#mer_noire

  • La “geografia” della speculazione che fa il prezzo dei beni agricoli

    La guerra tra Ucraina e Russia non incide sul prezzo dei cereali, che dipende piuttosto dalla strategia dei grandi fondi che possiedono le aziende produttrici, controllano le Borse merci di tutto e scommettono sui rialzi

    Il prezzo dei cereali e in generale dei beni agricoli non dipende certo dal blocco del Mar Nero, come molto spesso si racconta, e neppure da altre circostanze troppo specifiche. La produzione mondiale di cereali, secondo le stime dell’Agenzia delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao), si avvicina ai tremila milioni di tonnellate, di cui i cereali ucraini rappresentano poco più del 2%. Un’inezia rispetto al totale. Inoltre il grano ucraino si dirige in gran parte verso i Paesi limitrofi che hanno a più riprese minacciato e adottato misure protezionistiche, per evitare la concorrenza nei confronti dei propri grani. Alla luce di ciò i cereali del Mar Nero non sono certo in grado di determinare la fame in Africa né l’aumento dei prezzi.

    Considerazioni analoghe sono possibili per la produzione di patate e legumi che è, in media, vicina ai 500 milioni di tonnellate annue; considerata una popolazione mondiale di quasi otto miliardi, ciò significherebbe una disponibilità di 150 grammi per persona al giorno. Aggiungendo ai cereali, alle patate e ai legumi la produzione di tutto ciò che serve per realizzare pasti completi, tra cui sale, zucchero e semi oleaginosi, si arriva a una dotazione alimentare pro-capite di 1,5 chilogrammi al giorno. Appare chiaro allora che i prezzi non salgono perché esiste una condizione di carenza di offerta alimentare globale.

    Le difficoltà di approvvigionamento di vaste parti della popolazione del Pianeta dipendono invece da altro: dalla distribuzione profondamente diseguale delle produzioni complessive, dalla natura delle diete adottate, rispetto alle quali la carne sottrae un’enorme quantità di risorse, dalle dinamiche del commercio internazionale e soprattutto dalle modalità di determinazione dei prezzi.

    A tale riguardo occorre porsi una domanda ineludibile: da che cosa dipendono le periodiche impennate di prezzo dei generi agricoli che causano poi drammatiche crisi alimentari? Per rispondere a un simile quesito, bisogna in sintesi descrivere proprio come si formano tali prezzi. La loro determinazione avviene nelle grandi Borse merci del Pianeta, in particolare in quelle di Chicago, Parigi e Mumbai. Un primo elemento da tenere ben presente è a chi appartengono queste Borse; non si tratta infatti -a partire dal Chicago mercantile exchange (Cme)- di istituzioni “pubbliche”, ma di realtà private i cui principali azionisti sono i più grandi fondi finanziari globali. Nel caso di Chicago, i pacchetti più rilevanti sono in mano a Vanguard, BlackRock, JP Morgan, State Street Corporation e Capital International Investors.

    A questo dato se ne aggiunge un altro fondamentale. Soprattutto nelle Borse di Chicago e di Parigi la stragrande maggioranza degli operatori non è costituita da soggetti che producono e comprano realmente il grano, ma da grandi fondi finanziari e da quelli specializzati nel settore agricolo che, senza aver alcun contratto di compravendita dei beni, scommettono sull’andamento dei prezzi. In altre parole: per ogni contratto reale nelle Borse merci, i fondi finanziari operano centinaia di migliaia di scommesse che sono in grado di determinare poi i prezzi reali. Se le aspettative sono orientate all’aumento dei prezzi, scommettono al rialzo e trascinano così i prezzi a livelli insostenibili per intere popolazioni.

    All’origine dell’inflazione alimentare e della fame, si pongono quindi gli strumenti finanziari che sono prodotti dai fondi. Se prendiamo in esame chi sono questi “scommettitori”, troviamo di nuovo gli stessi soggetti (a partire da Vanguard e BlackRock) che sono, come appena ricordato, i “proprietari” delle Borse stesse. In estrema sintesi: pochissimi fondi sono azionisti del luogo dello scambio e sono i principali player di prezzo, pur non avendo nulla a che fare con la produzione e il commercio reali dei beni agricoli scambiati. Tuttavia, la finanziarizzazione di tali, vitali, processi di determinazione dei prezzi di beni essenziali per la sopravvivenza di intere comunità presenta un ulteriore elemento sconcertante.

    Come detto, nelle Borse, a fronte di tanti fondi finanziari, ci sono pochi produttori. Ma chi sono questi ultimi? Nel caso dei cereali si tratta di quattro grandi società: Archer-Daniels Midland, Bunge, Cargill e Dreyfus. Le prime due in particolare sono possedute dai grandi fondi, Vanguard, BlackRock e State Street, che sono, appunto, i medesimi operatori finanziari nelle Borse merci di Parigi e Chicago. L’intera dinamica della formazione dei prezzi agricoli, su cui incidono molto poco le retribuzioni del lavoro contadino, strutturalmente molto basse, risulta pertanto nelle mani di colossi finanziari che controllano Borse, scommesse e produzione: un gigantesco monopolio mondiale rispetto al quale ogni altra variabile, persino quella dell’offerta complessiva di beni agricoli, appare decisamente secondaria.

    È superfluo dire che con l’inflazione “impazzita” le sole società di produzione dei beni agricoli hanno distribuito oltre 30 miliardi di dollari di dividendi in meno di due anni, destinati in larga parte ai fondi finanziari che le possiedono e che hanno sommato quei miliardi ai profitti giganteschi maturati dalla finanza delle scommesse. La narrazione costruita sulle chiusure del Mar Nero c’entra davvero poco mentre sarebbe utile ricordare quanto sostenuto a più riprese dalla Fao, secondo cui per ogni punto percentuale di aumento dei prezzi dei beni agricoli si generano dieci milioni di nuovi affamati.

    https://altreconomia.it/la-geografia-della-speculazione-che-fa-il-prezzo-dei-beni-agricoli
    #spéculation #alimentation #biens_agricoles #prix #céréales #Ukraine #blé #alimentation #pénurie #viande #commerce_international #bourses #Chicago_mercantile_exchange (#Cme) #fonds_financiers #inflation #famine #faim #Vanguard #BlackRock #financiarisation #Archer-Daniels_Midland #Bunge #Cargill #Dreyfus #prix_agricoles #dividendes #Mer_Noire

    • #Maradia_Tsaava : #Water_Has_No_Borders

      Since the end of the civil war in the early 1990s, the region of Abkhazia has been acting independently of Georgia. This has turned a massive dam into a border. But the hydroelectric power station also connects the two political entities: Because over a distance of fifteen kilometres the water flows freely, underground, from one side to the other. When a young journalist gets stranded here, stories of division emerge.

      On the way back from a reportage trip to the dam, director Maradia and her cameraman’s car breaks down. Ika takes care of them. For decades, the joyous engineer has worked – in cooperation with his colleagues on the Abkhazian territory – on the maintenance of the plant. Maradia, representative of a whole generation of Georgians who know this place of longing on the Black Sea only from stories, becomes curious. But while the workers take the bus across the border every morning, the film crew is thwarted by bureaucracy. Time and again they are denied passage. This turns out to be fortunate for the film, because waiting for the permission, in the cafeteria of the dam, in driving around the river, the stories of people emerge whose lives are shaped by the secession. They talk of legal and clandestine border crossings, weddings and funerals and of life in the here and there. (Written by Marie Kloos, taken from the website of DOKLeipzig).

      http://www.filmkommentaren.dk/blog/blogpost/4972
      #barrages_hydroélectriques #électricité #Géorgie #Abkhazie #eau #barrage_hydroélectrique #Mer_Noire #frontières
      #film #film_documentaire #documentaire
      ping @visionscarto

  • Food crisis looms as Ukrainian wheat shipments grind to halt
    Prices soar as Black Sea ports at virtual standstill amid Russian assault.

