• Kauna, modératrice pour Facebook au Kenya : « J’ai vu beaucoup de suicides en vidéo » - L’Humanité
    https://www.humanite.fr/social-et-economie/facebook/kauna-moderatrice-pour-facebook-au-kenya-jai-vu-beaucoup-de-suicides-en-vid


    Attention, elle parle un peu des contenus à modérer et ça craint.

    Facebook prétend que ces contenus sont majoritairement modérés par des IA…

    C’est un #mensonge et c’est triste. Nous faisons le gros de ce travail. Mais, comme c’est caché, dans le back-office de Facebook, il est impossible de s’en rendre compte si on n’y a pas accès. On apprend à l’algorithme à repérer les contenus problématiques, mais nous devons les vérifier avant de les supprimer. C’est sûr qu’on se sent invisibilisé. Ce système devrait être expliqué, montré à tout le monde : ces entreprises technologiques font faire le travail ingrat à des travailleurs payés à peine plus d’un dollar de l’heure en Afrique.

    #IA

  • #Baptiste_Morizot - La Manufacture d’idées 2023 - YouTube
    https://www.youtube.com/watch?v=XIAtKdX7_jc

    Rencontre avec le philosophe Baptiste Morizot autour de son ouvrage « #L'inexploré », un livre conçu comme une carte nous invitant à retrouver le goût de l’exploration, en déroutant cette notion de son orientation moderne vers les étoiles pour la réincurver vers la #Terre et vers ce qui nous relie à nos #milieux_de_vie (modérateur : Rémi Noyon, L’Obs).
    @La Manufacture d’idées

  • La tournée d’adieu de Chanson + Bifluorée, qui est un groupe de #Montpellier :
    https://www.montpellier-tourisme.fr/agenda/tout-l-agenda/chanson-bifluoree-au-revoir-et-merci-castries-fr-4650615

    Et c’est à Castries, fief de Sylvain Richardot, que le groupe a créé la plus grande partie de ses albums et spectacles !

    Au revoir et merci ! est un best-of d’adieu de leurs plus grands succès, émaillé de nouvelles créations et de surprises…

    #y’a_d’la_vedette

  • Le #vélo cargo est bien une alternative crédible à la voiture, selon une étude allemande - Transition Vélo
    https://www.transitionvelo.com/velos/velos-electriques/velos-cargos-electriques/le-velo-cargo-est-bien-une-alternative-credible-a-la-voiture-selon-u

    En bref : Une étude démontre que le fait de posséder un vélo cargo remet sérieusement en cause l’usage et la possession d’une voiture. Parmi les motivations des utilisateurs de cargos, l’écologie vient en premier, devant un choix financier ou l’absence d’intérêt pour la conduite d’une automobile.

    -- Permalien

    #mobilité

  • Inside Wuhan’s failed Covid response – and how the pandemic could have been avoided
    https://www.telegraph.co.uk/global-health/science-and-disease/covid-origins-wuhan-theory-book-dali-yang
    À propos de Wuhan: How the #Covid-19 Outbreak in China Spiraled Out of Control, de Dali Yang.

    The suspected coronavirus was swiftly confirmed by Vision Medicals, a Guangzhou-based lab, which performed genome sequencing lung fluid from “Patient A”, a 65-year-old man with severe pneumonia and “multiple scattered patchy faint opacities in both lungs” and who was not responding to drugs.

    The book notes that “due to the sensitivity of the diagnostic results”, the lab only provided confirmation of the positive test result for a SARS-like coronavirus to the hospital by phone and not in writing.

    The team had discovered it was 81 per cent similar to the first SARS coronavirus outbreak.

    Screenshots that appeared on social media between an anonymous scientist at the lab, known as ‘Little Mountain Dog’, and her boss showed that they immediately recognised the coronavirus “should be treated in the same class as the plague” for prevention and control purposes.

    Yet despite the mounting evidence pointing to potential catastrophe, the local CDC was slow to react.

    The growing number of cases were not fed, as they should have been, into the National Notifiable Infectious Disease Surveillance System (NNDSS), created after the 2002-2004 SARS epidemic killed close to 800 people globally.

    The system – the largest in the world and a source of national pride – had broken down. Gao Fu, the director general of the national CDC, only learned of the latest Wuhan outbreak on social media on December 30.

    Although he swiftly set in motion a series of emergency responses by the National Health Commission and China CDC, the next crucial few weeks were characterised by missteps, censorship, political interests and counterproductive moves that failed to prevent the uncontrolled spread of the virus.

  • A Milano più #smog in periferia che in centro, tassi di decesso doppi

    La concentrazione di inquinamento è maggiore in confronto al passato in periferia rispetto al centro e questo sta comportando anche un aumento considerevole dei decessi tra i residenti, visto che i quartieri limitrofi a quelli centrali sono in media anche quelli più popolati soprattutto tra gli over 65.

    I tassi di decesso nelle aree periferiche sono in particolare raddoppiati, con Milano caso esemplare dei grandi centri urbani italiani dove in media sono più alti fino al 60% nei quartieri lontani dal centro con meno verde, ad alta densità di traffico di traffico e di abitanti over 65.

    A determinare questa nuova tendenza sono il mix smog-condizioni socio-economiche più sfavorevoli, che inducono stili di vita peggiori come fumo, obesità e minore attività fisica con effetto moltiplicativo della mortalità, rispetto alle aree più centrali delle città. Questa l’allerta lanciata dai circa 200 scienziati da tutto il mondo, riuniti a Milano nella conferenza ’RespiraMi: Recent Advances on Air Pollution and Health 2024’, co-organizzata dalla Fondazione Menarini in collaborazione con Fondazione Irccs Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico, e dall’Imperial College di Londra. E gli esperti studiano il modello londinese. La capitale britannica ha deciso di estendere il divieto di circolazione dei veicoli più inquinanti a tutta l’area metropolitana (suscitando non poche polemiche).
    L’allerta arriva a pochi giorni dal varo della nuova direttiva europea sulla qualità dell’aria e alla luce dei dati di una indagine condotta dall’Agenzia per la tutela della salute di Milano (Ats-Mi) recentemente pubblicata sulla rivista Epidemiologia&Prevenzione, la rivista dell’Associazione italiana di epidemiologia. La ricerca dimostra che nei quartieri di periferia dove passano le tangenziali, con meno verde e più densamente abitate, con molti cittadini over 65, il tasso di decessi attribuibile a biossido di azoto e polveri sottili può aumentare molto rispetto a quello registrato nelle aree limitrofe al centro, meno urbanizzate o più ricche di verde e nei quartieri centrali dove il traffico è solitamente soggetto a limitazioni.

    Con una popolazione di quasi 1,4 milioni di abitanti, ricorda la ricerca, Milano è la seconda città metropolitana d’Italia, storicamente afflitta dal problema dello smog sia per le numerose fonti di emissione che la accomunano alla Pianura Padana (industriali, residenziali, da traffico e da allevamenti intensivi) che, aggiunte al ristagno dell’alta pressione e alle particolari condizioni orografiche, non favoriscono la dispersione degli inquinanti atmosferici. Per valutare gli effetti sanitari a lungo termine sulla popolazione, l’Agenzia per la Tutela della Salute di Milano (Ats-Mi) ha condotto uno studio con cui ha stimato i livelli di concentrazione media degli inquinanti (No2, Pm10 e Pm2.5) per il 2019 con una risoluzione spaziale senza precedenti, pari a 25 metri quadrati. I dati sono stati poi incrociati con le informazioni sanitarie e anagrafiche. «I risultati - dichiara Sergio Harari, co-presidente del congresso, della Divisione di Malattie dell’Apparato Respiratorio e Divisione di Medicina Interna dell’Ospedale San Giuseppe MultiMedica IRCSS e dell’Università di Milano - permettono di definire una vera e propria mappa dell’inquinamento e dei suoi effetti, quartiere per quartiere e rivelano, per la prima volta, che biossido di azoto e polveri sottili hanno tassi di decesso per 100.000 abitanti che possono arrivare fino al 60% in più in alcune zone della periferia milanese rispetto al centro città». Tra i vari inquinanti l’impatto maggiore nel capoluogo lombardo lo ha avuto «il Pm2,5, responsabile del 13% delle morti per cause naturali (160 su 100mila abitanti) e del 18% dei decessi per tumore al polmone - ha spiegato Pier Mannuccio Mannucci, della Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico -. Per quanto riguarda Le conseguenze più pesanti si hanno in zone periferiche come Mecenate, Lorenteggio e Bande Nere dove i tassi di decesso superano i 200 per 100mila abitanti, mentre in pieno centro i tassi si assestano attorno a 130». A ’salvare’ le zone centrali, secondo la ricerca, sono le zone a traffico limitato (Ztl) che giocano un ruolo molto importante nel ridurre inquinanti ed effetti deleteri sulla salute.

    https://www.ansa.it/canale_saluteebenessere/notizie/sanita/2024/03/01/piu-smog-in-periferia-che-in-centro-tassi-di-decesso-doppi_88aa7f71-0797-48cc-9
    #pollution #pollution_de_l'air #air #Milan #Italie #rapport #étude #santé #centre-ville #périphérie #mortalité

  • #Naufrages de migrants: les règles entourant Frontex doivent changer (médiatrice)

    La #médiatrice_européenne a appelé mercredi à modifier les #règles rendant l’agence de l’UE chargée des frontières #Frontex dépendante des autorités nationales, afin d’éviter de nouveaux drames en mer.

    « Frontex a le devoir d’aider à secourir des vies en mer, mais il manque les outils pour cela », a déclaré la médiatrice européenne #Emily_O’Reilly lors de la présentation de son rapport.

    Elle a mené une enquête de sept mois sur le naufrage, les 13 et 14 juin 2023, de l’Adriana, un chalutier vétuste et surchargé qui était parti de Libye avec environ 750 personnes à bord.

    Seuls 104 survivants ont été secourus et 82 corps retrouvés après le naufrage.

    Cette enquête a montré que Frontex, qui apporte son aide aux autorités nationales, n’était pas en mesure de respecter pleinement les #obligations de l’UE en matière de #droits lors des opérations de #sauvetage_en_mer.

    Emily O’Reilly, dont le rôle est de demander des comptes aux institutions et agences de l’UE, a averti qu’à moins d’un changement, il est probable que « la tragédie d’Adriana se répétera ».

    Le drame s’est produit alors que la Grèce et l’Italie avaient renforcé leurs frontières pour éviter l’arrivée de migrants après d’importants flux en 2015-2016, et que l’UE travaillait à une refonte de ses règles concernant les demandeurs d’asile.

    Emily O’Reilly a exhorté Frontex à réfléchir à la question de « mettre fin, retirer ou suspendre ses activités » dans les Etats membres de l’UE où il existe des « craintes » que les autorités nationales limitent sa capacité à sauver des vies.

    « Il existe une tension évidente entre les obligations de Frontex en matière de #droits_fondamentaux et son devoir de soutenir les États membres dans le contrôle de la gestion des frontières », a-t-elle déclaré.

    Elle a également appelé le Parlement européen, la Commission européenne et le Conseil européen, qui représente les États membres de l’UE, à lancer une #commission_d’enquête indépendante sur la tragédie et le « grand nombre de morts en Méditerranée ».

