• Au nom du #Duce - Naples-Rome

    À Naples et Rome, la campagne municipale, le dimanche 5 décembre 1993.
    Ces élections se sont terminées par la victoire de la coalition des écologistes et de la gauche unie. Lors de ces élections, le Parti néo-fasciste a fait un score de 45% à Rome et 43% à Naples.
    À Naples, le MSI était conduit par Mademoiselle Alessandra Mussolini, la petite fille du fameux Benito.

    https://www.film-documentaire.fr/4DACTION/w_fiche_film/778_0

    #film #documentaire #film_documentaire
    #Italie #néo-fascisme #Alessandra_Mussolini #Antonio_Bassolini #Naples #MSI #communauté_juive

  • Migranti, i sindaci delle grandi città contro il governo: «Scelte sbagliate che ledono i diritti: non si cancelli la protezione speciale»

    I sindaci delle maggiori città italiane (di centrosinistra) di nuovo contro il governo Meloni. Oggetto della discussione, ma anche (e soprattutto) di preoccupazione: la gestione dell’immigrazione, in particolare, il sistema di accoglienza e la cancellazione della protezione speciale per i migranti. «Come sindaci, come amministratori, come cittadini che quotidianamente si impegnano nei territori per cercare di garantire le migliori risposte alle criticità che le nostre Comunità esplicitano, siamo molto preoccupati per le proposte in discussione relative alle modifiche all’unico sistema di accoglienza migranti effettivamente pubblico, strutturato, non emergenziale che abbiamo in Italia», si legge in un documento congiunto sul decreto Cutro che porta le firme dei sindaci di #Roma, #Roberto_Gualtieri, di #Milano #Beppe_Sala, di #Napoli #Gaetano_Manfredi, di #Torino #Stefano_Lorusso, di #Bologna, #Matteo_Lepore e di #Firenze, #Dario_Nardella. «La preoccupazione delle città – si legge nel documento – è massima a fronte di emendamenti proposti da alcuni partiti al DL 591 dopo le tante evidenze a cui il nostro ordinamento ha dovuto porre rimedio in questi anni». Secondo il fronte dei sindaci dem, l’esecutivo non deve «ragionare in ottima emergenziale: è sbagliato immaginare l’esclusione dei richiedenti asilo dal Sai, precludendo loro qualunque percorso di integrazione e una reale possibilità di inclusione ed emancipazione nelle nostre comunità».

    «No alla cancellazione della #protezione_speciale»

    Sala, Gualtieri, Manfredi, Lo Russo, Lepore e Nardella non condividono la cancellazione della protezione speciale, confermata anche ieri, sabato 15 aprile, dalla stessa premier Meloni durante il suo viaggio in Etiopia. Per i sindaci delle maggiori città si tratta, infatti, di «una misura presente in quasi tutti i paesi dell’Europa occidentale, mentre circa il 50% dei migranti presenta vulnerabilità ed è in parte significativa costituito da nuclei familiari. Queste scelte, qualora adottate, non potrebbero che procurare infatti una costante lesione dei diritti individuali e innumerevoli difficoltà che le nostre comunità hanno già dovuto affrontare negli anni scorsi, a fronte di un importante aumento di cittadini stranieri condannati appunto all’invisibilità», si legge nel documento congiunto. Tutto questo – scrivono i primi cittadini – «mentre il sistema dei Cas, mai uscito da un assetto emergenziale, è saturo e purtroppo inadeguato ad accogliere già oggi chi proviene dai flussi della rotta mediterranea come da quella balcanica. Insufficiente, sia per numeri sia per le modalità d’accoglienza sia per i servizi di accompagnamento, protezione ed inclusione, assenti. E in questo quadro occorre ripensare anche il sistema di accoglienza dei minori stranieri non accompagnati cui occorre applicare logiche distributive che evitino la concentrazione nelle sole grandi città», prosegue il documento dei sindaci.

    «Le nostre città sono infatti impegnate già oggi, spesso con sforzi oltre i propri limiti e frequentemente oltre le proprie funzioni e competenze, a porre rimedio con risorse proprie alle manchevolezze di un sistema nazionale adeguato. La soppressione della possibilità di costruire un unico sistema di accoglienza pubblico, trasparente e professionale (come il Sai), garantendo percorsi dignitosi e tutelanti anche per le persone richiedenti protezione internazionale, non può comportare la nascita di nuovi grandi centri di accoglienza o detenzione nei nostri territori. La storia degli ultimi vent’anni di accoglienza in Italia dimostra chiaramente come modelli emergenziali, con standard qualitativi minimi e volti al mero “vitto e alloggio” abbiano procurato ferite enormi nelle nostre comunità e non abbiano garantito diritti esigibili alla popolazione rifugiata. E soprattutto abbiano fallito processi di inclusione efficaci e duraturi», prosegue il documento.

    Le proposte

    Dopo questa lunga premessa, i sindaci dem hanno poi avanzato delle proposte sul tema. «1. Sia rinforzata l’unitarietà del Sistema di Accoglienza italiano, valorizzando l’esperienza virtuosa del Sai, ovvero supportando attivamente la rete dei Comuni che quotidianamente affrontano in prima persona le sfide che i movimenti migratori in ingresso sottopongono ai nostri servizi, ai nostri territori e alle nostre comunità. Con un solo obiettivo: garantire percorsi di effettiva inclusione e tutela compatibili con i territori, evitando grandi centri di accoglienza, senza servizi e senza tutele, per tutti», scrivono. «2. Il Sai rimanga accessibile a richiedenti protezione e rifugiati». I primi cittadini chiedono poi che i Cas, ovvero i centri di accoglienza straordinari, vengano trasformati «in hub di prima accoglienza, dedicati alle procedure di identificazione e di screening sanitario per poi procedere a trasferimenti rapidi nel sistema di seconda accoglienza ed inclusione, appunto il Sai».

    Al punto 4, i sei amministratori chiedono inoltre che «vengano ripristinati i criteri di riparto che il Piano nazionale di accoglienza aveva indicato. In assenza di azioni positive mirate o, peggio, con azioni sbagliate, le ricadute saranno infatti l’irregolarità diffusa o lunghi percorsi di ricorsi giudiziari che paralizzeranno le vite di molte persone inabilitandole e rendendole facili prede del lavoro nero, che invece non manca». Infine, «ci auspichiamo – continuano – che ancora una volta l’Italia non si contraddistingua per una regressione relativa al sistema di accoglienza per richiedenti asilo e rifugiati: da troppi anni questo tema necessita di una riforma importante e strutturale, che miri ad un equilibrio nazionale del sistema di accoglienza imprescindibile dal coinvolgimento dei Comuni e dagli obiettivi di inclusione, protezione e con una diffusione omogenea a livello nazionale. Siamo convinti, insieme ad altre voci autorevoli, che dopo circa vent’anni e anche alla luce di alcuni temi di strutturale cambiamento demografico e sociale non si debba continuare a parlare di emergenza e che proprio in questo momento occorra la lungimiranza di aprire una discussione per scegliere una via legale all’immigrazione e alla regolarizzazione degli immigrati già presenti in Italia, anche attraverso il ricorso allo ius scholae, premessa a comunità solidali, capaci di proporre percorsi di vera emancipazione e autonomia alle persone nel pieno interesse del nostro Paese», concludono i sindaci.

    https://www.open.online/2023/04/16/immigrazione-sindaci-grandi-citta-vs-governo-meloni

    #Italie #villes-refuge #decreto_Cutro #villes #Naples #Turin #Milan #Rome #Florence #Bologne #résistance #protection_spéciale

  • Dall’esodo a Napoli: la storia del “Rione dei profughi”
    https://www.balcanicaucaso.org/aree/Italia/Dall-esodo-a-Napoli-la-storia-del-Rione-dei-profughi-215723

    Un rione di Napoli accolse negli anni ’50 centinaia di famiglie divenute profughe a seguito della Seconda guerra mondiale. Tra questi istriano-dalmati, ma anche persone provenienti da Rodi, Smirne, Corfù

  • Naples : nuit de révolte contre l’état d’urgence et le couvre-feu – édito d’Infoaut https://www.infoaut.org/editoriale/napoli-una-rivolta-per-non-morire, traduit par ACTA
    https://acta.zone/naples-nuit-de-revolte-contre-letat-durgence-et-le-couvre-feu

    À Naples, vendredi soir, des milliers de personnes ont participé à une manifestation spontanée contre le nouveau couvre-feu annoncé par le président régional Vincenzo De Luca, suivie de plusieurs heures de combats de rue et d’attaques contre des bâtiments publics. Les médias ont immédiatement cherché à y déceler la mainmise des fascistes, des Ultras ou même de la Camorra. Alors que depuis la révolte s’est étendue à plusieurs autres villes d’Italie, nous avons traduit l’édito de nos camarades d’Infoaut qui revient sur la première nuit d’émeute napolitaine, en s’attachant à déconstruire le « confortable récit raciste et colonial » de la presse mainstream.

    Nous avons écrit à chaud sur Facebook à propos de ce qu’il se passait à Naples : « Les rues de cette nuit étaient peut-être spontanées, contradictoires, ambiguës, stratifiées, comme la société dans laquelle nous vivons, comme son revers. Mais à Naples, ce soir, s’est brisée l’hypocrisie derrière laquelle se cache l’incompétence de ceux qui nous gouvernent, l’échec de ce modèle économique face au virus, la violence qu’ont dû endurer ceux qui pendant des mois ont été abandonnés ».
    Comme prévu, l’aboiement médiatique contre ceux qui sont descendus dans la rue ne s’est pas fait attendre. La fumée des gaz lacrymogènes ne s’était toujours pas dissipée que les commentateurs politiques émettaient déjà des hypothèses sur la mainmise de la Camorra et des fascistes, proposant le fétiche habituel des ultras coupables de tous les maux du monde, associant les manifestations d’hier aux No Mask, alors même que le message porté dans la rue était totalement différent. Et une grande partie de la gauche de ce pays s’est blottie dans ce confortable récit raciste et colonial. Un récit linéaire qui, sans rien saisir des tensions, des contradictions et des instances du mouvement, signifie : au fond, ce sont les Napolitains habituels.

    Exorciser la rébellion.

    Le problème est qu’à notre époque, chaque fois que surgit un phénomène autonome de conflictualité sociale prolongée, qu’il s’agisse des Forconi ou des Gilets jaunes, celui-ci apparaît sous des formes impures, ambivalentes et contradictoires. Souvent se retrouvent dans la rue des personnes qui, théoriquement du moins, sont censées avoir des intérêts opposés, et plus souvent encore, ces contradictions se consomment justement dans la rue. Il est donc beaucoup plus facile de les considérer comme des phénomènes fascistes simplement parce que Roberto Fiore [fondateur et dirigeant du mouvement néofasciste Forza Nuova] essaie de s’en approprier la paternité avec un tweet depuis son confortable fauteuil à Rome, ou comme des actions coordonnées par la Camorra (sans que l’on sache clairement dans quel but), plutôt que d’essayer de les comprendre et d’y prendre part pour contribuer à leur évolution.

    Comme quelqu’un l’a noté à juste titre sur Facebook, le récit mainstream est assez similaire à celui qui avait été fait il y a quelques années devant la crise des déchets. La responsabilité de la crise est mise sur le dos de la population qui, inquiète pour sa santé, se rebelle contre l’incompétence et la corruption des institutions et des entreprises privées, puis finalement apparaît comme par magie l’infiltration du crime organisé dans les manifestations pour les délégitimer et les réduire à un phénomène de pure délinquance. Un scénario déjà vu qui se répète chaque fois que les gens ne s’adaptent pas à la gestion de l’urgence par le haut.

    Oui, car depuis des mois, nous entendons répéter dans le jargon martial que « nous sommes en guerre contre le Covid ». Mais comme on sait, la guerre est la plus hypocrite des activités humaines. Les colonels à la recherche d’un consensus facile crient à travers les écrans que c’est de notre faute si le virus se propage. Pendant ce temps, les « soldats » de cette guerre continuent d’être envoyés au front avec des chaussures en carton et une pétoire pour deux. Une guerre hypocrite, comme nous le disions, dans laquelle le problème serait ce que les gens font entre 23 heures et 5 heures du matin (ils dorment la plupart du temps) et non le fait qu’ils tombent malades au travail, dans les transports, à l’école, à l’hôpital et même dans les files d’attente pour se faire tester. Voilà donc le couvre-feu, encore un mot d’état de siège, revenu en quelques semaines dans le langage commun, encore une mesure ad hoc pour ne pas perdre la face au vu de l’augmentation des infections et en même temps pour ne pas contrarier les vrais coresponsables de cette situation, ceux qui depuis des mois demandent de tout rouvrir à tout prix, ceux qui veulent maintenant licencier à tout prix : les patrons de la Confindustria et ce ramassis de bandits qui dans notre pays s’appellent des entrepreneurs.

    Non, nous ne sommes pas devenus « agambeniens » du jour au lendemain, nous croyons toujours, encore plus face à ce qui s’est passé, qu’il ne s’agit pas d’une simple grippe, que la première tâche pour nous est de prendre soin de nous-mêmes et des autres afin que le virus ne se propage pas. Nous pensons que cela ne doit pas se faire par obéissance envers le pouvoir établi, mais par amour pour les faibles et les opprimés, pour ceux qui sont abandonnés, pour ceux qui souffrent dans la lutte contre le virus. Parce que nous savons très bien que c’est nous, ceux d’en bas, qui payons le plus dans cette crise causée par l’économie mondialisée, les privatisations, la dévastation de l’environnement, la transformation de la santé en marchandise. Mais prendre soin de soi et des autres signifie ne pas ignorer d’un geste égoïste ceux qui ont perdu leur emploi dans cette crise, ceux qui risquent de perdre leur maison et leurs proches. Cela signifie se battre à leurs côtés, car tant que la gestion de l’urgence sera uniquement aux mains du politique, tant que les seuls à faire entendre leur voix seront les industriels, alors c’est nous qui compterons dans nos rangs les morts et les malades, que ce soit du Covid ou de la faim. Il est temps de revenir à l’idée que la santé est un fait social global et que la rébellion est le symptôme que quelque chose doit changer.

  • Quand des villes refusent d’être vendues à des multinationales

    Écrasées de #dettes, poussées à la #marchandisation, les villes sont sommées de se vendre aux multinationales. Mais partout dans le monde, des municipalités cherchent à se réapproprier leur #pouvoir_d’agir.

    Comment les élus locaux et les citoyens peuvent-ils s’opposer à la main-mise grandissante des firmes ? C’est tout l’objet d’une publication inédite, parue ce jeudi 27 février, intitulée Villes contre multinationales, éditée par Ritimo. De la privatisation de l’eau à l’essor d’Airbnb en passant par la « smart city » connectée en 5G, « les villes sont devenues un champ de bataille face au poids croissant des grandes entreprises », peut-on lire en introduction.

    La publication réunit une série d’articles rédigés par des journalistes, des militants, des élus et des chercheurs européens, membres d’Enco, un réseau de médias et d’ONG « qui se consacrent à enquêter et informer sur les entreprises multinationales et leur pouvoir ».

    Un travail qui tombe à pic, à deux semaines des élections municipales : « On espère donner des idées aux candidats et futurs élus, casser ce sentiment qu’il n’y a pas d’alternatives, pas de possibilités de s’opposer aux multinationales », explique Olivier Petitjean, membre de l’Observatoire des multinationales, joint par Reporterre. De l’Espagne au Royaume-Uni, en passant par la Tchéquie et la France, de nombreuses municipalités ont en effet cherché à se réapproprier leur pouvoir d’agir.

    Car il s’agit bien d’une reconquête démocratique. Depuis la crise financière de 2008, « la pression économique et politique sur les villes s’est considérablement accrue, soulignent les auteurs. Nombre d’entre elles se sont retrouvées écrasées de dettes, poussées à vendre des biens, privatiser des services publics, réduire leurs dépenses. » Les fonds financiers en quête de nouveaux placements profitables ont investi le secteur du tourisme et de l’immobilier, mais également celui des nouvelles technologies.

    Laia Forné, sociologue espagnole spécialiste des questions d’urbanisme, de démocratie et de communs, évoque ainsi une « marchandisation des villes » :

    La gouvernance urbaine de nos villes a été basée sur une coopération entre les secteurs public et privé qui a mené à la privatisation de biens fondamentaux comme la terre, le logement, l’eau et le patrimoine municipal, tout en créant des structures de gouvernance opaques et antidémocratiques. Le modèle de gouvernance qui a prévalu était celui de la concession public-privé, où le secteur privé engrange les bénéfices de grands projets spéculatifs tandis que le secteur public en assume les risques. »

    L’un des principaux leviers des firmes réside ainsi dans la spéculation immobilière, comme le raconte Max Carbonell, membre de l’Observatoire de la dette dans la globalisation (ODG), et militant espagnol du mouvement pour le logement. Blackstone, une des multinationales qui possèdent le plus de propriétés (ou « actifs financiers ») au monde, a acquis de nombreux bâtiments à Barcelone, notamment un immeuble dans le quartier de Raval, l’un des plus pauvres de la ville.

    « Blackstone n’y voyait qu’un actif financier sur lequel spéculer et se préparait à mettre les familles à la rue pour pouvoir le revendre – ou le relouer – à un prix bien plus élevé, écrit-il. [Pour Blackstone et d’autres sociétés du même type, le] mode opératoire commun se résume à "buy it, fix it, sell it", acheter, réparer, revendre). »

    Aujourd’hui, les villes du monde sont sommées d’entrer en compétition les unes avec les autres sur le marché international pour attirer le maximum de touristes et d’opportunités d’affaires financières et immobilières possibles (avec tous les secteurs d’activité qui leur sont liés). En d’autres termes : on vend des villes, on vend notre ville, à des investisseurs du secteur du tourisme et de l’immobilier.

    À Barcelone, une mobilisation populaire portée par le Syndicat des habitants du Raval (SHR) a finalement contraint Blackstone à négocier : en 2019, l’entreprise a fini par accepter que les familles restent et paient un loyer modéré, en partie financé par la municipalité.

    Ainsi, la publication Villes contre multinationales diffuse des exemples de luttes locales, souvent longues et difficiles, tant la puissance des firmes apparaît illimitée. En Croatie, le journaliste Igor Lasic explique comment la société Razvoj Golf, porteuse d’un projet de golf géant dans la ville touristique de Dubrovnik, a porté plainte en 2017 contre l’État auprès d’un tribunal d’arbitrage dans le cadre d’un accord de libre-échange, réclamant 500 millions d’euros de compensation pour le blocage de ses projets par un mouvement citoyen.

    À Bruxelles, le chercheur Kenneth Haar relate les manœuvres d’Airbnb auprès de la Commission européenne « pour reprendre la main » face à la contestation croissante des métropoles comme Amsterdam ou Berlin : « La Commission fait depuis lors pression sur les États membres [leur] faisant savoir que les restrictions trop strictes aux activités d’Airbnb et des autres plateformes peuvent contrevenir à la législation européenne ».
    « La "ville intelligente" n’est qu’un nouveau nom pour la ville privatisée »

    Nouveau cheval de Troie des multinationales, le concept de « smart cities » a le vent en poupe. Selon Olivier Petitjean, « la "ville intelligente" n’est qu’un nouveau nom pour la ville privatisée ». Pour les entreprises comme Suez et Veolia, « la "smart city" est surtout promue comme un moyen d’intégrer la gestion des services publics locaux comme l’eau, les déchets, le transport public, le chauffage urbain, l’éclairage, la gestion des équipements, pour rendre le tout plus "efficient" ». Au-delà, ces « smart cities » sont une aubaine pour les géants du numérique et les plateformes comme Google, Uber, Amazon, Airbnb ou Deliveroo car elles permettent non seulement « une collecte massive de données sur les habitudes individuelles et les tendances urbaines, mais aussi de ce fait une capacité d’influencer la fabrique même des villes (par exemple ses flux de trafic, le développement économique de certains quartiers, etc.) sans contrôle par les élus locaux ».

    Le combat des David citadins contre les Goliath multimillionnaires serait-il perdu d’avance ? « La bataille est en cours, dit Olivier Petitjean. Il existe des marges de manœuvre, mais il y a besoin que les villes créent des alliances, échangent leurs idées, fassent contre-poids aux multinationales. » Pour lui, « la transition écologique et sociale est une opportunité pour que les villes sortent de la dépendance aux multinationales. Pour réduire ses déchets, une ville peut décider de s’engager dans une démarche zéro déchet, en impliquant les citoyens, plutôt que de s’en remettre à la construction d’un nouvel incinérateur par une multinationale comme Suez. »

    De fait, les 200 pages de la publication regorgent d’initiatives portées par des villes. Hazel Sheffield, journaliste anglaise, détaille l’histoire de Preston, petite ville de 140.000 habitants dans le nord de l’Angleterre, fortement touchée par la désindustrialisation, qui « a réorienté radicalement ses achats publics pour favoriser le tissu économique et social local, plutôt que les grandes entreprises ». « Les gros contrats, par exemple pour la rénovation du marché de Preston, sont divisés en lots plus petits pour permettre aux PME de répondre aux appels d’offres, et des clauses sociales y sont attachées, comme de garantir aux travailleurs des salaires décents », raconte-t-elle. Bien que les règles européennes, d’inspiration néolibérale, ne soient pas favorables à de telles clauses, « tant que les autorités assurent une procédure équitable, elles peuvent sélectionner les fournisseurs en fonction d’une série de critères dont le prix, mais aussi la qualité, le risque, la valeur sociale et d’autres facteurs », précise la journaliste. Les achats de services, de travaux et de fournitures des villes de l’Union européenne représentent près de 2.000 milliards d’euros par an, soit environ 14 % du PIB de l’Union. « Le potentiel de transformation de ces nouvelles politiques progressistes de marchés publics est donc énorme », note aussi Olivier Hoedeman, co-fondateur du Corporate Europe Observatory.
    L’eau à Grenoble, la gestion des ordures à Naples... Autant d’exemples de remunicipalisation

    Outre les achats publics, la publication met en avant de multiples exemples de (re)municipalisation : l’eau à Paris et Grenoble, les terres agricoles à Mouans-Sartoux ou Vannes, la gestion des ordures à Naples ou la distribution d’électricité dans certaines communes espagnoles.

    Pour la sociologue Laia Forné, cette reconquête n’est possible et durable qu’à travers la mise en place d’un « municipalisme public-citoyens », alliant élus et mouvements sociaux. À Barcelone, le nouveau système qui oblige les grandes développeurs immobiliers à consacrer 30 % de leurs opérations à du logement social, en fournit un bon exemple : « Tandis que la municipalité apportait le savoir-faire technique pour rédiger une législation adaptée, les mouvements sociaux pour le logement ont mobilisé l’opinion publique et exercé une pression politique suffisante pour dépasser les logiques partisanes. » Elle parle également de « co-responsabilité », illustrée par la création du programme barcelonais de « Patrimoine citoyen », dont l’objectif est « de créer des cadres innovants associant citoyens et institutions pour gérer les ressources publiques, y compris les édifices publics, les vergers urbains, l’espace public et certains services sociaux. »

    « Les élus ne peuvent pas tout, les villes sont face à des pouvoirs puissants et riches, conclut Olivier Petitjean. Il est donc essentiel que les municipalités volontaristes soient soutenues par des mouvements sociaux. Il est aussi nécessaire que ces villes se mettent en réseau, s’allient pour peser face aux multinationales. Et surtout, il faut une bonne dose de courage. »

    https://reporterre.net/Quand-des-villes-refusent-d-etre-vendues-a-des-multinationales

    #villes #géographie_urbaine #résistance #multinationales #Barcelone #eau #Grenoble #remunicipalisation #Blackstone #Airbnb #Bruxelles #smart_cities #ville_intelligente #ubérisation #Preston #désindustrialisation #UK #Angleterre #Naples #ordures #Mouans-Sartoux #Vannes #terres #Espagne #municipalisme_public-citoyens #co-responsabilité #patrimoine_citoyen #mouvements_sociaux #réseaux #livre #ressources_pédagogiques #urban_matter

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    Pour @etraces :

    Nouveau cheval de Troie des multinationales, le concept de « smart cities » a le vent en poupe. Selon Olivier Petitjean, « la "ville intelligente" n’est qu’un nouveau nom pour la ville privatisée ». Pour les entreprises comme Suez et Veolia, « la "smart city" est surtout promue comme un moyen d’intégrer la gestion des services publics locaux comme l’eau, les déchets, le transport public, le chauffage urbain, l’éclairage, la gestion des équipements, pour rendre le tout plus "efficient" ». Au-delà, ces « smart cities » sont une aubaine pour les géants du numérique et les plateformes comme Google, Uber, Amazon, Airbnb ou Deliveroo car elles permettent non seulement « une collecte massive de données sur les habitudes individuelles et les tendances urbaines, mais aussi de ce fait une capacité d’influencer la fabrique même des villes (par exemple ses flux de trafic, le développement économique de certains quartiers, etc.) sans contrôle par les élus locaux ».

  • « Prisonniers tués par la police italienne suite à des révoltes dans différentes prisons. Au moins 8 morts dans 3 prisons. Les visites sont interdites à cause du coronavirus »

    Modena (Italie) : Sur la révolte et le massacre dans la prison de Modena | Attaque
    https://attaque.noblogs.org/post/2020/03/09/modena-italie-sur-la-revolte-et-le-massacre-dans-la-prison-de-moden

    Au début de l’après-midi d’aujourd’hui, 8 mars 2020, il a eu une révolte dans la prison Sant’Anna, à Modena.
    Cela a été clairement perçu depuis l’extérieur, puisque trois colonnes de fumée se levaient des bâtiments de la prison et à cause des nombreux allers-retours des matons et de la présence d’un hélicoptère de la police qui surveillait la zone.
    Du coup, dans les environs se sont rassemblés des nombreux familles des détenus, des solidaires et d’autres curieux, qui ont vu passer les GOM [Gruppo operativo mobile, Groupe opératif mobile de la Police pénitentiaire italienne, l’équivalent des ERIS français ; NdAtt.] en tenues anti-émeute et ont clairement entendu les bruits des quelques tirs.

    Coronavirus : rivolta in carcere a Modena, tre morti e 80 trasferiti
    https://www.agi.it/cronaca/news/2020-03-08/coronavirus-carcere-modena-7383460

    Tre detenuti sono morti nel carcere di Modena, dove si è sviluppata oggi una vera e propria rivolta dei carcerati, circa 530, in segno di protesta per le restrizioni ai colloqui dovute all’emergenza coronavirus. Altri due si trovano in rianimazione: sono in corso indagini sull’accaduto, mentre si registrano ancora forti tensioni all’interno del penitenziario, dove gli agenti stanno cercando di rientrare forzando le sbarre.

    « L’union de police pénitentiaire parle de 27 prisons sous contrôle des détenus »

    Coronavirus, rivolte nelle carceri a Modena, Napoli e Frosinone - Corriere.it
    https://www.corriere.it/cronache/20_marzo_08/coronavirus-rivolte-carceri-modena-frosinone-63cdd738-6149-11ea-8f33-90c941

    Nella rivolta delle carceri contro la sospensione dei colloqui per l’emergenza coronavirus si consuma il dramma di tre detenuti morti e un ferito grave nel penitenziario di Modena, dove fino a sera è andata in scena la protesta più grave e violenta. E a Pavia due agenti sono stati sequestrati e poi liberati (il procuratore aggiunto Mario Venditti ha fatto da mediatore: «Nessun atto di violenza, nessun sequestro»). Nella notte una cinquantina di reclusi era ancora sui tetti, dove venivano appiccati fuochi alimentati con ogni tipo di materiale.

    • l’article italien repris par #lenvolée
      https://roundrobin.info/2020/03/modena-sulla-rivolta-e-il-massacro-nel-carcere-di-modena

      SULLA RIVOLTA E IL MASSACRO ALL’ INTERNO DEL CARCERE DI MODENA

      Nel primo pomeriggio di oggi, 8 Marzo 2020, è scoppiata una rivolta nel carcere di S.Anna di Modena.
      Il fatto è stato chiaramente percepito dall’ esterno in quanto si elevavano dai bracci della struttura tre colonne di fumo, nonchè per il via-vai importante di guardie, oltre che per la presenza di un elicottero della Polizia che sorvegliava l’ area.
      Si sono così radunati vari parenti dei reclusi, solidali e altri spettatori nelle zone adiacenti, vedendo sfilare i GOM in antisommossa e sentendo distintamente alcuni spari.
      Dopo qualche tentativo di allontanamento da parte dei Vigili, le persone si sono comunque radunate davanti al carcere; dove si sono viste sfilare camionette, ambulanze a pulmini della Penitenziaria.
      A una certa, dopo varie richieste di notizie da parte dei parenti, sono usciti il Maggiore della Penitenziaria e un’ emissaria della direttrice del carcere dicendo loro che, durante le contrattazioni coi rivoltosi chiusi nel braccio, sono stati loro riconsegnati i cellulari per chiamare i loro cari. Domandavano quindi ai familiari di rispondere al telefono invitandoli a uscire.
      Verso sera, davanti un nutrito gruppo di antisommossa, sono usciti gli sbirri scortando alcuni dei detenuti e delle detenute dando loro colpi da ammanettati, qualcuno è uscito in barella.
      Già in quelle ore qualcuno ha scorto un sacco contenente un corpo morto.
      Si è riuscito a parlare con alcuni reclusi nel braccio adiacente il campo durante i fatti, che davano notizie di trasferimenti e di essere gli ultimi ancora da trasferire dalla sezione, edicendo che li stavano massacrando.
      Sono state trasferite 80 persone, pare a Bologna, Reggio Emilia, Parma, Piacenza e Ascoli, per mezzo di almeno quattro pulman di penitenziaria e altre camionette.

      I media di regime, ricostruiscono la vicenda come partita dalla sezione lavoranti, ed estesasi poi a tutto il carcere; dove i detenuti avrebbero bruciato materassi e si sarebbero asserragliati in almeno una delle strutture, pare da qualche video impossessandosi dell’ armeria.
      Durante la rivolta sarebbero morte tre persone, la cui identità non è stata precisata, così come la causa esatta del decesso.Due sarebbero invece in rianimazione.
      Si parla di gravi danni alla struttura e di distruzione di documenti.
      Salienti tra le cause dello scoppiare della rivolta sarebbero la negazione dei colloqui e la mancanza di mediatori causa IL virus, oltre che la sicurezza sanitaria interna alla struttura.

    • Les prisonnier.es italiens se révoltent face aux interdictions de parloirs. Nous avons longuement parlé de la situation en #Italie lors de notre dernière émission de radio : des #mutineries ont eu lieu dans au moins 37 prisons et au moins 13 prisonniers sont morts. Nous reproduisons, ici, trois lettres de prisonniers de la prison de Poggiareale à #Naples et diffusons une vidéo de la prison pour femmes de Naples où ces dernières se font entendre à l’extérieur.
      http://lenvolee.net/trois-lettres-de-prisonniers-a-naples
      http://www.lenvolee.net/wp-content/uploads/2020/03/lenvolee-20-03-13.mp3
      – Coronavirus : sur la situation en Italie et des révoltes dans les prisons là-bas. Lettres de prisonniers de la prison de Naples.
      – Coronavirus : sur la situation dans les #prisons_françaises.
      – Condé sur Sarthe : un an après le blocage des matons.

  • Selfie, avoir 16 ans à #Naples

    Alessandro et son meilleur ami Pietro, équipés d’un iPhone, filment leur vie à Traiano, un quartier de Naples contrôlé par la mafia locale et connu pour ses trafics de drogue. Les deux jeunes racontent leur amitié et aussi l’histoire de leur ami Davide, qui a été tué par un carabinier. Davide avait seize ans, leur âge aujourd’hui.


    http://www.film-documentaire.fr/4DACTION/w_fiche_film/55207_1
    #film #documentaire #film_documentaire
    Filmé en #smartphone...

    #violences_policières #meurtre #Traiano #jeunes #jeunesse #camorra #quartiers_populaires #Davide_Bifolco #médias #police #impunité #Italie

  • À #Naples, les immigrés en proie à la montée du #racisme | Slate.fr
    http://www.slate.fr/story/179076/naples-immigres-racisme-salvini

    Impossible de s’intégrer dans une ville où l’économie informelle règne et le racisme croît. La situation s’est encore détériorée depuis l’entrée de la Ligue au gouvernement.

    #immigration

  • From Palermo and Barcelona to Naples: For the Right to Mobility and the Right to Rescue!
    Naples, Italy, 22 June 2019

    Humanitarian rescue NGOs, civil society organisations, and activist groups, including Sea-Watch, Alarm Phone, Mediterranea, Seebrücke, Aita Mari, Jugend Rettet, Borderline Europe, Inura, Open Arms, and Welcome to Europe, as well as representatives of several European cities and municipalities, including Naples and Barcelona, have come together to work toward a collective European and Mediterranean initiative. Our movement was born in Palermo in 2018 and in the spirit of the Charter of Palermo, with its central demand for the right of mobility. Our slogan is: “From the Sea to the Cities!”

    After our meetings in Palermo and Barcelona, we were hosted by the Municipality of Naples on 20-21 June 2019. Naples is a city that has declared its port a safe harbour in light of the restrictive and anti-migrant measures of the current Italian government, especially its interior minister. Over the past two days we have strengthened the collaboration between humanitarian rescue NGOs, civil society organisations, activist groups and city administrators. Our main aim is to join together in the struggle against the mass dying in the Mediterranean Sea. Those rescued at sea must be brought to safe harbours and be allowed to live freely and in dignity in European cities.

    We declare our solidarity with the 43 survivors, including unaccompanied minors, who were rescued by Sea-Watch 3 but who are still today, 10 days after their rescue, stuck on the rescue boat. We condemn the refusal to allow Sea-Watch 3 and its guests to land at a safe harbour. Together with the survivors we demand from the Italian government as well as the European institutions and community to immediate guarantee their disembarkation.

    https://alarmphone.org/en/2019/06/22/from-palermo-and-barcelona-to-naples-for-the-right-to-mobility-and-the-right-to-rescue/?post_type_release_type=post

    #asile #migrations #réfugiés #droit_à_la_mobilité #droit_au_sauvetage #Palerme #Barcelone #Naples

    ajouté à la métaliste:
    https://seenthis.net/messages/759145

  • I migranti rispediti in Italia dalla Svizzera: “Legati e picchiati, volevano toglierci la bimba”

    Non hanno nessuna intenzione di dimenticare, né paura di denunciare. E allora eccoli qui #Joelson e #Tatiana, mano nella mano, la piccola #Leora in braccio, nel centro di accoglienza di Napoli gestito dalla Ong Laici Terzo Mondo, a raccontare il loro ritorno in Italia da «dublinanti», l’agghiacciante brutalità con la quale sono stati rispediti in Italia dalla Svizzera, il Paese con il quale proprio ieri, in visita presso il centro federale d’asilo di Chiasso, il ...


    https://rep.repubblica.it/pwa/generale/2019/06/21/news/_legati_e_picchiati_volevano_anche_toglierci_la_bimba_-229346010
    #dublinés #Italie #Suisse #asile #migrations #réfugiés #violence #Dublin #règlement_dublin #renvois_Dublin
    #paywall

    • Famiglia del Camerun denuncia il trattamento della polizia

      Manette e catene. Cappuccio e casco. Il ricordo di quei momenti ancora li terrorizza. Joelson e Tatiana, 25 anni lui originario del Camerun, 23 lei originaria della Costa d’Avorio, non dimenticheranno mai quelle ore di qualche mese, quando sono stati prelevati dal loro appartamento di #Albinen e, via Zurigo, riportati in Italia, a Napoli. L’hanno raccontato alla Repubblica, che li ha incontrati nel centro di accoglienza di Napoli durante una serie di servizi sui migranti che da Berlino vengono rimandati in Italia. «Ci hanno messo le manette alle mani e le catene ai piedi». E lo ripete al Caffè la responsabile del centro di accoglienza di Napoli gestito da una Ong, Renata Molino, che più volte ha sentito la loro testimonianza. «Sapevano di non poter restare in Svizzera, sapevano del regolamento di Dublino, avevano già firmato le carte per il trasferimento. Erano pronti, insomma. Perché quindi tanta violenza, continuano a chiedersi». Una violenza che coglie di sorpresa la polizia vallesana: «Non ci risulta un rimpatrio da Albinen a Zurigo di una famiglia di origine africana - dice al Caffè il portavoce Markus Rieder -. Questo è un piccolissimo villaggio. Solitamente bisogna prendere queste dichiarazioni con le pinze. Approfondiremo comunque il caso e nei prossimi giorni daremo maggiori dettagli sulla vicenda. Vogliamo anche noi capire come sono andati i fatti».
      Fatti che, stando alle parole di Joelson e Tatiana, fanno rabbrividire. E che riaccendono le polemiche attorno ai rimpatri forzati. «Sono qui da noi da qualche mese e sin dal primo giorno hanno raccontato questa storia, le stesse parole ogni volta - sottolinea Renata Molino -. Abbiamo un mediatore culturale che viene dal Camerun, il Paese del marito, quindi è difficile che le loro parole siano state distorte». Resta il dubbio che, forse, non si tratti di Albinen, ma di un altro paese, magari lì vicino, sempre nella Svizzera francese, vista la loro origine e la lingua comune. Ma poco importa.
      E Tatiana racconta: «Quel giorno ero casa da sola con la piccola Leora, nata in Svizzera, all’epoca aveva pochi mesi. Mio marito era fuori. Suona il campanello, sono dei poliziotti mi dicono che c’è un aereo pronto per noi. Cerco di andare verso mia figlia. Me lo impediscono, mi afferrano per le braccia, mi ammanettano e mi incatenano. E mi picchiano, perché grido».
      Ad un certo punto le avrebbero chiesto di spogliarsi per una perquisizione corporale. «Mi strappano gli abiti, mi toccano ovunque». Nel frattempo rientra Joelson. «Picchiano e strattonano anche lui. Ma lo saprò solo dopo, quando ci rivedremo all’aeroporto. Senza nostra figlia, che non sappiamo dov’è». Tatiana si ribella. La situazione precipita. «Mi mettono - ha raccontato la donna - un casco nero sul cappuccio, un nastro sulla bocca, poi ci fanno salire sull’aereo e ci legano al sedile». Poi la piccola arriva in braccio a una poliziotta. «Li supplico di darmela. ‘No è nata in Svizzera e qui resta’, dicono le guardie». Si scatena l’inferno. Marito e moglie si rivoltano, gridano, protestano. Sino a quando il pilota esce dalla cabina e dice che così non parte. La piccola, sempre nella versione dei profughi, viene portata a bordo e messa in fondo all’aereo, dove resterà sino alla fine del viaggio. A Napoli la coppia viene slegata, la bimba riconsegnata. «Mai avremmo pensato di subire tanta violenza anche in Europa, già l’abbiamo patita nei nostri Paesi».

      http://www.caffe.ch/stories/Attualit%C3%A0/63300_ci_hanno_rimpatriati_legati_e_bendati
      #Naples

    • "Schiacciata nel casco cercavo la mia Leora"

      «Proprio così! Sì, come su questa foto. Ci hanno legati al sedile dell’aereo e poi ci hanno messo in testa quello, sì, una specie di casco. Tanto che mi è rimasta la bocca aperta e non riuscivo più a chiuderla, le mie guance erano completamente schiacciate dentro». Non cambia versione neanche di una virgola Tatiana, rispetto a quanto abbiamo pubblicato la scorsa domenica. Anzi. Via WhatsApp, con un audio in francese, in settimana ha risposto al cronista del Caffè che le ha fatto avere le immagini sulle modalità di un rinvio forzato, fasce, ferma braccia e casco da pugile. E ribadisce, immagine dopo immagine, la violenza con cui, dice, è avvenuto il loro rimpatrio.
      Tatiana, 23 anni, originaria della Costa d’Avorio, il marito Joelson, 25 anni, del Camerun, e la piccola Leora, nata in Svizzera, qualche mese fa sono stati prelevati dall’appartamento dove vivevano da circa un anno e portati all’aeroporto. «Ci hanno rispediti legati e bendati da Zurigo a Napoli», aveva raccontato la coppia a Repubblica, che per prima ha pubblicato la loro storia, e le loro parole le aveva confermate al Caffè Renata Molino, la responsabile del centro profughi di Napoli, dove sono tuttora ospitati, e che sin dal primo giorno ha ascoltato la drammatica testimonianza della loro partenza.
      La famiglia di profughi viveva ad #Arwangen, non ad Albinen, come erroneamente scritto. Nel piccolo comune del canton Berna, nella regione dell’Emmental-Alta Argovia, esiste infatti un centro migranti gestito dall’Esercito della Salvezza. «Probabilmente si sono confusi, oppure non si sono capiti con il mediatore culturale che sin dal primo giorno ha raccolto le loro voci», spiega Renata Molino. Ma tutto ciò, ovviamente, che siano stati prelevati da Albinen o da Aarwangen, non cambia la sostanza del loro racconto.
      Joelson e Tatiana hanno raccontato di essere stati portati via dal loro alloggio di Arwangen in manette e catene. «Non era necessario perché sapevamo di non poter restare in Svizzera, ci avevano spiegato del regolamento di Dublino, avevamo già firmato anche le carte per il trasferimento», ha più volte ripetuto Tatiana che ancora oggi si continua a chiedere il motivo di tanta violenza. «Ad un certo punto ci hanno messo in testa una specie di casco - riprende nel suo audio WhatsApp -. Improvvisamente mi sono trovata il viso schiacciato, riuscivo a vedere solo da un buco. Ero molto spaventata». A contribuire alla disperazione, la figlia che continuava a piangeva in fondo all’aereo, dove è stata lasciata per tutto il viaggio. Mentre Tatiana si ribellava, voleva andare da lei". Ad un certo punto la donna inizia a dimenarsi, vuole sua figlia, è preoccupata perché non riesce a vederla. «Sbattevo i piedi per terra e muovevo la testa. Allora mi hanno bloccato con la forza, mi tenevano il collo e mi tiravano i capelli. Ma cosa potevo fare? Ero fissata con le fasce al sedile e non potevo quasi muovermi».

      http://caffe.ch/stories/cronaca/63308_schiacciata_nel_casco_cercavo_la_mia_leora

    • "Ci hanno rimpatriati...legati e bendati"

      Manette e catene. Cappuccio e casco. Il ricordo di quei momenti ancora li terrorizza. Joelson e Tatiana, 25 anni lui originario del Camerun, 23 lei originaria della Costa d’Avorio, non dimenticheranno mai quelle ore di qualche mese, quando sono stati prelevati dal loro appartamento di Albinen e, via Zurigo, riportati in Italia, a Napoli. L’hanno raccontato alla Repubblica, che li ha incontrati nel centro di accoglienza di Napoli durante una serie di servizi sui migranti che da Berlino vengono rimandati in Italia. «Ci hanno messo le manette alle mani e le catene ai piedi». E lo ripete al Caffè la responsabile del centro di accoglienza di Napoli gestito da una Ong, Renata Molino, che più volte ha sentito la loro testimonianza. «Sapevano di non poter restare in Svizzera, sapevano del regolamento di Dublino, avevano già firmato le carte per il trasferimento. Erano pronti, insomma. Perché quindi tanta violenza, continuano a chiedersi». Una violenza che coglie di sorpresa la polizia vallesana: «Non ci risulta un rimpatrio da Albinen a Zurigo di una famiglia di origine africana - dice al Caffè il portavoce Markus Rieder -. Questo è un piccolissimo villaggio. Solitamente bisogna prendere queste dichiarazioni con le pinze. Approfondiremo comunque il caso e nei prossimi giorni daremo maggiori dettagli sulla vicenda. Vogliamo anche noi capire come sono andati i fatti».
      Fatti che, stando alle parole di Joelson e Tatiana, fanno rabbrividire. E che riaccendono le polemiche attorno ai rimpatri forzati. «Sono qui da noi da qualche mese e sin dal primo giorno hanno raccontato questa storia, le stesse parole ogni volta - sottolinea Renata Molino -. Abbiamo un mediatore culturale che viene dal Camerun, il Paese del marito, quindi è difficile che le loro parole siano state distorte». Resta il dubbio che, forse, non si tratti di Albinen, ma di un altro paese, magari lì vicino, sempre nella Svizzera francese, vista la loro origine e la lingua comune. Ma poco importa.
      E Tatiana racconta: «Quel giorno ero casa da sola con la piccola Leora, nata in Svizzera, all’epoca aveva pochi mesi. Mio marito era fuori. Suona il campanello, sono dei poliziotti mi dicono che c’è un aereo pronto per noi. Cerco di andare verso mia figlia. Me lo impediscono, mi afferrano per le braccia, mi ammanettano e mi incatenano. E mi picchiano, perché grido».
      Ad un certo punto le avrebbero chiesto di spogliarsi per una perquisizione corporale. «Mi strappano gli abiti, mi toccano ovunque». Nel frattempo rientra Joelson. «Picchiano e strattonano anche lui. Ma lo saprò solo dopo, quando ci rivedremo all’aeroporto. Senza nostra figlia, che non sappiamo dov’è». Tatiana si ribella. La situazione precipita. «Mi mettono - ha raccontato la donna - un casco nero sul cappuccio, un nastro sulla bocca, poi ci fanno salire sull’aereo e ci legano al sedile». Poi la piccola arriva in braccio a una poliziotta. «Li supplico di darmela. ‘No è nata in Svizzera e qui resta’, dicono le guardie». Si scatena l’inferno. Marito e moglie si rivoltano, gridano, protestano. Sino a quando il pilota esce dalla cabina e dice che così non parte. La piccola, sempre nella versione dei profughi, viene portata a bordo e messa in fondo all’aereo, dove resterà sino alla fine del viaggio. A Napoli la coppia viene slegata, la bimba riconsegnata. «Mai avremmo pensato di subire tanta violenza anche in Europa, già l’abbiamo patita nei nostri Paesi».

      http://www.caffe.ch/stories/cronaca/63300_ci_hanno_rimpatriati_legati_e_bendati

  • Maires de grandes #villes européennes, ils lancent un appel pour les migrants

    Les maires de #Madrid, #Barcelone et plusieurs grandes villes italiennes se sont réunis samedi à Rome pour lancer un appel « à sauver l’Europe d’elle-même » sur la question de l’accueil des migrants.

    Vendredi soir, le pape François avait reçu Manuela Carmena et Ada Colau, maires de Madrid et Barcelone, ainsi qu’Oscar Camps, fondateur de l’ONG de secours de migrants Proactiva Open Arms, pour évoquer cette question, a annoncé le Saint-Siège dans la matinée.

    Samedi matin, les deux femmes ont discuté pendant plus de deux heures avec leurs homologues de #Saragosse, #Valence mais aussi #Naples, #Palerme, #Syracuse, #Milan et #Bologne, des villes italiennes engagées dans l’accueil des migrants, avant de signer un appel commun.

    « La mer Méditerranée a été la maison commune de civilisations millénaires dans lesquelles les échanges culturels ont permis le progrès et la prospérité. Aujourd’hui, elle est devenue la fosse commune de milliers de jeunes », ont-ils dénoncé, y voyant « un naufrage » de l’Europe.

    « Nous devons sauver l’Europe d’elle-même »

    « Nous devons sauver l’Europe d’elle-même. Nous refusons de croire que la réponse européenne face à cette horreur soit la négation des droits humains et l’inertie face au droit à la vie. Sauver des vies n’est pas un acte négociable et empêcher le départ des bateaux (de secours) ou leur refuser l’entée au port est un crime », ont-ils ajouté.

    Les maires signataires ont loué l’engagement des ONG de secours en mer — dont la quasi-totalité des navires sont actuellement bloqués —, des garde-côtes italiens et espagnols et des organisations humanitaires présentes le long des frontières européennes où les migrants sont refoulés.

    Ils ont annoncé la formation d’une « #alliance » pour appuyer les #ONG de #secours en mer et pour « remettre à flot » le projet européen et ses principes fondateurs.

    https://www.rts.ch/info/monde/10205859-maires-de-grandes-villes-europeennes-ils-lancent-un-appel-pour-les-migr
    #villes-refuge #ville-refuge #résistance #solidarité #asile #migrations #réfugiés #urban_matter #sauvetage #Méditerranée

    • Chiamata ai sindaci e alle sindache

      Appello. Naufraga il progetto europeo, quando si vendono armi e si alimenta il conflitto a Sud e a Oriente del Mediterraneo senza assumersene alcuna responsabilità, quando si sceglie di alzare muri per creare zone di buio informativo e umanitario, quando si chiudono le frontiere comprando governi terzi e pagando eserciti stranieri affinché facciano il lavoro sporco.

      Il Mar Mediterraneo è stato la casa comune di civiltà millenarie nelle quali l’interscambio culturale ha significato progresso e prosperità. Oggi è divenuto la fossa comune di migliaia di giovani che vi trovano la morte per l’assenza di canali d’ingresso legali e sicuri.

      Le città, luogo di convivenza di uomini e donne di origini molto diverse tra loro e rifugio di migranti e richiedenti asilo, guardano con stupore alla deriva (all’atteggiamento?) degli stati europei nei confronti dei diritti delle persone che cercano di attraversare il Mediterraneo.

      Riteniamo legittimo l’obiettivo di fuggire dalla violenza o dalla mancanza di opportunità e libertà democratiche, e crediamo che la soluzione sia la pace e la democrazia, così come riteniamo che le migrazioni debbano essere gestite in maniera ordinata sotto il coordinamento di diversi organi governativi. Riconosciamo altresì che i nuovi arrivati e le nuove arrivate debbano avere gli stessi diritti e gli stessi doveri di ogni altro cittadino.

      La chiusura dei porti italiani e maltesi alle navi di soccorso e il recente blocco burocratico nei porti spagnoli e italiani delle navi Open Arms, Aita Mari, SeaWatch3, insieme a quello dei porti francesi, sono esempi pratici di come anche l’Europa stia naufragando.

      Riteniamo che l’Europa naufraghi quando viola la legge del mare, quando riduce i mezzi della propria guardia costiera, quando accusa di traffico di esseri umani chi li soccorre, facendo ciò che dovrebbero fare gli stati, quando cerca di annullare i meccanismi di solidarietà nelle nostre città. Naufraga quando i governi europei, nascosti dietro le proprie bandiere e presunte soluzioni pratiche, rifiutano di aiutarsi in modo solidale nell’affrontare il tema dei flussi migratori dovuti a conflitti regionali.

      Naufraga il progetto europeo, quando si vendono armi e si alimenta il conflitto a Sud e a Oriente del Mediterraneo senza assumersene alcuna responsabilità, quando si sceglie di alzare muri per creare zone di buio informativo e umanitario, quando si chiudono le frontiere comprando governi terzi e pagando eserciti stranieri affinché facciano il lavoro sporco. Naufraga quando si confondono le vittime dei conflitti con i loro assassini, come sta facendo l’estrema destra europea.

      Dobbiamo salvare l’Europa da se stessa. Rifiutiamo di credere che la risposta europea di fronte a questo orrore sia la negazione dei diritti umani e l’inerzia di fronte al Diritto alla Vita. Salvare vite non è un atto negoziabile e negare la partenza alle navi o rifiutarne l’entrata in porto, un crimine. Costringere le persone a vivere in un clima crescente di disuguaglianza su entrambe le sponde del mare è una soluzione a breve termine che non garantisce alcun futuro, soprattutto quando i flussi migratori più imponenti si producono seguendo altre rotte, non quelle marittime.

      Le città presenti vogliono riconoscere l’azione e il coraggio della società civile rappresentata dalle navi di Open Arms, SeaWatch, Mediterranea, Aita Mari, SeaEye, del peschereccio di Santa Pola, del sindaco di Riace, della Guardia Costiera italiana e dello spagnolo Salvamento Maritimo, così come di tutte le organizzazioni umanitarie che operano alle frontiere. Esigiamo che il governo italiano e quello spagnolo nonché la Commissione Europea abbandonino la strategia di bloccarle e criminalizzarle.

      Oggi ci siamo riuniti a Roma per sigillare un’alleanza tra città europee che diano appoggio alle organizzazioni umanitarie e alle navi europee di soccorso nel Mediterraneo. Allo stesso tempo, le città europee continueranno a lavorare insieme per combattere l’involuzione dei principi fondativi della Ue e riportare il progetto europeo a galla. Un’alleanza in mare e una in terra per un Mediterraneo che abbia un futuro.
      Testo dell manifesto sottoscritto dai sindaci di Barcellona, Madrid, Saragoza, Valenzia, Napoli, Palermo, Siracusa, Milano, Latina e Bologna

      https://ilmanifesto.it/chiamata-ai-sindaci-e-alle-sindache

    • Migranti, l’alleanza dei sindaci del Mediterraneo: stop naufragio Europa

      Il sostegno alle Ong impegnate nel soccorso dei migranti nel Mediterraneo, ma soprattutto un patto per fermare «l’involuzione dei principi fondativi» dell’Europa e «riportare il progetto europeo a galla». A tre mesi dalle elezioni europee arriva dai sindaci di alcune grandi città italiane e spagnole la sfida alla politica sovranista del blocco dei porti. A siglare in un albergo di Roma l’alleanza per «salvare l’Europa da se stessa» sono i primi cittadini di Barcellona, Madrid, Saragozza Valencia, Napoli, Palermo, Siracusa, Milano, Bologna e Latina. Un incontro al quale partecipano anche i rappresentanti di Sea Watch, Proactiva Open Arms e Mediterranea.

      «Abbiamo costruito questo manifesto per portare una denuncia alla Commissione europea, per intensificare i rapporti tra città europee e per creare un’altra politica di integrazione e accoglienza perché questa politica attuale ci sta portando al disordine e ad indebolire il progetto europeo» afferma Ada Colau sindaco di Barcellona.

      https://video.repubblica.it/dossier/migranti-2019/migranti-l-alleanza-dei-sindaci-del-mediterraneo-stop-naufragio-europa/326699/327302

    • Encore une fois un lien se crée entre les #ports et les #villes...

      La lezione «tedesca» all’Italia: 50 città pronte ad accogliere i migranti di #Sea_Watch

      „Ma il ministro degli Interni blocca l’iniziativa: «Ripartizione anche in altri Stati membri». Intanto il Consiglio d’Europa boccia la collaborazione del nostro Paese e dell’intera Unione con la Libia“

      Cinquanta città tedesche sono pronte ad accogliere i 43 migranti a bordo della nave Sea Watch che il leader della Lega Matteo Salvini vorrebbe rispedire in Libia e che da giorni è al largo dello coste italiane in attesa di poter attraccare in uno dei porti del Belpaese. E’ quanto ha reso noto il ministero degli Interni di Berlino.

      Lo stesso ministero che, stando a quanto riferisce il settimanale Der Spiegel, starebbe invece opponendosi a questa eventualità. Il titolare degli Interni, Horst Seehofer, tra gli esponenti del governo a favore di una linea più dura sull’immigrazione, vorrebbe infatti che vi sia «la partecipazione più ampia possibile di altri Stati membri dell’Ue e l’assunzione del coordinamento da parte della Commissione europea» per concedere alle città che hanno espresso formale richiesta di accogliere i migranti della Sea Watch.

      La nave, pur battendo bandiera olandese, è di fatto lo strumento operativo dell’omonima associazione che ha sede a Berlino e che da anni salva centinaia di vite umane nel Mediterraneo, tra le accuse di complicità con gli scafisti mosse, finora senza riscontri, dall’Italia. L’ultimo salvataggio ha riaperto il fronte di scontro tra le ong e il governo, in particolare il ministro Salvini, che minaccia di applicare il decreto sicurezza bis, che vieta alle unità delle organizzazioni non governative l’ingresso nelle acque italiane a pena di sanzioni amministrative fino a 50 mila euro.

      Per il leader della Lega, la Sea Watch avrebbe dovuto riportare le persone salvate in Libia. Ma sia per l’Unione europea, sia per l’Onu, sia per il Consiglio d’Europa, ultimo organismo internazionale a pronunciarsi in merito, il Paese nordafricano non puo’ considerarsi un porto sicuro. Pertanto, i migranti andrebbero portati in Italia.

      Secondo il Consiglio d’Europa, organismo che ha sede a Strasburgo ma, è bene ricordare, non c’entra nulla con l’Ue, gli Stati europei devono «sospendere ogni collaborazione con la Libia finché non sarà provato che non sono violati i diritti umani delle persone sbarcate sulle sue coste». Nelle sue raccomandazioni, il commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, Dunja Mijatovic, evidenzia anche che la responsabilità per le operazioni di ricerca e salvataggio, gli sbarchi e l’accoglienza delle persone soccorse deve essere condivisa tra tutti gli Stati membri della Ue e non demandata unicamente a quelli costieri.“

      http://europa.today.it/attualita/seawatch-germania-migranti.html
      #Allemagne #Sea-Watch

  • #Fortapàsc

    En 1985, Giancarlo Siani est tué de dix balles de revolver. Il avait 26 ans. Il était journaliste au quotidien "Il Mattino" et avait le défaut de s’informer, de vérifier les nouvelles, d’enquêter sur les faits. Nous le suivons ici dans les quatre derniers mois de sa vie : son dernier été, quand il descendait tous les jours dans l’enfer de Torre Annunziata, règne du boss mafieux #Valentino_Gionta. A cette période, tout tournait autour des intérêts pour la reconstruction de l’après-tremblement de terre de 1980. Au milieu des « camorristes », des politiciens corrompus, des magistrats craintifs et des carabiniers impuissants, Giancarlo voyait. Il comprenait.


    http://www.allocine.fr/film/fichefilm_gen_cfilm=174715.html
    #film #journalisme #presse #médias #meurtre #assassinat #Naples #mafia #Italie #Torre_Annunziata #camorra #appels_d'offre #reconstruction #tremblement_de_terre #catastrophes_naturelles #Giancarlo_Siani #corruption

  • Fil de discussion sur les résistances au #Decreto_Salvini

    Une #carte :


    http://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2019/01/04/-sicurezza-salvini-legge-stato-firmata-da-mattarella-_04c71304-ad4c-4b71-9287-0

    Décompte : 157 communes qui s’opposent plus ou moins ouvertement au décret salvini.

    La région #Sicile, par contre, a décidé de ne pas faire recours :
    Sicurezza, Musumeci non segue Orlando. « La Sicilia non farà ricorso alla Consulta »
    https://www.lasicilia.it/news/politica/213400/sicurezza-musumeci-non-segue-orlando-la-sicilia-non-fara-ricorso-alla-cons

    Et une #carte, que je vais essayer de mettre à jour régulièrement :


    http://u.osmfr.org/m/279671
    En rouge : les maires qui disent NON
    En orange : des oppositions citoyennes et de la société civile
    #cartographie #visualisation

    Des maires italiens se lèvent contre les mesures anti-migrants de Salvini

    Plus d’une centaine de maires italiens font front contre la loi 132 sur la sécurité, tant voulue par le ministre de l’intérieur, Matteo Salvini. Ils dénoncent les mesures qui concernent les migrants, inconstitutionnelles selon eux.

    https://www.mediapart.fr/journal/international/120119/des-maires-italiens-se-levent-contre-les-mesures-anti-migrants-de-salvini

    #villes-refuge #ville-refuge

    • ANCHE IL COMUNE DI BRINDISI CHIEDE LA SOSPENSIONE DEL DECRETO SALVINI

      È appena passato in Consiglio Comunale l’ordine del giorno presentato dai gruppi di maggioranza: Brindisi Bene Comune, PD, Ora tocca a noi e Liberi e Uguali riguardo l’impatto sui territori del decreto Legge 4 ottobre 2018, n.113 in materia di immigrazione e sicurezza.
      Insieme alla giunta mi impegno a chiedere al Ministro dell’interno Matteo Salvini ed al Governo di sospendere, in via transitoria fino a conclusione dell’iter parlamentare, gli effetti dell’applicazione del Decreto Legge n.113/2018 e ad aprire un confronto con la Città di Brindisi e con la sua Provincia, oltre che in generale le città italiane, al fine di valutare le ricadute concrete di tale Decreto sull’impatto in termini economici, sociali e sulla sicurezza dei territorio.
      Mettere in discussione il modello di accoglienza degli SPRAR significa compromettere la dignità degli immigrati e la sicurezza dei cittadini e delle cittadine.
      Paradossalmente il Decreto Salvini alimenta e genera insicurezza.

      https://www.facebook.com/riccardo.rossi.90475/posts/10215191533634416
      #Brindisi

    • Il Comune di #Senigallia ha respinto il decreto Salvini

      «Stravolge il senso dell’accoglienza, non ne sentivamo proprio il bisogno».

      Il Comune di Senigallia, così come tanti Comuni grandi e piccoli, ha respinto il cosiddetto decreto “Salvini”. Di questo decreto non se ne sentiva proprio il bisogno!

      Il nostro Comune dal 2007 fa parte del Network dei primi 100 Comuni europei per le buone pratiche di accoglienza e integrazione riconosciuto dal Consiglio d’Europa. Pratiche attuate non per “buonismo” ma nell’interesse di tutti, anche del migrante.

      Senigallia aveva aderito al progetto SPRAR (gestito dalla Caritas non dalla ‘ndrangheta o da mafia capitale!) che prevedeva fino ad un massimo di 55 migranti, attualmente ne accogliamo 36. Aver accettato questa quota ci ha garantito di non dover accogliere altri migranti quando la prefettura si trova in emergenza.

      Il decreto stravolge in peggio il sistema dell’accoglienza. Fino ad ora esisteva un sistema di prima accoglienza e seconda accoglienza. La prima formata dai CAS, i Centri di accoglienza straordinaria dove si procede all’identificazione del migrante, si esamina la domanda di asilo, si valuta lo stato di salute e la sussistenza di eventuali condizioni di vulnerabilità , come aver subito stupro, violenza, stato di gravidanza e presenza di un nucleo famigliare. La seconda lo SPRAR, sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, si attiva una volta esaurita la prima fase e punta non solo al mantenimento delle condizione essenziali di vita ma si preoccupa di facilitare l’integrazione in attesa della valutazione delle Commissioni territoriali provinciali. Il decreto toglie ogni riferimento alla seconda accoglienza per i richiedenti asilo, riduce drasticamente la possibilità di accedere allo status di rifugiato e prevede i Centri di permanenza per il rimpatrio (CPR) dove possono essere avviati (reclusi) per 6 mesi tutti gli altri, anche persone che hanno subito violenza, stupro e dove sono separati i mariti dalle mogli e dai figli.

      Una vergogna di cui presto o tardi, ma inevitabilmente, verrà chiesto conto a tutti, anche a coloro che non si sono opposti!

      E veniamo alla parte che riguarda la sicurezza. Siamo d’accordo con Salvini, la qualità di una democrazia si misura nella sicurezza che infonde ed assicura ai propri cittadini. E gli italiani non si sentono affatto sicuri, tanto che tutta una serie di patologie legate a stress o ansia e depressione sono in drammatico aumento. In tutte le indagini sociologiche risulta che le persone non si sentono al sicuro per la mancanza di lavoro, di discontinuità del reddito, per il timore di perderlo, per una pensione o uno stipendio che non è sufficiente a pagare l’affitto o il mutuo o a mantenere i figli all’Università o a pagare gli esami medici o ad acquistare le medicine.

      Però Salvini e la sua imponente macchina comunicativa ci sta distogliendo dai veri obiettivi, dai responsabili del nostro disagio e sta riuscendo a convincerci che la nostra sicurezza dipende dall’emergenza migranti (che non c’è e non c’è mai stata!), reati predatori e incolumità personale e decoro urbano e quindi serve polso di ferro contro gli ultimi arrivati e più pistole per tutti per la legittima difesa. Bisognerebbe ricordare che la Norvegia, paese multietnico, dove si investe di più nel welfare, è il paese d’Europa dove la percezione di sicurezza è più elevata e la polizia è disarmata!

      http://www.senigallianotizie.it/1327473188/il-comune-di-senigallia-ha-respinto-il-decreto-salvini

    • A.A.A. COMUNICATO STAMPA SUL DECRETO SICUREZZA DELLE FAMIGLIE ACCOGLIENTI dei RAGAZZI RIFUGIATI

      “Dovrete espellere anche noi”

      Come famiglie che hanno un ragazzo africano o asiatico con loro siamo indignate e offese dal fatto che il governo abbia posto la fiducia sul Decreto n. 113/2018, bugiardamente definito “Decreto sicurezza” quando in realtà aumenterà il numero di migranti in situazione irregolare e creerà maggiore insicurezza nelle nostre città.
      Si tratta di un decreto che non avrebbe mai dovuto nascere, poiché non esisteva alcun motivo di “urgenza” per regolare una materia complessa e variegata com’è l’immigrazione: si tratta di un vizio di legittimità costituzionale che non viene sanato dalla conversione in legge attraverso i voti della Camera e del Senato. Inoltre il decreto è palesemente incostituzionale perché disomogeneo al suo interno, senza parlare della violazione degli obblighi internazionali dell’Italia e dell’articolo 10 della Costituzione dovuta all’abolizione del permesso di soggiorno per motivi umanitari.
      Queste ragioni sono state ignorate dai 336 deputati che hanno votato “sì” alla fiducia ieri, un voto che non aveva altra ragione se non quella di impedire un dibattito parlamentare dal quale sarebbero emerse le crepe all’interno della maggioranza, all’interno della quale è stato effettuato uno scambio tra temi che interessavano il Movimento 5 stelle (la riforma della prescrizione) e materie che interessavano alla Lega (il decreto 113/2018). Uno scandaloso mercimonio su misure che ledono i fondamentali diritti delle persone.
      Come famiglie accoglienti vi vogliamo dire solo questo: la nostra battaglia non finisce qui. Non metterete in pericolo la vita e la felicità di ragazzi che parlano italiano, lavorano, studiano, vogliono vivere e amare nel nostro paese. Questo decreto è ignobile e noi lo combatteremo in tutte le sedi, dalla Corte Costituzionale fino alla Corte Europea di Strasburgo.
      Se vorrete cacciare questi preziosi giovani dovrete farlo espellendo anche noi.

      Famiglie Accoglienti di Bologna
      famiglie.accoglienti.bologna@gmail.com

      con Diego Rufillo Passini Stefania Andreotti Giovanni Sean Panettiere Sara Forni Marina Amaduzzi Alessandro Alvisi Ilaria Venturi Francesca Paron Dina Galli Pietro Andriotto Giacomo Rondelli Angelo Dattilo Benito Fusco Anna Salfi Paolo Brighenti Gianni Brandani Fabio Brandani Benedetto Brandani Giacomo Brandani Giovanni Genova

      Reçu d’une amie via whatsapp

    • Migranti, il borgo di #Sutera contro il dl Salvini: ‘Nessuno per strada. Pagheremo l’accoglienza con il bilancio comunale’

      «Anche il Comune ha tratto beneficio dal progetto Sprar», spiega il sindaco. «Sei ragazzi sono stati assunti dall’associazione che lo gestisce». Ora i 15 migranti che non hanno ottenuto lo status di rifugiati ma attendono la decisione della Commissione territoriale dovrebbero essere espulsi dal sistema di protezione

      https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/12/11/migranti-il-borgo-di-sutera-contro-il-dl-salvini-nessuno-per-strad

    • #Leoluca_Orlando sospende il decreto Salvini. Il ministro: «Pensi ai problemi di Palermo»

      L’ira del leader leghista: "Il sindaco sinistro pensa a fare «disobbedienza» sugli immigrati"

      https://www.huffingtonpost.it/2019/01/02/leoluca-orlando-sospende-il-decreto-salvini-il-ministro-pensi-ai-prob
      #Palerme

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      Leoluca Orlando sur twitter: «La sospensione dell’applicazione della l. 132/18 per quanto riguarda le competenze del sindaco non è un atto di disobbedienza civile né di obiezione di coscienza, ma la semplice applicazione dei diritti costituzionali che sono garantiti a tutti coloro che vivono nel nostro paese»
      https://twitter.com/LeolucaOrlando1/status/1080525653768843264

      #désobéissance_civile #droits_constitutionnels

    • I sindaci contro il decreto sicurezza: #Orlando, #De_Magistris, #Nardella, #Pizzarotti, #Falcomatà, #Pascucci, #Alessandrini. Disobbedienza umanitaria dei sindaci.

      L’annuncio del primo cittadino di Palermo - che sospende il provvedimento bandiera del vicepremier leghista - scuote la politica. E apre una riflessione anche tra i primi cittadini. Nardella: «Non ci pieghiamo al ricatto del dl Salvini». Pizzarotti: «Con le nuove norme difficoltà nell’avere documenti». Falcomatà: «Chiediamo un incontro al Viminale». Il ministro dell’Interno: «Legge firmata da Mattarella»

      Ha aperto una breccia, il sindaco di Palermo. Leoluca Orlando ha annunciato la sospensione, nella sua città, degli effetti del decreto sicurezza. In particolare - ma non solo - per quanto riguarda l’impossibilità di iscriversi all’anagrafe alla scadenza del permesso di soggiorno per motivi umanitari (con l’esclusione quindi da una serie di servizi sociali). «È disumano e criminogeno», dice Orlando. E poi rincara la dose: «Puzza di razziale». Orlando ha toccato un tasto dolente. Innescando reazioni politiche. E il consenso di altri sindaci. Per questo Salvini gli risponde in modo durissimo.

      De Magistris: "Noi obbediamo alla Costituzione"Il sindaco di #Napoli, Luigi de Magistris, rivendica di aver fatto subito la scelta di sospendere il decreto. Fin dall’approvazione del provvedimento: «Ho schierato la mia città dalla parte dei diritti - dice a Repubblica - noi applichiamo le leggi ordinarie solo se rispettano la Costituzione repubblicana. È obbedienza alla Carta e non disobbedienza civile. L’iscrizione all’anagrafe è fondamentale, consente alle persone di avere diritti. Sono in ballo interessi primari della persona: l’assistenza, l’asilo. Ci muoviamo in questa direzione anche per il sistema Sprar che è un’esperienza da tutelare mentre questo governo punta a riaprire centri affollati, depositi di persone che rischiano di trasformarsi in vere e proprie bombe umane».
      #Naples

      L’Anci: «Servono correttivi» Il primo cittadino di #Reggio_Calabria, Giuseppe #Falcomatà, è amareggiato: «Come sindaci avevamo rilevato queste problematiche fin da ottobre - dice a Repubblica - e non c’è stata alcuna concertazione e condivisione. Nella nostra città mai applicheremo norme che vanno contro i principi costituzionali e di accoglienza. A questo punto auspichiamo che il Viminale voglia incontrare l’Anci».

      In realtà sono molti gli aspetti del decreto contestati: «Ci dicono di sgomberare gli irregolari e non ci dicono dove collocarli», spiega Falcomatà. Ma i problemi non riguardano solo la gestione dei migranti: «Un aspetto che mi inquieta molto è anche la possibilità di vendere beni sequestrati alla mafia senza alcuna selezione. In questo modo il mafioso rischia, attraverso un prestanome, di rientrare in possesso del bene confiscato».

      Federico #Pizzarotti, primo cittadino di #Parma, è preoccupato: «Da subito abbiamo segnalato che questo decreto, per come è scritto, crea solo problemi, difficoltà nell’avere documenti e quindi nell’inserirsi in un percorso regolare, anche per ottenere un lavoro. Queste persone ovviamente non scompaiono con il decreto sicurezza, ma restano sul territorio, con difficoltà dal punto di vista del riconoscimento. Cercheremo di capire come si muovono gli altri Comuni, di coordinarci. Certo non basta una lettera di un sindaco per modificare il funzionamento dell’anagrafe e sospendere una legge dello Stato».
      #Parme

      Si schiera anche il sindaco di #Firenze, Dario #Nardella: «Firenze non si piegherà al ricatto contenuto nel decreto sicurezza che espelle migranti richiedenti asilo e senza rimpatriarli li getta in mezzo alle strade. Ci rimboccheremo le maniche perché Firenze è città della legalità e dell’accoglienza, e quindi in modo legale troveremo una soluzione per questi migranti, fino a quando non sarà lo Stato in via definitiva a trovare quella più appropriata».
      #Florence

      Alessio #Pascucci, sindaco di #Cerveteri, è anche coordinatore nazionale di Italia in Comune e denuncia: «Ai Comuni ora toccherà sobbarcarsi 280 milioni di euro di costi per la gestione del decreto, in termini di servizi sociali e sanitari rivolti ai soggetti vulnerabili. Chiediamo lo stralcio della parte relativa allo Sprar. E serve un tavolo di concertazione con l’Anci». E il presidente dell’Anci, Antonio Decaro, sindaco di Bari: «A questo punto è necessario un tavolo a livello ministeriale per introdurre i correttivi. La norma così com’è non tutela i diritti della persona».

      E il sindaco di #Pescara, Marco #Alessandrini: «Quella di Palermo è una scelta da studiare, su cui rifletterò. Ma questa è una situazione in cui noi sindaci ci troviamo a causa delle scelte criminogene, sul piano dei diritti, fatte da Matteo Salvini. Per me valgono le parole di Mattarella. La questione della sicurezza - e della convivenza - si declina attraverso diritti e doveri. E ricordo che a Pescara, come in molte altre città d’Italia, il primo nato dell’anno è figlio di una famiglia di migranti».

      Pd: «I sindaci reagiscono per tutelare le città»
      Il Pd si schiera con la mobilitazione dei sindaci. «Gli effetti del decreto Salvini purtroppo sono evidenti - dice a Repubblica Maurizio Martina - più insicurezza per tutti e meno gestione delle situazioni più delicate. Capisco i sindaci che per difendere i loro cittadini reagiscono a tutela delle città». Più tardi aggiunge: «Bisogna lavorare alla raccolta firme per un referendum abrogativo».

      Nicola #Zingaretti, altro candidato in corsa per la segreteria dem: «Mi sento vicino al sindaco Orlando al suo impegno contro l’odio e capisco la sua fatica per porre rimedio a norme confuse scritte solo per l’ossessione di fare propaganda e che spesso producono caos, più diffidenza e insicurezza per tutti. Tutto sulle spalle dei territori e degli amminisitratori locali. Dall’odio non è mai nata la sicurezza e il benessere per le persone, ma solo macerie per i furbi e i piu forti».

      https://www.diritti-umani.org/2019/01/i-sindaci-contro-il-decreto-sicurezza.html?spref=fb

    • Salvini: «Via i sindaci contrari al decreto sicurezza». Ma il sindaco di Milano #Beppe_Sala: così non va

      Sempre più aspro lo scontro tra sindaci e governo sul decreto sicurezza. Il vicepremier e ministro dell’Interno Matteo Salvini replica al sindaco di Palermo Leoluca Orlando e agli altri sindaci «dissidenti» sul decreto sicurezza. «Se c’è una legge, si rispetta. E se c’è qualche sindaco che non è d’accordo, si dimetta: dimettetevi ragazzi miei, siamo in democrazia e governano gli italiani, non qualche professorone o intellettualone o cantante o giornalista», attacca Salvini. In diretta su Facebook, dal rifugio sulla neve dove è in vacanza, il ministro dell’Interno si rivolge a «quei poveretti di sindaci di Palermo, Pescara, Napoli, Firenze, Reggio Calabria, che invece di preoccuparsi dei milioni di italiani in difficoltà per la casa, per il lavoro, per le liste d’attesa negli ospedali, per i reati che si moltiplicano, si preoccupano di dare documenti e diritti agli immigrati irregolari»: «Dico a questi sindaci che è finita la pacchia, che ne risponderanno ai loro cittadini, che gli pagano lo stipendio, ai loro figli, agli italiani che verranno, perché noi abbiamo accolto fin troppo in passato. Se pensano di intimidire qualcuno- sottolinea Salvini- hanno trovato il governo e il ministro sbagliato». Nonostante le «intromissioni» divertite della figlia piccola, Salvini mantiene toni durissimi nei confronti di «Orlando, de Magistris, Nardella, gli assessori di Milano, di Bologna»: «Non si molla di un millimetro», conclude brandendo un bombardino, la bevanda «energetica» degli sciatori.

      Milano

      Il riferimento all’assessore di Milano non è casuale. Perché il capoluogo lombardo si è unito ufficialmente al fronte della disobbedienza al decreto sicurezza lanciato mercoledì dal sindaco di Palermo, Leoluca Orlando. Beppe Sala infatti ha scritto su Facebook: «Ministro Salvini, ci ascolti e riveda il decreto sicurezza, così non va!». «Da settimane noi sindaci avevamo richiesto, anche attraverso l’Anci, di ascoltar la nostra opinione su alcuni punti critici, per esempio ampliando i casi speciali e garantendo la stessa tutela della protezione internazionale ai nuclei familiari vulnerabili, anche attraverso lo Sprar, oggi escluso dal decreto sicurezza per i richiedenti asilo» prosegue il sindaco. «Occorre inoltre valutare l’impatto sociale ed economico del decreto per le nostre città: più persone saranno per strada senza vitto e alloggio, più saranno i casi di cui noi Sindaci dovremo prenderci cura», ricorda Sala.

      Già mercoledì con un tweet (https://mobile.twitter.com/pfmajorino/status/1080478300735184896) aveva ribadito le intenzioni dell’amministrazione l’assessore al Welfare, Pierfrancesco Majorino. «Non abbiamo nessuna intenzione - ha detto in accordo con #Sala - di togliere l’iscrizione anagrafica ai richiedenti asilo che l’hanno già fatta, legge o non legge». Non solo il Comune, ha aggiunto Majorino, in queste settimane sta accogliendo nei centri per senzatetto «italiani e stranieri, senza porci il problema se siano regolari o meno: meglio averli nei centri che saperli per strada».

      https://milano.corriere.it/notizie/cronaca/19_gennaio_03/majorino-pronti-disobbedire-decreto-sicurezza-ma-sala-tace-8d306c74-

      #Milan

    • Nardella contro Salvini: «Non ci pieghiamo al ricatto del decreto sicurezza»

      Nardella contro Salvini: «Non ci pieghiamo al ricatto del decreto sicurezza»

      Un gruppo di primi cittadini, guidati dal sindaco di Palermo Leoluca Orlando, si è schierato apertamente contro il ministro degli interni Matteo Salvini decidendo di non applicare il decreto sicurezza. In prima fila anche il sindaco Dario Nardella.

      «Firenze non si piegherà al ricatto contenuto nel decreto sicurezza che espelle migranti richiedenti asilo e senza rimpatriarli li getta in mezzo alle strade - ha detto Nardella al quotidiano la Repubblica -. Ci rimboccheremo le maniche perché Firenze è città della legalità e dell’accoglienza, e quindi in modo legale troveremo una soluzione per questi migranti, fino a quando non sarà lo Stato in via definitiva a trovare quella più appropriata».

      Nardella ha incontrato poco prima di Natale il ministro degli Interni con il quale si era reso disponibile per l’apertura di un centro per i rimpatri in città. «Il governo non sta facendo i rimpatri che aveva promesso di fare. Come Comune ci prenderemo l’impegno di non lasciare nessuno in mezzo alla strada, anche se questo comporterà per noi un sacrificio in termini di risorse economiche - ha aggiunto Nardella - Ma non possiamo permetterci di assistere a questo scempio umanitario: espellere persone dai centri di accoglienza, sulla base del nuovo decreto, lasciandoli in mezzo alla strada. Il fatto grave del decreto è che individua un problema ma non trova una soluzione».

      In sostanza i sindaci hanno ordinato ai dirigenti dell’anagrafe di continuare a iscrivere nel registro dei residenti i migranti con regolare permesso di soggiorno presenti solo per motivi umanitari (secondo il decreto tali persone non dovrebbe vedersi rinnovato il permesso).


      http://www.firenzetoday.it/cronaca/nardella-salvini-decreto-sicurezza.html

    • #Siracusa, il sindaco Italia a fianco dei «disobbedienti» al Decreto Sicurezza

      Il primo cittadino auspica che il Governo ascolti i sindaci e le forze politiche che hanno evidenziato le conseguenze di questo dispositivo

      Il sindaco di Siracusa, #Francesco_Italia, al fianco dei sindaci disobbedienti verso il Decreto sicurezza.

      “Ritengo che l’articolo di legge di conversione del cosiddetto «decreto sicurezza» - dichiara il primo cittadino - negando la possibilità di iscriversi all’anagrafe e di ottenere la residenza ai possessori di permesso di soggiorno, presenti evidenti profili di illegittimità costituzionale, si ponga in contrasto con i principi comunitari e sia deprecabile da un punto di vista etico e morale".

      Da qui il suo schierarsi apertamente con i sindaci dissidente in nome dei principi costituzionali di Uguaglianza.

      "L’applicazione di questa norma - continua Italia - equivale ad un ritorno all’indietro di decenni in termini di accoglienza in quanto, senza la concessione della residenza, i comuni non potranno rilasciare al migrante la carta di identità, negandogli di conseguenza l’accesso ai servizi sanitari e ai centri per l’impiego. Il nostro paese, profondamente legato ad una tradizione umanitaria e cristiana, - aggiunge - non può far prendere il sopravvento a sentimenti di discriminazione e di paura. Mi auguro che il Governo ascolti la voce dei Sindaci e di tutte quelle forze politiche che hanno evidenziato le conseguenze in termini di sicurezza e di incertezza derivanti dalla applicazione immediata di un tale dispositivo”.

      http://www.siracusapost.it/sites/default/files/styles/articolo/public/media/italia.PNG?itok=aDvofEes
      http://www.siracusapost.it/1.71902/nota-cronaca/sicilia-siracusa-provincia-siracusa/104/siracusa-il-sindaco-italia-fianco-dei

    • Palermo, capitale dell’accoglienza: la grande lezione della Sicilia a tutta l’Italia

      Nei quartieri più poveri volontari e Comune integrano 25 mila stranieri, Ballarò rivive con Moltivolti e con i commercianti bengalesi che denunciano gli estortori della mafia. Un modello alternativo. E ora Orlando annuncia la sospensione del decreto Salvini.

      «Di questo cambiamento culturale dobbiamo ringraziare soprattutto i migranti», afferma il sindaco, «Palermo, città migrante, per cento anni ha rifiutato i migranti: le uniche migranti erano distinte signore tedesche, rumene, austriache, francesi che avevano cura di noi bambini della Palermo aristocratica. Oggi Palermo grazie all’arrivo e all’accoglienza dei migranti ha recuperato la propria armonia perduta: davanti alle moschee passeggiano musulmani, la comunità ebraica realizza una sinagoga e, qua e là, a decine sorgono templi hindu e buddisti. Oggi grazie alla presenza di migliaia di cosiddetti migranti, i palermitani scoprono il valore dell’essere persona e difendono i diritti umani, i loro diritti umani. Una ragazza disabile in sedia a rotelle, palermitana, mi ha detto: “Grazie Sindaco, da quando accogliamo i migranti io mi sento più eguale, più normale, meno diversa”. E se cominciassimo a puntare in alto? Ad accettare che i migranti ci aiutino a recuperare il ruolo del merito? Non più a chi appartieni? Ma finalmente chi sei? Chi hai deciso di essere, cosa sai fare? Don Pino Puglisi, il mio carissimo amico Pino, non combatteva la mafia con le armi e con le denunce, chiedeva venisse rispettato il diritto dei bambini del quartiere di avere una scuola, una scuola degna di questo nome e non più una scuola collocata in appartamenti di proprietà di mafiosi lautamente ricompensati con canoni di affitto gonfiati. A Palermo difendiamo l’unica razza: quella umana. Non ci sono migranti a Palermo: chi vive a Palermo è palermitano. E chi distingue gli esseri umani secondo le razze prepara Dachau e Auschwitz».

      http://espresso.repubblica.it/attualita/2019/01/02/news/palermo-accoglienza-orlando-salvini-1.330083?ref=twhe&twitter_ca

    • À Palerme et à Naples, les maires refusent d’appliquer le “décret Salvini”

      D’après la nouvelle loi promue par le ministre d’extrême droite, les demandeurs d’asile ne pourront plus s’inscrire sur les registres de l’état civil et donc posséder un domicile légal. Une mesure anticonstitutionnelle et inhumaine, estiment certains maires italiens, qui ont fait savoir qu’ils ne l’appliqueraient pas.

      https://www.courrierinternational.com/article/palerme-et-naples-les-maires-refusent-dappliquer-le-decret-sa

    • #Caltanissetta, sindaco #Ruvolo: “Sono vicino a Leoluca Orlando, decreto sicurezza non coerente con la storia italiana”

      Il sindaco di Caltanissetta, Giovanni Ruvolo, tramite un post su facebook, si schiera a favore di Leoluca Orlando nella diatriba sul decreto Sicurezza: “Tempo fa ci eravamo espressi mostrando forti perplessità sul cosiddetto decreto Salvini, sperando che il buon senso consentisse al parlamento di produrre una legge più equilibrata e rispettosa dei diritti di chi vive nel territorio italiano. Purtroppo così non è stato. La mia sensibilità verso questi argomenti mi pone, ovviamente, in linea con quella politicamente espressa dal sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, per la tutela dei diritti delle persone che vivono in Italia, nei confronti di chi lavora, studia o è titolare di un permesso di soggiorno dopo aver fatto richiesta di asilo.
      Reputo il decreto Sicurezza, soprattutto in alcune parti, non coerente con la storia italiana che ha fatto dell’accoglienza un valore. Sul piano amministrativo ho dato mandato agli uffici competenti di approfondire la questione sotto il profilo giuridico per assumere le decisioni conseguenti. Valuteremo, come primo passo, l’opportunità di mettere per iscritto le motivazioni del diniego all’iscrizione all’anagrafe che scaturiscono dall’applicazione dell’articolo 13 del decreto Sicurezza. In questo modo i richiedenti asilo avranno la possibilità di sollevare la questione costituzionale nell’ambito di eventuali ricorsi al giudice ordinario”.


      https://www.ilfattonisseno.it/2019/01/caltanissetta-sindaco-ruvolo-sono-vicino-a-leoluca-orlando-decreto-si

    • „Il Comune dice no al decreto Salvini: «Favorirà l’illegalità sul territorio»“
      Il Comune dice no al decreto Salvini

      „Il Consiglio comunale di Torino ha detto no al decreto Salvini. Su iniziativa di Elide Tisi (Pd), prima firmataria, è stato infatti approvato - con trenta voti favorevoli e due contrari - un Ordine del giorno in materia di «Immigrazione e sicurezza». L’atto del Consiglio invita la Giunta di Palazzo Civico a chiedere al Ministero dell’Interno e al Governo di sospendere “in via transitoria fino alla conclusione dell’iter parlamentare” gli effetti dell’applicazione del Decreto Legge Salvini e ad aprire un confronto con Torino e le altre grandi città, per valutare le ricadute concrete del provvedimento in termini economici, sociali e di sicurezza dei territori.“

      http://www.torinotoday.it/politica/comune-no-decreto-salvini.html

    • Ecco i comuni che sospendono il decreto sicurezza (contro Salvini)

      È molto più di una polemica quella sollevata dal primo cittadino di Palermo Leoluca Orlando sul decreto sicurezza. Questione giuridica e ideologica che ha scatenato una fronda di sindaci ribelli, difensori dello Sprar, da Luigi de Magistris (Napoli) a Dario Nardella (Firenze), da Chiara Appendino (Torino) a Virginio Merola (Bologna). Anche Virginia Raggi, sindaca di Roma, ha chiesto al governo di mitigare gli effetti del decreto. E alla protesta si unisce la voce del sindaco di Reggio Calabria Giuseppe Falcomatà che chiede «un tavolo di confronto con il Viminale per capire se esistano le condizioni di dialogo per rivedere alcune parti di questo decreto sicurezza che ha evidenti ricadute negative sui territori. Effetto di un provvedimento mai concertato e condiviso con i sindaci». Altri comuni stanno valutando l’impatto della sospensione: per il primo cittadino di Parma Federico Pizzarotti «il tema va affrontato».

      Il parere (contrario) dei costituzionalisti
      I sindaci che dicono no al decreto sicurezza proclamano di fatto un atto di disobbedienza contro la legge 132/2018. Oppure, di obbedienza costituzionale: dipende dai punti di vista. È un attacco politico? Per Nardella è resistenza a uno “scempio umanitario”. Per Cesare Mirabelli, presidente emerito della Corte Costituzionale, «il sindaco non può disapplicare la legge». Dello stesso parere altri illustri costituzionalisti. Il ministro dell’Interno Matteo Salvini avverte i primi cittadini: «Ne risponderanno personalmente, legalmente, penalmente e civilmente perché è una legge dello Stato che mette ordine e mette regole». «Ho fatto un atto istituzionale, da sindaco. Perché ritengo che questo decreto realizza una violazione dei diritti umani. La vogliamo smettere di dire che chi rispetta i diritti umani è eversivo?», dichiara Orlando.

      La proposta dell’Anci, un tavolo ministeriale per correttivi
      E a sostegno di questi sindaci, che governano territori in cui l’accoglienza ha funzionato, avviando gli immigrati all’autonomia e in molti casi alla piena integrazione, ora Antonio Decaro, presidente dell’Anci (Associazione nazionale dei Comuni italiani) propone «un tavolo di confronto in sede ministeriale per definire le modalità di attuazione e i necessari correttivi a una norma che così com’è non tutela i diritti delle persone». C’è poi chi si spinge fino all’ipotesi di un referendum abrogativo. Come Maurizio Martina (Pd) che afferma: «Quel decreto porta solo più insicurezza sulla pelle di tutti i cittadini. È giusto contrastarlo per difendere le città dalla follia della propaganda».

      La disposizione del sindaco Orlando
      Orlando è passato ai fatti prima di Natale: con una disposizione indirizzata ai dirigenti del Comune, ha ordinato di sospendere l’applicazione della legge, dando mandato «di approfondire tutti i profili giuridici anagrafici derivanti dall’applicazione della legge 132/2018». «Nelle more di tale approfondimento - ha scritto il sindaco - impartisco la disposizione di sospendere, per gli stranieri eventualmente coinvolti dalla controversa applicazione della legge 132/2018, qualunque procedura che possa intaccare i diritti fondamentali della persona in particolare, ma non esclusivo, riferimento alle procedure di iscrizione della residenza».

      Il sistema Palermo
      Per capire la posizione netta assunta dal sindaco di Palermo è necessario conoscere il sistema per l’integrazione della sua città: «Accoglienza diffusa, organizzata d’intesa con Prefettura e Questura, in collaborazione con associazioni e università, suddivisa tra Cas, Sprar e piccole comunità», spiega Giuseppe Mattina, da 18 mesi assessore comunale alla Cittadinanza Sociale. Nel dettaglio: 40 comunità per minori non accompagnati, 12 Cas (Centri di accoglienza straordinaria, ma con numeri contenuti), 6 Sprar (di cui uno dedicato a soggetti vulnerabili). In totale, poco più di 1700 i beneficiari e circa 5500 gli operatori attivi nei progetti. «Qua è saltato un sistema organizzato, che garantiva davvero la sicurezza del territorio e a tutti gli stessi diritti», spiega Mattina. Tanti i siciliani coinvolti in attività di volontariato: «Un approccio che dimostra un processo culturale profondo. A Palermo non c’è scuola, ad esempio, che non sia partecipe di progetti di integrazione. Questa è cultura dell’accoglienza e dell’uguaglianza».

      “Ragazzi Harraga”
      Ma a riflettere lo spirito umanitario del capoluogo siciliano è soprattutto il progetto “Ragazzi Harraga”, iniziativa di inclusione sociale per minori migranti non accompagnati, gestita dal Centro italiano aiuti all’infanzia di Palermo, nata con il bando Never Alone: una rete di nove fondazioni per favorire l’autonomia e l’inclusione dei giovani migranti soli sul territorio italiano, garantendo il pieno rispetto dei loro diritti. Che si inserisce nel programma europeo EPim – European Programme on Integration and Migration - per promuovere gli stessi obiettivi anche in Grecia, Germania e Belgio.

      Le “imprese accoglienti” per l’inclusione lavorativa
      In Italia ne hanno beneficiato in più di 300. Settanta giovani hanno frequentato tirocini e laboratori e più di 20 sono stati assunti da imprese “accoglienti”, una cinquantina di attività, dall’abbigliamento alla ristorazione, impegnate a realizzare un modello di inclusione lavorativa. «Harraga è un termine arabo che indica i ragazzi che bruciano le frontiere, che attraversano i deserti e il mare, che durante il loro viaggio vengono più volte venduti e rapiti. Impiegano almeno 4 anni per arrivare in Italia, partono bambini e arrivano adolescenti. E nel loro peregrinare imparano le lingue dei posti in cui hanno vissuto e tanti mestieri. Noi qui lavoriamo per valorizzare le loro competenze, anche quelle informali. Molti frequentano la scuola, prendono la licenza media, poi quella superiore, alcuni anche la laurea. Sono brillanti, volenterosi e capaci», spiega Alessandra Sciurba, filosofa del diritto prestata alla causa umanitaria, che coordina il progetto dei Ragazzi Harraga. Said (dal Camerun), Amoud (dal Gambia) e Rita (dalla Nigeria), con una storia difficile di immigrazione alle spalle, oggi si occupano dell’inserimento abitativo dei migranti soli neomaggiorenni. Sostengono il pagamento di affitti e bollette con i proventi di una foresteria organizzata nel complesso di Santa Chiara, quartiere Ballarò, che ospita turisti solidali.

