirs et pré­parent un après plus dési­rable.

    Comment en êtes-vous arrivée à fabriquer des masques en tissus

    C’est d’abord une colère face à la situa­tion et face à ce large appel à des béné­voles pour fabri­quer des masques en tis­su. La pre­mière étape a été très théo­rique, ça a pris la forme de la rédac­tion de l’article inti­tu­lé « Lutte contre le coro­na­vi­rus : si les femmes s’arrêtent, les masques tombent » avec la jour­na­liste Manon Legrand et paru dans le maga­zine Axelle. https://www.axellemag.be/coronavirus-femmes-confection-masques C’est une réflexion autour des condi­tions dans les­quelles les masques sont fabri­qués en Europe face à la pénu­rie. Son tra­vail de jour­na­liste a énor­mé­ment comp­té dans l’énergie et le cré­dit que ça m’a don­né. Grâce à ce pre­mier tra­vail, j’ai tel­le­ment été inves­tie de cette idée qu’il fal­lait à tout prix faire tra­vailler des femmes avec des contrats et des condi­tions dignes que je me suis mise à le faire ! Pour moi, c’est très clair : si ce n’est pas payé et sans contrats, je pré­fère autant res­ter chez moi à lire ma biblio­thèque fémi­niste. Petit à petit, ça a pris de l’ampleur, j’ai consti­tué une équipe, on va for­mer pro­chai­ne­ment une ASBL et faire des contrats.

    Je me suis assez rapi­de­ment oppo­sée au fait que des pro­fes­sion­nelles réa­lisent des masques béné­vo­le­ment. Le métier de cos­tu­mier est par nature pré­caire, fait de CDD, nos contrats ont été annu­lés et face à la crise, nous avons un savoir-faire utile à la socié­té. En tant que professionnel·les, nous devons être rému­né­rées pour cette acti­vi­té. En revanche, je ne m’oppose évi­dem­ment pas aux béné­voles qui cousent des masques de bon cœur et dont la situa­tion finan­cière et maté­rielle le per­met. C’est même très beau que celles et ceux qui le peuvent, le fassent. Je sou­haite tou­te­fois aler­ter sur le risque de sur­me­nage pour cer­taines qui se sentent inves­ties d’une mis­sion immense : puisqu’il faut des mil­lions de masques, cer­taines tra­vaillent des heures impos­sibles, et ce, béné­vo­le­ment. On a d’ailleurs déjà vu quelques cas de burn-out chez les béné­voles. Dans notre col­lec­tif, nous res­pec­tons des horaires accep­tables et même si la cadence est intense, nous posons les limites de ce que nous accep­tons de pro­duire chaque jour.

    On peut en effet se demander pourquoi les pouvoirs publics (Régions et communes) demandent à des femmes de coudre des masques systématiquement bénévolement, comme si c’était une évidence. Pourquoi devrait-on forcément travailler gratuitement quand il s’agit de masques en tissu ?

    Parce que 95% des per­sonnes qui fabriquent des masques sont des femmes ! D’ailleurs, quand des appels à cou­tu­riers sont lan­cés, ils sont tou­jours adres­sés aux « cou­tu­riEREs » béné­voles et jamais aux cou­tu­riERs. Si c’était des hommes qu’on mobi­li­sait pour la pro­duc­tion d’un pro­duit de pre­mière néces­si­té, je doute qu’on fasse appel à leur gen­tillesse et à leurs géné­ro­si­tés sup­po­sées. Toute cette notion du care, du soin, est attri­buée aux femmes. Dans l’imaginaire col­lec­tif, cela revien­drait à nous, les femmes, de prendre la res­pon­sa­bi­li­té de ce genre de chose… Même si très curieu­se­ment, on peut consta­ter le contraire dans le choix de l’illustration d’articles de presse sur le sujet : des pho­tos prises dans des ate­liers où seuls des hommes s’affairent der­rière des machines à coudre…

    https://seenthis.net/messages/847324
    https://seenthis.net/messages/832910

    #costumières #femmes #travail_des_femmes #salaire #Care #Soin #prévention #Travail_gratuit travail_invisible #masques

  • Masques FFP2 : des salariés de l’industrie mieux protégés que les soignants | Mediapart
    https://www.mediapart.fr/journal/france/240420/masques-ffp2-des-salaries-de-l-industrie-mieux-proteges-que-les-soignants

    Les masques FFP2, les plus protecteurs face à la pandémie, sont ceux qui manquent le plus aux soignants, contaminés par milliers. Dans le même temps, les entreprises en consomment d’importantes quantités, à tel point que des salariés de Renault ou Michelin sont mieux équipés que les hospitaliers.

    Les livraisons de masques accélèrent, enfin. Grâce aux commandes passées en Chine, l’État en a importé 178 millions en trois semaines, soit plus de masques qu’il n’en consomme, a annoncé dimanche 19 avril le premier ministre lors d’une conférence de presse avec son ministre de la santé, Olivier Véran (lire notre enquête ici). Le gouvernement envisage même pour la première fois « un élargissement de la politique de distribution » dans « les prochaines semaines ». Il y a urgence, vu le rationnement en vigueur depuis le début de la crise, y compris en ce qui concerne les simples masques chirurgicaux, conçus pour empêcher de contaminer les autres. 

    Il n’y a, par contre, aucune embellie à attendre du côté des masques de protection respiratoire FFP2, les plus efficaces et les plus rares, conçus pour empêcher leur porteur de contracter le virus. « Il existe encore des tensions d’approvisionnement », a reconnu Olivier Véran dimanche. L’État ne les a donnés qu’au compte-gouttes aux hôpitaux. Et leur distribution aux soignants reste extrêmement restreinte, alors qu’ils sont contaminés par milliers.

    Olivier Véran a ajouté qu’il n’est « pas encore possible » pour l’État « d’en distribuer dans de larges proportions », notamment aux « professionnels de santé en ville [qui] voudraient pouvoir en disposer ». « Les masques FFP2 sont tellement précieux pour le secteur hospitalier aujourd’hui […] qu’il faut prioriser vraiment encore l’hôpital, tant qu’il y a des malades », a insisté le ministre.

    Mais une enquête de Mediapart montre que, dans le même temps, les entreprises qui ne sont pas dans le secteur sanitaire achètent et consomment des quantités importantes de masques FFP2 et de son cousin haut de gamme, le FFP3, un modèle essentiellement industriel qui n’est pas en temps normal utilisé à l’hôpital.

    Certaines entreprises les utilisent pour protéger leurs salariés du coronavirus. À tel point que dans de grands groupes, comme Renault ou Michelin, certains salariés sont mieux équipés en FFP2 que beaucoup de soignants hospitaliers qui travaillent dans des services Covid-19. 

    D’autres n’ont tout simplement pas le choix : dans l’industrie et le bâtiment, il est obligatoire d’équiper certains ouvriers pour les protéger des poussières, des produits chimiques ou de substances comme l’amiante.

    Cette situation est tout à fait légale, puisque le gouvernement a libéralisé le 21 mars l’importation des masques, y compris les FFP (2 ou 3). Vu la paralysie de l’économie – plus de 10 millions de salariés sont au chômage partiel –, qui frappe de plein fouet les finances publiques et les Français les plus modestes, le gouvernement encourage les entreprises à s’équiper pour que le travail reprenne au plus vite. 

    Mais cette politique pose question, vu la situation dans les hôpitaux. D’autant plus que la consommation des masques de protection respiratoire par les entreprises risque d’exploser avec le déconfinement prévu à partir du 11 mai.

    Plusieurs grands groupes français ont déjà repris partiellement le travail ou s’apprêtent à le faire. Chez Renault, trois usines ont redémarré cette semaine. Celle de Flins (Yvelines) va suivre la semaine prochaine.

    Dans une vidéo postée sur YouTube pour expliquer les nouvelles consignes sanitaires aux salariés de Flins, la direction indique que le port du masque chirurgical sera obligatoire. « Pour les rares postes où la distance d’un mètre minimum ne peut être garantie, les salariés concernés sont équipés d’un masque FFP2, qui assure une protection maximale », ajoute la vidéo.

    Un document interne obtenu par Mediapart (ci-dessous) confirme qu’il s’agit bien d’une consigne nationale, qui sera appliquée dans tous les sites français. Contacté, Renault a refusé de nous répondre.


