• Marocchino muore travolto dal treno

      Un uomo marocchino, dall’apparente età di 30 anni, è stato travolto e ucciso ieri sera da un treno in Alto Adige, all’altezza di Oltrisarco, mentre camminava lungo i binari.

      Si tratta di un migrante che, secondo i primi riscontri della polizia ferroviaria, sarebbe stato insieme ad un gruppetto di connazionali. Non è ancora chiaro come lo straniero sia finito sotto le ruote del treno.

      Il decesso è avvenuto sul colpo e ci sono stati una serie di ritardi dei convogli per tutta la nottata. Si tratta del quarto episodio simile nell’ultimo periodo.

      https://www.lavocedeltrentino.it/2018/01/14/marocchino-muore-travolto-dal-treno

    • Tragedia al Brennero: profugo muore folgorato sul treno merci

      Il corpo trovato dagli agenti del commissariato di Brennero sul tetto di un container fermo allo scalo merci. I poliziotti: «Siamo impotenti»
      BRENNERO. Ancora un morto sui treni dei migranti in viaggio dall’Italia verso l’Austria. Questa notte allo scalo merci del Brennero è stato trovato il corpo di un uomo folgorato da una scarica elettrica, sul tetto di un container su un carro merci.

      Il convoglio, partito da Verona, era rimasto bloccato alla stazione di Brennero, a causa del deragliamento in Austria che da qualche giorno ha interrotto la linea oltreconfine. Sono stati gli operatori del Commissariato di polizia del Brennero a trovare il corpo. Durante il controllo di alcuni carri merci poco prima di mezzanotte, hanno notato lo squarcio nel telone di un vagone, fatto da alcuni migranti per salire e scendere.

      Guardando oltre, hanno notato un cadavere sul tetto di un container sul carro a fianco. Il corpo, che non era visibile da sotto, è stato notato dagli agenti saliti sulla cabina «dirigenti in movimento». Probabilmente, il migrante si è alzato in piedi facendo da parafulmine. Si è prodotta una scarica violentissima che lo ha ucciso sul colpo.

      La dinamica. Da quanto si è potuto ricostruire, l’uomo sarebbe salito sul tetto del container per cercare di squarciare dall’alto il telone di un vagone accanto, ed entrare per ripararasi dal freddo. Mentre era sul tetto, il treno avrebbe fatto un piccolo movimento, facendogli perdere l’equilibrio. Il migrante avrebbe quindi toccato i fili dell’alta tensione.

      Il suo corpo ha fatto da conduttore, scaricando l’energia verso terra. Dallo stato del cadavere, completamente carbonizzato, non è stato ancora possibile risalire alla nazionalità e all’identità della vittima. La salma è stata trasportata all’ospedale di Vipiteno. Molto probabilmente si tratta di un africano di circa 30 anni. In questi giorni infatti, a causa dell’incidente ferroviario in Austria, sono molti i giovani africani (una trentina) che - nonostante le temperature polari - stazionano a Brennero in attesa di passare il confine verso Nord.

      Si tratta dell’ennesima tragedia sulla linea del Brennero che vede coinvolti migranti che tentano di arrivare in Germania saltando a bordo dei carri merci.

      LE REAZIONI. In mattinata è stata diramata una nota a firma di Mario Deriu e Fulvio Coslovi, segretari provinciali dei sindacati di polizia Siulp e Coisp.

      "La morte di un uomo - si legge -, ancor più quando avviene tragicamente, suscita su ognuno di noi sentimento di pervasiva impotenza, ma quando questa è determinata da silenzi egoistici è da politiche di interesse di parte, bene, allora, siamo in qualche misura tutti responsabili. Questo per affermare che incrementare ossessivamente i controlli di polizia militarizzando la frontiera, non produce alcun risultato, se questi non sono sostenuti da precise scelte di politica europea, condivise e non unilaterali. Diversamente, per il futuro, non possiamo che presagire il ripetersi di tragedie di terra sul nostro territorio. I poliziotti, per l’ennesima volta, hanno assistito al dramma di una morte ingiusta. Toccati umanamente dalla cattiva sorte che ha colpito un uomo disperato, che cercava di realizzare il sogno di vita migliore, anche in questa occasione gli operatori hanno mostrato umanità e professionalità con la consapevolezza di non poter essere gli «armotizzatori sociali» di un fenomeno epocale".

      http://www.altoadige.it/cronaca/bolzano/tragedia-al-brennero-profugo-muore-folgorato-sul-treno-merci-1.1479811

    • Muore folgorato sul treno merci al Brennero

      Un migrante è morto nella notte su un treno merci al Brennero, salito con molta probabilità a Verona, nel suo viaggio dall’Italia verso l’Austria. L’uomo è stato folgorato da una scarica elettrica, sul tetto di un container su un carro merci. La notizia, di Alto Adige online, è stata confermata dalla polizia. Il convoglio numero 43128 verso le ore 23 era rimasto bloccato alla stazione di Brennero, a causa del deragliamento in Austria che da qualche giorno ha interrotto la linea oltreconfine.

      http://www.larena.it/territori/citt%C3%A0/muore-folgorato-sul-treno-merci-al-brennero-1.6190331

    • #Amine_Moutassadik

      Moutassadik Amine, 24 anni, marocchino, è invece morto l’antivigilia di Natale alla stazione di Brennero. Folgorato dai cavi dell’alta tensione mentre si trovava sul tetto di un container caricato su un terno merci. Lo hanno trovato i poliziotti italiani, costretti ormai da anni, a un lavoro difficilissimo e duro. Privi di mezzi e con il fiato sul collo dei gendarmi austriaci e bavaresi.

      https://www.altoadige.it/cronaca/bolzano/adan-ucciso-a-soli-13-anni-dalla-burocrazia-1.1483144

    • Ferrovia del Brennero: profugo travolto e ucciso dal treno

      La tragedia a Bolzano sud: l’uomo stava camminando con altre persone lungo i binari. E’ morto sul colpo.

      BOLZANO. Un’altra tragedia sui binari che coinvolge un migrante. Martedì sera (31 ottobre 2017) un profugo, da quanto si è potuto sapere di origine africana, è stato travolto ed ucciso da un treno mentre camminava lungo i binari della ferrovia del Brennero a Bolzano.

      L’uomo - dai primi accertamenti della polizia ferroviaria- sembra non fosse da solo, ma facesse parte di un gruppo. Violentissimo l’impatto, il poveretto è morto sul colpo.

      L’allarme è stato dato dal macchinista del convoglio. E’ il secondo incidente di questo tipo nel giro di pochi mesi a Bolzano.

      Per ore la linea del Brennero è rimasta bloccata creando forti disagi ai viaggiatori: sono state comunque previste delle corse sostitutive con i bus.

      http://www.giornaletrentino.it/cronaca/ferrovia-del-brennero-profugo-travolto-e-ucciso-dal-treno-1.1356854

    • Dal Gambia fino a Bolzano: la tragica fine di un «invisibile»

      Era originario del Gambia ed aveva appena 19 anni, il ragazzo che martedì 31 ottobre ha perso la vita sui binari della ferrovia del Brennero.

      BOLZANO. Il giovane è morto attorno alle 19.30 sui binari di Bolzano, nel tratto che corre quasi parallelo a via Achille Grandi, travolto da un treno.

      Una fine tragica per tutti, ma soprattutto per chi, per giungere fino in Italia, aveva già superato mille difficoltà, quelle rappresetante da un viaggio massacrante di mesi, che dal suo paese di origine, il Gambia, lo aveva portato fino in Libia, per poi imbarcarsi e raggiungere le coste nostrane.

      Le indagini hanno portato a scoprire che B.A., queste le iniziali della vittima, era arrivato in Italia nell’estate del 2016 e che non era registrato in alcun centro d’accoglienza, che aveva presentato richiesta di protezione internazionale e che, a Bolzano, probabilmente, era giunto da appena qualche giorno.

      Nel capoluogo è entrato a far parte di quel gruppo di «invisibili» che di notte, soprattutto, vivono gli angoli più dimenticati della città, arrivando a camminare, come accaduto, lungo i binari del trento, per raggiungere, presumibilmente in questo caso, i centri di accoglienza di Bolzano sud.

      http://www.altoadige.it/cronaca/bolzano/dal-gambia-fino-a-bolzano-la-tragica-fine-di-un-invisibile-1.1358101

    • Morti due migranti mentre viaggiavano su un treno partito da Verona

      Morti due migranti mentre viaggiavano su un treno partito da Verona

      Morti su un treno merci in Tirolo due profughi, si tratta di un uomo e una donna, mentre una terza persona sarebbe in gravissime condizioni e attualmente è ricoverata nella clinica universitaria di Innsbruck. Il convoglio era partito dalla Stazione di Verona, con i profughi che si erano nascosti al di sotto di un Tir all’interno di un vagone adibito al trasporto di mezzi pesanti.

      A riferire quanto avvenuto è il sito del Tiroler Tageszeitung, dove si legge di come il terribile incidente sia avvenuto durante la fase di scarico dei tir, nei pressi della stazione di Wörgl al confine tra Austria e Germania, con l’uomo e la donna che sarebbero accidentalmente rimasti schiacciati.

      Al momento sono inoltre in corso degli accertamenti da parte delle forze di polizia locali per appurare se la morte non fosse già sopraggiunta per assideramento dei due migranti. A quanto risulta, infatti, i motori dei mezzi pesanti erano stati accesi circa un quarto d’ora prima dell’avvio delle procedure di scarico e i profughi, se vigili e coscienti, avrebbero avuto tutto il tempo necessario per salvarsi. Per stabilire l’esatta causa del decesso sarà dunque necessario attendere l’esito dell’autopsia.

      „Morti due migranti mentre viaggiavano su un treno partito da Verona“

      http://www.veronasera.it/cronaca/treno-merci-due-profughi-morte-tirolo-stazione-austria-germania-worgl-3-d

    • Austria, due profughi morti schiacciati in treno merci: un altro gravissimo

      Le vittime sono un uomo e una donna. I tre viaggiavano sulla tratta che da Verona arriva a Wörgl passando per il Brennero. Si erano nascosti sotto un tir, che li ha travolti durante la fase di scarico.

      Un uomo e una donna sono morti su un treno merci in Tirolo, un terzo uomo è in gravi condizioni ed è stato trasportato in gravi condizioni alla clinica universitaria di Innsbruc. Profughi, si erano nascosti sotto un tir in un vagone che trasportava i mezzi pesanti e sono stati schiacciati durante la fase di scarico, nella stazione di Wörgl, sul confine con la Germania. A dare la notizia il sito del Tiroler Tageszeitung.

