#nea_kavala

  • Il campo di #Nea_Kavala nel nord della Grecia

    Dove «le persone non hanno spazio per esistere»

    Il Nord della Grecia è spesso dimenticato ma, non meno delle isole, è un luogo in cui si consuma l’ipocrisia europea dei campi come strumento di gestione del fenomeno migratorio. Un esempio è ciò che accade nel campo di Nea Kavala, vicino a Polykastro, a nord di Salonicco, nonostante la situazione sia critica ovunque.

    Durante l’estate 2023, come in altri stati europei, gli arrivi di persone in movimento si sono moltiplicati. Ad ora, secondo l’UNHCR 2, la popolazione migrante ufficialmente in ingresso in Grecia è stata di 42.343 persone, quando l’anno scorso gli arrivi ufficiali registrati sono stati di poco meno di 20.000 in tutto l’anno. Inoltre la Grecia, sotto pressione per le alluvioni avvenute a inizio Settembre, ha dovuto svuotare campi inizialmente pensati per richiedenti asilo per poter far stare la popolazione greca senza più un’abitazione, come ad esempio è avvenuto nel campo di Klidi Sintiki.

    Di conseguenza, da inizio Luglio 2023 la popolazione del campo di Nea Kavala 3 è aumenta drasticamente, raggiungendo quasi la massima capacità di più di 1.500 persone distribuite in 280 container. Nonostante il governo greco stia affrontando il fenomeno migratorio da diversi anni, viene sempre considerato come un’emergenza e le soluzioni governative adottate sono precarie e non rispettose dei diritti umani. Non solo vengono messi fino a otto persone, incuranti delle nazionalità, negli stessi container di 24 mq pensati per massimo 6 persone, ma vengono anche mischiate persone sane con malate, famiglie con uomini singoli… ovviamente alimentando tensioni che si potrebbero evitare.

    Vivere in un campo in Grecia non è una questione temporanea di qualche giorno, ma possono volerci mesi e anni in base a quante decisioni negative si ricevono, e in base alla propria nazionalità e un po’ a fortuna, dato che la modalità di esaminare le richieste di asilo in Grecia presenta molte carenze e incongruenze. Le persone vedono la Grecia come passaggio, il loro obiettivo finale non è quello di rimanere, ma di ottenere i documenti di viaggio per poter chiedere asilo in un altro paese europeo, evitando così di percorrere la rotta balcanica. Nonostante gli accordi di Dublino, le persone spesso riescono a essere poi accolte in altri paesi europei in quanto riescono a dimostrare che le condizioni di vita nei campi greci sono inumane e degradanti.

    Per descrivere com’è il campo di Nea Kavala mi risuonano le parole di Shahram Khosravi in Io sono confine:

    «E’ il campo stesso a produrre il profugo, o la sua condizione (…) Nessuna delle mie esperienze passate- la fustigazione, il carcere, un anno di vagabondaggi illegali- era riuscita a privarmi della mia dignità. E’ stato il campo a togliermela. Fino ad allora avevo perso uno stato di riferimento con i suoi diritti di cittadinanza, ma non avevo perso la voglia di vivere, la forza di volontà e il coraggio. ll campo mi ha tolto tutto questo».

    Tra i vari effetti collaterali del sovraffollamento c’è stato anche il mancato inizio della scuola. Mentre a Settembre i bambini greci hanno iniziato a frequentarla, per chi vive nel campo di Nea Kavala si è dovuto aspettare fino a fine Ottobre. Oltre ad essere una discriminazione, i bambini nel campo non fanno nulla. Le ONG presenti sul territorio cercano di offrire lezioni e spazi gioco, ma non è abbastanza per coprire il bisogno e per poter garantire continuità educativa.

    Il campo è comunque pensato per non essere visto dalla popolazione, per essere lontano. 6 km lo separano dal centro di Polykastro in cui si trovano tutti i servizi (guardia medica, supermercato, fermata del bus, scuole…) e non c’è un servizio di trasporto pubblico disponibile. L’unica possibilità è utilizzare un taxi o una bicicletta, ma nel primo caso è costoso, nel secondo, la domanda è così alta che non ce ne sono abbastanza per tutti, nonostante l’ONG Open Cultural Center offra un servizio di noleggio 4.

    Il campo è circondato da un muro di cemento alto 3 metri (intervallato da porte di metallo), telecamere e sicurezza che controlla in entrata e in uscita e sembra più simile ad una prigione che ad un rifugio. Ma il problema non è solo questo, è la stessa esistenza e la funzione dei campi.

    Da Settembre il governo greco ha iniziato a impedire l’entrata al campo a chi avesse ottenuto i documenti o a chi, dopo 3 decisioni negative, avrebbe dovuto lasciare la Grecia. In Grecia, quando la richiesta di asilo viene accolta in modo positivo, si ottengono documenti che permettono di viaggiare in Europa e si finisce di ricevere alcuni benefici riservati ai richiedenti asilo, come ad esempio il pocket money o il cibo.

    I programmi che aiutano l’inclusione sono pochi o inesistenti, quindi le persone si ritrovano spaesate e senza sapere cosa fare. Fino a prima di Settembre, alle persone veniva almeno lasciata la possibilità di rimanere nel campo per qualche settimana in più, in modo da potersi organizzare per muoversi in un altro paese o per cercare un’ altra soluzione abitativa in Grecia.

    Attualmente invece, non solo si nega la possibilità di restare nel campo per qualche tempo, ma l’impossibilità di rientrare nel campo è comunicata senza preavviso, e senza dare l’opportunità di entrare per prendere i propri beni personali. Sono appena tornata da qualche mese lì, e nonostante diverse volte ho assistito a scene di totale disrispetto dei diritti umani fuori dal campo, ne ho una stampata in testa. Perché si tratta di persone.

    Quel pomeriggio avevamo organizzato una caccia al tesoro con i bambini che vengono al centro dell’ONG, era stato molto bello e divertente per tutti. Come ogni giorno, a fine giornata, i bambini risalgono sul pullman che Open Cultural Center mette loro a disposizione per tornare al campo di Nea Kavala. Appena arrivati tutti scendono di corsa, i più grandi si mettono in autonomia in fila per i controlli mentre i più piccoli corrono in braccio ai genitori che li aspettano e si preparano a rientrare insieme. Mi fermo a scambiare due chiacchiere con Said, perchè è il primo giorno che la piccola Nura è venuta al centro, e discutiamo di come sia andata. Lo saluto, lui si gira, fa per rientrare e la security controlla il documento ma dice no, non siete più nella lista, non potete entrare. Ma come, ci deve essere un errore, sono uscito 10 minuti fa per prendere la bambina. No, avete ottenuto i documenti e non avete più diritto a star qui.

    In realtà Said e Sana, sua moglie, hanno i documenti, ma non hanno ancora lasciato la Grecia perchè la piccola Roya, appena nata, non li ha. E’ quindi impossibile per loro andarsene. Said cerca di spiegarlo alla security ma niente da fare. Gli viene anche detto che potrebbero lasciarlo entrare, ma ci sono telecamere e se qualcuno dovesse vedere poi l’operatore della security perderebbe il posto di lavoro.

    Nel frattempo Nura intuisce qualcosa e inizia a piangere, perché la mamma e la sorella son dentro, ma niente da fare li han lasciati fuori dal campo. Fra l’altro Said è in infradito e maniche corte, nonostante faccia freddo, perchè pensava di essere uscito per soli 5 minuti, non per sempre. In tutto ciò io guardo la scena, cerco di supportare Said ma sono abbastanza scioccata, non ci credo che quello che vedo sta succedendo davvero.

