• Migranti, nei centri italiani in Albania un rotolo di carta igienica a persona a settimana

    I paradossi del #bando da 34 milioni di euro pubblicato dal Viminale per la gestione delle strutture. Applicata la procedura di estrema urgenza, negoziazione tra tre soli operatori economici, una sola settimana di tempo per la manifestazione d’interesse.

    Un appalto da 34 milioni di euro e un rotolo di carta igienica a settimana per migrante. Basterebbe questo paradosso a bollare come frettoloso e sommario il bando per l’affidamento dei servizi per i centri di accoglienza e trattenimento dei richiedenti asilo che il governo Meloni prevede di aprire in Albania entro il 20 maggio. Una improbabile corsa contro il tempo per un’operazione che ancora manca del requisito di legittimità giuridico fondamentale ma che la premier intende giocarsi in vista della campagna elettorale per le Europee del 9 giugno.

    Misteriose ragioni di estrema urgenza

    E dunque ecco il ricorso a «#ragioni_di_estrema_urgenza» ( che non si sa quali siano visto che gli sbarchi sono nettamente diminuiti) per giustificare la procedura negoziale riservata a tre soli concorrenti che, nel giro di soli sette giorni, dovrà aggiudicare l’affidamento dei servizi di accoglienza e di gestione dei tre centri previsti dove i lavori non sono neanche cominciati: quello nel porto di Shengjin, adibito allo screening sanitario, all’identificazione e alla raccolta delle richieste di asilo, e i due di Gjader, la struttura di accoglienza da 880 posti dove i migranti resteranno (teoricamente) per un mese in attesa di conoscere l’esito della procedura accelerata di frontiera, e il Cpr da 144 posti dove verranno trasferiti quelli destinati al rimpatrio.

    Si risparmia sull’igiene dei migranti

    Il bando è stato pubblicato il 21 marzo, con avviso di manifestazione di interesse che si concluderà nel tempo record di una settimana. Un appalto da 34 milioni di euro a cui si aggiungono i rimborsi ( non quantificabili) di servizi di trasporto, utenze, raccolta dei rifiuti, manutenzione ordinaria e straordinaria, e dell’assistenza sanitaria. Non proprio quattro spiccioli, a fronte dei quali, però, spulciando il bando si trovano vere e proprie “perle”. Sull’igiene personale dei migranti, tanto per cominciare, chi si aggiudicherà l’appalto, potrà risparmiare: un solo rotolo di carta igienica a settimana a testa dove i richiedenti asilo attenderanno ( in detenzione amministrativa) l’esito della richiesta di asilo. Rotoli che, chissà poi perchè, diventeranno sei a settimana per gli sfortunati che, a fronte del diniego, verranno trasferiti nell’ala destinata a Cpr.

    Solo un cambio di abiti a stagione

    Nel kit di primo ingresso nei centri solo un paio di mutande e un paio di calze e, più in generale, un solo cambio di abiti a stagione.E dunque, a differenza dei centri di accoglienza italiani dove i migranti sono liberi e possono procurarsi altri abiti, i richiedenti asilo portati in Albania saranno detenuti e costretti ad indossare sempre gli stessi. Avranno il detersivo per lavarli due volte a settimana, nel frattempo evidentemente staranno in pigiama. Almeno si consoleranno con il cibo che prevede persino la pizza e il dolce due volte a settimana.

    Per raccontare la loro storia alla commissione d’asilo che deciderà il loro destino o per comparire davanti ai giudici di Roma, competenti sui ricorsi, dovranno accontentarsi di un collegamento da remoto, con tutte le limitazioni in tema di diritti che nascono dalle difficoltà di espressione e comprensione.

    Magi: “Un gigantesco spot elettorale”

    «Una bella photo-opportunity elettorale - commenta Riccardo Magi di Più Europa - Giorgia Meloni vuole allestire questi centri in fretta e furia e usarli come un gigantesco spot a pochi giorni dal voto a spese degli italiani».

    https://www.repubblica.it/cronaca/2024/03/23/news/migranti_centri_albania_bando_viminale-422362144

    #Albanie #Italie #asile #migrations #réfugiés #coût #urgence #gestion #appel_d'offre #externalisation

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    ajouté à la métaliste sur l’#accord entre #Italie et #Albanie pour la construction de #centres d’accueil (sic) et identification des migrants/#réfugiés sur le territoire albanais...
    https://seenthis.net/messages/1043873

    • Protocollo Italia-Albania: il Viminale avvia la gara milionaria per la gestione dei centri

      Dal bando pubblicato il 21 marzo dalla prefettura di Roma emergono i primi dettagli dell’accordo contro i migranti: solo per le spese vive e il personale delle strutture, due hotspot e un Centro di permanenza per il rimpatrio, sono assicurati al gestore privato quasi 40 milioni di euro all’anno. I tempi sono strettissimi, le europee incombono

      Il ministero dell’Interno ha pubblicato i bandi di gara per la gestione delle nuove strutture per i migranti in Albania che diventeranno operative, documenti alla mano, entro il 20 maggio 2024. Un primo passo concreto verso la messa in pratica del protocollo annunciato dal Governo Meloni con Tirana lo scorso 6 novembre 2023 -poi ratificato dal Parlamento a fine febbraio 2024- e che prevede di dislocare i naufraghi soccorsi in operazioni di salvataggio in mare sul territorio albanese. Più precisamente in tre strutture con una capienza totale che supera i mille posti disponibili: due hotspot, ovvero i centri di identificazione, che in Italia troviamo nei cosiddetti “punti di crisi”, principali punti di sbarco (Lampedusa, Pozzallo e Taranto tra gli altri), più un Centro di permanenza per il rimpatrio (Cpr) dove trattenere coloro che sono in attesa di essere espulsi nel proprio Paese d’origine. La spesa annuale stimata è pari a quasi 40 milioni di euro, calcolando esclusivamente il costo a persona (pro-capite pro-die), che però esclude diverse spese vive (dal trasporto all’assistenza sanitaria fino alle utenze).

      La gara è stata pubblicata il 21 marzo e individua nella prefettura di Roma la stazione appaltante, la quale ha scelto di attivare una procedura negoziata con cui consulterà un “numero congruo di operatori economici” per aggiudicare i servizi all’ente gestore. Un bando di questo genere può essere giustificato solo in casi di estrema urgenza. E secondo il ministero l’affidamento in oggetto, essendo un presupposto fondamentale per “l’attuazione del Protocollo tra Italia e Albania in conformità ai tempi ed agli adempimenti che risultano necessari per rispettare, alle scadenze previste, gli impegni assunti dal Governo della Repubblica Italiana”, rientra tra quelle procedure basate proprio su “ragioni di estrema urgenza”.

      La prima struttura è sita nella città portuale di Shenjin e sarà a tutti gli effetti un hotspot. “Una struttura dimensionata per l’accoglienza, senza pernottamento, dei migranti condotti in porto e destinati alle procedure di screening sanitario, identificazione e raccolta delle eventuali domande di asilo, all’esito delle quali i migranti saranno trasferiti presso le strutture di Gjader”. Gjader è la seconda località coinvolta dove saranno costruite le altre due strutture: un centro destinato “all’accertamento dei presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale” con un’accoglienza massima a regime di 880 migranti, e un altro, sempre nella stessa città albanese che sarà invece un Centro di permanenza per il rimpatrio, che ricalca quelli presenti sul territorio italiano, con una capienza fino a 144 persone. A Gjader saranno disponibili poi 168 posti per alloggi di servizio, di cui 60 riservati al personale dell’ente gestore.

      Come detto, i corrispettivi riconosciuti pro-capite pro-die, secondo la tipologia di centro ed il relativo numero degli ospiti presenti, ammontano “presuntivamente a complessivi 33.950.139 euro annui”. La gara d’appalto ha una durata di due anni, prorogabili fino ad un massimo di altri due. Sono esclusi dai quasi 40 milioni di euro, invece, i costi di trasporto, le utenze idriche, elettriche, del servizio di raccolta rifiuti, la connessione wifi e la manutenzione ordinaria e straordinaria. Così come quelli per la “predisposizione e manutenzione dei presidi antincendio” e quelli “relativi all’assistenza sanitaria”.

      Proprio questo è uno degli aspetti paradossali affrontati dal bando. Per la struttura sita nel porto di Shenjin si prevede “un ambulatorio medico dedicato per assistenza sanitaria, inclusa la stabilizzazione di condizioni cliniche ai fini del trasferimento” con “una sala per visite ambulatoriali, una stanza per osservazioni brevi con tre posti letto e una stanza di isolamento con due posti”.

      Invece nel sito di Gjader verrà di fatto allestito un vero e proprio “mini ospedale”. Vengono previste “tre sale per visite ambulatoriali, due stanze per osservazioni brevi (ognuna dotata di tre posti letto), una medicheria, una sala operatoria e una recovery room, un laboratorio analisi, una stanza per diagnostica per immagini (rx ed ecografia), una per visite psicologiche/psichiatriche all’uopo utilizzabile anche per consulenze in telemedicina e due stanze di isolamento”. Una struttura in cui opererà un elevatissimo numero di personale sanitario. Oltre a medici e infermieri per l’attività standard, viene prevista una équipe operativa 24 ore al giorno formata rispettivamente da: “medico specialista in anestesia-rianimazione, medico specialista in chirurgia generale, medico specialista in ortopedia con competenze chirurgiche, personale medico specialista in psichiatria, un infermiere strumentista, un operatore socio-sanitario (in caso di attivazione della sala operatoria), un tecnico di laboratorio, un tecnico di radiologia, un personale medico specialista in radiologia”.

      L’ente gestore, oltre a fornire kit di primo ingresso, sia igienici sia vestiari e a garantire la fornitura dei pasti e l’informativa legale, dovrà garantire la predisposizione di “appositi locali e strumenti tecnici che assicurino la connessione alla rete e il collegamento audio-visivo nel rispetto della privacy e della libertà di autodeterminazione del beneficiario per l’eventuale audizione da remoto davanti alle Commissioni territoriali, nonché davanti al Tribunale ordinario e ad altri uffici amministrativi”. In altri termini: saranno implementate delle stanze per svolgere le audizioni di chi, una volta richiesto asilo, dovrà affrontare l’iter per vedersi o meno riconosciuto il permesso di soggiorno. Tutto inevitabilmente online. Dovrà esserci anche un locale “al fine di tutelare la riservatezza della persona nei colloqui con il proprio legale” o favorire l’incontro con “eventuali visitatori ammessi”. La prefettura di Roma, dovrà essere messa a conoscenza “di ogni notizia di rilievo inerente la regolare conduzione della convivenza e le condizioni del centro e tenuta di un registro con gli eventuali episodi che hanno causato lesioni a ospiti od operatori”, nonché la consegna della certificazione di idoneità al trattenimento.

      La gara è aperta fino al 28 marzo. La prefettura valuterà le offerte pervenute da imprese o cooperative già attive nel settore con un fatturato complessivo, negli ultimi tre esercizi disponibili, non inferiore a cinque milioni di euro. Non certo piccole realtà dell’accoglienza. L’avvio dell’operatività dei centri è prevista non oltre il 20 maggio 2024. Quindici giorni prima di quella data, il ministero dell’Interno potrà confermare o meno l’effettivo avvio a pieno regime oppure anche con “una ricettività progressiva rispetto a quella massima prevista nelle more del completamento degli eventuali lavori di allestimento”. L’importante è partire: le elezioni europee di inizio giugno incombono.

      https://altreconomia.it/protocollo-italia-albania-il-viminale-avvia-la-gara-milionaria-per-la-g

    • Albania-Italy migrant deal moves ahead as Rome publishes tender for processing centre

      As of 20 May 2024, camps in Albania that will process the asylum applications of individuals rescued by the Italian authorities will be up and running, as a recently published tender document reveals more details about the deal and how the site will function.

      In November 2023, Albanian Prime Minister Edi Rama and Italian Prime Minister Giorgia Meloni signed a deal that would see migrants rescued in Italian territorial waters or by Italian authorities sent to Albania for their asylum applications to be processed. The deal has divided opinion on both sides of the Adriatic from the outset, but both governments remain adamant about it going ahead.

      The tender notifications, published by the Rome prefect’s department, invite bidders to submit their offers before 28 March with the deadline of 20 May as the start of operations.

      According to the tender details, worth €34 million, the site will consist of three structures able to accommodate a total of around 3000 people.

      One structure will be built at the port of Shengjin, where landing and identification procedures will be carried out.

      The other two sites will be located in Gjader. One will be dedicated to ascertaining the prerequisites for the recognition of international protection, while the other will serve as a repatriation detention centre.

      According to the Italian government, the site will process individuals rescued by the Italian authorities involved in maritime rescue, such as the coast guard, financial police, or navy, and explicitly exclude those rescued by NGOs. It will also not include disabled people, women, children, or other vulnerable individuals.

      The tender states that the facility in Shengjin will have a medical clinic, including a room for outpatient visits, an isolation room, and a three-bed ward. In Gjader, there will be three outpatient rooms, two wards, an operating theatre, a laboratory, an x-ray and ultrasound room, and a space for psychological and psychiatric visits.

      Medical specialists on site will include a doctor specialising in anaesthesia and resuscitation, a doctor specialising in general surgery, a doctor specialising in orthopaedics with surgical skills, medical staff specialising in psychiatry, an instrumental nurse, a social doctor, a health worker, a laboratory technician, a radiology technician, and a health worker specialising in radiology.

      Upon arrival, welcome kits will also be presented to each individual, including an undershirt, T-shirt, pair of pyjamas, three pairs of shorts, and three pairs of socks. They will also be given one roll of toilet paper a week, one toothbrush and 100ml tube of toothpaste per week, and one bottle of shampoo and liquid soap per week.

      The Italian Interior Ministry will conduct spot checks on the site to ensure compliance with the tender.

      During their stay in Albania, estimated at around three months for each person, individuals will not be able to leave the centre, which is to be guarded by Italian and Albanian authorities. If they do, the Albanian police will return them. Once their application has been processed, whatever the outcome, they will be removed from Albania’s territory.

      While on-site, individuals can access legal assistance from representatives of international organisations, including the EU, which aims to provide legal aid to all asylum seekers as required by Italian, Albanian and EU law.

      The agreement caused controversy in Italy and Albania, with the Constitutional Court in Tirana narrowly ruling that it did not violate the laws of the land earlier this year. Meanwhile, despite claims from international law experts that it is not compliant with EU law, European Commissioner for Home Affairs Ylva Johansson said it did not break the law as it is “outside of it”.

      Work has not yet begun at the sites in Shengjin and Gjader, leading to questions about whether they can be operational by spring.

      Shengjin was also home to hundreds of Afghan refugees that Albania took in after the US withdrawal from Afghanistan led to the takeover of the Taliban. While the US promised to take responsibility for them, asking Albania to keep them while it processed their visas, a number still remain with no news or idea if they will ever leave.

