• COLONIALISMO. In Libia la strategia italiana della “terra bruciata”

    Non appena l’impiego operativo dell’aereo come fattore preponderante di superiorità nei conflitti venne teorizzato da #Giulio_Douhet nel 1909, gli italiani divennero i primi a livello mondiale ad utilizzare questa arma bellica durante la Guerra italo-turca della #Campagna_di_Libia.

    ll 1º novembre 1911 il sottotenente #Giulio_Gavotti eseguì da un velivolo in volo il primo bombardamento aereo della storia, volando a bassa quota su un accampamento turco ad #Ain_Zara e lanciando tre bombe a mano.

    Pochi anni dopo entrarono in servizio nuovi aerei, tecnicamente più capaci di svolgere il ruolo offensivo al quale erano stati predisposti e le azioni assunsero l’aspetto di un’inarrestabile escalation militare.

    Tra il mese di aprile e l’agosto del 1917 furono eseguite contro le oasi di Zanzour e Zavia, un centinaio di azioni con il lancio di 1.270 chilogrammi di liquido incendiario e 3.600 chili di bombe.

    Dal 1924 al 1926 gli aerei ebbero l’ordine di alzarsi in volo per bombardare tutto ciò che si muoveva nelle oasi non controllate dalle truppe italiane.

    Dal novembre 1929 alle ultime azioni del maggio 1930, l’aviazione in Cirenaica eseguì, secondo fonti ufficiali, ben 1.605 ore di volo bellico lanciando 43.500 tonnellate di bombe e sparando diecimila colpi di mitragliatrice.

    La strategia aerea e la politica della terra bruciata, spinse migliaia di uomini, donne e bambini terrorizzati a lasciare la Libia, chi verso la Tunisia e l’Algeria, chi in direzione del Ciad o dell’Egitto e i bombardamenti diventarono sempre più violenti, scientifici e sperimentali.

    Cirenaica pacificata, uno dei libri con i quali il generale Graziani volle giustificare la sua azione repressiva e rispondere alle accuse di genocidio, c’è un breve capitolo sul bombardamento di Taizerbo, una delle roccaforti della resistenza anti italiana capeggiata dall’imam Omar el Mukhtar, avvenuto il 31 luglio 1930, sei mesi dopo l’esortazione di Pietro Badoglio all’uso dell’iprite: “Per rappresaglia, ed in considerazione che Taizerbo era diventata la vera base di partenza dei nuclei razziatori il comando di aviazione fu incaricato di riconoscere l’oasi e – se del caso – bombardarla. Dopo un tentativo effettuato il giorno 30 -non riuscito, per quanto gli aeroplani fossero già in vista di Taizerbo, a causa di irregolare funzionamento del motore di un apparecchio, la ricognizione venne eseguita il giorno successivo e brillantemente portata a termine. Quattro apparecchi Ro, al comando del ten.col. Lordi, partirono da Giacolo alle ore 4.30 rientrando alla base alle ore 10.00 dopo aver raggiunto l’obiettivo e constatato la presenza di molte persone nonché un agglomerato di tende. Fu effettuato il bombardamento con circa una tonnellata di esplosivo e vennero eseguite fotografie della zona. Un indigeno, facente parte di un nucleo di razziatori, catturato pochi giorni dopo il bombardamento, asserì che le perdite subite dalla popolazione erano state sensibili, e più grande ancora il panico”.

    Vincenzo Lioy, nel suo libro sul ruolo dell’aviazione in Libia (Gloria senza allori, Associazione Culturale Aeronautica), ha aggiunto un’agghiacciante rapporto firmato dal tenente colonnello dell’Aeronautica Roberto Lordi, comandante dell’aviazione della Cirenaica (rapporto che Graziani inviò al Ministero delle colonie il 17 agosto) nel quale si apprende che i quattro apparecchi Ro erano armati con 24 bombe da 21 chili ad iprite, 12 bombe da 12 chili e da 320 bombe da 2 chili, e che “(…) in una specie di vasta conca s’incontra il gruppo delle oasi di Taizerbo. Le palme, che non sono molto numerose, sono sparpagliate su una vasta zona cespugliosa. Dove le palme sono più fitte si trovano poche casette. In prossimità di queste, piccoli giardini verdi, che in tutta la zona sono abbastanza numerosi; il che fa supporre che le oasi siano abitate da numerosa gente. Fra i vari piccoli agglomerati di case vengono avvistate una decina di tende molto più grandi delle normali e in prossimità di queste numerose persone. Poco bestiame in tutta la conca. II bombardamento venne eseguito in fila indiana passando sull’oasi di Giululat e di el Uadi e poscia sulle tende, con risultato visibilmente efficace”.

    II primo dicembre dello stesso anno il tenente colonnello Lordi inviò a Roma copia delle notizie sugli effetti del bombardamento a gas effettuato quel 31 luglio sulle oasi di Taizerbo “ottenute da interrogatorio di un indigeno ribelle proveniente da Cufra e catturato giorni or sono”.