    Alla fine Said, impotente, decide di passare la notte in un Hotel a Polykastro, nonostante sia costoso, perchè fa già tanto freddo per dormire all’aperto nei prati vicino al campo, soprattutto con una bambina di 4 anni. Prima di salutarci, lui che per tutto il tempo era stato fermo e deciso e sorridente per non far preoccupare la piccola, inizia a piangere e mi dice, ma lo sai che in Afghanistan facevo il traduttore per l’esercito greco? È per questo che me ne sono dovuto andare quando sono arrivati i Talebani.

    Lascio Said, Sana e Nura quando ormai si è fatto buio. Io, con il mio carico di privilegio bianco ed europeo e il passaporto in tasca, torno a casa, sono disgustata.

    Mi chiedo per quanto ancora le politiche EU e i governi continueranno a violare sistematicamente i diritti e la dignità delle persone in movimento. Mi chiedo fino a che punto sapranno spingersi, fino a quando sarà così buio.

    https://www.meltingpot.org/2023/12/il-campo-di-nea-kavala-nel-nord-della-grecia

    #Grèce #camps_de_réfugiés #réfugiés #asile #migrations #Polykastro #containers

  • Greece, ABR: The Greek government are building walls around the five mainland refugee camps

    The Greek government are building walls around the five mainland refugee camps, #Ritsona, #Polykastro, #Diavata, #Makakasa and #Nea_Kavala. Why this is necessary, and for what purpose, when the camps already are fenced in with barbed wire fences, is difficult to understand.
    “Closed controlled camps" ensuring that asylum seekers are cut off from the outside communities and services. A very dark period in Greece and in EU refugee Policy.
    Three meter high concrete walls, outside the already existing barbed wire fences, would makes this no different than a prison. Who are they claiming to protect with these extreme measures, refugees living inside from Greek right wing extremists, or people living outside from these “dangerous” men, women and children? We must remember that this is supposed to be a refugee camps, not high security prisons.
    EU agreed on financing these camps, on the condition that they should be open facilities, same goes for the new camps that are being constructed on the island. In reality people will be locked up in these prisons most of the day, only allowed to go out on specific times, under strict control, between 07.00-19.00. Remember that we are talking about families with children, and not criminals, so why are they being treated as such?
    While Greece are opening up, welcoming tourists from all over the world, they are locking up men, women and children seeking safety in Europe, in prisons behind barbed wire fences and concrete walls, out of sight, out of mind. When these new camps on the islands, financed by Europe are finished, they will also be fenced in by high concrete walls. Mark my words: nothing good will come of this!
    “From Malakasa, Nea Kavala, Polycastro and Diavata camps to the world!!
    “if you have find us silent against the walls,it doesn’t mean that we agree to live like prisoners,but in fact we are all afraid to be threaten,if we speak out and raise our voices!!”

    (https://twitter.com/parwana_amiri/status/1395593312460025858)

    https://www.facebook.com/AegeanBoatReport/posts/1088971624959274

    #murs #asile #migrations #réfugiés #camps_de_réfugiés #Grèce #camps_fermés #barbelés

    • "Ø double military-grade walls
      Ø restricted entrance and exit times (8am-8pm: itself a questionable suggestion: why should people be banned from going outside at any time of day or night? Under what possible justification?)
      Ø a CCTV system and video monitors
      Ø drone flights over the ‘camps’
      Ø camera-monitored perimeter alarms
      Ø control gates with metal detectors and x-ray devices
      Ø a system to broadcast announcements from loudspeakers
      Ø a control centre for the camps at the ministry’s HQ
      And this will be paid for – a total bill of €33m – by the EU.
      As this cash is on top of the €250m the EU has already promised to build these camps – described, we must stress, as ‘closed’ repeatedly in the Greek governments’ ‘deliverability document’ even though the EU, and specifically its Commissioner for Home Affairs Ylva Johansson who confirmed the €250m payment on her visit to the Aegean islands in March this year, promised the EU would not fund closed camps - it is absolutely vital that the Union is not misled into handing over millions of Euros for a programme designed to break international law and strip men, women and children of their fundamental human rights and protections.
      We must stress: these men, women and children have committed no crime. Even if they were suspected of having done so, they would be entitled to a trial before a jury before having their freedom taken away from them for – based on the current advised waiting period for asylum cases to be processed in Greece – up to five years.»

      ( text by Koraki : https://www.facebook.com/koraki.org)
      source : https://www.facebook.com/yorgos.konstantinou/posts/10223644448395917


      source : https://www.facebook.com/yorgos.konstantinou/posts/10223644448395917

      –—


      source : https://www.facebook.com/yorgos.konstantinou/posts/10223657767448885

      #caricature #dessin_de_presse by #Yorgos_Konstantinou

    • Pétition:

      EU: Build Schools, Not Walls

      We strongly stand against allocating European funds to build walls around Greek refugee camps.

      The ongoing fencing work at the Ritsona, Polykastro, Diavata, Malakasa and Nea Kavala camps must stop immediately.

      Greece, with the full support of the European Union, is turning refugee camps into de-facto prisons.

      Millions of euros allocated for building walls should be spent on education, psychological support and the improvement of hygienic conditions in the refugee camps.

      What happened?

      In January and February 2021, the International Organization for Migration (IOM) published two invitations to bid for the construction of fences in refugee camps in mainland Greece.

      However, the fences became concrete walls. In March the Greek Ministry of Migration and Asylum commissioned to build NATO type fences and introduce additional security measures.

      Nobody - including camp residents - was informed about it.

      The walls are a jeopardy for integration, safety and mental health

      Residents of refugee camps fled their country in search for safety. In Europe their (mental) health is worsening because of the horrific conditions in the camps.

      Building the walls after a year of strict lockdown will lead to a further deterioration in their mental state.

      Moreover, it will:
      – deepen divisions between people: it will make the interaction between refugees and the local community even more difficult, if not impossible.
      – make it even harder for journalists and NGO’s to monitor the situation in the camp
      – put the residents of the camps in danger in case of fire.

      As EU citizens we cannot allow that innocent people are being locked behind the walls, in the middle of nowhere. Being a refugee is not a crime.

      Seeking asylum is a human right.

      Democracy and freedom cannot be built with concrete walls.

      Building walls was always the beginning of dark periods in history.

      Crushing walls - is the source of hope, reconciliation and (what is a foundation of European idea) solidarity.

      No more walls in the EU!

      https://secure.avaaz.org/community_petitions/en/notis_mitarachi_the_minister_of_migration_of_greec_eu_build_schools_no

    • La Grèce construit des camps barricadés pour isoler les réfugiés

      L’Union européenne a investi cette année 276 millions d’euros pour la construction de camps de réfugiés sur cinq îles grecques. À #Leros, où un camp de 1 800 places ouvrira bientôt, habitants et ONG s’indignent contre cet édifice barricadé. Le gouvernement assume.

      L’Union européenne a investi cette année 276 millions d’euros pour la construction de camps de réfugiés sur cinq îles grecques. À Leros, où un camp de 1 800 places ouvrira bientôt, habitants et ONG s’indignent contre cet édifice barricadé. Le gouvernement assume.

      Le champ de #conteneurs blancs s’étale sur 63 000 mètres carrés sur une colline inhabitée. Depuis les bateaux de plaisance qui pénètrent dans la baie de Lakki, dans le sud de Leros, on ne voit qu’eux. Ils forment le tout nouveau camp de réfugiés de 1 860 places, interdit d’accès au public, qui doit ouvrir ses portes d’ici à la rentrée sur cette île grecque de 8 000 habitants, qui compte aujourd’hui 75 demandeurs d’asile.

      « Il sera doté de mini-supermarchés, restaurants, laveries, écoles, distributeurs d’argent, terrains de basket », détaille #Filio_Kyprizoglou, sa future directrice. Soit un « village, avec tous les services compris pour les demandeurs d’asile ! », s’emballe-t-elle.

