• Ukrainian military officer coordinated Nord Stream pipeline attack
    https://www.washingtonpost.com/national-security/2023/11/11/nordstream-bombing-ukraine-chervinsky

    Roman Chervinsky, a decorated 48-year-old colonel who served in #Ukraine’s Special Operations Forces, was the “coordinator” of the #Nord_Stream operation, people familiar with his role said, managing logistics and support for a six-person team that rented a sailboat under false identities and used deep-sea diving equipment to place explosive charges on the gas pipelines. On Sept. 26, 2022, three explosions caused massive leaks on the Nord Stream 1 and 2 pipelines, which run from Russia to Germany under the Baltic Sea. The attack left only one of the four gas links in the network intact as winter approached.

    Chervinsky did not act alone and he did not plan the operation, according to the people familiar with his role, which has not been previously reported. The officer took orders from more senior Ukrainian officials, who ultimately reported to Gen. Valery Zaluzhny, Ukraine’s highest-ranking military officer, said people familiar with how the operation was carried out. They spoke on the condition of anonymity to discuss sensitive details about the bombing, which has strained diplomatic relations with Ukraine and drawn objections from U.S. officials.

    [...]

    Chervinsky is being held in a Kyiv jail on charges that he abused his power stemming from a plot to lure a Russian pilot to defect to Ukraine in July 2022. Authorities allege that Chervinsky, who was arrested in April, acted without permission and that the operation gave away the coordinates of a Ukrainian airfield, prompting a Russian rocket attack that killed a soldier and injured 17 others.

    Hanushchak, who is no longer serving in the Special Operations Forces, has said publicly that the operation was approved by the Armed Forces, and declined to comment for this article.

    Chervinsky has said he was not responsible for the Russian attack and that in trying to persuade the pilot to fly to Ukraine and hand over his aircraft, he was acting on orders. He calls his arrest and prosecution political retribution for his criticism of Ukrainian President Volodymyr Zelensky and his administration. Chervinsky has said publicly that he suspects Andriy Yermak, one of Zelensky’s closest advisers, of spying for Russia. He has also accused the Zelensky administration of failing to sufficiently prepare the country for Russia’s invasion.

    [...]

    Chervinsky’s participation in the Nord Stream bombing contradicts Zelensky’s public denials that his country was involved. “I am president and I give orders accordingly,” Zelensky said in press interview in June, responding to a report by The Post that the U.S. Central Intelligence Agency had learned of Ukraine’s plans before the attack.

    “Nothing of the sort has been done by Ukraine. I would never act that way,” Zelensky said.

    But the Nord Stream operation was designed to keep Zelensky out of the loop, people familiar with the operation said.

    “All of those involved in planning and execution reported directly to [chief of defense] Zaluzhnyy, so Zelensky wouldn’t have known about it,” according to intelligence reporting obtained by the CIA that was allegedly shared by Jack Teixeira, a member of the Massachusetts Air National Guard, on the Discord chat platform. Officials in multiple countries have said privately they were confident that Zelensky didn’t personally approve the Nord Stream attack.

    https://archive.ph/sgzm8

  • RDC : 6,9 millions de déplacés internes, du jamais-vu selon l’OIM
    https://www.lemonde.fr/afrique/article/2023/10/30/rdc-6-9-millions-de-deplaces-internes-du-jamais-vu-selon-l-oim_6197351_3212.

    RDC : 6,9 millions de déplacés internes, du jamais-vu selon l’OIM
    « Avec le conflit en cours et l’escalade de la violence, la RDC est confrontée à l’une des plus grandes crises de déplacement interne et humanitaire du monde », a alerté l’Organisation internationale pour les migrations (OIM).

    Le regain de violences dans l’est de la République démocratique du Congo (RDC) suscite l’inquiétude. Lundi 30 octobre, l’Organisation internationale pour les migrations (OIM) a annoncé dans un communiqué que 6,9 millions de personnes étaient actuellement déplacées à l’intérieur du pays – le chiffre le plus élevé jamais enregistré. L’agence ajoute qu’une grande majorité de ces personnes ont besoin d’aide humanitaire. Les combats se sont intensifiés depuis le début d’octobre au nord de Goma, la capitale provinciale du Nord-Kivu, entre la rébellion du Mouvement du 23 mars (M23) d’une part, les forces armées de la RDC (FARDC) et des groupes armés dits « patriotes » d’autre part. « L’OIM intensifie ses efforts pour répondre à la crise complexe et persistante en RDC, a annoncé l’organisation. Avec le conflit en cours et l’escalade de la violence, la RDC est confrontée à l’une des plus grandes crises de déplacement interne et humanitaire du monde. »
    A la fin de 2021, la résurgence du M23, rébellion soutenue par le Rwanda voisin selon de nombreuses sources, a provoqué dans le Nord-Kivu le déplacement de centaines de milliers de personnes et aggravé une crise humanitaire quasi permanente dans l’est de la RDC depuis près de trente ans. A la fin d’octobre, environ 5,6 millions des déplacés de RDC étaient établis dans les provinces orientales du Nord-Kivu, Sud-Kivu, d’Ituri et du Tanganyika, selon l’OIM, qui précise que les violences constituent la principale raison de ces déplacements. Pour le seul Nord-Kivu, près de 1 million d’habitants ont fui leur foyer en raison des combats impliquant le M23. « La dernière escalade du conflit a chassé de chez eux plus de gens dans un laps de temps très court rarement observé par le passé. Il nous faut délivrer de l’aide de toute urgence à ceux qui en ont le plus besoin », a alerté Fabien Sambussy, chef de mission de l’OIM en RDC.

    #Covid-19#migrant#migration#rpubliquedemocratiquecongo#oim#nordkivu#conflit#crise#sante#humanitaire#deplaceinterne

  • Il mondo al contrario (reboot). Note sulla politica dell’immaginario cartografico e sul libro di Vannacci

    La cartografia rovesciata è stata spesso utilizzata da artiste e artisti per proporre messaggi politici, forme di attivismo e di pensiero creativo, per contribuire a destabilizzare le nostre convinzioni e il nostro subconscio politico

    Il libro di Roberto Vannacci cui si fa riferimento nel titolo è una raccolta di idee, posizioni, commenti e aneddoti che tratteggiano i molteplici modi attraverso i quali – si sostiene – la società sta sovvertendo i presupposti logici comuni. Le idee dell’autore, chiaramente collocabili nell’area politica dell’estrema destra, si sviluppano attraverso dodici capitoli tematici in cui si parla di argomenti assai disparati, dalla sostenibilità all’idea di patria, dalla diversità sessuale all’autodifesa, dalle tasse all’animalismo. Si è già scritto molto al riguardo: ogni singolo capitolo potrebbe essere oggetto di una decostruzione critica e rappresenta l’antitesi (o il contrario, per rimandare ancora una volta al titolo) delle posizioni oggi dominanti nelle scienze sociali: la lotta all’essenzialismo, all’antropocentrismo, al patriarcato, al pensiero binario e a quello coloniale, per citare alcuni temi cari alla geografia umana. I legami fra questo libro e la disciplina che pratico nelle aule universitarie – la geografia– sono peraltro numerosi, a partire dalla considerazione di come l’autore, al momento della pubblicazione del libro, fosse alla guida dell’Istituto Geografico Militare. In più, il libro affronta una gran quantità di tematiche squisitamente geografiche, come il rapporto fra uomo (sic) e natura (spesso indicata con sinonimi e varianti come Natura, Madre Natura e addirittura Creato, in un momento in cui il dibattito scientifico preferisce spesso l’uso della stessa parola nature, al plurale). C’è poi un capitolo esplicitamente dedicato alla crisi della città, in cui l’attenzione si concentra sul tema della mobilità e sull’importanza delle automobili, ma in cui si toccano anche questioni sociali come la gentrification, senza usare esplicitamente il termine. L’autore evidenzia infatti come il sistema di divieti, proibizioni e provvedimenti illiberali (che per esempio limitano l’utilizzo dell’automobile) voluto da vari movimenti politici e da amministrazioni locali produca città sempre più esclusive destinate a “single privilegiati”, ma invivibili “per famiglie con prole”.

    Un aspetto geografico del libro su cui vorrei soffermare l’attenzione è però l’utilizzo, fin dal titolo, di una metafora geografica: quella del mondo rovesciato, al contrario. Non si tratta certo del primo caso di metafora planetaria, e anzi esiste una nutrita schiera di prestigiosi lavori in questo senso: è possibile citare il mondo liquido e quello fluido, o l’idea assai criticata del mondo piatto, caratterizzato dalla riduzione delle distanze e dei confini nei fenomeni economici. Il mondo al contrario, ci spiega l’autore, è quello in cui sono rovesciati i principi del senso comune, della logica, della razionalità. Una delle parole maggiormente ricorrenti nel testo è “normalità”, intesa come il solido terreno comune che fornisce le coordinate per orientarsi in un mondo sempre più complesso e frastagliato, proprio come il mondo liquido discusso anni fa dal sociologo e filosofo Zygmunt Bauman. I colpevoli di questo ribaltamento sarebbero “esigue e sparute minoranze”, comprese quelle intellettuali, che il mondo “lo preferiscono a testa in giù”. Il concetto di normalità assunto nel testo è assai problematico, perché inevitabilmente legato a una concezione quantitativa: è “normale” ciò che riguarda una maggioranza di persone (all’interno di una determinata area, qui assunta come l’Italia, perché chiaramente ciò che è statisticamente normale qui non lo sarà altrove) e una sufficiente quantità di tempo (secoli? Millenni? Davvero la tradizione è una virtù che legittima pratiche e posizioni politiche?). Vorrei però concentrare l’attenzione sulla metafora stessa, e cioè sull’immagine fisica del mondo al contrario. Su alcuni siti e testate è stata presentata l’immagine di una cartografia capovolta rispetto a quella tradizionale, con l’Africa in alto e con l’Europa nella parte inferiore, come nell’immagine qui riprodotta, estratta dal sito democraticgeography.

    Simili mappe, disponibili in molte varianti, sono spesso chiamate South-up, o upside-down, cioè letteralmente “al contrario”. Si tratta di mappe curiose, ma per nulla strampalate o prive di senso. La Terra è un oggetto in movimento nello spazio, e non esiste un sistema di coordinate assoluto, se non quello creato dalle nostre convenzioni. La tradizione di porre l’Europa al centro della mappa e il Nord in posizione superiore è puramente convenzionale, non è sempre stato così, e in molte parti del mondo si utilizzano (o si utilizzavano) sistemi assai differenti, per esempio posizionando la Cina al centro. Anche senza andare distanti dall’Europa, la tradizione cristiana usava sancire la sacralità della rappresentazione del mondo unendo simbolismi religiosi, come nelle mappe dette T-O, in cui la disposizione dei continenti allora conosciuti richiamava la forma della croce cristiana, con l’Asia (più estesa) posta nella parte superiore della figura. Lo schema cartografico riproduceva il mito dell’assegnazione dei continenti ai tre figli Noe: Sem, Cam e Jafet, ognuno dei quali capostipite delle popolazioni di un’area geografica. L’esempio qui sotto, estratto da un libro medievale, è uno dei molti possibili.

    La cartografia rovesciata è stata spesso utilizzata da artiste e artisti per proporre messaggi politici, forme di attivismo e di pensiero creativo, per contribuire a destabilizzare le nostre convinzioni e il nostro subconscio politico. È stata spesso utilizzata dai movimenti anticolonialisti. Come sottolineato da un’ampia letteratura della psicologia ambientale, siamo infatti abituati ad attribuire una posizione di superiorità a ciò che sta in alto, come ben rappresentata nelle consuetudini del nostro linguaggio (“mi sento giù”). Sovvertire il sistema di coordinate è una strategia, come molte altre, per mettere in discussione saggezze consolidate, cercare nuovi punti di riferimento, sperimentare altri modi di essere e di posizionarsi al mondo, creare nuovi discorsi. Cosa si prova a guardare l’immagine dello stivale al contrario? Vedere Roma in quella posizione, sopra Milano? Siamo davvero sicuri che si tratti solo di un gioco inutile? Forse c’è qualcosa di estremamente vitale, critico e creativo nell’immagine del mondo al contrario.

    https://www.huffingtonpost.it/blog/2023/08/24/news/il_mondo_al_contrario_reboot_note_sulla_politica_dellimmaginario_cart

    Il y a même une entrée wiki:
    https://fr.wikipedia.org/wiki/Carte_invers%C3%A9e

    #cartographie #upside_down #Nord #Sud #carte_inversée #cartographie_inversée #Alberto_Vanolo

  • 40 compagnons sans-papiers d’Emmaüs Grande-Synthe (Dunkerque) entrent en grève pour dénoncer leurs conditions de travail Sylvia Bouhadra - France3-régions

    40 compagnons sans-papiers de la communauté Emmaüs de Grande-Synthe dans le Nord sont entrés en grève illimitée mardi 22 août pour dénoncer des conditions de travail qu’ils jugent indignes. Ils rejoignent ainsi le mouvement initié depuis 53 jours par les compagnons sans-papiers de Saint-André-lez-Lille.