    È una testimonianza raccapricciante raccolta materialmente dal comandante della Tenenza dei carabinieri reali di el Agheila: “Come da incarico avuto dal signor comandante l’aviazione della Cirenaica, ieri ho interrogato il ribelle Mohammed abu Alì Zueia, di Cufra, circa gli effetti prodotti dal bombardamento a gas effettuato a Taizerbo. II predetto, proveniente da Cufra, arrivò a Taizerbo parecchi giorni dopo il bombardamento, seppe che quali conseguenze immediate vi sono quattro morti. Moltissimi infermi invece vide colpiti dai gas. Egli ne vide diversi che presentavano il loro corpo ricoperto di piaghe come provocate da forti bruciature. Riesce a specificare che in un primo tempo il corpo dei colpiti veniva ricoperto da vasti gonfiori, che dopo qualche giorno si rompevano con fuoruscita di liquido incolore. Rimaneva così la carne viva priva di pelle, piagata. Riferisce ancora che un indigeno subì la stessa sorte per aver toccato, parecchi giorni dopo il bombardamento, una bomba inesplosa, e rimasero così piagate non solo le sue mani, ma tutte le altre parti del corpo ove le mani infette si posavano”.

    L’uso dell’iprite, che doveva diventare un preciso sistema di massacro della popolazione civile in Etiopia qualche anno più tardi, fu certamente una scelta sia militare che politica così come i bombardamenti dovevano corrispondere a scelte di colonizzazione ben precise e sistematiche di quella che Gaetano Salvemini, quando ebbe inizio l’avventura coloniale italiana in Libia definì “Un’immensa voragine di sabbia”:

    Benito Mussolini volle che fosse il gerarca Italo Balbo ad occuparsene dopo averlo sollevato dall’incarico di Ministro dell’Aeronautica del Regno d’Italia e inviato in qualità di Governatore nel 1934.

    Balbo dichiarò che avrebbe seguito le gloriose orme dei suoi predecessori e avviò una campagna nazionale che voleva portare due milioni di emigranti sulla Quarta Sponda Italiana del Mediterraneo.

    Ne arrivarono soltanto 31mila, ma furono un numero sufficiente da trincerare dietro un muro militare, costruito nel 1931 in Cirenaica, per contrastare la resistenza delle tribù beduine degli indipendentisti libici.

    Quel muro, il muro italiano di Giarabub, è tuttora presente e in funzione come barriera anti-immigrazione: una doppia linea di recinzione metallica lunga 270 chilometri, larga quattro metri, alta tre, visibilmente malandata ma resa insuperabile da chilometri di matasse di filo spinato che si srotolano dalle regioni a ridosso del porto di Bardia, lungo le sterpaglie desolate della Marmarica, fino a perdersi nel Grande Mare di Sabbia del Deserto Libico.

    Questa grande opera venne commissionata alla Società Italiana Costruzioni e Lavori Pubblici di Roma, che la realizzò in sei mesi, dal 15 aprile al 5 settembre 1931, ad un costo complessivo di circa venti milioni di lire, impegnando nella costruzione 2.500 indigeni sorvegliati da 1.200 soldati e carabinieri, lungo un percorso totalmente privo di strade e di risorse idriche.

    Il reticolato di filo spinato è sostenuto da paletti di ferro con base in calcestruzzo, vigilato dai ruderi fatiscenti di tre ridotte e sei ridottini; lungo il suo percorso vennero costruiti tre campi d’aviazione, una linea telefonica, 270 milioni di paletti di ferro e ventimila quintali di cemento.

    Il compito di sorveglianza e controllo è sempre stato garantito dall’innesco di migliaia di mine antiuomo, ma per un certo periodo fu oggetto di ricognizioni aeree audacemente condotte, oltre che dai piloti dell’Aeronautica Militare, anche e direttamente dal loro capo supremo e Maresciallo dell’Aria Italo Balbo a bordo di veivoli derivati dai trimotori Savoia Marchetti da lui impiegati nelle transvolate atlantiche e che divennero caccia bombardieri siluranti chiamati Sparvieri.

    Nei sei anni che Balbo visse e volò in Libia, lo Sparviero abbatté tutti i record e tutti i primati di volo civile, velocità, trasporto, durata, distanza, poi il salto di qualità e da civile divenne aereo militare: nella versione S.79K, l’impiego operativo di questo modello avvenne con l’intervento italiano nella guerra civile spagnola e il 26 aprile 1937, tre S.M.79 dell’Aviazione Legionaria presero parte al bombardamento della cittadina basca di Guernica, un’incursione aerea compiuta in cooperazione con la Legione Condor nazista, che colpì nottetempo la popolazione civile inerme e ispirò il celeberrimo dipinto di denuncia di Pablo Picasso.

    Sette anni prima era alla guida di grandi imprese di voli transatlantici: il primo nel 1930 da Orbetello a Rio de Janeiro; il secondo tre anni dopo, da Orbetello a Chicago. Questa seconda crociera, organizzata per celebrare il decennale della Regia Aeronautica Militare Italiana nell’ambito dell’Esposizione Universale Century of Progress che si tenne a Chicago tra il 1933 e il 1934, lo aveva coperto di gloria.