      Echi del modello Riace
      Sono echi del modello Riace, il borgo dell’accoglienza calabrese che in 20 anni di attività ha risollevato l’economia del posto e rigenerato il tessuto sociale attraverso un nuovo sistema di integrazione: un’esperienza spazzata via da un’inchiesta giudiziaria - di cui si attendono sviluppi - che ha sospeso dalle sue funzioni il sindaco Mimmo Lucano, vietandogli la dimora a Riace. Così il piccolo centro della Locride è tornato un paese fantasma. Intanto Lucano colleziona cittadinanze onorarie nei comuni d’Italia. Gli ultimi (dopo Milano, Firenze, Bologna, Scicli), i municipi di #Oriolo, #Capranica e #Sutri, con il sindaco Vittorio Sgarbi.

      https://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2019-01-03/ecco-comuni-che-sospendono-decreto-sicurezza-contro-salvini-144932.shtm

      #Roma:

      Anche Virginia Raggi, sindaca di Roma, ha chiesto al governo di mitigare gli effetti del decreto.

    • Decreto Sicurezza? #Gori: «Produce irregolarità e insicurezza»

      Il sindaco di Bergamo: «Condannerà molti immigrati a vivere di espedienti, con una crescita dei reati. Condivido la richiesta di convocare urgentemente un incontro tra ministero e sindaci»


      https://bergamo.corriere.it/notizie/cronaca/19_gennaio_03/decreto-sicurezza-gori-produce-irregolarita-insicurezza-330f1474-0f
      #Bergamo

    • 1. Leoluca Orlando (Palermo)
      2. Luigi De Magistris (Napoli)
      3. Dario Nardella (Firenze)
      4. Federico Pizzarotti (Parma)
      5. Giuseppe Falcomatà (Città Metropolitana Reggio Calabria)
      6. Alessio Pascucci (Cerveteri, RO)
      7. Elisabetta Serra (Vaie, TO)
      8. Marco Alessandrini (Pescara)
      9. Vincenzo Giannone (Scicli, RG)
      10. Virginio Merola (Bologna)
      11. Francesco Italia (Siracusa)
      12. Nicola Sanna (Sassari)
      13. Vittorio Sgarbi (Oriolo, Capranica e Sutri,CS)
      14. Orlando Pocci (Velletri, RO)
      15. Giorgio Gori (Bergamo)
      16. Giuseppe Sala (Milano)
      17. Valeria Mancinelli (Ancona)
      18. Francesco Martines (Palmanova,UD)
      19. Paolo Erba (Malegno, BS)
      20. Giovanni Ruvolo (Caltanissetta)
      21. Giorgio Monti (Mezzago, MB)
      22. Mario Bruno (Alghero, SS)
      23. Davide Drei (Forlì)
      24. Sergio Giordani (Padova)
      25. Rösch (Merano)
      26. Alessandro Tambellini ( Lucca)

      Questi sono i sindaci contro il decreto sicurezza.
      E in fase di aggiornamento.

      https://www.facebook.com/chiara.marchetti.3979/posts/10219235983558361?comment_id=10219236567412957&notif_id=1546706224581648&n

    • Anche #Castelbuono sfida il ministro Salvini: “Non applicheremo il decreto sicurezza”

      “Apprezziamo la scelta del Sindaco di Palermo e di altri Sindaci d’Italia di sospendere l’applicazione della Legge 132/2018 meglio conosciuta come decreto sicurezza, iniziativa che il Comune di Castelbuono ha già avviato a partire dallo scorso 29 novembre con l’approvazione da parte del Consiglio comunale di un ordine del giorno per esprimere il proprio giudizio negativo sulle misure contenute nella legge e chiederne la sospensione su tutto il territorio comunale, suscitando anche la reazione di alcuni esponenti della Lega”. Lo ha detto il capogruppo di maggioranza Andrea Prestianni.

      “La decisione del principale organo collegiale locale rappresenta la massima espressione democratica, in un ordimento costituzionale democratico come il nostro; conseguentemente l’Amministrazione comunale e il Sindaco Mario Cicero chiede ai propri uffici di approfondire i profili giuridici derivanti dall’applicazione della sopra citata legge, con particolare riferimento ai rischi di violazione dei diritti umani, come garantiti dal diritto internazionale e dalla nostra Costituzione, e nelle more sospenderne l’applicazione – dice il capogruppo – Noi non applicheremo mai nessuna legge in contrasto con i princìpi espressi dalla nostra Costituzione. Abbiamo contestato e contestiamo quella legge ritenendo che lo smantellamento del sistema Sprar e la cancellazione della “protezione umanitaria” avrebbe aumentato significativamente il numero di persone in condizione di marginalità e clandestinità nelle città e nei territori. Oggi anche gli studi dell’Ispi sui dati del Ministero dell’Interno confermano quelle previsioni”.

      Secondo Prestianni, appare chiara la volontà del governo di non risolvere i problemi, ma al contrario alimentare il clima di discriminazione, razzismo, tensione sociale e ostilità nei confronti dei migranti e tra cittadini stessi, al fine di raccogliere il massimo consenso elettorale possibile alle prossime elezioni europee. “Ci auguriamo che tanti altri Sindaci d’Italia seguano l’esempio di quelle città e comuni, come Castelbuono e Palermo, che si sono già espressi contro il decreto Salvini, e che possa allargarsi sempre di più il fronte di realtà istituzionali, politiche e sociali che difendono i valori della solidarietà, della fratellanza e della pace”.

      https://www.madoniepress.it/2019/01/04/anche-castelbuono-sfida-il-ministro-salvini-non-applicheremo-il-decreto

    • Decreto sicurezza, anche la Regione si oppone a Salvini: «600 mila euro per seconda accoglienza»

      Decreto sicurezza, anche la Regione si oppone a Salvini: «600 mila euro per seconda accoglienza»
      „Non solo i sindaci in campo contro il decreto Sicurezza in tema di migranti. Anche la Regione Lazio di Nicola Zingaretti si è schierata contro la legge che abolisce di fatto il permesso di soggiorno per motivi umanitari (mantenendo solo alcune categorie) e rivede radicalmente il sistema dell’accoglienza, aprendo le porte degli Sprar (che si chiameranno Siproimi solo ai titolari di protezione internazionale escludendo quanti sono in attesa. “

      https://www.romatoday.it/politica/decreto-sicurezza-regione-lazio.html

    • Rivolta contro il decreto sicurezza, il sindaco di #Alghero: «Salvini non ci spaventa»

      La rivolta dei sindaci di centrosinistra al decreto Salvini si estende a macchia di leopardo e arriva anche in Sardegna. #Mario_Bruno, sindaco di Alghero, si schiera con il primo cittadino di Palermo, Leoluca Orlando, e gli altri sindaci che lo hanno seguito, pubblicando su Facebook un post inequivocabile: «Salvini non ci spaventa. A volte bisogna andare controcorrente, per non appoggiare una pericolosa deriva razzista».

      Al centro della ribellione c’è, ancora una volta, la questione migranti e in particolare lo stop ai certificati di residenza voluto dal ministro dell’Interno Salvini. Il sindaco di Alghero spiega: "Lo abbiamo già scritto al presidente Conte: pronti a sospendere gli effetti nei nostri comuni se non ci sarà un confronto nel merito con i sindaci, con chi vive i problemi da vicino. Siamo abituati a risponderne. Da tutti i punti di vista. Per tutti i nostri concittadini. Faremo ciò che è giusto tenendo conto innanzitutto della nostra coscienza e della nostra umanità, come facciamo ogni giorno.

      https://www.youtg.net/v3/dal-mondo/13408-rivolta-contro-il-decreto-sicurezza-il-sindaco-di-alghero-salvini-non-c

    • Il consiglio chiede lo stop al decreto Salvini con il sì di Bindocci (M5S)

      È passata anche con il voto favorevole del capogruppo del Movimento 5 Stelle in consiglio comunale, Massimiliano Bindocci, la mozione presentata dalla maggioranza di centrosinistra che impegna il sindaco e la giunta di Lucca a chiedere al ministro dell’interno e al governo di sospendere fino alla conclusione dell’iter parlamentare gli effetti dell’applicazione del cosiddetto «decreto Salvini», per aprire un tavolo di confronto tra governo, regioni ed enti locali sulle ricadute territoriali del provvedimento.

      https://www.lagazzettadilucca.it/politica/2018/11/il-consiglio-chiede-lo-stop-al-decreto-salvini-con-il-si-di-bindoc

    • #Pocci: «Velletri modello di integrazione. No al decreto Salvini»

      #Orlando_Pocci, Sindaco di Velletri, ha preso una dura posizione sul decreto sicurezza: «Alla luce di quanto sta accadendo dopo l’approvazione del cosiddetto decreto Salvini sulla sicurezza, che di fatto ha creato dei nemici inesistenti come “il clandestino”, esprimo preoccupazione e condivido l’appello lanciato da più parti sulla necessità di aprire un tavolo di confronto tra il Governo e l’ANCI.

      https://www.ilmamilio.it/c/comuni/12538-pocci-%C2%ABvelletri-modello-di-integrazione-no-al-decreto-salvini%C

    • Decreto Salvini: 4 sindaci irpini si alleano con De Magistris

      «Come sindaci impegnati sul fronte dell’accoglienza e della integrazione di comunità mediante Sprar abbiamo in più riprese espresso netta contrarietà rispetto al decreto Salvini. Penalizzando i modelli positivi di integrazione e rendendo di fatto impossibile regolarizzare le posizioni dei migranti cui è già stato riconosciuto lo status di rifugiati più che sicurezza si produce illegalità.»

      E’ quanto affermano in una nota congiunta quattro sindaci irpini #Angelina_Spinelli di #Santa_Paolina, #Giuseppe_Lombardi di #Petruro_Irpino, #Virgilio_Donnarumma di #Torrioni e #Roberto_Del_Grosso di #Roccabascerana

      https://www.ottopagine.it/av/attualita/173691/decreto-salvini-4-sindaci-irpini-si-alleano-con-de-magistris.shtml

    • Dl Sicurezza, i sindaci dell’#Empolese_Valdelsa: «Sosteniamo il ricorso della Regione»

      Il decreto Sicurezza deve fare i conti con molti sindaci. In parecchi in Toscana hanno dichiarato di temere le conseguenze sociali del dl e pensano a frenarne lì’attuazione. Tra questi anche i primi cittadini degli undici comuni dell’Empolese Valdelsa (#Capraia e #Limite, #Castelfiorentino, #Cerreto_Guidi, #Certaldo, #Empoli, #Fucecchio, #Gambassi_Terme, #Montaione, #Montelupo_Fiorentino, #Montespertoli, #Vinci), che hanno diramato la seguente nota congiunta.

      https://www.gonews.it/2019/01/04/decreto-dl-sicurezza-sindaci-empolese-valdelsa

    • #Rimini. Anche #Gnassi contro il decreto Salvini

      Dopo altri sindaci del Pd anche quello di Rimini interviene sul decreto sicurezza: “Tutto il problema dell’immigrazione – sostiene Andrea Gnassi – si scaricherà sulle strade delle città, senza più alcun tipo di programma o progetto di integrazione e gestione”. A innescare la protesta collettiva, sfociata poi in un duro scontro con il ministro dell’Interno Salvini, è stata la decisione del sindaco di Palermo Leoluca Orlando, di sospendere l’applicazione del decreto proprio nella parte che riguarda i migranti. “Senza progetti di attività sociali varati dai comuni come, ad esempio, quello di volontariato riminese, ribattezzato ‘Civivo’, per Gnassi siamo di fronte ad “una vera bomba che rischia di esplodere nelle comunità locali, altro che sicurezza. Credo – osserva – che il percorso di revisione di questo provvedimento debba adesso passare prima di ogni cosa per un tavolo di confronto tra Anci e Ministero. Bisogna apportare i necessari provvedimenti e – conclude il primo cittadino riminese – gli obbligatori emendamenti affinché tutto questo non si scarichi drammaticamente sulle città”.

      http://giornaledirimini.com/rimini-anche-gnassi-contro-il-decreto-salvini

    • I sindaci di #Lipari, #San_Piero_Patti e #Castel_di_Lucio “no al decreto Salvini ma senza scontri istituzionali”

      “Sulla legittimità del decreto sicurezza sarà la Corte costituzionale a pronunciarsi. Di certo il decreto Salvini non deve aggravare situazioni di disagio e marginalità nelle nostre città”.

      Così, in una nota, tre sindaci della provincia di Messina, Marco Giorgianni, primo cittadino di Lipari, Salvino Fiore di San Piero Patti e Pippo Nobile di Castel di Lucio.
      I tre amministratori chiedono l’avvio di “una fase di dialogo istituzionale volta all’introduzione dei necessari correttivi al decreto”.

      http://www.messinaora.it/notizia/2019/01/05/sindaci-lipari-san-piero-patti-castel-lucio-no-al-decreto-salvini-senza-scontri-istituzionali/113601

    • Sicurezza: Oliverio, ricorso a Consulta

      «Assieme alle altre Regioni che in questi giorni hanno annunciato un’analoga iniziativa, evidenziando le nostre stesse preoccupazioni, ci rivolgeremo alla Corte Costituzionale per chiedere l’annullamento della normativa al fine di stoppare una legge che viola diversi trattati internazionali sui diritti umani e i principi fondanti la nostra Costituzione». Lo afferma, in una dichiarazione, il presidente della Regione Calabria, #Mario_Oliverio, in relazione al Decreto sicurezza del Governo.
      «Avevo già espresso, in occasione del dibattito parlamentare circa l’approvazione del Decreto Sicurezza - aggiunge Oliverio - tutte le mie perplessità rispetto ad un provvedimento fortemente discriminatorio nei confronti di persone, immigrati regolari, che non potranno godere di diritti fondamentali. Oggi, gli atti di disobbedienza annunciati e praticati da diversi sindaci italiani confermano le mie preoccupazioni ed hanno il mio pieno sostegno».

      http://www.ansa.it/calabria/notizie/2019/01/05/sicurezza-oliverio-ricorso-a-consulta_df5c4b6c-3361-48cd-bc61-777e0132d730.html

    • Immigration en Italie : les maires de gauche entrent en fronde contre Matteo Salvini

      Plusieurs élus refusent d’appliquer un décret pour limiter les droits des migrants voulu par le ministre de l’intérieur d’extrême droite.

      « Je ne lâcherai pas d’un millimètre ! ». Sous son Tweet affichant sa détermination de fer, Matteo Salvini a posté, jeudi 3 janvier, un photomontage de quatre élus du Parti démocrate (gauche), affublés du slogan " les clandestins d’abord ". Une formule qui prend le contre-pied de son slogan politique (" Les Italiens d’abord "), résumant toute l’intensité du bras de fer qui commence en Italie autour du décret sur l’immigration voulu par le ministre de l’intérieur d’extrême droite.

      Figure emblématique de cette fronde, Leoluca Orlando, maire de Palerme, a annoncé en premier suspendre le décret dans sa commune. Les employés de l’état civil de la capitale sicilienne ont reçu la consigne de poursuivre l’inscription de tout migrant disposant d’un permis de séjour en règle. Depuis des mois, M. Orlando vante sa ville cosmopolite comme symbole d’ouverture, et de résistance à la politique de fermeture des ports bruyamment revendiquée par le ministre de l’intérieur. Après, tout, le nom grec de la cité ne signifie-t-il pas " refuge idéal " ?

      " Traîtres " Si la bataille est dans les symboles, elle est aussi sur le terrain juridique. Pour le maire de Palerme, la nouvelle loi viole les droits humains pourtant garantis par la Constitution italienne. " Il s’agit de mesures inhumaines et criminogènes, a fustigé l’édile, parce qu’elles transforment en illégaux des personnes qui se trouvent légitimement sur notre territoire. " Le maire de centre-gauche s’est dit prêt à aller jusqu’à la Cour constitutionnelle pour faire annuler le décret.

      L’une des principales mesures du décret est l’abrogation des permis de séjour humanitaires de deux ans qui permettaient un accès à l’emploi et aux services sociaux. Pour bien des maires, ces permis garantissaient la stabilité du tissu social de leur commune. Ils permettaient notamment l’accès au service sanitaire national, passage obligé pour bénéficier des offres de soin élémentaires, comme le médecin de famille.

      " Il faut évaluer l’impact social et économique du décret sur nos villes, déjà pénalisées par les coupes de la loi budgétaire ", s’inquiète Beppe Sala, le maire démocrate de Milan, qui craint de voir de plus en plus de sans-abri dans les rues, dont la prise en charge pèsera sur le budget municipal.

      La révolte semble faire tache d’huile. D’autres élus de grandes métropoles ont vite emboîté le pas du maire de Palerme, à Naples, à Florence ou à Parme. La fronde est alimentée par Matteo Salvini lui-même, qui n’a pas hésité à les qualifier de " traîtres ", les menaçant d’en répondre devant la justice. La loi, signée par le président de la République, est faite pour être appliquée, a rappelé le dirigeant de la Ligue.

      Le décret sur l’immigration prévoit également un démantèlement du réseau Sprar, le système de protection des demandeurs d’asile et des réfugiés, fruit d’un accord passé en 2002 entre les communes et le ministère de l’intérieur. Il s’adressait aux citoyens étrangers possédant un permis de séjour, leur permettant de bénéficier de cours de langue ou d’accéder à un logement.

      "C’est du fascisme" Avec la loi Salvini, les structures bénéficiant des compétences du Sprar ne seront désormais ouvertes qu’aux mineurs non accompagnés ou aux réfugiés de guerre. Les autres migrants doivent être transférés dans des centres d’hébergement que certains qualifient de centres de rétention. Une véritable bombe sociale, qui scandalise de nombreux élus locaux.

      " Cette loi nous rappelle des années sombres ", déplore Gennaro Capparelli, le maire d’#Acquaformosa, en Calabre, qui a longtemps été présentée comme un modèle d’intégration. Grâce aux migrants, ce village d’un peu plus de mille âmes a échappé à la désertification. Des emplois ont été créés et l’école n’a pas fermé. Mais, dans quelques mois, #Gennaro_Capparelli ne bénéficiera plus des fonds nécessaires du Sprar. " Jamais je n’aurais pensé qu’un ministre en arrive là, c’est du fascisme ", dit-il.

      Dans cette confrontation avec le gouvernement, certains élus plaident pour le dialogue, comme le maire démocrate de Bari, Antonio Decaro, qui préside l’Association nationale des communes italiennes. Il a demandé une réunion d’urgence au ministère de l’intérieur. Pour l’heure, Matteo Salvini n’a pas donné suite.

      https://www.lemonde.fr/international/article/2019/01/04/immigration-en-italie-les-maires-de-gauche-entrent-en-fronde-contre-matteo-s

    • Decreto Salvini, sindaca del Pd chiede la sospensione della legge a #Sestri_Levante

      Sicurezza e immigrazione. Anche la sindaca del Pd #Valentina_Ghio si schiera con i colleghi di sinistra ed estrema sinistra, come il palermitano Leoluca Orlando e il napoletano Luigi De Magistris, contro il Decreto Salvini, convertito in legge dal Parlamento e promulgato dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella.


      https://www.ligurianotizie.it/decreto-salvini-sindaca-del-pd-chiede-la-sospensione-della-legge-a-sestri-levante/2019/01/05/324426

    • Il sindaco Bellelli contro il decreto Salvini: «A Carpi tra 50 e 100 le persone che potranno scivolare nell’illegalità»

      „Anche il primo cittadino di Carpi si espone nei confronti delle misure sull’immigrazione al centro della polemica di queste ore, sperando in un intervento della Corte Costituzionale“


      https://www.modenatoday.it/politica/sindaco-bellelli-carpi-decreto-salvini-4-gennaio-2019.html

    • Il sindaco di #Montepulciano contro il decreto sicurezza di Salvini

      “Esprimo anzitutto la contrarietà dell’amministrazione comunale di Montepulciano e del suo sindaco al decreto sicurezza.

      Nel nostro territorio non viviamo un’emergenza-immigrazione ma il provvedimento, così come è, non può funzionare né sotto un profilo etico né sotto quello del trattamento umano.


      https://www.antennaradioesse.it/il-sindaco-di-montepulciano-contro-il-decreto-sicurezza-di-salvini

    • Anche Ioculano e #Scajola contro il decreto Sicurezza: «Salvini sbaglia»

      «Ritengo che le leggi vadano rispettate, quindi non posso essere d’accordo con i colleghi che non lo fanno. Detto questo, non condivido il Decreto sicurezza, sul quale sono peraltro mancati confronto e discussione». #Claudio_Scajola, sindaco di #Imperia e già ministro dell’Interno, il ruolo oggi di Salvini, distingue il livello istituzionale da quello politico. Ma quando entra nel merito del provvedimento, è durissimo: «C’è un aspetto, quello con cui si danno diritti diversi alle persone, che ritengo incostituzionale e anche inquietante. Mi ricorda un germe pericolosissimo, nella disparità di trattamento, di cui abbiamo già visto una triste esperienza nella nostra storia». Chiaro il riferimento alle legge razziali del fascismo.

      http://www.ilsecoloxix.it/p/imperia/2019/01/04/ADO5yeUD-sicurezza_ioculano_scajola.shtml

    • #Ventimiglia: decreto sicurezza, Ioculano “Alla scadenza dei primi programmi Sprar ci sarà gente in mezzo ad una strada”

      “E’ un decreto di facciata perché non si può ignorare il fatto che, sul nostro territorio, ci siano decine di migliaia di persone e di queste, volente o nolente, te ne devi fare carico.” A dirlo è il Sindaco di Ventimiglia Enrico Ioculano molto critico nei confronti del decreto sicurezza del Governo nei confronti del quali hanno espresso il proprio disappunto molti sindaci, primo fra tutti quello di Palermo, Leoluca Orlando.

      http://www.sanremonews.it/2019/01/03/leggi-notizia/argomenti/politica-1/articolo/ventimiglia-migranti-e-decreto-sicurezza-ioculano-alla-scadenza-dei-prim

    • Il Sindaco di #Sanremo sul decreto sicurezza: «Da tempo Sindaci ed Amministratori hanno espresso forti critiche»

      “Anzitutto va registrato il fatto che l’Anci aveva già espresso da tempo un parere negativo al decreto e che molti Sindaci ed Amministratori sia di centrodestra che di centrosinistra stanno esprimendo forti critiche in questi giorni”.

      Sono le parole del Sindaco di Sanremo, Alberto Biancheri, che collimano con quelle dei colleghi Scajola (#Imperia) e Ioculano (Ventimiglia). “Sul decreto – prosegue - oltre ai dubbi di incostituzionalità sollevati da più parti, nutro molte perplessità che possa risolvere qualcosa in termini di sicurezza pubblica, temo invece che possano acuirsi alcuni problemi sociali nel tempo. Mi rifaccio pienamente alle parole del nostro Presidente della Repubblica Sergio Mattarella quando dice che ‘la sicurezza la si realizza se è garantita la difesa dei valori della convivenza’. E’ necessario allora che siano rispettato i diritti umani di tutti ma anche che tutti rispettino la legge. E per chi non si attiene alle leggi che regolano la nostra democrazia serve pugno duro, carcere e garanzia della pena per chi commette reati, espulsioni immediate per criminali extracomunitari: questo è quello che intendo io per sicurezza e questo è quello che mi chiedono i miei cittadini”.

      http://www.sanremonews.it/2019/01/03/leggi-notizia/argomenti/cronaca/articolo/il-sindaco-di-sanremo-sul-decreto-sicurezza-da-tempo-sindaci-ed-amminist

    • #Enrico_Pusceddu Sindaco di #Samassi

      Ho letto con attenzione il Decreto Sicurezza e seguo lo svilupparsi della situazione che in questi giorni vede alcuni colleghi sindaci opporsi all’applicazione della Legge.
      Anche io ho maturato una posizione chiara sull’argomento.

      Il compito del Sindaco è quello di tutelare le persone presenti nel territorio di sua competenza. Questo dobbiamo fare nel rispetto dell’articolo 2 della Costituzione che “riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo”. Per cui se una Legge dello Stato nell’applicazione di alcuni suoi articoli contrasta con i principi prioritari e fondamentali della Costituzione è nostro dovere intervenire attuando tutte le disposizioni che consentano alle persone presenti nel nostro territorio di non veder mai violati i propri diritti.

      Lo farò seguendo i consigli del leader leghista Matteo Salvini, oggi Ministro dell’Interno, che ancora l’11 maggio 2016 dichiarava a Radio Padania che “La disobbedienza alle leggi sbagliate è una virtù” a proposito della Legge sulle Unioni civili per cui ancora lui chiedeva “a tutti i sindaci e amministratori locali di disubbidire a quella che è una legge sbagliata”.

      Essendo quindi un Amministratore “virtuoso” e considerando il cosiddetto Decreto Sicurezza inapplicabile, accoglierò l’invito di Matteo Salvini e disubbidirò a “una legge sbagliata”.
      In attesa che il legislatore o la Corte Costituzionale vi ponga rimedio mi assumerò la responsabilità di sospenderne l’applicazione nella parte in cui, essendo di mia competenza l’attuazione, si paleseranno violazioni dei diritti umani. Una volta chiarito dal legislatore come garantire i servizi basilari alle donne e agli uomini presenti nel mio territorio sarò ben lieto di revocarne, per quanto di mia competenza, la sospensione.

      Facendolo non mi riterrò un traditore o un nemico degli italiani secondo le affermazioni del nostro Ministro dell’interno che dice: “Chi aiuta i clandestini odia gli italiani, ne risponderà davanti alla legge e alla storia”.
      Intanto noi Sindaci, a differenza di altri, di fronte alla legge, alla storia, al giudizio dei cittadini o dei delinquenti che attentano alla nostra vita (in Sardegna ce ne sono tanti ma il Ministro dell’Interno pare non curarsene) ci siamo tutti i giorni senza nessun tipo di attenuante o di immunità parlamentare.
      Ancor meno mi sentirò un fuorilegge che aiuta i clandestini. Primo perché lo status di clandestino in Italia è curiosamente variabile, si può diventarlo anche per colpa di Leggi che dall’oggi al domani trasformano in “clandestini noti” anche coloro che hanno i documenti in mano o che attendono da mesi o anni che gli uffici preposti diano risposta alle loro richieste. Secondo perché i clandestini non sono per forza di cose delinquenti. Terzo perché ritengo che anche il “peggiore” dei clandestini sia prima di tutto una donna o un uomo a cui riconoscere dei diritti inviolabili.

      Infine, nel caso in cui il Ministro dell’Interno, rinnegando le sue stesse incitazioni alla disobbedienza, volesse intraprendere iniziative ispettive o sanzionatorie nei confronti del mio operato, le accetterò serenamente e nel pieno rispetto delle reciproche competenze e ruoli istituzionali (non sarà peggio dei mille problemi e responsabilità a cui ogni giorno i sindaci devono far fronte) coscienti che non è solo una fascia tricolore, un titolo di ministro della Repubblica o un insieme di like su un post che danno senso e dignità all’essere umani.

      https://www.facebook.com/enricopusceddu.sindacosamassi/posts/2179161155670668

    • Decreto sicurezza, anche il sindaco di #Mezzago contrario: «È obbedienza costituzionale»

      C’è anche il sindaco di Mezzago #Giorgio_Monti tra le voci che si oppongono al decreto sicurezza del ministro Salvini. Una “disobbedienza civile” lanciata dal sindaco di Palermo e accolta da Napoli, Milano, Bergamo, Firenze. Salvini: “Io non mollo”.

      https://www.ilcittadinomb.it/stories/Cronaca/decreto-sicurezza-anche-il-sindaco-di-mezzago-contrario-e-obbedienza-c

    • Decreto Salvini, la sfida di 60 sindaci e consiglieri comunali pugliesi: «Odg per chiedere lo stop»

      «Il sistema elaborato da Salvini - commenta il sindaco di #Bitonto (Bari), Michele Abbaticchio - è fallimentare. Con le chiusure di Cas e Sprar si tolgono vite umane dal circuito ’sano’ dell’accoglienza per immetterle in strada. Non occorre essere degli esperti per comprendere come gli effetti del provvedimento sarebbero addirittura opposti a quelli prefissati». «A voler essere sospettosi - aggiunge - verrebbe da pensare che questo incremento generalizzato di insicurezza e panico che si diffonderebbe nelle città sia una trovata utile per futuri fini elettorali».

      «Ci spieghi Salvini - afferma il sindaco di #Acquaviva_delle_Fonti (Bari), Davide Carlucci - come dovrebbe condurre questo provvedimento a una maggiore sicurezza nelle città se l’attuale Governo non ha stipulato nemmeno un accordo con i Paesi di provenienza dei migranti per il loro rimpatrio». «Per non parlare poi - conclude - dell’aspetto più prettamente ’umano’, che siamo certi non sarà stato preso in considerazione dal ministro, ovvero l’abbandono in strada di giovanissimi».

      https://bari.repubblica.it/cronaca/2018/11/02/news/sessanta_amministratori_contro_salvini-210585624

      J’ai envoyé un message au groupe FB du parti pour savoir qui étaient les 60 maires... voici la réponse:

      Salve Cristina, innanzitutto la ringraziamo per il suo lavoro. Quanto all’articolo, si spiega che il partito avrebbe, per mezzo dei suoi amministratori (con i quali copriamo, appunto, oltre 60 comuni pugliesi), provveduto a farsi portavoce del messaggio. Nello specifico, cioè, di presentare una mozione con la quale si chiedeva la revisione del decreto. Naturalmente, non in tutti la mozione ha avuto seguito. Anzi, abbiamo purtroppo notizie già di comuni dove non è stata approvata, poi, dalla maggioranza del consiglio. In altri casi, purtroppo, la discussione è stata rimandata. Quello che indicavamo nel pezzo era la volontà di produrre un documento da presentare in tutti i comuni dove abbiamo un referente (che non sempre è il sindaco ma può essere un assessore o un consigliere di maggioranza o minoranza) e questo effettivamente è stato fatto. Se ha altre richieste, non esiti a contattarci.

    • #Martines, #Palmanova: “Con il Decreto Sicurezza, aumenteranno gli immigrati irregolari”

      ”L’ANCI ha sempre avuto nel suo DNA il compito di dialogare con i Governi a livello nazionale e regionale per definire o discutere norme la cui applicazione interessa i comuni e quindi i sindaci. Ciò è stato fatto e si continua a fare nella costruzione delle varie finanziarie regionali o nella emanazione di leggi che riguardano gli assetti degli enti locali” commenta #Francesco_Martines, Sindaco di Palmanova e Componente Esecutivo di ANCI Friuli Venezia Giulia. E continua: “Nel caso della “legge sicurezza”, a suo tempo l’ANCI stessa aveva espresso perplessità e le preoccupazioni in merito ad alcune incongruenze costituzionali e sui percorsi applicativi. Ora alcuni sindaci, e io sono uno di quelli, rilevano legittimamente che la sua applicazione comporterebbe anche l’incremento e non la soluzione di problemi di carattere sociale, tra cui l’aumento considerevole nel tempo del numero degli irregolari.

      https://www.triesteallnews.it/2019/01/05/martines-palmanova-con-il-decreto-sicurezza-aumenteranno-gli-immigrat

    • Non solo sinistra, anche i sindaci M5S criticano il decreto Salvini

      No, non ci sono solo i sindaci di sinistra a criticare il decreto Salvini su immigrazione e sicurezza. A giudicare negativamente la legge, proprio come Leoluca Orlando, Luigi De Magistris, Dario Nardella ed altri, ci sono anche diversi primi cittadini M5S, su tutti il livornese #Filippo_Nogarin, che è anche vicepresidente dell’Anci. Ne parla oggi il Corriere della Sera (articolo di Marco Gasparetti), che ha raccolto pareri e dichiarazioni degli amministratori pentastellati che esprimono dissenso. Con Nogarin ci sono anche #Francesco_De_Pasquale, sindaco di #Carrara, #Andrea_Zuccalà, primo cittadino di #Pomezia, #Mario_Savarese, di #Ardea.

      https://www.giornalettismo.com/archives/2689502/sindaci-m5s-decreto-salvini

    • #Belluno, sindaco boccia decreto Salvini: «Italia più insicura»

      «Il Decreto Salvini sull’immigrazione non renderà l’Italia un Paese più sicuro, ma al contrario rischia di gettare in mano alla delinquenza organizzata migliaia di persone. È un provvedimento calato sul territorio da chi sta seduto dietro un banco o una scrivania a Roma e, per una decisione “di pancia”, scarica così le future emergenze sociali sui sindaci e sui suoi cittadini». Il sindaco di Belluno, Jacopo Massaro, ribadisce la bocciatura al decreto in materia di immigrazione e sicurezza, bocciatura già illustrata pochi giorni fa.


      https://www.vvox.it/2018/09/25/belluno-sindaco-boccia-decreto-salvini-italia-piu-insicura

      #Jacopo_Massaro

    • Decreto sicurezza, De Vecchis: “#Fiumicino si schiera coi clandestini, contro i cittadini”

      Fiumicino – “Spiace prendere atto che il sindaco di Fiumicino, condividendo la presa di posizione strumentale di Leoluca Orlando e di alcuni sindaci di sinistra (leggi qui), abbia deciso di schierarsi dalla parte dei clandestini contro i cittadini”. Lo dichiara William De Vecchis, Senatore della Lega.

      https://www.ilfaroonline.it/2019/01/03/decreto-sicurezza-de-vecchis-fiumicino-si-schiera-coi-clandestini-cittadini/254936

    • #Alessandra_Buzzo, sindaca di #Santo_Stefano_di_Cadore (BL)

      Lettera aperta al ministro ?
      Sono un sindaco ministro Salvini di un piccolo comune di montagna, ci siamo incontrati alcune volte e non le ho mai nascosto il mio pensiero.
      Le battaglie per il mio territorio le ho fatte tutte, la sanità, la viabilità, il lavoro, la scuola ecc.sempre in prima linea, sempre esponendomi, non curandomi delle conseguenza perché se si crede nella bontà di quello che si fa il coraggio è d’obbligo, anzi è scontato.
      Più volte sono stata pugnalata alle spalle ma poco importa perché la consapevolezza di agire con coerenza per garantire i diritti dei propri cittadini, per cercare di costruire futuro per chi vive la montagna, mi ha dato molta forza!
      L’ultima volta che ci siamo incontrati in occasione dell’alluvione dell’ottobre scorso, le ho ricordato il referendum per l’autonomia bellunese, la necessità di una fiscalità particolare per questi territori, i progetti ed i sogni di questa area interna ecc...
      Oggi non posso tacere e mi unisco come posso ai sindaci “disobbedienti” fosse solo per dirle che lei è fra i responsabili se non il responsabile dell’abbruttimento etico e morale che sta avvolgendo la nostra bella Italia.
      Fin da bambina mi sono sempre schierata a fianco degli ultimi, sognavo di cambiare il mondo e continuo testardamente a farlo.
      Non si fanno differenze fra persone, fra colore della pelle, orientamento sessuale, religioso, il dolore è dolore, la gioia è gioia, le speranze sono speranze i sogni sono sogni, per tutti indistintamente, così come naturalmente doveri e responsabilità anche se non tutti partono dalle stesse condizioni ed opportunità, non si può restare indifferenti di fronte alle sofferenze e difficoltà delle persone, non ci si gira dall’altra parte, non si cercano capi espiatori ma si trovano “umane” soluzioni.
      Non so se veramente si sente in pace con la propria coscienza e se lo è non so proprio come fa o che coscienza strana è la sua.
      Le chiedo gentilmente perché la gentilezza è una virtù, di rilassarsi, il consenso lo può ottenere senza seminare odio, facendo semplicemente il proprio dovere.
      Fra i vari doveri che tutti noi abbiamo le ricordo quello di insegnare ai propri figli amore, rispetto, solidarietà, condivisione, giustizia sociale ecc....con il proprio esempio.
      Naturalmente anche questa volta mi preparo a ricevere commenti poco carini se non insulti ma come dicevo: sono coraggiosa e dico quello che penso e che il cuore mi indica ❤️

      Ps. Non mi dica il solito:”se li porti a casa sua” perche già fatto anche quello

      https://www.facebook.com/alessandra.buzzo.3/posts/10212446447985764?hc_location=ufi

    • "Espulsi per il decreto Sicurezza": i #presepi del #Salento protestano contro il governo

      «Espulsi ai sensi del decreto Sicurezza». Recita così un cartello davanti alla Natività, per far capire che oggi «il Bambin Gesù non potrebbe restare nella grotta perché verrebbe immediatamente espulso». Tocca i tanti presepi allestiti nelle piazze del Salento la campagna #sicuridiessereumani, promossa da Arci Lecce: richiedenti asilo, organizzazioni e diocesi, Comuni, ospiti di Cas e Sprar e cittadini hanno voluto manifestare la loro contrarietà alle politiche del governo adottate nei confronti degli stranieri. La Natività è allora sottoposta a sgombero, i re Magi che arrivano nellla chiesa Santissima Maria Assunta di Cavallino restano increduli perché nella grotta non c’è più nessuno, mentre nei presepi viventi di Galatina, Acquarica di Lecce, Diso, Lequile, Caprarica, Trepuzzi, Alessano, Castiglione d’Otranto, Campi Salentina, Sogliano, Tricase, Castrignano De’ Greci, Patù e Lecce si srotolano striscioni che ripetono gli slogan ’Ogni uomo è mio fratello’ e ’Sicuri di essere umani’. L’intera campagna, promossa dal coordinamento leccese contro il decreto Sicurezza, si chiuderà il 6 gennaio a Lecce con un corteo che si concluderà in piazza Duomo, dove è allestito il presepe

      https://bari.repubblica.it/cronaca/2018/12/23/foto/presepi_solidali-214972984/amp

    • Decreto Salvini, scintille fra De Marchi, Dara e Palazzi

      Palazzi dal canto suo si dice rispettoso delle leggi, e non aderirebbe al cartello Orlando, pur asserendo che il decreto Salvini «è sbagliato, e produrrà illegalità e lesioni a diritti fondamentali; ma io non chiederò ai funzionari del Comune di non applicarlo». Tuttavia, prosegue, «a Mantova non smetteremo mai di assistere chi ha bisogno», e solleva il caso dei minori stranieri non accompagnati, da cui in applicazione del decreto «avremo più insicurezza, perché rendere illegali coloro che oggi hanno la residenza rende sostanzialmente impossibili gli accertamenti».

      https://vocedimantova.it/cronaca/decreto-salvini-scintille-fra-de-marchi-dara-e-palazzi
      #Mantova

    • "Al fianco di Leoluca Orlando". Lettera dei sindaci della provincia

      Un gruppo di sindaci del Palermitano si è schierato ufficialmente con il primo cittadino di Palermo, Leoluca Orlando, nello scontro con il ministro dell’Interno Matteo Salvinin sull’applicazione del decreto Sicurezza. Si tratta di #Franco_Ribaudo di #Marineo, #Ciccio_Nicolosi di #Corleone, #Franco_Agnello di #Villafrati, #Epifanio_Mastropaolo di #Godrano, #Massimo_Diano di #Santa_Cristina_Gela, #Rosario_Petta di #Piana_degli_Albanesi, #Piero_Aldeghieri di #Campofelice_di_Fitalia, che fanno parte del «Centro polifunzionale per l’inclusione degli immigrati della #Valle_dell'Eleuterio_di_Marineo».

      https://livesicilia.it/2019/01/03/al-fianco-di-leoluca-orlando-lettera-dei-sindaci-della-provincia_1024679

    • #Monterotondo:
      Contro il decreto Salvini per la tutela dei migranti e della sicurezza del territorio

      Il Vicesindaco reggente Antonino Lupi si schiera al fianco del Sindaco di Palermo Leoluca Orlando.

      In armonia con gli orientamenti del Consiglio Comunale, fortemente contrari al Decreto Sicurezza, il Vicesindaco Reggente Antonino Lupi:

      esprime pieno sostegno ideale all’iniziativa promossa dal Sindaco di Palermo Leoluca Orlando contro l’applicazione di alcune norme fortemente discriminatorie verso i migranti, in particolare contro quelle che impediscono l’iscrizione anagrafica di richiedenti asilo pur in possesso di regolare permesso di soggiorno;

      auspica che la conseguente azione, avviata ai diversi livelli istituzionali, possa far si che la Corte Costituzionale si esprima, nel più breve tempo possibile, sulla costituzionalità di norme che, oltre a risultare lesive di diritti umani tutelati dalle convenzioni internazionali, appaiono violare valori e principi fondanti della nostra Costituzione;

      si unisce alla richiesta rivolta all’ANCI ed al suo Presidente Antonio Decaro di avviare un serrato confronto con il Governo Centrale per l’esame e la risoluzione dei numerosi problemi che si stanno generando sui territori a seguito dell’applicazione di alcune delle norme contenute nel Decreto Salvini e per la revisione dei contenuti del decreto stesso.

      “Forte dell’esperienza pluriennale che ha visto il nostro Comune impegnato in progetti di accoglienza, di integrazione e di autonomia di tanti migranti inseriti nei progetti SPRAR, ritengo che il Decreto Salvini che, a parole, vorrebbe garantire sicurezza, finirà con il generare rottura della coesione sociale, insicurezza, illegalità e criminalità nei territori.

      L’uscita di tante persone da percorsi legali, controllati e monitorati, (come quelle dei progetti SPRAR ma anche quelli dei CARA come quello di Castelnuovo di Porto che accoglie oggi più di 400 persone), – prosegue il Vicesindaco Reggente Antonino Lupi – vorrà dire renderle senza volto (senza iscrizione anagrafica e relativa residenza), senza prospettive, senza speranze: tante persone disperate continueranno a vivere, a vagare nei nostri territori, saranno facile preda del malaffare.

      Il Governo ha colpevolmente ignorato il pensiero degli Enti Locali, delle organizzazioni del Terzo Settore, del Sindacato, della stessa Conferenza Episcopale Italiana, in merito ad un tema così complesso come quello dell’immigrazione.

      Il Governo, forse alla ricerca del facile consenso sulle politiche contro l’accoglienza dei migranti che caratterizzano tutti i governi di destra in Europa e nel resto del mondo, non ha saputo valutare gli effetti che le nuove norme generano sui territori e che rischiano di far saltare quel delicato equilibrio tra Stato Centrale e Enti Locali: al Governo gli onori e i successi elettorali, ai Sindaci gli oneri economici e sociali di scelte che, anziché risolvere i vecchi problemi, ne generano di nuovi, difficili da prevedere e da affrontare.”

      http://www.comune.monterotondo.rm.it/comunicati-stampa/contro-il-decreto-salvini-per-la-tutela-dei-migranti-e-della-

    • Decreto Salvini, da sinistra pressioni sui sindaci ma nessuno segue la linea Orlando. E Giacomelli: «La Regione faccia da guida ai Comuni»
      #Prato:

      #Biffoni frena: «Chiedo il rispetto delle regole anche quando non ci piacciono, va fatta una battaglia politica per cambiare il decreto a beneficio dei cittadini».

      Il sindaco di #Poggio e presidente della Provincia Francesco Puggelli critica in più di un aspetto questa legge voluta dal ministro Salvini: «Si chiama sicurezza ma di sicurezza ha ben poco e le norme che contiene generanno il caos. Mi aspettavo qualche strumento per combattere la microcriminalità e per impedire a persone arrestate in flagranza di reato, come il caso dei marocchini di Poggio, di essere rimessi in libertà dopo poche ore; mi aspettavo più soldi per la videosorveglianza che attendiamo da tempo. E’ una legge piena di norme discriminatorie e quindi anticostituzionali. Lotterò per cambiarla».

      #Edoardo_Prestanti, sindaco di #Carmignano, definisce il decreto «un abominio che non risolve nessun problema ma anzi ne crea di nuovi perchè apre la porta a persone per strada senza diritti. Siamo pronti al ricorso alla Consulta».

      Sulla stessa lunghezza d’onda il primo cittadino di #Montemurlo, #Mauro_Lorenzini: «Chiederò al Consiglio comunale di prendere una posizione politica in merito per imboccare la strada del ricorso alla Corte Costituzionale. Noi sindaci non possiamo violare la legge ma possiamo combattere per modificarla. Questo decreto crea più problemi di quanti ne risolva soprattutto in fatto di sicurezza e salute».

      Stessa posizione per i sindaci di #Vaiano e di #Vernio, #Primo_Bosi e #Giovanni_Morganti: «I nostri territori non sono toccati dal fenomeno come le grandi città - dicono - ma lotteremo nelle forme previste dalla legge per cambiare questo decreto che riteniamo ingiusto».

      Più sfumata la posizione del sindaco di Cantagallo, Guglielmo Bongiorno che si limita a dire: «Ho giurato sulla Costituzione che parla chiaro su accoglienza e discriminazione». Nessun chiarimento se applicherà o meno il decreto Salvini anche se in un piccolo Comune come il suo, in alta Val di Bisenzio, l’eventuale disobbedienza è un esercizio molto teorico.

      http://www.notiziediprato.it/news/decreto-salvini-da-sinistra-pressioni-sui-sindaci-ma-nessuno-segue-la

    • Da #Salerno diffida a Salvini. Appello al sindaco alla disobbedienza civile

      Un presidio, una diffida nei confronti di Conte, Salvini e Toninelli, e un invito alla disobbedienza civile al sindaco di Salerno, #Vincenzo_Napoli. Da Salerno si leva il grido di solidarietà e umanità verso i 49 migranti a bordo della Sea Watch e della Sea Eye, in mare ormai da 15 giorni, impossibilitata a sbarcare sulle coste italiane a causa della presa di posizione del vicepremier della Lega. Lunedì mattina, alle 11, su iniziativa di Antonio Nigro e del collettivo Move to resist, sarà presentata, presso la prefettura di Salerno, regolare diffida nei confronti del presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte, il ministro dell’Interno Matteo Salvini e il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli.

      https://napoli.repubblica.it/cronaca/2019/01/06/news/da_salerno_diffida_a_salvini_-215979824

    • Cori, con la presentazione del corto ‘Non Calpestare’, l’amministrazione ricorda l’anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e stigmatizza il decreto sicurezza

      “Tutti gli esseri umani nascono liberi ed uguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza”. Questo è il primo articolo della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, un codice etico di importanza storica fondamentale: è stato il primo documento a sancire universalmente i diritti che spettano all’essere umano. ‘Non Calpestare’, il cortometraggio diretto nell’anno appena passato da Angelo Bianchi con i testi del collettivo letterario Cardiopoetica, che è stato presentato al Teatro Comunale ‘Luigi Pistilli’ di Cori, vuole essere proprio un contributo al 70° anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani che “oggi più che mai – commenta il Sindaco Mauro De Lillis – manifesta la sua importanza nel nostro Paese: il cosiddetto decreto sicurezza da poco divenuto legge calpesta, infatti, sia i principi costituzionali sia i valori presenti nella Dichiarazione Universale. Esso mette in discussione anni di politiche tese all’accoglienza diffusa e all’integrazione, che sicuramente presentavano aspetti critici ma nel complesso realizzavano una forma di governo dell’immigrazione che stava dando buoni risultati. Ora noi Sindaci non abbiamo più la possibilità di garantire assistenza sociale e sanitaria ai richiedenti asilo. Non possiamo più garantire i diritti basilari assicurati agli altri cittadini. Una vergogna per l’Italia. Occorre – conclude il primo cittadino – un sussulto di responsabilità, di sensibilità e un forte atto di denuncia verso questo provvedimento. Credo che l’iniziativa di ieri possa aiutarci in tal senso, sollecitando una riflessione profonda e una seria presa di coscienza da parte di tutti”. Intanto, Mauro de Lillis di concerto con i colleghi Sindaci e con l’Anci (Associazione Nazionale Comuni Italiani) sta valutando i passi da compiere per accertare davanti a un giudice la costituzionalità della norma.


      http://www.mondoreale.it/2019/01/cori-con-la-presentazione-del-corto-non-calpestare-lamministrazione-ricor

    • #Salve, sindaco contro decreto Salvini, la Lega replica

      Il sindaco di Salve (Le) è intervenuto ieri sulle pagine della Gazzetta del Mezzogiorno unendosi al coro dei sindaci contro il decreto sicurezza di Matteo Salvini:

      «In una lettera scritta dalla prigione di Birmingham nell’aprile 1963, il reverendo Martin Luther King si chiede come sia possibile rispettare alcune leggi e disobbedire a delle altre. Trova la risposta nel fatto che possono darsi due tipi di leggi: giuste ed ingiuste. Il reverendo King afferma dunque di essere il primo ad avvertire la responsabilità legale e morale di obbedire alle leggi giuste, ma di sentire al tempo stesso la responsabilità morale di disobbedire alle leggi “ingiuste”.


      https://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/news/lecce/1098267/salve-sindaco-contro-decreto-salvini-la-lega-replica.html

      #Francesco_Villanova

    • Tra i sindaci in trincea contro il decreto Salvini

      A #Francesco_Maragno, sindaco di centrodestra di #Montesilvano, il dl Salvini non piace. “I latini – dice Maragno al Foglio – dicevano dura lex sed lex: è una legge dello stato e come tale va rispettata. Noi, finora, abbiamo applicato la legge Bossi-Fini per eliminare i rischi della presenza di immigrati lasciati a se stessi – come avviene con i Cas, Centri di accoglienza straordinaria – concentrandoci sulla valorizzazione degli Sprar”.

      Maragno condivide la protesta dei sindaci? “Condivido la preoccupazione su un aspetto di primaria importanza e su cui tanti colleghi sindaci, come me, si sono impegnati in prima persona per governare l’emergenza immigrati, venendo in soccorso del governo su una problematica che non rientra minimamente tra le competenze dei comuni. L’abbiamo fatto per spirito di solidarietà nei confronti del governo in difficoltà e ci saremmo aspettati, da parte di quest’ultimo, di essere presi in considerazione nel confezionamento della normativa cosa che, purtroppo, non è avvenuta con la conversione in legge”.

      https://www.ilfoglio.it/politica/2019/01/04/news/tra-i-sindaci-in-trincea-contro-il-decreto-salvini-231422

    • Valsusa, i sindaci in marcia contro il decreto Sicurezza

      Abituata da anni a scendere in piazza per manifestare il proprio dissenso, la Val Susa si prepara a imboccare la strada della manifestazione di protesta anche contro il decreto Sicurezza. O, meglio, contro gli effetti della norma varata dal governo Lega-Cinque Stelle su indicazione del partito di Matteo Salvini: il rischio, diconno, è di gettare nell’illegalità chi ha un regolare permesso di soggiorno e i tagli ai fondi per l’accoglienza, che potrebbero far saltare il progetto di integrazione di profughi e richiedenti asilo avviato oltre due anni fa sul territorio.

      L’ipotesi

      Per ora nulla è deciso, ma si fa largo l’ipotesi della marcia di Valle ad Avigliana il 26 gennaio, con sindaci e cittadini dietro gli striscioni per invocare il rispetto dei diritti umani e di chi fugge da guerre, fame e miseria. In settimana la questione sarà discussa dai primi cittadini, che cercheranno di conciliare le diverse anime sul delicato tema immigrazione: riportato di attualità a livello locale dall’annuncio del sindaco di Susa, Sandro Plano, che venerdì ha «bocciato» il provvedimento del governo, rassicurando però (anche a nome dei colleghi) che in Val Susa la legge verrà rispettata confidando nella sua bocciatura per incostituzionalità.

      Le parole del presidente dell’Unione dei Comuni, all’indomani di un primo confronto interno, sono suonate «affrettate» ad alcuni colleghi di Plano. Tanto che ha subito preso a circolare un ordine del giorno per sollecitare azioni più incisive. La prima a intervenire è Emanuela Sarti, responsabile del turismo in Unione montana: «Troppa fretta. E’ un tema su cui occorre un confronto serio» commenta la sindaca di Condove su Facebook a poche ore dalle dichiarazioni di Plano.

      Altri primi cittadini, da Fabrizio Borgesa (Chiusa San Michele) a Susanna Preacco (Sant’Antonino), intervengono sulla questione sposando le parole del sindaco di Firenze, Dario Nardella - tra i «disobbedienti» alla legge - e invitando ad approfondire il dibattito. Pure la consigliera regionale Stefania Batzella sprona i sindaci ad azioni concrete. E sempre Emanuela Sarti rilancia l’ipotesi di impugnare la legge: «La Regione sta valutando il ricorso alla Corte Costituzionale. Questa è la strada». La manifestazione di Valle potrebbe trovare un punto di contatto tra i «moderati» e chi è pronto ad alzare i toni. Nel frattempo, Vaie ha votato in Consiglio un ordine del giorno di netta contrarietà al Decreto Salvini.


      https://www.lastampa.it/2019/01/06/cronaca/valsusa-i-sindaciin-marcia-contro-il-decreto-sicurezza-prRl78guk2xs6ON8EgXVPM/pagina.html

      #Valsusa e tutti i suoi comuni (#Almese, #Avigliana, #Borgone_Susa, #Bruzolo, #Bussoleno, #Caprie, #Caselette, #Chianocco, #Chiusa_di_San_Michele, #Condove, #Mattie, #Mompantero, #Novalesa, #San_Didero, #San_Giorio_di_Susa, #Sant’Ambrogio_di_Torino, #Sant’Antonino_di_Susa, #Susa, #Vaie, #Venaus, #Villar_Dora, #Villar_Focchiardo)

    • #Piacenza:
      Decreto Salvini, #Giardino (Misto) “Illogiche alcune norme sull’immigrazione”

      «Alcune norme – non tutte – di tale decreto appaiono anche a me illogiche e incomprensibili. Si tratta delle disposizioni in materia di abolizione della protezione umanitaria, di restrizione del sistema di accoglienza, di esclusione dal registro anagrafico dei richiedenti asilo e di revoca della cittadinanza. Il resto del decreto presenta una sua organicità, ma su questi aspetti credo sia opportuno, anzi inevitabile intervenire con una correzione di rotta.»

      https://www.piacenzasera.it/2019/01/decreto-salvini-giardino-gruppo-misto-illogiche-alcune-norme-sullimmigrazione/279449

    • Decreto sicurezza: la Lombardia tra sindaci “ribelli” e sindaci “difensori”

      Polmiche a #Crema, dove il sindaco di Centrosinistra #Stefania_Bonaldi ha espresso il proprio dissenso in maniera chiara, anche attraverso la propria pagina Facebook, ed è stata invitata a dimettersi dalla leghista Gobbato.

      Ci ha messo la faccia anche il sindaco di #Cremona, #Gianluca_Galimberti, che ha dichiarato: “Il decreto produrrà nella nostra città più insicurezza, mettendo in difficoltà i Comuni che si troveranno ad affrontare da soli un fenomeno che andava gestito diversamente e congiuntamente, ma la sospensione degli obblighi di legge di un provvedimento approvato dal Parlamento non è nel potere di un sindaco e non è la soluzione adottabile dai Comuni.”E’ proprio dalla Bassa, per ciò che concerne la situazione lombarda, che stanno arrivando al momento le resistenze maggiori.

      https://giornaledimonza.it/politica/decreto-sicurezza-la-lombardia-tra-sindaci-ribelli-e-sindaci-difenso

    • SISTEMA SPRAR: DUBBI DEL CONSIGLIERE VIAN SUL DECRETO SALVINI E SULLE RIPERCUSSIONI AL COMUNE DI SAN DONÀ

      È stata presentata ieri dal Consigliere Vian l’interrogazione sul sistema Sprar, in contrasto con il Decreto Salvini e in ottica di eventuali ripercussioni al comune di San Donà di Piave.

      Nel testo letto ieri in Consiglio comunale, si fa riferimento alla situazione dello stesso comune: sono circa 60 i richiedenti asilo o i titolari di una qualche forma di protezione inseriti nei progetti SPRAR e CAS con il modello virtuoso dell’accoglienza diffusa. Secondo Vian, con l’applicazione del Decreto Salvini, quello che alcune amministrazioni (come San Donà) hanno raggiunto in termini di inclusione e autonomia delle persone accolte, verrebbe cancellato.

      “Le nuove norme non faranno altro che rafforzare la retorica di chi considera il fenomeno migratorio come straordinario ed emergenziale, quando invece è strutturale, alimentando un sistema non solo dannoso per i migranti e i territori, ma spesso anche poco trasparente in termini di gestione economica e finanziaria delle risorse pubbliche”, sostiene il Consigliere dem. “Non dobbiamo sottovalutare inoltre la presenza nei CAS di persone con vulnerabilità, attualmente titolari di permesso di soggiorno per motivi umanitari o di permessi speciali, come quello per motivi di salute, introdotti dal Decreto, che si vedono sfumare la possibilità di entrare nella rete SPRAR, finendo letteralmente per strada“. Questa la preoccupazione numero uno di Vian, il quale prosegue: “Tale Decreto prevede lo smantellamento di fatto della rete SPRAR e ciò si tradurrà nell’aumento delle persone ospitate nei grossi centri di accoglienza, hub e hotspot: strutture spesso sovraffollate che non riescono a garantire ai migranti l’assistenza sanitaria e legale né un percorso di inserimento e integrazione, incrementando quindi la loro marginalizzazione e il rischio di coinvolgimento degli stessi in attività illecite”. Dal circolo PD interviene anche la segretaria Sandre: “Non possiamo fare altro che pensare che questo sia l’obiettivo del ministro degli interni, per alimentare l’astio nei confronti di chi è costretto a cercare una vita migliore nel nostro continente, e ottenere consenso politico sulla spaccatura che questo tema crea tra i cittadini.”

      http://www.piavetv.net/2018/11/sistema-sprar-dubbi-del-consigliere-vian-sul-decreto-salvini-e-sulle-riperc
      #San_Donà_di_Piave

      v. anche:
      https://www.facebook.com/gruppoconsiliarepdsd/videos/269710063693456

    • I Sindaci della Rete dei Piccoli Comuni del #Welcome della provincia di Benevento e di Avellino che sottoscrivono il presente comunicato si schierano in solidarietà al dolore, alla fatica ed al grido di speranza delle popolazioni migranti; manifestano il proprio desiderio di trovare una soluzione concreta tra il corretto esercizio del dovere di accoglienza dello Stato Italiano sancito dalla Carta Costituzionale, i diritti civili riconosciuti dall’ordinamento giuridico e le risorse del welfare disponibili per i Comuni, si dichiarano apertamente contrari alle norme del cosiddetto “Decreto Sicurezza”, oggi legge 113/2018.
      Ci uniamo alle preoccupazioni espresse dal Sindaco di Bari, Antonio De caro, Presidente Anci:
      “Se ai migranti presenti nelle nostre città non possiamo garantire i diritti basilari assicurati agli altri cittadini, né, ovviamente, abbiamo alcun potere di rimpatriarli, come dovremmo comportarci noi sindaci? Inoltre da quando si è deciso di chiudere i centri Sprar, che distribuendo su tutto il territorio nazionale il flusso migratorio assicuravano un’accoglienza diffusa, anticamera di una necessaria integrazione, alcune città hanno visto un aumento considerevole di stranieri nei centri Cas e Cara, a gestione ministeriale". «Si è interrotto, così - aggiunge - un percorso virtuoso di accoglienza e integrazione e si è favorito l’aumento di tensioni sociali nelle comunità di riferimento».
      I nostri Piccoli Comuni del #Welcome avevano partecipato alle sedute della Commissione immigrazione ANCI riunite ad hoc per proporre emendamenti al Decreto nella sua fase di conversione in Parlamento, ma le osservazioni di noi Sindaci non sono state recepite in nulla dal testo legislativo approvato. Come dichiarato dal presidente della Commissione, Matteo Biffoni, a nome di tutti noi: “I Sindaci erano già allora consapevoli che applicare quelle norme avrebbe significato far diventare formalmente ‘invisibili’ persone che sui territori vivono e che in futuro torneranno a rivolgersi ai Comuni”.
      Per queste ragioni manifestiamo il nostro aperto dissenso all’applicazione della legge 113/2018 e ne chiediamo urgentemente una attenta revisione.
      Inoltre facciamo appello al Governo Italiano di voler accogliere i 49 profughi che si trovano tuttora a bordo di navi nel Mediterraneo dichiarando l’ospitalità immediata presso i nostri SPRAR, dove gli attuali posti liberi superano complessivamente quel numero.

      I SINDACI
      Domenico Canonico, #Baselice
      Vito Fusco, #Castelpoto
      Carlo Grillo, #Chianche
      Giuseppe Addabbo, #Molinara
      Giuseppe Lombardi, #Petruro_Irpino
      Roberto Del Grosso, #Roccabascerana
      Carmine Agostinelli, #San_Bartolomeo_in_Galdo
      Angelina Spinelli, #Santa_Paolina

      https://www.facebook.com/danibiella/posts/1280776618741066?comment_id=1281293568689371&notif_id=1547050269865860&not

    • Il sindaco di #Gaiola Biolè critico sul «Decreto sicurezza»: «Piena adesione alla manifestazione di sabato 27 ottobre»

      «In particolare per scongiurare le inedite e disastrose conseguenze sul sistema Sprar - cui come Comune abbiamo aderito - derivanti dalla applicazione del cosiddetto ’Decreto Sicurezza’»


      http://www.targatocn.it/2018/10/26/mobile/leggi-notizia/argomenti/attualita/articolo/il-sindaco-di-gaiola-biole-critico-sul-decreto-sicurezza-piena-adesione-al

      #Fabrizio_Biolè

    • Il sindaco di #Gaiola Biolè critico sul «Decreto sicurezza»: «Piena adesione alla manifestazione di sabato 27 ottobre»

      «In particolare per scongiurare le inedite e disastrose conseguenze sul sistema Sprar - cui come Comune abbiamo aderito - derivanti dalla applicazione del cosiddetto ’Decreto Sicurezza’»


      http://www.targatocn.it/2018/10/26/mobile/leggi-notizia/argomenti/attualita/articolo/il-sindaco-di-gaiola-biole-critico-sul-decreto-sicurezza-piena-adesione-al

      #Fabrizio_Biolè

    • Il sindaco di #Gaiola Biolè critico sul «Decreto sicurezza»: «Piena adesione alla manifestazione di sabato 27 ottobre»

      «In particolare per scongiurare le inedite e disastrose conseguenze sul sistema Sprar - cui come Comune abbiamo aderito - derivanti dalla applicazione del cosiddetto ’Decreto Sicurezza’»


      http://www.targatocn.it/2018/10/26/mobile/leggi-notizia/argomenti/attualita/articolo/il-sindaco-di-gaiola-biole-critico-sul-decreto-sicurezza-piena-adesione-al

      #Fabrizio_Biolè

    • Il sindaco di #Gaiola Biolè critico sul «Decreto sicurezza»: «Piena adesione alla manifestazione di sabato 27 ottobre»

      «In particolare per scongiurare le inedite e disastrose conseguenze sul sistema Sprar - cui come Comune abbiamo aderito - derivanti dalla applicazione del cosiddetto ’Decreto Sicurezza’»


      http://www.targatocn.it/2018/10/26/mobile/leggi-notizia/argomenti/attualita/articolo/il-sindaco-di-gaiola-biole-critico-sul-decreto-sicurezza-piena-adesione-al

      #Fabrizio_Biolè

    • Il sindaco di #Gaiola Biolè critico sul «Decreto sicurezza»: «Piena adesione alla manifestazione di sabato 27 ottobre»

      «In particolare per scongiurare le inedite e disastrose conseguenze sul sistema Sprar - cui come Comune abbiamo aderito - derivanti dalla applicazione del cosiddetto ’Decreto Sicurezza’»


      http://www.targatocn.it/2018/10/26/mobile/leggi-notizia/argomenti/attualita/articolo/il-sindaco-di-gaiola-biole-critico-sul-decreto-sicurezza-piena-adesione-al

      #Fabrizio_Biolè

    • Zona del Cuoio, i sindaci contro il Dl Sicurezza: «Slogan facili contro gli stranieri»

      Il decreto sicurezza fa discutere, e molto, anche in Toscana. Dopo le dichiarazioni di Dario Nardella, sono arrivate quelle dei sindaci dell’Unione dell’Empolese Valdelsa, a cui si aggiunge ora il coro dei primi cittadini della Zona del Cuoio, ovvero Santa Croce sull’Arno, Castelfranco di Sotto, Montopoli in Val d’Arno e San Miniato. Di seguito la nota congiunta a firma Giulia Deidda, Gabriele Toti, Giovanni Capecchi e Vittorio Gabbanini. Un provvedimento bandiera. Perfetto dal proprio punto di vista della propaganda. Parla alla pancia delle persone, slogan facile contro lo straniero e non creerà più sicurezza ma l’esatto opposto. E’ così che appare il “decreto sicurezza”, chiamato in questo modo anche se è legge dello stato, convertito dal Parlamento. Insomma una operazione perfetta per la campagna elettorale permanente. Che non risolve i problemi, ma questo è un dettaglio trascurabile. Condividiamo le critiche che sono state fatte da molte colleghi sindaci sugli effetti che si determinano col decreto sicurezza, perché colpendo sull’aspetto relativo ai diritti, va a incidere pesantemente anche sulla convivenza tra le persone. Mandare in una situazione di irregolarità molti migranti, senza attivare altri tipi di percorsi, è evidentemente il modo più veloce per creare le condizioni perché possano delinquere. Sono convinto che quando si creano delle situazioni di rottura di questa tipo, con molti sindaci che protestano in maniera pesante, la via maestra sarebbe quella di organizzare un incontro, per un dialogo necessario tra il governo e chi amministra le comunità a livello locale. Quindi vedo positivamente la apertura del presidente del consiglio, ammesso che poi abbia la forza di portarla avanti, e non debba subire il veto di qualche alleato di maggioranza. In questo contesto di forte scontro, condividiamo altresì la posizione della regione Toscana di ricorrere alla Corte Costituzionale, per la verifica delle parti della normativa che ne risultano in contrasto. In particolare l’articolo 13, che stabilisce come l’immigrato con permesso di soggiorno abbia diritto solo al domicilio e non alla residenza. Sembra un dettaglio ma è sostanziale, perché non consente di prestare l’assistenza sanitaria, né l’iscrizione a scuola dei figli, o l’iscrizione nelle liste di collocamento e nelle liste di mobilità. In questo percorso di ascolto una parte va dedicata al coinvolgimento dei volontari e delle associazioni che si occupano in ambito umanitario e di supporto.

      https://www.gonews.it/2019/01/06/dl-sicurezza-zona-cuoio-sindaci-decreto

    • Italia in Comune Puglia ‘schiera’ 60 amministratori contro il decreto Salvini

      Sindaci, assessori, consiglieri di Italia in Comune Puglia uniti per dire ‘no’ al decreto Salvini su immigrazione.

      Italia in Comune Puglia scende in campo contro il decreto Salvini. E lo fa con il suo fronte di oltre sessanta amministratori comunali, tra sindaci, consiglieri e assessori comunali, che si sono detti pronti a farsi portavoce di una mozione per chiedere la sospensione degli effetti del provvedimento in materia di immigrazione e sicurezza, sulla scorta di quanto avvenuto già in alcuni comuni del nord Italia.

      Il decreto del Ministero dell’Interno prevede, infatti, 23 mila migranti in meno nel circuito dell’ accoglienza, la revoca di circa 1500 permessi di protezione umanitaria e la chiusura di decine di Cas e Sprar. Tuttavia, le stime ANCI sono raccapriccianti per i Comuni: 280 milioni di euro di costi amministrativi che ricadrebbero su Servizi sociali e sanitari territoriali.

      Ma non è una questione solo di costi, avvertono dal partito: “Il sistema elaborato da Salvini è fallimentare. Con le chiusure di CAS e Sprar, si tolgono vite umane dal circuito ‘sano’ dell’accoglienza per immetterle in strada. Non occorre essere degli esperti per comprendere come gli effetti del provvedimento sarebbero addirittura opposti a quelli prefissati, ovvero aumento di clandestinità, casi di emarginazione sociale e, quindi, anche di delinquenza. A voler essere sospettosi, verrebbe addirittura da pensare che questo incremento generalizzato di insicurezza e panico che si diffonderebbe nelle città sia una trovata utile per futuri fini elettorali”, ha commentato Michele Abbaticchio, sindaco del comune di Bitonto.

      “Ci spieghi Salvini come dovrebbe condurre questo provvedimento a una maggiore sicurezza nelle città se l’attuale Governo non ha stipulato nemmeno un accordo con i Paesi di provenienza dei migranti per il loro rimpatrio. Se questi soggetti vengono sbattuti fuori dai centri di accoglienza e non vengono rimpatriati, dove finiranno, se non sulle nostre strade? Per non parlare, poi, dell’ aspetto più prettamente ‘umano’ della questione, che siamo certi non sarà stato preso in considerazione dal Ministro, ovvero l’abbandono in strada di giovanissimi che vengono tristemente condannati a un futuro di precarietà, stenti e espedienti”, le parole di un altro sindaco del partito, Davide Carlucci che amministra Acquaviva delle Fonti.

      Per tali ragioni, i sindaci, gli assessori e i consiglieri comunali già iscritti al partito hanno deciso di ‘fare squadra’ e, ora, si sono detti pronti a presentare nei rispettivi comuni amministrati un ordine del giorno in cui chiederanno al Governo di sospendere gli effetti del decreto legge e di rivalutare, magari a seguito di confronto con i territori, le ricadute concrete dell’atto sia in termini economici che sociali e di sicurezza, e alla Regione Puglia di condividere i loro intenti.

      “Al Sud, sarebbe la prima risposta a questo provvedimento lontano dalla realtà e da una stima degli effetti reali”, hanno concluso i referenti.

      https://www.acquavivapartecipa.it/italia-in-comune-puglia-schiera-60-amministratori-contro-il-decre

    • Ufficio anagrafe a Palermo, Orlando ai dipendenti: «I documenti li firmo io». Salta la seduta in consiglio

      Il sindaco di #Palermo Leoluca Orlando, oggi a Roma per alcuni incontri istituzionali, ha partecipato nel pomeriggio ad un incontro con la Stampa Estera in Italia, nel corso del quale fra l’altro ha confermato che «a tutela dei dipendenti comunali dell’Ufficio anagrafe» sarà lui a sottoscrivere i documenti di iscrizione anagrafica legati a permessi di soggiorno per protezione umanitaria".

      Avendo appreso dall’Assessore alle politiche di cittadinanza che già una pratica di questa tipologia è in fase istruttoria da alcuni giorni, il Sindaco ha affermato di sperare «che l’iter si concluda quanto prima». Per ovvii motivi di tutela della privacy, si legge in una nota diffusa dall’ufficio stampa del Comune, non saranno diffusi dati di alcun tipo relativi alla pratica in corso, né ad altre analoghe il cui iter istruttorio dovesse essere avviato nei prossimi giorni

      Intanto tre ufficiali d’anagrafe del Comune di Palermo hanno spedito una lettera al capo area Maurizio Pedicone per chiedere chiarimenti sulla sospensiva delle procedure previste dal decreto sicurezza che lo stesso Pedicone aveva fatto pervenire all’ufficio lo scorso 3 gennaio, dopo aver ricevuto, il giorno precedente, la disposizione del sindaco Leoluca Orlando che invita a sospendere alcune norme della legge sicurezza che impedisce ai richiedenti asilo di ottenere la residenza.

      I tre dipendenti, «gli unici presenti», si legge in calce alla lettera scritta il 7 gennaio, fanno riferimento alle responsabilità degli ufficiali d’anagrafe e scrivono che compete esclusivamente alla Consulta stabilire la legittimità costituzionale della legge. «L’ufficiale d’anagrafe è obbligato ad operare secondo i principi di legalità fissati dagli art. 97 e 98 della Costituzione».

      I tre firmatari osservano che l’inosservanza dei principi di legge non può certamente essere disposta con un ordine di servizio, «strumento privo di validità sufficiente a esimere l’operatore dal proprio obbligo giuridico di osservanza del dettato normativo e non inidoneo a esonerarlo dalle proprie personali responsabilità». «Sono necessari chiarimenti idonei a superare le evidenziate criticità delle disposizioni impartite a questo ufficio e ai singoli ufficiali d’anagrafe materialmente chiamati ad applicarle», conclude la lettera.

      Manca il dirigente dell’area servizi al cittadino Maurizio Pedicone e salta la seduta del Consiglio comunale di Palermo che avrebbe dovuto trattare la questione legata alla disposizione del sindaco Leoluca Orlando con la quale si chiede all’ufficio di continuare a rilasciare ai cittadini richiedenti asilo i certificati anagrafici.

      Duro il commento del consigliere di opposizione Fabrizio Ferrandelli: «Dopo aver voluto questa seduta alla presenza del sindaco, dell’assessore Nicotri, del capo dell’ufficio legale e del dirigente dell’anagrafe per individuare un atto amministrativo chiaro ed efficace che abbia il supporto di quella parte di Consiglio che come me intende garantire i diritti umani, sorprende l’assenza del sindaco e del dottore Pedicone». «Mi auguro che domani il confronto si possa fare per superare le criticità di una posizione che altrimenti rischia di restare senza efficacia e strumentale», conclude Ferrandelli. La seduta è stata aggiornata a domani alle ore 11.

      Per Sabrina Figuccia, dell’Udc, «il dirigente dell’ufficio anagrafe diserta il consiglio comunale, forse per il troppo imbarazzo causato dal Sindaco negli ultimi giorni, che ben si guarda dall’affrontare il tema in aula». "A questo punto - aggiunge - immagino che il Sindaco intenda occupare una stanza in viale Lazio, presso l’ufficio anagrafe, visto che il tema della residenza gli sta così a cuore e che ha dichiarato di volere firmare di suo pugno gli atti. Predisponga gli atti, lavori le pratiche e infine le firmi, assumendosene tutte le responsabilità. Così forse sarà ricordato come il miglior sindaco di sempre».

      «L’amministrazione comunale di Palermo è ormai allo sbando anche sulla vicenda del decreto sicurezza, tanto che oggi sia il sindaco Orlando che il capo dell’ufficio anagrafe, Maurizio Pedicone, hanno preferito disertare la seduta in consiglio comunale per chiarire i contorni oscuri di una questione che sta spostando l’attenzione dell’opinione pubblica rispetto ai reali, drammatici problemi della città». Lo dichiarano Igor Gelarda, capogruppo della Lega in consiglio comunale a Palermo, e il consigliere dello stesso gruppo Elio Ficarra che chiedono le dimissioni di Orlando.

      http://palermo.gds.it/2019/01/09/orlando-firma-sicurezza-tre-ufficiali-dellanagrafe-di-palermo-chiedono-c
      #Palerme

    • #Pozzallo

      Peraltro, una voce critica arriva anche da sinistra. Il sindaco di Pozzallo #Roberto_Ammatuna è stato eletto con una lista civica, ma viene dal Pd anche se «da un anno e mezzo non faccio parte dell’organizzazione. Siamo una città di accoglienza, non condivido il decreto Salvini. Va bene la sostanza della battaglia di Orlando, ma non sono d’accordo con il metodo, come non condividevo i sindaci di destra che rifiutavano di celebrare le unioni di fatto. Meglio usare altri strumenti, come il referendum. La sacralità delle istituzioni viene prima di tutto».

      https://www.lastampa.it/2019/01/03/italia/quei-sindaci-contro-orlando-il-primo-cittadino-non-pu-esercitare-la-disobbedienza-civile-fY2VUkK958OK8NUZNppNKJ/pagina.html

    • Des maires italiens se lèvent contre les mesures anti-migrants de Salvini

      Plus d’une centaine de maires italiens font front contre la loi 132 sur la sécurité, tant voulue par le ministre de l’intérieur, Matteo Salvini. Ils dénoncent les mesures qui concernent les migrants, inconstitutionnelles selon eux.
      Palerme, de notre correspondante.- « Je fais du droit, pas de la musique, donc je sais très bien ce à quoi je m’expose. » Sur le parvis de sa mairie, Leoluca Orlando ne bouge pas d’un pouce : hors de question d’appliquer la loi sécurité approuvée à la fin du mois de novembre par l’Assemblée italienne. Face à lui, Piazza Pretoria, une marée de parapluies desquels fusent applaudissements nourris et cris de soutien. « Ce sont des choix difficiles mais en tant que maire, mon devoir est d’envoyer un message clair, et c’est celui du respect des droits de l’homme », poursuit-il entre deux acouphènes d’une sono mal réglée.

      Il faut dire que le rassemblement de soutien au maire de Palerme a été organisé à la hâte, après une attaque en règle du ministre de l’intérieur, Matteo Salvini, à l’origine du texte de loi. Le 21 décembre dernier, le maire de la ville, Leoluca Orlando, demande à ses employés municipaux de ne pas appliquer la nouvelle loi sur la sécurité, estimant que les mesures à l’encontre des migrants « violent les droits humains et la Constitution italienne ». Mais ce n’est que début janvier que la nouvelle devient publique, provoquant la colère du ministre de l’intérieur qui, comme à son habitude, riposte sur Facebook : « Avec tous les problèmes que connaît Palerme, c’est sur la question des immigrés que ce sinistre maire pense à être désobéissant. »

      En quelques heures, ce qui aurait pu n’être que l’une des nombreuses joutes qui émaillent régulièrement le débat public italien a pris une ampleur nationale. Et plusieurs maires ont embrayé le pas de Leoluca Orlando : Luigi De Magistris, à Naples, Dario Nardella à Florence, Beppe Sala à Milan et avec eux, une centaine d’autres maires, du nord au sud du pays. « Ces maires allègent un peu le sentiment de honte qu’on ressent dernièrement avec la politique du gouvernement, notamment sur les questions liées aux migrants », glisse Anita Riotta, une Palermitaine qui n’est d’ordinaire pas une adepte des manifestations. « On espère qu’en repartant des territoires et des institutions locales, on pourra de nouveau défendre les personnes les plus fragiles », poursuit la quinquagénaire.

      En réalité, le pouvoir des maires est limité pour s’opposer de manière concrète à cette loi. Contenant plusieurs chevaux de bataille idéologiques défendus par Matteo Salvini lors de sa campagne avec la Ligue, la loi 132 s’attaque à l’un des grands chantiers du ministère de l’intérieur : la sécurité. Pêle-mêle, le texte englobe plusieurs mesures sur la mafia, le terrorisme, les biens occupés illégalement et, in fine, l’immigration. C’est ce dernier chapitre qui se retrouve aujourd’hui au cœur des polémiques. Il prévoit entre autres un allongement de la durée de détention des migrants avant leur expulsion, une modification de la liste des pays sûrs, une augmentation des fonds alloués aux expulsions, la déchéance de nationalité en cas de délits liés au terrorisme, mais surtout une remise en cause profonde du système d’accueil italien avec l’abrogation de la protection humanitaire.

      La brèche, pour les édiles locaux, c’est l’inscription à l’« anagrafe », un terme qui désigne dans l’administration italienne un bureau d’enregistrement municipal, donc qui relève de la compétence des maires. Selon l’article 13 de la loi, le permis de séjour dont disposent les demandeurs d’asile ne garantira plus l’inscription à l’« anagrafe ». Or, défendent les maires, c’est en s’inscrivant à ce bureau que les citoyens peuvent obtenir la résidence dans la ville et bénéficier ainsi des services de santé, de l’école ou de l’aide à la recherche d’emploi, par exemple.

      « Cette loi est inhumaine et criminogène », tonne Leoluca Orlando au micro, largement applaudi sous la pluie battante, Piazza Pretoria. En réalité, une loi de 2015 a modifié les conditions nécessaires à l’accès de ces services et un demandeur d’asile peut, en théorie, en bénéficier sans la résidence. Dans les faits, de nombreuses administrations n’ont pas pris en compte ce changement législatif et le risque que les demandeurs d’asile se retrouvent privés de nombreux droits élémentaires est réel.

      Surtout, retranchés derrière l’article 13, les maires rebelles dénoncent un ensemble de mesures anti-migrants dont la plus spectaculaire est la suppression pure et simple de la protection humanitaire, celle la plus fréquemment attribuée aux migrants présents en Italie au terme de leur demande d’asile. En 2017, en Italie, sur un total de 130 000 demandes d’asile, plus de la moitié ont été refusées, 8 % des demandeurs ont reçu le statut de réfugié, contre 25 % pour la protection humanitaire. S’opposer à cette loi, « c’est du bon sens, pas de la bien-pensance », tranche le maire de Florence, Dario Nardella.

      Sur les marches de marbre de la fontaine de la place, à l’écart de l’agitation de la manifestation, Ismael Cissé et Diabaté Toumani suivent chacun des mots de Leoluca Orlando. À peine son discours terminé, ils se mettent à chanter avec quelques amis les louanges de la ville qui les a accueillis. « Ce n’est pas en restant à la maison que les problèmes se résolvent », sourit Diabaté Toumani avant d’ajouter, « avec cette nouvelle loi, on a l’impression d’être des criminels, des bandits et bien sûr nous sommes inquiets ». À son arrivée en Italie, il a reçu la protection humanitaire, tout comme Ismael Cissé, 17 ans et majeur dans quelques semaines : « J’ai quitté la Côte d’Ivoire il y a cinq ans, à cause des violences dans le pays, je suis en Italie depuis un an et quatre mois. Ce n’est pas parce qu’il n’y a pas la guerre dans notre pays qu’on mérite moins d’être là. »

      En présentant son projet de loi, Matteo Salvini avait défendu « les vrais réfugiés », épargnés selon lui par les mesures prévues par le texte de loi. « Il serait temps d’abolir cette distinction entre migrant économique et réfugié, réplique Leoluca Orlando. Ce sont des personnes et ils doivent être traités comme des humains. » Jusqu’à cette loi, un demandeur d’asile pouvait recevoir le statut de réfugié, la protection internationale ou, le cas échéant, et selon des critères allant de raisons de santé à des conditions de vie d’une pauvreté extrême dans le pays d’origine, la protection humanitaire, introduite en Italie en 1998.

      Le risque pour Diabaté Toumani, Ismael Cissé et les dizaines de milliers d’autres migrants bénéficiant actuellement de la protection humanitaire, c’est d’être exclus d’une partie des centres d’accueil, les Sprar, et surtout de ne pas pouvoir renouveler leur titre de séjour – d’une durée de six mois à deux ans – lorsqu’il arrivera à échéance. « C’est comme si on nous arrachait nos papiers », résume Diabaté Toumani. « Cette loi n’aura pas comme effet plus de sécurité, on va devenir des hommes sans empreintes, sans papiers, personne ne nous retrouvera jamais », déplore Ismael Cissé, qui souhaiterait poursuivre ses études en Italie. Selon les projections réalisées par le chercheur Matteo Vila, de l’Institut pour les études de politique internationale, d’ici décembre 2020, près de 140 000 migrants seront illégalement sur le territoire italien, soit plus du double des prévisions antérieures à l’adoption de la loi.

      https://www.mediapart.fr/journal/international/120119/des-maires-italiens-se-levent-contre-les-mesures-anti-migrants-de-salvini?

    • Decreto sicurezza, cresce il fronte delle Regioni contro: con le Marche i ricorsi sono otto

      La Regione #Marche è stata l’ultima a rompere gli indugi: nei giorni scorsi la Giunta, guidata da Luca Ceriscioli (Pd), ha deliberato il ricorso alla Corte Costituzionale per il decreto sicurezza. «Noi riteniamo che il Decreto Sicurezza violi numerosi punti della Carta Costituzionale - ha detto il governatore Luca Ceriscioli - e quindi abbiamo fatto ricorso, come credo abbiano fatto altre Regioni».

      https://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2019-01-25/decreto-sicurezza-cresce-fronte-regioni-contro-le-marche-ricorsi-sono-o

    • La Regione impugna il decreto sicurezza: «Viola Costituzione e Statuto della #Sardegna»

      L’avevano annunciato, lo hanno fatto: la Regione presenta ricorso alla Corte Costituzionale contro il decreto Sicurezza (convertito in Legge n. 132) voluto dal ministro dell’Interno Matteo Salvini. Lo ha deciso oggi la Giunta approvando una delibera proposta dal presidente Francesco Pigliaru in cui si contesta la presunta violazione di importanti precetti costituzionali e dello Statuto della Sardegna e viene rilevata anche «la violazione di diritti dei cittadini, costituzionalmente riconosciuti».

      “In stretto coordinamento con altre regioni italiane, rafforzati dal nostro Statuto di Autonomia - dichiara il presidente Francesco Pigliaru - abbiamo scelto la strada del ricorso. Il decreto Sicurezza nasce da presupposti errati e sta danneggiando seriamente un sistema di accoglienza dei richiedenti asilo faticosamente costruito in questi anni grazie alla proficua sinergia di Regione, Comuni e Prefetture. Restiamo dell’idea che sia possibile attuare un processo di inclusione e integrazione in modo equilibrato e in un quadro di regole che non sono certamente quelle imposte con il recente decreto”.

      L’assessore degli Affari generali Filippo Spanu, con delega ai flussi migratori, ribadisce che “la Sardegna sin dall’inizio si sta muovendo in raccordo con altre Regioni, Umbria, Toscana e Piemonte in primis, perché siamo convinti che il decreto poi diventato legge genera insicurezza e crea gravi problemi ai Comuni chiamati a gestire le conseguenze provocate dalla sua applicazione. La decisione di oggi – chiarisce Spanu – è in piena sintonia con i principi umanitari di accoglienza e solidarietà che la Sardegna ha sempre messo in pratica”. Spanu ricorda infine che "con il ricorso viene data una veste nuova e più solida alle tante critiche arrivate dai sindaci, perché la ribellione a una legge ingiusta passa prima di tutto per gli strumenti Costituzionali. È quindi assolutamente improprio parlare di illegalità delle proteste, ma nel ricorso si trovano le risposte alle gravi preoccupazioni esposte dai primi cittadini, delle quali la Regione si fa completamente carico”.

      Ecco le motivazioni del ricorso. La violazione della Costituzione parte, in primo luogo, dall’art. 28 che concerne attribuzioni di diretta spettanza regionale, poiché l’ordinamento degli enti locali è materia di competenza regionale esclusiva per la Regione Autonoma della Sardegna in virtù dell’art. 3, comma 1, lett. b), dello Statuto. Il Decreto, infatti, prevede poteri straordinari in capo al Prefetto, per il Commissariamento degli Enti Locali, violando, quindi gravemente l’Autonomia Regionale Sarda. Tali poteri risultano inoltre avulsi dal contesto dello stesso Decreto Sicurezza, e generici nelle motivazioni. Il ricorso evidenzia inoltre la grave lesione dei diritti di autonomia, nello stabilire norme (art. 1,12 e 13 appunto) che, riformando i criteri della protezione umanitaria e delle conseguenti tutele legate all’assistenza, all’integrazione ed al riconoscimento anagrafico, violano gravemente diritti costituzionalmente garantiti dei cittadini stranieri, incidendo impropriamente nella normativa regionale legata in particolare all’assistenza, all’istruzione, al lavoro. Nello specifico, benché l’art. 117, comma 2, lett. b) e h), della Costituzione, ricomprenda la materia “immigrazione” e la materia “ordine pubblico e sicurezza” tra quelle assegnate alla competenza esclusiva dello Stato, la stessa Costituzione, all’art. 118, comma 3, riconosce esplicitamente l’esistenza di un profondo legame fra queste materie e quelle di competenza concorrente, affidate (anche) alla cura delle Regioni, dove recita: “La legge statale disciplina forme di coordinamento fra Stato e Regioni nelle materie di cui alle lettere b) e h) del secondo comma dell’articolo 117 […]”. Ciò equivale a dare atto dell’intreccio di competenze fra queste due materie e quelle di competenza regionale. Nel caso della Regione Autonoma della Sardegna sono coinvolte le competenze statutarie sia di tipo esclusivo (“polizia locale urbana e rurale” ex art. 3, comma 1 dello Statuto) che concorrente; competenze che, concretamente, la Regione Sardegna ha puntualmente esercitato.

      https://www.youtg.net/v3/top-news/14059-la-regione-impugna-il-decreto-sicurezza-viola-costituzione-e-statuto-de

    • Migranti, la sfida del sindaco di Mugnano: sospeso il decreto sicurezza di Salvini

      Decreto Sicurezza, il sindaco di #Mugnano #Luigi_Sarnataro ha firmato la richiesta di sospensione dell’articolo 13. La richiesta è stata inoltrata ai responsabili dell’ufficio Anagrafe, per permettere così ai richiedenti asilo di usufruire di un servizio anagrafico temporaneo. Il primo cittadino ha accolto l’istanza formulata dagli attivisti locali di Potere al Popolo: «Riteniamo - dicono - necessario intraprendere un percorso di discussione sulle ripercussioni economiche, sociali e di sicurezza che il Decreto avrà sui nostri territori».

      La mossa del primo cittadino ha scatenato reazioni immediate: il circolo locale di Fratelli d’Italie e il coordinatore provinciale del partito della Meloni, Nello Savoia, hanno annunciato di essere pronti a «denunciare Sarnataro per la mancata applicazione del decreto».

      https://www.ilmattino.it/napoli/cronaca/migranti_sfida_sindaco_mugnano_sospeso_decreto_sicurezza_salvini-4272975.h

    • La Toscana fa partire il ricorso contro il decreto Salvini, ecco i Comuni che aderiscono

      La Toscana ieri ha notificato il ricorso contro la legge Salvini: un ricorso alla Consulta contro il decreto del governo, poi convertito in legge. La Regione non è da sola, però, visto che farà da capofila ad oltre 60 comuni che hanno sottoscritto l’iniziativa lanciata dal governatore Enrico Rossi.

      Tra questi #Firenze, due capoluoghi di provincia come #Prato e #Lucca, ma anche altri municipi importanti come #Cortona, #Empoli, #Fiesole, #Pontassieve, #Scandicci, #Sesto_Fiorentino, #Campi_Bisenzio, #Bagno_a_Ripoli e #Calenzano.

      «E’ evidente - sottolinea il presidente della #Toscana, Enrico Rossi - come con questo decreto si ostacoli il soddisfacimento di un nucleo di diritti fondamentali e universali che appartengono alla persona e già ribaditi da più sentenze».

      Con la nuova norma, aggiunge l’assessore alla Presidenza e all’Immigrazione Vittorio Bugli, «si ledono e si incide anche sulle competenze regionali e dei Comuni, limitando la possibilità di continuare ad erogare servizi in campo sociale, sanitario, e che riguardano anche l’istruzione e la formazione professionale erogata in tutti questi anni. Per questo ricorriamo».

      https://www.lanazione.it/cronaca/regione-toscana-ricorso-salvini-1.4420433

    • Migranti, a Parma fronte dei sindaci contro la prefettura e il decreto Salvini

      Uno schieramento trasversale di sindaci per chiedere alla prefettura di Parma di rivedere radicalmente i contenuti del nuovo bando di accoglienza dei migranti.

      Parole chiare, spedite all’indirizzo del prefetto Giuseppe Forlani, che evidenziano un giudizio «fortemente critico» di fronte a «un’operazione verticale che rischia di esasperare nuovamente gli animi e di rinfocolare un clima non più sostenibile».

      I sindaci di #Collecchio, #Fidenza, #Langhirano, #Medesano, #Montechiarugolo, #Noceto, #Parma e #Salsomaggiore, che rappresentano 314.875 cittadini del territorio, individuano nel bando alcune «novità impattanti» così riassunte: «Si riapre la stagione delle grandi concentrazioni alberghiere (con più di 12 persone per unità), il bando sarà dedicato solo ai Comuni che hanno una popolazione superiore ai 10mila abitanti e l’arrivo sul territorio di altre 300 persone che si andrebbero a sommare alle poco meno di mille già presenti nelle varie strutture diffuse in provincia».

      https://parma.repubblica.it/cronaca/2019/02/25/news/migranti_a_parma_fronte_dei_sindaci_contro_il_nuovo_bando_della_pre

    • Maires, magistrats, intellectuels, ils sont entrés en résistance contre Matteo Salvini

      #Luigi_de_Magistris, le maire de Naples, a été le premier à s’opposer aux décisions du très xénophobe ministre de l’Intérieur. D’autres édiles ont suivi ainsi que des magistrats et des intellectuels. Jusqu’où ira la fronde ?

      Le maire de #Naples a fait un rêve. Dans la baie qui s’étale sous ses fenêtres, au pied du Vésuve, une kyrielle de voiliers se dirigent vers le port. « Comme sur une gouache du XVIIIe siècle », commente-t-il. Sauf qu’ils sont tous chargés de migrants. Et lui, Luigi #de_Magistris, 51 ans, premier citoyen de « la capitale du Sud », va à leur rencontre, debout sur une barque, pour leur dire « Benvenuti ! ».