    At this time of year, Kees Huizinga is normally busy planting wheat, barley and corn on his farm in central Ukraine. But, having lost workers to the frontline, the Dutch national left his grain silos to sound the alarm about the impact of the Russian invasion on global wheat supply.

    Russia and Ukraine supply almost a third of the world’s wheat exports and since the Russian assault on its neighbour, ports on the Black Sea have come to a virtual standstill. As a result, wheat prices have soared to record highs, overtaking levels seen during the food crisis of 2007-08.

    “If farmers in Ukraine don’t start planting any time soon there will be huge crisis to food security. If Ukraine’s food production falls in the coming season the wheat price could double or triple,” said the Dutch national, who has been farming for two decades in Cherkasy, 200km south of Kyiv. He is part of a farming union, whose 1,100 members cover just under 10 per cent of the country’s farmland.

    While well stored wheat, such as that on Huizinga’s farm, can last several months, agricultural experts and policymakers have warned of the impact of delayed shipments on countries reliant on the region for wheat, grain, sunflower oil and barley.

    “They’re going to have to find different suppliers and all that means higher prices,” said Joseph Glauber, the former chief economist at the US Department of Agriculture and a senior fellow at agricultural policy think-tank IFPRI.

    The surge in prices will fuel soaring food inflation — already at a seven-year high of 7.8 per cent in January — and the biggest impact will be on the food security of poorer grain importers, warned analysts and food aid organisations.

    Ukraine accounts for 90 per cent of Lebanon’s wheat imports and is a leading supplier for countries including Somalia, Syria and Libya. Lebanon is “really struggling with an already high import bill and this is only going to make things worse,” said James Swanston, emerging market economist at Capital Economics.

    Russia also provides its Black Sea neighbour Turkey with more than 70 per cent of its wheat imports, according to the International Trade Centre. Even before the Russian invasion of Ukraine, inflation in Turkey had had hit a 20-year high of 54.4 per cent in February. “The war is only going to exacerbate the cost of food,” said Ismail Kemaloglu, the former head of the state Turkish Grain Board and now the director of the consultancy IK Tarimussu.

    “What’s critical here is that the Black Sea offers a logistical and price advantage . . . Costs will rise significantly when [Turkey] buys from the US or Australia,” he said. “Even if the war ends tomorrow, Ukraine’s planting season has already been disrupted and it will impact the 2022 harvest regardless.”

    The UN World Food Programme, which procures grains and food to distribute to poorer countries, bought just under 1.4m tonnes of wheat last year of which 70 per cent came from Ukraine and Russia.

    Prior to the invasion it was already facing a 30 per cent increase in the cost of wheat, because of poor harvests in Canada, the US and Argentina. The latest surge in grain prices would further curtail its ability to provide aid, it said.
    “This is an unnecessary shock of mega proportions,” said Arif Husain, chief economist at the WFP.

    High prices could trigger unrest, analysts said.

    The last time wheat prices spiked to these levels in 2007 and 2008 because of severe production declines in leading producing countries such as Australia and Russia, protests spread through nearly 40 countries from Haiti to the Ivory Coast, while a jump in grain prices in 2009-10 is regarded as one of the triggers of the Arab Spring uprisings in the Middle East.

    Russia accounts for two-thirds of Egypt’s wheat imports. Egyptian authorities say their wheat inventories will last until mid June and the Egyptian local harvest should start coming in by mid April. Any rise in subsidised bread prices and further increase in food inflation in Egypt “increases the threat of social unrest,” said Swanston.

    It is also unclear how long the crisis will last, said analysts, a fact that is boosting prices. “The market is worried that this is not a problem that’s going to be solved any time soon,” said Tim Worledge at Agricensus, the agricultural data and pricing agency.

    Wheat inventories are tight everywhere and as Chinese and South Korean buyers of Ukrainian corn, used to feed livestock, sought sellers elsewhere, EU agricultural ministers on Wednesday discussed allowing farmers to boost production using the 10 per cent of land they usually leave fallow in response to the war in Ukraine.

    In the short term, Ukrainian farmers contending with a war may struggle to spread fertilisers and pesticides and plant seeds for the spring crop. The next crop is due in the European summer. That harvest will depend on how long the Russian invasion lasts and for how long exports via the ports will be blocked.

    Sitting in his friend’s house in Siret close to the Romania-Ukraine border, Huizinga said the main question raised during a call with 75 fellow Ukrainian farmers was whether to plant or not to plant. They may struggle to get fertiliser and crop protection and it is unclear whether they could actually harvest and ship the crop. “The supply chain is broken,” he said.

    Some of the 400 staff on his 15,000 hectare farm have gone to fight and Huizinga has posted videos on social media of fellow farmers in the bomb shelters and villagers slaughtering pigs to deliver food to those in Kyiv and in the army. The difficulty, he said, could soon extend way beyond Ukraine. “We can face a huge problem, especially the poor people, who will have difficulty getting bread.”

    https://www.ft.com/content/457ba29e-f29b-4677-b69e-a6e5b973cad6

    #crise_alimentaire #blé #Ukraine #guerre #prix #Russie #Liban #Somalie #Syrie #Libye #Turquie #impact #Mer_Noire #mondialisation #globalisation #Egypte #inflation #pain

  • La Malédiction du #pétrole

    Le pétrole est devenu indispensable à l’économie mondiale, c’est sa plus grande richesse, mais aussi sa plus grande malédiction. Retraçant l’histoire de ce paradoxe les auteurs se penchent avec acuité sur le sujet.
    Depuis près d’un siècle et demi, l’or noir a été le moteur de la croissance et la source des plus grands malheurs. Combien de temps cet état va-t-il durer alors que même la catastrophe écologique du réchauffement climatique ne semble pas peser dans la décision de s’en passer ? Mais à quand remonte cette course à l’abîme ? C’est ce que les auteurs entreprennent de raconter.

    https://www.editions-delcourt.fr/bd/series/serie-la-malediction-du-petrole/album-malediction-du-petrole

    #BD #bande_dessinée #livre

    #Caucase #Russie #Frères_Nobel #raffinerie #Branobel #Bakou #pipeline #steam-tanker #marée_noire #Rotschild #puits_de_pétrole #mer_Noire #Batoumi #Bnito #puits_de_Bibi-Heybat #histoire #compagnie_pétrolière #Mer_Caspienne #industrie_pétrolière #Pennsylvanie #Edwin_Drake #potion_Drake #Oil_Creek #Pithole #Devil_Bill #John_Davison_Rockfeller #Rockfeller #Standard_Oil_Company #7_soeurs #John_Rockfeller #Cleveland #raffinage #Massacre_de_Cleveland #Sumatra #Staline #Koba #grèves #Royal_Dutch_Shell #industrie_automobile #OPEP #moteur_à_explosion #Jamais_contente #Henry_Ford #Ford #Ford_Motor_Company #moteur_électrique #General_Motors #Ford_T #Detroit #USA #Etats-Unis #Indonésie #colonialisme #essence #énergie #progrès #Esso #Stocony #Socal #Gulf_oil #Texaco #Anglo-persian_oil #William_Knox_d'Arey #Perse #Plaine_du_Naphte #guerre #comité_des_vaisseaux_terrestres #tank #Irak #Compagnie_française_des_pétroles (#CFP) #Total #accords_Sykes-Picot #Moyen-Orient #simple_ligne_de_sable #désert_arabique #Rub_al-khali #Standard_oil_of_California #Ras_Tanura #Harry_St_John_Bridger_Philby #Sheikh_Abdullah #Quart_vide #Kim_Philby #Philby #Arabie_Saoudite #Saoud #WWI #WWII #première_guerre_mondiale #seconde_guerre_mondiale #Canal_de_Suez #Red_Bell_Express #Pacte_de_Quincy #Algérie #Sahara_algérien #extractivisme #CIA #Saddam_Hussein #Arabian_American_oil_company (#ARAMCO) #Ghawar #combine_en_or #Venezuela #optimisation_fiscale #Iran #ENI #Libye #Italie #Pier_Paolo_Pasolini #Enrico_Mattei #guerre_du_Kippour #choc_pétrolier #Conférence_de_Bagdad (1960) #Juan_Pablo_Pérez_Alfonzo #Abdullah_al-Tariki #King_Hubbert #Trente_Glorieuses #premier_choc_pétrolier #Exxon_Mobile #BP-Amoco #pétrole_de_schiste #plateformes_offshore #groupe_Carlyle #Carlyle #schiste #fisc