      Mais le « village » sera cerné de hauts murs, puis d’une route périphérique destinée aux patrouilles de police, elle aussi entourée d’un mur surplombé de #barbelés. Depuis sa taverne sur le port de Lakki, Theodoros Kosmopoulou observe avec amertume cette « #nouvelle_prison », dont la construction a démarré en février, sur des terres appartenant à l’État grec.

      Ce nouveau centre barricadé est l’un des cinq camps de réfugiés grecs en construction sur les îles à proximité de la Turquie et ayant connu des arrivées ces dernières années. Ces structures sont financées à hauteur de 276 millions d’euros par l’Union européenne (UE). Si celui de Leros est bien visible dans la baie de Lakki, les centres qui s’élèveront à #Kos, #Samos, #Chios et #Lesbos seront, eux, souvent isolés des villes.

      Ces camps dits éphémères pourront héberger au total 15 000 demandeurs d’asile ou des personnes déboutées. Ils seront tous opérationnels à la fin de l’année, espère la Commission européenne. Celui de Samos, 3 600 places, sera ouvert cet été, suivi de Kos, 2 000 places, et Leros. L’appel d’offres pour la construction des camps de Chios (de 1 800 à 3 000 places) et Lesbos (5 000 places) a été publié en mai.

      Si l’Europe les qualifie de « #centres_de_premier_accueil_multifonctionnels », le ministère grec de l’immigration parle, lui, de « #structures_contrôlées_fermées ». Elles doivent remplacer les anciens camps dits « #hotspots », déjà présents sur ces îles, qui abritent maintenant 9 000 migrants. Souvent surpeuplés depuis leur création en 2016, ils sont décriés pour leurs conditions de vie indignes. Le traitement des demandes d’asile peut y prendre des mois.

      Des compagnies privées pour gérer les camps ?

      Dans ces nouveaux camps, les réfugiés auront une réponse à leur demande dans les cinq jours, assure le ministère grec de l’immigration. Les personnes déboutées seront détenues dans des parties fermées – seulement les hommes seuls - dans l’attente de leur renvoi.

      Un membre d’une organisation d’aide internationale, qui s’exprime anonymement, craint que les procédures de demande d’asile ne soient « expédiées plus rapidement et qu’il y ait plus de rejets ». « Le gouvernement de droite est de plus en plus dur avec les réfugiés », estime-t-il. Athènes, qui compte aujourd’hui quelque 100 000 demandeurs d’asile (chiffre de mai 2021 donné par l’UNHCR), a en effet durci sa politique migratoire durant la pandémie.

      La Grèce vient aussi d’élargir la liste des nationalités pouvant être renvoyées vers le pays voisin. La Turquie est désormais considérée comme un « pays sûr » pour les Syriens, Bangladais, Afghans, Somaliens et Pakistanais.

      (—> voir https://seenthis.net/messages/919682)

      Pour la mise en œuvre de cette #procédure_d’asile, le gouvernement compte sur l’organisation et surtout la #surveillance de ces camps, au regard des plans détaillés que Manos Logothetis, secrétaire général du ministère de l’immigration, déplie fièrement dans son bureau d’Athènes. Chaque centre, cerné de murs, sera divisé en #zones compartimentées pour les mineurs non accompagnés, les familles, etc. Les demandeurs d’asile ne pourront circuler entre ces #espaces_séparés qu’avec une #carte_magnétique « d’identité ».

      "Je doute qu’une organisation de défense des droits humains ou de la société civile soit autorisée à témoigner de ce qui se passe dans ce nouveau camp." (Catharina Kahane, cofondatrice de l’ONG autrichienne Echo100Plus)

      Celle-ci leur permettra également de sortir du camp, en journée uniquement, avertit Manos Logothetis : « S’ils reviennent après la tombée de la #nuit, les réfugiés resteront à l’extérieur jusqu’au lendemain, dans un lieu prévu à cet effet. Ils devront justifier leur retard auprès des autorités du centre. » Les « autorités » présentes à l’ouverture seront l’#UNHCR, les services de santé et de l’asile grec, #Europol, l’#OIM, #Frontex et quelques ONG « bienvenues », affirme le secrétaire général - ce que réfutent les ONG, visiblement sous pression.

      Le gouvernement souhaite néanmoins un changement dans la gestion des camps. « Dans d’autres États, cette fonction est à la charge de compagnies privées […]. Nous y songeons aussi. Dans certains camps grecs, tout a été sous le contrôle de l’OIM et de l’UNHCR […], critique Manos Logothetis. Nous pensons qu’il est temps qu’elles fassent un pas en arrière. Nous devrions diriger ces camps via une compagnie privée, sous l’égide du gouvernement. »

      « Qui va venir dans ces centres ? »

      À Leros, à des centaines de kilomètres au nord-ouest d’Athènes, ces propos inquiètent. « Je doute qu’une organisation de défense des droits humains ou de la société civile soit autorisée à témoigner de ce qui se passe dans ce nouveau camp, dit Catharina Kahane, cofondatrice de l’ONG autrichienne Echo100Plus. Nous n’avons jamais été invités à le visiter. Toutes les ONG enregistrées auprès du gouvernement précédent [de la gauche Syriza jusqu’en 2019 – ndlr] ont dû s’inscrire à nouveau auprès de la nouvelle administration [il y a deux ans - ndlr]. Très peu d’organisations ont réussi, beaucoup ont été rejetées. »

      La municipalité de Leros s’interroge, pour sa part, sur la finalité de ce camp. #Michael_Kolias, maire sans étiquette de l’île, ne croit pas à son caractère « éphémère » vendu aux insulaires. « Les autorités détruisent la nature pour le construire ! », argumente celui-ci. La municipalité a déposé un recours auprès du Conseil d’État pour empêcher son ouverture.

      Ce camp aux allures de centre de détention ravive également de douloureux souvenirs pour les riverains. Leros porte, en effet, le surnom de l’île des damnés. La profonde baie de Lakki a longtemps caché ceux que la Grèce ne voulait pas voir. Sous la junte (1967-1974), ses bâtiments d’architecture italienne sont devenus des prisons pour des milliers de communistes. D’autres édifices néoclassiques ont également été transformés en hôpital psychiatrique, critiqué pour ses mauvais traitements jusque dans les années 1980.

      C’est d’ailleurs dans l’enceinte même de l’hôpital psychiatrique, qui compte toujours quelques patients, qu’a été construit un premier « hotspot » de réfugiés de 860 places, en 2016. Aujourd’hui, 75 demandeurs d’asile syriens et irakiens y sont parqués. Ils s’expriment peu, sous la surveillance permanente des policiers.

      Il n’y a presque plus d’arrivées de migrants de la Turquie depuis deux ans. « Mais qui va donc venir occuper les 1 800 places du nouveau camp ?, interpelle le maire de Leros. Est-ce que les personnes dublinées rejetées d’autres pays de l’UE vont être placées ici ? » Le ministère de l’immigration assure que le nouveau camp n’abritera que les primo-arrivants des côtes turques. Il n’y aura aucun transfert d’une autre région ou pays dans ces centres des îles, dit-il.

      La Turquie, voisin « ennemi »

      Le gouvernement maintient que la capacité importante de ces nouveaux camps se justifie par la « #menace_permanente » d’arrivées massives de migrants de la #Turquie, voisin « ennemi », comme le souligne le secrétaire général Manos Logothetis. « En Grèce, nous avons souffert, elle nous a attaqués en mars 2020 ! », lâche le responsable, en référence à l’annonce de l’ouverture de la frontière gréco-turque par le président turc Erdogan, qui avait alors entraîné l’arrivée de milliers de demandeurs d’asile aux portes de la Grèce.