    Consignes de Renault sur le port des masques chirurgicaux et FFP2 dans ses usines. © Document Mediapart

    Plusieurs salariés nous ont indiqué avoir été « choqués » par l’usage de masques FFP2. « Vu la pandémie, ils seraient plus utiles dans les hôpitaux que pour faire des voitures », indique l’un d’entre eux.

    Il est tout à fait louable que Renault protège ses salariés. Mais ils sont, de fait, mieux traités que les soignants. Depuis un avis du 4 mars de la Société française d’hygiène hospitalière, le port du masque FFP2 à l’hôpital est prescrit seulement lors des actes invasifs comme l’intubation, c’est-à-dire pour l’essentiel dans les services de réanimation. 

    Même ces soignants les plus exposés ne sont pas toujours correctement fournis. Dans le service de réanimation de l’hôpital Tenon, à Paris, sont utilisés « des masques FFP2 périmés depuis 2013 », témoigne un aide-soignant. Alors qu’ils doivent être étanches, « ils ne collent pas vraiment au visage, on sent l’air passer », assure-t-il. Et la pénurie est telle qu’ils sont « distribués au compte-gouttes ». 

    Olivier Youinou, co-secrétaire général de SUD-Santé à l’Assistance publique-hôpitaux de Paris (AP-HP), confirme : « Pour les masques FFP2, c’est plus que tendu. L’hôpital Henri-Mondor, à Créteil, utilise des masques périmés, fabriqués en 2009. Même chose à Saint-Antoine, à Paris. Les urgences de la Pitié-Salpêtrière ont récupéré un stock datant de 2001 pour réaliser les tests de dépistage : la mousse des masques est restée collée sur leur visage. »

    Jean-Michel Constantin, professeur de réanimation à la Pitié-Salpêtrière ne nie pas le problème : « J’ai moi même été stressé, car on a reçu nos premiers stocks de masques FFP2 périmés. Mais j’ai vérifié la littérature et les tests réalisés sur ces masques : ils filtrent aussi bien. Je ne mettrai pas en danger mon équipe ni sur le plan humain, ni sur le plan pénal. » Dans les services hors réanimation, la plupart des personnels hospitaliers doivent se contenter d’un masque chirurgical. Une doctrine souvent jugée trop restrictive par les soignants. Olivier Youinou estime que les FFP2 devraient être généralisés dans tous les soins rapprochés, ou dans certains services qui se sont révélés particulièrement à risque de voir se diffuser le virus. 

    Il cite l’exemple des centres de dialyse, où les patients ont de très forts risques de contracter le virus, mais aussi de développer des formes graves. De nombreux centres de dialyse ont été « foudroyés avec des taux de contamination de plus 30 % », raconte un néphrologue sous le sceau de l’anonymat. « Au début de l’épidémie, les patients, comme les soignants, n’étaient même pas équipés de masques, ajoute-t-il. Pourtant, les soins sont rapprochés, beaucoup de patients toussent. On plaide pour obtenir des FFP2. Il est question de nous les accorder, mais seulement pour les soins sur les malades du Covid-19. Oui, on se sent en danger. Des soignants sont tombés malades, certains sont en réanimation. »

    Les ouvriers de Renault équipés de FFP2 sont loin de courir de tels risques. Et le constructeur automobile n’est pas le seul à appliquer une politique de distribution plus généreuse que celle des hôpitaux. Interrogé par Mediapart, Michelin, dont l’ensemble des sites français a repris partiellement le travail, indique équiper ses salariés de masques chirurgicaux, mais aussi de FFP2 « dans les cas de risques avérés d’exposition directe au virus afin de protéger les personnes » : personnel de nettoyage, agents d’accueil du public, « personnel médical et de secours » des usines, ou encore les « personnes fragiles ». 

    Le fabricant de pneus indique que ses sites français ont consommé cette semaine 71 921 masques chirurgicaux et 5 164 FFP2, et que les besoins hebdomadaires devraient grimper à 178 277 chirurgicaux et 6 634 FFP2 d’ici à la mi-juin.

    L’État laisse des masques aux entreprises au nom de la la « continuité d’activité »

    Interrogé sur la pénurie de masques chez les soignants, Michelin répond qu’il s’est lancé dans la production de masques, et qu’il a établi pour politique de donner un masque pour chaque exemplaire consommé. L’objectif est atteint pour les masques chirurgicaux (203 800 dons au total), mais pas pour les FFP2 : 3 000 ont été offerts depuis le 3 mars, soit moins d’une semaine de consommation.

    Sur les huit groupes français interrogés par Mediapart, Michelin est le seul à s’être montré transparent (lire notre boîte noire). Dans les grandes entreprises, le sujet est d’autant plus sensible que les syndicats s’emparent du sujet. Chez PSA Peugeot Citroën, la CGT a dénoncé le 14 avril le fait que la réouverture prochaine des usines allait engendrer la consommation de « plusieurs centaines de milliers de masques » chirurgicaux par semaine, alors que les soignants et les activités économiques essentielles « n’arrivent pas à en avoir en quantité suffisante ».

    Interrogé par Mediapart, PSA nous a dit avoir donné 700 000 masques, « tout en conservant le nécessaire pour les salariés en activité sur site ». Le groupe a refusé de nous dire s’il allait consommer des FFP2. Toyota, dont l’usine d’Onnaing (Nord) a rouvert, ne nous a pas répondu.

    En Alsace, l’une des régions les plus touchées par le coronavirus, l’intersyndicale de l’usine Ricoh de Wettolsheim, qui fabrique notamment du papier à étiquettes, a lancé début avril une pétition en ligne pour demander que l’entreprise donne l’ensemble de ses masques « à ceux qui en ont besoin ».

    « Dès le 18 mars, on a supplié le PDG, lancé un appel pour qu’il donne des masques, notamment à l’hôpital Pasteur de Colmar, qui est l’épicentre de l’épidémie, indique Olivier Delacourt, délégué CFDT et porte-parole de l’intersyndicale. Sur 12 000 masques chirurgicaux, ils en ont donné 4 000, plus quelques FFP2 périmés. Mais il reste des FFP2 et FFP3 sur le site, qui devraient revenir aux soignants. » 

    Ricoh répond que certains de ses ouvriers doivent être protégés par des masques FFP3, qui sont donc indispensables au fonctionnement de l’usine. Le groupe estime que l’activité est essentielle, car son papier sert à étiqueter les produits frais vendus dans les supermarchés, ce que le préfet du Haut-Rhin a « reconnu ». Ricoh ajoute avoir fait des dons de masques et que l’état de son stock et son utilisation « sont partagées avec les services de l’État en totale transparence ».

    On retrouve aussi des FFP2 dans des activités absolument non prioritaires. Par exemple, selon nos informations, sur le visage des ouvriers qui repeignent les pylônes électriques à haute tension de RTE, filiale à 50 % d’EDF. C’est indispensable afin qu’ils n’inspirent pas de particules de plomb. « Ces chantiers pourraient être reportés sans problème. Je ne comprends pas que RTE cautionne ça », fulmine un acteur du secteur.

    Interrogé, RTE reconnaît que ces chantiers de peinture n’étaient « pas prioritaires et urgents », mais dit avoir accepté que certains d’entre eux reprennent, « à la demande expresse des entreprises » de peinture, qui souhaitaient « maintenir une partie de leur chiffre d’affaires ».

    Il est aujourd’hui impossible de chiffrer les achats et la consommation de masques FFP par les entreprises. Le Medef et l’UIMM, la puissante fédération patronale de la métallurgie, ne nous ont pas répondu. Les fédérations du bâtiment, des travaux publics et de la chimie nous ont dit n’avoir aucune donnée. Elles estiment que la consommation est faible, car les entreprises de leur branche éprouvent de grandes difficultés à se fournir en masques, ce qui menace le fonctionnement des usines et empêche la majorité des chantiers de repartir.

    Le gouvernement entretient l’opacité sur les FFP2, politiquement ultrasensibles. Il ne donne aucun chiffre pour le privé, et aucun sur sa propre consommation. Côté livraisons, le ministère de la santé nous a répondu que, sur les 178 millions de masques importés de Chine par l’État entre le 30 mars et le 19 avril, « 15 à 20 % » étaient des FFP2, soit au moins 26 millions d’unités en trois semaines. Mais sans s’expliquer vraiment sur les incohérences dans ses chiffres (lire notre enquête ici).