    Il governatore dell’Illinois e il sindaco della città di Chicago riservarono ai trasvolatori un’accoglienza trionfale: a Balbo venne intitolata una strada, tutt’oggi esistente, e i Sioux presenti all’Esposizione lo nominarono capo indiano, con il nome di Capo Aquila Volante. Il volo di ritorno proseguì per New York, dove il presidente Roosevelt organizzò, in onore agli equipaggi della flotta di 25 idrotransvolanti italiani, una grande street parade.

    Gli esaltatori delle trasvolate atlantiche non mancano di citare ogni tipo di manifestazione organizzata a Chicago in onore del grande pilota, ma omettono sempre di citare lo striscione che pare recitasse “Balbo, don Minzoni ti saluta” e che commemorava l’onore da lui acquisito come pioniere dello squadrismo fascista.

    Là, in Italia, partendo dalle valli del delta padano, aveva visto portare a compimento grandi opere di bonifiche che strapparono alle acque nuove terre da coltivare e nuove forme di diritti sindacali da reprimere grazie all’”esaltazione della violenza come il metodo più rapido e definitivo per raggiungere il fine rivoluzionario” (Italo Balbo, Diario 1922, Mondadori).

    Sempre là, nella bassa provincia Ferrarese, aveva inaugurato la strategia criminale delle esecuzioni mirate come responsabile diretto, morale e politico dei due omicidi premeditati, da lui considerati ’bastonate di stile’, che significavano frattura del cranio, somministrate al sindacalista Natale Gaiba e al sacerdote don Giovanni Minzoni.

    Natale Gaiba venne assassinato per vendicare l’offesa, compiuta quando il sindacalista argentano era assessore del Comune di Argenta, di aver fatto sequestrare l’ammasso di grano del Molino Moretti, imboscato illegalmente per farne salire il prezzo, venisse strappato ai latifondisti agrari e restituito al popolo che lo aveva prodotto coltivando la terra, ridotto alla fame.

    Don Minzoni, parroco di Argenta, venne assassinato dai fascisti locali: Balbo non volle ammettere che fossero stati individuati e arrestati i colpevoli e intervenne in molti modi, anche con la costante presenza in aula, per condizionare lo svolgimento e il risultato sia delle indagini che del processo penale, garantendo l’impunità del crimine.

    Qui, in Libia, Italo Balbo non riuscì a trovare, nemmeno con la forza, l’acqua sufficiente da donare alla terra di quei pochi coloni veneti e della bassa ferrarese che, sotto l’enfasi propagandistica del regime, lo avevano raggiunto, si erano rimboccati le maniche e si erano illusi di rendere verde il deserto “liberato”.

    Fu sempre qui, in Libia, che italo Balbo, per tragica ironia della sorte o per fatale coincidenza, precipitò realmente in una voragine di sabbia e trovò la morte, colpito dal fuoco amico della artiglieria contraerea italiana nei cieli di Tobruk il 28 giugno 1940. Evidentemente mentre lui seguiva le orme dei grandi colonizzatori italiani, qualcos’altro stava seguendo le sue tracce, poiché la responsabilità storica di quanto avvenuto per sbaglio, come tragico errore e incidente di guerra, venne assunta in prima persona da un capo pezzo del 202 Reggimento di Artiglieria, che ammise di aver sparato raffiche di artiglieria contraerea all’indirizzo del trimotore Savoia Marchetti 79 pilotato dal suo comandante supremo nonché concittadino Italo Balbo, essendo significativamente pure lui, Claudio Marzola, 20enne, un ferrarese purosangue.

    I colpi letali partirono da una delle tre mitragliatrici da 20 mm in dotazione a un Incrociatore Corazzato della Marina Regia che permaneva in rada semiaffondato e a scopo difensivo antiaereo, varato con lo stesso nome del santo patrono della città di Ferrara: San Giorgio.

    https://pagineesteri.it/2021/05/27/africa/colonialismo-in-libia-la-strategia-italiana-della-terra-bruciata
    #colonialisme #Italie #terre_brûlée #colonisation #histoire_coloniale #Italie_coloniale #colonialisme_italien #aviation #Zanzour #Zavia #oasis #bombardement #Cirenaica #Graziani #Rodolfo_Graziani #Taizerbo #iprite #Pietro_Badoglio #Badoglio #Roberto_Lordi #Italo_Balbo #fascisme #Giarabub #Balbo #Legione_Condor #violence #Natale_Gaiba #Giovanni_Minzone #don_Minzoni #Claudio_Marzola

    Un mur construit à l’époque coloniale et encore debout aujourd’hui et utilisé comme barrière anti-migrants :

    Quel muro, il muro italiano di Giarabub, è tuttora presente e in funzione come barriera anti-immigrazione: una doppia linea di recinzione metallica lunga 270 chilometri, larga quattro metri, alta tre, visibilmente malandata ma resa insuperabile da chilometri di matasse di filo spinato che si srotolano dalle regioni a ridosso del porto di Bardia, lungo le sterpaglie desolate della Marmarica, fino a perdersi nel Grande Mare di Sabbia del Deserto Libico.
    Questa grande opera venne commissionata alla Società Italiana Costruzioni e Lavori Pubblici di Roma, che la realizzò in sei mesi, dal 15 aprile al 5 settembre 1931, ad un costo complessivo di circa venti milioni di lire, impegnando nella costruzione 2.500 indigeni sorvegliati da 1.200 soldati e carabinieri, lungo un percorso totalmente privo di strade e di risorse idriche.
    Il reticolato di filo spinato è sostenuto da paletti di ferro con base in calcestruzzo, vigilato dai ruderi fatiscenti di tre ridotte e sei ridottini; lungo il suo percorso vennero costruiti tre campi d’aviazione, una linea telefonica, 270 milioni di paletti di ferro e ventimila quintali di cemento.