      As for the migrant deal, several other EU countries have hinted they may look at similar deals to deal with their immigration issues, a move likely to score votes from the conservative parts of society, ahead of EU elections.

      https://www.euractiv.com/section/politics/news/albania-italy-migrant-deal-moves-ahead-as-rome-publishes-tender-for-proces

    • #Medihospes, #Consorzio_Hera, #Officine_sociali: chi gestirà i centri per migranti in Albania

      La prefettura di Roma ha reso noti i tre partecipanti selezionati tra le trenta proposte pervenute per gestire i due hotspot e il Cpr previsti dall’accordo tra Roma e Tirana. Entro il 20 maggio la gara verrà aggiudicata per un importo che supera i 150 milioni di euro. Ma i lavori di adeguamento alle strutture non sono ancora completati

      Medihospes, Consorzio Hera e Officine sociali. Sono le tre cooperative in corsa per la gestione dei centri italiani in Albania selezionate per le “esperienze contrattuali pregresse afferenti a questi servizi” tra le trenta che hanno manifestato alla prefettura di Roma la propria volontà di partecipare alla gara. Un appalto da oltre 151 milioni di euro (per quattro anni) che verrà aggiudicato, nelle prossime settimane, all’operatore economico che ha presentato l’offerta economicamente più vantaggiosa.

      Alle tre cooperative in corsa una certa “esperienza” non manca. Officine sociali, con sede legale a Siracusa, gestisce attualmente il Centro di permanenza per il rimpatrio (Cpr) di Palazzo San Gervasio a Potenza e l’hotspot di Taranto in Puglia. Attualmente è in gara anche per l’aggiudicazione della gestione del Cpr di Gradisca d’Isonzo, dove sta correndo al fianco di Martinina Srl, finita sotto indagine della Procura di Milano per le condizioni disumane in cui versavano i trattenuti al Cpr di via Corelli di Milano. Il legame tra le due società, come già raccontato su Altreconomia, perdura da tempo: insieme hanno partecipato anche alla gara pubblica per la gestione del Cpr di Torino.


      Consorzio Hera, invece, con sede legale a Castelvetrano, in provincia di Trapani, gestisce attualmente il Cara e il Cpr di Brindisi e quello di Trapani, in cordata con la cooperativa Vivere Con. Inoltre la cooperativa ha “vinto” anche l’hotspot di Pozzallo e Ragusa di cui è l’attuale ente gestore.

      Poi c’è Medihospes, è un colosso da 126 milioni di euro di fatturato nel 2022 che si occupa di assistenza ad anziani, alle persone con disabilità, servizi alberghieri e accoglienza ai migranti. Gestisce attualmente l’ex caserma Cavarzerani di Udine -di cui abbiamo già raccontato in precedenza- ma è attiva in diverse province italiane nell’accoglienza dei richiedenti asilo. Basti pensare che nel 2022 ha incassato, in totale, oltre 34 milioni di euro in tutta Italia per la gestione dei centri.

      Briciole rispetto agli oltre 151 milioni di euro preventivati dalla prefettura di Roma per la “gara” relativa alla gestione delle strutture previste dal protocollo Italia-Albania: un centro nella città portuale albanese Shengjin (hotspot) e due strutture (un altro hotspot e un Cpr) a Gjader (ne abbiamo parlato in questo approfondimento).

      La fornitura di servizi è preventivata con una base d’asta di 130 milioni di euro, con l’aggiunta di quasi sei milioni per il pocket-money e la tessera telefonica. La durata è di 24 mesi, prorogabili per altri 24 a partire dal 20 maggio 2024. Data entro la quale la prefettura di Roma dovrebbe aggiudicare la gara alla cooperativa che avrà presentato l’offerta economicamente più vantaggiosa. Nei nuovi documenti di gara si sottolinea che i lavori di adeguamento delle strutture non sono ancora stati conclusi. Una corsa contro il tempo. Obiettivo: non certo la tutela dei diritti delle persone ma le elezioni europee.

      https://altreconomia.it/medihospes-consorzio-hera-officine-sociali-chi-gestira-i-centri-per-mig
      #externalisation #Italie #accord #Albanie #migrations #réfugiés #coopérative #sous-traitance #Engel #Engel_Italia #business #Shengjin #Gjader

  • Espagne : des jeunes migrants se déclarant mineurs incarcérés pour avoir conduit des canots

    En Espagne, les cas de jeunes migrants se disant mineurs enfermés dans les prisons du pays pour avoir piloté des canots se multiplient, à mesure que les arrivées irrégulières augmentent. Les adultes, eux aussi, subissent le même sort. Comme en Grèce et au Royaume-Uni, deux États qui incarcèrent également des exilés vus à la barre d’un canot, les associations et les militants espagnols estiment que le gouvernement se trompe de cible.

    B.C. a quitté la prison de Las Palmas, sur l’île de Grande Canarie, jeudi 14 mars. Le jeune Sénégalais de 17 ans, accusé par la justice d’être un passeur pour avoir conduit un canot de migrants, était incarcéré dans ce centre pour adultes depuis presque trois mois.

    Quelques heures plus tôt, le tribunal avait ordonné sa libération en raison de son âge. « Les conclusions [de l’examen] médico-légal » effectué sur B.C. ne permettent pas d’affirmer avec « certitude que le sujet est majeur », avait estimé le juge.

    Depuis son incarcération le 21 décembre 2023, le Sénégalais répétait inlassablement qu’il n’avait que 17 ans. Une photocopie de son acte de naissance transmis à l’administration n’avait pas suffi à mettre fin à son emprisonnement. Ni même un test médical qui avait conclu que « l’âge estimé du mineur présumé est compatible avec l’âge qu’il a mentionné ».

    L’ONU s’était emparé du sujet et avait exhorté le 11 mars les autorités espagnoles à libérer l’adolescent et à le traiter conformément à la Convention internationale des droits de l’enfant. L’organisation avait rappelé qu’en cas de doute sur l’âge d’une personne se déclarant mineure, elle doit être prise en charge en tant qu’enfant.

    Après la décision du tribunal de Las Palmas, B.C. a été transféré dans un centre fermé pour mineurs sur l’île de Ténérife en attendant son procès.
    Plusieurs jeunes enfermés en prison

    Comme ce garçon originaire du Sénégal, d’autres Subsahariens connaissent le même sort : arrivés aux Canaries à bord d’une pirogue surchargée, ils ont été accusés de piloter le canot, et n’ont pas été considérés comme des mineurs. Depuis, ils croupissent dans les prisons canariennes.

    C’est le cas d’Alioune (prénom d’emprunt), un Gambien de 16 ans enfermé depuis octobre 2023 à Ténérife, après avoir été désigné comme le « patron » de l’embarcation dans laquelle il se trouvait en arrivant dans l’archipel. À l’intérieur, le corps d’un enfant de 13 ans avait été retrouvé et 10 personnes avaient péri pendant la dangereuse traversée de l’Atlantique.

    Comme B.C., Alioune a fourni un acte de naissance prouvant son âge, et s’est soumis à des tests osseux, via une radiographie de la main. Les résultats signalaient alors que « la personne examinée a un âge osseux supérieur à 18 ans », tout en rappelant qu’il « n’est pas possible d’établir avec certitude l’âge réel ».

    On peut aussi citer l’histoire d’A.G., emprisonné avec B.C. alors qu’il n’avait que 15 ans. Ce Sénégalais a passé un mois et demi derrière les barreaux avant qu’un juge de surveillance pénitentiaire ordonne son transfert vers un centre fermé pour mineurs et que des tests prouvent sa minorité.

    Hausse du nombre d’#emprisonnement

    Alors, les jeunes étrangers seraient-ils de plus en plus nombreux à remplir les prisons espagnoles ? Difficile à affirmer en raison du manque de données sur le sujet, l’enfermement des mineurs étant interdit par la loi. Mais pour Daniel Arencibia, avocat en droit des étrangers, les affaires de ce type se multiplient.

    Il dit observer ces derniers mois une hausse des cas et regrette « beaucoup d’erreurs pour déterminer l’âge » d’un migrant. Cette recrudescence des emprisonnements s’explique, selon lui, par l’augmentation du nombre de mineurs débarqués en Espagne. « En 2020, il y avait moins de 400 mineurs aux Canaries. Aujourd’hui, ils sont plus de 5 000 », précise l’avocat.

    Un chiffre qui coïncide avec la hausse des débarquements en Espagne : on comptait en 2023, plus de 56 000 arrivées de migrants dans le pays, soit un bond de 82% par rapport à 2022. Parmi eux, près de 40 000 ont été enregistrés aux Canaries, une hausse de 154% par rapport à l’année précédente.
    Des peines différentes selon les provinces espagnoles

    Les jeunes ne sont pas les seuls à subir le même sort. Les migrants adultes aussi se voient désigner comme passeurs, pour avoir piloté leur embarcation. Et selon le lieu de leur arrestation, les peines diffèrent de plusieurs années, révèle une étude de Daniel Arencibia.

    Ce dernier a analysé plus de 200 condamnations portées contre des exilés dans les provinces espagnoles – sur les îles et sur la péninsule – les plus touchées par les arrivées irrégulières, du 1er janvier 2021 à aujourd’hui. Et le constat est sans appel : les migrants jugés aux Canaries écopent de peines plus lourdes pour les mêmes chefs d’accusation que dans les autres régions du pays.

    « Aux Baléares, ils sont condamnés à deux ans de prison, et aux Canaries à trois voire cinq ans », affirme l’avocat dans une interview accordée au média local Diario de Canarias.

    Pour avoir conduit une pirogue, et être poursuivi en tant que passeur, les exilés encourent jusqu’à huit ans de prison en Espagne. Une circulaire stipule cependant que dans le cas où la personne cherche également à obtenir une protection, une circonstance atténuante peut être appliquée et permet de réduire la peine.

    Daniel Arencibia a également découvert que le jugement pouvait être plus clément si le migrant renonce à son procès et se déclare donc coupable : dans ce cas, le Parquet réclame trois années de prison, en vertu de la circulaire évoquée précédemment. Dans le cas inverse, il demande sept ans d’emprisonnement. « Dans la province de Las Palmas [sur l’île de Grande Canarie, ndlr], 91% des accusés ont signé le document et accepte la peine de trois ans », renonçant à faire reconnaitre leur innocence.

    Rien d’étonnant pour l’avocat car, selon lui, les exilés n’ont d’autres choix : « Le migrant ne comprend pas la langue, a peur et on lui dit : ‘Si vous ne signez pas ce papier, vous ferez sept ans de prison au lieu de trois’ », résume-t-il.

    Comme en Grèce et au Royaume-Uni, deux États qui incarcèrent aussi des exilés vus à la barre d’un canot, les associations et les militants espagnols estiment que le gouvernement se trompe de cible. Les migrants emprisonnés « n’appartiennent pas à des mafias, ce sont de pauvres pêcheurs pour la plupart. Nous dépensons des millions pour mettre en prison des pêcheurs mais nous n’avons pas le budget nécessaire pour poursuivre ceux qui deviennent réellement millionnaires, au Maroc ou en Mauritanie », déplore l’avocat.

    https://www.infomigrants.net/fr/post/55997/espagne--des-jeunes-migrants-se-declarant-mineurs-incarceres-pour-avoi
    #scafisti #criminalisation_de_la_migration #migrations #asile #réfugiés #Espagne #détention #mineurs #enfants #enfance #route_Atlantique #Canaries #îles_Canaries

  • Rwanda trips by UK ministers and officials have already cost over £400,000

    Sending ministers and officials to Rwanda has cost the government more than £400,000 before a single deportation flight has taken off, figures show.

    Ministers have spent a total of £413,541 on travel in the two years since the policy to send asylum seekers to Kigali started to be developed.

    The total, calculated by the Labour party, is based on government transparency releases. It includes trips by senior government officials and a succession of ministers and home secretaries including James Cleverly, Suella Braverman and Priti Patel.

    This week it emerged that Cleverly spent £165,561 on chartering a private jet for a one-day trip to sign a new treaty with Rwanda in December. The cost of the flight was published in a transparency document on Thursday.

    The shadow immigration minister, Stephen Kinnock, said: “Having clearly decided that committing £600m of taxpayers’ money to the Rwandan government for just 300 refugees wasn’t insulting enough, it now emerges that three home secretaries have blown hundreds of thousands of pounds on their various publicity stunts in Rwanda. This government’s enthusiasm for wasting taxpayers’ money knows no bounds.

    “Labour would redirect the cash set aside for Rwanda into a cross-border police unit and security partnership to smash the criminal smuggler gangs at source, and introduce a new returns unit to quickly remove those with no right to be here.”

    A succession of legal challenges have prevented the Rwanda policy, which would send asylum seekers who arrive in the UK on small boats to the east African country for processing, from being implemented.

    The plan was first announced by Boris Johnson in April 2022 but is yet to become operational two years later.

    The government insists that flights to Rwanda will take off this spring, after a bill intended to overcome legal hurdles to the policy becomes law.

    However, ministers have delayed the passage of the bill until after Easter, with the final votes on it expected to take place in mid-April. The government has yet to find an airline to operate the flight.

    Asked why he was waiting another three weeks to push the legislation through, Rishi Sunak said his plan to stop Channel crossings “is working”.

    “People should not be able to jump the queue, come here illegally, put pressure on local services, undermine our sense of fairness and ultimately put their lives at risk as they are exploited by gangs,” he told broadcasters. “That’s why I am determined to stop the boats. Our plan is working, the numbers last year were down by a third. That’s never happened before, that shows that we are making progress.”

    He added that the UK needed Rwanda flights as a “deterrent” to “finish the job”.

    Cleverly’s flight to Rwanda in December was to sign a new treaty that established a new appeal body, to be made up of judges with asylum expertise from a range of countries, to hear individual cases.

    The flights alone of the home secretary’s 24-hour trip cost more than four times the total cost of Braverman’s last visit in March 2023. Her trip cost just over £40,000, with flights at £35,041, hotels £4,301, transport £248 and “engagement” £2,056, the Daily Mirror reported last year.

    The government said Rwanda’s asylum system would be monitored by an independent committee, whose powers to enforce the treaty would be beefed up. The committee would develop a system to enable relocated people and their lawyers to lodge complaints.

    The government was criticised earlier this month for planning to spend £1.8m on each of the first 300 asylum seekers it plans to send to Rwanda. The overall cost of the scheme stands at more than half a billion pounds, according to the figures released to the National Audit Office.

    https://www.theguardian.com/uk-news/2024/mar/22/rwanda-trips-uk-ministers-officials-cost-over-400000

    #coût #Rwanda #externalisation #UK #Angleterre #préparation #asile #migrations #réfugiés

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    ajouté à la #métaliste sur les tentatives de différentes pays européens d’#externalisation non seulement des contrôles frontaliers (►https://seenthis.net/messages/731749), mais aussi de la #procédure_d'asile dans des #pays_tiers :
    https://seenthis.net/messages/900122

  • “Action file” on Tunisia outlines EU’s externalisation plans

    An “action file” obtained by Statewatch lays out the objectives and activities of the EU’s cooperation on migration with Tunisia – whose government was heavily criticized by the European Parliament this week for “an authoritarian reversal and an alarming backslide on democracy, human rights and the rule of law.”