    Interrogé par Mediapart, le cabinet d’Olivier Véran estime qu’il n’y a aucune concurrence entre « commandes de l’État et commandes privées », car elles « concourent au même objectif : augmenter nos capacités d’importation de masques FFP2 ou chirurgicaux ». Sauf que les masques du privé n’iront pas chez les soignants.

    Le ministère ajoute que « les professionnels de santé sont systématiquement priorisés » et leur approvisionnement assuré par les mégacommandes à la Chine annoncées à partir du 21 mars. Et précise que « le décret de réquisition en vigueur réquisitionne les stocks présents sur le territoire ».

    La réalité est plus nuancée. L’État a réquisitionné le 3 mars les stocks de FFP2 de toutes les entités publiques et privées, mesure étendue le 13 mars à l’ensemble des masques de protection respiratoire, dont les FFP3.

    De nombreuses entreprises ont alors donné spontanément tout ou partie de leurs masques, y compris les chirurgicaux, qui n’étaient pourtant pas réquisitionnés. Mais la réquisition a connu des ratés. Comme nous l’avons raconté, certains masques ont été préparés mais jamais récupérés par l’État. Et les préfets ont laissé des masques FFP aux entreprises.

    Dans un message interne consulté par Mediapart, un dirigeant d’une PME industrielle de Vendée, qui consomme des FFP2, écrit qu’il a reçu en mars une réquisition du préfet, mais que le représentant de l’État a « validé » que l’entreprise « garde une partie des masques pour répondre à la continuité d’activité demandée par le gouvernement ».

    « Le préfet fait les arbitrages sur le nombre de masques réquisitionnés en fonction des besoins au jour le jour des services de santé », ajoute-t-il. Contactée, la préfecture de Vendée n’a pas répondu.

    Comme l’a expliqué la secrétaire d’État à l’économie Agnès Pannier-Runacher, l’État a, après une période de flottement, autorisé les entreprises qui avaient, avant la pandémie, l’obligation légale de protéger certains salariés avec des masques pouvaient continuer à le faire. 

    « Si des réquisitions ont pu être envisagées au début de la crise et nous les comprenons, elles ont été rapidement mises en suspens avec l’approvisionnement massif [de l’État en] masques, permettant de diminuer la tension », confirme la fédération patronale France Chimie. 

    Le jour de l’annonce des commandes chinoises, le 21 mars, l’État, estimant avoir assuré l’équipement des soignants, a libéralisé les importations. Seules les commandes supérieures à 5 millions de masques sur trois mois peuvent désormais être saisies. Un seuil difficile à atteindre pour les FFP2, vu la difficulté à en trouver.

    Mais comme nous l’avons raconté, des entreprises privées parviennent à en trouver en Chine. Selon nos informations, le géant aéronautique Safran, qui fabrique notamment des moteurs pour Airbus et Boeing, est parvenu à commander plusieurs centaines de milliers de masques FFP2. L’entreprise a refusé de commenter.

    Plusieurs importateurs sélectionnés par la cellule de Bercy pour aider les entreprises à s’approvisionner nous ont confirmé avoir acheté des FFP2. « J’ai envoyé plusieurs millions de FFP2 en France [pour le privé], mais j’ai arrêté de prendre les commandes. C’est un cauchemar pour s’approvisionner en Chine », témoignait un importateur le 8 avril. Il a eu la surprise d’être sollicité par plusieurs hôpitaux, qui souhaitaient court-circuiter les canaux d’approvisionnement de l’État pour faire face à la pénurie.

    Un autre importateur confirme avoir fait venir un premier million de FFP2 début avril. « Si aujourd’hui on me demande de livrer 5 millions de FFP2, je peux les faire en 12 ou 15 jours », ajoutait, début avril, un troisième professionnel sélectionné par Bercy.

    Certains importateurs référencés par Bercy nous ont indiqué refuser de commander des FFP2 pour le privé pour des raisons éthiques. « Je n’en importe pas, pour moi ils doivent être réservés au personnel soignant, qui n’en a pas assez », explique Christine Tarbis, de l’entreprise À pas de géant.

    Depuis le 21 mars, les seuls stocks entièrement réquisitionnés sont ceux des usines françaises et des distributeurs. Selon nos informations, ces derniers peuvent toutefois continuer à fournir les entreprises en masques FFP, à condition d’obtenir une autorisation préfectorale.

    Selon nos informations, le géant de l’aéronautique Airbus, dont nous avions révélé la consommation de masques FFP3 pour protéger ses salariés exposés aux poussières, a pu s’en faire livrer 20 000 unités supplémentaires par le fabricant américain 3M au mois d’avril, avec l’accord d’un préfet, selon un document consulté par Mediapart.

    Airbus a refusé de répondre à nos questions précises. Les préfectures de Haute-Garonne et de Loire-Atlantique, où sont situées les principales usines, n’ont pas pu nous répondre. Elles nous ont précisé que nos questions sur les masques devaient être remontées au « central » ou au « ministère », c’est-à-dire au gouvernement, qui les prendrait en charge. Nous n’avons pas eu de réponse.

    3M a refusé de répondre à nos questions, au motif que les informations sont « confidentielles ». « La grande majorité de notre production de masques respiratoires FFP2 et FFP3 est actuellement destinée aux besoins des professionnels de santé en réponse à l’urgence sanitaire », indique le fabricant américain. Qui confirme ainsi fournir aussi les entreprises.

    Comme nous l’avions révélé, les consignes que 3M dit avoir reçues du gouvernement indiquent pourtant que le secteur aéronautique est classé « non prioritaire », loin derrière les hôpitaux (priorité 1) et les industries essentielles comme l’alimentaire et l’énergie (priorité 2).


    © Document Mediapart

    Le groupe a pourtant fourni Dassault Aviation, lui aussi classé « non prioritaire ». Le 17 mars, premier jour du confinement, les salariés du site d’Argenteuil ont débrayé et les élus syndicaux du CSE ont lancé une procédure pour « danger grave et imminent », dénonçant l’insuffisance des mesures prises pour protéger les salariés du coronavirus. Ce qui a forcé le fabricant des chasseurs Rafale et des jets privés Falcon à stopper ses usines le lendemain. 

    Dassault a alors revu sa copie, en proposant notamment que « le port du masque de type P3 » soit obligatoire « les ateliers nécessitant l’intervention de deux techniciens et que la distanciation est difficile à respecter », indique l’inspection du travail dans l’avis favorable qu’elle a rendu le 6 avril. Selon nos informations, Dassault a réussi à se faire livrer au même moment plusieurs milliers de masques FFP3, ce qui a permis aux usines de repartir progressivement le 3 avril. L’entreprise a refusé de nous répondre.

    La Fédération des industriels de la chimie, dont les adhérents ont besoin, même en temps ordinaire, de masques FFP3 pour protéger certains salariés les plus exposés, indique que ses membres ont « le plus grand mal » à en trouver, au point que « si cette situation était amenée à perdurer, nous aurions à arrêter certains ateliers ». « Les services de santé n’utilisent pas de masques FFP3. Il n’y a pas de concurrence entre les besoins », ajoute France Chimie.

    Le gouvernement, qui avait pourtant réquisitionné les FFP3 le 13 mars, est aujourd’hui du même avis. « Conformément aux recommandations des sociétés savantes, il convient de noter que les masques destinés à l’usage des soignants sont les masques chirurgicaux et les masques FFP2 », s’est contenté de nous répondre le ministère de la santé. 

    C’est exact, mais pas pour des raisons d’efficacité, puisque le FFP3 est le modèle qui filtre le plus. « Il n’y a pas de contre-indication. Un soignant qui porte un FFP3 est autant protégé, voire mieux, qu’avec un FFP2 », indique la Dre Dominique Abiteboul, conseillère médicale au Groupe d’étude sur le risque d’exposition des soignants (Geres).

    Si la quasi-totalité des FFP3 sont utilisés dans l’industrie, c’est parce qu’en temps normal, le FFP2 est le meilleur choix à l’hôpital : il est presque aussi performant que le P3, beaucoup moins cher et plus agréable à porter.