    #murs #barrières_frontalières

    –-

    ajouté à la métaliste sur le colonialisme italien :
    https://seenthis.net/messages/871953

    • #Balbo street à #Chicago —> une rue est encore dédiée à #Italo_Balbo :

      Nei sei anni che Balbo visse e volò in Libia, lo Sparviero abbatté tutti i record e tutti i primati di volo civile, velocità, trasporto, durata, distanza, poi il salto di qualità e da civile divenne aereo militare: nella versione S.79K, l’impiego operativo di questo modello avvenne con l’intervento italiano nella guerra civile spagnola e il 26 aprile 1937, tre S.M.79 dell’Aviazione Legionaria presero parte al bombardamento della cittadina basca di Guernica, un’incursione aerea compiuta in cooperazione con la Legione Condor nazista, che colpì nottetempo la popolazione civile inerme e ispirò il celeberrimo dipinto di denuncia di Pablo Picasso.

      Sette anni prima era alla guida di grandi imprese di voli transatlantici: il primo nel 1930 da Orbetello a Rio de Janeiro; il secondo tre anni dopo, da Orbetello a Chicago. Questa seconda crociera, organizzata per celebrare il decennale della Regia Aeronautica Militare Italiana nell’ambito dell’Esposizione Universale Century of Progress che si tenne a Chicago tra il 1933 e il 1934, lo aveva coperto di gloria.

      Il governatore dell’Illinois e il sindaco della città di Chicago riservarono ai trasvolatori un’accoglienza trionfale: a Balbo venne intitolata una strada, tutt’oggi esistente, e i Sioux presenti all’Esposizione lo nominarono capo indiano, con il nome di Capo Aquila Volante. Il volo di ritorno proseguì per New York, dove il presidente Roosevelt organizzò, in onore agli equipaggi della flotta di 25 idrotransvolanti italiani, una grande street parade.


      https://www.openstreetmap.org/search?query=balbo%20street%20chicago#map=17/41.87445/-87.62088

      #toponymie #toponymie_politique #toponymie_coloniale

      Et un #monument :
      Balbo Monument

      The Balbo Monument consists of a column that is approximately 2,000 years old dating from between 117 and 38 BC and a contemporary stone base. It was taken from an ancient port town outside of Rome by Benito Mussolini and given to the city of Chicago in 1933 to honor the trans-Atlantic flight led by Italo Balbo to the #Century_of_Progress_Worlds_Fair.


      https://en.wikipedia.org/wiki/Balbo_Monument

      #statue

      ping @cede

  • Watch : Carnival Cruise Ships Collide in Mexico – gCaptain
    https://gcaptain.com/watch-carnival-cruise-ships-collide-in-mexico
    https://www.youtube.com/watch?v=q-7gw5Dk6eM

    Two Carnival cruise ships collided in Cozumel, Mexico on Friday, causing damage to both ships.

    Video posted online show the stern of the Carnival Glory crash into the bow of the Carnival Legend.

    Carnival Glory was maneuvering to dock when it made contact with Carnival Legend which was already alongside,” Carnival said in a statement. “We are assessing the damage but there are no issues that impact the seaworthiness of either ship.

    Carnival Glory just crashed into Carnival Legend and almost crashed into Oasis of the Seas at the Cozumel cruise port. #FoxNews #RoyalCaribbean #CarnivalLegend #CarnivalGlory #OasisoftheSeas pic.twitter.com/5ITBCfz99L
    — Matthew Bruin (@BruinMatthew) December 20, 2019

  • Les routes de l’#esclavage (1/4)
    476-1375 : au-delà du désert

    Domination, violence, profit : le système criminel de l’esclavage a marqué l’histoire du monde et de l’humanité. Au fil de ses routes, cette série documentaire retrace pour la première fois la tragédie des traites négrières. Captivant et implacable. Premier volet : de la chute de Rome en 476 à la fin du XIVe siècle.