    Mardi 22 août, 40 compagnons sans-papiers de la communauté Emmaüs de Grande-Synthe dans le Nord sont entrés en grève indique l’Union départementale de la CGT Nord sur les réseaux sociaux. Une information confirmée par la secrétaire générale de l’Union locale du syndicat à Dunkerque, Christelle Veignie, indiquant qu’un rassemblement est prévu mercredi 23 août à 10 h devant le site.

    Depuis 53 jours, une vingtaine de compagnons sans-papiers du Emmaüs de Saint-André-les-Lille manifestent contre leurs conditions de travail qu’ils jugent indignes. • © FTV

    Comme la vingtaine de sans-papiers d’Emmaüs à Saint-André-lez-Lille en grève depuis 53 jours, les compagnons de Grande-Synthe dénoncent des conditions de travail désastreuses et indignes au sein de leur communauté Emmaüs.

    40 h par semaine pour 150 €
    Depuis début juillet, des compagnons de la communauté Emmaüs de la Halte Saint-Jean à Saint-André-lez-Lille (Nord) sont en grève illimitée. Ces étrangers en situation irrégulière ont rejoint la communauté en espérant être régularisés après trois ans de travail. Mais les conditions de travail sont considérées comme difficilement soutenables. « L’esclavage est un gros mot que l’on ne doit pas prononcer, mais malheureusement dans nos situations, on est vraiment des esclaves » , dénonçait en juillet dernier auprès de France 3 Nord Pas-de-Calais Happy Patrick, une sans-papiers ayant rejoint la communauté il y a 5 ans. « Ici, on fait 40 h par semaine. Quel individu dans ce pays accepte 150 € par mois pour ça ? » , fustige Ibrahima Yattara, compagnon lui aussi depuis 5 ans.

    Ibrahima Yattara, réfugié guinéen • ©France Télévisions

    Par ailleurs ils disent subir des humiliations et du racisme de la part de la direction, sans jamais voir leur demande de régularisation aboutir : « Nous avons été rabaissés ici, nous avons toujours été sujet à des propos racistes lorsqu’on n’était pas d’accord, on était toujours rappelé à notre couleur, à nos origines », témoigne Alix Kombila, compagnon depuis 2 ans.

    Des affirmations sans fondement pour la direction qui affirme que les compagnons connaissent les règles.  "Certes, plusieurs personnes hébergées sont persuadées, malgré nos récurrentes explications, qu’après trois ans, ils seront automatiquement régularisés, mais cela n’a jamais été promis tant les circuits de régularisation sont compliqués et du fait que tout est de toute façon du ressort unique du préfet" , soutenait Pierre Duponchel, président d’Emmaüs Saint-André dans un communiqué de juillet dernier.

    Une enquête en cours
    Dans un communiqué du 13 juillet, Emmaüs France indiquait lancer « un audit externe dans les plus brefs délais », ajoutant que « les faits évoqués, dont nous n’avions pas connaissance, sont particulièrement graves et choquants, s’ils sont avérés » . Emmaüs France a par ailleurs demandé aux responsables locaux d’Emmaüs la mise « en retrait » de la directrice de la communauté de Saint-André, Anne Saingier, également présidente Emmaüs Nord Pas-de-Calais/Picardie, pour « garantir la protection des personnes accueillies ainsi que celle de cette dernière, actuellement au centre de tensions grandissantes ».

    Une enquête pour « traite d’êtres humains » et « travail dissimulé » contre l’antenne de Saint-André est actuellement en cours.

    #esclavage #social #exploitation #emmaus économie manifestation #réfugiés #Nord #Haut-de-France #travail #martin_hirsch #privatisation

    Source : https://france3-regions.francetvinfo.fr/hauts-de-france/nord-0/40-compagnons-sans-papiers-d-emmaus-grande-synthe-entre

  • U.S. had intelligence of detailed Ukrainian plan to attack Nord Stream pipeline
    https://www.washingtonpost.com/national-security/2023/06/06/nord-stream-pipeline-explosion-ukraine-russia

    Three months before saboteurs bombed the #Nord_Stream natural gas pipeline, the Biden administration learned from a close ally that the Ukrainian military had planned a covert attack on the undersea network, using a small team of divers who reported directly to the commander in chief of the Ukrainian armed forces.

    Details about the plan, which have not been previously reported, were collected by a European intelligence service and shared with the CIA in June 2022. They provide some of the most specific evidence to date linking the government of #Ukraine to the eventual attack in the Baltic Sea, which U.S. and Western officials have called a brazen and dangerous act of sabotage on Europe’s energy infrastructure.

  • Cambriolage à la voiture-bélier de l’enseigne Vuitton dans le Vieux-Lille Emmanuel Pall - france3-regions

    La boutique Louis Vuitton du Vieux Lille avait déjà été cambriolée il y a quatre mois.

    Malgré les plots anti-stationnement, une voiture bélier a défoncé la porte d’entrée avant que le cambriolage ne s’effectue dans la nuit du 16 au 17 mai. On ne connaît pas encore le montant du préjudice.

    Selon les premiers éléments de l’enquête, la voiture bélier aurait tout simplement contourné, les plots de sécurité empêchant le stationnement des voitures. Plusieurs étagères de l’enseigne ont été vidées. On ne connaît pas le montant du préjudice pour le moment. 

    Par ailleurs, on ne sait si la façade de l’ancien restaurant art-déco l’Huitrière, classée Monuments Historiques, a été endommagée. Louis Vuitton, repreneur du lieu après la fermeture en 2015, avait accordé un soin particulier à sa rénovation. Apparemment, seule la porte de l’ancien restaurant a été cassée par le choc avec la voiture. 

    Au moins deux précédents...
    En janvier 2023, une attaque à la voiture bélier avait déjà été perpétrée le 20 du mois dans la magasin de luxe de la rue des Chats-Bossus dans le Vieux-Lille. https://france3-regions.francetvinfo.fr/hauts-de-france/nord-0/lille/la-boutique-louis-vuitton-de-lille-forcee-a-la-voiture-

    #Vuitton #Louis_Vuitton #Lille #Nord #Hauts-de-France

    Source : https://france3-regions.francetvinfo.fr/hauts-de-france/nord-0/lille/cambriolage-a-la-voiture-belier-de-l-enseigne-vuitton-d

  • Nord Stream Explosion, Media Silence (Editorial, The Spark, Feb 26, 2023)
    https://the-spark.net/bl1677434914.html

    On February 8, Seymour Hersh, an American journalist, posted a report claiming that covert forces sent by the U.S. military had blown up the Nord Stream pipeline last September. And—Hersh wrote—U.S. President Biden had ordered it.

    #Nord_Stream was the only direct pipeline bringing Russia’s plentiful natural gas supplies to Germany. Jointly owned by a Russian company and four West European companies, its destruction helped to drive up the international price of petroleum products.

    On February 21, Jeffrey Sachs, a Columbia University economist, testified at the U.N. that only a “handful of state-level actors"—among them the U.S., Britain and Russia—had the means and access required to secretly lay explosive charges 260 feet below the surface. Sachs credited Hersh’s report as the only one “to date” that explains in detail how Nord Stream could have been blown up. And, he said, the White House, while denouncing Hersh’s account, offered no information contradicting it. He called on the U.N. to establish an independent investigation.

    In another situation, such a claim would have drawn the big media’s immediate attention.

    Hersh is an award-winning journalist known for his exposures of other covert operations. Sachs has, for decades, been an adviser to the U.N. on international issues, including on infrastructure.

    So the media’s silence on the issue was particularly notable. None of the usual competition between various media, each trying to put its own spin on a sensational story. Just dead silence.

    That’s the big story here. Not Hersh’s article. Not Sachs’ demand for a U.N. investigation. No, the big story is that the media treat it as if there were no story—much like everyone in a room pretending not to notice that someone among them has just produced a loud and evil-smelling fart.

    Whatever the final story—whether the U.S. organized the attack or whether Hersh is off on a wild-goose chase—the destruction of Nord Stream is part of the war in Ukraine. And the U.S. is directly involved in that war. Through its weapons and money, it is calling the shots in that war.

    In the midst of any war, the media have a role to play—preparing the population to accept the deprivations and destruction that war brings. The media spin tales about “democracy” and “freedom,” and they ignore facts that show the real interest of a country’s own ruling class.

    World War I was a “fight for democracy.” Supposedly. World War II was a “fight to stop fascism.” Supposedly. The war in Vietnam was to “stop the spread of communism.” Supposedly. The war on Iraq was aimed at rooting out Iraq’s “weapons of mass destruction.” Supposedly.

    No, those were only slogans, propaganda pushed by the media, justifying wars to the population. The U.S. military went into all those wars to further the economic and geo-political interests of the U.S. capitalist class. Those wars were the means through which U.S. capitalism imposed itself as the dominant economic power in the world, to the detriment of laboring people around the world, including here.

    The media, of course, have always taken the side of the capitalist class that runs this country. The media themselves are part of the capitalist system. They, too, work to make a profit from their product, which in their case is the news, or rather, their version of it. The Washington Post, one of the big papers “of record,” is owned by Jeff Bezos, who also owns Amazon. No surprise there!

    But in wartime, and in preparation for the next war, the role of the media is particularly dangerous for working people. The stories the media tell today, just like the ones they ignore, are part of the preparation to get us in the mind to accept war—against our own interests, at the expense of our lives here and on the battlefield.

    Whether the next war comes as an overt extension of the war in Ukraine or by some other means, it will be to our detriment. The people who lead it, the capitalists in our own country, their state, and their media will be our main enemy.

  • Mars-avril 1963 : les mineurs en grève résistent à la réquisition
    https://journal.lutte-ouvriere.org/2023/03/01/mars-avril-1963-les-mineurs-en-greve-resistent-la-requisitio #archiveLO

    Pendant plus d’un mois, du 1er mars au 5 avril 1963, les #mineurs en #grève affrontèrent le pouvoir de #De Gaulle, ignorant notamment son ordre de réquisition. Alors que syndicats et partis de gauche le présentaient comme un pouvoir fort face auquel on ne pouvait rien faire, le mouvement des mineurs démontra qu’il ne l’était que tant que personne ne se dressait contre lui.

    Au début de l’année 1963, les #bassins_houillers avaient été touchés par des grèves. Les mineurs réclamaient des augmentations de salaire, mais étaient également inquiets de la politique des Houillères, alors nationalisées. Le #gouvernement_Pompidou commençait à fermer des puits. Mais, pour la #CGT, il n’était pas question d’affronter de front ce gouvernement. Elle préconisait la « grève des bras croisés », consistant à travailler au ralenti.

    Lorsque des négociations salariales s’ouvrirent le 15 février 1963, la CGT revendiquait 11 % d’#augmentation, justifiant ce chiffre par le retard des #salaires dans les #mines sur ceux du secteur privé. Cette manière de poser le problème excluait d’emblée la possibilité que la revendication puisse être reprise par l’ensemble de la classe ouvrière. Les Houillères et le gouvernement ne voulant céder que 5,77 % d’augmentation, la CGT se contenta d’appeler à une journée de grève le 1er mars, suivie de grèves du rendement. C’est alors que le gouvernement annonça qu’il réquisitionnerait les mineurs.

    La grève du 1er mars fut un succès qui dépassa largement les attentes de la CGT. Presque totale dans les puits du Nord, du Pas-de-Calais et de Lorraine, des mineurs de fond aux ingénieurs, elle fut aussi suivie dans les mines de fer, de #potasse, de #bauxite et d’#uranium. De Gaulle signa alors un décret de réquisition qui précisait : « Les agents intéressés devront se mettre sans délai à la disposition des établissements désignés pour assurer le service qui leur sera demandé. » Ce décret, pris en application d’une loi de juillet 1938 concernant « l’organisation générale de la nation en temps de guerre », était une atteinte sans précédent au droit de grève, visant non seulement les mineurs mais l’ensemble de la classe ouvrière. Tout mouvement de protestation pouvait désormais être interdit.

    Face à cette attaque, la CGT se limita à appeler à une #grève_générale de 15 minutes dans tout le pays, qui fut largement suivie. Surtout, les mineurs refusèrent de descendre. La réquisition fut effective le 1er mars pour les cokeries et le 4 mars pour les mineurs du Nord, du Pas-de-Calais et de Lorraine. La CGT appela à faire la « #grève_des_bras_croisés » dans les cokeries. Mais, dès le 2 mars, la grève fut totale dans le #Nord et le #Pas-de-Calais. Elle fut suivie à 95 % en Lorraine. Les mines de l’Hérault, de l’Aveyron, des Cévennes se mirent également en grève. Les mineurs traitaient le décret de De Gaulle comme un vulgaire chiffon de papier.

