• #Annie_Chemla et les années #MLAC : récit d’une #lutte oubliée

    Convoquer la presse pour assister à un avortement, au beau milieu d’un service de #gynécologie, organiser des départs de cars aux Pays-Bas, apprendre à s’avorter entre profanes, à se poser des stérilets, à observer son col de l’utérus, à reconnaitre une #MST, conquérir l’accouchement sans douleur, généraliser la pratique d’avortement par aspiration, dite méthode Karman…. Voici ce qu’a été le MLAC, le #Mouvement_pour_la_Liberté_de_l’Avortement_et_de_la_Contraception, fondé le 8 avril 1973, il y a presque 50 ans.

    https://www.auposte.fr/annie-chemla-et-les-annees-mlac-recit-dune-lutte-oubliee
    #avortement #IVG #histoire #luttes

  • [BD] #Charles_d'Avray
    https://www.partage-noir.fr/bd-charles-d-avray

    Texte : MLT & Dessins : OLT - (CC BY-NC-SA) Charles Henri Jean est né le 9 septembre 1878 à Sèvres. Fils d’architecte, il s’inscrit à 18 ans au Conservatoire de musique de Paris. C’est dans les cafés chantants qu’il interprétera ses premières compositions. Influencé par Sébastien Faure, il rencontre les anarchistes durant l’affaire Dreyfus. Dans les cabarets montmartrois, il chante accompagné de l’anarchiste #Gaston_Couté, d’Aristide Bruant, Xavier Privas, #Montéhus, Dominique Bonnaud. Dans ses tournées de conférences chantées, il laisse couler sa verve exaltant la société libertaire future. Mobilisé au mois d’août 1914 il restera soldat jusqu’en mars 1919. Après la guerre il reprend ses galas anarchistes. Il animera des fêtes libertaires à la Libération. Trois ans avant sa mort, il publie un recueil de (...)

    https://partage-noir.fr/charles-d-avray-est-mort
    #MLT #OLT #charles_davray #bd

  • [BD] Lilian Wolfe (1875-1974)
    https://www.partage-noir.fr/bd-lilian-wolfe-1875-1974

    Une des figures les moins publiques mais les plus importantes de la Freedom Press (Nicolas Walter, historien anarchiste) Texte : MLT & Dessins : OLT - (CC BY-NC-SA) Lilian Wolfe naît le 22 décembre 1875 à Londres. Embauchée au General Post Office, elle devient membre de la Civil Service Socialist Society. Ayant adhéré à la Women’s Freedom League mais, considérant l’octroi du droit de vote aux femmes comme un simple « palliatif », elle rejoint en 1913 le mouvement anarchiste. Elle participe à la (...) MLT & OLT

    / Lilian Wolfe

    #MLT_&_OLT #Lilian_Wolfe

  • Da #Melilla a #Beni_Mellal: dove sono finiti i respinti tra Spagna e Marocco

    Dopo le brutali violenze al confine con l’enclave spagnola di fine giugno, più di 200 persone sono state allontanate con la forza nel Sud del Marocco, in una zona impreparata alla loro assistenza. Ecco come ha risposto il territorio

    Le immagini dei violenti respingimenti dei migranti avvenuti il 24 giugno scorso da parte delle forze dell’ordine marocchine e spagnole alla frontiera con l’enclave spagnola di Melilla sono rimbalzate su tutte le testate europee. Quei 37 morti e le centinaia di feriti hanno suscitato sgomento e sdegno in tutta la comunità internazionale e diverse riflessioni su come ripensare alla gestione delle migrazioni ai confini dell’Unione europea. Mentre i riflettori erano puntati sul filo spinato dell’ingresso di Barrio Chino, file e file di autobus carichi di migranti partivano da Nador, dieci chilometri a Est di Melilla, e si snodavano lungo le diverse routes nationales del Marocco verso destinazioni il più possibile lontane.

    A 678 chilometri più a Sud, nel cuore della catena montuosa del Medio Atlante la città di Beni Mellal da un giorno all’altro si è trovata ad ospitare un flusso senza precedenti di migranti. Circa 210 persone si sono riparate nei pressi della stazione degli autobus, luogo di elezione dei senzatetto della zona. L’erba dei giardini di Boulevard Mohamed VI a fare da letto e i rami degli alberi a fare ombra dal sole cocente per proteggersi dai 45 gradi tipici della stagione estiva. Beni Mellal è il capoluogo di Beni Mellal-Khenifra, una regione grande come la Sicilia e la Valle d’Aosta messe insieme. A vocazione agricola e con un’intensa attività di estrazione di fosfati, è storicamente sempre stata considerata un’area di emigrazione di cittadini marocchini verso il Nord Italia, specie in Piemonte e Lombardia. Negli ultimi 15 anni però l’area è soggetta alla migrazione di ritorno e circolare. Altro fenomeno che la caratterizza è quello del transito dei migranti provenienti dai Paesi dell’Africa subsahariana che tentano di raggiungere l’Europa. Tuttavia, a causa della pandemia da Covid-19 e del rafforzamento dei controlli alle frontiere di Ceuta e Melilla, per alcuni, soprattutto ivoriani e ciadiani, il transito si è tramutato in uno stanziamento. Si tratta perlopiù di migranti in situazione “irregolare” che vivono in strada o in edifici in costruzione, mendicando agli incroci. L’intersezione tra boulevard Hassan II e boulevard Mohamed VI è stata ribattezzata dagli operatori delle Ong “la rotonda dei migranti”.

