#mer_méditerranée

  • Un’altra strage nel Mediterraneo, lo stesso cinismo
    https://www.meltingpot.org/2025/08/unaltra-strage-nel-mediterraneo-lo-stesso-cinismo

    Un’altra strage di persone migranti a sud di Lampedusa. Ventisette morti, tra cui una neonata e tre ragazzini. Novantasette persone partite, sessanta arrivate vive. Lo ricorda con chiarezza «Osservatorio Repressione»: è l’onda lunga della “dottrina Piantedosi”. Aspettare, calcolare, trasformare il soccorso in un’operazione di polizia. Il naufragio è avvenuto a 14 miglia a sud-ovest dell’isola, a due miglia dalle acque territoriali italiane. Due barconi partiti dalla costa libica, forse da Tripoli scrive nel suo comunicato la Guardia costiera italiana. Uno si riempie d’acqua, le persone si spostano sull’altro, che si ribalta a sua volta. Quando Guardia costiera e Guardia (...)

  • Un nouveau #rapport de #MSF dénonce les #violences et l’obstruction à la réponse humanitaire en #Méditerranée centrale

    Le retrait orchestré de navires de recherche et de sauvetage (en anglais « #Search_And_Rescue », #SAR), comme le Geo Barents, de la Méditerranée centrale prive d’une assistance vitale les survivants fuyant les terribles violences en #Libye. Telle est la conclusion d’un rapport de plaidoyer publié aujourd’hui par Médecins Sans Frontières (MSF). Intitulé « Deadly Manœuvres : Obstruction and Violence in the Central Mediterranean », ce rapport s’appuie sur des données opérationnelles et médicales ainsi que sur les témoignages de survivants recueillis par les équipes MSF à bord du Geo Barents en 2023 et 2024.

    https://www.msf.ch/nos-actualites/communiques-presse/nouveau-rapport-msf-denonce-violences-lobstruction-reponse
    #violence #mer_Méditerranée #Méditerranée_centrale #sauvetage

  • f.Lotta: un’occupazione marittima contro il sistema dei confini
    https://www.meltingpot.org/2025/07/f-lotta-unoccupazione-marittima-contro-il-sistema-dei-confini

    f.Lotta annuncia una protesta in mare che si svolgerà per tre giorni tra il 10 e il 20 settembre a sud di Lampedusa. L’iniziativa, parte di una più ampia campagna contro il regime dei confini, prevede due momenti di concentrazione nei pressi dell’isola, una navigazione collettiva attraverso il confine marittimo dell’UE e azioni di commemorazione delle vittime delle frontiere. «La normalizzazione di questo spazio – spiega il movimento auto-organizzato – «ha trasformato migliaia di morti in numeri, cumulando anno dopo anno. vogliamo proiettare un orizzonte politico radicalmente diverso per costruire un altro presente». Un atto politico e simbolico che (...)

  • Diffamazione e falsità contro le Ong in mare. La prima vittoria in tribunale per la #Louise_Michel

    Il Tribunale di Bologna ha condannato un giornalista del Quotidiano Nazionale per un articolo pubblicato in seguito al sequestro della nave due anni fa. È la prima di quindici cause promosse dalla Ong contro diversi media italiani, accusati di colpire l’organizzazione e la comandante #Pia_Klemp. “Pubblicare e diffondere informazioni false è un reato grave perché alimenta l’agenda dello Stato italiano contro la migrazione e le persone solidali”

    “Siamo andati in tribunale e abbiamo vinto”. Con queste parole pubblicate sui propri canali social l’organizzazione di ricerca e soccorso Louise Michel ha commentato la sentenza del Tribunale di Bologna, che a metà aprile ha condannato un giornalista del Quotidiano Nazionale per diffamazione.

    In occasione dell’udienza l’imputato ha ritirato l’opposizione, rendendo così definitiva la condanna. Si tratta della prima azione legale andata a sentenza tra le cause avviate dalla Ong nei confronti di 15 mezzi di informazione del nostro Paese.

    I processi si fondano su alcuni articoli pubblicati all’indomani del fermo della MV Louise Michel, avvenuto nel marzo del 2023. Due anni fa la nave di ricerca e soccorso, finanziata da Banksy, era stata sottoposta infatti a fermo amministrativo dalle autorità italiane nel porto di Lampedusa in seguito al salvataggio di 178 persone, portato a termine in quattro operazioni distinte. Il provvedimento è stato motivato dalla presunta violazione del cosiddetto “decreto Piantedosi”. Questo dispositivo regola le attività delle Ong impegnate nel soccorso nel Mediterraneo centrale e stabilisce che dopo un solo salvataggio deve essere effettuato lo sbarco immediato delle persone.

    In una nota la Ong ha spiegato che “in seguito a questo sequestro, diverse fonti giornalistiche italiane hanno pubblicato informazioni false sul progetto e su una delle sue fondatrici, Pia Klemp”.

    Al momento del fermo, infatti, la comandante tedesca non si trovava a bordo della nave, né in Italia e a suo carico non vi è alcuna denuncia, come erroneamente riportato dagli organi di stampa citati in giudizio dall’organizzazione. Tra il 2016 e il 2017, Pia Klemp, biologa e attivista per i diritti civili, è stata la comandante della nave Iuventa -supportata dalla Ong tedesca Jugend Rettet-, che contribuì a trarre in salvo circa 14.000 persone.

    Dal 2017 al 2024 l’organizzazione è stata indagata dalla Procura di Trapani in relazione a tre eventi di soccorso avvenuti nel settembre del 2016 e nel giugno del 2017. Secondo l’accusa la Iuventa avrebbe favorito l’ingresso illegale di persone migranti in Italia, sottraendole alle autorità competenti e agevolando l’attività dei trafficanti, agendo in modo “non neutrale” e al di fuori dei protocolli ufficiali. Nel 2021 il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Trapani ha archiviato le accuse nei confronti di quattro membri dell’equipaggio -tra cui Pia Klemp- stabilendo che “il fatto non costituiva reato e che le attività di salvataggio si erano svolte in conformità con il diritto del mare”.

    Inoltre il giudice ha rilevato che non vi era alcuna prova di collusione con i trafficanti. Il processo si è concluso definitivamente il 19 aprile 2024 con una sentenza di non luogo a procedere per tutti gli altri imputati, accogliendo la richiesta della stessa Procura, che smentendo il suo stesso impianto accusatorio aveva riconosciuto l’insussistenza delle prove a loro carico.

    Alla luce di questi fatti secondo Amnesty International questa indagine va inserita “nel quadro della criminalizzazione della solidarietà, che molti Stati europei hanno deliberatamente perseguito per ostacolare, anche attraverso l’uso del diritto penale, chi in questi anni ha prestato assistenza e offerto solidarietà a rifugiati e migranti”.

    Nel suo comunicato l’organizzazione Louise Michel ha quindi ribadito che “le indagini contro Klemp sono state archiviate nel 2021, due anni prima del fermo della nave e di tutti gli articoli che ne sono seguiti”, sottolineando anche come “i giornali coinvolti nell’azione legale hanno utilizzato il coinvolgimento di Klemp nel caso Iuventa per consolidare una narrazione razzista e misogina, creando un collegamento tra Ong e trafficanti”.

    Nel processo di Bologna, oggetto specifico della denuncia, era un articolo pubblicato dal Quotidiano Nazionale, accusato di aver riportato affermazioni false e di aver banalizzato l’impegno di Klemp, concentrandosi sul suo aspetto fisico, sulla sua età e sfruttando la sua immagine e il suo nome al fine di attirare l’attenzione del pubblico.

    Klemp ha accolto con soddisfazione la sentenza, definendo “la falsa informazione un metodo indegno con risultati catastrofici”. La comandante della Louise Michel, inoltre, ha richiamato i media al loro dovere di “informare il pubblico piuttosto che diffondere bugie e narrazioni razziste”, evidenziando come “la migrazione viene screditata come un accumulo infinito di crimini, con conseguenze mortali per migliaia di persone migranti”.

    A questo proposito, l’organizzazione ha evidenziato che “l’obiettivo di queste false narrazioni è quello di criminalizzare individui e Ong come strumento per criminalizzare la migrazione” e che pertanto “questo tipo di diffamazione non si limita a screditare chi offre sostegno, ma prende di mira i rifugiati e le persone migranti, con conseguenze letali per loro”.

    Le date delle prossime udienze contro le altre testate citate in giudizio non sono state ancora rese note ma la lotta della Ong prosegue con determinazione. Lo conferma Francesca Cancellaro, avvocata di Klemp e della Louise Michel. Commentando la sentenza del Tribunale di Bologna, le legale ha dichiarato che “pubblicare e diffondere informazioni false è un reato grave perché alimenta l’agenda dello Stato italiano contro la migrazione e le persone solidali. Siamo qui per opporci a questa prassi e per il diritto di tutti e di tutte a una corretta informazione su questa vicenda politica”.

    https://altreconomia.it/diffamazione-e-falsita-contro-le-ong-in-mare-la-prima-vittoria-in-tribu
    #victore #justice #migrations #sauvetage #mer #mer_Méditerranée #réfugiés #tribunal #journalisme #fake-news #médias

  • #Tunisie : des centaines de migrants interceptés en mer disparaissent des radars

    Des centaines de migrants ont été abandonnés dans le désert, à la frontière algérienne et libyenne, après avoir été interceptés en mer par les forces tunisiennes, le 17 mars. Ce genre d’expulsion est courante en Tunisie depuis l’été 2023, mais celle-ci impressionne par son ampleur. Certaines sources évoquent un nombre total de 600 exilés lâchés au même moment dans des zones désertiques.

    Que s’est-il passé dans la nuit de dimanche 16 à lundi 17 mars à #Sfax, dans le centre-est de la Tunisie ? Cette nuit-là, 612 migrants subsahariens ont été interceptés en mer par les #gardes-côtes_tunisiens, avait déclaré la Garde nationale. Dix-huit corps ont également été retrouvés.

    Mais depuis cette opération d’ampleur, ces exilés interceptés par les autorités ont disparu des radars. « Ils ne sont pas revenus dans le campement », assure à InfoMigrants Abdul*, un médecin Sierra-Léonais qui vit dans les champs d’oliviers de la périphérie de Sfax. C’est là que des milliers de Subsahariens ont érigé des abris de fortune, après avoir été chassés des centres-villes par les autorités tunisiennes à l’été 2023, en attendant de traverser la Méditerranée.

    Comment Abdul peut-il en être si sûr ? « Un groupe de 600 personnes qui s’évapore dans la nature, ça ne passe pas inaperçu ici », signale celui qui sillonne les camps disséminés dans la région pour soigner les migrants malades ou blessés.

    « Il y avait cinq bus, tous remplis de Noirs »

    Alors, où sont-ils ? Après plusieurs jours de recherches, InfoMigrants est parvenu à entrer en contact avec certains de ces 612 Subsahariens. « On est à #Tébessa [ville algérienne proche de la frontière tunisienne, ndlr] », indique Lamine, un Gambien de 26 ans joint par InfoMigrants via un appel vidéo. « Après nous avoir récupérés en mer dans la nuit de dimanche 16 à lundi 17 mars, les gardes-côtes tunisiens nous ont envoyés dans le #désert », précise-t-il.

    « Il y avait cinq bus, tous remplis de Noirs », renchérit Oumarou, un Sierra-Léonais de 31 ans, présent aux côtés de Lamine. Selon leurs estimations, environ 200 personnes auraient été expulsées dans le désert, près du parc national de #Chambi, à une trentaine de kilomètres de la frontière algérienne. Les exilés, dépouillés de leurs affaires, ont été lâchés au milieu de nulle part, en pleine nuit.

    Après quatre jours de marche, une soixantaine d’entre eux a trouvé refuge dans une maison près de #Tébessa, tenue par un ressortissant Sierra-Léonais qui s’est installé là après son expulsion dans la région par les forces tunisiennes il y a un an. Dans ce groupe de migrants anglophones se trouvent des femmes, dont certaines enceintes, et des enfants. « Regardez ma tête », dit Aminata*, une Sierra-Léonaise enceinte de quatre mois, jointe par vidéo. « Je suis épuisée, j’ai mal partout », ajoute-t-elle en montrant ses pieds abîmés par ces longs jours de marche.

    Plusieurs de ces Subsahariens présentent des blessures causées par le mélange d’eau salée et d’essence dans le bateau. Oumarou nous montre un enfant de 13 ans, l’air épuisé, avec des plaies au poignet. « Ils [les policiers tunisiens, ndlr] lui ont mis des menottes sur sa blessure, ce qui a aggravé les choses », explique Lamine.

    Lorsque les exilés sont envoyés dans le désert, ils sont menottés par les agents de la #Garde_nationale. Généralement, les enfants en sont exemptés. Les témoignages évoquent aussi des #violences commises par les policiers dans les bus. « Ils nous ont frappés avec des bâtons. Certains ont été blessés aux jambes et aux bras », raconte Oumarou.

    « Expulsion à grande échelle »

    L’ONG italienne Mediterranea Saving Human affirme dans un communiqué, publié le 20 mars, que l’ensemble des 612 migrants interceptés dans la nuit du 16 au 17 mars ont été envoyés dans le désert. « De nos réseaux de solidarité présents en Tunisie, nous avons la confirmation d’un refoulement et d’une expulsion à grande échelle qui ont eu lieu depuis le port de Sfax, à l’issue d’opérations de ’sauvetage’ en mer, menées entre dimanche 16 et lundi 17 mars, pour plusieurs personnes qui tentaient de traverser vers l’Italie », écrit l’organisation. Mediterranea Saving Human rapporte que l’opération « a mobilisé 11 bus ».

    InfoMigrants n’a pas été en mesure de vérifier toutes ces informations, notamment sur le nombre de bus mobilisés.

    Où seraient les autres migrants interceptés en mer, s’ils ne sont pas à Tébessa ? D’après le groupe d’exilés anglophones, des personnes ont également été expulsées vers la frontière libyenne, « majoritairement des Soudanais ».

    Quand les migrants sont transmis aux forces libyennes, ils sont ensuite transférés dans des prisons du pays. Pour en sortir, ils doivent débourser des centaines d’euros. « On aura plus d’informations d’ici quelques jours, voire quelques semaines, quand ils seront libérés et qu’ils retrouveront un téléphone », pense Salif*, un Guinéen installé en Tunisie depuis deux ans. Le jeune homme d’une vingtaine d’années est aussi sans nouvelles de plusieurs de ses amis interceptés en mer cette fameuse nuit du 16 au 17 mars.

    Contactées par InfoMigrants, les autorités tunisiennes affirment ne pas « avoir de données » sur cette affaire. Tout comme l’Organisation internationale des migrations (OIM) qui « ne dispose pas d’informations ni de données précises à ce sujet ».

    Accord avec l’Union européenne

    Ce genre d’expulsion n’est pas rare en Tunisie, mais celle-ci impressionne par son ampleur. Depuis l’été 2023, les Subsahariens sont régulièrement raflés par la police tunisienne dans la rue, et interceptés en mer, puis envoyés par petits groupes dans des zones désertiques, aux frontières du pays. Les exilés doivent ensuite revenir par leurs propres moyens. InfoMigrants a reçu de nombreux témoignages de Subsahariens traumatisés par ces expulsions illégales.

    « Plusieurs fois par semaine, on voit passer des bus, où s’entassent des migrants, faire route vers la frontière dans la nuit », confirme un habitant de Tozeur (ville tunisienne située à quelques kilomètres de l’Algérie), qui préfère rester anonyme.

    Ces dernières années, les organisations de défense des droits n’ont eu de cesse de dénoncer les méthodes brutales des autorités tunisiennes à l’encontre des Noirs dans le pays. Elles accusent par ailleurs l’Union européenne (UE) de complicité dans ces violations des droits.

    Sous l’impulsion de l’Italie, l’UE a conclu en juillet 2023 un « partenariat » avec la Tunisie prévoyant une aide budgétaire de 150 millions d’euros et l’octroi de 105 millions d’euros pour aider le pays à lutter contre l’immigration irrégulière. Ces aides ont débouché sur une hausse des interceptions de bateaux clandestins en 2024 et ont contribué à une nette réduction des arrivées en Italie (-80 % sur un an l’année dernière par rapport à 2023 avec 19 246 arrivées depuis la Tunisie).

    https://www.infomigrants.net/fr/post/63660/tunisie--des-centaines-de-migrants-interceptes-en-mer-disparaissent-de
    #migrations #disparitions #disparus #réfugiés #Méditerranée #mer_Méditerranée #rafles

  • #Frontex spends half a billion on aerial surveillance, new research shows more involvement in pullbacks

    On the 20th anniversary of the founding of Frontex, new details about its complicity with the Libyan Coast Guard have come to light. Activists and lawyers are protesting and taking legal action.

    The European border agency Frontex has invested over €500 million in aerial surveillance in the Mediterranean region since 2017. This is reported by the Italian newspaper “Altreconomia” and complements new investigations by the Liminal research project. Its research shows that the surveillance equipment is not used to protect people at sea, but to force them back to Libya or Tunisia.