    Les FFP3 classiques sont tellement étanches que leur porteur a du mal à respirer. De nombreux masques industriels sont d’ailleurs dotés d’une valve, qui facilite l’expiration, mais crée du même coup un risque que son porteur contamine l’air ambiant s’il est lui-même infecté. Il serait toutefois possible de résoudre ce problème, par exemple en équipant de FFP3 à valve tous les soignants d’un même service dédié au coronavirus.

    Dans le contexte de la pandémie, les FFP3 ne seraient-ils pas plus utiles à l’hôpital que dans les usines ? Le professeur Didier Lepelletier, président du conseil scientifique de la Société française d’hygiène hospitalière (SF2H), estime qu’à cause de ses inconvénients, l’usage de FFP3 industriels chez les soignants ne serait utile qu’en dernier recours, « si on avait une vraie pénurie de FFP2, ce qui n’est pas le cas aujourd’hui en milieu hospitalier ».

    Après une période de tension, « nous avons désormais des approvisionnements réguliers en masque chirurgical et FFP2 », ajoute-t-il. La SF2H ayant par ailleurs « bien cadré les indications du FFP2 » en préconisant le 4 mars que son usage soit désormais restreint aux actes invasifs.

    Confronté aux critiques des soignants qui jugent la nouvelle doctrine trop restrictive, le Pr Lepelletier, qui en est l’un des trois signataires, dément formellement qu’elle ait pu être motivée par la gestion de la pénurie. Il indique que, comme pour chaque nouveau virus à transmission respiratoire, il est d’abord recommandé par précaution que tous les soignants au contact des malades portent des FFP2, et que la doctrine est ensuite adaptée lorsque la connaissance du virus progresse.

    « On pense que le mode de transmission par gouttelettes est le mode principal de ce virus en situation clinique standard », contre lesquelles « le masque chirurgical suffit dans la plupart des situations, à l’exception de certains actes qui peuvent diffuser dans l’air des agents infectieux de très petite taille », indique le Pr Lepelletier. Il ajoute toutefois que la question n’est pas encore tranchée sur le plan scientifique, et que « des études cliniques complémentaires sont nécessaires pour statuer sur la persistance à distance dans l’air de particules virales infectantes ». 


    Document Mediapart

    Dans un avis rendu le 20 avril à Martin Hirsch, patron de l’Assistance Publique-Hôpitaux de Paris (AP-HP), à la suite d’une saisine de deux membres du CHSCT pour « danger grave et imminent », l’inspection du travail de Paris estime au contraire qu’il faut appliquer le « principe de précaution » au sujet des masques FFP2 (notre document ci-dessus).

    Vu l’incertitude scientifique sur le mode de contamination du Covid, l’inspection du travail demande à l’AP-HP d’apporter à ses soignants « un niveau de sécurité maximal sans se borner à constater que la pénurie de masques FFP2 serait un justificatif suffisant à l’utilisation de moyens de protection alternatifs (masques chirurgicaux) ».

    Quoi qu’il en soit, l’État ne peut de toute façon pas fournir davantage de FFP2 aux soignants. Et des milliers de ces précieux masques de protection respiratoires continuent à être utilisés dans les entreprises, beaucoup moins exposées au coronavirus que les hôpitaux.

    #crise_sanitaire #masques #industrie #BTP #automobile #aéronautique #chimie

  • Si ce n’est pas autorisé, ce n’est pas permis.
    -- Sophie Willmès, 24/04/2020
    #belgique #covid-19 #deconfiture #testing #contact-tracing #masques

    – Port du masque obligatoire dans les transports à partir du 4 mai.
    – distribution de masques en tissus et de 2 filtres (lavables ?) / habitants
    – 2000 recrutements pour suivre les personnes contaminées, leurs contacts et entourage (plutôt qu’une appli pourrie).

    Visites aux amis et à la famille, ce qui sera possible (18 mai)
    https://www.lalibre.be/belgique/societe/visites-a-la-famille-rassemblement-entre-amis-ce-qui-sera-possible-des-le-4-
    La pratique du tennis, de l’athlétisme, de la pêche, du kayak, du golf... va pouvoir reprendre
    https://www.lalibre.be/sports/omnisports/quelques-changements-au-niveau-de-la-pratique-du-sport-pas-encore-de-decisio
    Déconfinement : les commerces rouvriront le 11 mai, les coiffeurs le 18 mai, l’Horeca devra patienter
    https://www.lalibre.be/belgique/societe/deconfinement-les-commerces-rouvriront-le-11-mai-sauf-exceptions-l-horeca-de

    Retour à l’école : une reprise « très progressive » dès le 18 mai, le port du masque obligatoire pour tous les élèves de plus de 12 ans
    https://www.lalibre.be/belgique/enseignement/retour-a-l-ecole-une-reprise-tres-progressive-des-le-18-mai-le-port-du-masqu

    Aller, prenez soin de vous et prenez soin des autres.


    Et à la côte, on peut y aller ou quoi, dis ?
    (Bises à tout celleux qui vont rester confiturinés, avec tout ça)

  • Il y a vraiment quelque chose que je ne comprends pas. On n’arrête pas de nous expliquer que les masques artisanaux, ainsi que ceux en papier, ne servent pas se protéger soi-même, mais à éviter de contaminer les autres :
    https://www.francetvinfo.fr/sante/maladie/coronavirus/coronavirus-l-article-a-lire-si-vous-comptez-vous-munir-d-un-masque-gra

    Comme l’a rappelé Sibeth Ndiaye sur franceinfo, lundi 20 avril, il n’y a "pas de consensus scientifique à ce stade sur l’utilité de l’utilisation du masque pour tous les Français". Plus précisément, les spécialistes s’accordent à dire qu’une protection en tissu n’est pas suffisante pour empêcher une personne d’être contaminée par le Covid-19. Mais elle permet de freiner la propagation de l’épidémie, en limitant les projections de gouttelettes dans lesquelles se trouvent le coronavirus.

    Mais dans ce cas, pourquoi ce luxe de précautions (ne les tenir que par les élastiques…), pourquoi le lavage compliqué… ? Puisque de toute façon le masque de nous protège pas nous-même ?

    • Ce qui m’embête c’est que ce n’est pas que Sibeth. Un peu partout ça explique à la fois que les masques sont destinés à éviter de contaminer les autres, mais que ça ne protège pas le porteur, et en même temps qu’il faut faire super-attention à comment on le manipule (genre sinon on risque d’être contaminé ? alors qu’on n’est de toute façon pas protégé par le masque ?).

    • Ah non en fait, ceux-là disent qu’« en théorie », le masque est efficace également pour le porteur :
      https://www.liberation.fr/checknews/2020/04/23/ce-schema-viral-sur-l-efficacite-des-masques-est-il-juste_1785952

      Bertrand Dautzenberg et Rémi Reuss s’accordent à dire que les protections établies selon le cahier des charges de l’Afnor fonctionnent « de la même manière dans les deux sens ». En théorie, donc, ce type de masques, bien porté, pourrait également filtrer à 70% les particules reçues dont la taille est supérieure ou égale à trois microns. En appliquant cette donnée au cas numéro 1 (où une personne porteuse d’un masque fait face à une personne contaminée), cela réduit le risque, sans permettre là non plus de donner de valeur précise. « Pour les particules plus fines, plus légères, qui demeurent après un éternuement par exemple, le masque ne sera d’aucune aide » prévient Rémi Reuss. De même, des particules émises par la personne malade pourront se déposer sur le masque, et le risque de contagion dépendra largement du fait que la personne qui le porte le touche avec ses mains, et se frotte les yeux, par exemple.

    • C’est pas « théorique », de nombreux éléments le démontre, même si ce n’est pas la panacée sans être articulé à l’emploi d’autres moyens (test, recherche, soin plus médicaux). Toutes ces bêtises visent à prolonger la dépossession des concernés, à conforter leur monde.
      C’est dans le même mouvement qu’on dit que ça ne sert à rien et que c’est très compliqué. Deux mensonges grossiers pour disqualifier ce que Lucien Bonnaffé nommait (en matière de pathologies mentales) le « potentiel soignant du peuple ». Tout ne vilipendant l’"assistance", on nous demande de nous en remettre à l’État, « la science », l’hôpital, quitte à agrémenter ça d’un « lavez vous mes mains » et d’un contrôle d’un confinement parfaitement incohérent en termes sanitaires, dans les modalités totalement contradictoires dans lesquels il est établi, des modalités insensées (et je ne parle pas que du maintien d’activités productives inutiles et nuisibles). La seule égalité qui leur importe c’est que l’on soit aussi incohérent qu’un État qui désorganise le soin et la prévention. Ainsi, on s’est focalisé sur un indicateur ultra technique (la réa et la saturation de ses capacités, alors que seuls 30% des personnes placées en « ventilation intensive » survivent...) sans jamais se fonder sur la mise en oeuvre de pratiques sociales partageables. Et en s’attaquant à celles qui se mettent en place (amendes contre des protagonistes d’action de solidarité, interdiction policière de distributions de vivres). Les gestionnaires du capital haïssent la démocratie réelle dans ce qu’elle a de productif. Il faut défendre l’anti-production capitaliste, par tous les moyens nécessaires.