    La richiesta d’asilo è valutata prima dall’Unhcr e poi, in caso di esito positivo, da un ufficio del governo marocchino. Nel 2020 sono state riconosciute 847 “carte del rifugiato”

    In Marocco non esiste una legge che regoli il diritto alla protezione internazionale, nonostante dal dicembre 2014 sia in vigore la Strategia nazionale di immigrazione e asilo che ha come obiettivo quello di facilitare l’accesso ai servizi, all’educazione, alla salute e all’alloggio per gli stranieri presenti sul territorio nazionale. Non essendoci un sistema di asilo consolidato nel Regno, è l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) che affianca il governo marocchino prendendo in carico ed esaminando le richieste di protezione internazionale. In caso di esito positivo rilascia un documento che attesta lo status di rifugiato, ma che non regolarizza la posizione sul territorio. Con tale documento è possibile rivolgersi al Bureau des réfugiés et des apatrides (Bra), istituzione dipendente dal governo marocchino, che riesamina la documentazione e in seconda battuta può confermare o rigettare lo status. Nel primo caso, il beneficiario ottiene una “carta del rifugiato” con la quale successivamente è possibile richiedere un titolo di soggiorno e quindi regolarizzare la propria presenza. Nel rapporto di bilancio del 2020 sulla politica di immigrazione e asilo si parla di 847 persone con lo stato di rifugiato riconosciute dal Bra. Le statistiche aggiornate al 31 luglio scorso raccontano di una popolazione di 18.985 persone prese in carico da Unhcr di cui 9.277 richiedenti asilo e 9.708 con un primo esito positivo.

    Dal 25 al 30 giugno 2022, sono stati oltre 40 gli accompagnamenti delle Ong locali al pronto soccorso di Beni Mellal per fratture e ferite al cranio, agli arti e alla schiena

    A fine giugno le Organizzazioni non governative internazionali e le associazioni di Beni Mellal che si occupano di sviluppo, improvvisamente si sono trovate a gestire centinaia di persone, molte delle quali gravemente ferite, senza aver una particolare esperienza nella gestione dell’emergenza. La nazionalità più presente quella dei sudanesi, seguiti da ciadiani, etiopi, nigeriani e nigerini. Età media 23 anni. Nessuna donna. Per comunicare gli operatori internazionali si sono affidati all’intermediazione dei ciadiani che parlando sia francese sia arabo hanno fatto da traduttori per le altre nazionalità arabofone.

    A fare da capofila nella gestione dei primi soccorsi è Progettomondo, un tempo Mlal, Ong veronese attiva in Marocco e in particolare nella regione da circa 20 anni, specializzata in migrazione e sviluppo. La sede, situata nel quartiere di Hay Ghita, si è trasformata nella base operativa di coordinamento della società civile. Hanno unito le forze l’Ong italiana Cefa, partner storico di Progettomondo in Marocco specializzato in accompagnamento dei migranti, la Chiesa cattolica di Beni Mellal che si è offerta di pagare i medicinali e l’operazione per un giovane con il ginocchio in frantumi, l’associazione Cardev sempre disponibile per le attività con i migranti, la Mezzaluna Rossa che ha offerto i propri locali per fare le medicazioni e l’associazione Maroc solidarité médico sociale (MS2), attiva tra Rabat e Oujda, le cui operatrici si sono spostate eccezionalmente a Beni Mellal per mettere a disposizione risorse e competenze nell’accompagnamento medico. Costante la partecipazione degli operatori di Unhcr, attore non presente nella regione ma che proprio il giorno degli episodi di Melilla stava tenendo una formazione alle associazioni locali sul diritto all’asilo. “Nonostante l’area non sia specializzata nell’ emergenza, i vari attori avevano già in atto delle attività di assistenza” spiega Rachid Hsine, senior protection associate a Unhcr.

    “Soprattutto per i sudanesi, che non hanno una rete in Marocco, non c’è interesse a restare. Dati i maggiori controlli a Nord, molti si muovono verso le Isole Canarie” – Hsine

    La comunicazione, secondo Fabrizia Gandolfi, rappresentante Paese di Progettomondo in Marocco è stata la chiave di volta: “Le relazioni e la fiducia delle autorità locali e di sicurezza ci hanno permesso di portare gli aiuti. Per settimane, sono state condotte una decina di distribuzioni di viveri a beneficio di centinaia di persone con il benestare della Prefettura che collabora con Progettomondo da anni. I contatti continui con la Delegazione regionale della salute hanno facilitato l’accesso ai poliambulatori, laddove insorgesse reticenza nell’accogliere migranti irregolari. Anche le precedenti formazioni erogate al personale sanitario sull’accoglienza dei migranti nel corso dei nostri progetti hanno facilitato la ricezione”.

    Solo dal 25 al 30 giugno di quest’anno, sono stati oltre 40 gli accompagnamenti delle Ong locali al pronto soccorso di Beni Mellal per fratture e ferite al cranio, agli arti e alla schiena. Aimée Lokake, agente di terreno dell’Ong Cefa applaude lo staff medico locale: “I primi soccorsi sono stati garantiti a decine di migranti alla volta, nonostante l’arrivo inaspettato e la diffidenza nell’accogliere persone protagoniste di atti di violenza, come riportato dei media locali”. Emblematico della collaborazione tra i diversi attori il caso di Ahmed, sudanese di 22 anni arrivato a Beni Mellal con un piede in cancrena a causa delle medicazioni frettolose e sommarie ricevute all’ospedale di Nador subito dopo gli scontri. La prima diagnosi all’ospedale di Beni Mellal aveva dato un esito nefasto: amputazione. Tuttavia, società civile e istituzioni si sono mobilitate per dare una speranza al giovane. La Delegazione regionale della salute ha fatto da intermediario con medici e assistenti sociali, Progettomondo e Cefa hanno vegliato il ragazzo in ospedale, Unhcr, MS2 e l’Association de planification familiale di Rabat hanno tenuto i contatti con l’ospedale della capitale per verificare la possibilità di trasferimento, infine Progettomondo ha assicurato la presenza di un’ambulanza privata per il trasporto e Cefa si è fatta carico delle cure. A Rabat la diagnosi è stata più clemente, il piede è stato salvato e il giovane è stato inserito nei registri di Unhcr per richiedere la protezione internazionale.