    Le 4 mars, les #CRS arrivèrent autour des puits de mine. Un correspondant du journal L’Humanité décrit ainsi ce qui se passa à Forbach comme dans tous les bassins houillers : « Des véhicules chargés de CRS stationnent le long de la route nationale et des gendarmes mobiles patrouillent sur le carreau des mines. » Mais cette tentative d’intimidation policière resta sans effet. Dès lors, les mineurs allaient résister pendant cinq semaines à un gouvernement qui, n’ayant pu les forcer à travailler, cherchait en vain à les affamer. Des cortèges de grévistes applaudis par la population n’allaient cesser de parcourir la région, fanfares ouvrières en tête, en scandant : « Pas de sous, pas de charbon ».

    La résistance acharnée des mineurs face au coup de force de De Gaulle posait clairement le problème de l’extension de la grève, d’autant plus que les mineurs jouissaient d’un large soutien dans le pays et que le mouvement était susceptible d’ouvrir une crise politique. Mais la direction de la CGT, alors fermement tenue par le PCF, se garda bien de s’engager dans cette voie. Tout en organisant des actions de solidarité avec les mineurs en grève, elle n’appela à aucun moment le reste de la classe ouvrière à les rejoindre dans un mouvement d’ensemble contre le pouvoir gaulliste et le patronat.

    Il y eut ainsi des appels à des grèves de solidarité chez les électriciens, les gaziers, à la SNCF ou à la Poste. Il s’agissait de débrayages de quelques heures, parfois d’une journée entière, auxquels les travailleurs répondirent présents. La solidarité financière fut aussi organisée, sur le thème : « Les mineurs comptent sur les milliards de la solidarité ». La CGT appela au versement d’une journée de salaire pour les mineurs. Mais rien de tout cela ne pouvait suffire à faire plier le gouvernement.

    Le 27 mars, de Gaulle annonça que le gouvernement proposait 6,5 % d’augmentation au 1er avril, portés à 7,25 % en juillet et 8 % au 1er octobre. Les journées de grève n’étaient pas payées. La CGT signa l’accord et appela à la reprise, mais une vague de colère s’exprima parmi les grévistes. Ceux-ci huèrent le secrétaire de la fédération CGT du sous-sol et refusèrent l’accord.

    Le premier jour, 50 % des mineurs ne reprirent pas le travail. Certains piquets tentèrent spontanément de faire continuer la grève mais, désormais sans direction et sans perspectives, les mineurs reprirent le travail la rage au ventre. Le 5 avril, la grève était terminée.

    Dans le numéro du 8 avril 1963 de leur journal Voix Ouvrière, nos camarades rapportent ainsi comment les mineurs exprimèrent leur colère : « Quelque 3 000 mineurs ont manifesté à Lens au chant de L’Internationale sous les fenêtres du siège de la CGT, afin de protester contre la trahison de leur lutte par les chefs de la classe ouvrière. D’habitude, au cours des manifestations organisées par le #PCF ou la CGT, s’il arrive que quelques manifestants entonnent l’Internationale, ils se font immédiatement traiter de provocateurs par les dirigeants “communistes” qui, eux, ne connaissent qu’un seul chant, La Marseillaise, un seul drapeau, celui de la bourgeoisie. Seulement, quand les travailleurs entrent sérieusement en lutte, ils retrouvent le vieux chant et le drapeau rouge du #prolétariat. Ils trouvent également face à eux les flics et les CRS tricolores, et leurs propres “dirigeants” qui le sont aussi pour saboter leur lutte. »

    Cette grève avait marqué un retour de la classe ouvrière sur la scène. Elle montrait à toute une génération que #de_Gaulle n’était pas le « pouvoir fort » que décrivaient à l’envi les dirigeants syndicaux. Des travailleurs massivement en lutte peuvent mettre un gouvernement bourgeois en échec, cependant pour vaincre, ils ne doivent pas se fier à la direction syndicale, mais se donner les moyens de diriger eux-mêmes leur mouvement. Cette leçon de #1963 est toujours d’actualité.

    #répression #éphéméride

  • « Que les pays du Nord puissent faire appel à une main-d’œuvre des pays du Sud inépuisable, bon marché et prête à migrer, est aujourd’hui plus que questionnable » Tribune de Jamal Bouoiyour
    https://www.lemonde.fr/idees/article/2023/02/27/que-les-pays-du-nord-puissent-faire-appel-a-une-main-d-uvre-des-pays-du-sud-

    La migration de travail a toujours navigué entre des besoins de qualification de plus en plus pressants du marché du travail et les atermoiements à répétition des responsables politiques. Il est vrai que ces derniers sont soumis à la pression d’une opinion publique généralement peu favorable au recours à la main-d’œuvre étrangère. Mais avec l’accélération du vieillissement de la population, sous le double effet d’une natalité chancelante et d’une espérance de vie qui n’en finit pas d’augmenter, cet équilibre devient fragile. Le gouvernement, en proposant un projet de loi instaurant la création d’un titre de séjour des « métiers sous tension », réactive un vieux débat, celui de la fuite des cerveaux. Si certaines des branches qui souffrent d’un manque structurel de main-d’œuvre (BTP, hôtellerie-restauration, transport routier, infirmiers, aides à domicile, sans oublier le secteur agricole) donnent l’impression que les besoins se font sentir principalement dans des secteurs où la main-d’œuvre est peu ou moyennement qualifiée, il s’avère que les pénuries sont aussi persistantes dans les secteurs demandant du personnel hautement qualifié (ingénieurs, médecins…). Ce phénomène n’est pas propre à la France, il concerne pratiquement tous les pays du Nord. On assiste dès lors à une vraie bataille entre ces pays afin d’attirer les talents, surtout ceux, plus nombreux, originaires des pays du Sud. Cette course aux talents est exacerbée par les mutations technologiques et la double transition verte et numérique. (...)
    Le recours à la main-d’œuvre étrangère paraît dès lors comme une évidence malgré les réticences de l’opinion publique. Ce qui nous renvoie à une question éthique : la migration de personnes hautement qualifiées apparaît en effet comme une action qui peut nuire au pays d’origine. Le schéma classique, qui repose sur l’hypothèse que les pays du Nord puissent faire appel à une main-d’œuvre des pays du Sud inépuisable, bon marché et prête à migrer, est aujourd’hui plus que questionnable. La littérature économique est unanime sur le rôle primordial du capital humain dans l’accélération de la croissance économique et du développement des pays. Puiser sans contrepartie dans le vivier des talents des pays du Sud, c’est leur ôter leur facteur de production le plus important. C’est économiquement coûteux, politiquement indéfendable et éthiquement impardonnable.
    Certains économistes avaient proposé, dans les années 1970, de taxer les travailleurs qualifiés des expatriés au bénéfice de leur pays d’origine (la « taxe Bhagwati », du nom de l’économiste indo-américain Jagdish Natwarlal Bhagwati), afin de compenser la perte causée par leur émigration et les coûts de leur éducation supportés par ces pays pauvres.(...) Ce raisonnement nous semble aujourd’hui suranné : la mobilité est un droit, et on ne peut pas empêcher une personne, surtout si elle est éduquée et bien informée, de choisir sa destinée librement. Mais, compte tenu du manque à gagner des pays d’origine et du coût de formation des futurs migrants, surtout les plus diplômés (la formation d’un ingénieur peut coûter la bagatelle de 150 000 euros), on ne peut faire l’économie d’une réflexion sereine sur la question de la « fuite des cerveaux » : ......

    #Covid-19#migrant#migration#postcovid#politiquemigratoire#migrationqualifiée#diaspora#retour#circulation#maindoeuvre#formation#Nord#Sud

  • Seymour Hersh im Interview: Joe Biden sprengte Nord Stream, weil er Deutschland nicht traute
    14.02.2023 | 17:
    https://www.berliner-zeitung.de/politik-gesellschaft/seymour-hersh-im-interview-joe-biden-sprengte-nord-stream-weil-er-d

    Der Investigativjournalist Seymour Hersh hat eine Recherche veröffentlicht, derzufolge die Anschläge auf die Nord-Stream-Pipelines von der US-Regierung mit Unterstützung Norwegens veranlasst worden sind. Die US-Regierung und die CIA haben auf Hershs Anfrage seine Darstellung bestritten. In vielen Medien wurde Hersh vorgeworfen, er habe seine anonyme Quelle nicht offengelegt, weshalb seine Behauptungen nicht zu überprüfen seien. Es wurde auch die Kritik formuliert, dass die Recherche nicht stimmig sei. Der Berliner Publizist Fabian Scheidler hat für die Berliner Zeitung mit Seymour Hersh gesprochen.

    Herr Hersh, bitte legen Sie Ihre Erkenntnisse im Detail dar. Was ist Ihrer Quelle zufolge genau passiert, wer war am Nord-Stream-Attentat beteiligt und was waren die Motive?

    Es war eine Geschichte, die danach schrie, erzählt zu werden. Ende September 2022 sollten in der Nähe der Insel Bornholm in der Ostsee acht Bomben gezündet werden, sechs davon gingen hoch, in einem Gebiet, in dem es ziemlich flach ist. Sie zerstörten drei der vier großen Pipelines von Nord Stream 1 und 2. Die Nord-Stream-1-Pipeline hat Deutschland und andere Teile Europas seit vielen Jahren mit sehr billigem Erdgas versorgt. Und dann wurde sie gesprengt, ebenso wie Nord Stream 2, und die Frage war, wer das getan hat und warum. Am 7. Februar 2022, gut zwei Wochen vor dem Einmarsch Russlands in die Ukraine, sagte der US-Präsident Joe Biden auf einer Pressekonferenz im Weißen Haus, die er mit dem deutschen Bundeskanzler Olaf Scholz abhielt, dass die USA Nord Stream stoppen würden.

    Biden sagte wörtlich: „Wenn Russland einmarschiert, wird es kein Nord Stream 2 mehr geben, wir werden dem Projekt ein Ende setzen.“ Und als eine Reporterin fragte, wie genau er das zu tun gedenke, da das Projekt vor allem unter deutscher Kontrolle stehe, sagte Biden nur: „Ich verspreche, dass wir in der Lage sein werden, es zu tun.“

    Seine stellvertretende Außenministerin Victoria Nuland, die tief in die Geschehnisse der Maidan-Revolution im Jahr 2014 verwickelt war, hatte sich ein paar Wochen zuvor ähnlich geäußert.

    Sie sagen, dass die Entscheidung, die Pipeline auszuschalten, sogar noch früher von Präsident Biden getroffen wurde. Sie schreiben in Ihrem Bericht, dass im Dezember 2021 der Nationale Sicherheitsberater Jake Sullivan ein Treffen der neu gebildeten Taskforce der Joint Chiefs of Staff, der CIA, des Außen- und des Finanzministeriums einberief. Sie schreiben: „Sullivan wollte, dass die Gruppe einen Plan für die Zerstörung der beiden Nord-Stream-Pipelines ausarbeitet.“

    Diese Gruppe wurde ursprünglich einberufen, um das Problem zu studieren. Sie trafen sich in einem sehr geheimen Büro. Direkt neben dem Weißen Haus gibt es ein Bürogebäude, das Executive Office Building, es ist unterirdisch durch einen Tunnel mit dem Weißen Haus verbunden. Und ganz oben befindet sich ein Büro für eine geheime externe Gruppe von Beratern, die sich President’s Intelligence Advisory Board nennt. Ich habe das erwähnt, um den Leuten im Weißen Haus zu signalisieren, dass ich Informationen habe. Das Treffen wurde also einberufen, um zu untersuchen, was wir tun würden, wenn Russland in den Krieg zieht.

    Das war drei Monate vor dem Krieg, vor Weihnachten 2021. Es handelte sich um eine hochrangige Gruppe, die wahrscheinlich einen anderen Namen hatte, ich nannte sie einfach „Interagency Group“, ich kenne den offiziellen Namen nicht, falls es einen gab. Es handelte sich um die CIA und die National Security Agency, die die Kommunikation überwacht und abhört, das Außenministerium und das Finanzministerium, das Geld zur Verfügung stellt. Und wahrscheinlich noch ein paar andere Organisationen, die beteiligt waren. Die Joint Chiefs of Staff waren auch vertreten. Es ging darum, Empfehlungen zu geben, wie Russland zu stoppen wäre, und zwar entweder mit reversiblen Maßnahmen wie weiteren Sanktionen und wirtschaftlichem Druck oder mit irreversiblen, „kinetischen“ Maßnahmen, z. B. Sprengungen.

    Ich möchte hier nicht weiter in die Details gehen und nicht über ein bestimmtes Treffen sprechen, weil ich meine Quelle schützen muss. Ich weiß nicht, wie viele Leute daran teilgenommen haben, verstehen Sie, was ich meine?