      Selon l’accord controversé UE-Turquie de 2016, Ankara doit, en échange de 6 milliards d’euros, réintégrer les déboutés de l’asile - pour lesquels la Turquie est jugée « pays sûr »- et empêcher les départs de migrants de ses côtes. « Elle ne collabore pas […]. Il faut utiliser tous les moyens possibles et légaux pour protéger le territoire national ! »,avance Manos Logothetis.

      Pour le gouvernement, cela passe apparemment par la #fortification de sa frontière en vue de dissuader la venue de migrants, notamment dans le nord-est du pays. Deux canons sonores viennent d’être installés sur un nouveau mur en acier, le long de cette lisière terrestre gréco-turque.

      De l’autre côté de cette barrière, la Turquie, qui compte près de quatre millions de réfugiés, n’accepte plus de retours de migrants de Grèce depuis le début de la pandémie. Elle aura « l’obligation de les reprendre », répète fermement Manos Logothetis. Auquel cas de nombreux réfugiés déboutés pourraient rester longtemps prisonniers des nouveaux « villages » de l’UE.

      https://www.mediapart.fr/journal/international/240621/la-grece-construit-des-camps-barricades-pour-isoler-les-refugies
      #business #HCR #privatisation

    • Grèce : sur l’île de Samos, les migrants découvrent leur nouveau centre aux allures de « prison »

      Sur l’île grecque de Samos, proche de la Turquie, un nouveau camp de réfugiés dit « fermé », isolé et doté d’une structure ultra-sécuritaire vient d’entrer en service. Les quelque 500 demandeurs d’asile qui se trouvaient encore dans l’ancien camp de Vathy ont commencé à y être transférés. Reportage.

      « Camp fermé ? On ne sait pas ce que c’est un camp fermé. C’est une prison ou bien c’est pour les immigrés ? Parce qu’on m’a dit que c’était conçu comme une prison. » Comme ce jeune Malien, assis à côté de ses sacs, les demandeurs d’asile s’interrogent et s’inquiètent, eux qui s’apprêtent à quitter le camp de Vathy et ses airs de bidonville pour le nouveau camp de l’île de Samos et sa réputation de prison.

      Au Cameroun, Paulette tenait un commerce de pièces détachées qui l’amenait à voyager à Dubaï voire en Chine. Ce nouveau camp, elle s’y résigne à contrecœur. « Ça me fend le cœur, dit-elle. Moi je n’ai pas le choix. Si j’avais le choix, je ne pourrais pas accepter d’aller là-bas. C’est parce que je n’ai pas le choix, je suis obligée de partir. »

      Comme elle s’est sentie obligée aussi de quitter le Cameroun. « À Buea, il y a la guerre, la guerre politique, on tue les gens, on kidnappe les gens. Moi, j’ai perdu ma mère, j’ai perdu mon père, j’ai perdu mon enfant, j’ai perdu ma petite sœur, mon grand frère… Donc je me suis retrouvée seule. Et moi je ne savais pas. S’il fallait le refaire, moi je préfèrerais mourir dans mon pays que de venir ici. Oui. Parce que ces gens-ci, ils n’ont pas de cœur. »

      Alors que les transferts entre les deux camps démarrent tout juste, la pelleteuse est déjà prête. La destruction de l’ancien camp de Vathy est prévue pour la fin de semaine.

      https://www.infomigrants.net/fr/post/35176/grece--sur-lile-de-samos-les-migrants-decouvrent-leur-nouveau-centre-a

    • Grèce : ouverture de deux nouveaux camps fermés pour migrants

      La Grèce a ouvert samedi deux nouveaux camps fermés pour demandeurs d’asile dans les îles de #Leros et de #Kos, un modèle critiqué par des défenseurs des droits humains pour les contrôle stricts qui y sont imposés.

      La Grèce a ouvert samedi deux nouveaux camps fermés pour demandeurs d’asile dans les îles de Leros et de Kos, un modèle critiqué par des défenseurs des droits humains pour les contrôle stricts qui y sont imposés.

      « Une nouvelle ère commence », a déclaré le ministre des Migrations Notis Mitarachi en annonçant l’ouverture de ces deux nouveaux camps.

      Les nouveaux camps sécurisés, entourés de barbelés, pourvus de caméras de surveillance et de portails magnétiques où les demandeurs d’asile doivent présenter des badges électroniques et leurs empreintes digitales pour pouvoir entrer, sont fermés la nuit.

      Les demandeurs d’asile peuvent sortir dans la journée mais doivent impérativement rentrer le soir.

      Ces nouvelles installations que la Grèce s’est engagée à mettre en place grâce des fonds de l’Union européennes, sont appelées à remplacer les anciens camps sordides où s’entassaient des milliers de migrants dans des conditions insalubres.

      « Nous libérons nos îles du problème des migrants et de ses conséquences », a ajouté le ministre. « Les images des années 2015-2019 appartiennent désormais au passé ».

      Le premier camp sécurisé de ce type a été ouvert en septembre sur l’île de Samos, après le démantèlement du vieux camp, véritable bidonville, qui avait abrité près de 7.000 demandeurs d’asile au plus fort de la crise migratoire entre 2015 et 1016.

      La Grèce avait été la principale porte d’entrée par laquelle plus d’un million de demandeurs d’asile, principalement des Syriens, des Irakiens et des Afghans, étaient arrivés en Europe en 2015.

      Le situation en Afghanistan a fait redouter l’arrivée d’une nouvelle vague de migrants.

      Les nouveaux camps à accès contrôlé sont dotés de commodités comme l’eau courante, les toilettes et de meilleures conditions de sécurité qui étaient absentes dans les anciens camps.

      La Grèce a prévu d’ouvrir deux autres nouveaux camps sécurisés sur les îles de Lesbos et de Chios.

      La contribution de l’UE pour la mise en place de ces nouvelles installations s’élève à 276 millions d’euros (326 millions de dollars).

      Des ONG se sont toutefois inquiétées de l’isolement des personnes qui y sont hebergées, estimant que leur liberté de mouvement ne devrait pas être soumise à des restrictions aussi sévères.

      Selon des estimations de l’ONU, quelque 96.000 réfugiés et demandeurs d’asile se trouvent sur le territoire grec.

      https://www.mediapart.fr/journal/fil-dactualites/271121/grece-ouverture-de-deux-nouveaux-camps-fermes-pour-migrants

    • Τσιμεντένιο τείχος και στο καμπ της Νέας Καβάλας

      Τι γυρεύει ένα τσιμεντένιο τείχος γύρω από τα καμπ των προσφύγων ; Είναι ένα ερώτημα που έρχεται αυθόρμητα στο νου με αφορμή την ανέγερση τειχών στα Διαβατά και στη Νέα Καβάλα.

      Μετά το δημοσίευμα του alterthess για την ανέγερση ψηλού φράχτη στα Διαβατά, την μελέτη, τον διαγωνισμό και την κατασκευή της οποίας έχει αναλάβει ο ΔΟΜ, οι πληροφορίες για αντίστοιχους φράχτες στη Νέα Καβάλα επιβεβαιώνονται και μάλιστα με τον χειρότερο δυνατό ενδεχόμενο.

      Ενώ αρχικά οι πληροφορίες έκαναν λόγο για συρμάτινους φράχτες, στη Νέα Καβάλα, όπως δείχνουν και οι φωτογραφίες που δημοσιεύουμε σήμερα, ανεγείρεται τσιμεντένιο τείχος το οποίο θα περιβληθεί με σύρμα, καθιστώντας το « σπίτι » των 1.400 περίπου προσφύγων μια πραγματική φυλακή.

