• Sous la pression des libéraux, l’#Allemagne souhaite externaliser le traitement de demandes d’asile en #Afrique

    Le gouvernement allemand a annoncé envisager d’externaliser le #traitement_des_demandes d’asile sur le continent africain, sous la pression des libéraux, membres de la coalition.

    L’Allemagne, à l’instar de tous les pays européens, a vu une augmentation de plus de 70 % des demandes d’asile en 2023 par rapport à l’année dernière. Une tendance à laquelle le FDP, parti libéral membre de la coalition gouvernementale, souhaite remédier.

    La solution ? Envoyer des demandeurs d’asile dans des pays non-membres de l’UE, notamment en Afrique, pour gérer les demandes.

    « J’attends du ministre de l’Intérieur qu’il examine dès que possible comment le traitement des demandes d’asile dans les pays tiers peut être facilité, car c’est ce que nous avons convenu dans notre accord de coalition », a déclaré à Euractiv Ann-Veruschka Jurisch, rapporteure parlementaire du FDP sur la migration.

    La première mesure devrait être prise avant la fin de la législature en 2025, a ajouté Mme Jurisch, renforçant ainsi les demandes du président du groupe du FDP au parlement allemand, Christian Dürr.

    « Cette disposition empêcherait les personnes qui n’ont aucune chance d’obtenir l’asile d’entreprendre la dangereuse traversée de la Méditerranée », a déclaré M. Dürr, le président du groupe FDP au Parlement allemand, mardi (31 octobre).

    Les députés sociaux-démocrates, dont le chancelier #Olaf_Scholz est membre, ont affirmé travailler sur une proposition législative en ce sens.

    Dès mardi, la ministre de l’Intérieur, #Nancy_Faeser, signait en outre un accord avec le #Maroc pour accélérer le #rapatriement des demandeurs d’asile refusés en échange d’une migration légale plus facile vers l’Allemagne.

    Dans le respect des droits humains

    La proposition du FDP rappelle le projet controversé du gouvernement britannique d’envoyer les demandeurs d’asile au Rwanda, projet dont la mise à l’essai, annoncée l’année dernière, avait créé un tollé dans la classe politique.

    Le Royaume-Uni a déjà rencontré des obstacles dans la mise en œuvre de ce programme, la législation étant en cours de révision depuis que la Cour européenne des droits de l’Homme a interrompu les vols vers le Rwanda pour des raisons liées aux droits humains.

    Le Royaume-Uni a donc menacé de se retirer de la Convention européenne des droits de l’Homme si la Cour ne statuait pas en sa faveur.

    Selon le FDP, les demandes d’asile pourraient en effet être externalisées « dans le respect de la Convention de Genève et de la Convention européenne des droits de l’Homme », malgré l’existence de gouvernements autoritaires en Afrique du Nord, a déclaré Mme Jurisch.

    « Il est hors de question de quitter la Convention européenne des droits de l’Homme », a-t-elle souligné, se désolidarisant des menaces britanniques. Toute législation viendrait compléter et non supplanter un accord européen en cours d’élaboration sur le traitement des demandes d’asile aux frontières extérieures de l’Union européenne.

    Le gouvernement se rapproche ainsi de la rhétorique plus radicale du parti de centre droit CDU/CSU, le plus grand parti d’opposition. Hendrik Wüst, Premier ministre CDU de l’État régional de Rhénanie-du-Nord–Westphalie et candidat potentiel à la chancellerie en 2025, avait lancé le débat plus tôt dans la journée de mardi (31 octobre) en appelant à transférer le traitement des demandes d’asile à l’étranger.

    M. Wüst a refusé de préciser si un éventuel futur gouvernement CDU prendrait des mesures plus radicales, un porte-parole ayant expliqué à Euractiv que la conception concrète de toute mesure devrait être déterminée par le gouvernement.

    Cependant, le porte-parole a salué les discussions de la coalition avec les pays africains en les décrivant comme « la bonne approche ».

    https://www.euractiv.fr/section/immigration/news/sous-la-pression-des-liberaux-lallemagne-souhaite-externaliser-le-traitemen

    #asile #migrations #réfugiés
    #offshore_asylum_processing #externalisation #Rwanda

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    ajouté à la métaliste sur les différentes tentatives de différentes pays européens d’#externalisation non seulement des contrôles frontaliers, mais aussi de la #procédure_d'asile dans des #pays_tiers
    https://seenthis.net/messages/900122

  • La Tunisia rifiuta i respingimenti collettivi e le deportazioni di migranti irregolari proposti da #Meloni e #Piantedosi

    1.Il risultato del vertice di Tunisi era già chiaro prima che Giorgia Meloni, la presidente della Commissione europea Von del Leyen ed il premier olandese Mark Rutte incontrassero il presidente Saied. Con una operazione di immagine inaspettata, il giorno prima del vertice, l’uomo che aveva lanciato mesi fa la caccia ai migranti subsahariani presenti nel suo paese, parlando addirittura del rischio di sostituzione etnica, si recava a Sfax, nella regione dalla quale si verifica la maggior parte delle partenze verso l’Italia, e come riferisce Il Tempo, parlando proprio con un gruppo di loro, dichiarava : “ Siamo tutti africani. Questi migranti sono nostri fratelli e li rispettiamo, ma la situazione in Tunisia non è normale e dobbiamo porre fine a questo problema. Rifiutiamo qualsiasi trattamento disumano di questi migranti che sono vittime di un ordine mondiale che li considera come ‘numeri’ e non come esseri umani. L’intervento su questo fenomeno deve essere umanitario e collettivo, nel quadro della legge”. Lo stesso Saied, secondo quanto riportato dalla Reuters, il giorno precedente la visita, aggiungeva che di fronte alla crescente mobilità migratoria “La soluzione non sarà a spese della Tunisia… non possiamo essere una guardia per i loro paesi”.

    Alla fine del vertice non c’è stata una vera e propria conferenza stampa congiunta, ma è stata fatta trapelare una Dichiarazione sottoscritta anche da Saied che stabilisce una sorta di roadmap verso un futuro Memorandum d’intesa (MoU) tra la Tunisia e l’Unione europea, che si dovrebbe stipulare entro il prossimo Consiglio europeo dei capi di governo che si terrà a fine giugno. L’Ue e la Tunisia hanno dato incarico, rispettivamente, al commissario europeo per l’Allargamento Oliver Varheliy e al ministro degli Esteri tunisino Nabil Ammar di stilare un memorandum d’intesa (Memorandum of Understanding, MoU) sul pacchetto di partnership allargata, che dovrebbe essere sottoscritto dalla Tunisia e dall’Ue “prima di fine giugno”. Una soluzione che sa tanto di rinvio, nella quale certamente non si trovano le richieste che il governo Meloni aveva cercato di fare passare, già attraverso il Consiglio dei ministri dell’Unione europea di Lussemburgo, restando poi costretto ad accettare una soluzione di compromesso, che non prevedeva affatto -come invece era stato richiesto- i respingimenti collettivi in alto mare, delegati alla Guardia costiera tunisina, e le deportazioni in Tunisia di migranti irregolari o denegati, dopo una richiesta di asilo, giunti in Italia dopo un transito temporaneo da quel paese.

    Secondo Piantedosi, “la Tunisia è già considerata un Paese terzo sicuro da provvedimenti e atti ufficiali italiani” e “La Farnesina ha già una lista formale di Stati terzi definiti sicuri. Sia in Africa, penso al Senegal, così come nei Balcani”. Bene che nella sua conferenza stampa a Catania, censurata dai media, non abbia citato la Libia, dopo avere chiesto la collaborazione del generale Haftar per bloccare le partenze verso l’Italia. Ma rimane tutto da dimostrare che la Tunisia sia un “paese terzo sicuro”, soprattutto per i cittadini non tunisini, generalmente provenienti dall’area subsahariana, perchè il richiamo strumentale che fa il ministro dell’interno alla lista di “paesi terzi sicuri” approvata con decreti ministeriali ed ampliata nel corso del tempo, riguarda i cittadini tunisini che chiedono asilo in Italia, e che comunque possono fare valere una richiesta di protezione internazionale, non certo i migranti provenienti da altri paesi e transitati in Tunisia, che si vorrebbero deportare senza troppe formalità, dopo procedure rapide in frontiera. Una possibilità che ancora non è concessa allo stato della legislazione nazionale e del quadro normativo europeo (in particolare dalla Direttiva Rimpatri 2008/115/CE), che si dovrebbe comunque modificare prima della entrata in vigore, ammsso che ci si arrivi prima delle prossime elezioni europee, del Patto sulla migrazione e l’asilo recentemente approvato a Lussemburgo.

    La Presidente della Comissione Europea, nella brevissima conferenza stampa tenuta dopo la chiusura del vertice di Tunisi ha precisato i punti essenziali sui quali si dovrebbe trovare un accordo tra Bruxelles e Tunisi, Fondo monetario internazionale permettendo. Von der Leyen ha confermato che la Ue è pronta a mobilitare 900 milioni di euro di assistenza finanziaria per Tunisi. I tempi però non saranno brevi. “La Commissione europea valuterà l’assistenza macrofinanziaria non appena sarà trovato l’accordo (con il Fmi) necessario. E siamo pronti a mobilitare fino a 900 milioni di euro per questo scopo di assistenza macrofinanziaria. Come passo immediato, potremmo fornire subito un ulteriore sostegno al bilancio fino a 150 milioni di euro”. Come riferisce Adnkronos, “Tunisi dovrebbe prima trovare l’intesa con il Fondo Monetario Internazionale su un pacchetto di aiuti, a fronte del quale però il Fondo chiede riforme, che risulterebbero impopolari e che la leadership tunisina esita pertanto ad accollarsi”. Secondo Adnkronos, L’Ue intende “ripristinare il Consiglio di associazione” tra Ue e Tunisia e l’Alto Rappresentante Josep Borrell “è pronto ad organizzare il prossimo incontro entro la fine dell’anno”, ha sottolineato la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen al termine dell’incontro. L’esecutivo comunitario è pronto ad aiutare la Tunisia con un pacchetto basato su cinque pilastri, il principale dei quali è costituito da aiuti finanziari per oltre un miliardo di euro. Il primo è lo sviluppo economico. “Sosterremo la Tunisia, per rafforzarne l’economia. La Commissione Europea sta valutando un’assistenza macrofinanziaria, non appena sarà trovato l’accordo necessario. Siamo pronti a mobilitare fino a 900 milioni di euro per questo scopo. E, come passo immediato, potremmo fornire altri 150 milioni di euro di sostegno al bilancio“. “Il secondo pilastro – continua von der Leyen – sono gli investimenti e il commercio. L’Ue è il principale investitore straniero e partner commerciale della Tunisia. E noi proponiamo di andare oltre: vorremmo modernizzare il nostro attuale accordo commerciale. C’è molto potenziale per creare posti di lavoro e stimolare la crescita qui in Tunisia. Un focus importante per i nostri investimenti è il settore digitale. Abbiamo già una buona base“. Sempre secondo quanto riferito da Adnkronos, “La Commissione Europea sta lavorando ad un memorandum di intesa con la Tunisia nelle energie rinnovabili, campo nel quale il Paese nordafricano ha un potenziale “enorme”, mentre l’Ue ne ha sempre più bisogno, per alimentare il processo di elettrificazione e decarbonizzazione della sua economia, spiega la presidente. L’energia è “il terzo pilastro” del piano in cinque punti che von der Leyen ha delineato al termine della riunione”.

    Quest’anno l’Ue “fornirà alla Tunisia 100 milioni di euro per la gestione delle frontiere, ma anche per la ricerca e il soccorso, la lotta ai trafficanti e il rimpatrio”, annuncia ancora la presidente. Il controllo dei flussi migratori è il quarto pilastro del programma che von der Leyen ha delineato per i rapporti bilaterali tra Ue e Tunisia. Per la presidente della Commissione europea, l’obiettivo “è sostenere una politica migratoria olistica radicata nel rispetto dei diritti umani. Entrambi abbiamo interesse a spezzare il cinico modello di business dei trafficanti di esseri umani. È orribile vedere come mettono deliberatamente a rischio vite umane, a scopo di lucro. Lavoreremo insieme su un partenariato operativo contro il traffico di esseri umani e sosterremo la Tunisia nella gestione delle frontiere”.

    Nel pacchetto di proposte comprese nel futuro Memorandum d’intesa UE-Tunisia, che si dovrebbe sottoscrivere entro la fine di giugno, rientrerebbero anche una serie di aiuti economici all’economia tunisina, in particolare nei settori dell’agricoltura e del turismo, e nuove possibilità di mobilità studentesca, con programmi tipo Erasmus. Nulla di nuovo, ed anche una dotazione finanziaria ridicola, se si pensa ai 200 milioni di euro stanziati solo dall’Italia con il Memorandum d’intesa con la Tunisia siglato da Di Maio per il triennio 2021-2023. Semmai sarebbe interessante sapere come stati spesi quei soldi, visti i risultati sulla situazione dei migranti in transito in Tunisia, nelle politiche di controllo delle frontiere e nei soccorsi in mare.

    2. Non è affatto vero dunque che sia passata la linea dell’Italia per due ragioni fondamentali. L’Italia chiedeva una erogazione immediata degli aiuti europei alla Tunisia e una cooperazione operativa nei respingimenti collettivi in mare ed anche la possibilità di riammissione in Tunisia di cittadini di paesi terzi ( non tunisini) giunti irregolarmente nel nostro territorio, o di cui fosse stata respinta la domanda di protezione nelle procedure in frontiera. Queste richieste della Meloni (e di Piantedosi) sono state respinte, e non rientrano nel Memorandum d’intesa che entro la fine del mese Saied dovrebbe sottoscrivere con l’Unione Europea (il condizionale è d’obbligo).

    Gli aiuti europei sono subordinati all’accettazione da parte di Saied delle condizioni poste dal Fondo Monetario internazionale per l’erogazione del prestito fin qui rifiutato dal presidente. Un prestito che sarebbe condizionato al rispetto di paramentri monetari e di abbattimento degli aiuti pubblici, e forse anche al rispetto dei diritti umani, che in questo momento non sono accettati dal presidente tunisino, ormai di fatto un vero e proprio autocrate. Con il quale la Meloni, ormai lanciata verso il presidenzialismo all’italiana, si riconosce più di quanto non facciano esponenti politici di altri paesi europei. Al punto che persino Mark Rutte, che nel suo paese ha attuato politiche migratorie ancora più drastiche di quelle propagandate dal governo italiano, richiama, alla fine del suo intervento, l’esigenza del rispetto dei diritti umani delle persone migranti, come perno del nuovo Memorandum d’intesa tra la Tunisia e l’Unione Europea.

    Per un altro verso, la “lnea dell’Italia”, dunque la politica dei “respingimenti su delega”, che si vorrebbe replicare con la Tunisia, sul modello di quanto avviene con le autorità libiche, delegando a motovedette, donate dal nostro paese e coordinate anche dall’agenzia europea Frontex, i respingimenti collettivi in acque internazionali, non sembra di facile applicazione per evidenti ragioni geografiche e geopolitiche.

    La Tunisia non e’ la Libia (o la Turchia), le autorità centrali hanno uno scarso controllo dei punti di partenza dei migranti e la corruzione è molto diffusa. Sembra molto probabile che le partenze verso l’Italia continueranno ad aumentare in modo esponenziale nelle prossime settimane. Aumentare le dotazioni di mezi e i supporti operativi in favore delle motovedette tunisine si è già dimostrata una politica priva di efficacia e semmai foriera di stragi in mare. Sulle stragi in mare neppure una parola dopo il vertice di Tunisi. Non è vero che la diminuzione delle partenze dalla Tunisia nel mese di maggio sia conseguenza della politica migratoria del governo Meloni, risultando soltanto una conseguenza di un mese caratterizzato da condizioni meteo particolarmente sfavorevoli, come ha riconosciuto anchel’OIM e l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), e come tutti hanno potuto constatare anche in Italia. Vedremo con il ritorno dell’estate se le partenze dalla Tunisia registreranno ancora un calo.