    Externalisation of migration control

    The document (pdf), produced as part of the #Operational_Coordination_Mechanism_for_the_External_Dimension_of_Migration (#MOCADEM) and circulated within the Council in December 2023, summarizes ongoing EU efforts to externalise migration and border control to Tunisia. It covers the main developments since the signature of the EU-Tunisia Memorandum of Understanding of July 2023.

    The MoU is cited in the document as a cooperation “framework” whose implementation shall “continue”. Criticism also continues, with the organization Refugees International arguing:

    “The short-term securitisation approach to Tunisia advanced by Team Europe is… likely to fail on at least two fronts: both on its own terms by failing to stem irregular migration, and on legal and ethical terms by tying EU support to the inevitability of grave human rights abuses by Tunisian authorities.”

    From the document it is clear that the EU has intensified political and technical outreach to Tunisia through high-level visits from both EU and member state representatives and that the Tunisian authorities are involved in different initiatives, including through EU agencies, such as Europol and Frontex. The European Police College (CEPOL), the EU Agency for Asylum (EUAA) and Eurojust are also mentioned as potential actors for cooperation.

    The measures listed in the document target all potential migration from Tunisia to the EU. However, distinctions are drawn – including in the language used – between measures addressed to non-Tunisian nationals and measures addressed to Tunisian nationals.

    Measures addressed to non-Tunisian nationals

    For non-Tunisian nationals, “preventing irregular departures from, as well as irregular arrivals to Tunisia” is the key objective of ongoing cooperation in the areas of border management, anti-smuggling and search and rescue. The EU provides Tunisia different amounts of funding through existing projects.

    Border management, including search and rescue

    the EU finances the projects Strengthening the Tunisian Coast Guard Training Pillar, run by ICMPD (2023-2026) and the EUTF funded Border Management Programme for the Maghreb region (BMP-Maghreb) (2018-2024). Both projects aim at developing the Tunisian authorities’ border control capacity, for both land and sea borders, thus including search and rescue activities. This is done through the donation of equipment and the training of the Garde National of Tunisia and the Navy.

    As for equipment, details about the delivery of boats, engines and spare parts for putting search and rescue vessels to Tunisia are included in the document, including the provision of fuel. A new contract will “build and equip a command-and-control centre for the Tunisian national guard at the border with Libya,” to enhance cross-border cooperation with Libya.

    With regard to training, the document mentions a session for two officials in Rome as well as the participation of the Tunisian border control authorities in a Frontex workshop organised in the context of Joint Operation Themis. The MOCADEM reports that Tunisia considers talks on a working arrangement with Frontex “pre-mature.”

    Anti-smuggling

    The EU pursues the Anti-smuggling Operational Partnership (ASOP) to try to develop the Tunisian police capacity to investigate, prosecute and convict smugglers. Training is also key in this area.

    The document mentions a mentorship programme between Tunisia and the EU Member States on migrant smuggling. Cross-border cooperation in investigations is encouraged, also through Europol, information campaigns (in North Africa and along the Central Mediterranean), and regional action. There is an ongoing discussion on a Europol agreement to exchange personal data between Europol and Tunisian authorities.

    Return and reintegration of non-Tunisian nationals

    the EU finances IOM’s project on Migrant Protection, Return and Reintegration in North Africa, concretely supporting assisted voluntary return from Tunisia to countries of sub-Saharan Africa. The MOCADEM document states that the EU engages “with Tunisian authorities to develop a national mechanism for returns facilitation.”

    Direct capacity-building of national authorities to return non-Tunisian nationals to their country of origin is a novelty in the EU migration policies. This is a follow-up of the objective spelled out in the EU-Tunisia MoU of “developing a system for the identification and return of irregular migrants already present in Tunisia”. It is reported that a “new technical assistance programme to further support the return system in Tunisia is under preparation.”

    International protection for non-Tunisian nationals

    As usual, protection programmes receive much lower funding than other cooperation objectives for the securitisation of migration. In Tunisia, the EU will fund a project run by the UNCHR to enhance reception and access to international protection for asylum seekers and refugees.

    Measures addressed to Tunisian nationals

    For Tunisian nationals, the EU aims to increase return and readmission of Tunisian nationals deemed to be irregularly staying in the EU to Tunisia, privileging so-called “assisted voluntary return” and reintegration projects for Tunisian nationals over forced returns. At the same time, the EU stresses the importance of increasing opportunities for legal migration through the launch of a “Talent Partnership” and better visa conditions for Tunisian nationals.

    Deportations

    the EU finances a national reintegration support mechanism called “Tounesna,” as well as the Frontex Joint Reintegration Services, for which Frontex launched a new call for proposals. Key actors in this area are the High Level Network for Return, chaired by the EU Return Coordinator and composed of representatives of all Member States and Frontex.

    In October 2023, Tunisia was identified as one of the seven countries targeted for joint deportation actions. The document reports that the negotiations for an EU-Tunisia readmission agreement and visa facilitation agreements, which started in 2016, have been on hold since 2019 and that “Tunisia has shown no interest to date to relaunch the negotiations.”

    Legal migration

    The EU finances pilot projects under the Mobility Partnership Facility (MPF) and the regional project THAMM (2018-2023), which received extra funding. Again, the launch of an EU-Tunisia Talent Partnership is announced through a Joint Roadmap for a Talent Partnership, which is yet to be finalized.

    In the EU-Tunisia MoU, the EU promised to “take appropriate measures to facilitate legal mobility between the two Parties, including facilitating the granting of visas by reducing delays, costs and administrative procedure.” However, in this document there are no prospects for cooperation on visa policy. The document merely contains a reminder that visa policy is conditional on readmission cooperation.

    Ongoing cooperation

    While the European Parliament this week condemned a decision by the Commission to release €150 million to Tunisia through an urgent written procedure, bypassing the normal-decision making process, with a resolution that said the North African country is undergoing “an authoritarian reversal and an alarming backslide on democracy, human rights and the rule of law.”

    The resolution goes on to say that “over the last year, President Kais Saied has had opposition politicians, judges, media workers and civil society activists arbitrarily arrested and detained.”

    However, the cooperation being coordinated through MOCADEM remains largely beyond the reach of parliamentary scrutiny. As highlighted by a separate article published today by Statewatch and Migration-Control.info, the parliament’s lawyers agree with MEPs that this needs to change.

    https://www.statewatch.org/news/2024/march/action-file-on-tunisia-outlines-eu-s-externalisation-plans
    #Tunisie #externalisation #migrations #réfugiés #financement #Kais_Saied #accord #frontières #EU #UE #Union_européenne #contrôles_frontaliers

    –—

    ajouté à la métaliste sur le #Memorandum_of_Understanding (#MoU) avec la #Tunisie :
    https://seenthis.net/messages/1020591

  • Croatie : le président #Zoran_Milanović appelle à la haine contre les migrants

    21 mars - 7h50 : Le président Zoran Milanović, officiellement non candidat aux élections législatives du 17 avril, mais qui mène, de fait, la campagne du Parti social-démocrate (SDP), accélère sa transformation en « Trump croate ». Il a publié trois posts sur Facebook, évoquant respectivement la guerre en Ukraine, les fonds européens et la crise des migrants.

    A ce sujet, il écrit : « La Croatie est confrontée au problème de la migration. Mais aujourd’hui, il ne s’agit plus des migrants comme en 2015, lorsque nous avions une approche humaine et ouverte, mais aussi calculée de ce problème, lorsque moi-même, en tant que Premier ministre, cherchais comment aider ces gens. Aujourd’hui, tout est différent parce que les migrants arrivent ici avec une stratégie et veulent seulement bénéficier de l’aide sociale. Certes, ceux qui fuient les persécutions, la guerre ou le génocide doivent être protégés, mais les migrants d’aujourd’hui ne fuient pas pour cela. Ces personnes sont ici illégalement et doivent être traitées comme telles. Continuons à être honnêtes et sympathiques à leur égard, mais ne soyons pas idiots. La frontière croate est sacrée, des gens sont morts pour elle pendant la guerre, des gens se sont soulevés pour résister, des brigades ont été formées - pour que l’on sache ce qui nous appartenait. Aidons ceux qui en ont besoin, mais protégeons avant tout le peuple croate ! »

    #anti-migrants #anti-réfugiés #appel_à_la_haine #Croatie #racisme #xénophobie #migrations #réfugiés #Milanović #Milanovic

  • Furkan Gözükara sur X :
    https://twitter.com/GozukaraFurkan/status/1770919234278740269

    Al Jazeera has acquired leaked IDF drone footage showing the IDF killing 4 unarmed Palestinians in Khan Yunis using drone strikes. The footage clearly shows to terrorize and instill fear in Palestinians, as a means to coerce them into leaving #Gaza permanently.

    https://video.twimg.com/amplify_video/1770918776428441600/vid/avc1/1920x1080/BCvzhmuumCNhaPKS.mp4?tag=16

    #migration_volontaire

  • Espagne : trois passeurs interpellés après la mort de cinq migrants en mer, forcés de se jeter à l’eau - InfoMigrants
    https://www.infomigrants.net/fr/post/55897/espagne--trois-passeurs-interpelles-apres-la-mort-de-cinq-migrants-en-

    Espagne : trois passeurs interpellés après la mort de cinq migrants en mer, forcés de se jeter à l’eau
    Par La rédaction Publié le : 19/03/2024
    Trois personnes ont été arrêtées par les autorités espagnoles, accusées d’être à l’origine de la mort de cinq migrants lors d’une traversée de l’Atlantique depuis l’ouest du Maroc en novembre 2023. Les trafiquants avaient forcé les 37 exilés à bord du canot à se jeter à l’eau, alors que beaucoup ne savaient pas nager et que la mer était agitée.
    Deux hommes et une femme ont été interpellés dans le sud de l’Espagne, à Cadix et Grenade, dans une opération conjointe de la police nationale, de la Garde civile et soutenue par Europol, indique un communiqué de l’office européen de police publié lundi 18 mars.
    Ils sont soupçonnés d’être responsable de la mort de cinq migrants lors d’une traversée de l’Atlantique depuis l’ouest du Maroc vers la péninsule espagnole, à bord d’un speed-boat utilisé par les trafiquants de drogue qui opèrent entre les deux pays.
    Le 29 novembre 2023, 37 exilés arrivent au large de Cadix. Les passeurs ordonnent alors aux migrants de sauter à l’eau pour rejoindre le rivage à la nage, et les menacent avec des machettes. Plusieurs personnes ne savent pourtant pas nager et la zone est soumise à de forts courants. Quelques migrants tentent de s’agripper aux cordes du canot mais les trafiquants les coupent pour les empêcher de s’y accrocher.
    Un navire présent à proximité parvient à venir en aide aux personnes en détresse dans l’eau. Mais cinq personnes, originaires du Maroc, meurent noyées, leurs corps sont récupérés quelques heures plus tard par les autorités. Les trafiquants, eux, parviennent à s’enfuir vers le large. Parmi les rescapés, quatre sont en état d’hypothermie et l’un d’eux a été hospitalisé.
    L’enquête a permis de localiser le bateau, de déterminer l’identité et le rôle des trois membres du réseau, d’établir l’itinéraire emprunté et le montant réclamé pour un tel voyage, précise le communiqué d’Europol. Les migrants ont traversé l’Atlantique après avoir quitté Kenitra, à l’ouest du Maroc, pour rejoindre Cadix, en échange d’une somme allant de 3 000 à 12 000 euros.
    Les trois personnes interpellées sont accusés d’homicide, d’appartenance à une organisation criminelle, d’atteinte aux droits de citoyens étrangers et de contrebande.Cette route migratoire est celle du détroit de Gibraltar. Un itinéraire « historique », privilégié par « des citoyens marocains qui peuvent apercevoir [la ville espagnole de] Tarifa depuis l’autre rive », explique l’association Caminando Fronteras sur son site. Mais les exilés empruntent désormais des détours bien plus longs - comme celui qui mène jusqu’à Cadix - pour éviter les contrôles policiers. L’Espagne constitue l’une des principales portes d’entrée migratoires en Europe, notamment par la Méditerranée occidentale avec des départs d’embarcations depuis le Maroc ou l’Algérie.
    Selon les chiffres du ministère espagnol de l’Intérieur dévoilés lundi, plus de 15 000 personnes ont débarqué en Espagne depuis janvier, soit 300% de plus que l’an dernier à la même période. La majorité - plus de 12 000 - sont arrivés dans le pays via l’archipel des Canaries. La hausse des arrivées en Espagne, notamment aux Canaries, s’explique par une augmentation des départs depuis la Mauritanie. La majorité des canots débarqués en janvier 2024 dans l’archipel espagnol avait pris la mer depuis les rives mauritaniennes, malgré de nombreux accords entre Nouakchott et Madrid pour lutter contre l’immigration irrégulière. Beaucoup partent aussi des côtes sénégalaises. Les Canaries font face à leur pire crise migratoire depuis 2006. En 2023, l’archipel a vu arriver 40 000 migrants, très majoritairement originaires d’Afrique subsaharienne. Un record, supérieur de 154% à celui de 2022. D’après l’ONG Caminando Fronteras, au moins 6 618 migrants sont morts ou ont disparu en tentant de rejoindre l’Espagne en 2023, soit 18 exilés disparus par jour en moyenne.