    La Commission européenne a déclaré mercredi avoir « pris note » du rapport de la médiatrice. « Nous allons l’évaluer comme il se doit et y répondre de manière approfondie », a déclaré la porte-parole Anitta Hipper.

    Elle a souligné que les opérations de secours relevaient de la « compétence des États membres », c’est-à-dire que Frontex fonctionnait uniquement en soutien aux autorités nationales des pays de l’UE dans lesquels elle opère.

    https://www.mediapart.fr/journal/fil-dactualites/280224/naufrages-de-migrants-les-regles-entourant-frontex-doivent-changer-mediatr
    #mourir_en_mer #morts_en_mer

    • La Médiatrice appelle à modifier les règles de l’UE en matière de recherche et de sauvetage et à mener une enquête publique sur les décès en Méditerranée

      Une enquête du Médiateur européen sur le rôle de l’Agence de garde-frontières et de garde-côtes de l’UE (Frontex) dans les opérations de recherche et de sauvetage a montré que ses règles en vigueur la mettent dans l’incapacité de remplir pleinement ses obligations en matière de droits fondamentaux et la rendent trop dépendante des États membres pour intervenir lorsque des embarcations de migrants sont en détresse.

      L’enquête a été lancée par la Médiatrice européenne, Emily O’Reilly, à la suite de la tragédie de l’Adriana en juin 2023, provoquant la noyade de plus de 600 personnes au large des côtes grecques. Sur base des documents inspectés au cours de l’enquête, il a été noté que Frontex a proposé d’intervenir à quatre reprises auprès des autorités grecques pour assurer la surveillance aérienne de l’Adriana, mais n’a reçu aucune réponse. C’est l’application des règles en vigueur qui a empêché Frontex de se rendre sur le lieu du naufrage au moment le plus critique car elle n’avait pas encore obtenu l’autorisation des autorités grecques.

      En fait, Frontex s’est rendue deux fois sur le lieu du naufrage de l’Adriana : une première fois en le survolant rapidement en avion deux heures après que les autorités italiennes ont déclenché l’alerte, puis 18 heures plus tard avec un drone après que le bateau avait déjà coulé.

      L’enquête a également montré que Frontex ne dispose pas de directives internes en matière d’émission de signaux d’urgence (par exemple, les appels Mayday) et que les contrôleurs des droits fondamentaux de Frontex ne sont pas suffisamment impliqués dans la prise de décision en cas d’urgence maritime.

      La Médiatrice a demandé à Frontex de trouver des solutions à toutes ces défaillances. Elle a également indiqué que, compte tenu des préoccupations de plus en plus importantes concernant les violations des droits fondamentaux dans un État membre, Frontex devrait évaluer à partir de quel moment elle peut se permettre officiellement de mettre fin à ses activités auprès de l’État membre concerné.

      « Nous devons nous demander pourquoi un bateau qui avait tant besoin d’aide n’en a jamais obtenue alors que sa situation périlleuse était connue d’une agence de l’UE, des autorités de deux États membres, de la société civile et de navires privés. Pourquoi les mesures d’urgence de sauvetage – qui auraient permis de sauver des centaines de vies – n’ont pas été déclenchées alors que le bateau était bondé, qu’il n’y avait pas suffisamment de gilets de sauvetage, que des enfants étaient à bord et que le risque d’un drame était prévisible », a déclaré Emily O’Reilly.

      « L’intitulé de l’agence Frontex comporte la mention de “garde-côtes”, mais son mandat et sa mission actuels sont manifestement en deçà. Si Frontex a le devoir de sauver des vies en mer mais que les rouages pour y parvenir font défaut, c’est clairement un problème qui incombe aux législateurs de l’UE.

      Il existe des tensions évidentes entre les obligations de Frontex en matière de droits fondamentaux et son devoir de soutenir la gestion du contrôle aux frontières des États membres. »

      « Coopérer avec des autorités nationales, dont les obligations en matière de recherche et de sauvetage ne semblent pas être respectées, risque de rendre l’UE complice d’actions qui violent les droits fondamentaux et portent atteinte à des vies humaines. »

      Conclusions générales – enquête publique sur les décès en Méditerranée

      Au-delà de l’enquête et des recommandations concernant Frontex, la Médiatrice a tiré des conclusions sur des questions systémiques plus générales. Elle a indiqué que, bien que le Médiateur grec enquête sur les actions des garde-côtes, il n’existe pas de mécanisme de responsabilisation unique au niveau européen pour enquêter de manière indépendante sur le rôle respectif des autorités grecques, de Frontex et de la Commission européenne, qui est chargée de veiller au respect des dispositions relatives aux droits fondamentaux prévues par les traités de l’UE.

      Elle a demandé au Parlement européen, au Conseil de l’Union européenne et à la Commission européenne de créer une commission d’enquête indépendante chargée d’évaluer les raisons du nombre si important de décès en Méditerranée et de tirer les leçons du naufrage de l’Adriana.

      « Presque huit mois après cet événement tragique, aucun changement n’a été apporté pour empêcher qu’un tel drame ne se reproduise », a déclaré la Médiatrice.

      https://www.ombudsman.europa.eu/fr/press-release/fr/182676

    • Naufrage de #Pylos : la médiatrice de l’UE regrette que Frontex n’ait pas « joué un rôle plus actif » pour sauver les exilés

      Dans un rapport rendu mercredi, la médiatrice européenne Emily O’Reilly regrette que Frontex n’ait pas déclenché un appel d’urgence pour venir en aide aux 750 passagers de l’Adriana, ce bateau de pêche qui a fait naufrage le 14 juin 2023. Ce jour-là, plus de 500 exilés sont morts, faute d’une opération de sauvetage menée dans les temps.

      Huit mois après le terrible naufrage au large de Pylos, en Grèce, d’un bateau de pêche surchargé, Frontex, l’agence européenne de surveillance des frontières est à nouveau pointée du doigt. Le 14 juin 2023, une embarcation de plus de 750 exilés, l’Adriana, a fait naufrage dans les eaux grecques, entraînant la mort d’au moins 500 personnes. Seules 104 personnes ont survécu et 82 corps ont été retrouvés.

      Selon Emily O’reilly, la médiatrice européenne, qui a rendu son rapport mercredi 28 février, les garde-frontières de l’UE auraient dû agir pour aider les passagers en détresse. Pourtant aucun appel « Mayday », une procédure internationale d’alerte en cas d’urgence vitale, n’a été émis par Frontex. Et ce, alors qu’un de ses avions de reconnaissance avait survolé la zone et avait vu le bateau en grande difficulté et surchargé. L’agence a seulement signalé le bateau aux autorités grecques.

      Mais la médiatrice n’accable pas l’agence et assure que Frontex n’a commis aucune faute. Si elle regrette qu’aucun Mayday n’ait été lancé, elle reconnaît dans le même temps que l’avion de l’agence a observé un « bateau très surpeuplé (où) il n’y avait pas de gilets de sauvetage visibles, mais qui se déplaçait à une vitesse constante et sur une route régulière, et semblait être dans un état de navigabilité ».

      « Il est impossible de dire si l’émission d’un relais Mayday au moment de la surveillance initiale de Frontex sur l’Adriana aurait sauvé des vies, mais le bateau a finalement chaviré avec la perte totale de plus de 600 personnes », écrit la médiatrice.
      Frontex, trop dépendante des Etats membres pour sauver des vies

      Emily O’Reilly déplore surtout le manque de réactivité des Grecs face aux quatre offres répétées d’assistance de Frontex ce jour-là. Athènes n’a pas répondu aux messages de Frontex et a refusé l’offre de l’agence d’envoyer un avion supplémentaire dans la zone, indique le rapport.

      Les règles qui régissent Frontex « la rendent trop dépendante des États membres pour intervenir lorsque des embarcations de migrants sont en détresse », souligne encore le rapport. « La capacité de Frontex à sauver des vies en danger est encore limitée par le fait que ce sont les autorités des États membres qui dirigent et coordonnent les missions de recherche et de sauvetage ».

      Une semaine après le drame, une enquête avait été ouverte par la justice grecque. La Cour suprême grecque avait également ordonné de lancer des investigations pour définir les causes du drame qui a choqué le pays.

      Très vite, des questions quant au rôle des garde-côtes grecs avaient émergé. Selon plusieurs enquêtes journalistiques fouillées, ces derniers sont intervenus tardivement sur les lieux du naufrage. Une enquête de la BBC démontre aussi que le bateau bondé était à l’arrêt au large de la Grèce, contrairement à la version donnée par les garde-côtes grecs, selon laquelle les exilés faisaient route vers l’Italie à une vitesse régulière.
      Plus de 3 000 morts en 2023 en Méditerranée

      Dans un rapport publié en décembre 2023, Amnesty international et Human Rights Watch ont jugé que la nature des enquêtes judiciaires en cours en Grèce suscitait « des inquiétudes »."Les enquêtes officielles sur les allégations crédibles selon lesquelles les actions et les omissions des garde-côtes grecs ont contribué au naufrage [...] n’ont guère progressé de manière significative", estiment les deux organisations.

      En septembre 2023, 40 survivants avaient également porté plainte contre l’État grec et demandaient eux aussi une enquête approfondie. Trois mois après le naufrage, « aucun des survivants n’avait été appelé à témoigner ou fournir des preuves dans le cadre d’une enquête », déploraient déjà un collectif d’ONG dans un communiqué.

      Face à ce naufrage terrible, Emily O’Reilly recommande enfin à Frontex de faire mieux. « La tragédie d’Adriana a eu lieu lorsque Frontex était pleinement consciente de l’histoire récente de préoccupations concernant le respect, par les autorités grecques, des obligations en matière de droits fondamentaux. » L’Etat grec est en effet accusé de multiples pushbacks en mer Egée.

      En avril 2023, des garde-côtes grecs ont été filmés en train de placer sur un canot à la dérive un groupe de migrants, en majorité des enfants, dont un nourrisson. Ce refoulement, strictement interdit par le droit européen et international, a été révélé par le New York Times dans une vidéo.

      Enfin, Frontex devrait aussi « mettre fin, de se retirer ou de suspendre ses activités » si elle ne réussit pas à respecter ses obligations en matière de droits humains, conclut, cinglante, Emily O’Reilly.

      Selon l’Organisation internationale pour les migrations (OIM), le nombre de décès et de disparitions de migrants en Méditerranée n’a cessé d’augmenter ces dernières années : 2 048 en 2021, 2 411 en 2022 et 3 129 en 2023.

      https://www.infomigrants.net/fr/post/55482/naufrage-de-pylos--la-mediatrice-de-lue-regrette-que-frontex-nait-pas-

    • Frontex : l’UE risque de devenir « complice » de la mort de migrants (rapport du médiateur européen)

      Frontex devrait se retirer des pays qui ne secourent pas les migrants en mer ou qui violent les droits fondamentaux. Sinon, l’UE risque de devenir « complice » des décès, a averti le médiatrice européenne dans un nouveau rapport.

      Les conclusions, publiées mercredi matin, offrent un regard plus approfondi sur la relation souvent tendue entre l’agence des frontières de l’UE et les 27 Etats membres.

      L’enquête de la médiatrice a été lancée en réponse au naufrage de l’Adriana en juin 2023, lorsqu’un navire surchargé a coulé au large des côtes de Messénie, en Grèce, et a laissé plus de 600 victimes confirmées ou présumées.