    Sono 360 i milioni di euro versati dall’Ue al Marocco negli ultimi otto anni per la gestione del fenomeno migratorio. Di questi, il 75% (270 milioni) sono stati stanziati per “proteggere” le frontiere europee. Nell’agosto 2022 è trapelata la notizia di un ulteriore finanziamento di 500 milioni di euro che lascia presagire che episodi simili a quelli di Melilla potrebbero ripetersi

    Uno dei problemi emersi è stato quello della presa in carico: “Purtroppo sono le Ong e le associazioni che devono pagare i costi delle cure accessorie. Una volta ricevute quelle di base, i migranti finiscono in strada con conseguenti problemi di igiene. Le organizzazioni si sono trovate a mobilitare fondi straordinari per trovare alloggi consoni” racconta Hsine. Secondo i dati rilasciati da Progettomondo, alla fine di agosto il numero di migranti è sceso a 100. Alcuni hanno preso la volta di Melilla, altri si sono spostati a Casablanca e a Rabat, alcuni sono riusciti ad arrivare in Spagna prendendo il mare da Sud-Ovest. “Soprattutto per i sudanesi, che non hanno una presenza comunitaria in Marocco, non vi è alcun interesse a restare. Dato il rafforzamento dei controlli alle frontiere a Nord del Paese, molti tentano di arrivare alle Isole Canarie attraverso Laayoune (città a circa 30 chilometri dalla costa, ndr)” evidenzia Hsine. Ad agosto la notizia trapelata da fonti comunitarie di un prossimo finanziamento di 500 milioni di euro da parte dell’Unione europea al Marocco per la gestione delle migrazioni lascia presagire che episodi simili a quelli di Melilla potrebbero ripetersi, dato che negli ultimi otto anni 270 su 360 milioni di euro ricevuti sono stati allocati alla protezione delle frontiere.

    “La situazione dei migranti bloccati in Marocco non può essere considerata un’emergenza ma una crisi strutturale alimentata dalle politiche europee” – Gandolfi

    Uno dei nodi è l’utilizzo di questi fondi, considerando che le organizzazioni internazionali stimano che tra le 60 e le 80mila persone all’anno transitino irregolarmente sul territorio marocchino e solo nel 2020 sono stati 40mila i tentativi di ingressi e di uscita bloccati dalle autorità: “Le alternative sono diverse: approccio securitario, adattamento dei programmi alle popolazioni in movimento, intervento umanitario, integrazione oppure intervento nei Paesi di origine”, spiega Hsine. Secondo Gandolfi, la ricetta per far fronte a nuovi flussi massicci è andare oltre la risposta emergenziale: “Dal momento che la situazione delle persone migranti presenti irregolarmente e bloccate in Marocco non può essere considerata un’emergenza ma una crisi strutturale alimentata dalle politiche europee, è necessario creare dei tavoli di coordinamento permanenti tra società civile e collettività territoriali dove elaborare risposte condivise e responsabilizzare le istituzioni sul loro ruolo di governance”. Nel frattempo gli autobus continuano a partire dal Nord verso il Sud del Paese carichi di giovani che prima o poi ritenteranno di passare il confine, sperando di essere tra i fortunati a valicare il muro di quella che ormai sembra sempre di più somigliare a una fortezza.

    https://altreconomia.it/da-melilla-a-beni-mellal-dove-sono-finiti-i-respinti-tra-spagna-e-maroc

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    #toponymie_politique:

    L’intersezione tra boulevard Hassan II e boulevard Mohamed VI è stata ribattezzata dagli operatori delle Ong “la rotonda dei migranti”.

    #toponymie_migrante

    #Maroc #expulsions #renvois #déportation #migrerrance #Atlas_marocain #montagne #migrations #asile #réfugiés #Bureau des_réfugiés_et_des_apatrides (#Bra) #Progettomondo #Cefa #Mlal #Cardev #société_civile #HCR

  • [BD] #Margarethe_Hardegger (1882-1963)
    https://www.partage-noir.fr/bd-margarethe-hardegger-1882-1963

    Margarethe Hardegger naît le 20 février 1882 à Berne (Suisse). Adhérant aux idées socialistes, elle fonde à 23 ans son premier syndicat au sein de l’Association bernoise des travailleurs du textile. MLT & OLT

    / Margarethe Hardegger, #Gustav_Landauer

    #MLT_&_OLT

  • [BD] Les émeutes d’Armentières Le tarif ou la mort !
    https://www.partage-noir.fr/bd-les-emeutes-d-armentieres-le-tarif-ou-la-mort

    Dans Armentières (Nord), « la cité de la toile », les tisseurs payés 1,50 francs par jour exigent davantage. Le patronat refusera de les entendre. Redoutant des troubles, la République et les édiles promulguent l’état de siège. La ville sera occupée par autant de soldats que de grévistes. MLT & OLT

    / #Victor_Griffuelhes

    #MLT_&_OLT

  • [BD] Francisco Sabaté, combattant puis guerilléro anarchiste catalan
    https://www.partage-noir.fr/bd-francisco-sabate-combattant-puis-guerillero-anarchiste