    Liminal was founded two years ago at the University of Bologna for the forensic investigation of border violence. In an exhibition currently on display in Paris, Liminal documents at least 240 new cases in which Frontex reconnaissance flights specifically reported boats in the central Mediterranean to the Libyan or Tunisian Coast Guards, who then took the refugees back to the North African countries against their will. Between 2019 and 2023 alone, over 27,000 people were affected by such pullbacks.

    Liminal’s research is based on 319,000 data records from the “Joint Operation Reporting Application” (JORA), Frontex’s internal database system. This is where the agency records all of its activities, including in the central Mediterranean. In a total of 473 cases, Frontex detected boats carrying refugees on their way to Europe before Libyan or Tunisian units intercepted them and forced them to return. The research shows that these routines are not random, but that the reconnaissance flights as part of the Frontex operation “Themis” are used strategically for migration defence.

    A significant part of Frontex’s surveillance work is carried out by drone missions. Among others, the border agency uses two “Heron” drones, produced by the Israeli defence company Israel Aerospace Industries, which are also used for military purposes in the Gaza Strip. One of these drones is stationed in Malta and another in Crete. Frontex tested another drone from Israel in 2019, but this “‘Hermes”’ suffered a total loss after a few months.

    Using JORA datasets from 2016 onwards, the Liminal researchers were able to reconstruct a significant number of cases in which the Frontex surveillance service recorded boats before they were turned back to Libya or Tunisia. These pullbacks are carried out in cooperation with the Libyan Coast Guard, which has received financial and organisational support from the EU since 2017.

    A new set of JORA data requested by Liminal via a Freedom of Information request shows that surveillance teams in Warsaw, where Frontex is based, analyse images in real time and make decisions on who to notify for pullbacks in North Africa. For Operation “Themis” alone, Liminal documented 473 previously unknown cases in which boats were discovered by Frontex and then pulled back to Libya or Tunisia.

    “The chain of responsibility in these operations is extremely complex”, Giovanna Reder from Liminal emphasises to “nd”. The information gathered by aircraft and drones passes through several instances, from Warsaw to the operations control centres in Italy, Malta and Greece.

    Liminal shows how Frontex conceals the pullbacks by systematically labelling the operations in the JORA datasets as “prevention of departures”. “Frontex is thus continuing a trend that we have been observing for a long time”, says Reder. Accordingly, the agency is also becoming increasingly non-transparent and is disclosing less and less data in response to requests under the Freedom of Information Act.

    The Libyan Coast Guard has long been suspected of severely mistreating intercepted persons and detaining and abusing them in prisons under conditions that violate human rights. Despite ample evidence of the catastrophic conditions in Libyan camps, Frontex has so far shown no inclination to end its cooperation with the Coast Guard. On the contrary: Frontex’s monitoring capacities have been massively expanded in recent years.

    However, Article 46 of the Frontex Regulation, which is relevant to human rights issues, requires the agency to stop such operations if they promote human rights violations, as in Libya or Tunisia, which encourages pogroms against refugees and abandons them in the desert.

    In response to this practice, which violates international law, the legal organisation Front-Lex, together with the group Refugees in Libya, has taken legal action against Frontex before the European Court of Justice. A plaintiff from Sudan, who has been living in Libyan detention under dangerous conditions since 2019, accuses Frontex of having facilitated his forced repatriation and subsequent torture in Libya by sharing location data.

    Front-Lex lawyer Ifatch Cohen demands on behalf of the plaintiff that Frontex take the protection of human rights seriously. In his argumentation, he refers to EU law, according to which the indirect promotion of human rights violations is not permitted. There is already sufficient evidence of Frontex’s co-responsibility for crimes against humanity in Libya, explains Cohen when asked by “nd”. What is needed is not more evidence, but a competent court that grants Frontex victims access to legal protection. “We hope that judge Maria José Costeira will finally allow our case to proceed”, said the lawyer.

    The 24 October 2024 was the 20th anniversary of the founding of Frontex. There were demonstrations, events and actions in several cities in Europe and Africa, including Brussels, Berlin, Bregenz, Innsbruck, Calais and Dakar.

    The Alarm Phone network, which consists of hundreds of volunteers and celebrated its tenth anniversary in October, also met in the Senegalese capital at the beginning of October. Refugees on the Mediterranean can use the emergency number to ask for help. The Alarm Phone forwards these messages to the relevant maritime rescue centres in the central Mediterranean.

    For 3,650 days and nights, they have been on duty, the network explains. During this time, the activists have been alerted to over 8,000 boats “from all corners of the Mediterranean Sea, the Atlantic region or the English Channel”.

    https://digit.site36.net/2024/10/31/frontex-spends-half-a-billion-on-aerial-surveillance-new-research-show
    #pull-backs #Libye #migrations #réfugiés #complexe_militaro-industriel #surveillance_aérienne #Méditerranée #mer_Méditerranée #drones #complexe_militaro-industriel #Joint_Operation_Reporting_Application (#JORA) #Themis #opération_Themis #Heron #Israel_Aerospace_Industries #chaine_de_responsabilité #prévention_des_départs #gardes-côtes_libyens

    • Oltre 27mila naufraghi respinti in Libia e Tunisia grazie a Frontex. La nuova ricerca di Liminal

      Il gruppo di ricerca del centro con sede a Bologna ha analizzato 319mila “stringhe” del database Jora, nel quale l’Agenzia europea registra le proprie attività. Incluse quelle di sorveglianza sul Mediterraneo: in almeno 473 casi le imbarcazioni sono state avvistate prima dell’intervento delle milizie libiche e dei guardiacoste tunisini. Anche grazie all’Heron drone prodotto dalla Israeli aerospace industries, lo stesso utilizzato per le operazioni militari sulla Striscia di Gaza

      L’Agenzia europea Frontex ha collaborato al respingimento verso Libia e Tunisia di almeno 27.288 naufraghi tra il 2019 e il 2023. Lo rivela uno studio inedito realizzato dal progetto Liminal, centro di ricerca con sede a Bologna, visionato in esclusiva da Altreconomia. “In 473 casi l’Agenzia ha individuato la barca tramite i suoi mezzi di sorveglianza prima che questa venisse bloccata dai guardiacoste libici e tunisini -spiega Lorenzo Pezzani, direttore di Liminal-. Non sono ipotesi o accuse rivolte da Ong ma la stessa Frontex che nei suoi database implicitamente ammette che è stata protagonista di queste operazioni”.

      È la prova che la sorveglianza aerea sul Mediterraneo, a cui l’Agenzia ha destinato oltre 500 milioni di euro di budget tra il 2017 e il 2023, non ha come obiettivo il salvataggio delle persone in mare ma quello di evitare che queste arrivino in Europa. Una “verità” che emerge dalle oltre 319mila “stringhe” ottenute e analizzate da Liminal del database in cui Frontex registra le informazioni relative a tutte le sue attività, comprese quelle dei droni. Tra cui anche l’Heron drone, fornito dall’Israel aerospace industries, che oggi viene utilizzato dall’esercito israeliano per le operazioni militari sulla Striscia di Gaza.

      Liminal si è concentrata sui dati contenuti nel Joint operation reporting application (Jora), un database in cui dal 2011 Frontex registra tutti gli eventi di attraversamento irregolare dei confini di cui viene a conoscenza. Le “stringhe” registrate dal settembre 2016 al settembre 2021 sono state ottenute dal giornalista Emmanuel Freudenthal e contenevano con esattezza i luoghi in cui si trovavano le barche nel momento in cui sono state individuate e in molti casi il porto finale di sbarco: in 197 casi le operazioni si concludono con un respingimento verso Libia e Tunisia. Sui dati dal 2021 al 25 gennaio 2023, Frontex ha fornito i dati con ancora meno dettagli, soprattutto con riferimento al porto finale di sbarco. Il motivo? “Comprometterebbe la protezione dell’interesse pubblico”. O forse il rischio di essere chiamati a rispondere delle proprie azioni.

      Infatti, nonostante l’assenza di quelle informazioni, il gruppo di ricerca ha ricostruito incrociando diverse informazioni contenute nel file almeno 218 casi in cui le barche sono state avvistate dagli assetti aerei dell’Agenzia prima che fossero respinte verso le coste libiche e tunisine. Questi eventi sarebbero però solo la punta dell’iceberg:. Dal 25 gennaio 2023 al 2024, infine, l’Agenzia ha negato a Liminal la possibilità di accedere alle informazioni a causa di “nuovi metodi operativi” per cui la divulgazione di questi dati “ostacolerebbe l’efficacia delle operazioni di Frontex”.

      Analizzando l’enorme database di Jora, poi, Liminal ha individuato un’altra criticità. Nel periodo fra gennaio 2021 and gennaio 2023 viene introdotta una nuova operazione, “Fsc aerial surveillance”, in cui sono presenti 1.580 casi per i quali come “reporting country” viene indicata la Polonia. L’Fsc è il Centro di sorveglianza che si trova a Varsavia, sede centrale di Frontex, in cui i membri dell’European monitoring team (Emt) analizzano le immagini trasmesse in tempo reale dai velivoli dell’Agenzia. Di questo team fanno parte anche membri delle forze dell’ordine dei Paesi membri, tra cui anche la Guardia di finanza e la Guardia costiera italiana. Fra tutti i casi categorizzati come “FSC aerial surveillance”, i ricercatori di Liminal sono riusciti a individuarne 240 che sono elencati anche come casi di avvistamento avvenuti nell’ambito dell’ operazione Themis che Frontex conduce nel Mediterraneo Centrale, e che si poi sono conclusi con un respingimento. “Anche se in assenza di altri dati non ci è ancora possibile dire molto di più su questi casi, sono tuttavia interessanti perchè rivelano la complessa catena decisionale che caratterizza queste operazioni -spiega la ricercatrice di Liminal Giovanna Reder-. Le informazioni trasmesse da un veivolo che vola a pochi chilometri dalla Libia vengono inviate tramite satellite ai piloti di Airbus che stanno a Malta, alla operation room di Varsavia e anche ai vari centri di sorveglianza degli stati membri coinvolti: tutta questa catena di informazioni è opaca e difficile da ricostruire. Quando avviene un avvistamento, chi è che decide che cosa fare e chi contattare, e in base a quali criteri? Rispondere a queste domande è decisivo sotto l’aspetto della responsabilità”, aggiunge Pezzani.

      In decine di casi, inoltre, Liminal ha incrociato i dati del database con quelli resi pubblici dalle Ong tra cui Alarmphone. “Questo ci aiuta a recuperare quelle informazioni che Frontex ha oscurato nel fornirci le stringhe di Jora -aggiunge Reder-. E anche a marcare le differenze tra come l’Agenzia registra le informazioni, penso al numero dei morti, da quella che poi è la realtà sul campo denunciata dai naufraghi alle Ong”. Tra i casi analizzati c’è quello di un’imbarcazione avvistata il 4 gennaio 2023 quando secondo la posizione inviata ad Alarmphone era già nella zona di ricerca e soccorso maltese: Frontex registra quell’evento nel database, quindi è a conoscenza di dove si trovi, ma i naufraghi vengono con molta probabilità intercettati e respinti dalla cosiddetta guardia costiera libica. “Viene registrata come attività di ‘prevention departure’ che in linguaggio burocratico è la maschera per classificare un respingimento”.

      Questa nuova ricerca di Liminal segue quella pubblicata nell’agosto 2022 in collaborazione con Human rights watch (Hrw) dal titolo “Airborne complicity” in cui grazie a documenti inediti si ricostruiva una “chiara correlazione” tra i voli di Frontex e il tasso di intercettazioni da parte della Guardia costiera libica. “Un andamento che suggerisce e rinforza il fatto che vi sia una collaborazione sistematica tra l’Agenzia e le ‘milizie libiche’, come tra l’altro è emerso anche in diverse inchieste giornalistiche”, sottolinea Reder. E come ha ammesso anche lo stesso direttore esecutivo di Frontex Hans Leijtens che nel febbraio 2024 ha ammesso che in almeno 2.200 casi la posizione delle imbarcazioni è stata inviata alla Guardia costiera libica tra il 2020 e il 2023.

      Anche a seguito di quelle dichiarazioni, le Ong Front-Lex e Refugees in Libya hanno deciso di portare Frontex di fronte alla Corte di giustizia dell’Unione europea per chiedere ai giudici di fermare la collaborazione con le autorità libiche. Il ricorrente è un 29enne di origini sudanesi, malato di diabete, bloccato in Libia dal 2019 e oggi in grave pericolo anche per la sua condizione di salute. “Il fatto che Frontex condivida la posizione con le milizie libiche riduce le possibilità che lui raggiunga l’Europa e lo espone a tortura e trattamenti degradanti -spiega Ifatch Cohen, avvocato che per Front-lex ha promosso la causa-. Diversi rapporti provano come tutti coloro che vengono respinti subiscono detenzione arbitraria e sono quindi sottoposti alla violazione dei loro diritti basilari”. In questo quadro, l’Agenzia dovrebbe fermare di condividere le informazioni ottenute attraverso i suoi velivoli. “Non è necessario che la sua attività provochi direttamente le lesioni subite dal ricorrente: l’articolo 46 del regolamento prevede infatti che le operazioni vengano fermate anche qualora favoriscano anche indirettamente la violazione dei diritti umani”, aggiunte l’avvocato Cohen.

      Gli avvocati hanno chiesto alla Corte di esprimersi con un giudizio d’urgenza perché il ricorrente rischia la vita. Ma Frontex si è opposta. “In altri casi presentati da potenziali vittime, la Corte ha rigettato i casi e non li ammessi perché non era ‘certo’ che i richiedenti, una volta al mare, sarebbero avvistati dall’Agenzia e poi respingi illegalmente -continua Cohen-. Ci aspettiamo forse che la persona bloccata in Libia produca un giudizio mostrando un biglietto di una nave con cui ha tentato di raggiungere l’Europa? Spero che i giudici cambino il loro approccio e adottino una decisione in conformità con la legge. Anche se c’è l’1% delle possibilità che qualcuno subisca un respingimento e di conseguenza sia vittima di tortura gli va riconosciuta la possibilità di ricorrere di fronte a un giudice”.

      A sorreggere tutta la “macchina dei respingimenti” ci sono poi le grandi multinazionali, spesso aziende legate all’industria militare, che garantiscono a Frontex i velivoli. Come raccontato su Altreconomia l’importo dei bandi pubblicati dall’agenzia con riferimento a servizi di sorveglianza aerea passa da 1,6 milioni di euro nel 2017 a 172 milioni di euro nel 2023. Con un numero sempre più ampio di soggetti interessati a queste tipologie di commesse. Tra gli apripista troviamo l’italiana Leonardo Spa (già Finmeccanica), la prima nel 2018 a fornire un drone per Frontex. Ma il progetto di ricerca Liminal si concentra soprattutto sui contratti siglati con le israeliana Elbit Systems (Hermes 900 drone) e l’Israeli aerospace industries (Iai) per l’Heron drone (in questo caso un subappalto da parte di Airbus).

      “Lo stesso che oggi sorvola il Mediterraneo viene utilizzato anche per le operazioni militari su Gaza -sottolinea Pezzani-. L’ennesima inquietante prova della compenetrazione dell’industria militare nel settore del controllo dei confini”. Il 24 ottobre Frontex ha festeggiato i primi vent’anni di vita, costellati da scandali e un ruolo centrale nell’esternalizzazione dei confini europei, nella totale impunità. C’è poco da festeggiare.

      https://altreconomia.it/oltre-27mila-naufraghi-respinti-in-libia-e-tunisia-grazie-a-frontex-la-

      #Fsc_aerial_surveillance #European_monitoring_team (#Emt)

    • Naufragio Mar Ionio, 17.6.2024. I morti invisibilizzati e il silenzio delle istituzioni

      1. Il naufragio

      La notte tra il 16 e 17 giugno scorso al largo del Mar Jonio, un’imbarcazione partita dal porto di Bodrum in Turchia con circa 67 persone a bordo (di cui 26 minori) è naufragata a circa 120 miglia dalle coste della Calabria.

      La barca era rimasta alla deriva per diversi giorni, con uno scafo semi affondato, probabilmente a seguito dell’esplosione di un motore.
      Secondo le persone sopravvissute, diverse imbarcazioni sarebbero passate in quell’arco di tempo senza intervenire: la barca è stata soccorsa solo il 17 giugno dopo il lancio del “mayday” da parte di una nave francese che aveva intercettato il veliero affondato.
      sono state tratte in salvo 12 persone, tra cui una donna poi deceduta prima di arrivare a terra, che sono state portate in salvo a Roccella Jonica, nella provincia di Reggio Calabria.

      Il numero dei sopravvissuti, 11, è attualmente l’unico certo. Imprecise sono state le informazioni circa il numero dei corpi totali recuperati, che in data odierna è stato confermato essere 36, di cui quello di una donna deceduta dopo i soccorsi del 17 giugno scorso. Le 35 salme recuperate in mare appartengono a 10 uomini, 9 donne, 15 minori e 1 non noto. Le nazionalità delle persone che viaggiavano a bordo dell’imbarcazione dovrebbero essere: Afghanistan, Iran, Iraq, Siria, Pakistan.