      Σαν να μην έφτανε ο αποκλεισμός τους από τον αστικό ιστό, από την εκπαίδευση και από βασικά δικαιώματα, τώρα θα πρέπει να ζουν σε τοπίο τραμπικής έμπνευσης που θα τους κρύβει και την οπτική επαφή με τον « έξω » κόσμο.

      Μάλιστα, σύμφωνα με πληροφορίες, οι πρόσφυγες δεν έχουν ενημερωθεί από τους αρμόδιους διοικητές των καμπ για την εξέλιξη αυτή, απλά συνειδητοποιούν καθημερινά -ακόμη και τις μέρες του Πάσχα- ότι υψώνονται νέα τείχη διαχωρισμού τους από την υπόλοιπη κοινωνία.

      Σύμφωνα με ρεπορτάζ του Δημήτρη Αγγελίδη από την Εφημερίδα των Συντακτών, εργασίες περίφραξης με τσιμεντένιο τείχος έχουν ξεκινήσει και στην Ριτσώνα ενώ στην προκήρυξη του ΔΟΜ αναφέρεται ότι αντίστοιχο τείχος θα φτιαχτεί και στο καμπ της Μαλακάσας.

      Βασικό μέλημα της κυβέρνησης είναι, όπως φαίνεται, αφενός να μετατρέψει τα προσφυγικά καμπ από ανοιχτού σε ουσιαστικά κλειστού τύπου, μετατρέποντας την έξοδο και την είσοδο των προσφύγων από τους καταυλισμούς σε μία πλήρως ελεγχόμενη διαδικασία. Αφετέρου, επιδιώκει να αποκλείσει τις αφίξεις οικογενειών προσφύγων που ολοένα και περισσότερες μένουν άστεγες λόγω της πολιτικής των εξώσεων που ακολουθεί η κυβέρνηση τους τελευταίους μήνες.

      Είναι, επίσης, αδιανόητο να ξοδεύονται εκατομμύρια ευρώ τα οποία θα μπορούσαν να δοθούν στη βελτίωση της στέγασης και φροντίδας των ανθρώπων αυτών σε σύρματα και τσιμέντα για καμπ που θα μοιάζουν με κέντρα κράτησης.

      Σταυρούλα Πουλημένη


      https://alterthess.gr/tsimentenio-teichos-kai-sto-kamp-tis-neas-kavalas

  • Le #camp de #Nea_Kavala en #Grèce

    Dans l’Union européenne, certains camps pour personnes étrangères sont dits « ouverts » : les habitants sont libres d’y rester ou non, en attendant une réponse à leur demande d’asile – dans les faits, ils n’ont pas vraiment le droit ni les moyens de s’installer ailleurs.

    Le 28 février 2016, la création de ce camp intervient dans un contexte de #fermetures_des_frontières dans les #Balkans, et du besoin de répartir les habitants du camp d’#Idomeni. 3520 personnes sont alors transférées vers des tentes disposées sur le tarmac de l’aéroport militaire « Asimakopoulou »[1], pour une capacité d’accueil estimée à 2500 personnes. Sur le bitume, les personnes sont exposées aux vents et aux températures parfois extrêmes. Elles attendront le mois de novembre pour que des containers soient mis en place.

    Quatre ans plus tard, le camp est toujours là. L’Organisation Internationale pour les Migrations (OIM) considère Nea Kavala comme une « installation d’accueil de long terme » ; et y transfère notamment des réfugiés depuis le camp de Moria à Lesbos[2].

    Les habitants ont eu le temps de réaliser des « travaux d’agrandissement » sur certains containers (© Louis Fernier)

    La vie s’est organisée à la marge de la société grecque. Des personnes migrantes sont isolées, bloquées dans un lieu initialement prévu pour que des avions décollent et atterrissent. Sur le tarmac, les préfabriqués ont été installés « de façon à contenir les effets des rafales de vent » ; les personnes « accueillies » partagent des sanitaires extérieurs l’été comme l’hiver, et une unique source d’eau potable située à l’entrée du camp. Si elles le souhaitent, elles sont toutefois libres de marcher 5 KM le long d’une voie rapide pour atteindre la première pharmacie. Sur place, nos observations nous ont permis de réaliser la carte ci-après :

    Ce croquis illustre comment la vie prend forme dans un tel environnement. Les ressources et acteurs clés se situent presque exclusivement à l’entrée, dans le nord du camp.

    L’Etat grec a délégué la majeure partie des tâches de coordination au Danish Refugee Council. Les ministères de l’éducation et de la santé restent toutefois censés accomplir leurs missions respectives. Hélas, la majorité des enfants ne sont scolarisés que la moitié de la semaine, et le médecin du camp n’est présent que 15 heures par semaine. Deux associations non-gouvernementales, « Drop in the Ocean » et We Are Here », sont présentes au quotidien pour soutenir les personnes encampées. C’est au sein de We Are Here que nous effectuons une enquête de terrain depuis deux mois. Composée uniquement de bénévoles, cette association gère un espace social, organise des cours d’Anglais et de musique, et des activités pour les plus jeunes. Elle tient aussi un centre d’informations et un espace réservé aux femmes. Au quotidien, elle s’active dans un univers interculturel, comme le montre la diversité des nationalités présentes depuis 2016, et la nécessité de s’adapter en continue.

    Être bénévole à We Are Here, c’est aussi travailler dans un milieu en perpétuel mouvement : la population connait des fluctuations parfois très soudaines.

    Si la population n’a plus dépassé la capacité du camp depuis sa création, elle a connu certains pics – à la fin de l’été 2019 notamment. Les conditions de vie paraissaient alors peu dignes pour un « site d’accueil de long terme ». Une personne réfugiée témoignait le 02 septembre 2019 :

    “Nea Kavala Camp is one of hell’s chosen spots in Greece. And to think that this government sees it as a suitable place for vulnerable refugees shows to me how much it must hate us. Nobody should be expected to stay there.”

    Depuis le 12 mars 2020, les mesures de protection face au Covid-19 ont entraîné l’arrêt des activités de We Are Here ; cependant, nous sommes toujours en observation depuis le village voisin, en contact avec les habitants du camp. Et la crise sanitaire n’a pas freiné les travaux d’aménagement de Nea Kavala, en prévision de l’accueil de 1000 personnes transférées depuis l’île de Lesbos.

    A l’intérieur de ces tentes, les familles sont aujourd’hui réparties par petites salles. Un habitant nous rapporte que « l’on y entend les voisins, c’est très serré. Il y a une table, quatre chaises et quatre lits pour toute une famille ».

    Nea Kavala compte 372 arrivées depuis la fin du mois de février, dans le contexte actuel de pandémie mondiale. Le Danish Refugee Council estime que 700 nouvelles personnes arriveront encore d’ici l’été. Les locaux de We Are Here et de Drop in the Ocean ont été demandés pour organiser de potentielles mises en quarantaine. En attendant d’y retourner, nous espérons que le virus épargnera le camp ; et que l’ennui, l’isolement et les conditions d’accueil ainsi décrites n’entraineront pas de tensions. Nous retenons notre souffle.

    https://mi.hypotheses.org/2122
    #transferts #migrerrance #immobilité #Grèce_continentale #frontières #Thessalonique #Polykastro #Asimakopoulou #OIM #IOM #temporaire #isolement #marginalité #marges #aéroport #tarmac #préfabriqués #croquis #cartographie #visualisation #Danish_Refugee_Council #déscolarisation #accès_aux_soins #Drop_in_the_Ocean #We_are_here

  • 190 migrants from Tzia being transferred to mainland

    http://www.ekathimerini.com/251503/article/ekathimerini/news/190-migrants-from-tzia-being-transferred-to-mainland

    Greek authorities started on Wednesday evening the transfer to the mainland of 190 migrants who had been stranded on the island of Tzia since the Turkish smuggling ship they were onboard ran aground there on March 16.