      L’organisme de surveillance ne conclut pas que Frontex a « enfreint les règles et procédures applicables », mais note que sa capacité à opérer en mer est gravement compromise par sa conception, qui rend l’agence dépendante du consentement et de la bonne volonté des autorités nationales. Par conséquent, Frontex n’a qu’une marge de manœuvre limitée pour agir de manière indépendante, même dans les cas extrêmes où la vie des personnes est en danger immédiat.

      « Il existe une tension évidente entre les obligations de Frontex en matière de droits fondamentaux et son devoir de soutenir les États membres dans le contrôle de la gestion des frontières », la médiatrice européenne Emily O’Reilly.

      « Coopérer avec les autorités nationales lorsque l’on craint qu’elles ne remplissent pas leurs obligations en matière de recherche et de sauvetage risque de rendre l’UE complice d’actions qui violent les droits fondamentaux et coûtent des vies. »

      En ce qui concerne le naufrage de l’Adriana, le rapport indique que Frontex était « parfaitement au courant » des préoccupations des autorités grecques et des accusations de refoulement systématique. Et pourtant, malgré cette connaissance, les règles « ont empêché Frontex de jouer un rôle plus actif dans l’incident de l’Adriana ».

      La médiatrice regrette l’absence de directives internes de l’agence pour émettre des appels à l’aide, une procédure internationale d’alerte en cas d’urgence vitale. Frontex n’a pas émis de relais d’appel à l’aide lorsqu’elle a détecté l’Adriana grâce à la surveillance aérienne.

      Les autorités grecques n’ont pas répondu au message de Frontex à « quatre occasions distinctes » pendant la tragédie et ont refusé l’offre de l’agence d’envoyer un avion supplémentaire dans la zone, indique le rapport. (Athènes a lancé plusieurs enquêtes pour faire la lumière sur les circonstances).

      Sur cette base et d’autres similaires, la médiatrice recommande que Frontex « mette fin, se retire ou suspende ses activités » avec les Etats membres qui persistent à ne pas respecter leurs obligations en matière de recherche et de sauvetage ou à violer les droits fondamentaux.

      La coopération de Frontex avec la Grèce est un sujet de conversation brûlant depuis le naufrage de l’Adriana. Au lendemain de la tragédie, le responsable des droits fondamentaux de l’agence a appelé à une suspension des activités, mais son directeur exécutif, Hans Leijtens, a par la suite atténué cette demande, affirmant que la décision devait être « équilibrée ».

      Dans son rapport, Emily O’Reilly prévient que si Frontex continue à travailler avec les pays en première ligne sans « changements significatifs », l’engagement de l’UE à protéger les vies humaines sera remis en question. Elle exhorte donc l’Union européenne à modifier le mandat légal de l’agence et à lui assurer un plus grand degré d’indépendance.

      « Si Frontex a le devoir d’aider à sauver des vies en mer, mais que les outils pour ce faire font défaut, il s’agit clairement d’une question pour les législateurs de l’UE ».

      De plus, la médiatrice demande la mise en place d’une commission d’enquête indépendante qui pourrait se pencher sur le grand nombre de décès en Méditerranée et sur la responsabilité des autorités nationales, de Frontex et des institutions de l’UE.

      Selon l’Organisation internationale pour les migrations (OIM), le nombre de décès et de disparitions de migrants en Méditerranée n’a cessé d’augmenter ces dernières années : 2 048 en 2021, 2 411 en 2022 et 3 041 à la fin de 2023.

      En réaction au rapport, Frontex répond qu’elle « examine activement » les suggestions de la médiatrice et souligne que ses opérations s’inscrivent « dans le cadre des lois applicables ».

      « Notre agence s’en tient strictement à son mandat, qui n’inclut pas la coordination des efforts de sauvetage - une responsabilité qui incombe aux centres nationaux de coordination des secours », ajoute l’agence dans un communiqué. « Dans tous les cas où nos moyens détectent des situations de détresse potentielles, nous alertons rapidement les autorités compétentes ».

      Pour sa part, la Commission européenne, qui est également citée dans le rapport, annonce qu’elle répondrait à Emily O’Reilly en temps voulu, mais n’a pas confirmé si elle soutiendrait des changements dans le mandat de l’agence. Un porte-parole appelle les États membres à enquêter sur les décès de migrants de manière « rapide, indépendante et approfondie ».

      « Nous ne voulons pas que de telles tragédies se produisent », poursuit le porte-parole.

      Frontex estime avoir secouru 43 000 personnes en mer et renvoyé 39 000 migrants dans leur pays d’origine au cours de 24 opérations en 2023, année qui a vu « les niveaux les plus élevés de migration irrégulière depuis 2016. »

      https://fr.euronews.com/my-europe/2024/02/28/frontex-lue-risque-de-devenir-complice-de-la-mort-de-migrants-rapport-d

  • Delayed appeal trial of the Moria 4 set for 4 March 2024

    PRESS RELEASE , 6 February 2024, Mytilini, Lesvos

    On Monday 4 March 2024, R.F.M., S.M.H, S.A.M.S. and H.W., four of the six Afghan defendants who were accused and convicted for the fires that destroyed Moria refugee camp in September 2020, will appear before the Mixed-Jury Court of Appeals of the North Aegean in Lesvos, to challenge their conviction, represented in part by lawyers of the Legal Centre Lesvos. This appeal trial was originally scheduled to take place a year ago on 6 March 2023, but was postponed, without the ability to make any significant objection and arguments for their case.

    On 13 June 2021, at the first instance trial the four had been convicted of “arson with danger to human life” by the Mixed Jury Court of Chios in an unfair trial that disregarded the basic procedural and substantive safeguards. Indicatively: 1) Under the pretext of COVID-19 measures, lawyers – trial observers of international organisations, a lawyer-representative of the United Nations High Commissioner for Refugees (UNHCR), journalists of the domestic and international press, as well as the public were excluded from the courtroom. 2) None of the essential documents of the trial was translated into a language that the defendants could understand, and as a result they could not understand the charges against them. Further, during the trial, the interpretation provided to them by the court was inadequate. 3) Their conviction was based solely on the testimony of a witness who did not appear in court and who could not be cross examined. All four were sentenced to 10 years in prison, with no mitigating circumstances accepted. For three and a half years now, the four young men have been imprisoned in Greece. More details about the first instance trial can be found in an earlier post by the defence lawyers, which was released following the trial.

    As a reminder, the fires that destroyed Moria camp in September 2020 came four and a half years after the EU-Turkey “Deal” turned the Aegean islands into prison islands for those forced to cross the border from Turkey, and Moria camp became the notorious symbol of the EU’s migration policies. Rather than recognising the destruction of Moria camp as an inevitable consequence of the “hotspot approach” and of the clear mismanagement of a camp with a lack of infrastructure that posed deadly dangers to residents, in particular during the COVID-19 pandemic; the Greek state arrested six young Afghan teenagers, namely, the “Moria 6”, and presented them as the sole criminally responsible for the fires.

    Following their arrest, the case of the Moria 6 was separated, as two of the accused were registered as minors at the time of their arrest and were tried in a Court for Minors, and the other four were tried as adults. The two who were arrested as minors are also represented by the Legal Centre Lesvos, and saw their conviction confirmed on appeal in June 2022, and in the Supreme Court in October 2023.

    As Legal Centre Lesvos, we hope that, despite the complete disregard to basic principles of justice at the first instance trial, the defendants will finally be able to present again the exculpatory evidence they had presented at their first court after almost three years, and that all four will finally be acquitted and released from prison.

    We welcome your presence at the court on 4 March 2024 to observe and follow the trial and ensure that the four defendants are supported.

    Press Contacts

    Vicky Aggelidou, vicky@legalcentrelesvos.org

    Lorraine Leete, lorraine@legalcentrelesvos.org

    https://legalcentrelesvos.org/2024/02/06/delayed-appeal-trial-of-the-moria-4-set-for-4-march-2024
    #justice #Moria #Grèce #Lesbos #procès #incendie #feu #réfugiés #migrations

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    ajouté au fil de discussion sur cet incendie :
    https://seenthis.net/messages/876123

    voir aussi :
    https://seenthis.net/messages/993810
    https://seenthis.net/messages/889353
    https://seenthis.net/messages/884157
    https://seenthis.net/messages/877116
    https://seenthis.net/messages/875743

    et la métaliste sur les incendies dans des #camps_de_réfugiés :
    https://seenthis.net/messages/851143

  • Le monde selon Elon Musk
    https://www.arte.tv/fr/videos/117797-000-A/le-monde-selon-elon-musk

    Doucumentaire disponible du 27/02/2024 au 26/05/2024 - le contenu de la vidéo correspond à un texte qui se lit en dix minutes. On y apprend surtout une chose : X/Twitter n’est pas le dada d’un milliardaire excentrique mais la clé de voûte d’un empire dont le seigneur correspond assez à l’entrepreneur-surhomme d’Ayn Rand dans Atlas Shrugged . C’est assez flippant que ces énergumènes soient à la tête de puissantes organisations.

    Twitteur compulsif, Elon Musk s’est offert en 2022 son réseau social préféré, et l’a brutalement façonné selon ses désirs. Cette enquête punchy relate les relations orageuses entre la plate-forme et le milliardaire, et leurs incidences sur le débat public.

    « Certains s’expriment à travers leurs cheveux, moi je me sers de Twitter. » En 2010, l’entrepreneur Elon Musk a rejoint la « conversation mondiale » et s’est vite fait remarquer par ses tweets potaches ou absurdes. Cette notoriété a rejailli sur ses activités industrielles, axées notamment sur la conquête spatiale et les voitures électriques, contribuant à réduire les dépenses marketing de son empire. Mais les relations entre le magnat d’origine sud-africaine et Twitter ont connu des hauts et des bas. Elon Musk, influencé par ses aspirations libertariennes, a souvent vitupéré contre sur ce qu’il considérait comme des atteintes à la liberté d’expression, quand l’équipe dirigeante de Twitter, longtemps accusée de laxisme face aux propos haineux et aux fake news, tentait, elle, de redresser la barre. Il a par exemple volé au secours de Donald Trump en janvier 2021, lorsque le compte Twitter de ce dernier a été supprimé après l’assaut du Capitole. Pour modeler son réseau social favori à sa guise, Elon Musk a fini par se l’offrir en octobre 2022, après une bataille juridique mémorable. Depuis, Twitter, rebaptisé X en 2023, a licencié des milliers de salariés, notamment des modérateurs de contenu, et ouvert les vannes du complotisme et de l’incitation à la haine.

    Choc des cultures
    Selon la recette éprouvée qui fait la force des documentaires d’actualité Frontline, ce film de James Jacoby entremêle témoignages clés et archives récentes. Il nous replonge jour après jour dans un haletant feuilleton qui a mal fini : la reprise en main de Twitter et une « conversation mondiale » qui vire à la polarisation et à la virulence. Plusieurs ex-salariés de la plate-forme livrent d’éclairants témoignages sur l’avant et l’après-Elon Musk, racontant le choc des cultures entre monde industriel et pépite de la tech, les licenciements brutaux et même un inquiétant déchaînement de haine, complaisamment relayé par le réseau social, à l’encontre de l’un d’entre eux, Yoel Roth, en charge du département de la confiance et de la sécurité de la plate-forme au moment du rachat. Retraçant une décennie de relations orageuses entre Twitter et l’impulsif milliardaire, et le débat sur la liberté d’expression et la désinformation qu’elles ont alimenté, cette enquête à l’efficacité anglo-saxonne montre comment la démocratie a perdu quelques plumes dans l’aventure.