      I tre viaggiavano su un treno della cosiddetta Rola, Rollende Landstrasse (strada su binari), che trasporta tir da Verona a Wörgl, passando per il Brennero. Pochi giorni fa un ragazzo eritreo di 17 anni è morto nella stazione di Bolzano, travolto nel tentativo di salire su un treno merci diretto in Austria. Un’altra migrante è stata invece uccisa da un treno sulla linea del Brennero nella zona di Ala, in Trentino. Nella stazione di Bolzano sono state adottate una serie di misure di sicurezza e di controllo. Dopo la Germania, da ieri anche la polizia austriaca ha intensificato i controlli sui treni merci, che vengono sempre più spesso utilizzati dai profughi.

      https://www.repubblica.it/esteri/2016/12/03/news/austria_due_profughi_morti_schiacciati_in_treno_merci_un_altro_gravissimo

    • Profughi sui treni merci, allarme in Germania

      Nascosti nei treni merci tra i pallets oppure addirittura aggrappati sul tetto di un vagone. Con l’intensificazione dei controlli su strada e sui treni passeggeri sempre più migranti tentano di raggiungere la Germania in questo modo.

      Spesso mettendo in questo viaggio della speranza a rischio la propria vita.

      L’allarme viene lanciato dalla polizia tedesca, che con il primo dicembre ha intensificato i controlli sulla linea ferroviaria Rosenheim-Monaco. Sono, infatti, 180 le persone intercettate su vagoni merci nei mesi di ottobre e novembre in Germania, molte delle quali in arrivo dall’Italia.

      La polizia tedesca spiega che i migranti non viaggiano solo all’interno, ma anche all’esterno dei vagoni, rischiando di cadere oppure di toccare la linea elettrica. I controlli vengono effettuati nella stazione di Raubling, dove si incontrano la linea ferroviaria che arriva dal Tirolo e dal Brennero e quella da Salisburgo. Monaco dista da qui solo più una sessantina di chilometri.

      I controlli sono stati concordati con la Deutsche Bahn e le altre società di trasporti merci su rotaia. Per motivi di sicurezza la linea ferroviaria viene interrotta per la durata dei controlli. Ritardi per i treni passeggeri - secondo la polizia - «probabilmente saranno inevitabili». Sono stati intensificati anche i pattugliamenti nelle stazioni di Monaco e lungo le linee ferroviarie, anche con l’ausilio di elicotteri.

      Proprio pochi giorni fa un ragazzo eritreo di 17 anni è morto nella stazione di Bolzano, travolto nel tentativo di salire su un treno merci diretto al Brennero. Un’altra migrante è stata invece uccisa da un treno sulla linea del Brennero nella zona di Ala, in Trentino. Per evitare ulteriori incidenti, nella stazione di Bolzano sono state adottate una serie di misure di sicurezza e di controllo.

      «La morte di Abiel sui binari della stazione di Bolzano è un segno da cogliere», afferma il direttore della Caritas altoatesina Paolo Valente. «La causa principale delle migrazioni - prosegue - sono gli squilibri economici e il mancato rispetto dei diritti umani a livello mondiale. L’Europa e il mondo ricco rispondono a questa sfida con l’incapacità di assumersi e di distribuire le responsabilità, intensificando i controlli, erigendo barriere che dividono il mondo in uomini di serie A e uomini di serie B», conclude Valente.

      https://www.swissinfo.ch/ita/profughi-sui-treni-merci--allarme-in-germania/42722056

    • Morire di confine al Brennero

      Pochi giorni prima, invece, il 21 novembre a Bolzano, aveva perso la vita il diciassettenne Abel Temesgen, rimasto ucciso mentre cercava di salire su un treno allo scalo merci della stazione. “La sua storia”, raccontava pochi mesi fa Anna Brambilla di Asgi ad Open Migration, “illustra bene la filiera di omissioni a cui vanno spesso incontro i minori soli: invitato ad allontanarsi dalla tendopoli per adulti di Messina, dopo aver dichiarato di avere 16 anni e poi 21, transitato da Roma, poi dall’hub di Milano, fermato a Bolzano dalla polizia e poi ucciso da un treno in corsa appena fuori dal capoluogo altoatesino e accertato infine come minorenne, da morto”.

      https://openmigration.org/analisi/morire-di-confine-al-brennero

    • La lunga attesa dei minori migranti soli in Italia

      Anche lui eritreo, Abel Temesgen è un altro ragazzino vittima dei confini. “La sua storia”, racconta Anna Brambilla, “illustra bene la filiera di omissioni a cui vanno spesso incontro i minori soli: invitato ad allontanarsi dalla tendopoli per adulti di Messina, dichiaratosi 16enne e poi 21enne, transitato da Roma, dall’hub di Milano, fermato a Bolzano dalla polizia e poi ucciso da un treno in corsa appena fuori dal capoluogo altoatesino e accertato infine come minorenne, da morto”. L’asse del Brennero, come la provincia di Como, il Tarvisio e Bardonecchia sono punti sempre più caldi per i minori in fuga.

      https://openmigration.org/analisi/la-lunga-attesa-dei-minori-migranti-soli-in-italia

    • Solo un anno fa era morto Abel: aveva 17 anni

      Quella di Abel Temesgen, il diciassettenne eritreo deceduto mentre cercava di salire su un treno merci per raggiungere il fratello in Germania, era stata una morte inutile. O meglio, visto che tutte le morti sono inutili, quella di Abel lo era ancora di più perché egli non aveva alcuna necessità di viaggiare di nascosto su un treno merci. La sua età e il suo stato, infatti, gli davano il diritto di ricongiungersi ai suoi familiari.


      http://www.altoadige.it/cronaca/bolzano/solo-un-anno-fa-era-morto-abel-aveva-17-anni-1.1388172

    • Morire di confine al Brennero

      Ci sono volute settimane di ricerca – e un lavoro che forse competeva ad altri – per risalire al nome e all’identità della giovane donna morta lo scorso 16 novembre, nei pressi della stazione di Borghetto sul confine tra Veneto e Trentino. La donna stava camminando lungo la massicciata quando è stata travolta da un treno regionale diretto a Verona. Adesso sappiamo che si chiamava #Rawda, aveva 29 anni, ed era arrivata in Italia da poco più di dieci giorni. Aveva con sé il tesserino di uno dei principali centri di accoglienza di Milano per migranti in transito, segno che, dopo essere sbarcata a Reggio Calabria, stava cercando una via verso nord.

      A raccontare a Open Migration questa storia è Alessandra Volani di Antenne Migranti, progetto di monitoraggio dei flussi migratori lungo la direttrice del Brennero, che insieme a un’altra giovane, Valentina Sega, e a un cittadino di origine etiope – Zabenay Jabe Daka, esponente dell’associazione trentina Amici dell’Etiopia – è tra i principali artefici di questa ricerca. “Subito ci siamo resi conto”, racconta Alessandra, “di come i tentativi da parte delle autorità di identificare la donna e di provare ad avvertirne i familiari si fossero di fatto bloccati. Anzi, ormai erano già stati avviati con il comune di Avio i preparativi per la sepoltura, senza che a quel corpo fosse assegnato un nome né tanto meno fosse stata avvisata la famiglia”.

      A imprimere una svolta a questa storia è stata solo una fortuita coincidenza, unita alla determinazione di tante persone comuni: il 25 novembre, durante una visita alla camera mortuaria di Avio, Alessandra Volani scopre, accanto al corpo della donna, una borsa contenente i pochi effetti personali che aveva con sé al momento della morte. “All’interno”, spiega la giovane, “abbiamo trovato alcuni biglietti scritti in amarico che abbiamo tradotto con l’aiuto di Zabenay”.

      http://openmigration.org/analisi/morire-di-confine-al-brennero/?platform=hootsuite
      #Brenner #Autriche

    • #Rawda non è stata dimenticata: Comunicato stampa di Antenne Migranti
      Rawda aveva 29 anni e ha perso la vita a pochi chilometri dalle nostre case. Era partita tempo fa dalla sua terra, l’Etiopia, dove vivono i suoi cari. E’ arrivata in Italia lo scorso novembre. Nel freddo della stagione e del sistema d’accoglienza, Rawda si è trovata smarrita. Ha concluso il suo viaggio il 16 novembre 2016, camminando lungo i binari nei pressi di Borghetto: nel buio, un treno l’ha investita.

      Rawda non è stata dimenticata. Grazie all’impegno di tante persone della comunità della Vallagarina e al nostro gruppo Antenne Migranti è stato possibile mettersi in contatto con la famiglia, che ha chiesto sostegno per poter rivedere, seppur da deceduta, la propria cara, non potendosi permettere la cifra necessaria al rimpatrio della salma. In poche settimane la mobilitazione di tante persone della comunità locale ha fatto sì che venisse raccolto quanto serve per coprire le spese . Ora Rawda può tornare a casa. Un’incredibile solidarietà popolare, che permetterà, oltre al rimpatrio, di studiare anche una forma di sostegno alla figlia di Rawda, rimasta orfana.

      Una solidarietà che fa onore al Trentino, ma che non può servire come alibi alle mancanze che questa storia evidenzia.

      Primo, la vicinanza di molti trentini ha coperto quella che crediamo essere un’assenza delle istituzioni: se, arrivando da lontano, si muore così tragicamente su un territorio, non sarebbe lecito aspettarsi che siano le istituzioni pubbliche di quel territorio a rendere omaggio alla defunta? Senza un’attivazione volontaristica, invece, Rawda sarebbe rimasta sepolta in Trentino, e chissà quando la sua famiglia avrebbe avuto notizia della sua morte.

      Secondo, è necessario abituarsi alle morti sulle rotaie? Dopo Rawda, altre quattro persone hanno perso la vita sulla rotta ferroviaria Verona-Austria. Dobbiamo aspettarci di dover cercare altre famiglie orfane e rimpatriare altre salme?

      Preoccupati per la condizione delle persone migranti che transitano lungo i nostri binari, abbiamo costituito il gruppo indipendente Antenne Migranti. Con il sostegno della Fondazione Alexander Langer di Bolzano, il nostro obiettivo è svolgere attività di monitoraggio nelle stazioni e città lungo la rotta del Brennero per cercare di fornire supporto, in termini di orientamento informativo, ai migranti in transito e di stimolare le istituzioni rispetto alle problematiche esistenti.
      Il progetto è stato presentato venerdì 20 gennaio al Centro Culturale Trevi di Bolzano.


      http://www.alexanderlanger.org/it/948/3979

    • Migranti, “quando capita a due passi da te è diverso”. Storia di Rawda e degli italiani che l’hanno restituita a sua figlia

      Non solo vittime del viaggio nel deserto e della traversata del Mediterraneo, la chiusura delle frontiere interne dell’Europa sta rendendo sempre più pericoloso il viaggio dei migranti intenzionati a chiedere asilo fuori dall’Italia. Da un anno a questa parte, 21 persone sono morte nel tentativo di passare in Francia, Svizzera e Austria. Quattordici i morti nella zona di Ventimiglia, due tra Como e Chiasso e cinque sulla tratta del Brennero. Rawda Abdu è una di queste vittime. Partita dall’Etiopia all’età di 23 anni, già madre di una bambina nata da una violenza in un sobborgo di Addis Abeba, dopo sei anni di lavori precari in Egitto e Libia lo scorso anno decide di rischiare la traversata in mare, verso l’Europa. Si imbarca a Tripoli e arriva a Palermo l’8 novembre 2016. Identificata a Reggio Calabria il giorno successivo, viene trasferita ad un centro di accoglienza di Milano il 14 novembre. Due giorni dopo un treno la travolge mentre percorre i binari , all’altezza di Avio, provincia di Trento.

