• Piemonte, corsa alle nuove miniere : da #Usseglio al Pinerolese si cercano nichel, cobalto, grafite e litio

    Scatta la corsa alle terre rare: la Regione deve vagliare le richieste delle multinazionali su una decina di siti

    Nei prossimi anni il Piemonte potrebbe trasformarsi in una grande miniera per soddisfare le esigenze legate alla costruzione degli apparecchi digitali e all’automotive elettrico. È un futuro fatto di cobalto, titanio, litio, nichel, platino e associati. E non mancano nemmeno oro e argento. Un grande business, infatti oggi si parla di «forti interessi» di aziende estrattive nazionali e straniere. Anche perché la Commissione Europea ha stabilito che «almeno il 10% del consumo di materie prime strategiche fondamentali per la transizione green e per le nuove tecnologie dovrebbe essere estratto nell’Ue, il 15% del consumo annuo di ciascuna materia prima critica dovrebbe provenire dal riciclaggio e almeno il 40% dovrebbe essere raffinato in Europa». In questo contesto il Piemonte è considerato un territorio strategico. Anche perché l’anno scorso il mondo ha estratto 280mila tonnellate di terre rare, circa 32 volte di più rispetto alla metà degli anni 50. E la domanda non farà che aumentare: entro il 2040, stimano gli esperti, avremo bisogno di sette volte più terre rare rispetto a oggi. Quindi potrebbero essere necessarie più di 300 nuove miniere nel prossimo decennio per soddisfare la domanda di veicoli elettrici e batterie di accumulo di energia, secondo lo studio condotto da Benchmark Mineral Intelligence.

    «Al momento abbiamo nove permessi di ricerca in corso, ma si tratta di campionature in superficie o all’interno di galleria già esistenti, come è avvenuto a Punta Corna, sulle montagne di Usseglio – analizza Edoardo Guerrini, il responsabile del settore polizia mineraria, cave e miniere della Regione -. C’è poi in istruttoria di via al ministero dell’Ambiente un permesso per la ricerca di grafite nella zona della Val Chisone». Si tratta di un’area immensa di quasi 6500 ettari si estende sui comuni di Perrero, Pomaretto, San Germano Chisone, Perosa Argentina, Pinasca, Villar Perosa, Pramollo, Roure e Inverso Pinasca che interessa all’australiana Energia Minerals (ramo della multinazionale Altamin). E un’altra società creata da Altamin, la Strategic Minerals Italia, nella primavera prossima, sulle montagne di Usseglio, se non ci saranno intoppi, potrà partire con le operazioni per 32 carotaggi nel Vallone del Servin con una profondità variabile da 150 a 250 metri. Altri 25 sondaggi verranno invece effettuati nel sito di Santa Barbara, ma saranno meno profondi. E, ovviamente, ambientalisti e amanti della montagna, hanno già espresso tutti i loro timori perché temono uno stravolgimento del territorio. «Nelle settimane scorse ho anche ricevuto i rappresentati di una società svedese interessati ad avviare degli studi di valutazione in tutto il Piemonte con l’obiettivo di estrarre minerali – continua Guerrini – anche perché l’Unione Europea spinge per la ricerca di materie prime indispensabili per la conversione ecologica e quindi l’autosufficienza energetica».

    È la storia che ritorna anche perché il Piemonte è stata sempre una terra di estrazione. Basti pensare che, solo nel Torinese, la cavi attive «normali» sono 66. E ora, a parte Usseglio e il Pinerolese, ci sono richieste per cercare nichel in Valle Anzasca, rame, platino e affini nel Verbano Cusio Ossola, dove esiste ancora una concessione non utilizzata per cercare oro a Ceppo Morelli nella Val d’Ossola (anche se il giacimento più sfruttato per l’oro è sempre stato quello del massiccio del Rosa) e la richiesta di poter coltivare il boro nella zona di Ormea. E pensare che, dal 2013 al 2022, le aziende che si occupano di estrazione di minerali da cave e miniere in Piemonte sono scese da 265 a 195. «Il settore estrattivo continua a essere fonte di occupazione – riflette l’assessore regionale Andrea Tronzano -. Con il piano regionale in via di definizione vogliamo dare certezze agli imprenditori e migliorare l’attuale regolamentazione in modo che ci siano certezze ambientali e più facilità nel lavorare. Le miniere su materie prime critiche sono oggetto di grande attenzione e noi vorremmo riattivare le nostre potenzialità come ci chiede la Ue. Ci stiamo lavorando con rispetto per tutti, anche perché qui non siamo nè in Cina nè in Congo. Vedremo le aziende che hanno chiesto di fare i carotaggi che cosa decideranno. Noi le ascolteremo».

    https://www.lastampa.it/torino/2023/08/06/news/piemonte_nuove_miniere_usseglio_nichel_cobalto-12984408

    #extractivisme #Italie #mines #nickel #cobalt #graphite #lithium #Alpes #montagnes #Piémont #Pinerolo #terres_rares #multinationales #transition_énergétique #Punta_Corna #Val_Chisone #Energia_Minerals #Altamin #Strategic_Minerals_Italia #Vallone_del_Servin #Santa_Barbara #Valle_Anzasca #Verbano_Cusio_Ossola #cuivre #platine #Ceppo_Morelli #Val_d'Ossola #or #Ormea

    –—

    ajouté à la métaliste sur l’#extraction de #terres_rares dans les #Alpes :
    https://seenthis.net/messages/1013289

  • Quand la montagne est politique


    –-> À propos de : Catherine Roth, Naturaliser la montagne ? Le Club carpatique transylvain, XIXe-XXIe siècle, PUR

    L’étude du #Club_carpatique_transylvain, du XIXe siècle à nos jours, permet de comprendre comment la chaîne montagneuse a rejoint le mouvement d’appropriation nationale de la nature, qui a mis aux prises Allemands, Hongrois et Roumains.

    https://laviedesidees.fr/Catherine-Roth-Naturaliser-la-montagne
    #montagne #politique #nationalisme #nature #Carpates #Balkans #guides #Siebenbürgischer_Karpatenverein (#SKV) #communisme #Kulturnation #Naturenation #Transylvanie

    • Naturaliser la montagne ? Le Club Carpatique Transylvain, XIXe - XXIe siècles

      Le projet de cette étude est double : 1) retracer la passionnante histoire de la montagne dans les Carpates, des premiers alpinistes aux mutations sportives et identitaires du Club Carpatique Transylvain ou de ses avatars, jusqu’à l’immédiat contemporain ; 2) montrer comment la création du club en 1880, par la minorité allemande des Saxons de Transylvanie, s’adosse secrètement à un processus de naturalisation sociale. Par d’habiles métaphores et sous-entendus, il s’agit de faire passer les institutions humaines pour des phénomènes naturels aussi incontestables qu’une chaîne de montagne. C’est au décryptage de cette illusion qu’est consacré Naturaliser la montagne ? Sous ce titre étonnant et paradoxal, l’ouvrage s’inscrit dans l’entreprise d’élucidation critique que l’auteur a commencée dans La Nation entre les lignes (PUR, 2022). D’un livre à l’autre, par-delà leur objet propre, s’éclairent et se démystifient ainsi les processus souterrains par lesquels se forge une identité collective.

      https://pur-editions.fr/product/9096/naturaliser-la-montagne
      #livre

  • “La montagne n’est pas une carte postale” : bergère VS folklore touristique
    https://www.frustrationmagazine.fr/montagne-touristique

    La montagne l’été, ses ruisseaux, ses marmottes, ses troupeaux de moutons et de vaches… L’air pur et le grand calme. L’image que nous avons de la montagne en France est celle d’un havre de paix où il fait bon skier l’hiver et randonner l’été. La randonnée est d’ailleurs une pratique en plein boom, en particulier […]

  • The #Mountains_Uncovered_Series: Intercomparable Maps and Statistics for 100 Selected Global Mountain Ranges (v1.0)

    The Mountains Uncovered series (v1.0) was developed by #GEO _Mountains (https://www.geomountains.org), an Initiative of the #Group_on_Earth_Observations (GEO) and a Flagship Activity of the #Mountain_Research_Initiative, and #Geofolio. It seeks to provide an easily understandable overview of the key characteristics of 100 selected mountain ranges around the world.


    The series was developed by collating and visualising a variety of current global scale, open data products. The consistent approach taken throughout enables comparisons between mountain ranges to be made. We hope that the series will be a useful resource for researchers, policy-makers, environmental managers, educators, and others seeking to better understand the Earth’s major mountain regions, and that over time it will inspire the generation of additional datasets, analyses, and products.

    https://www.geomountains.org/resources/outreach

    #montagne #montagnes #cartographie #statistiques #chiffres #topographie #climat #hydrologie #topographie #cryosphère #géographie_physique

  • Croci di vetta

    Perché, in nome della laicità e della tutela ambientale, non utilizzare gli ometti di pietra?

    «Al convegno - a cui hanno partecipato Monsignor Melchor José Sànchez de Toca y Alameda (relatore del Dicastero delle Cause dei Santi), lo scrittore Marco Albino Ferrari in rappresentanza del CAI e il professore di diritto dell’Università Cattolica Marco Valentini - si è registrato un punto di convergenza culturale, giuridico, storico e perfino religioso; una prospettiva che ha trovato tra i presenti una larga concordanza sulla necessità di lasciare integre le croci esistenti, perché testimonianze significative di uno spaccato culturale, e allo stesso tempo di evitare l’istallazione di nuovi simboli sulle cime.

    Tesi, questa, condivisa pienamente dal Club Alpino Italiano.Il CAI guarda infatti con rispetto le croci esistenti, ma non solo: si preoccupa del loro stato ed eventualmente, in caso di necessità, si occupa della loro manutenzione (ripulendole dagli adesivi, restaurandole in caso di bruschi crolli, …). Questo perché – è giusto evidenziarlo una volta di più – rimuoverle sarebbe come cancellare una traccia del nostro cammino; un’impronta a cui guardare per abitare il presente con maggior consapevolezza.

