• Rotta balcanica: i sogni spezzati nella Drina
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    Nelle acque del fiume Drina, in Bosnia Erzegovina, decine di migranti sono morti nel tentativo di avvicinarsi al sogno di una vita migliore in quell’Europa che li respinge. Volontari del Soccorso alpino di Bijeljina e attivisti sono impegnati nel difficile recupero dei corpi

    • Rotta balcanica : i sogni spezzati nella Drina

      Nelle acque del fiume Drina, in Bosnia Erzegovina, decine di migranti sono morti nel tentativo di avvicinarsi al sogno di una vita migliore in quell’Europa che li respinge. Volontari del Soccorso alpino di Bijeljina e attivisti sono impegnati nel difficile recupero dei corpi.

      “Finora non mi è mai capitato di sognare uno dei corpi ritrovati, non ho mai avuto incubi. Proprio mai. Credo sia una questione di approccio. Soltanto chi non ha la coscienza pulita fa incubi”, afferma Nenad Jovanović, 37 anni, membro della squadra del Soccorso alpino di Bijeljina.

      Negli ultimi sei anni, Jovanović ha partecipato alle operazioni di recupero di oltre cinquanta corpi di migranti nell’area che si estende dal villaggio di Branjevo alla foce del fiume Drina [nella Bosnia orientale], tutti di età inferiore ai quarant’anni, annegati nel tentativo di entrare in Bosnia Erzegovina dalla Serbia, per poi proseguire il loro viaggio verso altri paesi europei, in cerca di un posto sicuro per sé e per i propri familiari.

      “Ogni volta che scoppia un nuovo conflitto in Medio Oriente, in Afghanistan, Iraq o altrove, assistiamo ad un aumento degli arrivi di migranti in cerca di salvezza nei paesi dell’Unione europea. Purtroppo, per alcuni di loro la Drina si rivela un ostacolo insormontabile. Il loro è un destino doloroso che può capitare a chiunque”, spiega Nenad Jovanović.

      Durante le operazioni di recupero dei corpi, Jovanović più volte è stato costretto a gettarsi nel fiume in piena, rischiando la propria vita.

      “Recentemente abbiamo recuperato il corpo di un uomo proveniente dall’Afghanistan. Era in acqua da circa un anno. I pescatori che per primi lo avevano notato non erano nemmeno sicuri che si trattasse di un corpo umano. Potete immaginare lo stato in cui si trovava”, afferma Jovanović.

      Un suo collega, Miroslav Vujanović, si sofferma sull’aspetto umano del lavoro del soccorritore. “A prescindere dallo stato di decomposizione, cerchiamo in tutti in modi possibili di recuperare il corpo nelle condizioni in cui lo troviamo. Nulla deve essere perso, nemmeno i vestiti. Perché siamo tutti esseri umani. Nel momento del recupero di un corpo magari non pensi alla sua identità, cerchi di fare il tuo lavoro in modo professionale e basta. Poi però quando torni a casa e vedi tua moglie e i figli, inizi a chiederti chi fosse quell’uomo e se anche lui avesse una famiglia. È del tutto normale riflettere su queste cose. Sono però pensieri intimi, che tendiamo a tenere dentro”.

      I volontari del Soccorso alpino di Bijeljina hanno partecipato anche alle operazioni di ricerca e assistenza alle popolazioni colpite dal terremoto nella regione di Banovina (in Croazia) nel 2020 e alle vittime del terremoto che l’anno scorso ha devastato la Turchia. In tutte queste operazioni sono stati costretti ad utilizzare le attrezzature prese in prestito o noleggiate, perché le autorità locali non rispettano gli accordi di cooperazione stipulati con altri paesi. Del resto, la Bosnia Erzegovina è il paese delle assurdità. Lo confermano anche i nostri interlocutori, aggiungendo che a volte si sentono incompresi anche dai loro familiari.

      “Mia moglie spesso si chiede come io possa fare questo lavoro. Oppure invito ospiti a casa per la celebrazione del santo della famiglia, e proprio quando stiamo per tagliare il pane tradizionale, mi chiama la polizia dicendo di aver trovato un cadavere nella Drina. Quindi, mi scuso con gli ospiti, chiedo loro di rimanere e vado a fare il mio lavoro. Non è un lavoro facile, ma per me la più grande soddisfazione è sapere che quel corpo recuperato sarà sepolto degnamente e che la famiglia della vittima, straziata dalla sofferenza, finalmente troverà pace”, spiega Nenad Jovanović.

      Recentemente, Jovanović, insieme ai suoi colleghi Miroslav Vujanović e Safet Omerbegić, ha partecipato ad una cerimonia di commemorazione in memoria dei migranti scomparsi e morti ai confini d’Europa. In quell’occasione sono state inaugurate le lapidi delle tombe dei sedici migranti sepolti nel nuovo cimitero di Bijeljina, situato nel quartiere di Hase. Trattandosi di corpi non identificati, ciascuna delle lastre in marmo nero reca incise, a caratteri dorati, la sigla N.N e l’anno della morte.

      Nel cimitero è stato piantato anche un filare di alberi in memoria delle vittime e sono state collocate due targhe commemorative con la scritta: “Non dimenticheremo mai voi e i vostri sogni spezzati nella Drina”. L’iniziativa è stata realizzata grazie al sostegno dell’associazione austriaca «SOS Balkanroute» e di Nihad Suljić, attivista di Tuzla, che da anni fornisce assistenza concreta ai rifugiati e partecipa alle procedure di identificazione e sepoltura dei morti.

      “Per noi è un grande onore e privilegio sostenere simili progetti. Si tratta di un’iniziativa pionieristica che può fungere da modello per l’intera regione. Per quanto possa sembrare paradossale, siamo contenti che queste persone, a differenza di tante altre, abbiano almeno una tomba. Abbiamo voluto che le loro tombe fossero dignitose e che non venissero lasciate al degrado, come accaduto recentemente a Zvornik”, sottolinea Petar Rosandić dell’associazione SOS Balkanroute.

      Rosandić spiega che la sistemazione delle tombe dei migranti nei cimiteri di Bijeljina e Zvornik è frutto di un’iniziativa di cooperazione transfrontaliera a cui hanno partecipato anche le comunità religiose di Vienna. Queste comunità, che durante la Seconda guerra mondiale erano impegnate nel salvataggio degli ebrei, oggi partecipano a diversi progetti a sostegno dei migranti lungo le frontiere esterne dell’UE.

      “Sulle lastre c’è scritto che si tratta di persone non identificate, ma noi sappiano che in ogni tomba giace il corpo di un giovane uomo i cui sogni si sono spezzati nella Drina. Ognuno di loro aveva una famiglia, un passato, i propri desideri e le proprie aspirazioni. Il loro unico peccato, secondo gli standard europei, era quello di avere un passaporto sbagliato, quindi sono stati costretti a intraprendere strade pericolose per raggiungere i luoghi dove speravano di trovare serenità e un futuro migliore”, afferma l’attivista Nihad Suljić.

      Suljić poi spiega che nel prossimo periodo i ricercatori e gli attivisti si impegneranno al massimo per instaurare una collaborazione con diverse istituzioni e organizzazioni. L’obiettivo è quello di identificare le persone sepolte in modo da restituire loro un’identità e permettere alle loro famiglie di avviare un processo di lutto.

      “Questi monumenti neri sono le colonne della vergogna dell’Unione europea – commenta Suljić - non è stata la Drina a uccidere queste persone, bensì la politica delle frontiere chiuse. Se avessero avuto un altro modo per raggiungere un posto sicuro dove costruire una vita migliore, sicuramente non sarebbero andati in cerca di pace attraversando mari, fiumi e fili spinati. Le loro tombe testimonieranno per sempre la vergogna e il regime criminale dell’UE”.

      Suljić ha invitato i cittadini dell’UE che hanno partecipato alla cerimonia di commemorazione a Bijeljina a chiamare i governi dei loro paesi ad assumersi la propria responsabilità.

      “Non abbiamo bisogno di donazioni né di corone di fiori. Vi invito però a inviare un messaggio ai vostri governi, a tutti i responsabili dell’attuazione di queste politiche, per spiegare loro le conseguenze delle frontiere chiuse, frontiere che uccidono gli esseri umani, ma anche i valori europei”.

      Dalla chiusura del corridoio sicuro lungo la rotta balcanica [nel 2015], nell’area di Bijeljina, Zvornik e Bratunac sono stati ritrovati circa sessanta corpi di migranti annegati nel fiume Drina. Stando ai dati raccolti da un gruppo di attivisti e ricercatori, nel periodo compreso tra gennaio 2014 e dicembre 2023 lungo il tratto della rotta balcanica che include sei paesi (Macedonia del Nord, Kosovo, Serbia, Bosnia Erzegovina, Croazia e Slovenia) hanno perso la vita 346 persone in movimento. Trattandosi di dati reperiti da fonti pubbliche, i ricercatori sottolineano che il numero effettivo di vittime con ogni probabilità è molto più alto. In molti casi, la tragica sorte dei migranti è direttamente legata ai respingimenti effettuati dalle autorità locali e dai membri dell’agenzia Frontex.

      “La morte alle frontiere è ormai parte integrante di un regime di controllo che alcuni autori definiscono un crimine in tempo di pace, una forma di violenza amministrativa e istituzionale finalizzata a mantenere in vita un determinato ordine sociale. Molte persone morte ai confini restano invisibili, come sono invisibili anche le persone scomparse. I decessi e le sparizioni spesso non vengono denunciati, e alcuni corpi non vengono mai ritrovati”, spiega Marijana Hameršak, ricercatrice dell’Istituto di etnologia e studi sul folklore di Zagabria, responsabile di un progetto sui meccanismi di gestione dei flussi migratori alle periferie dell’UE.

      In assenza di un database regionale e di iniziative di cooperazione transfrontaliera, sono i volontari e gli attivisti a portare avanti le azioni di ricerca di persone scomparse e i tentativi di identificazione dei corpi. Al termine della cerimonia di commemorazione, a Bijeljina si è tenuta una conferenza per discutere di questo tema.

      “Molte famiglie non sanno a chi rivolgersi, non hanno mai ricevuto indicazioni chiare. Finora le istituzioni non hanno mai voluto impegnarsi su questo fronte. Spero che a breve ognuno si assuma la propria responsabilità e faccia il proprio lavoro, perché non è normale che noi, attivisti e volontari, portiamo avanti questo processo”, denuncia Nihad Suljić.

      A dare un contributo fondamentale è anche Vidak Simić, patologo ed esperto forense di Bijeljina. Dal 2016 Simić ha eseguito l’autopsia e prelevato un campione di DNA di circa quaranta corpi di migranti, per la maggior parte rinvenuti nel fiume Drina.

      “Questa vicenda mi opprime, non mi sento bene perché non riesco a portare a termine il mio lavoro. Credo profondamente nel giuramento di Ippocrate e lo rispetto. Le leggi e altre norme mi obbligano a conservare i campioni per sei mesi, ho deciso però di conservarli per tutto il tempo necessario, in attesa che il sistema venga cambiato. La mia idea è di raccogliere tutti questi campioni, creare profili genetici individuali, pubblicarli su un sito appositamente creato in modo da aiutare le famiglie – in Afghanistan, Pakistan, Algeria, Marocco e in altri paesi – che cercano i loro cari scomparsi.

      Lo auspicano anche il padre, la madre, la sorella e i fratelli di Aziz Alimi, vent’anni, proveniente dall’Afghanistan, che nel settembre dello scorso anno, nel tentativo di raggiungere la Bosnia Erzegovina dalla Serbia, aveva deciso di attraversare la Drina a nuoto con altri tre ragazzi. Poco dopo la sua scomparsa, nello stesso luogo da dove Aziz per l’ultima volta aveva contattato uno dei suoi fratelli, è stato ritrovato un corpo.

      Dal momento che non è stato possibile identificare il corpo per via del pessimo stato in cui si trovava, i familiari di Aziz, che nel frattempo hanno trovato rifugio in Iran, hanno inviato un campione del suo DNA in Bosnia Erzegovina. Ripongono fiducia nelle istituzioni e nei cittadini bosniaco-erzegovesi per garantire ad Aziz almeno una sepoltura dignitosa.

      Ai presenti alla conferenza di Bijeljina si è rivolta anche la sorella di Aziz, Zahra Alimi, intervenuta con un videomessaggio. “Non abbiamo parenti in Europa che possano aiutarci e davvero non sappiamo cosa fare. Per favore aiutateci, nostro padre è affetto da un tumore e nostra madre ha sofferto molto dopo aver appreso la triste notizia [della scomparsa di Aziz]. Possiamo contare solo su di voi”.

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  • Jury convicts #Ibrahima_Bah : Statement from Captain Support UK

    Following a three-week trial, Ibrahima Bah, a teenager from Senegal, has been convicted by an all-white jury at Canterbury Crown Court. The jury unanimously found him guilty of facilitating illegal entry to the UK, and by a 10-2 majority of manslaughter by gross negligence. This conviction followed a previous trial in July 2023 in which the jury could not reach a verdict.

    Ibrahima’s prosecution and conviction is a violent escalation in the persecution of migrants to ‘Stop the Boats’. Observing the trial has also made it clear to us how anti-black racism pervades the criminal ‘justice’ system in this country. The verdict rested on the jury’s interpretation of generic words with shifting meanings such as ‘reasonable’, ‘significant’, and ‘minimal’. Such vagueness invites subjective prejudice, in this case anti-black racist profiling. Ibrahima, a teenage survivor, was perceived in the eyes of many jurors to be older, more mature, more responsible, more threatening, with more agency, and thus as more ‘guilty’.
    Why Ibrahima was charged

    Ibrahima was arrested in December 2022 after the dinghy he was driving across the Channel broke apart next to the fishing vessel Arcturus. Four men are known to have drowned, and up to five are still missing at sea. The court heard the names of three of them: Allaji Ibrahima Ba, 18 years old from Guinea who had travelled with Ibrahima from Libya and who Ibrahima described as his brother; Hajratullah Ahmadi, from Afghanistan; and Moussa Conate, a 15 year old from Guinea.

    The jury, judge, defense, and prosecution agreed the shipwreck and resultant deaths had multiple factors. These included the poor construction of the boat, water ingress after a time at sea, and later everyone standing up to be rescued causing the floor of the dinghy ripping apart. A report by Alarm Phone and LIMINAL points to other contributing factors, including the lack of aerial surveillance, the failure of the French to launch a search and rescue operation when first informed of the dinghy’s distress, and the skipper of Arcturus’ delay in informing Dover Coastguard of the seriousness of the wreck. Nonetheless, the Kent jury has decided to exclusively punish a black teenaged survivor.

    What the jury heard

    Many of the other survivors, all of whom claimed asylum upon reaching the UK, testified that Ibrahima saved their lives. At the moment the dinghy got into danger, Ibrahima steered it towards the fishing vessel which rescued them. He was also shown holding a rope to keep the collapsed dinghy alongside the fishing vessel while others climbed onboard. One survivor told the court that Ibrahima “was an angel”.

    The story told by witnesses not on the dinghy contrasted greatly to that of the asylum seekers who survived. Ray Strachan, the captain of the shipping vessel Arcturus offered testimony which appeared particularly prejudiced. He described Ibrahima using racist tropes – “mouthy”, not grateful enough following rescue, and as behaving very unusually. He complained about the tone in which Ibrahima asked the crew to rescue his drowning friend Allaji, who Strachan could only describe as being “dark brown. What can you say nowadays? He wasn’t white.” Strachan also has spoken out in a GB News interview against what he considers to be the “migrant taxi service” in the Channel, and volunteered to the jury, “It wasn’t my decision to take them to Dover. I wanted to take them back to France.” This begs the question of whether Strachan’s clearly anti-migrant political opinions influenced his testimony in a way which he felt would help secure Ibrahima’s conviction. It also raises the question if jury members identified more with Strachan’s retelling than the Afghans who testified through interpreters, and to what extent they shared some of his convictions.