    Né le 30 mars 1915 à Barcelone, Francisco Sabaté adhère à la Confédération nationale du travail (organisation anarcho-syndicaliste fondée en 1910 dans la même ville). MLT & OLT

    / Francisco Sabaté, #CNT, Révolution espagnole (1936-1939)

    #MLT_&_OLT #Francisco_Sabaté #Révolution_espagnole_1936-1939_

  • [BD] Elise Ottesen Jensen, pionnière des droits de la femme
    https://www.partage-noir.fr/bd-elise-ottesen-jensen-pionniere-des-droits-de-la-femme

    L’été 1919, Albert Jensen et sa compagne, Elise Ottesen Jensen, furent expulsés du Danemark. Jensen, un journaliste célèbre, était un antimilitariste conséquent, un orateur fascinant et un infatigable agitateur en faveur du socialisme libertaire. Elise était dynamique et avait une forte personnalité. Elle devint plus tard une célébrité internationale à cause de son combat pour l’éducation sexuelle, le contrôle des naissances et le planning familial. MLT & OLT

    #MLT_&_OLT

  • Aux origines du 1er Mai : Les Martyrs de Chicago
    https://www.partage-noir.fr/aux-origines-du-1er-mai-les-martyrs-de-chicago

    Un meeting se tient au Haymarket Square de Chicago le 4 mai 1886. Les orateurs anarchistes #Albert_Parsons, #August_Spies et #Samuel_Fielden soutiennent la revendication de la journée de huit heures pour les travailleurs. Les «  Chevaliers du Travail  » viennent de lancer une grande campagne de mobilisation afin d’obtenir ce droit. Les manifestants commencent à se disperser lorsque les forces de l’ordre chargent. Une bombe explose parmi les policiers, ceux-ci tirent alors sur la foule. MLT & OLT

    / August Spies, #George_Engel, Albert Parsons, #Louis_Lingg, #Adolph_Fischer, #Michael_Schwab, #Oscar_Neebe, Samuel (...)

    #MLT_&_OLT

    • https://www.arte.tv/fr/videos/082189-001-A/le-temps-des-ouvriers-1-4

      Du début du XVIIIe siècle à nos jours, Stan Neumann déroule sur plus de trois siècles l’histoire du monde ouvrier européen, rappelant en une synthèse éblouissante ce que nos sociétés doivent aux luttes des « damnés de la terre ».

      Dès le début du XVIIIe siècle, en Grande-Bretagne, une nouvelle économie « industrielle et commerciale », portée par le textile, chasse des campagnes les petits paysans et les tisserands indépendants. Pour survivre, ils doivent désormais travailler contre salaire dans des fabriques (factories) qui rassemblent plusieurs milliers d’ouvriers, sur des métiers appartenant à des marchands devenus industriels. C’est la naissance de la classe ouvrière anglaise. Le travail en usine, le Factory System, où seul compte le profit, impose aux déracinés une discipline et une conception du temps radicalement nouvelles. Avec la révolution industrielle de la fin du XVIIIe siècle, ils subissent un dressage plus violent encore, sous la loi de machines qui réduisent l’ouvrier à un simple rouage.
      Surexploitée et inorganisée, cette classe ouvrière primitive, qui oppose à la main de fer de l’industrie naissante des révoltes spontanées et sporadiques, va mettre plusieurs générations à inventer ses propres formes de lutte, dans une alliance parfois malaisée avec les républicains anglais, inspirés par la Révolution française de 1789. Ses revendications sont sociales et politiques : réglementation du travail des enfants, salaires, durée du temps de travail, liberté syndicale, droit de grève, suffrage universel... Dans les années 1820, après des décennies de combats perdus, une classe ouvrière anglaise puissante et combative semble en mesure de faire la révolution.

      Temps complet
      La classe ouvrière a-t-elle disparu, ou simplement changé de forme, de nom, de rêve ? Conciliant l’audace et la rigueur historique, l’humour et l’émotion, le détail signifiant et le souffle épique, Stan Neumann (Austerlitz, Lénine, Gorki – La révolution à contre-temps) livre une éblouissante relecture de trois cents ans d’histoire. Faisant vibrer la mémoire des lieux et la beauté des archives, célébrissimes ou méconnues, il parvient à synthétiser avec fluidité une étonnante quantité d’informations. Les séquences d’animation, ludiques et inventives, et un commentaire dit par la voix à la fois présente et discrète de Bernard Lavilliers permettent de passer sans se perdre d’un temps à l’autre : celui du travail, compté hier comme aujourd’hui minute par minute, celui des grands événements historiques, et celui, enfin, des changements sociaux ou techniques étalés parfois sur plusieurs décennies, comme le processus de légalisation des syndicats ou du travail à la chaîne. En parallèle, le réalisateur donne la parole à des ouvriers et ouvrières d’aujourd’hui et à une douzaine d’historiens et philosophes, hommes et femmes, « personnages » à part entière dont la passion communicative rythme le récit. On peut citer Jacques Rancière, Marion Fontaine, Alessandro Portelli, Arthur McIvor, Stefan Berger, avec Xavier Vigna comme conseiller scientifique de l’ensemble des épisodes. Cette série documentaire virtuose, où l’expérience intime coexiste avec la mémoire collective, au risque parfois de la contredire, révèle ainsi combien nos sociétés contemporaines ont été façonnées par l’histoire des ouvriers.

