• L’Italie fermera ses #aéroports aux migrants

    Le ministre italien de l’Intérieur s’est opposé, dimanche, à tout renvoi de migrants de l’Allemagne vers son pays, sans accord préalable.

    L’Italie va fermer ses aéroports aux avions de ligne non autorisés transportant des migrants en provenance d’Allemagne, a annoncé dimanche le ministre italien de l’Intérieur Matteo Salvini. Une décision qui accentue les tensions entre Rome et Berlin.

    L’Allemagne et l’Italie travaillent à un #accord aux termes duquel des migrants résidant en Allemagne pourraient être renvoyés en Italie, pays où ils ont déposé une demande d’asile. L’accord n’a pas été signé pour le moment.

    Le quotidien La Repubblica rapportait samedi que l’office allemand pour les réfugiés avait adressé « des dizaines de lettres » à des migrants les informant d’un possible transfert vers l’Italie via des #vols_charters. Le premier vol est prévu mardi prochain.

    « Pas d’aéroports disponibles »

    « Si des gens pensent, à Berlin ou à Bruxelles, qu’ils vont pouvoir balancer des dizaines de migrants en Italie par des vols charter non autorisés, ils doivent savoir qu’il n’y a pas et n’y aura pas d’aéroports disponibles », a dit M. Salvini dans un communiqué. « Nous fermerons les aéroports comme nous avons fermé les #ports », a-t-il dit.

    Le ministre allemand de l’Intérieur Horst Seehofer affirmait en septembre qu’un accord avait été trouvé avec l’Italie et qu’il devait être signé prochainement. Matteo Salvini avait démenti le lendemain, exigeant de nouvelles concessions de la part de l’Allemagne. Le ministre italien avait alors expliqué qu’il avait reçu des assurances de la part de l’Allemagne que pour chaque migrant renvoyé en Italie les autorités allemandes accepteraient un demandeur d’asile en Italie. Matteo Salvini exigeait deux autres concessions - une révision du traité de Dublin sur la gestion des demandes d’asile dans le pays d’arrivée et la fin de la mission navale européenne Sophia qui porte secours aux migrants en Méditerranée.

    Sortir de l’impasse

    Horst Seehofer a appelé la chancelière allemande Angela Merkel et le président du Conseil italien Giuseppe Conte à intervenir pour sortir de l’impasse. « L’accord a été négocié et suit les mêmes principes que celui avec la Grèce »« , a dit M. Seehofer au Welt am Sonntag. »Nous renvoyons des réfugiés en Italie mais nous acceptons un même nombre de personnes sauvées en mer« .

     »Mais Salvini dit maintenant : je ne signerai que si l’Allemagne soutient la position de l’Italie sur le droit d’asile dans l’Union européenne". Rome demande une réforme du traité de Dublin afin que soit organisée une répartition des nouveaux arrivants dans l’ensemble de l’UE et non plus l’obligation de rester dans le pays où ils sont arrivés en Europe.

    https://www.tdg.ch/monde/L-Italie-fermera-ses-aeroports-aux-migrants/story/27268662

    Commentaire sur twitter :

    Charter deportation from Germany to Italy planned for Tuesday, but Salvini now saying that Italy is going to “close the airports” to “non-authorised charters”

    https://twitter.com/twentyone_miles/status/1049015499219263489

    Et comme dit Philippe sur twitter, l’Italie devient une #île :


    #péninsule

    #Italie #Salvini #fermeture #fermeture_des_aéroports #Dublin #renvois_Dublin #asile #migrations #réfugiés #Allemagne

    cc @isskein @reka

    • Quelques questions, car ce n’est pas du tout clair pour moi les termes de ce fantomatique accord :

      On peut lire :

      « Le ministre italien avait alors expliqué qu’il avait reçu des assurances de la part de l’Allemagne que pour chaque migrant renvoyé en Italie les autorités allemandes accepteraient un demandeur d’asile en Italie. »

      « L’accord a été négocié et suit les mêmes principes que celui avec la Grèce »« , a dit M. Seehofer au Welt am Sonntag. »Nous renvoyons des réfugiés en Italie mais nous acceptons un même nombre de personnes sauvées en mer« .

      --> Mais qui sont ces « migrants renvoyés en Italie », si ce n’est des dublinés ? Et qui sont ces « réfugiés renvoyés en Italie » ? Si c’est des réfugiés, donc des personnes avec un statut reconnu, ils ne peuvent pas être renvoyés en Italie, j’imagine...
      --> Et les « personnes sauvées en mer » ? Il s’agit d’un nombre de personne déterminé, qui n’ont pas déjà été catégorisés en « migrants » ou « demandeurs d’asile » ?

      Et puis :

      « L’Allemagne et l’Italie travaillent à un #accord aux termes duquel des migrants résidant en Allemagne pourraient être renvoyés en Italie, pays où ils ont déposé une demande d’asile. L’accord n’a pas été signé pour le moment. »

      --> ce n’est pas déjà Dublin, ça ? C’est quoi si ce n’est pas Dublin ?

      #accord_UE-Turquie (bis)

      ping @i_s_

    • v. aussi le fil de discussion sur twitter de Matteo Villa :

      Sui voli #charter dalla Germania all’Italia non bisogna fare confusione, né cedere alla disinformazione.
      (1) Si tratta di “dublinati”, persone che hanno fatto primo ingresso in ?? dall’Italia, non migranti fermati alla frontiera tedesca e rispediti in Italia in modi spicci. Finché non cambiamo Dublino, gli accordi sono questi.
      2) Non è certo qualcosa di eccezionale. Tra 2014 e 2017, la Germania ha fatto più di 50.000 richieste di trasferimento verso l’Italia applicando le regole Dublino.
      (3) Non è neanche mistero che il sistema Dublino non funzioni. Sulle oltre 50.000 richieste da parte tedesca dal 2014, l’Italia ha effettuato solo circa 12.000 trasferimenti. Meno di 1 su 4 alla fine torna in ??.
      (4) una volta effettuato il trasferimento verso l’Italia, il richiedente asilo non è detenuto. Può quindi tentare di spostarsi di nuovo verso il Paese che lo ha riportato indietro.
      (5) Utilizzare voli charter rispetto a voli di linea è uno strappo diplomatico? Dipende. Tecnicamente, senza il consenso dell’Italia l’aereo non potrebbe neppure partire.
      (6) Vogliamo fare tutto questo casino per 40/100 persone? Davvero?

      https://twitter.com/emmevilla/status/1048951274677460993

    • Migranti, la Germania riporta 40 profughi a Roma con volo charter

      L’arrivo del primo #charter dalla Germania, con a bordo 40 migranti cosiddetti «secondari» respinti dal governo tedesco, è previsto all’aeroporto di Fiumicino giovedì prossimo, l’11 ottobre. Nonostante le smentite ufficiali del Viminale, un’intesa è stata dunque raggiunta. Adesso che la notizia è pubblica, però, bisognerà vedere cosa succederà nelle prossime ore. «Non farò favori elettorali alla Merkel», aveva detto il mese scorso Matteo Salvini all’ultimo vertice europeo sull’immigrazione.

      Così, anche se formalmente il ministero dell’Interno non può opporsi, potrebbe essere la polizia di frontiera italiana, per motivi legati al piano di volo, a non autorizzare l’atterraggio o lo sbarco dei passeggeri. È la prima volta, infatti, che la Germania si serve di un charter per riportare in Italia i «dublinanti», cioè quei migranti che sbarcano e chiedono asilo da noi, ma poi se ne vanno da uomini liberi nel resto d’Europa. In base al Trattato di Dublino, però, quando vengono rintracciati possono essere rimandati indietro, perché le norme dell’accordo prevedono appunto che sia il Paese di primo approdo a valutarne la domanda d’asilo e quindi a farsi carico dello straniero fino all’esito della procedura.

      Finora, però, il rientro dei «dublinanti» in Italia si svolgeva con viaggi di singoli migranti su aerei di linea. Dalla Francia, per esempio, ne arrivano così una ventina ogni mese. E dalla Germania, fino a oggi, una media di 25: tutti selezionati dopo una lunga istruttoria, quindi accompagnati a bordo dalla polizia tedesca fino all’atterraggio in Italia, qui infine presi in consegna dalle nostre forze dell’ordine e portati in un centro d’accoglienza.

      Ma il governo tedesco ora ha deciso di accelerare le operazioni: l’Ufficio federale per l’immigrazione e i rifugiati ha già inviato decine di lettere ai migranti arrivati in Germania passando per l’Italia, avvisandoli che saranno riportati presto nel primo Paese d’ingresso in Europa.

      Un giro di vite deciso a prescindere dal patto sui migranti fra Italia e Germania da tempo in discussione e che il nostro ministro dell’Interno, Matteo Salvini, continua ad escludere di aver mai firmato. Da Berlino, però, lo danno già per stipulato e a condizioni precise: la Germania può rimandare in Italia i migranti che attraversano il confine, garantendo in cambio la sua disponibilità a rivedere i termini dei ricollocamenti. Nei giorni scorsi, però, lo stesso Salvini era stato chiaro, parlando di «accordo a saldo zero»: in cambio cioè del ritorno in Italia dei «dublinanti» il nostro Paese invierà a Berlino un analogo numero di profughi da accogliere. «Firmerò l’accordo quando sarà chiaro che non ci sarà un solo immigrato in più a nostro carico», aveva detto. E dal Viminale, infatti, continuano a dire che la firma del ministro non c’è.

      Ma ora l’intesa apparentemente trovata sul charter in arrivo l’11 ottobre infittisce il giallo. E l’opposizione attacca: «Biglietti già fatti — ha twittato il deputato del Pd Filippo Sensi — nei prossimi giorni la Germania riporterà in Italia molti profughi, quanti? Matteo Salvini aveva tuonato che l’accordo con il suo amico Seehofer non c’era. Chi mente?». E Alessia Morani, Pd, commenta su Fb: «L’amico tedesco di Salvini, il sovranista Seehofer, vuole rimandare in Italia i profughi coi voli charter. Queste sono le conseguenze dell’accordo di giugno del premier Conte e della politica isolazionista di Salvini: si apparenta con chi alza i muri contro di noi, invece che fare accordi per la redistribuzione dei richiedenti asilo in Europa. La ricetta sovranista sta complicando la gestione dei migranti. Stanno creando il caos e questa incapacità la pagheranno gli italiani».

      https://roma.corriere.it/notizie/cronaca/18_ottobre_06/primo-volo-charter-profughi-dublino-merkel-salvini-6c4cd2a8-c9a4-11e8-

      Quelques explications de plus dans cet article :

      È la prima volta, infatti, che la Germania si serve di un charter per riportare in Italia i «dublinanti» (...) Finora, però, il rientro dei «dublinanti» in Italia si svolgeva con viaggi di singoli migranti su aerei di linea.

      –-> donc, ce qui est nouveau c’est le fait que l’Allemagne renvoie les « dublinés » via charter, alors qu’avant ces renvois étaient effectués sur des vols de ligne.

      Le fameux accord, qui ressemble à celui entre la Turquie et l’UE, devrait prévoir ceci :

      la Germania può rimandare in Italia i migranti che attraversano il confine, garantendo in cambio la sua disponibilità a rivedere i termini dei ricollocamenti.

      –-> l’Allemagne peut renvoyer en Italie les migrants qui traversent la frontière, en garantissant, en échange, sa disponibilité à revoir les termes des #relocalisation

      Salvini sur ce point :

      Salvini era stato chiaro, parlando di «accordo a saldo zero»: in cambio cioè del ritorno in Italia dei «dublinanti» il nostro Paese invierà a Berlino un analogo numero di profughi da accogliere

      –-> Salvini demande un « accord avec un solde zéro » : en échange du retour des dublinés en Italie, l’Italie enverra à Berlin un nombre analogue de réfugiés à accueillir.

      Le journal rapporte les mots de Salvini qui dit ne pas avoir signé d’accord avec l’Allemagne :

      dal Viminale, infatti, continuano a dire che la firma del ministro non c’è.

      ... mais vu qu’il y a un charter qui devrait arriver à Rome le 11 octobre... et donc on se demande si cet accord a été signé...
      Du coup, c’est la polémique : qui ment ? Seehofer ou Salvini ?

      –------------------

      Nouveau terme, @sinehebdo :

      40 migranti cosiddetti «secondari»

      –-> « #migrants_secondaires », ça doit faire référence aux #mouvements_secondaires... que l’UE cherche par tout les moyens de combattre, mais qui, en réalité, avec ses politiques, les créent... les associations et quelques chercheurs/ses utilisent plutôt le terme #Migrerrants (#migrerrance)
      #terminologie #vocabulaire #mots

    • Berlin dément avoir le projet de renvoyer des migrants en Italie

      Les autorités allemandes ont démenti dimanche avoir le projet de renvoyer en Italie des migrants résidant en Allemagne comme le rapportait un quotidien italien, information qui avait provoqué un regain de tension entre Berlin et Rome.

      Le quotidien La Repubblica rapportait samedi que l’office allemand pour les réfugiés avait adressé « des dizaines de lettres » à des migrants les informant d’un possible transfert vers l’Italie via des vols charters. Le premier vol est prévu mardi prochain.

      Cette information a provoqué une vive réaction de la part du ministre italien de l’Intérieur Matteo Salvini qui a menacé de fermer tous les aéroports de son pays aux avions de ligne non autorisés transportant des migrants en provenance d’Allemagne.

      « Aucun vol de transfert n’est prévu vers l’Italie dans les prochains jours », a déclaré un porte-parole du ministère allemand de l’Intérieur dans un courrier électronique.