    #pétrole #BD #malédiction

  • Black Sea Connectivity and the South Caucasus | Middle East Institute
    https://www.mei.edu/events/black-sea-connectivity-and-south-caucasus
    https://www.mei.edu/sites/default/files/2021-03/Black+Sea%202.jpg

    The Black Sea historically served as a major trading route connecting Eastern Europe, the South Caucasus, and Central Asia to the Mediterranean world. There is a growing interest in this region from major regional and non-regional actors. In addition to the security dimension, the Black Sea is attracting growing commercial interests. In order to maximize trade opportunities for all parties involved, there is a need for renewed effort to facilitate Black Sea connectivity, in order to manage post-Covid recovery, and achieve significant synergy of resources and markets for years to come. More investment is needed for infrastructure development and harmonization of tariffs and border crossing procedures, with the common aim of increasing competitiveness of the entire transit and transportation system.

    #caucase #mer_noire

  • Carte. Organisations multilatérales et zones de tensions en mer Noire
    https://www.diploweb.com/Carte-Organisations-multilaterales-et-zones-de-tensions-en-mer-Noire.html

    Cette carte, extraite d’une plaquette réalisée par la DGRIS, avec le concours de l’EMA et des armées, vise à mieux appréhender les évolutions mais aussi les tensions auxquelles fait face la région de la mer Noire, tant au niveau stratégique et militaire qu’énergétique. Avec en pied de page la carte et le lien pour télécharger la plaquette en français et en anglais.

    Réalisée par la DGRIS, la carte en pied de page intitulée « Organisations multilatérales et zones de tensions en mer Noire » présente dans la zone en question les Etats membres de l’UE, de l’OTAN, du GUAM, de l’UEE et de l’OTSC, avec les détroits, capitales, ports, conflits dits « gelés » et zones de crises.

    #mer_noire #géopolitique #russie #ukraine #crimée

  • Sur la frontière gréco-turque, à l’épicentre des tensions

    L’Union européenne entend sanctionner la politique de plus en plus expansionniste de la Turquie, qui ravive en Grèce les souvenirs des conflits du passé. Ligne de rupture, mais aussi d’échanges entre Orient et Occident, la frontière gréco-turque ne respire plus depuis la crise sanitaire. De #Kastellorizo à la #Thrace en passant par #Lesbos, les deux pays ont pourtant tant de choses en commun, autour de cette démarcation qui fut mouvante et rarement étanche.

    Petite île aux confins orientaux de la Grèce, Kastellorizo touche presque la #Turquie. Le temps s’écoule lentement dans l’unique village, logé dans une baie profonde. En cette fin septembre, de vieux pêcheurs jouent aux cartes près des enfants qui appâtent des tortues dans les eaux cristallines. Devant son café froid, M. Konstantinos Papoutsis observe, placide, l’immense côte turque, à guère plus de deux kilomètres, et la ville de Kaş, son seul horizon. « Nous sommes une île touristique tranquille, assure cet homme affable qui gère une agence de voyages. Je l’ai répété aux touristes tout l’été. » Attablée autour de lui, la poignée d’élus de cette commune de cinq cents âmes reprend ses propos d’un air débonnaire : « Il n’y a aucun danger à Kastellorizo ! »

    Un imposant ferry, qui paraît gigantesque dans ce petit port méditerranéen, vient animer le paysage. Parti d’Athènes vingt-quatre heures plus tôt, il manœuvre difficilement pour débarquer ses passagers, parmi lesquels une cinquantaine d’hommes en treillis et chapeaux de brousse. Les soldats traversent la baie d’un pas vif avant de rejoindre les falaises inhabitées qui la dominent. « C’est une simple relève, comme il y en a tous les mois », commente M. Papoutsis, habitué à cette présence.

    Selon le #traité_de_Paris de février 1947 (article 14), et du fait de la cession par l’Italie à la Grèce du Dodécanèse, les îles dont fait partie Kastellorizo sont censées être démilitarisées. Dans les faits, les troupes helléniques y guettent le rivage turc depuis l’occupation par Ankara de la partie nord de Chypre, en 1974, précisent plusieurs historiens (1). Cette défense a été renforcée après la crise gréco-turque autour des îlots disputés d’Imia, en 1996. La municipalité de Kastellorizo refuse de révéler le nombre d’hommes postés sur ses hauteurs. Et si les villageois affichent un air de décontraction pour ne pas effrayer les visiteurs — rares en cette période de Covid-19 —, ils n’ignorent pas l’ombre qui plane sur leur petit paradis.

    Un poste avancé d’Athènes en Méditerranée

    Kastellorizo se trouve en première ligne face aux menaces du président turc Recep Tayyip Erdoğan, qui veut redessiner les cartes et imposer son propre #partage_des_eaux. Depuis les années 1970, les #îles du #Dodécanèse font l’objet d’un #conflit larvé entre ces deux pays membres de l’Organisation du traité de l’Atlantique nord (OTAN). La Turquie conteste la souveraineté grecque sur plusieurs îles, îlots et rochers le long de sa côte. Surtout, elle est l’un des rares pays, avec notamment les États-Unis, à ne pas avoir signé la convention des Nations unies sur le droit de la mer (dite #convention_de_Montego_Bay, et entrée en vigueur en 1994), et ne reconnaît pas la revendication par la Grèce d’un plateau continental autour de ses îles. Athènes justifie dès lors leur #militarisation au nom de la #légitime_défense (2), en particulier depuis l’occupation turque de Chypre et en raison d’une importante présence militaire à proximité : la marine et l’armée de l’air turques de l’Égée sont basées à İzmir, sur la côte occidentale de l’Asie Mineure.

    Si proche de la Turquie, Kastellorizo se trouve à 120 kilomètres de la première autre île grecque — Rhodes — et à plus de 520 kilomètres du continent grec. Alors que l’essentiel de la #mer_Egée pourrait être revendiqué par Athènes comme #zone_économique_exclusive (#ZEE) (3) au titre de la convention de Montego Bay (voir la carte ci-contre), ce lointain îlot de neuf kilomètres carrés lui permet de facto de jouir d’une large extension de plusieurs centaines de kilomètres carrés en Méditerranée orientale. Or, faute d’accord bilatéral, cette ZEE n’est pas formellement établie pour Ankara, qui revendique d’y avoir librement accès, surtout depuis la découverte en Méditerranée orientale de gisements d’#hydrocarbures potentiellement exploitables. À plusieurs reprises ces derniers mois, la Turquie a envoyé dans le secteur un bateau de recherche sismique baptisé #Oruç_Reis, du nom d’un corsaire ottoman du XVIe siècle — surnommé « #Barberousse » — né à Lesbos et devenu sultan d’Alger.