      Mais, dans l’Italie de Matteo Salvini, ce rêve n’est pas près de se réaliser. Car le très xénophobe ministre de l’Intérieur, patron de la Ligue, est entré en guerre contre les migrants. Fermeture des centres d’accueil, interdiction aux bateaux de sauvetage d’accoster, réduction drastique des aides aux réfugiés... Le message est clair : il ne veut plus voir un seul migrant arriver sur la péninsule.

      Alors le maire adoré du popolino ("petit peuple") napolitain, qui exhibe dans son bureau tous les cadeaux de ses administrés, ce « populiste progressiste », comme il se définit lui-même, sorte de miroir inversé de Salvini, s’est retroussé les manches : lui, le « Giggino » (Petit Louis) comme on le surnomme, l’édile à la mâchoire de boxeur, est entré en résistance.

      Le porte-drapeau des « maires résistants »

      C’est fin janvier, lorsque Matteo Salvini a bloqué le navire « Sea-Watch » au large de Naples, pendant cinq jours avec 47 migrants à bord, que Luigi de Magistris a décidé de le défier. Au nom du « droit de la mer », il leur a offert l’hospitalité. Les Napolitains ont aussitôt répondu à l’appel : ils ont envoyé 5.831 e-mails de soutien en 24 heures et 12.951 offres d’aide (logements, propositions de cours gratuits et 100.000 euros de donations). « Qui donc ira faire un procès au maire de Naples et à 10.000 citoyens ? », fanfaronne « Giggino ». Le 26 janvier, ils étaient même un millier de volontaires au théâtre Augusteo pour dire leur rejet du décret-loi anti-immigration de Salvini. Il y avait là Manfredi, 53 ans, qui « offre son samedi pour donner des cours d’italien », Giulia, 73 ans, qui « ouvre sa maison de campagne », et Lorenzo, 17 ans, qui « fera tout pour casser la propagande Salvini ».

      Matteo Salvini : comment le leader populiste hypnotise les Italiens

      Luigi de Magistris venait de tirer le pays de sa torpeur face à la menace Salvini. Depuis cet acte de bravoure, il a été rejoint par des édiles du centre et du sud de la Botte, Sicile, Calabre, Toscane, Ombrie, tous révulsés par la politique migratoire de Matteo Salvini. Voilà « Giggino » devenu le porte-drapeau des « maires résistants ». Il n’y voit là rien de moins qu’"une bataille de civilisation" :

      « Contre la haine, la xénophobie, le racisme, nous opposons la solidarité, la valorisation des différences, la justice sociale ».

      A #Palerme, le maire #Leoluca_Orlando, 71 ans, a inscrit à l’état civil quatre migrants, au nez et à la barbe de Salvini qui avait retiré ce pouvoir aux municipalités. Détenteurs d’un permis de séjour humanitaire, les réfugiés avaient vu leurs droits considérablement restreints par le décret-loi sur l’immigration : impossible désormais d’avoir un boulot déclaré et un logement. « Cette inscription à l’état civil est-elle illégale ? Non ! s’insurge le maire. Je me contente de respecter la Constitution, qui exige la régularisation des habitants. » Depuis, 200 autres migrants se sont inscrits sur la liste d’attente.

      Migrants : « Il faut supprimer le permis de séjour comme on a supprimé la peine de mort »

      A #Castelnuovo_di_Porto, près de Rome, le maire Enrico #Travaglini, 40 ans, a quant à lui offert - suprême provocation - couvert et logis chez lui à Mouna, une jeune Somalienne. En cadenassant le centre d’accueil de la petite ville, Salvini l’avait mise à la rue. C’est là tout le paradoxe de sa politique. En fermant les centres d’accueil, il accroît le nombre de clandestins.

      Une mutinerie qui fait ricaner le premier flic d’Italie

      Après les maires, c’est la société civile qui a rejoint les rebelles. D’habitude, l’#écrivain #Sandro_Veronesi, 59 ans, déteste faire parler de lui autrement que pour ses romans. Mais les bateaux bloqués et les invectives racistes du ministre ("Pour les migrants, la fête est finie" ; « Les ONG ? Des complices des trafiquants ») l’ont fait sortir de sa réserve. L’écrivain s’est alors jeté à corps perdu dans la bataille anti-Salvini. A la terrasse d’un café romain, il nous raconte avec passion comment il a mis sur pied un collectif d’artistes et d’intellectuels pour financer l’achat d’un ancien remorqueur, le « Mare Iono ». Objectif : « Secourir des embarcations chargées d’immigrés et y monter à notre tour, par solidarité, et en nous exposant physiquement », raconte-t-il. Lorsqu’ils ont affrété leur bateau, Salvini s’est contenté d’un tweet ironique : « Bon voyage ! »

      Ottima idea : buon viaggio ! ???? https://t.co/4RS5FW32vW

      –- Matteo Salvini (@matteosalvinimi) 9 juillet 2018

      Cette mutinerie fait bien ricaner le premier flic d’Italie. Rien ne lui fait peur, il se sent invincible. Mais jusqu’à quand ? Lorsque des magistrats ont à leur tour fait entendre leur voix, il a pour la première fois serré les dents. Lui qui avait accusé le navire humanitaire « Sea-Watch » d’avoir enfreint la loi s’est vu désavoué par le procureur de Catane (Sicile), Carmelo Zuccaro : non, l’équipage n’a commis aucun délit ; il pourra même reprendre la mer.

      C’est également de Catane qu’est venu l’orage suivant. Cette fois, les magistrats voulaient traîner Salvini devant le tribunal des ministres (l’autorité compétente pour les membres du gouvernement) pour « non-assistance à personne en danger ». Une première ! En cause : l’affaire du bateau « Diciotti », bloqué plusieurs jours en août dernier au large de l’Italie avec 177 migrants à bord. « Dois-je continuer à remplir mes devoirs de ministre ou demander à tel ou tel tribunal de décider de la politique migratoire ? », a enragé Salvini, toujours sur Twitter, évidemment.

      « Le meilleur opposant à Salvini, c’est lui-même »

      Mais la fronde ne faiblit pas. Peut-être est-elle même en train de porter ses fruits. Le 11 février, une fiction télé signée #Andrea_Camilleri, le célèbre auteur sicilien ("Commissaire Montalbano"), a rassemblé 11 millions de téléspectateurs, soit 44,9% de parts d’audience. Pour toile de fond : un port, un bateau chargé de migrants et le célèbre commissaire qui leur ouvre grand les bras.

      Il fallait bien que tout cela finisse par sortir l’opposition politique de son coma. Carlo Calenda, 45 ans, ex-ministre du Parti démocrate, a compris qu’il était temps de se saisir de ce soulèvement civil. Son mouvement Siamo Europei ("Nous sommes européens") rassemble déjà 150.000 adhérents, des associations, des entrepreneurs, des intellectuels, le Parti démocrate... L’idée est de présenter une liste « anti-souverainiste » aux européennes. Mais ce technocrate sans charisme qui nous reçoit dans un appartement bourgeois, avec tableaux de maître et moulures, à deux pas de la fontaine de Trevi, pourra-t-il rivaliser avec l’animal politique qui occupe le ministère de l’Intérieur ?

      « Le populisme n’est pas tombé comme une météorite sur l’Italie »

      « Le meilleur opposant à Salvini, c’est lui-même », philosophe #Claudio_Cerasa, le jeune directeur du quotidien « Il Foglio ». « Regardez, il a déjà ressoudé une partie de la société autour de valeurs non négociables et plongé le pays dans la récession économique », s’amuse-t-il.

      « Européens, vous remercierez un jour l’Italie parce qu’elle aura démontré, la première, que le populisme, ça ne marche pas. »

      Pourvu que cela ne prenne pas trop de temps.

      https://www.nouvelobs.com/monde/20190228.OBS0967/maires-magistrats-intellectuels-ils-sont-entres-en-resistance-contre-matt

    • Decreto sicurezza. L’accoglienza creativa dei Comuni per superare la norma sui migranti

      Nessuna illegalità, ma lettura attenta delle leggi in vigore, partendo dal Testo unico sull’immigrazione e l’orientamento giurisprudenziale
      Prendete il caso del Consiglio comunale di Jesi, in provincia di Ancona, che nei giorni scorsi si è confrontato sul punto che desta maggiore preoccupazione: l’impossibilità di iscrizione all’anagrafe per i richiedenti asilo con permesso di soggiorno umanitario.

      «La mancata iscrizione comporta la perdita di alcuni diritti fondamentali – ricorda Tommaso Cioncolini, consigliere di maggioranza della lista JesInsieme, che ha lavorato alla proposta – dall’accesso all’assistenza sanitaria ordinaria alla ricerca di un lavoro, fino all’apertura di un semplice conto corrente».

      Il sindaco della città, Massimo Bacci, ha sempre ribadito che non intendeva fare «disobbidienza civile» e che voleva applicare la legge. «Studiando attentamente la questione – prosegue Cioncolini – ci siamo accorti che la legge non stravolge quello che c’è nel Testo unico sull’immigrazione. Quella legge infatti non vieta l’iscrizione, ma non riconosce il permesso di soggiorno come titolo valido per la registrazione.

      In questo senso, il Testo unico sull’immigrazione e l’orientamento giurisprudenziale ammettono che dopo tre mesi di dimora abituale l’ente sia obbligato a riconoscere l’iscrizione. Su questo, per non vanificare lo spirito di accoglienza e le iniziative a sostegno degli ultimi, abbiamo elaborato una risoluzione, che è già stata votata ed è passata. Il Comune si impegna in questa direzione, che può essere una soluzione di sistema, oltre che un esempio pilota per altre città. In quei primi tre mesi il migrante non viene così comunque abbandonato, perché si trova ancora nel progetto di accoglienza. Così si va in aiuto al migrante percorrendo una strada di sistema, garantendo i diritti a chi altrimenti ne verrebbe privato».

      https://www.avvenire.it/attualita/pagine/accoglienza-creativa-dei-comuni

    • Comune di #Padova procede all’iscrizione dei richiedenti asilo: «Questione di sicurezza, già due giudici hanno condannato comuni che non lo fanno»

      „«La mia scelta non è dettata da elementi ideologici ma piuttosto dal buon senso e dal mio dovere di tutelare sempre l’ente coi suoi collaboratori e dirigenti da condotte stigmatizabili in sede giudiziaria, nonché da pesanti rischi risarcitori a carico dell’ente pubblico rispetto alla negazione di un diritto di rango Costituzionale»“

      Comune di Padova procede all’iscrizione dei richiedenti asilo: «Questione di sicurezza, già due giudici hanno condannato comuni che non lo fanno»

      Nel mese di Aprile è giunta presso gli Uffici Anagrafici del Comune di Padova la prima richiesta di iscrizione anagrafica da parte di persona titolare di permesso di soggiorno per richiesta d’asilo avente dimora stabile e regolare nel nostro territorio Comunale da ormai diversi mesi. Già nel mese di ottobre e con l’obiettivo dichiarato di attenersi alle norme, il Sindaco Sergio Giordani, le assessore competenti Benciolini e Nalin, l’avvocatura civica e tutti gli uffici competenti, hanno iniziato ad analizzare e seguire gli elementi introdotti dal cosiddetto “Decreto Sicurezza”, monitorandone gli sviluppi, anche in collegamento con ANCI nazionale e con numerose amministrazioni locali. Parimenti un accurato approfondimento è stato svolto in collaborazione con il Centro di Ateneo per i Diritti Umani “Antonio Papisca” in virtù del protocollo vigente, nonché con numerose e autorevoli realtà locali competenti in materia.

      Normativa vigente

      Sulla base di queste interlocuzioni e di pareri legali specificamente richiesti, è emerso come la normativa vigente possa e debba essere applicata in forma letterale e in senso costituzionalmente conforme. Soprattutto, a riprova di ciò, sono giunte le recenti pronunce dell’autorità giudiziaria ordinaria dei tribunali di Bologna e Firenze. Tali pronunce hanno infatti ordinato ai comuni convenuti che l’avevano diniegata di procedere con l’immediata iscrizione anagrafica dei ricorrenti richiedenti asilo, vedendo quindi tali enti soccombenti in sede giudiziaria. Allo stesso tempo e a fronte di tali pronunce di tribunali ordinari che hanno condannato i Comuni, non sono stati reperiti pronunciamenti di segno contrario da parte del Giudice Ordinario chiamato a esprimersi sull’applicazione della norma e questo rende possibile per non dire probabile che anche in considerazione della rilevanza degli interessi e dei diritti coinvolti la violazione degli stessi potrebbe determinare serie responsabilità risarcitorie in capo al Comune di Padova e ai suoi uffici.
      Silenzio assenso

      Intercorrendo lunedì 17 giugno l’ultimo giorno utile da un punto di vista amministrativo per rispondere all’istanza prima di entrare nel “Silenzio-assenso”, per le ragioni riportate in precedenza, per la necessaria prudenza che si deve in presenza di pronunciamenti di Giudici Ordinari e per tutti gli elementi dettagliatamente riportati nell’atto amministrativo allegato, il Sindaco Sergio Giordani ha avocato a sé la pratica in oggetto scegliendo di accogliere, sulla base dell’interpretazione oggi resa dalla magistratura ordinaria, la richiesta di iscrizione anagrafica della persona prima citata. Ciò significa che se giungeranno pronunciamenti di segno nuovo e di superiore gerarchia giuridica o normativa il Comune di Padova potrà sempre sospendere tale atto agendo con lo strumento dell’autotutela.
      Giordani

      Dichiara il Sindaco Sergio Giordani: «Nel valutare quali scelte assumere su questa pratica, per me che ho sempre dichiarato di voler agire nel rispetto della legge era impossibile far finta di non vedere che già due Giudici Ordinari hanno condannato importanti Comuni Italiani a procedere immediatamente all’iscrizione anagrafica. La mia scelta non è dettata da elementi ideologici ma piuttosto dal buon senso e dal mio dovere di tutelare sempre l’ente coi suoi collaboratori e dirigenti da condotte stigmatizzabili in sede giudiziaria, nonché da pesanti rischi risarcitori a carico dell’ente pubblico rispetto alla negazione di un diritto di rango Costituzionale. Buttarla in politica non paga e non mi interessa, ad oggi i fatti giuridici sono sufficientemente chiari e se ne interverranno di nuovi mi adeguerò con gli strumenti che riconosce e prevede il diritto amministrativo. Queste pratiche non sono molte, probabilmente si conteranno sulle dita di una mano per un grande Comune come il nostro, tuttavia in queste settimane ai Sindaci di tutta Italia cominciano a venire sottoposte tali istanze e sono certo che molti colleghi si comporteranno come ho fatto io sulla scorta delle pronunce dei giudici già intercorse. Siamo arrivati a questo risultato dopo un grande lavoro di squadra favorito dal rigoroso lavoro delle assessore e mio nonché con il supporto di tutti gli uffici competenti, che ringrazio, forti della consapevolezza di agire nel solco costituzionale di fronte ad una norma non chiara che ha lasciato le amministrazioni e i territori nell’incertezza, così come ha avuto modo di sottolineare diverse volte anche la stessa ANCI nazionale. Tutto ciò premesso va detto che in ogni caso l’iscrizione anagrafica è uno strumento che innanzitutto tutela la sicurezza dei cittadini e della nostra comunità. Il ruolo cruciale dell’anagrafe è infatti quello di conoscere chi c’è nel nostro territorio e dove si trova, poter quindi avere sotto controllo e monitorare tutte le situazioni, e permettere di intervenire per evitare rischi, anche alla salute pubblica, rispetto a soggetti che diversamente sarebbero fantasmi sconosciuti alla pubblica amministrazione. Insomma, sono assolutamente sicuro che questa scelta sia quella giusta non solo su base normativa e costituzionale, ma anche nell’interesse della nostra comunità, della sicurezza, del decoro urbano e della salute pubblica. Io sono tenuto a comportarmi da Sindaco, la politica viene dopo i miei concittadini, tutti».

      http://www.padovaoggi.it/politica/padova-iscrizione-richiedenti-asilo-questione-sicurezza-giudici-condannat
      #Padoue

    • Decreto sicurezza, bocciati i super poteri dei prefetti: «Non possono sostituirsi ai sindaci»

      La Consulta ha però dichiarato inammissibili i ricorsi di Calabria, Emilia Romagna, Marche, Toscana e Umbria, che avevano impugnato numerose disposizioni del provvedimento, approvato dal governo lo scorso ottobre, lamentando la violazione diretta o indiretta delle loro competenze

      La Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibili i ricorsi contro il decreto sicurezza presentati dalle Regioni Calabria, Emilia Romagna, Marche, Toscana e Umbria, che ne hanno impugnato numerose disposizioni lamentando la violazione diretta o indiretta delle loro competenze. La Corte ha ritenuto che le nuove regole su permessi di soggiorno, iscrizione all’anagrafe dei richiedenti asilo e Sprar sono state adottate nell’ambito delle competenze riservate in via esclusiva allo Stato.

      In particolare, la Corte Costituzionale, nel dichiarare inammissibili i ricorsi delle Regioni sulle politiche migratorie, ha ritenuto che con il decreto sicurezza voluto dal ministro dell’Interno, Matteo Salvini, e diventato legge a dicembre 2018, non ha avuto incidenza diretta o indiretta sulle competenze regionali. Ma la Corte non ha compiuto alcuna valutazione sulla legittimità costituzionale dei contenuti delle norme impugnate.

      Ma la Consulta ha ritenuto, allo stesso tempo, che sia stata violata l’autonomia costituzionalmente garantita a comuni e province. Pertanto, ha accolto le censure sull’articolo 28 che prevede un potere sostitutivo del prefetto nell’attività di tali enti.

      https://www.repubblica.it/politica/2019/06/20/news/decreto_sicurezza_per_la_consulta_inammissibili_i_ricorsi_delle_regioni-229262618/?ref=RHPPLF-BH-I229260461-C8-P1-S1.8-T1
      #cour_constitutionnelle #justice

    • Sindaco del Torinese disobbedisce al decreto Sicurezza: «Iscrivo lo stesso un migrante all’anagrafe»

      La mossa di #Nicola_De_Ruggiero, primo cittadino di #Rivalta: «Garantisco un diritto a un cittadino, mi auguro di non essere il solo»

      Rivalta, comune di 20 mila abitanti dell’area metropolitana di Torino, ha iscritto all’anagrafe comunale un richiedente asilo nonostante il divieto del decreto Sicurezza che dispone che chi non è ancora titolare di un permesso di asilo non può avere una carta di identità.

      Il primo cittadino Nicola De Ruggiero ha provveduto a firmare il documento di persona. «So di commettere una violazione del decreto e per questo mi sono preso io la responsabilità senza delegare, questa volta, le impiegate dell’anagrafe - spiega il primo cittadino - La mia è in parte una provocazione ma anche una necessità perché questo signore ha trovato un lavoro ma gli servono i documenti per iniziare». Ousseynou Fall, 40 anni, quattro figli rimasti in Senegal è in Italia da due anni, da sei mesi ospite dal centro di accoglienza straordinaria di Strada del Dojrone. «Dopo aver firmato l’atto l’ho inviato con una lettera al prefetto che prenderà i dovuti provvedimenti se lo riterrà necessario», spiega ancora il sindaco.

      «Mi auguro che questo mio gesto non sia isolato e che altri primi cittadini, in Italia, accolgano le istanze di iscrizione all’anagrafe di migranti e richiedenti asilo, in modo che si possa portare il problema all’attenzione del nuovo governo, perché l’esecutivo ponga rimedio a una situazione potenzialmente lesiva e discriminatoria», commenta Nicola De Ruggiero.

      Ousseynou inizierà a lavorare come magazziniere a Torino con la cooperativa Le Soleil. «Noi abbiamo 40 ospiti, sono convinto che sia molto meglio che queste persone partecipino alla vita della città lavorando - dice - La salute e la possibilità di lavorare sono diritti che vanno garantiti».

      «Il Viminale deve impugnare il provvedimento con il quale il sindaco di Rivalta ha iscritto un rifugiato all’anagrafe nonostante il divieto del Decreto Legge sicurezza», ha dichiarato Augusta Montaruli, deputata di Fratelli d’Italia, che prosegue: «Il decreto continua a essere legge dello Stato e pertanto il ministro dell’interno ha il dovere di far rispettare quella legge. Ci aspettiamo che non vi siano indugi e tentennamenti che rischierebbero di portare l’anarchia negli uffici demografici di tutta Italia. Non vogliamo che si crei un pericoloso precedente. Prefetto e Ministro si attivino perché nessuna iscrizione avvenga».

      https://torino.repubblica.it/cronaca/2019/09/30/news/sindaco_del_torinese_disobbedisce_al_decreto_sicurezza_iscrivo_lo_stesso_un_migrante_all_anagrafe_-237315448/?ref=fbpr

    • #Pisa: l’iscrizione anagrafica torna ad essere un diritto di tutte e tutti. Accolto il ricorso contro il diniego del Comune

      Anche a Pisa il Tribunale ha riconosciuto, con una recente ordinanza, il pieno diritto dei richiedenti asilo all’iscrizione anagrafica. La Legge “Sicurezza”, che provava a negare tale diritto, subisce così un’ennesima battuta d’arresto anche nel nostro territorio, dopo che molti altri giudici in tutta Italia si erano già espressi a favore dei richiedenti asilo ricorrenti.
      L’ordinanza del Tribunale di Pisa riconosce non solo la residenza al richiedente che ha fatto ricorso, difeso dall’avvocata Silvia Davini, ma anche tutti quei diritti il cui esercizio è connesso con la residenza sul territorio, come le cure continuative, l’assistenza sociale e l’iscrizione ai centri per l’impiego.

      Già a marzo scorso, dopo una mozione portata in Consiglio comunale e bocciata dalla maggioranza, la coalizione Diritti in Comune aveva diffidato, allegando il parere legale del’Avvocato Andrea Callaioli, il Sindaco e l’amministrazione comunale dal procedere ad una lettura restrittiva della Legge Salvini, sollecitandola a iscrivere all’anagrafe i richiedenti asilo, anche sulla scia di una giurisprudenza univoca e chiara in materia.

      La Giunta leghista ha tenuto un comportamento in aperta violazione delle leggi e in spregio della Costituzione, negando per tutti questi mesi un diritto fondamentale a uomini e donne, colpevoli semplicemente di aver cercato rifugio da condizioni di vita insostenibili. La decisione del Tribunale di Pisa, che intima al sindaco di iscrivere all’anagrafe il richiedente asilo ricorrente, chiarisce ancora una volta e speriamo definitivamente la questione.

      Il sindaco deve ora rispettare la legge. Per questo chiediamo che invii subito una direttiva al dirigente dell’ufficio anagrafe in cui dia disposizione di accogliere tutte le richieste presenti e future di iscrizione anagrafica da parte di richiedenti asilo. In questo modo eviterà anche ulteriori ricorsi e soprattutto l’addebito di possibili spese legali per sé e l’amministrazione comunale, ossia per la collettività.

      Conclude l’avvocata Davini: «Il provvedimento del Tribunale di Pisa accoglie in pieno le argomentazioni sviluppate nel ricorso e già accolte in analoghi ricorsi da numerosi Tribunali in tutta la penisola. Il giudice ha messo in evidenza l’inconsistenza delle difese del Comune in quanto basate su una errata interpretazione delle norme giuridiche di riferimento, in altri termini, il divieto di iscrizione anagrafica dei richiedenti asilo non sussiste a livello normativo e quindi le domande di iscrizione anagrafica dei richiedenti asilo devono essere accolte dal Comune in quanto si tratta di soggetti regolarmente soggiornanti sul territorio italiano. Mentre in alcuni Comuni si è autorizzata l’iscrizione anagrafica dei richiedenti asilo alla luce delle ordinanza che si sono succedute dal maggio scorso sulla materia, per tutti cito il Comune di Padova, la nostra amministrazione ha continuato a negare l’iscrizione anagrafica privando così i richiedenti asilo dell’accesso a prestazioni essenziali in materia di lavoro, sanità e altri servizi essenziali. Anche sotto questo profilo il Tribunale ha riconosciuto la sussistenza di un pregiudizio ingiustificato nei confronti dei richiedenti asilo che secondo l’interpretazione del Comune sarebbero in possesso di un titolo regolare di soggiorno ma privi dei diritti connessi a tale status. Siamo pronti a continuare la battaglia in sede giudiziaria forti del precedente favorevole pur auspicando un riesame da parte del Comune dei dinieghi recenti».

      https://www.meltingpot.org/Pisa-l-iscrizione-anagrafica-torna-ad-essere-un-diritto-di.html

    • IL TRIBUNALE DI CATANIA DICE SÌ ALL’ISCRIZIONE ANAGRAFICA DEI RICHIEDENTI ASILO

      Il Tribunale di Catania ha accolto il ricorso di una richiedente asilo alla quale era stata rigettata la richiesta di iscrizione anagrafica, ordinando al Comune di Catania di procedere all’inserimento della ricorrente nei registri della popolazione residente.

      La richiedente asilo si era inizialmente rivolta allo sportello legale del Centro Astalli di Catania, associazione di volontariato da anni impegnata sul territorio per l’assistenza agli immigrati, per ricevere supporto ai fini della presentazione della domanda di riconoscimento della protezione internazionale presso la competente Questura.

      I volontari del Centro hanno proceduto con l’accompagnamento della richiedente presso gli uffici della Questura e, dopo la formalizzazione della richiesta, si sono attivati per reperire un alloggio idoneo alla richiedente asilo. È stata così inserita in una struttura ospitante, ove ha iniziato a dimorare dal gennaio del 2019. Durante la permanenza sul territorio, ha intrapreso un fattivo percorso di inserimento sociale, comprendente corsi di alfabetizzazione della lingua italiana e progetti di tirocinio formativo. Il percorso di integrazione ha, tuttavia, subito una battuta d’arresto a causa dell’impossibilità di richiedere l’iscrizione anagrafica presso il Comune ove aveva, da più di tre mesi, stabilito la sua dimora.

      Alla luce di tali avvenimenti e tenuto conto delle prime pronunce della giurisprudenza di merito in tema di residenza anagrafica dei richiedenti asilo dopo l’introduzione del cd. Decreto Sicurezza, gli avvocati del Centro Astalli si sono attivati per prestare assistenza alla richiedente.

      Dopo la formale presentazione della richiesta di iscrizione anagrafica nel giugno 2019, il Comune di Catania ha opposto un netto rifiuto, ritenendo che la nuova normativa precludesse ai richiedenti asilo l’iscrizione nelle liste della popolazione residente. Non condividendo tale interpretazione, gli avvocati hanno informato la richiedente della possibilità di adire le vie legali. È stato, pertanto, presentato tempestivo ricorso al Tribunale di Catania, il quale ha pienamente aderito all’interpretazione condivisa dalla giurisprudenza di merito maggioritaria, ritenendo che nessun divieto esplicito di iscrizione anagrafica del richiedente asilo sia stato introdotto dal Decreto Sicurezza, ma che sia stato esclusivamente eliminato il regime speciale di iscrizione anagrafica che era stato sancito dalla Legge n. 46/17.

      Secondo la lettura offerta dal Tribunale di Catania, quindi, l’iscrizione anagrafica del richiedente asilo resta regolata dal regime ordinario: sarà pertanto necessaria una dichiarazione da parte dell’interessato alla quale seguiranno gli accertamenti disposti dall’ufficio in ordine, in particolare, al requisito della dimora abituale. In merito a tale ultimo requisito viene ribadito che la dimora dello straniero si considera abituale anche in caso di documentata ospitalità da più di tre mesi presso un centro di accoglienza.

      Tale interpretazione del Tribunale di Catania offre indubbiamente una lettura della norma coerente con il quadro normativo costituzionale e comunitario. Agli stranieri presenti sul territorio devono essere riconosciuti i diritti fondamentali della persona umana previsti dalle norme del diritto interno, dalle convenzioni internazionali e dai principi di diritto internazionale generalmente riconosciuti. Vietare l’iscrizione anagrafica ad un richiedente asilo comporterebbe un’inaccettabile ed ingiustificata discriminazione dei cittadini extracomunitari i quali, pur essendo regolarmente presenti sul territorio italiano, subirebbero una grave limitazione nel godimento dei diritti fondamentali della persona.

      https://www.facebook.com/CentroAstalliCatania/posts/3126983087387066

    • #Modena: via libera all’iscrizione anagrafica dei richiedenti asilo

      Il sindaco di Modena #Gian_Carlo_Muzzarelli ha firmato oggi martedì 3 dicembre il provvedimento che consente l’iscrizione nei registri anagrafici di tutti i cittadini stranieri richiedenti protezione internazionale che, avendone diritto, lo richiedono.

      L’ordinanza del sindaco è stata adottata in seguito al provvedimento giudiziale del Tribunale ordinario di Bologna Sezione Protezione Internazionale Civile, depositato il 28 novembre, con cui si ordina al Comune di Modena di iscrivere al registro dell’anagrafe della popolazione residente un richiedente protezione internazionale in accoglimento totale del ricorso da questi presentato.

      “Lo avevamo annunciato pochi giorni fa in occasione dell’apertura del Festival delle Migrazioni e lo abbiamo fatto – ha sottolineato il sindaco Gian Carlo Muzzarelli – Non appena ci sono state le condizioni per garantire un diritto, nel rispetto della legge e attenti ad evitare problemi agli operatori dell’Anagrafe, a Modena torniamo ad iscrivere all’anagrafe i richiedenti asilo che lo richiedono. Innanzitutto per una questione di dignità, ma anche per non relegare le persone in una sorta di non luogo giuridico da cui possono trarre vantaggio solo il lavoro nero e la criminalità; noi vogliamo invece che i diritti vadano di pari passo coi i doveri”.

      Otterranno quindi subito l’iscrizione anagrafica alcuni richiedenti protezione internazionale la cui richiesta era in corso di valutazione. L’ordinanza del sindaco dispone, infatti, di adottare in autotutela gli atti utili alla cessazione del contendere per evitare le conseguenze dei ricorsi (costi, eventuali risarcimenti e conseguente danno erariale). Mentre dovrà ripresentare la domanda quella cinquantina di stranieri richiedenti protezione internazionale che negli ultimi mesi, sulla base dei contenuti del decreto sicurezza del precedente governo, avevano ottenuto risposta negativa.

      La disposizione del Comune sottolinea che l’ordinanza del Tribunale, sentita l’Avvocatura civica comunale, fornisce, con motivazione ampia ed approfondita, un’interpretazione costituzionalmente orientata, valevole nei confronti dell’Ente in quanto parte in causa, delle modifiche introdotte dal Decreto 133 del 2018, convertito in Decreto Sicurezza, e coerente con l’ordinamento interno in materia di iscrizione anagrafica. Inoltre, unitamente a precedenti pronunce di diverse corti di merito (Firenze, Bologna, Ancona, Ferrara, Parma, Genova, Parto, Lecce, Cagliari, Salerno, Roma) costituisce un riferimento giurisprudenziale significativo all’amministrazione comunale e in particolare all’Ufficio Anagrafe.

      https://www.bologna2000.com/2019/12/03/modena-via-libera-alliscrizione-anagrafica-dei-richiedenti-asilo

    • Migranti, anche a Bologna prorogati i percorsi ex Sprar

      Il Comune di Bologna tra i primi a chiedere al Viminale un passo indietro sui decreti sicurezza. Una lettera del primo cittadino, poi una visita a Roma, fino all’ok della ministra Lamorgese. Nel capoluogo emiliano-romagnolo quasi 700 persone avrebbero rischiato di trovarsi per strada

      https://www.redattoresociale.it/article/notiziario/migranti_anche_a_bologna_prorogati_i_percorsi_ex_sprar

      #Bologne #Bologna

  • CE FIL DE DISCUSSION COMPLÈTE CELUI COMMENCÉ ICI :
    https://seenthis.net/messages/724156

    v. aussi la métaliste sur les ONG et les sauvetages en Méditerranée :
    https://seenthis.net/messages/706177

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    Un bateau de pêche espagnol « coincé » en mer Méditerranée après avoir secouru 12 migrants

    Un navire de pêche espagnol est « coincé » en mer Méditerranée depuis plusieurs jours avec 12 migrants à son bord. Aucun pays n’a en effet accepté de les accueillir depuis leur sauvetage la semaine dernière, a indiqué mardi 27 novembre le capitaine du bateau.

    « Nous sommes coincés en mer, nous ne pouvons aller nulle part », a déclaré à l’AFP Pascual Durá, capitaine du « #Nuestra_Madre_Loreto ». Depuis jeudi dernier, les 13 membres de l’équipage du navire cohabitent avec 12 migrants originaires du Niger, de Somalie, du Soudan, du Sénégal et d’Egypte. Ils ont été secourus après le naufrage de leur bateau pneumatique en provenance de Libye.

    « Renvoyés vers l’endroit qu’ils fuient »

    L’Italie et Malte leur ont refusé l’entrée dans leurs ports. Quant aux services espagnols de sauvetage maritime, avec lesquels les marins sont en contact, ils ont seulement offert la possibilité de les renvoyer en Libye. ""Si nous allons vers la Libye, nous risquons une mutinerie", a indiqué le capitaine, précisant que « dès qu’ils entendent le mot ’Libye’, ils deviennent très nerveux et hystériques, il est difficile de les rassurer »."

    « Nous ne voulons pas renvoyer ces pauvres gens en Libye. Après ce qu’ils ont accompli pour venir jusqu’ici, nous ne voulons pas les renvoyer vers l’endroit qu’ils fuient », a-t-il ajouté. Le capitaine du navire assure qu’il ne dispose plus que de six ou sept jours de provisions et qu’une tempête approche.

    Depuis le début de l’année, plus de 106.000 migrants sont arrivés en Europe par la mer, selon l’Organisation internationale pour les migrations, qui a enregistré 2.119 décès pendant cette période.

    https://www.nouvelobs.com/monde/migrants/20181128.OBS6155/un-bateau-de-peche-espagnol-coince-en-mer-mediterranee-apres-avoir-secour
    #asile #migrations #réfugiés #sauvetage #Méditerranée #frontières

    • #Nuestra_Madre_de_Loreto”: appello urgente dei parlamentari europei per l’apertura di porti sicuri.

      “NUESTRA MADRE DE LORETO”. APPELLO URGENTE DEI PARLAMENTARI EUROPEI PER L’APERTURA DI PORTI SICURI.

      RICHIESTA URGENTE ALL´UE ED AI GOVERNI EUROPEI PER CONSENTIRE AL PESCHERECCIO “NUESTRA MADRE LORETO” DI SBARCARE IN UN PORTO SICURO.

      Stiamo rischiando di essere testimoni di un’altra tragedia nel Mar Mediterraneo. Un peschereccio spagnolo, “Nuestra Madre de Loreto”, è bloccato da giorni in mare dopo aver salvato 12 persone che tentavano di raggiungere la costa Europea dalla Libia a bordo di un gommone.

      Nessun Paese Europeo ha consentito all’imbarcazione spagnola di attraccare e probabilmente sono in corso negoziati per riportare questi migranti, che potrebbero avere diritto di protezione internazionale, in Libia.

      Secondo l’UNHCR e la Commissione Europea la Libia non è un Paese sicuro. Per cui non può essere considerato un porto sicuro per lo sbarco. Non ha mai sottoscritto la Convenzione di Ginevra sui rifugiati, mentre media e organizzazioni internazionali riportano violazioni sistematiche dei diritti umani nei centri di detenzione per migranti.

      Mentre si attende l’autorizzazione allo sbarco, le condizioni metereologiche stanno peggiorando e l’imbarcazione scarseggia beni essenziali, cibo e carburante. Si sta esaurendo il tempo a disposizione: abbiamo urgentemente bisogno di una soluzione sensata, nel pieno rispetto delle leggi internazionali ed Europee, inclusa la Convenzione SAR. I governi Europei non possono chiedere all’imbarcazione spagnola di violare il principio di “non-respingimento”.

      Chiediamo ai governi Europei di rispettare pienamente la legge internazionale e la Convenzione SAR e di offrire un porto sicuro alla “Nuestra Madre de Loreto”, evitando così un’altra tragedia nel Mediterraneo. Chiediamo alla Commissione Europea di prendere una posizione chiara e di facilitare una soluzione rapida.

      Questo è un appello aperto, chiediamo a ciascuno di condividerlo e di chiedere ai nostri governi di rispettare i diritti umani e di dimostrare solidarietà alle persone in pericolo in mare.

      Marina Albiol, Sergio Cofferati, Eleonora Forenza, Ska Keller, Elly Schlein, Miguel Urban Crespo, Ernest Urtasun, Gabriele Zimmer (Parlamentari Europei)

      https://mediterranearescue.org/news/nuestra-madre-de-loreto-appello-urgente-dei-parlamentari-europei

    • Faute de port d’accueil, un bateau espagnol erre toujours en Méditerranée avec 12 migrants à bord

      Le Nuestra Madre Loreto, un navire espagnol, erre depuis une semaine en Méditerranée avec 12 migrants à son bord. Les rescapés refusent d’être renvoyés en Libye. Le navire demande à l’Europe l’autorisation de débarquer dans l’un de ses ports.

      Le gouvernement espagnol a indiqué mercredi 28 novembre être en contact avec l’Italie et Malte en vue de trouver un port d’accueil pour un bateau de pêche espagnol errant en mer Méditerranée avec 12 migrants à bord.

      Depuis jeudi dernier, les 13 membres de l’équipage du « Nuestra Madre Loreto » cohabitent avec 12 migrants originaires du Niger, de Somalie, du Soudan, du Sénégal et d’Egypte rescapés d’un bateau pneumatique en provenance de Libye.

      « Nous sommes coincés en mer, nous ne pouvons aller nulle part », a déclaré Pascual Durá, le capitaine du bateau.

      Le gouvernement espagnol a dans un premier temps demandé à la Libye de prendre les réfugiés en charge, comme le prévoit le droit international. Les embarcations de migrants secourues dans la SAR zone (zone de détresse en Méditerranée où ont lieu les opérations de recherche et de sauvetage) relèvent en effet de l’autorité de Tripoli depuis le mois de juin 2018.

      Les migrants refusent d’être ramenés en Libye. Face à leur refus, le navire espagnol « fait des démarches auprès des gouvernements de l’Italie et de Malte, dont les côtes sont proches du lieu où se trouve le bateau, dans le but de favoriser une solution alternative, rapide et satisfaisante » pour les accueillir, a indiqué la vice-présidente de l’exécutif Carmen Calvo dans un communiqué.

      « En aucune circonstance, [les migrants] ne devraient être renvoyées en Libye, où elles risquent d’être victimes de détention arbitraire, de torture et d’autres violences. Toute instruction donnée au capitaine du Nuestra Madre de Loreto de transférer les survivants en Libye serait contraire au droit international », s’est alarmé de son côté Matteo de Bellis, chercheur sur l’asile et les migrations à Amnesty International.

      « Si nous allons en Libye, nous risquons une mutinerie »

      Face à l’aggravation des conditions météorologiques, le bateau a pris mardi la direction de l’île italienne de Lampedusa, selon le gouvernement espagnol.

      Le capitaine du « Nuestra Madre Loreto », avait indiqué de son côté mardi que l’Italie, dont le ministre de l’Intérieur Matteo Salvini (Ligue, extrême droite) s’oppose à l’arrivée de nouveaux migrants dans son pays, et Malte lui avaient refusé l’entrée dans leurs ports.

      Il avait également souligné que les services espagnols de sauvetage maritime lui avaient seulement offert la possibilité de les renvoyer en Libye.

      Selon le capitaine, les migrants à bord de son bateau « deviennent très nerveux et hystériques dès qu’ils entendent le mot ‘Libye’ ». « Si nous allons vers la Libye, nous risquons une mutinerie », avait-il averti.

      Depuis l’arrivée du socialiste Pedro Sanchez au pouvoir, l’Espagne a accueilli un navire humanitaire, l’Aquarius, refusé par l’Italie et Malte et à trois reprises un bateau de l’ONG Open Arms. Mais elle a refusé un retour de l’Aquarius, préférant négocier avec d’autres États européens la répartition des migrants qu’il avait à bord.


      http://www.infomigrants.net/fr/post/13639/faute-de-port-d-accueil-un-bateau-espagnol-erre-toujours-en-mediterran

    • #Sophia mission will cease unless rules changed - Salvini

      The EU’s anti-human trafficking Sophia naval mission in the Mediterranean will stop when its current mandate expires at the end of the year unless the rules of the operation are changed, Deputy Premier and Interior Minister Matteo Salvini said on Wednesday. The government says the operation currently puts too much of the burden of rescued migrants on Italy.

      “We are staying firm in our unwillingness to accept landing procedures that involve dockings only in Italian ports,” Salvini told a Schengen committee hearing.

      “Unless there is convergence on our positions, we do not consider it opportune to continue the mission”.

      http://www.ansamed.info/ansamed/en/news/sections/politics/2018/12/05/sophia-mission-will-cease-unless-rules-changed-salvini_05836d11-3f8c-474c-
      #Opération_Sophia #EUNAVFOR_MED

      #Salvini (encore lui)

    • MSF et SOS Méditerranée mettent un terme aux opérations de sauvetage de l’« Aquarius »

      Déplorant les « attaques » répétées, les ONG étudient des options pour un nouveau navire et un futur pavillon. Depuis février 2016, le bateau a secouru 30 000 personnes.

      L’Aquarius est devenu le symbole de la crise politique autour de l’accueil des migrants. Il ne sera bientôt plus. Médecins sans frontières (MSF) et SOS Méditerranée ont annoncé, jeudi 6 décembre, devoir « mettre un terme » aux opérations de sauvetage de leur navire humanitaire, privé de pavillon depuis deux mois.

      « Renoncer à l’Aquarius a été une décision extrêmement difficile à prendre », a déclaré dans un communiqué Frédéric Penard, directeur des opérations de SOS Méditerranée, en déplorant « les attaques incessantes dont le navire et ses équipes ont fait l’objet ». Mais l’ONG basée à Marseille « explore déjà activement les options pour un nouveau navire et un nouveau pavillon », et « étudie sérieusement toutes les propositions d’armateurs qui lui permettraient de poursuivre sa mission de sauvetage ». « Nous refusons de rester les bras croisés sur le rivage alors que des gens continuent de mourir en mer », a assuré M. Penard.

      https://www.lemonde.fr/international/article/2018/12/07/msf-et-sos-mediterranee-mettent-un-terme-aux-operations-de-sauvetage-de-l-aq

    • MSF forced to terminate search and rescue operations as Europe condemns people to drown

      As men, women and children continue to die in the Mediterranean Sea, international medical humanitarian organisation Médecins Sans Frontières/Doctors Without Borders (MSF) and its partner SOS Méditerranée have been forced to terminate the lifesaving operations of their search and rescue vessel, Aquarius.

      Over the last two months as people have continued to flee by sea on the world’s deadliest migration route, the Aquarius has remained in port, unable to carry out its vital humanitarian work.

      This is due to a sustained smear campaign, spearheaded by the Italian government and backed by other European countries to delegitimise, slander and obstruct aid organisations trying to save the lives of vulnerable people in the Mediterranean.

      Coupled with ill-conceived policies aimed at trapping people outside Europe’s borders, this campaign has undermined international law and humanitarian principles.

      With no immediate solution to these attacks, MSF and SOS Méditerranée have no option but to end the operations of the Aquarius.

      https://www.msf.org.uk/article/msf-forced-terminate-search-and-rescue-operations-europe-condemns-people-dro

    • « Aquarius » : « La #non-assistance_à_personnes_en_danger est revenue en force en Méditerranée »

      Mego Terzian, président de MSF-France et Michaël Neuman, directeur d’études à MSF expliquent dans une tribune au « Monde » pourquoi leur ONG et SOS Méditerranée, l’Association européenne de sauvetage en mer, mettent un terme aux opérations de sauvetage de l’« Aquarius ».

      « Dont acte, la politique de harcèlement judiciaire, administratif, politique aura eu raison de l’“Aquarius”, déployé entre 2015 et le milieu de l’année 2018 en mer Méditerranée. » usage worldwide/DPA / Photononstop

      Tribune. Dont acte, la politique de harcèlement judiciaire, administratif, politique aura eu raison de l’« Aquarius », déployé entre 2015 et le milieu de l’année 2018 en mer Méditerranée.
      En 2014, l’opération « Mare Nostrum », mise en place par les autorités italiennes inaugurait pourtant une séquence pendant laquelle le sauvetage d’embarcations de migrants en détresse fut pourtant considéré comme légitime.

      Ce qui est d’abord, rappelons-le, une obligation légale était alors politiquement et publiquement acceptable. En 2018, les Italiens furent de nouveau à la manœuvre, signifiant cette fois-ci qu’ils ne sauraient accepter davantage que se poursuivent ces interventions : dès le début de l’été, Matteo Salvini, tout récent ministre de l’intérieur, œuvra pour fermer ses ports aux bateaux de secours, accélérant une politique de dissuasion largement entamée par Marco Minniti, son prédécesseur, qui aboutit, in fine, à la liquidation des moyens destinés à secourir les personnes fuyant la Libye.

      Bien sûr, des organisations de la société civile tentent vaille que vaille et, avec une
      remarquable ténacité, de maintenir leurs activités de secours en mer : Sea Watch, Mare Jonio, Proactiva Open Arms sont de celles-là. Les pilotes volontaires du Moonbird et du Colibri poursuivent leurs survols, tentant de déceler entre les vagues des embarcations à la dérive et d’éviter ainsi que la longue liste des décès – plus de 17 000 depuis 2014 – ne s’allonge davantage.

      Pressions italiennes

      Mais toutes le font avec d’extrêmes difficultés : ennuis administratifs récurrents, obstacles posés aux escales techniques, interdiction d’accoster en Europe, et poursuites judiciaires, comme c’est le cas de l’« Aquarius », navire de secours affrété en partenariat avec SOS Méditerranée. Celui-ci, déjà privé de pavillon sous pressions italiennes, est maintenant menacé d’une mise sous séquestre à la suite des accusations grotesques de crime organisé, de nouveau, en Italie.

      Une partie de l’équipage et des membres des équipes de MSF sont mis en cause : leur activité de secours est criminalisée. Force est de constater que ce dispositif de secours en mer, auquel nous avons participé depuis 2015 avec cinq navires différents, quelquefois en partenariat avec d’autres organisations, est mis hors-la-loi.

      Les victimes de ce combat à armes inégales sont évidemment ces personnes migrantes, demandeuses d’asiles ou réfugiées, dont plus grand monde ne semble désormais se soucier. D’ailleurs combien sont-elles, ces victimes ? Aujourd’hui, sans témoin en mer, personne ne le sait, tandis que le piège libyen se referme, un piège dont la maintenance est assurément l’œuvre d’autorités libyennes disparates mais dont la mécanique est bien due à l’ingéniosité européenne.

      Des milliers de personnes sont condamnées à tenter de survivre dans l’entrelacs de centres de détention dits « officiels » et de prisons clandestines en Libye. On ne saurait suffisamment conseiller à nos décideurs d’aller visiter ces geôles pour se faire une idée de l’avenir qu’ils promettent à leurs frères humains. Beaucoup d’autres personnes, enfin, prises dans les mailles serrées d’un dispositif militaro-technique de pointe, meurent plus en amont sur les routes dans la vaste région sahélienne.

      Absence de l’Europe

      S’il est beaucoup question d’Italie, il ne faudrait pas négliger l’unanimisme européen dans lequel cette dynamique mortifère s’est mise en place : ni la France, ni l’Espagne, ni aucun Etat ou institution européenne ne s’est réellement opposé à la mise en coupe réglée de la politique européenne de gestion des frontières par des dirigeants aux pratiques racistes et violentes. Rien de surprenant puisque la manœuvre était en cours depuis quelque temps déjà.

      Ainsi, on ne trouva personne ou presque, pour se résoudre à accueillir quelques centaines de personnes qui, par une chance inouïe, bénéficiaient ça et là du programme de relocalisation du Haut-Commissariat des Nations unies pour les réfugiés (HCR). Depuis longtemps, le refoulement des indésirables aux frontières, notamment franco-italienne, était acté, tout comme l’abandon de 15 000 personnes sur les îles grecques dans des conditions épouvantables, laissés-pour-compte d’une mise en scène sordide de la frontière.

      L’errance durant plus d’une semaine du Nuestra Madre de Loreto, en est le dernier avatar : ayant secouru douze personnes, ce chalutier espagnol s’est vu refuser l’autorisation de débarquer dans les ports européens, y compris de l’Espagne, jusque-là bonne élève dans l’accueil des rescapés de la mer mais qui là prôna leur retour dans l’univers carcéral libyen. Ce n’est qu’après la décision du capitaine de faire, malgré tout, route vers l’Espagne, que le navire obtint le transfert des rescapés vers Malte.

      Non-assistance généralisée

      Aujourd’hui s’ouvre une séquence bien plus lourde de menaces. Aux côtés de la délégation du secours en mer aux gardes-côtes libyens, la généralisation de la non-assistance à personnes en danger est revenue en force en Méditerranée. On se souvient, en effet, qu’en 2011, en pleine intervention militaire occidentale en Libye, des dizaines de migrants étaient morts noyés, au terme d’une dérive de plusieurs jours, malgré les survols et observations d’un nombre important d’avions et de bateaux de l’OTAN.

      Ces pratiques de non-assistance ressurgissent : par crainte de ne pas savoir où débarquer leurs rescapés, les navires commerciaux se détournent de leurs routes habituelles, ou s’écartent lorsqu’ils aperçoivent l’embarcation redoutée. Telle est, en tout cas, la teneur des témoignages que nos équipes travaillant en Libye ont recueillis auprès des rescapés du Nivin, un porte-véhicules dont l’histoire raconte l’ensemble des lâchetés des responsables politiques européens et des agences internationales.

      Tous ceux-là avaient, pourtant, affirmé, à un moment ou à un autre, que les migrants interceptés ne sauraient être ramenés en Libye contre leur gré. Ce fut pourtant exactement ce qu’il s’est passé avec le Nivin, duquel les quatre-vingt-quinze rescapés qu’il transportait refusèrent de débarquer au port de Misrata, à l’est de Tripoli. L’occupation du navire se poursuivit une dizaine jours pendant lesquels nos équipes apportèrent de l’aide médicale à bord et constatèrent qu’aucune solution alternative à la remise en détention ne fut sérieusement examinée.

      Elle prit fin lorsque les forces libyennes lancèrent un assaut, au cours duquel une dizaine de personnes furent blessées, dont certaines grièvement. Certains sont aujourd’hui poursuivis par la justice libyenne pour crimes de piraterie. Telle est donc l’alternative pour les migrants de Libye : la folie, la torture, ou la mort. Et pour les marins, fuir leurs obligations ou subir les persécutions européennes.

      Alors que, de part et d’autre de la Méditerranée, les Etats s’arrogent le droit de vie et de mort sur des gens n’ayant pour motivation que celle de rendre leur vie meilleure, nous ne renonçons pas pour autant à porter secours là où nous le pouvons encore, à soutenir les initiatives de secours en mer et participer à en renouveler le modèle. Spectateurs et acteurs lucides, nous ne renonçons pas à contester ces logiques de sacrifice.

      Mego Terzian (Médecin, président de Médecins sans frontières (MSF)) et Michaël Neuman(Directeur d’études à MSF)

      https://www.lemonde.fr/idees/article/2018/12/07/aquarius-la-non-assistance-a-personnes-en-danger-est-revenue-en-force-en-med

    • Le accuse a Open Arms, ovvero il mondo capovolto.

      Proactiva Open Arms è compagna di viaggio di Mediterranea fin dall’inizio. Insieme noi e a Sea Watch è parte dell’alleanza United4Med: una piattaforma aperta per un’Europa solidale in mare e in terra.
      Ma le ipotesi di reato contenute nell’avviso di conclusione delle indagini preliminari depositate dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Ragusa non ci lasciano sgomenti solo perché colpiscono ancora una volta delle persone di cui conosciamo direttamente l’integrità, e perché rilanciano la criminalizzazione del salvataggio della vita umana in mare e del rispetto della dignità delle persone salvate.

      L’accusa di violenza privata, unita a quella del favoreggiamento dell’immigrazione illegale, rappresenta un pericolosissimo uso del diritto che estende all’inverosimile il concetto di violenza, e, rispetto al soggetto offeso che in questo caso sarebbe il Ministero dell’Interno come Istituzione, rappresenta un precedente particolarmente inquietante che potrebbe estendersi praticamente ad ogni azione giuridicamente rilevante. Rimandando per i dettagli all’articolata e preziosa analisi elaborata in merito dal Giudice del Tribunale di Torino Andrea Natale, quello che emerge sempre più chiaramente è che davvero il mondo per come lo conoscevamo appare capovolto.
      Il comandante della nave Proactiva Open Arms, Marc Reig Creus, e la capo missione Ana Isabel Montes avrebbero esercitato violenza privata, disattendendo gli ordini dell’Italia e poi delle autorità libiche di non intervenire, per avere salvato centinaia di persone che stavano rischiando di annegare in mare. Successivamente, quando la cosiddetta guardia libica si è presentata sul posto, la violenza privata sarebbe consistita nel rifiuto di riconsegnare le persone salvate ai libici, ovvero nel fatto di non restituire 216 donne, bambini e giovani uomini alle sevizie e alle torture già subite nei campi della Libia.
      Anabel e Marc avrebbero poi esercitato violenza privata per non aver chiesto a Malta di fornire un porto sicuro, cosa che Malta negli anni precedenti aveva rifiutato sistematicamente di fare, ed essersi diretti verso l’Italia. Il culmine della violenza privata sarebbe stato quindi quello di avere obbligato l’Italia a fornire un porto sicuro di approdo, e quindi di avere costretto il nostro governo a non avere anche questi profughi sulla propria coscienza.
      Cosa ci sia di violento e di privato in tutti questi accadimenti, e come possa un Ministero dell’Interno in quanto Istituzione essere soggetto a violenza privata è qualcosa che davvero appare ad oggi circondata da un alone di mistero, a meno che non si guardi a queste accuse come a ipotesi di reato fortemente ideologiche e orientate da una precisa visione politica.
      Appare già distintamente, a prescindere da quello che accadrà in sede processuale, che il diritto rischia sempre di più di diventare uno strumento di potere che colpisce in maniera arbitraria, paradossalmente, il rispetto del diritto stesso, proprio mentre la violazione dei diritti diventa normale maniera di procedere dei decisori politici europei e italiani innanzitutto. E questa riflessione andrebbe estesa ad ogni ambito e non solo alle politiche migratorie che colpendo le persone rese più vulnerabili sono, come sempre, un campanello d’allarme che ci dice fino a che punto le garanzie di libertà e i diritti di ogni persona siano sempre più messi in discussione.
      Rispettare i diritti umani è un reato, violarli è un merito: c’è ancora qualcuno che crede che questo capovolgimento del mondo vada arrestato prima che travolga tutti? La storia di Mediterranea, la sua comunità di mare e quella sempre più grande di terra ci racconta di sì. E si stringe intorno a Open Arms, Marc e Anabel, ringraziandoli profondamente per ogni singola vita sottratta alla morte e portata in salvo, per tutto il coraggio, per avere difeso da anni la nostra possibilità di essere umani e di immaginare una società più giusta.

      https://mediterranearescue.org/news/accuse-open-arms

    • L’Italie ferme ses ports à un navire d’une ONG et 300 migrants à bord

      Les ports italiens seront fermés aux quelque 310 migrants sauvés en Méditerranée par l’ONG espagnole, Proactiva Open Arms, a déclaré samedi le ministre italien de l’Intérieur, Matteo Salvini, après un premier refus des autorités de Malte.

      « Ma réponse est claire : les ports italiens sont fermés ! », a twitté le ministre d’extrême droite. « Pour les trafiquants d’êtres humains et pour ceux qui les aident, la fête est terminée ».

      M. Salvini a précisé que la demande de l’ONG de permettre l’accès au territoire italien des hommes, femmes, enfants et bébés sauvés vendredi, avait été déposée après une réponse négative de Malte.

      L’ONG a précisé que parmi les migrants, une femme et son bébé, né sur une plage libyenne, ont été emmenés à Malte par un hélicoptère des gardes-côtes.

      « Nous restons avec 311 personnes à bord, sans port où accoster, et avec des besoins », a twitté l’ONG de son côté.

      Proactiva Open Arms a annoncé vendredi avoir secouru près de 300 migrants au large de la Libye, dont des femmes enceintes, qui se trouvaient à bord de trois embarcations.

      L’ONG a posté en ligne une vidéo de certains des migrants secourus « d’une mort certaine en mer ». « Si vous pouviez aussi ressentir le froid, il serait plus facile de comprendre l’urgence. Aucun port pour débarquer, et refus de Malte de nous donner de la nourriture. Ceci n’est pas Noël ».

      Le navire avait repris fin novembre, avec deux autres bateaux d’ONG, ses missions de sauvetage en Méditerranée centrale, au large de la Libye.

      Cet itinéraire de l’immigration clandestine est le plus mortel, avec plus de 1.300 migrants morts en tentant de gagner l’Italie ou Malte depuis le début de l’année, selon l’Organisation internationale pour les Migrations (OIM).

      Les navires humanitaires opèrent dans cette zone malgré l’opposition farouche de M. Salvini, qui leur ferme les ports en les accusant de favoriser les affaires des passeurs, et les réticences de Malte.

      Une autre ONG, l’allemande Sea-Eye, a annoncé vendredi soir le départ, depuis Algésiras dans le sud de l’Espagne, d’un nouveau bateau vers le large des côtes libyennes, le « Professor Albrecht-Penck ».

      Une partie des 18 membres de son équipage sont d’anciens volontaires de l’Aquarius, ce bateau qui avait déclenché l’été dernier une crise diplomatique entre les États européens et mis définitivement à l’arrêt début décembre.

      https://www.courrierinternational.com/depeche/litalie-ferme-ses-ports-un-navire-dune-ong-et-300-migrants-bo

    • Sea Watch 3 e Sea Eye: le due navi che nessuno vuole far attraccare

      Le navi delle due Ong vagano da giorni nel Mediterraneo con decine di migranti a bordo, senza un porto sicuro dove approdare e in condizioni sempre più complicate. I sogni delle persone salvate

      32 esseri umani, tra cui 3 minori non accompagnati, 2 bambini piccoli e un neonato, sono da 10 giorni in mare. Sono stati salvati dalla Ong tedesca Sea Watch. A questi si sono aggiunti altre 17 persone salvati da un’altra Ong tedesca, Sea Eye.
      Nessuno li vuole, nessun Paese europeo vuol farsi carico del destino di queste persone. L’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati ha chiesto agli Stati Ue di garantire lo sbarco delle due navi.

      «Non vogliamo che le persone che ci hanno salvato la vita, i nostri fratelli, passino dei guai per averci soccorso in mare», dice Youssef. «Siamo sfuggiti a torture e violenze. Quando abbiamo lasciato la nostra casa abbiamo perso i nostri affetti più cari, e proprio per questi motivi la nostra vita in futuro non potrà che essere migliore», aggiunge Lamin.

      Nonostante tutto, in queste parole c’è speranza. Se i loro nomi sono di fantasia, per proteggerne le identità, i loro sogni, ma anche le loro paure e le loro attese sono autentiche: così come lo sono le loro vite sottratte alla morte dal coraggio dei volontari della nave Sea Watch 3. Da dieci giorni è con queste 32 persone salvate dai marosi che l’equipaggio del comandante Anne Paul Lancet condivide umanità, cibo e riparo: «Durante la notte stiamo stretti sotto coperta, in questo modo tutti quanti possiamo stare all’asciutto ed evitare che qualcuno debba dormire sul ponte esposto alle intemperie», racconta Ayla, uno dei medici a bordo della nave della Ong tedesca.
      «Stamattina ho quasi pianto - aggiunge l’altro medico a bordo - perché tante persone mi pregavano solo di poter contattare le loro famiglie almeno per dire loro che erano al sicuro e stavano arrivando in Europa: volevano solo sentire le voci dei loro cari per qualche secondo. E noi non possiamo far nulla: e se io mi trovassi al loro posto, e se io avessi quegli stessi bisogni e desideri?», si chiede ancora il medico tedesco, guardando fuori l’orizzonte.
      L’inverno e il mare alto non perdonano, le temperature sono rigide e i rischi per l’incolumità delle 54 persone che si trovano sulla nave Sea Watch non dovrebbero venire sottovalutati. Al tavolo della politica europea, però, lontano dalle onde alte due metri, non si è ancora presa alcuna decisione sulla sicurezza di queste persone, tenute in “ostaggio” senza l’indicazione di un porto sicuro di approdo.
      Malta, Italia, Spagna, Germania e Olanda hanno rifiutato nei giorni scorsi di aiutarli e a bordo della Sea Watch 3 così come della Sea Eye si sta vivendo un’altra odissea umanitaria: molto simile nelle modalità alle crisi che avevano tenuto in scacco in estate le navi Aquarius, Open Arms e Lifeline delle ong internazionali, e i pescherecci Sarost5 e Nuestra Madre de Loreto che dovettero attendere giorni e giorni prima di potersi mettere al riparo in porto. E perfino della Diciotti, la nave della Guardia Costiera Italiana, costretta a navigare da Lampedusa a Catania e infine rimasta bloccata nel porto etneo in attesa che dal Viminale arrivasse l’ok allo sbarco dei migranti, in gran parte profughi di guerra dal Corno d’Africa.

      La situazione a bordo della Sea Watch inizia a farsi proibitiva, anche a causa del peggioramento delle condizioni meteo: «Non abbiamo problemi con il carburante - rassicura il capitano - ma lentamente stiamo esaurendo le provviste di cibo fresco e di sicuro nelle prossime settimane, pur cercando a bordo di sprecare meno acqua possibile, avremo problemi ad avere acqua a disposizione a causa del nostro sistema di filtraggio».
      «Ma perché non ci permettono di entrare in Europa?», chiede Amina che ha 31 anni e viene dal Sudan: lei è la portavoce dei sogni di tanti dei suoi compagni di sventura, ma riesce anche a dare voce all’interrogativo di tantissimi soccorritori che in mare hanno speso le loro vite per salvarne altre. «Oramai è diventato sempre più difficile spiegare alle persone che abbiamo tratto in salvo e con cui stiamo condividendo tantissime emozioni contrastanti e ore infinite di attesa, che dobbiamo restare in mare un giorno in più, perché dall’Europa non riceviamo indicazioni per un porto sicuro», spiega ancora Ayla, la dottoressa olandese, convinta che «i Paesi europei abbiano scelto finora di non assumersi la responsabilità delle vite delle persone in gioco sul confine mortale dell’Europa».
      Come abbiamo raccontato su Avvenire, Amina e le altre 31 persone sono state salvate dalla Sea Watch 3 lo scorso 22 dicembre grazie alla collaborazione con la ong Pilotes Volontaires che sorvola i cieli con l’obiettivo di avvistare gommoni e imbarcazioni in emergenza. Da allora e in attesa di ricevere indicazioni per approdare sulla terraferma l’equipaggio del capitano Lancet non si è arreso e - sostenuto anche dalle persone salvate «Sono qui per aiutare», ha detto subito Youssef mettendosi a disposizione del comandante - ha continuato a pattugliare la zona di search and rescue (Sar) libica, rispondendo alle chiamate di soccorso. Così era accaduto per le 75 persone che erano a bordo di un gommone pochi giorni fa, ma di cui non si sono più avuto notizie, probabilmente perché ingoiati dal mare o ripresi da una motovedetta libica che li ha riportati nei campi di detenzione.

      «Ho davvero paura di tornare in Libia, ho provato a scappare due volte senza riuscirci - ha raccontato ancora Amina lasciando uscire le parole con lentezza -. Quello che ho passato è stato terribile», così tanto da non riuscire quasi più a parlarne, come accade spesso con i traumi più violenti. «Avevamo molta paura quando eravamo sul gommone. Non abbiamo usato il telefono satellitare per il terrore di essere localizzati e ripresi dai libici - ha aggiunto Youssef -. Grazie a Dio siamo stati molto fortunati e i nostri fratelli ci hanno salvati. E ora possiamo prepararci a scoprire quello che sarà il nostro futuro in Europa».

      I bambini provano a raccontare i loro giorni più tristi e le paure attraverso i disegni. Uno di loro ha riportato su carta tre momenti: la vista del barcone su cui sarebbero saltati per lasciarsi alla spalle l’inferno libico, poi il gommone che si sgonfia, mentre i 32 temevano di perdere la vita, e infine la visione della Sea Watch 3, l’unico soggetto disegnato completamente a colori. Un passaggio, dal bianco e nero del gommone alla vivacità della nave di salvataggio, che da solo spiega i timori e le speranze di chi adesso, finalmente al sicuro, non si spiega il perché delle porte chiuse.
      Un sogno e un desiderio, quello dell’Europa, che emerge ancora dalle parole straziate dal dolore di Amina: «Noi donne dobbiamo essere forti – si lascia andare la donna, mentre i medici di bordo le prestano le cure –. Soprattutto possiamo essere libere in Europa. Lì possiamo vivere la nostra vita, ecco perché voglio raggiungerla». Quell’Europa che però sembra aver voltato loro le spalle.

      https://www.avvenire.it/attualita/pagine/sea-watch-migranti-bloccati-in-mare

    • E LA NAVE VA… È piena di naufraghi nessun porto la vuole

      Da dieci giorni in mare decine di profughi e nessuno li vuole

      C’è un bambino appena nato che ha trascorso la notte di Capodanno in mezzo al mare. Al largo di Malta. Le autorità europee hanno deciso che è bene così. Che se l’è meritata. Insieme a quel bambino ci sono due ragazzini un po’ più grandi, tre quattr’anni, altri tre adolescenti senza genitori, e poi ancora 26 adulti, tutti africani, tutti in fuga dalla guerra, scappati dai campi di prigionia in Libia. Stavano su un gommone il 22 dicembre, volevano arrivare in Sicilia, ma il gommone ha iniziato a sgonfiarsi, le onde erano alte, il vento gelido, e loro pensavano di essere a pochi minuti dalla morte. Poi li ha avvistati un piccolo aereo da ricognizione di una Ong tedesca, Dio lo benedica, ed ha lanciato la esseoesse ad una imbarcazione sempre della stessa Ong tedesca, la Sea Watch. L’aereo ha fornito al comandante della Sea Watch le coordinate del gommone, e la Sea Watch ha raggiunto i naufraghi in tempo. Li hanno fatti salire a bordo, li hanno asciugati, riscaldati, hanno dato loro da mangiare. Il bimbo neonato ha smesso di piangere. I 31 naufraghi hanno ringraziato il personale tedesco e olandese a bordo, erano commossi, non si aspettavano più di poter sopravvivere.

      Hanno raccontato a Ilaria Solaini, che è una giornalista inviata dell’Avvenire, i loro sentimenti, il terrore di morire o di finire nel lager libici. Hanno detto che avrebbero voluto poter parlare un minuto solo, al telefono, con i loro cari lasciati a casa. Ma non hanno potuto. Hanno chiesto di poter sbarcare in un porto europeo. Malta, Spagna e poi Italia hanno risposto con un no secco. Hanno detto che loro devono difendere i confini. Anche Germania e Olanda – che non dispongono di porti ( né di confini) nel Mediterraneo – hanno detto di no. Le onde da qualche ora si sono fatte più alte. Il meteo dice che da stanotte si va sottozero. Di acqua non ce n’è tantissima. Di cibo poco. I medici a bordo della nave temono che possano apparire delle malattie. I marinai temono che il mare possa alzarsi molto. Gli ausiliari temono il freddo. Fin qui sono riusciti a far dormire tutti, di notte, sottocoperta. Anche sottocoperta però, se si va sottozero, diventa dura. Intanto un’altra imbarcazione di una Ong tedesca, la See Eye, ha raccolto altri 17 naufraghi. Anche loro sono stati rifiutati da tutti i porti europei. Qui non c’è posto, hanno detto. Tornate in Libia. Buona Fortuna.

      L’altro giorno la Sea Watch ha ricevuto una richiesta di soccorso di un altro gommone ancora. Lo ha avvistato sempre l’aereo di ricognizione. Dall’aereo hanno detto che a bordo c’erano circa 75 persone. E hanno fornito alla Sea Watch, di nuovo, le coordinate. La Sea Watch però non ha trovato il gommone. Neanche l’aereo lo ha più visto. Spariti. Nella migliore delle ipotesi sono stati catturati dai libici, e portati in un lager sulla costa. Nella peggiore se li è mangiati il mare.

      E’ vero, i confini ora sono ben difesi. E i caduti tra le fila dei nemici aumentano a vista d’occhio. La vittoria è vicina. Vabbè, diciamo che comunque 32, più 17, più una ventina di persone di equipaggio, tra marinai, medici e ausiliari, in tutto fa un po’ meno di settanta persone. Cosa volete che sia se 70 persone passano il Capodanno in mare per decisione delle autorità europee. Con tutto quello che succede nel mondo volete scandalizzarvi per così poco?

      Facevo un po’ di conti. Se non calcoliamo i soccorritori, che comunque poi se ne torneranno a casa loro, si tratta di 48 persone più un neonato di un paio di chili. L’Europa comunitaria, secondo le statistiche ufficiali, ha 503 milioni, 679 mila e 730 abitanti. Voi dite che se ospita anche questi 48, più un neonato, scoppia? O dite che i suoi 15 mila 326 miliardi di Pil annuo potrebbero andare dispersi nel soccorrere questi 49 disperati?

      Eppure è così. Talvolta la politica è esattamente così. Succede che sia la ragion di Stato a prevalere sul senso di umanità. Succede spesso. Stavolta la ragion di stato non c’entra niente. C’entrano solo i calcoli politici dei leader europei. Quanto potranno costare 49 naufraghi? Qualche migliaia di euro, che sono niente per gli Stati. E diverse migliaia, o centinaia di migliaia di voti: che sono molto, molto per i partiti.

      P. S. Inizia così la dichiarazione dei diritti universali dell’uomo, redatta dall’Onu 70 anni fa: «Considerato che il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana e dei loro diritti, uguali ed inalienabili, costituisce il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo; Considerato che il disconoscimento e il disprezzo dei diritti umani hanno portato ad atti di barbarie che offendono la coscienza dell’umanità…» . Poi c’è l’articolo 13 che dice così: «Ogni individuo ha diritto alla libertà di movimento e di residenza entro i confini di ogni Stato. Ogni individuo ha diritto di lasciare qualsiasi paese, incluso il proprio, e di ritornare nel proprio paese».

      E infine l’articolo 14, che si potrebbe anche imparare a memoria, perché è molto breve: «Ogni individuo ha il diritto di cercare e di godere in altri paesi asilo dalle persecuzioni». Chissà se i governanti di Germania, Olanda, Spagna, Malta e Italia hanno mai letto questi articoli. Si potrebbe proporre agli Stati europei di chiedere a chiunque entri in un governo della Ue di superare un esamino nel quale dimostra di conoscere la dichiarazione dei diritti dell’Uomo…

      http://ildubbio.news/ildubbio/2019/01/02/e-la-nave-va-e-piena-di-naufraghi-nessun-porto-la-vuole

    • Le Sea Watch 3, avec à bord 32 migrants depuis le 22 décembre, a été autorisé par les autorités maltaises à pénétrer dans ses eaux territoriales, pour s’abriter de la très menaçante météo. Mais ni accostage, ni soins ni accueil

      Un bateau de l’alliance #United4Med (Sea Watch et Mediterranea) a rejoint aujourd’hui (4/1/19) SeaWatch3. A bord le témoignage d’Alessandra Sciurba (Mediterranea) :
      https://www.instagram.com/p/BsNom3NCA1X

    • Un nouveau bateau de sauvetage affrété par la société civile basque et andalouse

      Le 14 ou le 15 janvier, partira de Pasaia, port basque, l’ex-chalutier l’#Aita_Mari, pour secourir en Méditerranée les personnes fuyant la Libye.
      Il fera escale le 16 janvier à Bilbao, passera par Barcelone puis par Majorque - avant de rejoindre les eaux au large de la Libye.
      Ce bateau a été acheté, dans cet objectif, par le gouvernement basque et remis en état par la société civile.
      Le projet est soutenu par deux associations, une basque et une andalouse.
      Les rescapés à bord, le bateau tentera d’accoster à Malte ou en Italie, mais aura toujours la possibilité, en cas de refus, de faire route vers un port espagnol, puisqu’il navigue sous pavillon espagnol.
      A son bord, sept bénévoles, 5 secouristes, 2 médecins.
      Il y aussi un mécanicien et un cuisinier.
      Et les deux capitaines, celui du bateau, et celui des secours.
      Une cabine est prévue pour un.e journaliste.
      L’équipe communiquera régulièrement et aura besoin de relai.

      Reçu via la mailing-list Migreurop

    • EU nations deadlocked on rescued migrants

      Nearly 50 migrants rescued in the Mediterranean by two ships run by rights groups are still looking for countries to take them in, one of the groups told AFP Saturday.

      “The situation is still the same,” a spokeswoman for one of the groups, Sea Watch, said.

      Their vessel, Sea Watch 3, was sheltering from stormy weather off the coast of Malta, which like Italy, has refused to allow the boat into port.

      It has had 32 migrants on board, three of them children, since rescuing them on December 22.

      A one-year-old baby and two children, aged six and seven, “are vomiting continuously and are at risk of hypothermia and dehydration,” Alessandro Metz of rights group Mediterranean wrote on Twitter Friday.

      The German NGO Sea-Eye also has a ship stranded in the Mediterranean with 17 migrants on board.


      https://www.thenational.ae/world/europe/eu-nations-deadlocked-on-rescued-migrants-1.809725

    • Ecco la diffida al governo per accogliere i 49 migranti bloccati in mare

      Azione di cittadinanza attiva in almeno 90 Province italiane: «Abbiamo consegnato in Prefettura un documento che obbliga le autorità ad adempiere alle leggi di soccorso di mare», spiega Antonio Nigro del movimento Move to resist, che ha mutuato il testo diffuso da Possibile

      http://www.vita.it/it/article/2019/01/07/ecco-la-diffida-al-governo-per-accogliere-i-49-migranti-bloccati-in-ma/150262

    • “La Chiesa accoglierà i migranti della Sea Watch”

      L’annuncio di Nosiglia durante la festa dei Popoli: un gesto simbolico ma concreto.
      «Voglio dichiarare la disponibilità della Chiesa torinese ad accogliere alcune delle famiglie che si trovano a bordo delle navi Sea Watch 3 e Sea Eye». Lo ha annunciato l’arcivescovo di Torino, monsignor Cesare Nosiglia, oggi alla chiesa del Santo Volto, durante l’omelia nella Festa dei Popoli. «La nostra Chiesa, come si ricorderà - ha aggiunto Nosiglia - aveva già offerto questa disponibilità per i profughi della nave Diciotti, nel settembre scorso».


      https://www.lastampa.it/2019/01/06/cronaca/la-chiesa-accoglier-i-migranti-della-sea-watch-8uxIAoytx33U6r7hjA65UN/pagina.html

    • #Diaconia_Valdese e #FCEI pronti all’accompagnamento dei profughi della Sea-Watch
      Chiese evangeliche. “Il nostro sostegno alle ONG perché il soccorso in mare e l’accoglienza a terra sono un dovere umanitario. Per noi è anche la testimonianza dell’amore di Cristo”. FCEI e Diaconia valdese pronti all’accompagnamento e all’accoglienza dei 49 profughi della Sea-Watch e della Sea eye.

      “Confermiamo il nostro sostegno alle ONG che svolgono azioni di soccorso in mare e ci rendiamo disponibili a sostenere il trasferimento e l’accoglienza dei migranti salvati dalla Sea-Watch e dalla Sea eye”. Lo affermano congiuntamente il Presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, past. Luca M. Negro, e il Presidente della Diaconia Valdese, Giovanni Comba. “Come FCEI siamo impegnati in un partenariato con Open Arms, la ONG che nei giorni scorsi ha salvato oltre trecento persone in mare – aggiunge Negro – e oggi sentiamo nostro dovere esprimere il sostegno attivo alla altre navi impegnate in azioni di soccorso che da giorni aspettano un porto sicuro in cui attraccare”. E infatti la vicepresidente della FCEI, Christiane Groeben, oggi 4 gennaio parteciperà alla delegazione di politici, esponenti della società civile e del volontariato che saliranno a bordo della Sea-Watch per chiedere con forza una rapida soluzione a quella che rischia di diventare una drammatica violazione del diritto alla protezione internazionale. “Stiamo lavorando con i nostri partner per costruire un corridoio europeo e la città di Heidelberg e le sue chiese hanno già manifestato la loro disponibilità all’accoglienza. Siamo pronti a farci carico del trasporto dei migranti nella loro destinazione finale e a collaborare per la loro accoglienza" aggiunge il presidente Comba.

      https://www.diaconiavaldese.org/csd/news/diaconia-valdese-e-fcei-pronti-all-accompagnamento-e-all-accoglienz

    • #Malte profite de l’urgence pour se délester de 220 migrants

      Le Premier ministre maltais a annoncé un accord pour le débarquement des 49 migrants bloqués sur deux navires d’ONG allemandes et leur répartition dans huit pays européens. Il se débarrasse en passant de 220 migrants déjà accueillis à Malte.

      Les 49 migrants coincés depuis parfois plus de deux semaines en mer avaient été secourus dans les eaux internationales au large de la Libye, le 22 décembre par l’ONG Sea-Watch pour 32 d’entre eux, et le 29 décembre par l’ONG Sea-Eye pour les 17 autres.

      Les pays européens se sont finalement mis d’accord pour les secourir. Ils doivent être transférés « dès que possible » sur des vedettes de la marine maltaise, qui les conduiront à La Valette. Ensuite, Malte a prié les navires des deux ONG de s’éloigner « immédiatement ».

      Les deux navires avaient été autorisés il y a une semaine à s’abriter du mauvais temps dans les eaux maltaises, mais l’accord en vue d’un débarquement des migrants a pris du temps parce que Malte exigeait d’y inclure 249 autres migrants que ce petit pays méditerranéen avait secourus et accueillis ces derniers jours.

      « Un accord ad hoc a été trouvé. Sur les 249 (migrants) présents à Malte et les 49 à bord (des navires de) Sea-Watch and Sea-Eye, 220 personnes seront redistribuées dans d’autres pays membres ou rentreront dans leur pays d’origine », a déclaré Joseph Muscat au cours d’une conférence de presse à Malte.

      Les migrants seront répartis entre l’Allemagne, la France, le Portugal, l’Irlande, la Roumanie, le Luxembourg, les Pays-Bas et l’Italie, a précisé Joseph Muscat.

      Parallèlement, 44 Bangladais du groupe des migrants déjà présents à Malte seront renvoyés dans leur pays, La Valette estimant qu’ils n’ont pas de raison d’y demander l’asile. Au final, 78 des migrants du premier groupe resteront à Malte, le plus petit pays de l’UE avec 450 000 habitants.

      « Malte n’a jamais fermé ses ports et reste un port sûr. Nous voulons simplement que tous respectent les règles internationales que nous n’avons pas créées, nous », a assuré le Premier ministre, malgré l’interdiction jusqu’ici exprimée.

      « Un signe de faiblesse »

      « Nous voulions faire passer un message politique fort, à savoir que le fardeau devait être partagé car il s’agit d’un problème européen. Il ne s’agit pas d’un discours contre les ONG, nous voulons simplement que tous suivent les règles », a insisté le Maltais.

      « Chaque heure passée sans règlement n’était pas une heure dont j’étais fier », a-t-il ajouté, en regrettant que la solution n’implique que quelques pays et non l’ensemble de l’UE.

      Redoutant de voir les arrivées dans ses eaux se multiplier à l’avenir maintenant que les navires de secours plus au sud se sont raréfiés, Malte avait plaidé pour une solution « complète et globale ».

      « Malte est un très petit pays et il est dans notre nature d’aider les personnes en détresse, mais en tant que Premier ministre, je ne peux pas me soustraire à la responsabilité de préserver notre sécurité et nos intérêts nationaux », a expliqué Joseph Muscat, répétant que le présent accord ne constituait pas « un précédent ».

      Le commissaire européen chargé des migrations, Dimitris Avramopoulos, s’est réjoui qu’une solution ait été trouvée pour permettre aux migrants de débarquer et a salué le geste de solidarité de Malte et des États membres.

      En Italie, la question faisait encore débat : le ministre de l’Intérieur Matteo Salvini s’oppose farouchement à tout débarquement, mais le chef du gouvernement Giuseppe Conte s’est dit prêt à aller chercher les migrants « en avion ».

      « À Bruxelles, ils font semblant de ne rien comprendre et facilitent le travail des passeurs et des ONG. Je suis et je resterai absolument opposé à de nouvelles arrivées en Italie », a réagi Matteo Salvini, également patron de la Ligue (extrême droite), dans un communiqué.

      « Céder aux pressions et aux menaces de l’Europe et des ONG est un signe de faiblesse que les Italiens ne mérite pas », a ajouté le ministre, qui a lancé mardi soir sur Twitter le mot d’ordre #SalviniNonMollare (« Salvini tiens bon »), parmi les plus partagés depuis en Italie.

      https://www.euractiv.fr/section/migrations/news/malte-profite-de-lurgence-pour-se-delester-de-220-migrants

    • Migranti, anche in Spagna stretta sulle Ong: Open Arms bloccata a Barcellona

      Dopo aver fatto sbarcare ad #Algeciras 311 migranti il 28 dicembre scorso, la nave sarebbe dovuta ripartire l’8 gennaio per una nuova missione. Ma le autorità hanno negato l’autorizzazione: così nel Mediterraneo centrale non ci sono più imbarcazioni delle organizzazioni per il salvataggio

      https://www.repubblica.it/cronaca/2019/01/14/news/migranti_open_arms_bloccata_in_spagna-216523058

    • "Je ne pourrai bientôt plus parler, je gèle" : faute de secours, 100 migrants ont passé plus de 12 heures en mer

      Pendant plus de 12h, la plateforme téléphonique Alarm Phone a alerté dimanche les autorités italiennes, maltaises et libyennes sur une embarcation en détresse au large de la Libye. Rome et La Valette ont, toute la journée, renvoyé la responsabilité à Tripoli qui a finalement coordonné le secours de ce canot en envoyant un navire marchand, plus de 12h après la première alerte.

      http://www.infomigrants.net/fr/post/14641/je-ne-pourrai-bientot-plus-parler-je-gele-faute-de-secours-100-migrant

    • Navire Sea-Watch bloqué en Méditerranée : « La mer est agitée et certains migrants sont malades »

      Après avoir été bloqué deux semaines début janvier en Méditerranée dans l’attente d’être accepté par un port européen, le navire humanitaire Sea-Watch erre une nouvelle fois en mer depuis son dernier sauvetage. Cinq jours se sont déjà écoulés, avec 47 migrants rescapés à bord dont huit enfants, et aucun signe encourageant de la part des pays européens.

      L’histoire se répète. L’ONG allemande Sea Watch, dont le navire humanitaire a secouru le 19 janvier dernier 47 personnes qui se trouvaient à bord d’un bateau pneumatique, attend depuis maintenant cinq jours l’autorisation d’accoster en Europe. Lors d’une précédente opération de sauvetage, le même navire avait erré deux semaines en mer avant d’être autorisé à débarquer ses rescapés à Malte le 9 janvier dernier. Un épisode qualifié de “record de la honte” par plusieurs ONG.

      L’équipage et les passagers actuellement à bord sont “assez stressés”, confie une porte-parole de Sea Watch contactée par InfoMigrants. “La nuit a été difficile. La mer est agitée et certains sont malades”, poursuit-elle, précisant que le groupe compte huit mineurs non-accompagnés et neuf nationalités différentes : Guinée, Sénégal, Guinée-Bissau, Mali, Sierra Leone, Centrafrique, Côte d’Ivoire, Gambie et Soudan.

      "Une fois de plus, nous sommes à la merci des autorités"

      “Aucun État n’a encore répondu à nos requêtes pour un port sûr”, déplore l’ONG sur Twitter, estimant que “l’Union européenne empêche le dernier navire humanitaire de travailler, alors que des centaines de personnes meurent en Méditerranée”.

      Les 47 migrants actuellement à bord du Sea-Watch ont été pris en charge après qu’Alarm Phone et l’avion de repérage Moonbird ont donné l’alerte. “Juste après le sauvetage, nous avons informé le MRCC de Rome puisque le port sûr le plus proche de notre position était celui de Lampedusa. Ils nous ont renvoyés vers les garde-côtes libyens. Nous avons essayé de les joindre, en vain. Nous ne savons même pas s’ils lisent nos emails”, explique la porte-parole de l’ONG jointe par InfoMigrants.

      Dans l’impasse, l’équipage du Sea-Watch s’est donc tourné vers le MRCC de Malte puis celui de Den Helder, au Pays-Bas puisque le navire humanitaire bat pavillon néerlandais. “Tous les deux ont décliné toute responsabilité. Nous avons demandé un port sûr à plusieurs reprises à tous ces interlocuteurs, mais nous sommes une fois de plus à la merci des autorités, dans l’attente d’un ordre de leur part”, affirme-t-elle.

      "La détresse des migrants comme outil de chantage politique"

      Dix jours avant ce nouveau sauvetage, le Sea-Watch et un autre navire humanitaire, le Sea-Eye, avaient finalement pu débarquer 49 migrants à Malte après plus de deux semaines d’errance en Méditerranée. Une période particulièrement difficile, les installations à bord des navires humanitaires ne permettant pas d’héberger durablement autant de personnes et les conditions météorologiques rendant la vie à bord très pénible.

      Malgré les demandes répétées des ONG, pendant 19 jours, le gouvernement maltais avait refusé de laisser débarquer dans son port ces 49 migrants : 32 secourus au large de la Libye le 22 décembre par le Sea-Watch et 17 autres sauvés le 29 décembre par le Sea-Eye.

      Redoutant de voir les arrivées dans ses eaux se multiplier et de devenir la principale porte d’entrée des migrants en Europe – l’Italie ayant fermé ses ports aux navires humanitaires – Malte a finalement négocié avec plusieurs pays européens un accord de répartition des 49 migrants ainsi que 249 autres recueillis quelques jours plus tôt par les autorités maltaises.

      "Nous voulions faire passer un message politique fort, à savoir que le fardeau devait être partagé car il s’agit d’un problème européen. Il ne s’agit pas d’un discours contre les ONG, nous voulons simplement que tous suivent les règles", avait déclaré le Premier ministre maltais Joseph Muscat au moment où l’accord a été trouvé.

      Mais Sea Watch ne l’entend pas de la sorte. “Nous ne pouvons pas nous retrouver encore dans cette impasse, c’était trop difficile la dernière fois pour notre équipage comme pour les rescapés. Il est inacceptable que les gouvernements européens utilisent des personnes en détresse comme outils de chantage dans leurs luttes de pouvoir”, conclut la porte-parole.

      http://www.infomigrants.net/fr/post/14700/navire-sea-watch-bloque-en-mediterranee-la-mer-est-agitee-et-certains-

    • Dutch refuse Italian request to accept 47 migrants on rescue ship: government

      The Netherlands refused on Monday an Italian request to take in 47 migrants on a humanitarian ship that is being blocked from Italian ports, saying there was a need to distinguish between genuine refugees and economic migrants.

      https://www.reuters.com/article/us-europe-migrants-italy-netherlands/dutch-refuse-italian-request-to-accept-47-migrants-on-rescue-ship-governmen
      #Pays-Bas #tri #catégorisation

      Dans l’article on parle de:
      #genuine_refugees and #economic_migrants
      #terminologie #mots #vocabulaire

      v. aussi le tweet de Sea Watch:
      Le comunicazioni intercorse tra #SeaWatch e l’Olanda per la richiesta di porto rifugio (POR).
      https://twitter.com/SeaWatchItaly/status/1089815346113069057

    • Caso Sea Watch. Il Garante, Mauro Palma: “E’ illecita detenzione”

      Inviata informativa alla Procura di Siracusa e richiesto al Ministro dei trasporti Toninelli di consentire urgentemente lo sbarco: «Le persone sono la nostra giurisdizione, anche se con bandiera straniera». Intanto 50 organizzazioni scrivono al premier Conte: «Sbarco Immediato». E il Cnca si dice disponibile ad accogliere i migranti nelle sue strutture

      http://www.agenzia.redattoresociale.it/Notiziario/Articolo/617603/Caso-Sea-Watch-Il-Garante-Mauro-Palma-E-illecita-detenzione

    • Les migrants du Sea-Watch 3 vont pouvoir débarquer grâce à un accord entre sept pays européens

      L’Italie a annoncé un accord avec six autres pays européens pour répartir les 47 migrants bloqués depuis 12 jours en mer sur le Sea-Watch. Le navire est attendu dans la nuit au port de Catane, dans l’est de la Sicile.

      Les 47 migrants bloqués depuis près de deux semaines à bord du Sea-Watch 3 au large de la Sicile vont pouvoir débarquer grâce à un accord conclu mercredi 30 janvier entre l’Italie et six autres pays européens pour répartir les migrants.

      Le Sea-Watch 3, qui se trouvait depuis vendredi au large du port sicilien de Syracuse pour s’abriter du mauvais temps, « a reçu l’instruction de se diriger vers le port de Catane », environ 70 km plus au nord, où il est attendu dans la nuit, a annoncé une source ministérielle italienne.

      A la mi-journée, le chef du gouvernement italien, Giuseppe Conte, avait annoncé que les opérations de débarquement allaient débuter « dans les prochaines heures ». Les six pays avec laquelle l’Italie a conclu un accord sont la France, le Portugal, l’Allemagne, Malte, le Luxembourg et la Roumanie. Il n’était pas clair si l’Italie elle-même garderait une partie des migrants. Giuseppe Conte l’a laissé entendre mais son ministre de l’Intérieur, Matteo Salvini, qui s’y est toujours opposé de manière catégorique, ne l’a pas confirmé.

      « Prise d’otages européenne »

      « Nous sommes heureux que cette prise d’otages européenne prenne fin », a déclaré le porte-parole de Sea-Watch, Ruben Neugebauer. « En même temps, c’est un mauvais jour pour l’Europe car les droits humains ont une fois de plus été subordonnés à des négociations au sein de l’UE. Encore un jour amer », a-t-il ajouté.

      Depuis des mois, diplomates européens et humanitaires réclament un mécanisme permanent de répartition des migrants secourus en mer pour leur épargner les interminables discussions au cas par cas.

      Mais les cas pourraient devenir de plus en plus rares avec le blocage progressif des navires humanitaires privés, comme l’Aquarius de SOS Méditerranée et Médecins sans frontières (MSF) ou l’Open Arms de l’ONG espagnole Proactiva Open Arms.

      Le choix d’envoyer à Catane le Sea-Watch 3, affrété par l’ONG allemande Sea-Watch et battant pavillon néerlandais, semble répondre au souhait formulé par M. Salvini de voir la justice enquêter sur les activités de l’équipage.

      Le gouvernement italien lui reproche de ne pas avoir laissé les garde-côtes libyens se charger des migrants, puis de s’être précipité vers l’Italie plutôt que de chercher refuge sur la côte tunisienne, qui était beaucoup plus proche. Mais l’ONG assure n’avoir jamais reçu de réponse de Tripoli ni de Tunis.

      Le procureur de Syracuse, Fabio Scavone, a estimé lundi que le commandant du Sea-Watch n’avait « commis aucun délit » et avait seulement « sauvé les migrants et choisi la route qui semblait la plus sûre sur le moment ».

      Mais à Catane, le procureur Carmelo Zuccaro s’est montré particulièrement incisif contre les ONG depuis deux ans. En mars 2018, il avait obtenu le placement sous séquestre de l’Open Arms dans le cadre d’une enquête pour aide à l’immigration clandestine contre les responsables du bateau qui avaient refusé de remettre des migrants secourus aux garde-côtes libyens.

      La source au ministère de l’Intérieur a expliqué que Catane avait été choisie parce qu’elle compte des centres pour l’accueil des 13 adolescents du groupe. Les migrants majeurs seront conduits dans un centre d’identification et de premier accueil à Messine, également en Sicile.

      « Mission accomplie ! », s’est réjoui M. Salvini mercredi. « Encore une fois (...), l’Europe a été contrainte à intervenir et à prendre ses responsabilités ».

      https://www.france24.com/fr/20190130-migrants-sea-watch-italie-catane-salvini-accord-europeen

    • No more civilian rescue boats off Libyan coast

      The civilian rescue vessel Sea Watch 3, which was detained in Italy on Friday, is the latest of such boats to stop operations in the central Mediterranean. Now, only the Libyan Coast Guard is able to save migrants risking their lives at sea in an attempt to reach Europe from North Africa.

      The main non-government organizations rescuing migrants off the coast of Libya stopped their efforts in mid-2017, mainly because of increased threats from the Libyan Coast Guard. The news agency AFP compiled this update on migrant rescue organizations and their activities:

      The Maltese aid group MOAS, which was the first to carry out migrant rescue operations in 2014 and had deployed two vessels, transferred its activities to helping the Rohingya in Bangladesh in September 2017.