    When Ibrahima took the stand to testify in his defense he explained that he refused to drive the rubber inflatable after he was taken to the beach and saw its size compared to the number of people expecting to travel on it. He told how smugglers, who had organised the boat and had knives and a gun, then assaulted him and forced him to drive the dinghy. The other survivors corroborated his testimony and described the boat’s driver being beaten and forced onboard.

    The prosecutor, however, sought to discredit Ibrahima, cross-examining him for one-and-a-half days. He demonised Ibrahima and insisted that he was personally responsible for the deaths because he was driving. Ibrahima’s actions, which survivors testified saved their lives, were twisted into dangerous decisions. His experiences of being forced to drive the boat under threat of death, and following assault, were disbelieved. The witness stand became the scene of another interrogation, with the prosecutor picking over the details of Ibrahima’s previous statements for hours.

    Ibrahima’s account never waivered. Yes he drove the dinghy, he didn’t want to, he was forced to, and when they got into trouble he did everything in his power to save everybody on board.
    Free Ibrahima!

    We have been supporting, and will continue to support, Ibrahima as he faces his imprisonment at the hands of the racist and unjust UK border regime.

    This is a truly shocking decision.

    We call for everybody who shares our anger to protest the unjust conviction of Ibrahima Bah and to stand in solidarity with all those incarcerated and criminalised for seeking freedom of movement.

    https://captainsupport.net/jury-convicts-ibrahima-bah-statement-from-captain-support-uk

    #scafista #scafisti #UK #Angleterre #criminalisation_de_la_migration #migrations #réfugiés #procès #justice #condamnation #négligence #Stop_the_Boats #verdict #naufrage #responsabilité #Arcturus

    • “NO SUCH THING AS JUSTICE HERE”. THE CRIMINALISATION OF PEOPLE ARRIVING TO THE UK ON ‘SMALL BOATS’

      New research shows how people arriving on small boats are being imprisoned for their ‘illegal arrival’. Among those prosecuted are people seeking asylum, victims of trafficking and torture, and children with ongoing age disputes.

      This research provides broader context surrounding the imprisonment of Ibrahima Bah, a Senegalese teenager, who has recently been found ‘guilty’ of both facilitating illegal entry and manslaughter. He was sentenced to 9 years and 6 months imprisonment on Friday 23rd February. In their statement, Captain Support UK argue that “Ibrahima’s prosecution and conviction is a violent escalation in the persecution of migrants to ‘Stop the Boats’.”

      The research

      This report, published by the Centre for Criminology at the University of Oxford and Border Criminologies, shows how people have been imprisoned for their arrival on a ‘small boat’ since the Nationality and Borders Act (2022) came into force. It details the process from sea to prison, and explains how this policy is experienced by those affected. Analysis is based on observations of over 100 hearings where people seeking asylum were prosecuted for their own illegal arrival, or for facilitating the arrival of others through steering the dinghy they travelled on. The report is informed by the detailed casework experience of Humans for Rights Network, Captain Support UK and Refugee Legal Support. It also draws on data collected through Freedom of Information requests, and research interviews with lawyers, interpreters, and people who have been criminalised for crossing the Channel on a ‘small boat’.

      Background

      In late 2018, the number of people using dinghies to reach the UK from mainland Europe began to increase. Despite Government claims, alternative ‘safe and legal routes’ for accessing protection in the UK remain inaccessible to most people. There is no visa for ‘seeking asylum’, and humanitarian routes to the UK are very restricted. For many, irregular journeys by sea have become the only way to enter the UK to seek asylum, safety, and a better life.

      Soon after the number of people arriving on small boats started to increase, the Crown Prosecution Service began to charge those identified as steering the boats with the offences of ‘illegal entry’ or ‘facilitation’. These are offences within Section 24 and Section 25 of the Immigration Act 1971. However, in 2021, a series of successful appeals overturned these prosecutions. This was on the basis that if the people on a small boat intended to claim asylum at port, there was no breach of immigration law through attempted ‘illegal entry’. The Court of Appeal found that those who arrive by small boat and claim asylum do not enter illegally, as they are granted entry as an asylum seeker.

      In response, in June 2022, the Nationality and Borders Act expanded the scope of criminal offences relating to irregular arrival to the UK. First, the offence of ‘illegal arrival’ was introduced, with a maximum sentence of 4 years. Second, the offence of ‘facilitation’ was expanded to include circumstances in which ‘gain’ was difficult to prove, and the maximum sentence was increased from 14 years to life imprisonment. During Parliamentary debates, members of both Houses of Parliament warned that this would criminalise asylum seeking to the UK.

      Who has been prosecuted since the Nationality and Borders Act (2022)?

      New data shows that in the first year of implementation (June 2022 – June 2023), 240 people arriving on small boats were charged with ‘illegal arrival’ off small boats. While anyone arriving irregularly can now be arrested for ‘illegal arrival’, this research finds that in practice those prosecuted either:

      – Have an ‘immigration history’ in the UK, including having been identified as being in the country, or having attempted to arrive previously ( for example, through simply having applied for a visa), or,
      – Are identified as steering the dinghy they travelled in as it crossed the Channel.

      49 people were also charged with ‘facilitation’ in addition to ‘illegal arrival’ after allegedly being identified as having their ‘hand on the tiller’ at some point during the journey. At least two people were charged with ‘facilitation’ for bringing their children with them on the dinghy.

      In 2022, 1 person for every 10 boats was arrested for their alleged role in steering. In 2023, this was 1 for every 7 boats. People end up being spotted with their ‘hand on the tiller’ for many reasons, including having boating experience, steering in return for discounted passage, taking it in turns, or being under duress. Despite the Government’s rhetoric, both offences target people with no role in organised criminal gangs.

      The vast majority of those convicted of both ‘illegal arrival’ and ‘facilitation’ have ongoing asylum claims. Victims of torture and trafficking, as well as children with ongoing age disputes, have also been prosecuted. Those arrested include people from nationalities with a high asylum grant rate, including people from Sudan, South Sudan, Afghanistan, Iran, Eritrea, and Syria.

      Those imprisoned are distressed and harmed by their experiences in court and prison

      This research shows how court hearings were often complicated and delayed by issues with interpreters and faulty video link technology. Bail was routinely denied without proper consideration of each individual’s circumstances. Those accused were usually advised to plead guilty to ‘illegal arrival’ at the first opportunity to benefit from sentence reductions, however, this restricted the possibility of legal challenge.

      Imprisonment caused significant psychological and physical harm, which people said was particularly acute given their experiences of displacement. The majority of those arrested are imprisoned in HMP Elmley. They frequently reported not being able to access crucial services, including medical care, interpretation services including for key documents relating to their cases, contact with their solicitors, immigration advice, as well as work and English lessons. People shared their experiences of poor living conditions, inadequate food, and routine and frequent racist remarks and abuse from prison staff as ‘foreign nationals’.

      Children with age disputes are being imprisoned for their arrival on small boats

      Research (see, for example, here) by refugee support organisations has highlighted significant flaws in the Home Office’s age assessment processes in Dover, resulting in children being aged as adults, and treated as such. One consequence of this is that children with ongoing age disputes have been charged as adults with the offences of ‘illegal arrival’ and ‘facilitation’ for their alleged role in steering boats across the Channel.

      Humans for Rights Network has identified 15 age-disputed children who were wrongly treated as adults and charged with these new offences, with 14 spending time in adult prison. This is very likely to be an undercount. The Home Office fails to collect data on how many people with ongoing age disputes are convicted. These young people have all claimed asylum, and several claim (or have been found to be) survivors of torture and/or trafficking. The majority are Sudanese or South Sudanese, who have travelled to the UK via Libya.

      Throughout the entirety of the criminal process, responsibility lay with the child at every stage to reject their ‘given’ age and reassert that they are under 18. Despite this, the Courts generally relied on the Home Office’s ‘given age’, without recognition of evidence highlighting clear flaws in these initial age enquiries. Children who maintained that they were under 18 in official legal proceedings faced substantial delays to their cases, due to the time required by the relevant local authority to carry out an age assessment, and delays to the criminal process. Due to this inaction, several children have decided to be convicted and sentenced as adults to try to avoid spending additional time in prison.

      These young people have experienced serious psychological and physical harm in adult courts and prisons, raising serious questions around the practices of the Home Office, Border Force, Ministry of Justice, magistrates and Judges, the CPS, defence lawyers, and prison staff.

      Pour télécharger le rapport :
      Full report:https://blogs.law.ox.ac.uk/sites/default/files/2024-02/No%20such%20thing%20as%20justice%20here_for%20publication.pdf
      Summary : https://blogs.law.ox.ac.uk/sites/default/files/2024-02/SUMMARY_No%20such%20thing%20as%20justice%20here_for%20publication.pd

      https://www.law.ox.ac.uk/content/news/report-launch-no-such-thing-justice-here
      #rapport

    • Ibrahima Bah was sentenced to nine years for steering a ‘death trap’ dinghy across the Channel. Was he really to blame?

      The young asylum seeker was forced into piloting the boat on which at least four people drowned. Under new ‘stop the boats’ laws, he’s responsible for their deaths – but others say he’s a victim

      In the dock at Canterbury crown court, Ibrahima Bah listened closely as his interpreter told him he was being sentenced to nine years and six months in prison.

      In December 2022, Bah had steered an inflatable dinghy full of passengers seeking asylum in the UK across the Channel from France. The boat collapsed and four people were confirmed drowned – it is thought that at least one other went overboard, but no other bodies have yet been recovered.

      Bah’s conviction – four counts of gross negligence manslaughter and one of facilitating a breach of immigration law – is the first of its kind. The Home Office put out a triumphant tweet after his sentencing, with the word “JAILED” in capital letters above his mugshot. According to the government, Bah’s sentence is proof that it is achieving one of Rishi Sunak’s main priorities: to “Stop the Boats”. But human rights campaigners are less jubilant and fear his conviction will be far from the last.

      Of the 39 passengers who survived that perilous journey in December 2022, about a dozen were lone children. Bah is a young asylum seeker himself, from Senegal. The judge determined he is now 20; his birth certificate says he is 17. Either way, he was a teenager at the time of the crossing. So how did his dream of a new life in the UK end up here, in this courtroom, being convicted of multiple counts of manslaughter?

      As with so many asylum seekers, details about Bah’s life are hazy and complicated. He has had little opportunity to speak to people since he arrived in the UK because he has been behind bars. His older sister, Hassanatou Ba, who lives in Morocco, says the whole family is devastated by his imprisonment, especially their mother. Hassanatou says her brother – the only son in the family, and the only male after the death of their father – has always been focused on helping them all.

      “He is gentle, kind and respectful, and loves his family very much,” she says. “He always wanted to take care of all of us. He knew about the difficulties in our lives and wanted our problems to stop.”

      In court, the judge, Mr Justice Johnson KC, noted that Bah’s early upbringing was difficult and that he was subjected to child labour. His initial journey from Senegal was tough, too, as he travelled to the Gambia, then Mali (where the judge acknowledged he had been subjected to forced labour), Algeria and Libya before crossing the Mediterranean to reach Europe. The risk of drowning in a flimsy and overcrowded boat in the Mediterranean is extremely high, with more than 25,000 deaths or people missing during the crossing since 2014. The Immigration Enforcement Competent Authority found there were reasonable grounds to conclude Bah was a victim of modern slavery based on some of his experiences on his journey. He told the police the boat journey was “terrifying”, and took four days and four nights in an “overcrowded and unsuitable” vessel.

      Bah and his fellow travellers were rescued and taken to Sicily. From there, he travelled to France and met Allaji Ba, 18, from Guinea, who became his friend and who he has described as his “brother”. The pair spent five months in Bordeaux before travelling to Paris, then Calais, then Dunkirk, spending three months in an area known as the Jungle – a series of small, basic encampments. The refugees who live there are frequently uprooted by French police. The vast original Calais refugee encampment – also known as the Jungle – was destroyed in October 2016, but the camps still exist, albeit in more compact and makeshift forms. Some people have tents, while others sleep in the open air, whatever the weather.

      In the Jungle, Bah met a group of smugglers. He was unable to pay the going rate of about £2,000 for a space on a dinghy to come to the UK, so instead he agreed to steer the boat in exchange for free passage. Smugglers don’t drive boats themselves: they either offer the job to someone like Bah, who can’t afford to pay for their passage; force a passenger to steer; or leave it to the group to share the task between them.

      When Bah saw how unseaworthy and overcrowded the boat was, he refused to pilot it, and in court, the judge accepted there was a degree of coercion by the smugglers. Bah said smugglers with a knife and a gun assaulted him, and other survivors corroborated his account of being beaten after refusing to board the boat.

      Once the dinghy was afloat, survivors have said the situation became increasingly terrifying. Out at sea, under a pitch black sky, the dinghy began taking in water up to knee level. It was when the passengers saw a fishing vessel, Arcturus, that catastrophe struck, with some standing up, hoping that at last they were going to be saved from what they believed was certain drowning.

      At Bah’s trial, witnesses gave evidence about his efforts to save lives by manoeuvring the stricken dinghy towards the fishing trawler, so that people could be rescued.

      One witness said that if it hadn’t been for Bah, everyone on board would have drowned. “He was trying his best,” he said. Another survivor called him an “angel” for his efforts to save lives, holding a rope so others could be hoisted to safety on the fishing vessel and putting the welfare of others first. The judge acknowledged that Bah was one of the last to leave the dinghy and tried to help others after he did so, including his friend Ba, “who tragically died before your eyes”.

      The dinghy was described by the judge as a “death trap”; he also recognised that the primary responsibility for what happened that night rests with the criminal gangs who exploit and endanger those who wish to come to the UK. He noted that Bah was “significantly less culpable” than the gangs and did not coerce other passengers or organise the trip.

      “Everything that has happened to Ibrahima since he was forced to drive the boat in 2022 has been bad luck,” says Hassanatou. “In fact, Ibrahima’s whole journey has been suffering on top of suffering.”

      Had Bah made the journey just a few months earlier, he would not be in this courtroom today. His conviction was made possible by recent changes in the law – part of the Conservative government’s clampdown on small boats. In June 2022, the Nationality and Borders Act (NABA) expanded the scope of criminal offences relating to irregular arrival to the UK. The offence of “illegal arrival” was introduced, with a maximum sentence of four years. This criminalises the act of arriving in the UK to claim asylum – and effectively makes claiming asylum impossible since, by law, you have to be physically in the country to make a claim.

      At the same time, the pre-existing offence of “facilitation” – making it possible for others to claim asylum by piloting a dinghy, for example – was expanded, with the maximum sentence increased from 14 years to life imprisonment. Hundreds of people, including children and victims of torture and smuggling, have subsequently been jailed for the first offence and a handful for the second.

      The reasons Bah and thousands of others are forced into this particularly deadly form of Russian roulette on the Channel is due to government policy not to provide safe and legal routes for those who are fleeing persecution. Last year, the government went further than NABA with the Illegal Migration Act, making any asylum claim by someone arriving by an “irregular” means, such as on a small boat, inadmissible. It is hard to overstate the significance of this change. The right to claim asylum was enshrined in the 1951 Geneva Convention after the horrors of the second world war – and has saved many lives. The UK is still signed up to that convention, but the Illegal Migration Act now makes it almost impossible to exercise that essential right, and has been strongly criticised by the UN.