    Réalisation : James Jacoby

    Pays : Etats-Unis

    Année : 2023
    Durée : 91 min

    Disponible du 27/02/2024 au 26/05/2024

    Genre : Documentaires et reportages

    #impérialisme #propagande #relatiins_publiques #manipulation #réseaux_sociaux #économie #idéologie #culte_de_la_personne #monopoles #film #documentaire #TV

  • « La vraie #souveraineté_alimentaire, c’est faire évoluer notre #modèle_agricole pour préparer l’avenir »

    Professeur à l’université Paris-Saclay AgroParisTech, l’économiste de l’environnement #Harold_Levrel estime que le concept de « souveraineté alimentaire » a été détourné de sa définition originelle pour justifier un modèle exportateur et productiviste.

    Hormis les denrées exotiques, dans la plupart des secteurs, la #production_agricole nationale pourrait suffire à répondre aux besoins des consommateurs français, sauf dans quelques domaines comme les fruits ou la volaille. Or, les #importations restent importantes, en raison d’un #modèle_intensif tourné vers l’#exportation, au risque d’appauvrir les #sols et de menacer l’avenir même de la production. D’où la nécessité de changer de modèle, plaide l’économiste.

    Comment définir la souveraineté alimentaire ?

    Selon la définition du mouvement altermondialiste Via Campesina lors du sommet mondial sur l’alimentation à Rome en 1996, c’est le droit des Etats et des populations à définir leur #politique_agricole pour garantir leur #sécurité_alimentaire, sans provoquer d’impact négatif sur les autres pays. Mais les concepts échappent souvent à ceux qui les ont construits. Mais aujourd’hui, cette idée de solidarité entre les différents pays est instrumentalisée pour justifier une stratégie exportatrice, supposée profiter aux pays du Sud en leur fournissant des denrées alimentaires. Le meilleur moyen de les aider serait en réalité de laisser prospérer une #agriculture_vivrière et de ne pas les obliger à avoir eux aussi des #cultures_d’exportation. Au lieu de ça, on maintient les rentes de pays exportateurs comme la France. Quand le gouvernement et d’autres parlent d’une perte de souveraineté alimentaire, ça renvoie en réalité à une baisse des exportations dans certains secteurs, avec un état d’esprit qu’on pourrait résumer ainsi : « Make French agriculture great again. » Depuis le Covid et la guerre en Ukraine, la souveraineté alimentaire est devenue l’argument d’autorité pour poursuivre des pratiques qui génèrent des catastrophes écologiques et humaines majeures.

    Nous n’avons donc pas en soi de problème d’#autonomie_alimentaire ?

    Ça dépend dans quel domaine. Les défenseurs d’un modèle d’exploitation intensif aiment à rappeler que notre « #dépendance aux importations » est de 70 % pour le #blé dur, 40 % pour le #sucre, et 29 % pour le #porc. Mais omettent de préciser que nos taux d’auto-approvisionnement, c’est-à-dire le rapport entre la production et la consommation françaises, sont de 123 % pour le blé dur, 165 % pour le sucre, et 99 % pour le porc. Ça signifie que dans ces secteurs, la production nationale suffit en théorie à notre consommation, mais que l’on doit importer pour compenser l’exportation. Il y a en réalité très peu de produits en France sur lesquels notre production n’est pas autosuffisante. Ce sont les fruits exotiques, l’huile de palme, le chocolat, et le café. On a aussi des vrais progrès à faire sur les fruits tempérés et la viande de #volaille, où l’on est respectivement à 82 et 74 % d’auto-approvisionnement. Là, on peut parler de déficit réel. Mais il ne serait pas très difficile d’infléchir la tendance, il suffirait de donner plus d’aides aux maraîchers et aux éleveurs, qu’on délaisse complètement, et dont les productions ne sont pas favorisées par les aides de la #Politique_agricole_commune (#PAC), qui privilégient les grands céréaliers. En plus, l’augmentation de la production de #fruits et #légumes ne nécessite pas d’utiliser plus de #pesticides.

    Que faire pour être davantage autonomes ?

    A court terme, on pourrait juste rebasculer l’argent que l’on donne aux #céréaliers pour soutenir financièrement les #éleveurs et les #maraîchers. A moyen terme, la question de la souveraineté, c’est : que va-t-on être capable de produire dans dix ans ? Le traitement de l’#eau polluée aux pesticides nous coûte déjà entre 500 millions et 1 milliard d’euros chaque année. Les pollinisateurs disparaissent. Le passage en #bio, c’est donc une nécessité. On doit remettre en état la #fertilité_des_sols, ce qui suppose d’arrêter la #monoculture_intensive de #céréales. Mais pour cela, il faut évidemment réduire certaines exportations et investir dans une vraie souveraineté alimentaire, qui nécessite de faire évoluer notre modèle agricole pour préparer l’avenir.

    https://www.liberation.fr/environnement/agriculture/la-vraie-souverainete-alimentaire-cest-faire-evoluer-notre-modele-agricol
    #agriculture_intensive #industrie_agroalimentaire

  • #Destruction des #haies : la grande accélération

    Malgré les règlementations et les subventions, le bocage continue de disparaître et de se dégrader. Pour éclairer le sujet de ce bocage qui régresse, le média Splann ! a mené l’enquête dans une partie du #Trégor, au nord-ouest de la #Bretagne.

    Le bocage joue pourtant un rôle clé et structurant dans le paysage et la qualité environnementale des espaces cultivables.

    Loin d’être des alliées les haies sont devenues des plaies pour une partie des agriculteurs. Pour entretenir un bocage et des haies, il faut de la main-d’œuvre et des #savoir-faire parfois perdus. Autrefois faisant l’usage de limite entre parcelles, la haie a perdu son sens avec les nouvelles formes d’#agriculture. En Bretagne en 10 ans les exploitations ont grossi de 14ha en moyenne.

    « La disparition des haies est une conséquence de la disparition des élevages laitiers, de l’agrandissement des exploitations et de l’intensification du #modèle_agricole. 159,2km de haies détruits en 20 ans sur un territoire sensibles aux algues vertes et exceptionnel par son fleuve sauvage : la #vallée_du_Léguer. »

    https://www.radiofrance.fr/franceinter/podcasts/la-terre-au-carre/la-terre-au-carre-du-mercredi-28-fevrier-2024-8031910
    #bocage #France #agriculture_intensive #élevage

    • En Bretagne, la #dégradation du bocage continue

      Le bocage est globalement en mauvais état. D’importants arrachages de haies ont lieu en Bretagne dans des zones jusque-là préservées, en raison de l’agrandissement des fermes.

      – L’érosion qualitative du bocage se poursuit malgré les investissements publics.
      - Les zones bocagères du Centre Bretagne subissent d’importants arasements de haies sur talus.
      – La disparition des haies est une conséquence de la disparition des élevages laitiers, de l’agrandissement des exploitations et de l’intensification du modèle agricole.
      - 159,2 km de haies détruits en vingt ans sur un territoire sensible aux algues vertes et exceptionnel par son fleuve sauvage : la vallée du Léguer.

      « Quand ils ont repris mes terres, ils ont tout rasé, mis tout ça « propre ». Il y avait quatre parcelles, il n’y en a plus qu’une. J’avais des beaux chênes, c’est moi qui les avais élevés, quand même. Ça m’a fait mal au ventre, je peux te dire. » Maurice, paysan retraité dans le Goëlo (22), est amer de constater la dégradation du paysage dont il a eu la charge. C’est loin d’être un cas isolé. Les paysages et la biodiversité du bocage du nord-ouest de la France s’appauvrissent à une vitesse qui impressionne même les chercheurs.

      « C’est une période de rupture paysagère. On a été surpris par l’ampleur, l’intensité de cette transformation des paysages, qui est identique quelle que soit la zone étudiée » (— Thibaut Preux, auteur d’une thèse sur la transformation du bocage normand, et actuellement en travail d’étude dans le Centre Bretagne.)

      Les haies continuent de subir un déclin de grande ampleur. Pire : le rythme s’accélère depuis la dernière décennie. Chaque année, environ 23.500 km de haies disparaissent en France. 70 % ont été rayées de la carte depuis les remembrements des années 1950. La tendance n’est pas près de s’inverser : « La disparition et la dégradation des haies sont des conséquences inéluctables de l’évolution de notre modèle agricole, explique le rapport du Conseil général de l’alimentation, de l’agriculture et des espaces ruraux (CGAAER), remis au ministère de l’Agriculture en avril 2023. L’intensification des productions, la régression de l’élevage à l’herbe, la baisse constante du nombre d’agriculteurs avec en corollaire l’augmentation de la taille des exploitations ont fait des haies une contrainte pour l’exploitant agricole. » Cette analyse est partagée par les chambres d’agriculture de Bretagne qui désignent « l’évolution du parcellaire et des exploitations – reprises de parcelles, échanges, agrandissements d’entrée de champ » parmi les causes des arrachages.

      Pourtant, le déclin de la haie revient à perdre une alliée précieuse face à l’effondrement de la biodiversité et aux conséquences du dérèglement climatique : inondations catastrophiques, sécheresses interminables, pollution de l’eau, canicules étouffantes, autant de catastrophes accentuées par l’arrachage des talus et des haies. À l’heure où le pays se prépare à affronter un réchauffement de +4 °C, préserver le bocage est crucial tant pour l’agriculture que pour l’ensemble de la société.

      En Bretagne, la qualité du bocage s’érode toujours

      Face à cet appauvrissement du paysage, la Région Bretagne a lancé dès 2007 un programme de replantation : Breizh Bocage. En Loire-Atlantique, c’est le cadre régional « Liger Bocage et Agroforesterie » qui a été lancé en 2021. Les efforts en termes de plantations et de subventions sont indéniables (6.500 km de haies plantées depuis 2008 par la Région Bretagne). Mais le rapport du CGAAER souligne la limite des politiques publiques en faveur du bocage : « Si l’accent est souvent mis sur la création de nouvelles haies, il convient avant tout de mieux protéger le linéaire existant ».

      Le nombre de kilomètres de haies en Bretagne administrative semble stabilisé depuis 2020. Mais il faut nuancer cette avancée. Le bocage, ce ne sont pas que des haies, mais aussi des talus sans arbres et des lisières de forêt. Et quand on tient compte de tous ces éléments, on note un recul de 4 % du bocage.
      Compenser une haie fonctionnelle est impossible

      Le problème, c’est que la plupart des chiffres raisonnent en linéaires, c’est-à-dire en longueur de haies. Ils ne tiennent pas compte de la qualité effective des haies : le bocage breton est en très mauvais état. 80 % des haies sont mal entretenues [lire notre article « Le bocage, lourde charge pour les agriculteurs »], et dépérissent. C’est même la principale cause de l’érosion du bocage, avant les arasements. L’autre biais, de taille, est que la politique agricole commune (PAC) considère dans certains cas qu’on peut remplacer une haie existante par une jeune plantation : un exploitant peut donc arracher autant qu’il veut, tant qu’il compense en replantant le même équivalent linéaire un peu plus loin.