      All’indomani della strage, la Guardia Costiera avrebbe iniziato le ricerche in mare recuperando a più riprese i corpi. Decine sarebbero le persone ancora disperse, in un naufragio che ricorda per certi versi quello di Steccato di Cutro del 26 febbraio 2023, dove morirono almeno 94 persone: stessa rotta, numerose vittime e la possibilità di una sottovalutazione da parte delle autorità nell’autorizzazione al soccorso dei naufraghi.

      Infatti, il 16 giugno Alarm Phone aveva allertato il Cmrcc di Roma avvisando di aver ricevuto richieste di aiuto relative alla barca in difficoltà nello Ionio e aveva fornito alle autorità competenti la posizione esatta dell’imbarcazione in pericolo affinché le persone a bordo potessero essere soccorse.

      2. Sopravvissuti e deceduti: procedure di ricerca, identificazione e rimpatrio delle salme

      Diverse realtà della società civile sono state allertate da quei familiari che nei Paesi di origine ma anche in Italia cercavano informazioni circa le sorti dei loro congiunti e che – per mancanza di comunicazioni chiare da parte delle autorità italiane – non riuscivano a comprendere né i luoghi né gli uffici preposti a gestire le conseguenze del naufragio.
      Mem.Med, ricevute diverse segnalazioni dall’Afghanistan, dalla Siria e dall’Iran, si è recata in Calabria per dare supporto ai familiari in arrivo e monitorare quanto accade.

      Recupero e sbarco delle salme
      In queste ore le operazioni di ricerca e recupero delle salme in mare stanno proseguendo. La comunicazione delle istituzioni su queste operazioni è stata fin da subito carente e in alcuni casi fuorviante: le informazioni fornite sono state dosate in brevi comunicati che spesso sono risultati incompleti e incoerenti. C’è scarsa trasparenza sui numeri e sugli spostamenti delle salme delle vittime.

      Il blocco del lavoro dei giornalisti ha impedito di documentare correttamente e tempestivamente gli arrivi delle salme, giunte sempre in piena notte e distribuite su diversi porti della regione Calabria, tra cui Roccella Ionica e Gioia Tauro. Gli ultimi 5 corpi sono arrivati a Crotone la notte del 24 giugno, in un posto blindato e chiuso ai giornalisti.

      I corpi delle salme dovrebbero essere stati collocati nelle camere mortuarie di diversi ospedali calabresi, tra questi sappiamo esserci Locri, Polistena, Soverato, Siderno, Gioia Tauro, Reggio Calabria. Tuttavia, anche su questo, le informazioni fornite dalle autorità non sono state chiare e ulteriori camere mortuarie di altri ospedali potrebbero essere state utilizzate con questo scopo.

      Tracing e richiesta di informazioni
      Le procedure attivate nei giorni immediatamente successivi al naufragio hanno riguardato, in mare, le manovre per il recupero dei corpi da parte della Guardia Costiera; in terra, l’apertura di un punto informativo nel Porto delle Grazie di Roccella Ionica dove i familiari potessero recarsi per ricercare o identificare i propri parenti. Tale punto informativo dovrebbe restare attivo e operativo fino alla fine del mese di giugno.
      Sono stati attivati dei canali di comunicazione telefonica e mail dedicati alle famiglie alla ricerca, gestiti dalla Prefettura di Reggio Calabria e dal progetto RFL della Croce Rossa.

      Le persone sopravvissute
      Le persone sopravvissute – curdo irachene, curdo iraniane, siriane – sono state destinate a ricoveri prolungati in diversi ospedali del territorio regionale, in attesa di individuare una struttura di accoglienza che eviti il passaggio in luoghi non idonei (come è stato per il naufragio di Cutro quando i sopravvissuti furono collocati all’interno delle strutture fatiscenti del Cara di Isola Capo Rizzuto).

      Tra i sopravvissuti c’è Nalina, la bambina di 10 anni irachena che ha perso tutta la sua famiglia nel naufragio. Nalina si è ricongiunta con la zia materna, proveniente dalla Svezia insieme al marito. Tra gli altri sopravvissuti noti ci sono anche Ismail, siriano di 22 anni e Wafa, curdo di 20 anni.

      Identificazione dei corpi
      All’interno del punto informativo al porto, oltre ai rappresentanti della Prefettura di Reggio Calabria e della Polizia scientifica, stanno lavorando le operatrici di Croce Rossa Italiana (CRI), Medici Senza Frontiere (MSF) e Save The Children che offrono supporto ai sopravvissuti e ai loro congiunti. Dopo alcuni giorni dal naufragio è stato attivato anche il servizio Restoring Family Links (RFL) della Croce Rossa il cui team è impegnato nella raccolta dati utile all’identificazione dei corpi.

      Da quanto riportato, fin dall’inizio un campione del DNA è stato prelevato da tutte le salme recuperate, quasi tutte in avanzato stato di decomposizione. Successivamente è stato autorizzato anche il prelievo di un campione del DNA dei parenti consanguinei giunti a Roccella. Questa pratica, che sappiamo non essere mai scontata né automatica, è molto importante per garantire un’effettiva identificazione anche a distanza di tempo, per corpi che non sono più riconoscibili visivamente.

      Bisognerebbe garantire ai familiari che si trovano nei Paesi di origine e sono impossibilitati a recarsi in Italia di effettuare il prelievo e l’invio in Italia del DNA utile alla comparazione con quello delle vittime.

      Rimpatrio delle salme
      Al momento di tutti i corpi recuperati solo una salma è stata identificata: quella di Akbari Sobhanullah, afghano di 29 anni.
      Delle operazioni di rimpatrio della salma non si farà carico lo Stato italiano e neanche quello del Paese di origine. La famiglia accorsa a Roccella, due cugini e uno zio della vittima, stanno in queste ore attendendo il rilascio del certificato di morte e delle autorizzazioni necessarie allo spostamento della salma, documenti richiesti insistentemente dalla famiglia che deve ripartire.
      Come sempre accade, è lasciato alle famiglie e alla società civile che le sostiene l’onere di dover gestire e pagare i costi per il ritorno a casa dei parenti morti mentre attraversavano i confini degli Stati europei.

      3. Le istituzioni assenti e la strategia dell’invisibilizzazione e della dispersione

      In questi giorni, mentre camminiamo sulla spiaggia adiacente al porto dove la prima vittima è stata depositata, riflettiamo sull’assenza di qualunque segno materiale di quella strage. Non ci sono resti dell’imbarcazione – ancora inabissata in alto mare – non sono visibili oggetti dei sopravvissuti o delle vittime, non ci sono messaggi di solidarietà. A malapena ci sono notizie di stampa che raccontano le mere vicende attorno alle morti.

      Il naufragio del 17 giugno, al contrario di Cutro, è stato completamente ignorato. Nessuna camera mortuaria con file di bare ha occupato la televisione pubblica, nessun cordoglio delle istituzioni, nessun commento delle cariche di governo e dello Stato.

      Da un punto di vista mediatico, dove non si sono potuti vedere i corpi, le bare, il dolore straziante, la narrazione si è ritratta lasciando un grande vuoto.

      A Roccella Ionica si nota il tentativo di frammentare: i sopravvissuti in diversi reparti di ospedali, i corpi distribuiti in diversi obitori di tutta la regione. I familiari, sono stati disorientati dall’assenza di informazioni certe: in queste ore stanno giungendo a Roccella da varie parti d’Europa per riconoscere i propri congiunti e, nel disbrigo delle procedure frammentate a cui sono costretti, devono spostarsi continuamente tra i diversi luoghi individuati dalla Prefettura di Reggio Calabria per le procedure di riconoscimento, identificazione e rimpatrio: porto, camera mortuaria, ospedali, comuni, luoghi di alloggio e di ristoro distribuiti in più province.

      Con la dispersione di corpi e famiglie su tutta la regione, è stata evitata l’incontro e la coesione tra i familiari e la costruzione di un luogo unico di ritrovo collettivo, di condivisione e di preghiera come è stato il Palamilone di Crotone, dove la sala sportiva aveva avuto funzione non solo di camera mortuaria per le 94 vittime, ma anche di luogo strategico per famiglie e società civile di riconoscimento reciproco, di condivisione, di rivendicazione di diritti, di memoria collettiva.

      Invece, a Roccella Jonica la strategia della dispersione esprime la volontà di affermare una gestione dell’evento, della morte e dei corpi che eviti il piano pubblico: impedire la circolazione di notizie ufficiali, la visibilità mediatica e politica del naufragio e limitare la diffusione delle parole dei familiari sembra essere la direzione che la Prefettura e le istituzioni da cui essa dipende hanno assunto.

      Questa strategia non è nuova: certamente è costante il tentativo di ostacolare la denuncia delle necropolitiche che caratterizzano il regime di frontiera. Come monitoriamo in Sicilia, in Sardegna, in Tunisia, nei piccoli naufragi che non fanno notizia e che vengono chiamati “minori”, nelle morti nei centri di detenzione o lungo le frontiere interne dell’UE, si tende a nascondere voci, lotte, storie e memorie, anche attraverso l’impedimento di quegli incontri fisici tra persone, associazioni, territori, comunità.
      4. Rumore oltre il silenzio per le morti di frontiera

      Nonostante questo silenzio assordante, la sera del 22 giugno una cerimonia interreligiosa organizzata dalla Chiesa locale ha attraversato il lungomare di Roccella Ionica fino a raggiungere il porto. Centinaia di cittadini calabresi e diversi familiari delle persone decedute o scomparse nel naufragio hanno marciato con delle candele in mano fino al luogo di primo approdo dei corpi.
      Qui si è consumato l’unico atto pubblico attorno alla strage, tra preghiere di diversi credi religiosi, parole di cordoglio e di denuncia dei sindaci locali, deposizione di fiori da parte dei volontari della Croce rossa locale.

      Il timore fondato è che l’attenzione su queste morti e su questi eventi cali rapidamente grazie all’occultamento politico e alla mancanza di una presa di posizione e di una mobilitazione pubblica.

      Il silenzio più preoccupante non è quello delle istituzioni, su cui si fonda la gestione migratoria di questi eventi, percepiti e raccontati come fatti di cronaca: bensì quello dell’opinione pubblica sempre più abituata alla morte per mano delle frontiere.

      Oltre i minuti di silenzio, bisogna continuare a stare su tutte le frontiere interne ed esterne, a fare rumore, a indagare le dinamiche di queste morti, a ribadire le responsabilità dietro queste stragi, i ruoli delle guardie costiere e delle polizie di frontiera, gli accordi europei con i Paesi terzi.

      5. Richieste alle autorità

      Soprattutto, bisogna continuare a sostenere e diffondere le parole e le azioni delle persone protagoniste di queste violenze, coloro che reclamano verità e giustizia, i sopravvissuti e le famiglie che ricordano le vittime delle frontiere, le storie che rappresentano, le rivendicazioni che incarnano, sfidando i confini e le violazioni degli stati.

      I familiari di Akbari Sobhanullah – unico viaggiatore della barca ad oggi identificato – hanno chiesto più volte aiuto nelle procedure di rimpatrio: “vogliamo riportare a casa il corpo, è nostro diritto, questa morte è un dolore straziante per tutta la famiglia, vogliamo almeno riportarlo a casa dove lo reclamano le persone che lo amano, la sua famiglia. Aiutateci a far sì che il corpo di Sobhanullah torni a casa”.

      Anche diversi familiari di vittime delle strage di Cutro, che hanno appreso della sorte di molti dei loro connazionali nel naufragio del 17 giugno scorso, hanno mandato messaggi di solidarietà e vicinanza ai parenti afghani, iraniani, curdi che – come loro stessi un anno fa – sono alla ricerca di verità e giustizia.

      Tra questi messaggi, ci sono le parole di Shahid Khan, pakistano, che ha perso nel naufragio di Cutro suo fratello Rahim Ullah Khan e che nella sua testimonianza inviataci dal Pakistan ha dichiarato:

      “non è la prima volta che un’imbarcazione che trasportava migranti affonda in mare. Conosco personalmente la condizione delle famiglie delle vittime, perché quel periodo è duro e insopportabile per loro. chiedo ai membri della famiglia della vittima di sopportare questo momento difficile e di pregare per i vostri cari, perché loro non possono tornare da noi ma un giorno lasceremo questo mondo (…) vorrei dire al governo italiano che la migrazione irregolare nel vostro Paese è un problema internazionale. Per salvare l’umanità e il mondo, il governo dovrebbe rilasciare dei visti legali per i diversi Paesi (..)”

      Non possiamo che condividere le parole della famiglia Akbari, di Shahid e delle madri, sorelle, fratelli e padri delle vittime del regime di frontiere.

      In particolare, alla luce delle criticità riscontrate nell’accesso alle informazioni e sulla base delle mancanze sistemiche che sono state monitorate in questi anni rispetto alla gestione delle morti e delle scomparse delle persone migranti e straniere, le associazioni Mem.Med Memoria Mediterranea e l’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione (ASGI) hanno provveduto a inviare una comunicazione ufficiale alle autorità competenti regionali e nazionali raccomandando di porre attenzione ad una serie di questioni rilevanti regolamentate da normative nazionali e internazionali.

      In particolare si sollecita che:

      - continuino le operazioni di ricerca in mare per il recupero dei corpi;
      - che si continui a prelevare il DNA sia dalla salme che dai familiari, unitamente alla raccolta dei dati ente e post mortem utili all’identificazione delle salme;
      - che sia garantita la possibilità, anche posteriormente, di identificare i corpi e di seppellirli secondo la volontà e il credo espresso dalle famiglie;
      - che la sepoltura sia tracciabile e disposta con assoluta certezza del luogo;
      - che sia agevolata ogni procedura necessaria al trasferimento dei corpi nei paesi di origine;
      – che le famiglie possano essere informate debitamente e tempestivamente riguardo alle procedure in corso per il recupero di corpi, riguardo al luogo di conservazione delle salme, riguardo ai risultati della comparazione del DNA, riguardo alle procedure relative alla tumulazione e al rimpatrio;
      - che venga garantita adeguata accoglienza alle persone sopravvissute e ai familiari che in queste ore si stanno recando a Roccella Jonica.

      https://www.meltingpot.org/2024/06/naufragio-mar-ionio-17-6-2024-i-morti-invisibilizzati-e-il-silenzio-dell

  • Six ans de prison requis contre #Matteo_Salvini, vice-Premier ministre italien, pour avoir refusé de laisser accoster des migrants en 2019

    L’homme politique d’extrême droite est jugé pour #privation_de_liberté et #abus_de_pouvoir, pour avoir maintenu 147 migrants en mer pendant des semaines sur un navire géré par l’organisation caritative #Open_Arms.

    Les procureurs italiens ont requis, samedi 14 septembre, une #peine de six ans de #prison contre Matteo Salvini, vice-premier ministre italien d’extrême droite, pour avoir empêché des migrants de débarquer dans un port italien en 2019.

    Matteo Salvini, qui fait partie de la coalition de la Première ministre Giorgia Meloni, est jugé pour privation de liberté et abus de pouvoir, pour avoir maintenu 147 migrants en mer pendant des semaines sur un navire géré par l’organisation caritative Open Arms. Le verdict de ce procès, qui a débuté en octobre 2021, devrait être rendu le mois prochain, a déclaré à l’AFP l’avocat d’Open Arms, Arturo Salerni.

    « Les #droits_humains doivent prévaloir »

    Matteo Salvini n’était pas présent à l’audience. Il avait auparavant publié sur Facebook : « Je le referais si j’avais à le refaire : défendre les frontières contre les migrants illégaux n’est pas un crime. » "Il est incroyable qu’un ministre de la République risque six ans de prison pour avoir fait son travail en défendant les #frontières de la nation, comme l’exige le mandat qu’il a reçu de ses concitoyens", a-t-il ajouté sur X.

    Au moment de résumer son réquisitoire, le procureur Geri Ferrara, du tribunal de Palerme, a estimé « qu’un principe clé n’est pas discutable : entre les droits humains et la protection de la souveraineté de l’Etat, les droits humains doivent prévaloir dans notre système heureusement démocratique. »

    Le #navire était resté bloqué en mer pendant près de trois semaines avant que les migrants ne soient finalement autorisés par la justice à débarquer sur l’île italienne de Lampedusa. Les membres d’Open Arms avaient assuré que l’état physique et mental des migrants avait atteint un point critique lorsque les conditions sanitaires à bord étaient devenues désastreuses, notamment en raison d’une épidémie de gale.

    https://www.francetvinfo.fr/monde/italie/six-ans-de-prison-requis-contre-matteo-salvini-vice-premier-ministre-it
    #justice #ports #migrations #réfugiés #Méditerranée #mer_Méditerranée #sauvetage

    • La cheffe de file de l’extrême droite en France, Marine Le Pen, lui a apporté son soutien samedi soir en dénonçant sur X « un véritable harcèlement judiciaire visant à le faire taire ».