      L’Allemagne et l’Italie travaillent à un accord aux termes duquel des migrants résidant en Allemagne pourraient être renvoyés en Italie, pays où ils ont déposé une demande d’asile. L’accord n’a pas été signé pour le moment.

      « Si des gens pensent, à Berlin ou à Bruxelles, qu’ils vont pouvoir balancer des dizaines de migrants en Italie par des vols charters non autorisés, ils doivent savoir qu’il n’y a pas et n’y aura pas d’aéroports disponibles », a dit Salvini dans un communiqué.

      « Nous fermerons les aéroports comme nous avons fermé les ports », a-t-il dit.

      Le ministre allemand de l’Intérieur Horst Seehofer affirmait en septembre qu’un accord avait été trouvé avec l’Italie et qu’il devait être signé prochainement. Salvini avait démenti le lendemain, exigeant de nouvelles concessions de la part de l’Allemagne.

      Le ministre italien avait alors expliqué qu’il avait reçu des assurances de la part de l’Allemagne que pour chaque migrant renvoyé en Italie les autorités allemandes accepteraient un demandeur d’asile en Italie.

      Matteo Salvini exigeait deux autres concessions - une révision du traité de Dublin sur la gestion des demandes d’asile dans le pays d’arrivée et la fin de la mission navale européenne #Sophia qui porte secours aux migrants en Méditerranée.

      Seehofer a appelé la chancelière allemande Angela Merkel et le président du Conseil italien Giuseppe Conte à intervenir pour sortir de l’#impasse.

      « L’accord a été négocié et suit les mêmes principes que celui avec la Grèce », a dit Seehofer au Welt am Sonntag. « Nous renvoyons des réfugiés en Italie mais nous acceptons un même nombre de personnes sauvées en mer ».

      « Mais Salvini dit maintenant : je ne signerai que si l’Allemagne soutient la position de l’Italie sur le droit d’asile dans l’Union européenne », poursuit Seehofer.

      Rome demande une réforme du traité de Dublin afin que soit organisée une répartition des nouveaux arrivants dans l’ensemble de l’UE et non plus l’obligation de rester dans le pays où ils sont arrivés en Europe

      https://www.mediapart.fr/journal/international/071018/berlin-dement-avoir-le-projet-de-renvoyer-des-migrants-en-italie
      #opération_Sophia

  • Knowing When and How to Delegate in Your Company
    https://hackernoon.com/knowing-when-and-how-to-delegate-in-your-company-6ac058136f3d?source=rss

    While having a steady flow of work is essential to any company’s growth, constantly staying busy isn’t always a good sign. Granted, being a small business owner requires sacrifices and that can mean acting as your own accountant, office manager, sales rep, and everything in between. Eventually, however, the natural scope of a business will grow and the tasks at hand will become larger and more demanding; this is when it’s time to delegate.Those with the entrepreneurial spirit tend to be independent idealists with just a dash of stubbornness. Finding their calling by paving their own way to success, starting a business requires dedication and sacrifice. Many new businesses don’t survive their first year, but CEOs with honed #delegation skills boost their odds of success right out of the (...)

    #operations #infographics #startup-lessons #leadership

  • Des néofascistes italiens et polonais unis pour une « #opération_européenne_de_sécurité »

    Le parti italien d’extrême droite #Forza_Nuova (FN) et les militants du #Obóz_Narodowo-Radykalny (#ONR), formation ultra-nationaliste polonaise, ont uni leurs forces pour mener « la première opération de sécurité européenne » sur les plages italiennes de la Riviera Romagnole, sur la mer adriatique.

    Réunis à #Rimini du 5 au 9 juillet dernier à l’occasion d’une conférence, les militants ont multiplié les manifestations et les « #patrouilles », de jour comme de nuit, dans la région où s’est déroulé l’an dernier le double #viol d’un transgenre péruvien et d’une touriste polonaise, pour lequel le Congolais Guerlin Butungu a été condamné à 16 ans de prison.

    Ceux qui se qualifient comme « #patriotes polonais et italiens » les appellaient des « #promenades ». Le maire de Rimini, Andrea Gnassi, y a plutôt vu « des rigolos en T-shirts noirs alignés pour un selfie fasciste ». Il a envoyé un rapport à la police.


    http://fr.euronews.com/2018/07/13/des-neofascistes-italiens-et-polonais-unis-pour-une-operation-europeenn
    #néo-nazis #néo-fascisme #Italie #Pologne #extrême_droite #sécurité #2039-2045 #milices #transphobie #homophobie
    cc @marty @albertocampiphoto

  • Chèr·es tou·tes,

    j’ai donc fait un peu d’ordre et mis les liens et textes à la bonne place.

    J’essaie de faire une petite #métaliste des listes.

    #métaliste
    #ONG #sauvetage #Méditerranée #asile #migrations #réfugiés #mourir_en_mer #sauvetages

    En général, quelques autres liens à droite et à gauche à retrouver avec les tags #Méditerranée #ONG #sauvetage :
    https://seenthis.net/recherche?recherche=%23ong+%23m%C3%A9diterran%C3%A9e+%23sauvetage

    Et un résumé + vidéos de SOS Méditerranée sur les 5 ans d’atteinte au #droit_maritime :
    https://seenthis.net/messages/780857

    cc @reka @isskein

  • J’essaie de compiler ici des liens et documents sur les processus d’ #externalisation des #frontières en #Libye, notamment des accords avec l’#UE #EU.

    Les documents sur ce fil n’ont pas un ordre chronologique très précis... (ça sera un boulot à faire ultérieurement... sic)

    Les négociations avec l’#Italie sont notamment sur ce fil :
    https://seenthis.net/messages/600874
    #asile #migrations #réfugiés

    Peut-être qu’Isabelle, @isskein, pourra faire ce travail de mise en ordre chronologique quand elle rentrera de vacances ??

    • Ici, un des derniers articles en date... par la suite de ce fil des articles plus anciens...

      Le supplice sans fin des migrants en Libye

      Ils sont arrivés en fin d’après-midi, blessés, épuisés, à bout. Ce 23 mai, près de 117 Soudanais, Ethiopiens et Erythréens se sont présentés devant la mosquée de Beni Oualid, une localité située à 120 km au sud-ouest de Misrata, la métropole portuaire de la Tripolitaine (Libye occidentale). Ils y passeront la nuit, protégés par des clercs religieux et des résidents. Ces nouveaux venus sont en fait des fugitifs. Ils se sont échappés d’une « prison sauvage », l’un de ces centres carcéraux illégaux qui ont proliféré autour de Beni Oualid depuis que s’est intensifié, ces dernières années, le flux de migrants et de réfugiés débarquant du Sahara vers le littoral libyen dans l’espoir de traverser la Méditerranée.

      Ces migrants d’Afrique subsaharienne – mineurs pour beaucoup – portent dans leur chair les traces de violences extrêmes subies aux mains de leurs geôliers : corps blessés par balles, brûlés ou lacérés de coups. Selon leurs témoignages, quinze de leurs camarades d’évasion ont péri durant leur fuite.

      Cris de douleur
      A Beni Oualid, un refuge héberge nombre de ces migrants en détresse. Des blocs de ciment nu cernés d’une terre ocre : l’abri, géré par une ONG locale – Assalam – avec l’assistance médicale de Médecins sans frontières (MSF), est un havre rustique mais dont la réputation grandit. Des migrants y échouent régulièrement dans un piètre état. « Beaucoup souffrent de fractures aux membres inférieurs, de fractures ouvertes infectées, de coups sur le dos laissant la chair à vif, d’électrocution sur les parties génitales », rapporte Christophe Biteau, le chef de la mission MSF pour la -Libye, rencontré à Tunis.

      Leurs tortionnaires les ont kidnappés sur les routes migratoires. Les migrants et réfugiés seront détenus et suppliciés aussi longtemps qu’ils n’auront pas payé une rançon, à travers les familles restées au pays ou des amis ayant déjà atteint Tripoli. Technique usuelle pour forcer les résistances, les détenus torturés sont sommés d’appeler leurs familles afin que celles-ci puissent entendre en « direct » les cris de douleur au téléphone.

      Les Erythréens, Somaliens et Soudanais sont particulièrement exposés à ce racket violent car, liés à une diaspora importante en Europe, ils sont censés être plus aisément solvables que les autres. Dans la région de Beni Oualid, toute cette violence subie, ajoutée à une errance dans des zones désertiques, emporte bien des vies. D’août 2017 à mars 2018, 732 migrants ont trouvé la mort autour de Beni Oualid, selon Assalam.

      En Libye, ces prisons « sauvages » qui parsèment les routes migratoires vers le littoral, illustration de l’osmose croissante entre réseaux historiques de passeurs et gangs criminels, cohabitent avec un système de détention « officiel ». Les deux systèmes peuvent parfois se croiser, en raison de l’omnipotence des milices sur le terrain, mais ils sont en général distincts. Affiliés à une administration – le département de lutte contre la migration illégale (DCIM, selon l’acronyme anglais) –, les centres de détention « officiels » sont au nombre d’une vingtaine en Tripolitaine, d’où embarque l’essentiel des migrants vers l’Italie. Si bien des abus s’exercent dans ces structures du DCIM, dénoncés par les organisations des droits de l’homme, il semble que la violence la plus systématique et la plus extrême soit surtout le fait des « prisons sauvages » tenues par des organisations criminelles.

      Depuis que la polémique s’est envenimée en 2017 sur les conditions de détention des migrants, notamment avec le reportage de CNN sur les « marchés aux esclaves », le gouvernement de Tripoli a apparemment cherché à rationaliser ses dispositifs carcéraux. « Les directions des centres font des efforts, admet Christophe Biteau, de MSF-Libye. Le dialogue entre elles et nous s’est amélioré. Nous avons désormais un meilleur accès aux cellules. Mais le problème est que ces structures sont au départ inadaptées. Il s’agit le plus souvent de simples hangars ou de bâtiments vétustes sans isolation. »

      Les responsables de ces centres se plaignent rituellement du manque de moyens qui, selon eux, explique la précarité des conditions de vie des détenus, notamment sanitaires. En privé, certains fustigent la corruption des administrations centrales de Tripoli, qui perçoivent l’argent des Européens sans le redistribuer réellement aux structures de terrain.

      Cruel paradoxe
      En l’absence d’une refonte radicale de ces circuits de financement, la relative amélioration des conditions de détention observée récemment par des ONG comme MSF pourrait être menacée. « Le principal risque, c’est la congestion qui résulte de la plus grande efficacité des gardes-côtes libyens », met en garde M. Biteau. En effet, les unités de la marine libyenne, de plus en plus aidées et équipées par Bruxelles ou Rome, ont multiplié les interceptions de bateaux de migrants au large du littoral de la Tripolitaine.

      Du 1er janvier au 20 juin, elles avaient ainsi reconduit sur la terre ferme près de 9 100 migrants. Du coup, les centres de détention se remplissent à nouveau. Le nombre de prisonniers dans ces centres officiels – rattachés au DCIM – a grimpé en quelques semaines de 5 000 à 7 000, voire à 8 000. Et cela a un impact sanitaire. « Le retour de ces migrants arrêtés en mer se traduit par un regain des affections cutanées en prison », souligne Christophe Biteau.

      Simultanément, l’Organisation mondiale des migrations (OIM) intensifie son programme dit de « retours volontaires » dans leurs pays d’origine pour la catégorie des migrants économiques, qu’ils soient détenus ou non. Du 1er janvier au 20 juin, 8 571 d’entre eux – surtout des Nigérians, Maliens, Gambiens et Guinéens – sont ainsi rentrés chez eux. L’objectif que s’est fixé l’OIM est le chiffre de 30 000 sur l’ensemble de 2018. Résultat : les personnes éligibles au statut de réfugié et ne souhaitant donc pas rentrer dans leurs pays d’origine – beaucoup sont des ressortissants de la Corne de l’Afrique – se trouvent piégées en Libye avec le verrouillage croissant de la frontière maritime.

      Le Haut-Commissariat pour les réfugiés (HCR) des Nations unies en a bien envoyé certains au Niger – autour de 900 – pour que leur demande d’asile en Europe y soit traitée. Cette voie de sortie demeure toutefois limitée, car les pays européens tardent à les accepter. « Les réfugiés de la Corne de l’Afrique sont ceux dont la durée de détention en Libye s’allonge », pointe M. Biteau. Cruel paradoxe pour une catégorie dont la demande d’asile est en général fondée. Une absence d’amélioration significative de leurs conditions de détention représenterait pour eux une sorte de double peine.

      http://lirelactu.fr/source/le-monde/28fdd3e6-f6b2-4567-96cb-94cac16d078a
      #UE #EU

    • Remarks by High Representative/Vice-President Federica Mogherini at the joint press conference with Sven Mikser, Minister for Foreign Affairs of Estonia
      Mogherini:

      if you are asking me about the waves of migrants who are coming to Europe which means through Libya to Italy in this moment, I can tell you that the way in which we are handling this, thanks also to a very good work we have done with the Foreign Ministers of the all 28 Member States, is through a presence at sea – the European Union has a military mission at sea in the Mediterranean, at the same time dismantling the traffickers networks, having arrested more than 100 smugglers, seizing the boats that are used, saving lives – tens of thousands of people were saved but also training the Libyan coasts guards so that they can take care of the dismantling of the smuggling networks in the Libyan territorial waters.