    #Covid-19#migrant#migration#espagne#canaries#senegal#mauritanie#routemigratoire#atlantique#mortalite#speedboat#sante

  • Malgré l’hiver et les échecs, des migrants toujours déterminés à traverser la Manche - InfoMigrants
    https://www.infomigrants.net/fr/post/55887/malgre-lhiver-et-les-echecs-des-migrants-toujours-determines-a-travers

    Malgré l’hiver et les échecs, des migrants toujours déterminés à traverser la Manche
    Par RFI Publié le : 19/03/2024
    En baisse de 30% entre l’année 2022 et l’année 2023, les traversées de la Manche par des migrants repartent à la hausse en ce début d’année 2024, malgré les conditions hivernales et une eau à 9°C. C’est le constat que font les associations engagées auprès des exilés dans le nord de la France. Neuf décès dus à des naufrages ont été recensés depuis le début de l’année. Mais ni ces tragédies, ni la forte présence policière, ni même les échecs répétés, ne dissuadent les candidats au départ vers le Royaume-Uni.
    Comme chaque lundi, c’est jour de distribution alimentaire par les bénévoles de l’association Salam. Une longue file d’attente s’est formée sur ce terrain vague boueux de Grande-Synthe, dans le nord de la France. Ici, plusieurs dizaines de migrants tuent le temps en attendant de saisir leur chance : celle de traverser la Manche pour rejoindre le Royaume-Uni.
    Abdoul est Afghan. Il a 19 ans. Et il en est déjà à sa troisième tentative : « On a essayé de traverser la nuit dernière à bord d’une embarcation, mais la police est arrivée et a percé le bateau. Et donc, nous sommes retournés ici dans ce camp. La fois précédente, le bateau n’est jamais venu. Et puis, une autre fois encore, nous sommes restés quatre heures en mer, et le moteur a lâché. C’était terrible, je ne peux même pas expliquer. Il n’y avait personne pour nous aider. On a attendu que la police vienne nous secourir. On les a appelés trois, quatre, cinq fois : ’Aidez-nous ! Aidez-nous !’, parce que le moteur du bateau ne fonctionnait plus. Ils sont venus, mais tellement tard, au bout d’une heure et demie. »
    Sa demande d’asile en France a été rejetée deux fois. Le Royaume-Uni est donc sa prochaine destination. D’autant qu’il parle anglais et son oncle y vit. « Nous allons retenter encore et encore. Si Dieu le veut, nous y arriverons. Nous irons au Royaume-Uni », insiste le jeune homme.
    Lors des échecs de traversée, les migrants se retrouvent livrés à eux-mêmes, dans la nuit, souvent mouillés, divaguant dans le froid. C’est là qu’intervient Thomas, bénévole pour l’association Utopia 56. Au volant de sa voiture, il transporte des vêtements. « On a de quoi rhabiller de la tête au pied, en général, à peu près 80 à 90 personnes », assure-t-il.Après une heure de maraude, le bénévole repère 30 migrants. Il est 4 heures du matin. Le groupe remonte de la plage en longeant une route nationale. Un homme s’avance en boitant, il se plaint de douleurs au pied. Thomas ne peut l’emmener dans sa voiture et l’amener à l’hôpital, alors une ambulance est appelée. Comme d’autres, son jogging est trempé. Le groupe, composé de familles, avec parfois de très jeunes enfants, vient vraisemblablement de tenter une traversée empêchée par les forces de l’ordre.
    Alexis, un autre bénévole, se démène pour leur trouver un hébergement d’urgence. Mais l’hôtel le plus proche est fermé. Il fait deux degrés. Des habits secs et chauds leur sont distribués. « On essaye toujours de faire quelque chose. Même si le 115 ne répond pas, même si l’hôtel est fermé, on fait quand même quelque chose. Le minimum. Pour leur montrer qu’ils ne sont pas tout seuls. » Sur la plage, un sac à dos abandonné, le témoin d’un départ précipité. Cette nuit-là, 320 migrants réussiront à rallier le Royaume-Uni.

    #Covid-19#migrant#migration#france#royaumeuni#traversee#manche#naufrage#mortalite#sante

  • #Route_des_Balkans : les migrants noyés dans la Drina

    Des dizaines de migrants en route vers l’Union européenne meurent noyés chaque année dans les eaux froides de la #rivière #Drina entre la #Serbie et la #Bosnie et sont enterrés anonymement dans les cimetières voisins, où des activistes bénévoles tentent de leur donner une sépulture digne et de retrouver leurs proches sans nouvelles.

    https://www.arte.tv/fr/videos/119298-000-A/route-des-balkans-les-migrants-noyes-dans-la-drina
    #Bosnie-Herzégovine #cimetière #mourir_aux_frontières #vidéo #reportage #morts_aux_frontières #Balkans #noyade #migrations #réfugiés #frontières #cimetière #Nihad_Suljic #Vidak_Simic #Bijeljina #anonymat #identification #autopsie #ADN #DNA

  • Deux morts et trente-quatre personnes portées disparues après le naufrage d’un bateau transportant des migrants au large de la Tunisie
    https://www.lemonde.fr/international/article/2024/03/16/deux-morts-et-trente-quatre-personnes-portees-disparues-apres-le-naufrage-d-

    Deux morts et trente-quatre personnes portées disparues après le naufrage d’un bateau transportant des migrants au large de la Tunisie. Trente-quatre personnes sont portées disparues et deux ont été retrouvées mortes au large de la côte sud-est de la Tunisie, vendredi 15 mars, selon les autorités.Il y avait soixante-dix personnes à bord avant que leur bateau ne chavire, selon des survivants, a rapporté la garde nationale dans un communiqué. « Les navires de la garde nationale à Zarzis [sud-est de la Tunisie] ont pu intercepter une tentative de franchissement de la frontière maritime, sauvant trente-quatre passagers de différentes nationalités et récupérant deux corps », peut-on lire dans le communiqué.
    La garde nationale a fait savoir qu’elle était toujours à la recherche des passagers manquants. Les survivants ont déclaré aux autorités qu’ils étaient partis d’un « pays voisin ». La Tunisie et la Libye sont les principaux points de départ, en Afrique du Nord, pour des milliers de migrants clandestins, qui risquent leur vie chaque année dans l’espoir d’une vie meilleure en Europe. L’Organisation internationale pour les migrations a déclaré que 2 498 personnes étaient mortes ou avaient disparu en tentant de traverser la Méditerranée centrale en 2023, soit une augmentation de 75 % par rapport à l’année précédente

    #Covid-19#migrant#migration#mediterranee#tunisie#libye#naufrage#traversee#mortalite#OIM#migrtaionirrreguliere

  • L’UE offre à l’Egypte une aide économique contre un meilleur contrôle des migrants
    https://www.lemonde.fr/international/article/2024/03/16/l-ue-offre-a-l-egypte-une-aide-economique-contre-un-meilleur-controle-des-mi

    L’UE offre à l’Egypte une aide économique contre un meilleur contrôle des migrants
    Après la Tunisie, l’Egypte. Trois premiers ministres européens – Giorgia Meloni, la présidente du conseil italien, Alexander De Croo et Kyriakos Mitsotakis, les premiers ministres belge et grec – et Ursula von der Leyen, la présidente de la Commission européenne, sont attendus dimanche 17 mars au Caire. Ils doivent parapher une « déclaration commune » avec Abdel Fattah Al-Sissi, le président égyptien, pour la mise en place d’un partenariat global avec l’Union européenne (UE).
    A la clé pour l’Egypte un chèque de 7,4 milliards d’euros, comme l’a révélé le Financial Times le 13 mars. Cet accord survient après l’annonce, au début de mars, d’un prêt de 8 milliards de dollars (plus de 7,3 milliards d’euros) du Fonds monétaire international à l’Egypte et, surtout, à la mi-février d’un vaste plan d’investissements de 35 milliards de dollars des Emirats arabes unis. A cette aune, l’aide européenne semble plutôt chiche.
    Pour Bruxelles, l’urgence est d’éviter un écroulement de l’économie égyptienne, très dépendante de l’extérieur. Depuis le Covid-19 et la guerre en Ukraine, elle est plongée dans le marasme et les déficits budgétaires s’enchaînent. De surcroît, le pays doit faire face aux conséquences de la guerre à Gaza et, notamment, aux attaques houthistes en mer Rouge, qui ont entraîné une réduction du nombre de cargos dans le canal de Suez et fait chuter les revenus du pays. Enfin, le tourisme, qui avait atteint des records en 2023 avec plus de 15 millions de visiteurs, pourrait pâtir de la guerre aux portes du pays.
    Dans le détail, la Commission devrait apporter 5 milliards d’euros de soutien budgétaire à l’Egypte, dont 1 milliard d’euros déboursé d’ici au mois de juin, selon une procédure d’urgence. Les 4 autres milliards suivront à plus long terme. Le ministre des finances égyptien, Mohamed Maait, a confirmé cette somme, évoquant une aide de « 5 milliards à 6 milliards de dollars » (4,5 milliards à 5,5 milliards d’euros).Les 2,4 milliards supplémentaires sont constitués d’un certain nombre de projets, souvent déjà annoncés, dans les énergies renouvelables, ainsi que d’un important volet migratoire. L’UE doit notamment financer des bateaux de surveillance des côtes, que la France s’est engagée à livrer, « même si les départs des côtes égyptiennes sont rarissimes », rappelle Sara Prestianni, de l’ONG Euromed Rights.
    Des moyens seront proposés pour sécuriser les frontières, à la fois entre l’Egypte et le Soudan, au sud, et avec la Libye, à l’est. Depuis plusieurs années, l’agence européenne Frontex a constaté une hausse des entrées irrégulières d’Egyptiens, avec plus de 25 000 tentatives en 2022, via la Libye ou la Tunisie. En outre, le pays accueille près de 500 000 réfugiés soudanais sur son sol, selon les données des Nations unies, et certains cherchent à rejoindre l’Europe par le même chemin. A cela s’ajoute la crainte que des Palestiniens puissent entrer massivement dans le pays. Pour l’instant, l’Egypte l’a exclu.
    « L’Europe fait de la migration une priorité. Or, si les candidats au départ augmentent, c’est à cause de la crise économique, juge au Caire Timothy Kaldas, codirecteur du Tahrir Institute for Middle East Policy. S’ils veulent que les Egyptiens restent, ils devraient exiger un accord avec des conditions strictes afin d’améliorer la gouvernance et de s’assurer que ces aides aillent réellement à la population. »
    « Banque mondiale des dictateurs » Selon le chercheur, « cet accord manque de transparence. Le volet sur la conditionnalité de l’aide financière reste flou. » Il rappelle celui de l’accord controversé signé à l’été 2023 entre l’UE et la Tunisie. Déjà, l’Europe avait proposé un soutien budgétaire, doublé d’un fort volet migratoire. Jeudi 14 mars, à Strasbourg, les eurodéputés ont d’ailleurs voté une résolution condamnant le versement par la Commission, en procédure d’urgence, de 150 millions d’aides budgétaires à Tunis, sans aucune condition.
    « Cela a été fait sans aucun contrôle de la part du Parlement et sans contrepartie du gouvernement tunisien en matière de respect des droits de l’homme, critique l’écologiste français Mounir Satouri. Et maintenant, la Commission veut débourser 5 milliards pour l’Egypte, qui ne respecte pas les droits de l’homme. L’Union européenne est en train de se transformer en banque mondiale des dictateurs ! »
    En Egypte, l’accord fait grincer des dents du côté des défenseurs des droits humains. Le maréchal Al-Sissi dirige le pays depuis 2013 d’une main de fer, réprimant férocement ses opposants politiques avec à la clé près de 60 000 prisonniers d’opinion. Sa politique vis-à-vis des réfugiés n’est pas plus tendre, selon la Plate-forme pour les réfugiés en Egypte.Le 14 mars, cette ONG a dénoncé dans un rapport le traitement appliqué aux réfugiés soudanais dans le pays. Ils sont souvent harcelés par les autorités, forcés de payer d’importantes sommes en dollars, parfois arrêtés et, dans certains cas, renvoyés de force au Soudan. Bref, conclut M. Kaldas, « il y a un vrai risque qu’un accord sur les migrations mène à plus de répression des migrants en Egypte. La Commission devrait s’assurer que ses financements soient échelonnés dans le temps, et menacer de les suspendre si les droits de l’homme ne sont pas respectés. »

    #Covid-19#migrant#migration#UE#egypte#tunisie#droit#sante#soudan#refugie#economie

  • Au moins 22 migrants, dont sept enfants, se noient en mer Égée - InfoMigrants
    https://www.infomigrants.net/fr/post/55851/au-moins-22-migrants-dont-sept-enfants-se-noient-en-mer-egee

    Au moins 22 migrants, dont sept enfants, se noient en mer Égée
    Par La rédaction Publié le : 15/03/2024
    Au moins 22 personnes, dont sept enfants, ont péri dans un naufrage au large d’une île turque, ce vendredi 15 mars, en tentant de rejoindre la Grèce pour entrer en Europe. Seules quatre personnes ont survécu, selon le bilan des autorités, qui demeure encore provisoire. Ils espéraient rejoindre la Grèce pour mettre un pied sur le sol européen. Vendredi 15 décembre, le naufrage d’un canot pneumatique en mer Égée, au large des côtes nord-ouest de la Turquie, a fait au moins 22 victimes selon les autorités turques.
    « Les corps sans vie de 22 personnes dont sept enfants ont été retrouvés » a indiqué le gouvernorat de la province de Cannakkale dans un communiqué ce vendredi après-midi. Leurs nationalités ne sont pas encore connues.
    Le canot a chaviré au large de l’île turque de Gökçeada, à une cinquantaine de kilomètres de l’île grecque de Limnos, selon la communication du gouvernorat. Le drame se serait déroulé dans la nuit de jeudi à vendredi, relate l’agence de presse turque Anadolu.
    Quatre survivants Des garde-côtes ont été dépêchés sur place pour tenter de secourir d’autres personnes. Deux hélicoptères, un drone et un avion survolent la zone, ont précisé les autorités locales dans leur communiqué. Pas moins de 18 bateaux de secours et 502 agents sont mobilisés pour cette opération.
    Le nombre connu de victimes reste donc, pour le moment, provisoire. Une précédente communication officielle faisait état de 16 morts, avant que ce bilan ne s’alourdisse à 22 au fil de la journée. Au moins quatre personnes ont survécu au naufrage, ont précisé les autorités. Deux de ces survivants ont pu atteindre, à la nage, une plage située plus au nord, raconte l’agence de presse Anadolu. De là, ils ont pu lancer l’alerte et déclencher l’opération de secours. Deux autres survivants ont pu être secourus par les garde-côtes turcs. Toujours selon l’agence de presse, des ambulances ont été envoyées dans un port voisin, afin d’acheminer les corps repêchés vers les morgues des hôpitaux.
    Augmentation des arrivées sur les îles grecques depuis la Turquie, et des refoulements Début mars, le Conseil européen pour les réfugiés et les exilés (ECRE) s’inquiétait de l’augmentation des arrivées de migrants sur les îles grecques depuis la Turquie. Les garde-côtes turcs ont indiqué pour leur part avoir secouru ou intercepté, depuis le début de cette semaine, plusieurs centaines de migrants tentant la traversée vers la Grèce. La présence d’enfants a souvent été constatée. En novembre, au moins cinq personnes sont mortes noyées après le naufrage de leur embarcation, au large de la province turque d’Izmir. Un mois avant, le 17 octobre, un homme et une femme avaient déjà péri dans deux naufrages en mer Égée : l’un au large de Lesbos, l’autre près des côtes de Samos, plus au sud.
    L’ONG Aegean Boat Report (ABR) a produit un rapport d’observation hebdomadaire pour la semaine du 4 mars, recensant pas moins de 49 tentatives de départ par bateaux, pour 1 492 personnes, depuis la côte turque vers les îles grecques. Seuls dix de ces bateaux ont atteint leur destination. Tous les autres ont été soit interceptés par les garde-côtes turcs, soit refoulés par les garde-côtes grecs.
    Pushbacks
    L’organisation note ainsi l’"augmentation des refoulements en mer par les autorités grecques", y compris par « l’utilisation illégale » de radeaux de sauvetage. Ainsi, au cours de la seule semaine du 4 mars, l’ONG constate que « 105 personnes ont été laissées à la dérive, impuissantes, dans cinq radeaux de sauvetage en mer Égée ».
    Selon l’Organisation internationale pour les migrations (OIM), 3 105 migrants sont morts ou portés disparu en Méditerranée en 2023. C’est le plus lourd bilan de l’institution depuis 2017. Rien que depuis janvier, 360 migrants sont décédés ou portés disparus, recense encore l’OIM. Le 13 mars, l’équipage de l’Ocean Viking, navire de SOS Méditerranée, a secouru 25 survivants qui se trouvaient à bord d’un canot pneumatique dans lequel 60 personnes sont mortes. Leurs corps ont été jetés à la mer, au large de la Libye, ont témoigné les rescapés.