    Ed è proprio il presente, un presente caratterizzato da un dialogo interculturale che va ampliandosi e da nuove esigenze paesaggistico-ambientali, a indurre il CAI a disapprovare la collocazione di nuove croci e simboli sulle nostre montagne». ( Lo scarpone 23.6.23 )

    Così viene riassunto da ’Lo Scarpone’ il dibattito che ha scatenato l’ennesima polemica sulle croci in vetta nel quale alcuni dei maggiori politici di governo hanno parlato di attacco alle radici cristiane del nostro paese. Da pastore valdese, cittadino italiano e alpinista mi vorrei limitare a due considerazioni e ad una proposta.

    Mi pare infatti che la questione sia del tutto simile a quella,più volte affrontata, dei crocifissi nelle aule scolastiche e dei tribunali o nelle stanze degli ospedali pubblici. La fede, dovrebbero saperlo i difensori delle croci e delle madonne in vetta, non si impone, bensì è un dono, così come, semplificando un po’ è un dono che Dio ci fa quello di morire in croce e risorgere per la nostra salvezza. Questo, da credente, è uno dei motivi per cui mi infastidisce personalmente il trovare in cima alle montagne una croce, un crocifisso o una statua della madonna, spesso di proporzioni spropositate.

    Imporre nello spazio pubblico, le vette sono terreno del demanio, un simbolo confessionale è in primo luogo un andare contro la predicazione di quello stesso Evangelo che si dice di volere predicare con quella croce. In secondo luogo da cittadino italiano continuo a ritenere che una confessione cristiana, per quanto largamente maggioritaria, non dovrebbe avere il potere in uno Stato laico e democratico di imporre un proprio simbolo religioso e confessionale infischiandosene dei cittadini non cattolici o diversamente cristiani a cui la croce dà fastidio o per i quali non rappresenta nulla. Compito dello Stato come sappiamo è garantire a ciascuna religione la libera espressione della propria fede, ma appunto nei propri spazi.

    Le croci sulle vette diventato così in questo caso il simbolo di un malcostume culturale del nostro paese: la cultura che dice che esistono le leggi ma se sei più ricco e più forte puoi fare un po’ come ti pare fregandotene degli altri, soprattutto se sono minoranze.

    La mia proposta per cercare di superare la polarità croce si o croce no è un tentativo di integrare canoni estetici e sostenibilità ecologica. Si tratta di riabilitare il vecchio «ometto» in pietra. Di solito realizzato con e le piccole pietre più o meno grandi sollevabili facilmente da una persona. È facile da costruire e da rimettere in piedi ogni anno dopo l’inverno, da parte di chi passa e ha voglia di dedicarci anche solo un minuto. Fatto di materiale locale a km O, non abbisogna di manutenzione, né di permessi perché è una struttura removibile. Non servono né cemento né cavi in acciaio per fissarlo e sopratutto non servono voli in elicottero per trasportare il materiale. Si risparmia così carburante e si afferma attraverso un simbolo, frutto della natura e dell’opera collettiva di manutenzione, il tentativo umano di prendersi cura del creato, lasciando meno tracce possibili del proprio passaggio pur volendo dare forma ad un qualcosa che segni il fatto che qualcuno di noi in quel luogo ci è stato.

    L’"ometto" in pietra, antico segno per indicare la giusta strada nei sentieri di montagna di mezzo mondo, ben più della violenza di una croce, simbolo parziale, imposta di forza sul suolo pubblico delle montagne in sprezzo alla costituzione, può invece ben rappresentare la fragilità del nostro ecosistema da proteggere. Questo sì un mandato non solo cristiano ed inclusivo ma sicuramente più urgente per tutto il pianeta.

    https://riforma.it/articolo/2023/06/27/croci-di-vetta
    #croix #montagne #cairn #laïcité #signes_religieux #religion #paysage #identité #espace_public #symbole

  • Le #Lyon-Turin menace les #sources de la #Maurienne

    Sources taries, #nappes_phréatiques en baisse soudaine… Les travaux de la #ligne_ferroviaire Lyon-Turin entraînent des perturbations du #cycle_de_l’eau en Maurienne, ce qui inquiète les montagnards et les écologistes.

    Les orages sont fréquents en cette mi-juin en #Haute-Maurienne. L’herbe y est d’un vert profond, complétée par des touches de couleurs des coquelicots et autres fleurs de cette fin de printemps. Le débit de l’#Arc, la #rivière qui creuse lentement le fond de vallée, est important. Et pourtant la possibilité d’un manque d’eau inquiète, en raison des travaux du #tunnel_ferroviaire Lyon-Turin.

    Cette angoisse remonte à 2003. Il y a 20 ans, les premières galeries commençaient à être creusées dans la #montagne, des descenderies qui doivent permettre de ventiler, d’assurer la maintenance ou de servir d’issues de secours. De petits travaux en comparaison aux grands tubes qui permettront de faire passer les trains. Mais qui ont suffi à tarir d’un coup une source du village de #Villarodin-Bourget.

    « Pour ramener l’eau dans les fontaines du village, les promoteurs ont dû réaliser un captage et construire 5 kilomètres de tuyauterie », explique Gilles Margueron, le maire de la commune depuis 2008. Évidemment, l’eau de la source n’a pas disparu. En l’état actuel des travaux, elle ressort dans l’Arc, juste en dessous du village.

    « Mais quand les travaux seront achevés et le tunnel creusé, l’eau ressortira à #Saint-Jean-de-Maurienne, [à 30 kilomètres de là]. En gros, l’eau qui était chez nous ne sera plus chez nous. » La #qualité_de_l’eau en prend aussi un coup, l’eau de source étant de meilleure qualité que l’eau de l’Arc.

    Depuis 2003, le sujet de l’eau est parfois tombé presque dans l’oubli, avant de ressurgir avec plus de force encore au fur et à mesure que le dérèglement climatique resserre son emprise en montagne. Actuellement, la végétation est resplendissante, sans que ce soit le signe de nappes phréatiques pleines ni d’absence de difficultés cet été.

    « L’été dernier, nous avons eu des restrictions d’eau avec interdiction d’arroser les jardins en journée, rappelle Brigitte [*], venue voir l’avancée des travaux sur les bords de l’Arc. Alors quand on voit que les travaux assèchent des sources… » Quant aux glaciers, ces véritables réservoirs d’eau pour l’été ne cessent de se réduire avec l’augmentation des températures.

    Ces inquiétudes ont bien été cernées par les organisateurs de la manifestation du 17 et 18 juin contre la liaison ferroviaire Lyon-Turin. Sur leur site, les Soulèvements de la Terre, l’une des associations organisatrices, tape fort : « Le #drainage de 100 millions de m³ [d’eau] souterraine chaque année [est] à prévoir, asséchant de façon irrémédiable la montagne. Si l’eau c’est la vie, alors c’est bien au droit à vivre des populations locales que ce projet s’attaque… »

    Un mot d’ordre partagé par Philippe Delhomme, président de l’association locale #Vivre_et_Agir_en_Maurienne. « En mettant en avant ce thème de l’eau, on peut toucher plus de monde », renchérit-il, en ne décollant presque pas les yeux de son téléphone portable, qui vibre continuellement au gré des messages et appels qu’il reçoit pour l’organisation de la manifestation.

    « C’est un thème que nous avons en commun avec les Soulèvements de la Terre, qui se sont fait connaître sur des thèmes liés à l’agriculture, notamment les mégabassines », continue-t-il.

    Déboucher la baignoire

    Pour bien faire comprendre comment un réseau de galeries fait craindre un #assèchement de la montagne, une comparaison circule beaucoup dans la vallée : imaginez que vous remplissiez une baignoire bouchée de pierres et de gravats, puis que vous y mettiez de l’eau. Quand le niveau est bas, l’eau reste invisible. Ce n’est que quand elle a rempli tous les interstices et qu’elle déborde de la baignoire qu’on peut la voir.

    C’est la même chose en montagne : les sources sont la manifestation de ce trop plein. Mais si vous enlevez le bouchon au fond de la baignoire, l’eau va être drainée. Adieu les sources. Plusieurs habitants craignent que les tunnels du Lyon-Turin produisent le même effet.

    Un tiers d’eau en moins dans la #nappe_phréatique

    D’autant que ce phénomène est bien connu des chercheurs et des industriels qui travaillent sur des tunnels. Si chaque montagne est différente, quasiment toutes regorgent d’eau, notamment dans des failles que le tunnel peut traverser et qui, si elles ne sont pas bouchées, peuvent agir comme ce bouchon qu’on enlève au fond de la baignoire.

    Une véritable vidange qui se serait produite à #Orelle, un village de la vallée, situé entre Saint-Michel-de-Maurienne et Modane. Selon le maire de Villarodin-Bourget, Gilles Margueron, le niveau d’une nappe phréatique dans laquelle le village puise son eau potable aurait diminué d’un tiers, sans autre explication. Si ce n’est que le creusement des tunnels progresse.

    Jean-Louis est installé un peu plus loin dans la vallée. Il possède des terres à Bramans et emmène ses 80 vaches laitières, productrices de lait à Beaufort, dans des alpages sur les pentes du Mont Cenis. Le tunnel doit passer juste en dessous.

    « J’ai deux chalets alimentés par des sources qui sont au niveau du tracé, raconte l’agriculteur. On ne sait pas d’où proviennent ces sources exactement. On a donc très peur qu’elles se tarissent quand le tunnel arrivera à notre niveau. Et je ne pense pas qu’ils pourront résoudre le problème par un captage plus haut, comme à Villarodin-Bourget, car cela voudrait dire réaliser des dizaines de kilomètres de tuyaux. »

    L’eau, « une ressource à protéger »

    Si le promoteur du projet, #Telt, pour #Tunnel_euralpin_Lyon-Turin, assure sur son site que l’eau « est une ressource à protéger » et qu’une cartographie a été mise en place pendant la phase de conception pour limiter les dégâts, les opposants l’accusent de ne pas faire assez.