      « Nous sommes solidaires et plus que jamais à tes côtés Matteo », a-t-elle aussi affirmé, fustigeant une peine « d’une extrême gravité alors que la submersion migratoire s’accentue partout en Europe ».

  • Seenotrettung: Am Anfang waren Unternehmer

    Das erste zivile Rettungsschiff finanzierten Millionäre.

    »Helden zur See« betitelte eine deutsche Zeitung das Porträt des Millionärsehepaars Christopher und Regina #Catrambone, das am 25. August 2014 das erste zivile Rettungsschiff ins zentrale Mittelmeer schickte. Die beiden hatten während einer Kreuzfahrt eine Schwimmweste im Wasser entdeckt, was sie nach eigenen Angaben zum Nachdenken über die steigende Zahl ertrinkender Geflüchteter brachte. Also gründeten die Catrambones die gemeinnützige Hilfsorganisation #Migrant_Offshore_Aid_Station (#MOAS), kauften für acht Millionen Dollar die 40 Meter lange »Phoenix« und stachen in See.

    Auf dem umgebauten Trawler stationierte die Besatzung zwei Helikopterdrohnen mit Nachtsicht- und Wärmebildkameras. Zwischenzeitlich konnten die Catrambones für die Kombüse Stephan Staats gewinnen, der als »Koch der Superreichen« für teures Geld weltweit mit Millionären auf ihren Yachten unterwegs ist.

    MOAS beschreibt die Gründung auf seiner Webseite als Reaktion auf den Schiffbruch vor der italienischen Insel Lampedusa, bei dem im Oktober 2013 mindestens 368 Menschen starben. Italien startete daraufhin die Marinemission »Mare Nostrum«, die in beinahe einem Jahr 150 000 Menschen an Bord nahm. Auf Druck der Europäischen Union stellte die Regierung in Rom »Mare Nostrum« wieder ein, am 1. November 2014 übernahm Frontex mit der wesentlich mickriger ausgestatteten Mission »Triton«. Ihr Ziel war nicht mehr die Rettung von Menschen, ihr Einsatzbereich umfasste auch nur küstennahe italienische Gebiete. Dort wartete die EU-Grenzagentur, wer die Überfahrt lebend überstanden hatte, und nahm von den Asylsuchenden Fingerabdrücke für den Antrag in Italien. Diese Politik setzt Frontex bis heute fort.

    Weil bei »Triton« nicht Menschenleben, sondern Migrationsabwehr im Fokus stand, gründeten vier Familien aus Brandenburg ebenfalls 2014 den Verein Sea-Watch und sammelten Geld für ein erstes, gleichnamiges Schiff, das am 20. Juni 2015 erstmals im Einsatz war. Damals wie heute kritisiert der Verein, dass die EU nicht für eine adäquate zivile Seenotrettung auf dem Mittelmeer sorgen will – was deshalb Hilfsorganisationen übernehmen müssen.

    Organisationen wie #Sea-Watch geht es aber auch um größere Politik. Der Unternehmer #Harald_Höppner, der den Verein initiiert hatte, betonte schon damals die »multiplen Krisen«, die Menschen in die gefährliche Flucht treiben: Kriege, Klimawandel, Armut, Hunger.

    Mit der 70 Meter langen »Sea-Watch 5« hat der Verein dieses Jahr ein weitaus größeres Schiff in Betrieb genommen, betreibt außerdem das 14-Meter-Rettungsboot »#Aurora« und konnte zwei Vereine von Pilot*innen dafür gewinnen, seit 2017 mit kleinen Flugzeugen nach Booten mit Geflüchteten zu suchen.

    Die von europäischen Organisationen ins zentrale Mittelmeer entsandte zivile Rettungsflotte ist inzwischen auf rund 20 Schiffe angewachsen – die allerdings wegen Werftzeiten, Reparaturen oder Rotationen nicht immer gleichzeitig unterwegs sind. Finanziert werden die beispiellosen Missionen größtenteils durch Spenden.

    In Deutschland konnten die Vereine mit politischem Druck 2022 für einen Bundestagsbeschluss sorgen, wonach die Bundesregierung vier Jahre lang jährlich zwei Millionen Euro für die Seenotrettung ausgibt; die Gelder werden verwaltet vom Verein »United 4 Rescue«, der auch Spenden kirchlicher Organisationen erhält.

    Früh waren die Aktivist*innen auf See auch Repression ausgesetzt. Anfangs ging diese hauptsächlich von libyschen Milizen aus, die als »Küstenwache« bereits 2016 mit Waffengewalt die Brücke der »Sea-Watch« besetzten. Diese Bedrohungen setzen sich bis heute fort. Seit 2023 macht den Organisationen vor allem ein neues italienisches Gesetz zu schaffen, wonach Schiffe, wenn sie zu viel retten, festgesetzt und die Kapitän*innen mit Geldstrafen belegt werden können.

    https://www.nd-aktuell.de/artikel/1184726.eu-grenzen-seenotrettung-am-anfang-waren-unternehmer.html

    #histoire #sauvetage_en_mer #sauvetage #ONG #migrations #réfugiés #Méditerranée #mer_Méditerranée #frontières
    ping @_kg_

  • #Frontex achète des #drones pour une #surveillance renforcée aux frontières de l’UE

    Alors que les États membres demandent à la Commission européenne de renforcer les #frontières_extérieures, l’agence européenne de garde-frontières et de garde-côtes, Frontex, vient de lancer des appels d’offres d’un montant total d’environ 400 millions d’euros pour l’achat d’#équipements, de drones et d’autres #technologies de surveillance.

    En réponse à la demande des États membres formulée en juillet, la commissaire aux Affaires intérieures, Ylva Johansson, semble donner suite à leur souhait de renforcer les frontières extérieures de l’UE.

    La commissaire s’est engagée à consolider le régime de visa de l’UE et à lancer un appel à propositions à hauteur de 150 millions d’euros destiné à la « #capacité_de_surveillance_des_frontières » de l’UE.

    Dans des lettres adressées à la Commission en mai et en juin, les États membres ont exhorté l’exécutif européen à intensifier ses efforts pour externaliser l’immigration, en empêchant les exilés en situation irrégulière de poser le pied sur le sol de l’UE.

    Dans le discours prononcé devant le Parlement européen avant sa réélection à la présidence de la Commission en juillet, Ursula von der Leyen a annoncé son intention de tripler les #effectifs de Frontex et de nommer un commissaire à la Méditerranée, afin de s’attaquer aux flux de personnes qui tentent de se rendre dans les États membres du sud de l’UE.

    Cet été, l’agence européenne des frontières, Frontex, a lancé une série d’appels d’offres pour renforcer ses capacités le long des frontières extérieures de l’UE.

    Concrètement, un #appel_d’offres concerne des drones et des services connexes pour la #surveillance_maritime, d’une valeur de 184 millions d’euros, un autre appel d’offres se focalise sur le matériel de surveillance, y compris des #lunettes_de_vision_nocturne, d’une valeur de 19 millions d’euros. Un troisième appel d’offres d’une valeur de 186,5 millions d’euros vise les services de technologies de l’information et de la communication (#TIC). Enfin, un projet pilote de 3 millions d’euros pour des drones aux frontières terrestres est aussi envisagé dans le cadre d’opérations conjointes avec la #Bulgarie.

    La facture totale avoisine les 400 millions d’euros.

    https://www.euractiv.fr/section/international/news/frontex-achete-des-drones-pour-une-surveillance-renforcee-aux-frontieres-de
    #technologie #complexe_militaro-industriel #frontières #contrôles_frontaliers #migrations #réfugiés #coût #budget #mer_Méditerranée #Méditerranée

    • Frontex Expands Drone Fleet as EU Intensifies Border Surveillance

      The European Union’s border agency, Frontex, has significantly ramped up its use of drones as part of a broader push to tighten control over the bloc’s external borders, with recent tenders amounting to nearly €400 million.

      This move comes amid growing pressure from EU member states for the European Commission to reinforce border security and prevent irregular migration.

      Frontex’s latest wave of investment includes a €184 million call for maritime surveillance drones, €19 million for night vision surveillance equipment, and €186.5 million for information and communication technology services, as well as a €3 million pilot project for drones monitoring land borders in cooperation with Bulgaria.

      The total expenditure reflects a robust commitment to deploying advanced technologies for border control, as the EU intensifies efforts to externalise migration management and prevent irregular migrants from reaching European shores.
      Heightened Focus on Border Security

      The EU’s border strategy has evolved significantly over the past decade. Member states have increasingly called for stronger border controls to address the migration challenges faced by southern European countries. In response, Frontex has expanded its operational capabilities, including the use of drones for surveillance, particularly along the EU’s external maritime borders in Italy, Malta, and Greece.

      Drones were first integrated into Frontex operations in 2018, contributing to the detection of nearly 5,000 individuals at sea in that year alone. Their use was further formalised in 2019 when the mandate of the European Border Surveillance System (EUROSUR) was broadened to include drones in its air surveillance framework. Since then, the use of unmanned aerial vehicles has become a central element of the EU’s border control strategy.

      In 2020, Frontex awarded contracts worth €100 million to Airbus and Israel Aerospace Industries (IAI) for the deployment of Heron drones, capable of extended flights exceeding 30 hours. These drones have been instrumental in monitoring the Mediterranean Sea, including during the 2023 Messenia migrant boat disaster, which resulted in the deaths of approximately 650 people.
      Controversy Surrounding Drone Use

      Frontex’s use of drones has not been without controversy. In 2022, reports emerged that intelligence gathered by Frontex drones, operated out of Malta, was being used by Libyan authorities to intercept migrant boats in the Mediterranean, resulting in the forced return of thousands of individuals to Libya, a country with a troubling record of human rights violations. A Human Rights Watch report concluded that in 2021, some 10,000 migrants were intercepted and returned to Libya, many of them as a direct result of data provided by EU surveillance aircraft.

      The allegations raised concerns about the role of Frontex in what critics have termed “pushback” operations, where migrants are prevented from entering EU territory without being given the opportunity to seek asylum. These operations have drawn widespread criticism from human rights organisations, who argue that they violate international law and exacerbate the risks faced by vulnerable individuals attempting to cross the Mediterranean.

      Despite these concerns, Frontex has defended its actions, emphasising its focus on combating human trafficking and preventing loss of life at sea. According to the agency, its surveillance efforts are aimed at detecting vessels in distress and alerting national rescue authorities to ensure timely interventions. However, the agency has refrained from addressing the broader criticisms regarding its cooperation with non-EU countries like Libya.
      Expansion of Surveillance Capabilities

      The recent tenders indicate that Frontex is committed to expanding its drone capabilities further, with plans to spend €184 million on maritime drones over the next four years. This represents a marked increase in spending compared to previous years, suggesting a shift towards more consistent and large-scale deployments of drones in border surveillance operations.

      Frontex’s budget has seen significant growth over the past decade, reflecting the increasing political prioritisation of migration control within the EU. In 2025, the agency’s budget is expected to reach nearly €1 billion, a substantial increase from the €233 million allocated in 2016. This cash infusion is intended to support Frontex’s expanding role, which now includes a broader range of responsibilities, from assisting member states with border management to conducting joint operations with non-EU countries.

      According to military analyst Major Rasmus Ross from the Royal Danish Defence College, drones are just one element of a multi-layered approach to border security. While drones provide situational awareness, other technologies and equipment are necessary to create a comprehensive surveillance network capable of responding to a variety of threats.
      Broader Implications for Migration Management

      The increasing reliance on drones for border surveillance has significant implications for how the EU manages migration. For many experts, this shift towards greater surveillance represents an effort to externalise EU borders, pushing migration controls further into non-EU territories with questionable human rights records, such as Libya and Tunisia. By identifying migrant vessels earlier and further from European shores, Frontex can reduce the need for European coastguards to intervene, potentially leaving the responsibility to non-EU countries with less stringent asylum and human rights protections.

      https://eutoday.net/frontex-expands-drone-fleetl

    • https://www.youtube.com/watch?v=2_oDo3SMmjw&embeds_referring_euri=https%3A%2F%2Fwww.antiwarsongs.or

      t ends with one last unaccompanied number, Iuventa, which is about the ship belonging to [Jugend Rettet, a Berlin non-governmental organisation dedicated to rescuing drowning people in the Mediterranean. To date she’s saved some 14,000 but was seized in 2017, the crew now awaiting trial accused of colluding with people smugglers. It’s a quietly rousing anthemic reminder that we are one world and one planet, echoing the refrain from the album opener as they declare “We’re not the clothes we wear/We’re not the scars we bear/We are the song we share”.

      In my dream I see
      Iuventa! Iuventa!
      Sweeping o’er the sea
      Iuventa, my love

      Heading out for more
      Iuventa! Iuventa!
      10 leagues from Eden’s shore
      Iuventa, my love

      And there are waves to make
      And there are boots to quake
      And there are chains to break
      Iuventa, my love

      Down the RIB descends
      Iuventa! Iuventa!
      And life is lived again
      Iuventa, my love

      Wе’re not the tongues wе speak
      Iuventa! Iuventa!
      We’re not the gods we seek
      Iuventa, my love

      We’re not the clothes we bear
      We’re not the scars we bear
      We are the song we share
      Iuventa, my love

      In my dream I see
      Iuventa! Iuventa!
      And in my dream she’s free
      Iuventa, my love

      #Iuventa #migrations #chanson #musique #musique_et_politique #Méditerranée #sauvetage #mer_Méditerranée #réfugiés

    • Italy: Shipwreck victims laid to rest in migrant cemetery

      In a special cemetery for people who die on journeys to Italy, 21 migrants who lost their lives in a shipwreck in June were buried this week. One of the victims was a child.

      The bodies of 21 migrants, victims of the shipwreck that occurred on June 17 in the Ionian Sea, 120 miles off the Calabrian coast near Roccella, were buried this Wednesday, August 7. Among them were the bodies of a child and a pregnant woman.

      The ceremony, which featured Christian and Islamic prayers, took place in Armo, in the space granted by the Municipality of Reggio Calabria to Caritas to establish the migrant cemetery.

      The prayers at the graveside were attended by various figures, including Fortunato Morrone, the Archbishop of the Diocese of Reggio Calabria-Bova, and Hassan El Mazi, the Imam and head of the Islamic Cultural Center of Reggio Calabria.

      Prefect Clara Vaccaro and Father Rigobert Elangui, the director of the Migrant Pastoral Office of the Diocese of Locri-Gerace were also present.

      ’A terrifying silence on shipwrecks in waters between Italy and Greece’

      According to Elangui, “unlike the tragedies in Cutro and Lampedusa,” regarding the migrant tragedy at the border between Italian and Greek waters, “there is a terrifying institutional silence.”

      “We must resist,” declared Bishop Morrone. “A resistance that is not passive but active and creative. We must ensure that this does not happen again. We do what we can do, and we do it with conscience. It is difficult, but our task is to be present where there is suffering.”

      At the sidelines of the ceremony, Prefect Clara Vaccaro stated that “the government is doing what it must do and everything it can do. This is our situation, one we experience in this land, and we have thus shared the duty to provide a burial for these people who have either landed here or intended to land here but could not make it.”

      https://www.infomigrants.net/en/post/59022/italy-shipwreck-victims-laid-to-rest-in-migrant-cemetery

      #cimetière #mourir_en_mer #Italie #Armo #Calabre #naufrage #Roccella #Reggio_Calabria #obsèques #funérailles #Méditerranée #mer_Méditerranée

  • Le responsabilità della Garde Nationale della #Tunisia nel naufragio del 5 aprile 2024
    https://irpimedia.irpi.eu/tunisia-garde-nationale-responsabilita-naufragi

    Testimonianze, immagini satellitari e video dai social raccontano come sono morti almeno 15 #Migranti. Gli stessi guardacoste tunisini sono da poco responsabili di una zona di salvataggio in mare L’articolo Le responsabilità della Garde Nationale della Tunisia nel naufragio del 5 aprile 2024 proviene da IrpiMedia.

    #Mediterraneo #Europa #Libia
    https://irpimedia.irpi.eu/wp-content/uploads/2024/07/video-tunisia-guardia-costiera-attacco-diretto-2.mp4


    https://irpimedia.irpi.eu/wp-content/uploads/2024/07/signal-2022-11-09-180038_002_2.mp4

    https://irpimedia.irpi.eu/wp-content/uploads/2024/07/video-tunisia-guardia-costiera-interception-24-03.mp4

  • Challenging the Complicity of Frontex’s Aerial Surveillance Activities in Crimes Against Humanity

    #front-LEX and #Refugees_in_Libya filed a legal notice pursuant to Art. 265 TFEU requesting Frontex’s Executive Director, Mr. Hans Leijtens, to partially terminate the Agency’s aerial surveillance activities in the ‘pre-frontier area’ in the Central Mediterranean.