      Dans bon nombre de collectifs, il ya eu des recherches sur les données scientifiques et techniques concernant les masques, jetables et lavables. Si je potasse la doc qui a été éclusée, « consensus scientifique » ou pas (les défenseurs de la pénuries, les défenseurs des professionnels de la profession, les scientistes les plus craignoss, etc), dont une partie est d’ailleurs ici même, j’essaierais de faire un point sur la filtration des particules selon les matériaux.
      Il n’y aucune protection absolue (même avec blouses, gants FFP2, etc), d’autant que la théorie souffre des errements inévitables de la pratiques des mieux informés et formés.
      Mais il y a un moment ou un minimum de logique suffit : si on enlève mal un masque en le touchant, un lavage de main immédiat, systématique et un tant soit peu technique, suffit à éviter que ce manquement ait des conséquences.
      Ce qui leur importe c’est de sauver ce qu’ils peuvent de leur légitimité, ils ont beau détruire l’hôpital depuis 50 ans, l’hospitalisme-centrisme reste leur geste barrière contre l’appropriation collective d’une prévention (dont ils se foutent bien que ça épargnerait un pan du pognon de dingue des soins) et de la santé, qu’il faut comme le reste déléguer à d’autres.

      #nuage_de_Tchernobyl

    • Masques

      Point de vue généraux, épidémiologistes et autres professionnels contribuant au soin
      https://seenthis.net/messages/840915
      https://seenthis.net/messages/837114
      https://seenthis.net/messages/837114

      Masques en tissu : données technico-pratiques (à compléter car nous avons utilisé d’autres sources que je n’ai pas retrouvé ou signalé ici, et que des patrons bien plus ergonomiques et sûrs sont désormais au point, après plusieurs prototypes, série, lectures, confrontations)
      https://seenthis.net/messages/832910

      Argument basique, soit les soignants sont stupides de réclamer des protections, soit c’est appuyé sur une longue histoire (asepsie, hygiène, prévention bactériologique). Si on dit que les quidams en ont pas besoin c’est non seulement en raison de conditions pratiques (je suis pas secrétaire, technicienne de surface ou réanimateur dans un service covid ) mais parce qu’on veut faire du soin une activité à part réservée (les autres sont des aidantes, au mieux). Il suffit de voir à quel point même ce qui est médical (cliniques privés) ou paramédical hors hôpital a pas été mobilisé (on voit que les test sérologiques vont aux machines dédiées Abbot et pas aux labos vétos qui pourraient le faire sans ce monopole).

      Il en découle que qui est est susceptible d’être en contact avec des bipèdes contaminés dont la majorité ne présente pas de symptômes, quiconque est contraint de fréquenter des lieux confinés (cage d’escalier, ascenseur, commerce, transport, bureau, etc) ou gouttelettes et aérosols peuvent contenir le corona virus peut trouver bénéfice à une protection du même type, même si entre un FFP2 bien utilisé (notons que ça se fait à plusieurs dans le meilleur des cas, voir des photos de préparation d’entrée en "zone covid") qui protégerait à 98 ou 99% et un masque en tissu qui selon les versions (avec ou sans filtre) protège de 70 à 90% et plus. Mais dans la vie extra hospitalière, ces mesures sont théoriques (réalisées expérimentalement par des tests) : si on a pas d’accident, que la distance physique est maintenue sauf moments très brefs (croiser de trop près quelqu’un au supermarché, etc), on peut penser que de très nombreuses contaminations sont évitées.

      De plus, au lieu de nous gendarmer jusqu’à la lie, de telles pratiques, parce qu’elles impliquent des échanges, de la relation, permettent une #appropriation_collective des données sanitaires, de la connaissance de l’épidémie et du virus, des gestes barrières, non pas par une pédagogie descendante (dont on voit actuellement comment elle est littéralement insoutenable, la confusion et les contradictions des messages officiels, conduisent à faire n’importe quoi, car rien ne vaut) mais par un apprentissage en commun, par l’expérience partagée, dite, remise en cause, contradictoire.

      Ils veulent du "travail bénévole" (comme ils disent) quitte à l’imposer, mais se refusent à reconnaître l’apport du #travail_invisible (sauf quand il parviennent à le transformer en support de profit).

      Depuis la mobilisation contre la loi travail, il y a eu tout un taff de fait sur les masques (lacrymos) dans divers réseaux et collectifs, il y a une expérience,des fabrications (de masques avec valves, qui convienne pas pour le corona, mais sont plus respirants, ce qui permet de bouger davantage). C’est remis en chantier depuis début mars avec l’arrivée de l’épidémie. (j’ai d’ailleurs tendance à penser que c’est aussi la difficulté à gouverner une population masquée qui inquiète après des années de mobilisations peu enclines à pactiser avec l’ordre social).
      La production, l’intelligence, l’inventivité sont sociales, collectives, ça se vérifie fort bien parmi des minorités. L’étatisme d’aujourd’hui ne sait plus composer avec ces dimensions collectives, il ne sait qu’individualiser. Même la Chine avec ses atroces "comité de quartiers" remis en route face au Covid 19 permet de vérifier qu’il n’y aura pas de politique sanitaire sans une implication populaire active (même partielle, et au pire, instrumentale et odieuse). On en a pour un an ? deux ans ? Et il faudrait attendre "la solution médicale" tout en faisant le plus possible comme avant. No way. Demain commence aujourd’hui.

      Quant à eux, tous autant qu’ils sont du côté de la gouvernementalité (média inclus donc), il leur arrive de parler vrai ( « J’assume de mentir » de Sibeth Ndiaye quand ils ne brouillent pas les pistes (« Mon ennemi, c’est la finance », Hollande). Il sont très occupé à ruiner ce que l’on sait ou peut savoir pour mieux commander. N’oublions pas d’en tenir compte.

      #masques #care #valeur_d'usage

    • Le masque chirurgical protège efficacement les soignants contre COVID-19
      https://www.infectiologie.com/UserFiles/File/spilf/recos/choix-des-masques-14-avril-2020.pdf

      Les masques chirurgicaux recommandés dans les précautions complémentaires Gouttelettes ont deux objectifs
      1.Protéger ceux qui les portent contre le risque de contact entre des gouttelettes > 5 μm contenant des microorganismes et les muqueuses du nez et de la bouche
      2. Porté par un patient atteint d’une infection respiratoire, prévenir la contamination de l’entourage en retenant les gouttelettes émises lors de la toux, des éternuements et de la parole.

      [...]

      Il est maintenant admis que la transmission de SARS-CoV-1 est très majoritairement assurée par des grosses gouttelettes. Des travaux chinois ont montré qu’un placement des lits des patients à plus d’1,50 m dans une salle commune était un facteur fortement associé à l’absence de transmission du virus (5). En revanche, les manœuvres invasives respiratoires génèrent des aérosols de petites particules nécessitant le port d’un masque FFP2, afin de protéger les professionnels de soins d’une transmission (6, 7).

      Je ne suis pas sûr que la première affirmation du dernier paragraphe est partagée par tout le monde.

    • Le Pharmachien canadien a bien expliqué pourquoi il ne fallait pas considérer que ça protégeait le porteur :
      http://lepharmachien.com/masques

      Ça protège peut-être un peu… mais pas trop… et donc il ne faut pas considérer être protégé quand on porte un masque artisanal, sinon ça va laisser penser qu’on peut se rapprocher les uns des autres, yolo on danse sur le dancefloor alors que non. Le seul truc dont on est sûr c’est que ça capte une grosse partie de TES gouttelettes quand tu parles et tousses qui n’iront pas sur les autres ou même juste dans l’air (qui ensuite seraient attraper par les passants).