    La zona Sar (di ricerca e salvataggio) tunisina si limita alle acque territoriali (12 miglia dalla costa) ed i controlli affidati alle motovedette tunisine non si possono svolgere oltre. Difficile che le motovedette tunisine si spingano nella zona Sar “libica” o in quella maltese. Continueranno ad intercettare a convenienza, quando i trafficanti non pagheranno abbastanza per corrompere, ed i loro interventi, condotti spesso con modalità di avvicinamento che mettono a rischio la vita dei naufraghi, non ridurranno di certo gli arrivi sulle coste italiane di cittadini tunisini e subsahariani. Per il resto il futuribile Memorandum d’intesa Tunisia-Libia, che ancora e’ una scatola vuota, e che l’Unione europea vincola al rispetto dei diritti umani, dunque anche agli obblighi internazionali di soccorso in mare, non può incidere in tempi brevi sui rapporti bilaterali tra Roma e Tunisi, che sono disciplinati da accordi bilaterali che si dovrebbero modificare successivamente, sempre in conformità con la legislazione ( e la Costituzione) italiana e la normativa euro-unitaria. Dunque non saranno ogettto di nuovi accordi a livello europeo con la Tunisia i respingimenti collettivi vietati dall’art.19 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e non si potranno realizzare, come vorrebero la Meloni e Piantedosi, deportazioni in Tunisia di cittadini di altri paesi terzi, peraltro esclusi dai criteri di “connessione” richiesti nella “proposta legislativa” adottata dal Consiglio dei ministri dell’interno di Lussemburgo. E si dovranno monitorare anche i respingimenti di cittadini tunisini in Tunisia, dopo la svolta autoritaria impressa dall’autocrate Saied che ha fatto arrestare giornalisti e sindacalisti, oltre che numerosi membri dei partiti di opposizione. In ogni caso non si dovranno dimenticare le condanne ricevute dall’Italia da parte della Corte europea dei diritti dell’Uomo, proprio per i respingimenti differiti effettuati ai danni di cittadini tunisini (caso Khlaifia). Faranno morire ancora centinaia di innocenti. Dare la colpa ai trafficanti non salva dal fallimento politico e morale nè l’Unione Europea nè il governo Meloni.

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    Saied, inaccettabili centri migranti in Tunisia

    (ANSA) – TUNISI, 11 GIU – Il presidente tunisino Kais Saied, nel suo incontro con la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, della presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen e del primo ministro olandese Mark Rutte “ha fatto notare che la soluzione che alcuni sostengono segretamente di ospitare in Tunisia migranti in cambio di somme di denaro è disumana e inaccettabile, così come le soluzioni di sicurezza si sono dimostrate inadeguate, anzi hanno aumentato le sofferenze delle vittime della povertà e delle guerre”. Lo si legge in un comunicato della presidenza tunisina, pubblicato al termine dell”incontro. (ANSA).

    2023-06-11 18:59

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    ANSA/Meloni e l”Ue incassano prima intesa ma Saied alza posta

    (dell”inviato Michele Esposito)

    (ANSA) – TUNISI, 11 GIU – Una visita lampo, una dichiarazione congiunta che potrebbe portare ad un cruciale memorandum d”intesa, un orizzonte ancora confuso dal continuo alzare la posta di Kais Saied. Il vertice tra Ursula von der Leyen, Giorgia Meloni, Mark Rutte e il presidente tunisino potrebbe segnare un prima e un dopo nei rapporti tra l”Ue e il Paese nordafricano. Al tavolo del palazzo presidenziale di Cartagine, per oltre due ore, i quattro hanno affrontato dossier a dir poco spigolosi, dalla gestione dei migranti alla necessità di un”intesa tra Tunisia e Fmi. La luce verde sulla prima intesa alla fine si è accesa. “E” un passo importante, dobbiamo arrivare al Consiglio europeo con un memorandum già siglato tra l”Ue e la Tunisia”, è l”obiettivo fissato da Meloni, che ha rilanciato il ruolo di prima linea dell”Italia nei rapporti tra l”Europa e la sponda Sud del Mediterraneo. Nel Palazzo voluto dal padre della patria tunisino, Habib Bourguiba, von der Leyen, Meloni e Rutte sono arrivati con l”ideale divisa del Team Europe. I tre, di fatto, hanno rappresentato l”intera Unione sin da quando, a margine del summit in Moldavia della scorsa settimana, è nata l”idea di accelerare sul dossier tunisino. I giorni successivi sono stati segnati da frenetici contatti tra gli sherpa. Il compromesso, iniziale e generico, alla fine è arrivato. L”Ue sborserà sin da subito, e senza attendere il Fondo Monetario Internazionale, 150 milioni di euro a sostegno del bilancio tunisino. E” un primo passo ma di certo non sufficiente per Saied. Sulla seconda parte del sostegno europeo, il pacchetto di assistenza macro-finanziaria da 900 milioni, l”Ue tuttavia non ha cambiato idea: sarà sborsato solo dopo l”intesa tra Saied e l”Fmi. Intesa che appare ancora lontana: poco dopo la partenza dei tre leader europei, la presidenza tunisina ha infatti invitato il Fondo a “rivedere le sue ricette” ed evitare “diktat”, sottolineando che gli aiuti da 1,9 miliardi, sotto forma di prestiti, “non porteranno benefici” alla popolazione. La difficoltà di mettere il punto finale al negoziato tra Ue e Tunisia sta anche in un altro dato: la stessa posizione europea è frutto di un compromesso tra gli Stati membri. Non è un caso, ad esempio, che sia stato Rutte, portatore delle istanze dei Paesi del Nord, a spiegare come la cooperazione tra Ue e Tunisia sulla gestione dei flussi irregolari debba avvenire “in accordo con i diritti umani”. La dichiarazione congiunta, in via generica, fa riferimento ai principali nodi legati ai migranti: le morti in mare, la necessità di aumentare i rimpatri dell”Europa degli irregolari, la lotta ai trafficanti. Von der Leyen ha messo sul piatto sovvenzioni da 100 milioni di euro per sostenere i tunisini nel contrasto al traffico illegale e nelle attività di search & rescue. Meloni, dal canto suo, ha annunciato “una conferenza su migrazione e sviluppo in Italia, che sarà un ulteriore tappa nel percorso del partenariato” tra l”Ue e Tunisi. Saied ha assicurato il suo impegno sui diritti umani e nella chiusura delle frontiere sud del Paese, ma sui rimpatri la porta è aperta solo a quella per i tunisini irregolari. L”ipotesi che la Tunisia, come Paese di transito sicuro, ospiti anche i migranti subsahariani, continua a non decollare. “L”idea, che alcuni sostengono segretamente, che il Paese ospiti centri per i migranti in campo di somme di danaro è disumana e inaccettabile”, ha chiuso Saied. La strada, insomma, rimane in salita. La strategia dell”Ue resta quella adottata sin dalla prima visita di un suo commissario – Paolo Gentiloni – lo scorso aprile: quella di catturare il sì di Saied con una partnership economica ed energetica globale e di lungo periodo, in cui la migrazione non è altro che un ingranaggio. Ma Tunisi, su diritti e rule of law, deve fare di più. “L”Ue vuole investire nella stabilità tunisina. Le difficoltà del suo percorso democratico si possono superare”, ha detto von der Leyen. Delineando la mano tesa dell”Europa ma anche la linea rossa entro la quale va inquadrata la nuova partnership. (ANSA).

    2023-06-11 19:55

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    Statement 11 June 2023 Tunis
    The European Union and Tunisia agreed to work together on a comprehensive partnership package (https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/statement_23_3202)

    European Commission – Statement
    The European Union and Tunisia agreed to work together on a comprehensive partnership package
    Tunis, 11 June 2023

    Building on our shared history, geographic proximity, and strong relationship, we have agreed towork together on a comprehensive partnership package, strengthening the ties that bind us in a mutually beneficial manner.
    We believe there is enormous potential to generate tangible benefits for the EU and Tunisia. The comprehensive partnership would cover the following areas:

    - Strengthening economic and trade ties ,

    - A sustainable and competitive energy partnership

    - Migration

    - People-to-people contacts

    The EU and Tunisia share strategic priorities and in all these areas, we will gain from working together more closely.
    Our economic cooperation will boost growth and prosperity through stronger trade and investment links, promoting opportunities for businesses including small and medium sized enterprises. Economic support, including in the form of Macro Financial Assistance, will also be considered. Our energy partnership will assist Tunisia with the green energy transition, bringing down costs and creating the framework for trade in renewables and integration with the EU market.
    As part of our joint work on migration, the fight against irregular migration to and from Tunisia and the prevention of loss of life at sea, is a common priority, including fighting against smugglers and human traffickers, strengthening border management, registration and return in full respect of human rights.
    People-to-people contacts are central to our partnership and this strand of work will encompass stronger cooperation on research, education, and culture, as well as developing Talent Partnerships, opening up new opportunities for skills development and mobility, especially for youth.

    Enhanced political and policy dialogue within the EU-Tunisia Association Council before the end of the year will offer an important opportunity to reinvigorate political and institutional ties, with the aim of addressing common international challenges together and preserving the rules-based order.
    We have tasked the Minister of Foreign Affairs, Migration and Tunisians Abroad and the
    Commissioner for Neighbourhood and Enlargement to work out a Memorandum of Understanding on the comprehensive partnership package, to be endorsed by Tunisia and the European Union before the end of June.

    https://www.a-dif.org/2023/06/11/la-tunisia-rifiuta-i-respingimenti-collettivi-e-le-deportazioni-di-migranti-i

    #Tunisie #externalisation #asile #migrations #réfugiés #Memorandum_of_Understanding (#MoU) #Italie #frontières #externalisation_des_frontières #réadmission #accord_de_réadmission #refoulements_collectifs #pays_tiers_sûr #développement #aide_au_développement #conditionnalité_de_l'aide #énergie #énergies_renouvelables

    #modèle_tunisien

    • EU offers Tunisia over €1bn to stem migration

      Brussels proposes €255mn in grants for Tunis, linking longer-term loans of up to €900mn to reforms

      The EU has offered Tunisia more than €1bn in a bid to help the North African nation overcome a deepening economic crisis that has prompted thousands of migrants to cross the Mediterranean Sea to Italy.

      The financial assistance package was announced on Sunday in Tunis after Ursula von der Leyen, accompanied by the prime ministers of Italy and the Netherlands, Giorgia Meloni and Mark Rutte, met with Tunisian president Kais Saied. The proposal still requires the endorsement of other EU governments and will be linked to Tunisian authorities passing IMF-mandated reforms.

      Von der Leyen said the bloc is prepared to mobilise €150mn in grants “right now” to boost Tunisia’s flagging economy, which has suffered from surging commodity prices linked to Russia’s invasion of Ukraine. Further assistance in the form of loans, totalling €900mn, could be mobilised over the longer-term, she said.

      In addition, Europe will also provide €105mn in grants this year to support Tunisia’s border management network, in a bid to “break the cynical business model of smugglers and traffickers”, von der Leyen said. The package is nearly triple what the bloc has so far provided in migration funding for the North African nation.

      The offer of quick financial support is a boost for Tunisia’s embattled president, but longer-term support is contingent on him accepting reforms linked to a $1.9bn IMF package, a move Saied has been attempting to defer until after presidential elections next year.

      Saied has refused to endorse the IMF loan agreement agreed in October, saying he rejected foreign “diktats” that would further impoverish Tunisians. The Tunisian leader is wary of measures such as reducing energy subsidies and speeding up the privatisation of state-owned enterprises as they could damage his popularity.

      Meloni, who laid the groundwork for the announcement after meeting with Saied on Tuesday, has been pushing Washington and Brussels for months to unblock financial aid for Tunisia. The Italian leader is concerned that if the north African country’s economy imploded, it would trigger an even bigger wave of people trying to cross the Mediterranean.

      So far this year, more than 53,000 migrants have arrived in Italy by boat, more than double compared with the same period last year — with a sharp increase in boats setting out from Tunisia one factor behind the surge.

      The agreement was “an important step towards creating a true partnership to address the migration crisis,” Meloni said on Sunday.

      In February, Saied stoked up racist violence against people from sub-Saharan African countries by saying they were part of a plot to change Tunisia’s demographic profile.

      His rhetoric has softened in an apparent bid to improve the image of the deal with the EU. Visiting a camp on Saturday, he criticised the treatment of migrants “as mere numbers”. However, he added, “it is unacceptable for us to play the policeman for other countries”.

      The Tunisian Forum for Economic and Social Rights think-tank criticised the EU’s visit on Sunday as “an attempt to exploit [Tunisia’s] political, economic and social fragility”.

      The financial aid proposal comes days after European governments agreed on a long-awaited migration package that will speed up asylum proceedings and make it easier for member states to send back people who are denied asylum.

      The package also includes proposals to support education, energy and trade relations with the country, including by investing in Tunisia’s renewable energy network and allowing Tunisian students to take part in student exchange programme Erasmus+.

      The presence of the Dutch prime minister, usually a voice for fiscally conservative leaders in the 27-strong bloc, indicated that approval of the package would not be as difficult to achieve as other foreign funding requests. The Netherlands, while not a frontline country like Italy, has also experienced a spike in so-called secondary migration, as many of the people who arrive in southern Europe travel on and apply for asylum in northern countries.

      Calling the talks “excellent”, Rutte said that “the window is open, we all sense there’s this opportunity to foster this relationship between the EU and Tunisia”.

      https://www.ft.com/content/82d6fc8c-ee95-456a-a4e1-8c2808922da3

    • Migrations : les yeux doux de #Gérald_Darmanin au président tunisien

      Pour promouvoir le Pacte sur la migration de l’Union européenne, le ministre de l’Intérieur en visite à Tunis a flirté avec les thèses controversées de Kais Saied, présentant le pays comme une « victime » des flux de réfugiés.

      Quand on sait que l’on n’obtiendra pas ce que l’on désire de son hôte, le mieux est de porter la faute sur un tiers. Le ministre français de l’Intérieur, Gérald Darmanin, a fait sienne cette stratégie durant sa visite dimanche 18 et lundi 19 juin en Tunisie. Et tant pis pour les pays du Sahel, victimes collatérales d’un échec annoncé.

      Accompagné de son homologue allemande, Nancy Faeser, le premier flic de France était en Tunisie pour expliquer au président tunisien Kais Saied le bien-fondé du Pacte sur la migration et l’asile en cours de validation dans l’Union européenne. Tel quel, il pourrait faire de la Tunisie un pays de transit ou d’établissement pour les migrants refoulés au nord de la Méditerranée. La Tunisie n’a jamais accepté officiellement d’être le gardien des frontières de l’Europe, même du temps du précédent président de la République, Béji Caïd Essebsi – officieusement, les gardes-côtes ont intercepté plus de 23 000 migrants de janvier à mai. Ce n’est pas le très panarabisant Kais Saied qui allait céder.

      Surtout que le chef de l’Etat aux méthodes autoritaires avait déjà refusé pareille proposition la semaine dernière, lors de la visite de la présidente de la Commission européenne, Ursula von der Leyen, accompagnée de Giorgia Meloni et Mark Rutte, chefs du gouvernement italien et néerlandais, malgré les promesses de plus d’un milliard d’euros d’aides à long terme (des projets budgétés de longue date pour la plupart). Kais Saied avait encore réitéré son refus au téléphone le 14 juin à Charles Michel, le président du Conseil européen.
      « Grand remplacement »

      Peu de chance donc que Gérald Darmanin et Nancy Faeser, « simples » ministres de l’Intérieur aient plus de succès, bien que leurs pays pèsent « 40 % du budget de l’Union européenne », comme l’a malicieusement glissé le ministre français. Alors pour ne pas repartir complètement bredouille, le locataire de la place Beauvau a promis du concret et flirté avec les thèses très controversées de Kais Saied.