    In Ihrem Artikel schrieben Sie, dass die CIA-Arbeitsgruppe Anfang 2022 der „Interagency Group“ von Sullivan Bericht erstattete und sagte, Zitat: „Wir haben eine Möglichkeit, die Pipelines zu sprengen.“

    Sie hatten einen Weg. Es gab dort Leute, die sich mit dem auskannten, was wir in Amerika „Minenkrieg“ nennen. In der Marine der Vereinigten Staaten gibt es Einheiten, die sich mit U-Booten befassen, es gibt auch ein Kommando für Nukleartechnik. Und es gibt ein Minenkommando. Der Bereich der Unterwasserminen ist sehr wichtig, und wir haben ausgebildete Spezialisten dafür. Ein zentraler Ort für ihre Ausbildung ist eine kleine Urlaubsstadt namens Panama City mitten im Nirgendwo in Florida. Wir bilden dort sehr gute Leute aus und setzen sie ein. Unterwasser-Minenspezialisten haben große Bedeutung, zum Beispiel um versperrte Eingänge zu Häfen frei zu machen und Dinge in die Luft zu jagen, die im Weg stehen. Sie können auch die Erdöl-Unterwasserpipelines eines bestimmten Landes in die Luft jagen. Es sind nicht immer gute Dinge, die sie tun, aber sie arbeiten absolut im Geheimen.

    Für die Gruppe im Weißen Haus war klar, dass sie die Pipelines sprengen können. Es gibt einen Sprengstoff namens C4, der unglaublich wirkungsstark ist, vor allem bei der Menge, die sie verwenden. Man kann ihn mit Unterwasser-Sonargeräten fernsteuern. Diese Sonargeräte senden Signale auf niedrigen Frequenzen aus. Es war also möglich, und das wurde dem Weißen Haus Anfang Januar mitgeteilt, denn zwei oder drei Wochen später sagte die Unterstaatssekretärin Victoria Nuland, dass wir es tun könnten. Ich glaube, das war am 20. Januar. Und dann sagte der Präsident, als er zusammen mit dem deutschen Bundeskanzler am 7. Februar 2022 die Pressekonferenz abhielt, ebenfalls, dass wir es tun könnten.

    Der deutsche Kanzler hat damals nichts Konkretes gesagt, er war sehr vage. Eine Frage, die ich Scholz gern stellen würde, wenn ich eine parlamentarische Anhörung leiten würde, ist diese: Hat Joe Biden Ihnen davon erzählt? Hat er Ihnen damals gesagt, warum er so zuversichtlich war, dass er die Pipeline zerstören könnte? Wir als Amerikaner hatten damals zwar noch keinen ausgearbeiteten Plan, aber wir wussten, dass wir die Fähigkeit hätten, es zu tun.

    Sie schreiben, Norwegen spielte eine Rolle. Inwiefern war das Land beteiligt – und warum sollten die Norweger so etwas tun?

    Norwegen ist eine große Seefahrernation, und sie haben Energiequellen in der Tiefe. Sie sind auch sehr darauf bedacht, ihre Erdgaslieferungen nach Westeuropa und Deutschland zu steigern. Und das haben sie auch getan, sie haben ihre Exporte gesteigert. Warum sollten sie sich also nicht aus wirtschaftlichen Gründen mit den USA zusammentun? In Norwegen gibt es außerdem eine ausgeprägte Feindseligkeit gegenüber Russland.

    In Ihrem Artikel schreiben Sie, dass der norwegische Geheimdienst und die Marine involviert waren. Sie sagen auch, dass Schweden und Dänemark in gewisser Weise informiert wurden, aber nicht alles erfuhren.

    Mir wurde gesagt: Sie taten, was sie taten, und sie wussten, was sie taten, und sie verstanden, was vor sich ging, aber vielleicht hat niemand jemals „Ja“ gesagt. Ich habe mit den Leuten, mit denen ich gesprochen habe, sehr viel an diesem Thema gearbeitet. Jedenfalls mussten die Norweger, damit diese Mission durchgeführt werden konnte, den richtigen Ort finden. Die Taucher, die in Panama City ausgebildet wurden, konnten ohne schweres Equipment bis zu 100 Meter tief tauchen. Die Norweger fanden für uns eine Stelle vor der Insel Bornholm in der Ostsee, die nur 260 Fuß (ca. 80 Meter) tief war, sodass sie dort operieren konnten.

    Die Taucher mussten langsam nach oben zurückkehren, es gab eine Dekompressionskammer, und wir benutzten einen norwegischen U-Boot-Jäger. Für die vier Pipelines wurden nur zwei Taucher eingesetzt. Ein Problem war, wie man mit den Leuten umgeht, die die Ostsee überwachen. Die Ostsee wird sehr gründlich überwacht, es gibt sehr viele frei verfügbare Daten, also haben wir uns darum gekümmert, es gab drei oder vier verschiedene Leute dafür. Und was dann gemacht wurde, ist ganz einfach. Seit 21 Jahren führt unsere Sechste Flotte, die das Mittelmeer und auch die Ostsee kontrolliert, jeden Sommer eine Übung für die Nato-Marinen in der Ostsee durch (BALTOPS, Anm. d. Red.). Wir schicken einen Flugzeugträger und weitere große Schiffe zu diesen Übungen. Und zum ersten Mal in der Geschichte hatte die Nato-Operation im Baltikum ein neues Programm. Es sollte eine zwölftägige Übung zum Abwurf und zum Aufspüren von Minen durchgeführt werden. Eine Reihe von Nationen schickte Minenteams aus, eine Gruppe warf eine Mine ab, und eine andere Minengruppe ging auf die Suche und sprengte sie.

    Es gab also eine Zeit, in der Dinge in die Luft flogen, und in dieser Zeit konnten die Tiefseetaucher operieren, die die Minen an den Pipelines angebracht haben. Die beiden Pipelines verlaufen etwa eine Meile voneinander entfernt, sie liegen ein wenig unter dem Schlick am Meeresboden, aber sie sind nicht schwer zu erreichen, und die Taucher hatten es geübt. Es dauerte nur ein paar Stunden, die Bomben zu platzieren.

    https://seenthis.net/messages/989862
    #Seymour_Hersh #Nord_Stream_1 #Nord_Stream_2

  • La fin du monde se visite en camionnette Chez Renart - Renart
    Depuis un an, un Tour operator goupilesque à souhaits propose la visite des lieux les plus délabrés, toxiques, emblématiques, de la région la plus frappée par la « révolution industrielle ». Exquis, non ? Entre « urbex » et visite guidée, Nord-Pas de Calais Adventure remonte l’histoire industrielle des Flandres et du bassin minier pour expliquer la situation écologique actuelle. Accrochez-vous à votre second degré.

    Quand bien même on préfère souvent regarder ailleurs, nul n’ignore que la région Nord-Pas-de-Calais cumule les médailles les moins reluisantes. Pollutions des sols, de l’air et des eaux offrent à la région la première place du cancer et la dernière de l’espérance de vie. La preuve par cartes, ci-dessous.

    La région s’est encore illustrée dernièrement dans les médias. Le reportage « Les enfants du plomb », diffusé le 3 octobre sur France 5 , https://www.france.tv/france-5/vert-de-rage/4198072-les-enfants-du-plomb-extrait.html fut tourné autour de l’ancienne usine Penarroya-Metalleurop de Noyelles-Godault, qui fut la plus grande d’Europe. On y recense 5 000 cas de saturnisme depuis les années 1970. Malgré les interdictions de cultiver, construire, jouer dans la terre, et les obligations de décaisser les sols, vingt après la fermeture de l’usine, les taux de plombémie sont toujours aussi désespérants. Le métal infestera encore quelques siècles le sang des habitants sans que les actionnaires, évaporés eux, ne rendent un jour de compte. Entre une ruine et une déchetterie à ciel ouvert, Nord-Pas de Calais Adventure raconte l’épopée du fondateur de Metaleurop, le polytechnicien Charles Ledoux, ingénieur des mines ayant œuvré tantôt pour l’État, tantôt pour son compte.

    Le 21 septembre dernier, c’est par une enquête du Monde que les habitants du Nord-Pas de Calais apprennent que deux robinets sur trois les abreuvent d’une eau polluée aux pesticides – la moyenne nationale est de 20 %. La faute à l’agriculture intensive, aux patatiers et betteraviers.
Depuis la camionnette traversant la plaine agro-industrielle flamande, on apprend que les résidus chimiques de la première guerre mondiale interdisent la consommation d’eau dans des centaines de communes. . . . . .

    La suite : https://chez.renart.info/?La-fin-du-monde-se-visite-en-camionnette

    #tour_operator #pollution #ubex #plomb #saturnisme #tourisme #Nord #Pas_de_calais #metaleurop #chimie

    • New York vu par Le Monde : quelques remarques sur un « reportage » singulièrement biaisé Sylvie Tissot, vendredi 28 octobre 2022

      Quel journaliste ne mourrait pas d’envie d’être envoyé en reportage à New York ? Aude Goullioud du Monde a eu cette chance. Alors que le réchauffement climatique impose de réduire les vols transatlantiques, il est bon, après la publication de son article le 17 octobre 2022, https://www.lemonde.fr/m-styles/article/2022/10/17/si-tu-es-genereux-avec-new-york-new-york-sera-genereuse-avec-toi-les-possibi de se demander : qu’y a-t-elle vu, qui y a-t-elle rencontré pour accumuler tellement de clichés que ça en devient presque gênant ?


      
La ville des « opportunités » qui se « réinvente sans arrêt » et se relève après chaque épreuve. La ville du « brassage constant », des milles nationalités, la ville où l’on vient tenter sa chance et où, si l’on « travaille dur », s’il l’on sait se « dépasser », on sera récompensé.

      On se croirait en plein American Dream , un mythe, qui n’a cessé, depuis des décennies, d’être contesté de toutes parts et de toutes les manières, mais dont il semble qu’il inspire, toujours et encore, des plumes françaises d’habitude plus acérées quand il s’agit de parler des Etats-Unis.

      De la gentrification qui avance à un rythme qui donne le tournis, des inégalités brutales, profondes, structurelles, visibles partout, de la pandémie qui a détruit tant de vies, on n’aura dans l’article que quelques rapides évocations, en guise de concessions. Certes les loyers sont faramineux, mais  : un peu d’entraide entre voisins et un puits sans fond d’opportunités viennent efficacement effacer du paysage ces ennuyeux détails, et donner toute sa place à ce « ciel bleu toute l’année » qui a tant fasciné la journaliste – ciel bleu qui, comme le soleil, rend probablement la misère « moins pénible ».

      Black Lives Matter est évoqué mais ravalé – on a du mal à le croire – au rang de plaidoyer naïf pour la « diversité ». C’est ce qu’on retient des propos d’une « jeune Française » appartenant à l’échantillon très particulier constitué par la journaliste envoyée « sur le terrain ».

      Pour cette habitante « bien ancrée à New York où elle a monté Polonsky&Friends, une agence de direction artistique et stratégique dans le secteur des métiers de bouche », BLM semble bel et bien avoir été un « tournant ». Désormais consciente du « racisme systémique », bouleversée semble-t-il, elle ne se laisse pas abattre et lance une newsletter où « elle met en lumière les meilleurs artisans de bouche de New York avec un souci constant de diversité ».

      Il faudrait beau voir qu’après ça, des policiers tuent encore des Noirs.

      Preuve que le message – sur le racisme systémique, donc – de BLM est passé, notre informatrice enchaîne : « Et c’est win win pour tout le monde ! ». La journaliste semble sous le charme.

      Quant à nous, nous sommes plutôt consternés. Est-ce que des Français au profil un peu différent auraient eu autre chose à dire ? Probablement, mais aucun n’est interviewé. Seuls les « gens qui font des choses formidables » ont eu l’honneur de parler de leurs « opportunités ». La liste est parlante : le conseiller culturel de l’ambassade de France, une photographe et joaillière, la directrice artistique d’un magazine, une curatrice et consultante dans l’art contemporain, le directeur d’un centre culturel et artistique de Brooklyn, un galeriste, une directrice artistique et consultante en stratégie de marque, un photographe, un écrivain et philosophe.

      Mon préféré reste le propriétaire français de trois restaurants, dont le dernier, tout juste ouvert à Brooklyn, s’appelle (car il est installé dans une ancienne laverie) : Fulgurances Laundromat.

      N’est-ce pas follement créatif ! (seul un esprit chagrin, plutôt qu’« innovant », y verra un lien avec la gentrification évoquée quelques paragraphes plus haut).

      Vous aurez, à la lecture de cet article, compris le sous-texte régulièrement relayé dans les pages du Monde, où les affinités macroniennes s’expriment parfois sans filtre : on pourrait en prendre de la graine en France, pays des grincheux et des fainéants, où perdurent des hiérarchies dépassées alors qu’ici, « jamais personne ne vous demande vos diplômes ou votre CV ».

      Qu’une journaliste relaie sans broncher une contre-vérité pareille, dans une ville où les discriminations sont bien ancrées, où la compétition est féroce, et où la préparation aux plus grandes universités commence dès l’école primaire… on croit rêver.

      La conclusion en rajoute une louche, avec le témoignage, repris sans ironie aucune, de la directrice artistique d’un important journal : épouse d’un célèbre illustrateur, avec qui elle a monté son magazine, elle se félicite – et s’étonne ! – d’avoir été ainsi recrutée, et y voit la manifestation de la plus grande des libertés et des possibilités infinies.