      And we are doing two other things to prevent the losses of lives but also the flourishing of the trafficking of people: inside Libya, we are financing the presence of the International Organisation for Migration and the UNHCR so that they can have access to the detention centres where people are living in awful conditions, save these people, protect these people but also organising voluntary returns to the countries of origin; and we are also working with the countries of origin and transit, in particular Niger, where more than 80% of the flows transit. I can tell you one number that will strike you probably - in the last 9 months through our action with Niger, we moved from 76 000 migrants passing through Niger into Libya to 6 000.

      https://eeas.europa.eu/headquarters/headquarters-homepage/26042/remarks-high-representativevice-president-federica-mogherini-joint-press
      #Libye #Niger #HCR #IOM #OIM #EU #UE #Mogherini #passeurs #smugglers

    • Il risultato degli accordi anti-migranti: aumentati i prezzi dei viaggi della speranza

      L’accordo tra Europa e Italia da una parte e Niger dall’altra per bloccare il flusso dei migranti verso la Libia e quindi verso le nostre coste ha ottenuto risultati miseri. O meglio un paio di risultati li ha avuti: aumentare il prezzo dei trasporti – e quindi i guadagni dei trafficanti di uomini – e aumentare a dismisura i disagi e i rischi dei disperati che cercano in tutti i modi di attraversare il Mediterraneo. Insomma le misure adottate non scoraggiano chi vuole partire. molti di loro muoiono ma non muore la loro speranza di una vita migliore.

      http://www.africa-express.info/2017/02/03/il-risultato-dellaccordo-con-il-niger-sui-migranti-aumentati-prezzi

    • C’était 2016... et OpenMigration publiait cet article:
      Il processo di esternalizzazione delle frontiere europee: tappe e conseguenze di un processo pericoloso

      L’esternalizzazione delle politiche europee e italiane sulle migrazioni: Sara Prestianni ci spiega le tappe fondamentali del processo, e le sue conseguenze più gravi in termini di violazioni dei diritti fondamentali.

      http://openmigration.org/analisi/il-processo-di-esternalizzazione-delle-frontiere-europee-tappe-e-conseguenze-di-un-processo-pericoloso/?platform=hootsuite

    • Per bloccare i migranti 610 milioni di euro dall’Europa e 50 dall’Italia

      Con la Libia ancora fortemente compromessa, la sfida per la gestione dei flussi di migranti dall’Africa sub-sahariana si è di fatto spostata più a Sud, lungo i confini settentrionali del Niger. Uno dei Paesi più poveri al mondo, ma che in virtù della sua stabilità - ha mantenuto pace e democrazia in un’area lacerata dai conflitti - è oggi il principale alleato delle potenze europee nella regione. Gli accordi prevedono che il Niger in cambio di 610 milioni d’ euro dall’Unione Europea, oltre a 50 promessi dall’Italia, sigilli le proprie frontiere settentrionali e imponga un giro di vite ai traffici illegali. È dal Niger infatti che transita gran parte dei migranti sub-sahariani: 450.000, nel 2016, hanno attraversato il deserto fino alle coste libiche, e in misura inferiore quelle algerine. In Italia, attraverso questa rotta, ne sono arrivati 180.000 l’anno scorso e oltre 40.000 nei primi quattro mesi del 2017.


      http://www.lastampa.it/2017/05/31/esteri/per-bloccare-i-migranti-milioni-di-euro-dalleuropa-e-dallitalia-4nPsLCnUURhOkXQl14sp7L/pagina.html

    • The Human Rights Risks of External Migration Policies

      This briefing paper sets out the main human rights risks linked to external migration policies, which are a broad spectrum of actions implemented outside of the territory of the state that people are trying to enter, usually through enhanced cooperation with other countries. From the perspective of international law, external migration policies are not necessarily unlawful. However, Amnesty International considers that several types of external migration policies, and particularly the externalization of border control and asylum-processing, pose significant human rights risks. This document is intended as a guide for activists and policy-makers working on the issue, and includes some examples drawn from Amnesty International’s research in different countries.

      https://www.amnesty.org/en/documents/pol30/6200/2017/en

    • Libya’s coast guard abuses migrants despite E.U. funding and training

      The European Union has poured tens of millions of dollars into supporting Libya’s coast guard in search-and-rescue operations off the coast. But the violent tactics of some units and allegations of human trafficking have generated concerns about the alliance.

      https://www.washingtonpost.com/world/middle_east/libyas-coast-guard-abuses-desperate-migrants-despite-eu-funding-and-training/2017/07/10/f9bfe952-7362-4e57-8b42-40ae5ede1e26_story.html?tid=ss_tw

    • How Libya’s #Fezzan Became Europe’s New Border

      The principal gateway into Europe for refugees and migrants runs through the power vacuum in southern Libya’s Fezzan region. Any effort by European policymakers to stabilise Fezzan must be part of a national-level strategy aimed at developing Libya’s licit economy and reaching political normalisation.

      https://www.crisisgroup.org/middle-east-north-africa/north-africa/libya/179-how-libyas-fezzan-became-europes-new-border
      cc @i_s_

      v. aussi ma tentative cartographique :


      https://seenthis.net/messages/604039

    • Avramopoulos says Sophia could be deployed in Libya

      (ANSAmed) - BRUSSELS, AUGUST 3 - European Commissioner Dimitris Avramopoulos told ANSA in an interview Thursday that it is possible that the #Operation_Sophia could be deployed in Libyan waters in the future. “At the moment, priority should be given to what can be done under the current mandate of Operation Sophia which was just renewed with added tasks,” he said. “But the possibility of the Operation moving to a third stage working in Libyan waters was foreseen from the beginning. If the Libyan authorities ask for this, we should be ready to act”. (ANSAmed).

      http://www.ansamed.info/ansamed/en/news/sections/politics/2017/08/03/avramopoulos-says-sophia-could-be-deployed-in-libya_602d3d0e-f817-42b0-ac3

    • Les ambivalences de Tripoli face à la traite migratoire. Les trafiquants ont réussi à pénétrer des pans entiers des institutions officielles

      Par Frédéric Bobin (Zaouïa, Libye, envoyé spécial)

      LE MONDE Le 25.08.2017 à 06h39 • Mis à jour le 25.08.2017 à 10h54

      Les petits trous dessinent comme des auréoles sur le ciment fauve. Le haut mur hérissé de fils de fer barbelés a été grêlé d’impacts de balles de kalachnikov à deux reprises, la plus récente en juin. « Ils sont bien mieux armés que nous », soupire Khaled Al-Toumi, le directeur du centre de détention de Zaouïa, une municipalité située à une cinquantaine de kilomètres à l’ouest de Tripoli. Ici, au cœur de cette bande côtière de la Libye où se concentre l’essentiel des départs de migrants vers l’Italie, une trentaine d’Africains subsahariens sont détenus – un chiffre plutôt faible au regard des centres surpeuplés ailleurs dans le pays.

      C’est que, depuis les assauts de l’établissement par des hommes armés, Khaled Al-Toumi, préfère transférer à Tripoli le maximum de prisonniers. « Nous ne sommes pas en mesure de les protéger », dit-il. Avec ses huit gardes modestement équipés, il avoue son impuissance face aux gangs de trafiquants qui n’hésitent pas à venir récupérer par la force des migrants, dont l’arrestation par les autorités perturbe leurs juteuses affaires. En 2014, ils avaient repris environ 80 Erythréens. Plus récemment, sept Pakistanais. « On reçoit en permanence des menaces, ils disent qu’ils vont enlever nos enfants », ajoute le directeur.

      Le danger est quotidien. Le 18 juillet, veille de la rencontre avec Khaled Al-Toumi, soixante-dix femmes migrantes ont été enlevées à quelques kilomètres de là alors qu’elles étaient transférées à bord d’un bus du centre de détention de Gharian à celui de Sorman, des localités voisines de Zaouïa.

      On compte en Libye une trentaine de centres de ce type, placés sous la tutelle de la Direction de combat contre la migration illégale (DCMI) rattachée au ministère de l’intérieur. A ces prisons « officielles » s’ajoutent des structures officieuses, administrées ouvertement par des milices. L’ensemble de ce réseau carcéral détient entre 4 000 et 7 000 détenus, selon les Nations unies (ONU).

      « Corruption galopante »

      A l’heure où l’Union européenne (UE) nourrit le projet de sous-traiter à la Libye la gestion du flux migratoire le long de la « route de la Méditerranée centrale », le débat sur les conditions de détention en vigueur dans ces centres a gagné en acuité.

      Une partie de la somme de 90 millions d’euros que l’UE s’est engagée à allouer au gouvernement dit d’« union nationale » de Tripoli sur la question migratoire, en sus des 200 millions d’euros annoncés par l’Italie, vise précisément à l’amélioration de l’environnement de ces centres.

      Si des « hot spots » voient le jour en Libye, idée que caressent certains dirigeants européens – dont le président français Emmanuel Macron – pour externaliser sur le continent africain l’examen des demandes d’asile, ils seront abrités dans de tels établissements à la réputation sulfureuse.

      La situation y est à l’évidence critique. Le centre de Zaouïa ne souffre certes pas de surpopulation. Mais l’état des locaux est piteux, avec ses matelas légers jetés au sol et l’alimentation d’une préoccupante indigence, limitée à un seul plat de macaronis. Aucune infirmerie ne dispense de soins.

      « Je ne touche pas un seul dinar de Tripoli ! », se plaint le directeur, Khaled Al-Toumi. Dans son entourage, on dénonce vertement la « corruption galopante de l’état-major de la DCMI à Tripoli qui vole l’argent ». Quand on lui parle de financement européen, Khaled Al-Toumi affirme ne pas en avoir vu la couleur.

      La complainte est encore plus grinçante au centre de détention pour femmes de Sorman, à une quinzaine de kilomètres à l’ouest : un gros bloc de ciment d’un étage posé sur le sable et piqué de pins en bord de plage. Dans la courette intérieure, des enfants jouent près d’une balançoire.

      Là, la densité humaine est beaucoup plus élevée. La scène est un brin irréelle : dans la pièce centrale, environ quatre-vingts femmes sont entassées, fichu sur la tête, regard levé vers un poste de télévision rivé au mur délavé. D’autres se serrent dans les pièces adjacentes. Certaines ont un bébé sur les jambes, telle Christiane, une Nigériane à tresses assise sur son matelas. « Ici, il n’y a rien, déplore-t-elle. Nous n’avons ni couches ni lait pour les bébés. L’eau de la nappe phréatique est salée. Et le médecin ne vient pas souvent : une fois par semaine, souvent une fois toutes les deux semaines. »

      « Battu avec des tuyaux métalliques »

      Non loin d’elle, Viviane, jeune fille élancée de 20 ans, Nigériane elle aussi, se plaint particulièrement de la nourriture, la fameuse assiette de macaronis de rigueur dans tous les centres de détention.

      Viviane est arrivée en Libye en 2015. Elle a bien tenté d’embarquer à bord d’un Zodiac à partir de Sabratha, la fameuse plate-forme de départs à l’ouest de Sorman, mais une tempête a fait échouer l’opération. Les passagers ont été récupérés par les garde-côtes qui les ont répartis dans les différentes prisons de la Tripolitaine. « Je n’ai pas pu joindre ma famille au téléphone, dit Viviane dans un souffle. Elle me croit morte. »

      Si la visite des centres de détention de Zaouïa ou de Sorman permet de prendre la mesure de l’extrême précarité des conditions de vie, admise sans fard par les officiels des établissements eux-mêmes, la question des violences dans ces lieux coupés du monde est plus délicate.

      Les migrants sont embarrassés de l’évoquer en présence des gardes. Mais mises bout à bout, les confidences qu’ils consentent plus aisément sur leur expérience dans d’autres centres permettent de suggérer un contexte d’une grande brutalité. Celle-ci se déploie sans doute le plus sauvagement dans les prisons privées, officieuses, où le racket des migrants est systématique.

      Et les centres officiellement rattachés à la DCMI n’en sont pas pour autant épargnés. Ainsi Al Hassan Dialo, un Guinéen rencontré à Zaouïa, raconte qu’il était « battu avec des tuyaux métalliques » dans le centre de Gharian, où il avait été précédemment détenu.

      « Extorsion, travail forcé »

      On touche là à l’ambiguïté foncière de ce système de détention, formellement rattaché à l’Etat mais de facto placé sous l’influence des milices contrôlant le terrain. Le fait que des réseaux de trafiquants, liés à ces milices, peuvent impunément enlever des détenus au cœur même des centres, comme ce fut le cas à Zaouïa, donne la mesure de leur capacité de nuisance.

      « Le système est pourri de l’intérieur », se désole un humanitaire. « Des fonctionnaires de l’Etat et des officiels locaux participent au processus de contrebande et de trafic d’êtres humains », abonde un rapport de la Mission d’appui de l’ONU en Libye publié en décembre 2016.

      Dans ces conditions, les migrants font l’objet « d’extorsion, de travail forcé, de mauvais traitements et de tortures », dénonce le rapport. Les femmes, elles, sont victimes de violences sexuelles à grande échelle. Le plus inquiétant est qu’avec l’argent européen promis les centres de détention sous tutelle de la DCMI tendent à se multiplier. Trois nouveaux établissements ont fait ainsi leur apparition ces derniers mois dans le Grand Tripoli.

      La duplicité de l’appareil d’Etat, ou de ce qui en tient lieu, est aussi illustrée par l’attitude des gardes-côtes, autres récipiendaires des financements européens et même de stages de formation. Officiellement, ils affirment lutter contre les réseaux de passeurs au maximum de leurs capacités tout en déplorant l’insuffisance de leurs moyens.