      #travail #lutte_des_classes #1er_mai

  • [BD] La grève des boutonniers de l’Oise
    https://www.partage-noir.fr/bd-la-greve-des-boutonniers-de-l-oise

    Andeville, le 3 mars 1909, «  pour résister à la concurrence » les salaires sont amputés du tiers par le patronat. Au soir les quatre grandes fabriques du village sont en grève. Le mouvement s’étend dans le canton, surtout à Méru, en une semaine. Convoquées à Méru par le préfet de l’Oise, les négociations du 27 mars sont bloquées par l’intransigeance patronale. Exaspérés, les grévistes vandalisent plusieurs habitations de patrons. Le lendemain, une vingtaine de personnes, dont des femmes, sont grièvement blessées par les gendarmes. Le gouvernement Clemenceau envoie l’armée. Une trentaine de pelotons sont répartis dans le canton. Le futur maréchal de France, Joffre, vient superviser cette « campagne de Méru ». Accusés de troubles et sabotages des syndicalistes sont arrêtés. La brutalité de la répression (...)

    #MLT_&_OLT #CGT

  • Girl Power

    Rhoda Scott, organiste « aux pieds nus » faut-il le rappeler, 83 printemps, a construit un quartet de Lady toujours en devenir. Elle a décidé d’aller encore plus loin avec « Lady All Stars », un septet composé de la fine fleur du jazz en France. Sophie Alour, saxophone ténor, Céline Bonacina au saxophone baryton, Lisa Cat-Berro, Géraldine Laurent, les deux au saxophone alto dans des registres différents, Airelle Besson à la trompette et au bugle, Anne Paceo, Julie Saury aux batteries pour créer une musique joyeuse, revendicative, pleine de bruits de cette fureur contre un système capable de discréditer les femmes parce qu’elles sont femmes.

    https://entreleslignesentrelesmots.blog/2022/01/19/girl-power

    #mlusique #jazz

  • Serbia, il murales di Mladić divide il paese
    https://www.balcanicaucaso.org/aree/Serbia/Serbia-il-murales-di-Mladic-divide-il-paese-213912

    A Belgrado un murales dedicato a Ratko Mladić, ex generale dell’esercito serbo-bosniaco condannato per genocidio dal Tribunale dell’Aja - e la relativa protesta degli attivisti per i diritti umani contro il graffito - ha dimostrato quanto sia divisa l’opinione pubblica serba su alcune questioni riguardanti il passato

  • Les comparaisons entre la « non mixité femmes » et la « non mixité racisée » ne sont pertinentes – Le blog de Joao
    https://joaogabriell.com/2016/04/30/les-comparaisons-entre-la-non-mixite-femmes-et-la-non-mixite-racisee-s

    Même s’il est vrai que beaucoup dans les milieux militants critiquent la non mixité femmes, jusqu’à se montrer agressifs, nous voyons bien que cette forte opposition se situe surtout dans ces milieux et qu’on est en tout cas bien loin du scandale que provoque la non mixité non blanche jusqu’à l’assemblée nationale. Dans ce second cas, cela devient une affaire d’Etat, pas juste une grosse divergence dans les milieux politiques, comme dans le premier cas. Il y a des festivals féministes, réservés aux femmes, et à part une violence des hommes qui essayent d’y rentrer, quelques journalistes ou essayistes bidons comme Zemmour ou Bastié qui vont pondre des horreurs sur ces sujets et crient au « sexisme anti hommes », l’Etat ne se saisit pas de ces questions me semble-t-il. En tout cas pas aujourd’hui. Peut-être était-ce le cas dans les années 70, à voir.

    Pour moi, le problème du pouvoir avec « Paroles non blanches » organisé à Paris 8 qui n’était PAS non mixte (« conférence et débat ouvert à touTEs ») et le camp d’été décolonial qui lui est non mixte, c’est le contenu tourné vers la rupture avec la pensée dominante sur le racisme, ainsi que l’auto organisation des victimes du racisme systémique, mais pas la non mixité en soi. Bref, c’est la montée en puissance d’une dynamique autonome qui les gêne, pas la non mixité – qui est juste un prétexte – car encore une fois, si l’un des événements est bien non mixte, l’autre ne l’était pas.

    • Au-delà de ce qui se passe actuellement, j’aurais pu écrire un article plus long sur l’histoire des analogies et équivalences foireuses qui sont souvent faites entre #race et #genre et qui désavantagent la première :

      L’oppression des femmes les rendraient esclaves comme on peut l’entendre dans l’hymne du #MLF (Mouvement de Libération des Femmes) ou sous la plume de Moniq Wittig
      « nous qui sommes le continent noir », toujours dans la même chanson féministe que j’ai mise en lien dans le point qui précède
      le corps des femmes serait colonisé par les hommes comme cela avait été dit à la marche du 8 mars 2015 à Bruxelles, argument mobilisé par une femme blanche qui voulait justifier d’avoir fait un…blackface.
      sans oublier le fameux « women is the nigger of the world » (« la femmes est le nègre du monde ») qui à l’origine est une chanson et a été plusieurs fois aperçu sur des pancartes de féministes lors de marches, particulièrement en Amérique du Nord.

    • Ici plutôt que de documenter toute cette histoire d’appropriation par les mouvements féministes dominants d’une rhétorique propre à la race, je voulais simplement profiter de ce que la polémique actuelle sur ces deux initiatives non blanches a ravivé comme parallèles entre race et genre, pour rappeler que cela nuit à la compréhension des mécanismes propres au racisme. Puis, on doit quand même s’interroger : pourquoi la rhétorique féministe blanche (majoritaire ou minoritaire) se nourrit autant du langage de la race et pourquoi ce mécanisme est-il clairement à sens unique, les antiracistes, ne s’appropriant pas le langage du genre ?

      texte de 2016 mais d’actualité... #toctoc ?