    #Covid-19#migration#grece#mediterranee#libye#traversee#mortalite#sante#refoulement##OIM#ONG#ECRE#turquie

  • D’après l’enquête sur la mort d’au moins 27 personnes dans la Manche, les secours français n’écoutaient pas le canal radio de détresse lors du drame
    https://www.lemonde.fr/international/article/2024/03/15/naufrage-de-migrants-la-responsabilite-des-secours-de-nouveau-montree-du-doi

    D’après l’enquête sur la mort d’au moins 27 personnes dans la Manche, les secours français n’écoutaient pas le canal radio de détresse lors du drame
    Par Abdelhak El Idrissi et Julia Pascual
    Un nouvel élément accablant, dans la recherche des responsabilités qui ont conduit à la mort d’au moins vingt-sept personnes, dans la Manche, le 24 novembre 2021, qui tentaient de rejoindre le Royaume-Uni, a été ajouté au dossier judiciaire. Selon de nouveaux éléments consultés par Le Monde, les enquêteurs ont établi que l’équipage du navire de la marine nationale le Flamant, qui patrouillait en mer cette nuit-là, ne surveillait pas le canal 16, la fréquence internationale de détresse, sur laquelle le centre de secours britannique de Douvres a émis quatre messages d’alerte « mayday ». Les Britanniques demandaient alors à tous les bateaux sur zone de porter assistance à l’embarcation transportant une trentaine de passagers. La veille du canal 16 est « obligatoire », soulignent les enquêteurs dans une synthèse versée en procédure, fin 2023.
    A côté des investigations portant sur l’identification des passeurs qui ont fourni aux victimes une embarcation pneumatique impropre à la navigation, la justice enquête depuis le 5 janvier 2023 sur des faits de non-assistance à personne en danger, qui ont conduit à la mise en examen de sept militaires en mai et juin 2023. Cinq d’entre eux étaient en service au sein du centre régional opérationnel de surveillance et de sauvetage (Cross) de Gris-Nez (Pas-de-Calais) et deux officiaient à bord du Flamant.
    Déjà, les enquêteurs s’étaient étonnés que le Cross, chargé de la coordination des secours, ait refusé d’envoyer le Flamant dans la zone où était localisée l’embarcation en détresse. Les secours français sont soupçonnés d’avoir attendu que le canot pneumatique passe dans les eaux anglaises pour se décharger sur leurs homologues britanniques. L’instruction a permis d’établir qu’aucun moyen de sauvetage n’avait été envoyé vers le bateau de migrants, malgré leurs nombreux appels aux secours français.
    Lors de sa garde à vue, l’officier du Cross Frédéric J. avait expliqué avoir « privilégié la surveillance d’une embarcation ne demandant pas assistance », rappellent les enquêteurs. Les militaires du Cross avaient aussi plaidé au cours des auditions que le mayday est destiné aux navires sur zone, afin de les informer d’une urgence et qu’ils puissent apporter leur aide. Or, il est désormais établi que le Flamant, qui avait précisément pour mission de secourir des embarcations de migrants, n’a pas veillé le canal 16 pendant sept heures, soit entre 22 h 12, le 23 novembre, et 5 h 15, le 24 novembre, heure française. « On ne veille pas le canal 16 », a d’ailleurs déclaré l’un des chefs de quart. Des propos recueillis par le biais de l’exploitation de la bande sonore de la passerelle du navire français. « La veille du canal 16 est une obligation réglementaire, et c’est également une consigne d’application permanente au sein de la marine nationale », soulignent les enquêteurs, qui voient dans la violation de cette consigne une infraction pénale punie, dans le code de justice militaire, de deux ans de prison.
    L’instruction révèle que les militaires du Flamant ont malgré tout été destinataires de trois alertes émises par les secours britanniques. En dépit de l’absence de veille de la fréquence de détresse, ces alertes leur sont parvenues par radio VHF, sous la forme d’un puissant signal sonore qui ne s’arrête qu’après une manipulation de la radio. Pour autant, « aucun des personnels présents ne s’est inquiété de ces alarmes situées en zone britannique » ni n’a repris la veille du canal 16 pour en savoir davantage. Au contraire, lors de la première alerte, survenue à 3 h 27 du matin, un militaire fait ce commentaire : « Pas de panique hein. (…) On n’est pas payés au Zodiac non plus. » Une nouvelle alerte retentit en passerelle, un peu plus d’un quart d’heure plus tard. Le personnel ne réagit pas davantage. « Parce que, si on s’en occupe… après… euh… pfff… », commente sommairement le chef de quart. A 4 heures du matin, une troisième alerte est diffusée. Cette fois, le chef de quart commente les coordonnées géographiques de l’embarcation, partagées par les Britanniques, et s’exclame : « Putain, mais c’est…. là où j’ai le curseur. » Son collègue officier lui répond alors : « Eh ben, c’est [chez] les Anglais. » A 4 h 18 du matin, un dernier mayday est émis par Douvres, mais il n’est pas reçu par le Flamant.
    Lors de son audition, en 2023, par les gendarmes de la section de recherche maritime de Cherbourg (Manche), Audrey M., la commandante du Flamant, avait expliqué ne plus se souvenir des messages d’alerte envoyés par les Britanniques. Elle a été mise en examen, aux côtés de l’officier Thomas H., également de service sur la passerelle du navire la nuit du drame. Il avait reconnu devant les enquêteurs que le Flamant n’était pas engagé sur une urgence, mais n’avait pas de souvenir d’un quelconque message de détresse. Toutefois, il n’excluait pas, à l’époque, un « défaut de veille du canal 16 ». Thomas H. a également mis en cause le personnel du Cross, en lien direct avec les migrants, mais dont la communication « n’a pas été à la hauteur des alertes ». « Du coup, nous avons été trop passifs sur la mer. On n’a pas pu mettre les moyens qu’on aurait pu utiliser. » Sollicitée par Le Monde, la marine nationale n’a pas souhaité faire de commentaire.
    Le travail des enquêteurs et de la juge d’instruction aboutira-t-il un jour à un procès ? Selon nos informations, les avocats de l’un des secouristes du Cross Gris-Nez ont déposé une requête en nullité, afin d’obtenir l’annulation de l’ensemble de la procédure portant sur les faits de non-assistance à personne en danger. « Etant militaire, notre client a soulevé l’incompétence de la juridiction d’instruction actuellement saisie », ont confirmé au Monde Stanislas Lequette et Sébastien Schapira, tout en refusant de détailler leur initiative.
    Dans leur requête de trente et une pages, que Le Monde a pu consulter, les avocats estiment que l’enquête sur leur client aurait dû être menée par un magistrat spécialisé en matière militaire et non par la juge d’instruction de la juridiction nationale de lutte contre la criminalité organisée du tribunal de Paris. Les avocats rappellent que leur position est partagée par le ministère des armées qui estimait, dans un avis rendu en décembre 2022, que la juge d’instruction n’était pas compétente pour enquêter sur des militaires. Un argument balayé par le parquet de Paris, qui considérait dans son réquisitoire supplétif, en janvier 2023, que « l’enquête portant sur le réseau ayant organisé le passage des victimes en Angleterre (…) ne saurait être dissociée de l’enquête portant sur les circonstances ayant conduit au naufrage et à l’absence de secours efficace porté aux victimes ».
    La cour d’appel de Paris devrait se prononcer prochainement sur ce point de procédure pouvant entraîner l’annulation des gardes à vue, des écoutes téléphoniques et surtout des mises en examen des militaires. La requête de la défense « ne fait que refléter le refus de certains de faire face à leur responsabilité », fustigent Matthieu Chirez et Thomas Ricard, avocats de nombreuses familles de victimes. En parallèle de l’enquête pénale, l’épouse et les enfants de Fikiru Gizaw, un Ethiopien mort noyé le 24 novembre 2021, ainsi que la Ligue des droits de l’homme et l’association d’aide aux migrants Utopia 56 ont par ailleurs déposé, jeudi 14 mars, une requête indemnitaire auprès du tribunal administratif de Lille. Ce recours vise à « obtenir réparation du préjudice subi en raison des carences commises par l’Etat dans l’organisation des secours en mer », fait valoir l’avocat Emmanuel Daoud.

    #Covid-19#migrant#migration#france#manche#mortalite#naufrage#traversee#sante#justice

  • « L’immigration participe à la vitalité de l’économie américaine »
    https://www.lemonde.fr/idees/article/2024/03/15/l-immigration-participe-de-la-vitalite-de-l-economie-americaine_6222194_3232

    « L’immigration participe à la vitalité de l’économie américaine »
    Hillel Rapoport, Economiste
    S’il y a consensus parmi les économistes pour constater le déficit de croissance de l’Europe par rapport aux Etats-Unis, les analyses divergent sur les facteurs à mettre en avant pour expliquer le creusement progressif d’un fossé économique qui s’élargit depuis maintenant trois décennies et ramène l’Europe, en termes relatifs, à sa position d’avant les « trente glorieuses ». Les facteurs conjoncturels récents – la guerre en Ukraine, la hausse des prix de l’énergie – ont creusé ce fossé de façon spectaculaire et permis une prise de conscience. Mais seuls des facteurs structurels peuvent expliquer l’aspect graduel et apparemment inexorable du déclin européen.
    Parmi ceux-ci, l’immigration est un facteur fondamental, étrangement absent du débat sur le « décrochage ». Pourtant, l’immigration participe à la vitalité de l’économie américaine d’un point de vue tant conjoncturel que structurel. En comparaison, l’immigration vers l’Europe, pourtant équivalente en volume, fait pâle figure. Pour l’expliquer, deux aspects paraissent déterminants : d’une part, la structure de l’immigration est beaucoup plus qualifiée aux Etats-Unis, ce qui permet d’alimenter en continu les sources de la croissance à long terme que sont l’innovation, l’entrepreneuriat et l’insertion dans l’économie globale (« L’immigration qualifiée, un visa pour la croissance », Emmanuelle Auriol et Hillel Rapoport, note du Conseil d’analyse économique n° 67, novembre 2021) ; et, d’autre part, l’immigration aux Etats-Unis réagit beaucoup plus à la conjoncture économique, à laquelle elle s’ajuste, permettant d’amortir les chocs conjoncturels.
    Pour l’essentiel, l’immigration vers l’Europe a une structure pyramidale, avec une base peu qualifiée assez large. Aux Etats-Unis, un tiers des immigrés sont diplômés du supérieur (soit la même proportion que parmi les Américains). Il faut dire que, pour les plus qualifiés, l’attractivité des Etats-Unis est exceptionnelle, donc difficile, voire impossible, à concurrencer. Cela tient au fait que le capital humain se caractérise par des « rendements croissants », qui font que celui-ci tend à s’agglomérer, à se concentrer là où il est déjà abondant : plus il y a d’ingénieurs ou de chercheurs quelque part, plus leur productivité – donc leur rémunération – est forte. Les immigrés de première génération représentent ainsi plus du tiers des inventeurs ou des créateurs d’entreprises, contre 15 % de la population active aux Etats-Unis. En France ou en Allemagne, pour une même part de 15 % de la population active, ils ne fournissent que 10 % des inventeurs et entrepreneurs, soit trois fois moins.
    Le « coussin » migratoire
    Par ailleurs, l’immigration vers les Etats-Unis est beaucoup plus sensible à la conjoncture économique : les immigrés (notamment mexicains) sont largement retournés chez eux lors de la grande récession de 2008… et massivement revenus lors du rebond post-Covid-19 et des pénuries de main-d’œuvre qui l’ont accompagné depuis lors. L’immigration joue donc un rôle de « coussin », qui permet d’amortir les chocs en phase de récession comme de surchauffe. Elle a ainsi contribué au soft landing (« atterrissage en douceur ») et, plus généralement, à la bonne santé actuelle de l’économie américaine (« How Immigrants Are Saving the Economy », Paul Krugman, New York Times, 13 avril 2023).
    Au risque de caricaturer, l’immigration vers l’Europe est aujourd’hui largement déterminée par les push factors dans les pays d’origine – conflits, guerres civiles, catastrophes naturelles, crises politiques et économiques –, qui poussent les personnes à partir et à se réfugier politiquement ou économiquement en Europe, au nom du droit humanitaire ou familial. Aux Etats-Unis, ce sont en revanche les pull factors, c’est-à-dire les « facteurs d’attractivité », qui dominent : la concentration et la forte rémunération du capital humain, la fluidité du marché du travail, la perception diffuse de l’espoir de participer au rêve américain. C’est affaire de degré plus que de nature, mais les faits sont là.
    Quelles sont, dès lors, les marges de manœuvre de l’Europe ? Elles sont étroites et passent inévitablement par une reconsidération du rôle de l’immigration dans la construction de l’Europe démographique, économique et sociale. Le déficit d’attractivité de l’Europe est certes en partie le produit d’une géographie et d’une histoire que l’on ne peut modifier. Mais il provient également, pour une bonne part, d’attitudes négatives et stéréotypées et de politiques frileuses dont on peut s’affranchir. Il s’agit de s’ouvrir à l’immigration de travail de façon plus large et moins subie, de s’engager plus résolument dans la compétition internationale pour attirer les talents, de réfléchir à la place à reconnaître aux immigrés des première et seconde générations dans l’économie, la culture et la société, et de leur proposer un futur et une citoyenneté partagés.

    #Covid-19#migration#migrant#france#etatsunis#economie#attractivite#immigration#croissance#emploi#sante

  • European Commission accused of ‘bankrolling dictators’ by MEPs after Tunisia deal

    Members of justice committee say €150m in EU funding went straight to country’s president, Kais Saied

    The European Commission has been accused of “bankrolling dictators” by senior MEPs who have claimed that the €150m it gave to Tunisia last year in a migration and development deal has ended up directly in the president’s hands.

    A group of MEPs on the human rights, justice and foreign affairs committees at the European parliament launched a scathing attack on the executive in Brussels, expressing anxiety over reports that the commission’s president, Ursula von der Leyen, was about to seal a similar deal with Egypt.

    The Greek migration minister, Dimitris Kairidis, confirmed late on Wednesday that a joint declaration between the EU and Egypt had been agreed and would be formally unveiled when von der Leyen and the leaders of Greece, Italy and Belgium visit Cairo on Sunday.

    The agreement sees Egypt receiving an aid package of €7.4bn (£6.3bn) “mostly in loans” in return for the country “committing to work harder on migration”, he told the Guardian, adding: “I have said, time and again to my colleagues, that we need to support Egypt which has been so helpful in managing migration and so important for the stability of North Africa and the wider Middle East.”