      « Nous ne sommes pas équipés pour faire face aux trafiquants », regrette à Tripoli Ayoub Kassim, le porte-parole de la marine libyenne. Au détour d’un plaidoyer pro domo, le hiérarque militaire glisse que le problème de la gestion des flux migratoires se pose moins sur le littoral qu’au niveau de la frontière méridionale de la Libye. « La seule solution, c’est de maîtriser les migrations au sud, explique-t-il. Malheureusement, les migrants arrivent par le Niger sous les yeux de l’armée française » basée à Madama…

      Opérations de patrouille musclées

      Les vieilles habitudes perdurent. Avant 2011, sous Kadhafi, ces flux migratoires – verrouillés ou tolérés selon l’intérêt diplomatique du moment – étaient instrumentalisés pour exercer une pression sur les Européens.

      Une telle politique semble moins systématique, fragmentation de l’Etat oblige, mais elle continue d’inspirer le comportement de bien des acteurs libyens usant habilement de la carte migratoire pour réclamer des soutiens financiers.

      La déficience des équipements des gardes-côtes ne fait guère de doute. Avec son patrouilleur de 14 mètres de Zaouïa et ses quatre autres bâtiments de 26,4 mètres de Tripoli – souffrant de défaillances techniques bien qu’ayant été réparés en Italie –, l’arsenal en Tripolitaine est de fait limité. Par ailleurs, l’embargo sur les ventes d’armes vers la Libye, toujours en vigueur, en bride le potentiel militaire.

      Pourtant, la hiérarchie des gardes-côtes serait plus convaincante si elle était en mesure d’exercer un contrôle effectif sur ses branches locales. Or, à l’évidence, une sérieuse difficulté se pose à Zaouïa. Le chef local de gardes-côtes, Abdelrahman Milad, plus connu sous le pseudonyme d’Al-Bija, joue un jeu trouble. Selon le rapport du panel des experts sur la Libye de l’ONU, publié en juin, Al-Bija doit son poste à Mohamed Koshlaf, le chef de la principale milice de Zaouïa, qui trempe dans le trafic de migrants.

      Le patrouilleur d’Al-Bija est connu pour ses opérations musclées. Le 21 octobre 2016, il s’est opposé en mer à un sauvetage conduit par l’ONG Sea Watch, provoquant la noyade de vingt-cinq migrants. Le 23 mai 2017, le même patrouilleur intervient dans la zone dite « contiguë » – où la Libye est juridiquement en droit d’agir – pour perturber un autre sauvetage mené par le navire Aquarius, affrété conjointement par Médecins sans frontières et SOS Méditerranée, et le Juvena, affrété par l’ONG allemande Jugend Rettet.

      Duplicité des acteurs libyens

      Les gardes-côtes sont montés à bord d’un Zodiac de migrants, subtilisant téléphones portables et argent des occupants. Ils ont également tiré des coups de feu en l’air, et même dans l’eau où avaient sauté des migrants, ne blessant heureusement personne.

      « Il est difficile de comprendre la logique de ce type de comportement, commente un humanitaire. Peut-être le message envoyé aux migrants est-il : “La prochaine fois, passez par nous.” » Ce « passez par nous » peut signifier, selon de bons observateurs de la scène libyenne, « passez par le réseau de Mohamed Koshlaf », le milicien que l’ONU met en cause dans le trafic de migrants.

      Al-Bija pratiquerait ainsi le deux poids-deux mesures, intraitable ou compréhensif selon que les migrants relèvent de réseaux rivaux ou amis, illustration typique de la duplicité des acteurs libyens. « Al-Bija sait qu’il a commis des erreurs, il cherche maintenant à restaurer son image », dit un résident de Zaouïa. Seule l’expérience le prouvera. En attendant, les Européens doivent coopérer avec lui pour fermer la route de la Méditerranée.

      http://www.lemonde.fr/afrique/article/2017/08/16/en-libye-nous-ne-sommes-que-des-esclaves_5172760_3212.html

    • A PATTI CON LA LIBIA

      La Libia è il principale punto di partenza di barconi carichi di migranti diretti in Europa. Con la Libia l’Europa deve trattare per trovare una soluzione. La Libia però è anche un paese allo sbando, diviso. C’è il governo di Tripoli retto da Fayez al-Sarraj. Poi c’è il generale Haftar che controlla i due terzi del territorio del paese. Senza contare gruppi, milizie, clan tribali. Il compito insomma è complicato. Ma qualcosa, forse, si sta muovendo.

      Dopo decine di vertici inutili, migliaia di morti nel Mediterraneo, promesse non mantenute si torna a parlare con una certa insistenza della necessità di stabilizzare la Libia e aiutare il paese che si affaccia sul Mediterraneo. Particolarmente attiva in questa fase la Francia di Macron, oltre naturalmente all’Italia.

      Tra i punti in discussione c’è il coinvolgimento di altri paesi africani di transito come Niger e Ciad che potrebbero fungere da filtro. Oltre naturalmente ad aiuti diretti alla Libia. Assegni milionari destinati a una migliore gestione delle frontiere ad esempio.

      Ma è davvero così semplice? E come la mettiamo con le violenze e le torture subite dai migranti nei centri di detenzione? Perché proprio ora l’Europa sembra svegliarsi? Cosa si cela dietro questa competizione soprattutto tra Roma e Parigi nel trovare intese con Tripoli?

      http://www.rsi.ch/rete-uno/programmi/informazione/modem/A-PATTI-CON-LA-LIBIA-9426001.html

    • Le fonds fiduciaire de l’UE pour l’Afrique adopte un programme de soutien à la gestion intégrée des migrations et des frontières en Libye d’un montant de 46 millions d’euros

      À la suite du plan d’action de la Commission pour soutenir l’Italie, présenté le 4 juillet, le fonds fiduciaire de l’UE pour l’Afrique a adopté ce jour un programme doté d’une enveloppe de 46 millions d’euros pour renforcer les capacités des autorités libyennes en matière de gestion intégrée des migrations et des frontières.

      http://europa.eu/rapid/press-release_IP-17-2187_fr.htm

    • L’Europe va verser 200 millions d’euros à la Libye pour stopper les migrants

      Les dirigeants européens se retrouvent ce vendredi à Malte pour convaincre la Libye de freiner les traversées de migrants en Méditerranée. Ils devraient proposer d’équiper et former ses gardes-côtes. Le projet d’ouvrir des camps en Afrique refait surface.

      https://www.mediapart.fr/journal/international/020217/leurope-va-verser-200-millions-deuros-la-libye-pour-stopper-les-migrants

      –-> pour archivage...

    • Persécutés en Libye : l’Europe est complice

      L’Union européenne dans son ensemble, et l’Italie en particulier, sont complices des violations des droits humains commises contre les réfugiés et les migrants en Libye. Enquête.

      https://www.amnesty.fr/refugies-et-migrants/actualites/refugies-et-migrants-persecutes-en-libye-leurope-est-complice

      #complicité

      Et l’utilisation du mot « persécutés » n’est évidemment pas été choisi au hasard...
      –-> ça renvoie à la polémique de qui est #réfugié... et du fait que l’UE essaie de dire que les migrants en Libye sont des #migrants_économiques et non pas des réfugiés (comme ceux qui sont en Turquie et/ou en Grèce, qui sont des syriens, donc des réfugiés)...
      Du coup, utiliser le concept de #persécution signifie faire une lien direct avec la Convention sur les réfugiés et admettre que les migrants en Libye sont potentiellement des réfugiés...

      La position de l’UE :

      #Mogherini was questioned about the EU’s strategy of outsourcing the migration crisis to foreign countries such as Libya and Turkey, which received billions to prevent Syrian refugees from crossing to Greece.

      She said the situation was different on two counts: first, the migrants stranded in Libya were not legitimate asylum seekers like those fleeing the war in Syria. And second, different international bodies were in charge.

      “When it comes to Turkey, it is mainly refugees from Syria; when it comes to Libya, it is mainly migrants from Sub-Saharan Africa and the relevant international laws apply in different manners and the relevant UN agencies are different – the UNHC

      https://www.euractiv.com/section/development-policy/news/libya-human-bondage-risks-overshadowing-africa-eu-summit
      voir ici : http://seen.li/dqtt

      Du coup, @sinehebdo, « #persécutés » serait aussi un mot à ajouter à ta longue liste...

    • v. aussi:
      Libya: Libya’s dark web of collusion: Abuses against Europe-bound refugees and migrants

      In recent years, hundreds of thousands of refugees and migrants have braved the journey across Africa to Libya and often on to Europe. In response, the Libyan authorities have used mass indefinite detention as their primary migration management tool. Regrettably, the European Union and Italy in particular, have decided to reinforce the capacity of Libyan authorities to intercept refugees and migrants at sea and transfer them to detention centres. It is essential that the aims and nature of this co-operation be rethought; that the focus shift from preventing arrivals in Europe to protecting the rights of refugees and migrants.

      https://www.amnesty.org/fr/documents/document/?indexNumber=mde19%2f7561%2f2017&language=en
      #rapport

    • Amnesty France : « L’Union Européenne est complice des violations de droits de l’homme en Libye »

      Jean-François Dubost est responsable du Programme Protection des Populations (réfugiés, civils dans les conflits, discriminations) chez Amnesty France. L’ONG publie un rapport sur la responsabilité des gouvernements européens dans les violations des droits humains des réfugiés et des migrants en Libye.

      https://www.franceinter.fr/emissions/l-invite-de-6h20/l-invite-de-6h20-12-decembre-2017
      #responsabilité

    • Accordi e crimini contro l’umanità in un rapporto di Amnesty International

      La Rotta del Mediterraneo centrale, dal Corno d’Africa, dall’Africa subsahariana, al Niger al Ciad ed alla Libia costituisce ormai l’unica via di fuga da paesi in guerra o precipitati in crisi economiche che mettono a repentaglio la vita dei loro abitanti, senza alcuna possibile distinzione tra migranti economici e richiedenti asilo. Anche perché in Africa, ed in Libia in particolare, la possibilità concreta di chiedere asilo ed ottenere un permesso di soggiorno o un visto, oltre al riconoscimento dello status di rifugiato da parte dell’UNHCR, è praticamente nulla. Le poche persone trasferite in altri paesi europei dai campi libici (resettlement), come i rimpatri volontari ampiamente pubblicizzati, sono soltanto l’ennesima foglia di fico che si sta utilizzando per nascondere le condizioni disumane in cui centinaia di migliaia di persone vengono trattenute sotto sequestro nei centri di detenzione libici , ufficiali o informali. In tutti gravissime violazioni dei diritti umani, anche subito dopo la visita dei rappresentanti dell’UNHCR e dell’OIM, come dichiarano alcuni testimoni.

      https://www.a-dif.org/2017/12/12/accordi-e-crimini-contro-lumanita-in-un-rapporto-di-amnesty-international

    • Bundestag study: Cooperation with Libyan coastguard infringes international conventions

      “Libya is unable to nominate a Maritime Rescue Coordination Centre (MRCC), and so rescue missions outside its territorial waters are coordinated by the Italian MRCC in Rome. More and more often the Libyan coastguard is being tasked to lead these missions as on-scene-commander. Since refugees are subsequently brought to Libya, the MRCC in Rome may be infringing the prohibition of refoulement contained in the Geneva Convention relating to the Status of Refugees. This, indeed, was also the conclusion reached in a study produced by the Bundestag Research Service. The European Union and its member states must therefore press for an immediate end to this cooperation with the Libyan coastguard”, says Andrej Hunko, European policy spokesman for the Left Party.

      The Italian Navy is intercepting refugees in the Mediterranean and arranging for them to be picked up by Libyan coastguard vessels. The Bundestag study therefore suspects an infringement of the European Human Rights Convention of the Council of Europe. The rights enshrined in the Convention also apply on the high seas.

      Andrej Hunko goes on to say, “For two years the Libyan coastguard has regularly been using force against sea rescuers, and many refugees have drowned during these power games. As part of the EUNAVFOR MED military mission, the Bundeswehr has also been cooperating with the Libyan coastguard and allegedly trained them in sea rescue. I regard that as a pretext to arm Libya for the prevention of migration. This cooperation must be the subject of proceedings before the European Court of Human Rights, because the people who are being forcibly returned with the assistance of the EU are being inhumanely treated, tortured or killed.

      The study also emphasises that the acts of aggression against private rescue ships violate the United Nations Convention on the Law of the Sea. Nothing in that Convention prescribes that sea rescues must be undertaken by a single vessel. On the contrary, masters of other ships even have a duty to render assistance if they cannot be sure that all of the persons in distress will be quickly rescued. This is undoubtedly the case with the brutal operations of the Libyan coastguard.

      The Libyan Navy might soon have its own MRCC, which would then be attached to the EU surveillance system. The European Commission examined this option in a feasibility study, and Italy is now establishing a coordination centre for this purpose in Tripoli. A Libyan MRCC would encourage the Libyan coastguard to throw its weight about even more. The result would be further violations of international conventions and even more deaths.”

      https://andrej-hunko.de/presse/3946-bundestag-study-cooperation-with-libyan-coastguard-infringes-inter

      v. aussi l’étude:
      https://andrej-hunko.de/start/download/dokumente/1109-bundestag-research-services-maritime-rescue-in-the-mediterranean/file

    • Migrants : « La nasse libyenne a été en partie tissée par la France et l’Union européenne »

      Dans une tribune publiée dans « Le Monde », Thierry Allafort-Duverger, le directeur général de Médecins Sans Frontières, juge hypocrite la posture de la France, qui favorise l’interception de migrants par les garde-côtes libyens et dénonce leurs conditions de détention sur place.

      https://www.msf.fr/actualite/articles/migrants-nasse-libyenne-ete-en-partie-tissee-france-et-union-europeenne
      #hypocrisie

    • Libye : derrière l’arbre de « l’esclavage »
      Par Ali Bensaâd, Professeur à l’Institut français de géopolitique, Paris-VIII — 30 novembre 2017 à 17:56

      L’émotion suscitée par les crimes abjectes révélés par CNN ne doit pas occulter un phénomène bien plus vaste et ancien : celui de centaines de milliers de migrants africains qui vivent et travaillent depuis des décennies, en Libye et au Maghreb, dans des conditions extrêmes d’exploitation et d’atteinte à leur dignité.