      La France a promis une aide bilatérale de 25,8 millions d’euros pour « acquérir les équipements nécessaires et organiser les formations utiles, des policiers et des gardes-frontières tunisiens pour contenir le flux irrégulier de migrants ». Darmanin a surtout assuré que la Tunisie ne deviendra pas « la garde-frontière de l’Union européenne, ce n’est pas sa vocation ». Au contraire, il a présenté l’ancienne puissance carthaginoise comme une « victime » du flux migratoire.

      « Les Tunisiens qui arrivent de manière irrégulière sur le territoire européen sont une portion très congrue du nombre de personnes qui traversent à partir de la Tunisie la Méditerranée pour venir en Europe. Il y a beaucoup de Subsahariens notamment qui prennent ces routes migratoires », a ajouté le ministre de l’Intérieur français. Un argument martelé depuis des mois par les autorités tunisiennes. Dans un discours reprenant les thèses du « grand remplacement », Kais Saied, le 21 février, avait provoqué une campagne de haine et de violence contre les Subsahariens. Ces derniers avaient dû fuir par milliers le pays. Sans aller jusque-là, Gérald Darmanin a joué les VRP de Kais Saied, déclarant qu’« à la demande de la Tunisie », la France allait jouer de ses « relations diplomatiques privilégiées » avec ces pays (Côte d’Ivoire, Sénégal, Cameroun, notamment) pour « prévenir ces flux ». Si les migrants arrivant par bateaux en Italie sont, pour beaucoup, des Subsahariens – le nombre d’Ivoiriens a été multiplié par plus de 7 depuis le début de l’année par rapport à l’an dernier à la même période –, les Tunisiens demeurent, selon le HCR, la première nationalité (20 %) à débarquer clandestinement au sud de l’Europe depuis 2021.
      Préférence pour Giorgia Meloni

      Gérald Darmanin a quand même soulevé un ancien contentieux : le sort de la vingtaine de Tunisiens radicalisés et jugés dangereux actuellement présents sur le territoire français de façon illégale. Leur retour en Tunisie pose problème. Le ministre français a affirmé avoir donné une liste de noms (sans préciser le nombre) à son homologue tunisien. En attendant de savoir si son discours contribuera à réchauffer les relations avec le président tunisien – ce dernier ne cache pas sa préférence pour le franc-parler de Giorgia Meloni, venue deux fois ce mois-ci – Gérald Darmanin a pu profiter de prendre le café avec Iheb et Siwar, deux Tunisiens réinstallés dans leur pays d’origine via une aide aux retours volontaires mis en place par l’Office français de l’immigration et de l’intégration. En 2022, les Tunisiens ayant eu recours à ce programme étaient… 79. Quand on est envoyé dans une guerre impossible à gagner, il n’y a pas de petite victoire.

      https://www.liberation.fr/international/afrique/migrations-les-yeux-doux-de-gerald-darmanin-au-president-tunisien-2023061
      #Darmanin #France

    • Crisi economica e rimpatri: cosa stanno negoziando Ue e Tunisia

      Con l’economia del Paese nordafricano sempre più in difficoltà, l’intreccio tra sostegno finanziario ed esternalizzazione delle frontiere si fa sempre più stretto. E ora spunta una nuova ipotesi: rimpatriare in Tunisia anche cittadini di altri Paesi

      Durante gli ultimi mesi di brutto tempo in Tunisia, il governo italiano ha più volte dichiarato di aver compiuto «numerosi passi avanti nella difesa dei nostri confini», riferendosi al calo degli arrivi di migranti via mare dal Paese nordafricano. Ora che il sole estivo torna a splendere sulle coste del Sud tunisino, però, le agenzie stampa segnalano un nuovo «aumento delle partenze». Secondo l’Ansa, durante le notti del 18 e 19 giugno, Lampedusa ha contato prima dodici, poi altri quindici sbarchi. Gli arrivi sono stati 18, con 290 persone in totale, anche tra la mezzanotte e le due del 23 giugno. Come accadeva durante i mesi di febbraio e marzo, a raggiungere le coste siciliane sono soprattutto ivoriani, malesi, ghanesi, nigeriani, sudanesi, egiziani. I principali porti di partenza delle persone che raggiungono l’Italia via mare, nel 2023, si trovano soprattutto in Tunisia.

      È durante questo giugno piovoso che la presidente del Consiglio Giorgia Meloni è atterrata a Tunisi non una ma ben due volte, con l’intento di negoziare quello che ha tutta l’aria di uno scambio: un maggior sostegno finanziario al bilancio di una Tunisia sempre più in crisi in cambio di ulteriori azioni di militarizzazione del Mediterraneo centrale. Gli aiuti economici promessi da Bruxelles, necessari perché la Tunisia eviti la bancarotta, sono condizionati alla firma di un nuovo accordo con il Fondo monetario internazionale. Il prezzo da pagare, però, sono ulteriori passi avanti nel processo di esternalizzazione della frontiera dell’Unione europea. Un processo già avviato da anni che, come abbiamo raccontato nelle precedenti puntate di #TheBigWall, si è tradotto in finanziamenti alla Tunisia per un valore di 59 milioni di euro dal 2011 a oggi, sotto forma di una lunga lista di equipaggiamenti a beneficio del ministero dell’Interno tunisino.

      Che l’Italia si stia nuovamente muovendo in questo senso, è stato reso noto dalla documentazione raccolta tramite accesso di richiesta agli atti da IrpiMedia in collaborazione con ActionAid sull’ultimo finanziamento di 12 milioni di euro approvato a fine 2022. A dimostrarlo, è anche l’ultima gara d’appalto pubblicata da Unops, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Servizi di Progetto, che dal 2020 fa da intermediario tra il inistero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale italiano (Maeci) e il ministero dell’Interno tunisino, per la fornitura di sette nuove motovedette, in scadenza proprio a giugno.

      Le motovedette si sommano al recente annuncio, reso noto da Altreconomia a marzo 2023, della fornitura di 100 pick-up Nissan Navara alla Guardia nazionale tunisina. Con una differenza, però: Roma non negozia più da sola con Tunisi, ma si impone come mediatrice tra il Paese nordafricano e l’Unione europea. Secondo le informazioni confidenziali diffuse da una fonte diplomatica vicina ai negoziati Tunisia-Ue, la lista più recente sottoposta dalla Tunisia alla Commissione europea includerebbe anche «droni, elicotteri e nuove motovedette per un totale di ulteriori 200 milioni di euro». Durante la visita del 19 giugno, anche la Francia ha annunciato un nuovo sostegno economico a Tunisi del valore di 26 milioni di euro finalizzato a «contrastare la migrazione».

      Il prezzo del salvataggio dalla bancarotta sono i migranti

      Entro fine giugno è attesa la firma del nuovo memorandum tra Unione europea e Tunisia. Ad annunciarlo è stata la presidente della Commissione Ue Ursula Von der Leyen, arrivata a Tunisi l’11 giugno insieme a Giorgia Meloni e a Mark Rutte, il primo ministro olandese.

      La visita ha fatto seguito al Consiglio dell’Ue, il vertice che riunisce i ministri competenti per discutere e votare proposte legislative della Commissione in cui sono stati approvati alcuni provvedimenti che faranno parte del Patto sulla migrazione e l’asilo. L’intesa, che dovrebbe sostituire anche il controverso Regolamento di Dublino ma deve ancora essere negoziata con l’Europarlamento, si lega alle trattative con la Tunisia. Tra i due dossier esiste un parallelismo tracciato dalla stessa Von Der Leyen che, a seguito del recente naufragio di fronte alle coste greche, ha dichiarato: «Sulla migrazione dobbiamo agire in modo urgente sia sul quadro delle regole che in azioni dirette e concrete. Per esempio, il lavoro che stiamo facendo con la Tunisia per stabilizzare il Paese, con l’assistenza finanziaria e investendo nella sua economia».

      Nel frattempo, in Tunisia, la situazione economica si è fatta sempre più complicata. Il 9 giugno, infatti, l’agenzia di rating Fitch ha declassato il Paese a “-CCC” per quanto riguarda l’indice Idr, Issuer default ratings, ovvero il misuratore della capacità di solvenza di aziende e fondi sovrani. Più è basso, più è alta la possibilità, secondo Fitch, che il Paese (o la società, quando l’indice Idr si applica alle società) possa finire in bancarotta. Colpa principalmente delle trattative fallite tra il governo di Tunisi e il Fondo monetario internazionale (Fmi): ad aprile 2023, il presidente Kais Saied ha rifiutato pubblicamente un prestito da 1,9 miliardi di dollari.

      Principale ragione del diniego tunisino sono stati i «diktat», ha detto Saied il 6 aprile, imposti dal Fmi, cioè una serie di riforme con possibili costi sociali molto alti. Al discorso, sono seguite settimane di insistente lobbying da parte italiana, a Tunisi come a Washington, perché si tornasse a discutere del prestito. Gli aiuti promessi da Von Der Leyen in visita a Tunisi (900 milioni di euro di prestito condizionato, oltre ai 150 milioni di sostegno bilaterale al bilancio) sono infatti condizionati al sì dell’Fmi.

      La Tunisia, quindi, ha bisogno sempre più urgentemente di sostegno finanziario internazionale per riuscire a chiudere il bilancio del 2023 e a rispettare le scadenze del debito pubblico estero. E le trattative per fermare i flussi migratori si intensificano. A giugno 2023, come riportato da AnsaMed, Meloni ha dichiarato di voler «risolvere alla partenza» la questione migranti, proprio durante la firma del Patto sull’asilo a Bruxelles. Finanziamenti in cambio di misure di controllo delle partenze, quindi. Ma di che tipo? Per un’ipotesi che tramonta, un’altra sembra prendere corpo.
      I negoziati per il nuovo accordo di riammissione

      La prima ipotesi è trasformare la Tunisia in un hotspot, una piattaforma esterna all’Unione europea per lo smistamento di chi avrebbe diritto a una forma di protezione e chi invece no. È un’idea vecchia, che compariva già nelle bozze di accordi Ue-Tunisia fermi al 2018, dove si veniva fatto esplicito riferimento ad «accordi regionali di sbarco» tra Paesi a Nord del Mediterraneo e Paesi a Sud, e a «piattaforme di sbarco […] complementari a centri controllati nel territorio Ue». All’epoca, la Tunisia rispose con un secco «no» e anche oggi sembra che l’esito sarà simile. Secondo una fonte vicina alle trattative in corso per il memorandum con l’Ue, «è improbabile che la Tunisia accetti di accogliere veri e propri centri di smistamento sul territorio».

      L’opinione del presidente tunisino Kais Saied, infatti, è ben diversa dai toni concilianti con i quali ha accolto i rappresentanti politici europei, da Meloni ai ministri dell’Interno di Francia (Gérald Darmanin) e Germania (Nancy Faeser), questi ultimi incontrati lo scorso 19 giugno. Saied ha più volte ribadito che «non saremo i guardiani dell’Europa», provando a mantenere la sua immagine pubblica di “anti-colonialista” e sovranista.

      Sotto la crescente pressione economica, esiste comunque la possibilità che il presidente tunisino scenda a più miti consigli e rivaluti l’idea della Tunisia come hotspot. In questo scenario, i Paesi Ue potrebbero rimandare in Tunisia non solo persone tunisine a cui è negata la richiesta d’asilo, ma anche persone di altre nazionalità che hanno qualche tipo di legame (ancora tutto da definire nei dettagli) con la Tunisia. Il memorandum Tunisia-Ue, quindi, potrebbe includere delle clausole relative non solo ai rimpatri dei cittadini tunisini, ma anche alle riammissioni di cittadini di altri Paesi.

      A sostegno di questa seconda ipotesi ci sono diversi elementi. Il primo è un documento della Commissione europea sulla cooperazione estera in ambito migratorio, visionato da IrpiMedia, datato maggio 2022, ma anticipato da una bozza del 2017. Nel documento, in riferimento a futuri accordi di riammissione, si legge che la Commissione avrebbe dovuto lanciare, «entro la fine del 2022», «i primi partenariati con i Paesi nordafricani, tra cui la Tunisia». Il secondo elemento è contenuto nell’accordo raggiunto dal Consiglio sul Patto. Su pressione dell’Italia, la proposta di legge prevede la possibilità di mandare i richiedenti asilo in un Paese terzo considerato sicuro, sulla base di una serie di fattori legati al rispetto dei diritti umani in generale e dei richiedenti asilo più nello specifico.
      I dubbi sulla Tunisia, Paese terzo sicuro

      A marzo 2023 – durante il picco di partenze dalla Tunisia a seguito di un violento discorso del presidente nei confronti della comunità subsahariana nel Paese – la lista dei Paesi di origine considerati sicuri è stata aggiornata, e include ormai non solo la Tunisia stessa, sempre più insicura, come raccontato nelle puntate precedenti, ma anche la Costa d’Avorio, il Ghana, la Nigeria. Che rappresentano ormai le prime nazionalità di sbarco.

      In questo senso, aveva attirato l’attenzione la richiesta da parte delle autorità tunisine a inizio 2022 di laboratori mobili per il test del DNA, utilizzati spesso nei commissariati sui subsahariani in situazione di regolarità o meno. Eppure, nel contesto la situazione della comunità subsahariana nel Paese resta estremamente precaria. Solo la settimana scorsa un migrante di origine non chiara, ma subsahariano, è stato accoltellato nella periferia di Sfax, dove la tensione tra famiglie tunisine in situazioni sempre più precarie e subsahariani continua a crescere.

      Malgrado un programma di ritorno volontario gestito dall’Organizzazione internazionale delle migrazioni (Oim), continua a esistere una tendopoli di fronte alla sede dell’organizzazione internazionale. La Tunisia, dove manca un quadro legale sul diritto di asilo che tuteli quindi chi viene riconosciuto come rifugiato da UNHCR, continua a non essersi dotata di una zona Sar (Search & Rescue). Proprio a questo fa riferimento esplicito la bozza del nuovo patto sull’asilo firmato a Bruxelles. Una delle condizioni richieste, allora, potrebbe essere proprio quella di notificare all’Organizzazione marittima internazionale (Imo) una zona Sar una volta ottenuti tutti gli equipaggiamenti richiesti dal ministero dell’Interno tunisino.

      https://irpimedia.irpi.eu/thebigwall-crisi-economica-rimpatri-cosa-stanno-negoziando-ue-tunisia
      #crise_économique #UE #externalisation

    • Pour garder ses frontières, l’Europe se précipite au chevet de la Tunisie

      Alors que le régime du président #Kaïs_Saïed peine à trouver un accord avec le #Fonds_monétaire_international, la Tunisie voit plusieurs dirigeants européens — notamment italiens et français — voler à son secours. Un « soutien » intéressé qui vise à renforcer le rôle de ce pays comme garde-frontière de l’Europe en pleine externalisation de ses frontières.

      C’est un fait rarissime dans les relations internationales. En l’espace d’une semaine, la présidente du Conseil italien, Giorgia Meloni, aura effectué deux visites à Tunis. Le 7 juin, la dirigeante d’extrême droite n’a passé que quelques heures dans la capitale tunisienne. Accueillie par son homologue Najla Bouden, elle s’est ensuite entretenue avec le président Kaïs Saïed qui a salué, en français, une « femme qui dit tout haut ce que d’autres pensent tout bas ». Quatre jours plus tard, c’est avec une délégation européenne que la présidente du Conseil est revenue à Tunis.