    Kairidis, who held talks with the Egyptian ambassador to Greece on Wednesday, confirmed there had been no boats leaving directly from Egypt, even if arrivals on southern Greek islands of migrants travelling through Libya had soared this year. “Egypt is not only hosting 9 million refugees, it has been very effective in controlling illegal migration,” he said.

    The MEPs have accused the commission of refusing to answer questions on the deal with Tunisia and worry that it is looking at a series of “ad hoc” deals with other African countries without regard to democracy and rule of law in those countries.

    “It seems that we are bankrolling dictators across the region. And that is not the Europe that we want to see. That is not the place which the EU should be holding in the world,” said the French MEP Mounir Satouri, a member of the parliamentary foreign affairs committee.

    At a press conference in Strasbourg, he claimed the money – pledged to Tunisia last year as part of a wider pact aimed at curbing a surge in migration to Italy and people-smuggling – had been diverted, saying that the €150m was supposed to have been invested directly in an EU-agreed project but instead had been “transferred to the president directly”.

    Fellow MEPs said there had been an “authoritarian shift” in Tunisia under its president, Kais Saied, but the commissioners had gone ahead with the deal anyway.

    A spokesperson for the EU commission said MEPs were entitled to express their views but that it was better to build partnerships to improve democracy and human rights than to “break off relations” and see the situation deteriorate.

    “What I can say is that we are absolutely convinced of the necessity to work with countries in our neighbourhood, taking into account the realities on the ground,” the spokesperson said. “We know the criticism related to human rights in those countries, and it is obvious that this is an issue and that these are issues that we take up with those countries.”

    The spokesperson added there were “specific mechanisms in place to discuss human rights with the countries in the region, including Egypt”.

    The Danish MEP Karen Melchior, coordinator of the justice committee, said parliamentarians’ concerns about the Tunisia deal were “being continually ignored” and that commissioners refused to answer their questions or take their concerns seriously.

    “How can we continue to have a memorandum of understanding, how can we give budget support without conditionality to Tunisia, when things are going from bad to worse?” she said.

    “To sign an agreement with President Saied, who is continuing to suppress opposition and democracy in Tunisia – this is not the way the EU should be acting. This is not the way that Team Europe should be doing our foreign policy.”

    The chair of the human rights committee, Udo Bullman, attacked what he said was a “hush-hush” deal that had been rushed through.

    “The commission has to explain why there was so much urgency in the agreement of last summer – why it, hush-hush, very quickly before Christmas, [said] it was of the ‘highest urgency’ and just gave the money … without any critical debate,” he said, adding this was a question for the EU’s commissioner for neighbourhood and enlargement, Olivér Várhelyi, and for von der Leyen.

    Michael Gahler, the German CDU MEP who was blocked from visiting Tunisia by the local authorities last year, said the Tunisian people should not be abandoned in the face of “Saied’s autocratic rule” and economic decline.

    “That requires us to make sure that European taxpayers’ money truly benefits the Tunisian people and the civil society … and why it has to be clear that European funding to Tunisia needs to be adequately conditioned to that end,” he said.

    The concerns are being voiced this week as the EU parliament’s five-year mandate draws to a close before elections in June, with MEPs keen to lay down red lines for any future deals the executive in Brussels intends to do.

    Sara Prestianni, the advocacy director for the NGO EuroMed Rights, said she was concerned the EU was about to make a similar “strategic and political” mistake with Cairo, pledging vast sums of money without setting conditions involving enough financial oversight or guarantees on human rights. “It would be an error, particularly if it [the Tunisia deal] is replicated with Egypt,” she said.

    Satouri, who is also the parliament’s special rapporteur for Egypt, said: “We need to ensure democratic procedures are followed before money is disbursed. These are not the private fund of Commissioner Várhelyi. These are European funds.”

    https://www.theguardian.com/world/2024/mar/13/european-commission-accused-of-bankrolling-dictators-by-meps-after-tuni
    #Tunisie #externalisation #migrations #réfugiés #financement #Kais_Saied #accord

    –—

    ajouté à la métaliste sur le #Memorandum_of_Understanding (#MoU) avec la #Tunisie :
    https://seenthis.net/messages/1020591

  • US port plans in Gaza have ’hidden objectives’: Expert
    https://www.aa.com.tr/en/americas/us-port-plans-in-gaza-have-hidden-objectives-expert/3160210

    ’A floating port off the shores of Gaza is a humanitarian facade hiding voluntary migration to Europe,’ and ’undermines enclave’s sovereignty,’ Jordanian expert tells Anadolu

    #nettoyage_ethnique #états-unis # « #migration_volontaire »
    #gaza

  • Espagne : enquête sur un trafic de cadavres de migrants algériens

    Une vingtaine de personnes, dont des employés des pompes funèbres, des assistants légistes et du personnel de l’administration judiciaire, est visée par une enquête de la justice espagnole pour avoir participé à un vaste réseau de trafic de cadavres de migrants algériens. Ils faisaient payer les familles des victimes pour identifier les corps, en dehors de tout cadre légal.

    Au moins 20 personnes font l’objet d’une enquête dans les villes espagnoles de Murcie, Alicante, Almería et Madrid, et quatre ont été interpellées ce week-end pour appartenir à une organisation de trafic de cadavres de migrants, révèle le média La Verdad. Parmi ceux visés par la justice figurent des employés des pompes funèbres, des assistants légistes et du personnel de l’administration judiciaire affecté à l’Institut de médecine légale de Carthagène.

    Les membres de ce réseau sont accusés d’avoir demandé de l’argent, en dehors de tout cadre légal, à des familles d’exilés algériens à la recherche de leur proche disparu lors de la traversée de la Méditerranée.

    La manière de procéder était bien rodée : ils publiaient la photo d’un cadavre de migrant sur les réseaux sociaux afin d’appâter les familles sans nouvelles d’un frère, d’un fils, d’un mari ou d’un père. Ils leur facturaient ensuite différentes sommes, dont le montant n’a pas été divulgué, pour permettre d’identifier le corps et de le rapatrier au pays. Pour l’heure, on ne sait pas si l’identification était formelle et que le défunt était bien celui que les proches recherchaient ou s’ils ont falsifié des documents.

    Les quatre personnes interpellées ont été placées en détention provisoire par le tribunal de Carthagène. « Ces détenus font l’objet d’une enquête pour appartenance à une organisation criminelle, escroquerie, falsification de documents publics et délits contre le respect des défunts », précise la note de la justice transmise aux médias espagnols.
    Absence de protocoles clairs et homogènes

    En Espagne, il n’existe pas de protocoles clairs et homogènes pour procéder à la recherche des personnes disparues et à l’identification des personnes décédées sur la route de l’exil. Le manque d’informations et de règles favorise depuis des années le développement d’intermédiaires entre les autorités espagnoles et les familles des défunts.

    De plus, les proches font souvent face au silence des autorités espagnoles – et algériennes. « Malheureusement, les États ne respectent pas leur obligation de recherche lorsque les personnes disparues sont des migrants », affirme l’association Caminando Fronteras.

    Dans les morgues, les manières de gérer les cadavres et les familles diffèrent de l’une à l’autre. Dans celle « de Murcie, on a été bien reçu », expliquait l’an dernier à InfoMigrants Abdallah, à la recherche de son cousin disparu en mer en tentant de rejoindre l’Espagne depuis les côtes algériennes. « À Almeria, par contre, c’était plus compliqué. Il nous a fallu l’autorisation d’un commandant de gendarmerie pour vérifier qu’un cadavre qui correspondait aux caractéristiques physiques d’Oussama, et arrivé le jour supposé du naufrage, était bien celui de mon cousin. Malgré notre insistance auprès des autorités, nous ne l’avons jamais obtenue. C’était très dur pour nous. On nous a aussi interdit de voir les affaires personnelles retrouvés sur le corps. Alors qu’on a ce droit ».

    Les proches des exilés disparus peuvent faire appel à des associations, comme Caminando Fronteras, pour les aider dans leurs démarches et leur éviter de se faire escroquer par des personnes mal intentionnées.

    https://www.infomigrants.net/fr/post/55761/espagne--enquete-sur-un-trafic-de-cadavres-de-migrants-algeriens

    #cadavres #trafic #trafic_de_cadavres #migrations #réfugiés #mourir_aux_frontières #morts_aux_frontières #business #Espagne #Algérie #pompes_funèbres #enquête #migrants_algériens #identification #disparus #escroquerie #morgues

    • Los piratas de los muertos de las pateras: el negocio con los cuerpos de la inmigración irregular

      EL PAÍS revela el ‘modus operandi’ de una trama que se lucraba con la desesperación de familias argelinas y marroquíes.

      Las fotos que publicaba Francisco Clemente (https://elpais.com/masterdeperiodismo/2021-07-29/el-interprete-de-los-muertos.html) en sus redes sociales no pasaban inadvertidas para nadie. Durante años, este almeriense anónimo divulgó decenas de imágenes en las que podían verse cadáveres arrojados por el mar o cuerpos en la morgue dispuestos antes de la autopsia, todos muertos durante su viaje en patera hacia costas españolas. Muy pocas personas tienen acceso a ese material tan sensible, pero Clemente, no se sabe muy bien cómo, lo conseguía. Y se dio cuenta de que tenía en sus manos un valioso botín con el que hacer dinero. Un negocio que se lucraba con los muertos de la inmigración irregular.

      Este joven almeriense, de 27 años, cayó el pasado sábado detenido en una operación de la Guardia Civil acusado, entre otros delitos, de revelación de secretos y pertenencia a una organización criminal. EL PAÍS investiga los movimientos y conexiones de Clemente desde octubre de 2021 y revela, tras su detención, cómo operaban él y sus cómplices.

      Con esas fotografías de cadáveres y otro tipo de información privilegiada, Clemente dejó de ser tan anónimo y se convirtió en un referente para cientos de familias argelinas y marroquíes que habían perdido la pista de sus seres queridos al intentar emigrar a España. Madres, hermanos o primos que buscaban saber si sus seres queridos estaban vivos o muertos. Clemente creó a mediados de 2020 la cuenta Héroes del Mar en la red social X (antes Twitter) y en Facebook y, junto a su perfil personal, sumaba más de 150.000 seguidores a los que pedía donaciones. Hasta la prensa argelina le dedicaba artículos.
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      Condenados a una lápida sin nombre

      El joven, que se ganaba la vida vendiendo antiguallas por Wallapop, acabó montando un negocio haciendo de mediador entre las familias que buscaban a sus parientes desaparecidos o muertos, según fuentes policiales. No estaba solo, trabajaba en nombre del Centro Internacional para la Identificación de Migrantes Desaparecidos (CIPMID), una ONG de nombre rimbombante que, a diferencia de otras ONG más conocidas, no consta que reciba ninguna subvención o ayuda pública. Para algunas familias, Clemente fue la única fuente de información ante su pérdida y están agradecidos, aunque también dejó un reguero de familias que se sienten estafadas, según la docena de testimonios recogidos por EL PAÍS.

      Fran —como llaman a Francisco Clemente— al final cavó su propia tumba. Las mismas fotos con las que empezó todo encendieron las alarmas de la Guardia Civil que inició una investigación por la que ha acabado detenido junto a otras tres personas. Dos de los detenidos —el dueño de una funeraria y supuesto líder de la trama y el conductor del coche fúnebre de otra— permanecen en prisión sin fianza. A Fran, en libertad, se le ha retirado el pasaporte. Este diario ha intentado contactar con él, pero no ha obtenido respuesta.

      Los agentes han señalado a al menos una veintena de sospechosos, entre ellos, varios dueños de funerarias, auxiliares forenses y funcionarios del Instituto de Medicina Legal de Cartagena. Según se desprende de la investigación, Fran es sospechoso de integrar una especie de cártel que se disputaba los cadáveres de los inmigrantes. La trama supuestamente cobraba entre 3.000 y 10.000 euros por facilitar información a las familias, identificar y repatriar a los muertos. “El precio dependía del seguimiento que debían hacer del caso, pero también de la capacidad económica que viesen en los familiares”, explican fuentes de la investigación.

      Según el papel que jugaba cada uno de los participantes, la Guardia Civil les atribuye presuntos delitos contra la libertad de conciencia, contra los sentimientos religiosos y el respeto a los difuntos, además de por pertenencia a organización criminal, revelación de secretos, omisión del deber de perseguir delitos, estafa y cohecho. “Esto es solo la punta del iceberg”, afirman fuentes de la investigación, que deben ahora analizar una ingente cantidad de material incautado.

      La red, sin muchos escrúpulos, tiene su epicentro en Almería y Murcia, y tentáculos en Málaga, Baleares y Alicante, provincias a las que llegan los náufragos sin vida de las pateras. La trama se embolsó presuntamente decenas miles de euros con el sufrimiento de decenas de familias.
      Enganchado a la radio de Salvamento Marítimo

      Fran se metió en el mundo de la inmigración irregular en 2018, coincidiendo con el incremento de la llegada de pateras que salían desde Argelia. Su relación con el fenómeno —salvo por un breve pasaje por la Cruz Roja de donde lo echaron “por comportamientos inadecuados”—era nula, pero se aficionó a sintonizar la frecuencia de radio de Salvamento Marítimo y estaba al tanto de todos los rescates. Pasaba horas en el puerto de Almería y fotografiaba y grababa el desembarco de los inmigrantes, imágenes que, según ha confirmado EL PAÍS con sus compradores, también vendía a interesados en divulgar en redes mensajes contrarios a la inmigración irregular.

      En una de las varias denuncias que se han formalizado en comisarías de toda España contra él, una mujer que pide anonimato acusa Fran de relacionarse con los patrones de las pateras (suele saber con precisión cuándo salen y llegan las embarcaciones) así como de encubrirlos para evitar su detención. La mujer también asegura que fue testigo de cómo Fran contactó con familias para pedirles dinero si querían que su pariente “no tuviese problemas en España”. Presumía, según el acta de declaración de testigo a la que tuvo acceso EL PAÍS, de dar dinero a jueces y policías para evitar que los inmigrantes estuviesen presos. La mujer declaró a los agentes tener “pánico” de Fran y la ONG para la que trabaja.

      Con el tiempo, las posibilidades de negocio fueron creciendo. Fran, que vive con sus padres, ya no se limitaba a dar información a las familias sobre si sus parientes habían llegado o no, sino que encontró al que la Guardia Civil considera el líder de la red criminal, el propietario de una funeraria sin mucha actividad oficial. Este hombre, llamado Rachid, tenía una serie de funerarias amigas con las que hacer negocio y juntos, presuntamente, se disputaban los cadáveres de migrantes magrebíes que llegaban a las costas de sus zonas de actuación. “Decían a las familias que ellos eran los únicos capaces de repatriar el cuerpo”, mantienen fuentes de la investigación. Mentían. Rachid está en prisión sin fianza desde el sábado.