      L’onde de choc créée par la diffusion de la vidéo de CNN sur la « vente » de migrants en Libye, ne doit pas se perdre en indignations. Et il ne faut pas que les crimes révélés occultent un malheur encore plus vaste, celui de centaines de milliers de migrants africains qui vivent et travaillent depuis des décennies, en Libye et au Maghreb, dans des conditions extrêmes d’exploitation et d’atteinte à leur dignité. Par ailleurs, ces véritables crimes contre l’humanité ne sont, hélas, pas spécifiques de la Libye. A titre d’exemple, les bédouins égyptiens ou israéliens - supplétifs sécuritaires de leurs armées - ont précédé les milices libyennes dans ces pratiques qu’ils poursuivent toujours et qui ont été largement documentées.

      Ces crimes contre l’humanité, en raison de leur caractère particulièrement abject, méritent d’être justement qualifiés. Il faut s’interroger si le qualificatif « esclavage », au-delà du juste opprobre dont il faut entourer ces pratiques, est le plus scientifiquement approprié pour comprendre et combattre ces pratiques d’autant que l’esclavage a été une réalité qui a structuré pendant un millénaire le rapport entre le Maghreb et l’Afrique subsaharienne. Il demeure le non-dit des inconscients culturels des sociétés de part et d’autre du Sahara, une sorte de « bombe à retardement ». « Mal nommer un objet, c’est ajouter au malheur de ce monde » (1) disait Camus. Et la Libye est un condensé des malheurs du monde des migrations. Il faut donc les saisir par-delà le raccourci de l’émotion.

      D’abord, ils ne sont nullement le produit du contexte actuel de chaos du pays, même si celui-ci les aggrave. Depuis des décennies, chercheurs et journalistes ont documenté la difficile condition des migrants en Libye qui, depuis les années 60, font tourner pour l’essentiel l’économie de ce pays rentier. Leur nombre a pu atteindre certaines années jusqu’à un million pour une population qui pouvait alors compter à peine cinq millions d’habitants. C’est dire leur importance dans le paysage économique et social de ce pays. Mais loin de favoriser leur intégration, l’importance de leur nombre a été conjurée par une précarisation systématique et violente comme l’illustrent les expulsions massives et violentes de migrants qui ont jalonné l’histoire du pays notamment en 1979, 1981, 1985, 1995, 2000 et 2007. Expulsions qui servaient tout à la fois à installer cette immigration dans une réversibilité mais aussi à pénaliser ou gratifier les pays dont ils sont originaires pour les vassaliser. Peut-être contraints, les dirigeants africains alors restaient sourds aux interpellations de leurs migrants pour ne pas contrarier la générosité du « guide » dont ils étaient les fidèles clients. Ils se tairont également quand, en 2000, Moussa Koussa, l’ancien responsable des services libyens, aujourd’hui luxueusement réfugié à Londres, a organisé un véritable pogrom où périrent 500 migrants africains assassinés dans des « émeutes populaires » instrumentalisées. Leur but était cyniquement de faire avaliser, par ricochet, la nouvelle orientation du régime favorable à la normalisation et l’ouverture à l’Europe et cela en attisant un sentiment anti-africain pour déstabiliser la partie de la vieille garde qui y était rétive. Cette normalisation, faite en partie sur le cadavre de migrants africains, se soldera par l’intronisation de Kadhafi comme gardien des frontières européennes. Les migrants interceptés et ceux que l’Italie refoule, en violation des lois européennes, sont emprisonnés, parfois dans les mêmes lieux aujourd’hui, et soumis aux mêmes traitements dégradants.

      En 2006, ce n’était pas 260 migrants marocains qui croupissaient comme aujourd’hui dans les prisons libyennes, ceux dont la vidéo a ému l’opinion, mais 3 000 et dans des conditions tout aussi inhumaines. Kadhafi a signé toutes les conventions que les Européens ont voulues, sachant qu’il n’allait pas les appliquer. Mais lorsque le HCR a essayé de prendre langue avec le pouvoir libyen au sujet de la convention de Genève sur les réfugiés, Kadhafi ferma les bureaux du HCR et expulsa, en les humiliant, ses dirigeants le 9 juin 2010. Le même jour, débutait un nouveau round de négociations en vue d’un accord de partenariat entre la Libye et l’Union européenne et le lendemain, 10 juin, Kadhafi était accueilli en Italie. Une année plus tard, alors même que le CNT n’avait pas encore établi son autorité sur le pays et que Kadhafi et ses troupes continuaient à résister, le CNT a été contraint de signer avec l’Italie un accord sur les migrations dont un volet sur la réadmission des migrants transitant par son territoire. Hier, comme aujourd’hui, c’est à la demande expresse et explicite de l’UE que les autorités libyennes mènent une politique de répression et de rétention de migrants. Et peut-on ignorer qu’aujourd’hui traiter avec les pouvoirs libyens, notamment sur les questions sécuritaires, c’est traiter de fait avec des milices dont dépendent ces pouvoirs eux-mêmes pour leur propre sécurité ? Faut-il s’étonner après cela de voir des milices gérer des centres de rétention demandés par l’UE ?

      Alors que peine à émerger une autorité centrale en Libye, les pays occidentaux n’ont pas cessé de multiplier les exigences à l’égard des fragiles centres d’un pouvoir balbutiant pour leur faire prendre en charge leur protection contre les migrations et le terrorisme au risque de les fragiliser comme l’a montré l’exemple des milices de Misrata. Acteur important de la réconciliation et de la lutte contre les extrémistes, elles ont été poussées, à Syrte, à combattre Daech quasiment seules. Elles en sont sorties exsangues, rongées par le doute et fragilisées face à leurs propres extrémistes. Les rackets, les kidnappings et le travail forcé pour ceux qui ne peuvent pas payer, sont aussi le lot des Libyens, notamment ceux appartenant au camp des vaincus, détenus dans ce que les Libyens nomment « prisons clandestines ». Libyens, mais plus souvent migrants qui ne peuvent payer, sont mis au travail forcé pour les propres besoins des miliciens en étant « loués » ponctuellement le temps d’une captivité qui dure de quelques semaines à quelques mois pour des sommes dérisoires.

      Dans la vidéo de CNN, les sommes évoquées, autour de 400 dinars libyens, sont faussement traduites par les journalistes, selon le taux officiel fictif, en 400 dollars. En réalité, sur le marché réel, la valeur est dix fois inférieure, un dollar valant dix dinars libyens et un euro, douze. Faire transiter un homme, même sur la seule portion saharienne du territoire, rapporte 15 fois plus (500 euros) aux trafiquants et miliciens. C’est par défaut que les milices se rabattent sur l’exploitation, un temps, de migrants désargentés mais par ailleurs encombrants.

      La scène filmée par CNN est abjecte et relève du crime contre l’humanité. Mais il s’agit de transactions sur du travail forcé et de corvées. Il ne s’agit pas de vente d’hommes. Ce n’est pas relativiser ou diminuer ce qui est un véritable crime contre l’humanité, mais il faut justement qualifier les objets. Il s’agit de pratiques criminelles de guerre et de banditisme qui exploitent les failles de politiques migratoires globales. On n’assiste pas à une résurgence de l’esclavage. Il ne faut pas démonétiser l’indignation et la vigilance en recourant rapidement aux catégories historiques qui mobilisent l’émotion. Celle-ci retombe toujours. Et pendant que le débat s’enflamme sur « l’esclavage », la même semaine, des centaines d’hommes « libres » sont morts, noyés en Méditerranée, s’ajoutant à des dizaines de milliers qui les avaient précédés.

      (1) C’est la véritable expression utilisée par Camus dans un essai de 1944, paru dans Poésie 44, (Sur une philosophie de l’expression), substantiellement très différente, en termes philosophiques, de ce qui sera reporté par la suite : « Mal nommer les choses, c’est ajouter aux malheurs du monde. »

      http://www.liberation.fr/debats/2017/11/30/libye-derriere-l-arbre-de-l-esclavage_1613662

    • Quand l’Union européenne veut bloquer les exilé-e-s en Libye

      L’Union européenne renforce les capacités des garde-côtes Libyens pour qu’ils interceptent les bateaux d’exilé-e-s dans les eaux territoriales et les ramènent en Libye. Des navires de l’#OTAN patrouillent au large prétendument pour s’attaquer aux « bateaux de passeurs », ce qui veut dire que des moyens militaires sont mobilisés pour empêcher les exilé-e-s d’atteindre les côtes européennes. L’idée a été émise de faire le tri, entre les personnes qui relèveraient de l’asile et celles qui seraient des « migrants économiques » ayant « vocation » à être renvoyés, sur des bateaux ua large de la Libye plutôt que sur le sol italien, créant ainsi des « #hotspots_flottants« .

      https://lampedusauneile.wordpress.com/2016/07/15/quand-lunion-europeenne-veut-bloquer-les-exile-e-s-en-lib

    • Le milizie libiche catturano in mare centinaia di migranti in fuga verso l’Europa. E li richiudono in prigione. Intanto l’Unione Europea si prepara ad inviare istruttori per rafforzare le capacità di arresto da parte della polizia libica. Ma in Libia ci sono tante «guardie costiere» ed ognuna risponde ad un governo diverso.

      Sembra di ritornare al 2010, quando dopo i respingimenti collettivi in Libia eseguiti direttamente da mezzi della Guardia di finanza italiana a partire dal 7 maggio 2009, in base agli accordi tra Berlusconi e Gheddafi, si inviarono in Libia agenti della Guardia di finanza per istruire la Guardia Costiera libica nelle operazioni di blocco dei migranti che erano riusciti a fuggire imbarcandosi su mezzi sempre più fatiscenti.

      http://dirittiefrontiere.blogspot.ch/2016/05/le-milizie-libiche-catturano-in-mare.html?m=1

    • Merkel, Hollande Warn Libya May Be Next Big Migrant Staging Area

      The European Union may need an agreement with Libya to restrict refugee flows similar to one with Turkey as the North African country threatens to become the next gateway for migrants to Europe, the leaders of Germany and France said.

      http://www.bloomberg.com/news/articles/2016-04-07/merkel-hollande-warn-libya-may-be-next-big-migrant-staging-area
      #accord #Libye #migrations #réfugiés #asile #politique_migratoire #externalisation #UE #Europe

    • Le fonds fiduciaire de l’UE pour l’Afrique adopte un programme de 90 millions € pour la protection des migrants et l’amélioration de la gestion des migrations en Libye

      Dans le prolongement de la communication conjointe sur la route de la Méditerranée centrale et de la déclaration de Malte, le fonds fiduciaire de l’UE pour l’Afrique a adopté ce jour, sur proposition de la Commission européenne, un programme de 90 millions € visant à renforcer la protection des migrants et à améliorer la gestion des migrations en Libye.

      http://europa.eu/rapid/press-release_IP-17-951_fr.htm

    • L’Europa non può affidare alla Libia le vite dei migranti

      “Il rischio è che Italia ed Europa si rendano complici delle violazioni dei diritti umani commesse in Libia”, dice il direttore generale di Medici senza frontiere (Msf) Arjan Hehenkamp. Mentre le organizzazioni non governative che salvano i migranti nel Mediterraneo centrale sono al centro di un processo di criminalizzazione, l’Italia e l’Europa stanno cercando di delegare alle autorità libiche la soluzione del problema degli sbarchi.

      http://www.internazionale.it/video/2017/05/04/ong-libia-migranti

    • MSF accuses Libyan coastguard of endangering people’s lives during Mediterranean rescue

      During a rescue in the Mediterranean Sea on 23 May, the Libyan coastguard approached boats in distress, intimidated the passengers and then fired gunshots into the air, threatening people’s lives and creating mayhem, according to aid organisations Médecins Sans Frontières and SOS Méditerranée, whose teams witnessed the violent incident.

      http://www.msf.org/en/article/msf-accuses-libyan-coastguard-endangering-people%E2%80%99s-lives-during-mediter

    • Enquête. Le chaos libyen est en train de déborder en Méditerranée

      Pour qu’ils bloquent les flux migratoires, l’Italie, appuyée par l’UE, a scellé un accord avec les gardes-côtes libyens. Mais ils ne sont que l’une des très nombreuses forces en présence dans cet État en lambeaux. Désormais la Méditerranée devient dangereuse pour la marine italienne, les migrants, et les pêcheurs.


      http://www.courrierinternational.com/article/enquete-le-chaos-libyen-est-en-train-de-deborder-en-mediterra

    • Architect of EU-Turkey refugee pact pushes for West Africa deal

      “Every migrant from West Africa who survives the dangerous journey from Libya to Italy remains in Europe for years afterwards — regardless of the outcome of his or her asylum application,” Knaus said in an interview.