    Ces manœuvres navales font écho à l’idéologie de la « #patrie_bleue » (#Mavi_Vatan). Soutenue par les nationalistes et les islamistes, cette doctrine, conçue par l’ancien amiral #Cem_Gürdeniz, encourage la Turquie à imposer sa #souveraineté sur des #zones_disputées en #mer_Noire, en mer Égée et en #Méditerranée. Ces derniers mois, M. Erdoğan a multiplié les discours martiaux. Le 26 août, à l’occasion de l’anniversaire de la bataille de Manzikert, en 1071, dans l’est de la Turquie, où les Turcs Seldjoukides mirent en déroute l’armée byzantine, il avertissait la Grèce que toute « erreur » mènerait à sa « ruine ». Quelques semaines plus tard, le 21 octobre, lors d’une rencontre avec les présidents chypriote et égyptien à Nicosie, M. Kyriakos Mitsotakis, le premier ministre grec conservateur, accusait la Turquie de « fantasmes impérialistes assortis d’actions agressives ».

    Sous pression en août dernier, Athènes a pu compter sur le soutien de la République de Chypre, de l’Italie et de la France, avec lesquelles elle a organisé des manœuvres communes. Ou encore de l’Égypte, avec laquelle elle vient de signer un accord de partage des #zones_maritimes. Déjà en conflit ouvert avec son homologue turc sur la Syrie, la Libye et le Caucase, le président français Emmanuel Macron s’est résolument rangé aux côtés d’Athènes. « C’est un allié précieux que l’on voudrait inviter à venir sur notre île », déclare l’adjoint à la municipalité de Kastellorizo, M. Stratos Amygdalos, partisan de Nouvelle Démocratie, le parti au pouvoir. À la mi-septembre 2020, la Grèce annonçait l’acquisition de dix-huit Rafale, l’avion de combat de Dassault Aviation.

    « Erdoğan se prend pour Soliman le Magnifique. Mais il perd du crédit dans son pays, la livre turque s’effondre. Alors il essaie de redorer son image avec des idées de conquêtes, de rêve national… », maugrée de son côté M. Konstantinos Raftis, guide touristique à Kastellorizo. La comparaison entre le sultan de la Sublime Porte et l’actuel président turc revient fréquemment dans ce pays qui fit partie de l’Empire ottoman durant quatre siècles (de 1430, date de la chute de Salonique, à l’indépendance de 1830). La résistance hellénique a forgé l’identité de l’État grec moderne, où l’on conserve une profonde suspicion à l’égard d’un voisin encombrant, quatre fois plus riche, six fois plus grand et huit fois plus peuplé. Cette méfiance transcende les clivages politiques, tant le #nationalisme irrigue tous les partis grecs. Athènes voit aujourd’hui dans la doctrine de la « patrie bleue » une politique expansionniste néo-ottomane, qui fait écho à l’impérialisme passé.

    À l’embouchure du port de Kastellorizo, la silhouette d’une mosquée transformée en musée — rare vestige de la présence ottomane — fait de l’ombre à un bar à cocktails. L’édifice trône seul face aux vingt-six églises orthodoxes. La Constitution précise que l’orthodoxie est la « religion dominante » dans le pays, et, jusqu’en 2000, la confession était inscrite sur les cartes d’identité nationales. La suppression de cette mention, à la demande du gouvernement socialiste, a provoqué l’ire de la puissante Église orthodoxe, plus de 95 % des Grecs se revendiquant alors de cette religion. « Pendant toute la période du joug ottoman, nous restions des Grecs. Nos ancêtres ont défendu Kastellorizo pour qu’elle garde son identité. Nous nous battrons aussi pour qu’elle la conserve », s’emballe soudainement M. Raftis.

    Son île a dû résister plus longtemps que le reste du pays, insiste le sexagénaire. Après le départ des Ottomans, Kastellorizo, convoitée par les nations étrangères pour sa position géographique aux portes de l’Orient, a été occupée ou annexée par les Français (1915-1921), les Italiens (1921-1944), les Britanniques (1944-1945)… L’îlot n’est devenu complètement grec qu’en 1948, comme l’ensemble des îles du Dodécanèse. Depuis, il arbore fièrement ses couleurs. Dans la baie, plusieurs étendards bleu et blanc flottent sur les balcons en encorbellement orientés vers la ville turque de Kaş (huit mille habitants). Le nombre de ces drapeaux augmente quand la tension s’accroît.

    Trois autres grands étendards nationaux ont été peints sur les falaises par des militaires. En serrant les poings, M. Raftis raconte un épisode qui a « mis les nerfs de tout le monde à vif ». À la fin septembre 2020, un drone d’origine inconnue a diffusé des chants militaires turcs avant d’asperger ces bannières d’une peinture rouge vif, évoquant la couleur du drapeau turc. « C’est une attaque impardonnable, qui sera punie », peste l’enfant de l’île, tout en scrutant les quelques visages inconnus sur la promenade. Il redoute que des espions viennent de Turquie.

    « Les #tensions durent depuis quarante ans ; tout a toujours fini par se régler. Il faut laisser la Turquie et la Grèce dialoguer entre elles », relativise pour sa part M. Tsikos Magiafis, patron avenant d’une taverne bâtie sur un rocher inhabité, avec une vue imprenable sur Kaş. « Les querelles sont affaire de diplomates. Les habitants de cette ville sont nos frères, nous avons grandi ensemble », jure ce trentenaire marié à une Turque originaire de cette cité balnéaire. Adolescent, déjà, il délaissait les troquets de Kastellorizo pour profiter du bazar de Kaş, du dentiste ou des médecins spécialisés qui manquent au village. Les Turcs, eux, ont compté parmi les premiers touristes de l’île, avant que la frontière ne ferme totalement en mars 2020, en raison du Covid-19.

    À Lesbos, les réfugiés comme « #arme_diplomatique »

    À 450 kilomètres plus au nord-ouest, au large de l’île de Lesbos, ce ne sont pas les navires de recherche d’hydrocarbures envoyés par Ankara que guettent les Grecs, mais les fragiles bateaux pneumatiques en provenance de la côte turque, à une dizaine de kilomètres seulement. Cette île montagneuse de la taille de la Guadeloupe, qui compte 85’000 habitants, constitue un autre point de friction, dont les migrants sont l’instrument.

    Depuis une décennie, Lesbos est l’une des principales portes d’entrée dans l’Union européenne pour des centaines de milliers d’exilés. Afghans, Syriens, Irakiens ou encore Congolais transitent par la Turquie, qui accueille de son côté environ quatre millions de réfugiés. En face, le rivage turc se compose de plages peu touristiques et désertes, prisées des passeurs car permettant des départs discrets. Les migrants restent toutefois bloqués à Lesbos, le temps du traitement de leur demande d’asile en Grèce et dans l’espoir de rejoindre d’autres pays de l’espace Schengen par des voies légales. Le principal camp de réfugiés, Moria, a brûlé dans des conditions obscures le 8 septembre, sans faire de victime grave parmi ses treize mille occupants.

    Pour M. Konstantinos Moutzouris, le gouverneur des îles égéennes du Nord, ces arrivées résultent d’un calcul stratégique d’Ankara. « Erdoğan utilise les réfugiés comme arme diplomatique, il les envoie lorsqu’il veut négocier. Il a une attitude très agressive, comme aucun autre dirigeant turc avant lui », accuse cette figure conservatrice locale, connue pour ses positions tranchées sur les migrants, qu’il souhaite « dissuader de venir ».

    Il en veut pour preuve l’épisode de tension de mars 2020. Mécontent des critiques de l’Union européenne lors de son offensive contre les Kurdes dans le nord de la Syrie, le président turc a annoncé l’ouverture de ses frontières aux migrants voulant rejoindre l’Europe, malgré l’accord sur le contrôle de l’immigration qu’il a passé avec Bruxelles en mars 2016. Plusieurs milliers de personnes se sont alors massées aux portes de la Grèce, à la frontière terrestre du Nord-Est, suscitant un renforcement des troupes militaires grecques dans ce secteur. Dans le même temps, à Lesbos, une dizaine de bateaux chargés de réfugiés atteignaient les côtes en quelques jours, déclenchant la fureur d’extrémistes locaux. « Nous ne communiquons plus du tout avec les autorités turques depuis », affirme M. Moutzouris.