      Accompagnée de la présidente de la Commission européenne #Ursula_von_der_Leyen et du premier ministre néerlandais #Mark_Rutte, Meloni a inscrit à l’agenda de sa deuxième visite les deux sujets qui préoccupent les leaders européens : la #stabilité_économique de la Tunisie et, surtout, la question migratoire, reléguant au second plan les « #valeurs_démocratiques ».

      Un pacte migratoire

      À l’issue de cette rencontre, les Européens ont proposé une série de mesures en faveur de la Tunisie : un #prêt de 900 millions d’euros conditionné à la conclusion de l’accord avec le Fonds monétaire international (#FMI), une aide immédiate de 150 millions d’euros destinée au budget, ainsi que 105 millions pour accroitre la #surveillance_des_frontières. Von der Leyen a également évoqué des projets portant sur l’internet à haut débit et les énergies vertes, avant de parler de « rapprochement des peuples ». Le journal Le Monde, citant des sources bruxelloises, révèle que la plupart des annonces portent sur des fonds déjà budgétisés. Une semaine plus tard, ce sont #Gérald_Darmanin et #Nancy_Faeser, ministres français et allemande de l’intérieur qui se rendent à Tunis. Une #aide de 26 millions d’euros est débloquée pour l’#équipement et la #formation des gardes-frontières tunisiens.

      Cet empressement à trouver un accord avec la Tunisie s’explique, pour ces partenaires européens, par le besoin de le faire valoir devant le Parlement européen, avant la fin de sa session. Déjà le 8 juin, un premier accord a été trouvé par les ministres de l’intérieur de l’UE pour faire évoluer la politique des 27 en matière d’asile et de migration, pour une meilleure répartition des migrants. Ainsi, ceux qui, au vu de leur nationalité, ont une faible chance de bénéficier de l’asile verront leur requête examinée dans un délai de douze semaines. Des accords devront également être passés avec certains pays dits « sûrs » afin qu’ils récupèrent non seulement leurs ressortissants déboutés, mais aussi les migrants ayant transité par leur territoire. Si la Tunisie acceptait cette condition, elle pourrait prendre en charge les milliers de subsahariens ayant tenté de rejoindre l’Europe au départ de ses côtes.

      Dans ce contexte, la question des droits humains a été esquivée par l’exécutif européen. Pourtant, en mars 2023, les eurodéputés ont voté, à une large majorité, une résolution condamnant le tournant autoritaire du régime. Depuis le mois de février, les autorités ont arrêté une vingtaine d’opposants dans des affaires liées à un « complot contre la sûreté de l’État ». Si les avocats de la défense dénoncent des dossiers vides, le parquet a refusé de présenter sa version.

      L’allié algérien

      Depuis qu’il s’est arrogé les pleins pouvoirs, le 25 juillet 2021, Kaïs Saïed a transformé la Tunisie en « cas » pour les puissances régionales et internationales. Dans les premiers mois qui ont suivi le coup de force, les pays occidentaux ont oscillé entre « préoccupations » et compréhension. Le principal cadre choisi pour exprimer leurs inquiétudes a été celui du G 7. C’est ainsi que plusieurs communiqués ont appelé au retour rapide à un fonctionnement démocratique et à la mise en place d’un dialogue inclusif. Mais, au-delà des proclamations de principe, une divergence d’intérêts a vite traversé ce groupement informel, séparant les Européens des Nord-Américains. L’Italie — et dans une moindre mesure la France — place la question migratoire au centre de son débat public, tandis que les États-Unis et le Canada ont continué à orienter leur communication vers les questions liées aux droits et libertés. En revanche, des deux côtés de l’Atlantique, le soutien à la conclusion d’un accord entre Tunis et le FMI a continué à faire consensus.

      La fin de l’unanimité occidentale sur la question des droits et libertés va faire de l’Italie un pays à part dans le dossier tunisien. Depuis 2022, Rome est devenue le premier partenaire commercial de Tunis, passant devant la France. Ce changement coïncide avec un autre bouleversement : la Tunisie est désormais le premier pays de départ pour les embarcations clandestines en direction de l’Europe, dans le bassin méditerranéen. Constatant que la Tunisie de Kaïs Saïed a maintenu une haute coopération en matière de #réadmission des Tunisiens clandestins expulsés du territoire italien, Rome a compris qu’il était dans son intérêt de soutenir un régime fort et arrangeant, en profitant de son rapprochement avec l’Algérie d’Abdelmadjid Tebboune, qui n’a jamais fait mystère de son soutien à Kaïs Saïed. Ainsi, en mai 2022, le président algérien a déclaré qu’Alger et Rome étaient décidées à sortir la Tunisie de « son pétrin ». Les déclarations de ce type se sont répétées sans que les autorités tunisiennes, d’habitude plus promptes à dénoncer toute ingérence, ne réagissent publiquement. Ce n’est pas la première fois que l’Italie et l’#Algérie — liées par un #gazoduc traversant le territoire tunisien — s’unissent pour soutenir un pouvoir autoritaire en Tunisie. Déjà, en 1987, Zine El-Abidine Ben Ali a consulté Rome et Alger avant de déposer le président Habib Bourguiba.

      L’arrivée de Giorgia Meloni au pouvoir en octobre 2022 va doper cette relation. La dirigeante d’extrême droite, élue sur un programme de réduction drastique de l’immigration clandestine, va multiplier les signes de soutien au régime en place. Le 21 février 2023, un communiqué de la présidence tunisienne dénonce les « menaces » que font peser « les hordes de migrants subsahariens » sur « la composition démographique tunisien ». Alors que cette déclinaison tunisienne de la théorie du « Grand Remplacement » provoque l’indignation, — notamment celle de l’Union africaine (UA) — l’Italie est le seul pays à soutenir publiquement les autorités tunisiennes. Depuis, la présidente du Conseil italien et ses ministres multiplient les efforts diplomatiques pour que la Tunisie signe un accord avec le FMI, surtout depuis que l’UE a officiellement évoqué le risque d’un effondrement économique du pays.

      Contre les « diktats du FMI »

      La Tunisie est en crise économique au moins depuis 2008. Les dépenses sociales engendrées par la révolution, les épisodes terroristes, la crise du Covid et l’invasion de l’Ukraine par la Russie n’ont fait qu’aggraver la situation du pays.

      L’accord avec l’institution washingtonienne est un feuilleton à multiples rebondissements. Fin juillet 2021, avant même la nomination d’un nouveau gouvernement, Saïed charge sa nouvelle ministre des Finances Sihem Namsia de poursuivre les discussions en vue de l’obtention d’un prêt du FMI, prélude à une série d’aides financières bilatérales. À mesure que les pourparlers avancent, des divergences se font jour au sein du nouvel exécutif. Alors que le gouvernement de Najla Bouden semble disposé à accepter les préconisations de l’institution financière (restructuration et privatisation de certaines entreprises publiques, arrêt des subventions sur les hydrocarbures, baisse des subventions sur les matières alimentaires), Saïed s’oppose à ce qu’il qualifie de « diktats du FMI » et dénonce une politique austéritaire à même de menacer la paix civile. Cela ne l’empêche pas de promulguer la loi de finances de l’année 2023 qui reprend les principales préconisations de l’institution de Bretton Woods.

      En octobre 2022, un accord « technique » a été trouvé entre les experts du FMI et ceux du gouvernement tunisien et la signature définitive devait intervenir en décembre. Mais cette dernière étape a été reportée sine die, sans aucune explication.

      Ces dissensions au sein d’un exécutif censé plus unitaire que sous le régime de la Constitution de 2014 trouvent leur origine dans la vision économique de Kaïs Saïed. Après la chute de Ben Ali, les autorités de transition ont commandé un rapport sur les mécanismes de corruption du régime déchu. Le document final, qui pointe davantage un manque à gagner (prêts sans garanties, autorisations indument accordées…) que des détournements de fonds n’a avancé aucun chiffre. Mais en 2012, le ministre des domaines de l’État Slim Ben Hmidane a avancé celui de 13 milliards de dollars (11,89 milliards d’euros), confondant les biens du clan Ben Ali que l’État pensait saisir avec les sommes qui se trouvaient à l’étranger. Se saisissant du chiffre erroné, Kaïs Saïed estime que cette somme doit être restituée et investie dans les régions marginalisées par l’ancien régime. Le 20 mars 2022, le président promulgue une loi dans ce sens et nomme une commission chargée de proposer à « toute personne […] qui a accompli des actes pouvant entraîner des infractions économiques et financières » d’investir l’équivalent des sommes indument acquises dans les zones sinistrées en échange de l’abandon des poursuites.

      La mise en place de ce mécanisme intervient après la signature de l’accord technique avec le FMI. Tandis que le gouvernement voulait finaliser le pacte avec Washington, Saïed mettait la pression sur la commission d’amnistie afin que « la Tunisie s’en sorte par ses propres moyens ». Constatant l’échec de sa démarche, le président tunisien a préféré limoger le président de la commission et dénoncer des blocages au sein de l’administration. Depuis, il multiplie les appels à un assouplissement des conditions de l’accord avec le FMI, avec l’appui du gouvernement italien. Le 12 juin 2023, à l’issue d’une rencontre avec son homologue italien, Antonio Tajani, le secrétaire d’État américain Anthony Blinken s’est déclaré ouvert à ce que Tunis présente un plan de réforme révisé au FMI.

      Encore une fois, les Européens font le choix de soutenir la dictature au nom de la stabilité. Si du temps de Ben Ali, l’islamisme et la lutte contre le terrorisme étaient les principales justifications, c’est aujourd’hui la lutte contre l’immigration, devenue l’alpha et l’oméga de tout discours politique et électoraliste dans une Europe de plus en plus à droite, qui sert de boussole. Mais tous ces acteurs négligent le côté imprévisible du président tunisien, soucieux d’éviter tout mouvement social à même d’affaiblir son pouvoir. À la veille de la visite de la délégation européenne, Saïed s’est rendu à Sfax, deuxième ville du pays et plaque tournante de la migration clandestine. Il est allé à la rencontre des populations subsahariennes pour demander qu’elles soient traitées avec dignité, avant de déclarer que la Tunisie ne « saurait être le garde-frontière d’autrui ». Un propos réitéré lors de la visite de Gérald Darmanin et de son homologue allemande, puis à nouveau lors du Sommet pour un nouveau pacte financier à Paris, les 22 et 23 juin 2023.

      https://orientxxi.info/magazine/pour-garder-ses-frontieres-l-europe-se-precipite-au-chevet-de-la-tunisie

    • Perché oggi Meloni torna in Tunisia

      È la terza visita da giugno: l’obiettivo è un accordo per dare al paese aiuti economici europei in cambio di più controlli sulle partenze di migranti

      Nella giornata di domenica è previsto un viaggio istituzionale in Tunisia della presidente del Consiglio italiana Giorgia Meloni, insieme alla presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen e al primo ministro olandese #Mark_Rutte. Per Meloni è la terza visita in Tunisia in poco più di un mese: era andata da sola una prima volta il 6 giugno, e poi già insieme a von der Leyen e Rutte l’11 giugno.

      Il motivo delle visite è stata una serie di colloqui con il presidente tunisino, l’autoritario Kais Saied, per firmare un “memorandum d’intesa” tra Unione Europea e Tunisia che ha l’obiettivo di fornire un aiuto finanziario al governo tunisino da circa un miliardo di euro. Questi soldi si aggiungerebbero al prestito del Fondo Monetario Internazionale (#FMI) da 1,7 miliardi di euro di cui si parla da tempo e che era stato chiesto dalla Tunisia per provare a risolvere la sua complicata situazione economica e sociale.

      Il memorandum, di cui non sono stati comunicati i dettagli, secondo fonti a conoscenza dei fatti impegnerebbe la Tunisia ad applicare alcune riforme chieste dall’FMI, e a collaborare maggiormente nel bloccare le partenze di migranti e richiedenti asilo che cercano di raggiungere l’Italia via mare.

      Nell’incontro dell’11 giugno le discussioni non erano andate benissimo, e avevano portato solo alla firma di una dichiarazione d’intenti. La visita di domenica dovrebbe invece concludersi con una definizione degli accordi, almeno nelle intenzioni dei leader europei. «Speriamo di concludere le discussioni che abbiamo iniziato a giugno», aveva detto venerdì la vice portavoce della Commissione Europea Dana Spinant annunciando il viaggio di domenica.

      Il memorandum d’intesa prevede che l’Unione Europea offra alla Tunisia aiuti finanziari sotto forma di un prestito a tassi agevolati di 900 milioni di euro – da erogare a rate nei prossimi anni – oltre a due contributi a fondo perduto rispettivamente da 150 milioni di euro, come contributo al bilancio nazionale, e da 100 milioni di euro per impedire le partenze delle imbarcazioni di migranti. Quest’ultimo aiuto di fatto replicherebbe su scala minore quelli dati negli anni scorsi a Libia e Turchia affinché impedissero con la forza le partenze di migranti e richiedenti asilo.

      Dell’accordo si è parlato molto criticamente nelle ultime settimane per via delle violenze in corso da tempo nel paese, sia da parte della popolazione locale che delle autorità, nei confronti dei migranti subsahariani che transitano nel paese nella speranza di partire via mare verso l’Europa (e soprattutto verso l’Italia). Da mesi il presidente Kais Saied – che negli ultimi tre anni ha dato una svolta autoritaria al governo del paese – sta usando i migranti come capro espiatorio per spiegare la pessima situazione economica e sociale in cui si trova la Tunisia.

      Ha più volte sostenuto che l’immigrazione dai paesi africani faccia parte di un progetto di «sostituzione demografica per rendere la Tunisia un paese unicamente africano, che perda i suoi legami con il mondo arabo e islamico». Le sue parole hanno causato reazioni razziste molto violente da parte di residenti e polizia nei confronti dei migranti, con arresti arbitrari e varie aggressioni. L’ultimo episodio è stato segnalato all’inizio di luglio, quando le forze dell’ordine tunisine hanno arrestato centinaia di migranti provenienti dall’Africa subsahariana e li hanno portati con la forza in una zona desertica nell’est del paese al confine con la Libia.

      https://www.ilpost.it/2023/07/16/tunisia-meloni

    • Firmato a Tunisi il memorandum d’intesa tra Tunisia e Ue, Meloni: «Compiuto passo molto importante»

      Saied e la delegazione Ue von der Leyen, Meloni e #Rutte siglano il pacchetto complessivo di 255 milioni di euro per il bilancio dello Stato nordafricano e per la gestione dei flussi migratori. 5 i pilastri dell’intesa

      E’ stato firmato il Memorandum d’intesa per una partnership strategica e globale fra Unione europea e Tunisia. L’Ue ha diffuso il video della cerimonia di firma, alla quale erano presenti la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, il premier dell’Olanda Mark Rutte e il presidente tunisino Kais Saied. Al termine della cerimonia di firma è iniziato l’incontro fra i tre leader europei e Saied, a seguito del quale sono attese dichiarazioni alla stampa. L’incontro si svolge nel palazzo presidenziale tunisino di Cartagine, vicino Tunisi. Per raggiungere questo obiettivo Bruxelles ha proposto un pacchetto di aiuti (150 milioni a sostegno del bilancio dello Stato e 105 milioni come supporto al controllo delle frontiere), su cui era stato avviato un negoziato.

      «Il Team Europe torna a Tunisi. Eravamo qui insieme un mese fa per lanciare una nuova partnership con la Tunisia. E oggi la portiamo avanti». Lo scrive sui social la Presidente della Commissione Ue, Ursula Von der Leyen, postando foto con lei, Meloni, Rutte e Saied.

      E nella conferenza stampa congiunta con Saied, Meloni e Rutte la presidente ha affermato che la Ue coopererà con la Tunisia contro i trafficanti di migranti.

      «Abbiamo raggiunto un obiettivo molto importante che arriva dopo un grande lavoro diplomatico. Il Memorandum è un importante passo per creare una vera partnership tra l’Ue e la Tunisia». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni al termine dell’incontro con Kais Saied nel palazzo di Cartagine. L’intesa va considerata «un modello» perle relazioni tra l’Ue e i Paesi del Nord Africa.