    « Depuis 2003, les dégâts sur l’eau ont été systématiquement minimisés. En vue des mesures qui sont faites, on ne peut pas dire que ces travaux vont tarir toutes les sources. Ni dire qu’il n’y aura aucun problème. Selon moi, le principe de précaution doit donc s’appliquer », explique longuement un scientifique local, qui préfère rester anonyme. Un signe des tensions qui traversent la vallée sur le sujet du Lyon-Turin.

    « Les défenseurs du Lyon Turin pointent parfois les changements climatiques comme cause de la baisse d’une nappe ou du débit d’un ruisseau. Si on avait des données globales qui montrent que ce niveau baisse dans toute la vallée, pourquoi pas, continue ce scientifique. Mais quand une source se tarit d’un coup, ce n’est pas la même chose. »

    « Si, à la rigueur, il n’y avait pas de ligne ferroviaire déjà existante pour traverser les Alpes… Mais il y en a déjà une ! » rappelle Yann, un habitant brin défaitiste, rencontré en train de siroter une bière à un bar non loin du chantier. « Jusqu’à pas longtemps, je me sentais hyper protégé du dérèglement climatique en montagne. Mais là, quand je vois les difficultés qu’on a déjà et celles ajoutées par le Lyon-Turin… »

    https://reporterre.net/L-eau-preoccupation-centrale-du-Lyon-Turin
    #no_TAV #no-tav #eau

  • #NoTAV DOCUMENTAIRE | Le 17 Juin, la montagne se soulève

    Documentaire des #Soulèvements_de_la_Terre, sur les ravages provoqués par le #LyonTurin, mais aussi de témoignages de celles et ceux qui luttent des deux côtés de la frontières depuis longtemps pour préserver l’#eau, les #terres et les #montagnes.

    Le 17 juin, retrouvons-nous en Maurienne pour impacter concrètement le projet et faire se soulever les Alpes ! #NoTAV #StopTELT

    #######

    Depuis des dizaines d’années, des deux côtés des Alpes, en France comme en Italie, collectifs et associations se mobilisent pour qu’un projet pharaonique, inutile et désastreux ne voit jamais le bout du tunnel.

    Ce projet, c’est la seconde #ligne_ferroviaire Lyon Turin : 30 milliards d’euros pour 270 km de dévastation, en surface et à travers de multiples galeries sous nos montagnes. Le #tunnel transfrontalier représente à lui seul 2 tubes de 57,5 km chacun !

    Les conséquences ? 1500 hectares de zones agricoles et naturelles à artificialiser, des millions de tonnes de #déchets issues des galeries à stocker, le #drainage de 100 millions de m3 souterraine chaque année à prévoir, asséchant de façon irrémédiable la montagne. Si l’#eau c’est la vie, alors c’est bien au droit à vivre des populations locales que ce projet s’attaque...

    Faire transiter les marchandises par le rail plutôt que par la route, pourtant, c’est bien écologique ? Certainement. Sauf qu’il existe déjà une ligne, fortement sous utilisée, sur laquelle le #fret_ferroviaire s’est effondré : 10 millions de tonnes transportées en 1993, 3,3 millions en 2021. Et ce malgré des travaux conséquents de mise aux normes !

    Et le climat, alors ? L’impact des travaux est tel qu’il faudra des dizaines d’années pour espérer compenser la dette carbone qui est creusée en ce moment même (selon la Cour des comptes européenne il faudra probablement attendre jusqu’en... 2085 !). Alors que tout le monde s’accorde sur l’urgence climatique et le besoin d’agir immédiatement, le LYON-TURIN participe activement au réchauffement climatique.

    Symbole d’une époque où l’on ne jurait que par l’explosion du trafic de #marchandises et la #grande_vitesse, ce désastre environnemental a démarré (11km creusés sur les 115 nécessaires pour le tunnel transfrontalier), mais il est encore possible d’éviter le pire en faisant dérailler ce projet écocide.

    Les 17 et 18 juin, une #mobilisation internationale se déroulera en Maurienne, organisée par les Soulèvements de la Terre et de nombreuses organisations qui combattent ce projet depuis longtemps.

    https://www.youtube.com/watch?v=A6j8unxb0xs

    #TAV #No_TAV #Lyon-Turin #résistance #luttes #lutte #artificialisation_des_sols

  • Développement de l’aérodrome d’Albertville au mépris des lois et des habitants
    http://carfree.fr/index.php/2023/04/21/developpement-de-laerodrome-dalbertville-au-mepris-des-lois-et-des-habitants

    Fin 2019, suite à la fusion du SAF (Service Aérien Français) et d’Azur Hélico, société spécialisée dans le transport privé en hélicoptère VIP et VVIP (selon leurs termes) et l’appel Lire la suite...

    #Destruction_de_la_planète #aéroport #albertville #avions #bruit #hélicologisme #montagne #nuisances

  • Dans les montagnes entre #Irak et #Iran, braver la mort pour passer des #marchandises

    Asphyxié par Téhéran, le #Kurdistan_iranien ploie sous la misère. Pour survivre, de nombreux Kurdes risquent leur vie en devenant « #kolbars », ces transporteurs illégaux de marchandises à travers les #montagnes. Chaque année, des dizaines d’entre eux meurent dans des accidents ou sous les balles des militaires iraniens.

    https://www.mediapart.fr/studio/portfolios/dans-les-montagnes-entre-irak-et-iran-braver-la-mort-pour-passer-des-march
    #montagne #frontières #frontière #contrebande #photographie

    Ce qui n’est pas sans rappeler les #femmes_cargo à #Ceuta #Melilla (#Maroc) :


    #femmes_mules #femmes-mules #femmes_mulets #femmes-mulets
    ping @reka

  • Les toponymies éthyliques des #Hautes-Alpes

    LE NOM SECRET DES CIMES (1) Sur quelques enjeux géo-linguistiques de l’humour cartographique, de la modération et de l’alpinisme

    Il y a des montagnes qui ont un nom mais que l’on ne peut chercher qu’en vain, comme le fameux Mont Iseran, et il y a des montagnes bien réelles qui n’ont pas de nom. Il y a quelques années était réparée une de ces erreurs de l’histoire avec l’apparition du Pic Ombière sur les cartes IGN. Il faut en prononcer le nom à haute voix pour en comprendre l’homophonie avec la bière parfumée à l’apéritif à l’amer, et se confirmer la blague en constatant sa proximité avec la « Pointe du Demi », au nom d’apparition récente lui aussi. Je me trouvais justement il y a quelques jours en randonnée sur des hauteurs qui font face à ce joli coin des Hautes-Alpes mais ne connaissais pas encore leur histoire étonnante. Des amis m’ont depuis mis sur la piste de ces #toponymes, qui prêtent à sourire quoiqu’ils soient aujourd’hui tout à fait officiels.


    (...)

    https://cartolangue.hypotheses.org/239

    #toponymie #Alpes #montagne #alcool

  • Viva la Maraude !

    Sabato 18 marzo si è svolta la 5° edizione della #Grande_Maraude_Solidaire, l’escursione solidale che supporta il transito sicuro tra Italia e Francia.


    Per molti italiani e francesi, ma anche di diverse altre nazionalità (ricche), la parola “Monginevro” evoca immediatamente l’immagine di meravigliose piste da sci, settimane bianche, istruttori, cioccolate calde e bombardini. Effettivamente quel luogo è tutto questo, ma non solo. Perché basta spostarsi di qualche decina di metri dagli impianti, superare i primi abeti e subito si vedono delle immagini che ricordano più la Bosnia, la Serbia o la Bulgaria: lattine di Red Bull o Monster abbandonate, scarpe spaiate, maglioni e indumenti mezzi sommersi dalla neve, i resti di un pasto frugale. Insomma, tracce di quell’umanità in fuga che non ha più casa in alcun luogo e per non avere dei passaporti splendenti come noialtri, è costretta a percorrere la rotta balcanica e a varcare la frontiera in gelide notti invernali con i figli al seguito, inseguiti dalla gendarmerie che li tratta più da criminali che da esseri umani.

    Dal 2016 diversi migranti hanno perso la vita nelle valli tra l’Italia e la Francia, braccati dalla polizia come cinghiali durante una battuta di caccia: Mohamed, Blessing, Mamadi, Tamimou, Douala, Mohamed Ali, Fathallah, Ullah. Per evitare che questa lista si allunghi ulteriormente e per conservare un barlume di umanità in tempi di patrioti barbari, alcune associazioni francesi e italiane dall’inverno 2016/17 hanno iniziato a organizzare le maraudes, una sorta di escursioni in montagna con lo scopo di andare ad aiutare quanti, nel tentativo di attraversare i valichi, si perdono o rischiano di morire assiderati o di cadere in dirupi seguendo piste non battute. Il fenomeno è aumentato poi nel 2017/18 quando i primi migranti hanno iniziato a passare a piedi il Colle della Scala e le guide, il soccorso alpino e altri professionisti della montagna si sono mossi insieme ai primi abitanti cercando di salvare vite.

    Dal 2016 diversi migranti hanno perso la vita nelle valli tra l’Italia e la Francia, braccati dalla polizia come cinghiali durante una battuta di caccia: Mohamed, Blessing, Mamadi, Tamimou, Douala, Mohamed Ali, Fathallah, Ullah. Per evitare che questa lista si allunghi ulteriormente e per conservare un barlume di umanità in tempi di patrioti barbari, alcune associazioni francesi e italiane dall’inverno 2016/17 hanno iniziato a organizzare le maraudes, una sorta di escursioni in montagna con lo scopo di andare ad aiutare quanti, nel tentativo di attraversare i valichi, si perdono o rischiano di morire assiderati o di cadere in dirupi seguendo piste non battute. Il fenomeno è aumentato poi nel 2017/18 quando i primi migranti hanno iniziato a passare a piedi il Colle della Scala e le guide, il soccorso alpino e altri professionisti della montagna si sono mossi insieme ai primi abitanti cercando di salvare vite.