    Après la chute de Rome en 476, les peuples (Wisigoths, Ostrogoths, Berbères, Slaves, Byzantins, Nubiens et Arabes) se disputent les ruines de l’Empire. Tous pratiquent l’asservissement – « esclave » viendrait du mot « slave ». Mais au VIIe siècle émerge un Empire arabe. Au rythme de ses conquêtes se tisse, entre l’Afrique et le Moyen-Orient, un immense réseau de traite d’esclaves, dont la demande ne cesse de croître et qui converge vers Bagdad, nouveau centre du monde. Après la révolte des Zanj – des esclaves africains –, qui s’achève dans un bain de sang, le trafic se redéploie vers l’intérieur du continent. Deux grandes cités commerciales et marchés aux esclaves s’imposent : Le Caire au nord, et Tombouctou au sud, place forte de l’Empire du Mali d’où partent les caravanes. Au fil des siècles, les populations subsahariennes deviennent la principale « matière première » de ce trafic criminel.

    https://www.arte.tv/fr/videos/068406-001-A/les-routes-de-l-esclavage-1-4

    #film #documentaire #Afrique #Empire_romain #histoire #pratique_généralisée #traite #Fustat #économie #Nubie #guerre #violence #butins_de_guerre #Bagdad #main-d'oeuvre #Islam #Berbères #dromadaires #Sahara #Tombouctou #Empire_du_Mali #or #altérité #Touareg #essentialisme #fatalité #Basora #Le_Caire #esclaves_domestiques #paternalisme #négation_de_l'être #domination #esclavage_doux #oasis #Atlas_catalan

    #Catherine_Coquery-Vidrovitch :

    Dans l’Empire arabo-musulman, « l’#esclave n’était pas différencié par sa couleur, ça ne comptait pas. L’esclave était différencié par sa #culture. Il n’avait pas la culture du dominant »

    #géographie_culturelle #domination

    #Ibrahima_Thioub, université Cheickh Anta Diop, Sénégal :

    « Pour mettre en esclavage un individu, un des phénomènes importants c’est de le construire comme autre, de construire une #altérité. Les sociétés humaines ont des registres assez larges. On peut utiliser la différence de #couleur_de_peau, la différence de #religion. Dans la #traite_trans-saharienne, on va combiner les deux ».

    https://fr.wikipedia.org/wiki/Ibrahima_Thioub

    Ibrahima Thioub :

    « L’intérêt des maîtres, c’est de faire croire à l’individu qu’il est esclave non pas parce qu’un jour on lui a opposé un rapport de force qui est réversible, mais parce que, par sa nature, il est destiné à être un esclave. C’est une #idéologie extrêmement forte. Si votre sang est considéré comme un sang servile, et que cette nature vous la transmettez à votre descendance, il devient impossible de sortir du phénomène esclavagiste »

    Selon ce qui est dit dans ce reportage, 3,5 millions d’Africains ont circulé sur les routes de l’esclavage entre le 7ème et le 14ème siècle.

  • Des oasis dans la mondialisation
    https://lejournal.cnrs.fr/articles/des-oasis-dans-la-mondialisation

    Loin du cliché de carte postale, les oasis du monde recouvrent, sous la lucarne des géographes, une très large palette de situations. Mais si ces « îles dans le désert », soumises elles aussi aux effets de la globalisation, sont aujourd’hui en pleine mutation, l’enjeu reste le même : l’accès à l’eau.

  • Une #géographie_urbaine à la #marge ? Formes et processus de l’#urbanisation saharienne égyptienne (hors marges du Delta et de la Vallée) 1917-2006

    Le Sahara égyptien, qui comptait 36 000 habitants en 1907, en compte un siècle plus tard 398 000, répartis le long des franges littorales, de leur arrière,pays et dans cinq régions d’#oasis. A partir des conclusions des recherches récentes sur le Sahara qui montrent que l’urbanisation, c’est,à,dire la transformation des activités des habitants, des modes de résidence, des pratiques sociales et des échanges représente la mutation la plus importante des soixante dernières années pour ces territoires, cet article cherche à explorer les modalités d’émergence de ces nouvelles formes d’organisation sociales et spatiales dans le Sahara égyptien. Si jusqu’en 1996, l’urbanisation est majoritairement le fait de l’Etat, on essaiera de comprendre à quel moment le contenu des politiques d’aménagement égyptiennes a pris un tour volontairement urbain. En parallèle de cette analyse des politiques publiques d’aménagement urbain, on précisera les caractéristiques de cette mutation urbaine. Enfin on regardera comment se pose désormais la question du devenir de ces espaces urbains sahariens égyptiens entre libéralisation économique et mobilisation de la société civile.

    http://insaniyat.revues.org/12609
    #Egypte #Sahara #histoire
    via @franz42 et @ville_en

  • Prendre la clef des champs, Quelles visées politiques à l’installation paysanne ? Gaspard D’Allens, Lucile Leclair, Mouvements 2015/4 (n° 84)
    http://www.cairn.info/article.php?ID_ARTICLE=MOUV_084_0015