    To prevent asylum seekers fleeing crimes against humanity in Libya from reaching the EU, Frontex systematically and unlawfully transmits the geolocalisation of refugee boats at high seas to the Libyan Coast Guard/Libyan Militia. Every day, Frontex allows for the systematic interception and ’pulling back’ of refugees to Libya, from where they have managed to escape by the skin of their teeth, and where they are subjected once more to crimes against humanity. Now, front-LEX, on behalf of X.Y. a refugee trapped in Libya, brings an unprecedented legal challenge against Frontex’s airborne complicity.

    Between 2021 and 2023, Frontex has shared 2,200 emails communicating the exact geolocalisation data of refugee boats with Libyan actors to enable their unlawful interception and forcible return back to Libya. There, the ‘pulled back’ refugees are arbitrarily detained and subjected to crimes against humanity of, inter alia, murder, enforced disappearance, torture, enslavement, sexual violence, rape, and other inhumane acts. It is Frontex’s sharing of geolocalisation data which enables the commission of these crimes – making the Agency complicit in the ongoing and systematic attack directed against refugees and asylum seekers in the Central Mediterranean.

    Frontex’s complicity in these ‘pullbacks’ and ensuing crimes against humanity committed against refugees has been well-documented by leading human rights organisations, UN organs, and investigative journalists. Now, based on this clear-cut evidence, front-LEX and Refugees in Libya filed an unprecedented legal notice challenging the Agency’s airborne complicity in crimes against humanity committed against people on the move.

    https://www.front-lex.eu/frontex-complicity-crimes-against-humanity

    #Frontex #complicité #justice #surveillance_aérienne #asile #migrations #réfugiés #contrôles_frontaliers #géolocalisation #gardes-côtes_libyens #crimes_contre_l'humanité #Méditerranée #mer_Méditerranée #pull-back #pullbacks #poursuite_judiciaire

    • Profugo sudanese intrappolato in Libia fa causa a Frontex: “L’agenzia europea è complice di crimini contro l’umanità”

      Per la prima volta, un richiedente asilo ancora intrappolato in Libia ha potuto presentare una sfida legale contro Frontex – l’agenzia europea per la sorveglianza dei confini terrestri e marini dell’Unione – relativamente alla sorveglianza aerea sul Mediterraneo centrale. Il profugo sudanese ha potuto denunciare “l’esercito” dei pattugliatori europei grazie a Front- Lex, Ong umanitaria olandese, in partnership con l’organizzazione “Rifugiati in Libia”. L’avvocato di Front-Lex, Iftach Cohen, ha presentato una comunicazione legale a Frontex ai sensi dell’articolo 265 TFUE, invitandola a sospendere e interrompere immediatamente tutte le comunicazioni con entità libiche in relazione alle cosiddette “situazioni di pericolo” nel Mediterraneo. Inoltre l’Ong intima che Frontex proibisca all’Italia e a Malta di condividere con i libici i dati di sorveglianza raccolti dagli aerei dell’agenzia europea.

      Si tratta di un’azione legale senza precedenti innanzitutto perchè basata sulla presunta complicità dell’Ue riguardo ai crimini contro l’umanità verificatisi in Libia. In secondo luogo, è la prima volta che un rifugiato ancora intrappolato in Libia senza protezione riesce ad avviare un procedimento per vedere riconosciuti i propri diritti. Il team di Front-Lex ha raccolto prove che evidenziano peraltro come tutti i precedenti direttori – incluso il penultimo, Fabrice Leggeri, oggi candidato alle Europee per il partito di Marine Le Pen – e altre entità di Frontex abbiano ammesso che consegnare la posizione delle imbarcazioni dei rifugiati a entità libiche sia illegale secondo il diritto europeo.

      Dal rapporto della Missione d’inchiesta indipendente sulla Libia del Consiglio per i diritti umani Ue del 23 marzo, i richiedenti asilo intercettati e rimpatriati forzatamente in Libia, una volta risbarcati in Libia, vengono detenuti e diventano “vittime di crimini contro l’umanità“. Frontex giustifica la condivisione con Tripoli del tracciamento delle imbarcazioni di profughi con il proprio obbligo, “ai sensi del quadro giuridico internazionale della Sar”, di trasmettere tutte le informazioni sull’”imbarcazione in pericolo” all’RCC competente della zona di ricerca e salvataggio, che è Tripoli nella maggioranza dei casi.

      Cohen non è d’accordo perchè l’obbligo legale di Frontex di trasmettere informazioni al competente RCC in caso di pericolo ai sensi del diritto marittimo internazionale è solo uno dei tanti obblighi legali dell’Agenzia, come il divieto dei respingimenti collettivi dei richiedenti asilo intercettati in mare in rotta verso Paesi dove si rischiano persecuzioni. “Questi obblighi derivano dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea che è di natura costituzionale. Abbiamo a questo punto raccolto prove sufficienti per dimostrare che nella zona Sar libica praticamente tutte le imbarcazioni di rifugiati rilevate da Frontex vengono automaticamente classificate come in ‘situazione di pericolo’ in modo tale che Frontex possa trasmettere immediatamente la posizione a Tripoli e astenersi dall’ingaggiare le navi di soccorso delle Ong nelle vicinanze”, spiega Cohen. Le imbarcazioni dei profughi di conseguenza non vengono contattate dagli aerei Frontex come richiede la legislazione dell’Ue per verificare se abbiano bisogno di assistenza.

      “D’altra parte, quando Frontex rileva un’imbarcazione di rifugiati nella zona Sar o nelle acque territoriali di uno Stato membro, come nei casi di Pylos (Grecia) o in Italia a Cutro non classifica i casi che sono chiaramente ‘situazioni di pericolo’ in modo che possa astenersi dall’allertare l’RCC dello Stato membro lasciandogli sufficiente potere e tempo per coinvolgere i libici anche nelle proprie acque territoriali e impedire così lo sbarco in Europa. È una vera e propria strumentalizzazione della ‘situazione di disagio’. Queste non sono persone che hanno telefonino e scarpe alla moda come dice il vostro vice premier Salvini nel descrivere i richiedenti asilo ma persone che subiscono i peggiori abusi contro l’umanità”.

      https://www.ilfattoquotidiano.it/2024/05/30/profugo-sudanese-intrappolato-in-libia-fa-causa-a-frontex-lagenzia-ue-e-complice-di-crimini-contro-lumanita/7568712

      #plainte

  • #statistiques sur les #arrivées et les #décès de migrants en #Grèce (consulté le 30.05.2024)

    Commentaire de Lena K. sur X :

    In 2023, the number of dead and missing in Greece was the same as in 2015, with recorded arrivals being about 17 times lower. The effect of necropolitics indeed.

    https://twitter.com/lk2015r/status/1795529812133753169

    Et importante note de Κάποιος Ταδόπουλος :

    Note: The number of dead includes only recovered bodies. The Pylos shipwreck (over 600 victims) is not counted in...

    https://twitter.com/_Wiesenthal_S_/status/1795557159192633439

    https://data.unhcr.org/en/situations/mediterranean/location/5179
    #nécropolitique #mourir_aux_frontières #létalité #mourir_en_mer #chiffres #migrations #réfugiés #Méditerranée #mer_Méditerranée

  • Why is Italy forbidding NGO planes from departing from Sicily?

    NGO planes are forbidden from departing from five Italian airports near migrant routes on the Mediterranean, officials said this week. Here’s more background on the decision.

    NGO planes that patrol Mediterranean waters for migrant vessels in distress will no longer be able to depart from airports in Sicily, Italy’s civil aviation authority announced this week.

    Here’s some background on the specifics of the decision.
    No flights from Sicilian airports

    Italy’s National Entity for Civil Aviation (#ENAC) — a department of the Ministry of Transport, which is headed by Matteo Salvini — signed five ordinances barring NGO planes from departing the Sicilian airports of Palermo (Punta Raisi and Bocca di Falco), Lampedusa, Pantelleria and Trapani.

    According to the ordinance, these civil airplanes not only violate “the regulative legal framework of the Search and Rescue missions” but also risk “compromising the safety of migrant people who are not assisted by the current protocols approved by the Maritime Authority.”

    ENAC, in the ordinance, further stated that “anyone who takes part in Search and Rescue operations outside the legal provisions of the framework currently in place is punished with sanctions listed in the navigation code, and additional sanctions such as the administrative detention of the airplane.”
    Nadir rescue

    While the new ordinance was announced, German NGO Resquship vessel Nadir rescued a dinghy carrying 57 migrants in international waters.

    https://www.infomigrants.net/en/post/56955/why-is-italy-forbidding-ngo-planes-from-departing-from-sicily

    #sauvetage #Seabird #avions #criminalisation_de_la_solidarité #Méditerranée #mer_Méditerranée #migrations #réfugiés #Colibrì #Pilotes_Volontaires #Italie #aéroports

    • Migranti, il ministero di Salvini vuole fermare gli aerei delle ong. Le ordinanze emanate dall’Enac: “Elusione del quadro normativo”

      Non solo le navi, più volte sottoposte a fermi amministrativi per aver disobbedito alla guardia costiera libica. Adesso il governo prova a impedire alle ong di usare gli aerei che monitorano il Mediterraneo centrale per segnalare imbarcazioni in difficoltà, ma anche per documentare respingimenti o il comportamento dei libici, più volte filmati mentre intimidiscono gli equipaggi delle navi umanitarie o addirittura mentre sparano nel bel mezzo di un soccorso. Lo strumento per fermare velivoli come il Seabird della ong Sea Watch potrebbero essere alcune ordinanze emanate dell’Ente nazionale per l’Aviazione civile (Enac), controllato dal Ministero dei Trasporti di Matteo Salvini. “Interdizione all’operatività dei velivoli e delle imbarcazioni delle ONG sullo scenario del Mare Mediterraneo centrale”, titolano i provvedimenti, che in base a non meglio precisate “segnalazioni trasmesse dal Comando generale della Guardia costiera” accusano i velivoli delle ong di “sostanziale elusione del quadro normativo di riferimento” e minacciano sanzioni e sequestri.

      “Chiunque effettua attività in ambito Search and Rescue al di fuori delle previsioni del quadro normativo vigente è punito con le sanzioni di cui al Codice della navigazione, nonché con l’adozione di ulteriori misure sanzionatorie quali il fermo amministrativo dell’aeromobile“, dice il primo dei due articoli che compongono le ordinanze emanate dall’Enac nei giorni scorsi per tutti gli aeroporti siciliani e delle due isole minori, compreso quello di Lampedusa, il principale scalo utilizzato dai due velivoli operativi, il Seabird di Sea Watch e il Colibrì della ong svizzera Pilots Volontaires. Le ordinanze emanate dalle direzioni territoriali della Sicilia Occidentale e Orientale di Enac sono già in vigore e fin dalle prossime ore potrebbero abbattersi sugli aerei umanitari, impedendo loro di decollare e quindi di sorvolare il Mediterraneo.

      Questo il ragionamento: “Ritenuto che alla luce della normativa nazionale e sovranazionale citata, solo il Comando Generale della Guardia Costiera deve essere riconosciuto unica Autorità Marittima nazionale competente in ambito SAR”, “preso atto delle segnalazioni trasmesse dalla predetta Autorità marittima circa le reiterate attività effettuata da velivoli e natanti, riconducibili alla proprietà di Soggetti anche extra U/E, che si traduce nel prelievo – da imbarcazioni di fortuna – di persone migranti provenienti da rotte nordafricane”, vista la già citata “sostanziale elusione del quadro normativo “che si traduce per la Guardia Costiera nazionale in un aggravio dei propri compiti istituzionali di intervento in mare” e addirittura, si legge, nel rischio di “compromettere l’incolumità delle persone migranti non assistite secondo i protocolli vigenti ed approvati dall’Autorità marittima”, gli aerei che non rispettano le regole rischiano il fermo amministrativo. Come nel caso delle navi, il fermo potrà essere impugnato davanti ai tribunali amministrativi. Ma nel frattempo si resta a terra.

      I legali delle ong sono già al lavoro per contrastare le ordinanze, che almeno nella forma sembrano piuttosto vaghe. Non è chiaro infatti a quali violazioni si riferiscano. Gli aerei non portano materialmente a termine le operazioni SAR e qualora segnalino barche in pericolo sono poi i comandanti delle navi a interagire e ricevere istruzioni dal centro nazionale di coordinamento di soccorso marittimo competente per l’area SAR interessata. L’accusa potrebbe essere la stessa mossa sempre più spesso alle navi umanitarie, quella di interferire con la guardia costiera libica in zona SAR di sua competenza. Ma le ordinanze non citano i decreti del governo Meloni, quelli voluti dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, la cui supposta violazione motiva i recenti fermi proprio con l’accusa di aver disobbedito ai libici. Accusa che più volte è stata dimostrata infondata, anche grazie ai video che smentiscono la versione dei libici. E che nessuno avrà modo di registrare se gli aerei resteranno a terra. Peggio, i migranti in pericolo segnalati dai velivoli potrebbero non essere intercettati. “In passato ci è capitato di avvistare persone in mare dopo che la loro barca si era già capovolta, e di riuscire a farle soccorrere”, racconta al Fatto un componente dell’equipaggio del Seabird. “In alcuni casi è stato chiarissimo: senza un aereo in grado di avvistarli non avrebbero avuto scampo”.

      Le ordinanze di Enac, dichiara la ong Sea Watch, “hanno il chiaro scopo di fermare i nostri aerei da ricognizione, ovvero gli unici occhi della società civile nel Mediterraneo. Occhi fondamentali per documentare le quotidiane violazioni dei diritti umani che vi avvengono, comprese quelle perpetrate dalla cosiddetta guardia costiera libica attraverso le motovedette e le risorse generosamente elargite dal Governo italiano. Fermare gli aerei ONG vuol dire rendere cieca la società civile e i cittadini italiani ed europei rispetto a quanto avviene nel Mediterraneo come risultato delle politiche migratorie dei loro governi. Un atto vigliacco e cinico di chi usa la criminalizzazione delle ONG come strumento di propaganda politica in vista delle imminenti elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo. Non fermeremo le nostre operazioni anche a costo di mettere in pericolo i nostri aerei. Questo attacco che calpesta il diritto internazionale non ci impedirà di continuare a dare fastidio a chi vorrebbe che quanto avviene quotidianamente nel Mediterraneo rimanesse segreto e senza foto e video a documentarlo”.

      https://www.ilfattoquotidiano.it/2024/05/07/migranti-il-ministero-di-salvini-pronto-a-fermare-gli-aerei-delle-ong-ordinanze-dellenac-elusione-del-quadro-normativo/7539355

  • #Tunisie : la #morgue de #Sfax débordée par les corps de migrants

    D’une capacité de 35 places, la morgue de l’#hôpital de Sfax, dans le centre de la Tunisie, est actuellement à saturation : une centaine de corps de migrants sont en attente d’inhumation. La région concentre les départs d’embarcations chargées d’exilés vers l’Europe.

    Il n’y a pas assez de place pour les cadavres. D’après un responsable de la santé basé à Sfax, la morgue de l’hôpital, d’une capacité de 35 places, est à saturation : une centaine de corps de migrants sont en attente d’#inhumation.

    Face à la multiplication des décès en mer, les autorités tunisiennes locales souffrent d’un manque de capacités logistiques pour conserver ces corps, le temps que des tests ADN soient effectués pour identification et que des tombes soient réservées, explique Middle East Monitor.

    Ce n’est pas la première fois que la morgue de l’hôpital se retrouve dans cette situation. En mars 2023, les autorités avaient tiré la sonnette d’alarme, alors que 70 corps avaient été pris en charge.

    Pour répondre à l’urgence, le directeur régional de la santé avait lancé un appel « aux organisations de migration », en particulier l’Organisation internationale pour les migrations (OIM), « pour soutenir les efforts du système de santé local en fournissant des conteneurs réfrigérés et un camion réfrigéré pour transporter les corps à l’hôpital ».

    En mai 2022 aussi, l’établissement avait reçu 92 corps de migrants morts en mer, tous originaires d’Afrique subsaharienne. Faute de place, une quarantaine d’entre eux étaient « entassés sur le sol », avait déploré le porte-parole du tribunal de Sfax, Mourad Turki.
    Des naufrages en chaîne

    Cette région du centre de la Tunisie est le principal point de départ des embarcations d’exilés en partance pour l’Europe. Et les naufrages sont très nombreux. Mercredi 10 avril, deux embarcations parties de Tunisie ont chaviré en mer. L’un au large de Lampedusa : neuf personnes, dont une fillette, sont décédés, et 15 sont portées disparues. Le second naufrage s’est produit au large des côtes tunisiennes, sans que l’on ne retrouve les 45 passagers du bateau.

    Parfois, il faut attendre des jours voire des semaines après un naufrage avant que la mer ne recrache des corps sur les différentes plages du pays.

    Début avril, les autorités tunisiennes avaient aussi récupéré 13 corps de migrants au large du pays. Le 25 mars aussi, cinq corps de migrants ont été retrouvés par les garde-côtes tunisiens, sur le littoral centre.
    « Le racisme ici a tout chamboulé »

    Au cours du premier trimestre 2024, plus de 21 000 personnes parties des côtes tunisiennes ont atteint l’Italie, a déclaré à la radio Mosaïque FM le porte-parole de de la Garde nationale tunisienne, Houssam Eddine Jebabli.