      None of these legal changes are stopping the boats. Although the number of Channel crossings fell by 36% last year, much of that reduction was due to 90% fewer crossings by Albanians (there had been a spike in the numbers of Albanians coming over in 2022). Those fleeing conflict zones are still crossing in large numbers, and according to a report by the NGO Alarm Phone, measures introduced to stop the boats are likely to have increased the number of Channel drownings.

      Most asylum seekers do not seek sanctuary in the UK but instead head to the nearest safe country. Those who do come here often have family in the UK, or speak English. The decisions people make before stepping into a precarious dinghy on a beach in northern France are not a result of nuanced calculations based on the latest law to pass through parliament. “I come or I die,” one Syrian asylum seeker told me recently, when I asked about his decision to make a high-risk boat crossing after experiencing torture in his home country.

      Some lawyers who have followed Bah’s case and the broader implications of the new legislation are worried about these developments. “There is now no legal way to claim asylum,” one lawyer says.

      “The use of manslaughter in these circumstances is completely novel and demonstrates how pernicious the new laws are. It is the most vulnerable who end up piloting the boats and asylum seekers have no knowledge that the law has changed.”

      Bah’s case has also caused consternation among campaigners. “The conviction of Ibrahima Bah demonstrates a violent escalation in the prosecution of people for the way in which they arrive in the UK,” reads a joint statement from Humans for Rights Network and Refugee Legal Support, two of the organisations supporting Bah. They also point out that Bah had already spent 14 months in prison without knowing how long he would remain there, after a previous trial against him last year collapsed when the jury failed to reach a verdict.

      “He too is a survivor of the shipwreck he experienced in December 2022,” the statement continues. “Imprisonment has severely impacted his mental health and will continue to do so while he is incarcerated. Ibrahima navigated a horrific journey to the UK in the hope of finding safety here through the only means available to him and yet he has been punished for the deaths of others seeking the same thing, sanctuary.”

      The organisation Captain Support is helping 175 people who face prosecution as a result of the new laws to find legal representation. A letter-writing campaign calling for Bah to be freed has been launched.

      Hassanatou says she is struggling to comprehend the UK’s harsh laws towards people like her little brother, and she fears his age will make it particularly difficult for him to cope behind bars. He will be expected to serve two-thirds of his sentence in custody, first in a young offenders’ institute and then in an adult jail.

      In his sentencing remarks the judge said to Bah: “This is also a tragedy for you. Your dream of starting a new life in the UK is in tatters.”

      https://www.theguardian.com/uk-news/2024/mar/12/ibrahima-bah-teenage-asylum-seeker-manslaughter

  • Human rights monitors: new UK-Frontex agreement risks “axis of abuse”

    Charities on both sides of the English Channel have hit out at the new cooperation agreement between EU border agency Frontex and UK authorities signed in London today between UK officials and EU Home Affairs Commissioner Ylva Johansson; citing human rights scandals surrounding both organisations and an enforcement approach that is “flawed from conception.”

    - The “integrated border management” between countries described in today’s deal has had serious consequences. Frontex was recently found (https://www.lighthousereports.com/investigation/frontex-and-the-pirate-ship) to be systematically sharing the coordinates of Mediterranean boats in distress with militias and pirates that return people crossing to conditions of abuse and violence.
    - This news came over a year on from the forced resignation of its former director (now a European Parliament candidate for the French far-right National Rally) over the agency’s complicity and cover-ups in Greece’s deadly border campaign, which was supposed to herald a culture change.
    - The number of UK border drownings has doubled in the past year, which rescue NGO Alarmphone says is linked to Anglo-French border policy (https://www.theguardian.com/uk-news/2024/jan/29/uk-france-small-boats-pact-doubling-drownings-directly-linked). UK and French authorities have faced allegations of serious shortcomings in responding to Channel shipwrecks.
    - Meanwhile the UK continues to attempt to undermine its own courts and international refugee law with its plans to outsource its asylum processes to Rwanda, and its abuse-ridden detention estate is widely documented.

    Quotes from organisations responding to the move can be found below.

    Michele LeVoy, Director of the Brussels-based Platform for International Cooperation on Undocumented Migrants (PICUM), said:

    “Frontex is signing this new agreement with the UK border forces after countless reports of complicity by the EU agency in serious violence.”

    “The plan is flawed from conception. Tougher enforcement does not reduce irregular crossings; it only makes people’s journeys more dangerous. These resources should instead be used to provide safe routes and proper support for people seeking safety.”

    Mary Atkinson, Campaigns and Networks Manager at the London-based Joint Council for the Welfare of Immigrants, said:

    “People move – they always have and always will. It’s something we should welcome, not something which needs to be ‘tackled’ or ‘cracked down’ upon. We urgently need change so that people can move without risking – and too often losing – their lives.

    “This latest development is just more of the same tired old thinking. Making our borders more violent has never stopped those in need from coming here and all these measures will do is make it more dangerous. The government needs to wake up and accept that ‘deterrents’ never have – and never will – work. Instead, we need to listen to the evidence and develop policies that prioritise people’s safety and human rights.”

    A spokesperson for Calais-based Human Rights Observers said:

    “Frontex, the EU’s biggest agency, which squanders European taxpayers’ money by massively violating human rights, is preparing to land on the French-British border. With at least 28 people killed by the murderous border policies of France and the UK in 2023, the presence of Frontex would only increase the insecurity of people seeking protection.”

    Josephine Valeske at Europe-wide campaign Abolish Frontex said:

    “UK border policy has seen deaths by drowning double in the last year, and its government continues to insist on violating both UK and international law by deporting people seeking asylum to Rwanda.”

    “Frontex claims to have made progress on rights – but joining the UK for its new so-called “crackdown” on migration shows that nothing has changed. The EU cannot claim to defend human rights while Frontex continues to exist, and expand a European axis of abuse, at our expense.”

    https://picum.org/blog/human-rights-monitors-new-uk-frontex-agreement-risks-axis-of-abuse

    #Frontex #Manche #La_Manche #migrations #réfugiés #contrôles_frontaliers #UK #Angleterre #accord #coopération #frontières #Calais #France

  • En Serbie, rendre invisibles les exilés

    La Serbie est le dernier pays non-membre de l’Union européenne de la route des Balkans. Traversée depuis des siècles, elle l’est aujourd’hui encore par de nombreux étrangers venus de Syrie, d’Afghanistan, de Turquie, même du Maroc… Car la Serbie reste le dernier rempart de la forteresse Europe. Ce petit pays de presque 7 millions d’habitants, entouré de huit frontières dont quatre avec l’Union européenne, applique une politique migratoire orchestrée par celle-ci.

    En effet, la Serbie demande son adhésion depuis plus de dix ans.

    Depuis le mois de décembre, après un contexte politique tendu, ce pays de transit tente de rendre invisibles les exilés, déjà soumis aux passeurs et aux lois en matière d’asile et d’immigration. En plein cœur de l’hiver, reportage entre Belgrade et la frontière croate de l’Europe.

    https://www.rfi.fr/fr/podcasts/grand-reportage/20240219-en-serbie-rendre-invisibles-les-exil%C3%A9s

    #emprisonnement #Serbie #asile #migrations #réfugiés #Belgrade #route_des_Balkans #Balkans #squat #opération_policière #peur #sécurité #insécurité #Sid #Šid #frontières #Croatie #transit #invisibilisation #Frontex #passeurs #frontières_extérieures #externalisation #visas #camps #solidarité #camps_de_réfugiés #refoulements #push-backs #migration_circulaire #game #the_game
    #audio #podcast

    • Naufragio a Cutro

      https://www.youtube.com/watch?v=8DqKAVz7KSs&t=31s

      Li han visti nel buio aggrappati alle sponde,
      li hai sentiti gridare in mezzo alle onde.
      Hanno detto che c’era tempesta sul mare,
      la guardia costiera li ha guardati annegare.

      Fuggiti da guerre, violenze e da fame,
      da città sbriciolate fra bombe e pietrame
      Dove anche ai bambini è vietato sognare
      l’Europa civile non vuole aiutare.

      Addio, Mohamed, addio, Rashida,
      addio, Bashar, piccola Jalina.
      Non siete persone per chi è a governare,
      ma solo migranti annegati nel mare.

      Rischiare la pelle, i figli e i parenti,
      stipati su barche sfasciate e cadenti
      Ha detto il ministro, non è cosa da fare,
      vi respinge l’Europa, potete annegare.

      Un orsacchiotto incrostato di sabbia,
      fra assi divelte rimane la rabbia.
      Restan soltanto nei vari rottami,
      speranze spezzate di poveri umani.

      Addio, Mohamed, addio, Rashida,
      addio, Bashar, piccola Jalina.
      Non siete persone per chi è a governare,
      ma solo un carico residuale.

      Per giorni e per notti affiorano i corpi,
      li cercano in mare, li cercano in molti.
      Riemergeranno, basta avere pazienza,
      sono dell’Europa la sporca coscienza.

      Addio, Mohamed, addio, Rashida,
      addio, Bashar, piccola Jalina.
      Non siete persone per chi è a governare,
      ma solo migranti annegati nel mare.

      Addio, Mohamed, addio, Rashida,
      addio, Bashar, piccola Jalina.
      Non siete persone per chi è a governare,
      ma solo migranti annegati nel mare.

      #Marina_Corti #Bruno_Podestà #migrations #naufrage #chanson #musique #musique_et_politique #Cutro #mourir_aux_frontières #mourir_en_mer #Méditerranée #mer_Méditerranée #26_février_2023

  • La loi « immigration », dernier texte d’une longue série de 118 depuis 1945
    https://www.lemonde.fr/les-decodeurs/article/2024/02/25/la-loi-immigration-dernier-texte-d-une-longue-serie-de-118-depuis-1945_62184

    La loi « immigration », dernier texte d’une longue série de 118 depuis 1945
    Par Romain Imbach, Maxime Vaudano et Stéphanie Pierre
    Le projet de loi « immigration » porté par le ministre de l’intérieur a finalement été promulgué le 26 janvier dernier, bien que le Conseil constitutionnel ait censuré plus d’un tiers des articles adoptés par les parlementaires. « Le Monde » se penche sur la centaine de réformes sur l’immigration depuis 1945.
    La « loi Darmanin » promulguée fin janvier vient compléter l’édifice du droit de l’immigration – un empilement législatif vertigineux remanié sans cesse depuis les textes fondateurs signés par le général de Gaulle au sortir de la guerre.
    Un chiffre suffit à prendre la mesure de cette hyperactivité législative : depuis 1945, la France a voté une loi sur l’immigration tous les deux ans en moyenne – sans compter les ordonnances, arrêtés, circulaires et décrets qui se sont multipliés. De droite comme de gauche, tous les ministres de l’intérieur ont voulu laisser leur empreinte sur la question.
    Pour quel résultat ? Aucun de ces textes n’est parvenu à éteindre le débat brûlant sur l’immigration né au cœur des années 1970. Même l’accélération des réformes depuis les années 1980 a été impuissante à contenir la poussée de l’extrême droite, qui s’appuie alors sur l’équation fallacieuse inventée par Jean-Marie Le Pen : « 1 million d’immigrés = 1 million de chômeurs. »
    L’amoncellement des lois n’a eu guère plus d’effets sur la réalité de l’immigration, la hausse des demandes d’asile, dans les années 2010, ou la « crise » des réfugiés, en 2015 – les flux migratoires dépendent bien plus de circonstances extérieures que des décrets.
    Cette frénésie de changement n’est pourtant pas anodine. Sans même compter le temps passé au Parlement et dans les ministères pour procéder sans cesse à des ajustements, tantôt minuscules, tantôt fondamentaux, de la politique migratoire, les acteurs de terrain (magistrats, avocats ou associatifs) peinent à suivre le rythme effréné des réformes, qui se contredisent souvent, et complexifient le droit des étrangers. Ainsi, les conditions de délivrance de la carte de résident de longue durée ont changé huit fois depuis 1984, réclamant aux étrangers cinq, dix ou quinze ans de résidence en France, et les critères de régularisation des immigrés sans papiers ont été redéfinis près d’une quinzaine de fois depuis les années 1970.
    Ces incessantes révisions de la législation ont progressivement brouillé la répartition des rôles confortable entre une droite « ferme » et une gauche « humaniste ». Car si Charles Pasqua et Nicolas Sarkozy restent probablement les champions des mesures anti-immigration, les socialistes ont entériné, voire devancé, de nombreux durcissements proposés par la droite. Une tendance largement confirmée depuis l’élection d’Emmanuel Macron.
    (....)

    #Covid-19#migration#migrant#france#politiquemigratoire#immigration#regroupementfamilial#etranger#droit#economie#fluxmigratoire#chomage#sante

  • Le vol de la délivrance : dans l’avion qui évacue des jeunes Gazaouis, malades et blessés, vers Abou Dhabi
    https://www.lemonde.fr/international/article/2024/02/24/le-vol-de-la-delivrance-dans-l-avion-qui-evacue-des-jeunes-gazaouis-malades-