    Sabato 18 marzo 2023 si è svolta la 5° edizione della Grande Maraude Solidaire, un evento annuale organizzato da diverse associazioni francesi tra cui “Tous migrants” e “Médecins du monde” e sindacati come “Solidaires” e la “Confédération paysanne”, ma anche reti italiane come “On Borders” e “Sentieri Solidali”.

    La giornata è iniziata nel primo pomeriggio con una conferenza stampa a Briançon. Successivamente, per coinvolgere maggiormente la cittadinanza si è partiti dal centro del paese con un corteo di circa 400 persone per raggiungere la frontiera. Lì, davanti alla polizia schierata, sono stati letti quattro interventi da una crieuse, una ‘gridatrice’.

    Il corteo è poi tornato in modo festoso al punto di ritrovo iniziale davanti alle scuole di sci, accompagnato dalla musica di una banda e dalle attiviste della nuova corale di Briançon.

    Dopo una buonissima cena, intorno alle 20.30 i solidali si sono divisi in quattro gruppi e sotto un cielo parzialmente coperto e un vento tagliente si sono diretti verso il confine con lo scopo di ‘limitare i rischi’ di quanti potessero essere in difficoltà ad attraversare il passo. Nonostante la presenza di un numero ingente di blindati e forze dell’ordine l’iniziativa ha avuto esito positivo e non ci sono state tensioni o incidenti. Qualcuno è riuscito a muoversi stanotte arrivando a un nuovo pezzetto di vita, speriamo migliore dei precedenti.

    La rete di solidarietà al di qua e al di là del confine è forte e queste occasioni di incontro fanno sentire tutti, con o senza documenti, meno soli. Viva la Maraude!

    https://www.meltingpot.org/2023/03/viva-la-maraude
    #Mauraude_solidaire #18_mars_2023 #frontières #solidarité #manifestation #frontière_sud-alpine #Hautes-Alpes #montagne #Alpes #France #Italie #Montgenèvre #Briançon

    • Al Monginevro centinaia di maraudeurs chiedono la fine dei controlli sulla rotta alpina

      Sabato 18 marzo i soccorritori di montagna francese, insieme a politici e cittadini comuni dei due versanti del confine, si sono riuniti di fronte alla stazione di polizia della Paf nella prima cittadina in territorio francese per rivendicare il diritto di movimento per rifugiati e richiedenti asilo che quotidianamente vengono respinti

      Gli oltre 250 manifestanti camminano controcorrente muovendosi dal centro di Monginevro (prima cittadina francese al di là del confine) verso Claviere (ultima cittadina italiana nell’alta Val Susa), un centinaio di chilometri a Nord di Torino. Sfilano davanti alla stazione della polizia di frontiera francese (Paf) e sventolano uno striscione con la frase “libertà di movimento” scritta in diverse lingue. Ricordano, prima di ogni cosa, la “lingua dei diritti umani” che ogni giorno, lungo il confine italo-francese, viene calpestata e rinnegata: circa 11mila persone all’anno vengono respinte e, spesso, il trattamento riservato agli exilés -gli esuli- è tutt’altro che rispettoso. I partecipanti alzano cartelli con stralci di storie dei soprusi da loro subiti. È la sera di sabato 18 marzo 2023 e la quinta edizione della “Grande maraude solidaire” richiama uomini e donne da entrambi i versanti della frontiera. “È fantastico che ci siano così tante persone a testimoniare e sostenere l’azione dei maraudeurs -racconta Jean-Luc Pesle, portavoce di Médecins du Monde-. Spesso lavoriamo separatamente perché il confine ci divide, raramente ci ritroviamo insieme ma oggi sentire che siamo un vero gruppo, da una parte e all’altra del versante è essenziale”

      La maraude è attiva fin dal 2018 con l’obiettivo di “raccogliere” i dispersi -questo il significato del termine in francese, solitamente riferito alla razzia di frutti nei campi- e limitare, il più possibile, le conseguenze di traversate rese ancor più pericolose dalla massiccia presenza della polizia. Oltre 150 agenti, di media, che si muovono a piedi e con le motoslitte.

      L’attraversamento di notte, al freddo, l’hanno sperimentato nella tarda serata di sabato anche le centinaia di maraudeurs “improvvisati” che, dopo aver concluso la manifestazione, divisi in gruppi, hanno pattugliato la zona confinaria tra Claviere e Monginevro per soccorrere eventuali persone in difficoltà. A lato della strada asfaltata, il “sentiero basso” percorso dalle persone in transito corre lungo la pista di sci: un gatto delle nevi che sta finendo la preparazione per la giornata sciistica del giorno successivo rompe il buio notturno. La temperatura è sotto lo zero nonostante sia già metà marzo: l’attraversamento dura circa sei ore e restare così a lungo a temperature simili, soprattutto d’inverno, espone le persone al rischio di ipotermia.

      “Quando nel marzo 2016 a un giovane originario del Mali sono stati amputati entrambi i piedi, i ‘professionisti della montagna’ delle cittadine di confine francesi, guide alpine e accompagnatori, hanno deciso che non era possibile che episodi come questo si ripetessero di nuovo e hanno cominciato a presidiare le montagne”, spiega l’attivista Pâquerette Forest della Ong Tous Migrants che si occupa di sostegno e supporto alle persone in transito sul confine.

      Il 2016 è il primo anno in cui il governo francese ripristina i controlli al confine a seguito dell’attacco terroristico del Bataclan del 13 novembre 2015. E il transito di persone lungo la rotta alpina aumenta soprattutto attraverso il Colle della Scala a oltre 1.700 metri di altitudine. “Nel gennaio 2018 è caduta molta neve e quel percorso è diventato molto più pericoloso e le persone hanno cominciato ad arrivare attraverso il Monginevro e di conseguenza anche i maraudeurs hanno cambiato il loro raggio d’azione”, continua Forest.

      Nel 2019, poi, Médecins du Monde, la storica Ong francese che dal 1980 garantisce cure mediche di emergenza in tutto il mondo, con oltre quattromila volontari attivi, decide di aderire all’attività di soccorso. “La presenza di un medico nel gruppo è molto importante per fare una diagnosi e valutare che cosa è meglio fare -riprende Jean-Luc Pesle-. Svolgiamo la nostra attività anche con una macchina che ci permette di mettere al sicuro la persona una volta soccorsa: l’abitacolo diventa un luogo inattaccabile, sicuro, su cui la polizia non può intervenire”.

      La presenza dei medici, infatti, rende l’attività più sicura anche dal punto di vista legale perché qualifica l’attività come umanitaria differenziandosi dal favoreggiamento degli attraversamenti “irregolari” della frontiera, reato per cui diversi maraudeurs (non medici) sono stati denunciati negli ultimi anni. “Ma questo non toglie che quello che facciamo è giusto -sottolinea Forest-. All’inizio tutto si svolgeva il più possibile in segreto ma da quando Médecins du Monde è entrata a far parte del gruppo abbiamo dichiarato la nostra attività sia in prefettura sia in questura. Perché bisogna nascondere il fatto che aiutiamo persone in difficoltà?”.

      La “Grande maraude solidaire” arriva in un momento critico da entrambi i versanti della frontiera. A seguito della strage di Steccato di Cutro (Crotone), costata la vita ad almeno 85 persone, di cui 35 minori, il Governo Meloni ha varato il nuovo decreto sull’immigrazione che, tra le altre previsioni, stringerà le maglie sulla possibilità di accedere ad alcune forme di regolarizzazione (lo abbiamo spiegato qui). Ma anche in Francia, il Parlamento comincerà entro fine marzo la discussione del testo di legge “Controllare l’immigrazione e migliorare l’integrazione” a firma del ministro dell’Interno Gérald Darmanin adottato dal Consiglio dei ministri d’Oltralpe a inizio febbraio 2023. Un testo molto problematico secondo attivisti, avvocati ed esponenti dei partiti di opposizioni che arriva in un momento delicato in cui le proteste di piazza hanno fatto “traballare” la leadership del presidente Emmanuel Macron.

      La “razionalizzazione” delle procedure relative all’asilo e alle espulsioni “in nome di una certa idea di efficienza è la nostra principale preoccupazione”, scrive Association nationale d’assistance aux frontières pour les étrangers (Anafé.org). “Una legge scellerata -spiega Marie Pochon, parte dell’Assemblea nazionale dal 2022 per Europa Ecologia I Verdi- che mina ulteriormente i diritti dei rifugiati e dei nuovi arrivati: questo succede nonostante la Francia sia già stata condannata per il mancato rispetto del diritto d’asilo anche in termini di accoglienza”.

      Pochon ha partecipato alla manifestazione di sabato. “Era molto importante esserci -continua- perché quello che si verifica quotidianamente su questo confine dimostra l’approccio illegittimo, immorale e inefficace delle politiche migratorie che stiamo adottando. Si spendono milioni di euro per mantenere dei controlli che non dovrebbero neanche esistere secondo il sistema Schengen”. La Francia, infatti, come raccontato anche su Altreconomia, continua a mantenerli attivi senza una solida “base giuridica”. “È una deroga al diritto europeo: si utilizza il pretesto del terrorismo per presidiare i confini. Quello che invece qui davanti alla Paf chiediamo è il rispetto della libertà di movimento, di quell’articolo 13 della Dichiarazione dei diritti universali dell’uomo che vogliamo che venga rispettato”, conclude Pochon. Era presente alla manifestazione anche l’eurodeputata Gwendoline Delbos-Corfield sempre dei Verdi.