    Athènes assume désormais une ligne dure, quitte à fermer une partie de sa frontière commune avec la Turquie aux demandeurs d’asile, en dépit des conventions internationales que la Grèce a signées. Le gouvernement a ainsi annoncé mi-octobre la construction d’un nouveau #mur de 27 kilomètres sur la frontière terrestre. Au début de l’année 2020, il avait déjà déclaré vouloir ériger un #barrage_flottant de 2,7 kilomètres au large de Lesbos. Un ouvrage très critiqué et jugé illégal par les organisations non gouvernementales (ONG) de défense des droits humains. Un projet « absurde », juge M. Georgios Pallis, pharmacien de l’île et ancien député Syriza (gauche). Plusieurs sources locales évoquent une suspension de la construction de ce barrage. Le gouvernement, lui, ne communique pas à ce sujet.

    « Les réfugiés payent la rupture du dialogue gréco-turc », déplore M. Pallis entre deux mezze arrosés de l’ouzo local, près du port bruyant de Mytilène, dans le sud de l’île. « Des retours forcés de migrants sont organisés par les gardes-côtes grecs. » En septembre, le ministre de la marine se targuait, au cours d’une conférence de presse, d’avoir « empêché » quelque dix mille migrants d’entrer en 2020. Un mois plus tard, le ministre de l’immigration tentait, lui, de rectifier le tir en niant tout retour forcé. À Lesbos, ces images de réfugiés rejetés ravivent un douloureux souvenir, analyse M. Pallis : « Celui de l’exil des réfugiés d’Asie Mineure. » Appelé aussi en Grèce la « #grande_catastrophe », cet événement a fondé l’actuelle relation gréco-turque.

    Au terme du déclin de l’Empire ottoman, lors de la première guerre mondiale, puis de la guerre gréco-turque (1919-1922), les Grecs d’Asie Mineure firent l’objet de #persécutions et de #massacres qui, selon de nombreux historiens, relèvent d’un #génocide (4). En 1923, les deux pays signèrent le #traité_de_Lausanne, qui fixait les frontières quasi définitives de la Turquie moderne et mettait fin à l’administration par la Grèce de la région d’İzmir-Smyrne telle que l’avait décidée le #traité_de_Sèvres de 1920 (5). Cet accord a aussi imposé un brutal #échange_de_populations, fondé sur des critères religieux, au nom de l’« #homogénéité_nationale ». Plus de 500 000 musulmans de Grèce prirent ainsi le chemin de l’Asie Mineure — soit 6,5 % des résidents de Lesbos, selon un recensement de 1920 (6). En parallèle, le traité a déraciné plus de 1,2 million de chrétiens orthodoxes, envoyés en Grèce. Au total, plus de 30 000 sont arrivés dans l’île. Ils ont alors été péjorativement baptisés les « #graines_de_Turcs ».

    « Ils étaient chrétiens orthodoxes, ils parlaient le grec, mais ils étaient très mal perçus des insulaires. Les femmes exilées de la grande ville d’İzmir étaient surnommées “les prostituées”. Il a fallu attendre deux générations pour que les relations s’apaisent », raconte M. Pallis, lui-même descendant de réfugiés d’Asie Mineure. « Ma grand-mère est arrivée ici à l’âge de 8 ans. Pour s’intégrer, elle a dû apprendre à détester les Turcs. Il ne fallait pas être amie avec “l’autre côté”. Elle n’a pas remis les pieds en Turquie avant ses 80 ans. »

    Enfourchant sa Vespa sous une chaleur accablante, M. Pallis s’arrête devant quelques ruines qui se dressent dans les artères de #Mytilène : d’anciennes mosquées abandonnées. L’une n’est plus qu’un bâtiment éventré où errent des chatons faméliques ; une autre a été reconvertie en boutique de fleuriste. « Les autorités n’assument pas ce passé ottoman, regrette l’ancien député. L’État devrait financer la reconstruction de ces monuments et le développement du tourisme avec la Turquie. Ce genre d’investissements rendrait la région plus sûre que l’acquisition de Rafale. »

    En #Thrace_occidentale, une population musulmane ballottée

    Dans le nord-est du pays, près de la frontière avec la Turquie et la Bulgarie, ce passé ottoman reste tangible. En Thrace occidentale, les #mosquées en activité dominent les villages qui s’élèvent au milieu des champs de coton, de tournesols et de tabac. La #minorité_musulmane de Grèce vit non loin du massif montagneux des #Rhodopes, dont les sommets culminent en Bulgarie. Forte d’entre 100 000 et 150 000 personnes selon les autorités, elle se compose de #Roms, de #Pomaks — une population d’origine slave et de langue bulgare convertie à l’#islam sous la #domination_ottomane — et, majoritairement, d’habitants aux racines turques.

    « Nous sommes des citoyens grecs, mais nous sommes aussi turcs. Nous l’étions avant même que la Turquie moderne existe. Nous parlons le turc et nous avons la même #religion », explique M. Moustafa Moustafa, biologiste et ancien député Syriza. En quelques mots, il illustre toute la complexité d’une #identité façonnée, une fois de plus, par le passé impérial régional. Et qui se trouve elle aussi au cœur d’une bataille d’influence entre Athènes et Ankara.

    Rescapée de l’#Empire_ottoman, la minorité musulmane a vu les frontières de la Grèce moderne se dessiner autour d’elle au XXe siècle. Elle fut épargnée par l’échange forcé de populations du traité de Lausanne, en contrepartie du maintien d’un patriarcat œcuménique à Istanbul ainsi que d’une diaspora grecque orthodoxe en Turquie. Principalement turcophone, elle évolue dans un État-nation dont les fondamentaux sont la langue grecque et la religion orthodoxe.

    Elle a le droit de pratiquer sa religion et d’utiliser le turc dans l’enseignement primaire. La région compte une centaine d’écoles minoritaires bilingues. « Nous vivons ensemble, chrétiens et musulmans, sans heurts. Mais les mariages mixtes ne sont pas encore tolérés », ajoute M. Moustafa, dans son laboratoire de la ville de #Komotini — aussi appelée #Gümülcine en turc. Les quelque 55 000 habitants vivent ici dans des quartiers chrétiens et musulmans érigés autour d’une rivière méandreuse, aujourd’hui enfouie sous le béton. M. Moustafa n’a presque jamais quitté la Thrace occidentale. « Notre minorité n’est pas cosmopolite, nous sommes des villageois attachés à cette région. Nous voulons juste que nos descendants vivent ici en paix », explique-t-il. Comme de nombreux musulmans de la région, il a seulement fait ses études supérieures en Turquie, avant de revenir, comme aimanté par la terre de ses ancêtres.

    À cent kilomètres de Komotini, la Turquie demeure l’« État parrain » de ces musulmans, selon le traité de Lausanne. Mais l’influence de celle que certains nomment la « mère patrie » n’est pas toujours du goût de la Grèce. Les plus nationalistes craignent que la minorité musulmane ne se rapproche trop du voisin turc et ne manifeste des velléités d’indépendance. Son statut est au cœur de la discorde. La Turquie plaide pour la reconnaissance d’une « #minorité_turque ». La Grèce refuse, elle, toute référence ethnique reliée à une appartenance religieuse.

    La bataille se joue sur deux terrains : l’#éducation et la religion. À la fin des années 1990, Athènes a voulu intégrer la minorité dans le système d’éducation publique grec, appliquant notamment une politique de #discrimination_positive et offrant un accès facilité à l’université. Les musulmans proturcs plaident, eux, pour la création de davantage d’établissements minoritaires bilingues. Sur le plan religieux, chaque partie nomme des muftis, qui ne se reconnaissent pas mutuellement. Trois représentants officiels sont désignés par la Grèce pour la région. Deux autres, officieux, le sont par les musulmans de Thrace occidentale soutenus par Ankara, qui refuse qu’un État chrétien désigne des religieux.