      Quand l’entre-soi des élites culturelles devient le « degré d’innovation maximal »…
      Sylvie Tissot


      « Sous le ciel bleu, les clichés »  : nous reproduisons, sous forme de tribune et avec son accord, un texte de Sylvie Tissot paru sur le site de LMSI https://lmsi.net/Sous-le-ciel-bleu-les-cliches (Les mots sont importants) le 24 octobre. (Acrimed)

  • SABOTAGE NORD STREAM : ALLONS NOUS TENIR LE CHOC ? #IG02
    https://www.les-crises.fr/sabotage-nord-stream-allons-nous-tenir-le-choc-ig02

    ▶ InfoGraphique – Chronique d’Olivier Berruyer #02 Au programme aujourd’hui : après la grave explosion des gazoducs Nord Stream, quelles conséquences concrètes allons-nous subir ? Se chauffer va-t-il devenir un luxe réservé aux plus aisés ? Sommes-nous condamnés aux cols roulés pendant que les ultrariches se déplacent en Jet privé ? Notre économie entière va-t-elle […]

    #Vidéo #Crise_énergétique #Nord_Stream_2 #Vidéo,_Crise_énergétique,_Nord_Stream_2

  • Gaz et Gaz / Nord Stream et vieilles munitions chimiques Robin des Bois
    la plus grande décharge sous-marine de munitions chimiques de la mer Baltique

    Les explosions suivies de fuites de gaz survenues le 26 septembre 2022 sur les gazoducs du consortium international Nord Stream reliant la Russie à l’Allemagne ont-elles réveillé, déplacé ou disloqué des munitions chimiques immergées à proximité ou en contiguïté ? Selon la Suède et le Danemark, les ruptures des canalisations sous-marines ont été provoquées par des explosions correspondant à plusieurs centaines de kilos de TNT, soit l’équivalent de plusieurs bombes aériennes conventionnelles utilisées pendant la dernière guerre mondiale. Les experts d’HELCOM (Commission pour la protection de l’environnement de la mer Baltique) estiment qu’une explosion conventionnelle peut produire assez d’énergie et de surpression pour disperser des agents de guerre chimiques à des distances inattendues.


    La zone au nord-est de l’île danoise de Bornholm où les explosions ont eu lieu est la plus grande décharge sous-marine de munitions chimiques de la mer Baltique. Le tonnage estimé se situe entre 30.000 et 35.000 tonnes. Les immersions connues ont duré d’août 1945 à juillet 1965. Ces chiffres et ces dates sont empreints d’incertitudes à cause de la disparité, de la disparition et de la fragmentation des archives écrites et de la fragilité des témoignages oraux.

    La décharge sous-marine de Bornholm est un catalogue de toutes les horreurs mises au point par les chimistes et les militaires allemands de la Première Guerre Mondiale et diversifiées par les nazis. La gamme est complète : des vésicants, des irritants, des lacrymogènes, des vomitifs, des sternutatoires, des toxiques, des neurotoxiques et des suffocants. Les plus connus sont le tabun, le gaz moutarde (ypérite), le phosgène et le sinistre Zyklon B qui suffoquait les déportés dans les chambres à gaz des camps d’extermination. Au moins 300 tonnes de grosses bombes conventionnelles explosives ont aussi été immergées au large de Bornholm. Ces munitions allemandes non utilisées ou leurs matières premières et adjuvants chimiques persistants ont été pour la plupart immergés sous la tutelle des administrations britanniques et soviétiques en Allemagne occupée puis par les autorités de l’Allemagne de l’Est.

    Les bombes, les obus, les grenades, les mines étaient jetés en mer depuis des barges, des pontons ou des vieux bateaux encore disponibles, en même temps que des barils, des fûts et autres conteneurs d’agents précurseurs de munitions chimiques.

    La zone d’immersion primaire était délimitée par des bouées. Les embarcations étaient chargées au maximum avec les munitions les plus légères directement accessibles. En pratique, les équipages commençaient à s’en débarrasser avant d’atteindre le périmètre désigné. Les munitions souvent emballées dans des caisses en bois pouvaient dériver sur quelques milles avant de couler. Pour accélérer l’évacuation des quais et entrepôts des ports de départ, des “objets flottants non identifiés” ont été bourrés de munitions et coulés dans la décharge sous-marine. Quatre épaves ont été repérées par sonar entre 1999 et 2006. Des carcasses métalliques sont éparpillées autour et visibles sur certains ponts. On ne sait pas à ce jour s’il s’agit de munitions conventionnelles ou chimiques. La décharge sous-marine de Bornholm n’est pas confinée. Par 70 à 100 m de fond il n’y a aucun dispositif technique qui empêche les munitions de se déplacer et de se décomposer au fil du temps, de l’érosion et de la houle sous-marine.

    Le gaz moutarde (ypérite) semble être l’agent chimique dominant dans la zone. Pendant les travaux préalables à la pose de Nord Stream 1, dans la Zone Economique Exclusive du Danemark, 4 bombes KC 250 au gaz moutarde ont été découvertes entre 7 m et 17 m de la trajectoire du gazoduc. Elles ont été inspectées avant la pose en automne-hiver 2010. Les bombes étaient dans un état de corrosion avancée. Des suintements d’ypérite étaient visibles. Ils étaient estimés pour chaque munition à 20 kg soit 20% du contenu initial de chaque bombe. Les coques étaient fissurées voire disloquées. Pour chaque munition, une charge de 15 kg de TNT était visible et paraissait intacte. A la demande des autorités danoises considérant qu’elles ne posaient pas de risque pour le gazoduc, les bombes ont été laissées sur place. Elles ont été de nouveau inspectées en janvier 2011, après la pose du gazoduc. Aucune dégradation supplémentaire n’aurait été observée.

    Entre 1994 et 2012, HELCOM rapporte que près de 4 tonnes de “blocs” d’ypérite ont été remontées à la surface par des engins de pêche dans le secteur de l’île de Bornholm. Ils ont été pour la plupart rejetés en mer dans des endroits désignés par les autorités danoises. Entre 1968 et 1984, au moins 25 pêcheurs polonais ont été brûlés par des résidus d’ypérite pris dans les filets dans le secteur de Bornholm, et en juillet 1955, 102 enfants d’une colonie de vacances ont été brûlés sur une plage de Darlowo en Pologne, face à Bornholm, après avoir récupéré sur la plage un baril fuyard contenant de l’ypérite.

    
Entre 1968 et 1984, 196 tonnes de poissons contaminés dans les filets des pêcheurs danois par des particules d’ypérite ont été retirés du marché et détruits.
Sur le long terme, des résidus et produits de dégradation des agents chimiques sont susceptibles de s’accumuler dans les poissons de fond comme les soles et les poissons omnivores comme les cabillauds. Les poissons dans la décharge de Bornholm et aux alentours souffrent par rapport à des espèces analogues capturées dans des zones extérieures d’un état sanitaire dégradé, d’un taux élevé d’ulcères de la peau et de pathologies rénales. Les poissons, les crustacés et tous les organismes marins vivant dans la zone ou autour sont plongés dans un environnement cancérogène, mutagène et reprotoxique.

    “L’héritage du passé repose encore au fond de la mer, il est intimement lié aux poissons d’aujourd’hui et il se pourrait que ses effets soient seulement perceptibles sur les consommateurs de demain” (1).

    Au large des côtes françaises, au moins 6 décharges sous-marines contiennent des munitions chimiques. L’une d’elles, dans la Fosse des Casquets au large du Cotentin, a été par la suite une zone d’immersion de déchets nucléaires.

    (1) HELCOM, 2013 . Chemical Munitions Dumped in the Baltic Sea. Report of the ad hoc Expert Group to Update and Review the Existing Information on Dumped Chemical Munitions in the Baltic Sea.

    Source : https://robindesbois.org/gaz-et-gaz-nord-stream-et-vieilles-munitions-chimiques

    #Nord_Stream #gazoduc #Bornholm #Baltique #munitions_chimiques #tabun #gaz_moutarde #ypérite #phosgène #Zyklon_B #poissons #crustacés #poisons #contamination

  • Putin’s Military Solution?
    https://slantchev.wordpress.com/2022/09/29/putins-military-solution

    But why blow it [#Nord_Stream] up instead of just turning off the tap? Turning off the tap leaves open the possibility of resuming the supplies at some point, and can be a bargaining leverage. If Putin is interested in extracting concessions from the West, then burning his bridge, so to speak, seems odd.

    This leads me to the second reason, and it’s a sort of dual commitment. “Burning bridges” is a tactic used in situations where some option might be very tempting under certain circumstances, but if the opponent anticipates that you will take it, they will strive to create the circumstances that you wish to avoid. The classic example is with an army that is pinned against a river by a superior force. The general wants the soldiers to stand firm and fight, but if there’s a bridge across the river, many soldiers might be tempted to run away, causing discipline to collapse, and the battle to be lost. So the general blows up the bridge, giving the soldiers the choice between fighting and possibly winning or losing and likely dying. An historical example of this is when Hernan Cortez arrived in the New World with a handful of conquistadores, he beached the ships to prevent them from being tempted to go back home and abandon the expedition.

    In this case, Putin has two bridges he might have wished to burn, an international and domestic one. On the international side, his signal is that he is irrevocably committed to seeing this war through no matter what the West does. The problem with Western dependence on Russian energy sources actually goes both ways because Europe is also the largest client. While most people focus on Putin’s leverage and blackmail, the Europeans have also had substantial leverage with their threats to limit or stop their buying. One argument was always that Putin can’t really afford to lose that buyer, and so the threats to continue the war or keep the gas off were not credible. (I have made this argument as well.) Turning off the tap does not solve this credibility problem — you can always turn it back on if you are sufficiently incentivized. Blowing up the lines, however, removes this option and so you no longer have the choice. Because the lines have become inoperable for a long time (one of them, I understand, potentially permanently), the Europeans have lost the leverage that their money was giving them.

    On the domestic side, this is a move designed to consolidate power. Putin must know about the substantial discontent his policies have created among the elites, and he might be worried about conspiracies against him. One driving force behind any such conspiracy is the hope that with Putin gone, relations with the West can be regularized (I would not say “normalized” or “restored” because even the most optimistic Russians must realized that this is impossible for the foreseeable future.) While the West will remain quite hostile to Russia for a long time, this does not have to mean that business relations of some sort would not be able to resume. And so, potential conspirators might be hoping that replacing Putin could salvage the business relationships with Europe (more generally too, not just in the energy sector), and they may even think that Europe’s loss as a customer is not inevitable. If Putin were merely to turn the tap off, they can simply turn it back on when he’s gone. Destroying the lines, however, means that his potential replacement would not be able to resume delivery through them no matter how much they want to. The massive rift the sabotage will cause with Europe is also going to make resumption of relations a lot harder. This decreases the incentives of potential coup plotters to remove Putin since one of the largest benefits from doing so is now gone. What’s the point of removing him if this will not change anything with respect to the economy?

    • D’autres hypothèses à « pourquoi la Russie détruirait Nord Stream ? »

      The timing of the explosions coincided not only with Berlin’s first cold snap of the year but also with the public inauguration of Europe’s new Baltic Pipe. This €1.6 billion gas pipeline will transport 10 billion cubic meters of gas annually from Norway through Denmark to Poland, which sees it as a valuable means for diversifying away from Russia. Moscow may have wanted to send a message that it could threaten these efforts as well.

      A more prosaic explanation is contractual: Moscow could have set the conditions for force majeure, a contractual provision that allows Gazprom to avoid paying billions in penalties for abrogating its agreements to sell gas to its European consumers through Nord Stream 1. In June, Gazprom declared force majeure and notified its European clients that it was no longer responsible for any gas shortages due to “extraordinary circumstances.”

      https://warontherocks.com/2022/10/permanent-rupture-the-european-russian-energy-relationship-has-ended-

    • OK, donc :
      • pour sa qualité de vie et, potentiellement, sa survie, le patient DE (et beaucoup d’autres avec lui) a besoin d’un traitement permanent très coûteux nécessitant de lourds investissements (mettons dialyse) ;
      • celui-ci lui est fourni habituellement par l’hôpital RU, ce qui assure à ce dernier une confortable rente ;
      • l’hôpital ÉU cherche depuis longtemps à rentabiliser ses investissements dans le même traitement, ses commerciaux sont notoirement connus pour ne pas être regardants sur les moyens utilisés ;
      • suite à divers différends, RU cesse de traiter DE, invoquant une clause de force majeure, du fait qu’un filtre indispensable au traitement ne lui a pas été livré par CA, grand ami de ÉU
      • DE se demande comment remplacer RU, mais …
      • le dialyseur RU est mystérieusement détruit.

      Qui peut bien être à l’origine du sabotage ?
      A. RU, bon sang, mais c’est bien sûr ! RU craint que DE le fasse chanter en le menaçant de ne plus recourir à ses services, il détruit donc son installation privant ainsi DE de son moyen de chantage.
      B. RU, parce qu’ainsi, il montre à l’hôpital NO – que le traitement de DE pourrait tenter – que RU a les moyens de détruire son installation.
      C. RU, doutant probablement de la force juridique de l’excuse du filtre, bétonne ainsi son argument de force majeure.
      D. … j’imagine qu’on doit pouvoir élaborer plein d’autres développements du même style, dont l’ultima ratio est que RU, fondamentalement, est pervers et irrationnel …
      […]
      Z. EU

    • Notons qu’où que l’on regarde, l’aspect légal des sanctions européennes et américaines n’est jamais discuté. Par contre, faire mine de croire que les Russes pourraient être effrayés par des pénalités pour non-respect de leur contrat au point de détruire ce qui leur a coûté des milliards à construire à leurs frais, ce serait de la haute analyse géopolitique.