      Anche da Oulx sono salite al confine decine di persone per unirsi alla marcia che chiede la fine dei controlli su quella frontiera che negli ultimi anni è costata la vita a diverse persone. I loro nomi sono stati letti durante gli interventi proprio di fronte alla sede della gendarmeria francese, così come le vessazioni che ogni giorno uomini, donne e famiglie subiscono durante le operazioni di respingimento. “La frontiera solitamente separa ma in questo caso ci unisce -spiega Piero Gorza-. Tanta gente diversa accomunata da una ricerca di umanità per rispondere agli orrori che passano davanti agli occhi ricordando che si deve salvare in mare così come in montagna e i maraudeurs sono parte di questo discorso. Manifestiamo per vergognarci un po’ meno della nostra Europa, per guardarci allo specchio. Ma anche per sorridere un po’: ci sono un’Italia e un’Europa bella in cui ci si può riconoscere”.

      https://altreconomia.it/al-monginevro-centinaia-di-maradeur-chiedono-la-fine-dei-controlli-sull

      #grande_maraude

  • “Suissitude”. La barre #Toblerone contrainte d’effacer le #Cervin de son emballage

    Puisque le fabricant américain délocalise la #production de sa barre chocolatée en #Slovaquie, la législation helvète l’oblige à retirer de son emballage le dessin de la montagne emblématique du paysage suisse.

    https://www.courrierinternational.com/article/la-barre-toblerone-contrainte-d-effacer-le-cervin-de-son-emba
    #montagne #symbole #chocolat #délocalisation #montagne

    ping @cede

  • Glacial lake floods threaten communities in Asia, South America | Reuters
    https://www.reuters.com/business/environment/glacial-lake-floods-threaten-communities-asia-south-america-2023-02-07/?taid=63e2a46a58449200011e8733
    https://www.reuters.com/resizer/vqbGkUePiVpll2V4FeLJN0LFFTM=/1200x628/smart/filters:quality(80)/cloudfront-us-east-2.images.arcpublishing.com/reuters/BKHZDOIYXJP2PELM3EDMTZG4QM.jpg

    Melting mountain glaciers pose a growing flood risk to some 15 million people around the world, researchers said in a report published on Tuesday, with communities in Asia facing the biggest danger.

    Runoff from melting glaciers often pools in shallow lakes, held back by rocks and debris. The risk comes when a lake overfills, bursting through its natural barrier and sending a torrent of water rushing down mountain valleys.

    Scientists have assessed for the first time how many people globally are at risk from these floods, finding that more than half of vulnerable populations live in India, Pakistan, China, and Peru.

    Glacial lake outburst floods threaten millions globally
    https://www.nature.com/articles/s41467-023-36033-x

    #climat #montagne #glacier #fonte #inondation

  • #CEUX_DE_LA_NUIT, un #film #documentaire de Sarah Leonor

    La #frontière_franco-italienne au #col_de_Montgenèvre. Le #jour : le tourisme, des capitaux investis pour rentabiliser la montagne, des emplois saisonniers qui font vivre une grande partie des habitants de la région. La #nuit : le destin fragile de plus de dix mille hommes, femmes, enfants, qui, en l’espace de quatre ans ont franchi la frontière au péril de leur vie, et qu’on n’a pas vus, qu’on ne voit pas, qu’on ne verra jamais.

    https://www.youtube.com/watch?v=VnNpyiMVANw


    https://www.film-documentaire.fr/4DACTION/w_fiche_film/64521

    #frontières #film_documentaire #Hautes-Alpes #Mongenèvre #Briançon #Briançonnais #Italie #France #montagne #Alpes #migrations #réfugiés #asile

  • 7 personnes sont mortes, 3 disparues, des dizaines d’autres gravement blessées mais les chasses à l’homme et la criminalisation de la solidarité continuent dans nos montagnes

    #Communiqué commun dont la LDH est signataire

    Le 21 novembre 2016, Tous migrants lançait sa première alerte face à la dérive de l’Etat, en dénonçant les multiples atteintes aux droits des personnes exilées, en Méditerranée, à Calais, à Paris, dans la vallée de la Roya, à Menton, et dans les Hautes-Alpes. Nous alertions sur l’urgence à :

    ⁃ accueillir dignement les personnes contraintes de fuir leur pays où elles ne sont plus en sécurité ;

    ⁃ refuser de traiter ces personnes comme des criminels ou des animaux nuisibles ;

    ⁃ empêcher que nos mers et nos montagnes se transforment en cimetières.

    6 ans plus tard, nous faisons les mêmes constats. Les violences d’Etat contre les personnes exilées ne cessent de se renforcer jusque dans le #Briançonnais, tandis que les fléaux qui contraignent les populations à fuir leur pays se multiplient. L’exception envers les personnes de nationalité ukrainienne a montré qu’il est possible d’accueillir dignement, tout en dévoilant le caractère discriminatoire de la politique actuelle.

    Ces violations de droits sont documentées et dénoncées par les associations, les organismes indépendants de défense des droits humains, les chercheurs, les journalistes, les parlementaires… Des décisions préfectorales ont été annulées et deux membres de la police aux frontières ont déjà été condamnés par les tribunaux.

    Au lieu de respecter les #droits_fondamentaux, les gouvernements successifs n’ont de cesse de militariser la frontière, pour un coût direct de plusieurs dizaines de millions d’euros par an pour le seul #Briançonnais, soit un gâchis considérable par rapport aux sommes nécessaires à l’accueil digne et au respect du droit.

    Cette politique n’engendre que morts et souffrances supplémentaires, les frontières abiment durablement, physiquement et psychiquement, les personnes. Les risques liés à la traversée notamment en saison hivernale sont bien réels (hypothermie, gelure) et sont accentués par la militarisation de la frontière (fuite, cachette, chute). Pour exemple, la nuit du 19 au 20 novembre 2022, 4 personnes ont été blessées à la suite d’un #contrôle_par_surprise en pleine #montagne et de la #course_poursuite qui a suivi, avec une personne hospitalisée à Briançon. Des pratiques humiliantes ont été également rapportées récemment dans le cadre d’#enfermement à la #police_aux_frontières de #Montgenèvre.

    La #criminalisation_de_la_solidarité perdure. Le #harcèlement, les #intimidations, les #amendes abusives voire mensongères, les #poursuites_judiciaires sont toujours de mise envers les solidaires, et ceci malgré nos multiples signalements aux autorités compétentes.

    Nous ne baissons pas les bras. Nous continuons notre veille active à la frontière pour réduire les risques, témoigner, dénoncer et alerter les autorités dédiées, le tout pour obtenir des avancées sur le respect des droits à la frontière. Des décisions récentes nous confortent dans notre action. Par exemple, le 22 novembre, après la relaxe des 3+4, deux solidaires ayant subi de la prison viennent d’obtenir réparation en justice. Le 23 novembre, la Cour européenne des droits de l’Homme a accepté d’instruire la requête que nous avons déposée au côté de la famille de Blessing Matthew pour que vérité et justice soient faites.

    Nombre de personnes agissent au quotidien de manière humaine, professionnelle et sans discrimination, à l’exemple des personnels soignants de l’hôpital de Briançon, avec discernement à l’exemple de certains membres de force de l’ordre, et même avec courage pour celles et ceux qui osent désobéir à des ordres illégaux, illégitimes, dangereux et barbares.

    Avec les associations et collectifs impliqués et la population solidaire, nous montrons chaque jour qu’un autre accueil est possible, que tout le monde en profite, y compris l’économie locale. Aujourd’hui plus que jamais le Briançonnais est reconnu dans le monde entier comme une #terre_d’accueil.

    Cette renommée n’a rien à voir avec le pseudo « #appel_d’air » que les pouvoirs publics et l’extrême droite agitent comme un épouvantail dont les chercheurs ont démontré la vacuité. Par exemple, par comparaison avec Montgenèvre, le nombre de #refoulements effectués par la PAF est presque deux fois plus élevé à Modane et dix fois plus à Menton, alors qu’il n’y a pas de lieux d’accueil sur ces deux territoires.

    Depuis nos montagnes qui ont toujours été des lieux de passage, d’asile mais aussi d’exil, nous nous unissons pour sensibiliser sur les préjugés tenaces autour de la migration mais également pour changer ces politiques mortifères et à fort relent raciste et xénophobe.

    Dimanche 18 décembre, à l’occasion de la Journée internationale des migrants, des manifestations sont organisées en France, en Europe et au-delà. Opposés à cette politique du rejet, nous avons fait le choix de la dignité et de l’humanité.

    À Briançon, avec toutes les associations et collectifs impliqués dans l’accueil des personnes exilées, nous vous donnons rendez-vous :

    ⁃ à 15h30, devant la médiathèque pour une déambulation en fanfare jusque devant la MJC, avec des prises de parole ;

    ⁃ à partir de 17h, devant la MJC, avec les stands des associations et des boissons chaudes ;

    ⁃ à 18h30, à l’Eden-Studio pour la projection-débat des films documentaires 18 mois, puis à 21h Ceux de la nuit, en présence des réalisatrices et de personnes impliquées.

    Paris, le 13 décembre 2022

    https://www.ldh-france.org/alerte-a-la-population-7-personnes-sont-mortes-3-disparues-des-dizaines-
    #humiliation #frontière_sud-alpine #France #Italie #Briançon

    –—

    Ajouté à la métaliste autour de la situation des exilés dans les Hautes-Alpes :
    https://seenthis.net/messages/733721

  • First refugees arrive in tiny Catalan villages under repopulation plan

    Orwa Skafe, who fled Syria seven years ago, is among those given jobs and a home in attempt to revive rural areas.

    It’s been a long journey since Orwa Skafe fled the war in Syria seven years ago but thanks to an innovative resettlement scheme he’s found peace in a tiny village 900 metres (3,000ft) up in the Pyrenees. He is one of the first to benefit from a Catalan government programme to relocate refugees in depopulated villages.