    Le vol de la délivrance : dans l’avion qui évacue des jeunes Gazaouis, malades et blessés, vers Abou Dhabi
    Par Ghazal Golshiri (Envoyée spéciale à A Al-Arish et Abou Dhabi)
    Alors que le soleil se couche sur l’aéroport international d’El-Arich, dans la péninsule égyptienne du Sinaï, une dizaine d’ambulances et quelques bus sont garés côte à côte. Ce mardi 20 février, dans le hangar de la base aérienne, quelque deux cents Palestiniens, évacués de Gaza, terminent des démarches administratives avant de monter dans un Boeing 777 de la compagnie aérienne émiratie Etihad, à destination d’Abou Dhabi. Parmi eux : des enfants blessés, accompagnés d’au moins un proche, des malades atteints du cancer et des résidents des Emirats arabes unis (EAU).
    Depuis mi-novembre 2023, environ cinq cents Palestiniens de Gaza ont été accueillis et pris en charge dans la pétromonarchie du Golfe. Une goutte dans un océan de besoins, alors que selon les autorités de santé de l’enclave, la guerre a fait près de 30 000 morts et 70 000 blessés, côté palestinien. A la mi-février, seuls onze des trente-six hôpitaux de la bande de Gaza était encore en service.
    De plus en plus de rapports font état de familles qui luttent pour nourrir leurs enfants et d’un risque croissant de morts dues à la faim, notamment dans le nord de Gaza, quasiment hors d’atteinte des convois de ravitaillement. « La faim et la maladie forment une combinaison mortelle », a prévenu Mike Ryan, directeur exécutif du programme d’urgence sanitaire de l’Organisation mondiale de la santé (OMS), le 19 février.
    Le vol de ce 20 février entre El-Arich et Abou Dhabi est le douzième affrété par les Emirats depuis le début de la guerre, le 7 octobre 2023. (...) Quelques semaines après le début de la guerre à Gaza, les Emirats ont annoncé leur intention de recevoir mille enfants blessés de Gaza et autant de malades du cancer, de tous les âges. Les candidats à l’évacuation sont proposés par les équipes médicales dans la bande côtière, puis les noms sont soumis aux autorités israélienne et égyptienne pour validation. « Le plus grand défi est ensuite pour ces gens d’arriver au poste-frontière de Rafah, côté Gaza. Parfois, les patients sont beaucoup trop malades pour pouvoir l’atteindre. Souvent, les ambulances transportant les patients sont bloquées sur la route à cause des combats », explique Maha Barakat, la vice-ministre d’Etat au ministère des affaires étrangères émirati, qui chapeaute ces évacuations en personne.
    Certains jours, la frontière reste fermée, comme ce 20 février. Ceux qui sont évacués ce jour-là avaient quitté Gaza il y a quelques jours. « Parmi les patients, beaucoup souffrent de complications secondaires, par exemple une infection des os après une première amputation, qui, parfois, demande une amputation supplémentaire du membre affecté », regrette Maha Barakat. Dans ces vols affrétés par les Emiratis, des Gazaouis, évacués plus tôt aux Emirats, font parfois le chemin inverse et retournent à Gaza. Le 20 février, c’est le cas d’une mère de famille d’une cinquantaine d’années, souffrant de leucémie, qui, pendant deux mois, a pu être traitée à Abou Dhabi. « Contrairement aux conseils des médecins, elle a décidé de revenir auprès de ses enfants restés à Gaza, alors qu’il lui restait encore six mois de traitements », explique Maha Barakat. Elle se souvient d’une autre mère de famille qui a accompagné aux Emirats son fils, atteint de leucémie, pour qu’il y suive une chimiothérapie. Sa maladie étant trop avancée, l’enfant est mort. La mère est retournée à Gaza pour l’y enterrer. A côté de ces évacuations, les Emirats ont mis en place un hôpital de campagne de deux cents lits dans la bande de Gaza et ont construit une unité de désalinisation de l’eau de mer à la frontière entre Gaza et l’Egypte, fournissant de l’eau potable à 600 000 habitants de la bande côtière.
    Ces opérations humanitaires ne vont pas sans arrière-pensées politiques. Le massacre des Palestiniens de Gaza, retransmis en quasi direct sur la chaîne Al-Jazira et sur les réseaux sociaux, bouleverse l’opinion publique arabe. De l’Atlantique au golfe Persique, les populations exigent de leurs dirigeants qu’ils se mobilisent pour leurs frères palestiniens. L’attitude des EAU est particulièrement scrutée, en raison de l’accord de normalisation diplomatique qu’ils ont signé avec Israël, à l’été 2020. Une décision vue comme une trahison dans une large partie du monde arabe, où la Palestine constitue une cause identitaire, quasi sacrée. D’où les efforts déployés par Abou Dhabi pour venir en aide à la population de Gaza et pour le faire savoir.
    (...) Lorsque les bombardements israéliens ont commencé, les deux filles ont été privées de tout traitement. Finalement, début décembre 2023, accompagnées de leur mère et de leur sœur aînée, elles ont pu franchir le terminal de Rafah et pénétrer en Egypte. Leurs trois frères sont restés avec leur père dans le sud de Gaza. Fin janvier, dans un hôpital d’El-Arich, un médecin émirati s’intéresse au cas de May. (...) Il y a quelques jours, elle a demandé au médecin supervisant les soins de May ce qui adviendra d’elle après la guerre. Le praticien lui a dit : « Tant que la guerre se poursuit, vous restez ici et May reçoit son médicament. » Et après ? Le médecin a été franc : « Désolé ! Je n’ai pas de réponse pour vous. » Même pour les Palestiniens sortis de Gaza, l’avenir ressemble à un gigantesque point d’interrogation.

    #Covid-19#migrant#migration#gaza#egypte#Emiratsarabesunis#sante#evacuation#conflit#humanitaire#palestinien

  • Traversées clandestines de la Manche : Europol annonce le démantèlement d’un important réseau de passeurs
    https://www.lemonde.fr/international/article/2024/02/22/traversees-clandestines-de-la-manche-europol-annonce-le-demantelement-d-un-i

    Traversées clandestines de la Manche : Europol annonce le démantèlement d’un important réseau de passeurs
    Le Monde avec AFP
    Un des réseaux de passeurs les « plus importants » organisant des traversées de la Manche par bateaux a été démantelé, mercredi 21 février, au cours d’une vaste opération internationale, a annoncé Europol jeudi. Dix-neuf personnes ont été arrêtées en Allemagne dans ce coup de filet ayant impliqué les autorités françaises, belges et allemandes, coordonné par Europol et Eurojust, a précisé l’agence européenne de police dans un communiqué.
    L’investigation, qui a duré un an et demi, « s’est concentrée sur un réseau irako-kurde soupçonné de faire passer clandestinement des migrants irréguliers du Moyen-Orient et d’Afrique de l’Est depuis la France vers le Royaume-Uni », a précisé Europol. Il le faisait à l’aide d’« embarcations pneumatiques de mauvaise qualité », ni adaptées ni sûres pour le transport de plus de dix personnes, selon l’agence.
    Les suspects ont perçu « entre 1 000 et 3 000 euros par migrant »
    « Toutefois, en moyenne, les passeurs placent une cinquantaine de migrants dans un de ces bateaux. Au total, les enquêteurs ont rassemblé des preuves reliant au moins 55 départs facilités uniquement par ce réseau de passeurs », a souligné l’agence. Les suspects, tous installés en Allemagne, « ont organisé l’achat, le stockage et le transport de bateaux pneumatiques en vue de leur utilisation ultérieure pour faire passer clandestinement des migrants depuis les plages proches de la ville française de Calais vers le Royaume-Uni », a précisé Europol. Ils ont perçu « entre 1 000 et 3 000 euros par migrant pour une place à bord du dangereux navire ».
    Le vaste réseau criminel, composé de ressortissants irakiens et syriens d’origine kurde, était « très professionnel », a souligné l’agence, avec des branches chargées d’organiser la livraison de grandes quantités d’« équipements nautiques » vers l’Union européenne (UE). Des conducteurs « transportaient jusqu’à huit bateaux à la fois » de l’Allemagne vers la France, selon Europol. Les chauffeurs s’arrêtaient sur des aires de repos en Belgique et conduisaient « le matériel sur place au moment du départ ». « Les activités d’enquête ont révélé que le réseau criminel était en mesure de faciliter jusqu’à huit départs par nuit, dépendant des conditions météorologiques ».
    L’Allemagne est régulièrement citée par les enquêteurs comme l’une des bases arrière du trafic de canots gonflables destinés aux traversées de la Manche. Les autorités allemandes ont précisé avoir déployé plus de 650 agents pour l’opération de mercredi, lors de laquelle vingt-huit endroits ont été perquisitionnés – dix-neuf maisons et neuf lieux de stockage –, principalement dans l’ouest du pays.Les saisies incluent douze bateaux pneumatiques, 179 gilets de sauvetage, 81 dispositifs de flottaison pour enfants, 60 pompes à air, dix moteurs, des armes et espèces, selon les forces de l’ordre.
    Le trafic de migrants est « une menace toujours mortelle »
    Les activités de trafic clandestin de migrants au moyen de petits bateaux « n’ont cessé d’augmenter depuis 2019, avant de devenir en 2021 le mode opératoire le plus couramment utilisé pour le trafic illicite de migrants de l’Union européenne vers le Royaume-Uni, dépassant le trafic illicite par camion », selon Europol.
    Près de 30 000 migrants ont traversé illégalement la Manche en 2023 sur de petites embarcations, en forte baisse par rapport au record atteint en 2022 (45 000). Le trafic de migrants est « une menace toujours mortelle », a souligné Europol.Près de 140 candidats à l’exil tentant de rallier l’Angleterre dans deux embarcations clandestines ont été secourus samedi au large des côtes françaises par deux navires affrétés par l’Etat français. Cinq personnes sont mortes en janvier alors qu’elles tentaient de rejoindre une embarcation à la mer dans une eau glaciale.
    Le 12 août l’année dernière, six Afghans de 21 à 34 ans avaient perdu la vie dans un naufrage, le plus meurtrier dans le détroit du Pas-de-Calais depuis celui du 24 novembre 2021 : au moins 27 migrants avaient péri ce jour-là.

    #Covid-19#migrant#migration#france#UE#EUROPOL#trafic#traversee#manche#moratlite#sante#royaumeunis#smallboaot#allemagne

    • #Sin_papeles

      https://www.youtube.com/watch?time_continue=37&v=MZ6Wu70EOLw&embeds_referring_euri=https%3A%2F%2Fww

      ¡Y échale!

      No tomo té, tomo mate, mi amor
      Siempre chequeo mi fútbol
      Después me escondo cuando viene inmigración
      Inmigrante ilegal en Europe

      Uoh-oh, sin papeles, ando sin papeles
      Inmigrante ilegal en Europe
      Uoh-oh, sin papeles, ando sin papeles
      Inmigrante ilegal en Europe

      ¡Plaza triple!

      No eres más «macho» por tener un uniform
      Y en la cintura un pistolón (¡pow, pow, pow, pow, pow, po!)
      Y yo me escondo cuando viene inmigración
      Inmigrante ilegal en Europe

      Uoh-oh, sin papeles, ando sin papeles
      Inmigrante ilegal en Europe
      Uoh-oh, sin papeles, ando sin papeles
      Inmigrante ilegal en Europe

      Suenan las sirenas, patearon la puerta
      Creo que me vienen a buscar (escóndete, escóndete, escóndete)
      Qué dirá mi gente si me ve por allá de vuelta
      Inmigrante ilegal en Europe

      Uoh-oh, sin papeles, ando sin papeles
      Inmigrante ilegal en Europe
      Uoh-oh, sin papeles, ando sin papeles
      Inmigrante ilegal en Europe

      Échale
      Qué no te la den
      Cuidao, que el barrio está pesao
      ¡Corre, corre!

      #sans-papiers #migrations #chanson #musique_et_politique #musique #Che_Sudaka

  • Le Royaume-Uni signe un accord avec Frontex pour lutter contre l’immigration irrégulière - InfoMigrants
    https://www.infomigrants.net/fr/post/55401/le-royaumeuni-signe-un-accord-avec-frontex-pour-lutter-contre-limmigra

    Le Royaume-Uni signe un accord avec Frontex pour lutter contre l’immigration irrégulière
    Par La rédaction Publié le : 23/02/2024
    Le gouvernement britannique signe ce vendredi un accord avec l’agence européenne chargée du contrôle des frontières pour lutter contre l’immigration irrégulière, dans le domaine du renseignement. Le but : mieux se coordonner pour combattre les réseaux de passeurs.
    Depuis son arrivée au pouvoir en 2022, le Premier ministre britannique Rishi Sunak multiplie les mesures pour lutter contre l’immigration irrégulière. La dernière est un accord signé ce vendredi 23 février avec Frontex. Le partenariat avec l’agence européenne chargée du contrôle des frontières prévoit des échanges d’information et de renseignements pour mettre à mal les réseaux de passeurs. Il vise également à renforcer la coopération entre Britanniques et Européens notamment dans l’utilisation des nouvelles technologies comme les drones.
    La signature formelle de cet accord se passe à Londres entre le directeur général de la police britannique aux frontières Phil Douglas et le directeur exécutif de Frontex Hans Leijtens, en présence du ministre britannique de l’Intérieur James Cleverly et de la Commissaire européenne aux Affaires intérieures Ylva Johansson.
    La criminalité organisée en matière d’immigration et les passeurs « sont des défis mondiaux qui nécessitent des solutions et des ambitions partagées », a déclaré le patron du Home Office James Cleverly, saluant dans cet accord une « nouvelle étape cruciale dans la lutte contre l’immigration clandestine » et les traversées de la Manche à bord de petites embarcations.
    Londres a déjà signé des accords similaires avec la France. Depuis plusieurs années, les deux pays collaborent pour lutter contre l’immigration irrégulière. Mais en janvier, un rapport virulent de la Cour des comptes accusait le Royaume-Uni d’en faire trop peu dans son échange d’informations. « La Cour a constaté que les Britanniques ne communiquent pas de renseignements exploitables sur les départs des ’small boats’ et donnent des informations de premier niveau, très générales et non recoupées », peut-on y lire.
    Démantèlement d’un important réseau de passeurs
    Jeudi 22 janvier, Europol a annoncé le démantèlement d’un des « plus importants » réseau de passeurs opérant dans le nord de la France. Dix-neuf personnes ont été arrêtées en Allemagne, selon l’agence européenne de police luttant contre le crime organisé.
    L’investigation, qui a duré 18 mois, « s’est concentrée sur un réseau irako-kurde soupçonné de faire passer clandestinement des migrants irréguliers du Moyen-Orient et d’Afrique de l’Est depuis la France vers le Royaume-Uni » via la Manche, a précisé Europol.
    Les membres de ce réseau coordonnaient parfois huit passages durant une nuit, à l’aide « d’embarcations pneumatiques de mauvaise qualité » – ni adaptées, ni sûres pour le transport de plus de dix personnes. L’Allemagne est régulièrement citée par les enquêteurs comme l’une des bases arrière du trafic de canots gonflables destinés aux traversées de la Manche. Le trafic de migrants est « une menace toujours mortelle, a rappelé Europol. Les activités de trafic illicite de migrants via de petits bateaux n’ont cessé d’augmenter depuis 2019, avant de devenir en 2021 le mode opératoire le plus couramment utilisé pour le trafic illicite de migrants de l’UE vers le Royaume-Uni, dépassant le trafic illicite par camion ».
    En 2022, le nombre de traversée de la Manche avait atteint des records, avec l’arrivée de 45 000 migrants au Royaume-Uni. En début d’année, Londres s’est félicité d’avoir récolté les fruits de ses lourds investissements dans la militarisation de sa frontière maritime. Le nombre de personnes atteignant le littoral anglais a baissé d’un tiers en 2023. Le Royaume-Uni a enregistré 29 437 arrivées de migrants en « small boat » cette année-là.Mais un facteur important permet d’explique cette baisse : l’accord signé entre Londres et l’Albanie en décembre 2022 pour lutter contre l’immigration clandestine. Cette année-là en effet, près d’un tiers des 45 000 arrivées sur le sol anglais concernaient des Albanais partis de France, souvent des hommes majeurs seuls. À l’été 2022, les Albanais ont même représenté jusqu’à 50 % des passagers de « small boats ».

    #Covid-19#migrant#migration#france#UE#royaumeuni#FRONTEX#migrationirreguliere#smallboat#trafic#frontiere#traversee#militarisation#drone#sante#EUROPOL

    • Lampedusa blues
      https://www.youtube.com/watch?v=31MwZDC_qK0&t=113s

      Voglio dire a te giornalista
      che coi morti hai sempre campato
      forse abbiam preso una svista
      quando quel viaggio abbiamo rischiato

      ma sembrava un’ottima offerta
      un viaggio da bassa stagione
      si pagava il prezzo di uno
      e imbarcavano 4 persone

      Voglio dire a te Presidente
      che mantieni nani e puttane
      io e mia moglie viviamo di niente
      ma mio figlio piange e ha fame

      Voglio dire a te porporato
      che sotto la tonaca non porti niente
      per un futuro quasi sperato
      faccio una morte da delinquente

      è successo nel posto sbagliato
      ma di cristiani io non so niente
      se vuoi scegliermi un posto beato
      mandami in quello della mia gente

      Voglio dire a te poliziotto
      e te lo dico senza più fiato
      voglio indietro tutti i miei soldi
      che alla partenza ti ho dato

      E anche a te brutto bastardo
      che hai scritto questa canzone
      se ne ricavi qualcosa per sbaglio
      manda metà a mio fratello

      #migrations #chanson #musique #musique_et_politique #El_topo

  • I dati che raccontano la guerra ai soccorsi nell’anno nero della strage di Cutro

    Nel 2023 le autorità italiane hanno classificato come operazioni di polizia e non Sar oltre mille sbarchi, per un totale di quasi 40mila persone, un quarto degli arrivi via mare. Dati inediti del Viminale descrivono la “strategia” contro le Ong e l’intento di creare l’emergenza a Lampedusa concentrando lì oltre i due terzi degli approdi.