    • Les pénalités c’est un paragraphe d’un article qui traite plutôt des conséquences que des causes, c’est juste une hypothèse que je relève au passage et ajoute à la liste. Slantchev, dans le premier article, juge l’explication trop faible.

      La métaphore de la dialyse fait perdre les spécificités « relations internationales » du sujet, comme par exemple que DE&co sont en proxy war contre RU, et que RU fait autre chose que des dialyses...

      Enfin bon, c’est que des hypothèses pour tenter de rationaliser le truc.

  • Comment saboter un gazoduc
    Par Pierre Rimbert (mai 2021)

    https://www.monde-diplomatique.fr/2021/05/RIMBERT/63053

    Pour Washington, cibler Nord Stream 2 présente des avantages mercantiles autant que géopolitiques : grâce au soutien de la Commission européenne, favorable au marché flexible du gaz naturel liquéfié (GNL) américain plutôt qu’aux gazoducs russes, et à l’appui des pays les plus atlantistes de l’Union (Pologne, Danemark…), Washington n’entend pas seulement contrecarrer les plans de Moscou, mais aussi et surtout imposer ses excédents de gaz de schiste liquéfiés sur le marché européen. Et, au passage, mettre sous pression l’Allemagne, avec laquelle les différends commerciaux s’accumulent. Toute la subtilité diplomatique des États-Unis se déploie à cet effet.

    M. Trump, qui, depuis son arrivée au pouvoir, menace l’Europe de sanctions douanières, obtient en juillet 2018 la capitulation de Bruxelles : l’Union accepte de revoir de fond en comble sa politique gazière en faveur du GNL « de la liberté » (dixit M. Trump) et au détriment du gazoduc « totalitaire ». La nouvelle directive gaz, adoptée l’année suivante, empile les chicanes administratives destinées à entraver Nord Stream 2, au point que ses concepteurs doivent en repenser l’architecture juridique et commerciale.

    #gazoduc #nord_stream_2

  • À Lille, des projets contre nature, Saint-Sauveur et Bois-Blancs Angle d’ATTAC !
    C’était ce 17 septembre sur Radio Campus Lille. 



    Avec leur asso PARC Saint Sauveur et Deûl’air, elles ne vont pas laisser faire la MEL et la mairie.

    La parole était à Bénédicte Vidaillet, Yolande Winders 


    Le lien afin d’écouter, de télécharger l’émission => https://www-radio-campus.univ-lille1.fr/ArchivesN/LibrePensee/attac220917.mp3



    PARC (Protection aménagement réappropriation collective de Saint-Sauveur), et ASPI (Association pour la Suppression des Pollutions Industrielles) https://www.helloasso.com/associations/parc-saint-sauveur

    Et aussi Pas d’aqua-poney à Moulins => https://labrique.net/index.php/thematiques/droit-a-la-ville/1027-pas-d-aqua-poney-a-moulins


    
Angle d’ATTAC tous les 3ème samedi du mois, à midi sur Radio Campus Lille.
    Christian Ladesou  : 06 68 90 61 33, lille@attac.org


    #Lille #martine_aubry #Bénédicte_Vidaillet #Attac #Saint_Sauveur #balado_diffusion #Podcast #Nord

    • Expo "Villes vivantes" : maquette de rêve pour cauchemar en béton
      https://chez.renart.info/?Expo-Villes-vivantes-maquette-de-reve-pour-cauchemar-en-beton

      Les opposants au projet Saint-Sauveur nous font le compte-rendu de leur passage au vernissage de l’expo "Villes vivantes"

      https://elnorpadcado.org/Les-Villes-vivantes-des-betonneurs-au-Bazaar-Saint-So
      , au Bazaar Saint So. Ils laissèrent une grue-cagette en cadeau aux organisateurs. Et nous offrent de profondes réflexions de San Antonio sur ce qu’il faut penser des "réceptions". Quelle générosité.

      Nous voici donc une dizaine, portant notre grue en cagette vers le vernissage-cocktail de « #Villes_vivantes », au Bazaar Saint-So, juste derrière notre friche. A côté des archis, des urbas et des promoteurs qui comptent à Lille, les gueux sont vite repérés. Et d’abord par le directeur du Bazaar, Benoît Garet, qui nous attendait un peu énervé.


      « Regardez d’abord l’expo avant de critiquer.

      


      On s’en fout de l’expo, ce qui nous intéresse c’est le contexte. Et pis t’as vu tes finançeurs ? C’est les mêmes qui détruisent le vivant juste à côté. »
#Bouygues, #Vinci, #Eiffage, #Ramery, #Vilogia, #Nacarat, réunis pour célébrer la « réconciliation entre #ville et #nature ». La situation ne manque pas de sel.

      On sent comme une nervosité au moment d’introduire notre grue dans l’expo. Restons calme. De toute façon elle ne passe pas la porte. Un débat de 45 minutes s’engage alors avec Benoît dont on vous épargne les finasseries. Nous on pense que son expo est typique du greenwashing de Lille3000, lui insiste que l’expo va dans notre sens.

      D’ailleurs, c’est drôle, mais ce soir tout le monde trouve que « c’est très important ce que vous faites ». Même les représentants du cabinet #Béal-Blanckaert, les urbanistes associés pour la ZAC #Saint-Sauveur, à qui on distribue notre tract https://parcsaintsauveur.wordpress.com/2022/08/19/piscine-de-saint-sauveur , trouvent que notre rôle est « important pour la démocratie ». C’est trop d’honneurs.

      Ah, voilà #Xavier_Galand, le directeur de la Maison régionale de l’environnement et des solidarités, contributeur de l’expo. Il arrive souriant et vague à son aise entre les promoteurs, stylés en assureurs de province, costard et « cheveux de riche », et les « créatifs », archis tendance jean-baskets-tatouages. Parmi eux, le délégué à Saint-Sauveur pour la SPL #Euralille, David Wauthy, qui nous avait suggéré le suicide collectif il y a quelques années, est un peu sur la retenue quand on lui tend notre tract. La soirée est exquise, elle le restera.

      Il n’y a guère qu’Antoine Béal, l’urbaniste associé de Saint-Sauveur, à qui est cédé le micro pour mignoter les « partenaires », qui râle un peu. C’est qu’on ne l’entend pas jacter, tellement résonne l’environnement brutaliste verre et béton du Bazaar, dans la cacophonie de l’auditoire qui s’en fout – de ce qu’il raconte, comme de l’expo. Erreur classique de protocole : le bar est ouvert pendant les discours, et le Dj s’impatiente derrière ses platines. Alors chacun déroule ses vacances, devise sur les projets en cours, entre bétonneurs de la « ville morte ». L’important c’est d’être là, de voir et d’être vu, pourquoi pas au dessus des briques en terre-paille exposées comme preuves du renouvellement écologique de la corporation. Ça n’engage à rien. Va construire une fosse de plongée en terre-paille, toi ! Ou une cité administrative !

      Au bout d’un temps, tout le monde a eu notre tract, et l’ambiance nous pèse un peu. Alors on va y aller. Mais avant de partir, on laisse notre grue à l’entrée. C’est cadeau. Un souvenir de la vie vivante qu’on trouve sur la friche. Dessus il est inscrit : « Vends maquette de rêve pour #cauchemar en #béton. » C’est simple et ça résume. Et puis les conclusions de Frédéric Dard, alias San Antonio, sur les « gnagnateries d’usage » dans ce genre de #vernissage, c’était trop long. Mais comme on est généreux, on vous les livre quand même. C’est comme la grue, c’est cadeau :

      « Rien de plus con qu’une réception, si ce n’est une autre réception plus importante. T’as une douzaine de mots à dispose qu’il faut absolument placer dans le laps de temps qui t’est imparti. Le premier d’entre eux est « merveilleux » : soirée merveilleuse, toilette merveilleuse, ambiance merveilleuse, buffet merveilleux ; et comme quoi c’est merveilleux l’à quel point tout est merveilleusement merveilleux ! Bande de cons ! Écrémés du bulbe ! Fornicateurs de trous d’évier ! Mais tu sais qu’il faudrait me haïr tout ça, mon pote ? Me l’empiler dans des fosses d’aisance en laissant une couche de merde au-dessus, pas qu’ils prennent l’air ! Ils sont dépravants, ces faisandés. Ils puent la venaison attardée ! Le chrysanthème flétri, le slip trop longtemps porté ! Heureusement que le temps les tue ! Mais ils repoussent ! C’est ça, l’horreur : ils repoussent, y compris du goulot ! »

  • Podcast : Manifiesta 2022 !

    Ce Mercredi 7 Septembre 2022, c’était L’Heure de l’mettre, sur Radio Campus Lille, 106,6 Mhz, https://www.campuslille.com

    C’était aussi la Saint Conseil National de la Refondation.
 
Comme toujours, à pareille époque, nous recevions des camarades du Parti du Travail de Belgique, le PTB.

    Il était question de l’édition 2022 de Manifiesta, la Fête de la Solidarité ces 17 et 18 Septembre à l’hippodrome d’Ostende. https://www.manifiesta.be/fr

    Le lien afin d’écouter, de télécharger l’émission => https://www-radio-campus.univ-lille1.fr/ArchivesN/LibrePensee/Chdm220907.mp3

    INVITES :
    Ahed Tamimi
    
Jeremy Corbyn

    Elke Kahr
    
Adeline Dieudonné
    
tom lanoye
    
Jim Irvin
ana kolotova
    
Mariam Dhawale

    Raoul Hedebouw

    Laurent Brun
    
Chris Mitchell
    
Els Torreele 
Mitzi
    Tan
Peter Mertens

    MUSIQUE :

    Magic System

    Stikstof
    
HK
    
L’or du commun
    
Postmen
    
Eme Alfonso

    Ana Tijoux
    
Belgian asociality
    
Supafly collective
    
bobalicious
    
Bizkit Park
    
Shoreline collective
    
mystère
the 925

    #Belgique #Nord #Pas_de_Calais #Pays_Bas #PTB #Fête #Solidarité #Travail #Politique #Ostende #balado_diffusion #Podcast #Musique #Concerts

  • Gazprom déclare un cas de force majeure et arrêtera indéfiniment les flux de gaz vers l’Allemagne.
    Thread by jgalt485 on Thread Reader App – Thread Reader App
    https://threadreaderapp.com/thread/1549083372307226624.html
    https://twitter.com/jgalt485/status/1549083372307226624

    1.🚩⚡⚡ Gazprom déclare un cas de force majeure et arrêtera indéfiniment les flux de gaz vers l’Allemagne.
    Déjà quelques jours avant le « Doomsday » européen du 22 juillet, lorsque la maintenance russe prévue de 10 jours du pipeline crucial Nord Stream vers l’Allemagne
    2.
    doit prendre fin, le géant russe de l’énergie Gazprom a déclaré un cas de force majeure à l’encontre de l’un de ses principaux clients européens, qu’est l’Allemagne. En termes simples, Gazprom a déclaré la survenance de circonstances extraordinaires et extrêmes pour résilier
    3.
    toutes les obligations contractuelles envers ce client, ainsi le gaz cessera de couler indéfiniment, comme le rapporte Reuters aujourd’hui 18 juille 2022, « Le monopole russe d’exportation de gaz Gazprom a déclaré un cas de force majeure sur l’approvisionnement en gaz en Europe
    4.
    à l’encontre au moins d’un client majeur à partir du 14 juin, selon la lettre vue par Reuters. » La lettre est datée du 14 juillet. « Il a déclaré que la mesure de force majeure, une clause invoquée lorsqu’une entreprise est touchée par quelque chose qui échappe à son contrôle,
    5.
    était effective à partir des livraisons à partir du 14 juin », écrit Reuters. La lettre invoquait des circonstances « extraordinaires- » indépendantes de la volonté de l’entreprise, poursuit Reuters, citant une source affirmant que le client en question
    6.
    est l’Allemagne via le gazoduc Nord Stream 1 .
    Et Bloomberg confirme également :
    GAZPROM A ENVOYÉ UN AVIS DE FORCE MAJEURE À AU MOINS 3 ACHETEURS
    L’AVIS DE FORCE MAJEURE DE GAZPROM S’APPLIQUE AUX FLUX À PARTIR DU 14 JUIN
    UNIPER DIT QU’IL A REÇU UNE LETTRE
    7.
    DE GAZPROM EXPORT DANS LAQUELLE LA SOCIÉTÉ RÉCLAME RÉTROACTIVEMENT LA FORCE MAJEURE POUR LES DÉFAILLANCES PASSÉES ET ACTUELLES DANS LES LIVRAISONS DE GAZ
    UNIPER : NOUS CONSIDÉRONS CELA COMME INJUSTIFIÉ ET AVONS FORMELLEMENT REJETÉ LA DEMANDE DE FORCE MAJEURE

    8.
    Les autorités allemandes ont récemment pris des mesures sans précédent en prévision d’un arrêt durable du gaz russe, atténuant essentiellement les lumières à travers le pays - ce qui comprenait tout, de la limitation de l’eau chaude à la fermeture des piscines,
    9.
    en passant par littéralement la diminution de l’alimentation des lampadaires en ville. Ces mesures ont été annoncées alors que l’Allemagne entrait dans la phase « _d’alarme
     » en raison de la diminution de 60% du débit de Nord Stream 1.
    10.
    Et comme le montre la flambée des prix du pétrole de ce jour (ci-dessous : contrats à terme sur le brut WTI pour septembre), l’offre de pétrole restera forte, tant que l’état de force majeure durera, étant donné que les entreprises de services publics et le secteur
    11.
    manufacturier sont susceptibles de chercher à passer du gaz au pétrole. ...