      To accelerate the deportations of rejected asylum seekers to West African countries that are considered safe, the EU needs to forge agreements with their governments, he said.

      http://www.politico.eu/article/migration-italy-libya-architect-of-eu-turkey-refugee-pact-pushes-for-west-a
      cc @i_s_

      Avec ce commentaire de Francesca Spinelli :

    • Pour 20 milliards, la Libye pourrait bloquer les migrants à sa frontière sud

      L’homme fort de l’Est libyen, Khalifa Haftar, estime à « 20 milliards de dollars sur 20 ou 25 ans » l’effort européen nécessaire pour aider à bloquer les flux de migrants à la frontière sud du pays.

      https://www.rts.ch/info/monde/8837947-pour-20-milliards-la-libye-pourrait-bloquer-les-migrants-a-sa-frontiere-

    • Bruxelles offre 200 millions d’euros à la Libye pour freiner l’immigration

      La Commission européenne a mis sur la table de nouvelles mesures pour freiner l’arrivée de migrants via la mer méditerranée, dont 200 millions d’euros pour la Libye. Un article de notre partenaire Euroefe.

      http://www.euractiv.fr/section/l-europe-dans-le-monde/news/bruxelles-offre-200-millions-deuros-a-la-libye-pour-freiner-limmigration/?nl_ref=29858390

      #Libye #asile #migrations #accord #deal #réfugiés #externalisation
      cc @reka

    • Stuck in Libya. Migrants and (Our) Political Responsibilities

      Fighting at Tripoli’s international airport was still under way when, in July 2014, the diplomatic missions of European countries, the United States and Canada were shut down. At that time Italy decided to maintain a pied-à-terre in place in order to preserve the precarious balance of its assets in the two-headed country, strengthening security at its local headquarters on Tripoli’s seafront. On the one hand there was no forsaking the Mellitah Oil & Gas compound, controlled by Eni and based west of Tripoli. On the other, the Libyan coast also had to be protected to assist the Italian forces deployed in Libyan waters and engaged in the Mare Nostrum operation to dismantle the human smuggling network between Libya and Italy, as per the official mandate. But the escalation of the civil war and the consequent deterioration of security conditions led Rome to leave as well, in February 2015.

      http://www.ispionline.it/it/pubblicazione/stuck-libya-migrants-and-our-political-responsibilities-16294

    • Libia: diritto d’asilo cercasi, smarrito fra Bruxelles e Tripoli (passando per Roma)

      La recente Comunicazione congiunta della Commissione e dell’Alto rappresentante per la politica estera dell’UE, il Memorandum Italia-Libia firmato il 2 febbraio e la Dichiarazione uscita dal Consiglio europeo di venerdì 3 alla Valletta hanno delineato un progetto di chiusura della “rotta” del Mediterraneo centrale che rischia di seppellire, di fatto, il diritto d’asilo nel Paese e ai suoi confini.

      http://viedifuga.org/libia-diritto-d-asilo-cercasi-smarrito-fra-bruxelles-e-tripoli

    • Immigration : l’Union européenne veut aider la Libye

      L’Union européenne veut mettre fin à ces traversées entre la Libye et l’Italie. Leur plan passe par une aide financière aux autorités libyennes.

      http://www.rts.ch/play/tv/19h30/video/immigration-lunion-europeenne-veut-aider-la-libye?id=8360849

      Dans ce bref reportage, la RTS demande l’opinion d’Etienne Piguet (prof en géographie des migrations à l’Université de Neuchâtel) :
      « L’Union européenne veut absolument limiter les arrivées, mais en même temps on ne peut pas simplement refouler les gens. C’est pas acceptable du point de vue des droits humains. Donc l’UE essaie de mettre en place un système qui tient les gens à distance tout en leur offrant des conditions acceptables d’accueil » (en Libye, entend-il)
      Je m’abstiens de tout commentaire.

    • New EU Partnerships in North Africa: Potential to Backfire?

      As European leaders meet in Malta to receive a progress report on the EU flagship migration partnership framework, the European Union finds itself in much the same position as two years earlier, with hundreds of desperate individuals cramming into flimsy boats and setting off each week from the Libyan coast in hope of finding swift rescue and passage in Europe. Options to reduce flows unilaterally are limited. Barred by EU law from “pushing back” vessels encountered in the Mediterranean, the European Union is faced with no alternative but to rescue and transfer passengers to European territory, where the full framework of European asylum law applies. Member States are thus looking more closely at the role transit countries along the North African coastline might play in managing these flows across the Central Mediterranean. Specifically, they are examining the possibility of reallocating responsibility for search and rescue to Southern partners, thereby decoupling the rescue missions from territorial access to international protection in Europe.

      http://www.migrationpolicy.org/news/new-eu-partnerships-north-africa-potential-backfire

    • Migration: MSF warns EU about inhumane approach to migration management

      As European Union (EU) leaders meet in Malta today to discuss migration, with a view to “close down the route from Libya to Italy” by stepping up cooperation with the Libyan authorities, we want to raise grave concerns about the fate of people trapped in Libya or returned to the country. Médecins Sans Frontières (MSF) has been providing medical care to migrants, refugees and asylum seekers detained in Tripoli and the surrounding area since July 2016 and people are detained arbitrarily in inhumane and unsanitary conditions, often without enough food and clean water and with a lack of access to medical care.

      http://www.msf.org/en/article/migration-msf-warns-eu-about-inhumane-approach-migration-management

    • EU and Italy migration deal with Libya draws sharp criticism from Libyan NGOs

      Twelve Libyan non-governmental organisations (NGOs) have issued a joint statement criticising the EU’s latest migrant policy as set out at the Malta summit a week ago as well as the Italy-Libya deal signed earlier which agreed that migrants should be sent back to Libya and repartiated voluntarily from there. Both represented a fundamental “immoral and inhumane attitude” towards migrants, they said. International human rights and calls had to be respected.

      https://www.libyaherald.com/2017/02/10/eu-and-italy-migration-deal-with-libya-draws-sharp-criticism-from-libya

    • Libya is not Turkey: why the EU plan to stop Mediterranean migration is a human rights concern

      EU leaders have agreed to a plan that will provide Libya’s UN-backed government €200 million for dealing with migration. This includes an increase in funding for the Libyan coastguard, with an overall aim to stop migrant boats crossing the Mediterranean to Italy.

      https://theconversation.com/libya-is-not-turkey-why-the-eu-plan-to-stop-mediterranean-migration

    • EU aims to step up help to Libya coastguards on migrant patrols

      TUNIS (Reuters) - The European Union wants to rapidly expand training of Libyan coastguards to stem migrant flows to Italy and reduce deaths at sea, an EU naval mission said on Thursday, signaling a renewed push to support a force struggling to patrol its own coasts.

      https://www.reuters.com/article/us-europe-migrants-libya/eu-aims-to-step-up-help-to-libya-coastguards-on-migrant-patrols-idUSKCN1GR3

      #UE #EU

    • Why Cooperating With Libya on Migration Could Damage the EU’s Standing

      Italy and the Netherlands began training Libyan coast guard and navy officers on Italian and Dutch navy ships in the Mediterranean earlier in October. The training is part of the European Union’s anti-smuggling operation in the central Mediterranean with the goal of enhancing Libya’s “capability to disrupt smuggling and trafficking… and to perform search-and-rescue activities.”

      http://europe.newsweek.com/why-cooperating-libya-migration-could-damage-eus-standing-516099?rm
      #asile #migrations #réfugiés #Europe #UE #EU #Libye #coopération #externalisation #Méditerranée #Italie #Pays-Bas #gardes-côtes

    • Les migrants paient le prix fort de la coopération entre l’UE et les garde-côtes libyens

      Nombre de dirigeants européens appellent à une « coopération » renforcée avec les garde-côtes libyens. Mais une fois interceptés en mer, ces migrants sont renvoyés dans des centres de détention indignes et risquent de retomber aux mains de trafiquants.

      C’est un peu la bouée de sauvetage des dirigeants européens. La « coopération » avec la Libye et ses légions de garde-côtes reste l’une des dernières politiques à faire consensus dans les capitales de l’UE, s’agissant des migrants. Initiée en 2016 pour favoriser l’interception d’embarcations avant leur entrée dans les eaux à responsabilité italienne ou maltaise, elle a fait chuter le nombre d’arrivées en Europe.

      Emmanuel Macron en particulier s’en est félicité, mardi 26 juin, depuis le Vatican : « La capacité à fermer cette route [entre la Libye et l’Italie, ndlr] est la réponse la plus efficace » au défi migratoire. Selon lui, ce serait même « la plus humaine ». Alors qu’un Conseil européen crucial s’ouvre ce jeudi 28 juin, le président français appelle donc à « renforcer » cette coopération avec Tripoli.

      Convaincu qu’il faut laisser les Libyens travailler, il s’en est même pris, mardi, aux bateaux humanitaires et en particulier au Lifeline, le navire affrété par une ONG allemande qui a débarqué 233 migrants mercredi soir à Malte (après une semaine d’attente en mer et un blocus de l’Italie), l’accusant d’être « intervenu en contravention de toutes les règles et des garde-côtes libyens ». Lancé, Emmanuel Macron est allé jusqu’à reprocher aux bateaux des ONG de faire « le jeu des passeurs ».

      Inédite dans sa bouche (mais entendue mille fois dans les diatribes de l’extrême droite transalpine), cette sentence fait depuis bondir les organisations humanitaires les unes après les autres, au point que Médecins sans frontières (qui affrète l’Aquarius avec SOS Méditerranée), Amnesty International France, La Cimade et Médecins du monde réclament désormais un rendez-vous à l’Élysée, se disant « consternées ».

      Ravi, lui, le ministre de l’intérieur italien et leader d’extrême droite, Matteo Salvini, en a profité pour annoncer mercredi un don exceptionnel en faveur des garde-côtes de Tripoli, auxquels il avait rendu visite l’avant-veille : 12 navires de patrouille, une véritable petite flotte.

      En deux ans, la coopération avec ce pays de furie qu’est la Libye post-Kadhafi semble ainsi devenue la solution miracle, « la plus humaine » même, que l’UE ait dénichée face au défi migratoire en Méditerranée centrale. Comment en est-on arrivé là ? Jusqu’où va cette « coopération » qualifiée de « complicité » par certaines ONG ? Quels sont ses résultats ?

      • Déjà 8 100 interceptions en mer
      À ce jour, en 2018, environ 16 000 migrants ont réussi à traverser jusqu’en Italie, soit une baisse de 77 % par rapport à l’an dernier. Sur ce point, Emmanuel Macron a raison : « Nous avons réduit les flux. » Les raisons, en réalité, sont diverses. Mais de fait, plus de 8 100 personnes parties de Libye ont déjà été rattrapées par les garde-côtes du pays cette année et ramenées à terre, d’après le Haut Commissariat aux réfugiés (le HCR). Contre 800 en 2015.

      Dans les écrits de cette agence de l’ONU, ces migrants sont dits « sauvés/interceptés », sans qu’il soit tranché entre ces deux termes, ces deux réalités. À lui seul, ce « / » révèle toute l’ambiguïté des politiques de coopération de l’UE : si Bruxelles aime penser que ces vies sont sauvées, les ONG soulignent qu’elles sont surtout ramenées en enfer. Certains, d’ailleurs, préfèrent sauter de leur bateau pneumatique en pleine mer plutôt que retourner en arrière.

      • En Libye, l’« abominable » sort des migrants (source officielle)
      Pour comprendre les critiques des ONG, il faut rappeler les conditions inhumaines dans lesquelles les exilés survivent dans cet « État tampon », aujourd’hui dirigé par un gouvernement d’union nationale ultra contesté (basé à Tripoli), sans contrôle sur des parts entières du territoire. « Ce que nous entendons dépasse l’entendement, rapporte l’un des infirmiers de l’Aquarius, qui fut du voyage jusqu’à Valence. Les migrants subsahariens sont affamés, assoiffés, torturés. » Parmi les 630 passagers débarqués en Espagne, l’une de ses collègues raconte avoir identifié de nombreux « survivants de violences sexuelles », « des femmes et des hommes à la fois, qui ont vécu le viol et la torture sexuelle comme méthodes d’extorsion de fonds », les familles étant souvent soumises au chantage par téléphone. Un diagnostic dicté par l’émotion ? Des exagérations de rescapés ?

      Le même constat a été officiellement dressé, dès janvier 2017, par le Haut-Commissariat aux droits de l’homme de l’ONU. « Les migrants se trouvant sur le sol libyen sont victimes de détention arbitraire dans des conditions inhumaines, d’actes de torture, notamment de violence sexuelle, d’enlèvements visant à obtenir une rançon, de racket, de travail forcé et de meurtre », peut-on lire dans son rapport, où l’on distingue les centres de détention officiels dirigés par le Service de lutte contre la migration illégale (relevant du ministère de l’intérieur) et les prisons clandestines tenues par des milices armées.

      Même dans les centres gouvernementaux, les exilés « sont détenus arbitrairement sans la moindre procédure judiciaire, en violation du droit libyen et des normes internationales des droits de l’homme. (…) Ils sont souvent placés dans des entrepôts dont les conditions sont abominables (…). Des surveillants refusent aux migrants l’accès aux toilettes, les obligeant à uriner et à déféquer [là où ils sont]. Dans certains cas, les migrants souffrent de malnutrition grave [environ un tiers de la ration calorique quotidienne minimale]. Des sources nombreuses et concordantes [évoquent] la commission d’actes de torture, notamment des passages à tabac, des violences sexuelles et du travail forcé ».

      Sachant qu’il y a pire à côté : « Des groupes armés et des trafiquants détiennent d’autres migrants dans des lieux non officiels. » Certaines de ces milices, d’ailleurs, « opèrent pour le compte de l’État » ou pour « des agents de l’État », pointe le rapport. Le marché du kidnapping, de la vente et de la revente, est florissant. C’est l’enfer sans même Lucifer pour l’administrer.