    Nell’anno della strage di Cutro (26 febbraio 2023) le autorità italiane hanno classificato come operazioni di polizia oltre 1.000 sbarchi, per un totale di quasi 40mila persone, poco più di un quarto di tutti gli arrivi via mare. Questo nonostante gli effetti funesti che la confusione tra “law enforcement” e ricerca e soccorso ha prodotto proprio in occasione del naufragio di fine febbraio dell’anno scorso a pochi metri dalle coste calabresi, quando morirono più di 90 persone, e sulla quale sta indagando la Procura di Crotone.

    Quello degli eventi strumentalmente classificati come di natura poliziesca in luogo del soccorso, anche dopo i fatti di Cutro, è solo uno dei dati attraverso i quali si può leggere come è andata lo scorso anno nel Mediterraneo. È possibile farlo dopo aver ottenuto dati inediti dal ministero dell’Interno, che rispetto al passato ha fortemente ridotto qualità e quantità degli elementi pubblicati nel cruscotto statistico giornaliero e nella sua rielaborazione di fine anno.

    Prima però partiamo dai dati noti. Nel 2023 sono sbarcate sulle coste italiane 157.651 persone (il Viminale talvolta ne riporta 157.652, ma la sostanza è identica). Il dato è il più alto dal 2017 ma inferiore al 2016, quando furono 181.436. Le prime cinque nazionalità dichiarate al momento dello sbarco, che rappresentano quasi il 50% degli arrivi, sono di cittadini della Guinea, Tunisia, Costa d’Avorio, Bangladesh, Egitto. I minori soli sono stati 17.319.

    E qui veniamo ai dati che ci ha trasmesso il Viminale a seguito di un’istanza di accesso civico generalizzato. La stragrande maggioranza delle persone sbarcate è partita nel 2023 dalla Tunisia: oltre 97mila persone sulle 157mila totali. Segue a distanza la Libia, con 52mila partenze, quasi doppiata, e poi più dietro la Turchia (7.150), Algeria, Libano e finanche Cipro.

    Come mostrano le elaborazioni grafiche dei dati governativi, ci sono stati mesi in cui dalla Tunisia sono sbarcate anche oltre 20mila persone. Una tendenza che ha conosciuto una brusca interruzione a partire dal mese di ottobre 2023, quando gli sbarchi in quota Tunisia, al netto delle condizioni meteo marine, sono crollati a poco meno di 1.900, attestandosi poco sotto i 5mila nei due mesi successivi.

    Tradotto: l’ultimo trimestre dello scorso anno ha visto una forte diminuzione degli sbarchi provenienti dalla Tunisia, Paese con il quale Unione europea e Italia hanno stretto il “solito” accordo che prevede soldi e forniture in cambio di “contrasto ai flussi”, ovvero contrasto ai diritti umani. È lo schema libico, con le differenze del caso. Il ministro Matteo Piantedosi il 31 dicembre 2023, intervistato da La Stampa, ha rivendicato la bontà della strategia parlando di “121.883 persone” (dando l’idea di un conteggio analitico e quotidiano) “bloccate” grazie alla “collaborazione con le autorità tunisine e libiche”.

    Un altro dato utilissimo per capire come “funziona” la macchina mediatica della presunta “emergenza immigrazione” è quello dei porti di sbarco. Il primo e incontrastato porto sul quale lo scorso anno è stata scaricata la stragrande maggioranza degli sbarchi è Lampedusa, con quasi 110mila arrivi (di cui “solo” 7.400 autonomi) contro i 5.500 di Augusta, Roccella Jonica, i 4.800 di Pantelleria e i 3.800 di Catania. In passato non è sempre stato così. Ma Lampedusa è troppo importante per due ragioni: dare in pasto all’opinione pubblica l’idea di una situazione esplosiva e ingestibile, bloccando i trasferimenti verso la terraferma (vedasi l’estate 2023), e contemporaneamente convogliare quanti più richiedenti asilo potenziali possibile nella macchina del trattenimento dell’hotspot.

    Benché in Italia si sia convinti che a soccorrere le persone in mare siano solo le acerrime nemiche Ong, i dati, ancora una volta, confermano il loro ruolo ridotto a marginale dopo anni di campagne diffamatorie, criminalizzazione penale e vera e propria persecuzione amministrativa. Nel 2023, infatti, gli assetti delle Organizzazioni non governative hanno salvato e sbarcato in Italia neanche 9mila persone. Poco più del 5% del totale. Anche nei mesi più intensi degli arrivi la quota delle Ong è stata limitata.

    Come noto, le poche navi umanitarie intervenute sono state deliberatamente indirizzate verso porti lontani. Il primo per numero di persone sbarcate è stato Brindisi (quasi 1.400 sbarcati su 9mila), ovvero 285 miglia in più rispetto al Sud-Ovest della Sicilia. Segue Lampedusa con 980, vero, ma poi ci sono Carrara (535 miglia di distanza in più dalla Sicilia), Trapani, Salerno, Bari, Civitavecchia, Ortona.

    Non è facile dire quanti giorni di navigazione in più questa “strategia” brutale abbia esattamente determinato. Un esperto operatore di ricerca e soccorso in mare aiuta a fare due conti a spanne: “Le navi normalmente viaggiano a meno di dieci nodi, calcolando una velocità di sette nodi andare a Brindisi implica circa 41 ore in più rispetto ai porti più vicini del Sud della Sicilia, come ad esempio Pozzallo. E per arrivare a Pozzallo dalla cosiddetta ‘SAR 1’, a Ovest di Tripoli, partendo da una distanza dalla costa libica di circa 35 miglia, tra Zuara e Zawiya, ci vogliono circa 24 ore”.

    Una recente analisi di Sos Humanity -ripresa dal Guardian a metà febbraio- ha stimato che questo modus operandi delle autorità italiane possa aver complessivamente fatto perdere alle navi delle Ong 374 giorni di operatività. Nell’anno in cui sono morte annegate ufficialmente almeno 2.500 persone e intercettate dalle milizie libiche e riportate indietro, sempre ufficialmente, quasi 17.200 (con l’ancora una volta dimostrata complicità dell’Agenzia europea Frontex). Ma sono tempi così oscuri che ostacolare le “ambulanze” è divenuto un vanto.

    https://altreconomia.it/i-dati-che-raccontano-la-guerra-ai-soccorsi-nellanno-nero-della-strage-

    #statistiques #débarquement #Italie #migrations #réfugiés #chiffres #sauvetage #ONG #SAR #search-and-rescue #Méditerranée #Lampedusa #law_enforcement #2023 #Tunisie #Libye #externalisation #accord #urgence #hotspot

  • #Frontex, comment sont gardées les frontières de l’Union européenne ?

    L’ancien directeur #Fabrice_Leggeri a annoncé rejoindre la liste du #Rassemblement_national pour les élections européennes. L’occasion de se demander quel est le #mandat de Frontex, et quel droit régule cette agence chargée de contrôler les frontières européennes.

    Fabrice Leggeri, ancien patron de Frontex, l’agence européenne chargée d’assister les États membres dans la gestion et le contrôle des frontières extérieures de l’espace Schengen, rallie le Rassemblement national ainsi que la liste de Jordan Bardella pour les #élections_européennes de juin prochain. L’occasion de revenir sur les attributions de Frontex.

    L’obligation d’assistance

    Créée en 2004, Frontex fête ses vingt ans cette année. Deux décennies, au cours desquelles l’agence chargée d’assister les États membres dans la gestion et le contrôle de leurs frontières, a démultiplié tant ses effectifs que son budget et s’est progressivement imposée au cœur du débat migratoire européen. Ludivine Richefeu, maîtresse de conférences en droit privé et sciences criminelles à l’université de Cergy-Pontoise, met en avant les exigences humanitaires et d’#assistance auxquelles l’organisation est soumise par le droit européen et international. “Frontex est une agence qui peut intervenir en amont, avant que les migrants soient dans le territoire européen, en apportant un soutien logistique et opérationnel aux États tiers. Par exemple en #Algérie, au #Maroc ou en #Tunisie en ce qui concerne les flux migratoires traversant les côtes maghrébines. Concrètement, le soutien se traduit par l’envoi de personnel Frontex, de #personnel_détaché des États membres ou encore de matériel. Lorsqu’une embarcation entre dans les eaux territoriales, le droit contraint l’agence à lui porter secours et à la rattacher à un port sûr. S’il y a des mineurs non accompagnés ou des femmes enceintes parmi les passagers, ils doivent obligatoirement être pris en charge. Juridiquement, le statut de réfugié est déclaratoire et n’est pas soumis à l’approbation des États membres. La personne est d’abord réfugiée en elle-même. Le #droit_international oblige les États à la prendre en charge pour ensuite examiner sa demande afin de la protéger des persécutions qu’elle risque ou subit dans son pays.”

    Une agence sous le feu des critiques

    Fabrice Leggeri, l’ancien directeur de Frontex entre 2015 et 2022 qui vient de rejoindre la liste du Rassemblement national pour les élections européennes, avait démissionné de son poste notamment à la suite d’accusations de refoulement illégaux de migrants. Ludivine Richefeu nous détaille cette pratique aussi appelée le "pushback" et ses origines. “Le refoulement a lieu lorsqu’une embarcation pénètre dans les eaux territoriales d’un État membre et qu’elle en est repoussée sans que les situations des passagers soient examinées et que l’assistance qui leur est due soit apportée. Des sources journalistiques et des rapports de l’#Office_Européen_Antifraude (#OLAF), nous détaillent ces pratiques. Concrètement, lorsque que l’embarcation est détectée, Frontex envoie les coordonnées aux équipes d’intervention des États membres qui repoussent le navire sous sa supervision. Pour ce faire, les équipes recourent à des menaces, à des formes coercitives et même parfois à l’usage d’armes.”

    Ces pratiques illégales s’inscrivent notamment dans l’élargissement des compétences de l’agence ces dernières années, rappelle la chercheuse. “Grâce à plusieurs règlements adoptés entre 2016 et 2019, Frontex a maintenant un rôle fondamental en matière de lutte contre la criminalité transfrontière et la migration irrégulière est intégrée à cet objectif de criminalité.”

    https://www.radiofrance.fr/franceculture/podcasts/la-question-du-jour/frontex-comment-sont-gardees-les-frontieres-de-l-union-europeenne-135792
    #frontières #migrations #réfugiés #audio #podcast #externalisation #contrôles_frontaliers #push-backs #refoulements

  • 415 senza fissa dimora morti nel 2023: il 68% sono persone straniere
    https://www.meltingpot.org/2024/02/415-senza-fissa-dimora-morti-nel-2023-il-68-sono-persone-straniere

    Morire di freddo. Quando la temperatura va sotto lo zero e come riparo hai un portico di marmo gelato, un cartone ed una coperta raccattata qua e là.Morire di caldo. Quando il calore ti affanna a tal punto da toglierti il respiro e non hai altro sollievo che sdraiarti per terra.Morire da soli, nonostante si è circondati da persone che camminano, in mezzo alla folla ma stretto dalla più feroce e stringente solitudine.Morire, senza pietà. Morire quando si poteva evitare di morire. Sono 415 le persone senza fissa dimora morte nel 2023, secondo il report annuale di fio.PSD , la

  • Cassazione, dare i migranti ai guardiacoste di Tripoli è reato

    La consegna di migranti alla guardia costiera libica è reato perché la Libia «non è porto sicuro».

    E’ quanto sancisce una sentenza della Corte di Cassazione che ha reso definitiva la condanna del comandante del rimorchiatore #Asso_28 che il 30 luglio del 2018 soccorse 101 persone nel Mediterraneo centrale e li riportò in Libia consegnandoli alla Guardia costiera di Tripoli. Della sentenza scrive Repubblica.

    Per i supremi giudici favorire le intercettazioni dei guardiacoste di Tripoli rientra nella fattispecie illecita «dell’abbandono in stato di pericolo di persone minori o incapaci e di sbarco e abbandono arbitrario di persone». Nella sentenza viene sostanzialmente sancito che l’episodio del 2018 fu un respingimento collettivo verso un Paese non ritenuto sicuro vietato dalla Convenzione europea per i diritti umani.

    Casarini, dopo Cassazione su migranti pronti a #class_action

    "Con la sentenza della Corte di Cassazione, che ha chiarito in maniera definitiva che la cosiddetta «guardia costiera libica» non può «coordinare» nessun soccorso, perché non è in grado di garantire il rispetto dei diritti umani dei naufraghi, diventa un reato grave anche ordinarci di farlo, come succede adesso. Ora metteremo a punto non solo i ricorsi contro il decreto Piantedosi, che blocca per questo le navi del soccorso civile, ma anche una grande class action contro il governo e il ministro dell’Interno e il memorandum Italia-Libia". E’ quanto afferma Luca Casarini della ong Mediterranea Saving Humans.

    "Dovranno rispondere in tribunale delle loro azioni di finanziamento e complicità nelle catture e deportazioni che avvengono in mare ad opera di una «sedicente» guardia costiera - aggiunge Casarini -, che altro non è che una formazione militare che ha come compito quello di catturare e deportare, non di «mettere in salvo» le donne, gli uomini e i bambini che cercano aiuto. La suprema corte definisce giustamente una gravissima violazione della Convenzione di Ginevra, la deportazione in Libia di migranti e profughi che sono in mare per tentare di fuggire da quell’inferno". Casarini ricorda, inoltre, che di recente la nave Mare Jonio di Mediterranea "di recente è stata colpita dal fermo amministrativo del governo per non aver chiesto alla Libia il porto sicuro. Proporremo a migliaia di cittadini italiani, ad associazioni e ong, di sottoscrivere la «class action», e chiederemo ad un tribunale della Repubblica di portare in giudizio i responsabili politici di questi gravi crimini. Stiamo parlando di decine di migliaia di esseri umani catturati in mare e deportati in Libia, ogni anno, coordinati di fatto da Roma e dall’agenzia europea Frontex.

    E il ministro Piantedosi, proprio ieri, l’ha rivendicato testimoniando al processo a Palermo contro l’allora ministro Salvini. Lui si è costruito un alibi, con la distinzione tra centri di detenzione legali e illegali in Libia, dichiarando che «l’Italia si coordina con le istituzioni libiche che gestiscono campi di detenzione legalmente. Finalmente questo alibi, che è servito fino ad ora a coprire i crimini, è crollato grazie al pronunciamento della Cassazione. Adesso questo ministro deve essere messo sotto processo, perché ha ammesso di avere sistematicamente commesso un reato, gravissimo, che ha causato morte e sofferenze a migliaia di innocenti».

    https://www.ansa.it/sito/notizie/cronaca/2024/02/17/cassazione-dare-i-migranti-a-guardiacoste-di-tripoli-e-reato_cfcb3461-c654-4f3c

    #justice #migrations #asile #réfugiés #frontières #gardes-côtes_libyens #Libye #jurisprudence #condamnation #externalisation #pull-backs #refoulements #push-backs #cour_de_cassation #cassation #port_sûr

    • Sentenza Cassazione: Consegnare gli immigranti alla guardia costiera libica è reato

      La Libia è un paese canaglia: bocciati Minniti, Conte e Meloni. Dice la sentenza della Cassazione, è noto che in Libia i migranti subiscono vessazioni, violenze e tortura. Quindi è un reato violare la legge internazionale e il codice di navigazione che impongono di portare i naufraghi in un porto sicuro

      Il governo italiano (sia questo in carica sia quelli di centrosinistra che avevano Marco Minniti come ministro dell’interno) potrebbe addirittura finire sotto processo sulla base di una sentenza emessa dalla Corte di Cassazione.