      L’obiettivo iniziale era di firmare un Memorandum d’intesa entro lo scorso Consiglio europeo, del 29 e 30 giugno, ma c’è stato uno slittamento. L’intesa con l’Europa, nelle intenzioni di Bruxelles, dovrebbe anche facilitare lo sblocco del finanziamento del Fondo monetario internazionale da 1,9 miliardi al momento sospeso, anche se in questo caso la trattativa è tutta in salita.

      Anche oggi, nel giorno della firma del Memorandum di Intesa tra Unione europea e Tunisia, a Lampedusa - isola simbolo di migrazione e di naufragi - sono sbarcati in 385 (ieri quasi mille). L’obiettivo dell’accordo voluto dalla premier Meloni e il presidente Saied è soprattutto arginare il flusso incontrollato di persone che si affidano alla pericolosa via del mare per approdare in Europa. Un problema che riguarda i confini esterni meridionali dell’Unione europea, come ha sempre sottolineato la presidente del Consiglio, che oggi arriverà a Tunisi per la seconda volta, con la presidente della Commissione Ursula von der Leyen e con il collega olandese Mark Rutte.

      Le dichiarazioni della premier Giorgia Meloni

      «Oggi abbiamo raggiunto un risultato estremamente importante, il memorandum firmato tra Tunisia e Ue è un ulteriore passo verso la creazione di un vero partenariato che possa affrontare in modo integrato la crisi migratoria e lo sviluppo per entrambe le sponde del Mediterraneo».

      Così la presidente del Consiglio Giorgia Meloni nel punto stampa dopo la firma del Memorandum.

      «Il partenariato con la Tunisia- ha aggiunto Meloni- rappresenta per noi un modello per costruire nuove relazioni con i vicini del Nord Africa. Il memorandum è un punto di partenza al quale dovranno conseguire diversi accordi per mettere a terra gli obiettivi che ci siamo dati».

      Infine la presidente del Consiglio ha ricordato che «domenica prossima 23 luglio a Roma ci sarà la conferenza internazionale sull’immigrazione che avrà come protagonista il presidente Saied e con lui diversi capi di Stato e governo dei paesi mediterranei. E’ un altro importante passo per affrontare la cooperazione mediterranea con un approccio integrato e io lo considero come l’inizio di un percorso che può consentire una partnership diversa da quella che abbiamo avuto nel passato».

      Le dichiarazioni della Presidente della Commisisone Europea

      Per Ursula Von der Leyen l’accordo odierno è «un buon pacchetto di misure», da attuare rapidamente «in entrambe le sponde del Mediterraneo» ma ha anche precisato che «L’ assistenza macrofinanziaria sarà fornita quando le condizioni lo permetteranno».

      La Presidente ha elencato i 5 pilastri del Memorandum con la Tunisia:

      1) creare opportunità per i giovani tunisini. Per loro «ci sarà una finestra in Europa con l’#Erasmus». Per le scuole tunisine stanziati 65 milioni;

      2) sviluppo economico della Tunisia. La Ue aiuterà la crescita e la resilienza dell’economia tunisina;

      3) investimenti e commercio: "La Ue è il più grande partner economico della Tunisia. Ci saranno investimenti anche per migliorare la connettività della Tunisia, per il turismo e l’agricoltura. 150 milioni verranno stanziati per il ’#Medusa_submarine_cable' tra Europa e Tunisia;

      4) energia pulita: la Tunisia ha «potenzialità enormi» per le rinnovabili. L’ Europa ha bisogno di «fonti per l’energia pulita. Questa è una situazione #win-win. Abbiamo stanziato 300 milioni per questo progetto ed è solo l’inizio»;

      5) migranti: «Bisogna stroncare i trafficanti - dice Von der Leyen - e distruggere il loro business». Ue e Tunisia coordineranno le operazioni Search and Rescue. Per questo sono stanziati 100 milioni di euro.

      Le dichiarazioni del Presidente Kais Saied

      «Dobbiamo trovare delle vie di collaborazione alternative a quelle con il Fondo Monetario Internazionale, che è stato stabilito dopo la seconda Guerra mondiale. Un regime che divide il mondo in due metà: una metà per i ricchi e una per i poveri eche non doveva esserci». Lo ha detto il presidente tunisino Kais Saied nelle dichiarazioni alla stampa da Cartagine.

      «Il Memorandum dovrebbe essere accompagnato presto da accordi attuativi» per «rendere umana» la migrazione e «combattere i trafficanti. Abbiamo oggi un’assoluta necessità di un accordo comune contro la migrazione irregolari e contro la rete criminale di trafficanti».

      «Grazie a tutti e in particolare la premier Meloni per aver risposto immediatamente all’iniziativa tunisina di organizzare» un vertice sulla migrazione con i Paesi interessati.

      https://www.rainews.it/articoli/2023/07/memorandum-dintesa-tra-unione-europea-e-tunisia-la-premier-meloni-von-der-le
      #memorandum_of_understanding #développement #énergie #énergie_renouvelable #économie #tourisme #jeunes #jeunesse #smugglers #traficants_d'êtres_humains #aide_financière

    • La Tunisie et l’Union européenne signent un partenariat sur l’économie et la politique migratoire

      La présidente de la Commission européenne s’est réjouie d’un accord destiné à « investir dans une prospérité partagée », évoquant cinq piliers dont l’immigration irrégulière. La Tunisie est un point de départ pour des milliers de migrants vers l’Europe.

      L’Union européenne (UE) et la Tunisie ont signé dimanche 16 juillet à Tunis un protocole d’accord pour un « partenariat stratégique complet » portant sur la lutte contre l’immigration irrégulière, les énergies renouvelables et le développement économique de ce pays du Maghreb. La présidente de la Commission européenne, Ursula von der Leyen, s’est réjouie d’un accord destiné à « investir dans une prospérité partagée », évoquant « cinq piliers », dont les questions migratoires.

      La Tunisie est un point de départ pour des milliers de migrants qui traversent la Méditerranée vers l’Europe. Les chefs de gouvernement italien, Giorgia Meloni, et néerlandais, Mark Rutte, accompagnaient la dirigeante européenne après une première visite il y a un mois, pendant laquelle ils avaient proposé ce partenariat.

      Il s’agit « d’une nouvelle étape importante pour traiter la crise migratoire de façon intégrée », a dit Mme Meloni, qui a invité le président tunisien, Kais Saied, présent à ses côtés, à participer dimanche à Rome à un sommet sur les migrations. Celui-ci s’est exprimé à son tour pour insister sur le volet de l’accord portant sur « le rapprochement entre les peuples ».

      « Nouvelles relations avec l’Afrique du Nord »

      Selon Mme Meloni, le partenariat entre la Tunisie et l’UE « peut être considéré comme un modèle pour l’établissement de nouvelles relations avec l’Afrique du Nord ». M. Rutte a pour sa part estimé que « l’accord bénéficiera aussi bien à l’Union européenne qu’au peuple tunisien », rappelant que l’UE est le premier partenaire commercial de la Tunisie et son premier investisseur. Sur l’immigration, il a assuré que l’accord permettra de « mieux contrôler l’immigration irrégulière ».

      L’accord prévoit une aide de 105 millions d’euros pour lutter contre l’immigration irrégulière et une aide budgétaire de 150 millions d’euros alors que la Tunisie est étranglée par une dette de 80 % de son produit intérieur brut (PIB) et est à court de liquidités. Lors de sa première visite, la troïka européenne avait évoqué une « assistance macrofinancière de 900 millions d’euros » qui pouvait être fournie à la Tunisie sous forme de prêt sur les années à venir.

      Mme von der Leyen a affirmé dimanche que Bruxelles « est prête à fournir cette assistance dès que les conditions seront remplies ». Cette « assistance » de l’UE est conditionnée à un accord entre la Tunisie et le Fonds monétaire international (FMI) pour un nouveau crédit du Fonds, un dossier qui est dans l’impasse depuis des mois.

      https://www.lemonde.fr/afrique/article/2023/07/16/la-tunisie-et-l-union-europeenne-signent-un-partenariat-sur-l-economie-et-la

    • Les députés reprochent à la Commission européenne d’avoir signé un accord avec un « cruel dictateur » tunisien

      Des eurodéputés ont dénoncé mardi le protocole d’accord signé par l’UE avec la Tunisie.

      L’accord a été conclu dimanche après une réunion à Tunis entre le président tunisien Kaïs Saïed et la présidente de la Commission européenne Ursula von der Leyen, accompagnée de la Première ministre italienne Giorgia Meloni et du Premier ministre néerlandais Mark Rutte.

      Le texte, qui doit encore être précisé, prévoit l’allocation d’au moins 700 millions d’euros de fonds européens, dont certains sous forme de prêts, dans le cadre de cinq piliers : la stabilité macroéconomique, l’économie et le commerce, la transition verte, les contacts interpersonnels et les migrations.

      Ursula von der Leyen a présenté le mémorandum comme un « partenariat stratégique et global ». Mais les eurodéputés ont adopté un point de vue très critique sur la question. Ils dénoncent les contradictions entre les valeurs fondamentales de l’Union européenne et le recul démocratique en cours en Tunisie. Ils ont également déploré l’absence de transparence démocratique et de responsabilité financière.

      La figure de Kaïs Saïed, qui a ouvertement diffusé des récits racistes contre les migrants d’Afrique subsaharienne a fait l’objet des reproches de la part des parlementaires.

      https://twitter.com/sylvieguillaume/status/1681221845830230017

      « Il est très clair qu’un accord a été conclu avec un dictateur cruel et peu fiable », a dénoncé Sophie in ’t Veld (Renew Europe). « Le président Saïed est un dirigeant autoritaire, ce n’est pas un bon partenaire, c’est un dictateur qui a augmenté le nombre de départs ».

      S’exprimant au nom des sociaux-démocrates (S&D), Birgit Sippel a accusé les autorités tunisiennes d’abandonner les migrants subsahariens dans le désert « sans nourriture, sans eau et sans rien d’autre », un comportement qui a déjà été rapporté par les médias et les organisations humanitaires.

      « Pourquoi la Tunisie devrait-elle soudainement changer de comportement ? Et qui contrôle l’utilisation de l’argent ? » interroge Birgit Sippel, visiblement en colère.

      « Nous finançons à nouveau un autocrate sans contrôle politique et démocratique au sein de cette assemblée. Ce n’est pas une solution. Cela renforcera un autocrate en Tunisie », a-t-elle ajouté.

      https://twitter.com/NatJanne/status/1680982627283509250

      En face, la Commissaire européenne en charge des Affaires intérieures Ylva Johansson, a évité toute controverse et a calmement défendu le mémorandum UE-Tunisie. La responsable suédoise a souligné que le texte introduit des obligations pour les deux parties.

      « Il est clair que la Tunisie est sous pression. Selon moi, c’est une raison de renforcer et d’approfondir la coopération et d’intensifier le soutien à la Tunisie », a-t-elle répondu aux députés européens.

      Selon Ylva Johansson, 45 000 demandeurs d’asile ont quitté la Tunisie cette année pour tenter de traverser la « route très meurtrière » de la Méditerranée centrale. Cette « augmentation considérable » suggère un changement du rôle de la Tunisie, de pays d’origine à pays de transit, étant donné que « sur ces 45 000, seuls 5 000 étaient des citoyens tunisiens ».

      « Il est très important que notre objectif principal soit toujours de sauver des vies, d’empêcher les gens d’entreprendre ces voyages qui finissent trop souvent par mettre fin à leur vie, c’est une priorité », a poursuivi la Commissaire.

      Les députés se sont concentrés sur les deux enveloppes financières les plus importantes de l’accord : 150 millions d’euros pour l’aide budgétaire et 105 millions d’euros pour la gestion des migrations, qui seront toutes les deux déboursées progressivement. Certains eurodéputés ont décrit l’aide budgétaire, qui est censée soutenir l’économie fragile du pays, comme une injection d’argent dans les coffres privés de Kaïs Saïed qui serait impossible à retracer.

      « Vous avez financé un dictateur qui bafoue les droits de l’homme, qui piétine la démocratie tunisienne que nous avons tant soutenue. Ne nous mentez pas ! », s’est emporté Mounir Satouri (les Verts). « Selon nos analyses, les 150 et 105 millions d’euros sont une aide au Trésor (tunisien), un versement direct sur le compte bancaire de M. Kaïs Saïed ».

      https://twitter.com/alemannoEU/status/1680659154665340928

      Maria Arena (S&D) a reproché à la Commission européenne de ne pas avoir ajouté de dispositions supplémentaires qui conditionneraient les paiements au respect des droits de l’homme.

      « Nous donnons un chèque en blanc à M. Saïed, qui mène actuellement des campagnes racistes et xénophobes, soutenues par sa police et son armée », a déclaré l’eurodéputée belge.

      « Croyez-vous vraiment que M Saïed, qui a révoqué son parlement, qui a jeté des juges en prison, qui a démissionné la moitié de sa juridiction, qui interdit maintenant aux blogueurs de parler de la question de l’immigration et qui utilise maintenant sa police et son armée pour renvoyer des gens à la frontière (libyenne), croyez-vous vraiment que M. Saïed va respecter les droits de l’homme ? Madame Johansson, soit vous êtes naïve, soit vous nous racontez des histoires ».

      Dans ses réponses, Ylva Johansson a insisté sur le fait que les 105 millions d’euros affectés à la migration seraient « principalement » acheminés vers des organisations internationales qui travaillent sur le terrain et apportent une aide aux demandeurs d’asile, comme l’Organisation internationale pour les migrations (OIM), bien qu’elle ait admis que certains fonds seraient en fait fournis aux agents tunisiens sous la forme de navires de recherche et de sauvetage et de radars.

      https://twitter.com/vonderleyen/status/1680626156603686913

      « Permettez-moi d’insister sur le fait que la Commission européenne, l’UE, n’est pas impliquée dans le refoulement de ressortissants de pays tiers vers leur pays d’origine. Ce que nous faisons, c’est financer, par l’intermédiaire de l’OIM, les retours volontaires et la réintégration des ressortissants de pays tiers », a souligné la Commissaire.

      « Je ne suis pas d’accord avec la description selon laquelle la Tunisie exerce un chantage. Je pense que nous avons une bonne coopération avec la Tunisie, mais il est également important de renforcer cette coopération et d’augmenter le soutien à la Tunisie. Et c’est l’objectif de ce protocole d’accord ».

      https://fr.euronews.com/my-europe/2023/07/18/les-deputes-reprochent-a-la-commission-europeenne-davoir-signe-un-accor

  • Migration: Wie Deutschland Einwanderung neu regeln will

    Den Arbeitgebern fehlen hunderttausende Fachkräfte. Die Regierung will Einwanderung und Staatsbürgerschaft reformieren - und neue Chancen für Geduldete schaffen.

    #We_need_you“ - „#Wir_brauchen_Sie“, so wirbt Wirtschaftsminister Robert Habeck auf dem Portal der Bundesregierung „Make it in Germany“ (https://www.make-it-in-germany.com/en) in einem englischen Video um Arbeitskräfte aus dem Ausland (https://www.dw.com/de/deutschland-sucht-dringend-arbeitskr%C3%A4fte/a-62598680). Deutschland sei ein vielfältiges Einwanderungsland, betont Innenministerin #Nancy_Faeser, die Regierung wolle einen „Neustart in der Migrationspolitik“. Menschen, die nach Deutschland gekommen sind, „haben sehr dazu beigetragen, dass unsere Wirtschaft so stark ist, wie sie heute ist“, sagt Bundeskanzler Olaf Scholz in seiner jüngsten Videobotschaft. Er wirbt wie Faeser für Erleichterungen beim Staatsbürgerschaftsrecht (https://www.dw.com/de/wie-h%C3%A4lt-es-europa-mit-dem-doppelpass/a-63927440).