    The programme, called Operation 500 because it involves villages with fewer than 500 inhabitants, is being run jointly by the regional employment agency, the equality commission and the Association of Micro-villages.

    The scheme, which runs for one year, provides participants with a home and a salary of €19,434 (£16,700) paid via the local authority, which also organises work for them. The programme is open to refugees, asylum seekers and immigrants who are legal residents.

    So far, 30 families have been accommodated, 24 of them refugees.

    “Up till now the system of dealing with refugees has been very centralised and focused on major cities,” said Oriol López Plana, a facilitator at the Association of Micro-villages, which helps participants integrate, learn the language and become independent.

    “The programme aims to integrate people in villages where there’s a social network and then, if they want to move to the city, they can.

    “There’s a similar system in France. The difference here is we create a social fabric, we run mentoring and communitarian programmes, in both the work and social spheres.”

    Skafe, who comes from the coastal town of Latakia where he worked as an English teacher, left Syria in 2015 and went to Haiti because, he says, it was the only place he could go to legally.

    “It turned out that Haiti is even more dangerous than Syria,” he said, so he made his way to Spain and arrived in Barcelona in January this year. A month later he was granted asylum.

    He now lives in Tírvia, a remote, mountaintop village of 130 souls close to the border with France, although Skafe says in reality the population is more like 50. He’s employed by the local authority doing maintenance and cleaning.

    “I’m very happy here,” he said, freely mixing Spanish and English. “What I want most of all is peace. I like Barcelona but there are too many people. I love nature, which is why I wanted to join this programme.

    “I’m learning Catalan, poc a poc [little by little]. Everyone in the village is Catalan. I’m the only foreigner. I don’t understand much but I’m patient and I’m not afraid to learn new languages.

    “People are very welcoming, everyone talks to me, they offer me help or to do my shopping. That’s the case for 90%. Of course, there are always people who don’t like strangers.”

    He hopes that his wife and child, who are still in Syria, will be able to join him once he obtains a residency permit, but sees no prospect of returning to Syria.

    “I want to stay in the village when the programme ends and I want my family to live here with me. I’m going to work hard to stay here.”

    https://www.theguardian.com/world/2022/dec/11/catalan-villages-refugees-repopulation-plan

    #repeuplement #réfugiés #Espagne #asile #migrations #accueil #rural #Tírvia #montagne #Tirvia #Pyrénées #Catalogne #Operation_500 #plan_repeuplement

    • #Oportunitat500 - Vols optar a una plaça de tècnic?

      Acollida de persones migrades i refugiades per aconseguir el seu l’establiment sostenible i arrelament progressiu. Participa en l’acollida omplint el formulari que trobaràs a la notícia.

      L’objectiu del projecte Oportunitat500 és que els micropobles de Catalunya donin resposta a l’acollida de persones migrades i refugiades per aconseguir el seu l’establiment sostenible i arrelament progressiu. Per assolir aquest objectiu, aquest projecte s’estructura en tres línies estratègiques: participació dels micropobles, participació de les persones migrades, i comunicació.
      La participació dels micropobles és una línia estratègica perquè aquest projecte busca garantir i fomentar la sobirania del territori. Per aconseguir aquest objectiu específic s’han dissenyat una sèrie de processos participatius on els micropobles podran dissenyar i implementar estratègies locals per implementar el projecte.
      Les persones migrades han de prendre la decisió conscient de voler-se desplaçar a un micropoble. S’ha dissenyat un procés d’acompanyament a les persones migrades i refugiades per tal que optin pels micropobles com una opció de vida. Aquest acompanyament passa per tallers de treball de l’imaginari on s’explica què és Catalunya i com són els micropobles d’una manera vivencial, unes visites als municipis, un acompanyament per prendre la decisió conscient de voler-se desplaçar al micropoble, un seguiment en el desplaçament, i un enllaç amb el teixit social del territori.
      Al ser un projecte amb un fort component d’innovació, Oportunitat500 ha creat un pla de comunicació per tenir una veu pròpia que situï els micropobles i el mon rural de Catalunya en una posició de rellevància en l’acollida de persones migrades i refugiades.

      https://www.youtube.com/watch?v=JXlhnPro0n4


      https://www.micropobles.cat/actualitat/5625/oportunitat500---vols-optar-a-una-placa-de-tecnic

      #micro-pobles #Oportunitat_500

    • Programa de suport a la implementació de les PAO en municipis de menys de 500 habitants de Catalunya (SOC – MICROMUNICIPIS)

      El Programa de suport a la implementació de les #Polítiques_Actives_d'Ocupació (#PAO) en municipis de menys de 500 habitants de Catalunya es tracta d’una política de foment de l’ocupació que, mitjançant els projectes de millora de l’ocupabilitat de les persones treballadores en situació d’atur i les persones treballadores, permet adquirir experiència laboral en un entorn real de treball, i que obtinguin la qualificació o les capacitats necessàries, per a la seva inserció laboral.

      Els ajuntaments dels municipis de menys de 500 habitants solen estar agrupats territorialment, singularitat que afavoreix la seva sinergia de treball mancomunat i de treballar en conjunt en programes col·lectius per donar resposta a necessitats i problemàtiques concretes.

      L’objectiu d’aquest Programa és implementar les polítiques actives d’ocupació en municipis de menys de 500 habitants de Catalunya. Aquests municipis per la seva mida i capacitat tècnica i econòmica tenen menys recursos per presentar-se a les convocatòries anuals del SOC en l’àmbit del foment de l’ocupació i el desenvolupament econòmic local.

      Les actuacions subvencionables són les següents:

      - Actuació de contractació laboral.
      - Actuació de formació.
      - Actuació d’acompanyament.

      https://serveiocupacio.gencat.cat/ca/entitats/subvencions-desenvolupament-local/programa-de-suport-a-la-implementacio-de-les-pao-en-municipis

  • Da #Melilla a #Beni_Mellal: dove sono finiti i respinti tra Spagna e Marocco

    Dopo le brutali violenze al confine con l’enclave spagnola di fine giugno, più di 200 persone sono state allontanate con la forza nel Sud del Marocco, in una zona impreparata alla loro assistenza. Ecco come ha risposto il territorio

    Le immagini dei violenti respingimenti dei migranti avvenuti il 24 giugno scorso da parte delle forze dell’ordine marocchine e spagnole alla frontiera con l’enclave spagnola di Melilla sono rimbalzate su tutte le testate europee. Quei 37 morti e le centinaia di feriti hanno suscitato sgomento e sdegno in tutta la comunità internazionale e diverse riflessioni su come ripensare alla gestione delle migrazioni ai confini dell’Unione europea. Mentre i riflettori erano puntati sul filo spinato dell’ingresso di Barrio Chino, file e file di autobus carichi di migranti partivano da Nador, dieci chilometri a Est di Melilla, e si snodavano lungo le diverse routes nationales del Marocco verso destinazioni il più possibile lontane.

    A 678 chilometri più a Sud, nel cuore della catena montuosa del Medio Atlante la città di Beni Mellal da un giorno all’altro si è trovata ad ospitare un flusso senza precedenti di migranti. Circa 210 persone si sono riparate nei pressi della stazione degli autobus, luogo di elezione dei senzatetto della zona. L’erba dei giardini di Boulevard Mohamed VI a fare da letto e i rami degli alberi a fare ombra dal sole cocente per proteggersi dai 45 gradi tipici della stagione estiva. Beni Mellal è il capoluogo di Beni Mellal-Khenifra, una regione grande come la Sicilia e la Valle d’Aosta messe insieme. A vocazione agricola e con un’intensa attività di estrazione di fosfati, è storicamente sempre stata considerata un’area di emigrazione di cittadini marocchini verso il Nord Italia, specie in Piemonte e Lombardia. Negli ultimi 15 anni però l’area è soggetta alla migrazione di ritorno e circolare. Altro fenomeno che la caratterizza è quello del transito dei migranti provenienti dai Paesi dell’Africa subsahariana che tentano di raggiungere l’Europa. Tuttavia, a causa della pandemia da Covid-19 e del rafforzamento dei controlli alle frontiere di Ceuta e Melilla, per alcuni, soprattutto ivoriani e ciadiani, il transito si è tramutato in uno stanziamento. Si tratta perlopiù di migranti in situazione “irregolare” che vivono in strada o in edifici in costruzione, mendicando agli incroci. L’intersezione tra boulevard Hassan II e boulevard Mohamed VI è stata ribattezzata dagli operatori delle Ong “la rotonda dei migranti”.

    La richiesta d’asilo è valutata prima dall’Unhcr e poi, in caso di esito positivo, da un ufficio del governo marocchino. Nel 2020 sono state riconosciute 847 “carte del rifugiato”

    In Marocco non esiste una legge che regoli il diritto alla protezione internazionale, nonostante dal dicembre 2014 sia in vigore la Strategia nazionale di immigrazione e asilo che ha come obiettivo quello di facilitare l’accesso ai servizi, all’educazione, alla salute e all’alloggio per gli stranieri presenti sul territorio nazionale. Non essendoci un sistema di asilo consolidato nel Regno, è l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) che affianca il governo marocchino prendendo in carico ed esaminando le richieste di protezione internazionale. In caso di esito positivo rilascia un documento che attesta lo status di rifugiato, ma che non regolarizza la posizione sul territorio. Con tale documento è possibile rivolgersi al Bureau des réfugiés et des apatrides (Bra), istituzione dipendente dal governo marocchino, che riesamina la documentazione e in seconda battuta può confermare o rigettare lo status. Nel primo caso, il beneficiario ottiene una “carta del rifugiato” con la quale successivamente è possibile richiedere un titolo di soggiorno e quindi regolarizzare la propria presenza. Nel rapporto di bilancio del 2020 sulla politica di immigrazione e asilo si parla di 847 persone con lo stato di rifugiato riconosciute dal Bra. Le statistiche aggiornate al 31 luglio scorso raccontano di una popolazione di 18.985 persone prese in carico da Unhcr di cui 9.277 richiedenti asilo e 9.708 con un primo esito positivo.