    The migrants, who were quarantined for two weeks after a few among them developed symptoms resembling those of the new coronavirus were boarding Andros Jet that would take them to Nea Kavala.

    Last Saturday, health inspectors visited Tzia to test them for Covid-19 ahead of their scheduled transfer.

    The small oil tanker that ran aground off Tzia has been identified as the Dorduncu, a Turkish-flagged ship that was built in 1968. Its passengers, who were able to get off the vessel safely, told investigators that they had paid smugglers in Turkey 5,000 euros each for passage to Italy.

    The ship had reportedly set sail from Canakkale in northwestern Turkey and managed to cross the Aegean undetected by switching off its Automatic Identification System.

    Authorities say that three traffickers are among the passengers.

    #Covid-19 #Migration #Migrant #Balkans #Grèce #Camp #Tzia #Quarantaine #NeaKavala #

  • #Migrerrance... de camp en camp en #Grèce...
    Des personnes traitées comme des #paquets de la poste

    Greece moves 1400 asylum-seekers from crowded Lesbos camp as migrant numbers climb

    Greek officials and aid workers on Monday began an emergency operation to evacuate 1,400 migrants from a dangerously overcrowded camp on Lesbos as numbers of arrivals on the island continue to climb.

    Six hundred and forty people were bussed away from Moria camp, which has become notorious for violence and poor hygiene, with 800 more following.

    “I hope to get out of this hell quickly,” 21-year-old Mohamed Akberi, who arrived at the camp five days earlier, told Agence-France Presse.

    Lesbos has been hit hard by the migrant crisis, with authorities deadlocked over what to do with new arrivals. Some 11,000 have been put in Moria camp, an old army barracks in a remote part of the island which has a capacity of around 3,000.

    The camp has been criticised sharply by human rights organisations for its squalid living conditions and poor security. Last month, a 14-year-old Afghan boy was killed in a fight and women in the camp are targets for sexual violence.

    The migrants removed from Moria on Monday will be taken by ferry to Thessaloniki, where they will be transported to Nea Kavala, a small camp in northern Greece near the border with North Macedonia.

    Lesbos saw 3,000 new arrivals in August, with around 650 arriving in just one day last week, and another 400 over the weekend.

    The emergency transfer from Moria was agreed by the government at an emergency meeting on Saturday, with unaccompanied minors and other vulnerable people given priority.

    The Greek government agreed to do away with the appeal procedures for asylum seekers to facilitate their swift return to Turkey.

    Greece will also step up border patrols with the help of the EU border control agency Frontex.

    Nearly 1,900 migrants have been forcibly returned to Turkey under a deal brokered by the European Union in 2016, and 17,000 migrants have voluntarily left Greece for their home countries over the last three years.

    Aid workers have questioned whether the emergency move provides a meaningful solution to Greece’s migrant problem.

    “While the situation in Moria is certainly diabolical, the government’s response to move people doesn’t solve the problem of overcrowding and is more of a PR exercise without addressing the issues that will be exacerbated by the move,” one aid worker with Nea Kavala, who wished to remain anonymous, told the Telegraph. “It’s very much an out-of-the-frying-pan-into- the-fire situation.”

    Stella Nanou, a spokesperson at the UNHCR in Greece, told the Daily Telegraph: “The situation is an urgent one in Moria and requires urgent relief. It is obvious more needs to be done in the short term. In the long term, solutions need to be provided to decongest and relieve the situation on the islands. We stand ready to help.”

    https://www.telegraph.co.uk/news/2019/09/02/greece-moves-1400-asylum-seekers-crowded-lesbos-camp-migrant
    #Moria #Lesbos #Lesvos #camps_de_réfugiés #Grèce_du_Nord #déplacement #asile #migrations #réfugiés
    #paquets_postaux
    ping @isskein

    • Grèce : Plus de 1 000 migrants transférés de l’île de Lesbos vers le continent

      Un premier groupe de 600 migrants ont été transférés lundi matin du camp de Moria, à Lesbos, vers le continent. Un deuxième contingent de 700 personnes devraient aussi être acheminé vers le continent grec dans l’après-midi. Ce week-end, le gouvernement avait annoncé une série de mesure pour faire face à l’afflux de migrants, notamment le transfert rapide des mineurs non accompagnés et des personnes les plus vulnérables des îles vers le continent.

      Les premières évacuations de l’île grecque de Lesbos vers le continent ont débuté lundi 2 septembre. Un premier contingent de 600 migrants installés dans le camp saturé de Moria ont été évacués lundi matin.

      Six cent trente-cinq Afghans, transportant des bagages encombrants, se sont précipités pour monter dans les bus de la police, sous la supervision du Haut-commissariat des Nations unies aux réfugiés (#HCR).

      Dans la cohue générale, ils ont ensuite embarqué sur le navire « Caldera Vista » vers le port de Thessalonique, où ils doivent être acheminés vers le camp de réfugiés de Nea Kavala, dans la ville de Kilkis situé dans le nord de la Grèce.

      Un autre groupe de 700 migrants devaient également être transférés dans l’après-midi vers le même lieu, dans le cadre de la décision du gouvernement grec de désengorger le camp de Moria.

      « 3 000 arrivées rien qu’au mois d’août »

      Samedi 31 août, le gouvernement grec a annoncé une série de mesure pour faire face à l’afflux de migrants, notamment le transfert rapide des mineurs non accompagnés et des personnes les plus vulnérables des îles vers le continent mais aussi la suppression des procédure d’appels aux demandes d’asile pour faciliter les retours des réfugiés en Turquie.

      Le camp de Moria, centre d’enregistrement et d’identification de Lesbos, héberge déjà près de 11 000 personnes, soit quatre fois la capacité évaluée par le HCR.

      Le nombre de migrants n’a cessé de grossir cet été. L’agence onusienne parle de « plus de 3 000 arrivées rien qu’au mois d’août ». Jeudi soir, 13 bateaux sont arrivés à Lesbos avec plus de 540 personnes dont 240 enfants, une hausse sans précédent qui inquiète le gouvernement conservateur arrivé au pouvoir le 7 juillet dernier.

      Ce week-end, 280 autres migrants sont arrivés en Grèce, souvent interceptés en pleine mer par les garde-côtes de l’Union européenne et de la Grèce.

      Sur la côte nord de l’île où les canots pneumatiques chargés de migrants débarquent le plus souvent, la surveillance a été renforcée dimanche. Une équipe de l’AFP a pu constater les allers et venues des patrouilleurs en mer, et la vigilance accrue des policiers sur les rives grecques.
      Depuis l’accord UE-Turquie signé en mars 2016, le contrôle aux frontières a été renforcé, rendant l’accès à l’île depuis la Turquie de plus en plus difficile. Mais, ces derniers mois près de 100 personnes en moyenne parviennent chaque jour à effectuer cette traversée.

      https://www.infomigrants.net/fr/post/19227/grece-plus-de-1-000-migrants-transferes-de-l-ile-de-lesbos-vers-le-con

    • Message de Vicky Skoumbi reçu via la mailing-list de Migreurop, 03.09.2019:

      Des scènes qui rappellent l’été 2015 se passent actuellement à Lesbos.

      Le nombre particulièrement élevé d’arrivées récentes à Lesbos (Grèce) – plus que 3.600 pour le seul mois d’août- a obligé le nouveau gouvernement de transférer 1.300 personnes vulnérables vers le continent et notamment vers la commune Nouvelle Kavalla à Kilkis, au nord-ouest du pays. Il s’agit juste d’un tiers de réfugiés reconnus comme vulnérables qui restent bloqués dans l’île, malgré la levée de leur confinement géographique. Jusqu’à ce jour le gouvernement Mitsotakis avait bloqué tout transfert vers le continent, même au moment où la population de Moria avait dépassé les 10.000 dont 4.000 étaient obligés de vivre en dehors du camp, dans des abris de fortune sur les champs d’alentours. Le service médical à Moria y est désormais quasi-inexistant, dans la mesure où des 40 médecins qui y travaillaient, il ne reste actuellement que deux qui ne peuvent s’occuper que des urgences – et encore-, tandis qu’il n’y a plus aucune ambulance disponible sur place. Ceci a comme résultant que les personnes qui arrivent ne passent plus de contrôle médical avec tous les risques sanitaires que cela puisse créer dans un camp si surpeuplé.