      At about the same time, Doctors Without Borders (MSF) ended its operations with the Vos Prudence, the biggest private boat deployed off Libya with a record 1,500 people rescued at the same time.

      Save the Children ended its search and rescue operations with the Vos Hestia in October 2017.

      In August 2017, Italian authorities impounded the Juventa, operated by small German aid group Jugend Rettet, after it was accused of helping Libyan human traffickers. Jugend Rettet has denied the charge.

      The Lifeline rescue vessel, operated by a German aid group of the same name, was impounded on arrival in Valletta, Malta, in June 2018, for alleged registration issues.

      The aid groups SOS Mediterranee and MSF stopped search and rescue operations with the Aquarius in December 2018 after it was stuck in a French port for two months following the revocation of its registration.

      In January 2019, Spanish authorities refused to allow the Open Arms ship to leave Barcelona harbor. In early 2018 the boat, operated by the Spanish NGO Proactiva Open Arms, was impounded for a month by Italy. It was then forced to take rescued migrants to Spain several times after Malta and Italy refused to allow them to disembark.

      The Sea Eye charity from Germany had several vessels impounded during 2018 but deployed another ship, the Professor Albrecht Penck, in December, rescuing 12 migrants. The boat is currently in Majorca and plans to set sail again in around two weeks, according to AFP.

      SOS Mediterranee has said it is looking for another boat and flag so it can continue search and rescue operations.

      In Italy a collective of associations launched the Mediterranea, flying an Italian flag, mainly to witness the situation for migrants off Libya.

      There are also two light aircraft which overfly the Mediterranean trying to identify and locate boats in trouble: the Colibri operated by French aid group Pilotes Volontaires, and the Moonbird operated by Sea Watch.


      http://www.infomigrants.net/en/post/14966/no-more-civilian-rescue-boats-off-libyan-coast
      #the_end

    • Sea Watch 3 still held in Catania, despite rescue vessel vacuum in the Mediterranean

      The crew of the migrant rescue vessel Sea Watch 3 are ready to continue life saving operations in the central Mediterranean but the vessel remains without permission to leave from Catania harbour, the NGO said yesterday.

      With NGO vessels being barred from leaving ports and coast guard and navy ships withdrawn from the area, it is not known how many attempted crossings there have been over the past week.

      The Sea-Watch 3 vessel remains unable to leave Catania under orders of the port authority and is barred from performing essential search and rescue activities in the Central Mediterranean Sea.

      The vessel was recently caught up in another migrant stand-off between Malta and Sicily and was eventually allowed to disembark the migrants it had rescued in Catania.

      However, the vessel has not been allowed to leave, in what is reminiscent of the time it spent impounded in Malta during the summer of 2018.

      Earlier this year, the vessel, along with another ship operated by the Sea-Eye NGO, was left stranded off the coast of Malta for over two weeks.

      The rescued migrants were eventually disembarked in Malta after an agreement was reached between several member states. The vessels were then ordered to leave Maltese waters, with permission for a crew change reportedly denied.

      Maltese national Danny Mainwaring is among the crew members currently stuck on the Sea Watch in the port of Catania.

      In comments to The Malta Independent, Sea Watch said: “The Public Prosecutor’s Office of Catania stated that Sea-Watch and the crew of its last mission have committed no criminal offence and that all their actions in the rescue of 19 January were justified, as the vessel and her crew saved the lives of 47 people whose boat was bound to sink.

      “That mission culminated in a stand-off that saw vulnerable people stranded at sea on the coast of Syracuse as European leaders failed to provide a port of safety in a timely manner. Despite the public acknowledgement that Sea-Watch conducted itself within the law, the vessel remains barred from departing on technical grounds and awaits a visit from the Dutch flag state requested by the Italian Coast Guard.

      “The Sea-Watch 3 passed a flag state inspection in the summer of 2018, which also confirmed its correct registration. We find ourselves in a scenario reminiscent to that which unfolded in Malta that same summer, when the vessel was kept from leaving port for over four months while a record number of people drowned at sea.

      “EU governments have unanimously adopted a policy of attempting to criminalize sea rescue NGOs and instead finance, train and provide logistical support to the so-called Libyan Coast Guard.

      “Despite the fact that Libya remains in a state of civil war and migrants and refugees face well documented human rights abuses in its detention facilities, the EU is outsourcing a policy of forced return to the so-called Libyan Coast Guard in violation of the principle of non-refoulement.

      “This principle, enshrined in international law, prohibits governments from returning asylum seekers to a country in which they face a well-founded fear of persecution, and inhumane and degrading treatment.

      “With many national coast guard and navy assets withdrawn from the Central Mediterranean and no NGO vessels currently at sea, it is not known how many attempted crossings there have been over the past week. With absolute numbers of crossings declining but the death rate rising, one can only conclude that Europe has strayed from the spirit of cooperation and respect for human rights that it was founded on; the same spirit that breathed life into Operation Sophia when mass drownings alarmed the continent and the world in May 2015.

      “The Sea-Watch 3 and her crew are ready to sail and perform the essential life saving duties for which the organisation has been lauded across the world.

      “European governments must meet their responsibilities towards those in distress both at sea and on land. Rather than criminalize rescue NGOs, who are upholding this responsibility in Europe’s stead, governments must seek sustainable solutions while cooperating with NGOs and opening their ports to people rescued at sea.”


      http://www.independent.com.mt/articles/2019-02-11/local-news/Sea-Watch-3-still-held-in-Catania-despite-rescue-vessel-vacuum-in-th

    • When commercial ships tell migrants rescued at sea they are going to bring them to Europe

      Some commercial ships that have rescued people in danger have lied about their destination, according to a telephone hotline that helps migrants lost at sea. Alarm Phone says the crews of several ships led migrants to believe they would be dropped off in Europe, but instead returned them to Libya.

      https://www.infomigrants.net/en/post/15194/when-commercial-ships-tell-migrants-rescued-at-sea-they-are-going-to-b

    • When rescue is capture: kidnapping and dividing migrants in the Mediterranean

      EU member states are holding migrants hostage while playing pass the parcel with their fates. It’s a strategy that is as cruel as it is deliberate.

      The Italian minister of the interior, Matteo Salvini, is currently under investigation for abuse of power and the kidnapping of 177 migrants. These migrants were, on Salvini’s orders, confined to the coast guard vessel Diciotti for more than one week in late August last year. While this case received international media attention, it was not an isolated event. Over the last several years Italian ministers and politicians have repeatedly violated international and domestic law as they have sought to prevent individuals from migrating over the Mediterranean Sea. The disembarkation of rescued migrants has been denied or delayed many times. On a few occasions, Italy has arbitrarily closed its ports entirely.

      While the closure of ports and the kidnapping of migrants triggered a strong reaction from some citizens and municipalities, many seemingly do not care. They do not care about the kidnapping of people by the state, nor about an interior minister who violates the law. They just do not want the migrants to land in Italy. Yet, far from being an exclusive Italian affair, the above mentioned legal and political controversies are part of a European battle, in which member states compete to not take care of a few dozen people on a boat seeking asylum. In fact, the recurrent strategy of taking migrants hostage is a sign of how deep Europe’s crisis has become.

      Kidnapping migrants is a strategy designed to deter and exhaust migrants while putting pressure on other member states.
      Migrants as hostages of European politics

      31 January 2019: after being held on a ship of the NGO Sea Watch for 13 days by the Italian authorities, the 47 migrants who were rescued in central Mediterranean were finally authorised to disembark in Sicily, or to put it better they had been liberated. During the period of their captivity the Italian government had argued that the Netherlands should receive them, due to the Dutch flag on the Sea Watch vessel. The Dutch authorities refused to do so. The standoff resulted in a meeting at the European Commission in Brussels to discuss how to deal with the 47 migrants nobody wanted to take. After days of negotiations, the Vatican offered to host the minors while eight member states (France, Germany, Romania, Malta, Portugal, Spain, Luxembourg and Italy) agreed to take a few migrants each. Meanwhile, the NGO Sea Watch was defending itself against a cynical smear campaign in which the Italian government accused it of “putting migrants’ lives at risk”.

      This case is only the latest in a series of episodes that took place in central Mediterranean. The kidnapping of migrants has been repeatedly enacted by the Italian government and by Malta over the last year. It’s a strategy designed to deter and exhaust migrants, on the one hand, and to put pressure on the EU and on other member states, on the other. It is worth highlighting the continuity of this tactic. Among other episodes, in July 2018 the coast guard vessel Diciotti was prevented from disembarking rescued migrants in the port of Catania until the Italian president at the time successfully intervened. One month later, the Diciotti was again blocked for more than one week, this time with 177 migrants on board. In both these cases the rescue vessel was Italian. In more recent episodes the vessels have belonged to NGOs registered to other member states. In the closing days of 2018, 49 migrants had to wait 19 days after being rescued by the Sea Eye and Sea Watch vessels. They were finally disembarked in Malta on 9 January, and then relocated to other EU countries.

      The strategy of migrant kidnapping on the northern shore of the Mediterranean is part of a broader politics of migration containment. Together with the protracted detention of migrants on rescue vessels, the Libyan Coast Guard intercepts and rescues migrants in distress and takes them back to detention centres in Libya as a result of the 2017 Italy-Libya Memorandum of Understanding. International organisations like UNHCR and the IOM are involved in their containment in Libya once they arrive. In both cases – the confinement of migrants on rescue ships and the return of migrants to Libya – rescue at sea turns out to be a mode of capture.

      We might have been pulled out of the sea, the argument goes, but we are no less human and we are not to be bartered and haggled over.
      The European battle over numbers

      The migrants at the centre of these intra-European diplomatic battles are actually very few in number. Meetings, internal political crises, and struggles between states and non-state actors have resulted from a few dozen migrants seeking entry into Europe despite already being within European territory; confined to their rescue ships either in or just off European harbours for no other reason than member states’ refusal to take them. It is noticeable that the dispute among European countries was also predicated on migrants’ vulnerability: some member states have declared that they would welcome women and minors only. In this way, the right to protection and to mobility appear as a sort of “privilege” of those deemed to be the most vulnerable.

      The “fear of the small numbers”, as the anthropologist Ariun Appadurai calls it, has rarely been so evident. With just a few dozen migrants at issue, Salvini is by no means staving off a ‘crisis’ of quantity. Yet that is what makes recent events so troubling. They show that public sentiment does not soften when the counterargument focuses on how small the numbers are, as it has done so far. Both citizens’ active consensus and passive acceptance of migration containment has proved immoveable. The European front against migrants ultimately remains solid.

      At the same time, the anti-migrant front does not monopolise the field. Thousands of citizens mobilised across Europe and in Italy to demand the liberation of the detained migrants. Their solidaric reaction was not primarily driven by the fact that there were only a ‘few’ migrants to host, but by a conviction that those kidnapped – like with any other kidnapping – must be unconditionally released. As such, during the protests that haven taken place we have seen many more banners with the words “let them disembark!” than with more Italy-centric slogans like “not in my name”. In short, it’s not about Italy, it’s about the people on the ship.

      That central point is further enshrined in the “We are not fish” campaign, launched in Rome on 28 January 2019. We might have been pulled out of the sea, the argument goes, but we are no less human and we are not to be bartered and haggled over. The “We are not fish” campaign demands that Italian harbours remain open and that migrants are allowed to disembark. It opposes the fundamental inequality of lives that sustain the politics of migration, which is premised on the suggestion that migrants are not truly humans.

      The widespread citizen reaction against migrants’ seizure at sea and against deaths in the Mediterranean constitutes not only a fundamental ethical response, but also potentially a catalyst for actively refusing the leave-to-die politics playing out in the Mediterranean. Indeed, the ongoing civic mobilisation should be seized as an opportunity for moving beyond the horizon of a politics of rescue and the current debate that pivots around the question, should we rescue or not rescue the migrants?

      Indeed, a left-wing discourse on migration would require fighting the politics of migration containment as a whole, including the most recent bilateral agreement between Italy and Libya that the previous government led by the Democratic Party signed. It would also require challenging the racialisation and inequalities of lives enforced by the global visa regime, which forces many people across the world to become shipwrecked lives to be rescued. Neither the trial of Salvini nor the acceptance of the terms of the current debate centred around leave-to-die politics will liberate migrants from being held hostage to European politics. “We are not fish”. This motto is circulating widely. It posits the existence of a ‘we’, a common ground, between migrants and European citizens that refuses the reproduction of the asymmetries between ‘rescuers’ and ‘rescued’.

      https://www.opendemocracy.net/beyondslavery/martina-tazzioli/when-rescue-is-capture-kidnapping-and-dividing-migrants-in-mediterran

    • Un seul navire humanitaire est actuellement présent au large de la Libye

      Près de 17 000 personnes sont mortes en mer Méditerranée ces quatre dernières années. Pour tenter d’enrayer la tragédie, des navires humanitaires se sont relayés dans la zone de détresse, au large des côtes libyennes pour les secourir. Mais actuellement, un seul patrouille dans cette zone.

      Actuellement, seul le bateau Aylan Kurdi (anciennement appelé Professor Albrecht Penck) est actuellement au large de la Libye. Il appartient à l’ONG allemande Sea Eye.

      Où sont les autres bateaux d’ONG ? InfoMigrants fait le point.

      Les navires humanitaires qui sont bloqués dans des ports européens :

      – Le Sea-Watch 3 de l’ONG Sea Watch est en escale dans le port de Marseille pour un problème administratif relatif à son pavillon néerlandais (et effectuer sa maintenance). Il devrait repartir en mer mi-mars.

      – Depuis un débarquement en juin 2018 à Malte, le Lifeline de l’ONG allemande eponyme est bloqué au port de La Valette, à Malte, où les autorités contestent sa situation administrative.

      – Depuis le mois de janvier 2019, l’Open Arms de l’ONG espagnole Proactiva Open Arms est bloqué à Barcelone par les autorités espagnoles. Au printemps 2018, ce navire avait été placé un mois sous séquestre en Italie avant d’être autorisé à repartir.

      – Début août 2017, la justice italienne a saisi le Juventa de l’ONG allemande Jugend Rettet, accusée de complicité avec les passeurs libyens mais qui clame depuis son innocence.

      Les ONG qui résistent :

      –Dans les airs, les petits avions Colibri de l’ONG française Pilotes volontaires et Moonbird de Sea-Watch mènent régulièrement des patrouilles pour tenter de repérer les embarcations en difficulté.

      –L’Astral, le voilier de l’ONG Open Arms, est actuellement à Barcelone.

      –En Italie, un collectif d’associations a lancé le Mare Jonio, un navire battant pavillon italien qui entend avant tout témoigner de la situation en mer. Il est actuellement à Palerme.

      Les navires humanitaires qui ont renoncé :

      Des ONG engagées au large des côtes libyennes ont suspendu leurs activités, face à la chute des départs de Libye et face à une intensification des menaces des garde-côtes libyens, qui considèrent les ONG comme complices des passeurs.

      – Suite aux pressions politiques, privé de pavillon, l’Aquarius de l’ONG SOS Méditerranée – qui a secouru près de 20 000 personnes en deux ans et demi - a mis fin à ses missions en décembre 2018. L’ONG espère toutefois trouver un nouveau bateau pour repartir rapidement en mer au printemps 2019.

      – Médecins sans frontières (MSF) a mis fin au même moment aux activités du Vos Prudence, le plus gros navire humanitaire privé actif au large de la Libye avec un record de de 1 500 personnes secourues en même temps.

      – Save the Children a également mis fin aux activités de sauvetage du navire Vos Hestia.

      – L’ONG maltaise Moas, la première à s’engager dans les opérations de secours en 2014 et qui a compté jusqu’à deux navires dans la zone, a transféré ses activités auprès des Rohingyas au Bangladesh.

      https://www.infomigrants.net/fr/post/15426/un-seul-navire-humanitaire-est-actuellement-present-au-large-de-la-lib

    • Sea Watch segreto di Stato. Viminale e Infrastrutture: no accesso agli atti

      Non è possibile sapere da chi e come fu bloccata la nave. Ed è giallo anche sull’omesso sbarco dei minori. Cortocircuito tra Prefettura, Comune e Tribunale di minori

      Nel Paese dei misteri irrisolti anche la sorte dei migranti rischia di diventare un “segreto di Stato”. Non sarà infatti possibile sapere chi, nello scorso gennaio, ha dato l’ordine di bloccare a Siracusa la nave umanitaria Sea Watch, né chi e perché ha impedito lo sbarco immediato dei 15 minorenni, dirottando poi il vascello verso il porto di Catania.

      La conferma dello stato di riservatezza degli atti arriva dal Viminale, che ha respinto la richiesta di divulgazione dei documenti depositati presso il ministero delle Infrastrutture. Intorno al caso, dopo che Avvenire aveva documentato la smentita del ministero che esclude sia mai stato dato l’ordine di «porti chiusi», è stato eretto un muro di gomma. Nei giorni scorsi il Viminale aveva assicurato che da Salvini, contrariamente alle reiterate dichiarazioni pubbliche, non era mai partito alcun ordine di stop alle navi umanitarie né alcun «divieto di sbarco».

      Non restava che interpellare il dicastero guidato da Danilo Toninelli, competente per la Guardia costiera e i porti. Ma la nuova richiesta di accesso ai documenti è stata respinta. Motivo? «La tipologia di atti richiesti non è soggetta a pubblicazione obbligatoria». Così il capo di gabinetto del ministro Salvini ha risposto all’istanza «indirizzata – viene precisato nella risposta – anche al ministero delle Infrastrutture», a cui era stata originariamente rivolta. Nella missiva, che reca la data del 26 febbraio, viene escluso per il caso Sea Watch l’obbligo di divulgazione delle informazioni.

      Secondo la legge richiamata nello scambio di documenti tra l’avvocato Alessandra Ballerini, che aveva chiesto trasparenza per contro di Adif (Associazione Diritti e Frontiere), e il prefetto a capo del gabinetto del ministro, viene invocata la norma che giustifica il rifiuto alla conoscibilità per «la sicurezza pubblica e l’ordine pubblico; la sicurezza nazionale; la difesa e le questioni militari; le relazioni internazionali; la politica e la stabilità finanziaria ed economica dello Stato; la conduzione di indagini sui reati e il loro perseguimento; il regolare svolgimento di attività ispettive». In quale di queste categorie rientri il caso della Sea Watch e dei minorenni bloccati a bordo per 13 giorni non è dato da sapere.

      Indirettamente, però, una cosa il Viminale la conferma. Se nei giorni scorsi era stata negata l’esistenza di deliberazioni riconducibili al ministro Matteo Salvini, adesso viene implicitamente riconosciuto che le decisioni furono prese formalmente dal ministero delle Infrastrutture. Una circostanza che di fatto esenta Salvini, che aveva dato “indicazioni politiche”, da responsabilità che eventualmente ricadrebbero su Toninelli.

      La gestione dei 15 minori non accompagnati e l’omissione dello sbarco immediato (come previsto dalle norme per i minorenni non accompagnati) potrebbe avere seguiti giudiziari. Da uno scambio di comunicazioni tra la prefettura di Siracusa, il Tribunale dei minori di Catania e il Comune di Siracusa risulta, infatti, che la scelta di trasferire la nave al porto di Catania, dopo giorni alla fonda davanti al “Porto rifugio” siracusano, sarebbe stata assunta dal Comando generale delle Capitanerie di porto, che dipende dal ministero delle Infrastrutture. Disposizione necessaria «in ragione della presenza di minori a bordo».

      A scriverlo è proprio la prefettura aretusea in una nota trasmessa il 31 gennaio (giorno dello sbarco) al Tribunale per i minorenni di Catania. Eppure ventiquattr’ore prima lo stesso tribunale aveva inviato i decreti di affido dei 15 minori ai Servizi sociali del Comune di Siracusa, che immediatamente aveva individuato e messo a disposizione 4 strutture del circondario. Invece, nessuno viene fatto sbarcare e in serata la Sea Watch, dopo una settimana di attesa in Sicilia, riceve l’ordine di procedere verso Catania. Una decisione, come sostiene il prefetto Luigi Pizzi in uno dei documenti ottenuti da Avvenire, dovuta alla mancanza di strutture di prima accoglienza idonee. Una carenza che però non risulta, vista la disponibilità certificata dal Comune e che sorprende anche il Tribunale che proprio dall’ente locale aveva ricevuto l’elenco dei centri di accoglienza.

      «Non c’era nessun bisogno che intervenisse il tribunale per far sbarcare i minori. La legge è chiara: andavano fatti sbarcare subito», dice Sandra Zampa, ex parlamentare del Pd e autrice della legge sui minori non accompagnati votata nella precedente legislatura con il sostegno del M5s. L’intervento del tribunale dei minorenni ha confermato l’efficacia delle norme, «interrompendo – spiega Zampa – l’omissione che si stava compiendo».

      https://www.avvenire.it/attualita/pagine/sea-watch-segreto-di-stato

    • Sea Watch, inchieste sugli atti «top secret». Si muovono le procure

      Dopo che il Viminale si è rifiutato di rendere pubblici gli ordini, i pm accendono un faro. Il sindaco di Siracusa: «Anomalie, abbiamo le prove. Fare chiarezza». E accusa: «Ci furono ordini politici»

      Il caso Sea Watch, con lo stallo davanti al porto di Siracusa e poi il trasferimento nello scalo di Catania, avrà seguiti giudiziari. Sono almeno due le procure che stanno esaminando i fatti riguardanti l’omesso sbarco immediato dei 15 minorenni e le modalità con cui le autorità politiche hanno eretto un muro intorno alla catena di comando. Una barriera contro cui è disposta a fare breccia la giunta di Siracusa, che si dichiara pronta ad andare davanti ai magistrati per riferire tutte le anomalie registrate a fine gennaio.
      Le inchieste, a quanto trapela, riguardano non solo Sea Watch, ma anche altri sbarchi con le navi umanitarie costrette al largo per giorni prima di poter mettere al sicuro, sulla terraferma, i naufraghi scampati ai lager libici e alle tempeste. Vari esposti erano da tempo sui tavoli della procura di Roma e di alcune procure siciliane, che hanno acquisito quanto rivelato da «Avvenire» giovedì scorso. A cominciare dalla massima riservatezza apposta dal ministero dell’Interno sugli atti relativi alla Sea Watch, mentre il dicastero guidato da Danilo Toninelli ha lasciato trascorrere i 30 giorni previsti dalle norme per rispondere alle richieste di accesso civico agli atti presentata dall’Associazione Diritti e frontiere. Uniche spiegazioni sono arrivate dal Viminale con due risposte in apparente contraddizione. La prima, firmata dal Dipartimento Immigrazione, escludeva che fosse mai stato dato l’ordine di porti chiusi e divieto di sbarco. La seconda, siglata dal capo di gabinetto del ministro, precisava che «la tipologia di atti richiesti non è soggetta a pubblicazione obbligatoria». Da qualche parte, dunque, ci sono documenti che non si vuole rendere noti. Perché?
      Quanto all’ipotetico cavillo usato per trasferire la Sea Watch copn i suoi 47 naufraghi improvvisamente da Siracusa a Catania, emerge un dettaglio da un documento della prefettura di Siracusa, che come è noto risponde al Viminale. La lettera, visionata da “Avvenire”, è del 31 gennaio 2019, giorno in cui la nave ricevette l’ordine di lasciare le acque antistanti il “Porto Rifugio” di Siracusa per recarsi, scortata da Guardia costiera e Guardia di finanza, verso Catania. La missiva, indirizzata al presidente e al procuratore del Tribunale dei minorenni, rivela che la nave è stata dirottata «proprio in ragione della presenza di minori a bordo che in quella sede saranno immediatamente accolti in idonee strutture. Diversamente da quanto sarebbe avvenuto in questa provincia, ove non si dispone di centri destinati ai minori in argomento». Sarebbe questo, dunque, uno dei grimaldelli adottati per sottrarre la Sea Watch alla procura di Siracusa - che aveva escluso irregolarità commesse in mare dall’equipaggio - consegnando la nave umanitaria alla procura di Catania, mai stata tenera con le Ong. Il procuratore Zuccaro (Catania) ha però dato ragione alle indagini del collega Scavone (Siracusa) non ravvisando comportamenti illeciti dell’equipaggio.

      I fatti emersi in questi giorni hanno provocato la reazione del Comune di Siracusa, accusato di non avere a disposizione luoghi di accoglienza per minori non accompagnati. «Bisognerà far chiarezza su come si sono svolti i fatti», afferma Alessandra Furnari, assessore alle Pari opportunità sociali. Su richiesta del Tribunale dei minorenni erano invece state individuate strutture adeguate presenti nel comprensorio. «Sul trasferimento dei minori a Catania – prosegue l’assessore Furnari - non abbiamo mai avuto notizie ufficiali, ma solo colloqui telefonici con la prefettura». Scambi verbali senza che mai «la prefettura – insiste l’assessore - desse riscontro per iscritto». Una costante durante quei giorni ad alta tensione. «Ciò che ha caratterizzato tutta la vicenda - osserva il sindaco di Siracusa, Francesco Italia – è stata proprio l’assenza di risposte formali». Come se si avesse il timore di lasciare tracce. «In tutti gli sbarchi avvenuti a Siracusa precedentemente – ricorda Italia – i minori sono sempre stati accolti nelle strutture di II livello (le stesse predisposte per la Sea Watch, in linea con l’ordine del tribunale), senza che ciò creasse alcun problema». Per il primo cittadino c’è una sola spiegazione: «Si è trattato di decisioni di tipo politico».
      Ora a Siracusa attendono solo una convocazione da parte dei magistrati inquirenti. «Non abbiamo alcun problema a raccontare quello che è successo», ribadisce l’assessore Alessandra Furnari. E a differenza del muro di gomma eretto nei ministeri, le accuse della giunta possono essere «documentalmente provate, perché molti rapporti con il tribunale e con la prefettura, almeno da parte nostra, sono avvenuti per iscritto».

      https://www.avvenire.it/attualita/pagine/sea-watch-inchiesta-su-atti-top-secret

    • Migrants on hunger strike in Malta after stuck for 2 months

      Many of the 49 people rescued in December by the #Sea_Watch and #Sea_Eye ships are engaged in a hunger strike, the platform Mediterranea Saving Humans reports. The migrants have been in a Malta center for two months and are protesting “against the de facto detention that they are illegally subjected to.”

      https://www.infomigrants.net/en/post/15616/migrants-on-hunger-strike-in-malta-after-stuck-for-2-months
      #Malte #grève_de_la_faim #attente #limbe #détention #Marsa

    • Migranti, la nave ong Alan Kurdi diretta a Malta. Esposto di Mediterranea contro il governo

      Dopo il rifiuto delle madri con figli di sbarcare a Lampedusa senza i loro mariti. La Procura di Agrigento dovrà aprire un fascicolo sulla mancata autorizzazione a entrare in acque italiane e la non assegnazione di un porto sicuro. E il capitano De Falco andrà sulla nave che partirà verso la Libia per soccorrere naufraghi

      https://www.repubblica.it/cronaca/2019/04/06/news/migranti-223409223

    • Italy’s prime minister and Matteo Salvini under investigation over detention of migrants

      Far-right politician Matteo Salvini and Italy’s prime minister Giuseppe Conte have been placed under investigation over the detention of 47 migrants.

      Mr Salvini said he was once again under investigation for alleged false imprisonment on Monday after a dispute earlier this year over whether the interior minister and Lega Nord party leader should be tried over the detention of 177 asylum seekers last August.

      The current case concerns the decision to prevent migrants from leaving a Sea-Watch ship, which rescued them off the coast of Libya on 19 January.

      Deputy prime minister Luigi Di Maio and infrastructure minister Danilo Toninelli, also face charges with Mr Salvini and Mr Conte.

      The 47 migrants were forced to wait off the coast of Sicily for more than a week after the ship was denied the right to dock in Palermo, inspiring an emergency appeal to the European Court of Human Rights and criticism from the United Nations.

      The Sea-Watch ship was only allowed to dock after other European countries agreed to accept the migrants.

      In March, senators stopped a criminal case against Mr Salvini for blocking a rescue ship in August 2018 after an Italian court ruled that he should be tried.

      Mr Salvini has repeatedly berated rescue ships and accused charitable organisations of aiding and abetting illegal immigration.

      “I am under investigation again, but as long as I am the interior minister, the government colleagues can say what they want, the Italian ports remain closed,” he said, maintaining his hardline stance on immigration.

      “Another 18 criminal proceedings can be opened, I don’t change my mind."

      Before the senate vote on Mr Salvini’s case in March, Mr Conte and Mr Di Maio, who leads the Five Star Movement (M5S), formally defended the minister.

      “If Salvini is responsible for the seizure [of the boat] then the whole government is responsible,” they said in a statement.

      Giorgia Linardi, a spokesperson for Sea-Watch in Italy, said the organisation had worked within the law and the boat was unjustly detained.

      “The detention on board for propaganda purposes cannot once again be unjustified, because it is protected be politics,” she said.

      “People fleeing Libya must be rescued and protected, not exploited.”

      The court will reportedly have three months to decide whether the four politicians should face trial.

      If the court decides to bring charges, the senate will vote on whether their parliamentary immunity should be removed.

      https://www.independent.co.uk/news/world/europe/matteo-salvini-italy-prime-minister-conte-migrants-detention-a8872301

  • Arrestato il sindaco di Riace #Domenico_Lucano per favoreggiamento dell’immigrazione

    Il primo cittadino Domenico Lucano è agli arresti domiciliari. L’accusa anche di fraudolento affidamento diretto del servizio di raccolta dei rifiuti.

    #Mimmo_Lucano, sindaco di Riace, simbolo dell’accoglienza e dell’integrazione,è stato arrestato e posto ai domiciliari, su provvedimento della procura di Locri. L’accusa per l’uomo che la rivista Fortune, nel 2016, aveva inserito tra le 50 personalità più influenti al mondo, è favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e fraudolento affidamento diretto del servizio di raccolta dei rifiuti. I finanzieri del Gruppo di Locri hanno anche imposto il divieto di dimora a Riace per Tesfahun Lemlem compagna di Lucano. L’inchiesta denominata «Xenia» avrebbe accertato una serie di illeciti nella gestione dei finanziamenti erogati dal Ministero dell’Interno e dalla Prefettura di Reggio Calabria al Comune di Riace per l’accoglienza dei rifugiati e dei richiedenti asilo politico.

    https://www.corriere.it/cronache/18_ottobre_02/favoreggiamento-dell-immigrazione-arrestato-sindaco-riace-76957bc8-c604-11e

    Je n’y crois pas!

    #Riace #Italie #solidarité #asile #migrations #réfugiés #délit_de_solidarité #assignation_à_résidence

    • Pro-refugee Italian mayor arrested for ’aiding illegal migration’

      Domenico Lucano, mayor of Riace, is praised by locals and migrant rights campaigners.

      The mayor of an Italian town that has won praise and TV publicity for integrating thousands of refugees has been placed under house arrest on suspicion of abetting illegal migration.

      Riace mayor Domenico Lucano – hailed in 2016 by Fortune magazine as one of the world’s 50 greatest leaders – is also accused of fraudulently awarding contracts for waste disposal as well as organising “marriages of convenience” between local men and foreign women.

      His partner, Tesfahun Lemlem, faces the same charges and has had her residency blocked.

      The investigation against Lucano began more than a year ago, although more serious allegations of embezzlement and fraud were dropped.

      His arrest comes a week after Italy’s far-right interior minister, Matteo Salvini, announced a series of anti-immigration measures that included slashing funds for migrant reception and integration.

      It also follows the suspension by the public broadcaster, Rai, of a TV show about Riace, which had been lauded as an exemplary model for integration.

      Salvini shared news of Lucano’s arrest on Twitter, alongside a comment that also made a dig at the anti-mafia author, Roberto Saviano, a staunch critic of his policies. “Damn, who knows what Saviano and all the other do-gooders who want to fill Italy with immigrants will say now,” the far-right League leader wrote.

      The Guardian was unable to reach Lucano for comment. His migrant integration project began more than a decade ago as a way to repopulate and revive the economy of the Calabrian town whose population by 2004 had dwindled to 500 from about 3,000 before the second world war.

      Thousands of migrants are estimated to have passed through since then, with about 500 making up today’s population of 1,500.

      Gioacchino Criaco, a writer from Calabria who knows Lucano well, said he foresaw the mayor’s arrest even before the investigation began. “He showed how it was possible to do concrete things with limited means,” Criaco said.

      “Efficiency and humanity are not welcomed in a cynical system. This is a system that only takes consensus from politics of fear. In this respect, examples of virtuousness must be eradicated.”

      Criaco said Lucano was an honest man but that the “rules on the reception and management of migrants are too tangled, and often administrators can find themselves caught in a dilemma between a humanitarian choice and a legal one”.

      Salvini has cracked down on immigration since becoming interior minister in June, closing off the sea ports and pledging to “end the gravy train” for those working in the migrant reception business.

      Lucano received a show of support on his Facebook page, with Riace locals calling on each other to rally together in solidarity.

      Sergio Bontempelli, a migrant rights campaigner with the Association of Rights and Borders, said that Riace had become too well known as an example of good integration and had been under attack for years. He said other integration projects undertaken by hundreds of people in other Italian towns were now at risk.

      https://www.theguardian.com/world/2018/oct/02/pro-refugee-italian-mayor-arrested-suspicion-aiding-illegal-migration-d

      #IoStoConRiace #RiaceNonSiArresta

    • Un maire trop généreux envers les migrants arrêté

      L’arrestation du maire de Riace, dont le modèle d’intégration des migrants est salué de par le monde, provoque un coup de tonnerre en l’Italie.
      Le maire de Riace, présenté comme un modèle d’intégration des migrants dans le sud de l’Italie, a été arrêté mardi, au moment où le gouvernement populiste remet en question le système d’accueil dans des petites structures qui profite à nombre de communes.

      Domenico (dit Mimmo) Lucano, 60 ans, est soupçonné d’aide à l’immigration clandestine pour avoir favorisé des mariages de convenance afin d’aider des femmes déboutées du droit d’asile à rester en Italie.

      Maire depuis 2004, proche de la gauche, il est aussi accusé de s’être passé d’appel d’offres pour attribuer la gestion des ordures de son village de Calabre de 1800 habitants à des coopératives liées aux migrants.

      Le communiqué du parquet cite des conversations téléphoniques de M. Lucano où il promet de faire une carte d’identité à une personne dont le permis de séjour n’est plus valable, expliquant que la loi qui l’interdit est « stupide », et dans un autre cas de marier les yeux fermés une Nigériane sans papiers.

      Son arrestation a provoqué un coup de tonnerre en Italie, tant le « modèle » de Riace a été salué à travers le monde : depuis les années 2000, grâce à des fonds italiens et européens, ce village qui se dépeuplait a repris vie grâce à l’accueil de centaines de demandeurs d’asile.

      Ils ont réinvesti les maisons abandonnées, rouvert les ateliers d’artisanat local, permettant d’attirer des touristes et de maintenir l’école ouverte... M. Lucano a été cité parmi les 100 personnalités les plus influentes par le magazine « Fortune » en 2016 et a inspiré un docu-fiction de Wim Wenders. Même si son projet battait de l’aile depuis quelques mois faute de fonds publics bloqués par les autorités. Toute la journée, le hashtag #Riace a été en tête des thèmes les plus commentés sur les réseaux sociaux. Et militants et syndicats ont appelé à une manifestation samedi dans le village sous le slogan « On n’arrête pas Riace ».

      L’écrivain antimafia Roberto Saviano, qui avait lancé cet été un appel pour défendre le « modèle Riace », a dénoncé « un premier acte vers la transformation définitive de l’Italie en Etat autoritaire ». « Vous paraît-il possible que le problème de la Calabre, terre de trafic de drogue et de corruption criminelle, soit l’immigration ? », a ajouté l’auteur de Gomorra, en soulignant que la justice n’avait relevé aucun enrichissement personnel du maire.

      – « Un système qui fonctionne » -

      « Les villes européennes doivent réagir ! Barcelone avec Riace ! », a lancé Ada Colau, maire de la cité catalane, qui était cet été à Riace. Mais le ministre de l’Intérieur, Matteo Salvini (extrême droite), a dénoncé « les fausses bonnes consciences qui voudraient remplir l’Italie d’immigrés ». Et le blog du Mouvement 5 étoiles (M5S, antisystème) a enfoncé le clou : « Pas un centime pour Riace (...). Le gouvernement du changement a déclaré la guerre au business de l’immigration ».

      Cette arrestation arrive aussi une semaine après la présentation du « décret-loi Salvini », qui prévoit de regrouper les demandeurs d’asile dans des grands centres d’accueil et de limiter les petites structures inspirées de Riace et prônées par l’ancien gouvernement de centre gauche.

      Ces petites unités reçoivent actuellement 35 euros par personne accueillie et par jour, qui reviennent essentiellement à l’économie de la commune via les loyers, les emplois créés, l’argent de poche dépensé sur place... M. Salvini veut limiter la somme à 20 euros par jour et interdire les titres de séjour humanitaires, ce qui devrait faire chuter de 60% le nombre de personnes éligibles à ces programmes d’intégration, au grand dam des maires concernés.

      « Etrangers considérés comme une valeur »

      Ainsi à Montesilvano, station balnéaire de 55 000 habitants sur la côte Adriatique, le maire Francesco Maragno (centre droit) a obtenu l’an dernier la fermeture de deux grands centres d’accueil hébergeant 500 personnes — « deux ghettos où les gens étaient traités comme des numéros » — contre la création de ces petites structures directement gérées par la commune.

      Les demandeurs d’asile ont été engagés dans l’animation d’une plage pour personnes handicapées ou la rénovation des cimetières. « Les citoyens ont commencé à considérer les étrangers non comme un problème mais comme une valeur », salue-t-il. A Prato, près de Florence, le maire Matteo Biffoni (gauche) s’insurge : « On a un système qui fonctionne et on essaie de le faire s’écrouler. »


      https://www.tdg.ch/monde/maire-genereux-migrants-arrete/story/13713687

    • Roberto Saviano:

      Mimmo Lucano è agli arresti domiciliari.
      La motivazione è favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. La verità è che nelle azioni di Mimmo Lucano non c’è mai finalità di lucro, ma disobbedienza civile.
      Disobbedienza civile: questa è l’unica arma che abbiamo per difendere non solo i diritti degli immigrati, ma i diritti di tutti. Perché tutti abbiamo il diritto di vivere una condizione di pace sociale, tutti abbiamo il diritto di vivere senza cercare colpevoli, e se il Ministro della Mala Vita, Matteo Salvini, ha subito individuato in Mimmo Lucano un nemico da abbattere, il Pd non ha mai compreso che se davvero voleva ripartire da qualche parte per ritrovare un barlume di credibilità (ora è troppo tardi), avrebbe dovuto farlo da Riace, da Mimmo Lucano. E invece Mimmo è solo, e la Bossi-Fini è ancora lì a inchiodare, a bloccare chiunque decida di accogliere e di salvare vite. Legge-obbrobrio, frutto del peggiore berlusconismo, ma che nessun governo ha osato cambiare.
      Mimmo Lucano lotta contro una legge iniqua, e lotta da solo. Una legge che vede dalla stessa parte - e silenziosamente coesi - tutti: quelli che io oggi considero i nemici politici della democrazia, ma anche i governi che hanno preceduto questo: tutti a vario titolo responsabili diretti di questi infausti tempi.

      Vi sembra possibile che il problema della Calabria, terra di narcotraffico e corruzione criminale, sia l’immigrazione? Mimmo Lucano è stato arrestato anche per “fraudolento affidamento diretto della raccolta rifiuti” eppure mai si legge negli atti della Procura di Locri che abbia agito per guadagno personale, anzi, si sottolinea il contrario. Mi domando di quanti amministratori si possa dire lo stesso.
      E proprio oggi che il dramma principale dovrebbe essere l’analisi di un Def catastrofico, il problema del Paese deve necessariamente essere l’immigrazione, deve essere Mimmo Lucano, che invece ci stava mostrando la soluzione, ovvero come rendere virtuose accoglienza e integrazione. Il razzismo usato come arma di distrazione di massa.

      Questo governo, attraverso questa inchiesta giudiziaria, da cui Mimmo saprà difendersi in ogni sua parte, compie il primo atto verso la trasformazione definitiva dell’Italia da democrazia a stato autoritario. Con il placet di tutte le forze politiche.

      https://www.facebook.com/RobertoSavianoFanpage/posts/10155905861136864

      –-> «Il razzismo usato come arma di distrazione di massa.»
      #racisme #xénophobie

    • La guerra contro Riace

      C’è un comune noto in tutto il mondo per l’accoglienza diffusa dei migranti tra le case del borgo, un paese destinato a morire rinato con le sue botteghe di nuovo abitate, i consigli comunali in piazza, ma anche con i sentieri attrezzati e le fattorie didattiche al posto delle discariche. Nello stesso territorio, la provincia di Reggio Calabria, terra di passaggio e di mescolanze culturali da sempre e da sempre terra di migrazioni, c’è un altro comune conosciuto invece per la tendopoli allestita dal Ministero dell’Interno con recinzione e pass, una distesa sterminata di vecchie tende e baracche senza servizi igienici, acqua potabile ed elettricità ma con tanto di numero civico: un non-luogo destinato ad “accogliere” migliaia di migranti sfruttati nelle campagne della ‘Ndrangheta, dove lo scorso inverno duecento baracche hanno preso fuoco e una donna, Beckie Moses è morta arsa viva. Il primo comune è Riace, l’altro San Ferdinando. Nella piazzetta di Riace, in cui il sindaco Mimmo Lucano negli ultimi mesi ha incontrato migliaia di persone provenienti da tutta Italia per sostenere la straordinaria storia di accoglienza del borgo, ha spesso ripetuto che “non esiste legalità senza giustizia”. Abbiamo ricevuto questo reportage dalla Calabria qualche giorno fa, lo pubblichiamo nel giorno in cui Mimmo Lucano, definito dal ministro dell’Interno “uno zero”, è stato arrestato per un’inchiesta della procura di Locri.


      https://comune-info.net/2018/10/la-guerra-contro-riace

    • Hier matin à l’aube, ils ont arrêté Mimmo Lucano, maire de Riace

      Hier matin à l’aube, la police italienne a arrêté Mimmo Lucano, maire de Riace, sur ordre du procureur de #Locri (Calabre).

      Domenico Lucano dit Mimmo a été arrêté hier matin sur ordre du procureur de Locri. Il est accusé d’ « aide à l’immigration clandestine ». Depuis deux ans Riace est dans l’œil du cyclone xénophobe qui s’abat sur l’Europe. Son maire et ses habitants n’arrangent pas les affaires de ceux qui entendent accéder ou se maintenir au pouvoir en répandant la peur et le mensonge raciste. D’ailleurs, Matteo Salvini, ministre de l’intérieur d’extrême droite du gouvernement ligue/5 étoiles, multiplie les déclarations belliqueuses à leur encontre. Une obsession qui a vraisemblablement conduit à l’arrestation de Mimmo Lucano, maire de Riace, petit village de Calabre au bord de la mer Ionienne.

      L’histoire contemporaine de Riace commence en 1998 quand un navire de 300 migrants kurdes s’échoue sur ses côtes. Mimmo, qui n’est pas encore maire à l’époque, convainc son prédécesseur d’accueillir les réfugiés. Les habitants du village ont vu partir tant d’enfants sur les routes de l’exile. Ils savent ce qu’émigrer veut dire faute d’un avenir possible sur leur terre natale. Beaucoup regardent la mer avec défiance. Quand rendra-t-elle ce qu’elle a pris ? Le village se meurt même si l’été certains reviennent d’Allemagne, d’Angleterre, des Etats-Unis sur cette terre vaincue d’abord par les prétentions hégémoniques du Nord, ensuite par la mondialisation capitaliste. Alors ce jour de 1998, la mer rendait au village une partie des vies qu’elle lui avait volées.

      Je suis allée à Riace pour la première fois en novembre 2017. Alors que nous approchions du village, j’étais frappée par la lumière vive et chaude à cette époque de l’année qui rendait le bleu de la mer si intense. Le paysage alentours déroulait toutes les nuances de jaune possibles. Le village est divisé en deux. La partie basse, Riace marina, et la partie haute juchée sur un monticule de terre blondie par le soleil. Le centre est là. Nous arrivons à l’heure du déjeuner accompagnés par le secrétaire de Rifondazione comunista pour la Calabre et d’une chercheuse en sociologie qui a fait de Riace un de ses terrains d’études. Sur la route, nous croisons plusieurs panneaux qui annoncent "Riace, village de l’accueil". Nous débarquons sur la place principale devant une grande porte symbolique en fer forgé ; une grande porte, grande ouverte. La place est animée et nous ne pouvons pas ne pas remarquer la présence nombreuse d’hommes et de femmes visiblement d’ailleurs. Des enfants jouent en contre bas. Ils ont toutes les couleurs, toutes les formes de nez, d’yeux, toutes les textures de cheveux possibles. Ils jouent comme tous les enfants. Ils courent comme tous les enfants. Ils crient, en italien, comme tous les enfants qui grandissent ici, en Italie. Sur la place, nous rencontrons un journaliste allemand. Depuis que Wim Wenders a fait un film sur Riace qu’il a qualifié de seule utopie en acte en Europe, le village reçoit un certain intérêt. Le lendemain, j’y ferai la connaissance d’une française de Calais venue voir ce que le discours dominant dissimule en prétendant que c’est impossible : une communauté politique fondée sur le droit à la vie, le droit à l’avenir, pour tous. Mimmo nous attend. Nous le retrouvons dans sa mairie affairé à régler les affaires courantes, chemise bleu à manches courtes, jean et chaussures bateau. C’est son troisième mandat. La première fois les gens l’ont élu en connaissance de cause. C’est lui qui avait convaincu l’ancien maire d’accueillir les 300 naufragés Kurdes. Les deux autres fois aussi. Car l’histoire de son engagement est aussi celui de toute une communauté. Sauf, bien sûr, les collaborateurs de toujours. Une minorité qui se rétracte ou reflue en fonction des intérêts du pouvoir dominant.

      À notre arrivée un vendeur de légumes nous lance en découvrant ses dents cariées d’un large sourire : « notre maire est un homme bien, il veut le bien du village mais certains voudraient le voir cuir dans un chaudron ». Mimmo est inquiet. Le procureur de Calabre l’a mis en examen pour abus de biens sociaux. En Italie, n’importe quelle commune peut donner sa disponibilité à accueillir des migrants auprès du SPRAR, le système national d’accueil des réfugiés. La plupart ne le font qu’à travers des structures d’accueil déléguées à des associations ou gérées plus ou moins honnêtement par des privés. Ces structures reçoivent 35€ par jour et par migrant pendant six mois pour subvenir à leurs besoins élémentaires ; logement et nourriture, en attendant que leur sort soit réglé (quand il l’est) par l’administration. Riace reçoit cet argent. Mais les délais sont longs et ces structures ou collectivités doivent emprunter aux banques en attendant les versements de l’Etat. Une solution que Domenico Lucano a toujours refusée. Pourquoi les banques devraient gagner de l’argent sur l’accueil des réfugiés ? Alors Riace bat sa propre monnaie, garantie par l’argent que l’Etat s’est engagé à donner. Sur ces 35€, la mairie prélève ce que lui coûte l’hébergement des hommes, des femmes et des enfants accueillis. À Riace, les volets des maisons laissées vacantes par les émigrants ont été rouverts par les immigrants. Le reste de l’argent leur est donné directement. Pourquoi devrions-nous décider pour eux ce qu’ils veulent en faire ? Acheter des pâtes plutôt que du riz, leur fournir de quoi manger et empocher le reste en sur-facturant comme ces structures trop nombreuses qui sont devenues de véritables instruments de spéculation sur le dos des migrants et de l’Etat. Aussi Mimmo ne demande pas à ses hôtes de fournir les justificatifs de tout ce qu’ils achètent. Et le procureur lui demande des comptes. Pourtant, il sait que les billets qui circulent, à l’effigie de Gandhi, Nelson Mandela, Che Guevara, Antonio Gramsci, Martin Luther King ou Peppino Impastato, journaliste sicilien assassiné par la mafia, ne peuvent s’échanger qu’ici. Il sait que les rideaux décatis des échoppes aux couleurs brulées par le soleil à force de rester baissés ont été repeints, que les terrasses des cafés ont ajouté des tables, que les rues du villages résonnent d’une effervescence nouvelle et que même les corps des vieux, assis sur la place, se sont redressés, gagnés par elle. Et qu’importe d’où viennent ces enfants qui courent, rient, crient autour d’eux pourvu qu’ils soient là. Qu’importe, puisqu’ils sont là et que la vie a repris.

      Mais le procureur s’en moque comme il se moque qu’alentours les mafias prospèrent en louant les bras au plus bas coût possible de milliers de migrants humiliés. Le premier rapport, commandé par lui, soupçonnait Mimmo de s’être enrichi avec l’argent du SPRAR. Un deuxième, demandé par la défense l’a contredit et proposé Riace comme modèle de l’accueil mais aussi de ce qu’il faudrait faire pour sauver ces terres que la modernité éreinte. N’empêche, Mimmo est inquiet. Il sait que Riace est menacé.

      Riace Riace
      Nous sommes retournés à Riace cet été avec un ami sicilien, immigré en France il y a plus de 20 ans et une vingtaine de ses étudiants. Enthousiasmé par la politique d’accueil intelligente et humaine menée par Mimmo Lucano, il les a convaincus de l’accompagner. D’autant qu’ils participent tous d’une manière ou d’une autre d’une histoire de migration. Ce fut un moment d’une grande intensité. Les récits des migrants de Riace, arrivés d’Afghanistan, du Soudan, d’Irak, du Congo, d’Erythrée, du Kurdistan, de Syrie, du Cameroun, du Sénégal, … ont fait ressurgir les histoires de ces grands parents arrivés de Pologne avant la première guerre mondiale, ou d’Italie dans les années 20 dont ils fuyaient le régime fasciste à pied à travers les Alpes, du Maroc ou d’Algérie pour venir travailler dans les usines en France après la deuxième guerre. Il y eut des larmes et beaucoup de sourires, beaucoup de compassion et de chaleur humaine. De la colère aussi et de l’incompréhension devant les attaques répétées des autorités italiennes ces deux dernières années qui semblent s’être données pour objectif de faire disparaitre le modèle Riace et dont le dernier coup vient d’être porté. Car, depuis 20 ans, les habitants de Riace et son maire Domenico Lucano opposent au venin xénophobe un démenti cinglant en nous rappelant l’extraordinaire plasticité des sociétés humaines et en faisant la démonstration que l’accueil est un mouvement réciproque qui profitent aussi bien à ceux qui sont accueillis qu’à ceux qui accueillent.


      https://blogs.mediapart.fr/benedicte-monville/blog/031018/hier-matin-laube-ils-ont-arrete-mimmo-lucano-maire-de-riace

    • Manifestazione Riace, «Bella ciao» per il sindaco arrestato: Lucano saluta dalla finestra

      Migliaia di manifestanti si sono recati sotto la casa del sindaco di Riace Mimmo Lucano per manifestare la vicinanza dopo la decisione del suo arresto. Hanno cantato Bella ciao e lui, commosso, ha risposto salutando dalla finestra della sua abitazione, con un pugno chiuso

      https://video.repubblica.it/dossier/immigrati-2015/manifestazione-riace-bella-ciao-per-il-sindaco-arrestato-lucano-saluta-dalla-finestra/316145/316774?ref=fbpr

    • In Italy’s ‘hospitality town’, migrants fight to save mayor who gave them a new home

      Domenico Lucano revitalised his community by welcoming foreigners. He has been detained by the state … and supporters fear a political motive

      In 2009, shortly after his re-election as mayor and several years after he embarked on a policy of welcoming migrants as a means of reversing depopulation in his town, Domenico Lucano was shot at through the window of a restaurant where he was eating with friends. As if to ram home their opposition to his plans, the local mafia also poisoned two of his dogs.

      Unperturbed, Lucano responded by installing a billboard at the entrance of the town, saying: “Riace – a town of hospitality.” The sign remains today, as does one on the main square that lists the 20 countries people have come from – Eritrea, Somalia, Nigeria, Pakistan, to name a few.

      Riace, a tiny hilltop town in Italy’s southern Calabria region, has become famous for its much-lauded model of integration, which began in the late 1990s and continues to this day. But last week, Lucano, the man credited with changing the lives of Italians and foreigners through an initiative that breathed new life into a dying economy, was put under house arrest for allegedly abetting illegal immigration. On Saturday, lending their support to a man dismissed by far-right politician Matteo Salvini as worth “zero”, hundreds of people turned out in support of the mayor and his leadership. Invariably described as altruistic and honest, they struggle to comprehend how Lucano, 60, can have his liberty stripped from him while people belonging to the mafia, a scourge of Italy’s south, roam free.

      “Mafiosi kill, yet a mayor who does good is arrested? It doesn’t make any sense,” said Elisabetta, who asked for her surname not to be used.

      The main accusation against Lucano, known locally as “Mimmo”, is that he organised “marriages of convenience” after it emerged that he helped arrange a wedding between a Nigerian woman and Italian man so that the woman, who had been forced into prostitution in Naples, could live and work in Italy legally.

      “They arrested him for humanitarian acts,” his brother, Giuseppe, told the Observer. “For hours he was interviewed by the prosecutor – he has absolutely nothing to hide. He’s feeling confident and combative, but is a little angry.

      “There was only one [marriage], not several,” added Giuseppe. “He did it to save the woman’s life.”

      Lucano is also alleged to have flouted the public tender process by awarding waste collection contracts to two cooperatives that were set up to assist migrants in their search for work. The investigation against him began over a year ago, although the more serious allegations of embezzlement and fraud were dropped.

      Lucano said in a statement last week: “I never earned anything, nor did I take money from anyone. Public money in Riace was only used for projects relating to migrants and to ease suffering, for job opportunities, integration and to give a better life to asylum seekers.”

      People who know him well attest to his generosity, saying that any money won through prizes was given away.

      “Mimmo helped refugees and Italians,” said Yasmine, who arrived from Pakistan with her family two years ago. “But maybe others took advantage of his goodness.”

      Lucano’s integration strategy helped to reignite the economy in an impoverished region long neglected by the government: Riace’s one bar reopened, as did a handful of shops, while the system helped generate jobs for locals – as teachers, translators or cultural mediators.

      “It brought me prospects,” says Angela Cristodolu, who teaches migrants needlework. “There was nothing before.”

      Houses in the town’s “Global Village” were turned into artisanal shops, with migrants working alongside locals to make and sell products including ceramics, hats and chocolate.

      The model is meant to be sustained by a government funding system, but little money has filtered down since 2016, prompting several protests by Lucano, the most recent being a hunger strike in August. “We are reaching the point of no return,” he said at the time. “If the funds do not come, 165 refugees will end up on the street, 80 workers will lose their jobs and everything will collapse under a pile of rubble.”

      However, his defiance, which included a call against “every form of racism, fascism and discrimination”, irked Matteo Salvini, the leader of the far-right League, who became interior minister in early June as part of a coalition government with the anti-establishment Five Star Movement. The minister has insulted Lucano and his integration method.

      Lucano’s arrest came a week after Salvini unveiled a series of anti-immigration measures that included slashing funds for migrant reception and integration, leading many to suspect a political motive. The arrest also followed the suspension by the public broadcaster, Rai, of a TV show about Riace’s exemplary integration model.

      Salvini welcomed news of Lucano’s arrest, writing on Twitter, “who knows what all the other do-gooders who want to fill Italy with immigrants will say now”.

      As humanitarian deeds jar with the minister, there are now fears that the government will clamp down on dozens of other towns that have adopted similar initiatives. Nearby Camini faced a similar fate to Riace before it started to integrate migrants – a plan that boosted its current population to around 800, including 150 foreigners, enabled derelict homes to be restored and for the school and post office to reopen. As in Riace, friendships have been forged between locals and foreigners.

      “Projects such as these for towns like ours have created opportunities for all,” said Camini’s mayor, Giuseppe Alfarano.

      “I suggest the politicians come and see this small reality to understand what can work. And if Salvini wants to close everything down, then fine, but he must come up with an alternative plan for these towns to move forward.”

      https://www.theguardian.com/world/2018/oct/07/migrants-fight-save-riace-mayor-who-gave-them-home?CMP=share_btn_tw

    • Migranti, il Viminale cancella il modello Riace: saranno tutti trasferiti

      Il ministero dell’Interno muove accuse e contestazioni sul sistema di accoglienza in un documento di 20 pagine e comunica al comune calabrese e al prefetto la decisione di allontanare dal paese tutti gli stranieri ospitati. Il sindaco sospeso Lucano: «Vogliono soltanto distruggerci».

      Riace deve chiudere. Il ministero dell’Interno lo ha messo nero su bianco con una deliberazione del 9 ottobre scorso del suo dipartimento Immigrazione che ordina la chiusura di tutti i progetti e il trasferimento di tutti i migranti. Una doccia fredda per Riace, arrivata pochi giorni prima dell’udienza di fronte al tribunale del Riesame che dovrà decidere l’eventuale liberazione di Mimmo Lucano, sindaco del borgo sospeso da martedì 2 ottobre, quando è finito ai domiciliari per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e abuso d’ufficio, e a poco meno di una settimana dalla manifestazione in suo sostegno che ha portato nel paese calabrese alcune migliaia di persone. «Chi sbaglia, paga. Non si possono tollerare irregolarità nell’uso di fondi pubblici, nemmeno se c’è la scusa di spenderli per gli immigrati», ha commentato il vicepremier Salvini.

      Lucano, il primo cittadino di Riace ai domiciliari, ha reagito così alla circolare ministeriale: «Vogliono soltanto distruggerci. Nei nostri confronti è in atto ormai un vero e proprio tiro incrociato. I nostri legali, comunque, stanno già predisponendo un ricorso al Tar contro la decisione del Viminale». Prende posizione anche il presidente della Regione Calabria, Mario Oliverio: «È una decisione assurda ed ingiustificata. Mi auguro che dietro tale decisione non si celi l’obiettivo di cancellare una esperienza di accoglienza, estremamente positiva, il cui riconoscimento ed apprezzamento è largamente riconosciuto anche a livello internazionale. Chiedo al ministro dell’Interno di rivedere questa decisione».

      Al centro delle contestazioni del ministero ci sono da una parte, quegli strumenti che hanno fatto di Riace un modello di riferimento nel mondo, i bonus e le borse lavoro, dall’altra l’accoglienza dei lungopermanenti, cioè quei richiedenti asilo in condizioni di vulnerabilità che vengono ospitati anche oltre il termine previsto dal progetto Sprar. Sono troppi, secondo il ministero che per questo ha assegnato a Riace punti di penalità che da soli varrebbero la chiusura del progetto. Quella gente - donne con figli a carico, anziani, malati - per il Viminale avrebbe dovuto essere messa alla porta.

      Nelle 21 pagine di relazione, che poco o nulla entra nel merito delle controdeduzioni fornite dall’amministrazione del piccolo borgo calabrese, si fa un lungo elenco di «mancanze» che vanno dalle case in cui sono ospitati i migranti - che a Riace sono quelle che gli antichi residenti hanno abbandonato quando hanno lasciato il paese - al mancato aggiornamento della «banca dati». Ma di fatto quello che viene bocciato sembra essere il modello di accoglienza diffusa che a Riace è stato forgiato. Adesso la palla passa al Tar, di fronte al quale l’amministrazione sembra intenzionata a fare ricorso.

      «È quello che noi abbiamo consigliato perché questa relazione rende evidente la mancanza di volontà di interlocuzione da parte del ministero - dice Gianfranco Schiavone, vicepresidente dell’Asgi, l’associazione studi giuridici sull’immigrazione che sta supportando Lucano e la sua amministrazione - Quello che colpisce è la totale sproporzione fra il provvedimento e la realtà del progetto. Nel paese divenuto simbolo mondiale dell’accoglienza sembra quasi che i migranti siano stati abbandonati a se stessi, in un contesto come quello italiano dove in più di una realtà i servizi di accoglienza non vengono erogati. Non si è compreso né lo spirito, né la specificità territoriale del progetto. In questo provvedimento Riace sparisce».


      https://www.repubblica.it/cronaca/2018/10/13/news/migranti_viminale_cancella_modello_riace-208879662

    • Salvini ordina la deportazione di massa: via tutti i migranti da Riace

      Il ministro della Paura ha ordinato la chiusura di tutti i progetti aperti nella cittadina calabrese. Entro 60 giorni saranno tutti trasferiti,

      Una vergogna. Una deportazione con metodi che ricordano altre epoche non per combattere l’illegalità ma per mettersi di traverso a qualsiasi politica di integrazione.
      Adesso con una delibera datata 9 ottobre, il ministero dell’Interno ha ordinato la chiusura di tutti i progetti legati all’immigrazione portati avanti a Riace. Tutti i migranti entro 60 giorni saranno trasferiti. Non si sa dove. Magari in mezzo alla strade.
      Quella che era considerata una città modello per l’integrazione viene quindi smantellata anche dopo l’arresto del sindaco (sospeso) Mimmo Lucano, in carcere con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
      Evidentissimo l’intento del ministro razzista di rendere tutti clandestini, creare un esercito di disperati per poter cavalcare l’odio che tanto gli sta fruttando in termini elettorali.
      Ma la società civile si ribellerà. Gli ordini ingiusti non vanno eseguiti.

      Quanto ai maggiordomi grillini, dicevano che la loro presenza doveva salvare il paese dal fascismo. Loro sono diventati complici della peggiore politica xenofoba di estrema destra. Con buona pace di San Francesco.

      Già nei mesi scorsi proprio il ministero aveva messo in dubbio, registrando anomalie, la gestione dei migranti posta in essere da Lucano. Nel nuovo provvedimento sono contestate altre 34 irregolarità che vanno dai bonus alle borse di lavoro fino all’eccessivo uso dei permessi dei lungopermanenti, quei migranti che richiedono asilo e sono in condizioni di vulnerabilità.

      In generale i progetti Sprar vengono rinnovati ogni tre anni: nel caso di Riace si parla del triennio 2017-2019, ma già dall’estate scorsa il Viminale aveva bloccato alcuni pagamenti per anomalie nella documentazione presentata dall’amministrazione locale. Nel 2018 il comune di Riace non ha ricevuto fondi e il 30 luglio scorso il sindaco era stato avvisato della revoca dei finanziamenti, diventata ufficiale all’inizio di questa settimana. Lo rendono noto fonti del Viminale.

      Il comune prepara il ricorso - A essere messa in discussione è tutto il «modello Riace», quell’accoglienza diffusa che aveva rianimato un paese morente. L’uso delle case vuote per ospitare gli stranieri e il mancato aggiornamento delle banche dati sono stati tra gli elementi più contestati dal Viminale. Ma il comune non ha intenzione di piegarsi e già prepara il ricorso al Tar che potrebbe sospendere la delibera.


      https://www.globalist.it/news/2018/10/13/salvini-ordina-la-deportazione-di-massa-via-tutti-i-migranti-da-riace-2032

    • Dopo Saviano arriva pure l’#Onu in soccorso del sindaco di Riace: “una guida per tanti”

      La notizia dell’arresto del sindaco di Riace, Mimmo Lucano, scavalca i confini nazionali e preoccupa l’Onu. Proprio così. Dopo il sermone difensivo di Saviano che ha parlato di “peccato di umanità” e la provocazione di Beppe Fiorello («allora arrestateci tutti»), adesso per il primo cittadino calabrese finito ai domiciliari con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina arriva l’interessamento dell‘Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati.


      http://www.secoloditalia.it/2018/10/dopo-saviano-arriva-pure-lonu-in-soccorso-del-sindaco-di-riace-una-guida-per-tanti/.W7Uhm_wTqrw.facebook

    • Matteo Salvini orders removal of refugees from Riace

      Italy’s far-right interior minister, Matteo Salvini, has ordered hundreds of refugees to be moved out of Riace, a small town in Calabria celebrated around the world as a model of integration.

      The decision, which follows the house arrest earlier this month of the town’s mayor, Domenico Lucano, effectively shuts down a project that also provided work for Italians.

      Salvini wrote on Twitter: “Who makes mistakes, pays. We cannot tolerate irregularities in the use of public funds, even if there’s an excuse to spend them on immigrants.”

      A circular sent to the town on Saturday listed “funding irregularities”, including discrepancies between the amount of money provided by the government’s “Sprar” system for refugee reception and the amount spent on the services cited when applications for assistance were made, as reasons for the minister’s decision. The circular also said that migrants overstayed the time limit permitted by the Sprar system and that conditions were unhygienic. It is unclear where they will be transferred.

      Lucano, who won prizes for an integration project that began in the late 1990s, said in a statement that the ministry is “out to destroy us” and that he would appeal against the decision. Mario Oliverio, the president of Calabria, said the move was “absurd and unjustified”. “I hope the objective behind the decision isn’t to stop a reception project that has been extremely positive, appreciated and recognised internationally,” Oliverio added.

      Lucano was placed under house arrest for allegedly encouraging illegal immigration. The main accusation against him is that he organised “marriages of convenience” after it emerged that he helped arrange a wedding between a Nigerian woman and Italian man so that the woman, who had been forced into prostitution in Naples, could live and work in Italy legally. His partner, Tesfahun Lemlem, faces the same charges and has had her residency blocked.

      He is also alleged to have flouted the public tender process by awarding waste collection contracts to two co-operatives that were set up to assist migrants in their search for work. The investigation against him began over a year ago, although the more serious allegations of embezzlement and fraud were dropped.

      Salvini, who has pledged to slash funds for all migrant reception and integration services, welcomed the news of his arrest, writing on Twitter: “Let’s see what all the other do-gooders who want to fill Italy with immigrants will say now.”

      Lucano’s arrest also followed the suspension by the public broadcaster, Rai, of a TV show about Riace.

      Salvini immediately took aim at Lucano after becoming interior minister in early June, describing the mayor as a man worth “zero”.

      Lucano’s integration strategy helped to reignite the economy of the town: Riace’s one bar reopened, as did a handful of shops, while the system helped generate jobs for locals – as teachers, translators or cultural mediators.

      Houses in the town’s “Global Village” were turned into artisanal shops, with migrants working alongside locals to make and sell products including ceramics, hats and chocolate.

      Lucano had been protesting since 2016 after funds to sustain the project stopped coming from the government.

      Thousands of migrants have passed through Riace since the project began, with about 500 migrants in the current population of roughly 2,300.


      https://www.theguardian.com/world/2018/oct/14/matteo-salvini-orders-removal-of-refugees-from-riace

    • Migranti, il Viminale cancella Riace, l’esperto: «Irregolarità modeste, decisione spropositata»

      «Le irregolarità sono solo modeste e solo formali e non riguardano la qualità del progetto. Chiuderlo è una decisione spropositata». Gianfranco Schiavone, vicepresidente Asgi (Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione), commenta ai microfoni di Radio Capital la decisione del Viminale di chiudere il progetto Riace. «Si contesta al comune di aver tenuto le persone troppo a lungo, ma lo ha fatto perché erano soggetti vulnerabili. Aiutare le persone per il ministero è un’irregolarità»

      https://video.repubblica.it/dossier/immigrati-2015/migranti-il-viminale-cancella-riace-l-esperto-irregolarita-modeste-decisione-spropositata/316807/317437?videorepmobile=1

    • Deportati da Riace. Il Viminale trasferisce i migranti e revoca i fondi. Salvini: «Chi sbaglia paga». Lucano: «Vogliono solo distruggerci»

      Una pietra tombale sul modello Riace. Diverse le violazioni contestate dal Ministero al progetto Sprar del Comune, «gravi anomalie» dai bonus agli alloggi


      https://www.huffingtonpost.it/2018/10/13/il-viminale-di-salvini-abbatte-il-modello-riace_a_23559927

    • Riace, Mimmo Lucano: «Il nostro modello sopravviverà»

      Il sindaco Mimmo Lucano, sospeso dall’incarico da quando è finito ai domiciliari per favoreggiamento dell’immigrazione, parla all’indomani della circolare con cui il Viminale ha cancellato i progetti che hanno fatto del borgo «il paese dell’accoglienza» e ordinato il trasferimento di tutti i rifugiati. «E’ necessario ritrovare l’entusiasmo ma il modello Riace sopravviverà, nessuno sarà obbligato ad andarsene. Metteremo a sistema tutte le strutture che abbiamo costruito – il frantoio, la fattoria didattica, l’albergo solidale - a prescindere dai finanziamenti Sprar». Traduzione, Riace potrebbe sopravvivere a prescindere dal ministero che vuole cancellarla.

      https://video.repubblica.it/dossier/immigrati-2015/riace-mimmo-lucano-il-nostro-modello-sopravvivera/316857/317486

    • Italie : le gouvernement met fin à un exemple emblématique d’intégration des migrants

      Le ministère italien de l’Intérieur a ordonné samedi le transfert vers des centres d’hébergement de migrants accueilli à Riace, un village présenté comme un modèle d’intégration, après l’arrestation de son maire soupçonné d’aide aux clandestins via des mariages blancs.

      Proche de la gauche, Domenico Lucano, qui accueillait depuis les années 2000 des migrants dans son village de Calabre (sud) qui se dépeuplait, dans le but de relancer le développement et les emplois, a été arrêté début octobre.

      Assigné à résidence, il est soupçonné d’aide à l’immigration clandestine pour avoir favorisé des « mariages de convenance » afin d’aider des femmes déboutées du droit d’asile à rester en Italie.

      Il est aussi accusé de s’être passé d’appel d’offres pour attribuer la gestion des ordures de son village de 1.800 habitants à des coopératives liées aux migrants.

      Le ministre de l’Intérieur Matteo Salvini (extrême droite) s’était réjoui de son arrestation, dénonçant « les fausses bonnes consciences qui voudraient remplir l’Italie d’immigrés ».

      Et le blog du Mouvement 5 étoiles (M5S), parti antisystème membre de la coalition au pouvoir, y voyait le signe que « le gouvernement du changement a déclaré la guerre au business de l’immigration ».

      Les partisans de Domenico Lucano voyaient dans l’exemple de Riace, financé depuis les années 2000 par des fonds européens et italiens, un moyen de faire revivre des villages dépeuplés tout en donnant un logement à des centaines de demandeurs d’asile.

      Matteo Salvini veut limiter les projets inspirés par l’exemple de Riace et regrouper les demandeurs d’asile dans des centres d’accueil plus grands.

      Le transfert des migrants de Riace vers d’autres centres va commencer la semaine prochaine, selon le ministère, qui enquête sur des « irrégularités évidentes » dans le système d’accueil des migrants depuis 2016.

      L’Etat italien octroie 35 euros par jour pour chaque migrant accueilli, pour couvrir ses frais de logement, nourriture, des cours de langue et de l’argent de poche.

      Le gouvernement italien a demandé le détail de la ventilation des dépenses au maire, qui affirme que ses avocats se préparent à faire appel contre le ministère.

      « Comment est-il possible de détruire le +modèle de Riace+ qui a été décrit par d’innombrables hommes politiques, intellectuels et artistes comme une expérience extraordinaire ? Il veulent nous détruire », a déclaré le maire.

      M. Lucano a été cité parmi les 100 personnalités les plus influentes par le magazine Fortune en 2016 et a inspiré un docu-fiction de Wim Wenders.

      Intransigeant sur l’immigration, M. Salvini a gagné en popularité ces derniers mois : donné par les sondages à moins de 10% avant les législatives de mars, il a remporté environ 17% des suffrages et se trouve maintenant en tête des intentions de votes avec plus de 30%.


      https://www.courrierinternational.com/depeche/italie-le-gouvernement-met-fin-un-exemple-emblematique-dinteg

    • Salvini veut vider la ville de Riace de ses migrants et mettre fin à son modèle d’accueil

      Le ministère de l’Intérieur dirigé par le chef de la ligue d’extrême droite, Matteo Salvini, a pris la décision samedi 13 octobre de vider la ville de Riace des quelque 200 migrants encore insérés dans le Programme national de protection des demandeurs d’asile et réfugiés. Le maire de cette commune calabraise, Domenico Lucano, a été arrêté et suspendu de ses fonctions depuis le 2 octobre pour soupçons d’aide à l’immigration illégale, notamment par le biais de mariages blancs.

      En décidant de vider Riace de tous les candidats à l’asile, le ministère de l’Intérieur met fin à ce que l’on appelle le « modèle Riace » : un exemple d’accueil et d’intégration des migrants qui a fait le tour du monde et inspiré d’autres maires de villages, lesquels ont aussi pu renaître grâce à leur repeuplement.

      Grâce à ce modèle, des écoles et ateliers artisanaux ont rouvert et de nouveaux emplois ont été créés, parmi d’autres politiques d’inclusion concrètes pour briser le mur de la peur de l’étranger, qu’il soit Afghan, Erythréen ou Nigérian.

      Matteo Salvini, vice-président du Conseil et ministre de l’Intérieur, n’a jamais supporté l’ancien communiste Domenico Lucano, élu maire de Riace pour la première fois en 2004. ll justifie la décision-choc en évoquant « de nombreuses irrégularités » dans la gestion des fonds publics destinés à la prise en charge des migrants à Riace. « Ceux qui commettent des erreurs doivent en payer les conséquences », a-t-il déclaré d’un ton lapidaire.

      Les avocats du maire de 60 ans ont déposé un recours pour sa remise en liberté devant le « tribunal du Réexamen », équivalent italien du juge des libertés, qui rendra sa décision le 16 octobre.

      http://www.infomigrants.net/fr/post/12657/salvini-veut-vider-la-ville-de-riace-de-ses-migrants-et-mettre-fin-a-s

      #modèle_riace

    • 2 - Le maire de Riace (Calabre - Italie) arrêté pour délit de Solidarité

      Avec Shu Aiello
      Shu Aiello est la corélisatrice du film « Un paese di Clabria », dont on avait parlé en février 2017 (réécouter ici consacré à Riace, un village accueillant de Calabre.
      Aujourd’hui, Mimmo Lucano, maire de Riace village, qui résiste et innove, est accusé d’avoir « favorisé l’immigration clandestine » et est aux arrêts domiciliaires depuis le 2 octobre.

      http://radioresf.toile-libre.org/sons/2018-10-10%20RESF%20sur%20FPP%20487/2018-10-10%20RESF%20sur%20FPP%20487%20-%2002%20Mimmo%20Lucarn

    • Riace : le village des migrants démantélé. Le maire de Naples : « Une déportation »

      Moins de deux semaines après l’arrestation du maire Domenico Lucano, la décision du ministère de l’Intérieur pour « irrégularités manifestes » dans la gestion des fonds publics.

      Le gouvernement italien a décidé de transférer tous les migrants inclus dans le système d’accueil de la ville calabraise de Riace, la cité considéré comme un exemple positif d’intégration entre migrants et citoyens italiens, mais qui a récemment fait la une de l’actualité nationale pour l’arrestation du maire, Domenico Lucano.

      La disposition est contenue dans une circulaire du 9 Octobre diffusé par le Département des libertés civiles et de l’immigration du ministère de l’Intérieur (PDF). Cette disposition établit le transfert des demandeurs de protection internationale de Riace à d’autres installations dans les 60 jours et le retour de tous les fonds en raison de « irrégularités évidentes » dans la gestion des fonds publics affectés à la réception. La décision, qui n’a été rendue publique qu’hier soir, a déjà fait l’objet de nombreuses critiques, d’autant plus que le modèle d’accueil de Riace a souvent été décrit comme efficace et positif. Toutefois, les fonds réservés à Riace avaient déjà été suspendus il y a plusieurs mois, précisément en raison de certaines irrégularités constatées par les inspecteurs du ministère de l’intérieur.

      L’ordre de transfert des migrants est arrivé une semaine après l’arrestation du maire de Riace, Domenico Lucano, le « maire insoumis » qui avait inventé ce modèle d’accueil des migrants. Lucano a été accusé d’aide et de complicité à l’immigration clandestine et d’illicite dans l’attribution directe du service de collecte des déchets. Lucano a été également accusé d’organiser des « mariages de complaisance » entre citoyens italiens et femmes étrangères afin de permettre à celles-ci de rester sur le sol italien.

      Le maire de Naples, Luigi de Magistris, qui a toujours soutenu l’action du marie calabrais et a fait de Naples une « ville d’accueil pour les migrants » en invitant tous les maires du Sud de l’Italie à désobéir à la fermeture des ports décidée par le ministre de l’intérieur Salvini a dit à la presse : « La déportation des migrants de Riace est un acte violent et inhumain. Au lieu de chasser les mafieux ou de déporter les victimes des trafiquants de la mort. C’est une honte ! ». Oui, c’est une honte pour l’Italie et pour toute l’Europe.


      https://blogs.mediapart.fr/marco-cesario/blog/141018/riace-le-village-des-migrants-demantele-le-maire-de-naples-une-depor

    • Riace, Lucano a de Magistris: “Accetto il tuo invito e non faccio un passo indietro”. “Non mollare, vinceremo insieme”

      “Accetto con il cuore l’invito del sindaco de Magistris a venire a Napoli. Mi trovo in una condizione che non avrei mai immaginato. Ma non faccio un passo indietro“. Sono le parole del sindaco di Riace, Mimmo Lucano, nel corso della trasmissione Barba e Capelli, su Radio Crc, dove è ospite anche il primo cittadino di Napoli, Luigi de Magistris. Lucano aggiunge: “Oltre a dimostrare la mia innocenza personale, credo che questa vicenda, in un momento storico particolare, possa dare un contributo ad un’idea di politica che va in direzione opposta rispetto a ciò che sta accadendo in questo Paese”.

      Totale il sostegno di de Magistris al sindaco di Riace: “Lo sto dicendo da mesi: innanzitutto, a Mimmo bisogna volere bene. E’ una persona con un grande cuore, oltre a essere un grande sindaco di un Comune che lui ha reso gioioso di fronte alla desertificazione dell’emigrazione. Il problema di Riace non è l’immigrazione, anzi l’immigrazione è stata la risorsa di Riace insieme ai calabresi perbene. Il problema era stato rappresentato dall’emigrazione, dallo spopolamento. Lui viene colpito, e mi riferisco in generale, per l’umanità che ha dimostrato in questi anni. Solo chi non conosce Riace non sa che cosa è accaduto nel paese in questi anni”.

      E sottolinea: “Mimmo Lucano ha messo in campo una rivoluzione in una terra in cui si contano a decine le persone delle istituzioni compromesse gravemente con la ‘ndrangheta. E socialmente pericoloso diventa questa persona perbene. Non possiamo fare altro che stare vicino a Mimmo Lucano, lottare, far diventare Riace una delle roccaforti della resistenza del nostro Paese per l’attuazione dei valori costituzionali. Lo dico con rispetto nei confronti della magistratura” – continua – “immagino quanto questo provvedimento di divieto di dimora a uno che ama la sua terra, di cui è sindaco, è un dolore davvero profondo, che è stato inflitto a una persona onesta. E l’onestà non sempre coincide coi vincoli normativi che questo Paese ha dato in questi anni per impedire alla giustizia di trionfare. Io starò sempre dalla parte di Mimmo. Io penso che questa lotta la vinceremo, ne sono assolutamente convinto”.
      Poi aggiunge: “Penso alle parole sprezzanti di Salvini, quando ha detto che Lucano non è un eroe. Salvini, come altri governanti del passato, si dovrebbero interrogare del fatto che in questo Paese le persone normali le fanno passare per sovversive e socialmente pericolose. E quindi normano, fanno legalità formale, reprimono, opprimono. Stanno creando un Paese in cui prevalgono i sentimenti del rancore, della paura, dell’indifferenza, della violenza, dell’odio. Ma un Paese così dove va? Va a sbattere“.

      De Magistris racconta di essere stato a Riace per un dibattito pubblico il 4 agosto scorso: “Ho visto un paese gioioso, con un frastuono tutto giovanile di bambini calabresi e di bambini africani che giocavano insieme a pallone. Questo è il Sud che noi vogliamo. Lasciamo a Salvini la comunità dell’odio e del rancore, che non ci porterà da nessuna parte. Noi possiamo dire che ci siamo schierati subito dalla parte di Mimmo e sottolineo “subito”, perché gli indifferenti sono i complici del male. Quindi, Mimmo, non mollare, perché questa lotta insieme la vinceremo“

      https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/10/18/riace-lucano-a-de-magistris-accetto-il-tuo-invito-e-non-faccio-un-passo-indietro-non-mollare-vinceremo-insieme/4702939
      #Naples

    • Francia, nasce #Radio_Riace_International

      È nata in Francia Radio Riace International, una piattaforma europea aperta, di podcast e streaming per diffondere nel mondo il modello di accoglienza, integrazione e reciprocità di Riace.

      L’iniziativa, tutta francese, è frutto di un gruppo di giornalisti e artisti riunitosi intorno a Marc Jacquin, direttore dell’Associazione, senza scopo di lucro, Phonurgia Nova, con sede ad Arles (Francia) dove il 20 ottobre 2018 alle h. 12.00 è stata lanciata la web radio RRI – Radio Riace International.

      Due ore di trasmissione in francese, inglese e italiano che attraverso la traduzione di testi italiani, rapporti, interviste descrivono il modello Riace, ovvero sia il progetto Città Futura di Domenico Lucano: dalla storia delle vecchie abitazioni abbandonate dagli italiani, costretti a lasciare il proprio Paese esattamente come i migranti che sono giunti in Italia negli ultimi decenni che a quelle case hanno ridato la vita, con l’aiuto di tutti. “Le persone si sono salvate a vicenda: gli abitanti di Riace hanno salvato i migranti e i migranti stanno salvando il paese calabrese” disse il premio Nobel per la pace, Dr. Günter Blobel, quando nel 2017 consegnò a Domenico Lucano il premio Dresden Peace Prize.

      In una nota diramata da TeleRama France, Marc Jacquin (nella foto in alto) ha informato che la web radio trasmetterà “fino a quando Riace non sarà confermata nei suoi diritti democratici”. Il Modello “va sostenuto collettivamente” sostiene Jacquin “perché lontano dalle teorie astratte sull’integrazione, ci offre una realtà esemplare di solidarietà che dura da trent’anni … perché non applicare questo modello nelle nostre campagne?”

      Radio Riace International ha ricevuto una sponsorizzazione dall’ex ministro della Cultura francese, Jack Lang ( nella foto sopra), che ha partecipato all’inaugurazione dell’emittente web rilasciandole un’intervista. Altre importanti istituzioni e personalità d’oltralpe si mostrano molto interessate all’iniziativa.

      http://www.abbanews.eu/mondi-e-orizzonti/radio-riace-international

      Archive :
      http://mixlr.com/radioriaceinternational/showreel

    • Milano, Mimmo Lucano si commuove: «Un’altra umanità è possibile». E il pubblico intona #Bella_Ciao

      «Perché c’è così tanto interesse a non parlare della vicenda? La risposta è semplice, questo messaggio non deve essere divulgato perché dimostra che un’altra umanità è possibile». Così Mimmo Lucano, ex sindaco di Riace, ha parlato nel corso dell’incontro «Da Riace a Lodi, solidarietà e diritti», tenutosi a Palazzo Marino, a Milano. Al termine del discorso l’ex primo cittadino calabrese si è commosso e il pubblico ha intonato spontaneamente il canto di «Bella Ciao»

      https://video.repubblica.it/edizione/milano/milano-mimmo-lucano-si-commuove-un-altra-umanita-e-possibile-e-il-pubblico-intona-bella-ciao/318395/319022?ref=fbpr

    • Lucano, le maire italien qui accueillait les réfugiés, condamné à l’exil

      Le maire Domenico Lucano n’est plus assigné à domicile, mais il lui est désormais interdit de résider à Riace. Le sort de Lucano – et de son village, connu comme un modèle de l’accueil des réfugiés – suscite de vives réactions en Italie, dans une société très divisée autour de la question de l’immigration.

      “Il est resté à Riace aussi longtemps qu’il a pu, puis il a refermé la porte de sa maison derrière lui et il est parti, raconte La Repubblica. Vers 6 heures du matin ce 17 octobre, Mimmo Lucano, le maire ‘exilé’ sur décision d’une cour d’appel, a quitté Riace.”


      https://www.courrierinternational.com/article/lucano-le-maire-italien-qui-accueillait-les-refugies-condamne
      #confino

    • En Italie, le maire de Riace s’est transformé en une figure de l’opposition à Salvini

      Alors que la gauche partisane italienne est à bout de souffle, Domenico Lucano, le maire de Riace, arrêté à l’automne pour aide à l’immigration clandestine, est en train de devenir une figure de ralliement pour les opposants à la politique de Matteo Salvini. Récit d’une ascension, de maire banni à homme politique courtisé.

      Palerme (Italie), correspondance – La salle Alessi du palais Marino bruisse d’impatience. Plusieurs centaines de personnes se serrent sous les plafonds du salon de la mairie de Milan pour assister à l’événement « De Riace à Lodi, solidarité et droits » organisé par le groupe « Milano in commune ». Dehors, près de deux cents personnes ont fait la queue pendant des heures sans réussir à rentrer.

      « Mimmo, Milan est avec toi », crie la foule. « Mimmo », ce surnom est désormais celui de l’homme que tous attendent ce soir de fin octobre : Domenico Lucano, ancien maire de Riace, suspendu de ses fonctions. Arrêté le 2 octobre pour aide à l’immigration clandestine et attribution frauduleuse du marché de ramassage des ordures, le maire calabrais est devenu en un mois un symbole qui dépasse largement les frontières de sa Calabre natale, dans le sud du pays.

      Costume bleu marine et chemise blanche, Domenico tient le micro d’une main, l’autre lui servant à ponctuer chacune de ses phrases de grands gestes : « Je n’aurais jamais imaginé qu’un jour une grande ville comme Milan m’accueillerait, je n’ai jamais eu comme objectif de devenir aussi célèbre, comme ça, à l’improviste, mais il y a une faim d’humanité. » Tonnerre d’applaudissements. « Riace nous montre qu’une autre humanité est possible », conclut Domenico Lucano. La salle se lève, applaudit, encore. Un homme brandit un journal sur lequel s’étale ce titre en grosses lettres : « Unis et solidaires contre le gouvernement ». Une voix entonne « Bella Ciao » avant que tout le monde ne reprenne en chœur.

      La scène a de quoi surprendre, mais elle est symbolique de l’aura qu’a soudainement acquise celui qui est devenu l’un des maires les plus célèbres du pays. En Italie, pas une semaine sans qu’une conférence, un sit-in ou un rassemblement ne soit organisé en soutien au maire. La société civile se mobilise, tous azimuts, quitte à brouiller parfois le message. L’association Recosol, le Réseau des communes solidaires, appelle les communes italiennes à faire du maire déchu leur citoyen d’honneur dans le cadre d’une campagne intitulée « 10, 100, 1000 Riace ».

      À Marsala en Sicile, à Santa Maria del Cedro en Calabre, à Milan en Lombardie, à Piombino en Toscane, des pétitions sont lancées pour répondre favorablement à l’initiative de Recosol. À Sutri, dans le Latium, le très controversé maire Vittorio Sgarbi – élu au Parlement italien sur la liste de Forza Nuova en mars 2018 et sans groupe politique depuis le 4 octobre – est l’un des premiers à proclamer Domenico Lucano citoyen d’honneur de sa ville. La cérémonie officielle aura lieu en décembre.

      La ville de Ferrara qui avait suspendu tous ses jumelages vient de faire une exception en en créant un avec Riace, après une proposition du « groupe anti-discrimination » de la ville pour « accueillir Mimmo et Riace chez nous ». Fin octobre, encore, les Giovani Democratici, le mouvement de jeunesse du Parti démocrate (PD, sociaux-démocrates) organisent un sit-in sur l’une des places centrales de Rome en l’honneur du maire calabrais. Des artistes de BD, des illustrateurs organisent un recueil de dessins.

      « N’en faisons pas un martyr », commente sobrement le ministre de l’intérieur Matteo Salvini face à l’engouement croissant suscité par le maire de Riace. Un ton bien moins tranché que celui avec lequel il n’hésitait pas à qualifier Domenico Lucano de « zéro » au début de son mandat. Car les hashtags lancés dans la foulée de son arrestation – « Riace ne s’arrête pas » ou « Je suis Riace » – ne s’évanouissent pas au bout de quelques jours, comme c’est souvent le cas. C’est même plutôt le contraire : le mouvement de solidarité avec Riace et son maire déchu semble avoir réveillé une partie des Italiens.

      « Cette histoire a eu le mérite de libérer toutes ces énergies qui étaient là, mais n’avaient pas forcément été déployées par le passé », reconnaît Giulia Galera. La jeune femme fait partie des organisateurs de « Solidarity Poetry Riace », un événement organisé dimanche 4 novembre en soutien au modèle Riace. Aux quatre coins de l’Italie, mais aussi à Paris et dans plusieurs villes d’Espagne, une poésie d’Erri de Luca est lue, le moment est filmé puis posté sur les réseaux sociaux.

      « C’est une toute petite contribution, symbolique pour montrer notre solidarité », commente Giulia Galera. Chercheuse au sein d’Euricse, un institut de recherche européen sur les coopératives et les entreprises sociales, la jeune femme décrit un « moment historique préoccupant sur les questions migratoires » qui l’a poussée à l’action.

      Si le phénomène s’ancre dans le temps et du nord au sud du pays, c’est aussi parce qu’il n’est pas qu’une réaction épidermique au nouveau gouvernement. Le modèle Riace représente tout une partie de l’opinion publique déçue par les politiques du PD sur une question aussi cruciale que l’immigration. « D’un côté, on a plusieurs gouvernements successifs qui nous ont martelé que ce n’était pas un phénomène structurel, qu’il fallait y répondre au coup par coup, qui pratiquaient une politique de l’autruche », rappelle Francesco Pallante, professeur de droit constitutionnel à l’université de Turin.

      À cette politique de l’urgence, le modèle Riace oppose un modèle durable destiné à la fois à accueillir les migrants, mais aussi à faire revivre un territoire en déclin. « C’est l’exemple qu’on peut transformer en mieux notre société », commente Giulia Galera. La figure même de Domenico Lucano n’est probablement pas étrangère à l’adhésion qu’il suscite. Simple, au verbe franc, il stupéfait les téléspectateurs lorsque, interrogé sur un plateau de télévision, il explique avoir dormi dans sa voiture, sous le panneau de sa commune, lorsqu’il a été contrait à quitter sa ville, le 17 octobre.

      « Et puis de l’autre côté, poursuit le professeur d’université, il faut admettre que le gouvernement de Paolo Gentiloni [PD, au pouvoir de 2016 à 2018 – ndlr] a mené une politique dure sur l’immigration, avec le ministre de l’intérieur Marco Minniti et que Matteo Salvini porte à l’extrême les conséquences de politiques déjà amorcées – moins brutalement – ou héritées du vide laissé par ceux qui n’ont jamais nettement pris position. »

      En février dernier – avant l’arrivée au pouvoir de la Ligue de Salvini –, l’Italie a par exemple signé un mémorandum d’entente avec le premier ministre du gouvernement d’unité nationale libyen Fayez al-Sarraj afin de contenir les départs de migrants. Huit mois plus tôt, en juin 2017, le Sénat se penchait sur la nouvelle loi de citoyenneté votée en 2015 au Parlement avec l’introduction du jus soli pour les enfants de parents immigrés, sous certaines conditions.

      Ce cheval de bataille pour le PD, qui a enflammé le débat politique, s’est soldé par un échec : le texte a été rejeté au Sénat en décembre 2017 sans même avoir été examiné, car le nombre de sénateurs présents n’était pas suffisant. Parmi les absents, 29 des 89 sénateurs du PD. « Domenico Lucano est aussi devenu un symbole parce qu’au sein des grands partis, personne n’a assumé un discours politique différent des autres », résume Francesco Pallante, également membre de l’association Justice et Liberté.

      Dans les rangs des partis de gauche, pas grand monde n’a échappé au phénomène Lucano. Parmi les premiers poids lourds de la politique italienne à manifester leur soutien au modèle Riace, Enrico Rossi, président de la région Toscane et membre du parti Article 1er Mouvement démocrate et progressiste, né d’une scission avec le PD l’année dernière. Dans la presse, les rumeurs les plus incongrues circulent : le PD aurait proposé à Domenico Lucano de devenir le porte-parole du parti dans le sud du pays pour la campagne des européennes du mois de mai.

      L’hypothèse semble peu probable si l’on se rappelle que le PD avait été le premier à attaquer violemment le modèle Riace et à bloquer les fonds dévolus au système d’accueil de la ville en août 2017. Une chose est sûre : plus personne ne semble douter de la carrure politique du maire calabrais en cette période préélectorale. Le maire de Palerme Leoluca Orlando, ouvertement pro-migrants, l’a invité dans sa ville dès qu’il s’est retrouvé contraint à l’exil à la mi-octobre.