    Les exilés embarquent dans de frêles bateaux en fer complètement inadaptés aux traversées en mer, poussés par des conditions de vie très difficiles dans le pays. Le racisme anti-Noirs, attisé par des propos du président Kaïs Saïed, est légion dans la région de Sfax notamment. Forcés de quitter la ville, des centaines de migrants survivent depuis plusieurs mois dans des camps délabrés, le long d’une route, sous des oliviers.

    Pour ces exilés qui survivent dans le dénuement le plus total, la seule solution reste un départ pour l’Europe. « Quand je suis arrivé en Tunisie, c’était pour y rester et construire ma vie : obtenir l’asile, continuer mes études dans l’informatique, et travailler un peu en parallèle, a raconté à InfoMigrants Miguel, un migrant camerounais installé dans un des camps près d’Al-Amra. Mais le racisme qu’il y a ici a tout chamboulé. Ça a cassé tous mes rêves ».

    Désormais le jeune homme n’aspire qu’à une chose : prendre la mer direction l’Italie. Malgré la dangerosité de la traversée. En 2023, 1 313 personnes parties des côtes tunisiennes ont disparu ou sont mortes en #mer_Méditerranée, selon les chiffres du Forum tunisien des droits économiques et sociaux (FTDES). Un nombre jamais atteint jusqu’ici.

    https://www.infomigrants.net/fr/post/56547/tunisie--la-morgue-de-sfax-debordee-par-les-corps-de-migrants
    #migrations #réfugiés #mourir_aux_frontières #morts_aux_Frontières #cadavres #identification #ADN #Méditerranée

  • Environ 900 corps de migrants ont été retrouvés en Tunisie depuis le début de l’année
    (info datant de juillet 2023)

    Selon le ministre tunisien de l’Intérieur, quelque 900 corps de migrants ont été découverts sur les côtes tunisiennes entre le 1er janvier et le 20 juillet. Parmi ces victimes figurent au moins au moins 260 ressortissants d’Afrique subsaharienne. Ce nombre tragique s’explique principalement par la très forte hausse des départs d’exilés due à la dégradation de la situation politique et économique dans le pays.

    C’est un nombre qui dit l’ampleur de la tragédie qui se déroule en Méditerranée centrale, au large des côtes tunisiennes. Mercredi 26 juillet, le ministre tunisien de l’Intérieur Kamel Feki a annoncé que 901 #corps de migrants ont été retrouvés sur les côtes tunisiennes entre le 1er janvier et le 20 juillet. Parmi ces victimes se trouvaient 26 Tunisiens, 267 « étrangers » (des Africains subsahariens) et 608 corps non-identifiés.

    De son côté, le porte-parole de la Garde nationale tunisienne, Houcem Eddine Jebabli a déclaré que 789 corps de migrants avaient été trouvés sur les côtes tunisiennes entre le 1er janvier et le 20 juin.

    Ce tragique record illustre l’explosion du nombre de tentatives de traversées de la Méditerranée au départ de la Tunisie, depuis le début de l’année. Le pays se place désormais en première place des pays de départs d’exilés de la région, devant la Libye. Les exilés prennent la mer dans l’espoir de rejoindre l’Europe, et notamment l’île italienne de Lampedusa, distante de seulement 180km de la ville de Sfax, d’où ont lieu la plupart des départs.

    Discours xénophobe

    L’augmentation des départs de Tunisie remonte à 2022 et au début de la guerre en Ukraine qui a aggravé la crise économique dans le pays. De nombreux migrants qui vivaient d’emplois informels dans le pays ont perdu leurs revenus. Au même moment, de nombreux jeunes Tunisiens choisissaient également de quitter le pays en raison de la hausse des prix.

    En février dernier, dans un discours, le président Kais Saied a accusé les migrants en Tunisie d’être à l’origine de « violence, de crimes et d’actes inacceptables ». Le président a également soutenu que l’immigration clandestine en Tunisie relevait d’une « entreprise criminelle ourdie à l’orée de ce siècle pour changer la composition démographique de la Tunisie », afin de la transformer en un pays « africain seulement » et estomper son caractère « arabo-musulman ».

    >> À lire : Tunisie : pourquoi le président Kaïs Saïed s’en prend-il aux migrants subsahariens ?

    Ces propos ont entraîné une vague de violences contre les Subsahariens dans le pays et a précipité le départ de nombreux d’entre eux. La plupart de ces départs se font depuis la région de Sfax, à l’est de la Tunisie. Dès le mois de mars, le personnel de la morgue de Sfax se disait totalement dépassé par le nombre de corps qui lui était confiés. Hatem Cherif, directeur régional de la santé à Sfax, cité par l’agence TAP, expliquait que « la semaine [précédente], la morgue [avait] compté 70 corps » pour seulement 35 places.
    « Tous les Subsahariens aspirent à aller en Europe »

    Dans la ville de Sfax la situation s’est encore dégradée après la mort, le 3 juillet, d’un Tunisien au cours d’affrontements entre migrants et population locale. À la suite de ces faits, de très nombreux exilés ont perdu leur emploi et ont été chassés de leur domicile. Des centaines de personnes ont également été arrêtées en pleine rue et envoyées dans des zones désertiques frontalières de la Libye et de l’Algérie. Face à ces menaces, de nombreux exilés ont décidé de quitter le pays alors qu’ils ne l’avaient pas envisagé auparavant.

    « Cette situation va précipiter les départs », assurait à InfoMigrants Salif*, un Ivoirien de 39 ans. Installé en Tunisie depuis plusieurs années avec sa femme et sa fille, il n’avait jamais envisagé de prendre la mer. Mais, comme beaucoup, il expliquait ne plus voir « d’autres solutions ». « Avec ce qu’il se passe en ce moment, tous les Subsahariens aspirent à aller en Europe, même ceux qui ne voulaient pas prendre la mer », affirmait-il début juillet.

    Une précipitation ressentie en Méditerranée par les ONG. « En 2022, nous n’avons pas opéré un seul sauvetage de personnes venues de Tunisie », confirme à InfoMigrants Caroline Willemen, responsable adjointe de la mission Search et Rescue de Médecins sans frontières (MSF). « Or, depuis janvier, on prend en charge plus de gens qui ont fui la Tunisie et cela s’est intensifié depuis début juillet ».

    « Lors de notre dernière mission [mi-juillet, ndlr], après un sauvetage près des côtes libyennes, les autorités italiennes nous ont demandé de les épauler pour secourir 11 canots dans la zone de recherche et de sauvetage. Tous étaient remplis de Subsahariens partis de Tunisie », ajoute-t-elle.

    Il faut ajouter à ces éléments que les départs d’embarcations depuis la Libye ne se sont jamais taris. De nombreux migrants continuent à prendre la mer depuis les côtes libyennes espérant atteindre Lampedusa. Un certain nombre de bateaux font naufrage en chemin et il arrive alors que des corps s’échouent sur les plages tunisiennes.
    Canots en métal

    Alors que le nombre de départs se multiplie, de nombreuses tentatives se finissent aussi en drame car la qualité des bateaux s’est dégradée ces derniers mois. Les canots pneumatiques et en bois ont été remplacés par des bateaux en métal assemblés à la va-vite et totalement inadaptés à la navigation en mer.

    « Les canots sont très lourds et […] il n’y a que 20 cm qui séparent les migrants de [la surface] de l’eau. À la première vague qui arrive sur le bateau, il coule immédiatement », expliquait en mai dernier Jens Janssen, avocat de l’ONG Resqship, interrogé par Reuters.

    Dans la ville tunisienne portuaire d’Ellouza, « les bateaux métalliques échoués et rongés par la rouille sont innombrables », a récemment décrit une reporter dans un article du Monde. Un pêcheur interrogé par la journaliste a, lui aussi, déploré l’utilisation de ces bateaux de « très mauvaise qualité ».

    Selon Rome, plus de 80 000 personnes ont traversé la Méditerranée et sont arrivées sur les côtes de la péninsule italienne depuis le début de l’année, contre 33 000 l’an dernier sur la même période, en majorité au départ du littoral tunisien et de Libye.

    La Méditerranée centrale - entre l’Afrique du Nord et l’Italie - est la route migratoire la plus dangereuse au monde en 2023, selon l’Organisation internationale des migrations (OIM), qui recense plus de 20 000 morts depuis 2014.

    https://www.infomigrants.net/fr/post/50678/environ-900-corps-de-migrants-ont-ete-retrouves-en-tunisie-depuis-le-d
    #xénophobie #racisme #mourir_aux_frontières #morts_aux_Frontières #décès #migrations #réfugiés #migrants_sub-sahariens #naufrages #Méditerranée #Mer_Méditerranée

    • Naufragio a Cutro

      https://www.youtube.com/watch?v=8DqKAVz7KSs&t=31s

      Li han visti nel buio aggrappati alle sponde,
      li hai sentiti gridare in mezzo alle onde.
      Hanno detto che c’era tempesta sul mare,
      la guardia costiera li ha guardati annegare.

      Fuggiti da guerre, violenze e da fame,
      da città sbriciolate fra bombe e pietrame
      Dove anche ai bambini è vietato sognare
      l’Europa civile non vuole aiutare.

      Addio, Mohamed, addio, Rashida,
      addio, Bashar, piccola Jalina.
      Non siete persone per chi è a governare,
      ma solo migranti annegati nel mare.

      Rischiare la pelle, i figli e i parenti,
      stipati su barche sfasciate e cadenti
      Ha detto il ministro, non è cosa da fare,
      vi respinge l’Europa, potete annegare.

      Un orsacchiotto incrostato di sabbia,
      fra assi divelte rimane la rabbia.
      Restan soltanto nei vari rottami,
      speranze spezzate di poveri umani.

      Addio, Mohamed, addio, Rashida,
      addio, Bashar, piccola Jalina.
      Non siete persone per chi è a governare,
      ma solo un carico residuale.

      Per giorni e per notti affiorano i corpi,
      li cercano in mare, li cercano in molti.
      Riemergeranno, basta avere pazienza,
      sono dell’Europa la sporca coscienza.

      Addio, Mohamed, addio, Rashida,
      addio, Bashar, piccola Jalina.
      Non siete persone per chi è a governare,
      ma solo migranti annegati nel mare.

      Addio, Mohamed, addio, Rashida,
      addio, Bashar, piccola Jalina.
      Non siete persone per chi è a governare,
      ma solo migranti annegati nel mare.

      #Marina_Corti #Bruno_Podestà #migrations #naufrage #chanson #musique #musique_et_politique #Cutro #mourir_aux_frontières #mourir_en_mer #Méditerranée #mer_Méditerranée #26_février_2023

  • Senza frontiere: La criminalizzazione dei cosiddetti #scafisti nel 2023

    1. Dati e monitoraggio della cronaca
    Numero di fermi

    Come negli anni precedenti, nel 2023 abbiamo monitorato sistematicamente la cronaca sulle notizie degli arresti dei cosiddetti scafisti. Abbiamo registrato 177 arresti negli ultimi 12 mesi (rispetto ai 171 arresti nel 2021 e ai 261 arresti nel 2022). Una dichiarazione di Piantedosi che sostiene che “550 scafisti” sono stati arrestati nel biennio 2022-23 – visto che nell’aprile il governo ha rivendicato c. 350 fermi per 2022 – ci fa stimare un totale di 200 fermi nel 2023. Dal 2013, quindi, sono state fermate ormai circa 3.200 persone.

    Il numero di arresti nel 2023 non solo è inferiore in termini assoluti rispetto agli anni precedenti, ma mostra una diminuzione ancora più significativa in termini relativi. Nel 2023, circa 157.000 persone sono arrivate in Italia via mare, il che significa che sono state arrestate circa tre persone ogni 2.000 arrivi. Nel 2021 e nel 2022, il tasso di criminalizzazione era due volte questo.

    Esistono diverse ragioni che potrebbero spiegare questa diminuzione. La più significativa sembra essere un cambiamento di politica ad Agrigento e Lampedusa nel non effettuare arresti sistematici dopo gli sbarchi, concentrandosi invece su casi specifici che coinvolgono accuse di morti durante il viaggio, torture e, per la prima volta, pirateria. Ci teniamo ad aggiungere che – appoggiando il lavoro dell’associazione Maldusa – stiamo seguendo casi in cui le persone sono accusate dei suddetti reati, che hanno suscitato in noi importanti dubbi sulla correttezza delle accuse e sulle modalità con cui vengono portati avanti questi procedimenti penali che spesso sembrano vere e proprie sperimentazioni giuridiche. È anche evidente che le autorità ad Agrigento effettuano continuamente arresti di persone, soprattutto cittadini tunisini, che, essendo rientrati in Italia dopo espulsioni precedenti, sono imputati del reato di violazione del divieto di reingresso. Questo dimostra una manipolazione molto evidente del diritto penale come mezzo per sostenere le ingiuste politiche di chiusura e respingimento.

    Luoghi di fermo e il decreto Piantedosi

    In secondo luogo, l’anno scorso è stata attuata una nuova strategia nella guerra italiana contro le navi di soccorso delle ONG, a cui sono stati assegnati porti di sbarco in tutta Italia (il decreto Piantedosi). Un effetto collaterale è che spesso i luoghi che hanno accolto le imbarcazioni non hanno visto tanti sbarchi prima di quest’anno, e sono quindi poco familiari con la criminalizzazione sistematica che si è agita negli ultimi anni. Nei porti settentrionali a volte sono stati disposti gli arresti, che spesso poi non sono stati convalidati dai Giudici locali, che non hanno ritenuto neppure di disporre una misura cautelare dato che le prove contro gli imputati erano troppo deboli. Mentre ad Agrigento e nei porti del Nord possiamo forse notare una certa resistenza alla solita politica degli arresti sistematici dei capitani, lo stesso non si può dire in altre parti d’Italia. Nella Sicilia orientale e in Calabria un alto numero di persone è stato arrestato e incarcerato. Augusta ha registrato 28 arresti, Siracusa 11; Crotone ha visto 24 arresti e Roccella 18. E come si può vedere dalla mappa, questo modello si replica in altri porti delle stesse zone.

    Nazionalità

    Nel 2023, come nel 2021 e nel 2022, le autorità hanno preso di mira in particolare i cittadini egiziani, identificandone almeno 60 come capitani. Ciò è notevolmente diverso da quanto avveniva prima del 2020, quando gli egiziani avevano smesso di essere la principale nazionalità criminalizzata. Questa inversione di tendenza ha visto circa 300 cittadini egiziani arrestati dal 2020, la maggior parte dei quali probabilmente è ancora nelle carceri italiane.

    Un cambiamento significativo delle nazionalità delle persone arrestate registrato nel 2023 è invece l’importante aumento della criminalizzazione delle persone migranti provenienti dai paesi asiatici, che ammontano a circa 40 persone fermate quest’anno.

    Con riferimento alla rotta ionica, che arriva in Calabria – la stessa utilizzata dalla barca che è tragicamente affondata vicino a Cutro – nel 2021 la maggior parte delle persone arrestate come capitani proveniva da Russia e Ucraina. Con l’inizio della guerra, sono arrivate molte meno persone con queste nazionalità, mentre abbiamo assistito ad un allarmante aumento della persecuzione dei cittadini turchi nel 2022. Nell’ultimo anno, invece, abbiamo assistito a pochi arresti di persone provenienti dall’Europa orientale o dalla Turchia, e molti di più di persone provenienti dagli stati dell’Asia centrale.

    Va detto che la diminuzione dei fermi eseguiti dalla Procura di Agrigento dovrebbe essere letta alla luce della massiccia operazione posta in essere dalla polizia tunisina, con la benedizione e il finanziamento dell’Europa, contro i cosiddetti trafficanti a Sfax. I governi si vantano di ben 750 fermi nel paese nordafricano negli ultimi tre mesi, accanto a strategie violente di intercettazione e refoulement, come denunciato sia da Amnesty che dal Forum tunisino per i diritti economici e sociali. Anche in Egitto, l’inasprimento della legge nazionale contro i ‘trafficanti’ ha portato a diffusi arresti e processi ingiusti. Ad esempio, l’11 giugno 2023, una campagna di arresti ingiustificati per “smuggling” ha portato alla morte, alla città di Marsa Matruh, di un cittadino egiziano per colpi di arma da fuoco inferti dalla polizia, come ha denunciato Refugees Platform in Egypt. A livello dell’UE, si provano invece ad affinare gli strumenti legali, accrescendo le infrastrutture di controllo e criminalizzazione della frontiera e proponendo emendamenti – come quelli presentati in occasione del lancio dell’Alleanza globale contro il traffico di migranti – al cosiddetto Facilitators Package (in italiano “pacchetto facilitatori”).