      A ricostruire la vicenda è Sara Ballardini di Antenne Migranti, progetto che insieme alla Fondazione Alexander Langer monitora la tratta del Brennero per dare informazioni e supporto legale ai migranti. “Respinta dalla polizia di frontiera in base al trattato di Dublino, viene caricata su un treno regionale che dal confine la riporta a sud, direzione Verona”. Senza biglietto, Rawda viene fatta scendere intorno alle 22 alla piccola stazione di Borghetto. Spaesata inizia a camminare a lato della linea ferroviaria. Non si accorge del treno che arriva alle sue spalle e la sbalza sulla massicciata. “Il suo corpo sarebbe rimasto senza nome – racconta Valentina Sega, che vive a Trento ma è originaria di Avio e ha voluto seguire la vicenda da subito – la Polfer si era infatti limitata a prendere le impronte digitali, anche se nella borsetta che la ragazza aveva con sé c’era un foglio con i numeri di tutta la sua famiglia”. Sarà poi Zebenay Jabe Daka, cittadino italiano presidente dell’associazione trentina “Amici dell’Etiopia”, a informare i parenti di Rawda e a ricostruire la sua storia. Di famiglia poverissima, con le sue rimesse manteneva l’intero nucleo familiare: i genitori e la figlia. “La famiglia di Rawda era distrutta, l’unico desiderio che sono riusciti a esprimere è stato quello di poter riavere la salma”, racconta Zebenay.

      Ma il sindaco di Avio Federico Secchi, eletto con Lega e Forza Italia e noto per i saluti romani in onore di un combattente della Repubblica di Salò, non aveva intenzione di contribuire alle spese per il rimpatrio. “Per fortuna altre persone nella giunta comunale ci hanno dato una mano, ma soprattutto il parroco e tante associazioni solidali. In poche settimane siamo riusciti a raccogliere 11mila euro, cifra sufficiente al rimpatrio della salma e all’avviamento di un progetto di sostegno a distanza per la figlia rimasta orfana”, ricorda Zebenay. “Una colletta a cui ha partecipato l’intero paese, una mobilitazione solidale enorme che conferma come, davanti a casi concreti, le persone comuni riescano a superare pregiudizi e chiusure”. Molti dei cittadini solidali, infatti, pochi mesi prima si erano espressi contrariamente all’accoglienza di alcuni richiedenti asilo in paese. “Al momento dell’ultimo saluto al cimitero di Avio, prima del rimpatrio della salma, c’era tutto il paese e anche la vicesindaco: in tanti hanno cambiato il proprio sguardo sulla problematica dei migranti”.
      Folgorati o travolti da treni mentre camminano sulle rotaie, investiti lungo l’autostrada o sui sentieri di montagna. Le vittime delle frontiere sono quasi sempre molto giovani. Tra i pochi a cui si è riusciti a dare un nome ci sono diversi minorenni, che avrebbero potuto attraversare legalmente la frontiera, se solo qualcuno li avesse correttamente informati dei loro diritti e i governi di Francia, Svizzera e Austria non respingessero indiscriminatamente chi chiede loro asilo dopo essere passato dall’Italia.

      https://www.ilfattoquotidiano.it/2017/09/05/migranti-quando-capita-a-due-passi-da-te-e-diverso-storia-di-rawda-e-degli-italiani-che-lhanno-restituita-a-sua-figlia/3822631
      #Avio

    • Novembre 2017, #Anthony (5 ans), a été trouvé en état d’hypothermie dans le wagon d’un train de marchandises en gare de Bolzano par un commandant de la police... 15 minutes plus tard le petit aurait été trouvé mort...

      Polfer, Anthony salvato in extremis

      «Per un’ora il bambino ha solo tremato, nonostante fosse già al caldo. Secondo i medici, se l’avessimo trovato 10-15 minuti dopo sarebbe stato troppo tardi». Lo ha detto il comandante della stazione della polfer al Brennero Stefano Linossi, che l’atra mattina ha trovato il piccolo Anthony.
      «Alle 7.20 - racconta - durante un giro di controllo della stazione siamo stati allertati dalle grida di aiuto di un bambino proveniente da un treno merci. Con l’aiuto di personale delle ferrovie siamo riusciti a trovarlo». «Il mio primo pensiero è stato di portarlo subito al riparo, così lo abbiamo accompagnato in una stanza riscaldata e abbiamo allertato il medico di turno». Visto che sul treno è stato trovato uno zaino con indumenti ed effetti personali di una donna, Linossi ha chiamato il dirigente di movimento per appurare la presenza di altre persone in zona, ma dai macchinista non erano arrivate segnalazioni.

      http://www.ansa.it/trentino/notizie/2017/11/14/polfer-anthony-salvato-in-extremis_8c8b67ec-f182-4ff4-b887-2cba97eb6ed2.html

    • Pas de nouvelles concernant ce migrant qui a été retrouvée en conditions très graves à #Roncafort, percuté par un train :

      Roncafort, travolto dal treno. Migrante in rianimazione

      È stato travolto da un treno in transito mentre si trovava sui binari, forse nel tentativo di salire in corsa a bordo del convoglio: un uomo di trentanove anni originario del Camerun si trova ora nel reparto di terapia intensiva dell’ospedale Santa Chiara, in rianimazione, dopo essere stato operato nella notte per le gravi fratture. I medici si sono riservati la prognosi.

      Il grave incidente si è verificato nella notte tra sabato e ieri, attorno alla mezzanotte, all’altezza di Roncafort, dove il macchinista del convoglio, il Bologna-Brennero che stava procedendo in direzione nord, non è riuscito a fare nulla per evitare l’impatto.
      Il trentanovenne camminava sui binari ma dev’essere riuscito a scostarsi all’ultimo momento, evitando così di essere centrato in pieno dal treno. Il macchinista ha udito soltanto un colpo sordo, ha fermato immediamente la marcia del treno ed è sceso a terra per verificare che cosa fosse successo.

      Il macchinista del treno ha quindi chiamato i soccorsi. L’ambulanza del 118 e la Polfer sono immediatamente arrivati, ma in un primo momento è stato difficile trovare l’uomo ferito perché era stato sbalzato qualche metro più in là ed era buio. Una volta recuperato, l’uomo camerunense, molto grave, è stato portato in ospedale al Santa Chiara dove è in prognosi riservata.

      Dopo l’incidente, la linea ferroviaria è rimasta interrotta per più di un’ora. Il treno è stato messo fuori servizio, i passeggeri sono stati portati in stazione a Trento e poi fatti proseguire con autobus sostitutivi.
      L’uomo colpito dal treno, che non aveva documenti con sé, è risultato essere una delle persone richiedenti asilo ospitate nella residenza Fersina. La residenza Fersina è una delle strutture di prima accoglienza per i migranti. In Trentino ce ne sono sei, di cui tre nel capoluogo, una a Rovereto, una a Garniga Terme e una a Baselga di Pinè.

      Tra le ipotesi, è stata avanzata quella secondo cui l’uomo stesse camminando lungo i binari con l’intenzione di salire in corsa sul treno, che in quel tratto non è ancora alla massima velocità. In questo caso si tratterebbe di un tentativo di dirigersi verso il Brennero, magari per raggiungere altri Paesi europei a nord. Ma non ci sono certezze.
      Al Brennero il migrante avrebbe trovato ostacoli nel passaggio della frontiera, dopo le recenti misure prese dal governo austriaco e gli accordi con i governi italiano e tedesco. Il flusso di migranti al Brennero è diminuito drasticamente negli ultimi mesi.

      Alla residenza Fersina sono ospitati attualmente 201 dei 693 migranti presenti nel capoluogo. In tutto il Trentino i richiedenti asilo e titolari di protezione internazionale presenti attualmente sono 1.512.
      Il numero è in diminuzione. A inizio anno alla Fersina erano 246 e le presenze totali sul territorio provinciale erano 1.666. Cinformi, il Centro informativo per l’immigrazione della Provincia, stima che le presenze di richiedenti asilo scenderanno a fine anno a 1.373, quasi 300 in meno in un anno. A una parte di essi verrà riconosciuto lo status di rifugiato o altre forme di protezione internazionale.

      Il Camerun non è uno dei Paesi di origine più frequenti tra i profughi arrivati in Trentino. La prima nazionalità è la Nigeria, da dove arriva il 27%, più di un quarto, dei richiedenti asilo presenti sul territorio provinciale. Seguono il Pakistan col 16%, il Mali con l’8%, il Gambia e il Senegal col 7% ciascuno. Dal Ghana arriva il 6% dei migranti, dalla Guinea il 5% come anche dalla Costa d’Avorio e dal Bangladesh. Dal Togo, sempre in Africa, arriva il 2% dei richiedenti asilo presenti ora in Trentino.

      https://www.ladige.it/sites/www.ladige.it/files/styles/798x457/public/travolto%20treno%20roncafort.png?itok=Jiav3kot
      https://www.ladige.it/news/cronaca/2018/07/23/roncafort-travolto-treno-migrante-rianimazione

    • Trois morts et des dizaines de migrants portés disparus en Méditerranée

      Trois migrants ont été retrouvés noyés, vendredi 10 mars [sic : 10 mai], et des dizaines d’autres sont portés disparus après le naufrage d’une embarcation dans les eaux internationales au large de la Tunisie, ont fait savoir les autorités tunisiennes à l’Agence France-Presse (AFP).

      Un bateau de pêche a pu sauver seize migrants, a affirmé le porte-parole du ministère de la défense, Mohamed Zekri, précisant que, selon les rescapés, soixante à soixante-dix Africains subsahariens se trouvaient à bord de l’embarcation. Selon le Croissant rouge local, il pourrait y avoir eu jusqu’à 90 passagers dans l’embarcation, ce qui porterait le bilan à plus de 70 disparus. « On ne connaîtra probablement jamais le nombre exact de morts », a estimé Mongi Slim, responsable du Croissant rouge à Zarzis (sud-est de la Tunisie).