      Mais l’ouverture pourrait bien venir de Naples. Le maire de la ville, Luigi de Magistris, a fait une invitation similaire sur Twitter à Domenico Lucano, lançant surtout sur son site personnel un appel à soutenir le modèle d’accueil promu par Riace. Après avoir été député européen de 2009 à 2011, Luigi de Magistris a créé l’année dernière son propre parti Démocratie et Autonomie (demA), grâce auquel il souhaite construire un « front populaire démocratique » face au gouvernement, allié avec l’ex-ministre des finances grec Yanis Varoufakis.

      Domenico Lucano, lui, reste stoïque face à cet emballement médiatique et politique. « Moi qui dis tout le temps des bêtises, ils ont réussi à me rendre important, s’amuse le maire dans un entretien au quotidien La Repubblica. Ils auraient aimé effacer l’histoire de Riace et la faire disparaître à l’intérieur de sa géographie, au fin fond des montagnes calabraises. Mais c’est l’inverse. Tout le monde comprend que Riace n’a jamais été aussi vivante. »


      https://www.mediapart.fr/journal/international/181118/en-italie-le-maire-de-riace-s-est-transforme-en-une-figure-de-l-opposition

    • Riace, chiusa inchiesta su sindaco Lucano. Contestata anche associazione per delinquere

      Mimmo ​Lucano era stato posto agli arresti domiciliari il 2 ottobre scorso, poi revocati e sostituiti dal divieto di dimora a Riace, con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina ed illeciti nell’affidamento diretto del servizio di raccolta dei rifiuti. ​Nell’avviso di conclusione indagini, tuttavia, gli vengono contestati reati più gravi.
      La Procura di Locri ha chiuso le indagini nei confronti del sindaco sospeso di Riace Mimmo Lucano ed altre 30 persone nell’inchiesta su presunte irregolarità nella gestione dell’accoglienza dei migranti nel comune di Locri. Lo scrive la Gazzetta del Sud. La Procura avrebbe contestato a Lucano anche associazione per delinquere, truffa, falso, concorso in corruzione, abuso d’ufficio e malversazione. Lucano era stato posto agli arresti domiciliari il 2 ottobre scorso, poi revocati e sostituiti dal divieto di dimora a Riace, con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina ed illeciti nell’affidamento diretto del servizio di raccolta dei rifiuti. Nell’avviso di conclusione indagini, tuttavia, gli vengono contestati reati più gravi per i quali il gip non aveva accolto la richiesta d’arresto: associazione per delinquere, truffa, falso, concorso in corruzione, abuso d’ufficio e malversazione.

      http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Riace-chiusa-inchiesta-su-sindaco-Lucano-Contestata-anche-associazione-per-d

    • Riace addio, il Natale triste del borgo simbolo dell’accoglienza: senza migranti e con il sindaco ’esiliato’

      Per vent’anni è stato il borgo simbolo dell’accoglienza, il luogo in cui culture e nazionalità diverse riuscivano a vivere fianco a fianco, l’esempio pratico di una via inclusiva all’immigrazione: il cosiddetto «modello Riace». Oggi, pochi mesi dopo l’arresto del sindaco Domenico Lucano, la chiusura del progetto Sprar e il trasferimento dei migranti in altre strutture sparse in tutta Italia, il panorama è completamente cambiato. Riace è tornato ad essere un semplice paesino spopolato del Sud, come tanti altri. Con case, botteghe e scuole chiuse, poca gente in giro e tanto silenzio a fare da cornice a un Natale triste

      https://video.repubblica.it/cronaca/riace-addio-il-natale-triste-del-borgo-simbolo-dell-accoglienza-senza-migranti-e-con-il-sindaco-esiliato/323222/323843?videorepmobile=1
      #ghost-town #géographie_du_vide #silence #vide

    • Riace rinasce senza fondi pubblici grazie a una fondazione

      Riace non muore. È solo momentaneamente sospesa. Chiusa a seguito di una bufera giudiziaria che ha travolto il sindaco Mimmo Lucano - accusato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e di corruzione - e ha azzerato 20 anni di accoglienza nel centro della Locride. Ma non ha cancellato il senso di quell’esperienza: Riace lancia uno sprar oltre lo sprar, senza fondi di ministero e prefettura. “È stato il vento” è il nome della fondazione che farà ripartire i progetti di inclusione nel borgo dell’accoglienza, a cominciare da febbraio.

      “È stato il vento”
      Presentata oggi a Caulonia, per consentire la partecipazione di Lucano, che ha divieto di dimora a Riace, l’iniziativa rimette in moto un processo di integrazione e di buone pratiche che negli anni passati ha fatto scuola in Europa. E che ha attirato su di sé l’attenzione di mezzo mondo. Intorno a Lucano e al suo modello si è stretta una vasta comunità internazionale. Il sindaco, sospeso dall’incarico, ha ottenuto cittadinanze onorarie dal Nord al Sud d’Italia. Ora il modello Riace è oggetto di una ricerca condotta da un gruppo di studenti del Dams di Bologna che in questi giorni ha visitato il borgo e il villaggio globale, gli orti e il frantoio. L’idea dei docenti è di insediare a Riace un laboratorio di antropologia culturale.

      Riaprono le botteghe

      «Con la fondazione ripartiremo dalle botteghe, quella del cioccolato, del vetro, della ceramica, dei tessuti. I prodotti saranno distribuiti nel circuito di Atromercato, centrale di importazione del commercio equo e solidale», spiega Chiara Sasso, coordinatrice di Recosol, la rete dei comuni solidali. «E punteremo sul turismo responsabile, con la comunità internazionale Longo Mai, da sempre impegnata in forme alternative di ospitalità». Hannes Reiser, uno dei fondatori della comunità, è molto vicino a Lucano. Per essere operativi da subito, è stato già costituito un comitato al quale hanno aderito, a titolo personale, insieme a Chiara Sasso, Emilio Sirianni (Magistratura democratica), Livio Pepino (Gruppo Abele), Alex Zanotelli (missionario comboniano), Felicetta Parisi (pediatra impegnata in iniziative di solidarietà al rione Sanità di Napoli), Barbara Vecchio (Longo Mai), Peppino Lavorato (ex sindaco di Rosarno) e Gianfranco Schiavone (Associazione studi giuridici sull’immigrazione).

      Un milione di euro per l’accoglienza

      Proprio Schiavone, che è stato uno degli ideatori dello Sprar, guarda con ottimismo ai nuovi progetti per Riace. Anche grazie all’iniziativa della Regione Calabria che ha finanziato con 1 milione di euro la legge del 2009 sull’ “accoglienza dei richiedenti asilo, dei rifugiati e lo sviluppo sociale, economico e culturale delle comunità locali”. Ispirata proprio al modello Riace, voluta dall’allora governatore Agazio Loiero, è stata finanziata per la prima volta dal presidente della Regione Calabria Mario Oliverio. «È un passaggio importante – precisa Schiavone – perché consentirà a tutti i comuni con caratteristiche sociodemografiche adeguate di sostenere progetti di accoglienza».

      Il nuovo “volo” di Wenders a Riace
      In una regione, la Calabria, che già conta ben 136 comuni inseriti nella rete del sistema nazionale di protezione: 3.726 i beneficiari, che rappresentano il 10% di quelli nazionali. E che dell’accoglienza ne ha fatto una vocazione: a Crotone, due giorni fa, un gruppo di cittadini si è buttato in mare per soccorrere 51 curdi. L’Unhcr, agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, ha elogiato la comunità calabrese. È stato come 20 anni fa a Riace, quando un veliero carico di curdi riversò sulla riva 800 naufraghi. Subito accorse Wim Wenders, con le sue telecamere, per girare il cortometraggio “Il volo”. E ora torna, per un sequel con Lucano e Papa Francesco.

      https://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2019-01-12/riace-rinasce-senza-fondi-pubblici-grazie-una-fondazione-155203.shtml?u

    • #Cassazione su Mimmo Lucano: “Nessuna frode negli appalti. Non favorì matrimoni”. Annullato divieto di dimora a Riace

      Riace: Cassazione, non risultano “frodi” negli appalti concessi da Mimmo Lucano. Non favorì matrimoni di comodo, cercò solo di aiutare. Annullato con rinvio al Tribunale il divieto di dimora a Riace. Saranno i giudici a decidere.

      Mancano gli indizi di comportamento fraudolento da parte del sindaco di Riace Mimmo Lucano per l’assegnazione di alcuni servizi, come la raccolta dei rifiuti, a due cooperative di Riace.

      Le delibere e gli atti di affidamento infatti, sono stati adottati con “collegialità e con i prescritti pareri di regolarità tecnica e contabile da parte dei rispettivi responsabili del servizio interessato”.

      È la Cassazione a metterlo nero su bianco nelle motivazioni depositate oggi 2 Aprile 2019 in relazione all’udienza che lo scorso 26 febbraio si è conclusa con l’annullamento con rinvio del divieto di dimora a Riace, la cittadina calabrese divenuta nel mondo simbolo di accoglienza dei migranti.

      La Cassazione sottolinea inoltre che non sono provate le “opacità” che avrebbero compromesso l’azione di Mimmo Lucano per l’affidamento di questi servizi. È infatti la legge che consente “l’affidamento diretto di appalti” in favore di cooperative sociali “finalizzate all’inserimento lavorativo delle persone svantaggiate” a condizione però che gli importi del servizio siano “inferiori alla soglia comunitaria”.
      Secondo i giudici mancano indizi di comportamenti fraudolenti nell’affidamento degli appalti a Riace. E anche sui matrimoni di comodo non ci sono prove concrete. Caduto così l’impianto accusatorio.
      Lucano “ha solo cercato di aiutare la compagna”.

      La Cassazione evidenzia inoltre elementi di “gravità indiziaria” per il fatto che Lucano si sia adoperato per la permanenza in Italia della sua compagna Lemlem Tesfahun, ma invita altresì a tenere conto della “relazione affettiva” che lega Domenico Lucano e Lemlem Tesfahun. Oltre al fatto che lo stesso Lucano è incensurato.

      Per la Cassazione dunque Mimmo Lucano ha cercato di aiutare solo Lemlem Tesfahun “tenuto conto del fatto” che il richiamo a “presunti matrimoni di comodo” che sarebbero stati “favoriti” dal sindaco Lucano, tra immigrati e concittadini, “poggia sulle incerte basi di un quadro di riferimento fattuale non solo sfornito di significativi e precisi elementi di riscontro ma, addirittura, escluso da qualsiasi contestazione formalmente elevata in sede cautelare”.

      https://www.politicaeattualita.it/2019/04/02/cassazione-su-mimmo-lucano-nessuna-frode-negli-appalti-non-favori
      #justice

  • #Street-art

    Pauline Guinard, Sébastien Jacquot et Clotilde Kullmann
    Les valorisations territoriales et touristiques du street art
    #tourisme #valorisation_territoriale

    Julie Vaslin
    Les espaces du #graffiti dans les capitales touristiques : l’exemple de #Paris et #Berlin

    Clotilde Kulmann
    Temporalités du street art et image des territoires en mutation
    Production et valorisation du street art dans la Zone d’Aménagement Concerté Paris Rive Gauche

    #territorialité

    Christine Salomone
    Le street art à #Naples.
    Entre pratiques informelles et instrumentalisation de l’#art_urbain : discours et stratégies d’acteurs

    Alexandre Grondeau et Florence Pondaven
    Le street art, outil de valorisation territoriale et touristique : l’exemple de la #Galeria_de_Arte_Urbana de #Lisbonne

    Aude Le Gallou
    Le street art entre valorisation informelle du territoire et logiques d’#institutionnalisation. Le cas du projet des #Oides à #Saint-Nazaire

    Sophie Blanchard et Romain Talamoni
    Street art et mise en tourisme de la métropole parisienne, des festivals aux #street-art_tours

    Léa Sallenave
    Déjouer la #Ville_Créative ? Façonnements urbains autour du #Grenoble Street art Fest’ et du graffiti grenoblois

    Constance Ananos
    Les #Magasins_généraux : de spot à vandales à spot publicitaire ?

    Damien Darcis
    Des images qui dénoncent ? [Texte intégral]
    Dans la Jungle de #Calais, #Banksy et les cœurs en carton

    #dénonciation

    https://journals.openedition.org/echogeo/15306
    #art_de_rue #graffitis #revue #géographie #géographie_culturelle #urban_matter
    cc @reka @franz42 @isskein

  • «Marco si è sentito male domenica, mentre era con suo fratello e gli amici.
    Un ragazzo gentile di 24 anni che parlava cinque lingue, impegnato come volontario per tradurre le informazioni ai richiedenti asilo.
    Si lamentava per i forti dolori all’addome. I crampi che provoca l’appendicite quando si infiamma. È corso in ospedale, dove lo hanno trattato con superficialità e dimesso senza fargli alcuna analisi. «Ma io sto malissimo, mi fa male la pancia!», ripeteva. Non gli hanno creduto.
    Nelle ore successive i dolori aumentano. La sera, Marco non riesce più a stare in piedi. Suo fratello e i suoi amici lo portano alla farmacia di turno, quella di Piazza Garibaldi, a un passo dalla stazione centrale di Napoli. Il farmacista si rifiuta di aprire la porta. Vede il ragazzo contorcersi per il dolore. Lo pregano di chiamare un’ambulanza. Attendono per più di un’ora, mentre Marco è riverso a terra, ma l’ambulanza non arriva. I ragazzi corrono alla fermata dei taxi più vicina, quella di Piazza Mancini. Per accompagnare Marco in ospedale servono dieci euro per la corsa. «Eccoli!», dicono, ma il tassista si rifiuta di caricarli. «Per piacere, sta malissimo!». Niente da fare. I ragazzi sollevano Marco e lo scortano a un’altra farmacia. Il farmacista osserva il ragazzo e gli suggerisce di acquistare farmaci per quindici euro. Marco inghiotte i farmaci, torna a casa, vomita.
    Suo fratello e i suoi amici tentano di nuovo di chiamare un’ambulanza, invano. Si rivolgono a Mauro, che è medico. Telefona anche lui: «Non possiamo mandare un’ambulanza per un ragazzo che vomita». «Ma sta male - li supplica Mauro - è urgente!». Ricostruisce i fatti parlando al telefono con i colleghi, spiega i sintomi. Marco rantola, ha quasi perso conoscenza. «Niente ambulanza, dovete portarlo a farsi visitare alla guardia medica. Nel caso, poi, l’ambulanza la chiamano loro». Sui fratello e gli amici lo prendono in spalla, corrono disperati verso Piazza Nazionale. Fermano una volante dei Carabinieri ma nemmeno quelli vogliono caricare Marco in macchina. Si rimettono a correre.
    Quando arrivano a destinazione Marco non risponde più. I medici capiscono che bisogna chiamare un’ambulanza e operarlo al più presto, ma il più presto era prima.
    Poco dopo l’arrivo in ospedale, Marco è morto.
    È morto perché non si chiamava Marco ma #Ibrahim_Manneh e veniva dalla Costa D’Avorio, come l’abbiamo ribattezzata noi europei nel 1500, quando abbiamo razziato tutti gli elefanti della zona portandoli all’estinzione.»
    Francesca Fornario su Il Fatto Quotidiano, 11 luglio 2017

    In memoria di tutti gli Ibrahim contro il razzismo crescente di coloro che per squallidi ritorni elettorali giocano sulla pelle degli immigrati, di coloro che vogliono erigere muri o blocchi navali, di coloro che si scagliano contro chi cerca una vita migliore.
    IO SONO IBRAHIM! PER NON DIMENTICARE, MAI!

    –-> Lu sur la page Facebook de Lisa Bosia, qui elle-même a repris de la page FB de Roberto Cammarano :
    https://www.facebook.com/lisa.bosia/posts/10216678274053482

    #hôpital #racisme #xénophobie #Italie #non-assistance_à_personne_en_danger #secours #accès_aux_soins #décès #ambulance #pharmacie #Naples

    Ibrahim Manneh comme #Naomi_Musenga :
    https://seenthis.net/messages/693102
    https://seenthis.net/messages/693545

  • Il y a déjà beaucoup de matériel sur seenthis concernant les #ONG en #Méditerranée (v. https://seenthis.net/messages/678296)

    Je me suis dite que cela valait la peine de commencer un nouveau fil, car il y aura encore beaucoup de choses à archiver depuis que le nouveau gouvernement en Italie a été formé...

    Ce fil complète plus particulièrement celui-ci : https://seenthis.net/messages/514535

    #asile #migrations #réfugiés #mourir_en_mer #sauvetage

    cc @isskein

    • Ong, Saviano replica a #Salvini: «Il diritto del mare ha una regola sacra: non si lasciano annegare le persone»

      Lo scrittore e giornalista Roberto Saviano risponde attraverso un video alle parole pronunciate dal leader della Lega e neo ministro Matteo Salvini ("Le Ong? No ai vice scafisti che attraccano nei porti"): «La poca conoscenza che ha il ministro Salvini del diritto del mare lo porta a ignorare un elemento fondamentale: le Ong agiscono sempre coordinate dalla Guardia Costiera italiana, quindi sempre nel rispetto delle regole. Dando dei ’vice scafisti’ a persone che salvano vite in mare, sta dando anche colpa alla Guardia costiera italiana e di questo deve prendersene responsabilità». Infine dice: «Il diritto del mare ha una regola eterna: Non si lasciano persone a mare, non si lasciano annegare. E non sarà Salvini a interrompere questo diritto sacro»

      https://video.repubblica.it/politica/ong-saviano-replica-a-salvini-il-diritto-del-mare-ha-una-regola-sacra-non-si-lasciano-annegare-le-persone/306649/307279?refresh_ce

    • Migranti, Salvini a Malta: «La nave Aquarius non può attraccare in Italia». La replica: «Non spetta a noi»

      La decisione del ministro dell’Interno che ha intimato a Malta di accettare la nave con a bordo 629 migranti che sta entrando nelle acque di competenza de La Valletta. Gino Strada: «Sconcertato nel vedere ministri razzisti o sbirri alla guida del mio Paese»


      https://roma.corriere.it/notizie/cronaca/18_giugno_11/migranti-salvini-la-aquarius-non-potra-approdare-un-porto-italiano-28e
      #Malte

    • #Aquarius, da Napoli a Palermo i sindaci contro Salvini: “I nostri porti sono aperti. È senza cuore e viola le norme”

      #Luigi_De_Magistris e #Leoluca_Orlando danno la loro disponibilità ad accogliere la nave Aquarius con a bordo gli oltre 600 migranti. Il sindaco di #Messina: «La nave è diretta qui, no a diktat: il porto è aperto». #Falcomatà (#Reggio_Calabria): «Disponibili come sempre». Pd: «Rischi umanitari, parli Conte». Boldrini: «Il ministro dell’Interno riporta il Paese ai tempi di sua nonna». Ma Forza Italia sta con il governo

      https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/06/10/aquarius-da-napoli-palermo-sindaci-contro-salvini-nostri-porti-sono-aperti-e-senza-cuore-e-viola-le-norme/4417316
      #Naples #Palerme #port

    • Migranti, Salvini a Malta: «Accolga la nave Aquarius, porti italiani chiusi». La replica: «Non è nostra competenza»

      Messaggio alle autorità maltesi: «Il porto più sicuro è il vostro». La risposta è negativa: «Il soccorso è stato coordinato da Roma». Il premier Conte: «Inviamo motovedette con medici». Alle 22.50 arrivano nuove istruzioni: fermarsi in mezzo al mare a 35 miglia dalla Sicilia


      http://www.repubblica.it/politica/2018/06/10/news/porti_salvini-198644488

    • De Magistris: «Il porto di Napoli pronto ad accogliere i migranti»

      Il sindaco del capoluogo campano risponde così alla decisione del ministro dell’Interno: «Metodo brutale, noi siamo per le vite umane». Con lui, i primi cittadini di Messina, Palermo, Reggio Calabria. Molte le critiche da sinistra. Grasso (Leu) commenta la foto di Salvini: «Olio di ricino su tela»

      http://www.repubblica.it/politica/2018/06/10/news/de_magistris_il_porto_di_napoli_pronto_ad_accogliere_i_migranti_-19866240

    • L’#Espagne va accueillir le navire avec 629 migrants en Méditerranée, le ministre italien Salvini crie victoire et prévient les autres navires

      L’Espagne a accepté d’accueillir le navire transportant les 629 migrants secourus au large de la Libye, dont le sort était l’enjeu d’un bras de fer entre Malte et l’Italie, a annoncé lundi le gouvernement de Pedro Sanchez. « Le président du gouvernement Pedro Sanchez a donné des instructions pour que l’Espagne honore les engagements internationaux en matière de crise humanitaire et a annoncé qu’elle accueillerait dans un port espagnol le navire Aquarius dans lequel se trouvent plus de 600 personnes abandonnées à leur sort en Méditerranée », indique un communiqué de la présidence du gouvernement.

      http://www.lalibre.be/actu/international/l-espagne-va-accueillir-le-navire-avec-629-migrants-en-mediterranee-le-minis

    • Migrants rejetés par l’Italie : l’Espagne propose d’accueillir l’« Aquarius » dans le port de Valence

      Six cent vingt-neuf passagers, dont de nombreux enfants, sont depuis samedi à bord du navire de sauvetage qui ne trouve pas de port pour l’accueillir.

      Un espoir pour les 629 migrants de l’Aquarius ? Le chef du gouvernement espagnol, Pedro Sanchez, a annoncé lundi 11 juin que son pays accueillerait le navire de sauvetage affrété par l’ONG française SOS-Méditerranée qui s’est vu refuser depuis samedi l’accès aux ports italiens et maltais.

      « Il est de notre obligation d’aider à éviter une catastrophe humanitaire et d’offrir un “port sûr” à ces personnes », dit un communiqué de la présidence du gouvernement, précisant que le port de Valence a été choisi comme destination du navire.

      Le premier ministre maltais, qui a lui-même refusé d’accueillir le navire, a remercié sur Twitter son homologue espagnol et proposé de faire parvenir des provisions à l’Aquarius. « Nous devrons nous réunir pour éviter qu’une telle situation se reproduise », écrit-il, ajoutant : « Il s’agit d’un problème européen. »

      Rien n’est pourtant acté du côté de l’association SOS-Méditerranée : « Cette déclaration politique doit encore trouver une traduction opérationnelle, notamment auprès des autorités maritimes », a indiqué au Monde Fabienne Lassalle, directrice adjointe de l’ONG.

      Depuis dimanche, la situation n’a pas évolué au large de Malte, où se trouve l’Aquarius, à quelque 30 milles de la petite île méditerranéenne, malgré les appels en ce sens de l’ONU et de Bruxelles. Sept femmes enceintes, 11 enfants en bas âge et 123 mineurs isolés notamment se trouvent à bord.

      « Impératif humanitaire »

      « Nous demandons à toutes les parties concernées de contribuer à un règlement rapide afin que les personnes à bord du navire Aquarius puissent être débarquées en toute sécurité dès que possible », a déclaré devant la presse le porte-parole de la Commission européenne, Margaritis Schinas, évoquant un « impératif humanitaire ».

      Le même terme a été repris par le Haut-Commissariat pour les réfugiés (HCR) de l’Organisation des Nations unies, qui a décrit la situation comme « un impératif humanitaire urgent ». « Les gens sont en détresse, ils sont à court de provisions et ont besoin d’aide rapidement », affirment les Nations unies. « Les questions plus larges de savoir qui a la responsabilité et comment ces responsabilités doivent être partagées entre Etats devraient être traitées plus tard », ajoute leur communiqué.

      En Europe, Berlin a fait part de sa préoccupation. « Le gouvernement allemand appelle toutes les parties impliquées à assumer leur responsabilité humanitaire », a déclaré le porte-parole du gouvernement allemand, Steffen Seibert.

      https://www.lemonde.fr/europe/article/2018/06/11/la-commission-europeenne-exhorte-malte-et-l-italie-a-trouver-une-solution-po
      #Valence

    • El Gobierno ofrece el puerto de Valencia para acoger a los 629 refugiados a la deriva en el Mediterráneo

      El Gobierno central acepta el ofrecimiento de Valencia como ciudad de acogida de los más de 600 inmigrantes que llevan días deambulando en un barco en el Mediterráneo. El alcalde de València, Joan Ribó, ha ofrecido este lunes la ciudad de para acoger a los refugiados del Aquarius, el barco de rescate de la ONG SOS Mediterráneo con 629 inmigrantes a bordo, entre ellos 123 menores, al que Italia ha cerrado sus puertos.

      https://www.eldiario.es/cv/Ribo-Valencia-refugiados-rescatados-Mediterraneo_0_781122098.html

    • Pedro Sánchez ofrece València como puerto para el ‘Aquarius’

      El Gobierno de España ha ofrecido a la ONU la ciudad de València como “puerto seguro” para el barco ‘Aquarius’, que navega con 629 inmigrantes y refugiados rescatados por MSF y Sos Mediterranée, cuya entrada a Italia ha sido impedida por el nuevo ministro del Interior, Matteo Salvini. La alcaldesa de Barcelona, Ada Colau, también había ofrecido su puerto.

      Pedro Sánchez ha dado instrucciones para que España “cumpla con los compromisos internacionales en materia de crisis humanitarias”, ha destacado el Ejecutivo en un comunicado. “Es nuestra obligación ayudar a evitar una catástrofe humanitaria y ofrecer ‘un puerto seguro’ a estas personas, cumpliendo de esta manera con las obligaciones del Derecho Internacional”, añade. El destino será València previa coordinación con la Generalitat valenciana.


      http://www.lavanguardia.com/local/valencia/20180611/4519741327/valencia-se-ofrece-puerto-aquarius.html

    • Aquarius: Spagna troppo lontana, fa rotta verso l’Italia

      Sos e Msf decidono di non fare rotta verso la Spagna, troppo rischioso. Raggiungere Valencia significa sottoporre i migranti a ore estenuati di viaggio. A bordo c’è ancora cibo e acqua ma non sufficienti per i giorni necessari a raggiungere la Spagna: l’equipaggio ritiene che sia comunque rischioso.

      La nostra corrispondente, Anelise Borges, direttamente dalla nave, ha intervistato in esclusiva per Euronews il coordinatore della ong Sos Mediterranée Italia, Nicola Stalla:

      «Abbiamo informato Spagna e Italia e tutte le autorità marittime in comunicazione con l’Aquarius in queste ore, che le circostanze in cui ci troviamo e con la quantittà ingente di persone a bordo, non ci sarebbero le condizioni di sicurezza per la nave e per l’equipaggio e per tutte le persone che sono a bordo per affrontare quest’altro viaggio e arrivare in spagna»

      Avremmo potuto affrontare questo tipo di viaggio se avessimo avuto meno persone sulla nave in modo tale che potessero essere accomodati e protetti all’interno di uno spazio coperto e non esposti all’aperto sui pontili. Le condizioni atmosferiche peggioreranno nei prossimi giorni infatti"
      La Sos Mediterrannée che opera in parternariato con Medici senza frontiere, reputa insomma troppo lontana la Spagna e non puo accettare la proposta del neo premier Pedro Sànchez.

      http://it.euronews.com/2018/06/11/aquarius-spagna-troppo-lontana-fa-rotta-verso-l-italia

    • L’Aquarius non approderà in Spagna

      La ong SOS Mediterranée ha rifiutato l’offerta del governo spagnolo: il viaggio fino al porto di Valencia sarebbe stato insostenibile per i seicento migranti a bordo della nave

      Lunedì sera la ong SOS Mediterranée ha fatto sapere che la nave Aquarius in arrivo dalla Libia e con circa seicento migranti a bordo non approderà al porto di Valencia, nonostante l’offerta del nuovo governo spagnolo guidato dal socialista Pedro Sánchez. SOS Mediterranée – che si trova ancora tra Malta e Italia dopo che le era stato rifiutato l’approdo dal governo italiano – ha detto che il viaggio per Valencia sarebbe stato troppo lungo, dai tre ai cinque giorni, e avrebbe messo in pericolo la vita delle persone a bordo. La nave, infatti, ha già raggiunto la sua massima capienza e nei prossimi giorni è previsto un peggioramento del tempo. SOS Mediterranée ha ringraziato il governo spagnolo dell’offerta e ha sollecitato quello italiano a trovare una soluzione per le oltre seicento persone che si trovano sulla nave, molte delle quali minori e alcune in condizioni di salute precarie.

      Il governo spagnolo – che da pochi giorni è guidato dal leader socialista Pedro Sánchez – aveva fatto sapere di aver messo a disposizione il porto di Valencia «per evitare una crisi umanitaria». Valencia dista però più di 1.500 chilometri e fin da subito erano emersi dubbi sul fatto che l’equipaggio e le persone soccorse sarebbero state in grado di compiere un viaggio così lungo.

      https://www.ilpost.it/2018/06/11/aquarius-migranti-salvini

    • Commentaire de Sara Prestianni sur FB :

      Valencia è a 700 miglia da dove si trova ora L’Aquarius, a 3-4 giorni di traversata .... non certo il porto più sicuro.

      Inoltre con il far approdare la nave della Marina al porto di Catania, Salvini ribadisce che il suo obbiettivo sono, oltre ai migranti, le ong che praticano salvataggio in mare.

      https://www.facebook.com/prestianni.sara/posts/10216315178380129

      Et réponse d’Alessandro Fioroni :

      infatti mi pare che questo aspetto sia quasi espunto dal dibattito, tra l’altro 4 giorni per andare e 4 per tornare fanno 8, 8 giorni di assenza dalla zona calda. Spero proprio che non si verifichino tragedie

    • Pourquoi le navire humanitaire « Aquarius » n’accosterait pas en France ?

      A la différence de l’Espagne, la France n’a pour l’heure pas fait de proposition à l’ONG SOS Méditerranée pour accueillir son bateau, et rien ne l’y oblige.

      Bonjour,

      Le navire Aquarius, qui secoure les migrants en difficulté en Méditerranée au cours de la traversée vers l’Europe, s’est vu proposer, lundi 11 juin, un port espagnol pour accoster. Habitué des rades italiennes, le bateau affrété par SOS Méditerranée paye cher l’arrivée au pouvoir, de l’autre côté des Alpes, de la coalition Ligue du Nord (extrême droite) - mouvement Cinq Étoiles (anti système).

      Le ministre de l’Intérieur Matteo Salvini (Ligue du Nord) a en effet refusé, pendant le week-end, d’accueillir l’Aquarius, et les plus de 600 migrants rescapés à son bord. Dimanche, Salvini reprochait à Malte de ne pas prendre ses responsabilités, menaçant de ne plus laisser accoster aucun bateau humanitaire dans les ports italiens, si La Valette n’ouvrait pas ses rades à l’Aquarius. Mais les Maltais ont refusé.

      Le Premier ministre socialiste espagnol Pedro Sanchez est alors entré en jeu, proposant le port de Valence au navire. Salvini s’est alors félicité, lors d’une conférence de presse à Milan, ce lundi après-midi, que le bateau débarque « dans un autre port qu’un port italien ». « Victoire », a aussi écrit le droitiste ministre de l’Intérieur italien sur Twitter. Dans la foulée, le Premier ministre maltais annonçait que l’île allait envoyer des ravitaillements à l’Aquarius, pour lui permettre de rallier l’Espagne.
      Querelle de droits

      L’Aquarius est intervenu dans les eaux territoriales libyennes, et a réalisé, selon l’Agence France-Presse, six opérations dans la nuit de samedi à dimanche. Il compte aujourd’hui 629 migrants à son bord. Sur marinetraffic.com, on peut situer le navire, au sud de la Sicile, à l’est de Malte et observer le trajet du bateau jusqu’aux côtes de Libye et en sens inverse.

      « Selon la Convention internationale sur le sauvetage (Search and Rescue, SAR) de 1979, les Etats définissent une zone où ils sont habilités à effectuer des sauvetages », explique à CheckNews Kiara Neri, maître de conférences à Lyon III. Puisque la Libye n’a pas les moyens d’assurer cette mission, la « zone SAR » italienne s’étend jusqu’aux côtes de l’Etat africain. « C’est donc le commandement de Rome qui gère les bateaux humanitaires qui interviennent là-bas », résume la spécialiste du droit international et maritime.

      L’Organisation internationale pour les migrations (OIM), dans une résolution de 2004, rappelle qu’il faut, en vertu des conventions internationales, que « dans un temps raisonnable, un endroit sûr [place of safety] » soit assuré aux personnes assistées en mer. Et ensuite : « La responsabilité de mettre à disposition un endroit sûr, ou de s’assurer qu’un endroit sûr soit mis à disposition, incombe au gouvernement responsable de la zone SAR dans laquelle les survivants ont été sauvés. » En l’occurrence, l’Italie.

      Or, à 19 heures ce lundi, Rome n’a toujours pas donné de consignes à l’Aquarius. « Nous sommes toujours en stand by », se désole Antoine Laurent, responsable des opérations maritimes de SOS Méditerranée, auprès de CheckNews. « On attend d’avoir des nouvelles des Italiens, soit pour nous dire d’accoster quelque part, soit pour nous confirmer qu’on doit aller en Espagne. »

      Sur le papier, toutefois, plusieurs villes, comme Reggio de Calabre, ou Naples, ont offert l’hospitalité, via les réseaux sociaux, à l’Aquarius. « Mais ces propositions ne servent pas si le ministère de l’Intérieur s’y oppose », rappelle Kiara Neri.
      Et la France dans tout ça ?

      Théoriquement, le bateau a le droit de sortir de la zone SAR italienne. Le problème, c’est qu’il n’en a pas les moyens. L’Espagne est à près de trois jours de mer, et le bateau ne dispose de vivres que pour une journée, selon Sophie Beau. La directrice générale de SOS Méditerranée, interrogée par l’AFP, juge la proposition espagnole « encourageante » mais « concrètement, il faut qu’on puisse débarquer au plus vite. »

      Ce manque de nourriture constitue, selon l’ONG, un « impératif humanitaire urgent », qui pourrait contraindre Malte ou l’Italie à laisser accoster l’Aquarius.

      Le bâtiment appartenant à une ONG française, que peut et doit faire Paris ? « Légalement, rien n’oblige la France à proposer quoi que ce soit », observe Kiara Neri. Par ailleurs, « la France n’est pas beaucoup plus près que l’Espagne », remarque Antoine Laurent qui préférerait voir le bateau jeter l’ancre à Malte ou en Sicile.

      Toutefois, selon le responsable de SOS Méditerranée, l’ONG n’a reçu aucune proposition de la part des autorités françaises. Sollicités par CheckNews, les ministères de l’Intérieur et des Affaires étrangères, et la présidence de la République n’ont pas répondu.

      Interrogé à ce sujet par une journaliste de BFM, lors d’une conférence de presse en marge d’une rencontre bilatérale avec la Belgique sur la sécurité et la lutte contre le terrorisme, le Premier ministre Edouard Philippe a botté en touche, évoquant plus largement la politique migratoire française, estimant notamment qu’il faut « traiter avec les pays d’origine de ces migrations […] pour éviter les départs ».

      Cordialement

      http://www.liberation.fr/checknews/2018/06/11/pourquoi-le-navire-humanitaire-aquarius-n-accosterait-pas-en-france_16582

    • UN High Commissioner for Refugees welcomes Spain’s decision to allow Aquarius to dock
      Today’s decision of Prime Minister Pedro Sanchez of Spain to exceptionally allow a rescue ship, Aquarius, to dock in his country is courageous and welcome. It ends what was becoming an increasingly difficult and untenable situation for the crew of the Aquarius and the more than 600 rescued people who were aboard.

      Irrespective of how European countries choose to manage their sea borders, the principle of rescue at sea is one that should never be in doubt. I would welcome opportunity to discuss with concerned governments arrangements for search and rescue operations in the Mediterranean and to avoid any repetition of the situation in which the Aquarius found itself.

      My office stands ready, as always to work with countries of Europe and the Mediterranean to ensure that saving lives and maintaining asylum remains our shared priority.

      http://www.unhcr.org/news/press/2018/6/5b1ea1824/un-high-commissioner-refugees-welcomes-spains-decision-allow-aquarius-dock.ht

    • Refugees in Orbit – again !

      Matteo Salvini, Italy’s new far-right home secretary, tweeted “Vittoria!” after news broke that the 629 persons stranded aboard the M.S. Aquarius would be forced to proceed to the Spanish city of Valencia rather than being allowed to disembark at much closer ports in Sicily. But for whom was it a “victory”?

      Surely not for those seeking asylum who had been stranded at sea for days on an overcrowded search and rescue ship. The ability of ship’s crew of 12 had been strained to the breaking point attempting to meet the medical and survival needs of those rescued on Saturday, including persons with serious chemical burns and others requiring urgent orthopaedic surgery, as Italy and Malta bickered like petulant children about which should step in to save lives.

      And surely not for international law. The longstanding principle that a shipmaster has a duty to rescue persons in distress without regard for their nationality, status, or circumstances is pragmatically viable only when states honour their duty to enable the speedy disembarkation of those rescued – a duty that Italy (and perhaps also Malta) breached in this case.

      But is it a victory for Italy, as the home secretary presumably meant to suggest? There is no doubt that Italy (and to a much greater extent, Greece) has shouldered more than its fair share of refugees arriving to seek protection in Europe. Nor can it be doubted that Europe and the rest of the world have acted too slowly and undependably to share-out what is in principle a common responsibility to protect refugees, thus fueling frustration and even anger. The EU’s absurd “Dublin Regulation” rule that allocates nearly all protection duties to the first country in which a refugee arrives is both unprincipled and cruel. So while nothing can justify Italy’s flagrant breach of the duty to facilitate speedy disembarkation of those rescued, its determination to force a redistribution of responsibility is perhaps more comprehensible.

      In truth, the real villain here is an outmoded system of implementing protection obligations under the UN’s Refugee Convention. Under the status quo, whatever country a refugee reaches is the one and only country that has protection obligations to that refugee. Accidents of geography, rather than any principled metric, determine which states are obliged to carry the burdens for implementing what is in theory a universal duty to protect refugees. That approach has led to some 60% of the world’s refugees being left in the hands of just 10, mostly very poor, countries – with the rest of us giving them only bits of charity and offering resettlement to only about 1% of the refugees they admit. There is therefore a perverse incentive built into the system to turn refugees away – as this week’s horrific events in the Mediterranean make clear.

      The UN’s “global compact” process was supposed to end this prisoner’s dilemma. Yet under the proposal now offered by UNHCR (the UN’s global refugee agency), little will change. The agency suggests only that states agree to attempt to hash out possible voluntary relief to frontline states on a case-by-case basis – leaving those states confronted with the arrival of refugees in the truly horrible bind of choosing between waiting and hoping for solidarity (that may or may not come) and turning refugees away. For the UN to have failed to put forward a plan for binding and immediate sharing of financial burdens and human responsibilities is ethically inexcusable.

      So if Italy is angry, it should turn its anger toward those responsible for its dilemma – the EU for failing to move beyond the manifestly wrong-headed “first country of arrival rule,” and the UN for failing to offer leadership on a serious system to share refugee burdens and responsibilities. But taking out its anger on sick and exhausted refugees as it did this week was not a victory for anyone.

      https://verfassungsblog.de/refugees-in-orbit-again

    • En 1939, l’Amérique ferma sa frontière à un paquebot de 908 réfugiés #juifs

      À l’heure où l’Europe ferme ses frontières aux réfugiés, il est bon de se rappeler cet épisode de 1939 où un bateau de plus de 900 réfugiés juifs fut prié de retourner en Europe, sous le régime nazi.

      Le 13 mai 1939, le #Saint-Louis, paquebot transatlantique allemand, quitte le port de Hambourg. À son bord, 937 passagers. La grande majorité d’entre eux sont des juifs allemands fuyant le Troisième Reich.

      Persécutés–quelques mois auparavant avait lieu la Nuit de Cristal, pogrom où une centaine de juifs furents assassinés–, ils ont réuni l’argent nécessaire pour un visa et un aller simple sur le Saint-Louis dans l’espoir de trouver refuge en Amérique.

      Mais, alors que leur paquebot appareille dans le port de la Havane, les autorités cubaines ne les autorisent pas à débarquer. Hostile envers les juifs, « le pays souffrait en plus d’une dépression économique et beaucoup de Cubains n’appréciaient pas du tout le nombre relativement grand de réfugiés [...], qui étaient perçus comme des concurrents pour les rares emplois », rapporte l’Encyclopédie multimédia de la Shoah. Seuls vingt-neuf d’entre eux sont autorisés à rester sur le sol cubain.

      Quotas de réfugiés

      Après Cuba, le Saint-Louis tente sa chance aux États-Unis. Le bateau navigue si près des côtes de la Floride que les passagers aperçoivent les lumières de Miami. Un câble est envoyé au président Franklin D. Roosevelt, lui demandant de leur accorder l’asile. Il ne reçut jamais de réponse.
      À l’époque, la presse américaine s’est largement fait l’écho de la situation critique des passagers du Saint-Louis. Mais l’Acte d’immigration de 1924, mis en place aux États-Unis, limitait le nombre de réfugiés pouvant être admis chaque année. À l’été 1939, le quota était déjà atteint.

      Les Américains, quoique compatissants vis-à-vis des réfugiés et indignés par la politique du régime nazi, soutiennent ces restrictions à l’immigration. La crise économique de 1929 venait de passer par là, laissant des millions d’Américains au chômage, et l’arrivée d’immigrés était vue comme une menace sur les derniers emplois disponibles.

      Souvenir honteux

      Le Saint-Louis a dû faire demi-tour pour l’Europe, alors sous la botte nazie. Beaucoup de ses passagers furent victimes des camps, comme les membres de cette famille, tous tués à Auschwitz, rapporte le site News :

      Le Saint-Louis a dû faire demi-tour pour l’Europe, alors sous la botte nazie. Beaucoup de ses passagers furent victimes des camps

      Le souvenir honteux du paquebot Saint-Louis, désormais immortalisé dans les musées de l’holocauste à travers le monde, n’est pas sans rappeler la situation critique de l’Europe.

      La Méditerranée est devenue un cimetière marin, avec plus de 30.000 migrants morts depuis 2000 lors du naufrage de leur embarcation, tandis qu’à Calais les réfugiés tentent de forcer l’entrée du tunnel sous la Manche au péril de leur vie. Pendant ce temps, les pays européens hésitent sur la marche à suivre pour gérer cet afflux de migrants et de réfugiés fuyant la guerre dans leur pays.

      Faut-il leur ouvrir toutes grandes les portes de l’Europe ? Faut-il se protéger avec encore plus de barbelés ? L’opinion oscille entre bonne volonté utopique et xénophobie voilée. Il n’existe aucune solution simple, mais conclut le site Project Syndicate, « se rappeler du sort des juifs d’Europe dans les années 1930 devrait au moins nous obliger à ne pas faire preuve d’indifférence envers le sort de ceux qui n’ont nulle part où aller ».


      http://www.slate.fr/story/106249/1939-amerique-refoulait-refugies-juifs
      #histoire #WWII #deuxième_guerre_mondiale #seconde_guerre_mondiale

    • Cronaca di una giornata sull’Aquarius

      Dalla sera del 10 giugno la nave Aquarius di Sos Méditerranée e Medici senza frontiere è ferma a 35 miglia dalle coste italiane, in attesa che le autorità decidano quale è il porto di destinazione, ma la situazione a bordo è sempre più critica. La nave trasporta 629 persone, salvate in diverse operazioni al largo della Libia nel corso del weekend: i viveri basteranno ancora soltanto per poche ore. Nel frattempo il nuovo governo spagnolo, guidato dal socialista Pedro Sánchez, ha dato la sua disponibilità allo sbarco dei migranti nel porto di Valencia, in Spagna, che dista però qualche giorno di navigazione dal punto in cui la nave umanitaria si trova in questo momento.

      L’annuncio è stato accolto con sorpresa da Medici senza frontiere che in un comunicato ha detto di non aver ricevuto ancora comunicazioni ufficiali. “Medici senza frontiere ha appreso dai mezzi d’informazione che il primo ministro spagnolo, Pedro Sánchez, ha offerto Valencia come porto di sbarco per la nave Aquarius. Non abbiamo ancora ricevuto alcuna comunicazione ufficiale in merito da parte dei centri di coordinamento dalla centrale operativa della guardia costiera di Italia o Spagna. La situazione a bordo per le 629 persone soccorse, con diverse di loro che hanno bisogno di assistenza medica, richiede una soluzione urgente”.

      “Le persone a bordo hanno cominciato a chiedere cosa sta succedendo”, racconta Alessandro Porro, uno dei volontari italiani di Sos Méditerranée. “Li abbiamo informati che stiamo aspettando istruzioni per l’indicazione di un porto di sbarco, ma li abbiamo rassicurati sul fatto che non li porteremo in Libia, questa è la loro maggiore preoccupazione”, racconta Porro. A bordo non ci sono casi medici che hanno bisogno di un immediato trasferimento: ci sono sette donne incinte che probabilmente saranno trasportate in Italia con delle motovedette italiane perché non possono sostenere il viaggio verso la Spagna. “Le persone a bordo hanno problemi di disidratazione, di ustioni da carburante e infine c’è un ragazzo che ha bisogno di un intervento chirurgico”, continua Porro. Le motovedette con i presidi medici, che erano state annunciate dal governo italiano, non sono mai arrivate.

      “Avere più di seicento persone a bordo implica che lo spazio a loro disposizione non sia molto, la nave è lunga settanta metri, non è un traghetto. Per ora non ci sono ancora state tensioni, ma la situazione non è facile, ci stiamo facendo aiutare dagli stessi migranti per le pulizie. Solo le donne possono stare sotto coperta, gli uomini e i ragazzi sono sul ponte, all’aperto”, continua Porro che spiega che di solito il tempo di permanenza in queste condizioni è di uno o due giorni. “Non c’è problema né per il carburante né per l’acqua, perché l’Aquarius ha al momento parecchia autonomia e ha un impianto di desalinizzazione dell’acqua marina, ma i viveri finiranno entro poche ore”, conclude Porro.

      https://www.internazionale.it/bloc-notes/annalisa-camilli/2018/06/11/cronaca-giornata-aquarius

    • Yesterday, Monday 11th June, at 9pm, more than a thousand of people gathered in front of the port of Palermo to protest against the decision of Salvini, Italian Minister of Internal Affairs, to close Italian ports to boats carrying migrants.

      Hier, lundi 11 juin, à 21h, plus de mille personnes se sont rassemblées devant le port de Palerme pour protester contre la décision de Salvini, Ministre de l’Intérieur italien, de fermer les ports aux bateaux transportant des migrant.e.s.

      Des associations, des civils, des officiels dont le maire, se sont rejoints devant le port, un peu avant 21h. Le cortège s’est ensuite rendu jusqu’à Piazza Massimo, coeur de la ville, en passant devant la Préfecture de Palerme.

      Quelques articles/ photos sur la situation en Italie / et la manifestation (en italien)
      http://palermo.repubblica.it/cronaca/2018/06/12/foto/palermo_in_migliaia_al_porto_per_solidarieta_all_aquarius-198792435/1/#4

      http://siciliainformazioni.com/cettina-vivirito/834435/palermo-reato-di-altruismo-siamo-tutti-colpevoli-al-presidio-ap

      http://www.radiondadurto.org/2018/06/11/nave-aquarius-lega-e-5-stelle-chiudono-i-porti-scoppia-il-caso-diplom

    • Les dirigeants nationalistes corses proposent d’accueillir l’«Aquarius», chassé d’Italie

      Le président du conseil exécutif de Corse Gilles Simeoni a proposé ce mardi d’accueillir sur l’île le navire affrété par l’ONG qui a secouru 629 migrants en Méditerranée, enjeu d’un bras de fer entre l’Italie et Malte, qui refusent de le laisser accoster. « Manque de vivres, mauvaises conditions météo, et port espagnol trop éloigné : face à l’urgence, le conseil exécutif de Corse propose à @SOSMedFrance d’accueillir l’#Aquarius dans un port #corse », a tweeté Gilles Simeoni. L’Espagne avait proposé lundi d’accueillir le navire mais les dirigeants de l’ONG SOS Méditerranée jugent que les conditions de sécurité ne sont pas réunies pour mener le bateau jusqu’à l’Espagne.

      http://www.liberation.fr/direct/element/les-dirigeants-nationalistes-corses-proposent-daccueillir-laquarius-chass

      #Corse

    • Marie-Christine Vergiat : « C’est l’Union européenne qui a créé cette situation »

      L’eurodéputée Marie-Christine Vergiat dénonce la responsabilité de l’Union européenne qui, depuis une demi-douzaine d’années, laisse l’Italie gérer seule l’accueil des migrants pour l’Europe. Avec les dégâts politiques que l’on sait.
      Qui porte la responsabilité du blocage de l’Aquarius depuis dimanche, aux portes de l’Europe ? Si Matteo Salvini, le ministre de l’intérieur italien d’extrême droite, fait du refus de l’accueil des migrants sa marque de fabrique électoraliste, c’est l’Union européenne qui est la principale coupable du drame qui se joue actuellement, estime Marie-Christine Vergiat, députée européenne Front de gauche, membre de la GUE au Parlement de Strasbourg.

      L’Aquarius bloqué pendant deux jours en pleine mer : à qui la faute ?

      Marie-Christine Vergiat : C’est l’Union européenne qui, par absence de solidarité vis-à-vis de l’Italie, a créé cette situation. Avant 2011, et pendant des années, Malte [sollicitée après le refus de l’Italie – ndlr] a dû gérer toute seule l’arrivée des migrants, c’est pourquoi cette fois elle a refusé de prendre en charge l’Aquarius.

      Depuis 2011, date à laquelle les mouvements de population ont commencé à devenir plus importants, on a ensuite laissé l’Italie en première ligne se débrouiller. Aujourd’hui, elle accueille chaque année entre 100 000 et 150 000 personnes sur son territoire. Avec la mise en avant de « Dublin 3 », l’Italie a pris en charge le poids du sauvetage en mer pour toute l’Europe, et elle l’a plutôt bien fait.

      Il faut voir que quand le gouvernement italien a lancé l’opération « Mare Nostrum » pour aller secourir les personnes, elle s’est retrouvée seule. Matteo Renzi a dû trouver 95 millions d’euros d’octobre 2013 à octobre 2014 pour financer l’opération et, quand il a demandé de l’aide, le Conseil européen lui a donné 5 millions d’euros. Quant à la Grèce, elle a été en première ligne en 2015 et 2016, et a accueilli un million de personnes, là encore, seule.

      Comment expliquez-vous qu’il n’y ait jamais eu de répartition concertée des migrants entre les États membres ?

      En 2015, Jean-Claude Juncker, le président de la Commission européenne, a fait ce qu’il a pu : il a demandé à ce que 160 000 personnes soient « délocalisées » depuis l’Italie et la Grèce vers les autres pays européens sur deux ans. Même si cela était très insuffisant puisqu’il y avait 1,4 million de personnes arrivées en Italie et en Grèce sur la même période. Mais le premier réflexe des pays a été de refuser et de fermer leurs frontières. Heureusement qu’en 2015 et 2016, l’Allemagne d’Angela Merkel a accueilli 60 % des réfugiés (parmi eux, deux tiers de Syriens). Mais il faut rappeler que le nombre de réfugiés accueillis en Europe est une goutte d’eau par rapport à ce que vit le Moyen-Orient.

      Et pourtant, si l’on en croit les récentes élections en Italie notamment, le discours de l’extrême droite contre les migrants semble payant politiquement…

      Récemment, la Commission européenne a présenté une étude qui montre que les Européens restent solidaires des réfugiés dans tous les pays d’Europe, excepté en Italie. On peut pousser des cris d’orfraie, ce sentiment anti-immigré ne tombe pas du ciel. C’est facile de commenter alors qu’en France, on n’a jamais ouvert nos ports pour soulager l’Italie ou la Grèce. En réalité, la France a été très peu impactée par la crise migratoire. Le nombre de demandeurs d’asile n’a presque pas augmenté. Entre 2015 et 2016, il est passé de 85 000 à 95 000. Et encore, nous sommes un des pays où le taux d’acceptation des demandes d’asile est le plus bas – entre 35 et 40 % –, ce qui est en dessous de bien des pays européens. Quand on voit ce qui se passe à la frontière franco-italienne, c’est hallucinant : on fait du contrôle au faciès des migrants, au mépris des lois nationales, européennes et internationales… Il y a de quoi avoir honte de nos gouvernements ! En plus, ils se cachent derrière les accords de Dublin pour renvoyer les migrants dans le pays où ils ont accosté, donc très souvent en Italie, alors qu’il n’y a aucune obligation de « dublinage » : si le pays d’arrivée est obligé d’accepter le retour de la personne qui lui a été renvoyée, en revanche, l’autre pays européen n’est absolument pas obligé de la renvoyer là d’où elle vient.

      Où en êtes-vous de la réforme des accords de Dublin ?

      Il y a actuellement un bras de fer entre le Parlement européen et le Conseil européen. Au Parlement, six groupes sur huit, de la droite à la gauche européenne, sont d’accord pour proposer une clé de répartition. Le problème, c’est que le Conseil européen ne veut pas de cette solution et veut durcir Dublin en obligeant au renvoi dans le pays. Et contrairement à ce qu’on peut croire, il n’y a pas que les pays de l’Est qui bloquent. Les gouvernants, à l’exception des pays du Sud, affirment que mettre en place une répartition est trop compliqué pour les migrants et que c’est pour cela qu’ils refusent. Mais le problème, c’est qu’ils ne se donnent pas les moyens de l’accueil…

      Comment faire avancer les choses, puisqu’un blocage politique semble favoriser la flambée des extrêmes droites ?

      Le seul moyen de résister c’est, au lieu de courir derrière l’extrême droite, de faire tout le contraire : de montrer, d’une part, qu’il n’y a pas de « submersion » migratoire et, d’autre part, que si l’accueil est pensé et organisé, tout peut très bien se passer. Ce n’est de toute façon pas en construisant des murs qu’on va empêcher les migrants de venir.

      Cet épisode très médiatique de l’Aquarius bloqué en mer peut-il pousser le Conseil européen à revoir ses positions ?

      Il faut espérer que cette histoire permette de montrer ce qui se passe au Conseil européen. En tout cas, Pedro Sánchez, le nouveau président espagnol, a été courageux d’accepter que les 629 personnes bloquées sur le bateau débarquent en Espagne – même si cela s’explique par le fait que la question migratoire apparaît moins comme un enjeu du débat en Espagne… Aujourd’hui, il faut travailler dans deux directions pour l’opinion publique européenne : d’abord, expliquer que les migrations principales viennent non pas des pays du Sud, mais du Nord et d’Asie (Inde et Chine), et que les premiers migrants en Europe sont ukrainiens – ils arrivent en Pologne pour le travail. Ensuite, rappeler que la grande majorité des migrants arrivent de façon régulière (immigration de travail, pour faire des études, regroupement familial…) et que l’une des manières d’éviter les morts en Méditerranée et de ne pas faire le jeu des passeurs et des trafiquants, c’est d’ouvrir des voies de passage légales.

      https://www.mediapart.fr/journal/international/110618/marie-christine-vergiat-c-est-l-union-europeenne-qui-cree-cette-situation?

    • Un plan de acogida vetado por Rajoy en 2015, clave para la llegada a Valencia de los refugiados del Aquarius

      La Conselleria de Igualdad y Políticas Inclusivas de la Generalitat Valenciana, dirigida por Mónica Oltra, ha desempolvado un plan elaborado hace tres años para acoger a refugiados sirios llegados a las islas griegas que el Gobierno Central nunca autorizó. El martes por la tarde habrá una reunión entre Generalitat, Ayuntamiento de Valencia y ONG para organizar la llegada de los 629 migrantes y refugiados a los que Italia ha negado sus puertos.

      http://www.publico.es/sociedad/plan-acogida-vetado-rajoy-2015-clave-llegada-valencia-refugiados-del-aquariu

    • Message de Sara Prestianni, via la mailing-list Migeurop (12.06.2018):

      Le Gouvernement Italien confirme sa volonté (folle) de ramener les migrants à Valencia bien que à plusieurs reprises Sos Med et autres ont signalé le risque que cela représentait pour les 629 migrants à bord de l’Aquarius de faire autres 3/4 jours de navigation avec la meteo qui semble empirer.
      Les migrants seront obligés à l’énième “trasbordo” - transfert - vers des bateaux de la Marine Militaire Italienne qui devraient les ramener à Valencia.

      La volonté du Gouvernement est clairement celle de criminaliser l’accès aux ports pour les ong qui sauvent vies humaines en mer.
      Hier, sans aucune déclaration officielle du Gouvernement, les 900 migrants interceptés en mer après les 629 qui se trouvent à bord de l’Aquarius,qui se trouvaient à bord de la Marine Militaire Italienne ont été autorisé à entrer dans le port de Catane. Le message de Salvini est claire : plus aucun bateau qui a un pavillon étranger pourra rentrer dans les ports italiennes avec à bord des migrants.
      Par ailleurs Salvini a annoncé une visite rapide en Libye et dans la réunion d’urgence sur le cas “Aquarius” il semblerait que la question de l’externalisation était à l’ordre du jour.

    • Lettera aperta di Gabriele Del Grande al Ministro dell’Interno Matteo Salvini

      Confesso che su una cosa sono d’accordo con Salvini: la rotta libica va chiusa. Basta tragedie in mare, basta dare soldi alle mafie libiche del contrabbando. Sogno anch’io un Mediterraneo a sbarchi zero. Il problema però è capire come ci si arriva. E su questo, avendo alle spalle dieci anni di inchieste sul tema, mi permetto di dare un consiglio al ministro perché mi pare che stia ripetendo gli stessi errori dei suoi predecessori.

      Blocco navale, respingimenti in mare, centri di detenzione in Libia. La ricetta è la stessa da almeno quindici anni. Pisanu, Amato, Maroni, Cancellieri, Alfano, Minniti. Ci hanno provato tutti. E ogni volta è stato un fallimento: miliardi di euro persi e migliaia di morti in mare.
      https://www.facebook.com/permalink.php?story_fbid=2105161009497488&id=100000108285082

      Voici, hélas, ce qui est en train de se décider au niveau européen: un nouveau fonds pour la protection des frontières....
      https://seenthis.net/messages/701648

      Questa volta non sarà diverso. Per il semplice fatto che alla base di tutto ci sono due leggi di mercato che invece continuano ad essere ignorate. La prima è che la domanda genera l’offerta. La seconda è che il proibizionismo sostiene le mafie.

      In altre parole, finché qualcuno sarà disposto a pagare per viaggiare dall’Africa all’Europa, qualcuno gli offrirà la possibilità di farlo. E se non saranno le compagnie aeree a farlo, lo farà il contrabbando.

      Viviamo in un mondo globalizzato, dove i lavoratori si spostano da un paese all’altro in cerca di un salario migliore. L’Europa, che da decenni importa manodopera a basso costo in grande quantità, in questi anni ha firmato accordi di libera circolazione con decine di paesi extraeuropei. Che poi sono i paesi da dove provengono la maggior parte dei nostri lavoratori emigrati: Romania, Albania, Ucraina, Polonia, i Balcani, tutto il Sud America. La stessa Europa però, continua a proibire ai lavoratori africani la possibilità di emigrare legalmente sul suo territorio. In altre parole, le ambasciate europee in Africa hanno smesso di rilasciare visti o hanno reso quasi impossibile ottenerne uno.

      Siamo arrivati al punto che l’ultima e unica via praticabile per l’emigrazione dall’Africa all’Europa è quella del contrabbando libico. Le mafie libiche hanno ormai il monopolio della mobilità sud-nord del Mediterraneo centrale. Riescono a spostare fino a centomila passeggeri ogni anno con un fatturato di centinaia di milioni di dollari ma anche con migliaia di morti.

      Eppure non è sempre stato così. Davvero ci siamo dimenticati che gli sbarchi non esistevano prima degli anni Novanta? Vi siete mai chiesti perché? E vi siete mai chiesti perché nel 2018 anziché comprarsi un biglietto aereo una famiglia debba pagare il prezzo della propria morte su una barca sfasciata in mezzo al mare? Il motivo è molto semplice: fino agli anni Novanta era relativamente semplice ottenere un visto nelle ambasciate europee in Africa. In seguito, man mano che l’Europa ha smesso di rilasciare visti, le mafie del contrabbando hanno preso il sopravvento.

      Allora, se davvero Salvini vuole porre fine, come dice, al business delle mafie libiche del contrabbando, riformi i regolamenti dei visti anziché percorrere la strada del suo predecessore. Non invii i nostri servizi segreti in Libia con le valigette di contante per pagare le mafie del contrabbando affinché cambino mestiere e ci facciano da cane da guardia. Non costruisca altre prigioni oltremare con i soldi dei contribuenti italiani. Perché sono i nostri soldi e non vogliamo darli né alle mafie né alle polizie di paesi come la Libia o la Turchia.

      Noi quelle tasse le abbiamo pagate per veder finanziato il welfare! Per aprire gli asili nido che non ci sono. Per costruire le case popolari che non ci sono. Per finanziare la scuola e la sanità che stanno smantellando. Per creare lavoro. E allora sì smetteremo di farci la guerra fra poveri. E allora sì avremo un obiettivo comune per il quale lottare. Perché anche quella è una balla. Che non ci sono soldi per i servizi. I soldi ci sono, ma come vengono spesi? Quanti miliardi abbiamo pagato sottobanco alle milizie libiche colluse con le mafie del contrabbando negli anni passati? Quanti asili nido ci potevamo aprire con quegli stessi denari?

      Salvini non perda tempo. Faccia sbarcare i seicento naufraghi della Acquarius e anziché prendersela con le ONG, chiami la Farnesina e riscrivano insieme i regolamenti per il rilascio dei visti nei paesi africani. Introduca il visto per ricerca di lavoro, il meccanismo dello sponsor, il ricongiungimento familiare. E con l’occasione vada a negoziare in Europa affinché siano visti validi per circolare in tutta la zona UE e cercarsi un lavoro in tutta la UE anziché pesare su un sistema d’accoglienza che fa acqua da tutte le parti.

      Perché io continuo a non capire come mai un ventenne di Lagos o Bamako, debba spendere cinquemila euro per passare il deserto e il mare, essere arrestato in Libia, torturato, venduto, vedere morire i compagni di viaggio e arrivare in Italia magari dopo un anno, traumatizzato e senza più un soldo, quando con un visto sul passaporto avrebbe potuto comprarsi un biglietto aereo da cinquecento euro e spendere il resto dei propri soldi per affittarsi una stanza e cercarsi un lavoro. Esattamente come hanno fatto cinque milioni di lavoratori immigrati in Italia, che guardate bene non sono passati per gli sbarchi e tantomeno per l’accoglienza. Sono arrivati dalla Romania, dall’Albania, dalla Cina, dal Marocco e si sono rimboccati le maniche. Esattamente come hanno fatto cinque milioni di italiani, me compreso, emigrati all’estero in questi decenni. Esattamente come vorrebbero fare i centomila parcheggiati nel limbo dell’accoglienza.

      Centomila persone costrette ad anni di attesa per avere un permesso di soggiorno che già sappiamo non arriverà in almeno un caso su due. Perché almeno in un caso su due abbiamo davanti dei lavoratori e non dei profughi di guerra. Per loro non è previsto l’asilo politico. Ma non è previsto nemmeno il rimpatrio, perché sono troppo numerosi e perché non c’è la collaborazione dei loro paesi di origine. Significa che di qui a un anno almeno cinquantamila persone andranno ad allungare le file dei senza documenti e del mercato nero del lavoro.

      Salvini dia a tutti loro un permesso di soggiorno per motivi umanitari e un titolo di viaggio con cui possano uscire dal limbo dell’accoglienza e andare a firmare un contratto di lavoro, che sia in Italia o in Germania. E dare così un senso ai progetti che hanno seguito finora. Perché l’integrazione la fa il lavoro. E se il lavoro è in Germania, in Danimarca o in Norvegia, non ha senso costringere le persone dentro una mappa per motivi burocratici. Altro che riforma Dublino, noi dobbiamo chiedere la libera circolazione dentro l’Europa dei lavoratori immigrati. Perché non possiamo permetterci di avere cittadini di serie a e di serie b. E guardate che lo dobbiamo soprattutto a noi stessi.

      Perché chiunque di noi abbia dei bambini, sa che cresceranno in una società cosmopolita. Già adesso i loro migliori amici all’asilo sono arabi, cinesi, africani. Sdoganare un discorso razzista è una bomba a orologeria per la società del domani. Perché forse non ce ne siamo accorti, ma siamo già un noi. Il noi e loro è un discorso antiquato. Un discorso che forse suona ancora logico alle orecchie di qualche vecchio nazionalista. Ma che i miei figli non capirebbero mai. Perché io non riuscirei mai a spiegare ai miei bambini che ci sono dei bimbi come loro ripescati in mare dalla nave di una ONG e da due giorni sono bloccati al largo perché nessuno li vuole sbarcare a terra.

      Chissà, forse dovremmo ripartire da lì. Da quel noi e da quelle battaglie comuni. Dopotutto, siamo o non siamo una generazione a cui il mercato ha rubato il futuro e la dignità? Siamo o non siamo una generazione che ha ripreso a emigrare? E allora basta con le guerre tra poveri. Basta con le politiche forti coi deboli e deboli coi forti.

      Legalizzate l’emigrazione Africa –Europa, rilasciate visti validi per la ricerca di lavoro in tutta l’Europa, togliete alle mafie libiche il monopolio della mobilità sud-nord e facciamo tornare il Mediterraneo ad essere un mare di pace anziché una fossa comune. O forse trentamila morti non sono abbastanza?

    • By rejecting a migrant ship, Italian populists are simply following the EU’s lead

      The standoff over a boatload of men, women and children rescued in the Mediterranean encapsulates the morass of Europe’s migration policy so neatly that it is almost redundant to call it a metaphor.

      Some 629 migrants were left adrift in international waters while European Union member states competed to sound more resolute in their refusal of a safe port. It was left to Spain to intervene as supplies began to run out aboard the rescue ship, the Aquarius, one of the handful of charity boats still operating despite their routine harassment by the EU-backed Libyan coastguard. Meanwhile, Italy and Malta sniped at each other on social media, as policy was made in the form of hashtags such as “we’re shutting our ports”. Germany was too busy to comment as its leaders sound off over tougher asylum laws in response to the grisly murder of a teenage girl.

      Watching from the sidelines, the UN refugee agency asked meekly if Europe’s politicians could disembark the people in need aboard the Aquarius first and sort out their differences later.
      The starting point in understanding this mess should be to ask why Italy’s new interior minister, Matteo Salvini, has picked a fight over the Aquarius now.

      Migration policy watchers will be tempted to think that this is a public play to strengthen Italy’s position ahead of an end-of-June deadline to reform parts of the EU’s maddeningly complex asylum system. In this reading, Salvini is seeking an overhaul of the so-called Dublin regulations to ease the burden on frontline states such as Italy and Greece and remove the obligation for new arrivals to seek asylum in their country of first arrival.

      This interpretation would be both reassuring and completely wrong. This is not about the incremental advance of national interests.

      Where European observers had expected Italy to pick a fight with the EU over the single currency, its interior minister has gone straight for migration. Salvini understands, just as Viktor Orbán in Hungary and Sebastian Kurz in Austria do, that the EU has no response. Italy has been left alone to deal with sea arrivals from north Africa and talks over new Dublin regulations will not change this. There is no solidarity on asylum and migration.

      Salvini has blocked the Aquarius because this is the terrain on which he wins regardless of the outcome. As the leader of the far-right Northern League, he has built a campaign around promises of mass deportations of migrants. The fact that his proposals were and are impracticable and illegal did not prevent the League from gaining a 17% share of the vote.

      Salvini’s bombastic claims that African migrants are turning Italy into a giant refugee camp ignore the fact that sea arrivals so far this year have dropped to one-fifth of the level during the same period last year.

      No matter – rhetorical battles over migration allow him to pose as the senior coalition partner and defender of Italy.

      EU migration policy, particularly since the record inflows of 2015, has been built on the idea that controlling sea arrivals would shore up Europe’s political centre. Human rights and international law could be subordinated to the need for control even if this meant co-opting Libyan militias, paying smugglers to act as coastguards or redirecting development aid to corrupt African regimes in return for trapping Africans on the move.

      European voters, the reasoning went, would forgive rights abuses in faraway places in return for harder borders. In its simplest formulation, EU policy-makers framed the choice as one between allowing moderates to talk like Salvini or getting Salvini himself.

      Critics of this policy consensus were dismissed as naive.

      Its arch practitioner was Italy’s previous interior minister Marco Minniti, who delivered a huge reduction in sea arrivals through a series of shady deals in Libya that turned smugglers and traffickers into Europe’s paid gatekeepers.

      Before the votes were counted in Italy the “Minniti plan” had many admirers in Europe’s capitals and on the European commission, the bloc’s executive body. Since the man himself and his party were swept out of power it has become painfully apparent that there is no electoral dividend for centrists who endorse anti-migration populism.

      Over the weekend Minniti and his former government colleagues hit out at Salvini’s refusal of a safe port to the Aquarius and boasted of the balance they had struck between “security” and “reception” – in other words between the deterrence of migration and the humane treatment of those who somehow slipped through. They are still missing the point.

      By treating migration policy as an arena of crisis where human rights and international law could be discarded in the rush to respond to a perceived panic, Minniti and his supporters in Brussels and Berlin were the midwives of Salvinism.

      It has been left to the mayors of southern Italy to defy their own government and publicly offer the Aquarius a safe port. Often the strongest rebuttal to the populists comes not from the tainted centre but from Europeans in the areas most affected by the actual movement of people.

      https://www.theguardian.com/commentisfree/2018/jun/11/italy-migrant-rescue-ship-standoff-aquarius

    • ASGI : Gravi responsabilità dell’Italia nella vicenda Aquarius

      Il comportamento del governo italiano nella vicenda Aquarius è gravissimo e l’intervento della Spagna non solleva l’Italia dalle sue responsabilità. ASGI lancia l’allarme sul possibile imminente ripetersi di episodi analoghi.

      Mentre scriviamo ancora non è definitivamente conclusa la vicenda della nave Aquarius, che ci auguriamo possa trovare felice esito anche grazie all’intervento delle autorità spagnole e, comunque, oltre la gestione che ha avuto da parte del Governo italiano.

      La scelta di solidarietà fatta dal Governo spagnolo di fornire assistenza materiale e giuridica ai naufraghi salvati dalla nave Aquarius, infatti, non deve oscurare la gravi responsabilità del governo italiano nella conduzione complessiva di tutte le operazioni.

      Va infatti ricordato che le operazioni di soccorso sono partite su impulso di un SOS diramato dall’MRCC (Comando generale del Corpo della Capitanerie di Porto) di Roma e che pertanto, in base al diritto internazionale – l’Italia è sempre stato il Paese giuridicamente responsabile del coordinamento dei soccorsi.

      Solo in questo senso possono essere lette le principali Convenzioni internazionali pertinenti in materia e, tra esse:

      – la Convenzione sulla salvaguardia della vita umana in mare (Convenzione SOLAS, firmata a Londra nel 1974 e ratificata dall’Italia con L. 313/1980);
      – la Convenzione internazionale sulla ricerca ed il soccorso in mare (Convenzione SAR, firmata ad Amburgo nel 1979 e ratificata dall’Italia con L. 147/1989, da cui il Regolamento di attuazione D.P.R. 662/1994;
      – la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (Convenzione CNUDM o UNCLOS, adottata a Montegobay nel 1982 e ratificata dall’Italia con L. 689/1994)

      Fino al momento nel quale la Spagna non ha annunciato il suo intervento per ragioni umanitarie il centro di coordinamento dei soccorso italiano, competente e responsabile degli stessi, ha continuato a non indicare alcuna destinazione alla barca Aquarius, rendendosi completamente inadempiente verso precisi obblighi indicati dal diritto internazionale ed interno e ponendo a rischio la vita di centinaia di persone.

      La situazione di pericolo e di estrema difficoltà, in cui si trovavano e si trovano tutt’ora i migranti, oltre ai membri dell’equipaggio, integra senza dubbio una situazione di pericolo che non fa ritenere legittima alcuna limitazione all’approdo in un porto italiano. Nel caso di specie doveva, infatti, immediatamente trovare applicazione l’art. 18, par. 2 della Convenzione UNCLOS, la quale prevede che lo Stato costiero non può invocare una violazione del diritto di passaggio inoffensivo né obbligare la nave straniera a riprendere il largo. Conseguentemente, lo Stato costiero, nel cui mare territoriale, o nelle vicinanze del quale, si trovi una nave in una situazione di pericolo è, infatti, il titolare primario dell’obbligo di portare soccorso ed è responsabile della conclusione del salvataggio. La nave che si trova quindi in una situazione di pericolo implicante una minaccia per la vita delle persone a bordo, qualsiasi sia lo status di questi passeggeri, gode di un “diritto” di accesso al porto.

      Il diniego di accesso ai porti italiani a imbarcazioni che abbiano effettuato il soccorso in mare comporta la violazione degli articoli 2 e 3 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, applicabile poiché l’Italia, nel coordinare l’azione SAR, esercita funzioni esecutive al di fuori del proprio territorio «conformemente al diritto internazionale» (v. mutatis mutandis, Al-Skeini c. Regno Unito e Jaloud c. Paesi Bassi). Le persone soccorse vertevano infatti in evidente necessità di cure mediche urgenti, nonché di generi di prima necessità (acqua, cibo, medicinali), e tali bisogni non potevano esser soddisfatti in alto mare. Le condizioni alle quali gli stessi sono stati sottoposti determinano l’esposizione di uomini, donne e bambini ad un reale trattamento disumano e degradante ( in violazione dell’art. 3 cedu) e ad un serio rischio per la loro vita (in violazione dell’ art. 2 cedu).

      Sulla nave Aquarius vi erano richiedenti asilo e rifugiati, pertanto la scelta del governo italiano di negare un porto sicuro a queste persone, anche poiché le operazioni di soccorso erano state gestite dalle autorità italiane, avrebbe potuto comportare per lo Stato Italiano la violazione del principio di non refoulment ai sensi dell’art 33 della Convenzione di Ginevra sullo Status dei Rifugiati del 1951 se non si fosse trovato un porto sicuro. Il principio di non refoulment è un principio di diritto internazionale generale, vincolante per tutti gli Stati anche indipendentemente dalla ratifica della Convenzione del 1951; esso stabilisce il divieto di respingimento verso qualsiasi luogo in cui una persona potrebbe trovarsi esposta al rischio di persecuzione e/o di condizione ascrivibile a trattamento disumano e degradante, trattamento nel quale si sono trovati a vivere coloro che erano da giorni in alto mare in assenza di approdo in porto sicuro.
      Sotto il profilo del diritto penale, l’obbligo di prestare soccorso configura una precisa prescrizione giuridica, la quale non può essere disattesa. Si ritiene che la condotta tenuta dall’MRCC di Roma sia stata suscettibile da integrare almeno la fattispecie dell’omissione di soccorso ai sensi dell’art. 593 c.p. A ciò si aggiunga che se dal ritardo dell’ingresso fossero derivate (o dovessero derivare) morte o lesioni in capo alle persone a bordo, ciò integrerebbe fattispecie penali autonome, quali omicidio o lesioni, che sarebbero imputabili a tutta la catena di comando italiana in ragione dell’evidente dovere giuridico di salvaguardia della vita che incombe sul paese che coordina i soccorsi

      Il “braccio di ferro” diplomatico attuato parte del Governo italiano con le Autorità di Malta e con la UE ha messo a rischio la vita di centinaia di persone ed il rispetto di basilari diritti della persona e ciò costituisce un precedente gravissimo nella storia europea.

      Il governo italiano aveva tutti gli strumenti legali e politici per far valere nella fase di discussione e votazione del Regolamento Dublino IV le argomentazioni che ha portato invece sul piano mediatico e dell’uso della forza contro persone in stato di necessità dimostrando l’esplicita volontà di non proporre politiche costruttive rinunciando ad un ruolo centrale nel dibattito europeo. Il governo italiano, invece, ha voluto imporre il solo uso della forza. Sarebbe stato possibile per il Ministro degli Interni in carica recarsi a Bruxelles e discutere della necessità di ripartizione equa dei rifugiati fra gli stati europei facendo valere in modo democratico e legale presso tale sede le priorità individuate dall’esecutivo italiano, senza incorrere nelle violazioni dei diritti umani fondamentali e delle norme cogenti.

      ASGI, nell’auspicare che la specifica vicenda abbia esito rapido e positivo, ha tuttavia il fondato timore che situazioni analoghe possano ripetersi già dalle prossime ore fa appello a tutte le istituzioni e al Parlamento, nonché a tutte le forze democratiche del Paese, affinché l’Italia non si renda più responsabile degli indecorosi eventi che si sono consumati negli ultimi giorni e che il diritto internazionale e quello interno in materia di soccorsi in mare venga scrupolosamente rispettato.

      https://www.asgi.it/asilo-e-protezione-internazionale/aquarius-violazione-diritto-internazionale

    • Migranti, Toninelli: «Non è detto che il posto in cui debbano sbarcare sia un porto. Può essere una nave»

      "Non c’è scritto da nessuna parte che il «place of safety», cioè il luogo in cui devono essere sbarcati e messi in sicurezza i migranti, debba essere un porto. Può essere anche una nave, battente bandiera straniera. Di conseguenza noi chiederemo un’assunzione di responsabilità a quei paesi di cui le navi della Ong battono bandiera". Così il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli, al termine del vertice sull’immigrazione a Palazzo Chigi. Di fronte a chi gli fa notare che però questo significherebbe, nel caso della nave Aquarius che batte bandiera britannica, circumnavigare l’Oceano per arrivare in Inghilterra (contravvenendo dunque al principio del porto sicuro più vicino), Toninelli fa dietrofront: «Noi chiediamo un’assunzione di responsabilità e condivisione delle spese».

      https://video.repubblica.it/dossier/immigrati-2015/migranti-toninelli-non-e-detto-che-il-posto-in-cui-debbano-sbarcare-sia-un-porto-puo-essere-una-nave/307625/308254

    • Aquarius : l’Union européenne et les Etats membres doivent cesser de traiter les migrants comme « des patates chaudes »

      Bruxelles, 13 juin 2018 – Stupéfaits et inquiets de ce moderne Exodus, on voit se profiler à l’horizon le cabotage infini de ce bateau qui passe du statut de sauveteur à celui de fardeau. Le nouveau gouvernement italien, en large partie acquis aux idées xénophobes et racistes de Matéo Salvini, montre ses muscles et refuse de laisser mouiller l’Aquarius dans ses ports. Dont acte, l’AEDH savait ne rien devoir attendre d’un gouvernement dont les partenaires avaient annoncé pendant la campagne électorale qu’il ne respecterait pas les droits de l’Homme.

      Aujourd’hui, le nouveau gouvernement espagnol a annoncé que son pays est prêt à accueillir les « naufragés des droits » dans le port de Valence. L’AEDH salue cet acte et souhaite qu’il fasse exemple pour tous les États membres. Elle recommande que cet accueil se révèle inconditionnel et qu’ayant fait le principal, sauver des vies, le gouvernement de Pedro Sanchez s’illustre en offrant de dignes conditions de séjour. On souhaiterait également que ce nouveau gouvernement mette fin aux opérations de push-back des migrants se présentant aux enceintes de Ceuta et Melilla.

      Et les autres pays concernés par « les affaires de Méditerranée », que font-ils ? Malte refuse d’accueillir mais se donne bonne conscience en envoyant des vivres, la France de Macron se réfugie derrière une interprétation hasardeuse du droit de la mer contre le droit humanitaire pour ne rien faire et attend piteusement 48 h qu’un autre pays se dévoue…

      L’AEDH est au regret de constater que l’Union européenne est à la remorque des Etats membres. Notre association souhaite que le Conseil européen joue enfin son rôle d’orientation de la politique européenne et condamne l’attitude indigne des États membres qui, dominés par la peur, alignent leurs politiques migratoires sur celles prônées par les forces d’extrême droite.

      L’AEDH condamne avec force le refus d’accueillir du gouvernement italien. Mais depuis longtemps elle s’oppose aussi aux refus de la Pologne, de la Hongrie, de la Slovaquie, de la République tchèque d’accueillir des réfugiés. Elle ne peut non plus accepter les faux semblants de bien d’autres gouvernements, qui tout en proclamant qu’ils vont accueillir, imposent des règles tellement restrictives qu’ils organisent de fait la chasse aux migrants et les expulsent. C’est en particulier le cas de la France où l’on retrouve des migrants morts à la fonte des neiges, de la Belgique où la police peut tirer sur des migrants.

      L’AEDH affirme que le refus des Etats membres et de la Commission de procéder à l’abrogation du règlement Dublin est non seulement un manquement grave aux droits des personnes mais une stupidité qui enferme les États-membres situés aux frontières extérieures de l’U.E. dans un dilemme impossible : accueillir des milliers de migrants ou les repousser. C’est à cause du règlement Dublin, que le système d’accueil est devenu purement et simplement un moyen d’externaliser les migrants vers les pays de leur première entrée, en particulier l’Italie et la Grèce. Et si la Méditerranée a tant d’importance, c’est que la route par la Turquie a été bloquée par l’ignoble accord conclu avec ce pays, en fermant pudiquement les yeux sur la politique d’Erdogan qui piétine les droits fondamentaux de tant de citoyens en Turquie.

      L’AEDH considère que l’ensemble des Etats membres sont collectivement responsables du désastre italien. Elle demande à toutes ses associations membres, à tous les citoyens et à toutes les citoyennes de l’UE d’agir pour que l’on change de politique.

      C’est le but de l’ICE lancée depuis quelques semaines : « Nous sommes une Europe accueillante : laissez-nous agir ! ». Signez, faites signer, transmettez, montrez votre appui envers ces enfants, ces femmes, ces hommes qui croyaient avoir enfin pu prendre le bateau de l’espoir, cet Aquarius qui symbolise notre solidarité.

      http://www.aedh.eu/aquarius-lunion-europeenne-et-les-etats-membres-doivent-cesser-de-traiter-les-m

    • Migranti nel Mediterraneo, ong non può fare trasbordo: “Nessun porto assegnato, si rischia nuovo caso Aquarius”

      Una nave della Marina Usa ha salvato 41 persone e recuperato 12 corpi senza vita nel Mediterraneo. Ma l’imbarcazione di Sea Watch, che l’ha raggiunta e a bordo ha cibo e coperte, non può assistere i sopravvissuti. Perché da Roma non sono arrivate istruzioni

      https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/06/13/migranti-salvati-su-nave-militare-usa-ma-la-ong-sea-watch-non-puo-fare-trasbordo-nessun-porto-assegnato-si-rischia-nuovo-caso-aquarius/4426052

    • Aquarius procede a fatica contro il mare in burrasca, ancora a ridosso della Sicilia, a sud di Marsala. La velocita con la quale avanza verso nord-ovest d’ di appena 5 nodi e mezzo. A questa velocità impiegherà almeno 6 giorni per arrivare a Valencia. Salvini sta imponendo un trattamento disumano ai migranti dopo quello che si può definire un respingimento illecito. I migranti erano stati soccorsi da mezzi della Guardia costiera ed erano già entrati in territorio italiano.

      LA AQUARIUS DEVE ENTRARE NEL PORTO DI TRAPANI CHE SI TROVA SULLA SUA ROTTA. ASSIEME ALLA DATTILO CHE LA SCORTA CON ALTRI MIGRANTI A BORDO.
      VALENCIA NON E’ RAGGIUNGIBILE . IL PIANO DI SALVINI E’ DISUMANO.

      VI PREGO DI FARE GIRARE AL MASSIMO QUESTA NOTIZIA. LE AGENZIE DI INFORMAZIONI DANNO SOLO NOTIZIE RASSICURANTI CHE NON CORRISPONDONO ALLA SITUAZIONE REALE DEL MARE.


      https://www.facebook.com/isabelle.saintsaens/posts/10215493114986035?comment_id=10215493417153589&notif_id=1528933312392754&n

    • Autre ONG bloquée dans ses opérations de sauvetage en mer, cette fois-ci c’est #Sea-Watch. Voici leur communiqué du 13 juin 2018 :
      Shipwreck survivors and bodies stuck on US warship due to italian port closure – Sea-Watch 3 last rescue vessel left in Mediterranean.

      41 survivors and 12 deceased in a shipwreck off the Libyan Coast yesterday morning are still stuck on a US warship as Italy closed its ports to rescue vessels. Sea-Watch strongly denounces the fact that once again people in distress at sea are being held in diplomatic limbo. The dispute on migration must not be carried out at the expense of people in need. A surveillance aircraft of the civil rescue fleet is currently operating in the SAR zone to search for further distress cases and bodies of yesterday’s shipwreck. The Sea-Watch 3 is also patrolling the SAR zone in close proximity to the US warship. Meanwhile, we still await instructions as no state has taken responsibility so far. The Sea-Watch 3 is currently the only dedicated rescue asset in the Mediterranean Sea.

      At 12.36 local time, the Sea-Watch office received a request by a US Navy warship to take over 41 survivors and 12 deceased in a shipwreck 20 nautical miles off the Libyan coast. Our vessel Sea-Watch 3 proceeded towards the given position as the only civil rescue asset left in the mediterranean sea at that moment. “It is unacceptable that people who have literally been picked out of the water, who have seen their friends drowning, still do not get a place of safety, this is a damning indictment of the European Union’s policy on immigration. A dispute about the distribution of asylum seekers must not be carried out at the expense of people in maritime distress” says Johannes Bayer, Sea-Watch chairman and head of the current mission of the Sea-Watch 3. “We urge the European governments to find a quick solution for this humiliating tragedy”.

      Meanwhile, Italian Coast Guard asset CP941 is disembarking 932 people and 2 dead bodies in the Sicilian port of Catania today, which shows a double standard upheld by the Italian government.
      NGO vessels have consistently taken responsibility for search and rescue activities in the world’s most dangerous migration route, yet they have become the scapegoat of the Italian government, as it attempts to pressure the rest of the EU to share in the responsibility towards people in distress and in wider migration policy reforms, including that of the Dublin III regulation. Sea-Watch therefore urges the European states to make way for a political solution for this charade; after safe arrival to Italy, there are also many roads that lead from Rome.

      Furthermore, yesterday’s shipwreck shows a deadly lack of rescue capacity at sea, and it is evident that in the absence of safe and legal passage to Europe, such shipwrecks will only continue to occur. “If the Aquarius wasn’t stuck on the way to Valencia, maybe those people could have been rescued” Bayer says. Still there is no knowledge about the real number of drownings as it is likely not all bodies could be retrieved. “We urge the European states to take responsibility and to stop gambling with lives at sea,” Bayer says.

      https://sea-watch.org/en/shipwreck-survivors-and-bodies-stuck-on-us-warship-due-to-italian-port-cl

    • « Aquarius » 2018, « Saint-Louis » 1939 : l’histoire bégaie

      Alors que l’Aquarius a été refoulé par l’Italie, il y a quatre-vingts ans des réfugiés fuyaient le nazisme en embarquant sur un paquebot transatlantique, le « Saint-Louis ».

      Le refus de l’Italie de laisser accoster l’Aquarius n’est que l’expression paroxystique de la politique des Etats européens qui, depuis des années, mettent toute leur énergie à tenir à distance migrants et exilés. Mais cette image d’un vaisseau fantôme nous renvoie aussi quatre-vingts ans en arrière, quand les réfugiés fuyant le nazisme se voyaient systématiquement refuser l’accès à une terre d’asile.

      Entre hier et aujourd’hui, les analogies sont frappantes : la fermeture de plus en plus hermétique des frontières à mesure que la persécution s’aggrave et que les flux d’exilés augmentent ; des réfugiés contraints d’embarquer clandestinement sur des bateaux de fortune avec l’espoir, souvent déçu, qu’on les laissera débarquer quelque part ; en guise de justification, la situation économique et le chômage, d’un côté, l’état de l’opinion dont il ne faut pas attiser les tendances xénophobes et antisémites, de l’autre ; le fantasme, hier, de la troisième colonne – agitateurs communistes, espions nazis –, aujourd’hui de la menace terroriste ; et finalement une diplomatie qui n’hésite pas à pactiser avec les pires dictatures, hier pour tenter de sauver la paix (on sait ce qu’il en est advenu), aujourd’hui pour tenter d’endiguer les flux de réfugiés.
      Réfugiés interdits de débarquer à Cuba

      Visas refusés, frontières closes : les réfugiés sont acculés, en désespoir de cause, à prendre la mer, le plus souvent clandestinement. A la veille de la guerre, des dizaines, des centaines de bateaux, parfois des paquebots de ligne, souvent des bâtiments de fortune ou de contrebande qui ont pris leurs passagers en charge frauduleusement, naviguent sur les océans à la recherche d’un port où ils seront autorisés à débarquer : le Cairo part le 22 avril 1939 de Hambourg pour Alexandrie ; l’Usaramo pour Shanghai ; l’Orbita pour le Panama en juin 1939 ; l’Orinoco, vers Cuba… (1). D’autres restent bloqués pendant des semaines ou des mois dans les ports roumains de la mer Noire ou sur le Danube.

      Même ceux qui ont des papiers d’immigration en règle ne sont pas assurés d’être admis, comme le montre l’histoire cruelle du Saint-Louis. Ce paquebot transatlantique quitte Hambourg le 13 mai 1939 en direction de La Havane. Ses 937 passagers, presque tous des juifs fuyant le Troisième Reich, sont en possession de certificats de débarquement émis par le directeur général de l’Immigration de Cuba. Mais, dans l’intervalle, le président cubain a invalidé ces certificats. On interdit donc aux passagers de débarquer. Le bateau repart, et lorsqu’il passe le long des côtes de Floride une demande est adressée au président des Etats-Unis afin qu’il leur accorde l’asile – elle ne reçoit pas de réponse. Le 6 juin 1939, le Saint-Louis reprend sa route vers l’Europe. In extremis, avant que le bateau ne soit contraint de revenir en Allemagne, le Jewish Joint Commitee réussit à négocier avec les gouvernements européens une répartition des passagers entre la Grande-Bretagne, la France, la Belgique et les Pays-Bas qui n’acceptèrent de les accueillir qu’à condition qu’il ne s’agisse que d’un transit dans l’attente d’une émigration définitive vers une autre destination. Temporairement sauvés, une majorité d’entre eux connaîtra le sort réservé aux juifs dans les pays occupés par l’Allemagne.
      Un gigantesque marché noir

      Les embarquements clandestins se poursuivent une fois la guerre déclenchée, les réfugiés prenant des risques croissants pour tenter de rejoindre clandestinement la Palestine depuis les ports de la mer Noire, à travers le Bosphore, les Dardanelles et la mer Egée. Un gigantesque marché noir s’organise, avec la bénédiction des nazis qui, avant la programmation de la « solution finale », y voient une façon de débarrasser l’Europe de ses juifs. Beaucoup de ces « bateaux cercueils », comme on les a appelés, font naufrage, d’autres sont victimes des mines ou des sous-marins allemands, et les épidémies déciment ceux qui ont réussi à survivre. Décidément, on a l’impression que l’histoire bégaie.

      http://www.liberation.fr/debats/2018/06/13/aquarius-2018-saint-louis-1939-l-histoire-begaie_1658569

    • #Marie-Christine_Vergiat : « C’est l’Union européenne qui a créé cette situation »

      L’eurodéputée Marie-Christine Vergiat dénonce la responsabilité de l’Union européenne qui, depuis une demi-douzaine d’années, laisse l’Italie gérer seule l’accueil des migrants pour l’Europe. Avec les dégâts politiques que l’on sait.

      Qui porte la responsabilité du blocage de l’Aquarius depuis dimanche, aux portes de l’Europe ? Si Matteo Salvini, le ministre de l’intérieur italien d’extrême droite, fait du refus de l’accueil des migrants sa marque de fabrique électoraliste, c’est l’Union européenne qui est la principale coupable du drame qui se joue actuellement, estime Marie-Christine Vergiat, députée européenne Front de gauche, membre de la GUE au Parlement de Strasbourg.

      L’Aquarius bloqué pendant deux jours en pleine mer : à qui la faute ?

      Marie-Christine Vergiat : C’est l’Union européenne qui, par absence de solidarité vis-à-vis de l’Italie, a créé cette situation. Avant 2011, et pendant des années, Malte [sollicitée après le refus de l’Italie – ndlr] a dû gérer toute seule l’arrivée des migrants, c’est pourquoi cette fois elle a refusé de prendre en charge l’Aquarius.

      Depuis 2011, date à laquelle les mouvements de population ont commencé à devenir plus importants, on a ensuite laissé l’Italie en première ligne se débrouiller. Aujourd’hui, elle accueille chaque année entre 100 000 et 150 000 personnes sur son territoire. Avec la mise en avant de « Dublin 3 », l’Italie a pris en charge le poids du sauvetage en mer pour toute l’Europe, et elle l’a plutôt bien fait.

      Il faut voir que quand le gouvernement italien a lancé l’opération « Mare Nostrum » pour aller secourir les personnes, elle s’est retrouvée seule. Matteo Renzi a dû trouver 95 millions d’euros d’octobre 2013 à octobre 2014 pour financer l’opération et, quand il a demandé de l’aide, le Conseil européen lui a donné 5 millions d’euros. Quant à la Grèce, elle a été en première ligne en 2015 et 2016, et a accueilli un million de personnes, là encore, seule.