      Le nouveau président de la Région de l’Egée du Nord, M. Costas Moutzouris, de droite sans affiliation, avait déclaré que toutes les régions de la Grèce doivent partager le ‘fardeau’, car « les îles ne doivent pas subir une déformation, une altération raciale, religieuse, et ethnique ».

      Source (en grec) Efimerida tôn Syntaktôn (https://www.efsyn.gr/ellada/dikaiomata/209204_sti-moria-kai-sti-sykamnia-i-lesbos-anastenazei)

      C’est sans doute l’arrivée de 13 bateaux avec 550 personnes à Sykamia (Lesbos) samedi dernier, qui a obligé le gouvernement de céder et d’organiser un convoi vers le continent. Mais l’endroit choisi pour l’installation de personnes transférées est un campement déjà surchargé – pour une capacité d’accueil de 700 personnes, 924 y sont installés dans de containers et 450 dans des tentes. Avec l’arrivée de 1.300 de plus ni le réseau d’eau potable, ni les deux générateurs électriques ne sauraient tenir. La situation risque de devenir totalement chaotique, d’autant plus que le centre d’accueil en question est géré sans aucune structure administrative par une ONG, le Conseil danois pour les Réfugiés. En même temps, l’endroit est exposé aux vents et les tentes qui y sont montés pour les nouveaux arrivants risquent de s’envoler à la première rafale. D’après le quotidien grec Efimerida tôn Syntktôn (https://www.efsyn.gr/ellada/dikaiomata/209222_giati-i-boreia-ellada-kathistatai-afiloxeni-sto-neo-kyma-prosfygon) toutes les structures du Nord de la Grèce ont déjà dépassé la limite de leurs capacités d’accueil.

    • Greece to increase border patrols and deportations to curb migrant influx

      Greece is to step up border patrols, move asylum-seekers from its islands to the mainland and speed up deportations in an effort to deal with a resurgence in migrant flows from neighboring Turkey.

      The government’s Council for Foreign Affairs and Defence convened on Saturday for an emergency session after the arrival on Thursday of more than a dozen migrant boats carrying around 600 people, the first simultaneous arrival of its kind in three years.

      The increase in arrivals has piled additional pressure on Greece’s overcrowded island camps, all of which are operating at least twice their capacity.

      Arrivals - mostly of Afghan families - have picked up over the summer, and August saw the highest number of monthly landings in three years.

      Greece’s Moria camp on the island of Lesbos - a sprawling facility where conditions have been described by aid organizations as inhumane - is also holding the largest number of people since the deal was agreed.

      On Saturday, the government said it would move asylum-seekers to mainland facilities, increase border surveillance together with the European Union’s border patrol agency Frontex and NATO, and boost police patrols across Greece to identify rejected asylum seekers who have remained in the country.

      It also plans to cut back a lengthy asylum process, which can take several months to conclude, by abolishing the second stage of appeals when an application is rejected, and deporting the applicant either to Turkey or to their country of origin.

      “The asylum process in our country was the longest, the most time consuming and, in the end, the most ineffective in Europe,” Greece’s deputy citizen protection minister responsible for migration policy, Giorgos Koumoutsakos, told state television.

      Responding to criticism from the opposition that the move was unfair and unlawful, Koumoutsakos said:

      “Asylum must move quickly so that those who are entitled to international protection are vindicated ... and for us to know who should not stay in Greece.”

      The government was “determined to push ahead with a robust returns policy because that is what the law and the country’s best interest impose, in accordance with human rights,” he said.

      Greece was the main gateway to northern Europe in 2015 for nearly a million migrants and refugees from war-torn and poverty-stricken countries in the Middle East and Africa.

      A deal between the EU and Turkey in March 2016 reduced the influx to a trickle, but closures of borders across the Balkans resulted in tens of thousands of people stranded in Greece.

      Humanitarian organizations have criticized Greece for not doing enough to improve living conditions at its camps, which they have described as “shameful”.

      https://www.reuters.com/article/us-europe-migrants-greece/greece-to-increase-border-patrols-and-deportations-to-curb-migrant-influx-i

    • Grèce : les migrants de Lesbos désemparés dans leur nouveau camp

      « Nous avons quitté Moria en espérant quelque chose de mieux et finalement, c’est pire » : Sazan, un Afghan de 20 ans, vient d’être transféré, avec mille compatriotes, de l’île grecque de Lesbos saturée, dans le camp de #Nea_Kavala, dans le nord de la Grèce.

      Après six mois dans « l’enfer » de Moria sur l’île de Lesbos, Sazan se sent désemparé à son arrivée à Nea Kavala, où il constate « la difficulté d’accès à l’eau courante et à l’électricité ».

      A côté de lui, Mohamed Nour, 28 ans, entouré de ses trois enfants, creuse la terre devant sa tente de fortune pour fabriquer une rigole « pour protéger la famille en cas de pluie ».

      Mille réfugiés et migrants sont installés dans 200 tentes, les autres seront transférés « dans d’autres camps dans le nord du pays », a indiqué une source du ministère de la Protection du citoyen, sans plus de détails.

      L’arrivée massive de centaines de migrants et réfugiés la semaine dernière à Lesbos, principale porte d’entrée migratoire en Europe, a pris de court les autorités grecques, qui ont décidé leur transfert sur des camps du continent.

      Car le camp de Moria, le principal de Lesbos, l’un des plus importants et insalubres d’Europe, a dépassé de quatre fois sa capacité ces derniers mois.

      En juillet seulement, plus de 5.520 personnes ont débarqué à Lesbos - un record depuis le début de l’année - auxquelles se sont ajoutés 3.250 migrants au cours de quinze premiers jours d’août, selon l’Organisation internationale pour les migrations (OIM).

      – Tensions à Moria -

      Quelque 300 mineurs non accompagnés ont protesté mercredi contre leurs conditions de vie dans le camp de Moria et demandé leur transfert immédiat à Athènes. De jeunes réfugiés ont mis le feu à des poubelles et la police a dispersé la foule avec des gaz lacrymogènes, a rapporté l’agence de presse grecque ANA.

      « Nous pensions que Moria était la pire chose qui pourrait nous arriver », explique Mohamed, qui s’efforce d’installer sa famille sous une tente de Nea Kavala.

      « On nous a dit que notre séjour serait temporaire mais nous y sommes déjà depuis deux jours et les conditions ne sont pas bonnes, j’espère partir d’ici très vite », assène-t-il.

      Des équipes du camp œuvrent depuis lundi à installer des tentes supplémentaires, mais les toilettes et les infrastructures d’hygiène ne suffisent pas.

      Le ministère a promis qu’avant la fin du mois, les migrants seraient transférés dans d’autres camps.

      Mais Tamim, 15 ans, séjourne à Nea Kavala depuis trois mois : « On nous a dit la même chose (que nous serions transférés) quand nous sommes arrivés (...). A Moria, c’était mieux, au moins on avait des cours d’anglais, ici on ne fait rien », confie-t-il à l’AFP.

      Pour Angelos, 35 ans, employé du camp, « il faut plus de médecins et des infrastructures pour répondre aux besoins de centaines d’enfants ».