      En mai dernier, par exemple, une centaine de migrants a réussi à s’évader d’une prison clandestine de la région de Bani Walid, où MSF gère une clinique de jour. « Parmi les survivants que nous avons soignés, des jeunes de 16 à 18 ans en majorité, certains souffrent de blessures par balles, de fractures multiples, de brûlures, témoigne Christophe Biteau, chef de mission de l’ONG en Libye. Certains nous racontent avoir été baladés, détenus, revendus, etc., pendant trois ans. » Parfois, MSF recueille aussi des migrants relâchés « spontanément » par leurs trafiquants : « Un mec qui commence à tousser par exemple, ils n’en veulent plus à cause des craintes de tuberculose. Pareil en cas d’infections graves. Il y a comme ça des migrants, sur lesquels ils avaient investi, qu’ils passent par “pertes et profits”, si j’ose dire. »

      Depuis 2017, et surtout les images d’un marché aux esclaves diffusées sur CNN, les pressions de l’ONU comme de l’UE se sont toutefois multipliées sur le gouvernement de Tripoli, afin qu’il s’efforce de vider les centres officiels les plus honteux – 18 ont été fermés, d’après un bilan de mars dernier. Mais dans un rapport récent, daté de mai 2018, le secrétaire général de l’ONU persiste : « Les migrants continuent d’être sujets (…) à la torture, à du rançonnement, à du travail forcé et à des meurtres », dans des « centres officiels et non officiels ». Les auteurs ? « Des agents de l’État, des groupes armés, des trafiquants, des gangs criminels », encore et encore.

      Au 21 juin, plus de 5 800 personnes étaient toujours détenues dans les centres officiels. « Nous en avons répertorié 33, dont 4 où nous avons des difficultés d’accès », précise l’envoyé spécial du HCR pour la situation en Méditerranée centrale, Vincent Cochetel, qui glisse au passage : « Il est arrivé que des gens disparaissent après nous avoir parlé. » Surtout, ces derniers jours, avec la fin du ramadan et les encouragements des dirigeants européens adressés aux garde-côtes libyens, ces centres de détention se remplissent à nouveau.

      • Un retour automatique en détention
      Car c’est bien là, dans ces bâtiments gérés par le ministère de l’intérieur, que sont théoriquement renvoyés les migrants « sauvés/interceptés » en mer. Déjà difficile, cette réalité en cache toutefois une autre. « Les embarcations des migrants décollent en général de Libye en pleine nuit, raconte Christophe Biteau, de MSF. Donc les interceptions par les garde-côtes se font vers 2 h ou 3 h du matin et les débarquements vers 6 h. Là, avant l’arrivée des services du ministère de l’intérieur libyen et du HCR (dont la présence est autorisée sur la douzaine de plateformes de débarquement utilisées), il y a un laps de temps critique. » Où tout peut arriver.

      L’arrivée à Malte, mercredi 27 juin 2018, des migrants sauvés par le navire humanitaire « Lifeline » © Reuters
      Certains migrants de la Corne de l’Afrique (Érythrée, Somalie, etc.), réputés plus « solvables » que d’autres parce qu’ils auraient des proches en Europe jouissant déjà du statut de réfugiés, racontent avoir été rachetés à des garde-côtes par des trafiquants. Ces derniers répercuteraient ensuite le prix d’achat de leur « marchandise » sur le tarif de la traversée, plus chère à la seconde tentative… Si Christophe Biteau ne peut témoigner directement d’une telle corruption de garde-côtes, il déclare sans hésiter : « Une personne ramenée en Libye peut très bien se retrouver à nouveau dans les mains de trafiquants. »

      Au début du mois de juin, le Conseil de sécurité de l’ONU (rien de moins) a voté des sanctions à l’égard de six trafiquants de migrants (gel de comptes bancaires, interdiction de voyager, etc.), dont le chef d’une unité de… garde-côtes. D’autres de ses collègues ont été suspectés par les ONG de laisser passer les embarcations siglées par tel ou tel trafiquant, contre rémunération.

      En tout cas, parmi les migrants interceptés et ramenés à terre, « il y a des gens qui disparaissent dans les transferts vers les centres de détention », confirme Vincent Cochetel, l’envoyé spécial du HCR. « Sur les plateformes de débarquement, on aimerait donc mettre en place un système d’enregistrement biométrique, pour essayer de retrouver ensuite les migrants dans les centres, pour protéger les gens. Pour l’instant, on n’a réussi à convaincre personne. » Les « kits médicaux » distribués sur place, financés par l’UE, certes utiles, ne sont pas à la hauteur de l’enjeu.

      • Des entraînements financés par l’UE
      Dans le cadre de l’opération Sophia (théoriquement destinée à lutter contre les passeurs et trafiquants dans les eaux internationales de la Méditerranée), Bruxelles a surtout décidé, en juin 2016, d’initier un programme de formation des garde-côtes libyens, qui a démarré l’an dernier et déjà bénéficié à 213 personnes. C’est que, souligne-t-on à Bruxelles, les marines européennes ne sauraient intervenir elles-mêmes dans les eaux libyennes.

      Il s’agit à la fois d’entraînements pratiques et opérationnels (l’abordage de canots, par exemple) visant à réduire les risques de pertes humaines durant les interventions, et d’un enseignement juridique (droit maritimes, droits humains, etc.), notamment à destination de la hiérarchie. D’après la commission européenne, tous les garde-côtes bénéficiaires subissent un « check de sécurité » avec vérifications auprès d’Interpol et Europol, voire des services de renseignement des États membres, pour écarter les individus les plus douteux.

      Il faut dire que les besoins de « formation » sont – pour le moins – criants. À plusieurs reprises, des navires humanitaires ont été témoins d’interceptions violentes, sinon criminelles. Sur une vidéo filmée depuis le Sea Watch (ONG allemande) en novembre dernier, on a vu des garde-côtes frapper certains des migrants repêchés, puis redémarrer alors qu’un homme restait suspendu à l’échelle de bâbord, sans qu’aucun Zodiac de secours ne soit jamais mis à l’eau. « Ils étaient cassés », ont répondu les Libyens.

      Un « sauvetage » effectué en novembre 2017 par des garde-côtes Libyens © Extrait d’une vidéo publiée par l’ONG allemande Sea Watch
      Interrogée sur le coût global de ces formations, la commission indique qu’il est impossible à chiffrer, Frontex (l’agence de garde-côtes européenne) pouvant participer aux sessions, tel État membre fournir un bateau, tel autre un avion pour trimballer les garde-côtes, etc.

      • La fourniture d’équipements en direct
      En décembre, un autre programme a démarré, plus touffu, financé cette fois via le « Fonds fiduciaire de l’UE pour l’Afrique » (le fonds d’urgence européen mis en place en 2015 censément pour prévenir les causes profondes des migrations irrégulières et prendre le problème à la racine). Cette fois, il s’agit non plus seulement de « formation », mais de « renforcement des capacités opérationnelles » des garde-côtes libyens, avec des aides directes à l’équipement de bateaux (gilets, canots pneumatiques, appareils de communication, etc.), à l’entretien des navires, mais aussi à l’équipement des salles de contrôle à terre, avec un objectif clair en ligne de mire : aider la Libye à créer un « centre de coordination de sauvetage maritime » en bonne et due forme, pour mieux proclamer une « zone de recherche et sauvetage » officielle, au-delà de ses seules eaux territoriales actuelles. La priorité, selon la commission à Bruxelles, reste de « sauver des vies ».

      Budget annoncé : 46 millions d’euros avec un co-financement de l’Italie, chargée de la mise en œuvre. À la marge, les garde-côtes libyens peuvent d’ailleurs profiter d’autres programmes européens, tel « Seahorse », pour de l’entraînement à l’utilisation de radars.

      L’Italie, elle, va encore plus loin. D’abord, elle fournit des bateaux aux garde-côtes. Surtout, en 2017, le ministre de l’intérieur transalpin a rencontré les maires d’une dizaine de villes libyennes en leur faisant miroiter l’accès au Fonds fiduciaire pour l’Afrique de l’UE, en contrepartie d’un coup de main contre le trafic de migrants. Et selon diverses enquêtes (notamment des agences de presse Reuters et AP), un deal financier secret aurait été conclu à l’été 2017 entre l’Italie et des représentants de milices, à l’époque maîtresses des départs d’embarcations dans la région de Sabratha. Rome a toujours démenti, mais les appareillages dans ce coin ont brutalement cessé pour redémarrer un peu plus loin. Au bénéfice d’autres milices.

      • L’aide à l’exfiltration de migrants
      En même temps, comme personne ne conteste plus l’enfer des conditions de détention et que tout le monde s’efforce officiellement de vider les centres du régime en urgence, l’UE travaille aussi à la « réinstallation » en Europe des exilés accessibles au statut de réfugié, ainsi qu’au rapatriement dans leur pays d’origine des migrants dits « économiques » (sur la base du volontariat en théorie). Dans le premier cas, l’UE vient en soutien du HCR ; dans le second cas, en renfort de l’Organisation internationale pour les migrations (OIM).

      L’objectif affiché est limpide : épargner des prises de risque en mer inutiles aux réfugiés putatifs (Érythréens, Somaliens, etc.), comme à ceux dont la demande à toutes les chances d’être déboutée une fois parvenus en Europe, comme les Ivoiriens par exemple. Derrière les éléments de langage, que disent les chiffres ?

      Selon le HCR, seuls 1 730 réfugiés et demandeurs d’asile prioritaires ont pu être évacués depuis novembre 2017, quelques-uns directement de la Libye vers l’Italie (312) et la Roumanie (10), mais l’essentiel vers le Niger voisin, où les autorités ont accepté d’accueillir une plateforme d’évacuations de 1 500 places en échange de promesses de « réinstallations » rapides derrière, dans certains pays de l’UE.

      Et c’est là que le bât blesse. Paris, par exemple, s’est engagé à faire venir 3 000 réfugiés de Niamey (Niger), mais n’a pas tenu un vingtième de sa promesse. L’Allemagne ? Zéro.

      « On a l’impression qu’une fois qu’on a évacué de Libye, la notion d’urgence se perd », regrette Vincent Cochetel, du HCR. Une centaine de migrants, surtout des femmes et des enfants, ont encore été sortis de Libye le 19 juin par avion. « Mais on va arrêter puisqu’on n’a plus de places [à Niamey], pointe le représentant du HCR. L’heure de vérité approche. On ne peut pas demander au Niger de jouer ce rôle si on n’est pas sérieux derrière, en termes de réinstallations. Je rappelle que le Niger a plus de réfugiés sur son territoire que la France par exemple, qui fait quand même des efforts, c’est vrai. Mais on aimerait que ça aille beaucoup plus vite. » Le HCR discute d’ailleurs avec d’autres États africains pour créer une seconde « plateforme d’évacuation » de Libye, mais l’exemple du Niger, embourbé, ne fait pas envie.

      Quant aux rapatriements vers les pays d’origine des migrants dits « économiques », mis en œuvre avec l’OIM (autre agence onusienne), les chiffres atteignaient 8 546 à la mi-juin. « On peut questionner le caractère volontaire de certains de ces rapatriements, complète Christophe Biteau, de MSF. Parce que vu les conditions de détention en Libye, quand on te dit : “Tu veux que je te sorte de là et que je te ramène chez toi ?”… Ce n’est pas vraiment un choix. » D’ailleurs, d’après l’OIM, les rapatriés de Libye sont d’abord Nigérians, puis Soudanais, alors même que les ressortissants du Soudan accèdent à une protection de la France dans 75 % des cas lorsqu’ils ont l’opportunité de voir leur demande d’asile examinée.
      En résumé, sur le terrain, la priorité des États de l’UE va clairement au renforcement du mur de la Méditerranée et de ses Cerbère, tandis que l’extraction de réfugiés, elle, reste cosmétique. Pour Amnesty International, cette attitude de l’Union, et de l’Italie au premier chef, serait scandaleuse : « Dans la mesure où ils ont joué un rôle dans l’interception des réfugiés et des migrants, et dans la politique visant à les contenir en Libye, ils partagent avec celle-ci la responsabilité des détentions arbitraires, de la torture et autres mauvais traitements infligés », tance un rapport de l’association publié en décembre dernier.

      Pour le réseau Migreurop (regroupant chercheurs et associations spécialisés), « confier le contrôle des frontières maritimes de l’Europe à un État non signataire de la Convention de Genève [sur les droits des réfugiés, ndlr] s’apparente à une politique délibérée de contournement des textes internationaux et à une sous-traitance des pires violences à l’encontre des personnes exerçant leur droit à émigrer ». Pas sûr que les conclusions du conseil européen de jeudi et vendredi donnent, à ces organisations, la moindre satisfaction.

      https://www.mediapart.fr/journal/international/280618/les-migrants-paient-le-prix-fort-de-la-cooperation-entre-lue-et-les-garde-

    • Au Niger, l’Europe finance plusieurs projets pour réduire le flux de migrants

      L’Union européenne a invité des entreprises du vieux continent au Niger afin qu’elles investissent pour améliorer les conditions de vie des habitants. Objectif : réduire le nombre de candidats au départ vers l’Europe.