      Dice questa sentenza che la Libia non è un porto sicuro, e che dunque non si possono consegnare alla Libia (o favorire la cattura da parte delle motovedette libiche) le persone salvate da un naufragio.

      Dice la sentenza, è noto che in Libia i migranti subiscono vessazioni, violenze e tortura. Quindi è un reato violare la legge internazionale e il codice di navigazione che impongono di portare i naufraghi in un porto sicuro.

      Che la Libia non fosse un porto sicuro era stranoto. Bastava non leggere i giornali italiani per saperlo. La novità è che questa evidente verità viene ora formalmente affermata con una sentenza della Cassazione che fa giurisprudenza. E che, come è del tutto evidente, mette in discussione gli accordi con la Libia firmati dai governi di centrosinistra e poi confermati dai governi Conte e infine dai governi di centrodestra.

      Accordi che si basarono persino sul finanziamento italiano e sulla consegna di motovedette – realizzate a spese del governo italiano – alle autorità di Tripoli. Ora quegli accordi devono essere immediatamente cancellati e in linea di principio si potrebbe persino ipotizzare l’apertura di processi (se non è scattata la prescrizione) ai responsabili di quegli accordi.

      I reati per i quali la Cassazione con questa sentenza ha confermato la condanna al comandante di una nave che nel luglio del 2018 (governo gialloverde, Salvini ministro dell’Interno) consegnò alla guardia costiera libica 101 naufraghi salvati in mezzo al Mediterraneo sono “abbandono in stato di pericolo di persone minori o incapaci, e di sbarco e abbandono arbitrario di persone”. La Cassazione ha dichiarato formalmente che la Libia non è un porto sicuro.

      Tutta la politica dei respingimenti a questo punto, se dio vuole, salta in aria. La Cassazione ha stabilito che bisogna tornare allo Stato di diritto, a scapito della propaganda politica. E saltano in aria anche i provvedimenti recentemente adottati dalle autorità italiane sulla base del decreto Spazza-naufraghi varato circa un anno fa dal governo Meloni.

      Ancora in queste ore c’è una nave della Ocean Viking che è sotto fermo amministrativo perché accusata di non aver seguito le direttive impartite dalle autorità libiche. Ovviamente dovrà immediatamente essere dissequestrata e forse c’è anche il rischio che chi ha deciso il sequestro finisca sotto processo. Inoltre bisognerà restituire la multa e probabilmente risarcire il danno.

      E quello della Ocean Viking è solo uno di numerosissimi casi. Certo, perché ciò avvenga sarebbe necessaria una assunzione di responsabilità sia da parte del Parlamento sia da parte della magistratura. E le due cose non sono probabilissime.

      https://www.osservatoriorepressione.info/sentenza-cassazione-consegnare-gli-immigranti-alla-guardia

    • Italy’s top court: Handing over migrants to Libyan coast guards is illegal

      Italy’s highest court, the Cassation Court, has ruled that handing over migrants to Libyan coast guards is unlawful because Libya does not represent a safe port. The sentence could have major repercussions.

      Handing over migrants rescued in the Central Mediterranean to Tripoli’s coast guards is unlawful because Libya is not a safe port and it is conduct which goes against the navigation code, the Cassation Court ruled on February 17. The decision upheld the conviction of the captain of the Italian private vessel Asso 28, which, on July 30, 2018, rescued 101 individuals in the central Mediterranean and then handed them over to the Libyan coast guards to be returned to Libya.

      The supreme court judges ruled in sentence number 4557 that facilitating the interception of migrants and refugees by the Libyan coast guards falls under the crime of “abandonment in a state of danger of minors or incapacitated people and arbitrary disembarkation and abandonment of people.” This ruling effectively characterizes the 2018 incident as collective refoulement to a country not considered safe, contravening the European Convention on Human Rights.

      NGOs announce class action lawsuit

      Beyond its political implications, the Cassation’s decision could significantly impact ongoing legal proceedings, including administrative actions. NGOs have announced a class action lawsuit against the government, the interior minister, and the Italy-Libya memorandum.

      The case, which was first examined by the tribunal of Naples, focuses on the intervention of a trawler, a support ship for a platform, to rescue 101 migrants who were on a boat that had departed from Africa’s coast.

      According to investigators, the ship’s commander was asked by personnel on the rig to take on board a Libyan citizen, described as a “Libyan customs official”, who suggested sailing to Libya and disembarking the rescued migrants.

      The supreme court judges said the defendant “omitted to immediately communicate, before starting rescue operations and after completing them, to the centres of coordination and rescue services of Tripoli and to the IMRCC (Italian Maritime Rescue Coordination Centre) of Rome, in the absence of a reply by the first,” that the migrants had been rescued and were under his charge.

      The Cassation ruled that, by operating in this way, the commander violated “procedures provided for by the International Convention for the Safety of Life at Sea (SOLAS) and by the directives of the International Maritime Organization,” thus carrying out a “collective refoulement to a port deemed unsafe like Libya.”

      Furthermore, the Cassation emphasized the commander’s obligation to ascertain whether the migrants wanted to apply for asylum and conduct necessary checks on accompanying minors.
      ’Cassation should not be interpreted ideologically on Libya’, Piantedosi

      “Italy has never coordinated and handed over to Libya migrants rescued in operations coordinated or directly carried out by Italy,” Interior Minister Matteo Piantedosi said on February 19, when asked to comment the Cassation’s ruling. “That sentence must be read well — sentences should never be interpreted in a political or ideological manner,” he said.

      Piantedosi contextualized the ruling within the circumstances prevailing in Libya at the time, citing efforts to assist Libya with EU cooperation. He highlighted the government’s adherence to principles governing repatriation activities and concluded by saying “there can be no spontaneity” and that “coordination” is essential.

      https://twitter.com/InfoMigrants/status/1759901204501438649?t=ZlLRzR3-jQ0e6-y0Q2GPJA

  • Migrations : après la Tunisie, l’Europe cherche un accord avec la Mauritanie
    https://www.lemonde.fr/afrique/article/2024/02/19/migrations-apres-la-tunisie-l-europe-cherche-un-accord-avec-la-mauritanie_62

    Migrations : après la Tunisie, l’Europe cherche un accord avec la Mauritanie
    Par Philippe Jacqué (Bruxelles, bureau européen)
    Nouakchoot, le 8 février 2024.
    La Commission européenne avance, imperturbable, dans la construction de « partenariats stratégiques mutuellement bénéficiaires » avec les pays africains, incluant un vaste volet de gestion des migrations, sur le modèle de l’accord controversé passé entre l’Union européenne (UE) et la Tunisie à l’été 2023. Après Tunis, où Ursula von der Leyen s’était rendue en juillet en compagnie des premiers ministres italien et néerlandais, la présidente de l’exécutif européen s’est déplacée début février à Nouakchott avec le premier ministre espagnol, Pedro Sanchez.
    Le choix de cette destination n’est pas fortuit. En janvier, les arrivées irrégulières enregistrées par l’agence européenne Frontex ont fortement augmenté aux Canaries, au large des côtes marocaines. Quelque 6 686 entrées irrégulières ont été comptabilisées sur l’archipel espagnol, en hausse de 48 %. Dans le même temps, les arrivées se sont taries en provenance de la voie méditerranéenne centrale, avec 1 511 entrées en janvier, en chute de 71 %.
    Les départs, en hausse côté libyen, ont baissé depuis l’automne en Tunisie, entravés par une surveillance accrue des autorités. Preuve que le préaccord de partenariat global trouvé l’été dernier entre l’Europe et la Tunisie – un temps contesté par Tunis et une partie du Parlement européen – est bel et bien en cours d’application. Quelque 105 millions d’euros étaient prévus pour lutter contre l’immigration irrégulière vers l’Europe. Les services de l’exécutif européen travaillent à un niveau technique avec Tunis sur de multiples projets de coopération sur cette question.
    Depuis, la Commission a multiplié les échanges avec d’autres pays du nord de l’Afrique, et notamment la Mauritanie. Officiellement, il s’agit encore d’un partenariat global qui concerne à la fois le développement économique, avec le soutien à des projets d’énergies renouvelables, la sécurité et bien sûr la question migratoire.
    « Je tiens à souligner votre engagement à secourir les migrants qui prennent la route de l’Atlantique, une des plus dangereuses au monde, a rappelé Ursula von der Leyen le 9 février à Nouakchott. L’Union européenne et la Mauritanie doivent renforcer leur coopération dans ce domaine ainsi que pour la gestion des frontières, les retours et l’assistance aux réfugiés. »
    Pour ce faire, « nous avons discuté d’une déclaration et d’une feuille de route communes, que nous finaliserons au printemps, accompagnées d’une enveloppe financière – plus de 210 millions d’euros d’ici à la fin de l’année – pour la gestion de la migration, pour l’aide humanitaire aux réfugiés, mais aussi pour les investissements dans l’emploi, les compétences et l’entrepreneuriat », a-t-elle ajouté.
    Alors que cette feuille de route est toujours en négociation, son contenu reste flou. Quelque 14 millions d’euros devraient être utilisés pour couvrir les coûts liés à l’arrivée de 150 000 réfugiés maliens. Une autre partie sera consacrée à des accords avec l’Organisation internationale pour les migrations (OIM) pour faciliter les retours. Enfin, des moyens devraient permettre d’améliorer le contrôle des frontières et des côtes, les douanes mauritaniennes – et leur vingtaine de navires – étant démunies pour couvrir les 750 km de façade maritime.Initialement, la Commission souhaitait déployer des agents de l’agence Frontex en Mauritanie – tout comme au Sénégal, où les négociations sont actuellement suspendues. « Il semble que ce ne soit plus d’actualité, confie une source européenne. Pour l’autoriser, le gouvernement mauritanien a fait monter les enchères en demandant davantage de visas d’entrée en Europe – qui ne relèvent pas de la responsabilité de Bruxelles, mais des Etats membres. Pour l’instant, cela coince. »
    Néanmoins, si Frontex n’est actuellement pas sur place, la Guardia civil espagnole est bien présente dans le pays, Madrid et Nouakchott ayant signé un partenariat opérationnel pour bloquer les flux de pirogues entre le Sénégal ou la Mauritanie et les Canaries.
    Au-delà de la Tunisie, de la Mauritanie ou du Maroc – qui dispose d’une aide budgétaire annuelle conséquente pour bloquer les migrations –, Bruxelles tente de conclure depuis de nombreux mois un autre partenariat avec l’Egypte. Des discussions sont toujours en cours pour un accord incluant là aussi un volet de contrôle migratoire. Le Caire devrait toucher plus de 80 millions d’euros, notamment pour des équipements de contrôle à la frontière libyenne et de nouveaux navires de patrouille. Les discussions n’ont cependant pas encore abouti, le gouvernement du maréchal Abdel Fattah Al-Sissi souhaitant un volet d’aide économique très conséquent qui passerait par un prêt de plusieurs milliards d’euros et qui aujourd’hui n’est pas encore bouclé.
    Lors de la révision budgétaire actée en décembre 2023, les dirigeants de l’UE ont certes décidé une enveloppe pour Kiev de 50 milliards d’euros, mais ils ont également validé une nouvelle enveloppe de 9,6 milliards d’euros pour la gestion externe des migrations. Sur cette somme, 2 milliards seront utilisés pour le voisinage du sud de l’Europe. Des moyens qui devraient venir abonder dans les mois qui viennent de nouvelles actions de contrôle migratoire. « On n’a pas fini de traiter l’Afrique sous le seul prisme migratoire, regrette une source diplomatique à Bruxelles. Et les élections européennes, qui auront lieu du 6 au 9 juin, ne devraient pas modifier cette perception. »

    #Covid-19#migration#migrant#UE#tunisie#espagne#frontex#OIM#egypte#developpement#frontiere#externalisation#maroc#retour#competence#sante#politiquemigratoire

  • Aux Comores, des migrants suspendus à la fin du droit du sol à Mayotte
    https://www.lemonde.fr/afrique/article/2024/02/19/aux-comores-des-migrants-suspendus-a-la-fin-du-droit-du-sol-a-mayotte_621732

    Aux Comores, des migrants suspendus à la fin du droit du sol à Mayotte
    Le Monde avec AFP
    Perché sur les montagnes de l’île d’Anjouan, le village de Kangani, aux Comores, est la dernière étape pour des milliers de migrants africains tentant de rejoindre clandestinement le département français de Mayotte. Mais ces temps-ci, les barques restent à quai : la France a annoncé un nouveau tour de vis contre l’immigration illégale.Kangani est à seulement un bras de mer et quelque 70 km du 101e département français, 310 000 habitants (selon des chiffres officiels probablement largement sous-estimés) dont 48 % d’immigrés. L’île, avec ses écoles et ses hôpitaux, fait figure d’eldorado pour de nombreux Comoriens, même si le territoire est le plus pauvre de France.
    Familles en quête d’une vie meilleure, mais aussi cigarettes et bétail sont habituellement chargés plusieurs fois par jour sur des barques en bois traditionnellement utilisées pour la pêche et appelées « kwassa-kwassa ». Toute l’économie du village tourne autour de ces traversées hasardeuses et les échanges se font par liasses de billets d’euros.Mais depuis plusieurs semaines, des habitants en colère contre l’insécurité et l’immigration illégale érigent des barrages à Mayotte, et Paris a récemment annoncé une mesure controversée visant à supprimer le droit du sol sur l’île pour endiguer l’afflux de migrants. Depuis, les rues sinueuses de Kangani sont tombées dans un calme tendu. « Les barrages nous affectent tous, il n’y a plus de départ de kwassa-kwassa en attendant un retour à la normale », peste Chadhuli Tafsir, un jeune homme d’une trentaine d’années originaire de Kangani. « La suppression du droit du sol, c’est une mauvaise idée pour tout le monde », assène-t-il en poursuivant un débat animé avec les hommes rassemblés sur la place du village.
    Derrière les modestes maisons en briques du bourg de quelque 6 000 âmes, des jeunes font des allers-retours sur des motos pétaradantes. Certains portent fièrement chevelure blonde décolorée et tatouages. « Tous ces gosses viennent de Mayotte et attendent de retenter le passage », chuchote un villageois. Interceptés par les gardes-côtes ou renvoyés par la police française, de nombreux refoulés retentent la traversée sitôt de retour sur le sol comorien.
    Ousseni, un petit homme sec âgé d’une cinquantaine d’années, ne donne que son prénom. Le « pêcheur-passeur » fait payer entre 400 et 500 euros par personne et par tentative pour rejoindre l’île d’en face. Une petite fortune dans cet archipel pauvre de 870 000 habitants, où le salaire moyen mensuel équivaut à une centaine d’euros. Selon lui, la gronde à Mayotte et les débats autour du droit du sol lui « font perdre du temps et de l’argent ».
    Jusqu’ici, son plus gros problème était « les garde-côtes comoriens, qui rackettent au moins 200 euros par traversée ». « La dernière fois, je transportais un malade, ils m’ont empêché de passer. J’ai dû revenir sur la terre ferme. Le malade est mort peu après », raconte-t-il sans trop d’états d’âme. Il pense avant tout à honorer ses commandes : « Des Mahorais sont dans l’attente de la livraison d’un bœuf pour un mariage. Il leur a coûté 10 000 euros, c’est beaucoup mais toujours moins que chez eux. »
    Il faut parfois attendre plusieurs jours pour tenter la traversée sur une mer clémente. Les embarcations chavirent régulièrement et de nombreux migrants ont disparu en mer entre les Comores et la France. Sans doute des milliers, mais il n’y a pas de chiffre officiel. « Personne ne prendrait le risque d’aller à Mayotte, mais nous n’avons pas le choix. Prendre la mer, c’est notre seule option », dit d’un ton résigné Jeansi, qui attend le prochain départ d’un bateau pour la France.