      Todos ganaban. Para Fran, las funerarias eran clave para cerrar el círculo que iniciaba con las familias de los migrantes que le contactaban. Y para las funerarias, Fran suponía un filón porque tenía contacto directo con decenas de potenciales clientes. Solo en 2023, se registraron casi 500 muertes de migrantes en la ruta migratoria que lleva a España por el Mediterráneo.

      Con el dinero que cobraban a las familias, a veces muy por encima de los 3.000 euros que suele costar una repatriación al uso, los investigadores sostienen que se repartían comisiones por adjudicarse los trámites administrativos y funerarios necesarios para repatriar los cuerpos a Argelia o Marruecos. Algunos implicados además pagaban por certificados de defunción falsos y otros trámites que aceleraban las repatriaciones, según la investigación.
      El conseguidor

      Según se lee en un fragmento del sumario al que ha tenido acceso EL PAÍS, Rachid sería “el conseguidor” o “líder de la organización criminal” en la misión de conseguir adjudicarse los cadáveres —previa exhibición a sus familiares de datos, informaciones e incluso fotografías de los cuerpos—, y su posterior repatriación.

      Rachid estaba muy conectado con la comunidad musulmana y sería supuestamente el intermediario con consulados de los fallecidos, generalmente de Marruecos y Argelia. En el registro de su casa se encontraron 60.000 euros en efectivo “de origen desconocido”, sellos médicos a nombre de otro investigado por expedir un certificado de defunción presuntamente falsificado, licencias de enterramiento y dos coches de alta gama “con gran cantidad de billetes en su interior”.

      España carece de protocolos claros y homogéneos para facilitar que las familias puedan identificar a las víctimas de la inmigración irregular. Quien tiene medios e información sobre cómo proceder debería personarse en una comisaria o comandancia y denunciar la desaparición de su familiar. Para ello, si está en Marruecos o en Argelia, tendría que conseguir un visado para desplazarse a España o conseguir un apoderado que lo haga en su nombre. El proceso suele exigir pruebas de ADN y si, se complica, hasta un procurador y un abogado. Confirmar una muerte es, por lo general, una labor hercúlea que las familias no pueden asumir en la lejanía y sin hablar español.

      Ante las dificultades y la falta de canales adecuados, han ido apareciendo facilitadores que median entre las autoridades españolas y los parientes de los muertos. La mayoría lleva mucho tiempo haciéndolo de forma altruista, por convencimiento y sin cobrarlas, pero también han surgido aprovechadores que han hecho negocio con el dolor de cientos de familias que siguen sin saber adónde acudir.

      https://elpais.com/espana/2024-03-13/los-piratas-de-los-muertos-de-las-pateras-el-negocio-con-los-cuerpos-de-la-i

  • Slovenia, carceri sovraffollate di passeur della Rotta Balcanica. Sono quasi la metà

    Gli arresti compiuti nei confronti dei trafficanti di esseri umani, colloquialmente noti come passeur, sta generando un sovraffollamento delle carceri della Slovenia. La Rotta Balcanica e in generale l’immigrazione clandestina si ripercuote pertanto anche sul sistema carcerario sloveno; un problema noto a Trieste e in Friuli Venezia Giulia dove la mancanza di spazi e di condizioni adeguate per i detenuti costituiscono una problematica sollevata più volte dalle istituzioni attive nell’ambito.
    Le centinaia di arresti compiuti negli ultimi anni hanno portato a una saturazione delle carceri della Slovenia. Vi sono 1808 persone detenute in totale; in particolare “tutte le sezioni maschili sono sovraffollate” ha comunicato l’amministrazione slovena alla STA – Slovenian Press Agency.
    La situazione maggiormente grave è, qual è naturale, a Lubiana dove l’occupazione sfonda il 200%; a Maribor è del 171%, a Celje del 165%; il carcere di maggiori dimensioni in Slovenia, a Dob, ha un’occupazione pari al 128%.
    Sugli odierni 1808 carcerati, 850 figurano come cittadini stranieri implicati nella tratta di esseri umani.

    Vi è attualmente un nuovo carcere in via di costruzione a Dobrunje, a est di Lubiana, il cui completamento è previsto entro il 2025. Tuttavia, anche se venisse inaugurato in questi giorni, non risolverebbe il sovraffollamento odierno. In mancanza di alternative, similmente a quanto avviene in Italia, ci si limita a spostare i condannati di carcere in carcere; si sta inoltre valutando se ridurre o meno la durata della pena. Non migliora la situazione la carenza di personale addetto al sistema penitenziario; appena 550 addetti per gestire quasi duemila detenuti. Parte del personale penitenziario è inoltre prossimo alla pensione.
    Man mano che la Rotta Balcanica, col giungere della primavera -estate 2024, ritornerà a essere attiva il problema si ripresenterà tanto in Slovenia, quanto in Friuli Venezia Giulia, dove le difficoltà di gestione delle carceri costituiscono un argomento ricorrente.

    https://www.triesteallnews.it/2024/03/slovenia-carceri-sovraffollate-di-passeur-della-rotta-balcanica-sono-
    #Slovénie #criminalisation_de_la_migration #trafiquants #passeurs #asile #migrations #réfugiés #emprisonnement #prisons #frontière_sud-alpine #Balkans #route_des_Balkans

  • Aliou Mamadou Dia : « L’avenir de nos enfants ce n’est pas en Europe. Et leur destin ce n’est pas de sombrer dans l’Atlantique »
    https://www.dakaractu.com/Aliou-Mamadou-Dia-L-avenir-de-nos-enfants-ce-n-est-pas-en-Europe-Et-leur-

    Aliou Mamadou Dia : « L’avenir de nos enfants ce n’est pas en Europe. Et leur destin ce n’est pas de sombrer dans l’Atlantique »
    Aliou Mamadou Dia : « L’avenir de nos enfants ce n’est pas en Europe. Et leur destin ce n’est pas de sombrer dans l’Atlantique »
    Le candidat du Parti de l’Unité et du Rassemblement, le PUR a drainé un monde fou ce Lundi 11 Mars, deuxième jour de la campagne électorale de Patte d’oie à Petit Mbao en passant par Fass Mbao pour conquérir le suffrage des Sénégalais. Aliou Mamadou Dia a promis de réformer l’administration sénégalaise contre une gouvernance inclusive une fois élu à la tête de la république du Sénégal.
    À l’étape de Fass Mbao, sa caravane a stationné sur la route nationale pendant environ une demi-heure dans une ambiance électrique carnavalesque . Il promet d’investir sur le capital humain pour impliquer les femmes et les jeunes dans le fonctionnement de l’État. « La jeunesse de mon pays a perdu tout espoir ; c’est pourquoi elle prend des pirogues et va sombrer dans l’océan Atlantique, ce n’est plus acceptable », a dénoncé le candidat à l’élection présidentielle assurant que son engagement c’est la jeunesse. Mon rôle en tant que président de la République du Sénégal c’est de vous redonner espoir. Aussi, souligne-t-il, l’avenir de nos enfants ce n’est pas en Europe. Et leur destin ce n’est pas de sombrer dans l’Atlantique. « Je veux que la jeunesse de mon pays reste dans ce pays. Nous allons vers une économie du pétrole et du gaz. Et je voudrais construire ce pays avec vous les jeunes et les femmes », a lancé le candidat de PUR devant son monde.Ainsi, poursuit-il, « Les femmes, nous sommes là pour vous. Quand on arrivera au pouvoir, nous allons tout faire pour autonomiser une fois pour toutes les femmes. Je ne veux plus que l’autonomisation des femmes soit un slogan. Je ne l’accepte pas. On doit le faire, nous l’avons déjà fait et nous le ferons au Sénégal », a promis l’ancien coordonnateur Résident du Système des Nations Unies, attaquant le régime en place. "Ce régime qui a perdu notre pays, a dilapidé nos ressources. À ce régime, il ne reste que quelques jours, a-t-il estimé, confiant que le 24 Mars il sera élu à la magistrature suprême de ce pays. « Nous allons tous retoucher les masses, remettre ce pays au travail pour qu’on puisse sortir des situations difficiles et briser la pauvreté éradiquer la pauvreté et faire de notre pays le meilleur pays où il fait bon vivre », dit-il avant de rallier Petit Mbao où il a eu droit à un accueil chaleureux de ses militantes et militants.

    #Covid-19#migrant#migration#senegal#politique#pauvrete#jeunesse#economie#election#sante#mortalite#europe#traversee

  • L’accueil des étudiants internationaux, un outil de soft power politique, scientifique et économique
    https://www.lemonde.fr/campus/article/2024/03/12/l-accueil-des-etudiants-internationaux-un-outil-de-soft-power-politique-scie

    L’accueil des étudiants internationaux, un outil de soft power politique, scientifique et économique
    Par Eric Nunès
    Publié aujourd’hui à 06h00, modifié à 07h48
    Dans sa nouvelle vie d’étudiant francilien, il ne manque à Joep Salet, 22 ans, que les vagues de la plage de Scheveningen, à La Haye (Pays-Bas) en mer du Nord où, jusqu’en 2023, le jeune homme surfait. Aujourd’hui élève en master de développement de parfum à l’Institut supérieur international du parfum, de la cosmétique et de l’aromatique alimentaire, sur le campus de Versailles, le natif de La Haye a décidé, à 17 ans, qu’il deviendrait parfumeur, « un métier qui allie sciences et création et dont les meilleures écoles sont ici et à Grasse » (Alpes-Maritimes). Dans sa classe d’une vingtaine d’élèves, il côtoie une étudiante colombienne, un Coréen, un Chinois, une Italienne… et deux Français. Dans cette niche de l’enseignement supérieur, la réputation des meilleurs établissements français n’a pas de frontière.
    Milica Ritopecki, 24 ans, ressent aussi un brin de nostalgie lorsqu’elle évoque ses soirées auprès de ses amis sur les bords du Danube, à Pancevo en Serbie. Mais en 2022, l’étudiante en bachelor de physique-chimie à l’université de Belgrade cherche en Europe « le meilleur programme européen dans [sa] spécialité ». Elle quitte la Voïvodine, province du nord de la Serbie, pour l’Ile-de-France, direction l’université Paris-Saclay et le site de Gif-sur-Yvette (Essonne). Elle n’est pas la seule. Sur 48 000 étudiants, l’établissement compte 35 % d’internationaux.
    Pour Dario Cervera Jorda, nouvellement parisien, c’est la chaleur du soleil de sa ville natale, Valence, en Espagne, qui lui fait défaut. Titulaire d’une licence de piano de l’université de sa ville, l’homme de 27 ans pose un pied au Conservatoire national supérieur de musique et de danse de Paris à l’occasion d’un échange Erasmus en 2022. En 2023, il est reçu, après concours, en master de clavecin. Le Graal, pour le jeune Espagnol. « Cette école, ouverte au monde entier, a pour tous les musiciens un statut légendaire. Ses ressources sont impressionnantes et ses professeurs exceptionnels, souligne l’étudiant. Les années d’études en son sein ouvrent beaucoup d’opportunités professionnelles », poursuit-il.
    500 000 internationaux en 2027
    A la recherche de compétences et d’établissements pour construire leur avenir, ils sont, en 2024, plus de 400 000 internationaux à avoir fait le choix de l’Hexagone pour poursuivre leurs études. Ils sont également les futurs ambassadeurs de la France et un baromètre précis de l’attractivité du pays. Selon un rapport de Campus France, l’agence nationale chargée de la promotion de l’enseignement supérieur français à l’étranger, publié en juin 2023, les universités françaises sont les premiers établissements à accueillir des étrangers (65 %), devant les écoles de commerce (14 %) et les écoles d’ingénieurs (7 %). Les premières zones d’origine sont l’Afrique du Nord (75 477 personnes) en 2021-2022, l’Afrique subsaharienne (71 221), l’Union européenne (46 938) et l’Asie (44 498).
    Le plan gouvernemental « Bienvenue en France » de 2018 prévoit d’accueillir 500 000 internationaux en 2027. Un objectif antinomique avec la loi sur l’immigration adoptée par le Parlement, le 19 décembre 2023, qui prévoyait un durcissement des conditions d’accès aux étudiants étrangers. La majorité d’entre eux ne restent pourtant pas en France, selon l’Organisation de coopération et de développement économiques, qui rappelle que 43 % des étrangers arrivés en 2010 avaient quitté le pays après la fin de leur séjour d’études. Et 80 % dix ans plus tard. Les dispositions les visant ont été intégralement censurées par le Conseil constitutionnel, le 25 janvier.
    Accueillir des étudiants internationaux, depuis la réforme de l’autonomie des universités en 2007, est devenu un enjeu « prioritaire », souligne Sandrine Lacombe, vice-présidente relations internationales et affaires européennes à l’université Paris-Saclay. « La restructuration de nos établissements a rendu l’enseignement supérieur français plus attractif et compétitif au niveau international. » Alors que les universités françaises étaient à la peine pour intégrer le top 50 des meilleures universités du monde, Paris-Saclay s’est hissée en 2023 à la 15e place du classement de Shanghaï. D’autant que le coût des études universitaires est modeste : 170 euros pour une année en cycle de licence, 243 euros pour une année en cycle de master pour celles et ceux membres de l’Union européenne, de l’Espace économique européen et les Suisses. Quant aux extracommunautaires, ils sont, depuis 2019, susceptibles de payer des frais majorés, soit 2 770 euros pour une année de licence et 3 770 euros un master. Mais seules treize universités sur soixante-quinze appliquent cette possibilité, quarante-deux exonérant totalement leurs élèves non européens, les soulageant ainsi d’une partie importante de leurs charges financières.
    Les grandes écoles françaises les plus onéreuses attirent également les étudiants internationaux. Sur les cinq dernières années, le nombre d’internationaux qui intègrent une école de commerce française a doublé. Neoma Business School, compte 25 % d’internationaux, qui doivent chacun s’acquitter de frais de scolarité de 16 000 euros par an. Les plus importantes cohortes sont originaires du Maroc, d’Inde et de Chine. « Ils viennent en France chercher un enseignement de qualité, commente Delphine Manceau, directrice de l’établissement. Nos institutions sont reconnues par nos pairs sur la scène internationale, c’est la garantie d’une poursuite d’études dans le monde entier et un passeport pour l’emploi. » Selon le classement des meilleures écoles de commerce européennes du quotidien britannique Financial Times, en 2023, cinq établissements français sont dans le top 10 et vingt-trois figurent dans les quatre-vingt-dix premières.
    Pour les écoles payantes, les étudiants internationaux sont une source de chiffre d’affaires devenue indispensable, d’autant que le nombre d’étudiants français baisse. En effet, les étudiants du baby-boom de l’année 2000 entrent sur le marché du travail et les bancs des écoles et des universités françaises se dégarnissent. En 2022, l’enseignement supérieur comptait 44 000 étudiants de moins qu’en 2021, selon l’Insee. « Dans une concurrence débridée avec les pays anglo-saxons et l’Allemagne, nous sommes obligés de recruter à l’étranger, sur un marché où il y a plus d’écoles et moins d’étudiants français, le gâteau à partager est plus petit », concède Elodie Saint-Yves, directrice des partenariats internationaux de Rennes School of Business.
    Cette baisse démographique inquiète également les écoles d’ingénieurs, « le vivier de bons candidats commence à se tarir, avertit Alexis Michel, président de la commission international et développement de la Conférence des directeurs des écoles françaises d’ingénieurs, former des ingénieurs et des doctorants est stratégique pour le pays. Il faut donc anticiper ! » Recruter les meilleurs étudiants étrangers est une urgence car dans cette guerre internationale des talents, « les Américains sont les maîtres en la matière » rappelle Olivier Lesbre, directeur de l’Institut supérieur de l’aéronautique et de l’espace. Les Etats-Unis accueillent 1,5 million d’étudiants étrangers. Et 21 % des étudiants du monde entier sont sur le continent américain.
    Le temps où les étudiants se contentaient de chercher le meilleur diplôme de leur pays est révolu. « Les meilleurs étudiants recherchent les meilleures écoles », poursuit Olivier Lesbre, qui compte 40 % d’étrangers en provenance de soixante-dix pays différents. « Dans cette compétition internationale, les écoles d’ingénieurs doivent également faire la preuve qu’elles sont compétitives et former en France d’excellents étudiants étrangers qui compenseront le départ des Français à l’international », souligne le directeur. Pour exister dans un monde globalisé, écoles et universités doivent attirer les meilleurs, peu importe leur lieu de naissance.
    Cette internationalisation des établissements façonne en partie les pédagogies. Les langues d’abord, « à la fin des années 1990, peu d’écoles françaises avaient des cursus en anglais, se souvient Elian Pilvin, directeur de l’école de management EM Normandie, maintenant, c’est un impératif. » Dans les écoles de commerce, les écoles d’ingénieurs et aussi à l’université. « L’attractivité internationale de Paris-Saclay nous a conduits à ouvrir des parcours en anglais », abonde Sandrine Lacombe. Ensuite, les campus cosmopolites adaptent aussi le fond de leurs enseignements, « les sujets liés à la transition écologique ne sont pas vécus de la même façon en France, en Norvège ou en Malaisie, il faut les traiter en intégrant des nuances pour une problématique qui est planétaire », expose Delphine Manceau.
    L’internationalisation des étudiants et des enseignants conduit les établissements à innover. « Tenir compte de ce qui se fait dans d’autres pays nous permet d’introduire une dimension comparée de nos enseignements et de notre recherche, cela ouvre chacun à d’autres paradigmes. Cela enrichit l’expérience scientifique autant que les mentalités », note Irini Tsamadou-Jacoberger, vice-présidente Europe et relations internationales de l’université de Strasbourg, qui compte 22 % d’élèves internationaux pour 2022-2023. Cet apprentissage de la multiculturalité permet aux Français d’être plus agiles, adaptables et sensibles à la compréhension d’autres sociétés. « C’est une meilleure préparation pour ceux qui se destinent à une carrière internationale », résume Delphine Manceau pour Neoma. Les étudiants étrangers sont également une source de revenus pour le pays. Selon une étude de Campus France publiée en 2022, ils constituent une manne financière de par leurs dépenses, dont le montant s’élève à 5 milliards d’euros par an. En retranchant les 3,7 milliards de dépenses publiques qui leur sont consacrées – aides au logement, bourses, accès aux soins de santé et les dépenses de personnels pour la diplomatie culturelle et d’influence – le solde net est évalué à 1,35 milliard d’euros en 2022.
    Lire aussi | Article réservé à nos abonnés Les étudiants internationaux, manne économique pour la France
    Au-delà des besoins nationaux, l’accueil est un soft power politique, scientifique, économique et culturel. En misant sur cette jeunesse éduquée, la France construit les relais de son influence. « Ces étudiants nous permettent d’instaurer des relations paisibles et durables entre les sociétés, de nous ouvrir à des façons de penser et de faire différentes et d’apporter des clés de compréhension à nos étudiants que nous formons pour qu’ils soient des citoyens du monde éclairés », analyse Anne Chalard-Fillaudeau, vice-présidente communication de l’université Paris-VIII. « Les anciens élèves deviennent des ambassadeurs de nos universités, de nos écoles, et participeront à de nouvelles collaborations, de nouveaux projets », souligne également Irini Tsamadou-Jacoberger. La diplomatie scientifique doit être une priorité, elle passe aussi par le meilleur accueil possible des étudiants étrangers.