    On ne naît plus agriculteur, on le devient. Aujourd’hui, un nombre croissant d’individus se reconvertit dans le secteur agricole et tente l’aventure de la néoruralité. Anciens infirmiers, avocats, ouvriers ou commerciaux, ils se revendiquent paysans, s’approprient les gestes et les savoir-faire pour mieux les réinventer. Au-delà du fait divers, de l’anecdotique changement de vie, un mouvement de fond émerge et entre dans les fissures du monde agricole conventionnel.
    Ils sont plus d’un millier à franchir le pas chaque année. Orphelins de la terre, marginalisés par le corporatisme, ces #nouveaux_paysans peinent cependant à faire système. Comment articuler transformation individuelle et transformation sociale ? L’essaimage de ces alternatives locales parviendra-t-il à bouleverser notre modèle agricole ?
    Cet article est issu d’un travail d’enquête mené auprès d’une cinquantaine d’agriculteurs à travers la France. L’approche adoptée est résolument qualitative, elle privilégie le temps long de l’immersion et donne une place centrale à la parole des acteurs.
    Un renouvellement nécessaire des actifs agricoles
    Un vaste puzzle éclaté
    Un rejet du modèle conventionnel
    Des hommes sans #terre
    Des projets dits « atypiques »
    La tentation de l’#oasis
    L’esquisse de #mouvements_sociaux
    Une identité en gestation

    Sous #paywall.

    Pour mémoire

    Il ne s’agit pas de proposer de nouvelles théories politiques, encore moins des systèmes d’organisation. Il s’agit plutôt de montrer comment sortir des oasis, de ces refuges dans notre fuite, que sont aussi bien la création d’une œuvre, la « réalisation de soi », l’action militante ou la vie d’une collectivité autonome. Car « beaucoup de ceux qui ont regardé les événements de novembre 2005 ont d’abord éprouvé l’absence d’un #espace_politique à la hauteur de ces événements. Ceux-là avaient déjà l’habitude de ne rien attendre du militantisme et s’étaient sans doute pour la plupart éloignés de l’étouffement radicaliste... C’est à eux, justement, les êtres les plus quelconques, plus ou moins perdus dans leurs études et leurs métiers, plus ou moins empêtrés dans les restes d’un État-providence qui tournent en hypercontrôle sélectif, c’est à eux qu’il revient de faire en sorte que de l’imprévisible, et donc du réellement menaçant, ait lieu

    in
    L’instant d’après. Projectiles pour une politique à l’état naissant, Bernard Aspe
    http://www.cip-idf.org/article.php3?id_article=4705

  • La double reconnaissance à l’Unesco, entre relation et mise en relation. Le cas du parc du Tassili N’Ajjer et du rituel de la Sebeiba de l’oasis de Djanet en Algérie
    http://irmc.hypotheses.org/1803

    L’objet de notre recherche doctorale vise à tenter de définir les relations et les mises en relations entre le parc du Tassili n’Ajjer, classé sur la liste du patrimoine mondial en 1982, et le rituel de la Sebeiba Tileline de Djanet, inscrit sur le Liste représentative du patrimoine culturel immatériel de l’humanité en 2014. Par « relations », nous entendons tout ce qui relève des liens d’interdépendances entre les éléments du patrimoine susmentionnés. Tandis que par « mise en relations », nous supposons une éventuelle liaison à travers des actions de promotions et/ou de lectures effectives par certains acteurs favorisant la connexion entre les éléments classés. S’il convient d’admettre le rapport commun qu’entretiennent ces éléments du patrimoine avec l’UNESCO à travers leur inscription sur ces listes respectives, il paraît aussi important de relever une dichotomie effective par l’appareil UNESCO entre le patrimoine mondial – alias matériel, naturel et culturel – et le patrimoine immatériel au sein de la grande famille du patrimoine. Toutefois, les directives internationales de cette organisation onusienne concernant le tourisme ne manquent pas de préconiser la mise en avant d’un ensemble du patrimoine culturel (matériel et immatériel) de la destination afin de favoriser la durabilité de son développement à travers un tourisme dit « durable ».

    #Patrimoine #Patrimoine_mondial_de_l_Humanité #Patrimoine_Unesco #Unesco #Parc_du_Tassili_N_Ajjer #Sebeiba #Oasis #Djanet #Algérie #Géographie_du_Patrimoine #Tourisme #Géographie_du_Tourisme

  • #OASIS – un Outil d’Analyse de la #Ségrégation et des #Inégalités_Spatiales

    OASIS est une interface internet automatisée qui offre un large éventail d’outils #statistiques et cartographiques pour l’analyse des #variables_spatialisées. Par rapport à l’existant, OASIS présente plusieurs avantages. Premièrement, c’est une plateforme complète, qui propose des outils nouveaux et regroupe une palette très large d’outils standards, actuellement dispersés sur plusieurs logiciels ou interfaces. Deuxièmement, OASIS donne accès à une série de variables utilisées fréquemment dans la littérature sur la ségrégation et les inégalités spatiales, qui sont disponibles au niveau communal sur l’ensemble de la #France_Métropolitaine (fonds de cartes inclus). Enfin, OASIS comporte des outils inédits permettant de tester la significativité statistique de l’ensemble des indices de ségrégation et d’autocorrélation spatiale à l’aide de #simulations_Monte_Carlo. À notre connaissance, de tels outils totalement automatisés ne sont disponibles nulle part, malgré l’importance de s’assurer de la fiabilité statistique des analyses spatiales.