      Selon le ministère de la défense, l’embarcation est partie jeudi de Zouara, ville côtière de Libye, à 120 km à l’ouest de Tripoli, et se trouvait à 60 km au large de Sfax, ville côtière du centre de la Tunisie. Les passagers tentaient de rejoindre illégalement l’Italie, d’après le porte-parole du ministère de l’intérieur tunisien, Sofiène Zaag. Les rescapés ont été ramenés au port de Zarzis par un bateau militaire qui participait aux opérations de recherche.

      Ce naufrage dans les eaux internationales au large de la Tunisie intervient alors que les navires de secours européens se sont retirés de cette zone de passage des migrants et que la plupart des bateaux humanitaires rencontrent des difficultés pour y accéder.
      La voie maritime la plus meurtrière au monde

      Le Haut-Commissariat des Nations unies pour les réfugiés (HCR), qui tire la sonnette d’alarme depuis plusieurs mois, a appelé à « renforcer les capacités des opérations de recherches et de secours dans toute la zone ». « Si nous n’agissons pas maintenant, il est presque certain que nous verrons de nouvelles tragédies dans les semaines et mois à venir », a souligné Vincent Cochetel, envoyé spécial du HCR pour la Méditerranée.

      Le Forum tunisien des droits économiques et sociaux, une ONG tunisienne, a de son côté condamné une « tragédie humaine » qui est « le résultat inévitable des politiques restrictives et inhumaines de l’Union européenne ».

      Depuis la mise en place, mi-2018, d’une zone de secours et de sauvetage confiée aux autorités libyennes, les garde-côtes libyens sont chargés de récupérer les migrants en détresse. Ils ont intercepté plusieurs centaines de migrants cette semaine qu’ils ont ramenés en Libye, malgré les violents combats en cours dans ce pays frontalier de la Tunisie. Les agences de l’ONU et des organisations humanitaires rappellent régulièrement leur opposition à ce que les migrants arrêtés en mer soient ramenés en Libye, où ils se retrouvent placés « en détention arbitraire » ou à la merci de milices.

      Les navires humanitaires, qui dénoncent des entraves croissantes à leur action, sont de moins en moins nombreux à parcourir la zone. Fin 2018, les ONG Médecins sans frontières (MSF) et SOS Méditerranée ont dû mettre un terme aux opérations de leur bateau, l’Aquarius. Plusieurs autres navires humanitaires occidentaux ont été bloqués à quai après des procédures administratives ou judiciaires.

      Selon le HCR, « la Méditerranée est depuis plusieurs années la voie maritime la plus meurtrière au monde pour les réfugiés et les migrants, avec un taux de mortalité qui a fortement augmenté » en 2018. Depuis début 2019, un migrant sur quatre partis de Libye meurt en mer.

      https://www.lemonde.fr/international/article/2019/05/10/trois-morts-et-des-dizaines-de-migrants-portes-disparus-en-mediterranee_5460

    • Tunisie : Naufrage du bateau des migrants, nationalités des 16 rescapés

      Les seize rescapés secourus vendredi, suite à l’effondrement de leur embarcation, sont arrivés au port de #Zarzis, à bord d’un bateau militaire.

      Quatorze personnes ont déclaré être du #Bangladesh, tandis que deux autres sont de nationalité Egyptienne et Marocaine, selon une source sécuritaire.

      On rappelle que plus de 70 migrants sont morts noyés, suite au naufrage au large de #Sfax de leur embarcation partie de #Libye, en partance vers l’Italie.

      https://www.tunisienumerique.com/tunisie-naufrage-du-bateau-des-migrants-nationalites-des-16-rescap
      #Maroc #Egypte

    • L’épave du pire naufrage de migrants en Méditerranée exposée à Venise

      L’épave du pire naufrage de migrants en Méditerranée, en avril 2015, sera exposée à la Biennale d’art contemporain qui s’ouvre samedi à Venise, comme une invitation à la réflexion sur un des phénomènes majeurs du XXIe siècle.

      Dans la nuit du 18 au 19 avril 2015, ce bateau de pêche chargé d’un millier de migrants a percuté un cargo portugais envoyé à son secours et a coulé à pic, sous les yeux horrifiés de l’équipage qui n’a pu sauver que 28 personnes.

      Le gouvernement de l’époque, dirigé par Matteo Renzi (centre gauche), a déboursé 10 millions d’euros pour renflouer l’épave, qui gisait à 370 mètres de profondeurs, et l’amener en 2016 en Sicile afin de tenter d’identifier les victimes et leur donner une sépulture digne.

      Par une ouverture rectangulaire que l’on distingue nettement sur les flancs balafrés de cette grosse barque à la peinture bleue et rouge écaillée, les pompiers sont allés récupérer les restes des centaines de personnes entassés dans la coque.

      Des dizaines de médecins-légistes se sont relayés pour participer à l’examen des 800 à 900 victimes. Ils ont retrouvé des documents du Soudan, de Somalie, du Mali, de Gambie, d’Ethiopie, du Sénégal, de Côte d’Ivoire, d’Erythrée, de Guinée Bissau et du Bangladesh.

      Ils ont aussi trouvé des petits sachets de terre que certains emmenaient de leur pays et le bulletin scolaire qu’un adolescent avait cousu dans ses vêtements comme passeport pour une nouvelle vie.

      Les victimes sont désormais inhumées dans différents cimetières de Sicile et l’épave, au départ promise à la destruction, a été finalement été préservée pour intégrer un projet de « Jardin de la mémoire » en Sicile.
      « Invitation au silence »

      Mais en attendant, l’artiste suisse Christoph Buchel a obtenu l’autorisation des autorités italiennes et du Comité du 18 avril - qui représente les victimes - pour transporter et exposer l’épave à Venise dans le cadre de son projet « Barca Nostra » (Notre barque).

      Lors de la Biennale de 2015, cet artiste avait créé la polémique en installant une mosquée dans une ancienne église de Venise.

      Portée sur une barge, l’épave est arrivée à Venise, où elle offre un contraste saisissant avec les élégants palais byzantins et les ponts délicatement ornés de la cité des doges.

      Elle est exposée à l’Arsenal, les immenses chantiers navals vénitiens. Aucune installation autour, aucune explication devant.

      « C’est un lieu silencieux, à l’abri du bruit, une invitation au silence et à la réflexion », a expliqué à la presse le président de la Biennale, Paolo Baratta.

      Au-delà de l’épave, le commissaire de cette Biennale, l’Américain Ralph Rugoff, a invité 79 artistes contemporains à créer des oeuvres sur les drames du monde moderne. Le Coréen Lee Bul a dédié une installation à un autre naufrage, celui du ferry Sewol, qui a fait 304 morts, pour l’essentiel des lycéens, en avril 2014 au large de la Corée du Sud : une montagne de vieux chiffons se gonfle pour représenter la douleur, la peur, l’étonnement et l’impuissance.

      C’est encore la rage, l’impuissance et la mort qui émanent du travail de la Mexicaine Teresa Margolles : elle expose un mur érigé de barbelés et constitué des blocs de ciment d’une école où l’on peut voir les impacts de balles là où quatre personnes ont été tuées.

      https://www.lepoint.fr/monde/l-epave-du-pire-naufrage-de-migrants-en-mediterranee-exposee-a-venise-07-05-

    • I have seen the tragedy of Mediterranean migrants. This ‘art’ makes me feel uneasy

      The vessel that became a coffin for hundreds has gone on display at the Venice Biennale. It intends to stir our conscience – but is it a spectacle that exploits disaster?


      https://www.theguardian.com/world/2019/may/12/venice-biennale-migrant-tragedy-art-makes-me-uneasy?CMP=fb_gu

  • Le Procureur de la République d’Agrigento se prononcera aujourd’hui, lundi 6 mai 2019, sur la non-assistance à personne en danger de la part de l’équipage d’un navire de pêche, dans la nuit du 3 octobre 2013 au large de l’ile de #Lampedusa. Selon les témoignages des rescapés du naufrage du 3 octobre, au moins deux navires ont été interpellés par les migrant.e.s en détresse, en vain, avant que leur bateau ne prenne feu (d’après leurs témoignages, des navires militaires).
    Pour rappel, les survivants et les premiers secours civils ont également fait état d’un retard dans l’arrivée des secours italiens, pourtant proches du lieu du naufrage, abandonnant des centaines de personnes à la noyade. Des membres du collectif Askavusa ont été entendus à ce sujet par le Procureur d’Agrigento, et témoigneront aujourd’hui au #procès.

    Reçu via la mailing-list Migreurop.

    Pour rappel, il y a un tag #3_octobre_2013
    https://seenthis.net/tag/3_octobre_2013

    #naufrage #asile #migrations #réfugiés #Méditerranée #frontières #justice #décès #morts #mourir_en_mer

  • Vidéo. #Pitié-Salpêtrière : la BAC s’introduit dans une résidence étudiante et matraque un étudiant

    http://www.revolutionpermanente.fr/Video-Pitie-Salpetriere-la-BAC-s-introduit-dans-un-residence-et

    Affligeant.

    « La BAC commence à charger en bas de ma résidence étudiante. Je prends mon téléphone pour filmer car je vois à leurs regards que les flics s’apprêtent à être violents. Tout le monde s’enfuit en les voyant arriver, mais ils réussissent à attraper un jeune qui avait la malchance d’être au mauvais endroit au mauvais moment (comme moi) ou bien d’être noir.

  • L’« intelligence des plantes » | Yves Bonnardel
    http://lmsi.net/L-intelligence-des-plantes

    Comment gérer la dissonance cognitive consistant à éprouver de l’empathie pour les animaux et à les manger, souvent après qu’ils ont été tués dans d’atroces souffrances ? Parmi les arguments couramment entendus, figure celui-ci, d’une mauvaise foi redoutable : « les plantes, elles aussi, souffrent ». Ce « cri de la carotte » est censé clouer le bec définitivement aux anti-spécistes. Yves Bonnardel s’attache, dans le texte qui suit, à réfuter cet argument. Source : Les mots sont importants

    • Certes, on découvre que les « comportements » des végétaux (et même des bactéries) sont beaucoup plus complexes qu’on ne l’imaginait. Cela ne nous donne aucune raison pour autant de penser qu’ils sont sentients, et a fortiori solidaires, aimants, ou que sais-je. L’évolution darwinienne a vu se mettre en place des processus biologiques qui entraînent une souplesse d’adaptation à des conditions très variées. De même que notre corps réalise à tout instant des prouesses sans que nous en ayons même conscience, de même les organismes végétaux « réagissent »-ils à leur environnement de manières qui peuvent être très sophistiquées. [...]
      Nous utilisons en permanence à tort des termes impliquant une « agentivité » pour décrire des processus. Ainsi parle-t-on aujourd’hui de l’intelligence, de la mémoire, de la communication ou des stratégies des systèmes (informatiques, par exemple) ou des plantes, etc. Cela revient à « décrire un thermostat comme « décidant » de chauffer la maison quand la température tombe en dessous d’un certain seuil. »

      Certes, il y a beaucoup de confusion dans l’emploi des termes pour qualifier les réactions et actions des êtres vivants, et surtout des plantes. Et surtout dans les ouvrages de Mancuso, où l’analogie entre l’être vivant et l’entreprise capitaliste et étonnamment très présente et encore plus étonnamment pas dénoncée par ceux qui prétendent l’avoir lu...