      – « Garder espoir » -

      Plus de 70.000 migrants et réfugiés sont actuellement bloqués en Grèce depuis la fermeture des frontières en Europe après la déclaration UE-Turquie de mars 2016 destinée à freiner la route migratoire vers les îles grecques.

      Le Premier ministre de droite Kyriakos Mitsotakis, élu début juillet, a supprimé le ministère de la Politique migratoire, créé lors de la crise migratoire de 2015, et ce dossier est désormais confié au ministère de la Protection du citoyen.

      Face à la recrudescence des arrivées en Grèce via les frontières terrestre et maritime gréco-turques depuis janvier 2019, le gouvernement a annoncé samedi un train de mesures allant du renforcement du contrôle des frontières et des sans-papiers à la suppression du droit d’appel pour les demandes d’asile rejetées en première instance.

      Des ONG de défense des réfugiés ont critiqué ces mesures, dénonçant « le durcissement » de la politique migratoire.

      La majorité des migrants arrivés en Grèce espère, comme destination « finale », un pays d’Europe centrale ou occidentale.

      « Je suis avec ma famille ici, nous souhaitons aller vivre en Autriche », confirme Korban, 19 ans, arrivé mardi à Nea Kavala.

      « A Moria, les rixes et la bousculade étaient quotidiennes, c’était l’enfer. La seule chose qui nous reste maintenant, c’est d’être patients et de garder espoir », confie-t-il.

      https://www.la-croix.com/Monde/Migrants-transferes-Grece-Ici-pire-Lesbos-2019-09-04-1301045157

  • Crise des réfugiés : dans certains villages du nord de la Grèce, plus de migrants que d’habitants

    Courrier des Balkans | jeudi 24 mars 2016

    La route des Balkans reste fermée, mais les candidats à l’asile continuent d’affluer. Les réfugiés en route vers l’Europe sont toujours bloqués en Grèce, et dans les communes du nord du pays, les habitants et les autorités locales craignent de se retrouver vite complètement débordés.

    Par Elisa Perrigueur

    Avant, à #Idomeni, il n’y avait pas grand monde. Les maisons étaient souvent vides, leurs volets fermés. Seuls quelques chiens erraient, sur les routes de ce village du nord de la Grèce. Depuis plusieurs mois, la vie a repris. Des Syriens, Afghans, Pakistanais, Irakiens, déambulent entre les maisons pour tuer le temps. Assises sur des pierres, des femmes voilées pianotent sur leurs portables. Sur une place abandonnée aux herbes folles, les enfants jouent.

    Le plus grand #bidonville de Grèce

    Idomeni abrite aujourd’hui le plus grand bidonville du pays. À côté de la vieille voie de chemin de fer qui relie la Grèce à la Macédoine, des milliers de tentes bleues et vertes s’étendent à perte de vue. Quelque 13 000 migrants et réfugiés attendent, dans ce camp entouré de champs, dans l’espoir de pouvoir franchir la frontière macédonienne. Jamais, au cours des dernières décennies, Idomeni n’avait vu autant de gens sur ses terres.

    Comme la plupart des habitants de la région, Panos connaît tous les « spots » où sont désormais rassemblés les réfugiés et migrants. Sur une carte Google Maps, le jeune homme originaire de la ville de Kilkis, désigne les différents lieux. En plus du tristement célèbre camp d’Idomeni, explique t-il, « on y voit celui de Chevso, où il y a environ 3 500 personnes, celui de Nea Kavala, où il y a à peu près le même nombre. Puis aussi d’autres ’mini-camps’ improvisés, autour des stations essence. ».

    Dans le nord, ces camps sont désormais plus peuplés que les villages eux-mêmes. 20 000 candidats à l’asile s’y massent toujours, même après l’accord signé entre l’Union-Européenne et la Turquie. « Ici, on comprend plus qu’ailleurs la détresse de ces gens. La majorité des habitants de la région sont eux-mêmes des réfugiés, venus après la « Grande catastrophe » de 1922, explique Panos, lui-même descendant de Grecs venus de Kars, en Turquie. « Quand nous voyons ces gens, nous revoyons nos ancêtres ».

    Les habitants s’impatientent

    Mais, Panos tempère toutefois, « le problème, c’est que la situation s’éternise, alors que ces personnes n’ont pas du tout envie de rester ici, elles veulent aller en Allemagne, en Suède ». Le nord du pays est l’une des régions les plus touchées par le chômage. « Quel intérêt ont-ils à demander l’asile en Grèce ? », s’interroge Panos. Le jeune homme est ingénieur, et lui même au chômage depuis de longs mois. « Moi aussi, j’hésite à aller en Allemagne pour trouver du travail », sourit-il tristement.

    Veste de cuir sur le dos, regard sombre et teint hâlé, Christos Goudenoudis, le maire du canton de Baionia (dans lequel se trouve le village d’Idomeni), n’est pas convaincu par l’accord signé entre l’UE et la Turquie la semaine dernière. « Selon l’accord, les gens du camp d’Idomeni seront transférés petit à petit dans des centres, où l’on examinera leur situation au cas par cas pour distinguer les migrants économiques de ceux éligibles au droit d’asile ». Il esquisse un bref sourire ironique. « Je demande à voir ». Pour lui, l’urgence, c’est d’évacuer l’immense camp d’Idomeni, qui ne devrait pas abriter plus de 2 000 personnes, estime t-il. Il a des solutions à proposer : « Si l’on changeait les points de distribution de nourriture par exemple, cela forcerait les gens à partir ».

    “« Aujourd’hui, les migrants bloqués ont encore de l’argent, mais que se passera t-il quand ils n’en auront plus ? Comment réagiront-ils ? »”

    Christos Goudenoudis assure que les habitants de son canton font preuve de patience, mais que « la peur commence à monter ». Il mentionne des « vols dans les maisons, des rixes dans le camp, des distributions de nourriture qui virent au chaos. « Aujourd’hui, les migrants bloqués ont encore de l’argent, mais que se passera t-il quand ils n’en auront plus ? Comment réagiront-ils ? ». Son ton se fait aussi amer lorsqu’il évoque le voisin macédonien, qui « a érigé un mur de barbelés à sa frontière en moins de six heures ».

    Les administrations locales débordées

    Lena Anastasiadou est adjointe au maire de #Kilkis, canton qui comprend la commune de #Nea_Kavala, où se trouve un autre camp de 3 500 personnes. Elle aussi exprime ses craintes. « Nous sommes débordés. On nous avait dit qu’il y aurait 2 000 personnes, elles sont 3 500. Ce n’est pas une question de bord politique, nous ne pouvons simplement pas les accueillir dans ces conditions ». Pour elle, « il faut que ces gens comprennent véritablement qu’ils n’auront aucun espoir de passer ».

    “« C’est à l’Europe de prendre ces gens en charge. »”

    Elle aussi réfléchit à des solutions. « Il faudrait créer des petites structures de 400 à 500 places dans toute la Grèce, et pas seulement dans le nord », suggère t-elle. Lena Anastasiadou estime que la situation ici n’est « pas juste ». « Je suis en charge des habitants, je dois faire en sorte que tout se passe bien dans ma commune. J’ai beaucoup de peine pour ces réfugiés, mais ma priorité, c’est les villages ». Selon elle, « c’est à l’Europe de prendre ces gens en charge ».

    Le jour de la signature de l’accord entre l’UE et la Turquie, avant qu’il ne soit dévoilé, nombreux réfugiés s’étaient dirigés vers les camps à la frontière. Une rumeur courait ; la frontière macédonienne serait ouvert à l’issu de la réunion de Bruxelles. Bien sûr, il n’en fut rien.

    http://www.courrierdesbalkans.fr/articles/grece-apres-l-accord-les-habitants-du-nord-sceptiques.html
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