      Comment expliquez-vous qu’il n’y ait jamais eu de répartition concertée des migrants entre les États membres ?

      En 2015, Jean-Claude Juncker, le président de la Commission européenne, a fait ce qu’il a pu : il a demandé à ce que 160 000 personnes soient « délocalisées » depuis l’Italie et la Grèce vers les autres pays européens sur deux ans. Même si cela était très insuffisant puisqu’il y avait 1,4 million de personnes arrivées en Italie et en Grèce sur la même période. Mais le premier réflexe des pays a été de refuser et de fermer leurs frontières. Heureusement qu’en 2015 et 2016, l’Allemagne d’Angela Merkel a accueilli 60 % des réfugiés (parmi eux, deux tiers de Syriens). Mais il faut rappeler que le nombre de réfugiés accueillis en Europe est une goutte d’eau par rapport à ce que vit le Moyen-Orient.

      Et pourtant, si l’on en croit les récentes élections en Italie notamment, le discours de l’extrême droite contre les migrants semble payant politiquement…

      Récemment, la Commission européenne a présenté une étude qui montre que les Européens restent solidaires des réfugiés dans tous les pays d’Europe, excepté en Italie. On peut pousser des cris d’orfraie, ce sentiment anti-immigré ne tombe pas du ciel. C’est facile de commenter alors qu’en France, on n’a jamais ouvert nos ports pour soulager l’Italie ou la Grèce. En réalité, la France a été très peu impactée par la crise migratoire. Le nombre de demandeurs d’asile n’a presque pas augmenté. Entre 2015 et 2016, il est passé de 85 000 à 95 000. Et encore, nous sommes un des pays où le taux d’acceptation des demandes d’asile est le plus bas – entre 35 et 40 % –, ce qui est en dessous de bien des pays européens. Quand on voit ce qui se passe à la frontière franco-italienne, c’est hallucinant : on fait du contrôle au faciès des migrants, au mépris des lois nationales, européennes et internationales… Il y a de quoi avoir honte de nos gouvernements ! En plus, ils se cachent derrière les accords de Dublin pour renvoyer les migrants dans le pays où ils ont accosté, donc très souvent en Italie, alors qu’il n’y a aucune obligation de « dublinage » : si le pays d’arrivée est obligé d’accepter le retour de la personne qui lui a été renvoyée, en revanche, l’autre pays européen n’est absolument pas obligé de la renvoyer là d’où elle vient.

      Où en êtes-vous de la réforme des accords de Dublin ?

      Il y a actuellement un bras de fer entre le Parlement européen et le Conseil européen. Au Parlement, six groupes sur huit, de la droite à la gauche européenne, sont d’accord pour proposer une clé de répartition. Le problème, c’est que le Conseil européen ne veut pas de cette solution et veut durcir Dublin en obligeant au renvoi dans le pays. Et contrairement à ce qu’on peut croire, il n’y a pas que les pays de l’Est qui bloquent. Les gouvernants, à l’exception des pays du Sud, affirment que mettre en place une répartition est trop compliqué pour les migrants et que c’est pour cela qu’ils refusent. Mais le problème, c’est qu’ils ne se donnent pas les moyens de l’accueil…

      Comment faire avancer les choses, puisqu’un blocage politique semble favoriser la flambée des extrêmes droites ?

      Le seul moyen de résister c’est, au lieu de courir derrière l’extrême droite, de faire tout le contraire : de montrer, d’une part, qu’il n’y a pas de « submersion » migratoire et, d’autre part, que si l’accueil est pensé et organisé, tout peut très bien se passer. Ce n’est de toute façon pas en construisant des murs qu’on va empêcher les migrants de venir.

      Cet épisode très médiatique de l’Aquarius bloqué en mer peut-il pousser le Conseil européen à revoir ses positions ?

      Il faut espérer que cette histoire permette de montrer ce qui se passe au Conseil européen. En tout cas, Pedro Sánchez, le nouveau président espagnol, a été courageux d’accepter que les 629 personnes bloquées sur le bateau débarquent en Espagne – même si cela s’explique par le fait que la question migratoire apparaît moins comme un enjeu du débat en Espagne… Aujourd’hui, il faut travailler dans deux directions pour l’opinion publique européenne : d’abord, expliquer que les migrations principales viennent non pas des pays du Sud, mais du Nord et d’Asie (Inde et Chine), et que les premiers migrants en Europe sont ukrainiens – ils arrivent en Pologne pour le travail. Ensuite, rappeler que la grande majorité des migrants arrivent de façon régulière (immigration de travail, pour faire des études, regroupement familial…) et que l’une des manières d’éviter les morts en Méditerranée et de ne pas faire le jeu des passeurs et des trafiquants, c’est d’ouvrir des voies de passage légales.

      https://www.mediapart.fr/journal/international/110618/marie-christine-vergiat-c-est-l-union-europeenne-qui-cree-cette-situation

    • La nave Usa che ha lasciato i corpi in mare vicina al porto di Augusta

      La Trenton della Us Navy, con a bordo i 40 superstiti del naufragio di martedì, ha abbandonato i cadaveri alla deriva perché non ha celle frigorifere. Ora incrocia al largo del porto siciliano, ma all’Italia non è arrivata nessuna richiesta formale.

      La nave Trenton della sesta flotta della Us Navy, con a bordo i 40 superstiti del naufragio di un gommone avvenuto martedì mattina, è ricomparsa al largo del porto di Augusta. Appare evidente l’intenzione di sbarcare nel porto siciliano i superstiti che ha a bordo ormai da tre giorni, nell’attesa che qualcuno dia indicazioni sul porto più vicino disposto a farli scendere. Tuttavia non risulta alcuna richiesta formale da parte degli Stati Uniti all’Italia che, peraltro, non ha mai assunto alcun coordinamento del soccorso, avvenuto a sole venti miglia dalle coste libiche.

      Perché dunque la nave americana, che ha lasciato andare alla deriva i corpi delle 12 vittime del naufragio, ha fatto rotta verso l’Italia invece di chiedere l’approdo in un altro Paese? Un altro caso spinoso per il governo italiano, che si trova adesso a dover decidere se autorizzare l’ingresso della nave della Us Navy nel porto di Augusta.

      Da tre giorni, ormai, dopo aver invano chiesto di poter trasbordare il suo carico sulla nave della Ong tedesca Sea Watch, la nave vagava in attesa di sapere dove poter sbarcare i vivi. I morti, quelli, vista la complessità della situazione, hanno deciso di abbandonarli in acqua. "Non ci sono salme a bordo della Trenton - ha confermato a «Repubblica» l’ufficio pubbliche relazioni della Us Navy - l’equipaggio continua a prendersi cura delle 40 persone soccorse. Ci stiamo coordinando con i nostri partner internazionali per decidere la destinazione delle persone a bordo".

      Dalla Us Navy spiegano così l’abbandono dei 12 cadaveri le cui operazioni di recupero erano state comunicate via radio dalla Trenton martedi mattina contestualmente alla richiesta di aiuto avanzata alla vicina nave della ong tedesca Sea Watch prima e all’IMRCC di Roma poi. < Abbiamo visto in un primo momento 12 corpi apparentemente senza vita. I soccorritori hanno dato priorità al recupero di coloro che avevano bisogno di aiuto immediato. La barca di salvataggio è poi tornata sul posto per cercare quei corpi, ma non li ha trovati". «Se necessario - si legge in una nota - le navi della US Navy sono in grado di conservare i corpi in depositi refrigerati».
      Un orrore destinato a scatenare un nuovo caso visto che, a impedire un rapido trasferimento dei superstiti e delle salme a terra, è l’impasse provocato dall’ostracismo annunciato dal ministro dell’Interno Matteo Salvini alle navi delle Ong. Martedi, subito dopo il soccorso, dopo aver chiamato le guardie costiere libica e italiana, la nave americana si è rivolta alla Sea watch, comunicando di avere in corso il recupero dei 12 corpi, e ha chiesto la disponibilità al trasbordo. «Corpi non possiamo prenderne, non abbiamo le celle. E i superstiti li prendiamo solo se ci assegnano contestualmente un porto sicuro che non sia più lontano di 36 ore di navigazione».

      Dopo il caso Aquarius, il rischio è che poi, con i migranti a bordo, non venga concesso un porto in Italia e la nave, che non è grande, non potrebbe affrontare una lunga navigazione come quella cui è stata costretta la Aquarius. La richiesta viene reiterata dagli americani alla sala operativa di Roma, ma la risposta è che il soccorso non è stato coordinato da Roma e dunque non spetta a loro indicare il porto. In realtà il soccorso non è stato coordinato da nessuno.

      http://www.repubblica.it/cronaca/2018/06/14/news/la_nave_usa_senza_celle_frigoriferi_alla_deriva_12_corpi-198956762/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P2-S1.8-T1

    • Aquarius, la nave di migranti cambia rotta e si dirige verso la Sardegna

      La decisione dovuta al maltempo. Sos Mediterranee spiega: «Le persone a bordo sono esauste, scioccate e con il mal di mare». Il ministro Salvini ribatte: «Problemi loro. A giorni ci saranno novità sul ruolo delle ong»

      «Dattilo, la nave della Guardia Costiera italiana che guida il nostro convoglio, ha deciso di cambiare rotta», twitta Sos Mediterranee, sottolineando che si tratta di una scelta dovuta al maltempo. «Aquarius proseguirà lungo la costa orientale della Sardegna — aggiunge la ong francese — per ripararsi dal maltempo altrimenti insopportabile per le persone a bordo, esauste, scioccate e con il mal di mare». Il ministro degli Interni Matteo Salvini, però, non cede: non ci sarà nessun attracco sulle coste sarde, Aquarius «arriverà in Spagna». Se le persone a bordo hanno problemi, «sono solo loro — afferma —. La nave prende a bordo sistematicamente 500 persone a tratta: ora ne hanno 100, un quinto di quelle che imbarcano di solito. Non è che adesso possano anche decidere dove cominciare e dove finire la crociera». «A giorni ci saranno novità sul ruolo delle ong», aggiunge. «Verranno messi i puntini sulle i, su chi fa cosa e su chi rispetta la legge e chi non la rispetta», ha aggiunto.

      La situazione sull’Aquarius

      Sull’Aquarius ci sono al momento 52 donne, 10 bambini e 45 uomini, tra cui alcuni trattati per sindrome da annegamento o con gravi ustioni da carburante e acqua salata; gli altri 523 profughi sono stati trasbordati sulle due unità navali italiane che la stanno scortando. Tutti i 629 migranti sono stati trasferiti per sicurezza all’interno delle tre imbarcazioni del convoglio: diversi di loro hanno accusato malori durante la notte per il «vento a 35 nodi e le onde alte 4 metri — comunicano i soccorritori —, abbiamo messo dei corrimano perché è difficile stare in piedi».

      Lo «schermo» alle onde

      Il percorso iniziale per il porto di Valencia prevedeva un passaggio a sud della Sardegna ma, considerato che l’apice della perturbazione è previsto sul lato occidentale, si vogliono utilizzare l’isola come «barriera» al maltempo; e tagliare le Bocche di Bonifacio, sotto la Corsica, per raggiungere quindi la Spagna. L’operazione è destinata ad allungare ulteriormente il viaggio verso la terra ferma della «nave della discordia», che ha innescato una crisi diplomatica tra Italia e Francia e un durissimo scambio di accuse con Malta, oltre all’accorato appello di Papa Francesco. L’approdo, meteo permettendo, potrebbe avvenire a questo punto domenica sera. «Abbiamo distribuito arance, barrette di cereali, cornetti e thè freddo forniti ieri dalla Guardia Costiera Italiana» rende noto il personale di Medici senza frontiere, che gestisce l’emergenza con Sos Mediterranee. Nel frattempo la zona di ricerca e soccorso resta sempre più scoperta e 12 cadaveri sono rimasti in mare». «L’identificazione del porto di sbarco è una decisione nazionale su cui l’Ue non ha competenza - afferma intanto la ministra degli Esteri europea, Federica Mogherini -, però viste le notizie sulle condizioni del mare» nella legge «c’è una chiara indicazione» affinché venga fatto «ogni sforzo per limitare al minimo il tempo di permanenza sulla nave» degli immigrati; da ormai 5 giorni consecutivi in balìa del mare e delle polemiche politiche.

      Madrid prepara l’accoglienza

      Le autorità spagnole, dal canto loro, fanno sapere che esamineranno «caso per caso» la situazione dei 629 richiedenti asilo per decidere, con «colloqui individuali», quali trasferire nei centri di aiuto umanitario e quali nelle strutture di detenzione per stranieri; esattamente come avviene per gli extracomunitari che arrivano attraverso i barconi o le enclavi marocchine di Ceuta e Melilla. Il governo iberico sostiene di essersi comportato semplicemente «come obbliga la Costituzione rispetto ai trattati internazionali e europei». Lo sbarco dei migranti avverrà comunque in maniera scaglionata e lontano dagli occhi dei media.

      https://www.corriere.it/cronache/18_giugno_14/odissea-aquarius-nave-cambia-rotta-la-sardegna-24e4bd94-6fb4-11e8-b9b6-434f

    • Francia prenderà parte migranti Aquarius

      La vicepremier spagnola Carmen Calvo ha annunciato che la Francia collaborerà all’accoglienza dei migranti dell’Aquarius. Lo riporta La Vanguardia. Calvo, responsabile del coordinamento per l’accoglienza, ha accettato la proposta presentata dal governo francese, dopo una conversazione con l’ambasciatore francese in Spagna. Il presidente Pedro Sanchez, riferisce il quotidiano, ha ringraziato il presidente francese Emmanuel Macron, sottolineando che questa è la cooperazione «con cui l’Europa deve rispondere».

      http://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/europa/2018/06/16/francia-prendera-parte-migranti-aquarius_53ace0c1-88b9-4511-b1ab-6ab072e084aa.h
      #France

    • Migranti, dirottare le Ong nei porti di bandiera farebbe solo danni

      L’esperto di diritto del mare e di asilo Paleologo a L43: «La proposta di Salvini? Così si rallenta l’obbligo di salvataggio». Il ministro può ridiscutere Dublino, ma «non sulla pelle dei naufraghi».

      Il rallentamento, in alcuni casi fino al blocco, della catena di salvataggio in acque maltesi e libiche, di norma attraverso il coordinamento del comando della guardia costiera italiana, per effetto della chiusura dei nostri porti alle navi delle Ong straniere nel Mediterrano ha contribuito a provocare 12 morti e altre decine di feriti al largo della Libia, in seguito all’’altolà del neo ministro dell’Interno Matteo Salvini alla See Watch 3, «pronta dopo la Aquarius a raccogliere il suo carico umano davanti a Tripoli». Altre decine, centinaia di morti si temono nelle settimane a venire.

      CAMBIARE DUBLINO. Con i respingimenti delle navi straniere, il leader della Lega si aspetta un cambio della prassi e in prospettiva del regolamento di Dublino sui richiedenti asilo: far attraccare le imbarcazioni di Ong battenti bandiera straniera nei luoghi d’origine e non più in Italia, come i mezzi delle Marine di altri Paesi. Peccato che la legge internazionale non possa dargli ragione, né ora né mai: «Guardando alle bandiere», spiega a L43 l’avvocato in prima linea nei soccorsi in mare, componente della Clinica legale per i diritti umani dell’Università di Palermo e consulente del team legale di Open Arms, Fulvio Vassallo Paleologo, «verrebbe meno il salvataggio internazionale, ossia la stessa legge del mare».

      DOMANDA. Salvini ha chiuso i porti alle navi delle Ong straniere che caricano a bordo migranti naufraghi e sottolinea che debbano attraccare nei porti dei loro Paesi e non in Italia. Giuridicamente ha un fondamento la sua rivendicazione?
      RISPOSTA. No, intanto un ministro non può stabilire regole che valgono esclusivamente per le navi delle Ong. Quando richiamano i luoghi di sbarco – da indicare dalle competenti autorità nazionali e nel nostro caso dal comando della guardia costiera di Roma – le convenzioni di diritto del mare non distinguono tra navi umanitarie, navi commerciali o militari.

      D. La See Watch 3, additata da Salvini e bloccata nelle operazione come la Aquarius, è una Ong tedesca ma batte bandiera olandese: dopo i salvataggi potrebbe per esempio rientrare nei porti anche in Olanda, in Germania, o per legge deve attraccare per forza in Italia?
      R. Il criterio dello Stato di bandiera è arbitrario e non garantisce una sollecita conclusione delle operazioni di soccorso in un porto sicuro, che non è necessariamente quello più vicino ma deve trovarsi nello Stato della centrale operativa della guardia costiera che coordina i soccorsi.

      D. Nel caso del trasbordo dei 629 migranti nelle acque tra Malta e l’Italia dell’Aquarius, il coordinamento era della guardia costiera italiana. E inoltre la Aquarius è una nave umanitaria di Sos Mediterranee e Medici senza frontiere: Ong transeuropee o addirittura internazionali.
      R. Non a caso il criterio dello Stato di bandiera non è mai stato applicato in anni di soccorsi nel Mediterraneo perché è sussidiario. Non garantisce lo svolgimento rapido delle procedure di soccorso imposto dalle convenzioni internazionali. Seguirlo, come dice Salvini, segnerebbe la fine dell’obbligo di soccorso internazionale.

      D. La fine della legge universale del mare. Sempre legalmente, con i regolamenti europei e le norme internazionali attuali, si può chiedere alle navi per esempio della Marina francesi, inglesi e tedesche che salvano migranti nel Mediterraneo di dirigersi poi nei propri porti nazionali?
      R. Tutte le navi straniere delle operazioni Ue Frontex ed Eunavfor Med, ossia l’operazione militare Sofia, sono coordinate dalla centrale operativa della guardia costiera italiana, anche quando soccorrono nella zona di ricerca e salvataggio libica Sar, che in realtà esiste solo sulla carta. Di conseguenza devono sbarcare, come sbarcano, solo in porti italiani.

      D. Sulle responsabilità da redistribuire nelle acque territoriali dei Paesi membri dell’Ue, «e non solo all’Italia» ricorda sempre Salvini, la Francia se ne può lavare completamente le mani? La Spagna può fare di più? E Malta può essere pressata almeno dall’Ue a sottoscrivere le normative internazionali vigenti, per sgravare l’Italia anche dagli impegni nelle sue acque?
      R. A meno di una modifica sostanziale del regolamento Dublino, nessun Paese europeo può essere costretto a prendere a suo carico naufraghi soccorsi nelle zone di ricerca e salvataggio libiche o italiane. E il nuovo ministro dell’Interno non può imporre le modifiche con un ricatto sulla pelle di uomini, donne e bambini già duramente provati dalla sofferenza e dagli abusi subiti in Libia.

      D. La visione di Salvini può essere portata avanti politicamente al tavolo per cambiare il regolamento Dublino? È concepibile cioè un’Unione europea dove ogni mezzo di forze militari o Ong di Paesi membri impegnati nel Mediterraneo faccia riferimento, anziché all’Italia, al proprio Stato Ue specifico? Prendendosi a questo punto in carico anche la prima registrazione dei richiedenti asilo?
      R. L’odissea dell’Aquarius sta dimostrando che una redistribuzione dei naufraghi soccorsi in acque internazionali è possibile e lecita solo dopo il loro sbarco in un porto italiano, indicato dal comando centrale della guardia costiera. La scelta di sbarrare dei porti non aiuterà a cambiare il regolamento Dublino, specie se l’Italia farà fronte comune con l’Ungheria di Viktor Orban e l’Austria di Sebastian Kurz. Si avranno soltanto centinaia di morti in più, come conseguenza della cacciata delle Ong.

      https://www.lettera43.it/it/articoli/interviste/2018/06/17/migranti-soccorso-ong-straniere-salvini/221051

    • The Italian interior minister Matteo Salvini (Lega) has announced after negotiations with minister of infrastructure Danilo Toninelli (5 Stars), and the minister of defence Elisabetta Trenta (5 Stars) the retreat of the Italian rescue forces from the international waters of the central Mediterranean Sea. Instead, France, Spain, Greece, Malta, Libya, Tunisia, the EU with the Frontex-Themis operation and the NATO should take on the job. It is important to stress the following: this concerns the ‘death zone’ near the Libyan-Italian off-shore oil station in the central Mediterranean, where in the past three decades the most boat-people have drowned. Salvini’s plans are directed against the “radical crowd that wants to turn Italy into a refugee camp”. All the more important will it be to connect the activities of non-governmental rescuers in the Central Mediterranean with strategies of admit boat-people in Germany, France, and other EU member states.

      Salvini kündigt Abzug der Küstenwache aus internationalen Gewässern an
      Der italienische Innenminister Matteo Salvini (Lega) kündigt

      nach Beratung mit dem Infrastruktur-Minister Danilo Toninelli (5Stelle), und der Verteidigungsministerin Elisabetta Trenta (5Stelle) den Rückzug der italienischen Seenotrettung aus den internationalen Gewässern des zentralen Mittelmeers an. Stattdessen sollten Frankreich, Spanien, Griechenland, Malta, Libyen, Tunesien, die EU mit Frontex-Themis und die Nato diese Arbeit übernehmen.

      Hinzuweisen ist auf folgenden Hintergrund: Es geht um die Todeszone in der Nähe der libysch-italienischen Off-Shore-Petro-Förderanlagen im zentralen Mittelmeer, wo in den vergangenen drei Jahrzehnten die meisten Boat-people ertrunken sind. Salvini richtet dieses Abzugs-Vorhaben gegen die „radikale linke Schickeria, die Italien in ein Flüchtlingslager verwandeln will“.

      Um so dringlicher wird es, die Aktivität der NGO-Seenotrettung im zentralen Mittelmeer mit Strategien der Aufnahme von Bootsflüchtlingen in Deutschland, Frankreich und anderen EU-Ländern zu verbinden.

      http://ffm-online.org/2018/06/18/salvini-kuendigt-abzug-der-kuestenwache-aus-internationalen-gewaessern-a

    • Du « Saint-Louis » à l’« Aquarius » : 80 ans d’abomination envers les réfugiés

      Retour sur la pérégrination tragique du paquebot Saint-Louis, chargé de réfugiés juifs fuyant l’Allemagne nazie au printemps 1939, qui fut partout refoulé. Or voici que récidivent, sous nos yeux, la méprise et le mépris envers ceux qui migrent.

      Si cette histoire vous amuse,
      Nous allons la, la, la recommencer,
      Ohé ! Ohé !

      Ainsi s’achève – sans donc jamais se terminer – une comptine atroce (il y est question d’un mousse tiré à la courte paille échappant de peu à l’anthropophagie), qui semble saturer l’univers politique des adultes après avoir bercé leur enfance : Il était un petit navire. Le da capo suit son cours inexorable ; jusqu’à mimer le bégaiement de l’Histoire, maintenant et toujours.

      Navigation rime avec immigration et les Suisses opposèrent au flot des réfugiés de la Seconde Guerre mondiale une image impitoyable, dont le cinéaste helvète Markus Imhoof a fait un film : La barque est pleine (Das Boot ist voll). Le mot d’ordre apparaît plus que jamais d’actualité en cette fin de printemps 2018.

      Sous nos yeux se déroule l’errance d’un paquebot, dont le nom signifie en latin « qui se rapporte à l’eau » : Aquarius. Le sort réservé à ces migrants par une Europe absorbée dans sa graisse et dans ses ténèbres, rappelle la condition faite aux réfugiés du Saint-Louis par un monde sans lumières, opiniâtre et petit en tout à l’excès. C’était en 1939 : c’était hier et pourtant aujourd’hui.

      Nazifier les personnes et les événements relève certes du lieu commun, dénote une paresse de la pensée, tient du réflexe rhétorique pavlovien. Mais la concordance des temps s’avère parfois indéniable. À preuve, cet épisode du transatlantique allemand qui, le 13 mai 1939 – six mois après la Nuit de cristal –, laisse derrière lui le port de Hambourg dans un mugissement libérateur et des fumées de bon augure, avec à son bord quelque 900 juifs persuadés d’avoir échappé à la souricière hitlérienne.

      Le Saint-Louis fait route vers Cuba. Les voyageurs ont acheté à prix d’or des permis de débarquement : 500 dollars par passager (ce qui ferait aujourd’hui près de 9 000 dollars). Mais le président Federico Laredo Brú a signé entretemps son décret 937, qui invalide tous les engagements précédents de son pays. Ainsi prétend-il mettre fin à un trafic de visas ayant pris des proportions scandaleuses dans une île en crise.

      Le 27 mai, lorsque le paquebot entre dans le port de La Havane, interdiction lui est signifiée de s’approcher du quai, puis ordre lui est donné de regagner les eaux internationales. Surchauffée par l’extrême droite et ses journaux ayant soutenu la croisade de Francisco Franco en Espagne contre les rouges, la population cubaine manifeste (40 000 personnes dans les rues). Ne surtout pas laisser débarquer ces vecteurs du communisme – le messianisme juif étant lié à la révolution et donc à la dissolution de la société occidentale, selon un poncif politico-religieux de l’époque…

      Le navire se dirige alors vers la Floride, jette l’ancre au large de Miami. Attente angoissante. Rien n’y fait : l’Amérique isolationniste et le Département d’État antisémite auquel se fie encore le président Roosevelt, au pouvoir depuis plus de sept ans à Washington, se montrent inflexibles. Le souvenir et les effets de la Grande Dépression sont patents : 83 % des Américains s’opposent à l’allègement des quotas et restrictions de la loi sur l’immigration, selon un sondage du magazine Fortune.

      Les républicains ont réussi une percée lors des élections de mi-mandat, en novembre 1938. Pas question de céder à l’émotion, de créer un appel d’air en passant pour faible : l’Amérique renvoie l’encombrant vaisseau vers l’Europe. Les câbles adressés au président démocrate par certains passagers du Saint-Louis restent sans réponse.

      Gustav Schröder, capitaine au grand cœur du transatlantique, pour ne pas réexpédier ses passagers vers une mort certaine en Allemagne, a bien l’intention de mettre le feu à son navire au large des côtes britanniques, histoire de forcer le gouvernement de Londres à recueillir les passagers. Mais il apprend en mer que Morris Troper, directeur pour l’Europe du « Joint » (American Jewish Joint Distribution Committee), a obtenu – moyennant une caution de 500 000 dollars (près de 9 millions de dollars actuels) – que certaines nations démocratiques européennes, Pays-Bas, France, Grande-Bretagne et Belgique, accueillent la plupart des passagers.

      Après 40 jours et 40 nuits océaniques, le Saint-Louis débarque à Anvers sa cargaison humaine. Les rescapés rejoignent leur pays d’accueil. La guerre puis l’occupation nazie rattraperont certains d’entre eux. Des 288 personnes arrivées en Grande-Bretagne, toutes survécurent, sauf une qui fut tuée lors d’une attaque aérienne en 1940. Des 620 passagers sur le continent, 87 (14 %) purent émigrer avant l’invasion allemande de mai-juin 1940. 532 subirent la conquête nazie. 278 survécurent. 254 périrent, victimes de la Shoah (84 raflés en Belgique, 84 aux Pays-Bas et 86 en France).

      Les survivants se liguèrent après la guerre, pour venir en aide à l’ancien capitaine du Saint-Louis, Gustav Schröder, qui vivait dans la précarité en RFA. Le 11 mars 1993, Yad Vashem devait honorer la mémoire de ce marin allemand antinazi en lui accordant le titre de Juste parmi les nations.
      Scélérats d’État

      Quand montent les périls, des individus clairvoyants et volontaires se posent en vigies des libertés. Les Sentinelles, tel est le titre d’un beau roman tragique de Bruno Tessarech (Grasset, 2009), qui relate comment, à la fin des années 1930, les pseudo démocraties pactisent avec les dictateurs. Elles se vautrent, humainement, moralement et politiquement, face aux tyrans de rencontre : « Nous [les] supplions de résoudre le problème qu’ils ont eux-mêmes créé, manière de leur répéter, au cas où ils ne l’auraient pas encore compris, que nous leur laissons les mains libres », se désole un jeune diplomate français, héros imaginaire et pourtant si incarné de ce récit d’une marche à la guerre durant laquelle les supposés décideurs agissent en somnambules.

      Le livre s’ouvre sur la conférence internationale d’Évian en 1938, qui explique les tribulations tragiques du Saint-Louis l’année suivante. Les trente-deux pays réunis (le Reich nazi n’est pas invité, l’Urss de Staline ne s’y fait pas représenter) s’entendent pour fermer leurs portes et leurs ports aux juifs d’Allemagne. La Suisse estime en avoir assez fait depuis l’Anschluss et ses afflux de juifs autrichiens : Berne va jusqu’à réclamer à Berlin d’apposer la lettre « J », en rouge sur les passeports de ses ressortissants israélites, afin de les mieux repérer !

      Comble de cette époque désespérante : la République dominicaine du dictateur Trujillo s’avère le seul pays à souhaiter recevoir des réfugiés juifs allemands, afin de « blanchir » sa population ! Les victimes du racisme nazi refuseront la proposition raciste du despote des Antilles. Et la presse hitlérienne exulte à la suite de ce lâche fiasco d’Évian, au mois de juillet 1938 : « Juifs à vendre : même à bas prix, personne n’en veut ! » Le Führer se paie le luxe de faire la leçon à ses donneurs de leçon : « Une honte de voir les démocraties dégouliner de pitié pour le peuple juif et rester de marbre quand il s’agit de vraiment venir en aide aux Juifs ! »

      Tous les clignotants de la mémoire et de l’histoire sont au rouge, en 2018, quatre-vingts ans après la conférence d’Évian. Refuser les réfugiés tient lieu de politique commune aux États froids et veules, qui se satisfont des pertes humaines en temps de paix comme dans la guerre. Et tant de citoyens en âge de voter, perdus pour la raison, se fichent aujourd’hui du destin des musulmans comme ils se fichaient jadis du sort des juifs. Fortifiés par de telles masses électorales, les soi-disant responsables des prétendues démocraties se font scélérats d’État. Emmanuel Macron invite à ne « jamais céder à l’émotion ». Angela Merkel, qui passait pour l’ultime digue contre « l’orbanisation » de l’Europe, rend les armes face au premier ministre hongrois Viktor Orbán : « La Hongrie fait le travail pour nous », a-t-elle glissé dimanche 10 juin sur la chaîne de télévision publique allemande ARD.

      Comme à contre-courant, Justin Trudeau, le premier ministre du Canada, s’est repenti, le mois dernier, au sujet du refus de son pays d’accepter de recevoir les passagers errants du Saint-Louis en 1939 : « Ces excuses ne pourront pas ramener ceux dont la vie a été volée ni réparer les vies brisées par cette tragédie. Cependant, nous avons la responsabilité commune de reconnaître cette réalité difficile, d’en tirer des leçons, et de continuer à nous dresser contre l’antisémitisme tous les jours. C’est ainsi que nous donnerons un sens au vœu solennel : “Plus jamais.” »

      Faudra-t-il attendre 2098 pour que des regrets officiels se manifestent à Paris, Rome, Budapest, Londres ou Berlin, au sujet de la disgrâce européenne imposée en 2018 aux réfugiés de l’Aquarius ? Faudra-t-il qu’entretemps une calamité géopolitique – dont cet épisode aura été annonciateur – ait à nouveau ravagé les peuples et les consciences, pour que l’aveuglement laisse place à la solidarité ?

      Une chanson pour finir. Et pour comprendre à quel point nous avons régressé depuis une cinquantaine d’années. En 1967-1968, alors que l’Occident prônait l’ouverture, l’accueil, le brassage, la rencontre et l’hybridation dans le sillage de l’après-guerre et de la décolonisation, triomphait une comédie musicale : Hair. C’est désormais notre Atlantide. Aquarius était son titre phare. Aquarius, en anglais, signifie « verseau », la constellation du porteur d’eau, dont l’ère tant attendue devait advenir : « La paix guidera les planètes/ Et l’amour conduira les étoiles (Then peace will guide the planets/ And love will steer the stars). »

      Regardez, ci-dessous, dans le film de Miloš Forman (Hair, 1979), comment la diversité engendrait alors la richesse, au lieu de provoquer la suspicion. Écoutez ces paroles, aujourd’hui incroyables, annonçant « Harmonie et compréhension (Harmony and understanding), illumination séraphique (Angelic illumination) », avec cet hymne propre à un monde englouti : « Guidé par les forces cosmiques, prends soin de nous, ô verseau (Guided by the cosmic forces/ O care for us/ Aquarius). » C’était hier ; c’était il y a mille ans, hélas !…


      https://www.mediapart.fr/journal/international/150618/du-saint-louis-l-aquarius-80-ans-d-abomination-envers-les-refugies?onglet=

    • EU inaction over Mediterranean migrants is criminal

      Frederic Penard of SOS Mediterranee urges EU member states to adopt immediately an adequate and common response plan to the ongoing crisis in the Med

      The extraordinary support we have received from European civil society since we were first refused a port of safety for the 630 people who were stranded on the Aquarius shows that citizens are wiser than their leaders (Report, 13 June). By showing their attachment to human life and dignity first, they contrast with the European heads of state and governments for whom this intolerable journey should be a wake-up call. To those EU leaders who would like us gone, we repeat that, as a maritime and humanitarian organisation, our only aim is to save and preserve life according to the law of the sea; and to bear witness on behalf of civil society to the ongoing tragedy in the Mediterranean.

      To those who’ve been supportive, we are sincerely thankful. Nevertheless, we have to remind them that as EU member states, they are co-responsible for the situation in the Mediterranean. By contributing to the training and financing of the Libyan coastguard, they are consciously participating in interceptions of boats in distress, which not only result in people being sent back to the Libyan hell, but also gravely jeopardises safe, efficient and professional search and rescue activities in international waters. To those of them who have been indifferent to our repeated calls for more coordinated search and rescue capacity in the central Mediterranean and for a European response to the drama on our common shores, we say that time has come to wake up. We urge all EU states to adopt immediately an adequate and common response plan to this tragedy: a European rescue fleet must be deployed and a EU-shared policy must be found for the safe disembarkation of the rescued people in the nearest port of safety.

      Indifference has resulted in too many deaths; inaction is criminal. As long as there will be people risking their lives at sea, SOS Méditerranée will pursue its mission in the international waters at the doorstep of Europe to search, rescue and testify.
      Frédéric Penard
      Director of operations, SOS Méditerranée


      https://www.theguardian.com/world/2018/jun/17/eu-inaction-over-mediterranean-migrants-is-criminal?CMP=share_btn_tw

    • L’Italie ferme ses port(e)s

      Cette semaine, en effet, ça se passe beaucoup à Rome ! Nous avons tous entendu parler de l’interdiction faite au navire Aquarius de débarquer en Italie les près de 700 migrants secourus par son affréteur l’ONG SOS Méditerranée. Cette décision du gouvernement italien a été inspirée et incarnée par son ministre de l’Intérieur, le très télégénique chef du parti d’extrême-droite : la Ligue. Pas plus tard qu’hier, ce même Matteo Salvini en a rajouté une couche : aucun navire d’ONG n’accostera plus en Italie. Mais c’est fou ça !

      Pourquoi ? Car, qu’il y ait des ONG humanitaires ou qu’il n’y en ait pas, les personnes qui sont déterminées à traverser la Méditerranée pour rejoindre l’Europe le font. De plus, les navires des ONG sont équipés pour faire de l’humanitaire : sur l’Aquarius, il y a des vivres, des équipements médicaux, du personnel médical. Les cargos, les tankers, les chalutiers, lorsqu’ils se déroutent pour sauver les passagers d’une embarcation en détresse, eux, ne sont pas tout armés pour recueillir des personnes migrantes en train de couler.

      Mardi dernier, quelque-part au milieu de la mer Méditerranée. Un navire de la sixième flotte de la marine américaine, l’USS Trenton, se porte au secours de 40 naufragés. Malheureusement, précise le communiqué du 14 juin, concentré sur ce sauvetage, l’équipage n’a pu repêcher les douze cadavres qui flottaient au milieu des vivants. Ben oui : les navires militaires, jusqu’à preuve du contraire, ne sont équipés ni d’hôpital ambulant, ni de cellule de soutien, et encore moins de chambre froide. C’est important, pourtant, de donner au corps une sépulture, et d’identifier les morts.

      Salvini et le gouvernement populiste italien s’en prennent aux ONG. Vont-ils aussi interdire l’accostage dans leurs ports des navires militaires de l’Otan ? De leur propres gardes-côtes ? Vont-ils tomber sur la tête au point de se soustraire aux obligations du droit de la mer qui les oblige, en tant qu’Etat, à porter secours ?

      Avec Salvini, tout est possible... Ce gouvernement, au pouvoir depuis moins d’un mois, a mis dans son programme qu’il expulserait d’Italie les centaines de milliers de ressortissants étrangers déboutés du droit d’asile ou sans permis de séjour. En attendant, ce gouvernement, dont le président, Giuseppe Conte, était reçu par Emmanuel Macron à Paris vendredi, s’en prend aux ONG. Et, contrairement à une autre partie très importante de la société italienne qui se mobilise pour accueillir les personnes migrantes, les électeurs qui ont voté pour les deux partis au pouvoir, la Ligue et le Mouvement Cinq Etoiles, applaudissent des deux mains. S’ils apprécient la dureté et le peu d’humanité de leur gouvernement, c’est non seulement car ils sont souvent en phase avec le caractère xénophobe du programme de ces deux partis, mais c’est aussi car ils en ont marre que, depuis plusieurs années, les autres pays de l’Union européenne, notamment la France qui cadenasse sa frontière avec l’Italie, les laissent seuls face à ces arrivées de personnes migrantes, qui plus est dans ces conditions tragiques.
      Un « axe » qui fait tourner les têtes

      Car il n’y a pas que les Romains, en fait : ils sont nombreux, les dirigeants Européens à être tombés sur la tête cette semaine ! Les ministres de l’intérieur de trois pays, Salvini pour l’Italie, Kickl pour l’Autriche, Seehofer pour l’Allemagne, ont ainsi appelé à la constitution d’un « axe de la volonté ». De la volonté de quoi ? De renvoyer manu militari à la frontière toute personne entrée sans papier sur leur territoire. Les renvoyer où alors ? Dans le pays frontalier qu’elles auraient traversé précédemment ? A la mer ? Le gouvernement autrichien, que dirige Sebastian Kurz chef de l’ÖVP de droite, en coalition avec le FPÖ d’extrême droite, a déjà proposé, la semaine précédente, avec Lars Lokke Rasmussen, son homologue danois, d’ouvrir des centres d’examens des demandes d’asile à l’extérieur de l’UE, pourquoi pas dans les Balkans occidentaux, et d’y amener les demandeurs d’asile. De cette façon, ceux qui seraient déboutés ne seraient déjà plus dans l’UE.

      Il y a donc une ligne de front le long de laquelle s’affrontent deux conceptions du territoire européen : l’hospitalité et la xénophobie. La seconde est maintenant au gouvernement en Italie, en Autriche, au Danemark, en Hongrie, en République tchèque, en Slovaquie, et en Pologne. En France et en Belgique, les politiques publiques mises en œuvre glissent petit à petit de l’hospitalité vers le rejet et la fermeture. Cette semaine, le gouvernement français n’a pas voulu accueillir l’Aquarius, soit disant pour ne pas céder au chantage de Matteo Salvini. Résultat, c’est l’Espagne du tout nouveau gouvernement socialiste de Pedro Sanchez, pourtant bien plus éloignée de la Sicile, qui a proposé un de ses havres à l’Aquarius. En Allemagne, le ministre de l’intérieur, issu du parti qui dirige la Bavière, s’oppose, comme on vient de le voir, à la politique d’hospitalité et d’intégration voulue par sa cheffe de gouvernement.

      Les Européens sont donc divisés entre eux, et cette division passe au sein de chaque état-membre de l’UE. Les chefs d’État et de gouvernement vont se réunir les 28 et 29 juin prochains : ils sont censés se mettre d’accord sur une politique de migration et d’asile européenne. Une de ces deux lignes l’emportera-t-elle ? Un compromis ou une synthèse est-elle possible ? L’UE va-t-elle se briser sur la politique migratoire ? Jusqu’à quel point marchons-nous, nous les Européens, sur la tête ?

      Défié par son propre ministre de l’Intérieur qui prône cet axe des pays européens volontaires pour refouler les migrants, la chancelière d’Allemagne, Angela Merkel et la Commission européenne se battent pour un « dispatching » équilibré des migrants dans tous les pays de l’UE au delà du pays par lequel ces personnes arrivent en Europe. Elles proposent de mettre en place une procédure européenne d’instruction des demandes d’asile, de façon à éviter que l’étude des dossiers incombent uniquement aux pays d’entrée. Au passage, gardons bien en tête le nombre de personnes concernées. Selon Eurostat, citée par Euractiv.fr, le nombre de demandes d’asile est passé en UE de 563 000 en 2014 à environ 1,2 million en 2015 et 2016, au plus fort de la crise. En 2017, 650 000 demandes enregistrées. Si l’Allemagne, qui a suspendu l’application du règlement de Dublin au plus fort de la crise, récupère toujours la majorité des demandes (31% de l’ensemble des demandes en UE), l’Italie (20%) et la Grèce (9%) sont respectivement à la deuxième et quatrième place en raison de leurs situations aux portes de la Méditerranée.
      Ce qui est en cause, c’est donc ce qu’on appelle la convention de Dublin sur l’asile dans l’UE. Les 26 états-membres de l’espace Schengen de libre circulation (dans cet espace, les individus passent d’un pays à l’autre avec une simple carte d’identité et sans obligation de la montrer à la frontière) ont décidé que toute demande d’asile devait forcément être instruite par le pays d’entrée. Deux façons de réformer cette procédure qui n’est plus adaptée se font face : soit, au mépris de l’État de droit et des conventions internationales, on refoule les entrants et on examine leur demande dans des camps extra-territoriaux. C’est ce qui correspond aux propositions des gouvernements où l’extrême-droite est maintenant au pouvoir.

      Cela prolongerait et amplifierait ce que l’UE appelle ses hotspots : des centres installés dans plusieurs pays voisins qui sont sur les routes qui mènent des pays en guerre ou en crise que fuient les migrants vers l’UE, centres vers lesquels ils sont dirigés et retenus par les gouvernement locaux, pour que les fonctionnaires européens y examinent les demandes d’asile. Cette politique consiste, de plus en plus, en une diplomatie du carnet de chèque de moins en moins soucieuse du droit d’asile et des conventions de Genève réputées protéger les personnes en danger. Depuis 2015, la Turquie a ainsi coupé la route à des centaines de milliers de syriens fuyant la guerre civile ; elle les héberge dans des camps humanitaires financés par l’UE. L’Italie et l’UE ont passé des accords de même type avec la Libye pour les personnes fuyant la guerre au Soudan ou en Somalie, notamment. Mais, en Libye, ces personnes vivent un véritable enfer... pour partie financé par les accords avec l’UE.
      Vers un « axe de l’hospitalité » ?

      Les institutions de l’UE prévoient ce qui s’appelle des coopérations renforcées : un groupe de pays membre de l’UE peut mettre en œuvre une politique publique européenne si les autres ne s’y opposent pas. On pourrait imaginer que les pays hospitaliers refusent les propositions des pays actuellement gouvernés par l’extrême-droite de renvoi et d’externalisation ; et qu’ils obtiennent que les gouvernements xénophobes de ces pays ne s’opposent pas aux propositions de mutualisation de l’asile par les gouvernements des pays hospitaliers.

      Ceci ne serait pourtant que du court terme. À long terme, il s’agit de changer de discours et de regard sur la réalité migratoire. Il s’agit d’arrêter de marcher sur la tête, et de retomber sur nos pieds. Et là, cette semaine, ça se passe à Bilbao. Dans la capitale du pays basque espagnol qui est aussi une des plus belles villes d’Espagne, un allemand, Rainer Haas, s’est levé et a dit : « L’Union européenne doit adopter une législation unique sur les migrations ». Mais qui est Rainer Haas ? Il n’est que co-président du Conseil des communes et régions d’Europe (CCRE) et président du Comté de Ludwigsbourg (Allemagne). C’était mercredi dernier, en clôture de la conférence « Égalité, Diversité et Inclusion » organisée par le CCRE.

      Ce conseil regroupe toutes les collectivités locales d’Europe. Il n’a certes pas de pouvoir ni de souveraineté. Mais enfin, sur le terrain, c’est dans les collectivités territoriales que ça se passe. Rainer Haas a souligné l’impact positif de l’intégration des réfugiés et des demandeurs d’asile sur l’économie locale et régionale. « Actuellement, rapporte Euractiv.fr, notre taux de chômage dans la région oscille autour de 3 %, ce qui signifie le plein emploi. C’est le taux de chômage le plus bas depuis de très nombreuses années. ». Sa ville de Ludwigsbourg a intégré 11 000 réfugiés, soit l’équivalent de 2 % de la population locale.

      C’est la fermeture des voies d’accès légales à la migration vers l’Europe qui est à l’origine des trafics de passeurs et des morts en Méditerranée, ce n’est pas le projet migratoire lui même ! Au contraire, ces tragédies et ces crispations prouvent par l’absurde et de façon inhumaine et bien peu urbaine, que rien, même le risque de mourir, n’entame la détermination du petit nombre de personnes qui sont résolues à venir en Europe. Alors que les économistes, les démographes et les employeurs expliquent que l’Europe a rationnellement besoin de la venue de personnes migrantes, on pourrait peut-être mobiliser nos intelligences collectives et les formidables ressources de nos administrations si développées et si ingénieuses pour valoriser ces énergies, cette motivation, ces qualifications... avec lesquels ces candidats à des papiers européens font corps : le leur ! On pourrait peut-être trouver d’autre mode de sélection que la traversée de la Méditerranée au péril de sa vie, non ? Seuls les survivants auraient droit, et encore, à un permis de séjour ?

      Si donner des permis de séjour fait si peur à certains, on pourrait inventer des permis de circuler entre plusieurs pays. La France empêche les demandeurs d’asile de travailler, dans l’espoir de paraître une terre inhospitalière. L’Allemagne au contraire autorise les demandeurs d’asile à travailler peu de temps après le dépôt de la demande, de façon à ce que les gens se sentent bien et utiles le plus vite possible, et mènent une vie normale.... Il n’est pas surprenant qu’elle soit devenue une destination souhaitée par beaucoup.

      A Bilbao, Bart Sommers, maire de Malines en Belgique, a souligné l’impact positif de l’intégration des migrants. « Nous avons 138 nationalités différentes et nous avons plus de musulmans dans notre ville que la Hongrie et la Slovaquie réunies. » "Peut-être que Monsieur Orbán, [premier ministre hongrois depuis 2010 dont l’idéologie illibérale est très anti migrants], pourrait nous rendre visite", a-t-il ajouté.

      Mais ils sont fous ces Européens !


      https://www.explicite.info/articles/1003-leuroscope-de-la-semaine

      #aquarelle #dessins

    • La Spagna accoglie l’Aquarius, ma l’azione delle ong si restringe

      Il sole è già alto nel cielo e l’aria è ferma, il rumore dell’elicottero della polizia spagnola a bassa quota non dà tregua. Dopo otto giorni in mare e 1.300 chilometri percorsi in condizioni non sempre favorevoli per la navigazione, alle 10.25 del 17 giugno la nave umanitaria Aquarius appare all’orizzonte ed entra nel porto di Valencia, scortata da un’imbarcazione della guardia civil, da una della guardia costiera e dalle lance dell’ong Proactiva Open Arms.

      Aquarius sfila con il suo scafo arancione davanti alle televisioni di tutto il mondo schierate sul molo, mentre dal ponte i naufraghi intonano un canto. Sulla banchina gli operatori che aspettavano l’attracco dalle prime luci dell’alba si lasciano andare a un applauso. I medici e gli operatori sanitari spagnoli sono i primi a salire a bordo della nave diventata il simbolo della chiusura verso i migranti del nuovo governo italiano e della crisi politica che rischia di mandare in pezzi l’intera Unione europea.

      Circa un’ora dopo, le 106 persone soccorse al largo della Libia scendono dalla scaletta, tra loro undici bambini e sette donne incinte. L’ultimo a lasciare la nave è Reward, un ragazzo nigeriano, che scherza con i soccorritori. Per salutarlo uno degli operatori prende un’armonica e si mette a suonare. Dopo lunghi giorni di tensione, esplode la gioia. Un agente della guardia civil spagnola schierata allo sbarco non riesce a trattenere il sorriso. “Il momento più difficile è stato quando abbiamo dovuto spiegare ai migranti quello che stava succedendo”, ricorda Alessandro Porro, soccorritore di Sos Méditerranée e operatore della Croce rossa, originario di Asti, in Piemonte. “I migranti temevano di essere rimandati in Libia”.

      La rotta spagnola
      Alle 13.30 attracca la nave Orione della marina militare italiana, nave Dattilo della guardia costiera era sbarcata all’alba. Tutti i 630 migranti respinti il 10 giugno dall’Italia sono finalmente arrivati in un porto sicuro. Più di cento sono portati in ospedale, ma solo sei sono ricoverati. Le operazioni di sbarco vanno avanti per tutto il giorno e si concludono verso le 19.30, quando le autorità spagnole definiscono Valencia “capitale europea della solidarietà” e si dichiarano soddisfatte della buona riuscita del piano di emergenza che hanno chiamato “speranza nel Mediterraneo”.

      “Siamo contenti che questa inutile Odissea sia finita”, commenta la portavoce di Sos Méditerranée Mathilde Auvillain subito dopo lo sbarco dell’Aquarius. “L’accoglienza da parte degli spagnoli è stata molto umana, sono stati condotti prima i controlli medici e poi le identificazioni da parte della polizia”, continua. Il comune di Valencia ha preparato un’accoglienza imponente con la partecipazione di più di 2.300 operatori e funzionari, tra cui 800 volontari della Croce rossa. “Un aspetto che mi sembra molto positivo è il fatto che siano stati coinvolti circa 400 mediatori culturali e questo permetterà ai profughi di essere seguiti con attenzione durante le procedure di registrazione e di identificazione, fondamentali per la richiesta di asilo”, conclude. I migranti riceveranno un permesso umanitario valido per 45 giorni poi dovranno accedere alla procedure di richiesta di asilo ordinaria.

      Ma non tutti condividono la speranza che le sofferenze e gli ostacoli per queste persone siano terminati. Una parte dei migranti appena arrivati sarà trasferita in Francia, perché il governo di Emmanuel Macron ha comunicato la sua disponibilità, ma non vengono diffusi troppi dettagli su questa opzione. Mentre in particolare i migranti di origine algerina e marocchina rischiano di essere rimpatriati. Durante lo sbarco nel porto di Valencia, un gruppo di attivisti protesta davanti alla sala stampa.

      “Nessuno è illegale”, gridano. Denunciano le politiche di respingimento della Spagna nei confronti dei migranti nelle enclave di Ceuta e Melilla in Nordafrica e chiedono la chiusura dei centri di detenzione per il rimpatrio nella penisola iberica. “Molti dei migranti appena arrivati sono algerini e marocchini e dopo questo lungo calvario durato giorni in mare, ora rischiano di finire in un centro di detenzione per 60 giorni”, afferma Iñigo, un attivista della Campagna per la chiusura dei Centri di detenzione (Cie) mentre arrotola lo striscione con la scritta “No Cie” per tornarsene a casa dopo il sit in.

      La Spagna è il paese europeo con più immigrati in relazione alla popolazione (il 10 per cento) e il secondo paese dopo la Germania in termini assoluti con 6 milioni di immigrati. Ma è anche uno dei primi stati europei ad aver investito sulla militarizzazione della frontiera, tanto che le recinzioni di Ceuta e Melilla, costruite negli anni novanta, sono diventate il simbolo della cosiddetta Fortezza Europa.

      Negli ultimi due anni però la Spagna ha registrato a un nuovo aumento degli arrivi via mare in particolare dall’Algeria e dal Marocco. Secondo l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) nei primi sei mesi del 2018, in Spagna sono arrivati più di 14mila migranti, il 50 per cento in più di quelli arrivati nello stesso periodo del 2017, ma più o meno in linea con il numero di persone arrivate in Italia nei primi sei mesi del 2018 attraverso la rotta del Mediterraneo centrale. Solo nel finesettimana appena trascorso, la guardia costiera spagnola ha soccorso 1.290 persone nello stretto di Gibilterra e al largo delle isole Canarie. Nelle operazioni sono stati recuperati quattro cadaveri e 43 persone risultano disperse. I numeri della rotta spagnola sono destinati ad aumentare, secondo Frontex, ma nonostante questo, anche la Spagna è stata accusata dal governo italiano di non “fare la sua parte” sull’immigrazione.

      Un punto di non ritorno?
      Qualche ora dopo l’arrivo a Valencia, il coordinatore delle operazioni della nave Aquarius di Sos Méditerranée Nicola Stalla confessa tutto il suo sconcerto per l’esperienza appena vissuta. Originario di Alassio, in Liguria, e con una lunga esperienza alle spalle da coordinatore della missione, Stalla non avrebbe mai pensato che la Centrale operativa della guardia costiera di Roma avrebbe potuto ordinare alla nave Aquarius di attraccare a Malta, dopo aver coordinato i drammatici soccorsi di sabato notte.

      “Domenica sera ci siamo resi conto che quella decisione da parte di Roma ci avrebbe messo in una condizione di stallo pericolosa”, afferma. “Il nostro timore era quello di esaurire i viveri nel giro di poche ore, mentre Italia e Malta si rimpallavano le responsabilità”, racconta. Per Stalla la lunga traversata dell’Aquarius è la dimostrazione che i porti spagnoli e francesi non possano essere considerati un’alternativa valida a quelli italiani per i migranti soccorsi al largo della Libia.

      Il coordinatore della missione definisce “inumano e irrealistico” pensare che i migranti debbano essere sbarcati in Spagna o in Francia. “I giornalisti che erano a bordo hanno documentato cosa significhi sottoporre queste persone così vulnerabili a un viaggio lungo attraverso il Mediterraneo, un mare tutt’altro che facile per una nave sovraccarica in certe condizioni del meteo”.

      https://www.internazionale.it/bloc-notes/annalisa-camilli/2018/06/17/aquarius-valencia-ong

    • @stesummi fait, dans cet article, un lien entre ce qui se passe en Méditerranée, la fermeture des ports, et les discussions sur la réforme du #règlement_Dublin...

      Riformare Dublino ? Campa cavallo

      Nonostante la portata simbolica, giuridica e umana della chiusura dei porti a diverse navi di ONG, Matteo Salvini riuscirà difficilmente ad imporre ai paesi europei una maggior solidarietà nei confronti dell’Italia, ritengono diversi esperti. Il caso Aquarius ha reso ancor più evidente la frattura in seno all’Unione e l’incapacità dei paesi membri di trovare una risposta comune alla sfida del secolo.

      https://www.tvsvizzera.it/tvs/vicenda-aquarius_riformare-dublino--campa-cavallo/44198368
      #Dublin_IV #Dublin

    • Aquarius, una nave ostaggio della politica

      Concesso: l’Italia non può essere lasciata sola dall’Unione Europea a gestire il flusso di immigranti che attraversano il Mediterraneo partendo dall’Africa. Così come non può essere lasciata sola la Grecia, che ospita centinaia di migliaia di persone che la raggiunsero dalla Turchia due anni fa. Su questa sfida si misura la statura morale e politica dell’idea di comunità europea. Che per ora appare bassa. Ma la decisione del ministro degli interni italiano Matteo Salvini di chiudere i porti italiani alla nave Aquarius della ong italo-franco-tedesca Sos Mediterranée con 629 persone a bordo (dando così prova di essere il vero capo del governo, visto che la competenza spettava in realtà ad un altro ministero) è una brutta notizia per chi ha a cuore il diritto e l’impegno umanitario.

      La decisione del governo italiano è un atto illegale, contravviene alla Convenzione internazionale sulla ricerca e il salvataggio marittimo (ratificata dall’Italia nel 1989), la quale impone non solo il salvataggio in mare ma anche il trasferimento in luogo sicuro. Ed essendo stata la Aquarius incaricata dalla guardia costiera di Roma di portare in salvo le 629 persone, raccolte in diverse operazioni al largo della Libia, la chiusura dei porti ordinata da Salvini risulta ancora più assurda, tanto più che i porti restano aperti alle navi militari italiane, una delle quali ha portato oltre 900 migranti a Catania.

      Evidentemente il ministro degli interni e capo della Lega voleva mandare un segnale «forte» anche alle ong che in questi anni si sono prodigate per salvare più vite possibile sul Mediterraneo (essendo le forze messe in piedi dall’Unione europea insufficienti), da lui accusate di favorire l’immigrazione clandestina e di fare affari con i passatori. Ma il messaggio più forte è rivolto all’Unione Europea, che non riesce a riformare l’accordo di Dublino sul primo asilo e mettere d’accordo i suoi Stati membri sulla redistribuzione dei profughi, di cui si fa attualmente carico soprattutto l’Europa meridionale. Una redistribuzione cui si oppongono in particolare gli Stati del Gruppo di Visegrad (Ungheria, Polonia, Cechia e Slovacchia), con l’appoggio dell’Austria, con cui Salvini si sente maggiormente in sintonia.

      Ma è questa la strada per far crescere la solidarietà all’interno dell’Ue? O non è piuttosto un tentativo di minarla dall’interno, scatenando una litigiosità su un tema altamente delicato? Se il presidente francese Macron non è la persona più indicata per dare del «cinico» a Salvini (visto che il suo paese ha più volte chiuso le frontiere ai migranti che volevano raggiungerla dall’Italia), quale altro titolo può essere assegnato ad un ministro che gioca sulla pelle di centinaia di persone per raggiungere i suoi scopi politici ed elettorali?

      http://www.azione.ch/editoriale/dettaglio/articolo/aquarius-una-nave-ostaggio-della-politica.html

    • [L’intervista] #De_Falco, il comandante dei Cinque Stelle: “Salvini si rassegni: i naufraghi in mare vanno salvati”

      Parla l’ufficiale di Marina #Gregorio_De_Falco che la notte del 13 gennaio 2012 ordinò al capitano Schettino della Cosa Concordia di “tornare subito a bordo”. Il senatore 5 Stelle ricorda al ministro dell’Interno che il governo è “un organo collegiale”. Ma riconosce al segretario della Lega di aver ragione su Malta: “Non può continuare a sottrarsi”. Da sue ricerche la nave della Ong Lifeline è olandese. Insensato parlare di “blocco navale”. E assurdo ipotizzare di arretrare le navi rispetto alla zona dei salvataggi. “Le Capitanerie non lo faranno…

      http://notizie.tiscali.it/politica/articoli/intervista-de-falco-fusani

      v. anche:
      L’ex M5s De Falco: «Salverò i migranti. La legge del mare è superiore a quella di Salvini» - L’intervista
      https://www.open.online/primo-piano/2019/04/06/news/de_falco_intervista-187159

    • Corsica offers to take migrant boat

      The speaker of Corsica’s regional parliament, Jean-Guy Talamoni, said Monday that the French island was ready to open its port to the Lifeline, the boat of German NGO Mission Lifeline with some 230 migrants on board. Italy and Malta have refused to let the boat dock on their territory, as has Spain, which accepted the Aquarius, another boat, earlier this month.

      https://euobserver.com/tickers/142192
      #Corse

    • Publié par Fulvio Vassallo sur FB, le 27.06.2018:

      La Lifeline sta attraccando a Malta. Tra poco Muscat -su ordine di Salvini- la sequestrera’.

      I servizi giornalistici confermano che si contesta al comandante, che verrà arrestato, il grave fatto di non avere obbedito agli ordini provenienti dalla Centrale Operativa della Guardia costiera italiana di consegnare i naufraghi alle motovedette libiche, se non portarli direttamente in un porto libico.

      Sotto processo chi ha rispettato le regole delle Convenzioni internazionali, legittimati gli ordini illegittimi di riconsegna ai libici. Ai libici dai quali fuggono persone vittime di abusi e violenze che Salvini definisce soltanto come «retorica». Ma per la Direzione Distrettuale antimafia e per il Tribunale di Ragusa la Libia non offre «porti sicuri di sbarco».

      Questa e’ la fine del diritto internazionale. Ma anche dello stato di diritto in Italia.

      https://www.facebook.com/fulvio.vassallo.3/posts/10156549963911926

    • Pubblicato da Fulvio Vassallo, il 27.06.2018, su FB:

      Provata la prassi adottata dalla Centrale operativa della Guardia Costiera italiana (IMrcc) di Roma che ha ordinato al comandante della Lifeline, prima di riconsegnare i migranti alle motovedette libiche e poi di dirigere direttamente su Tripoli, per una «rendition» dei naufraghi agli agenti delle unità antimmigrazione del governo Serraj. Si tratta di ordini illegittimi, mai impartiti prima, frutto delle direttive informali impartite da Salvini e Toninelli. Più mettono sotto accusa le Ong, piu’ aprono processi contro gli operatori umanitari, piu vengono fuori le magagne della Guardia costiera ( e della Marina) italiana. Siamo solo all’inizio. Verranno fuori tracciati, notam, mappe, registrazioni e testimonianze . Vedremo alla fine chi ha rispettato la legge e le convenzioni internazionali e chi le ha violate. Se da qualche parte esistono ancora giudici indipendenti, come i giudici di Palermo e di Ragusa che hanno scritto nelle loro sentenze che in Libia non esistono «porti sicuri di sbarco».

      https://www.facebook.com/fulvio.vassallo.3/videos/10156550134361926

    • Una zona SAR per la “Libia” che non esiste. Si perfeziona la politica dell’annientamento.

      Sull’onda dei successi delle manovre di criminalizzazione delle ONG avviate lo scorso anno durante il governo Gentiloni-Minniti, dopo le operazioni di “soccorso” in acque internazionali delegate ai guardiacoste di Tripoli, giunge la notizia che l’IMO (Organizzazione delle Nazioni Unite per la navigazione matrittima internazionale) avrebbe inserito nei suoi data base una zona SAR “libica” con la indicazione di una Centrale operativa di coordinamento.

      https://www.a-dif.org/2018/06/28/una-zona-sar-per-la-libia-che-non-esiste-si-perfeziona-la-politica-dellannien

    • La Libia ha dichiarato la sua zona SAR: lo conferma l’IMO

      Tripoli definisce una propria area di ricerca e soccorso riconosciuta dall’Organizzazione Marittima Internazionale. Una svolta che complica ulteriormente la situazione, rendendo ancora più incerto il futuro di chi è intrappolato in Libia e il ruolo delle navi umanitarie. Diverse le domande, prima tra tutte: come si può affidare la responsabilità del soccorso a un Paese che non può essere considerato “Place of Safety”?

      http://www.vita.it/it/article/2018/06/28/la-libia-ha-dichiarato-la-sua-zona-sar-lo-conferma-limo/147392
      #SAR #Libye #it_has_begun #sauvetage #Méditerranée #asile #migrations #réfugiés #zone_SAR

    • Colau ofrece Barcelona como “puerto seguro” para acoger migrantes a la deriva

      La alcaldesa de la capital catalana apela directamente al presidente Pedro Sánchez y la vicepresidenta Carmen Calvo para ayudar a la oenegé Open Arms “a salvar vidas”

      http://www.lavanguardia.com/politica/20180624/45375909848/ada-colau-barcelona-puerto-seguro-migrantes-deriva.html
      #Barcelone

      #Berlin aussi a déclaré vouloir accueillir des demandeurs d’asile de la #Lifeline...
      Berlin will Flüchtlinge aufnehmen
      http://www.taz.de/!5516521

      –-> je vais mettre les infos concernant les villes qui se sont déclarées prêtes à accueil des migrants sur ce fil autour des #villes-refuge : https://seenthis.net/messages/656848

    • Les ONG ne sont pas les complices des passeurs

      Non seulement les opérations de secours en mer sauvent des personnes de la noyade, mais elles œuvrent à leur évacuation en situation de danger immédiat dans leur pays, rappelle MSF.

      La Méditerranée est devenue depuis trois semaines l’arène au sein de laquelle les Etats européens s’adonnent à des jeux politiques sordides aux dépens de la vie de milliers de personnes et mettent en scène la fermeture de leur territoire. Dernier épisode en date, le 26 juin, commentant l’opération de sauvetage du Lifeline, un navire d’une organisation non gouvernementale et son débarquement accordé in extremis par Malte, le président Emmanuel Macron l’accuse d’être « intervenue en contravention de toutes les règles et des garde-côtes libyens » et ainsi d’avoir « fait le jeu des passeurs ». Poursuivant, il regrette qu’« au nom de l’humanitaire », il puisse n’y avoir « plus aucun contrôle ».

      Ainsi, c’est l’ensemble des organisations humanitaires de secours en mer qui se retrouvent qualifiées de complice des trafiquants. Une accusation aussi absurde qu’inacceptable. Les ONG n’agissent en mer que sur instruction du centre de coordination des secours maritimes italien. Emmanuel Macron oublie également, à l’instar de ses homologues européens, que les opérations non-gouvernementales ne secourent qu’une minorité de celles et ceux qui sont sauvés en mer, la plupart l’étant par les garde-côtes italiens et des navires marchands. Plutôt qu’encourager les migrants à prendre la mer dans des conditions périlleuses, nous disent les responsables européens, il s’agit de confier la responsabilité du sauvetage aux garde-côtes libyens, ainsi que celui de la surveillance des côtes pour empêcher les départs. Comme s’en félicite le porte-parole du gouvernement Benjamin Griveaux, « grâce à un investissement que la France et l’Union européenne auprès des autorités libyennes », le rythme des traversées a considérablement ralenti.

      Ce résultat a été obtenu au prix de mesures révoltantes. Car les Européens dans leur ensemble, et la France et l’Italie au premier chef, encouragent l’interception en mer, le refoulement et le maintien en Libye de milliers de personnes qui y ont enduré des mois, et même pour certains des années, de privations, d’extorsion, de torture et d’esclavage. Personne n’ignore plus en effet ces sévices depuis la publication de nombreux rapports, dont ceux issus de notre travail dans le pays, en Libye ainsi que la diffusion CNN de la vidéo d’un marché aux esclaves en octobre dernier. Le président Macron n’hésitait pas lui-même à qualifier de « crimes contre l’Humanité » les faits d’esclavage en Libye en novembre dernier.

      Depuis le début de l’année 2018, ils sont déjà plus de 10 000 à avoir été interceptés et refoulés par les « garde-côtes libyens », bannière regroupant des groupes disparates de militaires et milices en armes. Des garde-côtes que l’Union européenne finance et forme, malgré la porosité de certains de ces groupes avec les trafiquants d’êtres humains comme cela a été largement démontré. Pour rappel, le Conseil de sécurité de l’ONU a sanctionné le 7 juin dernier six personnes, dont quatre Libyens, à la tête de réseaux de trafiquants : parmi eux, un des chefs des garde-côtes de la ville de Zawiya. Pourtant, par un tour de passe-passe tragique, la France se satisfait aujourd’hui, à l’instar de l’Italie, de sa coopération – de sa complicité ? – avec ces autorités aux contours flous et dont on sait qu’elles maltraitent les migrants et organisent elles-mêmes parfois leur passage.

      Une fois reconduites dans les centres de détention, les personnes interceptées seront pour la plupart soumises à un chantage de fait : rester enfermées dans ces cages fétides des mois encore ou bien se résoudre à intégrer le programme de « retours volontaires » dans leur pays d’origine organisé par l’Organisation internationale des migrations. Bien que certains d’entre eux accueillent ces propositions avec soulagement, d’autres ne s’y soumettent que pour échapper au pire. Quelques-uns finiront par bénéficier de la protection du Haut-Commissariat des Nations unies pour les réfugiés, seront envoyés au Niger en attente d’une hypothétique relocalisation dans un pays européen. Mais leur nombre est terriblement faible – un peu moins de deux cents depuis la fin de l’année 2017 – au regard des dizaines de milliers de personnes reconnues demandeuses d’asile en Libye.

      A ce regard, rien ne fonctionne : il n’existe aucun système d’enregistrement digne de ce nom et les activités du HCR dans le pays sont extrêmement contraintes. Enfin, une partie des personnes interceptées se retrouve à nouveau plongée dans des réseaux de criminalité et enfermée dans des prisons sauvages, où elles sont torturées pour obtenir une rançon de leurs proches. Les migrants détenus en Libye aujourd’hui se trouvent d’ailleurs majoritairement dans ces lieux de captivité clandestins, soumis aux pratiques les plus barbares et parfois tués. MSF sait, pour jouer les fournisseurs de sacs à cadavre à une association locale au nord de la Libye, que ce sont des centaines de personnes qui disparaissent ainsi chaque mois.

      Dès lors, la fuite est pour ses personnes une nécessité bien plus qu’un choix. En ce sens, les opérations de secours en mer des ONG répondent autant à sauver les gens d’une noyade certaine que d’œuvrer à l’évacuation de personnes en situation de danger immédiat.

      L’alternative au secours en mer n’est pas, comme feignent de le croire Emmanuel Macron et Matteo Salvini, sa disparition, mais bien plutôt une capacité accrue pour faire sortir les migrants qui le souhaitent de cette situation où ils connaissent l’enfer, et cela sans que le recours aux passeurs soit leur unique possibilité : sortir d’une logique de détention, accorder toute sa place à la demande d’asile en prenant conscience que certains d’entre eux ne pourront être rapatriés, accélérer les processus de relocalisation dans les pays tiers, y compris en Europe. Que penserait Paul Ricoeur, dont se réclame notre président, d’un de ses disciples faisant de l’ambulancier le complice de l’agresseur ?

      http://www.liberation.fr/debats/2018/06/29/les-ong-ne-sont-pas-les-complices-des-passeurs_1662820

    • Migranti: Toninelli, divieto di attracco per la nave ong #Astral

      «In ragione della nota formale che mi giunge dal Ministero dell’Interno e che adduce motivi di ordine pubblico, dispongo il divieto di attracco nei porti italiani per la nave Ong Astral, in piena ottemperanza dell’articolo 83 del Codice della Navigazione». Lo dice in una nota il Ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, Danilo Toninelli.

      http://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2018/06/29/migranti-toninelli-divieto-di-attracco-per-la-nave-ong-astral-_d1b9ba19-7f42-44

      Commentaire de Marta Esperti sur FB:

      Decisione puramente politica, l’Astral non ha nessun migrante a bordo tra l’altro. Inoltre Astral è il nome della nave e non della ONG (#Proactiva_Open_Arms). Un’altra decisione meschina ed irregolare.

    • Updated (3): Another battle between Malta, Italy brewing on yet another ship with migrants

      Another battle of words is brewing between Malta and Italy on yet another group of migrants that has been rescued by a ship belonging to a non-governmental organisation.

      Italian Home Minister Matteo Salvini, on Twitter, wrote that Italy will not be accepting the ship with the migrants which, according to him, is closer to Malta.

      But, in a reply, Home Affairs Minister Michael Farrugia said that Lampedusa, which is Italian territory, is closer to the area where the SAR operation took place. The map shows that Lampedusa is 124.99 nautical miles away from the site, while Malta is 141.02 nautical miles away.


      http://www.independent.com.mt/articles/2018-06-30/local-news/Another-battle-between-Malta-Italy-brewing-on-yet-another-migrant-sh

    • "Avete fatto annegare 100 migranti". Open Arms accusa l’Italia

      La ong #Open_Arms accusa la Guardia costiera italiana e quella libica della morte dei migranti annegati in un naufragio al largo della Libia. «Ieri 100 persone sono morte nel naufragio di una barca di fronte alle coste della Libia», afferma la ong, che ha in queste ore nel Mediterraneo la nave Astral, a bordo della quale si trovano 59 migranti soccorsi oggi.

      Open Arms - prosegue il tweet dell’europarlamentare socialista spagnolo Javi Lopez, che si trova a bordo e che in un filmato si sofferma in un colloquio con Oscar Camps, fondatore della ong spagnola - «avrebbe potuto salvarle ma il suo appello è stato ignorato dalla Guardia costiera italiana e da quella libica».Il gommone naufragato tra ieri e giovedì scorso aveva a bordo almeno 120 migranti. Al naufragio sono sopravvissuti in 16. Tra i morti ci sono almeno tre bambini. «L’evento Sar avvenuto nella giornata di ieri e per il quale risultano dispersi circa 100 migranti è accaduto in acque territoriali libiche e non ha visto in alcun modo il coinvolgimento della Centrale operativa della Guardia costiera di Roma». E’ quanto precisa la stessa Guardia costiera in riferimento alla ricostruzione di Open Arms che ha accusato l’Italia.

      https://www.huffingtonpost.it/2018/06/30/avete-fatto-annegare-100-migranti-open-arms-accusa-litalia_a_23471711

    • Migrants rescue boat allowed to dock in Barcelona

      A Spanish rescue boat which plucked 60 migrants from a patched-up rubber dinghy in the Mediterranean Sea near Libya has been given permission to sail to Barcelona, following another political row between Italy and Malta over where the vessel should dock.

      The boat, Open Arms, run by Spanish aid group Proactiva Open Arms, said it rescued the migrants – including five women, a nine-year-old child and three teenagers – after it spotted a rubber boat patched with duct tape floating in the sea. All the migrants appeared in good health.

      Italy’s right-wing interior minister Matteo Salvini quickly declared that the rescue boat “can forget about arriving in an Italian port”, and claimed it should instead go to Malta, the nearest port.

      Malta swiftly pushed back, with its interior minister contending that the tiny Italian island of Lampedusa, south of Sicily, was closer to the boat.

      http://www.itv.com/news/2018-06-30/migrants-rescue-boat-allowed-to-dock-in-barcelona

    • Dopo l’allontanamento delle ONG è strage quotidiana sulla rotta del Mediterraneo centrale

      Nel giorno in cui il ministro dell’interno e vice-presidente del Consiglio rilancia da Pontida l’ennesimo attacco contro le ONG, che vedranno “solo in cartolina” i porti italiani, e mentre tre navi umanitarie sono bloccate nel porto de La Valletta, per decisione del governo maltese, nelle acque del Mediterraneo Centrale si continua a morire. Si continua a morire nell’indifferenza della maggior parte della popolazione italiana, schierata con chi ha promesso che, chiudendo i porti, e le vie di fuga, ai migranti da soccorrere in mare, le condizioni di vita degli italiani colpiti dalla crisi potranno migliorare. Una tragica illusione. Il vero pericolo per tutti oggi non viene dal mare, ma dalla costituzione di un fronte sovranista ed identitario europeo, che potrebbe cancellare lo stato di diritto e la democrazia rappresentativa. E allora non ci sarà più spazio nè per i diritti umani nè per i diritti sociali. i più forti imporranno le loro leggi ai più deboli.

      Questa volta nessuno potrà accusare le navi umanitarie, come hanno fatto fino a oggi direttori di giornali in Italia ed esponenti della sedicente Guardia costiera libica. Adesso i libici, in assenza delle navi umanitarie, sono costretti ad avvalersi delle navi commerciali in navigazione nelle loro acque, per operazioni di soccorso che da soli non sono in grado di garantire, salvo poi attaccare le ONG. Per le persone “soccorse” in mare da questi mezzi il destino è segnato, lo sbarco avviene a Tripoli, porto più vicino ma non “place of safety“, e dopo poche ore, per coloro che sono trasferiti dal centro di prima accoglienza al porto, ai vari centri di detenzione gestiti dalle milizie, il destino è segnato.

      Si ripetono intanto attacchi scomposti contro gli operatori umanitari, che rilanciano la macchina del fango che da oltre un anno si rivolge contro le ONG, accusate di tutti i possibili reati, per il solo fatto di salvare vite umane in mare. Si vogliono eliminare tutti i testimoni dell’Olocausto nel Mediterraneo. Senza un voto del Parlamento si è cercato di introdurre in via surrettizia il reato di solidarietà, in spregio al principio di legalità, affermato dalla Costituzione italiana.

      Questa striscia di morte, che si allunga giorno dopo giorno, con una cadenza mai vista prima, deriva direttamente dalla eliminazione delle navi umanitarie e dall’arretramento degli assetti militari italiani ed europei che in passato, anche se si verificavano gravi stragi, riuscivano tuttavia a garantire più solleciti interventi di soccorso. Il blocco di tre navi umanitarie a Malta, come il sequestro della Juventa lo scorso anno, potrebbero essere stati causa di una forte riduzione della capacità di soccorso in acque internazionali, tra la Libia e ‘Europa, una capacità di soccorso che gli stati non hanno voluto mantenere negli standards imposti dalle Convenzioni internazionali a ciascun paese responsabile di una zona SAR ( ricerca e soccorso). La presenza delle navi umanitarie è stata bollata come un fattore di attrazione delle partenze, se non come vera e propria complicità con i trafficanti, come ha ripetuto in più occasioni Salvini. Ne vediamo oggi le conseguenze mortali.

      Anche l’UNHCR ha espresso la sua preoccupazione per la diminuzione degli assetti navali in grado di operare interventi di soccorso nelle acque del Mediterraneo centrale. Secondo l’OIM negli ultimi tre giorni sono annegate oltre 200 persone, una serie di stragi ignorate dall’oipinione pubblica italiana e nascoste dai politici concentrati nel rinnovato attacco contro le ONG. La “banalità” della strage quotidiana in mare costituisce la cifra morale del governo Salvini-Di Maio. Con il sommarsi delle vittime, e l’allontanamento dei testimoni, si vuole produrre una totale assuefazione nella popolazione italiana. Per alimentare altro odio ed altra insicurezza, utili per le prossime scadenze elettorali.

      Nelle prime settimane di insediamento del nuovo governo, ed in vista del Consiglio europeo di Bruxelles del 28-29 giugno scorso, il ministero dell’interno ha disposto in modo informale la chiusura dei porti ed il divieto di ingresso nelle acque territoriali, per alcune imbarcazioni delle Organizzazioni non governative che avevano effettuato soccorsi nelle acque internazionali antistanti le coste libiche. Sono state anche ritardate le operazioni di sbarco di centinaia di persone, soccorse da unità militari ( come la nave americana Trenton), o commerciali ( come il cargo Alexander Maersk), che, solo dopo lunghi giorni di attesa, hanno potuto trasbordare i naufraghi che avevamo a bordo e proseguire per la loro rotta. In molti casi si sono trasferite le responsabilità di coordinamento dei soccorsi alle autorità libiche, con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti.

      Le ultime vicende delle navi umanitarie Acquarius , Lifeline e Open Arms, dopo il sequestro, lo scorso anno, della nave Juventa, ancora bloccata a Trapani, hanno aperto una nuova fase di tensioni anche a livello internazionale, in particolare con il governo maltese e con le autorità spagnole. Il governo italiano ha chiuso i porti alle poche navi umanitarie ancora impegnate nelle attività di ricerca e salvataggio (SAR) sulla rotta del Mediterraneo centrale, mentre si è rilanciata la criminalizzazione delle Ong, e più in generale di chiunque rispetti il dovere di salvare vite umane in mare, malgrado importanti decisioni della magistratura (di Ragusa e di Palermo) riconoscessero come lecite, anzi doverose, le attività di soccorso umanitario delle stesse Ong sotto inchiesta.

      Da ultimo si è appreso che ci sarebbero motivi “di ordine pubblico” alla base della decisione del ministro dell’Interno Matteo Salvini di vietare l’accesso ai porti italiani alla Open Arms.
Questi motivi, stando a informazioni che non sono state formalizzate in un provvedimento notificato agli interessati, sarebbero costituiti dalle “vicende giudiziarie” in cui è stata coinvolta la nave delle Ong spagnola, dissequestrata con una sentenza del Gip poi confermata dal tribunale di Ragusa, e dalle “manifestazioni”(rischio proteste) che si sono verificate in occasione del sequestro preventivo alla quale era stata sottoposta nel porto di Pozzallo.

      Si configura così come problema di “ordine pubblico” il doveroso espletamento di una operazione SAR che si è svolta nel pieno rispetto della legge e del diritto internazionale, per legittimare un provvedimento, ancora segretato, forse una circolare probabilmente da redigere, del ministro Toninelli, che vieta l’ingresso alle navi delle Ong nelle acque territoriali e nei porti italiani .

      L’allontanamento delle ONG per effetto delle “chiusure” informali dei porti, e la istituzione unilaterale di una zona SAR libica, oltre al blocco imposto alle navi umanitarie dalle autorità maltesi, riducono la presenza dei mezzi di soccorso nel Mediterraneo centrale e hanno già comportato un aumento esponenziale delle vittime.

      La realizzazione del progetto italiano di istituire una zona SAR , completata con una forte pressione sull’IMO a Londra, sta producendo tutti i suoi effetti mortali, considerando che la Guardia costiera “libica” non può coprire tutte le azioni di soccorso che è chiamata ad operare (spesso da assetti italiani), avendo a disposizione soltanto sei motovedette. Si tratta di mezzi ceduti dai precedenti governi italiani, oggi abbastanza logorati malgrado siano stati curati nella manutenzione dai marinai delle unità italiane, di stanza nel porto di Tripoli, nell’ambito della missione NAURAS. Non si sa come e quando arriveranno in Libia le 12 motovedette promesse alla Guardia costiera di Tripoli da Salvini, che doveva fare approvare la sua proposta in Consiglio dei ministri, approvazione che ancora non c’e’ stata. Una iniziativa che potrebbe infuocare ancora di più lo scontro tra le milizie libiche per il controllo dei porti, e del traffico di gas e petrolio.
      La creazione fittizia di una zona SAR libica, che sembra sia stata notificata anche all’IMO, sta legittimando gli interventi più frequenti della Guardia costiera di Tripoli, che arrivano a minacciare anche gli operatori umanitari mentre sono impegnati negli interventi di soccorso in acque internazionali. Interventi di soccorso che sono sempre monitorati dalle autorità militari italiane ed europee, che però non intervengono con la stessa tempestività che permetteva in passato il salvataggio di migliaia di vite.

      Il cerchio si chiude. Adesso arriva anche il supporto europeo alla chiusura contro le ONG, anche se non si traduce in alcun atto dotato di forza normativa vinclante. Tutte le politiche europee sull’immigrazione, anche i respingimenti, avverranno “su base volontaria”. Ma le navi di Frontex ( e di Eunavfor Med) rimangono vincolate agli obblighi di soccorso previsti dai Regolamenti europei n.656 del 2014 e 1624 del 2016. Atti normativi, vincolanti anche per i ministri,che subordinano le azioni contro i trafficanti alla salvaguardia della vita delle vittime, non esternazioni di leader sull’orlo di una crisi di nervi alla fine di un Consiglio europeo estenuante ed inconcludente.

      L’illegalità di scelte politiche e militari che vanno contro il diritto internazionale viene giustificata con lo spauracchio di manifestazioni democratiche di protesta. Non e’ a rischio soltanto la libertà di manifestazione o il diritto a svolgere attività di assistenza e di soccorso umanitario. Il messaggio lanciato dal governo italiano, e ripreso dal governo maltese, è chiaro, riguarda tutti, non solo i migranti. E’ la strategia mortale della dissuasione, rivolta ai migranti ed agli operatori umanitari. Altro che “pacchia”. Per chi si trova costretto a fuggire dalla Libia, senza alternative sicure per salvare la vita, il rischio del naufragio si fa sempre più concreto. Anche se gli “sbarchi” sono drasticamente calati, rispetto allo scorso anno, è in forte aumento il numero delle vittime, morti e dispersi, abbandonati nelle acque del Mediterraneo.

      In questa situazione la magistratura italiana è chiamata a fare rispettare le regole dello stato di diritto e gli impegni assunti dall’Italia con la firma e la ratifica delle Convenzioni internazionali di diritto del mare. Ma è anche importante il contributo della società civile organizzata, delle associazioni, di tutto quel mondo del volontariato che in questi ultimi mesi è stato messo sotto accusa con lo slogan della “lotta al business dell’immigrazione”. Quando erano state proprio le Organizzazioni non governative a denunciare chi faceva affari sulla pelle dei migranti e chi ometteva i controlli, denunce fatte in Parlamento e nel lavoro quotidiano di tanti cittadini solidali. L’attacco contro il sistema di accoglienza è stato utilizzato per delegittimare e bloccare chi portava soccorso in mare, mentre gli stati venivano meno ai loro obblighi di salvataggio. Verranno dalla società civile europea e dagli operatori umanitari le denunce che inchioderanno i responsabili delle stragi per omissione.

      Rispetto alle richieste di soccorso, e persino rispetto alle istanze che si stanno proponendo per avere chiarite le basi normative e i contenuti dei provvedimenti amministrativi, sulla base dei quali si sta interdicendo l’ingresso nelle acque territoriali e nei porti italiani alle navi delle ONG, impegnate in attività SAR nelle acque internazionali a nord delle coste libiche, silenzi e ritardi. Si può riscontrare silenzio e ritardo nell’attività delle pubbliche amministrazioni riconducibili al Ministero delle infrastrutture ( quanto al divieto di ingresso) e dell’interno (quanto alle note di rilevazione ed alla dichiarazione di una situazione di pericolo per l’ordine pubblico). Le decisioni dei ministri, su materie così importanti che incidono sulla vita ( e sulla morte) delle persone, non possono essere comunicate sui social, con messaggi Twitter o attraverso Facebook.

      Se gli avvistamenti iniziali ed il coordinamento “di fatto” (come rilevato dalla magistratura) della Guardia costiera “libica” sono effettuati da parte di autorità militari italiane, in sinergia con gli assetti aero-navali europei delle missioni Themis di Frontex ed Eunavfor MED, le autorità italiane non possono dismettere la loro responsabilità di soccorso.

      In questi casi il ministero dell’interno italiano ha l’obbligo di indicare un porto sicuro (place of safety) di sbarco in Italia, dal momento che la Libia non offre porti sicuri, e che Malta ha negato in diverse occasioni l’attracco a navi commerciali o umanitarie, che avevano operato soccorsi nelle acque del Mediterraneo centrale.

      Contro la scelta di chiudere i porti e di interdire l’ingresso delle navi delle ONG nelle acque territoriali, tanto per sbarcare naufraghi soccorsi in alto mare, quanto per effettuare rifornimenti e cambi di equipaggio, occorre rilanciare una forte iniziativa sul piano sociale, politico e legale. Per affermare il diritto alla vita, un diritto incondizionato, che non può essere piegato a finalità politiche o giudiziarie. Per battere quell’ondata di disinformazione e di rancore sociale che sta disintegrando il tessuto umano della nostra Repubblica, e la stessa Unione Europea, indicando nei migranti e in chi li assiste la ragione di tutti i mali che affliggono i cittadini italiani. Come se si trattasse di nemici interni da eliminare. Di fronte a tutto questo, la resistenza è un dovere.

      https://www.a-dif.org/2018/07/01/dopo-lallontanamento-delle-ong-e-strage-quotidiana-sulla-rotta-del-mediterran

    • Migrants : pour les armateurs, secourir les naufragés est « un devoir absolu »

      Le devoir des navires est de porter assistance aux personnes en situation de détresse en mer, quelles que soient les circonstances, souligne le délégué général d’Armateurs de France Hervé Thomas, alors que l’Italie a bloqué pendant trois jours un cargo danois qui avait secouru des migrants.

      http://www.levif.be/actualite/international/migrants-pour-les-armateurs-secourir-les-naufrages-est-un-devoir-absolu/article-normal-860223.html
      #droit_de_la_mer

    • #Sea-Watch hindered from leaving port while people drown at sea

      +++ Current surge in death toll linked to crack down on sea rescue +++ Sea-Watch fully entitled with Dutch flag, investigations are political campaign against civil rescue fleet +++

      Sea-Watch learned today that its vessel is detained in Malta, without any legal grounds provided by authorities. Since the Sea-Watch 3 is not registered in the sportboat register, as is the case for LIFELINE and SEEFUCHS, but is listed in the royal shipping register as a Dutch seagoing vessel, fully entitled to fly the Dutch flag, the lack of permission to sail from Malta turns out not to be a registration issue, but a political campaign to stop civil rescue at sea.

      While rescue assets are blocked in port, recent days have become the deadliest this year. Yesterday, the UNHCR reported another 63 people missing, while on Friday more than 100 people had drowned, among them babies and children. At the moment there is no suitable rescue asset left in the area of operation, despite the fact that the Sea-Watch 3 is well equipped and ready to sail. Sea-Watch strongly urges the Maltese government to stop hindering rescue workers, as human lives are at acute risk.

      https://sea-watch.org/en/321

    • Terzo naufragio in quattro giorni. I governi uccidono ed i giudici processano la solidarietà.

      Oggi vogliamo soltanto fissare la sequenza dei fatti, le vicende di questa ultima strage, che rischia di essere cancellata dall’indifferenza generale, per restituire una lacrima ed un ricordo a quelli che potrebero essere nostri padri, madri, fratelli, sorelle, figli, nipoti. Che oggi, dopo questo ennesimo naufragio, saranno dispersi in qualche parte del Mediterraneo, senza che le loro famiglie possano avere almeno restituiti i cadaveri. Altre 114 vite cancellate dalle politiche di “lotta ai trafficanti” e di “difesa dei confini” che in Europa ed alle sue frontiere esterne stanno prevalendo persino sul diritto alla vita.

      https://www.a-dif.org/2018/07/02/terzo-naufragio-in-quattro-giorni-i-governi-uccidono-ed-i-giudici-processano-

      v. aussi:
      http://www.repubblica.it/esteri/2018/07/02/news/migranti_unhcr_nuovo_naufragio_in_libia_114_dispersi_in_mare-200669661
      https://www.corriere.it/cronache/18_luglio_02/migranti-altro-naufragio-l-agenzia-onu-ci-sono-114-dispersi-850cef22-7e26-1
      http://www.ansa.it/sito/notizie/topnews/2018/07/02/nuovo-naufragio-in-libia-114-dispersi_79f8cc8a-ea4b-42a9-8be5-19b6c31b0545.html

    • 16/06: Alarm Phone alerted to two boats in the Western Mediterranean – one person died during rescue operation

      Watch The Med Alarm Phone Investigations – 16th of June 2018
      Case name: 2018_06_16-WM264
      Situation: Alarm Phone alerted to two distress cases between Morocco and Spain, one traveller died during the rescue operation.
      Status of WTM Investigation: Concluded
      Place of Incident: Western Mediterranean Sea

      Summary of the Case: On Saturday the 16th of June, the Alarm Phone shift team was alerted to two boats in distress in the Western Mediterranean. Both boats were rescued by the Moroccan navy. However, one traveller drowned during the rescue operation of the second boat.

      At 12.48pm, the Alarm Phone shift team was alerted by a contact person to a boat in distress carrying 51 travellers, amongst them seven women. The boat had left the day before in the early evening from Nador. The contact person had not been able to reach the travellers since the previous evening, and we did also not manage to establish direct contact. At 1.13pm the contact person informed us that the travellers had been intercepted by the Moroccan navy.

      At 09.10pm, the Alarm Phone shift team was alerted by a contact person to a group of 11 travellers, who had left from a beach just south of Tangier two hours earlier. Via the contact person we received the position of the travellers, but from 10.25pm it was not possible for neither us nor the contact person to reach the travellers. At 10.45pm we called the Spanish search and rescue organisation Salvamento Maritimo (SM) and passed on our information. At 11.41 we managed to reach the travellers. They had been rescued by the Moroccan navy and were back in Morocco, but they informed us that one person had drowned. We learned via the contact person that the person had drowned during the rescue operation, and that the Moroccan navy had been unwilling to resuscitate him.
      Four days later we received a testimony from the group of travellers, explaining the events on the night that their friend lost his life. They explained that the Moroccan navy had come towards them, just as a Spanish helicopter had spotted them from above. The navy had approached them quickly, creating big waves which caused the boat to capsize. Most of the travellers managed to cling on to their rubber boat, which had flipped over. They explained how their friend was not able to grab hold of the boat, and how the navy made no effort to help him, but simply watched him drown. Afterwards they allowed the remaining distressed people onto their vessel, and brought them back to Morocco. We send all our condolences to the family and friends of the traveller who passed away, and want to once again point out that the Moroccan navy is not a rescue organisation, but first and foremost a military unit with border management as their main aim.

      http://www.watchthemed.net/index.php/reports/view/923

    • Malta blocks migrant search plane from operating in Mediterranean as EU toughens stance on refugee rescues

      Malta has blocked an aircraft used to search for migrant boats in the Mediterranean from operating out of the country, according to a migrant rescue group.

      Sea Watch, which runs the #Moonbird aircraft, condemned the move, accusing authorities of grounding the plane during the “deadliest days” in the Mediterranean since records began.

      The German NGO said the plane had been involved in the rescue of some 20,000 people since it began operating.


      https://www.independent.co.uk/news/world/europe/malta-blocks-moonbird-plane-mediterranean-refugee-crisis-ngo-sea-watc

    • Libya’s Authorities Rescue 41 Migrants after Shipwreck

      The Libyan Coast Guard rescued 41 migrants after the shipwreck of a pneumatic boat in which 63 other people, declared missing, were also traveling, today reported the government.