  • L’actuel déferlement de haine contre l’UNEF me terrorise
    https://www.dominiquemanotti.com/2021/03/25/lactuel-deferlement-de-haine-contre-lunef-me-terrorise

    J’ai signé, dans Le Monde daté du 26 mars 2021, une tribune sur les attaques insensées dont fait l’objet l’UNEF au sujet de l’organisation en son sein de réunions non-mixtes. Cette tribune est signée de mon nom, Marie Noëlle Thibault, qui est celui que j’utilisais lorsque je militais à l’UNEF, puis à la CFDT. Il est possible de lire cette tribune sur le journal et sur le site du Monde. Je la publie ci-dessous. Source : Dominique Manotti

  • Bien joué l’#Unef : maintenant, #Marine_Le_Pen donne des leçons d’#antiracisme

    Invitée de France Inter ce mardi 23 mars, la présidente du Rassemblement national, Marine Le Pen, s’est payé le luxe de rappeler à l’Unef les grands principes de l’universalisme républicain.

    Du pain béni. Invitée de France Inter ce mardi 23 mars, la présidente du Rassemblement national, Marine Le Pen, a atteint le Saint-Graal de la dédiabolisation : donner une leçon d’antiracisme à un syndicat de gauche.

    Le syndicat en question, c’est bien sûr l’Unef, au cœur d’une polémique depuis que sa présidente, Mélanie Luce, a reconnu mercredi 17 mars, au micro d’Europe 1, l’existence de réunions en #non-mixité_raciale - entendue au sens « social », et non biologique - « pour permettre aux personnes touchées par le #racisme de pouvoir exprimer ce qu’elles subissent ». Répondre au racisme par la #ségrégation, quelle bonne idée ! Sans s’engager plus avant sur le fond, force est de constater que l’Unef ne pouvait pas faire de plus beau cadeau à un parti qui, sans avoir renié sa dimension identitaire, a fait de la récupération du combat républicain l’un des gages de sa nouvelle respectabilité.

    « C’est du racisme. On nous a expliqué pendant des années que le racisme est un délit, et heureusement d’ailleurs, s’indigne ainsi Marine Le Pen. C’est profondément immoral ce qu’ils font. » Moins regardante lorsqu’il s’agit d’investir un ancien cadre de Génération identitaire, en la personne de Damien Rieu, comme candidat pour les élections départementales, la présidente du RN se paie le luxe de rappeler les principes fondamentaux de l’universalisme à l’Unef : « Ils rompent avec toute la tradition républicaine, qui consiste dans leur esprit à séparer les gens en fonction de leurs races. Je les appelle à la lecture de la Constitution française : chacun est égal devant la loi quelle que soit sa race, son origine ou sa religion. »

    « On parle ici d’organisation d’ateliers réservés aux noirs ou interdits aux blancs. Je pense que cette #pensée_racialiste est une #pensée_séparatiste, qui devrait d’ailleurs peut-être tomber sous le coup de la loi contre le #séparatisme », martèle Marine Le Pen. Rappelons que, contrairement aux réunions non mixtes réservées aux femmes pour des raisons évidentes, aucune exception légale n’autorise qu’une différence de traitement soit opérée en fonction de la « #race » sans que celle-ci ne soit considérée comme discriminatoire.

    « Il faut les poursuivre »

    La présidente du Rassemblement national a donc beau jeu d’enfoncer le clou : « C’est un syndicat qui commet des #actes_racistes, incontestablement. Alors il faut les poursuivre de ce fait, et s’ils persistent avec ce fonctionnement raciste - soutenu d’ailleurs par monsieur Hamon et par monsieur Mélenchon, ça en dit long sur la dérive de monsieur Mélenchon notamment de soutenir ces actes racistes. »

    Sur son blog, le chef de file insoumis a affirmé voir dans l’attaque contre l’UNEF « une impressionnante démonstration de l’efficacité de la nouvelle tactique de combat de l’#extrême_droite en France », évacuant la question de la non mixité raciale en quelques lignes : « Le mode d’#inclusion par une #exclusion provisoire est encore et toujours un mode ordinaire de travail. Il fonctionne comme un espace d’écoute et de réflexion dans un cadre rassurant pour ceux qui y participent. C’est le ressort simple du principe de #reconnaissance_mutuelle et d’#entraide. »

    Notons au passage que plusieurs cadres du Rassemblement national, par ailleurs grands pourfendeurs de la « #cancel_culture », ont immédiatement réclamé la dissolution de l’Unef. Marine Le Pen s’en tient, elle, à une position plus modérée, en affirmant : « Je suis plutôt contre les dissolutions de manière générale, je suis plutôt pour la préservation de la liberté d’association, sauf quand il y a des appels ou des actes de violence, comme c’est le cas pour les black blocs. » La présidente du Rassemblement national ne peut pas être sur tous les fronts...

    https://www.marianne.net/politique/le-pen/bien-joue-lunef-maintenant-marine-le-pen-donne-des-lecons-dantiracisme
    #non-mixité

    ping @isskein @cede

    • Mélanie Luce (Unef) : « Une polémique infâme et calomnieuse »

      Dans « À l’air libre » mardi, la présidente de l’Unef revient sur les accusations portées contre son syndicat. « Toute cette polémique sur les réunions en non-mixité, ça nous empêche de parler des vrais sujets », dénonce-t-elle.

      https://www.youtube.com/watch?v=etQFmZaDHTA&feature=emb_logo

      https://www.mediapart.fr/journal/france/230321/melanie-luce-unef-une-polemique-infame-et-calomnieuse

    • Quand un syndicat d’étudiants exclut les blancs de ses réunions

      Ciblage de professeurs pour « islamophobie », organisation de réunions où les blancs sont exclus, le syndicat d’étudiants UNEF subit une étrange dérive.