      Mais prétendre à leur propos que « L’évolution darwinienne a vu se mettre en place des processus biologiques qui entraînent une souplesse d’adaptation à des conditions très variées. » est tout simplement faux : en tant qu’êtres actifs et sensibles, les plantes ne font pas que « s’adapter », elles savent aussi tirer parti de leur environnement, le transformer, etc.

      La rhétorique de « l’adaptation » que ces anti-spécistes réservent aux plantes dénie aux êtres vivants les plus élémentaires le caractère de sujet à part entière. Elle vise rien de moins qu’a créer une frontière totalement arbitraire et purement artificielle entre « être sentients » qu’il ne faut pas toucher et « êtres non-sentients » que l’on peut massacrer à sa guise.

      Procédé rhétorique qui vise à évacuer le problème de fond : la mort fait partie de la vie , et les anti-spécistes s’inscrivent dans ce courant très progressiste et moderniste qui veut évacuer et mettre définitivement à distance la #mort dans les sociétés capitalistes et industrielles.

      Jacques Luzi, Au rendez-vous des mortels , 2019
      http://sniadecki.wordpress.com/2019/04/25/lalenteur-luzi

      Le livre traite avant tout du #transhumanisme, mais certains chapitres peuvent tout aussi bien s’appliquer à l’anti-spécisme et au militantisme végan.

      Un paradoxe me trouble : alors que le capitalisme est entrain de réaliser la #sixième_extinction des espèces à grande vitesse, les anti-spé ne se mobilisent pas contre ce processus en cours (je me trompe ?), mais contre l’abatage des animaux d’élevage pas du tout menacés d’extinction...

      @rezo @rastapopoulos

  • Dans le #business de l’#humanitaire : doit-on tirer #profit des #réfugiés ?

    Depuis la crise économique de 2008 et la multiplication des conflits dans le monde, l’insuffisance des fonds alloués au secteur humanitaire n’a jamais été aussi importante. En effet seulement 59 % des besoins en la matière ont été financés en 2018.

    Pour l’une des crises humanitaires les plus médiatisées, celle des réfugiés, les chiffres sont plus alarmants encore. Le Haut-commissariat pour les Réfugiés (HCR) estime que pour l’année 2019 tout juste 14 % de l’aide nécessaire a été financée pour venir en aide aux 68,5 millions de réfugiés, demandeurs d’asile, personnes déplacées et apatrides.
    L’échec du système d’asile

    Bien que garanti par le droit international l’accueil de ces populations vulnérables reste globalement infime. En moyenne, seulement 1 % des réfugiés sont référés par le HCR pour être réinstallés dans des pays d’accueil chaque année. Le cantonnement en camps ou les installations plus ou moins précaires dans les pays limitrophes des zones de conflits deviennent les seules alternatives pour la grande majorité des réfugiés, pour qui la durée moyenne d’exil est d’environ 26 ans.

    Victimes des politiques d’asile de plus en plus restrictives des pays occidentaux plus de 85 % vivent dans des pays « en développement », dont les services élémentaires sont déjà sous pression.

    Le privé à la rescousse

    Pour pallier ces tensions, les capacités financières et innovatrices du secteur privé semblent aujourd’hui s’imposer comme une solution. Le HCR reconnaît en effet que le monde commercial joue un rôle central pour fournir des opportunités aux réfugiés et les soutenir.

    Le Pacte mondial sur les réfugiés adopté par 181 membres de l’ONU en décembre 2018 a lui aussi souligné le rôle primordial du secteur privé pour contrer les failles du système humanitaire.

    Que ce soit en termes d’emploi, d’opportunités commerciales ou de fourniture de biens et de services essentiels par l’intermédiaire de partenariats public-privé, ou encore en aidant les agences non gouvernementales ou gouvernementales à innover pour améliorer la qualité et la provision de l’aide, le monde du business semble désormais indissociable du monde humanitaire.

    Mais normaliser la condition du réfugié dans la logique économique de marché, n’est pas un artifice idéologique servant de plus en plus les intérêts corporatifs ? Et ces derniers ne passeront-ils pas avant ceux des réfugiés dans ce business désormais très rentable – fort de ses 20 milliards de dollars par an- qu’est devenu l’humanitaire ?
    De nombreuses plates-formes impliquées

    Le secteur commercial est impliqué à de nombreux niveaux du système d’asile. Par exemple, via des forums consultatifs comme la branche UNHCR Innovation du HCR créée en 2012 et financée par la fondation IKEA. Ce forum cherche à développer des moyens créatifs d’engager les entreprises et leurs ressources technologiques.

    D’autres plates-formes comme l’initiative #Connecting_Business ou encore #The_Solutions_Alliance tendent à impliquer le secteur privé dans les solutions en déplacement et en mesurer l’impact.

    Ou encore des organismes comme #Talent_beyond_boundaries ou la plate-forme française #Action_emploi_réfugiés élaborent des #bases_de_données regroupant des réfugiés et leurs #compétences techniques et académiques afin de les connecter à des employeurs potentiels dans les pays les autorisant à travailler.

    Afin de coordonner et de conseiller les actions et réponses du monde du profit, d’autres acteurs comme les consultants #Philanthropy_Advisors ont vu le jour pour promouvoir le développement de la collaboration philanthropique stratégique entre les #entreprises et le monde humanitaire, et les aider à projeter leur retour sur #investissement.

    Les marchés prospèrent

    Ainsi les partenariats public-privé avec le HCR et les ONG se multiplient, tant pour les prestations de service que l’expertise du secteur privé dans l’innovation.

    De gigantesques salons commerciaux réunissent régulièrement les grandes agences onusiennes, des ONG et des sociétés privées de toute taille afin d’essayer de prendre les marchés de l’humanitaire. Au salon DIHAD de Dubai par exemple, des stands de vendeurs de drones, de lampes photovoltaïques ou encore de kits alimentaires côtoient ceux des sociétés de services financiers comme MasterCard Worldwide ou des grands cabinets d’audit et de réduction des coûts en entreprise, comme Accenture et Deloitte.

    Cette concurrence grandissante des marchés de l’humanitaire semble suggérer que le système d’asile s’inscrit lui aussi progressivement dans un modèle néolibéral, appliquant la logique économique de marché jusque dans la sphère humanitaire.
    Abus et philanthropie des bailleurs de fonds

    Ce monde humanitaire qui pratique une logique propre à celle du monde des affaires soulève de multiples questions éthiques et pragmatiques.

    Au niveau philanthropique par exemple, les partenaires majeurs du HCR incluent des multinationales comme #Nike, #Merck, #BP, #Nestlé, #IKEA ou encore #Microsoft.

    Or, bien que l’apport financier de ces corporations soit essentiel pour contrer le manque de fonds du système d’asile, la crédibilité et la légitimité de certains partenaires a été contestée.

    Pour cause, les exploitations et abus déjà recensés à l’encontre de ces corporations. Nestlé a récemment été accusé d’esclavagisme en Thaïlande ; Nike et BP ont eux aussi été régulièrement critiqués pour leur modèle économique peu regardant des droits du travail ; ou encore Microsoft, récemment accusé d’exploitation d’enfants dans les mines de cobalt en République Démocratique du Congo. L’entreprise IKEA, bailleur majeur du HCR à quant à elle été inculpée dans un scandale d’évasion fiscale, accusée d’échapper ainsi aux taxes dans les états qui entre autres, financent le HCR.
    Des employeurs douteux

    En tant qu’employeur, le secteur privé embauche et rémunère des réfugiés dans des contextes légaux comme clandestins.

    Par exemple, 20 % de la main d’œuvre de la compagnie #Chobani, spécialiste du yaourt à la grecque implantée aux États-Unis est réfugiée. Son PDG estime que dans le monde actuel le secteur privé est l ‘agent de changement le plus efficace et a ainsi créé la fondation #Partenariat_Tent, afin de sensibiliser le monde commercial à l’importance du secteur privé dans la cause réfugiée.

    Par l’intermédiaire de cette plate-forme, plus de 20 entreprises dont #Microsoft, #Ikea, #H&M et #Hilton ont annoncé des initiatives d’#emploi destinées à contrer la crise des déplacements.

    Cependant, puisque souvent sans droit de travail dans les pays d’accueil de la majorité des réfugiés, ceux-ci sont souvent prêts à accepter n’importe quelle opportunité, et s’exposent à toute sorte de mécanisme d’exploitation, des multinationales aux petites entreprises, légalement ou dans l’économie informelle.

    Des enfants réfugiés Rohingya au Bangladesh aux Syriens en Turquie, Irak, Jordanie ou au Liban exploités dans diverses industries, les exemples d’abus par des entreprises de toutes tailles sont souvent recensés et vaguement relayés dans la presse. Parfois, les entreprises inculpées ne sont autres que des géants comme #Zara, #Mango, #Marks_and_Spencer, qui ne sont pas légalement réprimandés car il n’existe ni mécanisme de coercition ni cadre de sanction pour les multinationales.

    L’ambiguïté des sous-traitants

    Par ailleurs, les gouvernements, le #HCR et les #ONG sous-traitent progressivement l’assistance et la protection des réfugiés à divers partenaires commerciaux afin d’améliorer les conditions de vie dans des secteurs aussi divers que la finance, la provision de service, le conseil, la construction, la santé, la technologie ou encore l’éducation.

    Si de tels projets sont souvent très positifs, d’autres se font complices ou tirent profit de politiques publiques allant à l’encontre de la protection des droits humains. La multinationale espagnole #Ferrovial, un entrepreneur indépendant contracté par l’état australien pour gérer son système carcéral des demandeurs d’asile offshore, a été accusée de mauvais traitements chroniques envers les réfugiés dans des centres de détention extraterritoriaux administrés par l’Australie. Cette dernière est elle-même accusée de crimes contre l’humanité pour son traitement des demandeurs d’asile arrivés par bateau.

    Amnesty International a aussi dénoncé des actes de torture par la compagnie Australienne #Wilson_Security, sous-traitant de la filiale australienne de Ferrovial, #Broadspectrum.

    La compagnie britannique de sécurité #G4S a elle aussi fait l’objet d’une multitude d’allégations concernant des violences physiques perpétrées par ses employés dans des camps contre des réfugiés, par exemple à Daddab au Kenya, et sans conséquence pour G4S.

    Des compagnies comme #European_Homecare ou #ORS spécialisées dans la provision de service aux migrants et réfugiés ont été accusées de #maltraitance dans les milieux carcéraux envers les gardes et les réfugiés.