      Le lavage bah c’est parce que tu le salies toi-même en parlant et toussant dedans, et après tu le manipules avec tes mains, et donc tu fous du virus sur tes mains et ensuite sur le mobilier où tu vas etc. Donc si tu fais attention à pas le manipuler n’importe comment et que tu le laves à température désinfectante régulièrement, tu diminues drastiquement le fait d’en mettre partout ailleurs, aucun rapport avec ta protection à toi : c’est toujours pour les autres.

    • Widely Used Surgical Masks Are Putting Health Care Workers at Serious Risk - Scientific American
      https://khn.org/news/widely-used-surgical-masks-are-putting-health-care-workers-at-serious-risk

      The allowance for surgical masks made more sense when scientists initially thought the virus was spread by large droplets. But a growing body of research shows it’s spread by minuscule viral particles that can linger in the air as long as 16 hours.

      A properly fitted N95 will block 95% of tiny air particles—down to three-tenths of a micron in diameter, which is the hardest to catch—from reaching the wearer’s face. But surgical masks, designed to protect patients from a surgeon’s respiratory droplets, aren’t effective at blocking particles smaller than 100 microns, according to mask maker 3M Corp.

  • Banksy’s ’Girl with a Pierced Eardrum’ gains a coronavirus face mask - Reuters
    https://www.reuters.com/article/us-health-coronavirus-art-banksy/banksys-girl-with-a-pierced-eardrum-gains-a-coronavirus-face-mask-idUSKCN22

    #Banksy’s “Girl with a Pierced Eardrum” has been updated for the coronavirus era with the addition of a blue surgical face mask.

    The mural, a take on Dutch artist Johannes Vermeer’s “Girl with a Pearl Earring” but with a security alarm replacing the pearl, was painted on a harbourside building in the street artist’s home city of Bristol in west England in 2014.

  • La secrétaire d’État à l’économie Agnès Pannier-Runacher explore le champ des possibles. C’est beau, on dirait les frères Bogdanov t’expliquant l’espace-temps…
    https://www.lefigaro.fr/flash-eco/premieres-distributions-de-masques-aux-francais-a-partir-du-4-mai-20200423

    Le champ des possibles est très large et nous regardons toutes les hypothèses

    Oh là là, j’aime quand les politiques nous vendent du rêve… Mais qu’est-ce donc au sujet de quoi, ce champ des possibles ? Yep : distribuer des masques en tissu à la population.

    #ça_fait_rêver

  • Don’t Wear a Mask for Yourself - The Atlantic
    https://www.theatlantic.com/health/archive/2020/04/dont-wear-mask-yourself/610336

    If you feel confused about whether people should wear masks and why and what kind, you’re not alone. COVID-19 is a novel disease and we’re learning new things about it every day. However, much of the confusion around masks stems from the conflation of two very different functions of masks.

    Masks can be worn to protect the wearer from getting infected or masks can be worn to protect others from being infected by the wearer. Protecting the wearer is difficult: It requires medical-grade respirator masks, a proper fit, and careful putting on and taking off. But masks can also be worn to prevent transmission to others, and this is their most important use for society. If we lower the likelihood of one person’s infecting another, the impact is exponential, so even a small reduction in those odds results in a huge decrease in deaths. Luckily, blocking transmission outward at the source is much easier. It can be accomplished with something as simple as a cloth mask.

    The good news is that preventing transmission to others through egress is relatively easy. It’s like stopping gushing water from a hose right at the source, by turning off the faucet, compared with the difficulty of trying to catch all the drops of water after we’ve pointed the hose up and they’ve flown everywhere. Research shows that even a cotton mask dramatically reduces the number of virus particles emitted from our mouths—by as much as 99 percent. This reduction provides two huge benefits. Fewer virus particles mean that people have a better chance of avoiding infection, and if they are infected, the lower viral-exposure load may give them a better chance of contracting only a mild illness.

    COVID-19 has been hard to control partly because people can infect others before they themselves display any symptoms—and even if they never develop any illness. Three recent studies show that nearly half of patients are infected by people who aren’t coughing or sneezing yet. Many people have no awareness of the risk they pose to others, because they don’t feel sick themselves, and many may never become overtly ill.

    Models show that if 80 percent of people wear masks that are 60 percent effective, easily achievable with cloth, we can get to an effective R0 of less than one. That’s enough to halt the spread of the disease. Many countries already have more than 80 percent of their population wearing masks in public, including Hong Kong, where most stores deny entry to unmasked customers, and the more than 30 countries that legally require masks in public spaces, such as Israel, Singapore, and the Czech Republic. Mask use in combination with physical distancing is even more powerful.

    We know a vaccine may take years, and in the meantime, we will need to find ways to make our societies function as safely as possible. Our governments can and should do much—make tests widely available, fund research, ensure medical workers have everything they need. But ordinary people are not helpless; in fact, we have more power than we realize. Along with keeping our distance whenever possible and maintaining good hygiene, all of us wearing just a cloth mask could help stop this pandemic in its tracks.

    #COVID-19 #Masques #Zeynep_Tufekci

  • On est pas sortis de notre salon :
    Un nouveau lot de masques commandés par le Fédéral non-conformes - https://www.lalibre.be/belgique/societe/un-nouveau-lot-de-masques-commandes-par-le-federal-non-conformes-5ea094297b5

    Dans la saga des masques, rien ne nous sera épargné. Ce mercredi, l’Aviq, l’agence wallonne pour une vie de qualité, a été informée par le SPF Economie que des tests avaient été effectués, le 10 avril dernier, sur un des lots de masques KN 95 reçus dans le cadre de commandes du gouvernement fédéral à un fournisseur chinois, après des remontées négatives du terrain.
    Ces tests ont conclu à leur non-conformité, a appris mercredi soir l’agence Belga.
    La Wallonie ayant acquis des masques KN 95 auprès du même fournisseur, elle a immédiatement prévenu les gouverneurs de province ainsi que les établissements de soins où ils ont été distribués afin que ces masques ne soient plus utilisés dans l’attente des résultats d’une triple analyse commandée par la Région. Ses résultats sont attendus ce week-end."

    #belgique

  • Une usine construite en Seine-Saint-Denis va produire 500 000 masques par jour - Le Parisien
    http://www.leparisien.fr/seine-saint-denis-93/coronavirus-une-usine-de-masques-geante-va-etre-construite-en-seine-saint

    L’usine devrait produire, à partir de « début mai ». Elle sera implantée dans des entrepôts aujourd’hui désaffectés du Blanc-Mesnil.

    #paywall #réindustrialisation_du_93 (ou pas) #masques

  • Coronavirus : Air France distribue des masques si la distanciation sociale n’est pas respectée
    https://www.latribune.fr/entreprises-finance/services/transport-logistique/coronavirus-air-france-va-distribuer-des-masques-si-la-distanciation-socia

    Air France va distribuer des masques aux passagers qui n’en possèdent pas déjà « dans les cas où la distanciation n’est pas possible » dans l’avion en raison de son fort taux de remplissage, a annoncé la compagnie aérienne lundi 20 avril.

    Air France prend des mesures : l’entreprise distribue depuis dimanche des masques lorsque les « règles de distanciation sociale » ne peuvent pas être respectées, assure la direction. "Sur la quasi-totalité de nos vols, les faibles taux de remplissage actuels permettent la mise en place d’une distanciation sociale", a précisé la compagnie dans un tweet intitulé « informations Covid-19 ». Mais "dans les cas où la distanciation n’est pas possible, nos équipages distribuent désormais à la porte de l’avion des masques aux clients qui n’en possèdent pas déjà", a-t-elle ajouté.

    Cette mise au point intervient à la suite de la publication samedi d’une photo sur Twitter montrant des passagers installés côte à côte à bord d’un vol Paris-Marseille. "Paris-Marseille ce matin. Après avoir fait la queue en respectant la distanciation sociale, les passagers se retrouvent assis côte à côte.Le vol est complet. Apparté : aucun contrôle d’attestation pour vérifier les motifs de déplacement", a commenté la journaliste auteure du tweet.