    Deutschland fehlen immer mehr Fach- und Arbeitskräfte: in Technik und Handwerk, der Gastronomie, Logistik, Erziehung oder Pflege. Wenn die geburtenstarken Jahrgänge der Babyboomer demnächst in Rente gehen, verschärft sich das Problem. „Für viele Betriebe ist die Suche nach Fachkräften schon heute eine existenzielle Frage“, warnte Bundesarbeitsminister Hubertus Heil, gerade mit Blick auf Digitalisierung und Klimaschutz. Ziel sei es, das modernste Einwanderungsrecht in Europa zu schaffen.


    https://twitter.com/BMAS_Bund/status/1597966160972042243

    Chancen für Zuwanderer und für Deutschland

    Die Ampel-Regierung aus Sozialdemokraten (SPD), Grünen und der liberalen FDP hat schon im Koalitionsvertrag angekündigt, das Einwanderungsrecht weiterzuentwickeln (https://www.dw.com/de/ampelkoalition-einwanderung-wird-leichter-gemacht/a-59946490). Offener und einfacher soll es werden.

    Drei Änderungspakete rund um die Migration hat die Ampel erarbeitet: zur Asylgesetzgebung und Chancen für Geduldete, der Fachkräfteeinwanderung und zur Staatsbürgerschaft. Viel ist die Rede von Chancen für Zuwanderer, doch es geht auch um Chancen für Deutschland (https://www.dw.com/de/arbeitskr%C3%A4ftemangel-deutschlands-greencard-pl%C3%A4ne/a-63055635).

    Ein erstes Migrations-Paket der Ampel wurde bereits einmal im Bundestag beraten und soll in Kürze beschlossen werden.

    Chancen-Aufenthaltsrecht für Geduldete

    Ende vergangenen Jahres lebten in Deutschland gut 240.000 Menschen mit dem Status Duldung: Ihr Asylantrag wurde abgelehnt, ihre Abschiebung aber befristet ausgesetzt - zum Beispiel wegen einer Gefährdung im Heimatland, schwerer Krankheit oder fehlender Reisedokumente. Trotz jahrelanger Kettenduldung können Menschen von jetzt auf gleich abgeschoben werden, auch wenn sie gut integriert sind, arbeiten und ihre Kinder zur Schule gehen.

    Die Ampel will das ändern: Wer zum Stichtag 1.10.2022 seit mindestens fünf Jahren geduldet in Deutschland gelebt hat, soll für eineinhalb Jahre das neue Chancen-Aufenthaltsrecht (https://www.bmi.bund.de/SharedDocs/pressemitteilungen/DE/2022/07/chancen-aufenthaltsrecht.html) bekommen. Infrage kommen rund 136.000 Personen. Wer keine Straftaten begangen hat, kann in dieser Probezeit die Voraussetzungen für ein Bleiberecht schaffen.

    Innenministerin Faeser erklärt das so: „Dazu gehört vor allem, dass sie ihren Lebensunterhalt selbst bestreiten, dass sie Deutsch sprechen und ihre Identität eindeutig nachweisen können.“ Wenn alle Voraussetzungen erfüllt sind, erhalten sie ein dauerhaftes Bleiberecht in Deutschland. Das gäbe Betroffenen und Arbeitgebern Sicherheit. Auch die Behörden wären entlastet.
    Schnelleres Bleiberecht

    Gut integrierte Jugendliche und junge Erwachsene bis zum 27. Lebensjahr sollen schon nach drei Jahren Aufenthalt in Deutschland ein Bleiberecht bekommen können. Bei allen anderen Geduldeten mit besonderen Integrationsleistungen wird die Wartezeit um zwei Jahre verkürzt auf sechs, oder vier Jahre, wenn bei ihnen minderjährige Kinder leben.
    Integrationskurse für alle

    Alle Asylbewerber sollen von Anfang an Zugang zu Integrations- und Berufssprachkursen erhalten, unabhängig von ihrer Bleibeperspektive. Die Bundesregierung will so Teilhabe und den gesellschaftlichen Zusammenhalt fördern, heißt es. Zudem soll eine unabhängige Beratung fürs Asylverfahren geben.
    Schnellere Asylverfahren?

    Die Regierung will Asylverfahren beschleunigen, zum Beispiel, indem Fälle schneller ans Bundesverwaltungsgericht abgegeben werden. Musterentscheidungen könnten auf ähnliche Fälle übertragen werden.
    Abschiebungen

    Die Rückführung von Menschen, die nicht bleiben können, soll konsequenter als bisher durchgesetzt werden, so formuliert es das Bundesinnenministerium. Das gelte besonders für Straftäter und Gefährder. Für sie sollen Ausweisung und Abschiebungshaft erleichtert werden.
    Leichterer Familiennachzug für Fachkräfte

    Um Deutschland für Fachkräfte aus Drittstaaten, also Nicht-EU-Staaten, attraktiver zu machen, wird der Familiennachzug erleichtert: Angehörige von Fachkräften müssen dann vor der Einreise keinen Nachweis über Sprachkenntnisse mehr vorlegen.

    In einem zweiten Migrations-Paket geht es ausdrücklich um die Fachkräfte-Einwanderung. Fünf Ministerien haben sich auf Eckpunkte geeinigt, die das Bundeskabinett beschlossen hat.
    Fachkräfte-Einwanderung

    „Deutschland benötigt branchenübergreifend dringend Fachkräfte. Deshalb müssen alle Potenziale im In- und Ausland gehoben werden“ - so lauten die ersten Sätze im Eckpunkte-Papier zur Fachkräfte-Einwanderung aus Drittstaaten (https://www.bmas.de/SharedDocs/Downloads/DE/Pressemitteilungen/2022/eckpunkte-fachkraefteeinwanderung-drittstaaten.pdf?__blob=publicationFile&v=5). Die Bundesanstalt für Arbeit geht davon aus, dass Deutschland jedes Jahr einen Zuzug von 400.000 Arbeitskräften aus dem Ausland benötigt. Bisher kamen viele aus anderen EU-Staaten nach Deutschland, doch auch hier macht sich der demografische Wandel bemerkbar.

    Seit 2020 gibt es ein Fachkräfte-Einwanderungsgesetz, doch der Zuzug aus Nicht-EU-Staaten nach Deutschland hält sich in Grenzen - und schrumpfte in der Corona-Pandemie: 2019 kamen gut 39.000 Menschen aus Drittstaaten zum Arbeiten nach Deutschland, gerade einmal 0,1 Prozent der Gesamtzahl an inländischen Arbeitskräften. 2020 waren es dann nur noch gut 29.000.

    Kritiker und Unternehmer bemängeln bürokratische Hürden, zu langsam arbeitende Behörden und mangelnde Digitalisierung. Vor allem die Visa-Vergabe bei den Botschaften verlaufe schleppend. Die Ampel will einige Regeln ändern.

    #Blue_Card EU für Akademiker

    Die EU-weite Blaue Karte für hochqualifizierte Fachkräfte (https://www.bamf.de/DE/Themen/MigrationAufenthalt/ZuwandererDrittstaaten/Migrathek/BlaueKarteEU/blauekarteeu-node.html) - analog zur Green Card in den USA - wurde in Deutschland vor zehn Jahren eingeführt. Ohne Vorrangprüfung, ob Deutsche oder EU-Bürger verfügbar wären, und ohne Sprachkenntnisse können Akademiker damit für ein Beschäftigungsverhältnis einreisen. Sie müssen bestimmte Mindesteinkommen erzielen, um Lohndumping auszuschließen.

    Die Ampelkoalition will die Gehaltsgrenzen senken, die bisher weit über 50.000 Euro im Jahr liegen. Niedrigere Sätze gibt es für bestimmte Mangelberufe in der Medizin, der IT oder bei Ingenieuren - auch für Berufsanfänger soll das künftig gelten.
    Fachkräfte mit Berufsausbildung

    Servicekräfte, Köche, Baufachleute, Energietechnikerinnen, LKW-Fahrer, Erziehungs- und Pflegekräfte, die Liste der Mangelberufe wird immer länger. Die Ampelparteien wollen die Vorteile der Blue Card auf nichtakademische Berufe ausweiten, heißt es im Koalitionsvertrag.

    Fachkräfteeinwanderung
    Migration: Wie Deutschland Einwanderung neu regeln will

    Den Arbeitgebern fehlen hunderttausende Fachkräfte. Die Regierung will Einwanderung und Staatsbürgerschaft reformieren - und neue Chancen für Geduldete schaffen.

    Eine junge Frau mit langen dunklen Haaren in blauer Jacke hält einen Schraubenzieher in der Hand und montiert etwas an einer grauen Wand mit Schaltungen. Im Hintergrund sind einige Männer zu sehen, die ebenfalls im Sitzen oder Stehen arbeiten

    Technik- und Handwerksbetriebe, aber auch viele andere Branchen in Deutschland suchen dringend Auszubildende, Arbeits- und Fachkräfte

    „We need you“ - „Wir brauchen Sie“, so wirbt Wirtschaftsminister Robert Habeck auf dem Portal der Bundesregierung „Make it in Germany“ in einem englischen Video um Arbeitskräfte aus dem Ausland. Deutschland sei ein vielfältiges Einwanderungsland, betont Innenministerin Nancy Faeser, die Regierung wolle einen „Neustart in der Migrationspolitik“. Menschen, die nach Deutschland gekommen sind, „haben sehr dazu beigetragen, dass unsere Wirtschaft so stark ist, wie sie heute ist“, sagt Bundeskanzler Olaf Scholz in seiner jüngsten Videobotschaft. Er wirbt wie Faeser für Erleichterungen beim Staatsbürgerschaftsrecht.

    Deutschland fehlen immer mehr Fach- und Arbeitskräfte: in Technik und Handwerk, der Gastronomie, Logistik, Erziehung oder Pflege. Wenn die geburtenstarken Jahrgänge der Babyboomer demnächst in Rente gehen, verschärft sich das Problem. „Für viele Betriebe ist die Suche nach Fachkräften schon heute eine existenzielle Frage“, warnte Bundesarbeitsminister Hubertus Heil, gerade mit Blick auf Digitalisierung und Klimaschutz. Ziel sei es, das modernste Einwanderungsrecht in Europa zu schaffen.
    Chancen für Zuwanderer und für Deutschland

    Die Ampel-Regierung aus Sozialdemokraten (SPD), Grünen und der liberalen FDP hat schon im Koalitionsvertrag angekündigt, das Einwanderungsrecht weiterzuentwickeln. Offener und einfacher soll es werden.

    Drei Änderungspakete rund um die Migration hat die Ampel erarbeitet: zur Asylgesetzgebung und Chancen für Geduldete, der Fachkräfteeinwanderung und zur Staatsbürgerschaft. Viel ist die Rede von Chancen für Zuwanderer, doch es geht auch um Chancen für Deutschland.

    Ein erstes Migrations-Paket der Ampel wurde bereits einmal im Bundestag beraten und soll in Kürze beschlossen werden.
    Chancen-Aufenthaltsrecht für Geduldete

    Ende vergangenen Jahres lebten in Deutschland gut 240.000 Menschen mit dem Status Duldung: Ihr Asylantrag wurde abgelehnt, ihre Abschiebung aber befristet ausgesetzt - zum Beispiel wegen einer Gefährdung im Heimatland, schwerer Krankheit oder fehlender Reisedokumente. Trotz jahrelanger Kettenduldung können Menschen von jetzt auf gleich abgeschoben werden, auch wenn sie gut integriert sind, arbeiten und ihre Kinder zur Schule gehen.

    Die Ampel will das ändern: Wer zum Stichtag 1.10.2022 seit mindestens fünf Jahren geduldet in Deutschland gelebt hat, soll für eineinhalb Jahre das neue Chancen-Aufenthaltsrecht bekommen. Infrage kommen rund 136.000 Personen. Wer keine Straftaten begangen hat, kann in dieser Probezeit die Voraussetzungen für ein Bleiberecht schaffen.
    3:09 min
    Deutschland: Neue Chance für Geduldete

    Innenministerin Faeser erklärt das so: „Dazu gehört vor allem, dass sie ihren Lebensunterhalt selbst bestreiten, dass sie Deutsch sprechen und ihre Identität eindeutig nachweisen können.“ Wenn alle Voraussetzungen erfüllt sind, erhalten sie ein dauerhaftes Bleiberecht in Deutschland. Das gäbe Betroffenen und Arbeitgebern Sicherheit. Auch die Behörden wären entlastet.
    Schnelleres Bleiberecht

    Gut integrierte Jugendliche und junge Erwachsene bis zum 27. Lebensjahr sollen schon nach drei Jahren Aufenthalt in Deutschland ein Bleiberecht bekommen können. Bei allen anderen Geduldeten mit besonderen Integrationsleistungen wird die Wartezeit um zwei Jahre verkürzt auf sechs, oder vier Jahre, wenn bei ihnen minderjährige Kinder leben.
    Integrationskurse für alle

    Alle Asylbewerber sollen von Anfang an Zugang zu Integrations- und Berufssprachkursen erhalten, unabhängig von ihrer Bleibeperspektive. Die Bundesregierung will so Teilhabe und den gesellschaftlichen Zusammenhalt fördern, heißt es. Zudem soll eine unabhängige Beratung fürs Asylverfahren geben.
    Schnellere Asylverfahren?

    Die Regierung will Asylverfahren beschleunigen, zum Beispiel, indem Fälle schneller ans Bundesverwaltungsgericht abgegeben werden. Musterentscheidungen könnten auf ähnliche Fälle übertragen werden.
    Abschiebungen

    Die Rückführung von Menschen, die nicht bleiben können, soll konsequenter als bisher durchgesetzt werden, so formuliert es das Bundesinnenministerium. Das gelte besonders für Straftäter und Gefährder. Für sie sollen Ausweisung und Abschiebungshaft erleichtert werden.
    Leichterer Familiennachzug für Fachkräfte

    Um Deutschland für Fachkräfte aus Drittstaaten, also Nicht-EU-Staaten, attraktiver zu machen, wird der Familiennachzug erleichtert: Angehörige von Fachkräften müssen dann vor der Einreise keinen Nachweis über Sprachkenntnisse mehr vorlegen.
    Auf einem Eisengitter bücken sich zwei Männer in Arbeitskleidung und befestigen Drähte

    Auch in der Baubranche in Deutschland werden dringend Fachkräfte gesucht

    In einem zweiten Migrations-Paket geht es ausdrücklich um die Fachkräfte-Einwanderung. Fünf Ministerien haben sich auf Eckpunkte geeinigt, die das Bundeskabinett beschlossen hat.
    Fachkräfte-Einwanderung

    „Deutschland benötigt branchenübergreifend dringend Fachkräfte. Deshalb müssen alle Potenziale im In- und Ausland gehoben werden“ - so lauten die ersten Sätze im Eckpunkte-Papier zur Fachkräfte-Einwanderung aus Drittstaaten. Die Bundesanstalt für Arbeit geht davon aus, dass Deutschland jedes Jahr einen Zuzug von 400.000 Arbeitskräften aus dem Ausland benötigt. Bisher kamen viele aus anderen EU-Staaten nach Deutschland, doch auch hier macht sich der demografische Wandel bemerkbar.