    Ainsi, selon un rapport de L’Internationale des services publics, la privatisation des services aux réfugiés et aux demandeurs d’asile a un impact direct sur leur qualité et aboutit à des services inappropriés, caractérisés par un manque d’empathie, et ne respectant souvent pas les droits humains.

    Le business de la catastrophe

    Par soucis d’efficacité, en privatisant de plus en plus leurs services et en laissant le monde du profit infiltrer celui de l’humanitaire, le HCR et les ONG prennent le risque de créer des conditions d’exploitation échappant aux mécanismes légaux de responsabilité.

    Aux vues de nombreuses questions éthiques, le monde commercial peut-il réellement contrer les failles étatiques et organisationnelles du monde humanitaire ? L’intégration du secteur privé dans le système de protection et d’assistance aux réfugiés, est-ce aussi en soi justifier le désengagement des États de leurs obligations en matière de protection des personnes les plus vulnérables ?

    Comment ainsi éviter que cette source d’opportunité commerciale pour les entreprises, et les opportunités d’émancipation que cela engendre pour les réfugiés, n’entraîne leur marchandisation et exploitation, dans un contexte où les cadres juridiques en matière de business et droits humains ne sont visiblement pas assez strictes ?

    https://theconversation.com/dans-le-business-de-lhumanitaire-doit-on-tirer-profit-des-refugies-
    #privatisation #partenariats_public-privé #PPP #asile #migrations #philanthropie #travail #salons_commerciaux #salons #DIHAD #néolibéralisme #sous-traitance

  • From Bosnia and Herzegovina a video showing seven adults and five children detained in cage-like detention cells in #Klobuk near #Trebinje as part of the #International_Border_Crossing (#MGP) was published. It is terrifying to read the official statement of the BiH Border Police, where they state how all is in line with EU standards- we must ask whether inhumane and humiliating treatment of people who migrate is an EU standard?

    #Bosnie #Bosnie-Herzégovine #Monténégro #frontières #asile #migrations #réfugiés #route_des_Balkans #Balkans

    –-> signalé par Inicijativa Dobrodosli, via leur mailing-list (29.04.2019)

    Held in a cage?!

    We have received footage and photos displaying two detained families after they were pushed back in the border area between Bosnia and Herzegovina with Montenegro, Klobuk border crossing near Trebinje.


    Video and the photos show people being held in cage-like detention cells, previously also seen and mentioned with the case of the Houssiny family. There were reportedly 7 adults and 5 children among the detained people. The youngest is 3 years old.

    They were detained in this way and stayed over night. However, the authorities claim everything is “by the book” and in accordance with the EU standards.

    They say since the border crossing where people were later taken to is not a firm building, they have no barred rooms to detain people, so they use this — ironically funded by the European Commission — in order to “provide daylight” to the people and they stress the people were not locked inside.

    Either way, the question remains — is this the standard and a collective decision to treat and detain currently the most vulnerable group in the planet, refugees?

    Will anyone finally bring into question and condemn the methods and current human rights breaking detention and push back practice?

    https://medium.com/are-you-syrious/ays-daily-digest-23-4-19-weekend-of-violent-push-backs-from-croatia-and-bosn

    Lien vers la vidéo:
    https://www.youtube.com/watch?v=T4YAoBPGBHw


    #cages #cage #vidéo #animalisation #brutalisation

    • In our neighbouring country Bosnia and Herzegovina, the local authorities consider volunteers to disturb public order and peace by helping migrants. As a result, the work of some of them has been banned - you can read more about it in this article: https://www.telegram.hr/politika-kriminal/vlasti-bih-smatraju-da-volonteri-remete-javni-red-i-mir-tako-sto-pomazu-mig. This is the last example of the criminalization of solidarity work, yet it’s not the only one: nowadays Europe is becoming more and more a place of repression towards those who are willing to oppose hate speech and intolerance, promoting and everyday practicing solidarity. You can read more about it in this article: http://novilist.hr/Komentari/Kolumne/Pronadena-zemlja-Borisa-Pavelica/BORIS-PAVELIC-Brigade-bespomocnih?meta_refresh=true.

      Reçu via la mailing-list Inicijativa Dobrodošli, le 31.05.2019

    • Migrants dying in Bosnia: Red Cross

      Thousands of migrants and refugees are stranded in Bosnia on their way to Western Europe. They are in desperate need of humanitarian assistance. The international Red Cross says some have died while trying to find shelter.

      About 6,000 people have entered Bosnia and Herzegovina since the start of the year, according to the country’s security agencies. But all the transit centers, which can accommodate around 3,500 people, are full, forcing thousands to sleep rough.

      “People are sleeping in parks, in carparks, on the footpath, and in dangerous buildings,” said Indira Kulenovic, operations manager for the International Federation of Red Cross and Red Crescent Societies (IFRC) in Bosnia.

      “A few weeks ago, three migrants sheltering in an abandoned building burned to death when a candle they were using caused a fire. Soon after, another fell from the top floor of a building he was sheltering in. Psychological stress among migrants is high – just last week one man set himself on fire in desperation,” Kulenovic said.

      ‘Humanitarian crisis’

      Bosnia is on the route of thousands of people from Asia and North Africa who try to enter Europe via neighboring Croatia, an EU member state. Last year, about 25,000 people entered Bosnia from Serbia and Montenegro.

      Mobile teams from the Bosnian Red Cross society have been handing out food, water, clothes, blankets and first aid to the migrants, as well as trying to provide psychological support.

      Red Cross workers are also distributing information about active landmine fields to warn people of the dangers of unexploded bombs. Bosnia and Herzegovina is one of the most landmine-contaminated countries in Europe.

      The Red Cross is working in five migrant centers across the country providing meals for 3,000 people a day, as well as clothing, bedding, tents and first aid. Meanwhile, the UN migration agency, IOM, is providing food supplies.

      Despite their efforts, the head of the Bosnian Red Cross, Rajko Lazic, says living conditions for many people remain inadequate in the centers and worse for those outside. “The situation has reached a critical point. This is a humanitarian crisis,” Lazic said.

      Disease outbreaks

      In migrant reception centers, overcrowding has led to an increase in infectious diseases. The Bosnian health minister, Nermina Cemalovic, said on 15 May there were 800 cases of scabies in transit centers in Bihac, one of the western towns where migrants are concentrated.

      Health workers have also been trying to prevent an outbreak of measles after aid workers were hospitalized with the disease.

      “We are extremely concerned for people on the move in Bosnia and Herzegovina,” the IFRC’s Kulenovic said. “They are arriving in poor condition, and many, including children, have walked for weeks. They are hungry, exhausted, sick and cold and traumatized by their journeys. The recent wet weather has just made their journeys worse.”

      Kulenovic added that the local population was also suffering from the pressure that extra numbers had put on services, land and property. The IFRC and the Red Cross Society of Bosnia aim to provide food, first aid and other assistance to 7,600 of the most vulnerable migrants as well as cash grants for 1,500 host families during 2019.

      https://www.infomigrants.net/en/post/17218/migrants-dying-in-bosnia-red-cross?ref=tw
      #mourir_en_Bosnie #morts #décès #Kljuc #OIM #IOM #Croix-Route

  • Abécédaire des prépositions : Zoo
    http://liminaire.fr/palimpseste/article/abecedaire-des-prepositions-zoo

    https://www.youtube.com/watch?v=3v_XyqzgoEs&feature=youtu.be

    La forme détournée de l’abécédaire est un genre voué à la célébration de l’acte créateur (le livre des livres). Cette année j’ai décidé d’aborder l’abécédaire par la #Vidéo. Deux fois par mois, je diffuserai sur mon site, un montage d’extraits de films (à partir d’une sélection d’une centaine de mes films préférés : fiction, documentaire, #Art vidéo) assemblés autour d’un thème. Ces films d’une quinzaine de minutes seront accompagnés sur le site par l’écriture d’un texte de fiction. Ce projet est un dispositif à double (...)

    #Palimpseste / Art, #Cinéma, #Animal, #Voix, Vidéo, Abécédaire des prépositions (le film des films), #Regard, #Violence, Société, #Mémoire, #Mort, #Cimetière, (...)

    #Abécédaire_des_prépositions_le_film_des_films_ #Société #Tokyo
    « http://bit.ly/filmdesfilms »

  • La #Roumanie et la #Bulgarie ont les routes les plus dangereuses d’Europe

    La Roumanie et la Bulgarie ont les taux de #mortalité sur la route les plus élevés de l’Union européenne. Ce triste record appelle à une modernisation des infrastructures routières et au changement du comportement des conducteurs.


    https://www.courrierdesbalkans.fr/La-Roumanie-et-la-Bulgarie-ont-les-routes-les-plus-dangereuses-d-
    #sécurité_routière #accidents_routiers
    ping @reka

  • #Desmond resta qui

    Il 5 agosto 2018, un giovane uomo annega nelle acque del Ceresio. Era probabilmente originario del Benin, e avrebbe dovuto lasciare la Svizzera a breve, ma chi l’ha conosciuto dice “era uno di qua”. Chi era Desmond? Chi l’ha conosciuto ci mostra i luoghi che ha frequentato nei dieci anni passati nella Svizzera italiana, i legami nati, le tracce che ha lasciato, racconta di come abbia preso in mano il suo destino, malgrado il difficile passato, di come si sia integrato e abbia cercato di costruirsi un futuro. Eppure a volte nemmeno questo sembra bastare.

    https://www.rsi.ch/la1/programmi/cultura/storie/Desmond-resta-qui-11598169.html
    #asile #migrations #réfugiés #Suisse #Tessin #mort #décès #mourir_dans_la_forteresse_europe

    Les mots d’une amie sur Desmond :

    Il s’agit de l’histoire, accompagnée de témoignages de personnes qui l’ont connu, du jeune africain qui s’est noyé, début août de l’an passé dans le #lac_de_Lugano, à #Maroggia.
    Il avait 27 ans et était plein d’espoir.Il avait quitté le Bénin pour un avenir meilleur, portant sur ses épaules de lourds événements vécus dans son pays natal.
    Il avait trouvé un travail dans une entreprise de Lugano où son engagement et sa bonne volonté étaient fort appréciée de ses employeurs..
    Nos autorités, néanmoins, lui refusèrent le droit de rester en Suisse, cela le démolit dans sa santé . Il fut interné dans une clinique psychiatrique.
    Un jour accompagné, d’autres patients, il participa à une sortie à Maroggia. Il disparu dans le lac et on ne pu plus rien faire pour lui.

    #santé_mentale #NEM #Dublin #Dublin_tue #règlement_dublin #suicide (?)

    Desmond repose au #cimetière de #Taverne-Torricella :

    • La storia di Desmond, affogato con il marchio di Nem

      Il giovane africano morto nel Ceresio si era diplomato alla Spai con alti voti e aveva lavorato come asfaltatore. Fino al rigetto della sua richiesta come richiedente l’asilo.