    Dal 25 al 30 giugno 2022, sono stati oltre 40 gli accompagnamenti delle Ong locali al pronto soccorso di Beni Mellal per fratture e ferite al cranio, agli arti e alla schiena

    A fine giugno le Organizzazioni non governative internazionali e le associazioni di Beni Mellal che si occupano di sviluppo, improvvisamente si sono trovate a gestire centinaia di persone, molte delle quali gravemente ferite, senza aver una particolare esperienza nella gestione dell’emergenza. La nazionalità più presente quella dei sudanesi, seguiti da ciadiani, etiopi, nigeriani e nigerini. Età media 23 anni. Nessuna donna. Per comunicare gli operatori internazionali si sono affidati all’intermediazione dei ciadiani che parlando sia francese sia arabo hanno fatto da traduttori per le altre nazionalità arabofone.

    A fare da capofila nella gestione dei primi soccorsi è Progettomondo, un tempo Mlal, Ong veronese attiva in Marocco e in particolare nella regione da circa 20 anni, specializzata in migrazione e sviluppo. La sede, situata nel quartiere di Hay Ghita, si è trasformata nella base operativa di coordinamento della società civile. Hanno unito le forze l’Ong italiana Cefa, partner storico di Progettomondo in Marocco specializzato in accompagnamento dei migranti, la Chiesa cattolica di Beni Mellal che si è offerta di pagare i medicinali e l’operazione per un giovane con il ginocchio in frantumi, l’associazione Cardev sempre disponibile per le attività con i migranti, la Mezzaluna Rossa che ha offerto i propri locali per fare le medicazioni e l’associazione Maroc solidarité médico sociale (MS2), attiva tra Rabat e Oujda, le cui operatrici si sono spostate eccezionalmente a Beni Mellal per mettere a disposizione risorse e competenze nell’accompagnamento medico. Costante la partecipazione degli operatori di Unhcr, attore non presente nella regione ma che proprio il giorno degli episodi di Melilla stava tenendo una formazione alle associazioni locali sul diritto all’asilo. “Nonostante l’area non sia specializzata nell’ emergenza, i vari attori avevano già in atto delle attività di assistenza” spiega Rachid Hsine, senior protection associate a Unhcr.

    “Soprattutto per i sudanesi, che non hanno una rete in Marocco, non c’è interesse a restare. Dati i maggiori controlli a Nord, molti si muovono verso le Isole Canarie” – Hsine

    La comunicazione, secondo Fabrizia Gandolfi, rappresentante Paese di Progettomondo in Marocco è stata la chiave di volta: “Le relazioni e la fiducia delle autorità locali e di sicurezza ci hanno permesso di portare gli aiuti. Per settimane, sono state condotte una decina di distribuzioni di viveri a beneficio di centinaia di persone con il benestare della Prefettura che collabora con Progettomondo da anni. I contatti continui con la Delegazione regionale della salute hanno facilitato l’accesso ai poliambulatori, laddove insorgesse reticenza nell’accogliere migranti irregolari. Anche le precedenti formazioni erogate al personale sanitario sull’accoglienza dei migranti nel corso dei nostri progetti hanno facilitato la ricezione”.

    Solo dal 25 al 30 giugno di quest’anno, sono stati oltre 40 gli accompagnamenti delle Ong locali al pronto soccorso di Beni Mellal per fratture e ferite al cranio, agli arti e alla schiena. Aimée Lokake, agente di terreno dell’Ong Cefa applaude lo staff medico locale: “I primi soccorsi sono stati garantiti a decine di migranti alla volta, nonostante l’arrivo inaspettato e la diffidenza nell’accogliere persone protagoniste di atti di violenza, come riportato dei media locali”. Emblematico della collaborazione tra i diversi attori il caso di Ahmed, sudanese di 22 anni arrivato a Beni Mellal con un piede in cancrena a causa delle medicazioni frettolose e sommarie ricevute all’ospedale di Nador subito dopo gli scontri. La prima diagnosi all’ospedale di Beni Mellal aveva dato un esito nefasto: amputazione. Tuttavia, società civile e istituzioni si sono mobilitate per dare una speranza al giovane. La Delegazione regionale della salute ha fatto da intermediario con medici e assistenti sociali, Progettomondo e Cefa hanno vegliato il ragazzo in ospedale, Unhcr, MS2 e l’Association de planification familiale di Rabat hanno tenuto i contatti con l’ospedale della capitale per verificare la possibilità di trasferimento, infine Progettomondo ha assicurato la presenza di un’ambulanza privata per il trasporto e Cefa si è fatta carico delle cure. A Rabat la diagnosi è stata più clemente, il piede è stato salvato e il giovane è stato inserito nei registri di Unhcr per richiedere la protezione internazionale.

    Sono 360 i milioni di euro versati dall’Ue al Marocco negli ultimi otto anni per la gestione del fenomeno migratorio. Di questi, il 75% (270 milioni) sono stati stanziati per “proteggere” le frontiere europee. Nell’agosto 2022 è trapelata la notizia di un ulteriore finanziamento di 500 milioni di euro che lascia presagire che episodi simili a quelli di Melilla potrebbero ripetersi

    Uno dei problemi emersi è stato quello della presa in carico: “Purtroppo sono le Ong e le associazioni che devono pagare i costi delle cure accessorie. Una volta ricevute quelle di base, i migranti finiscono in strada con conseguenti problemi di igiene. Le organizzazioni si sono trovate a mobilitare fondi straordinari per trovare alloggi consoni” racconta Hsine. Secondo i dati rilasciati da Progettomondo, alla fine di agosto il numero di migranti è sceso a 100. Alcuni hanno preso la volta di Melilla, altri si sono spostati a Casablanca e a Rabat, alcuni sono riusciti ad arrivare in Spagna prendendo il mare da Sud-Ovest. “Soprattutto per i sudanesi, che non hanno una presenza comunitaria in Marocco, non vi è alcun interesse a restare. Dato il rafforzamento dei controlli alle frontiere a Nord del Paese, molti tentano di arrivare alle Isole Canarie attraverso Laayoune (città a circa 30 chilometri dalla costa, ndr)” evidenzia Hsine. Ad agosto la notizia trapelata da fonti comunitarie di un prossimo finanziamento di 500 milioni di euro da parte dell’Unione europea al Marocco per la gestione delle migrazioni lascia presagire che episodi simili a quelli di Melilla potrebbero ripetersi, dato che negli ultimi otto anni 270 su 360 milioni di euro ricevuti sono stati allocati alla protezione delle frontiere.

    “La situazione dei migranti bloccati in Marocco non può essere considerata un’emergenza ma una crisi strutturale alimentata dalle politiche europee” – Gandolfi

    Uno dei nodi è l’utilizzo di questi fondi, considerando che le organizzazioni internazionali stimano che tra le 60 e le 80mila persone all’anno transitino irregolarmente sul territorio marocchino e solo nel 2020 sono stati 40mila i tentativi di ingressi e di uscita bloccati dalle autorità: “Le alternative sono diverse: approccio securitario, adattamento dei programmi alle popolazioni in movimento, intervento umanitario, integrazione oppure intervento nei Paesi di origine”, spiega Hsine. Secondo Gandolfi, la ricetta per far fronte a nuovi flussi massicci è andare oltre la risposta emergenziale: “Dal momento che la situazione delle persone migranti presenti irregolarmente e bloccate in Marocco non può essere considerata un’emergenza ma una crisi strutturale alimentata dalle politiche europee, è necessario creare dei tavoli di coordinamento permanenti tra società civile e collettività territoriali dove elaborare risposte condivise e responsabilizzare le istituzioni sul loro ruolo di governance”. Nel frattempo gli autobus continuano a partire dal Nord verso il Sud del Paese carichi di giovani che prima o poi ritenteranno di passare il confine, sperando di essere tra i fortunati a valicare il muro di quella che ormai sembra sempre di più somigliare a una fortezza.

    https://altreconomia.it/da-melilla-a-beni-mellal-dove-sono-finiti-i-respinti-tra-spagna-e-maroc

    –---

    #toponymie_politique:

    L’intersezione tra boulevard Hassan II e boulevard Mohamed VI è stata ribattezzata dagli operatori delle Ong “la rotonda dei migranti”.

    #toponymie_migrante

    #Maroc #expulsions #renvois #déportation #migrerrance #Atlas_marocain #montagne #migrations #asile #réfugiés #Bureau des_réfugiés_et_des_apatrides (#Bra) #Progettomondo #Cefa #Mlal #Cardev #société_civile #HCR

  • Faut-il réserver un réacteur nucléaire pour alimenter les stations de ski ? (En réalité les seules remontées mécaniques)

    Le risque de pénurie d’électricité et la hausse des prix des énergies forcent les stations de ski à adapter leur plan d’exploitation. Elles promettent d’appliquer des mesures de sobriété comme la réduction de la vitesse des remontées mécaniques, un damage plus précis et des techniques d’enneigement artificiel moins énergivores. Mais quel-est réellement l’impact d’une station de ski sur le réseau électrique ?

    La France est l’un des plus grands pays de ski au monde. Elle possède 350 stations, qui opèrent 3 346 remontées mécaniques d’après France Montagne, une association des acteurs du tourisme en montagne.


    Illustration : Révolution Énergétique - Hugo LARA

    Chaque saison, ces domaines consomment de grandes quantités d’énergie, principalement de l’électricité pour les remontées et le chauffage, mais aussi des carburants pour le damage et les véhicules.