    Seit 2020 gibt es ein Fachkräfte-Einwanderungsgesetz, doch der Zuzug aus Nicht-EU-Staaten nach Deutschland hält sich in Grenzen - und schrumpfte in der Corona-Pandemie: 2019 kamen gut 39.000 Menschen aus Drittstaaten zum Arbeiten nach Deutschland, gerade einmal 0,1 Prozent der Gesamtzahl an inländischen Arbeitskräften. 2020 waren es dann nur noch gut 29.000.
    Infografik - Fachkräfteengpässe - DE

    Diese Probleme nannten Arbeitgeber, die ausländische Fachkräfte beschäftigen

    Kritiker und Unternehmer bemängeln bürokratische Hürden, zu langsam arbeitende Behörden und mangelnde Digitalisierung. Vor allem die Visa-Vergabe bei den Botschaften verlaufe schleppend. Die Ampel will einige Regeln ändern.
    Blue Card EU für Akademiker

    Die EU-weite Blaue Karte für hochqualifizierte Fachkräfte - analog zur Green Card in den USA - wurde in Deutschland vor zehn Jahren eingeführt. Ohne Vorrangprüfung, ob Deutsche oder EU-Bürger verfügbar wären, und ohne Sprachkenntnisse können Akademiker damit für ein Beschäftigungsverhältnis einreisen. Sie müssen bestimmte Mindesteinkommen erzielen, um Lohndumping auszuschließen.
    Ein Finger zeigt auf das Wort Aufenthaltstitel auf einer Plastikkarte

    So sieht die „Blaue Karte“ für ausländische Fachkräfte für Menschen aus Nicht-EU-Staaten aus

    Die Ampelkoalition will die Gehaltsgrenzen senken, die bisher weit über 50.000 Euro im Jahr liegen. Niedrigere Sätze gibt es für bestimmte Mangelberufe in der Medizin, der IT oder bei Ingenieuren - auch für Berufsanfänger soll das künftig gelten.
    Fachkräfte mit Berufsausbildung

    Servicekräfte, Köche, Baufachleute, Energietechnikerinnen, LKW-Fahrer, Erziehungs- und Pflegekräfte, die Liste der Mangelberufe wird immer länger. Die Ampelparteien wollen die Vorteile der Blue Card auf nichtakademische Berufe ausweiten, heißt es im Koalitionsvertrag.
    Hinter Küchenwerkzeugen wie Schöpflöffeln, die von der Decke hängen, steht ein junger Mann im weißen Oberteil an einer langen Gerätezeile in einer Großküche

    Köchinnen und Köche fehlen ebenso wie Sevicekräfte - viele Restaurants müssen tageweise oder ganz schließen

    Schon jetzt gibt es ergänzend zur Blue Card eine Aufenthaltserlaubnis für Fachkräfte mit einem deutschen oder in Deutschland anerkannten Berufsabschluss. Weil die Arbeitswelt sich ständig verändert, sollen diese Fachkräfte künftig jede qualifizierte Beschäftigung ausüben dürfen: Eine Mechanikerin könnte auch in der Logistik arbeiten. Die Arbeitgeber entscheiden, wer für sie geeignet ist.

    Die Anerkennung soll digitalisiert werden, es soll mehr Möglichkeiten geben, Unterlagen auf Englisch oder in der Originalsprache anzuerkennen. Anders als bisher soll es auch möglich sein, die Anerkennung erst in Deutschland einzuleiten und nebenbei schon zu arbeiten, wenn Arbeitgeber eine „Anerkennungspartnerschaft“ übernehmen.
    Chancenkarte zur Jobsuche

    Eine neue Chancenkarte mit einem Punktesystem soll Menschen erlauben, einzureisen, um sich in Deutschland eine Arbeits- oder Ausbildungsstelle zu suchen. „Zu den Auswahlkriterien können Qualifikation, Sprachkenntnisse, Berufserfahrung, Deutschlandbezug und Alter gehören“, heißt es vage.

    Arbeitsmarktforscher Holger Bonin sieht das kritisch. „Die Chancenkarte schafft neue Hürden“, sagte der Forschungsdirektor des Instituts zur Zukunft der Arbeit (IZA) der DW: „Bevor jemand einen Arbeitsvertrag abschließen kann, muss er Nachweise vorbringen, die er in anderen Ländern nicht vorbringen muss.“ Sein Alternativvorschlag: „Die Leute dürfen kommen, einen Arbeitsplatz suchen und wenn sie einen Arbeitsvertrag haben, dann prüfen wir, ob die Bedingungen stimmen.“
    Werbung um Studierende und Auszubildende

    Die Regierung wünscht sich, dass mehr Menschen aus dem Ausland für ein Studium oder eine Ausbildung nach Deutschland kommen, um anschließend hier als Fachkräfte zu arbeiten. Für Auszubildende soll die Vorrangprüfung entfallen. Studierenden soll es erleichtert werden, neben dem Studium zu arbeiten.

    Schülerinnen und Schüler aus Nicht-EU-Staaten mit ausreichenden Deutschkenntnissen sollen Kurzpraktika bis zu sechs Wochen machen können, ohne dass die Bundesagentur für Arbeit zustimmen muss.
    Westbalkan-Regelung

    Die Westbalkan-Regelung erlaubt Staatsangehörigen aus Albanien, Bosnien und Herzegowina, Kosovo, der Republik Nordmazedonien, Montenegro und Serbien in Deutschland zu arbeiten, wenn sie ein Jobangebot eines deutschen Arbeitgebers haben. Vor der Zustimmung steht hier die Vorrangprüfung, ob nicht auch Arbeitskräfte aus Deutschland oder der EU zur Verfügung stehen.

    Die Regelung ist noch bis Ende 2023 befristet. Sie soll künftig unbefristet gelten. Bisher gibt es eine Begrenzung auf 25.000 Personen je Kalenderjahr. Die Regierung möchte das Kontingent deutlich erhöhen und die Ausweitung auf weitere Staaten prüfen. Der Arbeitgeberverband BDA hat gefordert, die Kontingentierung ganz abzuschaffen.
    Einwanderung mit Berufserfahrung

    Die Regierung plant, für verschiedene Berufe die Einwanderung auch ohne deutsche Anerkennung ihres Abschlusses zu erlauben. Voraussetzung wäre eine mindestens zweijährige Berufserfahrung und ein Abschluss, der im jeweiligen Herkunftsland staatlich anerkannt ist. Die Prüfung der Sprachkenntnisse läge dann beim Arbeitgeber. Das gilt allerdings nicht für reglementierte Berufe wie in der Medizin- und Pflegebranche.

    Für IT-Spezialisten soll die Mindestgehaltsgrenze abgesenkt werden. Die Arbeitgeber entscheiden selbst, welche Sprachkenntnisse erforderlich sind. Durch Beratungsangebote für alle soll der „Schutz vor ausbeuterischen Arbeitsbedingungen“ verbessert werden.

    In einem dritten Migrationspaket soll das Staatsangehörigkeitsrecht reformiert werden.
    Staatsbürgerschaft

    „Wer auf Dauer hier lebt und arbeitet, der soll auch wählen und gewählt werden können, der soll Teil unseres Landes sein, mit allen Rechten und Pflichten, die dazugehören“, das sagte Bundeskanzler Olaf Scholz bei einer Veranstaltung mit dem Titel „Deutschland. Einwanderungsland. Dialog für Teilhabe und Respekt“. 

    Innenministerin Nancy Faeser will den Weg zur deutschen Staatsbürgerschaft verkürzen: Nach fünf statt acht Jahren in Deutschland soll es eine Chance zur Einbürgerung geben. „Wer besonders gut integriert ist, kann diesen Zeitraum auf drei Jahre verkürzen - Menschen, die zum Beispiel sehr gut Deutsch sprechen, in Schule oder Beruf herausragende Leistungen erzielen und sich ehrenamtlich engagieren. Leistung soll sich lohnen.“ Für alle ab 67 Jahren soll der formale Einbürgerungstest entfallen.

    Zudem sollen Menschen nicht mehr gezwungen sein, ihre alte Staatsbürgerschaft aufzugeben, um Deutsche zu werden. Bundeskanzler Scholz sagte: „Ich habe nie verstanden, warum wir darauf bestanden haben.“ Bisher gibt es die doppelte Staatsbürgerschaft in Deutschland offiziell nur in Ausnahmefällen.
    Kritik der Opposition, Zustimmung der Wirtschaftsweisen

    Kritik an den Reformplänen kam von den oppositionellen Unionsparteien CDU und CSU, die unter anderem vor einer „Verramschung“ der deutschen Staatsbürgerschaft warnten.

    Überraschend kam aber auch Kritik von Politikern der FDP, die diesen Plänen im Koalitionsvertrag zugestimmt hat.

    Viel positiver sehen der Bundesverband mittelständische Wirtschaft und die Chefin der Wirtschaftsweisen eine erleichterte Einbürgerung. Monika Schnitzer sagte in einem Interview der Funke Mediengruppe: „Angesichts des demografischen Wandels und des steigenden Fachkräfte- und Arbeitskräftemangels ist das unbedingt zu begrüßen.“

    https://www.dw.com/de/migration-wie-deutschland-einwanderung-neu-regeln-will/a-63641441

    #Allemagne #modernisation #migrations #politique_migratoire #migration_de_travail #citoyenneté #naturalisation #nationalité #green_card #déboutés #étudiants #migration_économique #main_d'oeuvre #marché_du_travail

    • Ampelkoalition: Einwanderung wird leichter gemacht

      Mehr doppelte Staatsbürgerschaften, Familienzusammenführungen für Flüchtlinge und mehr Visamöglichkeiten - das sind nur einige der Ankündigungen der künftigen Bundesregierung.

      Eine radikale Überarbeitung des deutschen Staatsbürgerschafts- und Einwanderungsrechts gehört zu den zentralen Ankündigungen im Koalitionsvertrag der künftigen Bundesregierung. „Wir wollen einen Neuanfang in der Migrations- und Integrationspolitik, wie es für ein modernes Einwanderungsland richtig ist“, heißt es in der 178-seitigen Vereinbarung von Sozialdemokraten (SPD), Grünen und Freien Demokraten (FDP).
      Einbürgerung nach fünf Jahren möglich

      Konkret soll der Erwerb der deutschen Staatsangehörigkeit vereinfacht werden und Einbürgerungen bereits nach fünf Jahren möglich sein - bei besonderen Integrationsleistungen sogar nach nur drei Jahren. In Deutschland geborene Kinder ausländischer Eltern werden mit ihrer Geburt Deutsche, wenn ein Elternteil seit fünf Jahren in Deutschland lebt. Migration - so heißt es im Vertrag - solle „vorausschauend und realistisch“ gestaltet, „irreguläre Migration“ reduziert werden. Für schnellere Asylverfahren will die neue Koalition das Bundesamt für Migration und Flüchtlinge entlasten. Die Visavergabe soll digitalisiert und ebenfalls beschleunigt werden. Arbeitsverbote „für bereits in Deutschland Lebende“ sollen abgeschafft werden.

      „Wir wollen als Koalition einen Schlussstrich unter die restriktive Asylpolitik der letzten Jahre ziehen und dafür sorgen, dass Menschen, die hier dauerhaft leben und absehbar auch dauerhaft leben werden, die Möglichkeit erhalten, ihren Aufenthalt zu verfestigen, in Arbeit zu kommen, Sprachzugang zu haben, und zwar unterschiedslos“, sagt die Bundestagsabgeordnete Luise Amtsberg von den Grünen im DW-Gespräch.

      „Das sind alles wichtige Schnittpunkte, die für ein modernes Einwanderungsland relevant sind und tatsächlich einen Paradigmenwechsel beschreiben“, fügt sie hinzu.
      Union befürchtet Zunahme illegaler Migration

      Ralph Brinkhaus, Fraktionsvorsitzender der konservativen Union aus CDU und CSU, die nach 16 Regierungsjahren nun auf der Oppositionsbank sitzt, steht den Plänen skeptisch gegenüber. „Wir hätten sicherlich nicht diese brutale Offenheit im Bereich Migration gehabt“, sagte Brinkhaus im Deutschlandfunk. „Wir haben große Sorge, dass das ein Pull-Faktor für ganz, ganz viel illegale Migration sein wird.“ Das Menschen, die ohne rechtliche Grundlagen nach Deutschland gekommen seien, nach einer gewissen Zeit hierbleiben dürften, halte er für falsch.

      https://twitter.com/phoenix_de/status/1463561367361925121

      Allerdings hatten die zuständigen Minister der 16 Bundesländer die Bundesregierung Anfang des Jahres aufgefordert, die Staatsbürgerschaftsregeln zu lockern. Die 2007 unter Bundeskanzlerin Angela Merkel ins Leben gerufene Integrationsministerkonferenz zur Koordinierung der Zuwanderungspolitik von Bund und Ländern forderte in einem mehrheitlichen Appell nachdrücklich eine Gesetzesänderung im Sinne der neuen Koalitionsvereinbarungen.
      Niedrige Quote doppelter Staatsbürgerschaft

      Aufgrund der geltenden Gesetze hat Deutschland eine der niedrigsten Quoten an doppelter Staatsbürgerschaft in Europa. Von den Vorschlägen zur doppelten Staatsbürgerschaft und der vereinfachten Einwanderungsverfahren dürfte besonders der Bevölkerungsteil mit türkischem Mitrationshintergrund profitieren. In Deutschland leben rund drei Millionen Menschen mit türkischen Wurzeln. Die ersten von ihnen kamen in 1960er Jahren anfangs als Gastarbeiter in die Bundesrepublik, die meisten blieben. 

      Aufgrund der bisherigen Gesetzeslage besitzen weniger als zehn Prozent von ihnen die deutsche und die türkische Staatsbürgerschaft. Nach einer Studie des Center for American Progress verfügen 55 Prozent nur über die türkische Staatsbürgerschaft.

      Die Soziologin Gülay Türkmen vom Wissenschaftszentrum für Sozialforschung in Berlin, die über türkische Migrationsbewegungen forscht, begrüßt die angekündigte Überarbeitung der Staatsbürgerschaftsgesetze. Insbesondere in Bezug auf Deutschlands größten ausländischen Bevölkerungsteil.
      Emotionale Bindung zur Türkei

      „Der Hauptgrund, warum die türkischstämmige Bevölkerung die deutsche Staatsbürgerschaft ablehnen, ist die Verpflichtung, die türkische Staatsbürgerschaft aufzugeben“, erklärt sie der DW. „Das war bei älteren Generationen noch verbreiteter, weil die emotionale Bindung zur früheren Heimat viel stärker war.“ Das Vorhaben der neuen Bundesregierung werde sicherlich zu einer Zunahme der Anträge auf Staatsbürgerschaft in der türkischen Bevölkerung führen, „wie wir auch im Jahr 2000 nach der Vereinfachung des Einbürgerungsverfahrens gesehen haben“, fügt Türkmen hinzu.

      Die Grünen-Abgeordnete Amtsberg macht die Union aus CDU und CSU dafür verantwortlich, dass so viele in Deutschland lebende Menschen keinen Einbürgerungsantrag gestellt haben.

      „Herr Brinkhaus und die Union waren 16 Jahre in der Verantwortung. Sie haben in der Asyl- und Flüchtlingspolitik in Europa, aber auch in Deutschland relativ wenig erreicht. Vor allen Dingen haben sie dazu beigetragen, dass sehr viele Menschen über Jahre - und man muss schon fast sagen: Jahrzehnte - in diesem Land leben, ohne die Möglichkeit zu bekommen, ihren Aufenthalt zu verfestigen“, kritisiert Amtsberg. Obwohl es nach einer bestimmten Zeit absehbar gewesen sei, dass die Menschen dauerhaft bleiben würden. Wie das jetzt bei den afghanischen Schutzsuchenden der Fall sei.
      Von Duldung zu vollem Aufenthaltsrecht

      Im Koalitionsvertrag wird auch ein schnellerer Weg zum Aufenthalt für junge Menschen aufgezeigt, die sich in Deutschland besonders „integriert“ gezeigt hätten. Ein Vorteil für diejenigen, die nur über einen Duldungsstatus verfügen. Ihre Abschiebung wäre künftig schwieriger. Die rechtspolitische Referentin der deutschen Flüchtlingsorganisation Pro Asyl, Wiebke Judith, begrüßt diese Reform: „Aufgrund der Einschränkungen in den letzten Jahren leben rund 200.000 Menschen mit Duldungsstatus in Deutschland. Der Koalitionsvertrag enthält einige gute Ideen, wie man ihr Leben besser legalisieren kann“, erklärt Judith der DW. Zum Beispiel durch eine Absenkung der Schwelle für die Beantragung des Aufenthaltsrechts.