    È chiaro quindi che, mentre festeggiamo alcune limitate vittorie, non possiamo negare che il “trafficante/scafista” rimane il capro espiatorio per eccellenza in Europa e non solo.
    2. Un anno di casi e udienze

    Attualmente seguiamo la situazione di 107 persone accusate di essere ‘scafisti’, 66 delle quali sono ancora in carcere. Dei detenuti, 32 si trovano in Sicilia e 16 in Calabria; gli altri sono sparsi in tutta Italia. Come ci si aspetterebbe dagli arresti degli ultimi anni, quasi la metà delle persone detenute che seguiamo proviene dall’Africa del Nord (30 su 44), mentre la maggior parte di quelle provenienti dall’Africa occidentale con cui siamo in contatto sono ormai libere (23 su 30). Siamo anche in contatto con 24 persone provenienti da paesi asiatici (tra cui Turchia, Palestina e i paesi ex-sovietici), la maggior parte delle quali è ancora detenuta.
    Cutro

    E’ trascorso poco meno di un anno da quando quasi 100 persone hanno perso la vita nelle acque di Cutro, in Calabria. Il Governo ha reagito non solo con finta commozione e decreti razzisti, ma anche, come quasi sempre accade, con un processo contro i cosiddetti scafisti. Insieme alle realtà calabresi, seguiamo attentamente i processi contro Khalid, Hasab, Sami, Gun e Mohamed, sopravvissuti al naufragio e provenienti dalla Turchia e dal Pakistan: ora si devono difendere contro il Ministero dell’Interno, il Consiglio dei Ministri e la Regione Calabria che si sono costituiti parti civili nel processo penale. Le istituzioni governative, anche se non esiste un fondo per questo, chiedono un risarcimento superiore a un milione di euro per danni al turismo e all’immagine: come se la tragedia del massacro di Cutro fosse questa.
    Processi

    Sono diversi i procedimenti penali che siamo riusciti a seguire da vicino, offrendo il nostro supporto ad avvocatə e persone criminalizzate, e, in alcuni casi, andando personalmente alle udienze.

    - Tra le vittorie ottenute non possiamo non citare la recentissima sentenza di assoluzione emessa dalla Corte di Appello di Messina in favore di Ali Fabureh, un giovane ragazzo gambiano che era stato erroneamente condannato dal Tribunale di Messina a 10 anni di carcere senza che – come appurato dalla Corte – avesse mai preso un timone in mano. E sempre a Messina abbiamo registrato un’altra importante vittoria: si è, infatti, concluso con una sentenza di assoluzione anche il procedimento penale iniziato due anni fa contro 4 persone accusate di aver condotto un peschereccio con a bordo centinaia di persone ed essere responsabili della morte di 5 di esse. Tra le persone assolte c’è A., che attualmente è ospitato presso l’associazione Baobab, e con cui continuiamo a rimanere in contatto. Un’altra importante vittoria di quest’anno è stata raggiunta a febbraio a Palermo, quando il Tribunale ha assolto 10 persone accusate di art. 12 TUI, riconoscendo loro lo stato di necessità per le violenze subite in Libia e aprendo la strada, si spera, a un maggior riconoscimento di questa causa di giustificazione. La sentenza è ora definitiva.
    - Purtroppo non tutti i procedimenti seguiti si sono conclusi positivamente, a dimostrazione del fatto che, anche se qualche passo nella direzione giusta è stato fatto, ne restano ancora tanti da compiere. Spesso può succedere che il processo contro due imputati nello stesso procedimento, ha avuto esiti diversi. Questo è stato il caso in un processo nei confronti di due cittadini senegalesi al Tribunale di Agrigento, che ha disposto l’archiviazione per uno di loro, mentre per l’altro il processo continua.
    – Altre volte è stata emessa una sentenza di condanna senza assoluzioni o archiviazioni. Questo è il caso della riprovevole condanna di 7 anni inflitta dal Tribunale di Locri a Ahmid Jawad, magistrato afghano che ancora lotta per dimostrare che era un semplice passeggero dell’imbarcazione che dalla Turchia l’ha condotto in Italia. E’ anche la situazione di Ahmed, che si è visto rigettare l’appello proposto alla Corte di Appello di Palermo avverso la sentenza di condanna del Tribunale di Agrigento.
    - Inoltre, non possiamo non mostrare indignazione e preoccupazione per i casi, come quello di E. (egiziano) al tribunale di Locri e M. e J. (del Sierra Leone) a Reggio Calabria, con cui siamo in contatto, a cui è stata applicata la nuova fattispecie di reato di cui all’art. 12 bis TUI, introdotta con il decreto Cutro, che prevede pene ancora più elevate. Seguiamo il loro processo da lontano: a gennaio, il tribunale di Locri ha rigettato la richiesta di remissione alla Corte Costituzionale presentata dagli avvocati per contestare l’art 12 bis.

    Centri di permanenza per il rimpatrio (CPR)

    I problemi per le persone accusate di essere ‘scafisti’ non finiscono a fine pena, e anche con riferimento alla detenzione nei CPR abbiamo seguito casi che hanno avuto esiti molto diversi. Siamo felicə che gli ultimi due casi seguiti si siano conclusi in modo positivo. Nel mese di dicembre, infatti, una donna ucraina e un uomo tunisino entrambə codannatə per art. 12 TUI, sono statə scarceratə, rispettivamente dalle carceri di Palermo e di Caltagirone, senza essere deportatə presso i centri di detenzione. Sicuramente nel primo caso ha inciso la nazionalità della persona, mentre nel secondo il sovraccaricamento dei centri.

    Purtroppo non sempre è stato possibile evitare il CPR. Molte persone seguite, nonostante la richiesta asilo presentata tempestivamente, sono state trattenute nei centri di detenzione, chi per pochi giorni, chi per due mesi. Per circostanze che sembrano spesso fortuite, la maggior parte è riuscita ad uscire e, anche se con poche prospettive di regolarizzarsi, possono vivere in “libertà” in Italia.

    Purtroppo, per due persone seguite le cose sono andate diversamente. La macchina burocratica ha mostrato il suo volto più spietato e sono stati rimpatriati prima che avessero la possibilità di ricevere un aiuto più concreto; oggi si trovano in Gambia e Egitto. Nell’ultimo caso, la situazione è ancora più preoccupante perché era stato assolto dal Tribunale di Messina; nonostante ciò, all’uscita dal carcere lo aspettava la deportazione.
    Misure alternative

    Quest’anno è stato particolarmente significativo in termini del superamento del regime ostativo alle misure alterantive alla detenzione posto dall’art. 4 bis o.p., che si applica a chi subisce una condanna per art. 12 TUI. Abbiamo infatti registrato i primi casi in cui le persone incarcerate che seguiamo hanno potuto accedere a misure alternative alla detenzione. Questo è stato il caso di B., che ha ottenuto dal Tribunale di Sorveglianza di Palermo l’affidamento in prova ai servizi sociali in provincia di Sciacca. Adesso che ha raggiunto il fine pena si è stabilito lì, in poco più di un mese ha aggiunto i suoi obiettivi personali: ha un lavoro e una rete sociale. E questa è la storia anche di A., e O., che hanno fatto accesso alle misure alternative presso la comunità Palermitana Un Nuovo Giorno. Rimaniamo, invece, in attesa dell’esito della seconda istanza di accesso per M., cugino di B., con cui tentiamo dal 2022, e che speriamo possa presto vedere il cielo oltre le quattro mura.

    Abbiamo anche seguito 6 persone, tra cui i 3 accusati palestinesi che l’estate scorsa sono entrati in sciopero della fame, che sono riusciti ad accedere agli arresti domiciliari, che pur non essendo oggetto dell’art. 4 bis o.p., nel corso degli anni sono comunque rimasti difficili da ottenere. Queste vittorie sono state possibili grazie ai tentativi, a volte ripetuti, dellə loro avvocatə difensorə, e alle offerte di ospitalità di un numero crescente di realtà conosciute.

    È bello vedere che qualcuno riesce a sgusciare attraverso alcune crepe di questo meccanismo. Certamente lavoreremo per continuare ad allargarle, anche se sappiamo che questo strumento può solo alleviare la sofferenza di alcune persone, e certamente non riparare i danni subiti per la loro detenzione.
    3. Rete

    Per noi è fondamentale ribadire che è solo grazie a una rete forte, impegnata, diffusa e informata, che questo lavoro è possibile. Anche quest’anno, possiamo dire di aver avuto il grandissimo piacere di collaborare con realtà diverse, in tanti luoghi, da Torino a Napoli, da Lampedusa a Londra, da Roma a Bruxelles e New York.

    In particolare, segnaliamo la campagna recentemente avviata Free #Pylos 9, promossa della rete Captain Support, per le persone arrestate in seguito al massacro di Pylos in Grecia. Negli ultimi mesi abbiamo inoltre avuto modo di conoscere realtà solidali a Bruxelles, tra cui PICUM, che ha organizzato a fine novembre un incontro di scambio sulle pratiche di criminalizzazione attuate intorno al controllo della migrazione. Qui abbiamo avuto l’opportunità di aprire insieme una conversazione sul lancio della nuova Alleanza Globale Europea contro il Traffico di Migranti, che stava avvenendo proprio in quei giorni.

    A New York a novembre abbiamo partecipato alla conferenza dell’Università di Columbia sulla criminalizzazione della migrazione nel mondo, e abbiamo presentato il nostro lavoro al centro sociale Woodbine, insieme ad altri gruppi locali impegnati nella lotta contro le frontiere.

    Qua in Italia, se da un lato il decreto Piantedosi ha ottusamente costretto le navi ONG a sbarcare in diversi porti d’Italia (come abbiamo scritto nei paragrafi sopra), dall’altro ha contribuito a catalizzare la consapevolezza sugli arresti allo sbarco in diverse città. Grazie al lavoro di alcunə avvocatə e individui solidali a Napoli, e con il supporto della Clinica Legale Roma 3, le persone arrestate agli sbarchi in Campania hanno avuto accesso a un supporto indipendente ed esaustivo.

    L’evento Capitani Coraggiosi, organizzato da Baobab Experience alla Città dell’Altra Economia a Roma, ha visto proiezione del film Io Capitano di Matteo Garrone (ora fra i candidati agli Oscar), e un dibattito col regista e con altre persone impegnate in questa lotta. Qui è stata lanciata la campagna in vista della presentazione della richiesta di revisione del caso di Alaji Diouf, che ha subito una condanna di 7 anni per il reato di favoreggiamento. Adesso, Alaji chiede che sia fatta giustizia sul suo caso, come affermato nel suo intervento dopo la proiezione del film “Io Capitano”, quando ha detto “Tutto quello che succede dopo, da lì parte davvero il film. […] ora che sono libero voglio far conoscere al mondo la verità”.

    ‘Dal mare al carcere’
    un progetto di Arci Porco Rosso e borderline-europe
    4° report trimestrale 2023.

    Leggete il report ‘Dal mare al carcere’ (2021), e i seguenti aggiornamenti trimestrale, al www.dal-mare-al-carcere.info.

    Ringraziamo Iuventa Crew, Sea Watch Legal Aid e Safe Passage Fund che hanno supportato il nostro lavoro nel 2023. Vuoi sostenerlo anche tu? Puoi contribuire alla nostra raccolta fondi.

    https://arciporcorosso.it/senza-frontiere
    #scafista #criminalisation_de_la_migration #migrations #asile #réfugiés #frontières #Méditerranée #mer_Méditerranée #Arci_Porco_Rosso #Italie #chiffres #statistiques #2023 #justice #procès #détention_administrative #rétention #Cutro

  • FROM LIBYA TO TUNISIA : HOW THE EU IS EXTENDING THE PUSH-BACK REGIME BY PROXY IN THE CENTRAL MEDITERRANEAN

    On August 21, 2023, the rescue ship Aurora from Sea Watch was detained by the Italian authorities after refusing to disembark survivors in Tunisia as ordered by the Rome MRCC (Maritime Rescue Coordination Center), a country which by no means can be considered a place of safety.

    This episode is just one example of the efforts of European states to avoid arrivals on their shores at all costs, and to evade their responsibility for reception and #Search_and_Rescue (#SAR). Already in 2018, the European Commission, with its disembarkation platform project, attempted to force sea rescue NGOs to disembark survivors in North Africa. While this project was ultimately unsuccessful as it stood, European states have endeavored to increase the number of measures aimed at reducing crossings in the central Mediterranean.

    One of the strategies employed was to set up a “push-back by proxy regime”, outsourcing interceptions at sea to the Libyan Coast guards, enabling the sending back of people on the move to a territory in which their lives are at risk, undertaken by Libyan border forces under the control of the EU authorities, in contravention of principle of non-refoulement, one of the cornerstones of international refugee law. Since 2016, the EU and its member states have equipped, financed, and trained the Libyan coastguard and supported the creation of a MRCC in Tripoli and the declaration of a Libyan SRR (search and rescue region).

    This analysis details how the European Union and its member states are attempting to replicate in Tunisia the regime of refoulement by proxy set up in Libya just a few years earlier. Four elements are considered: strengthening the capacities of the Tunisian coastguard (equipment and training), setting up a coastal surveillance system, creating a functional MRCC and declaring a Tunisian SRR.
    A. Building capacity of the Garde Nationale Maritime
    Providing equipment

    For several decades now, Tunisia has been receiving equipment to strengthen its coast guard capabilities. After the Jasmine Revolution in 2011, Italy-Tunisia cooperation deepened. Under the informal agreement of April 5, 2011, 12 boats were delivered to the Tunisian authorities. In 2017, in a joint statement by the IItalian Ministry of Foreign Affairs and its Tunisian counterpart, the two parties committed to “closer cooperation in the fight against irregular migration and border management,” with a particular focus on the maritime border. In this context, the Italian Minister declared Italy’s support for the modernization and maintenance of the patrol vessels supplied to Tunisia (worth around 12 million euros) and the supply of new equipment for maritime border control. On March 13, 2019, Italy also supplied Tunisia with vehicles for maritime border surveillance, sending 50 4-wheelers designed to monitor the coasts.

    Recently, Germany also started to support the coast guard more actively in Tunisia, providing it with equipment for a boat workshop designed to repair coast guard vessels in 2019. As revealed in an answer to a parliamentary question, in the last two years, the Federal Police also donated 12 inflatable boats and 27 boat motors. On the French side, after a visit in Tunis in June 2023, the Interior Minister Gérard Darmanin announced 25 million euros in aid enabling Tunisia to buy border policing equipment and train border guards. In August 2023, the Italian authorities also promised hastening the provision of patrol boats and other vehicles aimed at preventing sea departures.

    Apart from EU member states, Tunisia has also received equipment from the USA. Between 2012 and 2019, the Tunisian Navy was equipped with 26 US-made patrol boats. In 2019, the Tunisian national guard was also reinforced with 3 American helicopters. Primarily designed to fight against terrorism, the US equipment is also used to monitor the Tunisian coast and to track “smugglers.”

    Above all, the supply of equipment to the Tunisian coastguard is gaining more and more support by the European Union. Following the EU-Tunisia memorandum signed on July 16, 2023, for which €150 million was pledged towards the “fight against illegal migration”, in September 2023, Tunisia received a first transfer under the agreement of €67 million “to finance a coast guard vessel, spare parts and marine fuel for other vessels as well as vehicles for the Tunisian coast guard and navy, and training to operate the equipment.”

    In a letter to the European Council, leaked by Statewatch in October 2023, the European Commission president Ursula von der Leyen highlighted the provision of vessels and support to the Tunisian coast guards: “Under the Memorandum of Understanding with Tunisia, we have delivered spare parts for Tunisian coast guards that are keeping 6 boats operation and others will be repaired by the end of the year.”
    Trainings the authorities

    In addition to supplying equipment, the European countries are also organizing training courses to enhance the skills of the Tunisian coastguard. In 2019, Italy’s Interior Ministry released €11 million to Tunisia’s government for use in efforts to stem the crossing of people on the move from Tunisia, and to provide training to local security forces involved in maritime border control.

    Under the framework of Phase III of the EU-supported IBM project (Integrated Border Management), Germany is also organizing training for the Tunisian coast guards. As revealed in the answer to a parliamentary question mentioned before, the German Ministry of Interior admitted that 3.395 members of the Tunisian National Guard and border police had been trained, including within Germany. In addition, 14 training and advanced training measures were carried out for the National Guard, the border police, and the coast guard. These training sessions were also aimed at learning how to use “control boats.”

    In a document presenting the “EU Support to Border Management Institutions in Libya and Tunisia” for the year 2021, the European Commission announced the creation of a “coast guard training academy.” In Tunisia, the project consists of implementing a training plan, rehabilitating the physical training environment of the Garde Nationale Maritime, and enhancing the cooperation between Tunisian authorities and all stakeholders, including EU agencies and neighboring countries. Implemented by the German Federal Police and the International Centre for Migration Policy Development (ICMPD), the project started in January 2023 and is supposed to run until June 2026, to the sum of 13,5 million EUR.

    Although the European Commission underlines the objective that “the Training Academy Staff is fully aware and acting on the basis of human rights standards” the increase in dangerous maneuvers and attacks perpetrated by the Tunisian coast guard since the increase in European support leaves little doubt that respect for human rights is far from top priority.