      « Un linéaire qui fonctionne bien, dense, avec des arbres anciens, on ne le compense pas avec une jeune haie avec des arbres de deux ans le long d’un bâtiment », explique Julie Le Pollès, technicienne bocage au syndicat de la baie de Douarnenez (Epab, 29). Faute de suivi et d’entretien [lire « Champ libre aux destructions »], de nombreuses haies issues de compensations périclitent : « Si ce n’est pas accompagné, on peut avoir un taux de reprise [survie des plants, NDLR] de 20-30 %. Il n’y a pas d’attente qualitative, on n’est que sur du quantitatif, et c’est là qu’il y a un problème. »

      Rupture paysagère en Centre Bretagne

      En 2022, à Spézet (29), quatre kilomètres de haies sur talus ont été arrachés et « compensés », le tout dans une zone très bocagère. Cet épisode suscite une forte indignation d’une partie de la population en Centre Bretagne, qui s’est organisée en collectifs « Kleuzioù » (« talus », en breton) pour défendre ce patrimoine paysager.

      Le sujet est sensible, car dans cette partie de la Bretagne, nombre de fermes laitières cessent leur activité et partent à l’agrandissement des exploitations voisines, faute de jeunes repreneurs. « La filière est en train de se restructurer à une vitesse grand V, parce qu’elle est pilotée de plus en plus par les industries laitières, notamment les grands groupes comme Lactalis, ou les grandes coop’ comme Agrial…, explique l’universitaire Thibaut Preux. Il est très probable que la restructuration de la filière ait des conséquences sur les paysages et notamment sur le maintien des particularités que sont les bocages, le maintien des prairies permanentes, et sur la qualité de l’eau. »

      Les disparités sont fortes entre les terroirs bretons. Dans des secteurs où le bocage a déjà été simplifié depuis les années 1970, on note peu d’évolution. Par endroits, le gain en termes de linéaires de haie est notable, grâce à Breizh Bocage : sur le bassin versant de Douarnenez, classé bassin algues vertes, une soixantaine de kilomètres de haies environ a été gagnée, selon les estimations fournies par la technicienne Julie Le Pollès.

      La dynamique est tout autre au centre de la péninsule : des Monts d’Arrée au Kreiz Breizh en passant par le Sud-Trégor, où le maillage de haies sur talus est encore dense, l’érosion qualitative récente et rapide du bocage ne fait aucun doute.

      De la source du Léguer à son embouchure, 159 km de haies détruites en vingt ans

      Difficile, à l’échelle de la Bretagne, de savoir combien de haies et talus ont ainsi disparu. Des associations, comme Eau et Rivières de Bretagne et le site Sentinelles de la Nature, s’emploient à recenser celles dont elles ont connaissance, sans parvenir à une vision exhaustive. Splann ! s’y est attelé dans une partie du Trégor, autour de la baie de Lannion, sur le territoire du Sage, un document qui élabore la stratégie locale en matière de gestion de l’eau. Le résultat est net : 159,2 km de linéaire bocager ont été détruits entre 2003 et 2023. Sollicités sur ces chiffres, ni Lannion-Trégor Communauté, ni Guingamp-Paimpol Agglomération n’ont répondu à nos questions.

      2015 : année catastrophique pour le bocage

      Point culminant des arrachages en France : la catastrophique période 2014-2016, juste avant l’entrée en vigueur de la nouvelle PAC (Politique agricole commune). L’Europe décide de passer les haies en « surfaces non-agricoles » et d’interdire leur arrachage, tout en précisant qu’elles restent éligibles aux aides. Il s’ensuit une certaine confusion : de nombreux agriculteurs s’attendent à ce que les haies diminuent les subventions auxquelles ils ont droit, qui sont calculées en fonction de la taille de leurs parcelles. De peur que leurs haies soient sanctuarisées et qu’ils ne puissent plus y toucher, de nombreux agriculteurs préfèrent les faire disparaître avant qu’elles ne figurent sur les cartes. Cette nouvelle PAC, qui avait pour objectif de protéger les haies, a finalement entraîné beaucoup de destructions.

      Combien de kilomètres de haies ont été détruits à cette période ? Difficile à dire, d’autant plus que des haies ont été gommées des cartes : les allers-retours entre services et les sous-déclarations faites par des agriculteurs ont « abouti à une forte sous-estimation du linéaire de haies », soit « plus de 30 % des linéaires qui ne sont pas protégés », estime l’association de promotion de la haie Afac-Agroforesterie dans un rapport consacré à cette mesure de « protection des haies » de la PAC. « Ils n’auraient pas interdit l’arrachage des haies, ça s’en serait pas arraché la moitié », rapporte ainsi un agriculteur, cité dans la thèse de Léo Magnin, consacrée à l’application des Bonnes conditions agricoles et environnementales (BCAE 7).
      « On ne sait pas combien de haies ont été détruites »

      Aujourd’hui, le bocage est suivi par des techniciens qui travaillent pour des collectivités locales ou syndicats de bassin versant. Suivant leurs fiches de poste et agréments, ils sont chargés de déployer les plantations du programme régional Breizh Bocage, de conseiller les agriculteurs qui souhaitent « déplacer » une haie (comprendre : « détruire » et « compenser »), et d’observer l’évolution de la maille bocagère sur l’ensemble du territoire qu’ils couvrent. Mais la tâche est ardue : obtenir des chiffres fiables et actualisés est presque impossible.

      Les données cartographiques, malgré un travail d’amélioration en cours, sont incomplètes et erronées, notamment parce que les services de l’État ont eu recours, pour identifier les éléments bocagers, à l’aide de photos aériennes, à des « travailleurs du clic » à l’étranger. Les Directions départementales des territoires et de la mer (DDTM) ont une vue d’ensemble sur les dossiers d’arrachages déclarés, mais les techniciens bocage locaux, bien souvent, n’y ont pas accès. « On ne sait pas combien de linéaire a été détruit, déplore Gwenaëlle*, technicienne bocage en Bretagne-Sud. À chaque fois on redemande à la DDTM pourquoi les arasements dont ils ont connaissance ne sont pas numérisés, on ne comprend pas comment est traité ce volet-là. »

      Aux techniciens de se débrouiller seuls pour obtenir des données sur les évolutions du maillage bocager de leur territoire, de mener leur propre travail de cartographie, très chronophage. « On n’est pas aidés par la DDTM, et ce n’est pas un euphémisme », appuie Erwan*, technicien bocage dans une collectivité, qui affirme être parvenu à obtenir, « par des chemins détournés », un jeu de données cartographiques détenu par les services de l’État. « Il y a un verrou de la part de la DDTM pour ne pas donner ça aux opérateurs de terrain », constate-t-il. Julie Le Pollès, technicienne à Douarnenez, prend l’exemple de son territoire, où la DDTM aurait consenti à donner le nombre de dossiers traités, mais pas les emplacements précis des linéaires : « Ça complique le suivi du maillage bocager. On estime que 14 km de haies ont été détruits depuis 2015, dont 9 qui étaient déclarés à la PAC. On sait qu’on a 1,7 km de compensé, mais le reste on n’en sait rien. » Contactées par Splann !, aucune des DDTM de Bretagne administrative n’a répondu à nos questions.
      « Les arasements non déclarés seraient le plus gros des arasements »

      « Sans inventaire en temps réel, c’est compliqué de dire que le bocage est stabilisé, entre ce qui est détruit et ce qui est créé, commente Ronan*, technicien bocage dans le Finistère. Si ça se trouve, il y a deux fois plus de linéaires qui ont été arasés et on ne le sait pas, en fait. » Le suivi du bocage est encore plus ardu quand les arrachages sont faits sans déclaration. Par exemple, dans le bassin versant de l’Aulne, un comptage effectué par un naturaliste pour l’association Bretagne Vivante a recensé au moins 55 km de haies détruits dans seulement six communes allant de Saint-Rivoal à Scrignac entre 2005 et 2022. D’après nos informations, la grande majorité n’aurait pas fait l’objet de déclaration ni de compensation.

      À titre de comparaison, le syndicat de bassin versant a planté une trentaine de kilomètres de haies depuis 2013, sur un territoire à cheval sur 49 communes. Bien au-dessous des destructions répertoriées sur une fraction de son territoire. « Les arasements non déclarés et que personne ne voit, je dirai que c’est le plus gros des arasements qui existent. Donc, ça reste inconnu à tous », poursuit Ronan, le technicien bocage. « C’est trop tard, on ne reviendra pas en arrière, assène Maurice, l’exploitant retraité du Goëlo (22). Et comme il y a de moins en moins de paysans, et qu’il va continuer à y en avoir de moins en moins, il y aura encore des regroupements d’exploitations, et y’aura l’arasement des talus automatiquement. Ça, il ne faut pas se voiler la face. »

      * Les prénoms ont été modifiés.

      https://splann.org/enquete/bocage/degradation-bocage-continue

  • Face au manque de neige, les habitants font revivre les stations délaissées

    Alors que la neige manque et que les stations de ski ne sont plus rentables, des habitants du massif de la Chartreuse tentent de faire revivre, sous forme associative, celles de leur village.

    « C’est une saison noire… ou plutôt une saison verte ! » La situation n’est pas réjouissante, mais Pascual Lacroix garde son sens de l’humour. En pleines vacances de février, l’herbe est détrempée sur les pentes de la station de ski de Saint-Hilaire-du-Touvet, dans le massif de la Chartreuse (Isère), parsemée ça et là de petits monticules de neige. Les flocons tant espérés ne sont jamais vraiment tombés, et les températures, bien trop douces, ont vite entamé les quelques centimètres de poudreuse.

    Pourtant, tout était prêt. Depuis des mois, Pascual Lacroix et les autres bénévoles de l’association Ag’Hil, Agir pour la station de Saint-Hil’, ne comptaient pas leurs heures, en dehors de leurs horaires de travail pour certains, les soirs, les week-ends, pour tout installer : dameuses remises d’aplomb, téléskis en place, abords des pistes débroussaillés, planning des postes programmé. L’association s’est constituée au printemps 2023, bien déterminée à rouvrir la station de ski pour la saison 2023-2024.

    Fin 2021, la station de ski (11 pistes et 5 téléskis) était mise à l’arrêt après de gros éboulements ayant détruit en grande partie le funiculaire de Saint-Hilaire-du-Touvet. Première infrastructure touristique de la commune du Plateau-des-Petites-Roches, le funiculaire permettait de financer le fonctionnement de la station de ski, « structurellement déficitaire », explique la maire de la commune, Dominique Clouzeau, les deux infrastructures étant sous régie municipale. « Après les éboulements, on a dû se résoudre à licencier les trois salariés de la régie, et à tout mettre en pause. »

    « Il fallait être un peu fous »

    Quand la question de rouvrir ou non la station de ski s’est posée, avec un funiculaire toujours à l’arrêt, le constat de la commune fut sans appel : impossible de mobiliser les 150 000 euros que coûterait l’ouverture de la station sur la saison hivernale, alors que l’enneigement est de plus en plus incertain. Une habitante du village, Perrine Broust, a malgré tout écrit une lettre ouverte à la municipalité, qui a réuni « 200 signatures en vingt-quatre heures », se souvient la quarantenaire.