      Im Allgemeinen stelle sie fest, dass die vorgeschlagenen Änderungen „das Leben von Menschen, die sich bereits in Deutschland aufhalten, viel einfacher machen werde“, sagt Judith. „Unser größter Kritikpunkt ist aber, dass der Koalitionsvertrag keine Änderung des Erstaufnahmesystems vorsieht.“ Demnach sind neue Flüchtlinge und Personen ohne legalen Status weiterhin zu einem Aufenthalt in einem Flüchtlingszentrum verpflichtet.
      Flüchtlingszentren als Corona-Hotspots

      „Die maximale Aufenthaltsdauer dort hat sich in den letzten Jahren auf 18 Monate erhöht“, erklärt Judith. Solche Aufenthalte könnten ein „ein enormes Gesundheitsrisiko bedeuten“, weil viele Zentren zu „Coronavirus-Hotspots“ geworden seien. Es gebe große Bedenken, dass dies die Asylverfahren negativ beeinflusse.

      „Wir sind enttäuscht, dass der Koalitionsvertrag die Verbleibe-Dauer in Erstaufnahmeeinrichtungen nicht verringert“, fügt sie hinzu. Möglicherweise werde dies noch geschehen. Judith bemängelt auch, dass das derzeitige Abschiebesystem, nach dem kranke und traumatisierte Menschen gewaltsam aus Deutschland abgeschoben werden können, nicht thematisiert wurde.

      Auf der anderen Seite wird der Familiennachzug für Geflüchtete erleichtert, nachdem es auch wegen der Pandemie einen Stau an Anträgen gegeben hat. Viele Menschen ohne deutsche Staatsbürgerschaft dürften die angestrebten Änderungen begrüßten. Aber der Koalitionsvertrag ist noch kein Gesetz. Außerdem gibt es keinen Zeitplan für die Vorschläge.

      In Anbetracht der zunehmenden Internationalität Deutschlands wird die Einwanderungspolitik eine der zentralen Herausforderungen für die künftige Bundesregierung sein. „Mehr als ein Viertel der Menschen in Deutschland hat einen Migrationshintergrund“, betont die Soziologin Gülay Türkmen. „Es ist also definitiv an der Zeit, Reformen anzugehen.“

      https://www.dw.com/de/ampelkoalition-einwanderung-wird-leichter-gemacht/a-59946490

      #regroupement_familial

    • #Bienvenue_en_Allemagne

      Le Ministre Fédéral de l’Économie et de l’Action Climatique, Robert Habeck, s’adresse directement aux travailleurs qualifiés internationaux : L’Allemagne a besoin de personnes qui souhaitent venir investir leurs connaissances, leurs compétences et leur passion - ici, dans notre pays.

      Qu’il s’agisse d’artisans, d’ingénieurs électriciens, de spécialistes en informatique, de professionnels de la santé ou de personnel de restauration, nous avons besoin de personnes de tous horizons qui souhaitent venir vivre et travailler en Allemagne.

      https://www.youtube.com/watch?v=E3SY8BkRZug

      #vidéo #make_it_in_Germany

    • Bundesregierung beschließt erstes Migrationspaket

      Neues Chancen-Aufenthaltsrecht, Erleichterungen für Fachkräfte und konsequente Ausweisung von Straftätern.

      In der heutigen Kabinettsitzung hat die Bundesregierung das von der Bundesministerin des Innern und für Heimat, Nancy Faeser, vorgelegte erste Migrationspaket beschlossen. 

      Die wichtigsten Bausteine sind die Einführung eines Chancen-Aufenthaltsrechts, Erleichterungen bei der Fachkräfteeinwanderung, der unmittelbare Zugang zu Integrationskursen und die konsequentere Ausweisung von Straftätern. 

      Bundesinnenministerin Nancy Faeser: „“""Mit dem Chancen-Aufenthaltsrecht schaffen wir einen Perspektivwechsel. Wir wollen, dass Menschen, die gut integriert sind, auch gute Chancen in unserem Land haben. Dafür sorgen wir mit dem Chancen-Aufenthaltsrecht. Die bisherige Praxis der Kettenduldungen wollen wir beenden. Damit beenden wir auch die Bürokratie und die Unsicherheit für Menschen, die schon Teil unserer Gesellschaft geworden sind. Wer Straftaten begeht oder hartnäckig Angaben über seine Identität verweigert, bleibt vom Chancen-Aufenthaltsrecht ausgeschlossen. "

      „Wir müssen schneller Fachkräfte gewinnen, die wir in vielen Branchen dringend brauchen. Deshalb erleichtern wir es Fachkräften, ihre Familie mit nach Deutschland zu bringen. Sie müssen künftig keine Deutschkenntnisse mehr nachweisen. Wir wollen, dass Fachkräfte sehr schnell nach Deutschland kommen und bei uns Fuß fassen können. “

      „Wir stärken die Integration von Anfang an – und das für alle Asylbewerberinnen und Asylbewerber. Der Zugang zu Integrationskursen hängt künftig nicht mehr von der Bleibeperspektive ab. Denn unsere Werte und unsere Sprache zu vermitteln, ist immer wichtig, auch wenn Menschen nur vorübergehend in Deutschland sind. “

      „Gleichzeitig sorgen wir für die richtige Balance. Wir wollen irreguläre Migration reduzieren und reguläre Migration zu ermöglichen. Wir müssen vor allem Straftäter und Gefährder schneller und konsequenter ausweisen. Straftätern kann künftig leichter das Aufenthaltsrecht entzogen werden. Die Verwaltungsverfahren vereinfachen wir deutlich. Und für Straftäter erleichtern wir die Anordnung von Abschiebungshaft und verhindern damit, dass ausreisepflichtige Straftäter vor einer Abschiebung untertauchen.“"

      Das erste Migrationspaket enthält insbesondere diese Änderungen:

      - Chancen-Aufenthaltsrecht: Langjährig Geduldete erhalten durch eine einjährige Aufenthaltserlaubnis die Möglichkeit, die notwendigen Voraussetzungen für ein Bleiberecht zu erfüllen. Dazu gehört die Sicherung des Lebensunterhalts und die Klärung der Identität. Menschen, die sich zum Stichtag 1. Januar 2022 fünf Jahre lang in Deutschland aufgehalten haben, nicht straffällig geworden sind und sich zur freiheitlichen demokratischen Grundordnung bekennen, profitieren davon. Mit dem Chancen-Aufenthaltsrecht sollen Kettenduldungen verhindert und die Zahl der Langzeitgeduldeten reduziert werden. Am 31. Dezember 2021 haben sich in der Bundesrepublik Deutschland 242.029 geduldete Ausländer aufgehalten, davon 136.605 seit mehr als fünf Jahren. 

      – Bleiberechte: Bestehende Bleiberechtsregelungen werden so angepasst, dass mehr Menschen davon profitieren können. Gut integrierte Jugendliche sollen nach drei Jahren Aufenthalt in Deutschland und bis zum 27. Lebensjahr die Möglichkeit für ein Bleiberecht bekommen. Besondere Integrationsleistungen von Geduldeten werden gewürdigt, indem ihnen künftig nach sechs Jahren oder schon nach vier Jahren bei Zusammenleben mit minderjährigen Kindern ein Bleiberecht eröffnet wird. Die Voraufenthaltszeiten werden damit um jeweils zwei Jahre reduziert. 

      – Erleichterung der Fachkräfteeinwanderung: Um den Standort Deutschland für Fachkräfte aus Drittstaaten attraktiver zu machen, werden bewährte Regelungen aus dem Fachkräfteeinwanderungsgesetz entfristet. Der Familiennachzug zu drittstaatsangehörigen Fachkräften wird erleichtert, indem für nachziehende Angehörige das Erfordernis eines Sprachnachweises entfällt. 

      – Integration von Anfang: Allen Asylbewerberinnen und Asylbewerbern soll zukünftig der Zugang zum Integrationskurs und zu Berufssprachkursen im Rahmen verfügbarer Plätze offenstehen. Durch frühe Sprachförderangebote möchte die Bundesregierung einen Beitrag zur Teilhabe und zum gesellschaftlichen Zusammenhalt leisten. 

      – Rückführungsoffensive: Die Rückführung von Menschen, die nicht hierbleiben können, soll konsequenter als bisher durchgesetzt werden. Das gilt insbesondere für Straftäter und Gefährder. Für diese Personengruppe wird die Ausweisung und die Anordnung von Abschiebungshaft erleichtert.

      https://www.bmi.bund.de/SharedDocs/pressemitteilungen/DE/2022/07/chancen-aufenthaltsrecht.html

      ... „und konsequente Ausweisung von Straftätern“...
      –-> #criminels_étrangers #renvois #expulsions

    • Arbeitskräftemangel: Deutschlands Greencard-Pläne

      Deutschland will Nicht-EU-Bürgern die Einreise erleichtern und den Fachkräftemangel bekämpfen: mit einer Greencard-Variante, der sogenannten „Chancenkarte“.

      Seit langem beklagen sich Industrieverbände über fehlende Fachkräfte und das Arbeitsministerium warnt davor, dass das Wirtschaftswachstum dadurch ausgebremst werden könnte.

      Nach Angaben der Bundesvereinigung der deutschen Arbeitgeberverbände der Metall- und Elektroindustrie, Gesamtmetall, sehen zwei von fünf Unternehmen ihre Produktion durch Personalmangel behindert. Der Zentralverband des Deutschen Handwerks (ZDH) bezifferte, dass Deutschland rund 250.000 Handwerker fehlen.
      Kriterien zur Arbeitsplatzsuche

      Nun soll die neue sogenannte „Chancenkarte“, die Bundesarbeitsminister Hubertus Heil in dieser Woche vorstellte, Ausländern die Möglichkeit bieten, auch ohne Jobangebot zur Arbeitssuche nach Deutschland einzureisen. Dafür müssen sie mindestens drei von vier Kriterien erfüllen:

      1) Ein Hochschulabschluss oder eine berufliche Qualifikation

      2) Mindestens drei Jahre Berufserfahrung

      3) Sprachkenntnisse oder ein früherer Aufenthalt in Deutschland

      4) Ein Alter unter 35 Jahren

      Dazu wird es weitere Begrenzungen und Bedingungen geben, betonte der SPD-Politiker. Die Zahl der Karten werde begrenzt sein, je nach dem Bedarf, den die deutsche Regierung festlegen werde, kündigte Heil an.

      „Es geht um eine qualifizierte Zuwanderung, um ein unbürokratisches Verfahren. Deshalb ist es wichtig, dass diejenigen, die die Chancenkarte erhalten haben, ihren Lebensunterhalt bestreiten können, wenn sie hier sind“, sagte Heil am Mittwoch im WDR-Radio.
      Immer weniger junge Menschen in Deutschland

      Dass es für den deutschen Arbeitsmarkt Verbesserungsbedarf gibt, findet auch Sowmya Thyagarajan. Sie kam 2016 aus Indien nach Hamburg, um in Luftfahrttechnik zu promovieren. Mittlerweile ist sie Geschäftsführerin ihres eigenen deutschen Unternehmens Foviatech, das Software für die Optimierung von Transport- und Gesundheitsdienstleistungen entwickelt.

      „Ich denke, dieses Punktesystem könnte eine sehr gute Möglichkeit für Menschen aus dem Ausland sein, hier zu arbeiten“, sagte Thyagarajan der DW. „Vor allem, weil es immer weniger junge Menschen in Deutschland gibt.“ Im Moment bevorzuge ihr Unternehmen bei der Einstellung Deutsche und EU-Bürger, einfach wegen der bürokratischen Hürden, die es für Arbeitnehmer aus anderen Ländern gebe.

      Den Nutzen der vier Kriterien für die Erlangung einer Chancenkarte bewertet Thyagarajan unterschiedlich: Qualifikationen und Sprachkenntnisse seien wichtig. „Aber bei einer Altersbegrenzung unter 35 Jahren bin ich mir nicht sicher, wie sinnvoll das ist. Man muss nicht jung sein. Es kommt auf die Fähigkeiten an“, sagt die Geschäftsfrau. Was die dreijährige Berufserfahrung angeht, so ist Thyagarajan ebenfalls skeptisch, weil in einigen Fällen ein Hochschulabschluss das erforderliche Fachwissen vermittele: „Für manche Berufsprofile braucht man keine Erfahrung, aber für manche muss man tatsächlich Erfahrung haben.“
      Bürokratische Hürden für ausländische Arbeitnehmer

      Noch kritischer blickt Holger Bonin auf die Pläne von Arbeitsminister Heil. Für den Forschungsdirektor am Institut für Arbeitswirtschaft (IZA) in Bonn stellt die Chancenkarte „unnötig hohe Hürden auf und macht das System komplizierter“. Bonin befürchtet einen Zuwachs an Bürokratie. „Warum macht man es nicht viel einfacher? Man gibt den Leuten ein Visum, um Arbeit zu suchen, und wenn sie innerhalb einer bestimmten Zeit nichts finden, müssen sie gehen.“ Wenn diese Kriterien für Arbeitgeber wichtig seien, „können sie das bei der Einstellung entscheiden. Da muss keine Chancenkarte vorgeschaltet sein.“

      Bonin argumentiert, dass einige der von Heil genannten Kriterien für deutsche Arbeitgeber vielleicht gar nicht so wichtig seien. Wie zum Beispiel ein internationales Unternehmen, welches hauptsächlich auf Englisch kommuniziere: dort sei es relativ egal, ob die Bewerber Deutsch sprechen oder in Deutschland gelebt haben.
      Kulturelle und strukturelle Probleme

      Deutschland hat im Vergleich zu anderen westlichen Ländern, die um qualifizierte Arbeitskräfte werben, einige kulturelle Nachteile: Zum einen wird Deutsch weniger häufig gesprochen als Englisch. „Fachkräfte suchen fast immer nach Ländern, in denen Englisch gesprochen wird“, so Thyagarajan. Ein weiteres Problem ist, dass deutsche Arbeitgeber traditionell einen höheren Wert auf Zertifikate und Qualifikationen legen. Doch ausländische Nachweise werden in Deutschland oft nicht anerkannt oder deren Zertifizierung dauert Monate. „Diese Probleme werden nicht durch die Einführung einer Chancenkarte gelöst“, sagt Bonin.

      Daneben gibt es noch systemische Schwierigkeiten. Deutschlands föderales System mit regionalen Zuständigkeiten in den Bundesländern führt dazu, dass lokale Behörden manchmal unterschiedliche Qualifikationen anerkennen. Hinzu kommt, dass Deutschland immer noch abhängig ist von einer Papierbürokratie, bei der ausländische Arbeitnehmer oft notariell beglaubigte Übersetzungen ihrer Zeugnisse vorlegen müssen. Auch dies ist ein Problem, das Arbeitsminister Heil anzugehen versucht.

      „Ich halte es für sehr, sehr notwendig, neben einem modernen Einwanderungsgesetz auch das bürokratische Monster bei der Anerkennung von Qualifikationen auszudünnen“, sagte er dem WDR. Dazu wünsche er sich eine zentrale Stelle, die Qualifikationen schnell anerkennt, und Backoffices in Deutschland, welche die überlasteten Konsulate im Ausland unterstützen können. Einen Entwurf für ein neues Zuwanderungsgesetz will Heil im Herbst vorlegen.

      https://www.dw.com/de/arbeitskr%C3%A4ftemangel-deutschlands-greencard-pl%C3%A4ne/a-63055635