    • Air France m’a dit être en capacité à compter d’aujourd’hui et jusqu’aux annonces des dispositions nationales relatives au déconfinement progressif de doter de masques au cas par cas les passagers qui en ressentiraient le besoin", a-t-il ajouté. Air France a précisé que "l’air en cabine est renouvelé toutes les trois minutes par un système équipé de filtres identiques à ceux utilisés dans les blocs opératoires qui extraient les plus petits virus, dont [celui responsable du] Covid-19" .

      #masques #cadres #transport_aérien

    • Ben voila, euréka, on n’a qu’à se faire extraire le virus en prenant l’avion matin et soir. Professeur Bingu va nous breveter un système de centrifugeuse à l’entrée des magasins et des usines. Je ne sais pas si la population sera d’accord mais il est temps d’ouvrir le débat.

  • Societal exit from lockdown/ Déconfinement sociétal /Maatschappelijke exit-strategie

    Apport d’expertises académiques / Inbreng van academische expertise / Contribution of academic expertise

    Preprint Version 1.1April 17, 2020

    https://07323a85-0336-4ddc-87e4-29e3b506f20c.filesusr.com/ugd/860626_731e3350ec1b4fcca4e9a3faedeca133.pdf

    cf. Coronavirus - Une centaine de chercheurs émettent dix recommandations pour le déconfinement
    https://www.lalibre.be/dernieres-depeches/belga/coronavirus-une-centaine-de-chercheurs-emettent-dix-recommandations-pour-le-

    #covid-19 #lockdown #belgique

  • Stop à la contagion !


    Portons tous dès aujourd’hui un écran #anti-postillons dans l’#espace_public

    19 mars : port obligatoire en République Tchèque
    29 mars : recommandation de la société française de santé publique
    31 mars : port obligatoire en Autriche et Slovénie
    2 avril : recommandation de l’académie nationale de médecine
    3 avril : recommandation aux USA (CDC)
    4 avril : port obligatoire en Lombardie
    4 avril : port obligatoire en Slovaquie
    6 avril : recommandation au Canada
    8 avril : recommandation au Luxembourg
    8 avril : recommandation européenne (ECDC)
    9 avril : port obligatoire au Maroc
    13 avril : recommandation au Portugal
    13 avril : port obligatoire au Cameroun
    16 avril : recommandation en Pologne
    … et bientôt en France ?

    https://stop-postillons.fr
    https://www.youtube.com/watch?v=3uneWW4ZQGg&feature=youtu.be

    #Ecrans_anti-postillons (#EAP) #coronavirus #déconfinement #masques #covid-19 #mesure_barrière #masques_en_tissu #gestes_barrières
    ping @nepthys @odilon

  • #Nice. L’#Ordre_des_avocats attaque l’État pour obtenir des #gants, des #masques et du #gel_hydroalcoolique

    Me #Thierry_Troin, bâtonnier de l’Ordre des avocats de Nice, a lancé une #procédure_d’urgence ce mercredi 15 avril devant le tribunal administratif de Nice. L’objectif est de demander une meilleure prise en charge sanitaire des métiers du droit par l’État.

    Une procédure d’urgence a été lancée, ce mercredi 15 avril, devant le tribunal administratif de Nice (Alpes-Maritimes). À l’initiative de cette action judiciaire, Me Thierry Troin, bâtonnier de l’Ordre des avocats de Nice, estime que sa profession ne dispose pas de tous les moyens sanitaires pour exercer, rapporte Nice Matin.

    https://www.ouest-france.fr/provence-alpes-cote-dazur/nice-06000/nice-l-ordre-des-avocats-attaque-l-etat-pour-obtenir-des-gants-des-masq
    #justice #travail

  • Halte là, les charognards sont là !

    Comment @Marc : il y a dix jours (premier envoi) le premier prix était à 0,64 !

    "Bonjour,

    Notre activité principale de distribution d’objets personnalisés étant fortement impactée. Nous pouvons vous proposer actuellement des masques de protection.

    Veuillez trouver ci dessous la grille tarifaire pour des masques KN95 - FFP2

    Vous trouverez en pièce jointe les photos du produit.

    Nous pouvons vous envoyer sur demande les caractéristiques techniques et certificat.

    Le délai de livraison est de 3 à 4 semaines après accord de la commande.

    La personnalisation n’est pas possible sur ce produit.

    Minimum de commande : 1000 pcs - Tarif incluant la livraison 1 point FRANCE

    Tarif unitaire HT pour 1000 pcs : 3,37€

    Tarif unitaire HT pour 2000 pcs : 3,28€

    Tarif unitaire HT pour 5000 pcs : 3,24€

    Tarif unitaire HT pour 10 000 pcs : 3,12€

    Je suis à votre disposition pour toute demande de devis ou renseignement au 06.11.01.37.47

    Dans l’attente de votre retour, je reste à votre disposition pour tout renseignement.

    Bien cordialement

    Alexandre BANCE
    Gérant Société ECO’DEKO
    06.11.01.37.47
    02.31.50.30.90

  • L’exemple marocain

    “Il existe un pays à moins de deux heures d’avion de Paris où le port
    du masque est obligatoire. Et où les masques sont en vente dans les
    rayons de tous les supermarchés pour la modique somme de 8 centimes d’euros. Un prix fixé par l’Etat. Non seulement ce pays, le Maroc, a pu équiper pratiquement tous ses citoyens, mais il s’apprête aussi à en exporter, à partir du 15 avril, vers d’autres nations européennes et arabes.

    Pour parvenir à cette autosuffisance, le royaume chérifien a réussi à
    produire 5 millions de masques quotidiennement, au cours des derniers jours ; Un record battu par deux entreprises de Casablanca et de Marrackech, qui ont été mobilisées dès le début de la pandémie par le gouvernement de Rabat. Et huit autres sociétés sont en train de se convertir pour améliorer ce résultat. Faut-il préciser que tous les agents des ministères de la Santé, de la Défense et de l’Intérieur
    sont équipés de masques ? Un exploit qui fait rêver, dans l’Hexagone…

    Le gouvernement français a certes créé, au sein du ministère de
    l’Economie, une direction spéciale pour tenter de rattrapper le retard
    du à la destruction des masques en 2013, mais il suffit de comparer
    les situations française et marocaine pour en conclure que côté
    mobilisation industrielle, il y a des leçons à prendre de l’autre côté
    de la Méditerranée.”

    Source : Le Canard enchaîné, mercredi 15 avril 2020, page 2.

  • L’entretien de Jean-François Delfraissy, président du conseil scientifique avec la Repubblica. Est-ce que vous avez déjà lu ce genre de choses de sa part en France ?

    Coronavirus, lo scienziato che consiglia Macron : « Anche noi verso Fase 2 ma gli immuni sono troppo pochi, rischio recidive »
    https://www.repubblica.it/cronaca/2020/04/12/news/coronavirus_infettivologo_macron-253823225

    Se avessimo avuto una capacità giornaliera pari a 100 mila test forse avrei suggerito di agire diversamente. Non era così. Il 10 marzo la capacità della Francia era di 3 mila test al giorno. Il confinamento non era la migliore soluzione. Era la meno peggi.

    […]

    Oggi in Francia capacità giornaliera di test è salita a 30 mila al giorno. L’obiettivo è arrivare a 100 mila entro la fine del mese. La carenza iniziale ha dettato la scelta del confinamento e pesa ancora nella durata.

    […]

    Si comincia invece a sapere quanti sono i francesi immunizzati?

    «Abbiamo i primi studi sierologici e purtroppo non sono incoraggianti. Nelle zone più colpite dall’epidemia vediamo che l’immunità è intorno al 10 per cento. Da quel che so è la stessa cosa in Lombardia. E’ molto meno di quello che ci aspettavamo, e speravamo. Siamo lontanissimi da un’immunità naturale nella popolazione. Ma c’è un altro problema».

    Quale?

    «Questo virus è davvero particolare. Ci siamo accorti che la durata di vita degli anticorpi protettori contro il Covid-19 è molto breve. E osserviamo sempre più casi di recidiva in persone che hanno già avuto una prima infezione».

    Quindi nessuno è davvero protetto contro il coronavirus, neppure chi si è già ammalato?

    «Sembra così. E’ per questo che il nostro comitato non raccomanda più la patente immunitaria, una sorta di lasciapassare per chi ha avuto una prima infezione».

    […]

    Votre modèle est-il coréen?