    #Covid-19#migrant#migration#france#mayotte#droitdusol#kwassakwassa#traversee#mortalite#sante#fluxmigratoire

  • Sauvetage de 132 personnes au large des côtes du Pas-de-Calais. - Préfecture maritime de la Manche et de la mer du Nord
    https://www.premar-manche.gouv.fr/communiques-presse/sauvetage-de-132-personnes-au-large-des-cotes-du-pas-de-calais

    Sauvetage de 132 personnes au large des côtes du Pas-de-Calais.
    Sauvetage de 132 personnes au large des côtes du Pas-de-Calais.
    17 févr. 2024
    Samedi 17 février 2024, en fin de nuit, les équipes des forces de sécurité intérieure indiquent au centre régional opérationnel de surveillance et de sauvetage (CROSS) Gris-Nez qu’une embarcation de migrants a pris la mer au large de Gravelines (59). Le CROSS Gris-Nez engage le Ridens, navire de sauvetage affrété par l’État, pour vérifier l’état de cette embarcation. Une fois sur place, le Ridens constate que l’embarcation fait route et ne demande pas d’assistance. Par mesure de précaution, le CROSS maintient le Ridens en surveillance à proximité.Quelques heures plus tard, en milieu de matinée, une avarie survient sur cette embarcation et les 57 personnes présentes à bord sont secourues par le Ridens. Peu de temps après, le Ridens est dérouté vers une autre embarcation pour vérifier l’état de navigabilité de celle-ci. Une fois sur place, l’affrété est relevé par le PSP Cormoran pour la surveillance de cette deuxième embarcation qui poursuivra sa route vers la Grande-Bretagne. Le Ridens peut ainsi rejoindre le port de Calais (62) en milieu d’après-midi, où les 57 naufragés sont débarqués et pris en charge par les services de secours à terre.
    En parallèle, dès le début de matinée, plusieurs informations sur des embarcations en difficulté, à confirmer, parviennent au CROSS. Le CROSS engage donc l’hélicoptère de service public « Dauphin » de la Marine nationale pour vérifier la situation maritime sur zone. Après investigations, l’hélicoptère confirme qu’il n’y pas d’hommes à la mer dans le secteur de Gravelines et repositionne différentes embarcations, notamment une troisième embarcation au départ de Oye-Plage (62). Plusieurs heures après, en milieu de journée, cette troisième embarcation demande assistance. Le CROSS engage alors le remorqueur d’intervention d’assistance et de sauvetage (RIAS) Abeille Normandie pour secourir les 75 personnes présentes à bord. Après avoir été prises en charge à bord de l’Abeille Normandie, les 75 naufragés ont été déposés au port de Boulogne-sur-mer (62), en présence des équipes de secours. Le Ridens (ex Esvagt Charlie) a intégré début avril 2023, le dispositif de surveillance et de sauvetage mis en place par l’Etat dans le détroit du Pas-de-Calais. Affrété par l’Etat, il est l’un des deux moyens nautiques demandés par madame la Première ministre en 2022 pour permettre d’avoir 6 navires en alerte SAR dans ce secteur maritime. Basé à Dunkerque, le Ridens est un navire de 40 m, inscrit au pavillon français 1er registre depuis février 2024, il a changé de nom à cette occasion. Il appartient à la compagnie SeaOwl et son équipage se compose de 8 marins.Le préfet maritime de la Manche et de la mer du Nord met en garde toute personne qui envisage de traverser la Manche sur les risques encourus. Ce secteur maritime est une des zones les plus fréquentées au monde, avec plus de 600 navires de commerce qui y transitent par jour et les conditions météorologiques y sont souvent difficiles (120 jours de vent supérieur ou égal à force 7 en moyenne annuelle par exemple), c’est donc un secteur particulièrement dangereux y compris quand la mer semble belle.

    #Covid-19#migrant#migration#france#manche#calais#boulognesurmer#traversee#mortalite#sante#routemigratoire#frontiere#royaumeuni

  • Manche : près de 140 migrants, dont un bébé de quatre mois, secourus en une journée - InfoMigrants
    https://www.infomigrants.net/fr/post/55281/manche--pres-de-140-migrants-dont-un-bebe-de-quatre-mois-secourus-en-u

    Manche : près de 140 migrants, dont un bébé de quatre mois, secourus en une journée
    Par La rédaction Publié le : 19/02/2024
    Samedi, 145 exilés répartis sur plusieurs canots ont été pris en charge par les secours français. L’un d’eux a été repêché au large de Boulogne-sur-Mer, alors qu’il sombrait en mer. Tous ses occupants, dont un nourrisson de quatre mois, sont sains et saufs. Alors que les députés britanniques ne cessent de s’écharper sur la mise en application du projet d’expulsion vers le Rwanda, les traversées de la Manche, elles, ne faiblissent pas. Samedi 17 février, plus de 145 exilés ont été secourus au large des côtes françaises : 140 par deux navires affrétés par l’État, et cinq autres personnes d’une même famille après que leur canot a chaviré, ont indiqué la préfecture maritime de la Manche et de la Mer du Nord (Premar) et celle du Pas-de-Calais.
    Les autorités ont d’abord secouru samedi matin avec le Ridens, un navire participant au dispositif de surveillance et de sauvetage mis en place par l’État dans le détroit du Pas-de-Calais, 57 migrants en détresse après une avarie survenue sur leur embarcation. Les naufragés ont « été débarqués et pris en charge par les services de secours à terre » au port de Calais, indique un communiqué de la Premar. Un peu plus tard, en milieu de journée, ce sont 75 personnes présentes à bord d’un canot demandant assistance qui ont aussi été secourues, et récupérées par le remorqueur d’assistance et de sauvetage Abeille Normandie. « Elles ont été déposées au port de Boulogne-sur-Mer en présence des équipes de secours », indique encore le communiqué.
    Dans le même temps, cinq autres exilés, dont un bébé de quatre mois, ont été quant à eux repêchés après le chavirage de leur embarcation près de Boulogne-sur-Mer. « En hypothermie », ils ont été conduits « vers l’hôpital le plus proche » mais leur état n’inspirait pas d’inquiétude, a précisé la préfecture. D’après le journal la Voix du Nord, ces personnes sont toutes issues d’une même famille kurde.
    La veille, c’est un tout autre sauvetage qui a été conduit par les autorités, britanniques cette fois. Sept migrants cachés dans un camion ont en effet été découverts à bord du ferry Seven Sisters, qui naviguait entre Dieppe et Newhaven. Selon la BBC, qui reprend des informations de la police britannique, six, dont certains étaient inconscients, ont été transportés à l’hôpital. « Ceux qui étaient en dessous étaient les plus mal en point. Ils suffoquaient et frappaient sur les parois. C’est semble-t-il ainsi qu’ils ont été repérés », a rapporté un passager français du navire à Paris Normandie.
    Deux hommes ont été arrêtés dans cette affaire, a déclaré la police britannique de Sussex. L’un pour « entrée illégale » au Royaume-Uni, l’autre pour avoir « facilité l’entrée illégale » de ce petit groupe de migrants sur le territoire. L’embarquement s’est fait dans le port normand de Dieppe, pourtant ultra-surveillé. Au fil des années, la pose de caméras de sécurité ou encore de barbelés s’y est multiplié. Les Britanniques y ont même financé, en 2019, un grand hangar dédié à l’inspection minutieuse des camions, d’une surface de 300 m², qui a coûté 680 000 euros, rappelle Paris Normandie.
    Pour freiner les arrivées de migrants sur son sol, Londres multiplie les initiatives. Sur le terrain, avec le renforcement du dispositif de surveillance sur les côtes, mais aussi dans les téléphones des exilés. D’après des documents consultés par le Times, le ministre de l’Intérieur James Cleverly souhaite faire appel à des influenceurs du réseau social TikTok basés dans plusieurs pays, pour dissuader les candidats à l’exil de venir au Royaume-Uni. Une liste restreinte de personnes a déjà été établie en Albanie. Elle comprend « un rappeur, deux comédiens, des blogueurs lifestyle, des personnalités de la télévision et un écrivain voyageur », explique le journal. Ces derniers seraient rémunérés à hauteur de 5 800 euros chacun, pour notamment avertir les internautes intéressés par la traversée de leur potentielle expulsion au Rwanda. En 2023, le Royaume-Uni a enregistré 29 437 arrivées de migrants en « small boats », contre 45 000 en 2022. Malgré une baisse des arrivées d’exilés sur le littoral britannique, les drames en mer, eux, restent nombreux. Dans la nuit du samedi 13 au dimanche 14 janvier, cinq personnes sont mortes noyées dans une eau à 9 degrés alors qu’elles tentaient de rejoindre une embarcation en partance pour le Royaume-Uni.

    #Covid-19#migration#migrant#france#royaumeuni#smallboat#traversee#mortalite#sante#routemigratoire#frontiere#PREMAR#calais#boulognesurmer

  • Niger : les flux migratoires augmentent depuis l’abrogation de la loi anti-passeurs (OIM)
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    Niger : les flux migratoires augmentent depuis l’abrogation de la loi anti-passeurs (OIM)
    Les flux migratoires vers la Libye et l’Algérie ont significativement augmenté depuis l’abrogation par les militaires au pouvoir au Niger d’une loi criminalisant le trafic illicite de migrants, selon un rapport de l’Organisation internationale des migrations (OIM) consulté par l’AFP dimanche."Depuis le mois de décembre 2023, les flux de manière générale ne cessent de progresser", indique l’OIM, attribuant cette hausse « à l’abrogation de la loi 036/2015 » adoptée en 2015 et abrogée en novembre. Dans le nord du Niger, couloir de passage des migrants subsahariens en route vers la Libye, l’Algérie ou l’Europe, les flux transfrontaliers ont augmenté de 50% par rapport à décembre 2023, et les flux « sortants » depuis le Niger de 69%, selon l’OIM.
    « Les principales nationalités observées au niveau des points de suivi des flux étaient les Nigériens (75%), les Nigérians (7%), les Tchadiens (5%) et les Maliens (2%) », précise l’organisation.Les ressortissants nigériens dans leur immense majorité pratiquent une migration dite « circulaire » entre le Niger et les pays du Maghreb en quête d’opportunités économiques, au contraire de migrants d’autres nationalités qui font route vers les frontières de l’Europe. La loi controversée de 2015 avait fait du Niger un partenaire stratégique de la politique migratoire de l’Union européenne (UE).
    L’UE a suspendu sa coopération avec le Niger dans la foulée du coup d’État qui a renversé le président élu Mohamed Bazoum en juillet dernier. Le transport de migrants constitue depuis des décennies l’un des piliers de l’économie du nord du Niger, une région désertique située sur les anciennes routes caravanières, devenue un couloir de trafics transsahariens. Les militaires au pouvoir avaient dénoncé une loi adoptée « sous l’influence de certaines puissances étrangères » et qui « ne prenait pas en compte les intérêts du Niger et de ses concitoyens » pour justifier cette abrogation, largement saluée par les habitants de cette région.

    #Covid-19#migrant#migration#niger#UE#nigeria#tchad#mali#routemigratoire#oim#flux#frontiere#sante

  • Emmanuel Macron défend la suppression du droit du sol sur l’île de Mayotte, devenue « la première maternité de France »
    https://www.lemonde.fr/societe/article/2024/02/19/emmanuel-macron-defend-la-suppression-du-droit-du-sol-sur-l-ile-de-mayotte-d

    Emmanuel Macron défend la suppression du droit du sol sur l’île de Mayotte, devenue « la première maternité de France »
    Le Monde avec AFP
    Le président de la République, Emmanuel Macron, a défendu, dans un entretien à l’Humanité publié dimanche 18 février au soir, le projet de loi, controversé, du gouvernement consistant à supprimer le droit du sol à Mayotte, département français d’outre-mer, pour endiguer l’immigration illégale, en majorité en provenance de l’archipel des Comores. « Il est légitime de poser cette question, car les Mahorais souffrent. Ils ont d’ailleurs accueilli très positivement cette proposition, quelles que soient leurs sensibilités politiques. Nous devons casser le phénomène migratoire à Mayotte, au risque d’un effondrement des services publics sur l’île », plaide-t-il.
    Mayotte est un département français situé dans l’archipel très pauvre des Comores. « Des familles y circulent et arrivent en France, via Mayotte, où elles ont accès à des prestations complètement décorrélées de la réalité socioéconomique de l’archipel », juge le président. « Mayotte est la première maternité de France, avec des femmes qui viennent y accoucher pour faire des petits Français. Objectivement, il faut pouvoir répondre à cette situation », affirme-t-il.« A cela s’ajoute un nouveau phénomène, ces derniers mois, compte tenu des difficultés sécuritaires dans la région des Grands Lacs : une arrivée massive de personnes en provenance de Tanzanie et d’autres pays », explique-t-il. Pour « casser ce phénomène migratoire », M. Macron veut aussi « restreindre l’accès aux droits sociaux pour les personnes en situation irrégulière ». Mais le président assure que « restreindre le droit du sol pour Mayotte ne signifie pas le faire pour le reste du pays », comme le réclament la droite et l’extrême droite. « Je reste très profondément attaché à ce droit pour la France », assure-t-il.