    http://cybergeo.revues.org/26579
    #analyse_spatiale
    #cartographie

    • OASIS (Outil d’Analyse de la Ségrégation et des Inégalités Spatiales) est une interface web automatisée – disponible sur http://oasis.irstea.fr​– qui offre un large éventail d’outils statistiques et cartographiques standards et originaux pour l’analyse des variables spatialisées. Il est destiné à un public très large, d’un niveau basique en statistique jusqu’à un niveau élevé : étudiants, autorités locales, chercheurs, etc. Par rapport à l’existant, OASIS présente plusieurs avantages. Premièrement, c’est une plateforme internet complète (sans installation nécessaire en local), qui regroupe et automatise des outils standards actuellement dispersés sur plusieurs logiciels et interfaces : …
      (…)
      Dans la version actuelle de la plateforme, l’échelle des unités spatiales est communale et couvre la France métropolitaine.
      (…)
      OASIS se trouve à sa première version et des améliorations et développements seront opérés prochainement. Dans un premier temps, l’outil sera développé pour proposer différentes échelles spatiales et autoriser l’importation de fonds de carte et de données propres, de manière à ce que les analyses ne soient plus limitées à l’échelon communal et à la France métropolitaine. Par la suite, de nouveaux indices et tests statistiques seront inclus régulièrement. En parallèle, les possibilités offertes par le module cartographique seront étendues et les jeux de données disponibles seront enrichis et actualisés. La création d’une version collaborative « open source » est également à l’étude.

  • #film #court-métrage #documentaire Mexico’s Immigrant #Oasis: Last Stop Before the Border

    The town of #Altar, #Sonora, is the last stop for thousands of migrants who plan to illegally cross the border that separates Mexico and the United States in search of a better life. Here, the economy revolves around migration. Along its streets we can find everything from special slippers to avoid detection by motion sensors installed in the Arizona desert, camouflage clothing to avoid being spotted by Border Patrol agents, backpacks, gloves, and even contraceptives for the women — as it is estimated that 80 percent of them will be raped during their journey.

    We wanted to know how difficult this crossing is for the migrants. It involves walking across the desert for days on end, abuse at the hands of human traffickers, and being hunted by Border Patrol agents. VICE news visited the Sasabe desert, between Sonora and Arizona, which registers temperatures of up to 120 degrees during the day and drops below 30 degrees at night. In this hellhole, the migrants may run into Father Prisciliano Peraza, a cowboy who apart from delivering mass, also travels through the desert in his pickup truck, dropping off supplies to those attempting to cross the border — to help them avoid meeting their death during the attempt.

    https://www.youtube.com/watch?v=hB_66Z7G7_Y&feature=youtu.be


    #Mexique #migration #USA #Etats-Unis #mourir_aux_frontières #désert_du_Sonora #business #économie_de_frontière #industrie_de_la_migration #viol #passeurs

  • Israeli forces kill 3 Palestinians in Qalandia camp
    http://www.maannews.net/eng/ViewDetails.aspx?ID=624010

    Israeli undercover forces killed three Palestinians overnight Sunday in Qalandia refugee camp in Ramallah, locals said.

    Robin al-Abed, 32, was shot in the chest and died instantly, medics said. Younis Jihad Abu al-Sheikh Jahjouh, 22, was also shot dead.

    Jihad Asslan, 20, died Monday morning from his injuries after being pronounced brain dead at a Ramallah hospital.

    All three men were killed when Israeli forces opened fire on a crowd during clashes with camp residents following an arrest raid.

    At least 15 Palestinians were injured by live fire, with six said to be in a critical condition. Most of the injured were shot in the head, chest and upper body, medics said.

    Mohammad Abed Badran, Mohammad Mteir, Abdo Mteir, Ali Adawi, and Samer al-Mansour were identified as some of those wounded.

    Witnesses told Ma’an that Israeli forces dressed in civilian clothes raided the camp at around 5 a.m. and arrested recently released prisoner Yousef al-Khatib, who had spent 10 years in an Israeli jail.

    #oasis_de_paix

    • Mideast peace talks cancelled over deaths: official
      http://www.google.com/hostednews/afp/article/ALeqM5ikls27Y9Px22dx4YBaLKhGNKvN4w?docId=CNG.9068d3a3bc43f89e8bd9dbb05b05d25

      On Sunday, Jerusalem city council’s finance committee approved a budget of $17.3 million (13 million euros) for infrastructure work at the site of the planned new east Jerusalem settlement of Ramat Shlomo.

      The site hit the headlines in March 2010, when Israel sparked the ire of the US administration by announcing, during a visit by Vice President Joe Biden, that 1,600 new homes would be built there.

      #le_paisible_selon_fabius

    • L’occupant israélien assassine trois Palestiniens dans le camp de réfugiés de Qalandya
      http://www.info-palestine.eu/spip.php?article13891

      Ramallah, le 26 août 2013 – Une unité d’infiltration israélienne (soldats déguisés en arabe) a tué trois Palestiniens dans la nuit de dimanche à lundi dans le camp de réfugiés de Qalandya à Ramallah, nous apprennent des habitants.

      Robin al-Abed, 32 ans, a été abattu d’une balle dans la poitrine et il est mort sur le coup, indiquent les médecins. Younis Jihad Abu al-Sheikh Jahjouh, 22 ans, a lui aussi a été abattu.