    « Nous subissons toujours les conséquences des #crises_diplomatiques. Nous sommes les pions de leur jeu d’échecs », regrette d’une voix lasse M. Moustafa. Le sexagénaire évoque la période qui a suivi le #pogrom dirigé principalement contre les Grecs d’Istanbul, qui avait fait une quinzaine de morts en 1955. Puis les années qui ont suivi l’occupation du nord de #Chypre par la Turquie, en 1974. « Notre minorité a alors subi une violation de ses droits par l’État grec, dénonce-t-il. Nous ne pouvions plus passer le permis de conduire. On nous empêchait d’acheter des terres. » En parallèle, de l’autre côté de la frontière, la #peur a progressivement poussé la communauté grecque de Turquie à l’exil. Aujourd’hui, les Grecs ne sont plus que quelques milliers à Istanbul.

    Ces conflits pèsent encore sur l’évolution de la Thrace occidentale. « La situation s’est améliorée dans les années 1990. Mais, maltraités par le passé en Grèce, certains membres de la minorité musulmane se sont rapprochés de la Turquie, alimentant une méfiance dans l’imaginaire national grec. Beaucoup de chrétiens les considèrent comme des agents du pays voisin », constate M. Georgios Mavrommatis, spécialiste des minorités et professeur associé à l’université Démocrite de Thrace, à Komotini.
    « Ankara compte des milliers d’#espions dans la région »

    Une atmosphère de #suspicion plane sur cette ville, sous l’emprise de deux discours nationalistes concurrents. « Les gens de l’extrême droite grecque nous perçoivent comme des janissaires [soldats de l’Empire ottoman]. Erdoğan, lui, nous qualifie de soydas [« parents », en turc] », détaille d’une voix forte Mme Pervin Hayrullah, attablée dans un café animé. Directrice de la Fondation pour la culture et l’éducation en Thrace occidentale, elle se souvient aussi du passage du président turc dans la région, fin 2017. M. Erdoğan avait dénoncé les « discriminations » pratiquées par l’État grec à l’égard de cette communauté d’origine turque.

    Une chrétienne qui souhaite rester anonyme murmure, elle, que « les autorités grecques sont dépassées. La Turquie, qui est bien plus présente sur le terrain, a davantage de pouvoir. Ankara compte des milliers d’espions dans la région et donne des millions d’euros de budget chaque année au consulat turc de Komotini ». Pour Mme Hayrullah, qui est proche de cette institution, « le consulat ne fait que remplir une mission diplomatique, au même titre que le consulat grec d’Edirne [ville turque à quelque deux cents kilomètres, à la frontière] ». L’allure du consulat turc tranche avec les façades abîmées de Komotini. Surveillé par des caméras et par des gardes en noir, l’édifice est cerné de hautes barrières vertes.

    « La Grèce nous traite bien. Elle s’intéresse au développement de notre communauté et nous laisse exercer notre religion », vante de son côté M. Selim Isa, dans son bureau calme. Le président du comité de gestion des biens musulmans — désigné par l’État grec — est fier de montrer les beaux lustres et les salles lumineuses et rénovées d’une des vingt mosquées de Komotini. « Mais plus les relations avec la Turquie se détériorent et plus le consulat étend son influence, plus il revendique la reconnaissance d’une minorité turque », ajoute M. Isa, regard alerte, alors que l’appel du muezzin résonne dans la ville.

    À l’issue du sommet européen des 10 et 11 décembre, l’Union européenne a annoncé un premier volet de #sanctions contre la Turquie en raison de ses opérations d’exploration. Des mesures individuelles devraient cibler des responsables liés à ces activités. Athènes plaidait pour des mesures plus fortes, comme un embargo sur les armes, pour l’heure écarté. « C’était une proposition-clé. Nous craignons que la Turquie s’arme davantage. Sur le plan naval, elle est par exemple en train de se doter de six #sous-marins de type #214T fournis par l’#Allemagne, explique le diplomate grec Georgios Kaklikis, consul à Istanbul de 1986 à 1989. M. Erdoğan se réjouit de ces sanctions, qui sont en réalité minimes. » Le président turc a réagi par des #rodomontades, se félicitant que des pays « dotés de bon sens » aient adopté une « approche positive ». Bruxelles assure que d’autres mesures pourraient tomber en mars 2021 si Ankara ne cesse pas ces actions « illégales et agressives ».

    https://www.monde-diplomatique.fr/2021/01/PERRIGUEUR/62666
    #Grèce #Turquie #frontière #asile #migrations #réfugiés
    #Oruc_Reis #murs #Evros #barrières_frontalières #histoire

    ping @reka

    –—

    #terminologie #mots #vocabulaire :
    – "Le traité (de Lausanne) a déraciné plus de 1,2 million de chrétiens orthodoxes, envoyés en Grèce. Au total, plus de 30 000 sont arrivés dans l’île. Ils ont alors été péjorativement baptisés les « #graines_de_Turcs »."
    – "Les femmes exilées de la grande ville d’İzmir étaient surnommées “les prostituées”."

    –-> ajoutés à la métaliste sur la terminologie de la migration :
    https://seenthis.net/messages/414225

    ping @sinehebdo

  • World’s oldest intact shipwreck discovered in Black Sea | Science | The Guardian
    https://www.theguardian.com/science/2018/oct/23/oldest-intact-shipwreck-thought-to-be-ancient-greek-discovered-at-botto

    Archaeologists have found what they believe to be the world’s oldest intact shipwreck at the bottom of the Black Sea where it appears to have lain undisturbed for more than 2,400 years.

    The 23-metre (75ft) vessel, thought to be ancient Greek, was discovered with its mast, rudders and rowing benches all present and correct just over a mile below the surface. A lack of oxygen at that depth preserved it, the researchers said.

    –—

    Black Sea ship: ’World’s oldest intact wreck’ found - BBC News
    https://www.bbc.com/news/world-europe-45951132

    A Greek merchant ship dating back more than 2,400 years has been found lying on its side off the Bulgarian coast.

    The 23m (75ft) wreck, found in the Black Sea by an Anglo-Bulgarian team, is being hailed as officially the world’s oldest known intact shipwreck.

    The researchers were stunned to find the merchant vessel closely resembled in design a ship that decorated ancient Greek wine vases.

    The rudder, rowing benches and even the contents of its hold remain intact.

    #bateau #épave #mer_noire #archéologie #grèce_antique

  • Là où se mêlent les eaux. Des Balkans au Caucase, dans l’Europe des #confins

    Une ville sans cimetière, une langue comprenant quatre-vingt-trois
    consonnes, une marina qui n’existe pas sur les cartes, d’anciens sous-marins soviétiques à vendre, des frontières que seul un aveugle peut traverser, des vallées perdues et des fronts de mer reconquis, des jeunes radicalisés et des vieux-croyants…
    Sur les marches de l’Europe, des Balkans au Caucase, s’étendent des espaces incertains, broyés dans les rouages d’une interminable « transition », mais propices à des rencontres improbables. Comprendre où va aujourd’hui l’Europe demande d’embarquer à bord d’une histoire des confins : à la fois récit de voyage et reportage d’après guerres, où l’on croise aussi bien les spectres de Tito et d’Enver Hodja que les figures réelles de révolutionnaires non repentis ou de mafieux imaginatifs.
    Dans ce texte où l’ambition littéraire se conjugue à un savoir panoramique, afin de remonter le fil des mémoires du continent, Jean-Arnault Dérens et Laurent Geslin ont caboté sur les rives de l’#Adriatique, de la #mer_égée et de la #mer_Noire. Ce trajet est celui des #minorités oubliées, des pays qui n’existent plus ou pas encore, des #migrations sans cesse recommencées et des rendez-vous toujours ratés.
    Le rythme de la voile raconte ce cheminement de la côte Adriatique aux rivages caucasiens d’#Adjarie et d’#Abkhazie, de la #Crimée à la #Transnistrie. Jusqu’au delta du #Danube, là où le fleuve et toutes les poussières de l’Europe viennent se mêler aux eaux de la #mer.


    http://www.editionsladecouverte.fr/catalogue/index-L___o___se_m__lent_les_eaux-9782348036057.html
    #livre #frontières #migrations

  • Lacs et mers intérieures (1/4) : Mers Noire, Baltique et Caspienne : cœur battant de l’expansionnisme russe

    https://www.franceculture.fr/emissions/cultures-monde/cultures-monde-lundi-23-octobre-2017

    De la mer Baltique à la mer Caspienne, les exercices militaires russes se multiplient dans ces zones stratégiques. Pourquoi Moscou effectue des manœuvres militaires dans ces régions ? Quels sont les enjeux géopolitiques de ces démonstrations de force ?