      The boat, which sank off the coast of Garabolli, 50 kilometers east of this capital, was carrying 104 people, a figure that can be deduced from the possible victims still to be found, according to the Navy spokesman, Colonel Major Ayoub Gassem.

      The 41 migrants who traveled as passengers survived because of their life vests, which allowed them to resist until they were rescued.

      Gassem lamented the limited resources of the Coast Guard, including only three operational vessels, often immobilized in the port due to lack of fuel, breakdowns and life jackets, in a country through which thousands of Africans try to reach Europe.

      That body of operations rescued only last June more than 4,000 migrants, a thousand of them in a single day.

      http://www.plenglish.com/index.php?o=rn&id=30585&SEO=libyas-authorities-rescue-41-migrants-after-s

    • Aquarius : les étudiantes rousseauistes de l’ULB livrent leur analyse

      En mai dernier, nous avons eu la chance de participer au Concours de procès simulé en droit international Charles-Rousseau, lequel abordait cette année la problématique des migrants interceptés en mer. Le cas pratique mettait en scène deux États mettant en cause la responsabilité d’un troisième État, le Takaramé, devant le Tribunal international du droit de la mer. Il lui était reproché d’avoir manqué à ses obligations en matière de droit de la mer, de droits de l’Homme et de droit des réfugiés. En effet, cet État, dont le port était le plus proche du navire, avait refusé l’accès à ce même port à un navire en situation de détresse à la suite du secours qu’il avait apporté à une centaine de migrants fuyant les persécutions subies dans leur pays d’origine. Ce cas fictif n’est évidemment pas sans rappeler les récents évènements en méditerranée. Pendant plusieurs jours, l’Italie et Malte se sont en effet renvoyées la responsabilité d’accueillir l’Aquarius, un navire ayant recueilli à son bord plusieurs centaines de migrants. Le 10 juin 2018, ce navire de l’ONG SOS Méditerranée avait secouru 629 migrants, parmi lesquels se trouvaient 123 mineurs isolés, 11 enfants en bas âge, et 7 femmes enceintes. L’Italie ayant refusé de les accueillir, le navire s’était retrouvé bloqué à 35 milles marins de l’Italie, et à 27 milles marins de Malte. L’ONG avait pourtant comme pratique, en raison d’un accord passé avec les autorités italiennes, d’accoster et de débarquer les personnes secourues dans les ports italiens. Il semblait donc logique que le navire débarque, comme à son habitude, ces personnes en Italie. Mais logique ne fait pas forcément droit. Il convient donc de s’interroger sur ce que dit le droit international quant au débarquement des migrants secourus en mer. Les conclusions qui suivent s’appuient sur les recherches que nous avons pu effectuer dans le cadre du Concours Charles-Rousseau.

      Dans la suite de la présente analyse, nous démontrerons d’abord que les Etats ne manquent pas de profiter des zones grises du droit de la mer pour oublier leurs obligations envers l’Aquarius. Ensuite, nous insisterons sur l’importance de l’obligation de respecter les droits de l’Homme en mer, qui apparaissait s’imposer tout particulièrement à l’Italie, mais également aux autre États, dans le cas présent.

      1. Les États côtiers de la méditerranée ont vite fait d’oublier les obligations que leur impose la Convention des Nations Unies sur le droit de la mer

      L’obligation pour les Etats de secourir les personnes en détresse en mer est une des plus anciennes règles coutumières en droit de la mer, et est désormais codifiée à l’article 98 de la Convention des Nations Unies sur le droit de la mer. Si ce dernier requiert des Etats qu’ils exigent des navires battant leur pavillon de se porter aussi vite que possible au secours des personnes en détresse en mer, il exige tout autant des États côtiers qu’ils facilitent la création et le fonctionnement d’un service permanent de recherche et de sauvetage adéquat et efficace pour assurer la sécurité maritime. Il nous semble dès lors important d’insister sur un premier point. Si les Conventions SAR et SOLAS précisent et mettent en œuvre cette obligation de coopération par la création de Régions de recherches et de sauvetage, elles ne font pas disparaitre l’obligation principale de coopération qui pèse sur tous les États côtiers. Nous nous étonnons dès lors d’entendre le président français, dont les côtes s’étendent sur plus de 1500km en méditerranée, dénoncer « l’irresponsabilité de l’Italie ». Les États ont beau jeu de se cacher derrière les obligations de l’Italie pour faire oublier les leurs.

      Quoi qu’il en soit, qu’en est-il plus précisément des obligations spécifiques de l’Italie et de Malte, États responsables de la Région de recherche et de sauvetage dans laquelle se trouvait l’Aquarius ? Si la Convention SAR a principalement pour objet de régler le déroulement des opérations de sauvetage et la coopération entre Etats, sa version initiale ne donne aucune indication sur l’endroit dans lequel les navires secourus devraient pouvoir débarquer. Les amendements de 2004 ont tenté, suite à l’affaire du Tampa en Australie, de combler cette lacune en imposant aux Etats de remettre les personnes en « lieu sûr ». Néanmoins, l’on se heurte à un premier problème en ce qui concerne Malte : elle n’a pas ratifié ces amendements, et ce, afin précisément de ne pas être soumise à l’obligation d’accueillir des navires en détresse tels que l’Aquarius. La République maltaise n’est dès lors tenue qu’à l’obligation de coopération en vue du sauvetage du navire et des personnes à son bord.

      Ensuite, en ce qui concerne l’obligation de remettre les personnes secourues en lieu sûr, inscrite à la Règle 33 (1-1) de la Convention SOLAS, ainsi qu’au paragraphe 3.1.9. de la Convention SAR dans sa version amendée, elle n’implique aucune obligation de débarquement sur le territoire de l’État responsable de la Région de recherche et de sauvetage. L’Organisation Maritime Internationale (ci-après l’OMI) définit un lieu sûr comme étant « un endroit où la vie des personnes secourues n’est plus menacée et où leurs besoins fondamentaux (tels que la nourriture, le logement et les besoins médicaux) peuvent être satisfaits ». Le navire ayant prêté assistance peut ainsi être considéré comme un lieu sûr. Néanmoins, un tel navire ne peut être qu’un lieu sûr temporaire, les besoins fondamentaux des quelques 600 personnes secourues ne pouvant être indéfiniment contentés à son bord.

      S’il n’est pas requis de l’Etat côtier qu’il accueille les personnes secourues sur son territoire, les Principes relatifs aux procédures administratives pour le débarquement des personnes secourues en mer de l’OMI précisent que l’État responsable de la Région de recherche et de sauvetage a l’obligation résiduelle d’autoriser le débarquement sur son propre territoire, lorsqu’il n’est pas possible ailleurs. Toutefois, ces principes sont dénués de force juridique, et n’engagent donc les États à aucune obligation véritablement contraignante.

      En l’espèce, l’Italie et Malte n’ont pas coopéré pour trouver un lieu sûr pour ces personnes, mais se sont contentés de refuser qu’elles débarquent sur leurs territoires. Si l’Espagne n’avait pas proposé d’accueillir ce navire, l’Aquarius serait toujours en haute mer sans solution. L’Italie n’était certes pas dans l’obligation d’accepter les personnes sur son territoire, mais elle ne pouvait se contenter de refuser ce navire sans tenter de coopérer avec les autres Etats côtiers. En espèce, c’est l’Espagne qui s’est proposée, palliant de fait les violations de l’Italie.

      On constate donc ici une volonté de l’Italie et de Malte de profiter des zones grises du droit de la mer, en jouant de l’ambiguïté de la notion de « lieu sûr » dans le cas de l’Italie, ou en limitant autant que faire se peut l’étendue de son obligation de secours et sauvetage dans le cas de Malte. Si l’Italie est à blâmer pour avoir totalement nié sa responsabilité envers l’Aquarius, il nous semble qu’elle n’est pas la seule à devoir l’être, l’Europe entière étant concernée par la situation en méditerranée. En faisant la sourde oreille à celle-ci, les États européens oublient toutefois leur obligation de coopération en matière de secours et sauvetage. Ils oublient également les obligations qui leurs incombent en vertu des instruments de protection des droits de la personne, comme nous allons maintenant l’évoquer.

      2. Les considérations élémentaires d’humanité imposaient aux États côtier de se proposer afin d’accueillir les migrants

      Les obligations relatives au droit de la mer ne sont pas les seules à entrer en jeu. Les Etats doivent en effet également respecter les considérations élémentaires d’humanité. Par cette expression, on entend l’ensemble des principes juridiques visant à la protection du respect de la dignité des personnes. La Cour internationale de justice s’est prononcé à plusieurs reprises quant à celles-ci, insistant sur l’importance de leur respect (Détroit de Corfou, Activités militaires et paramilitaires au Nicaragua et contre celui-ci, Licéité de la menace ou de l’emploi d’armes nucléaires, Immunités juridictionnelles de l’État). Le Tribunal international du droit de la mer a également rappelé que ces principes s’appliquent dans le droit de la mer (Affaires du Navire Saïga No. 2, Incident de l’Enrica Lexie, Navire Louisa, Juno Trader). Plus spécifiquement, ces considérations élémentaires d’humanité sont reflétées dans les instruments conventionnels de protection des droits fondamentaux, qu’il s’agisse de la Convention européenne des droits de l’Homme (ci-après la CEDH) ou du Pacte international relatif aux droits civils et politiques (ci-après le PIDCP).

      Afin de déterminer si ces instruments sont applicables au cas d’espèce, il convient toutefois d’abord de déterminer si les États en cause exerçaient bien leur juridiction. En principe, une personne se trouvant sur le territoire d’un État est présumée se trouver sous sa juridiction. Toutefois, l’Aquarius ne se trouvant pas dans la mer territoriale de l’Italie ou de Malte, mais bien en Haute Mer, cette présomption ne joue pas en l’espèce. Toutefois, dans certaines circonstances exceptionnelles, un État peut exercer sa juridiction de manière extraterritoriale. Tel est le cas notamment, comme l’a rappelé la Cour européenne des droits de l’homme dans l’affaire Al-Skeini contre Royaume-Uni, quand des agents étatiques exercent un contrôle effectif sur les personnes victimes de violations de droits de l’Homme. Bien qu’aucun agent de l’État italien ne soit monté à bord de l’Aquarius, le simple fait d’empêcher un navire de se diriger vers son territoire permet d’indiquer que l’Italie exerçait bien juridiction sur le navire et les personnes à son bord. Par ailleurs, l’article 92 de la Convention de Montego Bay précise bien que « les navires naviguent sous le pavillon d’un seul État et sont soumis (…) à sa juridiction exclusive en haute mer ». Ainsi, l’Aquarius battant pavillon anglais, le Royaume-Uni pourrait potentiellement être tenu responsable des violations des droits de l’Homme commises à bord du navire. Le silence et la passivité de cet État dans cette affaire est dès lors interpellant…

      En l’espèce, il existait plusieurs risques de violations des droits fondamentaux. Tout d’abord, les migrants et les membres de l’équipage de l’Aquarius ont été contraint à vivre durant quatre jours à bord du navire dans des conditions déplorables, et à retraverser la mer méditerranéenne en direction de l’Espagne (dont le port le plus proche se situait à 1500 km du navire au moment des faits). Se pose alors la question de savoir si l’Italie, Malte et les autres États européens n’ont pas soumis ces personnes à des traitements inhumains et dégradants. De tels traitements sont prohibés par l’article 3 de la Convention européenne des droits de l’Homme, ainsi que par l’article 7 §1 du Pacte international relatif aux droits civils et politiques. Selon le Comité des droits de l’Homme, le fait qu’un acte relève ou non du champ d’application de l’article 7 du Pacte précité « dépend de toutes les circonstances, par exemple la durée et les modalités du traitement considéré, ses conséquences physiques et mentales ainsi que le sexe, l’âge et l’état de santé de la victime » (affaire Vuolanne contre Finlande). Au vu de la vulnérabilité accrue et de la situation personnelle des personnes se trouvant à bord du navire, et compte tenu de l’état de détresse du navire, le fait de les forcer à vivre ainsi à bord de l’Aquarius durant plusieurs jours, est constitutif de traitements inhumains et dégradants.

      Ensuite, bien qu’au regard du droit de la mer, aucun État n’ait formellement l’obligation de permettre le débarquement de migrants secourus en mer sur son territoire, il se peut qu’au final permettre un tel débarquement soit la seule façon pour un État d’agir conformément à ses obligations prévues en matière de droits de l’Homme. En effet, l’article 33 §1 de la Convention de Genève relative au statut des réfugiés interdit à tout État de refouler des personnes vers un territoire où leur vie ou leur liberté serait menacée. Dans le même sens, l’article 3 de la CEDH interdit aux États membres du Conseil de l’Europe de renvoyer une personne vers un territoire où elle risque d’être soumise à de la torture ou à d’autres mauvais traitements. A contrario, le renvoi de migrants vers un « pays sûr » est autorisé. A ce sujet, nous avons été assez surprises d’apprendre que l’Italie avait indiqué à l’Aquarius de se rendre en Libye, sachant que l’État italien a été condamné en 2012 par la Cour européenne des droits de l’Homme pour avoir violé l’article 3 de la CEDH en ayant refoulé des ressortissants somaliens et érythréens en Libye, lors de l’affaire Hirsi Jamaa.

      Conclusion

      En conclusion, l’actualité européenne concernant le navire Aquarius met en exergue l’intention des États d’exploiter les vides juridiques existants en matière de prise en charge des personnes secourues en mer et témoigne également de l’urgente nécessité que les États membres de l’Union européenne s’accordent afin d’apporter une réponse globale à la migration. Reste que, comme on l’a vu, les États sont liés par leurs obligations découlant des droits de la personne. Ici aussi cependant, les États en procédant à des refoulements en mer, cherchent à contourner celles-ci. Il est en effet plus que difficile pour un migrant refoulé vers la Lybie de pouvoir attraire l’Italie devant la Cour européenne des droits de l’homme.

      Justine Braun
      Marianne Chagnon
      Caroline Delava
      France Laurent

      http://cdi.ulb.ac.be/aquarius-etudiantes-rousseauistes-de-lulb-livrent-analyse/#more-4589

    • "Porti chiusi anche alle navi militari europee", ma Salvini irrita la Difesa: “Non ha nessuna competenza”

      L’affondo del vicepremier dopo lo sbarco a Messina di 106 migranti da una nave irlandese: «Stortura da modificare, porterò la questione al vertice dei ministri dell’Interno Ue». Ma arriva lo stop: «Questa missione europea è gestita da Esteri e Difesa»

      http://www.repubblica.it/cronaca/2018/07/08/news/nave_militare_irlandese_sbarca_a_messina_con_106_migranti-201198516

    • Les #gardes-côtes_libyens interceptent de plus en plus de migrants en Méditerranée

      Est-ce la conséquence d’une raréfaction des secours en Méditerranée ? Pendant le week-end du 14 juillet, un bateau de pêche en bois, avec à son bord 450 personnes, a été secouru dans les eaux internationales, non loin de l’île italienne de Lampedusa. Un mois après la crise de l’Aquarius, le navire que l’Italie – sous la pression de son ministre de l’intérieur d’extrême droite Matteo Salvini – a refusé d’accueillir avec 630 migrants à son bord, les ONG ne peuvent presque plus opérer au large des côtes libyennes, poussant les migrants à tenter des voies toujours plus dangereuses.
      « Ce n’est pas la première fois que ce type d’embarcations tente la traversée depuis la Libye, même si l’on voit plus souvent des petits bateaux pneumatiques, réagit Nicola Stalla, coordinateur des opérations de recherche et sauvetage à bord du navire humanitaire “Aquarius”. En revanche, le fait qu’ils soient parvenus aussi loin est clairement une conséquence du manque de moyens de sauvetage en mer. »

      L’Aquarius est à quai à Marseille, tandis que le Lifeline et le Sea-Watch sont empêchés de repartir de Malte. Seul l’Open-Arms, le bateau affrété par l’ONG catalane Proactiva, navigue actuellement en Méditerranée centrale, de retour de Barcelone où il avait accosté le 4 juillet, avec à son bord soixante migrants que l’Italie avait refusé d’accueillir.

      Le navire secouru ce week-end rappelle le naufrage d’un chalutier aux abords de Lampedusa en 2013, au cours duquel près de 400 personnes s’étaient noyées. La catastrophe avait déclenché l’opération militaire et humanitaire européenne « Mare Nostrum ». « Ces bateaux sont particulièrement dangereux, car le risque de chavirage est très important, ajoute M. Stalla. En fonction de la quantité de carburant et d’eau à bord, le centre de gravité est modifié. Il y a aussi un risque d’asphyxie dans la cale, souvent surchargée. »

      Ping-pong diplomatique

      Transbordées à bord de bateaux italien et britannique, les personnes secourues ce week-end ont accosté lundi en Sicile après un nouveau ping-pong diplomatique entre Rome et La Valette, les deux capitales se renvoyant la responsabilité de leur accueil. La situation s’est débloquée après que cinq pays européens, dont la France, ont accepté de recevoir plus de la moitié de ces migrants, à la demande du gouvernement italien. « On voit se mettre en place un mécanisme de solidarité entre certains pays européens, c’est un début mais c’est très fragile », commente Vincent Cochetel, envoyé spécial du Haut-Commissariat des Nations unies pour les réfugiés (HCR) pour la situation en Méditerranée centrale.

      Conséquence directe du retrait des ONG, la proportion de morts en mer parmi les personnes tentant la traversée entre la Libye et l’Italie a doublé, passant de 1 % à 2,1 % entre les premiers semestres de 2017 et 2018, d’après des chiffres du HCR. Sur l’ensemble de la zone de Méditerranée centrale, 564 personnes ont disparu en juin. Un chiffre légèrement supérieur à celui de juin 2017, alors même que les flux d’arrivées sont sept fois moins importants. « Les noyades se multiplient pendant que les gouvernements européens bloquent les secours humanitaires », ont alerté la semaine dernière SOS-Méditerranée et Médecins sans frontières, les deux ONG qui affrètent l’Aquarius.

      « Ceux qui criminalisent les ONG sont responsables des morts, parce qu’ils omettent délibérément de porter assistance aux personnes », a réagi Axel Steier, cofondateur de Lifeline, dont le bateau a débarqué 234 migrants à Malte, le 27 juin, après que l’Italie lui a également refusé l’accès à ses ports. Depuis, le navire a été saisi, et son capitaine est convoqué devant la justice maltaise le 30 juillet, accusé de ne pas avoir enregistré correctement l’immatriculation de son bateau. Egalement empêché de repartir, le navire de l’ONG allemande Sea Watch est amarré à La Valette. La capitaine, Pia Klemp, explique : « Quand on a décidé de partir le 2 juillet après une opération de maintenance, on a requis une autorisation aux autorités portuaires. Elle nous a été refusée. C’est la première fois ».

      « Le droit maritime est complètement foulé au pied »

      Enfin, le Moonbird, l’avion de reconnaissance géré par Sea Watch et l’ONG suisse Humanitarian Pilots Initiative, est bloqué au sol. « Malte nous interdit d’entrer ou de quitter la région d’information de vol libyenne, donc ça nous empêche de faire nos opérations », constate Tamino Böhm, chef de mission. « Depuis deux mois, il y a moins de capacités de recherche et de sauvetage, résume Vincent Cochetel, du HCR. Or, toutes les bonnes volontés sont nécessaires pour sauver des vies. Les ONG représentaient 40 % des efforts en mer. »

      Dans le même temps, les interceptions d’embarcations par les gardes-côtes libyens ont augmenté de plus de 28 %. Depuis le début de l’année, ce sont 10 466 personnes tentant la traversée qui ont été ramenées en Libye. Dans cet objectif, Rome apporte une aide importante à Tripoli, notamment en fournissant des vedettes aux gardes-côtes. « Si les Libyens réalisent des interceptions dans leurs eaux territoriales, ce n’est pas problématique en soi. Mais dans les eaux internationales, à notre avis, les Libyens peuvent coordonner les sauvetages dans leur zone de secours, mais pas débarquer les personnes chez eux tant qu’ils n’ont pas de lieu sûr. En tout cas, les centres de détention ne correspondent pas à un port sûr », prévient Vincent Cochetel, en référence au droit maritime international, qui considère que les migrants secourus doivent être débarqués dans le port sûr le plus proche. Plusieurs ONG font toutefois état d’opérations menées par les Libyens dans les eaux internationales. En outre, elles témoignent d’un transfert de responsabilité entre Rome et Tripoli en matière de coordination des sauvetages dans les eaux internationales. « Le droit maritime est complètement foulé au pied, s’alarme Sophie Beau. On ne peut pas construire un modèle autour de la Libye, c’est le chaos le plus total. »

      https://abonnes.lemonde.fr/europe/article/2018/07/17/les-gardes-cotes-libyens-interceptent-de-plus-en-plus-de-migrants-en

    • Libyan coastguard left refugees to die in Mediterranean : NGO

      A woman and a child were found dead hours after they were left in their damaged boat by the Libyan coastguard.

      Proactiva Open Arms, which has been rescuing refugees crossing the Mediterranean Sea from North Africa to Europe, says the Libyan coastguard has left at least two refugees to die after abandoning them at sea.

      The Spanish NGO, which carries out search and rescue operations in Mediterranean, posted a video and pictures on Twitter showing how their boat took aboard three people; two women and a child.

      By the time the three were found by Proactiva, one woman and the child had already died.

      According to tweets by Oscar Camps, founder and director of Proactiva, the boat was damaged and abandoned by the Libyan coastguard.

      “Today we’ve found the bodies of a woman and a small child, as well as a woman who was still alive among the wreck of a ship,” Camps said in a video.

      “I want to condemn the lack of assistance in international waters and the merchant ship Triades which abandoned a boat in danger in the middle of the night,” he added.

      “They don’t know how to manage an emergency situation they arrived two days late and abandoned two women and a child in the wreckage of a ship that they themselves destroyed,” Camps said.

      The boat carrying the two bodies and one survivor were found about 120km off the Libyan coast.


      https://www.aljazeera.com/news/2018/07/libyan-coastguard-left-refugees-die-mediterranean-ngo-180717195213059.htm

      #gardes-côtes_libyens

    • Press Release: Migrants rescued in Distress in Maltese Search and Rescue Zone illegally transferred to Tunisian territorial waters

      Over the past four days, the WatchTheMed Alarm Phone has collected information that strongly suggest that a boat carrying 40 migrants from several African countries seeking protection in Europe was illegally transferred into Tunisian territorial waters after having already reached international waters and the Maltese Search and Rescue (SAR) zone. Among the group are eight women, two of whom are pregnant. The wooden boat had left from Libya and was rescued on Friday the 13th of July north of the oil platform Astrat in international waters and in the Maltese SAR zone by the supply vessel Sarost 5. MRCC Tunis as well as the crew of the supply vessel confirmed the position of the migrant boat in the Maltese SAR zone. Both Malta and Italy denied the supply vessel their permission to disembark the migrants in Maltese and Italian harbours.

      The migrants are still in limbo. After rescue, they were provided with some food and brought to the oil platform. Later, the supply vessel took course on Sfax/Tunisia to disembark the people there. The authorities of Sfax, however, refused to allow them to disembark. They were then told to disembark in Zarzis/Tunisia. But since Monday the 16th of July, at 1am, they are also blocked from entering the port there.

      We demand that the people are safely and immediately brought to a safe harbour in Europe. We demand that European coastguards take responsibility for coordinating Search and Rescue operations of boats in situations of distress in their Search and Rescue zones, as legally mandated. We demand a long-term solution that allows those in distress at sea to be swiftly disembarked in European harbours, rather than the case-by-case evaluations that we see currently, which unnecessarily prolong the suffering of those rescued. We also declare our solidarity with the crews of non-governmental and commercial vessels that carry out vital search and rescue operations despite the obstacles that European governments create.


      https://alarmphone.org/en/2018/07/18/press-release-migrants-rescued-in-distress-in-maltese-search-and-rescue-zone-illegally-transferred-to-tunisian-territorial-waters/?post_type_release_type=post

    • #Marc_Gasol, il campione Nba da 20 milioni di dollari all’anno che salva i migranti come volontario

      Il giocatore dei Memphis Grizzlies - fratello dell’ex Laker, Pau, e nazionale spagnolo come lui - era a bordo della nave della Ong catalana che martedì ha denunciato l’inefficienza della Guardia Costiera libica accusandola di aver abbandonato Josephine e una mamma con il figlio piccolo, poi morti, al largo delle coste di Tripoli. Il cestista al El Pais: «Scioccato dalla foto del piccolo Aylan circolata nel 2015. Da allora ho deciso di fare la mia parte»


      https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/07/18/marc-gasol-il-campione-nba-da-20-milioni-di-dollari-allanno-che-salva-i-migranti-come-volontario/4500446

    • #Josephine, l’unica sopravvissuta al naufragio libico: è rimasta 48 ore in acqua attaccata a un pezzo di legno

      Lo sguardo traumatizzato, quasi vitreo, di chi ancora non distingue la vita dalla morte. Così appare l’unica donna sopravvissuta all’ultimo naufragio libico, in cui sono morti una madre e un bambino. Questa donna miracolata si chiama Josephine, viene dal Camerun ed è rimasta due giorni in mare, attaccata ad un pezzo di legno, prima che i volontari della Ong spagnola Open Arms la recuperassero al largo della Libia. A raccontare la sua storia è Annalisa Camilli, una giornalista di ’Internazionale’ che si trova a bordo della nave e ha assistito al salvataggio. A soccorrere la donna è stato Javier Figuera, uno volontario spagnolo di 25 anni: «Quando le ho preso le spalle per girarla - dice - ho sperato con tutto il mio cuore che fosse ancora viva. Dopo avermi preso il braccio non smetteva di toccarmi, di aggrapparsi a me». A quel punto, prosegue Camilli, sono arrivati altri soccorritori e l’hanno trasportata sulla nave, dove ora si trova con sintomi di ipotermia. Accanto a lei gli uomini di Open Arms hanno trovato anche un’altra donna e un bambino di circa 5 anni, che però erano già morti. I loro corpi sono a bordo della nave della Ong. Secondo il medico di bordo - scrive ancora Camilli - «la donna era morta da diverse ore mentre il bimbo era deceduto da poco». Per la Ong quanto avvenuto è «un’omissione di soccorso» da parte della guardia costiera libica - dice il fondatore di Open Arms Oscar Camps - che non è in grado di gestire una situazione d’emergenza e ha abbandonato due donne e un bambino"


      http://www.repubblica.it/esteri/2018/07/17/foto/naufragio_libia_open_arms_mamma_bimbo-202013383/1/?ref=fbpr#1

    • “Abbiamo lasciato in mare solo due morti”. I libici raccontano l’ultimo naufragio – La Stampa

      Parla l’equipaggio della Guardia costiera di Tripoli intervenuto lunedì per soccorrere il barcone alla deriva e fotografato da Open Arms. Resta il mistero sul dramma di Josefa, l’unica sopravvissuta: “Non c’era, non avremmo abbandonato nessuno vivo in acqua”

      Lunedì 16 luglio all’ora di pranzo abbiamo ricevuto una chiamata dal mercantile spagnolo Triades che ci segnalava un’imbarcazione di migranti in difficoltà tra Khoms e Tripoli e ci siamo mossi per intervenire, ne abbiamo tirati a bordo 165, maschi e femmine, tutti. Abbiamo lasciato in mare solo i due corpi senza vita di una donna e un bambino dopo aver provato invano a rianimarli: erano morti e portarli a terra non aveva alcun senso, ma oltre loro non c’era nessun altro in acqua». A raccontare la versione libica dell’ultimo scontro tra Roma, Tripoli e l’Ong Open Arms, quello che da due giorni si consuma intorno alle tragiche immagini del salvataggio della superstite Josefa, è Tofag Scare, colonnello della Guardia Costiera di Misurata che lavora in coordinamento con i colleghi della capitale.

      “L’Italia fa fare a noi il lavoro sporco solo perché non vuole accogliere gli africani”

      Mentre parla con «La Stampa» il suo comando operativo riceve un Sos dalla zona SaR al largo di Khoms, l’ennesimo, ci dice: «Nonostante il nostro equipaggiamento obsoleto, dal 2011 a oggi abbiamo salvato oltre 80 mila persone alla deriva nel Mediterraneo».

      Le ricostruzioni di quanto avvenuto nella notte tra lunedì e martedì coincidono fino a un certo punto, poi divergono lasciando aperte molte domande. Secondo la Open Arms le motovedette di Tripoli avrebbero distrutto il barcone dei migranti e abbandonato in mare quelli riluttanti a salire a bordo, di loro sarebbe sopravvissuta solo Josefa che, ancora sotto choc, dice alla giornalista di «Internazionale» di non ricordare il momento del naufragio ma di essere stata picchiata dai libici al pari dei suoi compagni di cui non sa più nulla. Tripoli, al contrario, afferma di non aver fatto altro che recuperare 165 disperati: la novità è che parla anche di due corpi in mare, cadaveri che, si apprende, «secondo la legge libica vanno identificati prima di essere sepolti o rimandati a casa e dunque in questi casi vengono lasciati al mare».

      “Contro di noi solo accuse infamanti: abbiamo salvato più di 80 mila persone”

      Il colonnello Scare telefona a più riprese ai colleghi in servizio il 16 luglio e raccoglie i tasselli del suo puzzle: «La motovedetta Ras al Jade è andata a soccorrere 165 persone in condizioni penose, affamate, bruciate dal sole, c’era un cattivo odore spaventoso. Dopo averci chiamato, il mercantile Triades è rimasto lì ad attenderci, ma nel frattempo non ha neppure dato da mangiare e da bere a quella gente, ha detto che non era il suo lavoro e che non poteva fare nulla».

      Scare fornisce il verbale della conversazione tra la Guardia Costiera e la Triades con la posizione dell’intervento fatto (37.74147°/ 13.84367°) che, grossomodo, coincide con quella indicata dalla Open Arms. Anche la motovedetta Ras al Jade pare essere la stessa (quella che già in passato aveva incrociato le spade con la Open Arms): possibile che quella notte ci sia stato più di un salvataggio? Che i cadaveri di cui si parla siano diversi? Le fotografie diffuse dalla Open Arms – che domani arriverà a Maiorca – mostrano chiaramente che i due corpi senza vita si trovano sullo stesso relitto su cui è rimasta a galla Josefa. E dai centri dove i migranti soccorsi vengono condotti non escono numeri sugli arrivi di martedì.

      La risposta dal banco degli imputati è decisa e va oltre la testimonianza della giornalista tedesca Nadja Kriewwald, che quella notte era a bordo con i libici e ha raccontato di non aver visto altro che i superstiti accolti sul ponte: «Non avremmo avuto alcuna ragione di abbandonare in acqua delle persone vive: anche se si fossero rifiutate di salire a bordo le avremmo tirare su a forza, lo abbiamo fatto con gli uomini e lo avremmo fatto facilmente con le donne. È una bugia, è propaganda contro di noi. Non c’era nessuno oltre i due morti che, per altro, al nostro arrivo erano già morti. Quello di cui ci accusano è privo di senso».

      Il fastidio che si respira a Misurata e a Tripoli è forte, ma non tanto per l’attacco della Open Arms quanto per la stanchezza di «gestire una grana altrui» e prendere colpi. Lo esprime un membro della Guardia Costiera che però chiede di non pubblicare il suo nome: «L’Italia ci fa fare il lavoro sporco perché non vuole gli africani, ma anche noi non siamo contenti di prenderli qui, le nostre città sono piene fino a scoppiare, i centri per loro non bastano più e sono diventati bombe a orologeria. Certe volte con le motovedette ci spingiamo fin dentro le acque internazionali, dove sarebbe illegale, e io dico che sbagliamo. Lo facciamo perché abbiamo un accordo e l’Italia ci ha promesso delle cose, ma se non arriva nulla ci stiamo solo caricando di problemi e di cattiva reputazione. Quando bruciamo i barconi degli scafisti lo facciamo per metterli fuori uso, non per sadismo. E comunque siete voi a chiederci di bloccare gli africani che vogliono venire in Europa, loro di certo non sognano la Libia».

      La notte di lunedì resta un capitolo aperto che ne ha aperti altri. Un terzo marinaio di Misurata racconta che il numero dei migranti è cresciuto talmente tanto negli ultimi mesi, in concomitanza con il rinnovato impegno di pattugliamento della Guardia Costiera, da aver modificato la situazione sul terreno: «Non c’è neppure più lavoro per loro. Noi li prendiamo in mare ma dopo nessuno li vuole. I siriani adesso hanno cominciato ad andare in aereo in Sudan, dove non hanno bisogno del visto, e poi con 1500 dollari si fanno portare a Tripoli e da qui ad Algeri per avere maggiori chance».

      https://www.nuovaresistenza.org/2018/07/abbiamo-lasciato-in-mare-solo-due-morti-i-libici-raccontano-lultimo

    • L’ammiraglio. Pettorino: prestare aiuto a chiunque rischi di perdere la vita in mare

      Il comandante della Guardia Costiera: c’è un principio non scritto che risiede nell’animo di ogni marinaio: quello di prestare aiuto a chiunque rischi di perdere la propria vita in mare.

      C’è un «principio non scritto che risiede nell’animo di ogni marinaio: quello di prestare aiuto a chiunque rischi di perdere la propria vita in mare». A dirlo non è un esponente delle “magliette rosse”, ma l’ammiraglio Giovanni Pettorino, comandante della Guardia Costiera italiana. Davanti al ministro Danilo Toninelli e al presidente della Camera Roberto Fico l’ufficiale ha scandito il caposaldo di chi va per mare. Parole espresse per ribadire quale sia la spinta interiore che sentono i suoi uomini ogni volta che arriva un Sos.

      Nel tono e nel lessico di Pettorino non ci sono accenti polemici. Ma quelle affermazioni pesano. E quando il comandante le pronuncia, viene calorosamente interrotto dagli applausi prolungati delle centinaia di divise bianche che lo ascoltano in occasione della cerimonia con cui mercoledì è stata ricordata la fondazione, 153 anni fa, della Guardia costiera. Un atto di fierezza che avrebbe dovuto chiudersi lì. Ma un servitore dello Stato lo riconosci anche quando sa celebrare i signornò. E succede quando l’ammiraglio si sfila le lenti da lettura e con piglio da comandante ricorda un episodio lontano.

      Un fuori programma con cui l’ammiraglio decide di chiudere il saluto alle autorità civili. Che il numero uno della Guardia Costiera stia per dire qualcosa che lascerà il segno lo intuisce chiunque lo conosca. Una citazione inizialmente non contenuta nel testo originario.

      È la rievocazione del leggendario comandante siciliano Salvatore Todaro, che durante la Seconda guerra mondiale affondò una nave militare belga per poi salvarne l’equipaggio. Todaro, come ha ricordato Pettorino, venne «violentemente apostrofato» dall’ammiraglio alleato tedesco Karl Donitz, che irrise l’ufficiale italiano definendolo «don Chisciotte del mare» e minacciando gravi conseguenze per avere tratto in salvo i nemici, mettendo a rischio il suo stesso equipaggio. Il perché di quella disobbedienza lo spiega Pettorino, guardando negli occhi gli esponenti politici sulla tribuna e facendo propria la risposta di Todaro: «Noi siamo marinai, marinai italiani, abbiamo duemila anni di civiltà, e noi queste cose le facciamo».

      Poi l’eroe di guerra «si avviò al congedo restando per sempre nella leggenda e nei cuori di tutti i marinai». A tanti uomini della Guardia Costiera queste parole sono suonate come un incoraggiamento. «In questi ultimi anni, ad invarianza di risorse umane disponibili, il corpo delle capitanerie di porto aveva ricordato prima Pettorino – è stato chiamato a far fronte ad uno sforzo inedito, quello del soccorso prestato, in mare, a migliaia di persone in pericolo di perdersi, operando su un’area ampia oltre la metà della superficie del mar Mediterraneo».

      Un impegno gravoso, «che abbiamo assolto nella piena consapevolezza di ben onorare il giuramento prestato, da ciascuno di noi, di osservare la Costituzione e le leggi». Dimostrando, una volta di più, quali siano quella vocazione e quell’abnegazione che non si può barattare: «Uomini e donne che ogni giorno si impegnano per far sì che altri possano continuare a vivere».


      https://www.avvenire.it/attualita/pagine/pettorino-prestare-aiuto-a-chiunque-rischi-di-perdere-la-vita-in-mare

    • EU-Rettungsmission im Mittelmeer vorerst gestoppt

      Italien weigert sich, aus dem Mittelmeer gerettete Flüchtlinge aufzunehmen - auch nicht im Zuge der EU-Mission „Sophia“.
      Die EU ist ratlos, der Kommandeur hat nach SPIEGEL-Informationen alle Schiffe in den Hafen beordert.

      Die EU-Mission „Sophia“ zur Rettung von Flüchtlingen auf dem Mittelmeer wird vorerst eingestellt. Nach SPIEGEL-Informationen beorderte der Kommandeur der Mission, der italienische Admiral Enrico Credendino, jetzt alle beteiligten Kriegsschiffe zurück in die Häfen.

      Mit der Order ist die Mission faktisch gestoppt, vorerst jedenfalls. Betroffen ist auch ein deutsches Versorgungsschiff. Nach SPIEGEL-Informationen befand sich der Tender „Mosel“ bereits vor dem Befehl von Credendino routinehalber in einem Mittelmeerhafen. Dort sollen das Schiff und die deutschen Soldaten nun erstmal bleiben, heißt es in Berlin.

      Hintergrund für den spontanen Stopp der Mission ist die Weigerung Italiens, von den EU-Militärschiffen gerettete Menschen weiter aufzunehmen. Italien hatte seine Blockadehaltung diese Woche in einem Brief an die EU angekündigt. Kurzfristig anberaumte Beratungen der EU-Partner brachten zunächst keine Lösung.

      Die Operation „Sophia“ ist nach dem Baby einer geretteten Somalierin benannt, das auf einer deutschen Fregatte geboren wurde. Seit 2015 ist die Mission mit einer kleinen Flotte von Kriegsschiffen auf dem Mittelmeer aktiv. So sollen die dort agierenden Schleusernetzwerke aufgeklärt und an ihrem lukrativen Geschäft gehindert werden.

      Seit dem Beginn der Mission konnten die EU-Soldaten, derzeit auf sechs Kriegsschiffen aus Spanien, Italien, Frankreich, Irland, Kroatien und Deutschland unterwegs, 148 mutmaßliche Schleuser festnehmen und mehr als 200 der benutzten Schiffe und Boote zerstören. Die EU sieht die Mission deswegen als Erfolg an.

      Rom verbietet privaten Rettern gerettete Flüchtlinge nach Italien zu bringen

      Regelmäßig werden die EU-Soldaten auf den Schiffen auch zu Seenotrettern. Fast 50.000 Flüchtlinge hat die Mission gerettet, fast die Hälfte davon wurde von deutschen Soldaten aus meist seeuntüchtigen Schiffen und Barkassen auf dem Mittelmeer gezogen. Anschließend wurden die Menschen nach Italien gebracht.

      Genau gegen diesen Automatismus geht Italien jetzt vor, die neue Regierung in Rom fährt einen radikalen Kurs gegen Flüchtlinge und will nicht länger akzeptieren, dass Italien die Hauptlast der ankommenden Menschen trägt. Folglich verbietet Rom privaten Rettern schon länger, gerettete Flüchtlinge nach Italien zu bringen.

      Als Reaktion auf den Brief aus Rom trafen sich die mit der Sicherheitspolitik betrauten EU-Botschafter umgehend zu einer Krisensitzung - eine Einigung konnte nicht erzielt werden. Folglich beorderte der Kommandeur der Mission die Schiffe in die Häfen.

      Auch am Freitag setzten sich die Botschafter erneut zusammen. Dem Vernehmen nach wollte man Italien anbieten, einen Schlüssel zu erstellen, wie die von der EU-Mission geretteten Menschen in ganz Europa verteilt werden können. Bis zum späten Nachmittag war nicht bekannt, ob sich Rom auf den Kompromiss einlässt.

      Ähnliche Angebote der anderen EU-Nationen hatten zumindest die quälenden Odysseen privater Rettungsschiffe in den jüngsten Tagen beendet, die von Italien an der Einfahrt in seine Häfen gehindert worden waren. Auch Deutschland hatte sich zur Aufnahme von kleineren Kontingenten der Geretteten bereit erklärt.

      Kommissionschef Jean-Claude Juncker ließ am Freitag mitteilen, dass er kommende Woche Vorschläge machen will, um die Flüchtlingskrise in Italien zu lindern. Details wurden zunächst nicht bekannt.

      Denkbar ist, dass es um Vorschläge geht, Flüchtlinge, die in Italien an Land gehen, rasch auf Länder zu verteilen, die sich dazu bereit erklären. Zudem soll die Kooperation mit Drittstaaten außerhalb der EU Thema sein.

      In der Debatte der EU-Sicherheitsbotschafter am Mittwoch versuchten die anderen Mitgliedsländer Italien davon zu überzeugen, sich weiter an das gemeinsam beschlossene Mandat zu halten. Italien trüge damit die Hauptlast der Operation „Sophia“, das Mandat läuft noch bis Ende des Jahres.

      Über die künftige Ausgestaltung des Mandats sollte im September ohnehin diskutiert werden. Denkbar ist, dass dies nun vorgezogen wird.

      In einem Schreiben an Italiens Premier Conte betonte Juncker, dass die Mission „Sophia“ eine wesentliche Rolle im Rahmen der europäischen Sicherheits- und Verteidigungspolitik spiele. Conte hatte sich am Donnerstag für eine EU-Kriseneinheit zur Verteilung von aus Seenot geretteten Flüchtlingen ausgesprochen.

      Am Freitagabend endete in Brüssel das Krisentreffen der Botschafter zunächst ohne konkrete Lösung. Einigen konnte man sich nur, den sogenannten Operationsplan für die Mission „Sophia“ in wenigen Wochen neu zu fassen. Darin soll dann auf italienischen Wunsch auch festgelegt werden, wie bei der Mission gerettete Flüchtlinge künftig verteilt werden, nachdem sie an Land gebracht wurden. Diplomaten sagten, Italien habe dies durch seine Blockade-Ankündigung erzwungen. Um den Verteilungsschlüssel dürfte bald heftig gestritten werden.

      http://www.spiegel.de/politik/ausland/mittelmeer-kommandeur-stoppt-eu-rettungsoperation-sophia-a-1219476.html

    • Ora le ong schierano i droni per salvare sempre più migranti

      La mossa dell’Aquarius: «Non ci arrivano più informazioni sui naufragi in atto, dobbiamo aggiustare la nostra strategia». Ed essere sempre più autonome
      Le navi delle ong tornano in mare e questa volta schierano anche i droni, per continuare nella propria ricerca delle imbarcazioni di migranti e salvare sempre più persone.

      Ad annunciare la novità un volontario imbarcato sulla nave Aquarius, che già nelle scorse settimane era stata protagonista della prima grande offensiva politica di Matteo Salvini dopo l’insediamento come ministro dell’Interno. Al momento a Marsiglia, la nave di Sos Mediterranée si attrezza per fronteggiare le mutate condizioni del quadro politico internazionale: «Ci stiamo preparando a diversi scenari, sicuramente avremo più cibo e autonomia di navigazione, perché dovremo stare più a lungo in mare. E avremo anche un drone per la ricerca dei migranti da soccorrere», spiega all’Ansa uno dei volontari.

      Dalla nave denunciano che nel mar Mediterraneo «alle navi di soccorso non arrivano più informazioni sui soccorsi in atto e non sappiamo perché». Per questo la variegata flottiglia delle molte associazioni non governative impiegate in queste missioni umanitarie si sta attrezzando per estendere il raggio d’azione e adeguarsi alla nuova situazione che impone loro di essere sempre più autonome. Il volontario Alessandro Porro ha svelato anche che ci sarebbero stati alcuni incontri fra le diverse organizzazioni proprio per coordinare al meglio gli sforzi.

      «Nell’attuale situazione ci sono naufragi di cui non si sa niente - spiega- Attualmente la mortalità è aumentata al 10%, quindi su 100 migranti che partono, 10 muoiono nel viaggio nel tratto di mare che oggi è il più pericoloso al mondo. Siamo arrabbiati ma ci sosteniamo a vicenda e ognuno di noi fa proposte per migliorare le operazioni di soccorso».

      http://m.ilgiornale.it/news/2018/07/20/ora-le-ong-schierano-i-droni-per-salvare-sempre-piu-migranti/1555943
      #drones

    • Omissione di soccorso come prassi di deterrenza ?

      Dopo l’arrivo delle due imbarcazioni di Open Arms a Palma di Maiorca è stata depositata presso la locale procura una denuncia sui fatti verificati in occasione del ritrovamento in acque internazionali, avvenuto il 17 luglio a circa 80 miglia dalle coste di Homs, di una donna e di due cadaveri sopra il relitto di un gommone alla deriva. Nella conferenza stampa che si è svolta oggi a Palma di Maiorca,sono stati esposti i fatti, secondo la documentazione in possesso dellla Organizzazione consegnata all’autorità giudiziaria spagnola. Le imbarcazioni di Open Arms hanno dovuto fare rotta verso la Spagna per le dichiarazioni del ministro dell’interno che esponevano la superstite al rischio di pressioni dopo lo sbarco a Catania, porto indicato dallo stesso Salvini.

      Il ministro, che su questo naufragio, e sulle conseguenti responsabilità, aveva annunciato prove inconfutabili attraverso “una teste indipendente”, una giornalista della televisione tedesca RTL, piuttosto che rispondere sulla vicenda, esibendo la documentazione in suo possesso, rilancia adesso pesanti accuse sulle fonti di finanziamento della Open Arms e minaccia a sua volta altre denunce su chi ha soltanto rappresentato quanto accaduto. Per il ministro Toninelli l’Italia non sarebbe neppure in grado di documentare i movimenti delle motovedette libiche.

      Alla fine, ancora una volta, tutte le colpe vengono riversate sulla ONG Open Arms che per la Meloni sarebbe addirittura responsabile di tratta e di causata strage. Un rovesciamento completo della narrazione dei fatti che si vuole imporre agli italiani in preda alla paura per la insicurezza che subiscono, una insicurezza che ha cause e responsabili molto diversi da quelli indicati dai politici di governo. Che attaccando le ONG devono solo nascondere i propri fallimenti, sia sul piano interno, che in Europa e nei rapporti con i paesi terzi, a partire dalla clamorosa bocciatura da parte dei libici di tutti i piani proposti da Salvini e Moavero.

      Le versioni inzialmente fornite dalla sedicente Guardia costiera di Tripoli, e quindi dalla giornalista che si trovava a bordo della motovedetta libica, venivano rapidamente modificate, fino all’ammissione che davvero i libici avevano avvistato il gommone poi soccorso da Open Arms, e dopo avere presumibilmente recuperato i vivi, avevano lasciato a bordo del relitto due cadaveri, come sarebbe prassi, per loro stessa ammissione. Saranno le indagini ad accertare se le persone, poi rinvenute cadavere sulle tavole del relitto, siano state abbandonate ancora in vita a seguito di un rifiuto a salire sulla motovedetta. Episodi nei quali la Guardia costiera libica aveva allontanato o minacciato imbarcazioni delle ONG intervenute in soccorso in acque internazionali, spesso sotto il coordinamento iniziale della guardia costiera italiana, si sono ripetute da tempo.

      Viene confermata anche dai libici la presenza, a 80 miglia a nord di Homs, dunque nell’area nella quale poi gli spagnoli hanno trovato il relitto semiaffondato del gommone, con Josepha e due cadaveri, di una nave commerciale, la TRIADES, che dopo lo scambio di vari messaggi radio, si sarebbe allontanata, o sarebbe stata allontanata, dal luogo dell’evento SAR, proseguendo la sua rotta verso il porto di Misurata. Open Arms ha presentato la sua denuncia alla magistratura spagnola contro il comandante della Triades, contro il comandante della motovedetta libica che sarebbe intervenuta sul gommone poi ritrovato distrutto ed alla deriva, e contro eventuali ignoti che dovessero emergere dalle indagini come responsabili del coordinamento dei soccorsi.

      Quanto poi affermato da un esponente daila Guardia costiera di Misurata, negli ultimi comunicati, conferma buona parte della ricostruzione iniziale fornita da Open Arms, e subito smentita da Salvini. Sarà la magistratura spagnola ad accertare le responsabilità relative all’abbandono in mare di due cadaveri, ammesso che il bambino fosse già morto al momento dell’intervento della Guardia costiera libica, e dell’unica sopravvissuta, che quando potrà raccontare la sua versione dei fatti, sarà sentita dalla Procura di Palma di Maiorca. L’obbligio di accertare fatti tanto gravi, se l’abbandono in mare si collega anche ad un rifiuto di salire sulla motovedetta, incombe ai magistrati, chi ha sollevato il velo della censura su queste stragi non ha paura. Anche se altri avrebbero preferito il silenzio.

      Come riferisce la stampa,“Dal Viminale fanno trapelare che l’intenzione non è quella di stare a guardare. Secondo l’agenzia AGI – Roma, 21 lug. – “Non meritano risposta le Ong che insinuano, scappano, minacciano denunce ma non svelano con trasparenza finanziatori e attivita””. E” quanto fanno trapelare fonti del Viminale dopo le denunce di Open Arms a Libia e Italia per omicidio colposo. “La denuncia di Josefa? Qualcuno strumentalizza una vittima per fini politici – proseguono le stesse fonti -. Noi denunceremo chi, con bugie e falsita”, mette in dubbio l”immensa opera di salvataggio e accoglienza svolta dall”Italia”. (AGI)

      Rimane la certezza di una grave anomalia democratica in Italia. Da una parte si ritiene di potere diffamare e calunniare le ONG, ed anche chi li difende, senza dovere mai pagare il conto di accuse che non trovano ancora conferme certe da parte della magistratura, che ha pure archiviato indagini sulle quali si è giocata una ignobile speculazione mediatica. Sembrerebbe ormai scontata la violazione delle regole internazionali di soccorso, anche quando questo inizialmente è gestito dalla Guardia costiera italiana, come è avvenuto a giugno nel caso della nave Aquarius. Un caso che ha occupato per giorni le prime pagine di giornali. Ma tutto questo oggi non sembra interessare più nessuno. Si deve rimanere in silenzio anche su queste vicende ?

      A causa di questa campagna mediatica, già scatenata lo scorso anno, ed adesso rilanciata con toni ancora più minacciosi, si sono ritirate, o sono state bloccate, la maggior parte delle navi umanitarie. A Malta sono ancora sotto sequestro, per “effetto domino” rispetto alle scelte italiane,due navi delle ONG, la Sea Watch e la Lifeline Le accuse di costituire un fattore di attrazione (pull factor) si sono poi estese alle attività di ricerca e salvataggio (SAR) della Guardia costiera italiana, ed addirittura alle attività di contrasto dei trafficanti e dei terroristi della missione Eunavfor Med. Dal 28 giugno si è inventata una zona SAR libica nella quale le autorità italiane declinano la loro competenza ad intervenire, ritendola trasferita sulle autorità di Tripoli che dispongono di sole 4 motovedette d’altura, e di una dozzina di mezzi veloci inadatti a caricare naufraghi a bordo.

      Le sentenze dei tribunali siciliani hanno confermato che la Libia non offre porti sicuri di sbarco e il ruolo di coordinamento nella cosiddetta “SAR libica” affidato nei mesi scorsi alla Marina italiana. Cosa è cambiato, se è cambiato qualcosa, dopo il 28 giugno, quando si è affidata soltanto ai libici una immensa zona SAR che evdentemente non sono in grado di gestire garantendo la salvaguardia della vita umana in mare ?

      Risultato di queste politiche di progressivo ritiro e delle prassi aggressive nei confronti di chiunque soccorre migranti in alto mare, sulla rotta del Mediterraneo centrale, un aumento delle vittime,oltre quattrocento nelle ultime settimane, e probabilmente di tante altre non se ne sa nulla. Come non si sarebbe saputo nulla di Josepha e delle due vittime con le quali era rimasta aggrappata ad una tavola in alto mare, se Open Arms non avesso continuato le sue missioni, pur restando in acque internazionali, ad una distanza assai elevata dalla costa libica, oltre 140 chilometri ( 80 miglia marine). Adesso si profila una guerra totale alle ONG, dopo avere portato a compimento la criminalizzazione della solidarietà. Sembra che la parola ONG sia tra quelle più “odiate” dagli italiani. Le campagne di stampa, agite in maniera scientifica sui social, hanno prodotto più effetti delle sentenze della magistratura. Adesso fa notizia che una ONG abbia denunciato una omissione di soccorso, senza essere invece inquisita per agevolazione di ingresso clandestino.

      Una cappa di silenzio è invece calata sulla vicenda dei 40 migranti bloccati da sei giorni a bordo di un rimorchiatore, il SAROST, fermo davanti alla città tunisina di Zarzis perchè nessuno vuole offrire un porto sicuro di sbarco. Nè la Tunisia, che pure risulta stato di bandiera, nè l’Italia o Malta, che in passato soccorrevano e indicavano un luogo di sbarco sicuro, generalmente in Italia, per le persone soccorse nella zona SAR maltese, la stessa nella quale sono stati soccorsi gli sfortunati naufraghi presi a bordo dal SAROST, rimorchiatore di servizio di una piattaforma petrolifera offshore.

      Il comandante della SAROST ha chiesto lo sbarco in Tunisia, ma nessuno gli ha risposto. Nessuno ha raccolto gli appelli delle ONG perchè si procedesse allo sbarco. Adesso in peroicolo ci sono vite di esseri umani, dopo che l’equipaggio della nave ha ceduto tutto quello che poteva per garantire la sopravvivevanza. Chiediamo che a questo punto almeno la Tunisia garantisca un porto di sbarco e soccorsi per i feriti. Chiediamo che la Croce Rossa, che ha comnciato a fornire qualche aiuto alla SAROST, si impegni attivamente per risolvere questo ennesimo caso, frutto delle politiche di abbandono attuate da parte di Malta e dell’Italia. E tanti altri simili ne verranno nei prossimi mesi, fino alla prossima strage, e poi ancora un’altra. No. Non è possibile alcuna assuefazione, che vorrebbero imporci. Sul rimorchiatore fermo davanti Zarzis, di fatto trasformato in prigione galleggiante, 40 persone rischiano ormai la vita per effetto dell’abbandono imposto da Italia e Malta, e per la mancata disponibilità da parte della Tunisia, ad accettare almeno uno sbarco provvisorio.

      A bordo della SAROST sono ancora in attesa di sbarco in un porto sicuro, che nessuno ha indicato, due donne incinta e un ferito, che sono in acqua da 10 giorni. Persone che lo scorso anno, in una occasione simile, sarebbero state già soccorse da una nave umanitaria, in assenza di mezzi statali, e sbarcati in Italia in un porto sicuro. Ma ormai è l’Italia che non offre più porti sicuri, a fronte delle dichiarazioni del ministro dell’interno e delle prassi imposte alla Guardia costiera, alla Marina, alle autorità di frontiera e richieste persino alla magistratura, come nel caso della richiesta di arresti per i “facinorosi” soccorsi dal rimorchiatore Vos Thalassa e poi sbarcati a Trapani da una nave militare.

      A chi governa è concesso ogni giorno spacciare notizie false, come l’esistenza a Tripoli, di un centro di accoglienza sicuro, o, dopo la visita di Salvini in Libia, come la possibilità di creare campi di raccolta in quel paese, o addirittura in Niger, che sarebbero considerati come ubicati in un “paese terzo sicuro”, dunque nel quale si potrebbero creare vere e proprie “piattaforme di sbarco”, per impedire ai migranti qualsiasi possibilità di fuga verso l’Europa. Ma l’Unione Europea ha già fatto conoscere la sua ferma opposizione a questo progetto dietro il quale si camuffano i respinginenti collettivi vietati dalle Connvezioni internazionali, come dovrebbe sapere il leghista Salvini dopo che la Corte Europea dei diritti dell’Uomo ha condannato l’Italia sul caso Hirsi nel 2012 per i respingimenti collettivi ordinati tre anni prima dal suo predecessore al Viminale, il leghista Roberto Maroni. Le torture e le estorsioni nei centri di detenzione libici sono ormai provate ed ancora attuali, secondo le testimonianze raccolte allo sbarco.

      Si spaccia per contrasto dell’immigrazione, che si definisce “illegale” la pratica degli accordi con le milizie libiche, o con i sindaci delle città che ne sono espressione, apparentemente per rilanciare iniziative civili, di fatto per incentivare l’arresto e la detenzione del maggior numero di persone al fine di impedire la prosecuzione della loro fuga verso il Mediterraneo. Il numero degli immigrati presenti in questi mesi nei centri di detenzione libici è raddoppiato, lo conferma l’ONU. Si richiamano protocolli operativi e Trattati di amicizia stipulati con una Libia che oggi non esiste più’. Sullo sfondo altri accordi con le milizie. Tutto questo senza la minima base legale di un voto parlamentare.Sembra proprio la fine del diritto internazionale, piegato dalla politica della forza muscolare esibita sui social e del fatto compiuto.

      Quando invece giornalisti indipendenti o rappresentanti delle ONG raccontano fatti documentati e facilmente verifiicabili, quando gli avvocati esercitano in pieno il loro ruolo di difensori dei diritti umani, si scatenano le minacce e le ritorsioni, che collegano pezzi di istituzioni, servizi e gruppi delle destre identitarie europee, ben oltre quanto consentirebbero i ruoli istituzionali dei soggetti da cui provengono. Insinuazioni calunniose si rivolgono anche a chi difende gli operatori umanitari ed i migranti.

      Nessuno però riferisce della corruzione diffusa in Libia e della stretta commistione tra il traffico di esseri umani ed il contrabbando di petrolio che dalla Libia raggiunge Malta ed altri paesi europei. Quando i processi contro le ONG si arrestano, o le indagini vengono archiviate, solo uno spazio a fondo pagina, la sentenza di condanna gli italiani la hanno già emessa nei giorni della tempesta mediatica. La fine della presunzione di innocenza e del diritto ad un giusto processo.

      Sono tempi in cui una menzogna ripetuta cento volte sembra valere più della verità, lo sappiamo, e vediamo la marea nera di consenso che si sta aggregando attorno alle posizioni più estreme sul tema immigrazione, che giocano sulla vita delle persone per raccattare consensi elettorali o per aumentare il potere contrattuale con gli altri paesi europei. Si spaccia una emergenza che non esiste, la vera emergenza è l’attacco alla democrazia ed alle garanzie dello stato di diritto, che si gioca proprio sulle questioni del soccorso in mare e della protezione internazionale ( con il ricatto sul Regolamento Dublino). Evidente la saldatura nei fatti tra le estreme destre identitarie e nazionaliste europee e la poltica di Salvini, che aspira ad un asse con Orban in Ungheria e Kurtz in Austria. Due “alleati” sul piano ideologico, ma che in nome del loro nazionalismo hanno già respinto tutte le richieste avanzate dal governo italiano, a partire dai trasferimenti Dublino. Alla fine in Europa i diversi nazionalismi si scontreranno tra loro, ma dalle macerie ne usciremo tutti impoveriti e con una grave lesione dei principi democratici.

      Tutto questo preoccupa ma non spaventa, restiamo al nostro posto, testimoni di un tempo terribile in cui la vita delle persone vale meno della difesa di un confine sull’acqua, un confine che nell’ordine naturale non può esistere. Nell’immaginario collettivo però i confini si stanno moltiplicando proprio per effetto della politica, e non conta se chi si presenta come difensore dell’identità nazionale e del territorio italiano, ricorre poi alla menzogna ed all’odio per costruire altri muri, questa volta all’interno della nostra società. per alimentare un livello di conflittualità sempre più elevato, dal quale ricava evidenti vantaggi in vista delle prossime scadenze elettorali. Ma le ferite inferte oggi ai rapporti internazionali, alla coesione sociale, alla possibilità di convivenza pacifica con gli immigrati tutti, resteranno aperte per anni. E per costruire una finta sicurezza costruiranno sempre più muri, fino a quando saremo tutti reclusi.

      Non arretriamo.Saremo ancora attivi nella difesa degli operatori umanitari e di tutti coloro che saranno accusati di crimine per avere soccorso o prestato assistenza alle persone migranti. Perchè prima che di migranti si tratta di persone, che devono avere riconosciuti gli stessi diritti fondamentali che spettano a qualunque persona, a partire dal diritto alla vita. Perchè i loro diritti sono i nostri diritti.

      https://www.a-dif.org/2018/07/21/omissione-di-soccorso-come-prassi-di-deterrenza

    • Italian coastguards express unease as government closes ports to migrants

      The decision by Italy’s new populist government to close the country’s ports to migrants saved at sea is causing unease within the heart of the Italian coastguard, some staff say, who until recently played a key role in rescue missions.

      Over the last decade the coastguard has coordinated the rescue of hundreds of thousands of migrants off the coast of Libya, in many cases pulling them from the water themselves in treacherous conditions.

      But as of June, they have been ordered to transfer calls for help and reports of boats in distress to the Libyan capital Tripoli.

      Now — despite a culture of traditionally not criticising government policy — a handful of coastguard staff have spoken out.

      In an interview with Italian daily Il Sole 24 Ore last week, a coastguard admiral criticised the government and in particular far-right interior minister Matteo Salvini’s new hardline stance.

      Speaking on condition of anonymity, the admiral recalled that the Italian justice system had deemed Libya was not a “safe place” for rescued people to returned to.

      Many migrants trying to reach Europe are desperate not to go back to Libya as they potentially face abuse and rape in detention centres.

      The admiral also denounced the absence of an official decree or act regarding the decision to close the country’s ports to vessels carrying migrants.

      In recent weeks the policy has left the coastguard powerless as several ships with rescued migrants aboard spent days stranded in the Mediterranean unable to dock in Italy.

      On Wednesday, at an event marking the 153rd anniversary of the Italian Coastguard, admiral Giovanni Pettorino, coastguard commander, evoked the memory of Salvatore Todaro, a submariner who during WW2 took serious risks to rescue the survivors of a ship he had just sunk.

      “In times of war, these things are not done,” a German admiral is said to have told Todaro at the time.

      The coastguard commander concluded his speech given before Italy’s new political authorities, by recalling Todaro’s response: “We are Italian sailors. We have 2000 years of civility behind us and we do these things.”

      – ’Feeling of helplessness’ -

      Speaking anonymously to Catholic daily Avvenire and Radio Radicale, some coastguard officers said the priority to rescue those in danger was demonstrated earlier this month.

      On 13 July the coastguard was sent to keep watch on 450 migrants crammed into a fishing boat, but took part in a later rescue mission even though Rome had told them to let Malta take charge, the officers said.

      Recalling the decision to intervene, the officers spoke of their “feeling of helplessness” which had built up in the weeks prior, as migrants attempted the perilous sea crossing.

      The vast majority of Italy’s around 13,000 coastguard officers work along the country’s 8,000 km of coastline, but the institution says that more than 2,000 of them have had first-hand experience on vessels operating off Libya — where a large number of the migrant tragedies occur.

      “At the moment, the atmosphere among the coastguard corps is not the best,” says Sergio Scandura, a journalist with Radio Radicale.

      The month of June was the deadliest in the Mediterranean in recent years with the International Organisation for Migration (IOM) reporting some 564 deaths or disappearances, despite the fact that overall departures have dropped sharply since the summer of 2017.

      Salvini’s hardline immigration stance appears to, however, be very popular among Italians: according to about half a dozen separate polls, some two-thirds of citizens approve his decision to close ports to rescued migrants.

      His far-right League party — which governs the country as part of a coalition — has also experienced a boom in the polls: the League garnered 17 percent of the vote at the March general election, but opinion polls now suggest support of around 30 percent.

      The new policy has come under fire from the country’s opposition politicians, however, and some of Italy’s prominent Catholic figures have also spoken out.

      After two bodies were discovered in a deflated dinghy off Libya, along with one survivor suffering from shock and hypothermia on Tuesday, the Episcopal Conference of Italy released a statement denouncing a “tragedy which we cannot manage to get used to”.

      “We warn unequivocally that to save our humanity from vulgarity and barbarism, we must protect life. Every life. From the most exposed, humiliated and trampled,” the bishops wrote.

      http://www.digitaljournal.com/news/world/italian-coastguards-express-unease-as-government-closes-ports-to-migrants/article/527517

    • Quale futuro per le operazioni di soccorso in mare svolte dalle ONG ?

      1.Quanto successo nell’ultimo mese, a partire dal blocco dell’attracco della Aquarius in un porto italiano, e poi, a ridosso del Consiglio Europeo del 28 giugno con la istituzione, sulla carta, di una zona SAR libica, e quindi con il seguito di naufragi in acque internazionali, deve indurre ad una riflessione sulle operazioni di ricerca e salvataggio (SAR) svolte dalle Organizzazioni non governative. Operazioni sempre di più spesso oggetto attacchi calunniosi e nel mirino di iniziative giudiziarie, in Italia ed a Malta. Anche se le prime inchieste contro alcune ONG sono state già archiviate.

      Giorno dopo giorno, abbiamo assistito ad una continua escalation del governo italiano contro le ONG, alle quali si è negata ogni possibilità di attracco e di sbarco, con Salvini che si è reso anche protagonista dei tentativi di inasprimento delle prassi adottate dalle missioni europee Frontex ed Eunavfor Med, giungendo a negare, anche dopo stragi gravissime, l’indicazione di un porto sicuro di sbarco a navi militari, persino americane, ed a mezzi della missione europea EUNAVFOR MED ( Sophia). Un tentativo che l’Unione Europea ha respinto, ribadendo gli impegni operativi ed i doveri di soccorso sanciti dalle Convenzioni internazionali e dai Regolamenti europei, che nessun paese membro può violare unilateralmente.

      Analoga risposta negativa è giunta alla proposta di Salvini che intendeva lanciare un piano Marshall per la Libia, allo scopo evidente di rinforzare la cd. Guardia costiera “libica” e di finanziare grandi centri di trattenimento dei migranti in modo da impedire che questi potessero imbarcarsi verso l’Europa. Un progetto già avviato da anni da precedenti governi, al quale si voleva dare adesso maggiore concretezza con un ulteriore fornitura di motovedette al governo Serraj. Ma le promesse italiane si sono rivelate farlocche, le motovedette da regalare ai libici sono pochissime, e sembra che il loro arrivo a Tripoli sia previsto per il mese di ottobre. Sempre che ad ottobre a Tripoli ci sia ancora il governo Serraj. Tutta la politica italiana in questi ultimi due mesi ha nascosto come non si possa parlare più di un processo di riconciliazione in Libia, e dunque di una unica Libia, la vera fake-news che continua ad essere distribuita agli italiani per tranqullizzari sui “successi” conseguiti dai loro governanti.

      Adesso anche la sedicente “Guardia costiera libica” ammette di non avere i mezzi per garantire le attività di ricerca e soccorso in “alto mare”, fino a 85 miglia dalla costa, che sarebbero imposte dalle Convenzioni internazionali, e che si sarebbero dovute verificare prima di concedere l’inserimento della SAR Zone libica nei registri ufficiali dell’Organizzazione marittima della Nazioni Unite (IMO). Chi ha spinto per quella zona SAR libica che ancora oggi non esiste, porta sulla coscienza le centinaia di vittime che i ritardi degli interventi dei libici, e le modalità di ingaggio violento adottate dalle motovedette di Tripoli, hanno prodotto in questo ultimo mese. Una responsabilità che non sarà facile accertare nei tribunali, ma che peserà come una pietra sul destino politico dei protagonisti di queste scelte.

      Di fronte ad un fallimento di così vaste dimensioni, ed alle prime denunce che stanno arrivando, non solo in cartolina, i governanti italiani hanno scelto la linea del totale capovolgimento dei fatti e delle responsabilità, inasprendo i blocchi e lo sbarramento dei porti, ed imposto a Malta un analogo inasprimento, che si sta traducendo anche nel sequestro arbitrario a La Valletta di due navi delle ONG ( Lifeline e Seawatch). Salvini lo aveva promesso, e i maltesi hanno eseguito.

      Le ONG ritornano dunque nel mirino, in nome di un emergenza che non esiste e di una lotta contro ai trafficanti che nessuno però garantisce perchè in Libia non si riesce ad affermare una giurisdizione indipendente dalle milizie che controllano i diversi territori, e gestiscono direttamente rapporti con i trafficanti di persone ( e di petrolio). Dal momento che queste scelte politiche, alle quali corrispondono prassi operative prive di fondamento legale, come la “chiusura dei porti” imposta da Salvini e Toninelli, o gli ordini di “stand by“,già impartiti lo scorso anno, producono e produrranno ancora in futuro centinaia di morti. Perchè cambieranno soltanto le rotte, ma sempre i migranti saranno messi in mare dalla Libia verso l’Europa, occorre chiedersi che ruolo possono giocare ancora le ONG. Per tentare almeno di ridurre il numero delle vittime, e per continuare a denunciare i casi sempre più frequenti di omissione di soccorso in acque internazionali. In attesa che i tribunali internazionali o l’Unione Europea impongano agli stati il pieno rispetto delle Convenzioni internazionali e dei Regolamenti europei che privilegiano la salvaguardia della vita umana in mare ed il diritto di chiedere protezione, rispetto alla difesa dei confini marittimi.

      2.Occorre innanzitutto prendere atto che, come si è evidenziato in queste ultime settimane, sempre più spesso le decisioni amministrative o le direttive emanate dal governo potranno creare i presupposti per l’avvio di azioni penali da parte della magistratura nei confronti di quegli operatori umanitari e di quelle ONG che si atterranno al rispetto delle Convenzioni internazionali e dei Regolamenti europei, nello svolgimento di attività di ricerca e soccorso nelle acque del Mediterraneo Centrale.

      Si verificherà poi, in occasioni sempre più frequenti, che la manipolazione dei dati e la successiva diffusione di fake-news capovolga il senso della narrazione degli eventi di soccorso in mare, fino a fare assumere ai veri responsabili la veste di accusatori ed ai soccorritori la posizione di inquisiti, in modo da eliderne del tutto le possiblità di intervento, sia in mare che nel dibattito pubblico, minandone la credibilità.

      Per contrastare tutto questo e permettere la prosecuzione delle attività di ricerca e salvataggio delle ONG in acque internazionali occorre rafforzare i team legali di esperti che verifichino il rispetto delle regole di Diritto internazionale, e del diritto dei rifugiati, da parte di tutti gli attori chiamati ad intervenire, o che si trovano nelle posizioni più vicine alle aree nelle quali si verificano gli eventi SAR.

      Appare fondamentale in questa prospettiva denunciare la istituzione di una zona SAR libica da parte dell’IMO,su impulso ed avallo delle autorità italiane. Va denuinciata altresì la inefficacia delle attività di ricerca e salvataggio svolta da Malta nella vastissima zona SAR che per ragioni economiche il governo di La Valletta continua ad attribuirsi. Occorre dunque una forte iniziativa a livello di Nazioni Unite e quindi dell’IMO per stabilire con certezza vere zone SAR, individuando le autorità che effettivamente sono in grado di intervenire con effettive capacità di coordinamento e di raccordo con altre autorità SAR. La vita umana in mare non può essere data in appalto per ragioni elettorali o di convenienza politica. Gli accordi bilaterali tra stati in questo campo possono assumere rilievo solo nell’ambito di un riconoscimento internazionale effettivo della capacità di coordinamento dei soccorsi attraverso una Centrale operativa nazionale (MRCC).

      Al fine di garantire la massima trasparenza, contro il rischio di altre e più gravi ricostruzioni farlocche degli interventi SAR da parte dei ministri, e di altre autorità, occorre realizzare sistemi di trasmissione video in tempo reale, accessibili in rete, di tutte le attività di ricerca e soccorso che saranno svolte dalle navi delle ONG, utilizzando anche le rilevazioni radar, quelle satellitari, e la via del monitoraggio aereo con l’uso di droni, per documentare i casi di intervento della Guardia costiera “libica”, che libica non è più, ed eventuali casi di abbandono in mare. Si corre altrimenti il rischio concreto che alla prossima strage, se soltanto una nave delle ONG si trovi nelle vicinanze dell’evento di soccorso, tutte le responsabilità posano essere adossate sugli operatori umanitari. Una certa parte dell’opinione pubblica, ormai incline all’odio senza verificare i fatti, non aspetta altro.

      In un momento in cui le spinte nazionaliste dei governi sovranisti e populisti europei hanno messo tutti contro tutti, occorre negoziare accordi con i singoli stati, anche della sponda sud, come la Tunisia, per garantire possibilità di rifornimento alle singole navi delle ONG che saranno ancora impegnate in attività di ricerca e salvataggio sulla rotta del Mediterraneo Centrale. Vanno inoltre utilizzate le navi più grandi che le ONG saranno in grado di inviare in questa zona come stazione galleggiante di rifornimento e assistenza anche sanitaria, per i casi più urgenti. Ornai è evidente che l’Italia e Malta non garantiscono più “porti sicuri di sbarco” (POS), e le offerte più recenti di attracco altro non sono che un passaggio strumentale al sequestro delle imbarcazioni ed all’incriminazione degli equipaggi.

      Si è visto lo scorso anno come i provvedimenti amministrativi di controllo o di fermo tecnico siano finalizzati alla successiva adozione di inziative penali, con il caso della Juventa, attratta con un ordine della Guardia costiera per il trasbordo di tre migranti a Lampedusa, e poi sequestrata. Un processo ancora in corso, nel quale si dovrà chiarire anche il ruolo degli agenti di sicurezza infiltrati a bordo della nave Vos Hestia di Save The Children, poi finita pure nell’inchiesta. Si è ripetuto ancora quest’anno, in Italia, a Pozzallo, con il sequestro della Open Arms, ed a Malta con il sequestro illegale ( perchè in assenza di provvedimenti giudiziari che lo legittimassero) della nave Sea Watch e della Lifeline, bloccate da settimane per problemi burocratici. Tutti casi nei quali le scelte degli esecutivi e gli ordini di natura amministrativa delle autorità marittime hanno contribuito alla costruzione di una fattispecie penale. E quindi ad una gigantesca operazione mediatica che ha condannato le ONG e tutti i cittadini solidali prima ancora che i processi offrissero almeno qualche effettiva possibilità di difesa e di ribaltamento della narrazione tossica diffusa a reti unificate. Ma la Libia non offre “porti sicuri di sbarco”, dopo i giudici siciliani adesso lo dice anche l’Unione Europea.

      Quanto alla individuazione di porti sicuri di sbarco (POS), che sono garantiti dalle Convenzoni internazionali, prima di ciascuna missione le imbarcazioni delle ONG va garantita la possibilità di rientro in un paese ed in un porto nel quale le persone soccorse possano essere sbarcate in sicurezza, e nel quale gli operatori umanitari non rischino l’apertura di procedimenti penali o il sequestro della nave. Queste attività repressive che si riconducono generalmente al contrasto dell’immigrazione irregolare, come pure il ritardo immotivato nella indicazione di un porto sicuro di sbarco, si ripercuotono direttamente sulla salute psico-fisica dei naufraghi, e possono ridurre notevolmente la capacità operativa delle imbarcazioni delle ONG, mettemndo a rischio anche il diritto alla vita.

      3. Le attività di ricerca e salvataggio ancora svolte da Organizzazioni non governative non si possono collocare al di fuori di una cornice di coordinamento che va comunque garantita con le Autorità SAR nazionali competenti, come previsto dal diritto internazionale del mare. Non si può però continuare a ricorrere ad una negoziazione caso per caso, dopo o addirittura durante l’espletamento delle operazioni di soccorso.

      Retweeted Paolo Biondi (@PaoloBiondi82):

      Oggi Malta ha coordinato il salvataggio di 19 migranti in difficoltà all’interno della Regione di ricerca e soccorso maltese (DDR) circa 50 miglia a sud dell’isola. Rcc Malta è stata informata di questa barca da parte di Mrcc Roma e della guardia costiera libica quando era ancora nella SAR Libica.

      Malta coordinated the rescue of 19 migrants in distress within the Maltese Search and Rescue Region (SRR) some 50NM south of the island. RCC Malta was informed of this boat by MRCC Rome and the Libyan Coast Guard when it was still in Libya SRR

      Bisogna dunque attivare canali di comunicazioni costanti con quelle autorità SAR che possono garantire lo sbarco in un porto sicuro, che come prevedono le Convenzioni internazionali di diritto del mare, non è necessariamente il “porto più vicino”, come qualcuno ha ritenuto in Italia, ma è quel porto nel quale la persona sbarcata ( e potremmo aggiungere adesso, anche i soccorritori) abbiano la piena garanzia che i diritti fondamentali della persona siano rispettati. Occorre che le ONG si raccordino tra loro e stilino loro una “Carta dei soccorsi nel mare Mediterraneo”, sulla quale aggregare consenso in modo da garantire modalità di intervento generalmente condivise. Un documento con prasse operative concordate da verificare con la Guardia costiera italiana che ha una tradizione di soccorso in mare che non può essere smentita da atti di indirizzo politico.

      Ricordiamo bene come l’attacco alle ONG sia patrtito dalle destre identitarie europee e, subito dopo, da Frontex, all’inizio dello scorso anno. Ma il confronto ed il coordinamento sulle operazioni SAR nel Mediterraneo centrale non potrà prescindere dal tentativo di coinvolgimento dell’Agenzia per il controllo delle frontiere esterne (FRONTEX), oggi ridefinita come “Guardia costiera e di frontiera europea” ( in base al Regolamento UE 1624 del 2016) . Sarò anche importante verificare la disponibilità a partecipare ad attività SAR della missione EUNAVFOR MED ( Operazione Sophia), un obbligo ineludibile da garantire nel rigoroso rispetto del proprio mandato operativo, deciso nell’ambito della politica estera comune dell’Unione Europea (PESC). Non sarà un confronto facile, ma nessuno può pensare che ritirando le navi militari, limitandone le attività in operazioni SAR, o costringendo le ONG al ritiro totale, si possa garantire un miglior risultato delle politiche migratorie europee e nazionali, anche a costo di passare sopra le migliaia di morti e dispersi che queste politiche hanno fin qui prodotto.

      Il soccorso in mare è condizionato anche da quello che succede nei paesi della sponda sud del Mediterraneo. Senza una soluzione politica del conflitto in Libia e senza la garanzia di un qualsiasi stato di diritto che sia almeno in parte esente dalla corruzione diffusa che caratterizza quel paese, qualsiasi accordo con le milizie e con le forze che controllano le diverse Guardie costiere, rischia di tradursi ancora una volta con un ulteriore rafforzamento delle organizzazioni criminali. Le minacce, reiterate anche di recente, rivolte dalla Guardia costiera di Tripoli alle Organizzazioni non governative comprendono ormai il rischio di attacchi armati e di sequesto di persona.

      Le navi delle ONG ben dificilmente potranno avventurarsi a meno di 70 miglia (120 chilometri) dalla costa libica. La minaccia di sequestro da parte della Guardia costiera di Tripoli diventa ogni giorno più grave. Un motivo in più che dovrebbe spingere la comunità internazionale, o singoli paesi, questa volta davvero “volenterosi”, ad organizzare missioni internazionali di ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale. In acque internazionali che ormai, dopo la creazione di una zona SAR “libica”, sono rimaste nella esclusiva disponibilità di un gruppo di milizie che non garantisce il rispetto dei diritti e dei corpi delle persone, nè durante le azioni di soccorso, nè durante le successive fasi dello sbarco a terra e dell’internamento nei centri di detenzione. Adesso sono ache alcuni esponenti della Guardia costiera di Tripoli, di cui Salvini si fida tanto, che ammettono di non avere i mezzi necessari per salvaguardare la vita umana in mare.

      In questa direzione la società civile organizzata deve andare oltre l’impegno qui profuso, occorre davvero che “si imbarchi” con tutte le proprie capacità organizzative sulle navi delle ONG, che significa garantire un impegno continuo a livello più ampio. Non certo con la presenza fisica, ma con una attività ben documentata di diffusione delle notizie, di accertamento delle fake news, di iniziativa politica e di sostegno economico e legale, che permetta di difendere i valori del soccorso e della solidarietà contro tutti i tentativi di depistaggio e di diffusione di messaggi di odio, di negazione della dignità umana e di subordinazione del diritto alla vita alle esigenze della difesa delle frontiere, se non alla mera propaganda elettorale.

      https://www.a-dif.org/2018/07/22/quale-futuro-per-le-operazioni-di-soccorso-in-mare-svolte-dalle-ong

    • JOSEFA : «SONO ARRIVATI I LIBICI E CI HANNO PICCHIATO»

      Sicuri da morire. L’accusa dell’unica superstite al naufragio. Da Open Arms denuncia per omicidio colposo

      «Denunceremo chi, con bugie e falsità, mette in dubbio l’opera di salvataggio e accoglienza svolta dall’Italia»: il Viminale ieri ha attaccato ancora l’Ong catalana Proactiva open arms, arrivata ieri mattina a Palma di Maiorca con il cadavere della donna e del bambino ritrovati martedì con l’unica superstite, Josefa, aggrappata alle assi del fondo del gommone distrutto a 80 miglia dalla cosa libica, 90 da Lampedusa. La donna camerunese, ricoverata in forte stato di choc e con i postumi dell’ipotermia, dopo essere rimasta due giorni a galleggiare in acqua, ha raccontato: «Sono arrivati i libici, ci hanno picchiato e ci hanno lasciato in mare». Il Viminale insiste: «Qualcuno strumentalizza una vittima per fini politici. Se la Ong ha preferito rifiutare l’approdo per scappare altrove è un problema suo. I porti siciliani erano aperti». Alla Proactiva era stato offerto lo scalo di Catania ma il coordinatore della missione, Riccardo Gatti, aveva chiarito: «Rifiutiamo il porto di sbarco italiano dopo le dichiarazioni del governo (che aveva definito la denuncia dei volontari catalani una fake news ndr) e perché non crediamo che in Italia ci sia un porto sicuro». La scelta di Catania, poi, era risultata sospetta visto che la procura locale sta processando l’Ong tedesca Jugend Rettet per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

      I membri della Proactiva open arms, insieme al campione dell’Nba Marc Gasol, si sono recati ieri al tribunale di Palma per presentare una denuncia per omissione di soccorso e omicidio colposo contro il capitano della Triades, il mercantile che per primo ha individuato i migranti e avvertito Tripoli senza però soccorrerli. «Lo faremo anche contro il capitano del pattugliatore della Guardia costiera libica» che avrebbe volontariamente affondato il gommone mentre a bordo c’erano ancora due donne e un bambino ha spiegato Oscar Camps, fondatore dell’Ong catalana, confermando anche l’intenzione di presentare una denuncia contro la Guardie costiera italiana e Malta perché potrebbero aver commesso il reato di omissione del dovere di assistenza.

      Alla stampa Camps ha poi spiegato che l’Europa lascia alla Libia («un paese senza stato») le operazioni in mare nonostante i sospetti di connivenza della sua Guardia costiera con i trafficanti: «Siamo etichettati come criminali, l’Italia ci accusa di mentire, diffamare e insultare, vuole rimandare in Libia le persone che salviamo. Siamo gli unici testimoni e adesso nessun’altra Ong è attiva nell’area. Siamo stati testimoni della barbarie disumana che vive il Mediterraneo». L’ultima stoccata è per il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, che da mesi ripete «le Ong vedranno i nostri porti in cartolina». Camps ne ha mandata una virtuale via twitter al leader leghista con la dedica «Un abbraccio da Maiorca. Oscar e Josefa». A Palma c’era anche il deputato di Leu, Erasmo Palazzotto, che ha partecipato alla missione: «Chiederò al governo italiano che renda pubblici i dati su ciò che è accaduto nel luogo in cui è stata trovata morta la madre con il bambino per vedere se c’è responsabilità del governo e della guardia costiera nell’omicidio».

      La Marina italiana ieri ha respinto ogni addebito: «Non siamo mai stati coinvolti nel soccorso. Dopo il ritrovamento, all’Ong è stata data piena disponibilità a trasferire la donna, ancora in vita, in Italia, per ricevere assistenza sanitaria, è stata data anche la possibilità di raggiungere direttamente il porto di Catania». Anche il ministro dei Trasporti, Danilo Toninelli, difende l’operato del governo: «Open Arms sbaglia obiettivo. L’Italia è un esempio per umanità ed efficienza nei soccorsi».

      Nessuno però sa spiegare la presenza di una donna viva e due cadaveri tra i relitti del gommone distrutto. Non sa spiegarlo soprattutto la Libia, che martedì aveva negato di averli lasciati in mare, chiamando in causa una troupe di giornalisti tedeschi presenti durante le operazioni. Poi è stata costretta a precisare che i salvataggi lunedì sera erano stati due e quindi venerdì ha parzialmente ammesso di aver provato a rianimare i corpi senza vita ma di non saper spiegare la presenza di Josefa. Una spiegazione arriva però dall’Italia. Il fatto quotidiano, riportando notizie apprese dai nostri militari, spiega: «I migranti non vogliono essere riportati in Libia, per convincerli ad accettare il soccorso è ormai prassi che i libici inizino le operazioni per affondare la barca». È la spiegazione che aveva dato Camps martedì, bollata da Salvini come «fake news».

      https://ilmanifesto.it/josefa-sono-arrivati-i-libici-e-ci-hanno-picchiato

    • Open Arms, a una settimana dalla tragedia Salvini incalzato non dà spiegazioni e loda i libici

      Era il 17 luglio quando la ong spagnola Proactiva Open Arms annunciava di aver recuperato nel Mediterraneo tre corpi - un bambino e una donna morta e un’altra invece ancora in vita - accanto a un relitto abbandonato dalla Guardia Costiera libica dopo un’operazione di recupero di migranti. Il ministro dell’Interno Matteo Salvini aveva negato che i libici avessero abbandonato delle persone in mare, tantomeno affondando il barcone nel quale viaggiavano, e aveva promesso le prove a sostegno della sua tesi. Poco dopo, dal Viminale si segnalava la presenza di una giornalista tedesca a bordo delle motovedette dei libici che avrebbero compiuto il salvataggio oggetto della questione e che avrebbe documentato la correttezza del loro operato.

      Con il passare delle ore, però, è emerso da diverse testimonianze, compresa quella della stessa giornalista, come in realtà l’operazione che avrebbe portato all’abbandono dei corpi sarebbe stata differente da quella documentata dalla troupe televisiva. Come e perché Josefa (la donna superstite) e la madre e il bambino annegati siano finiti in mare rimane dunque una domanda senza risposta.

      A una settimana di distanza dai fatti, siamo tornati a chiedere a Salvini una spiegazione sulla vicenda, senza ottenere una risposta.

      https://video.repubblica.it/dossier/immigrati-2015/open-arms-a-una-settimana-dalla-tragedia-salvini-incalzato-non-da-spiegazioni-e-loda-i-libici/311052/311687

    • Watch: 10 days at sea, the real story of the Aquarius

      For us, journalists, bearing witness is both an instinct and a responsibility.

      The Aquarius deployment came about because I wanted to see for myself how NGOs conducted search and rescue missions in the so-called “world’s deadliest migration route”.

      I had reported on the refugee crisis for years - from the Turkish-Syrian border, but also from Greece, Macedonia, Hungary, Germany, France... I had seen fear and desperation. But also solidarity and hope.

      I wanted to understand what this part of the story was all about. And what impact it had on the whole of the European Union.

      Little did I know I would be reporting on a story that would threaten to split Europe apart.

      10 days at sea: the real story of the Aquarius is about what happened aboard the humanitarian vessel while it found itself at the heart of one of the most serious storms Europe has ever faced.

      http://www.euronews.com/2018/07/16/10-days-at-sea-the-real-story-of-the-aquarius-exclusive

    • Stampa spagnola, Josepha vuole denunciare Libia e Italia

      La donna sopravvissuta e soccorsa da Open Arms, secondo Diario de Mallorca, pensa alle vie legali per l’omissione di soccorso.

      Josepha, la donna del Camerun salvata dalla Ong spagnola Proactiva Open Arms dopo aver trascorso due giorni in mare aggrappata a un pezzo di legno, denuncerà l’Italia per aver rifiutato di sbarcare i cadaveri dei migranti morti nel Mediterraneo nel porto di Catania. Lo scrive il quotidiano Diario de Mallorca. La donna per 48 ore è stata in balia delle onde a largo della Libia, aggrappata a un pezzo di legno. Insieme a lei c’erano i cadaveri di una donna e un bambino.

      Secondo il quotidiano il quotidiano spagnolo, dopo essere sbarcata a Palma - dove è arrivata, insieme ai volontari, da poche ore - denuncerà alle autorità spagnole la guardia costiera della Libia per aver speronato la barca a bordo della quale si trovava. Si rivolgerà alla giustizia spagnola per segnalare anche una presunta omissione dell’Italia. Josefa, che ha raccontato di essere scappata dal Camerun per fuggire dal marito che la picchiava perché non poteva avere figli, riceverà lo status di rifugiata.

      Anche i volontari di Open Arms hanno deciso di denunciare la guardia Costiera libica per omissione di soccorso e di avere intenzione di fare lo stesso con «qualsiasi altra persona che ha preso parte ai fatti con azioni o omissione». A tal proposito, hanno detto, anche la Guardia costiera italiana «avrà qualcosa da dichiarare riguardo ciò che è avvenuto a 80-90 miglia dalle sue coste».

      Dal Viminale rispondono: «Se la Ong spagnola ha preferitorifiutare l’approdo in Italia per scappare altrove, è un problema suo. I porti siciliani erano aperti anche per accogliere i cadaveri a bordo, e per questo alla Ong era stata esclusa l’opzione Lampedusa: l’isola è infatti sprovvista di celle frigorifere per i corpi».

      https://www.huffingtonpost.it/2018/07/21/stampa-spagnola-josepha-vuole-denunciare-libia-e-italia_a_23486787

    • « #Sarost_5 » : une situation dramatique selon les migrants relayés par une ONG

      L’épuisement, la fatigue, le découragement ne font que croître à bord du Sarost 5. Le navire commercial est toujours bloqué devant le port de #Zarzis en #Tunisie, après avoir été refusé par les autorités maltaises et tunisiennes. Cela fait maintenant une semaine que les 14 membres d’équipages et les 40 migrants attendent le débarquement, avec peu de vivres, dans une situation sanitaire de plus en plus compliquée. Aucun des pays proches n’a pour l’instant accepté que le bateau accoste et permette à ces ressortissants africains de débarquer. Pour alerter l’opinion sur leur situation, l’ONG Watch the Med a recueilli des témoignages à bord du Sarost 5.

      http://www.rfi.fr/afrique/20180723-migrants-sarost-5-situation-dramatique-temoignages-relayes-ong-watch-th

    • Secondo il Viminale la versione di Open Arms è una “fake news”, ma ad oggi non ha fornito le prove

      Pochi giorni fa, a circa 80 miglia dalle coste libiche l’associazione non governativa Proactiva Open Arms ha trovato i resti di un’imbarcazione con due cadaveri e una donna ancora viva. L’ipotesi e poi l’accusa della ONG è che la «Guardia costiera libica», nel corso di un’operazione di salvataggio, abbia lasciato volutamente alcune persone in mare perché non volevano ritornare in Libia. Il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, ha definito questa ricostruzione una «fake news» e ha promesso che avrebbe fornito le prove della sua falsità. Al momento, però, queste prove non sono state ancora esibite.

      https://www.valigiablu.it/ong-salvini-fake-news

    • Rejetés par les pays européens, 40 migrants sont bloqués au large de la Tunisie

      Quarante migrants et l’équipage du Sarost 5 sont bloqués devant le port de Zarzis, en Tunisie. Le navire battant pavillon tunisien est arrivé sur place après avoir été refusé par l’Italie, la France et surtout Malte. C’est pourtant ce dernier pays qui est censé secourir ces rescapés, car leur embarcation était située en zone maltaise quand elle a été signalée. Deux femmes enceintes se trouvent à bord.

      www.rfi.fr/europe/20180721-sarost-5-zarzis-malte-italie-france-migrants-bloques-tunisie

    • La Tunisie s’apprête à accueillir les 40 migrants bloqués sur le Sarost 5

      Après deux semaines bloqué en mer, au large de Zarzis, le navire Sarost 5 devrait finalement avoir l’autorisation d’accoster en Tunisie. Le Premier ministre tunisien, Youssef Chahed, a expliqué samedi devant le Parlement que le pays allait lui ouvrir ses ports pour des raisons humanitaires. Quarante migrants dont deux femmes enceintes se trouvent en effet sur le Sarost 5 que ni la France, ni l’Italie, ni Malte n’ont jusqu’ici accepté d’accueillir.

      http://www.rfi.fr/afrique/20180730-tunisie-accueille-quarante-migrants-sarost-5-zarzis-youssef-chahed

    • WatchTheMed Alarm Phone : Press Release on the Sarost 5 Disembarkation Announcement

      July 29, 2018
      Watch the Med Alarm Phone has been in regular contact with crew members as well as rescued people of the Sarost 5 since the first distress call that took place in the Maltese SAR zone on Friday 13.07.18. The 40 rescued people have been at sea for more than two weeks. The rescued people and the crew of the supply vessel Sarost 5 have been stationed off the port of Zarzis since Monday 16.07.18 and have endured unbearable living conditions on board. We are relieved that the Tunisian government will let the people disembark for ‘humanitarian reasons’. However, we remain extremely concerned about the following points:

      The ordeal endured by the crew and passengers of the Sarost 5 is the direct result of EU migration policies, which externalize border controls and condone the closure of ports in Italy and Malta to NGO and private rescue vessels. The case of the Sarost 5 adds to other worrying developments in the Central Mediterranean, such as the increased collaboration between Italy and the Libyan Coast Guard and the failure to give authorizations to rescue vessels to disembark people, leaving them stranded at sea for days.
      The EU has announced its plans to establish regional disembarkation mechanisms in North Africa. The arrival of the Sarost 5 on Tunisian soil does not constitute a precedent for such disembarkation points. The Sarost 5 sails under Tunisian flag and no North African country has agreed to disembarkation points on their territory. We strongly oppose any steps towards such regional disembarkation points.
      The case of the Sarost 5 illustrates the erosion of SAR responsibilities in the central Med. Malta has not abided by its responsibilities to provide a port of safety to the 40 people who were first given supplies at sea by the Caroline III, under Maltese orders and in the Maltese SAR zone. This denial of responsibility not only breaks international maritime law, but also violates the principle of non-refoulment. The People on board the Sarost 5 have declared in video testimonies that they are in need of international protection. Furthermore, the lack of a legal framework to apply for international protection in Tunisia will deprive the people on board the Sarost 5 from their right to an effective remedy. The violation of basic rights of asylum seekers in Tunisia has been documented through the ongoing ordeal faced by the ex-Choucha camp refugees, who are still fighting for legal status and a dignified life in Tunisia. In fact, their struggle continues four years after the closure of the camp. In addition, the rights of LGBTQ people are severely restricted in Tunisia. For the reasons mentioned above, we strongly believe that ports in Tunisia should not be considered as ports of safety.