      È una storia d’acqua e d’asfalto quella di Desmond Richard, il ragazzo africano annegato domenica pomeriggio nel Ceresio, a pochi metri da riva, davanti all’ex collegio don Bosco. Una storia di amicizie, integrazione e anche tristezza, perché è ingiusto morire a 27 anni. Integrazione è la parola chiave per capire la sua vita, frettolosamente archiviata come la vicenda di un richiedente l’asilo finito male. Anzi ex richiedente, dopo che la Segreteria di Stato della migrazione lo scorso anno aveva deciso per l’espulsione. Desmond era un “NEM”, l’autorità federale gli aveva chiuso la porta in faccia col sigillo della “non entrata in materia”. Stop, da quel giorno la Svizzera gli ha voltato le spalle.

      Una decisione che fa a pugni col fatto che Desmond era perfettamente integrato. Non opinioni, ma fatti: a partire dal diploma, ottenuto con il cinque e mezzo di media nonostante le difficoltà in italiano, alla Spai di Mendrisio come “costruttore stradale”. Qualificato, perché la formazione triennale gli aveva permesso di ottenere l’attestato federale di capacità.

      Un lavoratore molto capace e apprezzato, come lo ricorda un collega della ditta di asfaltatura, la Cogesa, dove ha lavorato fino al luglio dell’anno scorso. Un lavoro duro, quello dell’asfaltatore, che gli permetteva però di essere autosufficiente. Pagava la sua cassa malati (quanti integrati lo fanno?) e contribuiva col 10 per cento del salario al fondo per la migrazione. Intanto riusciva a mettere da parte anche dei risparmi.

      Desmond aveva un caratteraccio, dicono quelli che gli hanno voluto bene. Poteva mandarti allegramente a quel paese e questi sbalzi, accompagnati da un’aggressività solo verbale, sarebbero stati anche, ma qui avvertiamo il lettore ci siamo fermati, all’origine dei suoi ricoveri all’Osc di Mendrisio. Fino all’ultimo, quello finito tragicamente durante l’uscita a bordo lago a Maroggia con altri pazienti e accompagnatori. Fin qui i fatti, perché il lato più drammatico della vita di Desmond racconta di una madre morta, anzi uccisa, davanti agli occhi di lui bambino, durante l’esodo verso l’Europa. Non amava riaprire quella ferita, e forse molti dei suoi problemi attuali erano riconducibili a quel trauma.

      Persa tragicamente la mamma, mai conosciuto il padre, Desmond era convinto, sino allo scorso anno, di essere originario del Benin.

      Ma qualcosa non quadrava, dal momento che la sua lingua non era il francese (la parlata ufficiale di quel Paese), ma l’inglese. Un mistero che è stato risolto solo lo scorso anno, quando in un consolato africano di Zurigo Desmond ha scoperto le sue radici: Benin sì, ma Benin City, una popolosa città della Nigeria. E la provenienza nigeriana sarebbe diventata uno degli ostacoli per il riconoscimento quale richiedente l’asilo.

      Così, gravato da un decreto di espulsione che lo invitava a lasciare la Svizzera, il giovane aveva ottenuto qualcosa che poteva permettergli di rifarsi un’altra vita altrove. Un passaporto nigeriano. Un pezzo di carta che purtroppo non gli servirà più a niente.

      https://www.tio.ch/ticino/attualita/1313882/la-storia-di-desmond-affogato-con-il-marchio-di-nem?mr=1&ref=

    • La Segreteria dello di Stato della Migrazione uccide ancora

      Lo scorso 5 agosto 2018 – secondo i media – muore a Maroggia un “ex richiedente l’asilo” annegato nelle acque del Ceresio. Un “tragico incidente”, “una fatalità”, “scivolato su una passerella in riva al lago” – dicono – (…)ex richiedente, che la Segreteria di Stato della Migrazione (SEM) lo scorso anno aveva deciso per l’espulsione(…) D. era un “NEM”, l’autorità federale gli aveva chiuso la porta in faccia col sigillo della “Non Entrata in Materia” . Eppure qui qualcosa non quadra, non convince, per l’ennesima volta. Con un trascorso tragico come molti/e migranti, dopo aver conosciuto inferni come la Libia e la traversata del Mar Mediterraneo nel quale ha perso l’unica persona legata a lui ovvero sua madre, (deceduta e gettata in mare come immondizia) e padre mai conosciuto, era da diversi anni in Svizzera, il paese della tanto rinomata ”accoglienza”. Qui ha svolto diversi tirocini e conseguito un diploma da asfaltatore, per diventare solo uno dei tanti sfruttati.

      Se da una parte dopo la sua scomparsa è stato elogiato dai giornali per quanto riguarda la farsa dell’integrazione, dall’altra quest’ultima suona sempre come una dichiarazione di guerra, una sorta di minaccia verso le persone che giungono in un altro paese, un’impresa eroica praticamente irraggiungibile. È ora ben chiaro che nemmeno superarla basta più. Nonostante fosse riuscito ad adeguarsi ai canoni di questa società, diventando un numero fra tanti che si spezza la schiena per alimentare questo accogliente sistema, si è visto ritirare il suo permesso da richiedente l’asilo proveniente dal Benin, poiché, come dicono i giornali: “ (…)qualcosa non quadrava, dal momento che la sua lingua non era il francese (la parlata ufficiale di quel Paese – il Benin ), ma l’inglese. Un mistero che è stato risolto solo lo scorso anno, quando in un consolato africano di Zurigo D. ha scoperto le sue radici: Benin sì, ma Benin City, una popolosa città della Nigeria. E la provenienza nigeriana sarebbe diventata uno degli ostacoli per il riconoscimento quale richiedente l’asilo”. Dunque l’accertamento della sua provenienza ha permesso di sbloccare le pratiche per la sua deportazione. Senza se, senza ma, Richard Desmond poteva quindi essere rimpatriato forzatamente.

      Da qui, con un’espulsione pendente nei suoi confronti verso una terra mai conosciuta e, viste le sue grida di aiuto inascoltate da parte di persone e associazioni, l’unico destino a lui imposto, come accade per molte persone in tali situazioni, è stata quella del ricovero all’ospedale psichiatrico. Bombato di psicofarmaci in modo che non potesse né pensare né reagire a quello che gli stava accadendo. Letteralmente gettato nel dimenticatoio, nel luogo in cui la mente viene annientata dai sedativi e la propria personalità viene calpestata.
      D’altronde si sa, le numerose testimonianze dalle prigioni ai centri di detenzione/espulsione per migranti parlano chiaro: è più facile ottenere ansiolitici o sedativi piuttosto che pastiglie per il mal di testa, per la gioia degli aguzzini e delle case farmaceutiche – come avviene anche nella vita di molte persone bianche occidentali.
      Forse allora non si parla più di “tragico incidente”, o “scivolata dal pontile”, come riportano i media di regime, per quanto ci riguarda si tratta dell’ennesimo omicidio da parte di chi decide delle vite e delle libertà altrui. Ennesimo perché di storie simili ne abbiamo sentite abbastanza, chi si ricorda di Youssouuf Diakité, il ragazzo maliano di 20 anni che il 27 febbraio dello scorso anno rimase folgorato sul tetto di un treno? O del ragazzo marocchino travolto a gennaio da un convoglio – sempre a Balerna – lungo i binari della ferrovia? E del richiedente l’asilo di Brissago morto ammazzato da 3 colpi di pistola (!!) da parte della polizia cantonale ticinese per “legittima difesa”? Per non citare Hervé Mandundu, ucciso il 6 novembre 2016 da tre pallottole sparate da un caporale della polizia del Chablais nel Canton Vaud. O Lamine F. trovato morto in una cella del carcere della Blécherette a Losanna il 24 ottobre 2017 che tre giorni prima, alla stazione di Losanna, era stato fermato per un controllo dalle guardie di confine e trattenuto in carcere perché scambiato per un’altra persona per la quale era stato emanato un decreto di espulsione. O anche Mike, membro del collettivo Jeano Dutoit, morto il 28 febbraio 2018 a Losanna durante un controllo di polizia nel quale viene “immobilizzato” e quante storie ancora di “avventurieri” migranti morti cercando di attraversare i confini di questa maledetta fortezza Europa?
      Tutte persone non vittime di fatalità o incidenti come spesso riportato, ma uccise da questo sistema marcio, dalla Segreteria di Stato della Migrazione, uccise dai confini di Stato, uccise dalla Polizia, uccise dal silenzio di questa società complice… …ma tanto si sa, erano migranti, persone non in regola – senza documenti – dal colore della pelle nera, e le loro vite valgono meno delle vite dei bianchi occidentali, non valgono un cazzo. Ecco l’accoglienza svizzera fatta di razzismo, prigioni, deportazioni e omicidi.
      Il razzismo e le frontiere uccidono, l’indifferenza pure! Per un mondo dove nessuno/a debba morire per una linea tracciata su una cartina o per il fatto di non possedere un pezzo di carta: abbattiamo ogni frontiera!


      https://frecciaspezzata.noblogs.org/post/2018/08/25/la-segreteria-dello-di-stato-della-migrazione-uccide-ancora

  • Le suicide d’un jeune réfugié à Genève attriste et interpelle
    https://asile.ch/2019/04/08/le-suicide-dun-jeune-refugie-a-geneve-attriste-et-interpelle

    Mercredi 27 mars 2019, un jeune homme originaire d’Afghanistan qui était venu chercher protection en Suisse a voulu mettre fin à sa vie. Il est décédé deux jours plus tard à l’hôpital malgré les soins intensifs qui lui ont été prodigués. Ce suicide, au sein d’une structure qui accueille des personnes mineures et devenues majeures, […]

    • Mineurs non accompagnés : « Personne ne nous écoute ! »

      Les amis du jeune requérant décédé au foyer de l’Etoile font part de leur #désespoir et dénoncent leurs conditions d’accueil.

      Le suicide d’un jeune Afghan, Ali, fin mars au foyer de l’Etoile, a une nouvelle fois mis en lumière le désarroi des requérants d’asile arrivés en Suisse mineurs et sans parents (RMNA). Depuis plusieurs années, des manquements dans l’encadrement et l’accompagnement de cette population doublement vulnérable est pointé du doigt. Sept amis de Ali ont convoqué des médias ce week-end, par l’intermédiaire de l’association Solidarité Tattes, pour faire entendre leur voix.