      C’est une interview (http://ais.cloud-services.paris/europe1/prod/audio/emissions/linterview-politique-de-8h20-1861043/IEP-de-Grenoble-C-etait-une-erreur-de-relayer-ces-photos-confe) menée comme un brutal réquisitoire, la semaine dernière sur Europe 1, qui a laissé la présidente de l’UNEF, #Mélanie_Luce, sur le flanc. Depuis ce matin-là, mercredi 17 mars, son organisation, le deuxième syndicat d’étudiants du pays, autrefois tout-puissant et pépinière à talents du PS – Jack Lang ou Lionel Jospin y ont fait leurs armes – est la cible d’attaques féroces. Certains demandent son interdiction ou le retrait de ses subventions, tandis que d’autres volent à son secours. Son crime ? Mélanie Luce a reconnu qu’il arrivait à l’UNEF d’organiser des réunions en non-mixité raciale. En clair : avec uniquement des participants « racisés », donc pas de blancs…

      Mélanie Luce a beau se débattre et multiplier les explications : « Ces groupes non mixtes, nous ne les avons pas inventés, se justifie-t-elle dans « Le Figaro » : ils sont pratiqués depuis des dizaines d’années dans les associations féministes. » De plus, ces réunions sont rares, « deux ou trois fois par an, au maximum », sans rôle décisionnel, juste pour permettre aux participants « d’exprimer les discriminations qu’ils peuvent subir ». Ce qu’on accepte chez les féministes, pourquoi le refuse-t-on aux Noirs et aux « racisés », demande-t-elle ?

      Mais exclure les Blancs, se revendiquer comme « racisée » (Mélanie Luce est née à Toulouse de mère guadeloupéenne), n’est-ce pas accréditer l’idée de race et en définitive sombrer dans une forme nouvelle de racisme ? « Dire que je suis racisée, cela signifie simplement que je ne suis pas blanche, explique-t-elle. La société me fait comprendre au quotidien que, à ma couleur de peau, on me rattache à des stéréotypes. […] S’il n’existe pas de races biologiques, il existe des races sociales. »
      Blanquer indigné

      Ces explications n’ont fait qu’attiser la polémique. « Ceux qui se prétendent progressistes et qui distinguent les gens en fonction de leur peau nous mènent vers des choses qui ressemblent au fascisme, c’est extrêmement grave », a réagi le ministre de l’Éducation Jean-Michel Blanquer sur BFM TV. « L’UNEF a fait un choix d’un clientélisme indigéniste exacerbé totalement scandaleux », ajoute pour sa part le chef du groupe parlementaire LREM, Christophe Castaner, tandis que le porte-parole du Rassemblement national, Sébastien Chenu, ou le député républicain Éric Ciotti demandent la dissolution de l’UNEF.

      Le problème, c’est que le syndicat étudiant n’en est pas à sa première dérive. Il y a trois semaines, à l’école Sciences Po de Grenoble, des affiches dénonçant deux professeurs avec les mots « l’islamophobie tue » étaient relayées sur les comptes sociaux de l’organisation. Quelques mois après l’assassinat de l’enseignant Samuel Paty, de tels propos frôlent l’incitation au meurtre. Si Mélanie Luce a dénoncé ces affiches, elle reste confuse sur le sujet. Dans l’interview d’Europe 1, à la question « En France, est-ce l’islamophobie qui tue, ou l’islamisme ? » elle a répondu : « Les deux », invoquant le cas de « Biarritz récemment ». En réalité, c’était à Bayonne, en 2019, une attaque contre une mosquée qui avait fait deux blessés. Mais pas de morts…

      https://www.tdg.ch/quand-un-syndicat-detudiants-exclut-les-blancs-de-ses-reunions-881553498749

    • Les réunions non mixtes par #Laure_Adler...

      https://twitter.com/Ccesoir/status/1375204092008620036

      Transcription :

      "Je peux vous raconter qu’effectivement le #Mouvement_de_libération_des_femmes, quand il s’est constitué, il est né sur le principe que quand on se retrouvait entre femmes uniquement quelque chose allait se produire. Une autre parole surgissait, on ne parlait pas du tout de la même manière. Moi-même j’étais très jeune et j’étais la première étonnée. Moi j’aimais bien être avec des garçons et avec tout le plaisir qui s’en suit, mais quand je me suis retrouvée avec des filles, et uniquement avec des filles, je me suis aperçue que ce qui surgissait comme type de parole étaient des paroles totalement inattendues, à la fois des camarades filles qui étaient dans les mêmes groupes de parole, mais de moi aussi. Et qu’il y avait une écoute, une bienveillance, qui n’existait pas dans les réunions festives. Quelque chose se produisait, mais nous rapportions tous les ans à la mutualité, ça se passait à Paris, devant des assemblées mixtes, le fruit de notre travail dans les groupes de parole. Je crois que c’est encore un outil de libération que de se retrouver, quand on subit une discrimination, et on subissait une discrimination sexuelle même si on est une majorité de femmes, on subit toujours une discrimination sexuelle et on est considérées comme une minorité... C’est une étape assez révolutionnaire pour se comprendre soi-même et pour pouvoir articuler des principes de combat et peut-être de compréhension avec les garçons. En fait, ils nous ont beaucoup respectées pour avoir tenu ces groupes de parole. Ils nous ont écoutées et d’autre part, conclusion, ils nous ont laissées parler plus qu’avant. Parce que le nombre de fois où quand des garçons et des filles sont ensemble et on ferme la gueule des filles parce que ce sont des filles, y compris dans les réunions de travail, là on a été considérées autrement.