    Petit à petit, l’idée d’une structure associative pour reprendre la gestion des remontées mécaniques, « utopique au début », fait son chemin. Même si les défis, notamment administratifs et financiers, sont énormes : « Il fallait être un peu fous pour faire ça », rient Perrine et Pascual. « Mais nous, on a skié ici, on a appris à nos enfants à skier ici. La station, c’est un lieu de convivialité essentiel, on ne voulait pas perdre ça. »

    En quelques mois, l’association en devenir a réuni plus de 200 adhérents, habitants de Chartreuse et d’ailleurs. Chacun a apporté ses compétences, son savoir-faire ou tout simplement son énergie : l’ancien garagiste du village s’est porté volontaire pour réparer la dameuse, les anciens salariés de la station sont venus donner des conseils, de nombreux bénévoles se sont formés aux remontées mécaniques. « Cela a rassuré le SRMTG [le Service technique des remontées mécaniques et des transports guidés, qui donne les autorisations d’exploiter le matériel] et les assurances de voir que l’on avait tout ce qu’il fallait pour que tout fonctionne bien », souligne Pascual.
    Un modèle associatif qui essaime

    Face à un enneigement toujours plus aléatoire — la plupart des stations de ski sont situées à un peu plus de 1 000 mètres, et la plus haute à 1 300 mètres d’altitude — et des équations financières impossibles à tenir pour les communes lorsque les gestionnaires privés ont déserté, le modèle associatif s’impose progressivement dans le massif de la Chartreuse. La flexibilité financière et organisationnelle que permet le modèle associatif a déjà séduit la moitié des huit stations de Chartreuse. « On ne s’appelle pas Ag’hil pour rien », souligne Perrine, malicieuse. « Si demain il neige, on envoie un mail aux bénévoles et on est prêt à ouvrir ! »

    La station voisine du Planolet, située à 1 100 mètres d’altitude au cœur du massif, a pu ouvrir quelques jours début janvier. Là aussi, Nouvelles traces en Chartreuse, la toute nouvelle association qui s’occupe depuis cette année des remontées mécaniques, a fédéré habitants et sympathisants de la station, après une saison 2022-2023 gérée de manière spontanée par un collectif d’habitants. Loueur à la retraite, restaurateur de la station, ancien pisteur… « Toutes des personnes qui ont envie de sauver la station », résume Yann Daniel, directeur de l’école de ski de Saint-Pierre-de-Chartreuse et membre de l’association.

    Tout au nord du massif de la Chartreuse, l’association Les skieurs du Granier, qui regroupe 115 bénévoles, gère depuis 2019 le domaine de ski du même nom, après avoir bénéficié d’une délégation de service public de la Communauté de communes Cœur de Chartreuse. « La station n’était pas viable économiquement, c’est pour ça qu’on a créé une association », raconte Violaine Rey, bénévole depuis les débuts. « On s’est aussi rendu compte que c’était un argument auprès des gens qui viennent dans la station, ils apprécient la convivialité qui découle du modèle associatif : tout le monde se connnait et la station est à taille humaine. »
    Penser « l’après-ski »

    Cette année, l’enneigement catastrophique contrarie quelque peu ces élans tout neufs. « C’est la première année “blanche” depuis qu’on a repris la station avec l’association », se désole Violaine Rey. « On savait que ça n’allait pas durer cinquante ans, mais ça fait bizarre de voir que ça y est, c’est sûrement la fin d’une ère », regrette la jeune femme qui a appris à skier dans la station et y a même été saisonnière. La suite ? « Elle est assez floue, on réfléchira à tête froide », concède Violaine Rey. « Il y aura évidemment des questions à se poser à l’issue de cette non-saison. »

    « C’est un peu la gueule de bois », reconnaissent de leur côté Perrine et Pascual. « On a tellement travaillé, tellement de choses ont été mises en place… On retente l’aventure l’année prochaine ! » Au-delà du ski, les bénévoles sont lucides : comme beaucoup de stations de ski de moyenne montagne, il faudra penser « l’après-ski »... et diversifier le modèle économique. « On réfléchit aux “quatre saisons”, avec la randonnée, les raquettes, le VTT », abonde la maire du #Plateau-des-Petites-Roches Dominique Clouzeau, pour qui l’horizon est clair : « On ne veut pas devenir un village-dortoir. »

    https://reporterre.net/Face-au-manque-de-neige-les-habitants-font-revivre-les-stations-delaisse

    #Saint-Hilaire-du-Touvet #neige #Chartreuse #ski #enneigement #stations_de_ski #montagne #association #Ag’Hil #Planolet #remontées_mécaniques #Les_skieurs_du_Granier #bénévolat #convivialité #moyenne_montagne

  • RTS  : La « conduite inappropriée » de certains soldats israéliens à Gaza dénoncée

    En Israël, l’avocate générale des armées met en garde contre des comportements inacceptables de la part de certains soldats à Gaza. En effet, plusieurs d’entre eux ont affiché leurs faits d’armes sur les réseaux sociaux, notamment des actes de #vengeance.

    Dans une lettre envoyée au bureau du procureur militaire, l’avocate générale des armées fait état de « conduites inappropriées qui s’écartent des valeurs de l’armée israélienne » : des recours à la force injustifié, des #pillages, des #destructions de biens civils…

    Moqueurs, sans-gêne, destructeurs...
    Plusieurs publications de vidéos prises en territoire palestinien par des soldats israéliens ont été dénoncés. Par exemple, sur l’une d’elles, un soldat assis sur une chaise sort d’un sac posé devant lui des maillots de football de grands clubs européens.

    Sur d’autres images, un militaire montre un pendentif qu’il compte, dit-il, ramener à sa petite amie. Tandis qu’un autre joue avec une guitare trouvée dans les décombres et que d’autres forcent un petit coffre-fort.

    Dans une autre vidéo, tournée dans une papeterie du camp de réfugié de Jabaliya, au nord de la bande de Gaza, un militaire renverse un présentoir encore rempli de crayons et d’autocollants. Il jette les cahiers qui se trouvent sur les étagères de cette petite boutique alors que son camarade le filme en riant.

    Des images de soldats qui mettent le feu à des cartons de nourriture et à des packs d’eau trouvés à l’arrière d’un camion dans un entrepôt ont aussi été diffusées. Le militaire qui filme retourne la caméra vers lui et conclut tout sourire par souhaiter à tous de bonnes vacances et de joyeuses fêtes de #hanouka.

    Un préjudice stratégique
    Selon l’avocate générale de l’armée israélienne, de tels actes causent à l’Etat d’israël et à l’armée un préjudice stratégique sur la scène internationale. Certains incidents dépassent le seuil disciplinaire et franchissent le seuil pénal, poursuit Yifat Tomer Yérushalmi.

    Ces actes entachent l’image des forces de défenses israéliennes qui se sont longtemps targuées d’être l’armée la plus morale au monde.

    Dans une lettre envoyée tout récemment à ses troupes, le chef d’état-major de l’armée, Herzi Halevi, rappelle notamment aux soldats qu’il ne faut rien prendre qui ne leur appartient pas et qu’il ne faut pas filmer de vidéos de vengeance.

    Sujet radio : Charlotte Derouin
    Adaptation web : juma
    Publié vendredi à 09:57 Modifié vendredi à 09:58

    Source : https://www.rts.ch/info/dossiers/2023/guerre-entre-israel-et-le-hamas/2024/article/la-conduite-inappropriee-de-certains-soldats-israeliens-a-gaza-denoncee-28413706

    #vols #destruction #moralité #armée #militaires #exactions #soldats #violence #butin #racisme #religion

  • Les demandes d’asile dans l’UE à leur plus haut niveau depuis la crise migratoire de 2015-2016
    https://www.lemonde.fr/international/article/2024/02/28/les-demandes-d-asile-dans-l-ue-a-leur-plus-haut-niveau-depuis-la-crise-migra

    Les demandes d’asile dans l’UE à leur plus haut niveau depuis la crise migratoire de 2015-2016
    Le Monde avec Reuters
    En 2023, le nombre des demandes d’asile dans l’Union européenne a bondi de 18 % pour atteindre le chiffre de 1,14 million, selon les données publiées mercredi 28 février par l’Agence de l’Union européenne pour l’asile. Il s’agit du niveau le plus élevé depuis la crise migratoire de 2015-2016. Ces nouveaux chiffres sont susceptibles d’alimenter un débat déjà houleux sur l’immigration, à l’approche d’une série d’élections sur le continent, en particulier les élections pour le Parlement européen, en juin, où les partis d’extrême droite devraient faire des percées.
    Les ressortissants syriens et afghans restent les groupes les plus importants parmi les demandeurs d’asile, selon les données de l’agence. Fait nouveau, les Turcs constituent le troisième groupe de demandeurs d’asile, avec une hausse de 82 % de demandes par rapport à 2022.Dans le contexte de la guerre entre Israël et le Hamas, le nombre de Palestiniens demandant l’asile dans l’UE a atteint un niveau record de près de 11 600 en 2023, a dit l’agence, tout en notant la difficulté d’enregistrer correctement leur importance, la plupart des Etats membres ne reconnaissant pas l’Etat palestinien. L’Allemagne a été une fois de plus la première destination des demandeurs d’asile dans le bloc, recevant près d’un tiers de toutes les demandes.
    Si le nombre des demandes d’asile pour 2023 est légèrement inférieure au niveau de 2016, ces demandes s’ajoutent aux 4,4 millions de ressortissants ukrainiens qui ont cherché refuge dans l’UE depuis l’invasion de leur pays par la Russie et qui n’ont pas besoin d’introduire une demande officielle.Frontex, l’Agence européenne de gardes-frontières et de gardes-côtes, a annoncé en janvier avoir enregistré la plus forte hausse de franchissements irréguliers des frontières du bloc depuis 2016, ce qui a contribué à alimenter le débat sur les moyens de freiner l’immigration, certaines autorités locales se disant débordées par l’afflux de migrants.
    Bruxelles a renforcé ses lois sur l’asile depuis 2016 et a conclu des accords au Moyen-Orient et en Afrique du Nord afin de décourager les départs des pays d’origine.

    #Covid-19#migrant#migration#UE#allemagne#frontex#immigration#asile#syrie#afghanistan#turquie#palestine#russie#moyenorient#afriquedunord#sante#fluxmigratoire

  • [Les Promesses de l’Aube] Faire mouvement(s) en économie sociale
    https://www.radiopanik.org/emissions/les-promesses-de-l-aube/faire-mouvements-en-economie-sociale

    Ce mercredi matin nous aurons le plaisir de recevoir François Welter (CARHOP) et Pierre Georis (ancien secrétaire général du #moc) pour nous parler l’histoire de l’économie sociale et du mouvement coopératif en Belgique, et en particulier, sa place au sein du #mouvement_ouvrier Chrétien. Il sera également question des convergences entre les différentes formes d’économie sociale et des différents obstacles rencontrés.