    #mer_noire #mer_baltique #mer_caspienne #mer

  • #Russie : vers un accord pour le deuxième tronçon du gazoduc #TurkStream ? - REGARD SUR L’EST
    http://www.regard-est.com/home/breves.php?idp=1965

    Russie : vers un accord pour le deuxième tronçon du gazoduc TurkStream ?

    Par Céline Bayou (sources : Kommersant, Vedomosti, Anadolu Agency)

    Alors que la pose du premier tronçon du gazoduc TurkStream, qui doit relier le sud de la Russie au nord de la #Turquie en traversant la #mer_Noire, continue de progresser, les négociations sur le second tronçon pourraient se débloquer bientôt.

    Le TurkStream est né sur les décombres du #South_Stream, qui devait déboucher en Bulgarie mais a été abandonné en 2014 du fait du blocage de l’Union européenne pour non-conformité avec la réglementation communautaire. Rebaptisé et redirigé, le gazoduc doit à terme permettre de transporter 31,5 milliards de m3 de gaz russe par an (soit nettement moins que ce que prévoyait le South Stream) grâce à deux tubes. Le premier, d’une capacité de 15,75 milliard de m3, a fait l’objet d’un accord intergouvernemental entre Russie et Turquie en octobre 2016. Le gaz qu’il transportera sera exclusivement destiné au marché turc. Le gazoduc partira d’Anapa, ville russe côtière, traversera la mer Noire sur 900 km, puis aboutira dans la région thrace de Turquie. Depuis juin 2017, plus de 250 km de ce tube sous-marin ont été posés.

    #gaz #guerre_du_gaz #tubes

  • Russia ratifies bill on Turkish Stream gas pipeline - ENERGY
    http://www.hurriyetdailynews.com/Default.aspx?pageID=238&nID=107480&NewsCatID=348

    Russia announced late on Dec. 16 that it had approved a bill to ratify the Turkish Stream natural gas pipeline project.

    The bill was passed by the Russian government and was sent to the Duma, the lower house of Russia’s parliament, the Kremlin said in a statement.

    The Russian Energy Ministry and Foreign Ministry jointly prepared the bill on the project, which is meant to supply natural gas to Turkey and other countries through Turkey.

    The Turkish Stream, announced by Russian President Vladimir Putin in a 2014 visit to Turkey, would carry gas from Russia under the Black Sea to Turkey’s Thrace region. One line, with 15.75 billion cubic meters (bcm) of capacity, is expected to supply the Turkish market, while a second line is set to carry gas to Europe.

    The agreement on the project entered into force through publication in Turkey’s Official Gazette on Dec. 6.

    Turkey’s parliament ratified a bill for the Turkish Stream agreement on Dec. 2 and it was signed into law by President Recep Tayyip Erdoğan.

    #russie #turquie #gaz #pipelines #mer_noire

  • Giant Pioneering Spirit Lands Pipelay Work in Black Sea – gCaptain
    https://gcaptain.com/giant-pioneering-spirit-lands-pipelay-work-in-black-sea


    Pioneering Spirit
    Photo: Allseas Group

    Swiss-based Allseas Group announced Thursday it has received offshore gas pipe laying contract in the Black Sea utilizing the world’s largest construction vessel Pioneering Spirit.

    The contract was awarded to Allseas by South Stream Transport to lay the first line of the #TurkStream offshore gas pipeline.

    Under the contract Pioneering Spirit will lay 900 km of 32-inch pipeline through the Black Sea from Anapa in Russia to Kiyikoy in Turkey, where water depths reach 2200 meters. The contract also comes with an option for laying a second line.

    #gazoduc #Mer_Noire

  • Dozens of ancient shipwrecks found accidentally during Black Sea mapping - ABC News (Australian Broadcasting Corporation)

    http://www.abc.net.au/news/2016-10-25/ancient-shipwrecks-found-accidentally-during-black-sea-mapping/7962270

    The international team of scientists came across more than 40 wrecks while surveying the seabed near Bulgaria to understand how quickly land in the area was inundated following the last ice age 20,000 years ago.

    “The wrecks are a complete bonus, but a fascinating discovery, found during the course of our extensive geophysical surveys,” Professor Jon Adams, lead investigator on the Black Sea Maritime Archaeology Project, said.

    #cartographie #fonds_marins #mer_noire #épaves #histoire

  • Tensions between Washington and Moscow rise as Russia intercepts US spy planes over Black Sea - World Socialist Web Site
    http://www.wsws.org/en/articles/2016/09/09/russ-s09.html

    Tensions between Washington and Moscow rise as Russia intercepts US spy planes over Black Sea
    By Jordan Shilton
    9 September 2016

    Moscow and Washington traded accusations yesterday over an incident involving US reconnaissance aircraft and Russian SU27 fighters in the Black Sea that once again demonstrates how perilously close a military clash between the two nuclear-armed powers is.

    Two US defense officials denounced Russia for carrying out an “unsafe and unprofessional” act by flying within 10 feet of two US spy planes conducting patrols over the Black Sea. A Pentagon spokesman told RT that a P-8A Poseidon aircraft was conducting “routine operations in international airspace” when it was approached by the fighter jets around 11:20 a.m.

    #rusie #états_unis #Mer_noire #crimée

    • Version russe : transpondeurs éteints…

      US spy planes intercepted near Russian border had transponders off – Russian MoD — RT News
      https://www.rt.com/news/358564-us-spy-planes-intercepted

      US spy planes have twice tried to approach the Russian border over the Black Sea with their transponders off, the Russian Defense Ministry said, adding that SU-27 fighter jets were scrambled in response.
      On September 7, the US P-8 Poseidon surveillance airplanes tried to approach the Russian border twice… with their transponders off,” Russian Defense Ministry’s spokesman, Major General Igor Konashenkov said in a statement.

      The SU-27 fighter jets that intercepted the US aircraft were acting “in strict accordance with international flight rules,” the statement reads.

      Dans le sujet vidéo, il est rappelé que lorsque des avions de l’OTAN s’approchent d’avions russes survolant de trop près les frontières au dessus de la Baltique, il s’agit d’un acte agressif de la part des Russes. En revanche, que des avions russes survolent d’un peu près des avions de l’OTAN s’approchant des frontières russes, il s’agit d’un acte agressif de la part… des Russes.

  • Shell Seals Offshore Oil and Gas Deal With Bulgaria - gCaptain
    https://gcaptain.com/shell-signs-offshore-oil-gas-exploration-accord-with-bulgaria

    Royal Dutch Shell Plc signed a five-year contract for oil and natural gas exploration in the deep waters of the Black Sea off the Bulgarian coast, which will enable the Balkan nation to reduce its reliance on Russian energy imports.
    […]
    Bulgaria imports all its gas from Russia and is seeking to diversify supplies after they were cut for two weeks in 2009 following a price dispute between Ukraine and Russia. The European Union’s poorest state spends about $1 billion a year on gas imports.