      #MLF #parole #libération #considération #respect

    • Et en #Allemagne, pendant ce temps...
      Der Staat gegen junge Welt
      https://www.jungewelt.de/artikel/402007.in-eigener-sache-der-staat-gegen-junge-welt.html

      –-> « D’après le gouvernement allemand l’idée de l’existence de classes sociales constitue une violation des droits de l’homme », nous apprend @klaus :
      https://seenthis.net/messages/914586

      –—

      L’article paru dans Junge Welt dans son intégralité :
      Der Staat gegen junge Welt

      Fensterreden von Regierungspolitikern für die Pressefreiheit. Unterdessen versucht die Regierung dieser Zeitung den Garaus zu machen.

      Großer Bahnhof im Parlament: Mehr als eine Stunde widmete der Bundestag am Freitag der Debatte um die Lage der Medien und der freien Berichterstattung. Einen äußeren Anlass dafür bot der Welttag der Pressefreiheit am 3. Mai. Geht es um Beschränkungen journalistischer Arbeit in Ländern wie China, Russland oder Kuba, lässt die Regierung sich nicht lumpen, verteilt großzügig Kritik und gute Ratschläge. »Menschen brauchen freie und unabhängige Informationen – ohne sie kann Demokratie nicht funktionieren«, hatte Außenminister Heiko Maas (SPD) am Montag erklärt und mit dem Finger in andere Weltgegenden gewiesen.

      Doch standen am Freitag im Plenum beim Thema Pressefreiheit und Medien ausnahmsweise die hiesigen Zustände auf der Tagesordnung, mit Anträgen der Fraktionen unter den Überschriften »Journalisten schützen – Pressefreiheit gewährleisten«, »Für einen freien und fairen Medienmarkt – Desinformation mit Qualität begegnen« (beide FDP) oder »Pressefreiheit und Journalistinnen und Journalisten besser schützen« (Die Linke). Für die SPD ergriff Martin Rabanus am Pult das Wort, verwies mit geschwellter Brust auf das von seiner Partei beschlossene »Aktionsprogramm freie und unabhängige Medien« und betonte: »Die SPD hat stets und wird stets die Presse- und Meinungsfreiheit gegen ihre Gegner verteidigen.«

      Kleiner Schönheitsfehler: Die an der Bundesregierung beteiligten Sozialdemokraten haben die Reaktion auf eine kleine Anfrage der Linksfraktion mitzuverantworten, die Rabanus’ Worte ad absurdum führt. Die betreffende BT-Drucksache 19/28956 trägt die Überschrift »Presse- und wettbewerbsrechtliche Behinderung durch Nennung der Tageszeitung junge Welt im Verfassungsschutzbericht« – und die Antworten haben es in sich. So bekennt sich die Regierung freimütig zur geheimdienstlichen Überwachung dieses unabhängigen Mediums und rechtfertigt entsprechende Schritte staatlicher Cancel Culture offensiv. Der jungen Welt wird generell Verfassungsfeindlichkeit unterstellt, und mit Blick auf den von ihr vertretenen »revolutionären Marxis­mus« konstatiert, dieser richte sich »gegen Grundprinzipien der freiheitlichen demokratischen Grundordnung«: »Beispielsweise widerspricht die Aufteilung einer Gesellschaft nach dem Merkmal der produktionsorientierten Klassenzugehörigkeit der Garantie der Menschenwürde«, so die Bundesregierung unter anderem in ihrer Stellungnahme. Offen wird ausgesprochen, dass es darum geht, der jW auch ökonomisch zu schaden.

      Nicht ohne Witz: Ausgerechnet am 5. Mai, dem 203. Geburtstag von Karl Marx, war das regierungsamtliche Papier der Linksfraktion zugestellt worden. In Reaktion auf Rabanus’ Fensterrede ergriff die Linke-Abgeordnete Gesine Lötzsch im Bundestag das Wort: »Ich sage ganz deutlich: Ich bin der Auffassung, die Beobachtung einer Tageszeitung durch den Verfassungsschutz ist nicht hinnehmbar. Wir als Linke können das nicht akzeptieren. Ich hoffe, dass das andere Fraktionen in diesem Bundestag auch nicht akzeptieren können.« Bislang hat man diesbezüglich leider wenig gehört.

      In der Kriminalisierung einer wissenschaftlichen Weltanschauung sieht junge Welt einen handfesten politischen Skandal, der nicht nur diese Zeitung betrifft, sondern progressive Menschen als solche. Redaktion, Verlag und Genossenschaft haben sich daher mit einem dringenden Appell gegen diesen staatlichen Angriff auf die Pressefreiheit an die Öffentlichkeit gewandt und werden sich mit allen verfügbaren rechtlichen Mitteln dagegen zur Wehr setzen.

      Wer hat Angst vor wem?

      Diejenigen, die sich nicht scheuen, gegen Faschismus, Rassismus, Krieg und Ausbeutung einzutreten? Die dafür mit Verfolgung und Repression rechnen müssen? Oder diejenigen, die Verfassung und die herrschenden Verhältnisse »schützen«?

      Für alle, die es wissen wollen: Die junge Welt drei Wochen lang (im europäischen Ausland zwei Wochen) gratis kennenlernen. Danach ist Schluss, das Probeabo endet automatisch.

      https://www.jungewelt.de/artikel/402007.in-eigener-sache-der-staat-gegen-junge-welt.html