    Le risque de blackout qui plane sur le réseau électrique national et les hausses de prix des énergies ne leur permet plus de dépenser sans compter.
    . . . . . .
    Des remontées mécaniques très gourmandes en électricité
    Réunis, les domaines skiables constituent une industrie très gourmande en électricité. Elles appellent une puissance élevée, notamment au démarrage des remontées. D’autant que leur ouverture le matin correspond aux horaires du premier pic de consommation de la journée, entre 8 h et 13 h. Elles n’ont toutefois aucun impact sur le pic de 19 h, le plus délicat pour le réseau, puisqu’elles ferment généralement autour de 17 h.
    . . . . . . .
    Un réacteur nucléaire monopolisé pour les stations de ski ?
    En considérant une puissance moyenne totalement arbitraire de 200 kW par remontée mécanique, les 3 346 machines installées en France développeraient une puissance cumulée d’environ 670 MW, pas si éloignée d’un réacteur nucléaire de palier CP0/Y (900 MW).

    Un chiffre qui ne tient pas compte des pertes liées au transport et à la conversion du courant sur certaines machines ainsi que des consommations auxiliaires (moteurs des systèmes débrayables, tapis d’embarquement, chauffage…).

    Bien sûr, toutes les remontées ne fonctionnent pas en même temps et à puissance maximale. Si la puissance réellement appelée par les stations de ski est certainement bien inférieure à notre calcul, elle reste significative. Ainsi, les opérateurs prévoient déjà des mesures pour réduire la consommation des leurs remontées.

    #loisirs #ski #remontées_mécaniques #pénuries #énergie #réseau_électrique #montagne #électricité #charbon #nucléaire #France

    Source : https://www.revolution-energetique.com/faut-il-reserver-un-reacteur-nucleaire-pour-alimenter-les-st

    • Reste à alimenter en énergie les logements et restaurants, les canons à neige, les transports, l’éclairage . . . . . des stations de sport d’hiver.

      Un grand merci à la petite bourgeoisie de gôche fanatique des sports d’hiver.

  • À l’abri des regards : l’#enfermement illégal à la frontière franco-italienne

    À l’heure de discussions autour d’une nouvelle loi sur l’immigration et l’asile en France et d’une réforme de l’espace Schengen et du Pacte européen sur la migration et l’asile, un même constat s’impose : les politiques migratoires de l’Union européenne et de ses États membres sont constitutives de violations des droits fondamentaux et de la dignité des personnes en migration. Dans ce contexte, l’Anafé publie aujourd’hui un dossier sur l’enfermement illégal constaté depuis 2015 à la frontière franco-italienne, enfermement qui illustre les conséquences de ces politiques violentes.

    Ce dossier – composé d’une cartographie en ligne (https://ferme.yeswiki.net/fermons_les_zones_d-attente/?PagePrincipale), d’un guide de sensibilisation et d’une note d’analyse – décrit les lieux privatifs de liberté créés par les autorités françaises à la frontière franco-italienne depuis 2015 ainsi que les conditions indignes dans lesquelles les personnes en migration y sont enfermées, tout en démontrant le caractère ex frame, c’est-à-dire hors de tout cadre légal, de ces #lieux_d’enfermement.

    Prenant le contrepoint des autorités qui se retranchent derrière le vocabulaire d’une soi-disant « #mise_à_l’abri » pour qualifier ces locaux et des juridictions qui ne condamnent pas ces pratiques abjectes, l’Anafé entend, par ce dossier, témoigner de ces faits qui démontrent en réalité des pratiques de #détention_arbitraire à la frontière franco-italienne.

    « On n’enferme pas, on ne prive pas de liberté, de la protection de l’asile, d’eau, de nourriture, de soins ou de dignité celles et ceux que l’on entend mettre à l’abri. A l’abri de quoi ? Lorsque l’on déconstruit la sémantique des autorités policières et gouvernementales françaises, la vérité apparaît : elles mentent et enferment illégalement des centaines de femmes, d’enfants et d’hommes chaque année, en toute #impunité et parfois avec la #complicité des autorités judiciaires. », dénonce Alexandre Moreau, président de l’Anafé.

    Ce dossier entend ainsi rendre visible les logiques des politiques migratoires françaises, les violations quotidiennes des #droits_fondamentaux et mettre à jour la réalité de ce que l’administration française cherche, pour sa part, à éloigner des regards.

    « #Discrimination, #stigmatisation, #criminalisation et #déshumanisation des personnes en migration sont les fils conducteurs de politiques migratoires qui, depuis des décennies, mettent l’enfermement aux frontières au cœur de leur arsenal de mesures visant à lutter contre une soi-disant « invasion » de personnes en migration. Inefficace et violente, la privation de liberté est toujours utilisée pour empêcher les personnes d’avoir accès au territoire européen ou au sein des pays qui composent l’Union. Ce dossier vient ainsi rappeler que, pour garantir un État respectueux des droits fondamentaux, un impératif doit être respecté : la détention arbitraire des personnes en migration doit cesser. », commente Laure Palun, directrice de l’Anafé.

    Rappelant le constat de pratiques d’enfermement illégal dans les aéroports et les ports français qui, il y a 30 ans, a mené à la création de l’Anafé et au cadre légal de la zone d’attente, ce dossier s’inscrit dans la campagne menée depuis un an par l’Anafé contre l’enfermement aux frontières. Ainsi, aux côtés de la demande portée par l’Anafé de fermeture des zones d’attente, ce dossier conclut sur un seul et unique impératif : la fermeture des lieux d’enfermement ex frame à la frontière franco-italienne.

    http://www.anafe.org/spip.php?article648

    #frontière_sud-alpine #asile #migrations #réfugiés #Hautes-Alpes #Alpes_maritimes #Alpes #montagne #Italie #France #Modane #privation_de_liberté #détention #Menton #Menton_Garavan #Montgenèvre #Fréjus

  • Nous, les exilés (sur Briançon et la situation dans les #Hautes-Alpes)

    –-> série : Là où se cristallisent les questions d’aujourd’hui

    #Didier_Fassin (interviewé aux Terrasses solidaires, où il exerce bénévolement en tant que médecin et est présent en tant que chercheur) :
    (à retranscrire :-))

    –-

    Didier Fassin :

    « Des visages fatigués, épuisés. Des regards qui contiennent presque toujours au moins une lueur d’espoir. Malgré les épreuves déjà traversées. Elles et ils … sont environ 80 millions. 80 millions, soit un peu plus d’1% de la population mondiale. Eux, ce sont les exilés d’aujourd’hui. Dans un monde sous haute tension, personne n’est à l’abri. Vous, moi, nous serons peut-être les exilés de demain. En attendant, là maintenant : comment accueillir ces personnes qui arrivent dans nos régions ? Quelle hospitalité sommes-nous prêts à leur réserver ? Quels dispositifs établir aux frontières ? Et faut-il craindre le fameux appel d’air ? Ces questions, nous allons les déplier en altitude, du côté de Briançon, là où des exilés traversent la montagne au péril de leur vie. »

    Avec Isabelle Lorre (la coordinatrice du programme « migrations frontière transalpine » à Médecins du Monde sur Briançon), Sylvain Eymard (gestionnaire de l’association « Les Terrasses solidaires »), Didier Fassin (anthropologue, sociologue et médecin français. Il est professeur à l’Institute for Advanced Study de Princeton et directeur d’études à l’École des hautes études en sciences sociales à Paris), Jean Gaboriau (l’un des responsables de « Refuges solidaires »), Stéphanie Besson (cofondatrice du mouvement citoyens « Tous migrants » et autrice de « Trouver refuge : histoires vécues par-delà les frontières » chez Glénat), Agnès Antoine ( membre de “Tous migrants”), deux gendarmes et quelques exilés.

    https://www.rtbf.be/auvio/detail_passe-montagne-la-ou-se-cristallisent-les-questions-d-aujourd-hui?id=291

    #podcast #audio #asile #migrations #réfugiés #montagne #Alpes #Briançon #hospitalité #Briançonnais #Hautes-Alpes #Terrasses_solidaires #militarisation_de_la_frontière #risques #chasse_à_l'homme #chutes #traque #tiers-lieu #santé #blessures #efficacité #non-efficacité #spectacle #Didier_Fassin #spectacularisation #performance #inhumanité #inhumanité_institutionnalisée #inhumanité_d'Etat

    ping @_kg_

  • #Rural_commons_assembly

    The Rural Commons Assembly is an iterative platform, laboratory and think tank for trans-local networking and learning. Over several days, it brings together initiatives and practitioners who confront social, political, economic and ecological complexities through developing cooperative and imaginative alternatives on a local scale. The assembly offers safe spaces and public forums to its participants in order to facilitate encounters, mobilise situated knowledge, share and explore diverse practices, learn from different experiences and foster possible new alliances.

    In its first edition “Art, Culture and Trans-Alpine Cooperation”, which took place from September 2nd to 5th 2021 in West-Austria, twelve initiatives from thre countries and five regions assembled for the first time. This included the European Region (EUREGIO) of Austria and Italy (Tyrol, South Tyrol, Trentino) as well as the border areas of Switzerland (Engadin) and Slovenia (Friuli Venezia Giulia). That way, various venues in the towns of Innsbruck and Wattens became places for mutual learning through workshops, presentations, discussions, guided tours and convivial activities.

    The idea for the Rural Commons Assembly was born during a series of field trips undertaken by artist Johannes Reisigl around the Alps from 2019 onwards. In those years, he had been meeting various participating initiatives, weaving a patchwork of relations across regions and starting to sense overlapping themes, practices and interests; as much as problems, challenges and open questions. Understanding that there had been little resources and no spaces to federate these, he started to dedicate his own resources to shape such a space.

    https://ruralcommonsassembly.com

    #réseau #plateforme #Alpes #montagne #local #alternatives #situated_knowledge #Johannes_Reisigl

    #cartographie #cartographie_participative


    https://ruralcommonsassembly.com/map

    ping @reka @nepthys