      Jihad Asslan, 20 ans, est mort ce lundi matin de ses blessures, après avoir été déclaré en mort cérébrale à l’hôpital de Ramallah.

      Tous les trois ont été assassinés quand les forces d’occupation ont ouvert le feu sur la foule, lors d’un affrontement avec les résidents du camp, affrontement qui a été déclenché suite à un raid d’arrestations mené par l’occupant.

      Ce sont au moins quinze Palestiniens qui ont été blessés par des tirs à balles réelles, dont six sont déclarés en état critique. La plupart des blessés ont été visés et touchés à la tête, à la poitrine, ou dans le haut du corps, indiquent les médecins.

      Mohammad Abed Badran, Mohammad Mteir, Abdo Mteir, Ali Adawi, et Samer al-Mansour comptent parmi ces blessés.

      Des témoins ont déclaré à Ma’an que des forces d’occupation israéliennes, habillées avec des vêtements civils, avaient investi le camp vers 5 h du matin et arrêté l’ancien prisonnier, libéré récemment, Yousef al-Khatib, qui a passé 10 ans dans une prison israélienne.

      Des dizaines de résidents du camp ont très vite entouré les forces israéliennes, et celles-ci ont ouvert le feu.

      Une autre patrouille de l’occupation israélienne a alors pénétré dans le camp.

      Le porte-parole d’Abbas, Nabil Abu Rudeinah, a condamné avec force l’incident, parlant de crime contre le peuple palestinien. Ces assassinats montrent les véritables intentions d’Israël envers le processus de paix, a-t-il ajouté, appelant les États-Unis à réagir et à empêcher que les tentatives de paix échouent.

      Le Premier ministre par intérim de l’Autorité palestinienne, Rami Hamdallah, a lui aussi condamné ce crime et a adressé ses condoléances aux familles des victimes.

      Quant au porte-parole de l’armée sioniste d’occupation, il n’avait rien à dire.

  • L’instant d’après. Projectiles pour une politique à l’état naissant, #Bernard_Aspe, 2006
    http://www.cip-idf.org/article.php3?id_article=4705
    (avec un #bibliographie_en_ligne partielle de Bernard Aspe)

    Dans l’ordre démocratique-policier qui est le nôtre, les communautés humaines sont rassemblées sous le commandement de ceux qui ont des titres à commander, titres prouvés par le fait qu’ils commandent. La politique est précisément la rupture de cet ordre-là. L’Instant d’après survient sur les traces immédiates de cette rupture. C’est l’instant décisif où se décide si, une fois de plus, elle va aboutir au désaccord entre le dire et le faire, à l’élargissement de la distance entre le fantasme et le réel, ou si au contraire elle va permettre l’émergence de nouvelles #formes_de_vie.

    Il ne s’agit pas de proposer de nouvelles théories politiques, encore moins des systèmes d’organisation. Il s’agit plutôt de montrer comment sortir des oasis, de ces refuges dans notre fuite, que sont aussi bien la création d’une œuvre, la « réalisation de soi », l’action militante ou la vie d’une collectivité autonome. Car « beaucoup de ceux qui ont regardé les événements de novembre 2005 ont d’abord éprouvé l’absence d’un espace politique à la hauteur de ces événements. Ceux-là avaient déjà l’habitude de ne rien attendre du #militantisme et s’étaient sans doute pour la plupart éloignés de l’étouffement radicaliste... C’est à eux, justement, les êtres les plus quelconques, plus ou moins perdus dans leurs études et leurs métiers, plus ou moins empêtrés dans les restes d’un État-providence qui tournent en hypercontrôle sélectif, c’est à eux qu’il revient de faire en sorte que de l’imprévisible, et donc du réellement menaçant, ait lieu ».

    En donnant un sens nouveau à des notions anciennes - l’éthique, le messianisme, le #jeu - en convoquant là ou elles sont peu attendues de grandes figures philosophiques - #Kierkegaard, Wittgenstein - Bernard Aspe explore le sable du désert autour des #oasis où nous attendons l’instant d’après. « Sur le sable, il y a aussi des marques laissées par d’autres. Ambivalence des empreintes : elles peuvent nous livrer à la #police, mais elles sont aussi la preuve que nous ne sommes pas seuls. »

    Sommaire

    Le sable du #désert
    Jeux(I)
    Élément éthique
    Véridictions
    Jeux(II)
    Empreintes
    Notes

    #livre_en_ligne #communisme

  • La com’ de #Danone et Nestlé envahit #Facebook | Claire Berthelemy
    http://owni.fr/2012/04/30/la-com-et-le-lobbying-de-danone-nestle-sur-facebook

    Pour les géants de l’agroalimentaire, Facebook est le média idéal. Ils y créent des vrais faux comptes d’admirateurs de leurs marques. Et y animent, officieusement, des Fanpages à la gloire de leurs produits. #Enquête sur le média sur mesure des Danone, Nestlé, #Orangina et autre Nutella.

    #Entreprises #Pouvoirs #agro-alimentaire #blogs #community_management #Nestlé #Oasis