    «Oui, mais la Corée du Sud a non seulement effectué la traçabilité sur les téléphones portables. Elle a également mobilisé 20 000 personnes qui ont enquêté et rompu les chaînes de transmission. L’innovation technologique doit s’accompagner d’efforts humains.»

    […]

    Pensa che al livello europeo si sia data la priorità alla risposta economica?

    «Purtroppo è così, e ne subiamo tutti le conseguenze. Fino a qualche giorno fa i Paesi europei litigavano tra di loro per accaparrarsi le mascherine in Cina. Abbiamo deciso il confinamento senza coordinarci tra Paesi europei. Adesso è indispensabile non ripetere lo stesso errore».

    […]

    A proposito di mascherine, perché il governo francese continua a non raccomandare di indossarle?

    «Sia l’Oms che il governo hanno faticato ad ammettere la verità, ovvero che non c’erano mascherine in quantità sufficienti per tutti. Sono convinto che le mascherine siano uno degli strumenti essenziali per uscire dal confinamento».

    Devono essere obbligatorie?

    «Qualsiasi francese dovrebbe averle e indossare se lo desidera. Oggi non è così».

    […]

    L’estate ci aiuterà?

    «Tutte le pandemie dell’ultimo secolo si sono attenuate durante la stagione estiva. Questa volta vediamo che il virus si diffonde anche in zone calde. Quindi prudenza. L’altra cosa che vediamo dalla storia delle epidemie è che bisogna prepararsi a un rimbalzo del virus in autunno».

    • #Jean-François_Delfraissy #Delfraissy #coronavirus #interview #covid-19 #phase_2 #confinement #choix #été #tests #dépistage #pénurie #récidive #immunité #anticorps #masques #Corée_du_Sud #déconfinement

      Sur l’#immunité_de_groupe :

      Abbiamo i primi studi sierologici e purtroppo non sono incoraggianti. Nelle zone più colpite dall’epidemia vediamo che l’immunità è intorno al 10 per cento.

      –-> #chiffres pas encourageants : les premières études disent que dans les zones les plus touchées, immunité autour de 10%

      #immunité_collective

      Autre élément sur le #virus :

      Ci siamo accorti che la durata di vita degli anticorpi protettori contro il Covid-19 è molto breve. E osserviamo sempre più casi di recidiva in persone che hanno già avuto una prima infezione

      –-> durée de vie des anticorps qui protègent du #covid-19 = très brève. Ils observent toujours plus de cas de #récidive de personne qui ont déjà eu une infection
      –-> du coup, le comité ne recommande plus le #passeport_immunitaire #attestation_immunitaire

      «Sia l’Oms che il governo hanno faticato ad ammettere la verità, ovvero che non c’erano mascherine in quantità sufficienti per tutti. Sono convinto che le mascherine siano uno degli strumenti essenziali per uscire dal confinamento».

      –-> L’Oms et le gouvernement ont eu du mal à admettre la vérité, à savoir qu’il n’y avait pas assez de masques pour tout le monde.

      –-------

      Et ce commentaire de Mahmoud Zureik Professeur des Universités-Praticien Hospitalier en épidémiologie et en santé publique sur twitter :

      L’entretien accordé par le Pr Jean-François Delfraissy, président du conseil scientifique auprès de M Macron, au journal italien La Repubblica du 12 avril est surréaliste.
      Dire sa #vérité (certes juste) en Italie et priver les français de cette vérité est incroyable !!

      https://twitter.com/Nicolas44862736/status/1250486302178521088

      ping @reka @fil

    • En Belgique, pas J-F Delfraissy mais d’autres médecins et un collectif citoyen ont adressé des questions au gouvernement belge sur le coronavirus, le confinement et les futurs vaccins.
      https://www.kairospresse.be/article/lettre-ouverte-au-gouvernement-wilmes-par-initiative-citoyenne

      Madame la 1ère Ministre, nous essayons de comprendre les mesures contradictoires et souvent contraignantes qui sont prises depuis quelques semaines, notamment par votre Gouvernement. Certes, nous n’ignorons pas les difficultés auxquelles les dirigeants du monde entier, sont confrontés. Aussi, modestement, nous espérons que nos questions participeront à trouver les meilleures solutions pour sortir démocratiquement de la crise dans laquelle nous sommes plongés.

      Nous souhaitons recevoir de votre part des réponses claires et concrètes à nos préoccupations, convaincus qu’elles sont aussi partagées par bon nombre de personnes, que ce soit le personnel soignant soumis à rude épreuve ou le simple citoyen.Constitué en 2009, à l’occasion de la grippe AH1N1, notre collectif citoyen Initiative Citoyenne, avait déjà posé une série de questions sur l’adoption d’une loi d’exception, les contours de la notion de « pandémie », ainsi que sur les implications en termes de libertés et d’information en matière de santé, que ce soit sur la maladie ou les traitements et vaccins.La publication, en 2010, du contrat secret d’achat de vaccins H1N1 entre l’Etat belge et GSK(1), ainsi que la mise en cause du rôle de l’OMS par le Conseil de l’Europe(2) avaient démontré la pertinence initiale de nos questions, de même, hélas, que les nombreux effets secondaires du vaccin H1N1 reconnus dans la littérature médicale, comme la narcolepsie(3).

      Avec la crise du coronavirus, nous assistons à une panique sans précédent à l’échelle du monde et aussi à des mesures inédites de restriction des libertés publiques, comme celles de déplacement et de rassemblement, pourtant garanties par notre Constitution.

      #vaccins #OMS

    • Alors que certains pays européens ont déjà entamé le processus de déconfinement, d’autres sont encore en pleine tourmente virale. Comment s’organiser pour donner une réponse coordonnée ? Pour tenter de le savoir, le médecin et chercheur Philippe Sansonetti est l’invité des Matins.
      https://www.franceculture.fr/emissions/linvite-des-matins/covid-19-ce-que-lon-sait-ce-quon-lon-ignore

      Ce mercredi, l’Union Européenne a défendu une approche coordonnée pour sortir du confinement, « indispensable » pour relancer l’économie sans mettre en péril la santé des citoyens. Elle a par ailleurs annoncé une conférence des donateurs pour financer un vaccin contre le coronavirus. Si certains ont déjà entamé le processus, comme le Danemark ou l’Autriche, d’autres planchent sur l’organisation du déconfinement : levée régionale, autorisation de reprise de certaines activités, réouverture des écoles… Face au casse-tête du déconfinement, quelle est la bonne stratégie à adopter, si tant est qu’il en existe une ? Quel rôle joue la découverte d’un vaccin dans la sortie de crise ? Quelles leçons retenir pour faire face aux virus émergents, auxquels nous faisons face depuis plusieurs décades

      # ?

  • #Coronavirus: Israel’s spy agency Mossad admits to stealing face masks

    https://english.alaraby.co.uk/english/news/2020/4/14/israel-stole-face-masks-amid-global-coronavirus-ppe-shortage

    A Mossad official made the revelation during an interview with Israeli media.

    The intelligence agency has and will use all means to procure necessary equipment during the pandemic, according to Ilana Dayan, host of Channel 12’s “Fact”.

    Mossad is currently involved in efforts to procure supplies ranging from face masks to the mechanical ventilators required to keep some Covid-19 patients alive.

    When asked whether those efforts have included theft, the head of the intelligence agency’s technology division, identified by “Fact” only as H., affirmed: “We stole, but only a little.”

    “The citizens of Israel will have no shortage,” he said according to Haaretz. “In the world in general there will be a great shortage. People are dying because of a lack of equipment. In Israel people won’t go without.”

    H. did not elaborate further on what methods the Mossad has used to procure medical equipment.

    [...]

    Mossad’s role in confronting the coronavirus crisis came to light last month when the agency’s director, Yossi Cohen, quarantined himself following close contact with Israeli Health Minister Yaakov Litzman, who had tested positive for Covid-19.

    [...]

    Six current or former officials with knowledge of Mossad’s counter-coronavirus operations told the NYT it had “used international contacts” to avert possible shortages of equipment and prevent Israel’s healthcare system from being overwhelmed.

    The intelligence agency had been able to procure supplies and equipment Israel’s own health ministry could not, the six people said on condition of anonymity.

    Arab media had earlier reported that Mossad had been involved in procuring thousands of coronavirus tests from countries with which Israel does not have diplomatic relations.

    #vol #voleurs #morgue #masques #impunité