      « On est perdus. On est seuls. On ne peut pas parler de nos problèmes. On ne sait pas à qui. Aujourd’hui nous avons perdu Ali. Ce sera qui demain ? », lance d’emblée Anthony*, ami du jeune Afghan. « On ne veut pas d’autres Ali. C’est pour ça que nous sommes là. Nous voulons parler avec des journalistes, parce que personne ne nous écoute. Rien ne change au foyer de l’Etoile. »

      Le désespoir de ces jeunes est palpable. Leur douleur aussi. « Ali était notre ami, notre famille. Il était venu en Suisse pour construire une nouvelle vie, avoir un avenir », raconte Arash*. « Mais au foyer de l’Etoile, ce n’était pas possible de penser y arriver. La situation le tirait vers le bas. Il allait beaucoup mieux quand il était à l’hôpital, ou à Malatavie1. Dès qu’il rentrait au foyer, il replongeait. »

      #Agents_de_sécurité violents

      « Il y a beaucoup de #violence à l’Etoile », insistent-ils. « Les agents de sécurité devraient nous protéger, mais au contraire ils nous frappent », affirme Matin*. Les jeunes parlent de #brutalité récurrente, mais insistent sur un événement en particulier, qui a eu lieu en 2016, et qui a été filmé. « Cinq #Protectas ont frappé Ali, après avoir déjà mis K.O. un autre mineur. Tout ça, parce qu’ils ne voulaient pas qu’ils se coupent les cheveux dans le salon. »

      Les images sont fortes. On voit en effet un jeune étendu au sol, immobile. Puis des actes de violence, partiellement hors cadre. Si ce document ne donne pas d’indication sur l’origine du conflit, on voit bien des agents de sécurité donner des coups violents à destination d’un jeune que ses amis identifient comme Ali. « Celui qu’on voit au sol inconscient sur la vidéo n’a plus pu dormir au foyer pendant des mois. Il n’y arrivait plus. Il passait ses nuits au bord du lac », raconte Anthony.

      Plus globalement, les #conditions_de_vie au foyer de l’Etoile sont dénoncées par les jeunes. « Il y a toujours du bruit. L’hiver il fait hyper froid, l’été super chaud, explique Matin. On doit se faire à manger nous-même. Moi ça va, j’aime bien ça. Mais d’autres ne savent pas cuisiner. Les agents entrent sans demander dans nos chambres… Dans les autres foyers, plus petits, mieux encadrés, on peut bien vivre. Mais pas à l’Etoile. »

      « Quant on dit que ça ne va pas, on nous répond que ce sont les politiques qui doivent faire changer les choses. Mais nous, comment on parle aux politiques ? », interroge Anthony. Et Matin de suggérer : « Il faudrait que les responsables envoient un de leur proche qui a notre âge passer une semaine à l’Etoile, pour qu’ils se rendent compte des conditions. Parce que nous, on ne nous voit pas comme des êtres humains. »
      Plainte déposée

      Ariane Daniel Merkelbach, directrice de l’aide aux migrants à l’Hospice général, confirme l’existence d’un « incident grave » survenu en 2016 avec des agents de sécurité. « Quoi qu’il se soit passé avant, il est inacceptable qu’un agent frappe un jeune. Le Service de la protection des mineurs a d’ailleurs porté plainte contre l’agent, qui a lui aussi déposé une plainte. Il a reçu une petite sanction de la justice et son entreprise l’a retiré du site de l’Etoile. »

      La responsable de l’Hospice affirme cependant qu’il s’agit d’un acte isolé. « Nous avons alors engagé huit intervenants de nuit, pour faire les rondes du soir avec une attitude de médiation, portée sur l’éducatif. Ils sont là en complément de la vingtaine d’éducateurs présents de 6h à 22h. Nous avons aussi organisé des cours de gestion des conflits pour les agents de sécurité. Depuis, ça se passe beaucoup mieux. Il peut bien sûr y avoir des frictions entre les jeunes et les agents, notamment à l’entrée. Mais si c’est le cas, les éducateurs interviennent. »

      Ariane Daniel Merkelbach explique également qu’il y a tout un appareil d’écoute pour les jeunes. Que les interlocuteurs existent, et qu’ils sont entendus. « Mais c’est dur pour eux. Ils ne reçoivent pas forcément les réponses qu’ils attendent. Ils sont dans une situation très difficile. Ils font face à une montagne d’écueils, leurs rêves s’effondrent. C’est d’ailleurs pour cela que nous avons demandé une concertation entre tous les acteurs de l’accueil. Pour clarifier les rôles, mieux les accompagner après leur majorité, pour réellement intégrer ces jeunes. »

      *Prénoms d’emprunt

      https://lecourrier.ch/2019/04/14/mineurs-non-accompagnes-personne-ne-nous-ecoute

    • Des éducateurs du #Foyer_de_l'Étoile alertent les autorités

      Des collaborateurs dénoncent l’échec de la prise en charge des jeunes migrants dans une lettre aux députés.

      Cinq mois après le suicide du jeune Ali, 18 ans, les éducateurs du Foyer de l’Étoile sortent du bois. Dans une lettre de quatre pages adressée à la fin du mois d’août à Jocelyne Haller, la présidente de la Commission des affaires sociales du Grand Conseil, 21 collaborateurs – sur 36 – de ce centre d’hébergement destiné aux requérants d’asile mineurs non accompagnés (RMNA) alertent les autorités sur une série de dysfonctionnements. Ils dénoncent l’échec de la prise en charge de ces jeunes migrants et le silence de l’Hospice général malgré leurs nombreuses mises en garde.

      « Le suicide d’un jeune est l’événement redouté, mais pas incompréhensible, qui suit quatre années d’épuisement et d’instabilité », notent les éducateurs dans leur courrier. La liste des griefs à l’égard de leur hiérarchie est longue. De manière générale, les collaborateurs du foyer lui reprochent de sous-estimer « gravement » l’accompagnement socio-éducatif des RMNA, des adolescents aux parcours chaotiques et traumatismes importants. Le manque de moyens alloués au centre génère selon eux une souffrance au travail, un épuisement et une démotivation au sein de l’équipe.

      Les éducateurs dénoncent en outre la « taille inhumaine du foyer », un mandat peu clair de l’Hospice général ainsi qu’une « vision institutionnelle inadéquate » et « éloignée des principes censés inspirer notre institution ». Ils regrettent que l’empathie et le lien soient souvent considérés comme un obstacle à l’autonomie des jeunes, que le parcours personnel des RMNA ne soit pas pris en compte et qu’une « logique d’uniformisation de l’intervention » leur soit imposée.

      « Nous avons pris acte »

      Que répondent l’Hospice général et le Canton à ces critiques ? « Nous avons pris acte de la prise de position d’une partie des collaborateurs de l’Étoile », déclare Bernard Manguin, au nom de l’institution. Le porte-parole relève cependant qu’un certain nombre de mesures ont déjà été mises en place. Il cite la création d’un comité de gestion regroupant les différents métiers relatifs à la prise en charge des RMNA et ex-RMNA à la fin d’avril ainsi qu’un projet de collaboration avec des professionnels de la Fondation officielle de la jeunesse (FOJ) et la Fondation genevoise pour l’animation socioculturelle.

      De son côté, Thierry Apothéloz, magistrat de tutelle de l’Hospice général, rappelle que le centre de l’Étoile n’a pas été construit à l’origine pour accueillir des mineurs et constituait donc une mesure d’urgence. « Le Conseil d’État est conscient de certaines améliorations possibles dans la prise en charge des RMNA et a, à ce titre, accepté les recommandations du rapport de la Cour des comptes », assure-t-il.

      Trois motions en cours

      Trois motions ont été déposées ce printemps au Grand Conseil concernant l’encadrement des jeunes migrants. Les textes demandent un accompagnement socio-éducatif des ex-RMNA jusqu’à 25 ans, une prise en charge de ces jeunes par la FOJ et une autorisation exceptionnelle octroyée aux personnes déboutées de l’asile dont le renvoi n’est pas réalisable de pouvoir terminer leur formation. Acceptées par une large majorité des membres de la Commission des affaires sociales, les motions doivent être débattues en plénière lors de la prochaine session du Grand Conseil.

      Hasard du calendrier, cette même commission est actuellement en train d’étudier le rapport de gestion de l’Hospice général. À la suite à la lettre reçue des collaborateurs du Foyer de l’Étoile, elle pourrait formuler certaines remarques à l’égard du Grand Conseil. La Haute École de travail social a d’autre part rédigé un rapport sur les besoins des RMNA et ex-RMNA. Attendues cet été, ses conclusions devraient être communiquées dans les semaines à venir, annonce le Département de l’instruction publique.

      https://www.tdg.ch/geneve/actu-genevoise/Des-educateurs-du-Foyer-de-l-Etoile-alertent-les-autorites/story/28325473

    • Ali, le suicide d’un jeune réfugié qui bouscule les institutions

      Ali est un jeune réfugié afghan. Il a vécu pendant 3 ans en Suisse, à Genève, avant de se suicider dans sa chambre au #foyer_de_l’Étoile, le plus grand dispositif d’accueil pour requérants d’asile mineurs en Suisse. Un drame qui remet en question la gestion de ces enfants particulièrement vulnérables. Une histoire à découvrir dans ce troisième épisode de notre série Les enfants de l’exil.

      https://www.rts.ch/play/tv/nouvo-news/video/ali-le-suicide-dun-jeune-refugie-qui-bouscule-les-institutions?id=11351064

    • Ali, le suicide d’un jeune réfugié qui bouscule les institutions

      Ali Reza était un jeune réfugié afghan. Il a vécu pendant 3 ans en Suisse, à Genève, avant de se suicider dans sa chambre au foyer de l’Étoile, le plus grand dispositif d’accueil pour requérants d’asile mineurs en Suisse. Un drame qui remet en question la gestion de ces enfants particulièrement vulnérables. Une histoire à découvrir dans ce troisième épisode de la série “Les enfants de l’exil” sur la chaîne RTS Nouvo, avec le journaliste Marc Gagliardone.

      https://www.youtube.com/watch?v=_N2xeZoUFaQ&feature=emb_logo


      https://asile.ch/2020/06/08/nouvo-ali-le-suicide-dun-jeune-refugie-qui-bouscule-les-institutions
      #foyer

  • Bébé retrouvé mort dans la rue à Lille : sa mère sans-abri mise en examen - L’Aisne Nouvelle
    http://www.aisnenouvelle.fr/87342/article/2019-04-06/bebe-retrouve-mort-dans-la-rue-lille-sa-mere-sans-abri-mise-en-examen
    http://anena.rosselcdn.net/sites/default/files/dpistyles_v2/FirstImageUrl/2019/04/06/87342/2683556/public/2019/04/06/B9719166739Z.1_20190406105924_000%2BGFCDB7EJC.4-0.jpg?itok=6jVCbttM

    Une femme a accouché dans la rue, près de la gare Lille-Flandres à Lille (Nord), la semaine dernière. La SDF d’une quarantaine d’années a été écrouée pour délaissement d’enfant ayant entraîné la mort.

    #guerre_aux_pauvres #guerre_aux_femmes