    #mémoire #syndicats #carhop #action_sociale #histoire_sociale #économie_soicale #mémoire,syndicats,carhop,moc,mouvement_ouvrier,action_sociale,histoire_sociale,économie_soicale
    https://www.radiopanik.org/media/sounds/les-promesses-de-l-aube/faire-mouvements-en-economie-sociale_17375__1.mp3

  • Rotta balcanica: i sogni spezzati nella Drina
    https://www.balcanicaucaso.org/aree/Bosnia-Erzegovina/Rotta-balcanica-i-sogni-spezzati-nella-Drina-229948

    Nelle acque del fiume Drina, in Bosnia Erzegovina, decine di migranti sono morti nel tentativo di avvicinarsi al sogno di una vita migliore in quell’Europa che li respinge. Volontari del Soccorso alpino di Bijeljina e attivisti sono impegnati nel difficile recupero dei corpi

    • Rotta balcanica : i sogni spezzati nella Drina

      Nelle acque del fiume Drina, in Bosnia Erzegovina, decine di migranti sono morti nel tentativo di avvicinarsi al sogno di una vita migliore in quell’Europa che li respinge. Volontari del Soccorso alpino di Bijeljina e attivisti sono impegnati nel difficile recupero dei corpi.

      “Finora non mi è mai capitato di sognare uno dei corpi ritrovati, non ho mai avuto incubi. Proprio mai. Credo sia una questione di approccio. Soltanto chi non ha la coscienza pulita fa incubi”, afferma Nenad Jovanović, 37 anni, membro della squadra del Soccorso alpino di Bijeljina.

      Negli ultimi sei anni, Jovanović ha partecipato alle operazioni di recupero di oltre cinquanta corpi di migranti nell’area che si estende dal villaggio di Branjevo alla foce del fiume Drina [nella Bosnia orientale], tutti di età inferiore ai quarant’anni, annegati nel tentativo di entrare in Bosnia Erzegovina dalla Serbia, per poi proseguire il loro viaggio verso altri paesi europei, in cerca di un posto sicuro per sé e per i propri familiari.

      “Ogni volta che scoppia un nuovo conflitto in Medio Oriente, in Afghanistan, Iraq o altrove, assistiamo ad un aumento degli arrivi di migranti in cerca di salvezza nei paesi dell’Unione europea. Purtroppo, per alcuni di loro la Drina si rivela un ostacolo insormontabile. Il loro è un destino doloroso che può capitare a chiunque”, spiega Nenad Jovanović.

      Durante le operazioni di recupero dei corpi, Jovanović più volte è stato costretto a gettarsi nel fiume in piena, rischiando la propria vita.

      “Recentemente abbiamo recuperato il corpo di un uomo proveniente dall’Afghanistan. Era in acqua da circa un anno. I pescatori che per primi lo avevano notato non erano nemmeno sicuri che si trattasse di un corpo umano. Potete immaginare lo stato in cui si trovava”, afferma Jovanović.

      Un suo collega, Miroslav Vujanović, si sofferma sull’aspetto umano del lavoro del soccorritore. “A prescindere dallo stato di decomposizione, cerchiamo in tutti in modi possibili di recuperare il corpo nelle condizioni in cui lo troviamo. Nulla deve essere perso, nemmeno i vestiti. Perché siamo tutti esseri umani. Nel momento del recupero di un corpo magari non pensi alla sua identità, cerchi di fare il tuo lavoro in modo professionale e basta. Poi però quando torni a casa e vedi tua moglie e i figli, inizi a chiederti chi fosse quell’uomo e se anche lui avesse una famiglia. È del tutto normale riflettere su queste cose. Sono però pensieri intimi, che tendiamo a tenere dentro”.

      I volontari del Soccorso alpino di Bijeljina hanno partecipato anche alle operazioni di ricerca e assistenza alle popolazioni colpite dal terremoto nella regione di Banovina (in Croazia) nel 2020 e alle vittime del terremoto che l’anno scorso ha devastato la Turchia. In tutte queste operazioni sono stati costretti ad utilizzare le attrezzature prese in prestito o noleggiate, perché le autorità locali non rispettano gli accordi di cooperazione stipulati con altri paesi. Del resto, la Bosnia Erzegovina è il paese delle assurdità. Lo confermano anche i nostri interlocutori, aggiungendo che a volte si sentono incompresi anche dai loro familiari.

      “Mia moglie spesso si chiede come io possa fare questo lavoro. Oppure invito ospiti a casa per la celebrazione del santo della famiglia, e proprio quando stiamo per tagliare il pane tradizionale, mi chiama la polizia dicendo di aver trovato un cadavere nella Drina. Quindi, mi scuso con gli ospiti, chiedo loro di rimanere e vado a fare il mio lavoro. Non è un lavoro facile, ma per me la più grande soddisfazione è sapere che quel corpo recuperato sarà sepolto degnamente e che la famiglia della vittima, straziata dalla sofferenza, finalmente troverà pace”, spiega Nenad Jovanović.

      Recentemente, Jovanović, insieme ai suoi colleghi Miroslav Vujanović e Safet Omerbegić, ha partecipato ad una cerimonia di commemorazione in memoria dei migranti scomparsi e morti ai confini d’Europa. In quell’occasione sono state inaugurate le lapidi delle tombe dei sedici migranti sepolti nel nuovo cimitero di Bijeljina, situato nel quartiere di Hase. Trattandosi di corpi non identificati, ciascuna delle lastre in marmo nero reca incise, a caratteri dorati, la sigla N.N e l’anno della morte.

      Nel cimitero è stato piantato anche un filare di alberi in memoria delle vittime e sono state collocate due targhe commemorative con la scritta: “Non dimenticheremo mai voi e i vostri sogni spezzati nella Drina”. L’iniziativa è stata realizzata grazie al sostegno dell’associazione austriaca «SOS Balkanroute» e di Nihad Suljić, attivista di Tuzla, che da anni fornisce assistenza concreta ai rifugiati e partecipa alle procedure di identificazione e sepoltura dei morti.

      “Per noi è un grande onore e privilegio sostenere simili progetti. Si tratta di un’iniziativa pionieristica che può fungere da modello per l’intera regione. Per quanto possa sembrare paradossale, siamo contenti che queste persone, a differenza di tante altre, abbiano almeno una tomba. Abbiamo voluto che le loro tombe fossero dignitose e che non venissero lasciate al degrado, come accaduto recentemente a Zvornik”, sottolinea Petar Rosandić dell’associazione SOS Balkanroute.

      Rosandić spiega che la sistemazione delle tombe dei migranti nei cimiteri di Bijeljina e Zvornik è frutto di un’iniziativa di cooperazione transfrontaliera a cui hanno partecipato anche le comunità religiose di Vienna. Queste comunità, che durante la Seconda guerra mondiale erano impegnate nel salvataggio degli ebrei, oggi partecipano a diversi progetti a sostegno dei migranti lungo le frontiere esterne dell’UE.

      “Sulle lastre c’è scritto che si tratta di persone non identificate, ma noi sappiano che in ogni tomba giace il corpo di un giovane uomo i cui sogni si sono spezzati nella Drina. Ognuno di loro aveva una famiglia, un passato, i propri desideri e le proprie aspirazioni. Il loro unico peccato, secondo gli standard europei, era quello di avere un passaporto sbagliato, quindi sono stati costretti a intraprendere strade pericolose per raggiungere i luoghi dove speravano di trovare serenità e un futuro migliore”, afferma l’attivista Nihad Suljić.

      Suljić poi spiega che nel prossimo periodo i ricercatori e gli attivisti si impegneranno al massimo per instaurare una collaborazione con diverse istituzioni e organizzazioni. L’obiettivo è quello di identificare le persone sepolte in modo da restituire loro un’identità e permettere alle loro famiglie di avviare un processo di lutto.

      “Questi monumenti neri sono le colonne della vergogna dell’Unione europea – commenta Suljić - non è stata la Drina a uccidere queste persone, bensì la politica delle frontiere chiuse. Se avessero avuto un altro modo per raggiungere un posto sicuro dove costruire una vita migliore, sicuramente non sarebbero andati in cerca di pace attraversando mari, fiumi e fili spinati. Le loro tombe testimonieranno per sempre la vergogna e il regime criminale dell’UE”.

      Suljić ha invitato i cittadini dell’UE che hanno partecipato alla cerimonia di commemorazione a Bijeljina a chiamare i governi dei loro paesi ad assumersi la propria responsabilità.

      “Non abbiamo bisogno di donazioni né di corone di fiori. Vi invito però a inviare un messaggio ai vostri governi, a tutti i responsabili dell’attuazione di queste politiche, per spiegare loro le conseguenze delle frontiere chiuse, frontiere che uccidono gli esseri umani, ma anche i valori europei”.

      Dalla chiusura del corridoio sicuro lungo la rotta balcanica [nel 2015], nell’area di Bijeljina, Zvornik e Bratunac sono stati ritrovati circa sessanta corpi di migranti annegati nel fiume Drina. Stando ai dati raccolti da un gruppo di attivisti e ricercatori, nel periodo compreso tra gennaio 2014 e dicembre 2023 lungo il tratto della rotta balcanica che include sei paesi (Macedonia del Nord, Kosovo, Serbia, Bosnia Erzegovina, Croazia e Slovenia) hanno perso la vita 346 persone in movimento. Trattandosi di dati reperiti da fonti pubbliche, i ricercatori sottolineano che il numero effettivo di vittime con ogni probabilità è molto più alto. In molti casi, la tragica sorte dei migranti è direttamente legata ai respingimenti effettuati dalle autorità locali e dai membri dell’agenzia Frontex.

      “La morte alle frontiere è ormai parte integrante di un regime di controllo che alcuni autori definiscono un crimine in tempo di pace, una forma di violenza amministrativa e istituzionale finalizzata a mantenere in vita un determinato ordine sociale. Molte persone morte ai confini restano invisibili, come sono invisibili anche le persone scomparse. I decessi e le sparizioni spesso non vengono denunciati, e alcuni corpi non vengono mai ritrovati”, spiega Marijana Hameršak, ricercatrice dell’Istituto di etnologia e studi sul folklore di Zagabria, responsabile di un progetto sui meccanismi di gestione dei flussi migratori alle periferie dell’UE.

      In assenza di un database regionale e di iniziative di cooperazione transfrontaliera, sono i volontari e gli attivisti a portare avanti le azioni di ricerca di persone scomparse e i tentativi di identificazione dei corpi. Al termine della cerimonia di commemorazione, a Bijeljina si è tenuta una conferenza per discutere di questo tema.

      “Molte famiglie non sanno a chi rivolgersi, non hanno mai ricevuto indicazioni chiare. Finora le istituzioni non hanno mai voluto impegnarsi su questo fronte. Spero che a breve ognuno si assuma la propria responsabilità e faccia il proprio lavoro, perché non è normale che noi, attivisti e volontari, portiamo avanti questo processo”, denuncia Nihad Suljić.

      A dare un contributo fondamentale è anche Vidak Simić, patologo ed esperto forense di Bijeljina. Dal 2016 Simić ha eseguito l’autopsia e prelevato un campione di DNA di circa quaranta corpi di migranti, per la maggior parte rinvenuti nel fiume Drina.

      “Questa vicenda mi opprime, non mi sento bene perché non riesco a portare a termine il mio lavoro. Credo profondamente nel giuramento di Ippocrate e lo rispetto. Le leggi e altre norme mi obbligano a conservare i campioni per sei mesi, ho deciso però di conservarli per tutto il tempo necessario, in attesa che il sistema venga cambiato. La mia idea è di raccogliere tutti questi campioni, creare profili genetici individuali, pubblicarli su un sito appositamente creato in modo da aiutare le famiglie – in Afghanistan, Pakistan, Algeria, Marocco e in altri paesi – che cercano i loro cari scomparsi.