    #Covid-19#migration#migrant#france#etudiant#accueil#economie#softpower#politiquemigratoire#universite#sante

  • De Dakar au bout du monde, des #femmes_en_migration

    Quand on parle de migration au Sénégal, on imagine le plus souvent de jeunes hommes voguant vers les Canaries sur une pirogue incertaine. C’est oublier que parmi les migrants, il y a beaucoup de migrantes. Que leur voyage soit légal ou « clandestin », que leur destination soit l’Europe ou un autre pays africain, on n’en parle quasiment jamais. Quelle est l’histoire des #migrations_féminines depuis et vers le Sénégal ? Quels en sont les ressorts et les motivations, quelles en sont les spécificités ? *

    C’est à ces questions que ce podcast cherche à répondre, à travers les paroles d’une dizaine de femmes voyageuses, d’une syndicaliste et d’une sociologue. Elles parlent de la volonté de s’en sortir économiquement, de l’#aspiration à l’émancipation individuelle. Elle disent les beaux aspects du voyage, mais aussi ses difficultés (#violences, #racisme, etc.). Enfin, elles évoquent les problèmes de #visas et l’Europe forteresse qui en a poussé plus d’une à prendre la pirogue, au péril de sa vie...

    https://shows.acast.com/659fea6a3f690700175eb31a
    #podcast #audio #migrations #Sénégal #femmes_migrantes #femmes #genre #émancipation

  • UK strikes £1M deal with Libya to combat irregular arrivals into Europe

    The announcement comes after Britain’s home office minister concluded a visit to Tripoli with representatives from the European Union, the United Nations, France, Germany, and Malta.

    The United Kingdom will pay Libya £1 million (1.17 million euros) to stop people from entering Europe by crossing the Mediterranean Sea and instead repatriate them to their countries of origin, the German news agency dpa reported.

    The announcement comes after #Michael_Tomlinson, Britain’s home office minister, concluded a visit to Tripoli last week with representatives from the European Union, the United Nations, France, Germany, and Malta. Tomlinson is the first UK home office minister to visit the North African country in decades.

    “As well as supporting survivors of trafficking, the funding will assist migrants who choose to return to their countries of origin. These voluntary returns are one of the most fundamental tools at our disposal for driving down migration numbers globally,” Tomlinson said in a statement published on his website.

    The International Organization for Migration (IOM) defines voluntary returns as the “assisted or independent return to the country of origin, transit or another country based on the voluntary decision of the returnee.”

    Launching pad for entry to Europe

    The previous year saw record-high arrivals in Europe from North Africa, with over 150,000 migrants reaching Italy by sea. Libya, a major departure point for Mediterranean-bound migrants, saw nearly 40,000 arrivals in Europe.

    “The new funding I announced is only the latest step in our drive to bolster international efforts, building on our new deal with Frontex, the European Border and Coast Guard Agency, and agreements with other countries including Vietnam and Albania,” said Tomlinson in an article he wrote for British newspaper The Telegraph.

    Last month, the UK also announced a new working arrangement with Frontex, the European Border and Coast Guard Agency to crack down on people smuggling networks by strengthening Frontex’s border agency capabilities.

    “This isn’t just Libya or North Africa; it isn’t just Europe. It is a global challenge. And we are getting on with the job. We will do whatever it takes to secure our borders, reform our immigration system, and stop the boats,” Tomlinson concluded.

    In addition to Libya, the UK has pledged a £3 million deal with Turkey to construct a new center to coordinate joint operations between the UK and the Turkish border patrol. Tukey is reportedly the starting point for 90 percent of the small boats attempting to enter the UK by crossing the English Channel.

    Last year, UK Prime Minister Rishi Sunak penned similar bilateral agreements with Belgium, Bulgaria, and Serbia.

    Outsourcing migrant oppression

    The UK and Libya alliance comes in the wake of media reports that the humanitarian rescue group SOS Humanity 1 clashed with the Libyan coast guard while conducting a rescue mission earlier this month. SOS Humanity alleged that the Libyan Coast Guard had fired live bullets and used violence.

    Human rights groups have widely criticized Europe for outsourcing their migration policies to African countries, particularly those with a record of human rights abuses such as Libya.

    In January, Human Rights Watch released a report that revealed the dire conditions faced by migrants and asylum seekers in Libya which include torture, forced labor, and sexual assault.

    After a fact-finding mission in Libya last year, the UN Human Rights Council declared that there are “reasonable grounds to believe that crimes against humanity have been committed against Libyans and migrants throughout Libya since 2016.”

    There are an estimated 600,000 migrants stranded in Libya according to the International Organization for Migration (IOM).

    Failed state

    Libya spiraled into chaos after Muammar Gaddafi’s removal in 2011. Libya plunged into a failed state with two rival political administrations controlled by militias.

    Since then, Libya has faced persistent condemnation from human rights organizations for widespread human rights violations and unchecked actions by the government.

    #Angleterre #UK #Libye #externalisation #migrations #réfugiés #financement #aide_financière

  • La Tunisie retrouve cinq migrants morts dans un canot, parti de la Libye voisine - InfoMigrants
    https://www.infomigrants.net/fr/post/55731/la-tunisie-retrouve-cinq-migrants-morts-dans-un-canot-parti-de-la-liby

    La Tunisie retrouve cinq migrants morts dans un canot, parti de la Libye voisine
    Par La rédaction Publié le : 11/03/2024
    Les autorités tunisiennes ont récupéré cinq cadavres dans un canot et secourus 24 autres migrants, a indiqué samedi la Garde nationale. L’embarcation avait quitté la Libye voisine pour tenter de rallier les côtes européennes.
    Les corps de cinq migrants ont été récupérés au large de la région de Zarzis, dans le centre-est de la Tunisie, a indiqué samedi 9 mars la Garde nationale tunisienne. Dans ce même canot, 24 autres exilés ont pu être secourus par les autorités. Les nationalités de ces personnes n’ont pas été précisées.
    L’embarcation avait quitté les côtes « d’un pays voisin », terme généralement employé pour désigner la Libye. La Tunisie est régulièrement amenée à porter secours à des bateaux surchargés de migrants partis de la Libye voisine, qui tombent en panne au large de ses côtes ou qui dérivent.En février, neuf personnes sont mortes au fond d’une embarcation à la dérive, près de la Tunisie. Cinquante migrants avaient pris place à bord, là aussi depuis les côtes libyennes, avant que le canot ne subisse une avarie. Selon le parquet, les exilés sont morts d’asphyxie due à « l’odeur du carburant ».
    Mais la Tunisie est aussi un pays de départ pour les exilés désireux de rejoindre l’île italienne de Lampedusa. Dans une autre opération samedi, les garde-côtes ont « déjoué une traversée clandestine » en mer au large d’al-Mahdia (centre), et « secouru » 53 migrants de nationalités étrangères, a ajouté la Garde nationale.
    Si les Subsahariens sont nombreux à tenter de gagner l’Italie depuis les côtes tunisiennes, les jeunes Tunisiens essayent également de prendre la mer pour trouver un avenir meilleur de l’autre côté de la Méditerranée, au péril de leur vie. Depuis le début de l’année, plus de 50 Tunisiens sont portés disparus en mer lors de deux naufrages, survenus en janvier et en février.Dans ces drames, les familles disent se sentir abandonnées par les autorités. Elles ont manifesté en février pour leur réclamer des comptes. « On se retrouve dans des situations où c’est à nous d’enquêter parce que nous n’avons aucune information. Les députés, le gouverneur, la municipalité, nous appellent, nous les familles, pour avoir des informations sur les recherches, ils n’appellent pas la police. C’est pour vous dire à quel point on est seuls et livrés à nous-même », expliquait alors à RFI Fathi Ben Farhat, professeur de Taekwondo de 48 ans dont le neveu de 17 ans, Malek, avait pris place dans une embarcation disparue.

    #Covid-19#migrant#migration#tunisie#afriquesubsaharienne#libye#italie#lampedusa#traversee#mediterranee#routemigratoire#mortalite#jeunesse#sante

    • Unicamista

      Sapresti dir da dove vieni, dove potrai arrivare,
      da quale goccia tu provieni in quest’enorme mare
      In me ci sono terra e sassi, fredda acqua e vento,
      lo dico non so chi son ma so che cosa sento

      Dalla steppa più fredda alla giungla umida,
      non so ancora chi son ma sento la mia anima..
      E’ l’anima migrante..
      Pulsa ribatte e pulsa, liberando l’aria,
      non so ancora chi son ma sento la mia anima

      Lungo i sentieri o sul selciato,
      sulla strade del quartiere
      corro da che son nato
      cercando un sogno che mi possa tenere
      tra le ombre lunghe della piazza
      non sento più dolore,
      non esiste la razza
      ma solo sfumature di colore

      Dalla steppa più fredda alla giungla umida,
      non so ancora chi son ma sento la mia anima..
      E’ l’anima migrante..
      Pulsa ribatte e pulsa, liberando l’aria,
      non so ancora chi son ma sento la mia anima..

      Sin banderas sin fronteras...

      #migrations #chanson #musique #musique_et_politique

  • Campagne - Malick Gakou aux jeunes de Thiaroye sur mer : « la jeunesse n’aura plus besoin de prendre les pirogues ! »
    https://www.dakaractu.com/Campagne-Malick-Gakou-aux-jeunes-de-Thiaroye-sur-mer-la-jeunesse-n-aura-p

    Campagne - Malick Gakou aux jeunes de Thiaroye sur mer : "la jeunesse n’aura plus besoin de prendre les pirogues !"
    Le candidat de la coalition Gakou 2024, a commencé sa campagne électorale avec une caravane en quittant son siège à Guédiawaye pour Thiaroye sur mer dans son village natal. Débutant sa campagne sous le thème de la « pêche et l’émigration clandestine », Gakou a fait face aux pêcheurs, avant de leur lancer que l’émigration clandestine a débuté à Thiaroye.
    « C’est ici à Thiaroye qu’a commencé l’émigration clandestine causant plusieurs décès. Notre programme permettra de mettre fin aux difficultés que rencontrent les jeunes qui les poussent à prendre la mer pour trouver une vie meilleure. Nous bâtirons un Sénégal meilleur et nous mettrons les sénégalais dans de bonnes conditions afin qu’ils puissent rester dans le pays et que la jeunesse n’aura plus besoin de prendre les pirogues dans l’espoir d’avoir une vie meilleure … », a promis le leader de la coalition Gakou 2024.

    #Covid-19#migration#migrant#senegal#migrationirreguliere#jeunesse#election#sante#mortalite