    On November 17, 2023, the ICMPD announced on its Linkedin account the inauguration of the Nefta inter-agency border management training center, as a benefit to the three agencies responsible for border management in Tunisia (Directorate General Directorate of Borders and Foreigners of the Ministry of the Interior, the General Directorate of Border Guard of the National Guard and the General Directorate of Customs).
    B. Setting up a coastal surveillance system

    In addition to supplying equipment, European countries also organize training courses to enhance the skills of European coastguards in the pursuit of an “early detection” strategy, which involves spotting boats as soon as they leave the Tunisian coast in order to outsource their interception to the Tunisian coastguard. As early as 2019, Italy expressed its willingness to install radar equipment in Tunisia and to establish “a shared information system that will promptly alert the Tunisian gendarmerie and Italian coast guard when migrant boats are at sea, in order to block them while they still are in Tunisian waters.” This ambition seems to have been achieved through the implementation of the system ISMaris in Tunisia.
    An Integrated System for Maritime Surveillance (ISMaris)

    The system ISMaris, or “Integrated System for Maritime Surveillance”, was first mentioned in the “Support Programme to Integrated Border Management in Tunisia” (IBM Tunisia, launched in 2015. Funded by the EU and Switzerland and implemented by the International Centre for Migration Policy Development (ICMPD), the first phase of the program (2015-2018) supported the equipment of the Garde Nationale Maritime with this system, defined as “a maritime surveillance system that centralizes information coming from naval assets at sea and from coastal radars […] [aiming] to connect the sensors (radar, VHF, GPS position, surveillance cameras) on board of selected Tunisian Coast Guard vessels, control posts, and command centers within the Gulf of Tunis zone in order for them to better communicate between each other.”

    The implementation of this data centralization system was then taken over by the “Border Management Programme for the Maghreb Region” (BMP-Maghreb), launched in 2018 and funded by the EU Emergency Trust Fund for Africa. The Tunisia component, funded with €24,5 million is implemented by ICMPD together with the Italian Ministry of Interior and designed to “strengthen the capacity of competent Tunisian authorities in the areas of maritime surveillance and migration management, including tackling migrant smuggling, search and rescue at sea, as well as in the coast guard sphere of competence.” With the BMP programme, the Tunisian Garde Maritime Nationale was equipped with navigational radars, thermal cameras, AIS and other IT equipment related to maritime surveillance.
    Data exchange with the EU

    The action document of the BMP program clearly states that one of the purposes of ISMaris is the reinforcement of “operational cooperation in the maritime domain between Tunisia and Italy (and other EU Member States, and possibly through EUROSUR and FRONTEX).” Established in 2013, the European Border Surveillance system (EUROSUR) is a framework for information exchange and cooperation between Member States and Frontex, to prevent the so-called irregular migration at external borders. Thanks to this system, Frontex already monitors the coast regions off Tunisia using aerial service and satellites.

    What remains dubious is the connection between IS-Maris and the EU surveillance-database. In 2020, the European Commission claimed that ISMariS was still in development and not connected to any non-Tunisian entity such as Frontex, the European Border Surveillance System (EUROSUR) or the Italian border control authorities. But it is likely that in the meantime information exchange between the different entities was systematized.

    In the absence of an official agreement, the cooperation between Frontex and Tunisia is unclear. As already mentioned in Echoes#3, “so far, it has not been possible to verify if Frontex has direct contact with the Tunisian Coast Guard as it is the case with the Libyan Coast Guard. Even if most of the interceptions happen close to Tunisian shores, some are carried out by the Tunisian Navy outside of territorial waters. […] Since May 2021 Frontex has been flying a drone, in addition to its different assets, monitoring the corridor between Tunisia and Lampedusa on a daily basis. While it is clear that Frontex is sharing data with the Italian authorities and that Italian authorities are sharing info on boats which are on the way from Tunisia to Italy with the Tunisian side, the communication and data exchanges between Frontex and Tunisian authorities remain uncertain.”

    While in 2021, Frontex reported that “no direct border related activities have been carried out in Tunisia due to Tunisian authorities’ reluctance to cooperate with Frontex”, formalizing the cooperation between Tunisia and Frontex seems to remain one of the EU’s priorities. In September 2023, a delegation from Tunisia visited Frontex headquarters in Poland, with the participation of the Ministries of Interior, Foreign Affairs and Defence. During this visit, briefings were held on the cross-border surveillance system EUROSUR and where all threads from surveillance from ships, aircraft, drones and satellites come together.

    However, as emphasized by Mathias Monroy, an independent researcher working on border externalization and the expansion of surveillance systems, “Tunisia still does not want to negotiate such a deployment of Frontex personnel to its territory, so a status agreement necessary for this is a long way off. The government in Tunis is also not currently seeking a working agreement to facilitate the exchange of information with Frontex.”

    This does not prevent the EU from continuing its efforts. In September 2023, in the wake of the thousands of arrivals on the island of Lampedusa, the head of the European Commission, Ursula von der Leyen, reaffirmed, in a 10-point action plan, the need to have a “working arrangement between Tunisia and Frontex” and to “step up border surveillance at sea and aerial surveillance including through Frontex.” In a letter written by the European Commission in reply to the LIBE letter about the Tunisia deal sent on the Greens Party initiative in July 2023, the EU also openly admits that IT equipment for operations rooms, mobile radar systems and thermal imaging cameras, navigation radars and sonars have been given to Tunisia so far and that more surveillance equipment is to come.

    To be noted as well is that the EU4BorderSecurity program, which includes support to “inter-regional information sharing, utilizing tools provided by Frontex” has been extended for Tunisia until April 2025.
    C. Supporting the creation of a Tunisian MRCC and the declaration of a Search and rescue region (SRR)
    Building a MRCC in Tunisia, a top priority for the EU

    In 2021, the European Commission stated the creation of a functioning MRCC in Tunisia as a priority: “Currently there is no MRCC in Tunisia but the coordination of SAR events is conducted by Tunisian Navy Maritime Operations Centre. The official establishment of a MRCC is a necessary next step, together with the completion of the radar installations along the coast, and will contribute to implementing a Search and rescue region in Tunisia. The establishment of an MRCC would bring Tunisia’s institutional set-up in line with the requirements set in the International Convention on Maritime Search and Rescue (SAR) of 1979 (as required by the Maritime Safety Committee of the International Maritime Organisation IMO).”

    The objective of creating a functioning Tunisian MRCC is also mentioned in a European Commission document presenting the “strategy for the regional, multi-country cooperation on migration with partner countries in North Africa” for the period 2021-2027. The related project is detailed in the “Action Document for EU Support to Border Management Institutions in Libya and Tunisia (2021),” whose overall objective is to “contribute to the improvement of respective state services through the institutional development of the Maritime Rescue Coordination Centres” in the North Africa region. The EU also promotes a “regional approach to a Maritime Rescue Coordination Center,” that “would improve the coordination in the Central Mediterranean in conducting SAR operations and support the fight against migrant smuggling and trafficking in human beings networks in Libya and Tunisia.”

    The Tunisia component of the programs announces the objective to “support the establishment of a Maritime Rescue Coordination Centre, [… ] operational 24/7 in a physical structure with functional equipment and trained staff,” establishing “cooperation of the Tunisian authorities with all national stakeholders, EU agencies and neighbouring countries on SAR.”

    This project seems to be gradually taking shape. On the website of Civipol, the French Ministry of the Interior’s service and consultancy company, a new project entitled “Support for Search and Rescue Operations at Sea in Tunisia” is mentioned in a job advertisement. It states that this project, funded by the European Union, implemented together with the GIZ and starting in September 2023, aims to “support the Tunisian authorities in strengthening their operational capacities (fleet and other)” and “provide support to the Tunisian authorities in strengthening the Marine Nationale and the MRCC via functional equipment and staff training.”

    In October 2023, the German development agency GIZ also published a job offer for a project manager in Tunisia, to implement the EU-funded project “Support to border management institution (MRCC)” in Tunisia (the job offer was deleted from the website in the meantime but screenshots can be shared on demand). The objective of the project is described as such: “improvement of the Tunisia’s Search and Rescue (SAR) capacity through reinforced border management institutions to conduct SAR operations at sea and the fight against migrant smuggling and human being trafficking by supporting increased collaboration between Tunisian actors via a Maritime RescueCoordination Centre (MRCC).”

    According to Mathias Monroy, other steps have been taken in this direction: “[the Tunisian MRCC] has already received an EU-funded vessel tracking system and is to be connected to the “Seahorse Mediterranean” network. Through this, the EU states exchange information about incidents off their coasts. This year Tunisia has also sent members of its coast guards to Italy as liaison officers – apparently a first step towards the EU’s goal of “linking” MRCC’s in Libya and Tunisia with their “counterparts” in Italy and Malta.”

    The establishment of a functional MRCC represents a major challenge for the EU, with the aim to allow Tunisia to engage actively in coordination of interceptions. Another step in the recognition of the Tunisian part as a valid SAR actor by the IMO is the declaration of a search and rescue region (SRR).
    The unclear status of the current Tunisian area of responsibility

    Adopted in 1979 in Hamburg, the International Convention on Maritime Search and Rescue (SAR – Search & Rescue Convention) aimed to establish an international search and rescue plan to encourage cooperation and coordination between neighboring states in order to ensure better assistance to persons in distress at sea. The main idea of the convention is to divide seas and oceans into search and rescue zones in which states are responsible for providing adequate SAR services, by establishing rescue coordination centers and setting operating procedures to be followed in case of SAR operations.

    Whereas Tunisia acceded to the treaty in 1998, this was not followed by the delimitation of the Tunisian SAR zone of responsibilities nor by regional agreements with neighboring states. It is only in 2013 that Tunisia declared the limits of its SRR, following the approval of the Maghreb Convention in the Field of Search and Rescue in 2013 and by virtue of Decree No. 2009-3333 of November 2, 2009, setting out the intervention plans and means to assist aircraft in distress. In application of this norm, Tunisian authorities are required to intervene immediately, following the first signal of help or emergency, in the limits of the Tunisia sovereign borders (12 nautical miles). This means that under national legislation, Tunisian authorities are obliged to intervene only in territorial waters. Outside this domain, the limits of SAR interventions are not clearly defined.

    A point to underline is that the Tunisian territorial waters overlap with the Maltese SRR. The Tunisian Exclusive Economic Zone – which does not entail any specific duty connected to SAR – also overlaps with the Maltese SRR and this circumstance led in the past to attempts by the Maltese authorities to drop their SAR responsibilities claiming that distress cases were happening in this vast area. Another complex topic regards the presence, in international waters which is part of the Maltese SRR, of Tunisian oil platforms. Also, in these cases the coordination of SAR operations have been contested and were often subject to a “ping-pong” responsibility from the involved state authorities.
    Towards the declaration of a huge Tunisian SRR?

    In a research document published by the IMO Institute (International Maritime Organization), Akram Boubakri (Lieutenant Commander, Head, Maritime Affairs, Tunisian Coast Guard according to IMO Institute website) wrote that at the beginning of 2020, Tunisia officially submitted the coordinates of the Tunisian SRR to the IMO. According to this document, these new coordinates, still pending the notification of consideration by the IMO, would cover a large area, creating two overlapping areas with neighboring SAR zones – the first one with Libya, the second one with Malta* (see map below):

    *This delimitation has to be confirmed (tbc). Nothing proves that the coordinates mentioned in the article were actually submitted to the IMO

    As several media outlets have reported, the declaration of an official Tunisian SRR is a project supported by the European Union, which was notably put back on the table on the occasion of the signing of the Memorandum of Understanding signed in July 2023 between the EU and Tunisia.

    During the summer 2023, the Civil MRCC legal team initiated a freedom of information access request to the Tunisian authorities to clarify the current status of the Tunisian SRR. The Tunisian Ministry of Transport/the Office of the Merchant Navy and Ports replied that”[n]o legal text has yet been published defining the geographical marine limits of the search and rescue zone stipulated in the 1979 International Convention for Search and Rescue […]. We would like to inform you that the National Committee for the Law of the Sea, chaired by the Ministry of National Defence, has submitted a draft on this subject, which has been sent in 2019 to the International Maritime Organisation through the Ministry of Transport.” A recourse to the Ministry of Foreign Affairs and the Interior was sent but no reply was received yet.

    Replying in December 2023 to a freedom of information access request initiated by the Civil MRCC, the IMO stated that “Tunisia has not communicated their established search and rescue region to the IMO Secretariat.” However, on November 3, 2023, the Tunisian Ministerial Council adopted a “draft law on the regulation of search and rescue at sea in Tunisia’s area of responsibility.” A text which, according to FTDES, provides for the creation of a Tunisian SAR zone, although it has not yet been published. While the text still has to be ratified by the parliament, it is quite clear that the Tunisian authorities are currently making concrete steps to align on the IMO standards and, by doing so, on the EU agenda.
    Conclusion: A EU strategy to escape from its SAR responsibilities

    While some analysts have seen the drop in arrivals in Italy from Tunisia in recent months as a sign of the “success” of the European Union’s strategy to close its borders (in November, a drop of over 80% compared to the summer months), in reality, the evolution of these policies proves that reinforcing a border only shifts migratory routes. From autumn onwards, the Libyan route has seen an increase in traffic, with many departing from the east of the country. These analyses fail to consider the agency of people on the move, and the constant reinvention of strategies for transgressing borders.

    While condemning the generalization of a regime of refoulement by proxy in the central Mediterranean and the continued brutalization of the border regime, the Civil MRCC aims to give visibility to the autonomy of migration and non-stop solidarity struggles for freedom of movement!

    https://civilmrcc.eu/from-libya-to-tunisia-how-the-eu-is-extending-the-push-back-regime-by-prox

    #push-backs #refoulements #asile #migrations #réfugiés #frontières #externalisation #Tunisie #Libye #EU #UE #Union_européenne #gardes-côtes_libyens #push-back_by_proxy_regime #financement #training #formation #gardes-côtes #MRCC #Méditerranée #Mer_Méditerranée #Libyan_SRR #technologie #matériel #Integrated_Border_Management #surveillance #Integrated_System_for_Maritime_Surveillance (#ISMaris) #International_Centre_for_Migration_Policy_Development (#ICMPD) #Border_Management_Programme_for_the_Maghreb_Region #Trust_Fund #Trust_Fund_for_Africa #EUROSUR #Frontex #ISMariS #Search_and_rescue_region (#SRR)

    ping @_kg_

    • #18_aprile

      Erano partiti di notte da un porto vicino a Zwara, a ovest di Tripoli, in Libia. Quando alcune ore più tardi la balena aveva cominciato a inabissarsi in un mugghiare di metallo dopo aver urtato per una manovra sbagliata il mercantile portoghese che la Capitaneria di porto di Roma aveva inviato a soccorrerla, quelli rinchiusi nella stiva si erano ammassati gli uni sugli altri, arrampicandosi su quelli che avevano davanti e di fianco per cercare di raggiungere la botola, lassù in alto. In due si erano abbracciati in quell’inferno che era la sala macchine. “Lì dentro si sviluppa un calore tale che neanche il macchinista ci mette spesso piede”, raccontano i Vigili del fuoco che li avevano tirati fuori, un anno dopo. Persino in mezzo ai motori avevano ammassato 65 persone. I mercanti li avevano stipati in ogni interstizio, mille persone pigiate come bestie in 23 metri di barca, e li avevano spediti nel Mediterraneo con due litri d’acqua a testa e senza uno straccio di ancora perché anche il gavone di prua doveva servire per farcene entrare ancora, per aumentare il guadagno. Erano riusciti a metterne 5 per ogni metro quadro.

      –-

      Settecento chilometri senza mangiare
      Bevendo sputi, a farsi bruciare
      Da questo sole feroce riflesso dal mare
      Da questo vento che di giorno scortica e di notte gela
      E rimescola il freddo con la paura

      Che quest’acqua buia, infinita e cattiva
      È più salata dei conti che ci han fatto saldare
      Non cura la sete, marcisce le ossa
      E questa Italia non vuole arrivare
      Questa terra che non ci vuole non si fa trovare

      E questo sarcofago sul mare è un cimitero per ottocento
      Sulla tavola fredda e muta che non finisce di violentare
      A perdita d’occhio e di cuore

      Amore mio, che ti ho lasciata a patire
      Tra la fame, la sete e l’orrore
      Tra gli arti amputati spezzati calpestati
      Le bombe esportate
      I bambini soldati
      Amore mio ascoltami bene: tu non morire che ti vengo a salvare
      Appena finisce questo mare io ti vengo a salvare

      E a noi ricchi senza pudore
      Ce lo spiega la televisione
      Un mantenuto ignorante e cafone
      Con la felpa e il ghigno arrogante
      Ce lo spiega lui cosa dobbiamo pensare
      Di questa gente che prende il mare
      Per provare a non morire

      https://www.antiwarsongs.org/canzone.php?id=67661&lang=it
      https://www.youtube.com/watch?v=BpCkiqp6zNs&t=64s


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      #commémoration #Libye #Méditerranée #mer_Méditerranée #Zouara