      Lo auspicano anche il padre, la madre, la sorella e i fratelli di Aziz Alimi, vent’anni, proveniente dall’Afghanistan, che nel settembre dello scorso anno, nel tentativo di raggiungere la Bosnia Erzegovina dalla Serbia, aveva deciso di attraversare la Drina a nuoto con altri tre ragazzi. Poco dopo la sua scomparsa, nello stesso luogo da dove Aziz per l’ultima volta aveva contattato uno dei suoi fratelli, è stato ritrovato un corpo.

      Dal momento che non è stato possibile identificare il corpo per via del pessimo stato in cui si trovava, i familiari di Aziz, che nel frattempo hanno trovato rifugio in Iran, hanno inviato un campione del suo DNA in Bosnia Erzegovina. Ripongono fiducia nelle istituzioni e nei cittadini bosniaco-erzegovesi per garantire ad Aziz almeno una sepoltura dignitosa.

      Ai presenti alla conferenza di Bijeljina si è rivolta anche la sorella di Aziz, Zahra Alimi, intervenuta con un videomessaggio. “Non abbiamo parenti in Europa che possano aiutarci e davvero non sappiamo cosa fare. Per favore aiutateci, nostro padre è affetto da un tumore e nostra madre ha sofferto molto dopo aver appreso la triste notizia [della scomparsa di Aziz]. Possiamo contare solo su di voi”.

      https://www.balcanicaucaso.org/aree/Bosnia-Erzegovina/Rotta-balcanica-i-sogni-spezzati-nella-Drina-229948
      #route_des_Balkans #Balkans #rivière #Bosnie-Hezégovine #migrations #réfugiés #mourir_aux_frontières #morts_aux_frontières #Bijeljina #Branjevo #Nenad_Jovanović #Nenad_Jovanovic #Serbie #frontières #commémoration #mémoire #cimetière #tombes #SOS_Balkanroute #Nihad_Suljić #Nihad_Suljic #dignité #monument #responsabilité

  • Du « Libertaire » au « Monde Libertaire » après la Seconde Guerre mondiale
    https://www.partage-noir.fr/du-libertaire-au-monde-libertaire-apres-la-seconde-guerre

    Le jeudi 21 décembre 1944, #Le_Libertaire reparaît : quatre pages sous un format réduit, avec ce sous-titre : « Sébastien Faure et Louise Michel : fondateurs ». Il est bi-mensuel et va le rester pendant plus d’une année. Son format est réduit à l’image de la presse de ces temps difficiles. Cependant, même si les caractères du titre sont restés les mêmes, sa présentation est bien différente. Les articles sont courts, le contenu englobe toute l’activité politique, sociale, culturelle de l’époque. C’est, compte-tenu des circonstances, un bon journal. Les hommes et les femmes qui vont l’animer sont mes contemporains. Citons Henri Bouyé, Vincey, Durand, #Suzy_Chevet, auxquels, sortant de Montluc, je vais bientôt me joindre. Si l’on voulait qualifier ce premier numéro et ceux qui vont suivre, on pourrait dire (...)

    #Monde_libertaire #Maurice_Joyeux #Henri_Bouyé #Louis_Mercier-Vega #Gaston_Leval #Georges_Brassens #Volonté_Anarchiste

  • Se retrouver roi
    https://laviedesidees.fr/Se-retrouver-roi

    Rien ne prédisposait Philippe de Valois à ceindre la Couronne de France. Après son intronisation en 1328, il lui faut asseoir sa légitimité dans un contexte adverse, celui de la guerre de Cent Ans naissante. À propos de : Christelle Balouzat-Loubet, Philippe VI : le premier des Valois, Passés composés

    #Histoire #Moyen_Âge #monarchie
    https://laviedesidees.fr/IMG/docx/20240226_philippedevalois.docx
    https://laviedesidees.fr/IMG/pptx/ge_ne_alogie_royale_v2_ajuste_e.pptx


    https://laviedesidees.fr/IMG/pdf/20240226_philippedevalois.pdf

    • Naufragio a Cutro

      https://www.youtube.com/watch?v=8DqKAVz7KSs&t=31s

      Li han visti nel buio aggrappati alle sponde,
      li hai sentiti gridare in mezzo alle onde.
      Hanno detto che c’era tempesta sul mare,
      la guardia costiera li ha guardati annegare.

      Fuggiti da guerre, violenze e da fame,
      da città sbriciolate fra bombe e pietrame
      Dove anche ai bambini è vietato sognare
      l’Europa civile non vuole aiutare.

      Addio, Mohamed, addio, Rashida,
      addio, Bashar, piccola Jalina.
      Non siete persone per chi è a governare,
      ma solo migranti annegati nel mare.

      Rischiare la pelle, i figli e i parenti,
      stipati su barche sfasciate e cadenti
      Ha detto il ministro, non è cosa da fare,
      vi respinge l’Europa, potete annegare.

      Un orsacchiotto incrostato di sabbia,
      fra assi divelte rimane la rabbia.
      Restan soltanto nei vari rottami,
      speranze spezzate di poveri umani.

      Addio, Mohamed, addio, Rashida,
      addio, Bashar, piccola Jalina.
      Non siete persone per chi è a governare,
      ma solo un carico residuale.

      Per giorni e per notti affiorano i corpi,
      li cercano in mare, li cercano in molti.
      Riemergeranno, basta avere pazienza,
      sono dell’Europa la sporca coscienza.

      Addio, Mohamed, addio, Rashida,
      addio, Bashar, piccola Jalina.
      Non siete persone per chi è a governare,
      ma solo migranti annegati nel mare.

      Addio, Mohamed, addio, Rashida,
      addio, Bashar, piccola Jalina.
      Non siete persone per chi è a governare,
      ma solo migranti annegati nel mare.

      #Marina_Corti #Bruno_Podestà #migrations #naufrage #chanson #musique #musique_et_politique #Cutro #mourir_aux_frontières #mourir_en_mer #Méditerranée #mer_Méditerranée #26_février_2023

  • Je verrai toujours vos visages

    Depuis 2014, en France, la Justice Restaurative propose à des personnes #victimes et auteurs d’infraction de dialoguer dans des dispositifs sécurisés, encadrés par des professionnels et des bénévoles comme Judith, Fanny ou Michel. Nassim, Issa, et Thomas, condamnés pour vols avec violence, Grégoire, Nawelle et Sabine, victimes de homejacking, de braquages et de vol à l’arraché, mais aussi Chloé, victime de viols incestueux, s’engagent tous dans des mesures de Justice Restaurative. Sur leur parcours, il y a de la #colère et de l’#espoir, des #silences et des #mots, des #alliances et des #déchirements, des prises de conscience et de la #confiance retrouvée… Et au bout du chemin, parfois, la #réparation...

    https://www.youtube.com/watch?v=YecNA3DW334

    #justice #justice_transformative #film

  • Traversées clandestines de la Manche : Europol annonce le démantèlement d’un important réseau de passeurs
    https://www.lemonde.fr/international/article/2024/02/22/traversees-clandestines-de-la-manche-europol-annonce-le-demantelement-d-un-i

    Traversées clandestines de la Manche : Europol annonce le démantèlement d’un important réseau de passeurs
    Le Monde avec AFP
    Un des réseaux de passeurs les « plus importants » organisant des traversées de la Manche par bateaux a été démantelé, mercredi 21 février, au cours d’une vaste opération internationale, a annoncé Europol jeudi. Dix-neuf personnes ont été arrêtées en Allemagne dans ce coup de filet ayant impliqué les autorités françaises, belges et allemandes, coordonné par Europol et Eurojust, a précisé l’agence européenne de police dans un communiqué.
    L’investigation, qui a duré un an et demi, « s’est concentrée sur un réseau irako-kurde soupçonné de faire passer clandestinement des migrants irréguliers du Moyen-Orient et d’Afrique de l’Est depuis la France vers le Royaume-Uni », a précisé Europol. Il le faisait à l’aide d’« embarcations pneumatiques de mauvaise qualité », ni adaptées ni sûres pour le transport de plus de dix personnes, selon l’agence.
    Les suspects ont perçu « entre 1 000 et 3 000 euros par migrant »
    « Toutefois, en moyenne, les passeurs placent une cinquantaine de migrants dans un de ces bateaux. Au total, les enquêteurs ont rassemblé des preuves reliant au moins 55 départs facilités uniquement par ce réseau de passeurs », a souligné l’agence. Les suspects, tous installés en Allemagne, « ont organisé l’achat, le stockage et le transport de bateaux pneumatiques en vue de leur utilisation ultérieure pour faire passer clandestinement des migrants depuis les plages proches de la ville française de Calais vers le Royaume-Uni », a précisé Europol. Ils ont perçu « entre 1 000 et 3 000 euros par migrant pour une place à bord du dangereux navire ».
    Le vaste réseau criminel, composé de ressortissants irakiens et syriens d’origine kurde, était « très professionnel », a souligné l’agence, avec des branches chargées d’organiser la livraison de grandes quantités d’« équipements nautiques » vers l’Union européenne (UE). Des conducteurs « transportaient jusqu’à huit bateaux à la fois » de l’Allemagne vers la France, selon Europol. Les chauffeurs s’arrêtaient sur des aires de repos en Belgique et conduisaient « le matériel sur place au moment du départ ». « Les activités d’enquête ont révélé que le réseau criminel était en mesure de faciliter jusqu’à huit départs par nuit, dépendant des conditions météorologiques ».
    L’Allemagne est régulièrement citée par les enquêteurs comme l’une des bases arrière du trafic de canots gonflables destinés aux traversées de la Manche. Les autorités allemandes ont précisé avoir déployé plus de 650 agents pour l’opération de mercredi, lors de laquelle vingt-huit endroits ont été perquisitionnés – dix-neuf maisons et neuf lieux de stockage –, principalement dans l’ouest du pays.Les saisies incluent douze bateaux pneumatiques, 179 gilets de sauvetage, 81 dispositifs de flottaison pour enfants, 60 pompes à air, dix moteurs, des armes et espèces, selon les forces de l’ordre.
    Le trafic de migrants est « une menace toujours mortelle »
    Les activités de trafic clandestin de migrants au moyen de petits bateaux « n’ont cessé d’augmenter depuis 2019, avant de devenir en 2021 le mode opératoire le plus couramment utilisé pour le trafic illicite de migrants de l’Union européenne vers le Royaume-Uni, dépassant le trafic illicite par camion », selon Europol.
    Près de 30 000 migrants ont traversé illégalement la Manche en 2023 sur de petites embarcations, en forte baisse par rapport au record atteint en 2022 (45 000). Le trafic de migrants est « une menace toujours mortelle », a souligné Europol.Près de 140 candidats à l’exil tentant de rallier l’Angleterre dans deux embarcations clandestines ont été secourus samedi au large des côtes françaises par deux navires affrétés par l’Etat français. Cinq personnes sont mortes en janvier alors qu’elles tentaient de rejoindre une embarcation à la mer dans une eau glaciale.
    Le 12 août l’année dernière, six Afghans de 21 à 34 ans avaient perdu la vie dans un naufrage, le plus meurtrier dans le détroit du Pas-de-Calais depuis celui du 24 novembre 2021 : au moins 27 migrants avaient péri ce jour-là.

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