      Watch the Med Alarm Phone denounces the EU states’ failure to take responsibility and their stark negligence of international human rights, as well as the lack of a public statement from the UNHCR in favour of the people on board the Sarost 5. Watch The Med Alarm Phone will monitor the disembarkation closely and remain in contact with the people from the Sarost 5.

      In light of the Sarost 5 case, we immediately call for:

      – Full and unconditional respect for human rights and the international Maritime law;
      – Immediate disembarkations in ports of safety, which cannot be in Tunisia or Libya, given their non-compliance with international refugee and human rights law;
      – The abolition of the Dublin regulation so that the arrival of migrants can be shared among member states of the EU and that the pressure on southern EU states can be alleviated;
      – The re-opening of Italian and Maltese ports to NGOs and private vessels transporting people rescued at sea, as they are the closest safe ports to the rescue zone

      communiqué de presse reçu via la mailing-list de Migreurop

    • Le Sarost 5 toujours bloqué au large de la Tunisie : situation confuse dans les eaux tunisiennes

      Le week end dernier, de nombreuses informations contradictoires, concernant le sort des 40 migrants bloqués au large de la Tunisie depuis 15 jours, ont circulé. Alors que le navire humanitaire espagnol Open Arms n’était qu’à quelques km du Sarost 5, les autorités tunisiennes ont annoncé leur intention d’accueillir sur leur sol les 40 migrants. Cependant pour l’heure, la situation à bord n’a pas changé.

      Samedi 28 juillet, le Premier ministre tunisien Youssef Chahed a déclaré lors d’une séance plénière au Parlement que « pour des raisons humanitaires », la Tunisie allait finalement « accueillir les 40 migrants » bloqués au large du port tunisien de Zarzis depuis le 16 juillet.

      Lundi 30 juillet en milieu d’après-midi, le Sarost 5 était cependant toujours immobilisé en pleine mer. « Les autorités portuaires tunisiennes n’ont pas encore reçu l’autorisation de Tunis de laisser entrer le bateau », déclare à InfoMigrants Mongi Slim du Croissant rouge tunisien. « On sait que le gouvernement a accepté que notre navire accoste en Tunisie mais depuis cette annonce on est toujours bloqués ! On attend quoi », se plaignait déjà samedi soir à InfoMigrants un des membres d’équipage.

      Pour que le bateau puisse amarrer à Zarzis, il faut que le MRCC tunisien - le centre de contrôle maritime tunisien - donne son autorisation. On ignore encore pourquoi il n’a rien reçu malgré l’annonce du Premier ministre samedi.

      Open Arms au large des côtes tunisiennes

      Tout le week-end, la confusion a régné à bord du Sarost 5. À leur réveil samedi matin, les migrants aperçoivent au loin le navire humanitaire Open Arms qui est immobilisé à quelques milles nautiques de là. L’espoir renaît à bord du bateau. L’ONG espagnole a l’autorisation d’entrer dans les eaux tunisiennes pour offrir une assistance humanitaire et médicale aux membres du Sarost 5. Mais en milieu d’après-midi, Open Arms rebrousse chemin vers Malte pour évacuer d’urgence un de ses sauveteurs.

      Le lendemain, dimanche 29 juillet, le navire humanitaire reprend la route en direction des côtes tunisiennes et se positionne de nouveau à proximité du Sarost 5 – il repart finalement dans les eaux internationales lundi en début d’après-midi, les autorités tunisiennes ne l’autorisant pas à stationner dans leur zone maritime.

      Entre-temps, le gouvernement tunisien a fait part de son intention d’accueillir les 40 migrants. L’ONG espagnole assure que sa présence dans les eaux tunisiennes a permis de débloquer la situation. « Quand la Tunisie a vu qu’une organisation aussi médiatique que la nôtre était devant sa porte - et que nous voulions rencontrer les migrants à bord - ils ont eu peur qu’on montre publiquement que les migrants n’étaient pas bien traités », a déclaré à l’agence de presse espagnole EFE Oscar Camps, le président de l’ONG.

      À bord du Sarost 5, l’incertitude pèse sur les migrants déjà éprouvés moralement et physiquement par plus de deux semaines en mer. « Mon Dieu, quand est-ce que tout cela va s’arrêter. Le gouvernement donne officiellement son accord mais il ne se passe rien. Que nous veut la Tunisie encore ? », s’interroge lundi Samuel*, un migrant qui est en contact régulier avec InfoMigrants.

      La Tunisie, pas un « port sûr » selon les ONG

      Par ailleurs, les ONG s’inquiètent de l’arrivée éventuelle de ces migrants en Tunisie. « Ce pays ne remplit pas les critères pour être qualifiée de ‘port sûr’. Il n’y a pas de cadre légal pour y déposer une demande d’asile », dénonce à InfoMigrants Olivia Santer, porte-parole d’Alarm Phone. « La violation des droits fondamentaux des demandeurs d’asile en Tunisie a été documentée par ce que subissent les anciens migrants du camp de Choucha qui luttent toujours pour un statut légal (..). Quatre ans après la fermeture du camp, leur combat se poursuit toujours », déclare l’ONG dans un communiqué.

      Le Croissant rouge tunisien assure lui que tout est prêt pour gérer au mieux l’arrivée des 40 migrants du Sarost 5. Ces derniers doivent être accueillis par l’ONG au port de Zarzis et seront ensuite envoyés au foyer de Médenine (à l’ouest de Zarzis) où « ils pourront bénéficier de soins médicaux, de distribution de nourriture et de vêtements », selon Mongi Slim du Croissant rouge tunisien.

      Les demandeurs d’asile pourront, toujours selon le croissant rouge tunisien, déposer une demande auprès du Haut-commissariat des Nations-Unies pour les réfugiés (HCR). Sur ce sujet aussi, les informations demeurent floues. L’agence onusienne assure avoir déjà rencontré plusieurs migrants du Sarost 5 lors d’une mission sur le navire, mais les naufragés et l’équipage nient la visite du HCR à bord. « Nous avons demandé plusieurs fois que l’agence onusienne vienne nous voir mais ils ne sont jamais venus », assure Samuel.

      L’ONG Alarm Phone se dit outrée par le HCR qui « n’a pas su se positionner clairement en faveur des droits des rescapés ». « Cela renforce notre inquiétude pour l’avenir de ces 40 migrants », signale Olivia Santer. « Ils devraient être en Europe car ils ont été repérés dans les eaux maltaises. Mais une nouvelle fois, les autorités européennes n’ont pas pris leurs responsabilités et ont renvoyé le problème », souffle-t-elle.

      http://www.infomigrants.net/fr/post/10974/le-sarost-5-toujours-bloque-au-large-de-la-tunisie-situation-confuse-d

    • Rejetés par les pays européens, 40 migrants sont bloqués au large de la Tunisie

      Quarante migrants et l’équipage du Sarost 5 sont bloqués devant le port de Zarzis, en Tunisie. Le navire battant pavillon tunisien est arrivé sur place après avoir été refusé par l’Italie, la France et surtout Malte. C’est pourtant ce dernier pays qui est censé secourir ces rescapés, car leur embarcation était située en zone maltaise quand elle a été signalée. Deux femmes enceintes se trouvent à bord.

      C’est le capitaine du Sarost 5, un navire d’approvisionnement battant pavillon tunisien, qui a appelé les autorités tunisiennes à « intervenir d’urgence » pour lui permettre d’accoster au large de Zarzis, dans le sud du pays.

      Ce navire commercial a secouru 40 migrants, dont huit femmes et notamment deux enceintes. Or, il patiente au large de ce port. Une attente qui « commence à être très longue, au détriment de notre travail », déplore le capitaine, Ali Hajji, interrogé par l’Agence France-Presse.

      « L’équipage du bateau est épuisé moralement et physiquement », explique-t-il à l’AFP. « Nous faisons notre maximum pour apporter notre aide aux migrants, dont certains sont malades, et nous risquons d’être contaminés. »

      Selon une source de l’AFP - un responsable de la garde maritime tunisienne s’exprimant sous couvert d’anonymat -, l’autorisation d’accoster à Zarzis « dépasse » ses équipes. « Nous attendons une décision politique », fait-il remarquer. Mais cette dernière tarde à venir de Tunis pour le moment.

      Les 40 migrants à bord du Sarost 5 n’en sont pas au début de leur calvaire. Ils seraient originaires d’Afrique subsaharienne et d’Egypte, et seraient partis de Libye à bord d’une embarcation pneumatique avant d’être perdus en mer cinq jours.

      Un problème symptomatique de la crise européenne

      Ces personnes ont finalement été repérées, à une date non précisée, par le navire Caroline III, envoyé par un centre de secours maltais. Problème : selon des ONG tunisiennes, quand ce bateau a appelé à l’aide les gardes-côtes d’Italie, de France et de Malte, ces derniers « ont refusé d’accueillir les rescapés ».

      Selon ces ONG, le prétexte des Européens, c’était que « les ports les plus proches étaient situés en Tunisie ». Les migrants ont donc finalement été pris en charge par le Sarost 5. Le Croissant-Rouge a pu les examiner à deux reprises.

      « Huit migrants ont la gale et les deux femmes enceintes risquent de perdre leur bébé », relate Mongi Slim, responsable du Croissant-Rouge à Médenine, une ONG qui continue d’envoyer médicaments et nourriture. « Nous avons demandé aux autorités tunisiennes d’hospitaliser au moins trois personnes », ajoute-t-il.

      La Tunisie fait partie des pays cités pour l’émergence de possibles centres d’accueil de migrants hors Europe souhaités par l’UE. Mais selon M. Slim, les passagers du Sarost 5 « refusent d’être accueillis par la Tunisie et veulent rejoindre l’Europe ».

      Watch The Med-Alarm Phone s’est fait une spécialité de repérer les bateaux à la dérive en Méditerranée, pour les guider vers d’éventuels sauveteurs. Et pour Olivia Santer, militante au sein de ce réseau, la situation du Sarost 5 est symptomatique de la crise de l’accueil européen. Ci-dessous, ses explications sur RFI.

      http://www.rfi.fr/europe/20180721-sarost-5-zarzis-malte-italie-france-migrants-bloques-tunisie

    • Sur la Sarost 5, voici le commentaire de @_kg_, qui m’a été envoyé par email, et qui répond à la question : si la Tunisie acceptait de prendre les migrants sur son territoire...

      - les personnes vont être logés au centre de logement du Croissant Rouge Tunisien (CRT) à Médenine
      – le Conseil Italien des Réfugiés va venir sur place pour categoriser entre « migrant.e.s » et « réfugiés » ; les réfugiés peuvent faire une demande d’asile en Tunisie et sont logés au centre d’UNHCR...t’imagines la situation d’un demandeur d’asile en Tunisie...réinstallation dans un pays tiers = environ 12 personnes/année...un très grand taux des demandeurs d’asile disparait, on ne les retrouve plus...
      – les « migrant.e.s » restent au centre CRT dont ils sont pris en charge au maximum deux mois (cf. Monghi Slim http://www.rfi.fr/afrique/20180730-tunisie-accueille-quarante-migrants-sarost-5-zarzis-youssef-chahed) ; l’OIM vient sur place pour leur proposer le « retour volontaire » dans leur pays d’origine comme seule solution... donc ces « migrant.e.s » sont maintenant bloqués en Tunisie, le nombre monte.
      – Il reste quel projet futur ? Dans la plupart des cas ils/elles quittent le centre de logement pour les grandes villes tunisiennes : travailler pour financer le prochain voyage vers l’Europe ou vers un autre pays...

    • 2018 sind schon mehr als 1500 Flüchtlinge im Mittelmeer ertrunken | NZZ.ch 2018-08-04

      https://www.nzz.ch/international/2018-schon-mehr-als-1500-fluechtlinge-auf-dem-mittelmeer-ertrunken-ld.1408860

      https://nzz-img.s3.amazonaws.com/2018/8/4/4e09c75c-b1d0-4211-bd3f-a77d296b1d19.jpeg

      Nach einer Mitteilung des Uno-Flüchtlingshilfswerks ist die Zahl der Todesfälle gestiegen, obwohl die Gesamtzahl der über das Mittelmeer nach Europa gekommenen Personen zuletzt deutlich zurückgegangen war.

      Mehr als 1500 Flüchtlinge sind nach Angaben der Uno in den ersten sieben Monaten dieses Jahres im Mittelmeer ertrunken. Mehr als die Hälfte von ihnen sei dabei im Juni und Juli ums Leben gekommen, teilte das Uno-Flüchtlingshilfswerk UNHCR am Freitag in Genf mit. Demnach stieg die Zahl der Todesfälle, obwohl die Gesamtzahl der über das Mittelmeer nach Europa gekommenen Personen zuletzt deutlich zurückgegangen war.

      Laut UNHCR gelangten seit Januar ungefähr 60 000 Flüchtlinge nach Europa. In den ersten sieben Monaten des Vorjahres waren es noch etwa doppelt so viele Personen. Spanien löste Italien mittlerweile als wichtigstes Ankunftsland ab. Dort kamen von Januar bis Juli rund 23 500 Menschen an – so viele wie im gesamten Jahr 2017. Italien verzeichnete im Betrachtungszeitraum dagegen rund 18 500 Ankünfte; in Griechenland waren es zirka 16 000 Personen.

      [...]

    • Ong, Open Arms in attesa di un porto in cui sbarcare 87 migranti: “Caldo rovente sul ponte”

      Dopo tre giorni l’ong spagnola attende ancora indicazioni: a bordo di Open Arms ci sono 87 migranti, tra cui 8 minori.

      Terzo giorno a bordo di Open Arms, la temperatura è rovente sul ponte. La paura di essere riportati in Libia si placa. Ci affidano le loro storie terribili, molte provenienti dall’inferno Darfur e dagli abusi ripetuti della Libia. Ancora nessun porto di destinazione". Lo fanno sapere i volontari con un tweet lanciato dalla nave della ong che il 2 agosto ha soccorso 87 migranti, fra cui 8 minori, che erano alla deriva su un gommone al largo della Libia.

      I profughi erano stati salvati dopo che il loro gommone si trovava da due giorni alla deriva in acque internazionali. Secondo il racconto del segeratario di Sinistra italiana Nicola Fratoianni – che si trova a bordo della nave dell’ong per continuare la staffetta di solidarietà iniziata da Riccardo Magi, deputato di +Europa, e proseguita poi dal parlamentare di LeU Erasmo Palazzotto – i migranti sono in condizioni di salute precarie: alcuni di loro hanno sul corpo ustioni provocate dalla miscela di acqua di mare e gasolio.

      La prima segnalazione della presenza in mare del gommone era arrivata lunedì scorso dalla Guardia Costiera libica. Open Arms, una volta completato le operazioni, aveva informato l’Italia la Spagna e la Libia. In quello stesso giorno il ministro degli Interni Matteo Salvini aveva sottolineato l’assoluta chiusura dei porti italiani all’imbarcazione carica di migranti: «La nave spagnola Open Arms ha raccolto a bordo 90 immigrati nelle acque libiche. Visto che venti giorni fa aveva dichiarato che i porti italiani non sono sicuri perché c’è Salvini, sono certo che porteranno questi immigrati ovunque, tranne che in Italia. Buon viaggio», aveva scritto in un tweet il vicepremier leghista.

      https://www.fanpage.it/ong-open-arms-in-attesa-di-un-porto-in-cui-sbarcare-87-migranti-caldo-rovent

    • Aquarius, diario di bordo – giorno 2: “In caso di avvistamento non chiederemo autorizzazione, come prevede la legge”

      Prosegue il nostro viaggio a bordo della nave Aquarius. Il terzo giorno di navigazione è quello della preparazione al soccorso in mare. L’arrivo in zona Sar è previsto per stanotte. “A quel punto cominceranno le guardie notturne. A turno si resterà di vedetta per un’ora e mezzo a testa”. E, in caso di avvistamento di un’imbarcazione in difficoltà, di un naufragio, di persone in mare, “non chiederemo autorizzazione a nessuno per intervenire. Semplicemente lo farà, come richiede la legge”

      Sono le quattro del pomeriggio quando il wi-fi di bordo finalmente si risveglia – almeno per un po’ – e il Gps certifica: da un lato Tripoli, dall’altro Marsala. Il mare sembra avere un altro volto. Il blu è diverso. La stessa consistenza dell’acqua sembra essere cambiata. “Sul colore hai ragione”, dice serio Eduard, logista di Medici senza frontiere. “Il resto è una tua percezione”. Lui è un marinaio. Ha vissuto e lavorato per qualche anno sui pescherecci nella Manica, racconta. “Se hai lavorato in mare in quella zona, vieni considerato affidabile in questo lavoro”, mi spiega. Il suo sguardo a volte molto serio è ora, di fronte a una neofita del mare, comprensivo. “Il tempo, in quest’area, può cambiare da un momento all’altro. Ma non c’è il problema delle correnti. Nella Manica sì”. E giù a spiegare il funzionamento dei nodi, delle navi, del vento, delle correnti, della pesca. I gradi di classificazione di maltempo e tempeste, come reagiscono le imbarcazioni a seconda della loro grandezza. Cosa cambia a seconda del verso in cui dondolano. “Questa è una nave molto stabile”, mi assicura. “Certo che ho avuto paura, e spesso, quando lavoravo nella Manica e il mare era brutto. La paura è sana. Insieme alla rabbia, in quelle occasioni ti fa reagire e ti dà energia”.

      Nella notte la nave Open Arms dell’ong spagnola Proactiva ha soccorso 87 persone, di cui otto minori. Erano alla deriva da due giorni. Se ne parla nel corso della riunione mattutina su nave Aquarius. “In un’ideale staffetta umanitaria, Open Arms vorrebbe forse guadagnare un po’ di tempo ora e attendere il più possibile il nostro arrivo. Altrimenti non resterebbe nessuno a salvare vite”. L’arrivo di Aquarius in zona Sar è previsto per stanotte, al più tardi domani mattina. “A quel punto cominceranno le guardie notturne”, spiega Tanguy, bretone dall’espressione paciosa: uno sguardo che diventa incredibilmente serio quando vuole assicurarsi che tutti abbiano ascoltato e compreso chiaramente. È il “deputy Sar co”, ovvero chi coordina il momento del soccorso in mare e le lance che si avvicineranno a un’eventuale imbarcazione in difficoltà. Nick, invece, è il Search and rescue coordinator: coordina l’operazione dal ponte.

      Il terzo giorno di navigazione è quello della preparazione al momento che dà il senso alla missione: quello del soccorso in mare. Protagonista la squadra Sar di SOS Mediterranée: Nick, Tanguy, Basile, Baptiste, Dragos, Alessandro, Viviana, Hassad, Marc, Jeremie e Theo. Anche il fotografo dell’organizzazione, Guglielmo – 28enne palermitano – è parte attiva: in caso di necessità dovrà lasciare la macchina fotografica e dare una mano mentre è a bordo di uno dei gommoni dell’operazione. Da poppa a prua, il team passa la mattinata a spostare, montare, gonfiare, disporre, verificare. Per poi, dopo pranzo, animare un incontro di “teoria SAR” in cui Tanguy spiega, lavagna, pennarello e modellini di barchetta alla mano, la posizione delle lance in mare: come si muoveranno, chi sarà dove e chi farà cosa.

      Da stanotte “a turno si resterà di vedetta per un’ora e mezzo a testa”. E, in caso di avvistamento di un’imbarcazione in difficoltà, di un naufragio, di persone in mare, “Aquarius non chiederà autorizzazione a nessuno per intervenire. Semplicemente lo farà, come richiede la legge”. Quella dell’autorizzazione al IMRCC (Centro nazionale di coordinamento del soccorso marittimo) di Roma “era una consuetudine non scritta, non un obbligo”, spiegano. Assicurava coordinamento e regolare svolgimento delle operazioni finché tutti gli attori coinvolti parlavano la stessa lingua. Una consuetudine valsa fino a prima della vicenda che a giugno ha portato la nave Aquarius a Valencia. Ora che “il contesto del Mediterraneo Centrale” è cambiato così tanto, “faremo direttamente quello che richiede la legge: fornire immediata assistenza a chi è in pericolo di vita in mare”.

      Il “drill”, il segnale, scatta nel primo pomeriggio: tutti – le equipe di SOS e di MSF e i giornalisti a bordo – indossano casco, giacchetto di salvataggio, pantaloni lunghi, magliette possibilmente con le maniche lunghe: “Durante un soccorso potrebbe capitare di restare in mare, sotto al sole, per ore”, spiega Tanguy. La simulazione vera e propria, con tanto di lance a mare e di persone a bordo nelle rispettive postazioni per assicurare efficienza e sicurezza (“Quella del giornalista sul gommone è una posizione fissa. Non ti devi muovere”, spiega serio il bretone guardandoti dritto negli occhi) è prevista per oggi. Ragioni di sicurezza: ieri Aquarius si trovava su una traiettoria molto trafficata. Mentre il primo giorno di navigazione aveva incrociato solo giovani delfini che giocavano in mare, e qualcuno aveva anche avvistato una balena, ieri, attraversando il Canale di Sicilia, erano tante le navi intorno.

      È poi la volta del team di Medici Senza Frontiere, con un meeting obbligatorio per tutte le persone a bordo: quello sul primo soccorso. David, il medico, spiega insieme alle due infermiere Catherine e Aoife e a una delle ostetriche, Nina, le principali tecniche di rianimazione su adulti e bambini. “Sai come capisci qual è il ritmo giusto per le pressioni del massaggio cardiaco? Cantando ‘Stayin’ Alive’”, dice David, mentre ne dà dimostrazione pratica con apposito manichino. Il trucco per ricordare sembra efficace: provano tutti, vogliono tutti sapere. Perché non si sa mai nella vita, e perché hanno scelto di essere su questa nave.

      Il sole tramonta questa volta quasi alle spalle di Aquarius: la traiettoria sta cambiando, si vira a est. E, guardando il mare, cominciano i racconti. Di soccorsi e naufragi, nel tentare di immaginare cosa voglia dire rimanere stipati su una barca di legno o su un gommone – o direttamente in acqua, naufragati – in solitudine e circondati da nient’altro che il mare nero della notte. “Quando ero su Vos Prudence (la nave SAR MSF che ha operato fino a un annetto fa, ndr), la notte ci capitava di vedere quelli che chiamavamo gli ‘angeli del mare’: pesciolini che saltano e seguono la luce delle barche”, racconta Ben. È uno dei due mediatori culturali e sarà a bordo di una lancia in caso di soccorso: è suo, e solo suo, il primissimo contatto con i migranti, suo il messaggio per spiegare che si tratta di un salvataggio e cosa accadrà alle persone soccorse in mare. “E i delfini spesso vengono accanto alla barca a sfregarsi il muso per pulirsi. Chissà se li vedremo”

      https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/08/04/aquarius-diario-di-bordo-giorno-2-in-caso-di-avvistamento-non-chiederemo-autorizzazione-come-prevede-la-legge/4537889

    • OpenArms: terzo giorno con 87 migranti a bordo, nessun porto aperto

      «Terzo giorno a bordo di OpenArms, la temperatura è rovente sul ponte. La paura di essere riportati in Libia si placa. Ci affidano le loro storie terribili, molte provenienti dall’inferno Darfur e dagli abusi ripetuti della Libia. Ancora nessun porto di destinazione». E’ il tweet lanciato dalla nave della Ong che il 2 agosto ha soccorso 87 migranti, fra cui 8 minori, che erano alla deriva su un gommone al largo della Libia.


      http://www.tgcom24.mediaset.it/mondo/openarms-terzo-giorno-con-87-migranti-a-bordo-nessun-porto-aperto_3

    • L’inchiesta “madre” Ong-scafisti verso l’archiviazione

      È trascorso circa un anno – era il 13 agosto 2017 – da quando il Fatto pubblicò la notizia che la procura di Catania indagava, con l’accusa di associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, sul ruolo delle Ong nel Mediterraneo. Un anno dopo, per quanto risulta al Fatto, quel fascicolo sembra destinato inesorabilmente all’archiviazione. E per molti motivi.

      Il più importante: non è stato trovato alcun riscontro alle accuse. O meglio: nel fascicolo non è potuto confluire nulla, di quel po’ che è stato riscontrato, che sia possibile sostenere in un processo. La vicenda – che il Fatto Quotidiano è in grado di rivelare – è più complessa di quanto possa sembrare. Innanzitutto, le lancette dell’orologio, vanno portate indietro di un anno: l’inchiesta inizia infatti nel 2016.

      È la Marina Militare a sospettare per prima dei collegamenti tra Ong e scafisti nelle operazioni di sbarco e salvataggio. Nessuna informativa ufficiale. Ma notizie che giungono comunque alla procura di Catania e spingono il procuratore Carmelo Zuccaro a delegare delle indagini amplissime: verificare le possibili condotte associative per il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

      Contestualmente – questo è però un percorso parallelo, che nulla ha a che fare con l’inchiesta, ma paradossalmente ne influenza parecchio l’esito – le nostre agenzie di intelligence, attraverso i satelliti militari, captano conversazioni tra scafisti e volontari delle Ong, dimostrando l’esistenza di alcuni contatti che non certificano però alcun reato. Operazione benedetta dall’ex ministro dell’Interno Marco Minniti che ha già avviato la sua strategia per sgomberare il Mediterraneo dalle Ong. E infatti: le Ong finiscono nella bufera. Dal punto di vista giudiziario, nei fatti, oggi però resta in piedi una sola inchiesta: quella di Trapani, che non contesta l’associazione per delinquere, ma comportamenti di singoli volontari specificando che le eventuali violazioni del codice penale erano motivate esclusivamente da fini umanitari.

      Ma torniamo alla primavera del 2017. Non è un caso che, ad aprile il generale Stefano Screpanti, capo del III Reparto Operazioni del Comando generale della GdF, dinanzi alla Commissione Difesa del Senato affermi: “Allo stato attuale delle nostre conoscenze, non ci sono evidenze investigative tali da far emergere collegamenti fra ong e organizzazioni che gestiscono il traffico di migranti”. Non è un caso perché sia lo Sco della Polizia sia gli investigatori della Gdf, già da un anno stanno indagando, proprio su delega della procura di Catania.

      Nelle audizioni Zuccaro si mostra più ottimista, rispetto l’esito dell’inchiesta, spingendosi a dichiarare, alla trasmissione Agorà, che “alcune ong potrebbero essere finanziate dai trafficanti e so di contatti”. I contatti, effettivamente, sono stati riscontrati. Ma è lo stesso Zuccaro a rendersi conto della difficoltà della situazione quando, circa un mese dopo, precisa: “Non siamo più in grado di svolgere indagini di ampio respiro volte a contrastare il traffico di migranti clandestini”. Sarebbe necessario, spiega il procuratore, poter “fare indagini in acque libiche” e utilizzare “intercettazioni delle comunicazioni satellitari”.

      Il punto, infatti, è che gli investigatori stanno utilizzando metodi di indagine “sperimentali” che non pare possibile produrre in giudizio: le intercettazioni via etere – avvenute con strumenti utilizzati in ambito militare – necessitano di essere ulteriormente “blindate” per poter certificare senza ombra di dubbio l’identità degli interlocutori. Se non bastasse, sono state realizzate in acque libiche.

      Difficile considerarle valide sotto il profilo probatorio: per quanto risulta al Fatto di questi (pochi) riscontri nel fascicolo non v’è traccia. La campagna del governo sulle Ong, il codice di condotta richiesto da Minniti, l’ulteriore indagine di Trapani e le polemiche di quei mesi, infine, ottengono l’effetto politico desiderato: gran parte delle Ong in quei mesi lascia il Mediterraneo a ridosso della Libia. Risultato: per la procura di Catania c’è poco da intercettare. Resta qualche indizio. Prove, zero.

      https://www.ilfattoquotidiano.it/premium/articoli/linchiesta-madre-ong-scafisti-verso-larchiviazione

    • Soccorsi in mare. Un anno dopo cadute le accuse di legami tra Ong e scafisti

      Erano quattro le inchieste a carico delle Ong che salvano migranti. Tutte accusate di essere in combutta con gli scafisti. Ma di indagini ne sopravvivono due: una (Catania) si avvia all’archiviazione; l’altra (Trapani) ha derubricato l’associazione per delinquere all’ipotesi di irregolarità allo scopo di ’commettere’ salvataggi.

      Le procure di Palermo e Ragusa, invece, hanno già archiviato, concludendo che non ci sono stati reati.

      CATANIA Il procuratore Carmelo Zuccaro ipotizzava a carico della Ong Open Arms il reato di associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione illegale. Secondo diverse fonti, sarebbe vicina

      RAGUSA A Ragusa il Tribunale del Riesame ha stabilito che la ’disobbedienza’ delle organizzazioni non governative che scelgono di non cooperare con le autorità libiche è motivata dallo «stato di necessità» connaturato al soccorso dei naufraghi.

      TRAPANI Nell’inchiesta sono stati adoperati infiltrati a bordo delle navi delle Ong. Lo scopo? Dimostrare un presunto patto tra scafisti e volontari per raccogliere i migranti in mare. Per proteggere gli equipaggi, sarebbe stato reclutato personale vicino a movimenti identitari.

      PALERMO Le indagini, condotte anche dagli investigatori che avevano segnalato anomalie, non hanno portato ad alcun risultato. I pubblici ministeri hanno chiesto e ottenuto dal gip l’archiviazione di entrambe le inchieste.

      Quasi due anni di indagini (la cui esistenza è stata ufficializzata alla vigilia dell’estate scorsa) e un dispiegamento di forze e risorse senza precedenti – con agenti infiltrati, intercettazioni satellitari, elaborazioni di tracciati radar, informative richieste ai servizi segreti – ad oggi hanno prodotto un unico risultato: l’allontanamento dal Mediterraneo della gran parte delle organizzazioni non governative e l’aumento dei naufragi in rapporto al numero di migranti messi in acqua dai trafficanti.

      Le Ong respinte e quelle bloccate a terra (due le navi sequestrate, di cui una ancora bloccata nel porto di Trapani) non sono state rimpiazzate da dispositivi degli Stati Ue, mentre la comunità internazionale non è stata in grado di stabilizzare la Libia né di fermare i trafficanti di uomini e chiudere i loro lager.

      Due procedimenti sono già stati definitivamente mandati in archivio. A Ragusa il Tribunale del riesame ha stabilito che la ’disobbedienza’ delle organizzazioni non governative che scelgono di non cooperare con le autorità libiche è motivata dallo «stato di necessità» connaturato al soccorso dei naufraghi. Un’ordinanza contro cui la procura non ha avanzato ricorso in Cassazione, di fatto diventando giurisprudenza a cui possono appigliarsi tutti gli operatori che agiscono nel Canale di Sicilia.
      Sempre a Ragusa era stata inizialmente sequestrata (per ordine della procura di Catania, poi spogliata dalla competenza territoriale restituita ai magistrati ragusani) la nave di Proactiva Open Arms. Ma il giudice per le indagini preliminari ne aveva disposto la riconsegna all’equipaggio dell’organizzazione iberica.

      Anche Trapani si avvierebbe a chiudere definitivamente nel cassetto l’inchiesta. Nel porto rimane sotto sequestro la nave dell’organizzazione tedesca Jugend Rettet. Il pool di magistrati aveva tra l’altro inviato un avviso di garanzia al sacerdote eritreo don Mosé Zerai che con la sua agenzia umanitaria

      Habeshia

      raccoglie da anni gli Sos dei migranti e li trasmette alle forze dell’ordine. Un comportamento che a qualche poliziotto era sembrato ’sospetto’.
      Nell’inchiesta vennero anche adoperati infiltrati a bordo delle navi delle Ong. Agli atti ci sono anche le dichiarazioni di alcuni addetti alla sicurezza arruolati da una delle navi umanitarie. Secondo questi ultimi, pur in mancanza di concreti riscontri, doveva esservi una qualche losca intesa tra scafisti e volontari per raccogliere i migranti in mare. Qualche tempo dopo si scoprirà che, prima di venire assunti per proteggere gli equipaggi, i bodyguard avevano avuto a che fare con i movimenti identitari protagonisti della campagna internazionale scatenata contro le organizzazioni umanitarie anche a colpi di false notizie.

      A Palermo, dove erano aperti due fascicoli d’indagine, a lungo hanno investigato i magistrati della Direzione distrettuale antimafia. Non proprio dei tirocinanti. Ma anche qui non è stata rinvenuta alcuna prova di connivenze tra l’Ong Sea Watch e i trafficanti libici.
      Le inchieste, condotte dal procuratore aggiunto Marzia Sabella e dai pm Gery Ferrara e Claudio Camilleri, avevano ad oggetto un procedimento avviato a maggio del 2017 dopo lo sbarco, a Lampedusa, di 220 migranti; l’altro aperto dopo una segnalazione della Guardia di Finanza che ipotizzava delle «incongruenze» nel comportamento della Sea Watch in occasione di un soccorso portato ad aprile del 2017. Le indagini, condotte anche dagli investigatori che avevano segnalato anomalie, non hanno portato ad alcun risultato. I pubblici ministeri hanno chiesto e ottenuto dal gip l’archiviazione di entrambe le inchieste.

      L’esercito di detrattori da tastiera, da mesi fa circolare la leggenda secondo cui i magistrati che archiviano sono, nel migliore dei casi, inquirenti dal cuore tenero oppure, secondo alcune delle bufale più in voga, eterodiretti da una qualche corrente. Il caso di Palermo, però, smentisce platealmente. I pm che hanno indagato e poi chiesto l’archiviazione, sono gli stessi che hanno fatto arrestare il presunto superboss eritreo del traffico di uomini, Mered Medhanie Yedhego. Il ragazzo in carcere si professa innocente e sia le inchieste giornalistiche, come quella che da due anni conduce il Guardian, sia le analisi difensive che l’esame del Dna confermano che si tratterebbe di un clamoroso scambio di persona. Nonostante questo i magistrati inquirenti – autori dell’archiviazione per le Ong – vanno avanti. Segno che non si tratta di giudici che rispondono a inesistenti diktat umanitari.

      Le archiviazioni contrastano e mettono allo scoperto le contraddizioni dell’indagine monstre avviata a Catania dal procuratore Carmelo Zuccaro. La procura etnea, che secondo diverse fonti potrebbe chiedere a giorni l’archiviazione dell’indagine perché gli elementi raccolti non sopravviverebbero all’esame di un tribunale, ipotizzava in particolare a carico della Ong Open Arms il reato di associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione illegale. In mancanza di prove incontrovertibili, Zuccaro non ha mai mancato di fare conoscere la sua opinione sull’operato delle organizzazioni non governative. «Fanno parte di un sistema profondamente sbagliato – ha sostenuto –, che affida la porta d’accesso all’Europa a trafficanti che sono criminali senza scrupolo. Questo è l’aspetto sbagliato delle cose che non risponde né a senso di umanità né di solidarietà». Opinione rispettabile e che nell’attuale governo certo trova consensi. Ma giudiziariamente irrilevante.


      https://www.avvenire.it/attualita/pagine/un-anno-dopo-svanisce-il-patto-trafficantiong

    • 34’000 signatures pour que la Suisse donne son pavillon à l’Aquarius

      L’initiateur de la pétition pour que la Suisse accorde son pavillon à l’Aquarius, #Nicolas_Morel, revendique aujourd’hui 34’000 signatures. Il attend une réponse du Conseil fédéral pour fin novembre.

      Dans un entretien mardi à la RTS, ce Lausannois, qui avait à lui seul démarré le mouvement, indique que le résultat est atteint après 6 semaines de récolte.

      Il espère « une réponse du Conseil fédéral d’ici la fin du mois de novembre ». La pétition avait été déposée le 8 octobre, munie de 25’000 signatures.

      Elle faisait suite à une lettre ouverte signée par des personnalités suisses et une interpellation déposée par Ada Marra et deux autres parlementaires au Conseil fédéral il y a deux semaines.
      Une interpellation parlementaire pendante

      « Cette interpellation parlementaire a entraîné plein d’événements. Selon moi, les Suisses sont donc prêts à accorder ce pavillon », estimait en octobre la conseillère nationale vaudoise Ada Marra.

      Mais le combat politique n’est pas encore gagné, car du côté des parlementaires, la question divise. D’un côté il y a l’émotion que la situation d’urgence suscite, et de l’autre, une analyse plus froide. Certains demandent du temps pour une réflexion plus aboutie sur la question.

      D’autres vont jusqu’à dire qu’accorder le pavillon suisse à ce bateau reviendrait à encourager la migration.

      L’Aquarius, bateau de sauvetage des migrants en Méditerranée, est actuellement bloqué au port de Marseille, faute d’un pavillon lui permettant de naviguer.

      https://www.rts.ch/info/suisse/9992576-34-000-signatures-pour-que-la-suisse-donne-son-pavillon-a-l-aquarius.htm

    • Le Conseil fédéral refuse que le navire Aquarius batte pavillon suisse

      Le navire humanitaire Aquarius ne battra pas pavillon suisse. Le Conseil fédéral estime qu’une telle action compromettrait les efforts coordonnés de l’Union européenne dans la résolution de la crise migratoire en mer Méditerranée.

      Les opérations de secours en Méditerranée nécessitent une approche de l’admission des réfugiés coordonnée et fondée sur une répartition équitable, argumente le gouvernement dans sa réponse à plusieurs interpellations du PS, des Verts et du PLR, publiée lundi. Toute action isolée, comme l’attribution d’un pavillon suisse à un navire particulier, compromettrait l’action commune.
      Pas d’exception

      Le Conseil fédéral refuse ainsi d’appliquer la clause d’exception de la loi sur la navigation maritime au navire Aquarius, comme le demandaient les interpellations. Il estime par ailleurs impossible d’établir une stratégie générale pour que la flotte maritime suisse participer aux sauvetages en mer Méditerranée. La Confédération ne peut contraindre cette dernière qu’à approvisionner des pays en cas de grave pénurie.

      Affrété par SOS Méditerranée et Médecins sans frontières, le navire Aquarius a sauvé près de 30’000 migrants tentant de rejoindre l’Europe en deux ans. Il s’est vu retirer son pavillon panaméen fin septembre. Depuis, il mouille en attente dans les eaux du port de Marseille, en France. De nombreuses ONG dénoncent une action politique derrière sa mise aux arrêts.

      https://www.rts.ch/info/suisse/10040572-le-conseil-federal-refuse-que-le-navire-aquarius-batte-pavillon-suisse.

    • L’Aquarius ne battra pas pavillon suisse

      Le navire humanitaire Aquarius ne battra pas pavillon suisse. Le Conseil fédéral estime qu’une telle action compromettrait les efforts coordonnés de l’Union européenne dans la résolution de la crise migratoire en mer Méditerranée.

      Les opérations de secours en Méditerranée nécessitent une approche de l’admission des réfugiés coordonnée et fondée sur une répartition équitable, argumente le gouvernement dans sa réponse à plusieurs interpellations du PS, des Verts et du PLR, publiée lundi. Toute action isolée, comme l’attribution d’un pavillon suisse à un navire particulier, compromettrait l’action commune.

      Le Conseil fédéral refuse ainsi d’appliquer la clause d’exception de la loi sur la navigation maritime au navire Aquarius, comme le demandaient les interpellations. Il estime par ailleurs impossible d’établir une stratégie générale pour que la flotte maritime suisse participe aux sauvetages en mer Méditerranée. La Confédération ne peut contraindre cette dernière qu’à approvisionner des pays en cas de grave pénurie.

      Affreté par SOS Méditerranée et Médecins sans frontières, le navire Aquarius a sauvé près de 30’000 migrants tentant de rejoindre l’Europe en deux ans. Il s’est vu retirer son pavillon panaméen fin septembre. Depuis, il mouille en attente dans les eaux du port de Marseille, en France. De nombreuses ONG dénoncent une action politique derrière sa mise aux arrêts.

      https://www.swissinfo.ch/fre/toute-l-actu-en-bref/l-aquarius-ne-battra-pas-pavillon-suisse/44590636

    • "Pugni e calci contro i profughi": i fascisti di #Generazione_Identitaria preparano lo scontro

      L’organizzazione di estrema destra che aveva avviato la caccia alle Ong nel Mediterraneo organizza in una palestra romana sessioni di addestramento. «Per combattere la feccia puntiamo alla preparazione fisica»


      http://espresso.repubblica.it/attualita/2018/02/07/news/pugni-calci-contro-profughi-generazione-identitaria-1.318002?ref
      #identitaires

    • Italie : démonstration de force de l’extrême droite et des antifascistes

      L’Italie a été parcourue de manifestations politiques parfois tendues samedi, à une semaine des législatives du 4 mars, avec une démonstration de force de Matteo Salvini (extrême droite) à Milan et des milliers de manifestants antifascistes à Rome.


      https://www.courrierinternational.com/depeche/italie-demonstration-de-force-de-lextreme-droite-et-des-antif

    • Grave atto intimidatorio contro il Centro accoglienza Casa ex Mercanti di Appiano

      Nella notte tra sabato 19 e domenica 20 maggio si è verificato un grave episodio d’intolleranza davanti al centro di accoglienza per richiedenti asilo di Appiano ospitato nell’ex Caserma Mercanti all’inizio del paese. Nel corso della notte sconosciuti hanno fatto esplodere davanti al cancello d’entrata una carica che ha provocato una forte esplosione. Gli inquirenti stanno accertandone la natura. E’ stato inoltre lasciato un cartello con una svastica una croce celtica e scritte razziste contro gli ospiti del centro.

      L’Associazione Volontarius, che gestisce la struttura su incarico della Provincia, esprime la propria condanna del grave atto intimidatorio nei confronti delle persone richiedenti asilo e degli operatori. Si tratta di un atto criminale che evidentemente vuole minare gli sforzi messi in atto da parte della Provincia, del Comune di Appiano, dell’Associazione Volontarius e delle altre organizzazioni che operano in questo campo, per dare una risposta solidale e concreta all’inclusione nella nostra società di persone fuggite da situazioni di guerra, persecuzioni e minacce alla loro incolumità.

      Il Centro di accoglienza di Appiano, attivo da circa due anni, ospita, al momento, 39 richiedenti asilo e svolge un’intensa attività per rendere concreta l’accoglienza e l’inclusione sociale di queste persone, anche attraverso l’organizzazione di corsi di formazione e di lingue. 28 ospiti hanno contratti a tempo determinato ed altri 10 stanno svolgendo corsi di formazione per inserirsi nel settore turistico-alberghiero.

      Va sottolineato, a nostro avviso, che nel corso di questi mesi di attività vi è stata una proficua collaborazione con il Comune e la popolazione locale, testimoniata anche dalla presenza di volontari che dedicano con impegno il loro tempo ad assistere queste persone. Nel corso del pomeriggio di domenica il presidente dell’Associazione Volontarius, Claude Rotelli, ha fatto un sopralluogo al centro per portare la propria solidarietà agli operatori ed alle persone richiedenti asilo.

      “Volontarius” assicura il proprio sostegno alle indagini portate avanti dalle autorità inquirenti e garantisce che proseguirà con impegno la propria attività a favore delle persone richiedenti asilo.

      https://www.volontarius.it/2018/05/20/grave-atto-intimidatorio-contro-il-centro-accoglienza-casa-ex-mercanti-d

    • Warning of ’dangerous acceleration’ in attacks on immigrants in Italy

      Anti-racist groups in Italy have warned of a dangerous acceleration in attacks on immigrants after 12 shootings, two murders and 33 physical assaults were recorded in the two months since Matteo Salvini, leader of the far-right League party, entered government as interior minister.

      Opposition politicians have accused Salvini of creating a climate of hate following the attacks, which have coincided with an anti-migration drive that has included closing Italian ports to NGO rescue boats and a vow to expel non-Italian Roma.

      In one incident in July, a 13-month-old Roma girl was shot in the back with an airgun pellet. In at least two recent attacks on immigrants, the perpetrators have allegedly shouted Salvini’s name.

      “Propaganda around anti-migrant policies has clearly contributed to creating a climate of hostility and to legitimising racist violence,” said Grazia Naletto, the manager of migration policies and racial discrimination of the Lunaria association, which publishes quarterly reports on the number of racially motivated attacks in Italy.

      “We are facing a dangerous acceleration of episodes of violence against migrants,” Naletto said.

      The group recorded nine attacks on immigrants between 1 June and 1 August 2017, with no shootings and no deaths – less than a third for same period in 2018.
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      On Sunday, a Moroccan man in Aprilia, 17 miles outside Rome, was the latest to be killed. He was followed and beaten to death by two young Italians who claimed he was a thief.

      Three days earlier, in #Vicenza, in the north-east of Italy, a 33-year-old factory worker from Cape Verde was wounded by a single gunshot. The suspect is a 40-year-old Italian who opened fire from a window in his home.

      On Thursday night in Naples, Cissè Elhadji Diebel, 22, a street vendor from Senegal with a regular permit of stay, was wounded by a gunshot fired by two people on a scooter.

      In Naples in June, Konate Bouyagui, a 22-year-old Malian with legal residency, was struck by a bullet fired by two Italian boys. Nine days earlier, in Caserta, north of Naples, two Malians, Daby and Sekou, were riddled with airgun pellets fired in a driveby shooting from a black Fiat Panda. The aggressors, both Italian, shouted Salvini’s name.

      Two railway porters in Venice who in July beat an unlicensed African porter at the station, allegedly told him: “This is Salvini’s country.” A black Italian athlete, Daisy Osakue, suffered an eye injury when an egg was thrown at her in Turin.

      Salvini has claimed “the wave of racism is simply an invention of the left” and in response to rising criticism on Sunday tweeted “many enemies, much honour” – a reference to a quote from Benito Mussolini on what was also the anniversary of the fascist dictator’s birth.

      Salvini’s first move when he entered the interior ministry on 1 June was to say: “Good times are over for illegals.”

      That same evening, in #Rosarno, in the southern province of #Reggio_Calabria, a bullet struck the head of Soumalia Sacko, a 22-year-old Malian who was rummaging for metal sheets to repair his shack in one of the sprawling encampments that house the thousands of poorly paid immigrants who pick the region’s crops. The suspect is a middle-aged Italian man who was living near the encampment.

      “Statements against migrants, almost always coupled with fake news, seem to have legitimised the use of violence against asylum seekers, who are often cast as parasites and invaders,” said Yvan Sagnet, a Cameroonian anti-racism activist and president of the No Cap association, which fights to improve the rights of immigrant workers. “I have never seen anything like this before in this country and I don’t see an easy way out.’’

      There were hints of the violence to come when, on 3 February in Macerata, one month before national elections, #Luca_Traini opened fire on six immigrants, wounding all of them. Extreme rightwing paraphernalia was found in his home, including a copy of #Mein_Kampf. A year earlier, Traini had been a League candidate in local elections in #Corridonia.

      “The extreme right has found a party through which it can speak,” said Carla Nespolo, president of the National Association of Italian Partisans, a group founded by members of the second world war Italian resistance. “Migrants in Italy have taken the place of Jews during fascism. This is one of the most far-right governments since the end of fascism.”

      Mamadou Sall, the president of Florence’s Senegalese association and an Italian citizen who has lived in the country for more than 20 years, said he wanted to leave. “Every time you speak to an Italian you realise that there’s been a lot of impact on their mentality,” he said. “They seem to be closer to the world of fascism, speaking about the good things that fascism did during the war.”

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      Sall was on the frontline during protests against the Italian government after the death of Idy Diene, a street vendor from Senegal who was killed on 5 March, the day after the Italian elections. Diene was shot six times as he sold his wares on the Vespucci bridge in Florence.

      His killer was Roberto Pirrone, a 65-year-old Italian who told police he had planned to kill himself owing to his dire financial situation. He said that when he was unable to muster the courage to do this he had shot the first random target he could find. A racist motive was ruled out, prompting fury among the city’s Senegalese population.

      In a tragic twist, it was revealed that Diene, 54, was the cousin of Samb Modou, who was killed by Gianluca Casseri, a supporter of the fascist CasaPound party, when Casseri opened fire in two of Florence’s central markets in December 2011.

      While the Italian government seems to ignore the problem, the police are working to bring the perpetrators to justice and several arrests have been made across Italy in recent weeks.

      Two weeks ago, the Turin district attorney, Armando Spataro, unveiled measures to combat racially motivated crimes, targeting anyone who commits “crimes motivated by hatred and ethnic-religious discrimination”. The following day, he received insults and threats on social media from Salvini’s supporters.

      “There is no value for people with a different skin colour,” said Sall. “When a black person is killed there is always an excuse. But when a foreigner kills an Italian they only focus on the fact that [the assailant] was foreign and the skin colour.”


      https://www.theguardian.com/global/2018/aug/03/warning-of-dangerous-acceleration-in-attacks-on-immigrants-in-italy
      #Rome #Naples #Venise

    • Migranti: parte l’offensiva degli amministratori locali contro la deriva xenofoba e razzista del Governo

      Primo firmatario dell’appello «inclusione per una società aperta» Nicola Zingaretti; tra gli aderenti Sala, Pizzarotti e De Magistris.

      Trentatré episodi di aggressioni a sfondo razzista da quando il governo Salvini - Di Maio si è insediato, tre solo nelle ultime ore; porti chiusi e criminalizzazione delle Ong; ruspe sui campi rom e una narrazione costante e diffusa che parla di invasione, sostituzione etnica, pericolo immigrazione: qualcuno ha deciso di non restare in silenzio e mostrare che esiste anche un’Italia che rifiuta tutto questo, rivendica lo stato di diritto e sostiene l’inclusione sociale come valore assoluto.

      Per questo oggi stato lanciato - e ha già raccolto più di 200 adesioni in tutta Italia - il manifesto «Inclusione per una società aperta», ideato e promosso dai consiglieri regionali del Lazio Alessandro Capriccioli, Marta Bonafoni, Paolo Ciani, Mauro Buschini e Daniele Ognibene e rivolto a tutti gli amministratori locali che rifiutino «la retorica dell’invasione e della sostituzione etnica, messa in campo demagogicamente al solo scopo di ottenere consenso elettorale, dagli imprenditori della paura e dell’odio sociale; rifiutino il discorso pubblico di denigrazione e disprezzo del prossimo e l’incitamento all’odio, che nutrono una narrazione della disuguaglianza, giustificano e fanno aumentare episodi di intolleranza ed esplicito razzismo», col fine di costruire «una rete permanente che, dato l’attuale contesto politico, affronti il tema delle migrazioni e dell’accoglienza su scala nazionale a partire dalle esperienze e dalle politiche locali, con l’obiettivo di opporsi fattivamente alla deriva sovranista e xenofoba che sta investendo il nostro paese», come si legge nell’appello diffuso quest’oggi.

      «In Italia viviamo una situazione senza precedenti», ha spiegato Alessandro Capriccioli, capogruppo di +Europa Radicali durante la conferenza stampa di lancio dell’appello insieme ai colleghi Paolo Ciani, Marta Bonaforni e Marietta Tidei. «Attraverso una strategia quasi scientifica è stato imposto un racconto sull’immigrazione che alimenta l’odio e lo sfrutta per ottenere consensi. Questo manifesto si rivolge agli amministratori locali che affrontano sul campo il tema dell’immigrazione con risultati virtuosi che spesso smentiscono quel racconto, ed è uno strumento per formare una rete istituzionale che potrà diventare un interlocutore autorevole e credibile in primo luogo di questo Governo, dettando indicazioni, strategie e proposte».

      Paolo Ciani, capogruppo di Centro Solidale, ha sottolineato come «questa narrazione distorta sta portando a un imbarbarimento della nostra società. Gli episodi di questi giorni rappresentano solo la punta dell’iceberg di un atteggiamento diffuso: sappiamo tutti che esistono degli istinti bassi che appartengono a tutti gli esseri umani e che, se trovano una loro legittimazione nelle istituzioni, diventano un problema». Marietta Tidei, consigliera regionale del Pd ha posto l’attenzione sul fatto che «oggi viene raccontato solo il brutto dell’immigrazione, ma noi siamo qui per dire che c’è anche molto che ha funzionato: il programma Sprar è un esempio virutoso», mentre la capogruppo della Lista Civica Zingaretti Marta Bonafoni ha sottolineato come ciò che conta sia «la quantità e la pronta risposta che stiamo avendo: la distribuzione geografica ci dice che c’è un’altra italia, che con questo appello diventa una rete istituzionale che si pone come interlocutrice del Governo».

      Oltre al Presidente della regione Lazio hanno già sottoscritto l’appello Beppe Sala, sindaco di Milano, Federico Pizzarotti, sindaco di Parma, Luigi De Magistris, sindaco di Napoli e più di 200 tra assessori e consiglieri regionali, sindaci, presidenti di municipi e consiglieri comunali e municipali da ogni parte d’Italia.

      http://www.repubblica.it/solidarieta/immigrazione/2018/08/03/news/migranti_parte_l_offensiva_degli_amministratori_locali_contro_la_deriva_x
      #xénophobie #racisme #anti-racisme

    • Violenta aggressione a #Giugliano, immigrato picchiato in piazza e deriso dai presenti

      Violenta aggressione avvenuta poco fa ai danni di un africano in piazza Gramsci. La vittima è stata pestata a sangue da un gruppo composto da due, tre persone. È stato preso a calci e pugni e lasciato a terra esanime. Alcune persone presenti hanno allertato i soccorsi giunti dopo mezz’ora. Il ragazzo ha riportato un trauma cranico e contusioni in varie parti del corpo. Pare che a scatenare l’aggressione sia stato il gesto dell’uomo di prendere in braccio un bimbo e ciò avrebbe scatenato la violenza del branco. Altri invece sostengono che fosse ubriaco e che avesse dato fastidio a qualcuno, che poi si sarebbe vendicato picchiandolo selvaggiamente.

      Si tratta comunque solo di un’ipotesi ancora da confermare. Ciò che è certo è che dopo il pestaggio, un gruppo di ragazzi presenti in piazza invece di aiutare il ferito erano vicini a lui a ridere insultandolo e apostrofandolo come “nir e merd..”. Sul posto in questo momento i carabinieri stanno raccogliendo le informazioni per ricostruire la dinamica dei fatti.

      https://internapoli.it/violenta-aggressione-a-giugliano-immigrato-picchiato-in-piazza-e-deriso-

    • Jour après jour, voici la liste des agressions racistes en Italie

      Le 3 février 2018, un militant d’extrême droite et ex-candidat de la Ligue à des élections locales ouvrait le feu sur six migrants noirs à #Macerata, dans le centre de l’Italie. Depuis, onze autres attaques à caractère raciste – par le biais d’armes à feu, à air comprimé ou d’armes blanches – ont pris des personnes immigrées pour cible. Mediapart dresse cette liste vertigineuse, qui confirme la montée de la xénophobie dans la péninsule.

      https://www.mediapart.fr/journal/international/090818/jour-apres-jour-voici-la-liste-des-agressions-racistes-en-italie

    • Di seguito aggressioni razziste in ordine di data. QUI la mappa (http://www.radicali.it/cronologia-aggressioni-razziste-da-inizio-giugno-ad-oggi/#mappa) con singole aggressioni e densità nei luoghi.

      3 giugno, San Calogero (Vibo Valentia): mentre raccolgono delle lamiere, tre migranti vengono sorpresi da quattro spari e rimane ucciso il bracciante maliano 29enne Sacko Soumaila.

      8 giugno, Sarno (Salerno): un giovane extracomunitario camerunense di 27 anni, mentre era in sella alla sua bici, viene picchiato brutalmente con una mazza da baseball da due giovani.

      10 giugno, Ventimiglia: i volontari della Croce Verde Intemelia hanno soccorso un extracomunitario aggredito nel pomeriggio. L’uomo, che si è rivolto anche ai carabinieri, aveva una ferita di striscio da arma da taglio e lamentava dolore al costato.

      11 giugno, Caserta: due ragazzi maliani, ospiti di un centro Sprar, vengono avvicinati da una Fiat Panda, a bordo della quale viaggiavano tre giovani italiani i quali hanno sparato alcuni colpi con una pistola ad aria compressa, al grido “Salvini, Salvini”.

      12 giugno, Napoli: algerino protesta contro un’auto che non si ferma sulle strisce pedonali e viene accoltellato da tre giovani napoletani.

      12 giugno, Sulmona (Aquila): due uomini armati di coltello hanno fatto irruzione ieri sera nel centro di accoglienza migranti di Sulmona. Un richiedente asilo di origine nigeriana, ospite del centro è stato aggredito e ferito a colpi di arma da taglio.

      16 giugno, Catania: aggredisce lavavetri perché insistente e lo insegue fin dentro a un supermercato minacciandolo con una spranga di ferro.

      17 giugno, Roma: tre ragazzi italiani, tutti minorenni hanno aggredito un gruppo di lavoratori indiani, con le loro famiglie, dapprima insultandoli con frasi razziste, poi lanciando degli sputi su donne e bambini presenti, poi picchiando un giovane indiano che cercava di capire le ragioni di quell’aggressione gratuita nei loro confronti.

      17 giugno, Erba (Como): Aggressione in piazza Padania a Erba. Un italiano ha picchiato uno straniero di 42 anni che è rimasto ferito alla testa.

      17 giugno, Palermo: tre migranti, un nigeriano di 32 anni, un ivoriano di 48 anni e un minorenne della Costa d’Avorio sono stati aggrediti al mercato Ballarò riportando varie ferite lacerocontuse alla testa e al volto.

      17 giugno, Cagliari: un giovane dominicano, fermatosi con il suo scooter prima delle strisce pedonali, è stato aggredito da tre ragazzi sardi che lo hanno malmenato perché straniero.

      20 giugno, Napoli: Bouyangui Konate, cuoco maliano di 21 anni, rifugiato, viene colpito da due ragazzi con un fucile a piombini e rimane ferito.

      22 giugno, Palermo: 21enne gambiano, a Palermo ormai da anni, dove studia al Commerciale e lavora come mediatore, viene colpito da pomodori da due sessantenni perché uno straniero non può sostare davanti a un portone.

      22 giugno, Sassuolo (Modena): tre italiani hanno aggredito un ragazzo straniero dopo una lite. Secondo alcune testimonianze, un membro del gruppetto di italiani avrebbe colpito in volto con un pugno il giovane straniero mentre un altro trattenendolo gli impediva di fuggire.

      23 giugno, Palermo: un branco di violenti si è accanito contro un ambulante di 33 anni originario del Bangladesh che viene picchiato fino a perdere i sensi.

      29 giugno, Torino: Ahmed, un giovane sudanese, rifugiato fuggito dalle persecuzioni nel Darfur, seduto su una panchina nel quartiere Mirafiori, viene aggredito da due uomini di mezza età, con insulti, botte, pugni e calci a raffica. Scappato il ragazzo le seguono nel ristorante dove si era rifugiato e continuano a picchiarlo, insultando e picchiando anche il titolare del ristorante e il cuoco, intervenuti a difesa della vittima.

      30 giugno, Trento: un lavoratore marocchino, che ha registrato le conversazioni col suo datore, viene minacciato di morte da quest’ultimo, che cita anche Salvini. Il principale, alla richiesta del lavoratore di poter prendere un giorno di malattia risponde “ti brucio vivo, brutto islamico”.

      2 luglio, Sassari: Una giovane nigeriana è stata aggredita, malmenata e insultata con frasi razziste da un uomo.

      3 luglio, Spotorno (Liguria): Aizzano il cane contro un ambulante nero e insultano la donna che lo difende insultandola e facendole delle intimidazioni su Facebook quando ha pubblicato il post per denunciare l’accaduto.

      3 luglio, Forlì: una donna nigeriana viene avvicinata da un motorino, con due persone a bordo, dal quale parte un colpo da una pistola ad aria compressa che la ferisce a un piede.

      4 luglio, Val di Susa: al rifugio autogestito di Chez Jesus sono arrivate 6-7 persone residenti di Claviere, poi raggiunte da altre, con lo scopo iniziale di far togliere le bandiere No Tav e No Borders, si sono imposti con violenza verbale, offendendo i presenti con insulti razzisti e sessisti quali “negra di merda”, “a voi non darei neanche venti euro sulla strada”, “avete solo bisogno di un po’ di cazzo”, “pompinari e zecche di merda”.

      5 luglio, Forlì: un uomo di 33 anni originario della Costa d’Avorio viene colpito all’addome con colpi esplosi da pistola ad aria compressa.

      10 luglio, Venezia: un porteur abusivo di origine ghanese viene picchiato dai colleghi “regolari” che gli gridano “Vai via brutto negro abusivo, ora qui c’è Salvini” Colpita anche la donna, spagnola, che da anni vive a Roma, a cui il porteur stava portando i bagagli.

      11 luglio, Latina: due uomini di origine nigeriana vengono raggiunti da proiettili di gomma esplosi da un’Alfa 155 nei pressi della fermata dell’autobus.

      17 luglio, Roma: una bambina rom di poco più di un anno, viene raggiunta da un colpo di pistola ad aria compressa. Rischia di rimanere paralizzata.

      22 luglio, Lercara Friddi (Palermo): un giovane ballerino di 23 anni, figlio di mauriziani ma nato in Italia e adottato dopo la nascita, è stato massacrato al grido di “Sporco negro vai via, non sei degno di stare con noi”.

      23 luglio, Atena Lucana (Salerno): un giovane raggiunge una struttura di accoglienza per cittadini extra-comunitari richiedenti asilo politico, in evidente stato di ebrezza, e aggredisce un ospite, neodiciottenne, di origini egiziane e un’operatrice del centro, provocando ad entrambi lesioni, accompagnando l’aggressione con insulti razzisti.

      24 luglio, Milano: un 42enne originario dello Sri Lanka è stato vittima di un brutale aggressione nella zona di Bruzzano. L’aggressore, un casertano di 55 anni, ha minacciato la vittima con un taglierino, prima di colpirlo ripetutamente al volto e alle braccia. La «colpa» del cingalese? Parlare al proprio cellulare non in italiano.

      26 luglio, Partinico: un richiedente asilo senegalese di 19 anni Khalifa Dieng viene aggredito e picchiato, mentre girava in bicicletta per le vie di Partinico. Così ben presto dagli insulti si è passati ai fatti. Il ragazzo è stato spintonato e poi preso a schiaffi e a pugni. che gli gridano: “Tornatene al tuo paese, sporco negro”.

      26 luglio, Vicenza: un operaio di origine capoverdiana che lavorava su un ponteggio viene colpito alle spalle dai colpi di una carabina sparati da un terrazzo. L’uomo che ha sparato si è giustificato dicendo di voler colpire un piccione.

      26 luglio, Aversa: un richiedente asilo della Guinea viene avvicinato da due ragazzi in moto, che gli sparano con un’arma ad aria compressa, colpendolo al volto.

      27 luglio, Torino: un ragazzo originario del Gabon, Hamed Musa, è stato aggredito e insultato come negro di merda da due uomini con un pitbull che ringhiava. Quando era serenamente seduto su una panchina, in zona Mirafiori.

      28 luglio, Napoli: due titolari di una pescheria hanno malmenato un nigeriano di 29 anni che chiedeva l’elemosina dinanzi al loro negozio

      28 luglio, Milano: un uomo di origine cingalese viene aggredito in un parco. L’aggressore pretendeva che parlasse in italiano al telefono e lo ha minacciato con un taglierino sulla gola davanti alla figlia terrorizzata.

      29 luglio, Moncalieri (Torino): In coda in un ufficio pubblico, squilla il telefono di un giovane arabo: è una preghiera musulmana. E una donna italiana lo aggredisce: “Quella suoneria è vietata, esci di qui e torna al tuo paese”.

      29 luglio, Aprilia: un uomo di origine marocchina viene picchiato a sangue da due uomini e muore, abbandonato sulla strada.

      29 luglio, Moncalieri (Torino): Daisy Osakue, nazionale di atletica leggera, aggredita a Moncalieri mentre rincasava: da un’auto in corsa le sono state lanciate contro delle uova. L’atleta è stata colpita a un occhio ed è stata operata per una lesione alla cornea.

      30 luglio, Roseto (Teramo): alla ASL un italo-senegalese viene respinto, con la frase: “Vai via, questo non è l’ufficio del veterinario”.

      30 luglio, Villaggio Mosé (Agrigento): un giovane diciottenne gambiano, Aggredito dal “branco” giovane migrante ospite di una comunità, ospite della comunità “La mano di Francesco”, viene aggredito mentre era sulla sua bici da un gruppo di ragazzi in scooter.

      2 agosto, Ficovaro (Pistoia): un migrante è stato preso di mira da due giovani italiani che al grido ‘negri di merda’ gli hanno sparato uno o due colpi di arma da fuoco. Fortunatamente è rimasto illeso.

      2 agosto, Napoli: un 22enne senegalese, venditore ambulante in Italia da diversi anni e con un regolare permesso di soggiorno, è stato ferito alla gamba da colpi di arma da fuoco che sarebbero stati esplosi da due persone. Il fatto è accaduto nel quartiere del Vasto. Non è in pericolo di vita: sarà sottoposto a un’operazione.

      3 agosto, Pistoia: Dei colpi di pistola, forse con una scacciacani secondo i primi accertamenti della polizia, sono stati esplosi contro Buba Ceesay, migrante di 24 anni del Gambia, ospite della parrocchia di Vicofaro. Gli spari sono stati accompagnati da insulti razzisti. Il giovane è rimasto illeso.

      14-15 agosto, spiaggia di Ciammarita a Trappeto (Palermo): viene attuato un pestaggio ai danni di sei minori stranieri non accompagnati. Le indagini coordinate dal pm e condotte dai carabinieri della compagnia di Partinico hanno portato all’arresto di sette persone, tra cui due donne. Gli indagati sono accusati di lesioni aggravate e violenza privata e di avere agito con la “finalità dell’odio etnico e razziale”.

      15 agosto, Partinico (Palermo): Quattro immigrati minorenni che erano in attesa del pulmino che li riportasse nella comunità che li ospita sono stati insultati e picchiati. Dopo gli insulti ai quattro immigrati, gli aggressori si sono scagliati contro due e poi sono fuggiti.

      16 agosto, Aprilia: Ferito a un piede da un piccolo proiettile di piombo mentre passeggiava nel centro di Aprilia, vicino Latina. Vittima un cittadino di nazionalità camerunense, che camminava a piedi in una zona del centro della località pontina. L’uomo è stato giudicato guaribile in 5 giorni.

      19 agosto, Terracina (Latina): Un cittadino indiano di 40 anni, mentre era in bicicletta sulla via Pontina, è stato colpito da tre pallini esplosi forse con un’arma ad aria compressa da uno sconosciuto a bordo di un’utilitaria. L’auto sarebbe poi fuggita.

      3 settembre, Raffadali (Agrigento): un ragazzo tunisino di sedici anni, preso a calci e pugni a Raffadali, è stato ricoverato in ospedale con contusioni e ferite su tutto il corpo. Come ricostruito dagli inquirenti, il giovane, che vive a Raffadali da un anno in una struttura che si occupa dell’accoglienza dei minori, ha prima ricevuto una sportellata da un minorenne e poi è stato picchiato con calci e pugni al grido di “torna nel tuo paese”.

      8 settembre, Bettola (Piacenza): In un crescendo di episodi di violenza nei confronti di un profugo, viene appiccato un incendio sul balcone della casa che ospita i richiedenti asilo nella cittadina. I carabinieri della compagnia di Bobbio, hanno deferito tre cittadini del paese della Valnure per violenza privata, danneggiamento a seguito di incendio, ingiuria e minacce aggravate da motivi razziali.

      9 settembre, Mortara (Pavia): un operaio africano, passato con un monopattino di fronte a un bar cittadino, viene insultato e picchiato dal titolare del bar e da due clienti, che sono stati indagati.

      11 settembre, Sassari: Un giovane guineano è stato aggredito durante la notte da cinque ragazzi. A fermare la furia del branco è stato un uomo che ha assistito al pestaggio ed è intervenuto facendo fuggire il gruppetto di razzisti.

      12 settembre, Francavilla Fontana (Brindisi): un giovane migrante, un diciassettenne proveniente dalla Guinea, ha subito un violento pestaggio da parte di alcuni coetanei.

      16 settembre, Piazza Armerina (Enna): un ragazzo gambiano di 23 anni, da due in Italia e ospite dall’associazione Don Bosco è stato pestato a sangue da tre ragazzi.

      17 settembre, Catania: molotov contro il centro per richiedenti asilo di Grammichele. Danneggiata la porta d’ingresso. La coop che lo gestisce: “Speriamo non sia razzismo, ma solo una ragazzata”.

      24 settembre, Castelfranco Emilia (Modena): Un 27enne pachistano che in quel momento stava camminando con alcuni amici, viene colpito da una pistola ad aria compressa da un’auto in corsa. Gli autori potrebbero essere indagati anche per odio razziale perché avrebbero esultato una volta colpito il ragazzo.

      26 settembre, Frosinone: Tre studenti universitari sono stati indagati e le loro abitazioni sono state perquisite dagli investigatori della Digos e della Squadra Mobile della questura di Frosinone. Secondo quanto emerso, i tre studenti, residenti a Ceprano, due di 22 e uno di 23 anni, avrebbero aggredito senza motivo richiedenti asilo politico in diverse regioni italiane e nel Frusinate, in particolare a Ceprano e Roccasecca. In otto mesi di indagini la polizia ha accertato almeno sette episodi di aggressione a sfondo razziale. Pesanti i capi di imputazione contestati ai tre: propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale, etnica e religiosa, minacce, stalking, lesioni personali, danneggiamento. Nelle abitazioni sono stati ritrovati opuscoli di “Blocco studentesco”, organizzazione dell’ultradestra attiva nelle scuole e nelle università, mazze da baseball, sfollagente, due coltelli e materiale propagandistico sulla superiorità razziale.

      30 settembre, Roma: una donna nordafricana viene spinta e gettata a terra da un uomo italiano nei pressi di Piazza Bologna. All’origine dell’aggressione un diverbio per un parcheggio. La donna, infatti, occupava un posto auto in attesa del fratello, che stava arrivando in macchina. L’uomo, un cinquantenne romano, vedendo il posto vuoto le ha intimato di spostarsi immediatamente. Dopo una serie di offese a sfondo razzista come “tornatene al tuo paese”, la donna è stata colpita ed è caduta a terra.

      2 ottobre, Napoli: un passeggero di origini asiatiche, probabilmente pakistano, viene insultato e minacciato da un uomo italiano seduto accanto a lui: “Io sono italiano e tu mi fai schifo, ti taglio la testa, fammi vedere il biglietto, voi facce di m… ci avete rovinato, mi fai schifo a pelle, ti ammazzo di botte”. Interviene solo una signora chiedendo all’italiano di smetterla. A quel punto l’uomo minaccia anche lei: “Tu a Napoli non ci arrivi, se ti incontro sei morta”. Poi si arrende.

      4 ottobre, Montagnana (Padova): una coppia entrata in un ristorante, si è rivolta al cameriere di colore aggredendolo verbalmente e rifiutandosi di essere servita da lui. Una sua collega, Laura, ha difeso il ragazzo dicendo alla coppia: “Potete anche andare via – ha detto – qui noi non serviamo clienti razzisti”. Il fatto, segnalato su Facebook dalla stessa Laura, ha suscitato la solidarietà dei cittadini.

      7 ottobre, Venezia: una ragazza haitiana di colore, adottata da due veneti, viene respinta a un colloquio di lavoro per fare da cameriera in un ristorante dal proprietario che vedendola le dice “Ah, ma sei nera? Scusa, non è per cattiveria – ha detto l’uomo – ma io non voglio persone di colore nel ristorante, potrebbe far schifo ai miei clienti, potrebbe far schifo che tocchi i loro piatti”.

      12 ottobre, Lodi: la Sindaca leghista Sara Casanova, taglia fuori dal servizio mensa e scuolabus oltre 200 bambini tutti figli di stranieri, che sono così costretti a mangiare in stanze separate da quelle dei compagni e a percorrere ogni mattina molti chilometri a piedi per raggiungere la scuola.

      12 ottobre, hinterland di Bari: un gruppo di ragazzi aggredisce un ragazzo di colore loro conoscente, spruzzando su di lui della schiuma bianca dicendogli “sei nero, ora ti facciamo diventare bianco”.

      12 ottobre, Lucca: un ragazzo nato e cresciuto a Lucca da genitori dello Sri Lanka ha ricevuto insulti razzisti su un autobus della città toscana. Un autista della Città Toscana Nord prima avrebbe detto al ragazzo di stare in piedi perché non c’erano posti a sedere. Poi, quando il giovane ha trovato un sedile libero, è arrivato l’insulto: “Ma vieni dal cimitero? Puzzi di morto! C’è un tanfo di morto! Che cosa ti sei messo? Non ti puoi sedere, puzzi di morto”. Nessuno dei passeggeri è intervenuto. Secondo il ragazzo – che ha raccontato ai giornali locali l’episodio – “Forse non hanno sentito o forse hanno preferito far finta di niente. Una cosa del genere non mi era mai successa”.

      13 ottobre, Morbegno (Sondrio): un senegalese di 28 anni è stato avvicinato alle 2 di notte da un gruppo di ragazzi, mentre andava al panificio in cui lavora, e hanno iniziato ad insultarlo per il colore della pelle. Poi calci e pugni fino a mandarlo in ospedale.

      14 ottobre, Varese: Emanuel, ventottenne di origini nordafricane che da 10 anni vive in Italia, fa il cassiere in un supermercato. Durante il suo turno di lavoro, si trova di fronte una donna quarantenne che gli dice: «Non voglio essere servita da un negro». Il ragazzo invita la cliente a concludere i suoi acquisti, ma lei insiste e continua a insultarlo con frasi razziste. Quando sente che i colleghi stanno chiamando la polizia, gli lancia addosso anche una lattina di birra, danneggiando la cassa.

      16 ottobre: una giovane ragazza trentina denuncia su Facebook l’episodio di razzismo di cui è stata testimone su un autobus Flixbus diretto da Trento a Roma sul quale una donna italiana di circa 40 anni ha inveito contro un ragazzo senegalese di 25 anni impedendogli di sedersi nel posto assegnato, che era accanto al suo. “Qui no, vai via, vai in fondo, sei di un altro colore e di un’altra religione”. Davanti alle invettive della donna è scoppiato in lacrime dicendo: “Non faccio nulla di male. Non sono cattivo. Voglio solo sedermi e riposare perché sono stanco”.

      17 ottobre, Trento: uno studente indiano, che frequenta l’università (a breve si laureerà ingegneria meccatronica), è stato fatto cadere e poi colpito a calci nei dintorni della residenza dove abita. Gli aggressori si sono limitati a picchiarlo senza portargli via nulla. Il ragazzo ha informato del fatto l’università, raccontando che il movente dell’aggressione è di tipo razziale.

      19 ottobre, Castel Volturno (Caserta): un ragazzo ghanese di 29 anni si ritrova su una sedia a rotelle con gambe e braccia paralizzate a vita a seguito di un’aggressione di matrice razzista. È stato massacrato di botte mentre rientrava a casa dal lavoro come saldatore in autobus come ogni sera. L’aggressore, che non si spostava per farlo scendere, nonostante il ragazzo chiedesse di passare, ha sferrato un primo colpo, scagliando il giovane fuori dal pullman. Dopo essere caduto, il ragazzo ha subito un pestaggio da parte dell’uomo che lo ha costretto alla paralisi.

      19 ottobre, Brindisi: un ragazzo di 20 anni originario del Senegal è una delle due vittime delle altrettante aggressioni violente a sfondo razziale perpetrate prima contro di lui e poi contro Elia, segretario della comunità cittadina del Ghana. Un terzo raid razzista è stato sventato dall’intervento di un cittadino, che ha minacciato di chiamare la polizia. Si presume che i due violenti che hanno preso a bastonate, calci e pugni le gli immigrati, abbiano voluto ergersi a vendicatori prendendo di mira degli uomini di pelle scura, a seguito di due episodi avvenuti la mattina: prima il danneggiamento di un’auto da parte di un cittadino della Guinea e poi una presunta violenza sessuale su cui la polizia sta ancora cercando di far luce.

      21 ottobre, Milano: Shanti una 23enne italiana di origini indiane. Domenica sale sul Frecciarossa Milano-Trieste e si accomoda accanto a una signora, che prima le chiede se ha il biglietto, poi, ricevuta risposta affermativa, guardando la ragazza dice ad alta voce: “Se è così, io accanto a una negra non ci sto”. E cambia posto. A denunciare il gesto razzista, è stata la mamma della giovane, presidente del Ciai (Centro italiano aiuti all’infanzia, con un post su Facebook).


      http://www.radicali.it/cronologia-aggressioni-razziste-da-inizio-giugno-ad-oggi

    • Un’estate all’insegna del razzismo

      È stato pubblicato il dossier “Un’estate all’insegna del razzismo”, a cura di Lunaria, che analizza i casi di razzismo nel nostro Paese negli ultimi sei mesi. Dal razzismo quotidiano a quello istituzionale, ecco cosa c’è da sapere.

      Quella appena trascorsa è un’estate che difficilmente dimenticheremo. Da qualunque lato la si guardi – i comportamenti sociali, il dibattito pubblico, le scelte istituzionali – desta preoccupazioni profonde. E non sono (solo) i numeri a fondare le nostre ansie. 304 casi di discriminazione e di razzismo documentati in sei mesi, 488 dall’inizio dell’anno, sono molti. Ma come sempre colgono solo quello che si è reso visibile e documentabile grazie alle segnalazioni dirette e al monitoraggio dei media.

      No, non sono i numeri a cui guardiamo. Quello che ci preoccupa di più è altro.

      Sono quelle parole e quei comportamenti violenti che non raggiungono l’onore delle cronache e che non vengono denunciati, ma proliferano in ogni dove. Quello che ci preoccupa è che una bimba Rom di 15 mesi possa essere colpita alla schiena per strada e un lavoratore straniero sia colpito “per caso” mentre lavora. Sono le “goliardate” compiute da minori ai danni dei loro coetanei stranieri.

      È che lo Stato faccia tutto il possibile per impedire di mettere in salvo delle vite umane. È che chi ripropone il primato degli italiani in un asilo pubblico o per accedere a una casa popolare venga acclamato da un’ampia parte dell’opinione pubblica. È la separazione dei bambini a scuola nell’ora dei pasti o mentre devono vaccinarsi. È che un ministro della Repubblica possa permettersi anche solo di proporre in rete l’abrogazione della legge Mancino. È che possano ancora agire indisturbati movimenti che si ispirano al fascismo e al neonazismo. È l’approvazione del D.L. 113/2018, che cancella il permesso per motivi umanitari, affossa il sistema pubblico di accoglienza e amplia il sistema dei centri di detenzione. È la strumentalizzazione politica spudorata dei corpi delle donne violati, laddove l’aggressore è un cittadino straniero. È che una signora qualsiasi possa insultare e rifiutarsi di sedersi accanto a una ragazza italiana in treno solo perché il colore del suo volto non è bianco. È la censura da parte della televisione pubblica di un documentario prodotto da un suo giornalista che osa mostrare le condizioni di vita ingiuste e disumane dei bambini rifugiati a Lesbo. E infine, quello che ci preoccupa è l’attacco al sistema di accoglienza pubblico sferrato con l’arresto di Mimmo Lucano.

      Non siamo i soli ad essere allarmati.

      A scendere in campo contro i rischi di un’escalation di discriminazioni istituzionali, di xenofobia e di razzismo sono stati anche importanti esponenti delle istituzioni, a partire dal Presidente della Repubblica: «L’Italia non può somigliare a un Far West dove un tale compra un fucile e spara a una bambina di un anno rovinando la salute e il futuro. Questa è barbarie e deve suscitare indignazione». O dall’UNHCR, Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, che ha espresso “profonda preoccupazione per il crescente numero di attacchi nei confronti di migranti, richiedenti asilo, rifugiati e cittadini italiani di origine straniera che hanno caratterizzato questi ultimi mesi”.

      Sino ad arrivare all’annuncio dell’invio di “personale in Italia per valutare il riferito forte incremento di atti di violenza e di razzismo contro migranti, persone di discendenza africana e rom” da parte dell’Alto Commissario Onu per i diritti umani, Michelle Bachelet. Persino il Parlamento Europeo è giunto ad approvare (tardivamente) una risoluzione che invita i Governi dei Paesi membri a mettere al bando le organizzazioni neo-naziste e neofasciste.

      In questo ultimo dossier raccontiamo tutto questo nel dettaglio.

      Partiamo come di consueto dai casi di ordinario razzismo, dedicando un approfondimento alla ricorrenza anomala di violenze fisiche che hanno colpito soprattutto persone nere. Riepiloghiamo le scelte compiute dal Governo a partire dal suo insediamento sino ad arrivare all’approvazione del pessimo Decreto Legge 113/2018 e le discriminazioni istituzionali compiute attraverso delibere comunali o leggi regionali.

      Le cronache giornalistiche hanno seguito con una particolare attenzione tutti questi eventi non rimanendo immuni da omissioni, enfatizzazioni e vere e proprie stigmatizzazioni che analizziamo nel quarto capitolo.
      L’estate è stata però attraversata anche da moltissime iniziative di solidarietà. Un vero e proprio risveglio della società civile ha attraversato il nostro Paese da Nord a Sud, coinvolgendo singoli e soggetti collettivi e ambienti del tutto diversi tra loro, agendo in molti casi in modo auto-organizzato. La mobilitazione straordinaria che ha fatto giungere a Lodi più di 165mila euro per consentire a tutti i bambini che ne erano stati esclusi di tornare ad accedere alla mensa scolastica, è forse quella più originale e innovativa.

      Di fronte alle decisioni sbagliate è possibile ribellarsi. Anche quando ci sono regole o leggi ingiuste, rassegnarsi non è inevitabile.

      E proprio a tutti coloro che non accettano la criminalizzazione della solidarietà e la praticano dal basso, è dedicato l’ultimo capitolo.


      https://www.cartadiroma.org/news/in-evidenza/unestate-allinsegna-del-razzismo

      v. le dossier ici:
      https://www.lunaria.org/wp-content/uploads/2018/10/FOCUS62018unestateallinsegnadelrazzismo.pdf

    • #Latina, Torino, Roma: le violenze razziste non si fermano

      Due fratelli di 14 e 15 anni, nati in Italia e originari del Congo, vengono aggrediti, a Latina, prima verbalmente con frasi razziste per il colore della loro pelle e poi fisicamente, subendo un brutale pestaggio da parte di un gruppo di giovanissimi, tutti italiani tra i 13 e i 15 anni. L’episodio è avvenuto il 1 dicembre, ma ne abbiamo avuto notizia solo oggi, quando la squadra mobile ha segnalato alla Procura presso il Tribunale per i minori di Roma ben tredici minorenni del capoluogo pontino. A forza di calci uno dei due fratelli è finito a terra, vittima di un trauma cranico e privo di conoscenza, mentre all’altro sono stati fratturati il naso e uno zigomo. I due fratelli, ricoverati in ospedale, con prognosi di venti e trenta giorni, sono fuori pericolo ma sotto choc. Secondo alcune indiscrezioni, gli aggressori apparterrebbero a “situazioni familiari disagiate e in alcuni casi sono figli di uomini con precedenti penali o con parentele pesanti nella criminalità organizzata della città”.

      Ci spostiamo vicino Torino. Pape Bassirou Tine, ventenne di origine senegalese residente ad Almese, giovane e promettente calciatore del San Maurizio Canavese (campionato di Promozione), viene aggredito davanti al Caffè Stazione di Avigliana (TO). Il fatto è accaduto lunedì 17 dicembre sera. «Mi hanno urlato ‘negro di m*…, torna a casa tua’, poi mi sono avvicinato per chiedere spiegazioni. Uno mi ha colpito con un pugno, un altro con un bicchiere di vetro». Secondo una prima ricostruzione, fatta grazie al racconto del ragazzo e dei testimoni presenti al momento dell’accaduto, gli aggressori sarebbero cinque-sei italiani, più o meno suoi coetanei. Pape, recatosi all’ospedale di Rivoli per farsi medicare, ha perso sangue a causa dei colpi ricevuti ma si rimetterà presto. Torino Today riporta le parole del giovane, che ora chiede giustizia: «Chiedo solo che giustizia sia fatta perché siamo nel 2018 e non permetto a nessuno di sottovalutarmi. Siamo tutti esseri umani. Sembra che siano solo gli stranieri a commettere crimini, ma non è così». Pape ha presentato una denuncia alla stazione dei carabinieri, che sono ora al lavoro per identificare gli autori dell’aggressione grazie anche ai filmati delle telecamere di sorveglianza della stazione.

      Da Torino torniamo a Roma. Ancora un’aggressione razzista nei confronti di una persona nera. Le vittime in questo caso sono due: una mamma e la sua bambina, a bordo del tram 19. A raccontare l’accaduto, ieri, sulla propria pagina Facebook, una testimone che ha assistito al fatto intorno alle 16:45 del pomeriggio. “Ad una fermata sale una donna di colore, con una bimba di un anno in passeggino. Un uomo, romano doc, sulla quarantina le dice: “E tu perché sei qua, cosa fai sul tram?!”. La donna risponde: “Che vuoi, che ti ho fatto?”. L’uomo innervosito dal fatto che una donna, per giunta “nera”, gli risponda, le ribatte: “Tu devi stà zitta, hai capito, devi stà zitta”. Alla fermata del tram, la donna cerca di scendere, ma l’uomo le tira una pacca sul sedere e tira due calci al passeggino e le sputa in faccia”. Nonostante l’intervento della testimone e di un altro ragazzo, l’uomo continua ad infierire e a insultare. Anche altri passeggeri, presenti all’aggressione, partecipano agli insulti generali. Il tram riparte. Nessuno chiede niente. Come se nulla fosse accaduto.

      Pochi giorni fa, aveva scosso e fatto il giro dei social l’episodio della donna rom e di sua figlia aggredite nella metro, raccontato alla giornalista Giorgia Rombolà, testimone dell’aggressione. Pochi giorni fa, avevamo ricevuto una segnalazione simile anche da una nostra lettrice (ne abbiamo parlato qui).

      Fatti con cadenza quotidiana estremamente gravi, e sempre più relegati alla pura cronaca. Fatti che non dovrebbero passare inosservati. E che dovrebbero far riflettere sul clima inquietante in cui siamo immersi e che sembra restringere ogni giorno i pochi interstizi di umanità che restano.


      http://www.cronachediordinariorazzismo.org/alatina-torino-roma-le-violenze-razziste-non-si-fermano
      #Turin #Rome

    • Ordina le pizze, brasiliana pestata a sangue. «Siamo in Friuli, devi parlare friulano per legge»

      Pestata in un locale pubblico perché non parla friulano. Accade fuori da una pizzeria da asporto, a #Mereto_di_Tomba. La donna, brasiliana, 47 anni, residente a Cavasso Nuovo nel Pordenonese, era entrata nel locale insieme ai figli, per ordinare delle pizze da portare a casa. Ha chiesto le pizze in buon italiano, ma ad un uomo presente nel locale, un camionista, non è bastato: «Qui siamo in Friuli e si deve parlare friulano per legge». La donna, per evitare liti, è uscita fuori, al freddo, per attendere le pizze. Ma l’uomo è uscito e nonostante il figlio della donna cercasse di difenderla, l’ha spintonata e colpita al volto. Col naso sanguinante e sotto choc la brasiliana è andata al pronto soccorso: ha numerosi traumi.

      https://www.ilmessaggero.it/italia/brasiliana_picchiata_pizzeria_udine_oggi-4222441.html

  • A Napoli non c’è spazio per i rom

    Scala di cuori servita dal quattro al nove, senza pinelle né jolly. Non si lascia a terra una mano del genere, per nessun motivo. Così, mentre gli altri giocatori si avvicinano al furgone che ha portato gli aiuti alimentari, Damir si alza sbuffando. “Non guardarmi i punti, eh?”, dice sorridendo. Poi appoggia sul tavolo le carte che hanno sul dorso il logo di una catena di supermercati e si mette al lavoro con gli altri per scaricare i pacchi con la pasta e il latte.


    https://www.internazionale.it/reportage/riccardo-rosa/2017/10/02/napoli-rom-sgomberi
    #Naples #Italie Roms #camps #cartographie #visualisation

  • #Sahel/#Sahara : un nouveau #centre_militaire inauguré par l’#Otan en #Italie

    C’est une nouvelle initiative pour la surveillance du Sahel et du Sahara. Un centre militaire spécial a été inauguré ce mardi dans une base de l’Otan située à Naples dans le sud de l’Italie. Un centre qui aura des missions multiples en ce qui concerne la #Libye et les pays de la zone.

    Selon l’Otan, ce nouveau centre militaire « South Hub », ou le centre pour le sud, aura pour mission de surveiller les pays du Sahel et du Sahara en Afrique, spécialement la Libye. Il a également pour mission de contrôler les couloirs de transport aérien et maritime dans la zone. Il devra collecter des informations et des renseignements très précis. Il est donc question du déploiement par l’Otan de drones de surveillance à partir de la base italienne de #Sigonella en Sicile pour des missions en Méditerranée.

    Selon des sources au sein de l’Organisation du traité de l’Atlantique nord, une centaine de personnes travailleront dans ce centre. Elles seront chargées de prévenir et d’évaluer des menaces potentielles venant de la Libye et du Sahel, mais aussi d’Irak et du Moyen-Orient.

    http://www.rfi.fr/afrique/20170905-sahelsahara-nouveau-centre-militaire-inaugure-otan-italie?ref=tw_i
    #surveillance #Naples #South_Hub #drones

  • Menaces sur la gestion publique de l’eau à Naples, par Thierry Uso (*)
    http://www.eauxglacees.com/spip.php?page=imprimer&id_article=1920

    En Italie, comme en France, et dans nombre d’autres pays européens, la gestion publique de l’eau est désormais violemment remise en cause par l’agenda néo-libéral que promeuvent la majorité des pays européens.

    Cinq conseils d’administration en six ans d’existence de ABC Napoli et les budgets 2015 et 2016 jamais votés... Le maire de Naples n’a jamais permis à l’Azienda Speciale (équivalent italien de la régie à autonomie financière et personnalité morale), d’être économiquement viable à cause de promesses électorales démagogiques.

    Le dernier conseil d’administration a démissionné en juillet pour ne pas avoir à adopter un budget que la Cour des comptes aurait contesté.

    ABC Napoli a été placé une fois de plus sous administration judiciaire.

    L’administrateur choisi par le maire de Naples souhaite l’intégration de ABC Napoli dans un service eau-assainissement-énergie (multi-utility), géré par la région de Campanie.

    Le Comitato acqua pubblica di Napoli considère que ce sera la disparition de l’Azienda Speciale qui sera remplacée par une SpA (Société par Actions, c’est à dire une SA), pilotée par une entreprise privée comme c’est le cas de Acea ou Gori.

    #Communs #Naples #Acqua_Beni_Communi #Eau