    Offshore profond en #Mer_Noire #gaz

  • #Bulgarie : Sofia veut reprendre l’exploration des gisements de #gaz de la #Mer_noire

    Le Premier ministre bulgare Boïko Borissov a annoncé la reprise des forages d’exploration en Mer noire au printemps 2016. L’exploitation des ressources nationales s’inscrit dans une stratégie destinée à réduire la dépendance de Sofia envers le gaz russe. Toutefois, la baisse des cours des hydrocarbure pourrait décourager les investisseurs.

    http://www.courrierdesbalkans.fr/le-fil-de-l-info/bulgarie-reprise-de-l-exploration-des-gisements-en-mer-noire.html
    #énergie

  • L’Ukraine, entre géopolitique agroalimentaire et conflit armé
    http://farmlandgrab.org/post/view/25137-l-ukraine-entre-geopolitique-agroalimentaire-et-conflit-arme

    Rappelons que la #Chine, devenue un incontournable pour la Russie, a passé un contrat sur 50 ans pour près de 3 millions d’hectares de terre avec l’Ukraine. Les importations de grain chinois en provenance de la Chine sont très loin d’être négligeables. Selon le ministre de la Politique agraire ukrainienne, « la Chine est devenue plus importante que l’UE pour le secteur #agroalimentaire ukrainien ». Et on le comprend au vu de l’accord passé entre la Banque centrale d’Ukraine (NBU) et la banque de Chine pour un investissement chinois de 3,5 milliards de dollars. Ce crédit est accompagné d’une période de grâce de 3 à 5 ans, en contrepartie, l’Ukraine s’engage à livrer 4 Mt de grains chaque année à la Chine.

    Le choix économique ukrainien visant à renforcer sa production agricole est donc à entrevoir comme un levier géopolitique fort pouvant être un outil de négociation de premier plan, car relevant des besoins premiers de tout être humain et permettant des chemins de traverse aux négociations coincées au point mort sur d’autres volets.

    Ainsi, le sujet de la réforme foncière est-il de première importance pour l’Ukraine qui reste aux prises avec une vraie guerre dans l’est de son territoire. La question du statut de la terre est cruciale : doit-il relever d’un régime d’attribution locative d’un bien commun de la Nation, ou une propriété privée ? Le Rada et l’Agence pour les ressources foncières sont tiraillés entre ces deux possibilités.

    En effet, une privatisation des terres permettrait à certains de faire une bascule financière juteuse : en se portant acheteur de grandes superficies, quitte à mobilisant pour cela autant de filiales que nécessaire afin de respecter la limitation légale au droit de propriété de quelques dizaines ou centaine d’hectares, et en faisant ensuite une revente très avantageuse, ou une location de surface d’une telle importance que cela leur confèrerait un quasi-monopole.

    Pour les entreprises engagées dans des programmes de restructuration la meilleure solution reste de la location qu’il s’agisse de terres d’état ou appartenant aux millions de ruraux ayant reçus un droit de propriété (paille foncière, correspondant à leur statut de travailleurs agricoles dans les anciennes fermes collectives privatisées). Il en résulte une certaine confusion dans la définition d’une politique foncière ukrainienne.

    Dans ce contexte où il est évident que la géopolitique passe par l’alimentation, que penser du projet de création d’un pool des grains ou Union céréalière de la #mer_Noire ? Ce projet de rapprochement des trois grands pays agricoles à fort potentiel d’exportation - #Russie, #Ukraine et #Kazakhstan viserait à mieux asseoir sur la scène internationale la visibilité de l’origine mer Noire et à réduire les effets négatifs d’une concurrence interne qui ferait perdre aux opérateurs de 10 à 20 USD par tonne commercialisée.

    #alimentation #agriculture #terres #foncier

  • #Roumanie : le futur #carrefour_énergétique de l’Europe ?

    Les récentes découvertes de #gisements_offshore dans la #Mer_Noire ont relancé les spéculations sur l’exploitation de #pétrole et de #gaz en Roumanie. D’autant que son positionnement stratégique entre la Russie et l’UE pourrait être un sérieux avantage. Aujourd’hui, Bucarest produit à peine 0,1% du brut mondial avec 105 000 barils/jour.


    http://balkans.courriers.info/article26309.html
    cc @reka

  • Migrant Death at the Clashing Rocks: The Tragedy of the Torun

    In Greek myth, the Symplegades―floating rocks at the Bosporus―could crush any ship which passed through, until Jason tricked it and the rocks became fixed. The Symplegades have been identified as an islet on the European side and a shallow reef on the Asian side of the Bosporus dividing Istanbul. The myth underscores that the Bosporus Straights are treacherous to cross, with quick moving waters, sharp edges to turn around, and jutting rocks which can impale hulls and sink ships. Significant course alterations are necessary to pass the Bosporus, sometimes leading to wreckage and death. Recently, a boat carrying migrants sank close to the European side, raising the specter of Jason and the Clashing Rocks of the Symplegades.


    http://bordercriminologies.law.ox.ac.uk/migrant-death-tragedy-of-the-torun
    #migration #asile #réfugiés #Mer_Noire #Torun #mourir_en_mer #décès #naufrage #Bulgarie #Turquie

  • Hydroelectric plant project without environmental report canceled in Black Sea province - GREEN
    http://www.hurriyetdailynews.com/hydroelectric-plant-project-without-environmental-report-canceled

    A hydroelectric plant project in the Black Sea province of Giresun has been canceled June 24 after a local court rejected a previous administrative decision by the Governor’s Office, which stated that an environment impact assessment report (ÇED) was not necessary to proceed with the construction.

    The Brotherhood of Streams Platform, who filed an objection on behalf of the locals in Keşap, stressed the importance of the Ordu administrative court’s ruling.

    “The judiciary and the courts are properly doing their job. It’s now the government and the prime minister’s turn. They are continuing to act blind and deaf. Don’t they see the streams are drying? Don’t they hear our voices? People in İkizdere, Tonya, Keşap, Fındıklı, Çayeli, Rize, Güneysu, Düzköy, Çaykara and Artvin don’t want hydroelectric plants,” said lawyer and platform representative Remzi Kazmaz

    #Hydro
    #Impact_environnement
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  • Ukraine : L’américain ExxonMobil exploitera les hydrocarbures de la Mer Noire « Le blog A Lupus un regard hagard sur Lécocomics et ses finances
    http://leblogalupus.com/2014/03/04/ukraine-lamericain-exxonmobil-exploitera-les-hydrocarbures-de-la-mer-n

    Ukraine : L’américain ExxonMobil exploitera les hydrocarbures de la Mer Noire

    L’Ukraine va signer un contrat avec un consortium dirigé par l’américain ExxonMobil pour l’exploitation du champ pétrolier et gazier de Skifska, en mer Noire.

    « Le cabinet des ministres a appuyé la proposition de la commission interdépartementale concernant la signature d’un contrat de partage de production avec le groupe de sociétés dirigé par ExxonMobil, opérateur du projet. »

    Le consortium comprend également la société anglo-néerlandaise Royal Dutch Shell, le groupe autrichien OMV et la Société nationale Nadra Ukrainy (Sous-sols d’Ukraine). La société LUKOIL Overseas Ukraine B.V. faisait face au consortium dirigé par ExxonMobil lors de cet appel d’offres.

    Le coût total de ce projet a été estimé entre 10 et 12 Milliards de dollars par le gouvernement ukrainien. Le champ de Skifska, d’une superficie de 16.700 km², produira près de 3 ou 4 milliards de m³ de gaz par an....

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    #hydrocarbures