    12.
    Il semble que cette lettre de Gazprom déclarant la libération légale des obligations d’approvisionnement remontant au 14 juin soit en préparation pour une action définitive le 22 juillet, ce qui a pour conséqunce que les opérations de maintenance du gazoduc .
    13.
    resteront probablement suspendues au-delà de la date prévue pour le redémarrage/la remise en ligne de l’approvisionnement.

    14.
    Les économistes d’UBS ont présenté une étude détaillée de ce qu’ils voient se produire si la Russie interrompt les livraisons de gaz vers l’Europe : cela réduirait les bénéfices des entreprises de plus de 15%. L’ EuroStoxx 60) dégringoleraitent de plus de 20%
    15.
    et l’euro tomberait à 90 cents par rapport au $. La ruée vers les actifs sûrs conduirait les rendements de référence du Bund allemand à 0%, ont-ils écrit. « Nous soulignons que ces projections doivent être considérées comme des approximations grossières
    16.
    et en aucun cas comme un scénario du pire », a écrit Arend Kapteyn, économiste en chef chez UBS. « Nous pourrions facilement concevoir des perturbations économiques qui conduisent à des résultats de croissance encore plus négatifs. »
    17.
    Certes, les marchés évaluent déjà certains les dégâts, à commencer par l’euro qui, à partir de ce mois-ci, s’est négocié à un nouveau plus bas de deux décennies et a touché la parité avec le dollar, ce qu’il n’a pas fait depuis 2002.
    18.
    Pendant ce temps, l’Agence internationale de l’énergie (AIE) est toujours, même au milieu de cette « crise d’alerte rouge » pour l’Europe, bizarrement concentrée sur la réponse à l’urgence d’une manière « cohérente avec les ambitions climatiques de l’UE » ... ceci alors que
    19.
    l’Allemagne et d’autres pays européens les populations sont sur le point d’entrer clairement dans un hiver extrêmement difficile, c’est un euphémisme.
    Extrait d’un nouveau rapport de l’AIE : Après plusieurs mois de signes avant-coureurs, les dernières mesures prises
    20.
    par la Russie pour réduire les flux de gaz naturel sont une alerte rouge pour l’UE - dont un extrait est ci-dessous...
    Le monde connaît la première véritable crise énergétique mondiale de l’histoire. Et comme l’alerte l’Agence internationale de l’énergie
    21.
    depuis de nombreux mois, la situation est particulièrement périlleuse en Europe, qui se trouve à l’épicentre des turbulences du marché de l’énergie. Je suis particulièrement préoccupé par les mois à venir. Après l’invasion de l’Ukraine par la Russie le 24 février,
    22.
    l’AIE a publié son plan en 10 points pour réduire la dépendance de l’Union européenne au gaz naturel russe , énonçant les mesures pratiques que l’Europe pourrait prendre. l’AIE a souligné la nécessité de maximiser les approvisionnements en gaz provenant d’autres sources ;
    23.
    accélérer le déploiement du solaire et de l’éolien ; tirer le meilleur parti des sources d’énergie existantes à faibles émissions, telles que les énergies renouvelables et le nucléaire ; intensifier les mesures d’efficacité énergétique dans les foyers et les entreprises.
    pièces PJ sur fil suivant.

  • EU court points to future resurrection of Russian gas pipe
    (bon, c’est pas gagné et, en tous cas, pas pour tout de suite…)
    https://euobserver.com/world/155515


    Russian firm Gazprom owns Nord Stream 2 via a subsidiary
    Photo : gazprom.com

    Russia has won the right to challenge EU laws meant to stop dirty tricks in gas markets, at the same time as Moscow wages gas wars against Europe.

    The EU’s top tribunal in Luxembourg ruled on Tuesday (12 July) that Russia’s bid to secure exemptions from the EU laws for its Nord Stream 2 gas pipeline was legally admissible, paving the way for further court action.

    #Nord_Stream_2

    avec aperçu de la situation (chaotique) de la distribution et du stockage du gaz en Europe centrale et orientale…

  • Présidentielle 2022 à #Roubaix : les « variables lourdes » du #vote sont (presque) toujours ce qu’elles étaient
    https://metropolitiques.eu/Presidentielle-2022-a-Roubaix-les-variables-lourdes-du-vote-sont-pre

    Le collectif de recherche PEOPLE2022 souligne que le vote des #classes_populaires continue d’être structuré par l’âge, le statut socioprofessionnel, les hiérarchies scolaires ainsi que par l’appartenance religieuse, sans toutefois qu’il soit possible de parler de logique « communautaire ». Le vote des classes populaires, s’il constitue l’un des sujets majeurs de la sociologie électorale en France, n’en reste pas moins un des objets politiques les plus controversés. Leur comportement est en effet marqué #Terrains

    / #élections_présidentielles, #élections, Roubaix, #Nord–Pas-de-Calais, #Hauts-de-France, vote, classes (...)

  • « Bébés Coca » : dans les Hauts-de-France, les ravages méconnus du soda sur les très jeunes enfants
    Médiacités - Virginie Menvielle
    https://www.mediacites.fr/enquete/lille/2022/06/10/bebes-coca-dans-les-hauts-de-france-les-ravages-meconnus-du-soda-sur-les-

    Dans les Hauts-de-France, un certain nombre d’enfants en bas âge ne consomment que des boissons sucrées.

    Des bébés aux dents de lait tachées, noircies, dont il ne reste que les racines. Des bambins de trois ou quatre ans exhibant déjà des prothèses dentaires ou des dents de travers, qui poussent trouées comme du gruyère… Ces enfants, les professionnels de santé et de la petite enfance qui les reçoivent ou les côtoient au quotidien les surnomment parfois « les bébés Coca ». Les descriptions qu’ils en font semblent sorties d’un livre de Dickens. Cela ne se passe pas à l’autre bout de la planète mais bien ici, dans la métropole lilloise et toute la région.


    La dentiste Angéline Leblanc a exercé à Roubaix et soutenu, en 2020, une thèse au CHU de Lille sur les caries précoces portant sur 50 enfants originaires de la métropole européenne de Lille (MEL). « On parle de caries précoces quand elles surviennent chez des enfants de moins de six ans », explique-t-elle. Dans certains cas, les premières taches sur les dents se manifestent bien avant. « Nous voyons parfois des patients d’un an qui ne possèdent que quatre dents, toutes cariées, déplore la professionnelle de santé. Il ne reste alors plus que les racines et nous n’avons pas d’autre solution que les extraire. »

    « On a plutôt tendance à retirer les dents qu’à les soigner »
    Au CHU de Lille, les interventions de ce type sont monnaie courante, constate Angéline Leblanc. « Il est très compliqué de soigner de si jeunes enfants : quand ils arrivent au service d’odontologie, c’est souvent trop tard. Cela fait trop longtemps qu’ils ont mal. On a alors plutôt tendance à retirer la ou les dents en question qu’à les soigner… »

    Les dentistes ne sont pas les seuls à faire ce constat. « On accueille des enfants aux dents tellement fines qu’elles se cassent très facilement », confie Stéphanie Leclerc, responsable du pôle petite enfance de la métropole lilloise au sein de l’Établissement public départemental pour soutenir, accompagner, éduquer (EPDSAE) de Lille. Âgés de quelques mois à six ans, ils subissent des interventions chirurgicales lourdes et enchaînent les rendez-vous médicaux plus ou moins traumatiques. À cela s’ajoutent les craintes des familles, totalement dépassées par les évènements.

    « Nous accompagnons des parents en grande précarité sociale, qui ne savent parfois pas lire. Ils pensent bien faire et n’ont pas conscience que ce qu’ils font consommer à leurs enfants peut être nocif, observe Stéphanie Leclerc. Certains ne reçoivent que des biberons de Coca ou d’Ice tea… » Les équipes de Stéphanie Leclerc, composées notamment d’éducateurs et d’auxiliaires de puériculture, font de la pédagogie. Elles demandent aux parents d’assister aux rendez-vous médicaux pour qu’ils prennent conscience des dangers que ce type de boissons représente pour leurs enfants.

    Pas tous égaux face aux biberons marron
    « On considère que 20 % de la population française concentre 80 % des problèmes de dentition », souligne Angéline Leblanc. Autrement dit, ceux-ci sont très corrélés au niveau de vie. Mais dans toutes les classes sociales, c’est la méconnaissance des dangers liés à l’ingestion des boissons sucrées pour les plus jeunes qui domine. « Les parents s’amusent à voir leurs bébés faire la grimace à cause des bulles. Ils leur en redonnent donc », raconte Stéphanie Leclerc.

    Devant la grille des écoles, des enseignantes interloquées voient passer des bébés avec des biberons marronasses dans leurs poussettes. « La première fois, ça m’a saisie, ça me paraissait assez surréaliste comme scène », se souvient Marie, enseignante en maternelle en REP+ dans le Pas-de-Calais. Elle en parle autour d’elle et découvre une pratique bien plus courante qu’elle ne l’imaginait. « J’ai noué des relations avec plusieurs familles – je suis notamment allée plusieurs fois chez une maman qui faisait goûter du Coca à son nourrisson avec une petite cuillère… »

    « Les familles les plus aisées ne se retrouveront pas avec des enfants en grande souffrance à qui il faut arracher des dents »

    Face à un tel fléau, les professionnels disent se sentir souvent impuissants. Jeune enseignante, Marie s’est retrouvée démunie face à une situation qui ne relevait pas de sa compétence. « J’essayais de créer un lien avec les familles. La meilleure manière de le faire n’était pas de leur tomber dessus en jugeant la façon dont elles élevaient leurs enfants. Mais j’ai quand même fait des allusions lors de voyages scolaires ou rappelé que boire de l’eau était indispensable. »

    Ces notes aux parents avant les sorties scolaires pour leur indiquer que l’eau est la boisson à privilégier pour tous les enfants, les enseignants et animateurs de centres de loisirs ont presque tous l’habitude de les faire. Et pas seulement dans les quartiers prioritaires. L’engouement pour les boissons sucrées touche toutes les classes sociales. Dans les réunions parents-profs, le sujet revient régulièrement sur la table. Parmi ceux qui ne jurent que par le bio, beaucoup oublient que dans les jus de fruits… il y a du sucre et en quantité ! Reste qu’à l’apparition des caries, les incidences ne sont pas les mêmes dans ces familles. « Les plus aisées vont aller chez le dentiste dès la première tache et ne se retrouveront pas avec des enfants en grande souffrance à qui il faut arracher des dents », confirme Angéline Leblanc.

    Vers une meilleure prévention ?
    Au regard de la gravité de la situation, certains professionnels de santé continuent d’enrager en passant dans les rayons de produits infantiles des supermarchés qui proposent notamment de petites bouteilles de concentré de fruits. « Ça devrait être interdit », lâche Angéline Leblanc, agacée. Elle n’est pas la seule à le penser. « On milite pour que des étiquettes “interdit aux moins de 6 ans” soient apposées sur les bouteilles de soda », annoncent les parents les plus impliqués. Mais ces coups de gueule sporadiques ne dépassent pas les conseils d’école et ne peuvent à eux seuls faire bouger les lignes. Ceux des dentistes non plus.

    « On essaye d’expliquer aux parents, mais bien souvent ils nous répondent qu’eux-mêmes ne boivent pas d’eau et ne voient pas où est le problème »

    Lancées en France en 2017, les étiquettes nutri-score pourraient devenir obligatoires fin 2022. Mais ces indications ne semblent pas suffire – d’où l’idée de créer d’autres marqueurs pour signaler les produits « interdits aux enfants », sur le modèle du logo « déconseillé aux femmes enceintes » sur les bouteilles d’alcool. Certains pays se sont déjà emparés du sujet. Deux États mexicains interdisent par exemple la vente de boissons sucrées aux moins de 18 ans depuis le 8 août 2020 https://elpais.com/mexico/2020-08-08/oaxaca-inicia-la-carrera-contra-los-productos-azucarados-con-el-apoyo-del-go . Une première mesure avait déjà été appliquée en 2014, qui imposait une taxe sur les boissons sucrées. Le Mexique est à ce jour le seul pays du monde à avoir pris de telles dispositions, principalement pour lutter contre l’obésité infantile. D’autres, comme le Chili, tentent d’inciter à la précaution au moyen d’ étiquettes choc . 
     