    #Covid-19#migrant#migration#france#mayotte#droitdusol#tanzanie#archipel#insularite#maternite#afrique#sante#constitution

  • Le blues des médecins étrangers en France : « Pourquoi on ne me juge pas sur mon expérience ici ? » - InfoMigrants
    https://www.infomigrants.net/fr/post/55272/le-blues-des-medecins-etrangers-en-france--pourquoi-on-ne-me-juge-pas-

    Le blues des médecins étrangers en France : « Pourquoi on ne me juge pas sur mon expérience ici ? »
    Par Bahar Makooi Publié le : 19/02/2024
    La situation de plusieurs milliers de médecins étrangers venus prêter main forte dans les services hospitaliers français se complique depuis la fin d’un régime dérogatoire accordé durant la période du Covid-19. Près de 1 900 ont perdu le droit d’exercer, un manque criant pour les hôpitaux. Certains d’entre eux ont accepté de témoigner.
    Pour Karima*, 39 ans, la dernière visite à la préfecture a viré au cauchemar. Son titre de séjour n’a pas été prolongé. « Je n’ai qu’un récépissé », se désole-t-elle. Pourtant, cette chirurgienne orthopédique pédiatrique exerce depuis deux ans dans un hôpital de banlieue parisienne, y compris aux urgences où elle effectue au moins quatre nuits de garde par mois. « Mes collègues de chirurgie générale m’ont demandé de venir en renfort pour les soulager un peu », explique la praticienne originaire du Maghreb*. « Je ne vais pas les laisser tomber », dit-elle sans savoir combien de temps encore elle pourra exercer.L’hôpital a accepté de la faire travailler, mais Karima redoute l’échéance de son contrat, renouvelé tous les six mois. Elle fait partie des quelque 4 000 praticiens diplômés en dehors de l’Union européenne (appelés Padhue), qui exercent dans les hôpitaux français depuis des années sous divers statuts précaires, comme celui de « faisant fonction d’interne » (FFI).
    « Les tâches que j’occupe sont des tâches de responsabilité, des tâches de praticien, même si je suis considérée comme une interne avec un contrat à 1 400 euros net à renouveler tous les six mois. Si la préfecture a refusé de prolonger mon titre de séjour c’est à cause de ces ruptures de contrats » regrette la médecin, qui jongle en permanence avec l’administration pour tenter de stabiliser sa situation. « Cette fois, la préfecture me demande une autorisation de travail fournie par l’Agence régionale de santé (ARS), qui ne veut plus la donner parce que la loi a changé ».
    En cause, l’expiration au 31 décembre d’un régime dérogatoire qui permettait aux établissements d’embaucher des Padhue sous divers statuts précaires, rendant désormais impossible leur maintien en poste. Depuis le 1er janvier 2024, ces médecins doivent réussir un concours très sélectif appelé « épreuves de vérification des connaissances » (EVC), pour pouvoir être réintégrés. Mais les places sont chères : 2 700 postes pour plus de 8 000 candidats en 2023, dont une partie tente sa chance depuis l’étranger. Résultat, une majorité des Padhue s’est retrouvée sur le carreau cette année.
    Après une levée de boucliers des syndicats, l’exécutif a finalement promis de « régulariser nombre de médecins étrangers », et décidé de prolonger d’un an leurs autorisations temporaires de travail, jusqu’à ce qu’ils passent la session 2024 des EVC.
    Mais pour Karima, diplômée en chirurgie générale, le problème est loin d’être réglé. Elle a bien tenté de passer l’EVC de chirurgie orthopédique pédiatrique en 2023, sauf que son dossier a été refusé. « On me dit que je n’ai pas le bon diplôme, qu’il me faut celui d’orthopédie pédiatrique, mais il n’existe pas ce diplôme dans mon pays ! Je ne comprends pas pourquoi on ne me juge pas sur mon expérience ici. J’opère seule, je consulte, j’ai mes propres patients », affirme la praticienne.
    Lorsqu’elle est arrivée en France en 2020, elle n’avait pas prévu de s’installer de ce côté de la Méditerranée. « J’avais obtenu un détachement du travail pour venir effectuer un perfectionnement en chirurgie orthopédique en France, parce que j’avais constaté des lacunes dans le service où je travaillais au Maghreb », explique-t-elle. Mais après presque deux années à un poste de stagiaire associée dans un CHU de Nice, Karima s’est retrouvée coincée dans l’Hexagone à cause de la pandémie de Covid-19 et la fermeture des frontières avec son pays. Elle a perdu son poste au Maghreb.
    À Nice, elle se souvient de cette période où elle a lutté sur le front du Covid-19, aux côtés des soignants français, en prêtant main forte en réanimation. « On a sauvé des vies. Et on continuera à le faire. C’est notre travail. Parfois aux urgences, je me retrouve dans une situation où il faut réagir dans la fraction de seconde, faire les bons gestes, prendre la bonne décision pour sauver quelqu’un ».
    Rentrer au Maghreb ? La chirurgienne y songe parfois : « Je me pose la question, je me demande si je peux tenir encore dans cette situation. Mais j’exerce un travail que j’aime beaucoup, surtout auprès des enfants. Je suis attachée à mes patients. Quand je vois dans leurs yeux qu’ils sont satisfaits, je me sens utile ». Pourtant, l’idée de partir fait son chemin à défaut de pouvoir se projeter, au quotidien. « Il m’arrive régulièrement de faire mes valises. J’hésite même à commander de nouveaux meubles ». Alors ses proches lui soufflent de postuler en Allemagne. « Des collègues sont partis là-bas. Ils ont été acceptés sur dossier et ont pris des cours de langue allemande », raconte-t-elle.
    Dans un contexte de surcharge de son système de santé, la France, qui a pourtant un besoin criant de renforts, risque de voir ces milliers de médecins lui préférer d’autres États européens.

    Le Dr Aristide Yayi, originaire du Burkina Faso et diplômé en médecine légale à Dakar, au Sénégal, exerce, lui, depuis trois ans en médecine polyvalente dans l’Ephad de l’hôpital de Commercy dans la Meuse. Un secteur qui manque cruellement de médecins. « Mon contrat court jusqu’en juillet 2024. Après je ne connais pas la suite », regrette le jeune médecin, car il souhaite développer un service de prise en charge de la douleur pour les personnes âgées de l’Ephad. Un projet qui pourrait ne jamais voir le jour si sa situation n’est pas régularisée. « J’enchaîne les formations et les contrats de six mois en tant que ‘faisant fi d’interne’. C’est toujours de l’incertitude et de la précarité. J’ai le sentiment qu’on me considère comme un sous-médecin », estime-t-il.
    Plusieurs chefs de service, notamment en Île-de-France, ont prévenu qu’ils seraient « contraints de fermer » leur service sans la présence de ces Padhue. Lors de sa conférence de presse du 16 janvier, le président français, Emmanuel Macron, a admis que la France avait besoin de ces praticiens, affirmant vouloir « régulariser nombre de médecins étrangers, qui tiennent notre système à bout de bras ». Une promesse rappelée par le Premier ministre, Gabriel Attal, dans son discours de politique générale fin janvier.
    Un discours qui doit être suivi de faits, exigent désormais les syndicats. Reçus jeudi par le ministère de la Santé, ils ont salué la publication, la veille, du décret prolongeant les autorisations temporaires de travail pour les médecins étrangers qui s’engagent à passer la session 2024 des EVC. « Un premier pas » qui « ne fait que reporter le problème d’un an », dénonce Olivier Varnet, secrétaire général du Syndicat national des médecins hospitaliers FO.
    En attendant, les médecins étrangers trinquent. Ils sont près de 1 900 à ne pas pouvoir exercer en ce moment. « Mon ancien service cherche désespérément quelqu’un pour me remplacer. Ils sont vraiment dans la galère. Moi j’étais responsable de deux unités avec vingt patients chacune. On marche sur la tête… », s’indigne Mostapha, qui exerçait dans un service de soins de suite et de réadaptation en Normandie. Son contrat de « praticien attaché associé » a été suspendu le 1er janvier, puisqu’il n’a pas été admis aux épreuves de vérification de connaissances. « L’hôpital a voulu me retenir mais l’ARS n’a pas accordé l’autorisation », raconte le quadragénaire.Diplômé de la faculté d’Alger en médecine physique et réadaptation, il a suivi sa femme, de nationalité française, en France il y a trois ans. « Je n’ai pas de problème de papiers j’ai une carte de résident de 10 ans », poursuit-il.
    Mostapha espère que son cas sera examiné de plus près, et que la nouvelle circulaire lui permettra de retrouver son poste. Mais la validation de son parcours par l’EVC, il n’y croit plus trop : « Je compte bien le repasser puisque pour le moment il n’y a pas de solution, quoique les chances de l’avoir soient de plus en plus réduites à cause du nombre de postes. C’est pire que sélectif ».
    De nombreux syndicats, comme le collectif médecins de la CGT, estiment que cet examen s’apparente à un numerus clausus plutôt qu’à une « épreuve de vérification des connaissances ». « Des candidats ont été recalés avec plus de 15 de moyenne », dénonce Laurent Laporte, secrétaire général de l’Union fédérale des médecins, ingénieurs, cadres et techniciens de la CGT. « Trop académique », « aléatoire », « opaque » et « discriminant pour des médecins qui bossent soixante heures par semaine », accusent encore les syndicats, à qui le ministère de la Santé a promis, le 15 février, une « reformulation de l’EVC » avec des modalités plus adaptées à la réalité.

    #Covid-19#migrant#migration#france#sante#PADHUE#systemesante#personnelmedical#penurie

  • Borders Start With Numbers : How Migration Data Create “Fake Illegals”

    “We estimate that between 2009 and 2021 most border crossers labeled as “irregular/illegal” (55.4%) were actually “likely refugees,” a proportion we estimate to be 75.5% at the peak of arrivals in 2015.”

    https://journals.sagepub.com/doi/10.1177/01979183231222169

    –-> un article et une manière de calcul qui défie la catégorisation proposée par #Frontex (“irregular/illegal border crossings” - #IBCs)

    #statistiques #chiffres #asile #migrations #catégorisation #calcul

  • #Resettlement of refugees : EU framework

    On 13 July 2016, as part of the reform of the common European asylum system and the long-term policy on better migration management, the European Commission presented a proposal to provide for a permanent framework with standard common procedures for resettlement across the EU, to complement current national and multilateral resettlement initiatives. Resettlement is a tool to help displaced persons in need of protection reach Europe safely and legally, and receive protection for as long as necessary. It is a durable solution that includes selection and transfer of refugees from a country where they seek protection to another country. In addition to providing refugees with international protection, its aim is to strengthen solidarity and responsibility-sharing between countries. For a resettlement to take place, the United Nations Refugee Agency has to determine an applicant is a refugee according to the 1951 Geneva Convention, and has to identify resettlement as the most appropriate solution. Although the European Parliament and the Council reached a partial provisional agreement on the proposal in summer 2018, the Council was unable to endorse it, nor could it agree on a mandate for further negotiations. The co-legislators finally reached an agreement on 15 December 2022. On 8 February 2024, Coreper approved the provisional agreement, which will now have to be formally adopted by both institutions before it can enter into force. Fifth edition. The ’EU Legislation in Progress’ briefings are updated at key stages throughout the legislative procedure.

    https://www.europarl.europa.eu/thinktank/en/document/EPRS_BRI(2016)589859
    #asile #migrations #réfugiés #EU #UE #Europe #relocalisation #2024

  • BuzzSenegal
    https://www.buzzsenegal.com/news/Confessions/moussa-niakhate-laquo-personne-ne-pourra_n_87230.html
    https://www.buzzsenegal.com/content/news/images/02-2024/thumbs/612x298_1dd2a04e8da1fe95f04f5a168c269814b57cd4ca.jpg

    Voyage vers le Nicaragua : pour 6 millions FCFA le couple Diop tente le périple avec leur bébé mais s’arrête à Casablanca
    Author : Dakaractu 31 janvier, 2024 á
    Les sénégalais n’ont toujours pas déchanté de l’aventure de rallier les Etats-Unis par la voie du Nicargua. Ce, au péril de tous les problèmes qu’ils peuvent subir. Les jeunes mariés S. T. M. Diop et M. O. Diallo en ont fait l’expérience. En effet, le couple Diop qui a traduit l’agent de voyage, J. Camara devant la barre du tribunal correctionnel n’ont pas admis le fait qu’il a été envoyé poiroter durant 3 nuits à Casablanca par ce dernier. Monsieur et madame Diop le poursuivent pour manœuvres frauduleuses, de s’être prévalu de la fausse qualité ayant abouti à l’escroquerie portant sur 6 millions FCFA. Devant la barre du tribunal, le couple a raconté les faits. « Nous avons voulu voyager vers le Nicaragua. Nous collaborions avec un certain Almamy qui nous a mis en rapport avec J. Camara pour l’achat de 2 billets de voyage vers différentes destinations pour un coût de 6 millions FCFA. Nous nous sommes donnés rendez-vous avec l’agent à la Cité Mixta au mois de septembre. Le voyage a eu lieu au mois d’octobre », a d’emblée confié le mari S. T. M. Diop qui atteste avoir reçu ce jour les billets avant d’en venir au calvaire du voyage.« Il était inscrit sur les billets que J. Camara nous a vendus que les destinations étaient Dakar-Casa-Madrid-Salvador-Nicaragua mais à notre grande surprise le billet s’est limité à Casa au Maroc. À l’aéroport Blaise Diagne, le chef d’embarquement nous a remis que 2 cartes d’embarquement pour Casa et nous a dit qu’une fois à destination nous auront les autres sur place ce qui n’a pas été le cas », a soutenu le jeune marié.
    Le couple Diop qui avait un bébé de moins de 2 ans voulait se rendre au Nicaragua pour espérer entrer sur le territoire américain par ce pays. D’après les explications du couple, Monsieur et madame Diop partaient rejoindre un parent au pays de l’oncle Sam. A en croire l’épouse, les problèmes ont commencé à Dakar.
    « Notre premier problème était notre bébé dont le nom devait être rattaché à mon billet. Cela nous a pris beaucoup de temps. Nous discutions avec Almamy qui de son côté communiquait avec J. Camara. Lorsque nous avons reçu les cartes d’embarquement pour Casa, le chef d’embarquement a soutenu que c’est à Casa qu’il faudra demander la continuation. Nous avons cherché des explications mais nous n’avons pas pu avoir une réponse adéquate. A Casa, les autorités aéroportuaires nous ont fait savoir qu’il n’y avait pas de continuation sur les billets », a indiqué M. O. Diallo.
    Interpellé sur les déclarations du couple Diop, le prévenu a expliqué que les billets avaient bel et bien une continuation. Dans ses dires, il a soutenu avoir proposer au couple de porter plainte contre la compagnie Royal Air Maroc qui devait le prendre en charge et de le designer comme témoin clé. Mieux, J. Camara soutient avoir donné des consignes au couple pour l’assister dans le voyage.« Arrivés à Casablanca, ils m’ont appelé pour me faire part de leur problème d’embarquement pour poursuivre le voyage alors que je leur avais demandé de m’envoyer la carte d’embarquement une fois à l’aéroport Blaise Diagne ce qu’ils n’ont pas fait », a soutenu l’agent de voyage qui a été démenti par le couple.« C’est ici devant cette barre que j’ai entendu ce qu’il vient de dire », a répondu le sieur Diop.
    Pour l’avocat de la défense qui a soutenu avoir saisi les services de Royal Air Maroc, l’erreur dans toute cette affaire de voyage vient du Chef d’escale. Le conseil de la partie civile de son côté croit qu’aucune réponse n’a été établie par les autorités de Royal Air Maroc même si c’est avéré qu’elles ont été saisies à travers une requête. Pour la manifestation de la vérité, le procureur a demandé de renvoyer l’affaire afin de saisir les autorités de Royal Air Maroc ainsi que les autres entités impliquées dans l’achat des billets pour permettre au tribunal de mieux appréhender la validité des billets. Il a fallu de longues discussions entre les parties avant de poursuivre les plaidoiries. Prenant la parole, la partie civile a indiqué que tous les éléments constitutifs du délit d’escroquerie sont établis. Selon l’avocat, il est attesté que les billets vendus à ses clients se limitent à Casablanca avant de demander la condamnation pénale à l’encontre du prévenu et le versement de 10 millions FCFA pour toutes causes de préjudices.Pour le procureur, le point d’achoppement demeure la validité des billets et que chacun des parties s’est défendu sur la question. A l’en croire, seuls les autorités du Royal Air Maroc pouraient trancher la question.
    La défense a pour sa part indiqué que les billets étaient bien valables et valides. « En quoi J. Camara a fauté en vendant les billets ? Mais pour démontrer l’escroquerie, on est prêt à vous faire croire à des choses qui n’existent pas. On a la preuve qu’il a payé les billets, il n’y a pas de manoeuvres ni de fausse qualité », a indiqué l’avocat du prévenu qui demande au tribunal de relaxer son client purement et simplement. Dans son verdict, le tribunal a finalement relaxé le prévenu du délit d’escroquerie et reçoit la constitution de partie civile pour le paiement de la somme de 10 millions Fcfa au depens du trésor public.

    #Covid-19#migration#migrant#maroc#senegal#nicaragua#escroquerie#sante