    Dans l’Hexagone, il n’existe rien de semblable pour le moment. Pourtant, une étude nationale sur l’état de santé des enfants de 5-6 ans dans les différentes régions de France https://drees.solidarites-sante.gouv.fr/sites/default/files/er250.pdf , commanditée par le ministère de la Santé à l’aube de l’an 2000, faisait déjà état d’une situation d’urgence. Une vingtaine d’années plus tard, rien n’a changé. Désabusés, certains professionnels de la petite enfance finissent par abandonner. D’autres continuent à se mobiliser, avec des initiatives personnelles : des enseignants en maternelle distribuent des flyers sur l’importance de l’hygiène dentaire ou la nécessité de restreindre la consommation de boissons sucrées… « On essaye d’expliquer aux parents, mais bien souvent ils nous répondent qu’eux-mêmes ne boivent pas d’eau et ne voient pas où est le problème. »

    Faute de réponse massive et coordonnée des autorités sanitaires sur le sujet, leurs actions individuelles restent un minuscule pavé dans une immense mare de… Coca.
    #sucre #dents #santé #obésité #enfants #bambins #cola #coca_cola #pepsi_cola #alimentation #caries #dentistes #pauvreté #publicité #multinationales #écoles #ARS #prévention
    J’ai découvert l’existence des « bébés Coca » à l’entrée en maternelle de mon propre enfant. L’institutrice distribuait aux parents des flyers sur l’hygiène dentaire ; j’ai été interloquée par les préconisations qui y étaient imprimées. Il me paraissait évident qu’il ne fallait pas donner de sodas et de boissons sucrées aux plus jeunes avant de dormir, par exemple. J’en ai parlé avec l’enseignante : elle était très surprise que j’ignore l’existence de ces « bébés Coca » et m’a dit ce qu’elle en savait. Au fil du temps, d’autres personnes (éducateurs, auxiliaires puéricultrices…) que j’ai rencontrées lors de différents reportages ont mentionné ce qu’ils désignaient parfois aussi sous le nom de « syndrome du biberon ».

    Ces rencontres ont eu lieu dans l’Aisne, le Pas-de-Calais et le Nord. J’ai compris qu’il y avait un problème de santé publique et décidé d’enquêter. La rencontre avec Angéline Leblanc, dentiste qui a fait sa thèse sur le sujet, a été déterminante. Elle m’a permis de prendre conscience de l’ampleur du phénomène même s’il est impossible d’obtenir des chiffres sur le nombre d’enfants concernés. Pour l’heure, il n’existe pas de données, mêmes approximatives, sur le sujet. Contactée, l’Agence régionale de santé (ARS) Hauts-de-France n’a pas souhaité apporter son éclairage à Mediacités et nous le regrettons, dans une région réputée pour ses indicateurs inquiétants en la matière…

    Au Mexique, depuis début octobre 2020, de nouvelles étiquettes sont apparues sur les emballages alimentaires. Il s’agit de grands octogones en noir et blanc collés sur tous les aliments où il faut signaler un excès de gras, de sucre ou de sel. Une obligation contraignante puisqu’elle concernerait 80 % des produits mis à la vente, d’après l’Institut national de santé publique mexicain. L’Organisation mondiale de la santé (OMS) est convaincue de l’intérêt d’une telle initiative et a remis un prix au pays pour cette initiative ambitieuse. Le Mexique n’est pas le seul pays à avoir mis en place ce type d’étiquetage. Le Chili l’a fait il y a trois ans et les résultats vont dans le bon sens https://observatoireprevention.org/2020/09/02/le-chili-un-exemple-dintervention-agressive-de-letat-pour-co . Le Pérou, Israël et le Canada travaillent sur des systèmes similaires.

  • La possibilité de l’écofascisme
    https://perspectives-printanieres.info/la-possibilite-de-lecofascisme
    par Antoine Dubiau

    Si la menace néofasciste n’a pas attendu les alertes du #GIEC pour se constituer, le drame climatique en cours pourrait bien lui donner un nouveau souffle, ainsi qu’une nouvelle couleur – le vert. Malgré une multitude de signaux faibles et l’existence d’un corpus théorique suffisamment profond pour soutenir une telle reconfiguration idéologique, le double processus d’écologisation du #fascisme et de fascisation de l’écologie n’est pas encore une réalité massive qu’il ne serait possible de constater qu’avec impuissance. C’est un mouvement en germe dont les prémisses idéologiques peuvent encore être détruites, en comprenant ses fondements, son ancrage organisationnel et les voies par lesquelles il se déploie aujourd’hui.

    Prêter attention à ces écologies politiques d’#extrême-droite, en repérant ses multiples manifestations et les dangers qu’elles représentent, pourrait s’avérer utile sur le plan #antifasciste comme écologiste lui-même. Cela nécessite de prendre au sérieux ces appropriations politiques de la question écologique par l’extrême-droite, non pas en les accréditant mais en les reconnaissant comme de véritables positions écologistes. Beaucoup à gauche cèdent à la tentative de qualifier de « #greenwashing » toute appropriation de la question écologique par leurs ennemis politiques : l’écologie serait intrinsèquement de gauche, par sa seule histoire. Ce récit trop grossier occulte dangereusement les autres écologies politiques. Le verdissement en cours d’organisations électoralistes longtemps hostiles à l’écologie, notamment à l’extrême-droite, n’est peut-être pas sincère (ce qui en ferait effectivement du greenwashing), mais cela importe peu. Comme il ne sera jamais possible d’avoir accès aux intentions derrière ces conceptions droitières de l’écologie, ce n’est pas la sincérité de l’extrême-droite pour l’enjeu écologique qui compte, mais bien l’effet de son discours écologique. La construction de ce dernier est à chercher en-dehors des formes visibles de l’extrême-droite, car ce n’est pas au sein du #Front National que furent théorisées ces écologies politiques réactionnaires.

    En France, dans les années 70, une large nébuleuse idéologique d’extrême-droite s’est constituée autour de quelques organisations intellectuelles et d’une constellation de revues philosophico-politiques. L’organisation la plus visible ayant structuré cette nébuleuse fut le Groupement de recherche et d’études pour la civilisation européenne (GRECE), fondé en 1969. Trois revues sont directement liées à celui-ci – Éléments, Nouvelle École et Krisis – tandis qu’une multitude d’autres publications (pérennes ou temporaires) ont accompagné la structuration idéologique de cette mouvance d’extrême-droite. Dans l’espace médiatique, cette dynamique droitière reçut l’appellation de « Nouvelle Droite » par analogie avec d’autres mouvances intellectuelles et politiques contemporaines qui reçurent le même qualificatif. Plusieurs traditions politiques s’y croisent, souvent rassemblées en quatre tendances distinctes – le traditionalisme anticatholique, le #néoconservatisme, le #communautarisme ethniste et une forme particulière de positivisme, voire de scientisme – par les observateurs extérieurs, sans que cette classification ne soit officielle. C’est de cette pluralité théorique qu’émergera, plus ou moins directement, une conception #réactionnaire de l’écologie politique, influencée par les thèses fortes de plusieurs tendances précitées.
    Le philosophe Alain de Benoist fut (et reste) la principale figure de la mouvance néo-droitière. Celui-ci joue à la fois le rôle de façade respectable et de modérateur entre les différentes tendances, au carrefour desquelles il s’est lui-même toujours situé – malgré quelques revirements idéologiques lors des 5 dernières décennies. Sous une multitude de pseudonymes (qui n’ont probablement pas tous été identifiés), il participa à plusieurs médias grand public comme Le Figaro ou France Culture, et publia de nombreux ouvrages, y compris chez des éditeurs d’importance (comme Albin Michel ou Robert Laffont). Il illustre ainsi la stratégie métapolitique du « gramscisme de droite » qui caractérise la Nouvelle Droite, qu’il a lui-même rethéorisée et appliquée : diffuser, dans l’imaginaire collectif, les « valeurs » et idées de l’extrême-droite, préparant sa future réussite politique par son hégémonie culturelle. Derrière Alain de Benoist, de nombreux autres théoriciens fascistes ont suivi cette stratégie, comme Guillaume Faye, dont les thèses #identitaires semblent aujourd’hui hégémoniques dans l’espace médiatique. En effet, le mouvement #identitaire contemporain recycle largement les thèses fondatrices de la Nouvelle Droite dans son discours fictionnel sur le « choc des civilisations » ou le #grand_remplacement. Le #racisme derrière ces concepts n’est plus pseudo-biologique mais ethno-différentialiste, revendiquant la préservation de l’héritage culturel européen face à sa supposée dissolution par l’arrivée de populations jugées ethniquement allogènes. Cette culturalisation du racisme, alors débarrassé (en façade) de ses justifications pseudo-biologiques, résulte directement du travail idéologique de la Nouvelle Droite. L’écologisation du socle idéologique de la mouvance néo-droitière semble s’ancrer dans ce virage culturaliste, mais rend en réalité évident le continuum entre racismes biologique et culturel dans les théories politiques de l’extrême-droite.

    Le parcours intellectuel d’Alain de Benoist lui-même permet de comprendre la montée en puissance de la question écologique au sein de la Nouvelle Droite : initialement acquis au #scientisme technophile, qui constitue l’une des quatre tendances historiques de la mouvance, le philosophe a par la suite mis en cohérence les différences facettes de sa pensée en synthétisant, par l’écologie, ses visées traditionalistes/païennes et communautaristes sur le plan ethnique. Au milieu des années 70, l’écologie est en effet apparue comme cohérente avec le rejet romantique de la modernité d’inspiration chrétienne qui fondait déjà certaines thèses néopaïennes de la Nouvelle Droite. La défense de la culture européenne devient dès lors écologique : les communautés humaines seraient liées à leur #environnement, dans une perspective radicalement déterministe selon laquelle l’environnement détermine la culture. Cet équilibre « naturel » entre les humain-es et leur sol serait perturbé par l’arrivée de populations non-européennes, jugées culturellement inadaptées à l’environnement local. Protéger l’environnement consisterait alors à préserver cet équilibre en empêchant l’#immigration. Le fait que cette conception politique de l’écologie fasse notamment écho aux thèses nazies – et plus généralement fascistes – sur le rapport au sol n’est absolument pas un hasard. Elle s’ancre en effet dans plusieurs mythes pseudo-scientifiques et ésotériques très structurants à l’extrême-droite, comme celui du #nordicisme, qui prétend que les populations « indo-européennes » (comprendre : blanches) ne seraient pas originaires d’Afrique comme l’ensemble de l’Humanité, mais auraient vu le jour au-delà du cercle polaire arctique. Abandonnées (en façade) par la Nouvelle Droite au profit de justifications culturelles, les justifications pseudo-biologiques refont explicitement surface avec l’écologisation des thèses fascistes sur l’origine du « peuple » indo-européen et son inscription environnementale, légitimant le recours à l’appellation d’« #écofascisme ».

  • Wenn man die #USA als Freund hat, braucht man keine Feinde mehr. #N...
    https://diasp.eu/p/14182995

    Wenn man die #USA als Freund hat, braucht man keine Feinde mehr. #Nordstream2 auf Eis.... aaaaaaaber:

    #Bidens stellvertretender nationaler #Sicherheitsberater für internationale Wirtschaft, Daleep Singh, erklärte am Donnerstag, dass die USA nichts unternehmen würden, um den #Energiezufluss für die Wirtschaft zu unterbrechen. Das gilt wohl vor allem für die US-Wirtschaft.

    #Russland wurde somit erstmals zum drittgrößten #Öllieferanten der USA und überholte unter anderem auch #Saudi-Arabien.

    Und das alles nur wegen den ahnungslosen Politkaspern in #Berlin. Wie sagte Bärbock doch so schön: Wir werden einen sehr hohen Preis bezahlen, dafür, daß der Dumm-Michel solche Leute gewählt hat.

    Und laßt alle ukrainische #Flüchtlinge her, wir haben viel Platz und Geld. Und wenn nicht erhöhen wir einfach noch ein (...)

  • Also wenn ich das richtig sehe, wird Europa auf jeden Fall verliere...
    https://diasp.eu/p/14170584

    Also wenn ich das richtig sehe, wird Europa auf jeden Fall verlieren

    Vorteile hat so ein Europa interner Krieg ja nur für die Waffen liefern oder die die Rohstoffverteilung neu organisieren wollen. Also die USA und China. China hält sich so ganz offiziell bis jetzt raus, wird aber sicher der Top-Abnehmer des russischen Reichtums und wenn man die chinesischen Medien anschaut, ist da ja kein Zweifel auf wessen Seite die da zur Not sind. Die USA machen fröhlich Geschäfte mit allen Beteiligten und die hätten bestimmt auch nichts gegen ein Steinzeiteuropa – weniger Stress. Atombomben gibts ja auch noch.

    #china #krieg #nato #russland #usa Originally posted at: (...)