      Le Niger est un pays stratégique pour les Européens. C’est par là que transitent la plupart des migrants qui veulent rejoindre l’Europe. Pour réduire le flux, l’Union européenne finance depuis 2015 plusieurs projets et veut désormais créer un tissu économique au Niger pour dissuader les candidats au départ. Le président du Parlement européen, Antonio Tajani, était, la semaine dernière dans la capitale nigérienne à Niamey, accompagné d’une trentaine de chefs d’entreprise européens à la recherche d’opportunités d’investissements.
      Baisse du nombre de départ de 90% en deux ans

      Le nombre de migrants qui a quitté le Niger pour rejoindre la Libye avant de tenter la traversée vers l’Europe a été réduit de plus de 90% ces deux dernières années. Notamment grâce aux efforts menés par le gouvernement nigérien avec le soutien de l’Europe pour mieux contrôler la frontière entre le Niger et la Libye. Mais cela ne suffit pas selon le président du Parlement européen, Antonio Tajani. « En 2050, nous aurons deux milliards cinq cents millions d’Africains, nous ne pourrons pas bloquer avec la police et l’armée l’immigration, donc voilà pourquoi il faut intervenir tout de suite ». Selon le président du Parlement européen, il faut donc améliorer les conditions de vie des Nigériens pour les dissuader de venir en Europe.
      Des entreprises françaises vont investir au Niger

      La société française #Sunna_Design, travaille dans le secteur de l’éclairage public solaire et souhaite s’implanter au Niger. Pourtant les difficultés sont nombreuses, notamment la concurrence chinoise, l’insécurité, ou encore la mauvaise gouvernance. Stéphane Redon, le responsable export de l’entreprise, y voit pourtant un bon moyen d’améliorer la vie des habitants. « D’abord la sécurité qui permet à des gens de pouvoir penser à avoir une vie sociale, nocturne, et une activité économique. Et avec ces nouvelles technologies, on aspire à ce que ces projets créent du travail localement, au niveau des installations, de la maintenance, et de la fabrication. »
      Le Niger salue l’initiative

      Pour Mahamadou Issoufou, le président du Niger, l’implantation d’entreprises européennes sur le territoire nigérien est indispensable pour faire face au défi de son pays notamment démographique. Le Niger est le pays avec le taux de natalité le plus élevé au monde, avec huit enfants par femme. « Nous avons tous décidé de nous attaquer aux causes profondes de la migration clandestine, et l’une des causes profondes, c’est la #pauvreté. Il est donc important qu’une lutte énergique soit menée. Certes, il y a les ressources publiques nationales, il y a l’#aide_publique_au_développement, mais tout cela n’est pas suffisant. il faut nécessairement un investissement massif du secteur privé », explique Mahamadou Issoufou. Cette initiative doit être élargie à l’ensemble des pays du Sahel, selon les autorités nigériennes et européennes.

      https://mobile.francetvinfo.fr/replay-radio/en-direct-du-monde/en-direct-du-monde-au-niger-l-europe-finance-plusieurs-projets-p
      #investissements #développement #APD

    • In die Rebellion getrieben

      Die Flüchtlingsabwehr der EU führt zu neuen Spannungen in Niger und droht womöglich gar eine Rebellion im Norden des Landes auszulösen. Wie Berichte aus der Region bestätigen, hat die von Brüssel erzwungene Illegalisierung des traditionellen Migrationsgeschäfts besonders in der Stadt Agadez, dem Tor zur nigrischen Sahara, Zehntausenden die Lebensgrundlage genommen. Großspurig angekündigte Ersatzprogramme der EU haben lediglich einem kleinen Teil der Betroffenen wieder zu einem Job verholfen. Lokale Beobachter warnen, die Bereitschaft zum Aufstand sowie zum Anschluss an Jihadisten nehme zu. Niger ist ohnehin Schauplatz wachsenden jihadistischen Terrors wie auch gesteigerter westlicher „Anti-Terror“-Operationen: Während Berlin und die EU vor allem eine neue Eingreiftruppe der Staatengruppe „G5 Sahel“ fördern - deutsche Soldaten dürfen dabei auch im Niger eingesetzt werden -, haben die Vereinigten Staaten ihre Präsenz in dem Land ausgebaut. Die US-Streitkräfte errichten zur Zeit eine Drohnenbasis in Agadez, die neue Spannungen auslöst.
      Das Ende der Reisefreiheit

      Niger ist für Menschen, die sich aus den Staaten Afrikas südlich der Sahara auf den Weg zum Mittelmeer und weiter nach Europa machen, stets das wohl wichtigste Transitland gewesen. Nach dem Zerfall Libyens im Anschluss an den Krieg des Westens zum Sturz von Muammar al Gaddafi hatten zeitweise drei Viertel aller Flüchtlinge, die von Libyens Küste mit Ziel Italien in See stachen, zuvor das Land durchquert. Als kaum zu vermeidendes Nadelöhr zwischen den dichter besiedelten Gebieten Nigers und der Wüste fungiert die 120.000-Einwohner-Stadt Agadez, von deren Familien bis 2015 rund die Hälfte ihr Einkommen aus der traditionell legalen Migration zog: Niger gehört dem westafrikanischen Staatenbund ECOWAS an, in dem volle Reisefreiheit gilt. Im Jahr 2015 ist die Reisefreiheit in Niger allerdings durch ein Gesetz eingeschränkt worden, das, wie der Innenminister des Landes bestätigt, nachdrücklich von der EU gefordert worden war.[1] Mit seinem Inkrafttreten ist das Migrationsgeschäft in Agadez illegalisiert worden; das hatte zur Folge, dass zahlreiche Einwohner der Stadt ihren Erwerb verloren. Die EU hat zwar Hilfe zugesagt, doch ihre Maßnahmen sind allenfalls ein Tropfen auf den heißen Stein: Von den 7.000 Menschen, die offiziell ihre Arbeit in der nun verbotenen Transitreisebranche aufgaben, hat Brüssel mit einem großspurig aufgelegten, acht Millionen Euro umfassenden Programm weniger als 400 in Lohn und Brot gebracht.
      Ohne Lebensgrundlage

      Entsprechend hat sich die Stimmung in Agadez in den vergangenen zwei Jahren systematisch verschlechtert, heißt es in einem aktuellen Bericht über die derzeitige Lage in der Stadt, den das Nachrichtenportal IRIN Ende Juni publiziert hat.[2] Rangiert Niger auf dem Human Development Index der Vereinten Nationen ohnehin auf Platz 187 von 188, so haben die Verdienstmöglichkeiten in Agadez mit dem Ende des legalen Reisegeschäfts nicht nur stark abgenommen; selbst wer mit Hilfe der EU einen neuen Job gefunden hat, verdient meist erheblich weniger als zuvor. Zwar werden weiterhin Flüchtlinge durch die Wüste in Richtung Norden transportiert - jetzt eben illegal -, doch wachsen die Spannungen, und sie drohen bei jeder neuen EU-Maßnahme zur Abriegelung der nigrisch-libyschen Grenze weiter zu steigen. Das Verbot des Migrationsgeschäfts werde auf lange Sicht „die Leute in die Rebellion treiben“, warnt gegenüber IRIN ein Bewohner von Agadez stellvertretend für eine wachsende Zahl weiterer Bürger der Stadt. Als Reiseunternehmer für Flüchtlinge haben vor allem Tuareg gearbeitet, die bereits von 1990 bis 1995, dann erneut im Jahr 2007 einen bewaffneten Aufstand gegen die Regierung in Niamey unternommen hatten. Hinzu kommt laut einem örtlichen Würdenträger, dass die Umtriebe von Jihadisten im Sahel zunehmend als Widerstand begriffen und für jüngere, in wachsendem Maße aufstandsbereite Bewohner der Region Agadez immer häufiger zum Vorbild würden.
      Anti-Terror-Krieg im Sahel

      Jihadisten haben ihre Aktivitäten in Niger in den vergangenen Jahren bereits intensiviert, nicht nur im Südosten des Landes an der Grenze zu Nigeria, wo die nigrischen Streitkräfte im Krieg gegen Boko Haram stehen, sondern inzwischen auch an der Grenze zu Mali, von wo der dort seit 2012 schwelende Krieg immer mehr übergreift. Internationale Medien berichteten erstmals in größerem Umfang darüber, als am 4. Oktober 2017 eine US-Einheit, darunter Angehörige der Spezialtruppe Green Berets, nahe der nigrischen Ortschaft Tongo Tongo unweit der Grenze zu Mali in einen Hinterhalt gerieten und vier von ihnen von Jihadisten, die dem IS-Anführer Abu Bakr al Baghdadi die Treue geschworen hatten, getötet wurden.[3] In der Tat hat die Beobachtung, dass Jihadisten in Niger neuen Zulauf erhalten, die Vereinigten Staaten veranlasst, 800 Militärs in dem Land zu stationieren, die offiziell nigrische Soldaten trainieren, mutmaßlich aber auch Kommandoaktionen durchführen. Darüber hinaus beteiligt sich Niger auf Druck der EU an der Eingreiftruppe der „G5 Sahel“ [4], die im gesamten Sahel - auch in Niger - am Krieg gegen Jihadisten teilnimmt und auf lange Sicht nach Möglichkeit die französischen Kampftruppen der Opération Barkhane ersetzen soll. Um die „G5 Sahel“-Eingreiftruppe jederzeit und überall unterstützen zu können, hat der Bundestag im Frühjahr das Mandat für die deutschen Soldaten, die in die UN-Truppe MINUSMA entsandt werden, auf alle Sahelstaaten ausgedehnt - darunter auch Niger. Deutsche Soldaten sind darüber hinaus bereits am Flughafen der Hauptstadt Niamey stationiert. Der sogenannte Anti-Terror-Krieg des Westens, der in anderen Ländern wegen seiner Brutalität den Jihadisten oft mehr Kämpfer zugeführt als genommen hat, weitet sich zunehmend auf nigrisches Territorium aus.
      Zunehmend gewaltbereit

      Zusätzliche Folgen haben könnte dabei die Tatsache, dass die Vereinigten Staaten gegenwärtig für den Anti-Terror-Krieg eine 110 Millionen US-Dollar teure Drohnenbasis errichten - am Flughafen Agadez. Niger scheint sich damit dauerhaft zum zweitwichtigsten afrikanischen Standort von US-Truppen nach Djibouti mit seinem strategisch bedeutenden Hafen zu entwickeln. Washington errichtet die Drohnenbasis, obwohl eine vorab durchgeführte Umfrage des U.S. Africa Command und des State Department ergeben hat, dass die Bevölkerung die US-Militäraktivitäten im Land zunehmend kritisch sieht und eine starke Minderheit Gewalt gegen Personen oder Organisationen aus Europa und Nordamerika für legitim hält.[5] Mittlerweile dürfen sich, wie berichtet wird, US-Botschaftsangehörige außerhalb der Hauptstadt Niamey nur noch in Konvois in Begleitung von nigrischem Sicherheitspersonal bewegen. Die Drohnenbasis, die ohne die von der nigrischen Verfassung vorgesehene Zustimmung des Parlaments errichtet wird und daher mutmaßlich illegal ist, droht den Unmut noch weiter zu verschärfen. Beobachter halten es für nicht unwahrscheinlich, dass sie Angriffe auf sich zieht - und damit Niger noch weiter destabilisiert.[6]
      Flüchtlingslager

      Hinzu kommt, dass die EU Niger in zunehmendem Maß als Plattform nutzt, um Flüchtlinge, die in libyschen Lagern interniert waren, unterzubringen, bevor sie entweder in die EU geflogen oder in ihre Herkunftsländer abgeschoben werden. Allein von Ende November bis Mitte Mai sind 1.152 Flüchtlinge aus Libyen nach Niger gebracht worden; dazu wurden 17 „Transitzentren“ in Niamey, sechs in Agadez eingerichtet. Niger gilt inzwischen außerdem als möglicher Standort für die EU-"Ausschiffungsplattformen" [7] - Lager, in die Flüchtlinge verlegt werden sollen, die auf dem Mittelmeer beim Versuch, nach Europa zu reisen, aufgegriffen wurden. Damit erhielte Niger einen weiteren potenziellen Destabilisierungsfaktor - im Auftrag und unter dem Druck der EU. Ob und, wenn ja, wie das Land die durch all dies drohenden Erschütterungen überstehen wird, das ist völlig ungewiss.

      [1], [2] Eric Reidy: Destination Europe: Frustration. irinnews.org 28.06.2018.

      [3] Eric Schmitt: 3 Special Forces Troops Killed and 2 Are Wounded in an Ambush in Niger. nytimes.com 04.10.2017.[4] S. dazu Die Militarisierung des Sahel (IV).

      [5] Nick Turse: U.S. Military Surveys Found Local Distrust in Niger. Then the Air Force Built a $100 Million Drone Base. theintercept.com 03.07.2018.

      [6] Joe Penney: A Massive U.S. Drone Base Could Destabilize Niger - And May Even Be Illegal Under its Constitution. theintercept.com 18.02.2018.

      [7] S. dazu Libysche Lager.

      https://www.german-foreign-policy.com/news/detail/7673

      –-> Commentaire reçu via la mailing-list Migreurop :

      La politique d’externalisation de l’UE crée de nouvelles tensions au Niger et risque de déclencher une rebellion dans le nord du pays. Plusieurs rapports de la région confirment que le fait que Bruxelle ait rendu illégal la migration traditionnelle et de fait détruit l’économie qui tournait autour, particulièrement dans la ville d’Agadez, porte d’entrée du Sahara nigérien, a privé de revenus des dizaines de milliers de personnes. Les programmes de développement annoncés par l’UE n’ont pu aider qu’une infime partie de ceux qui ont été affectés par la mesure. Les observateurs locaux constatent que une augmentation des volontés à se rebeller et/ou à rejoindre les djihadistes. Le Niger est déja la scène d’attaques terroristes djihadistes ainsi que d’opérations occidentales « anti-terreur » : alors que Berlin et l’UE soutiennent une intervention des forces du G5 Sahel - les soldats allemands pourraient être déployés au Niger - les Etats Unis ont étendu leur présence sur le territoire. Les forces US sont en train de construire une base de #drones à Agadez, ce qui a déclenché de nouvelles tensions.

      #déstabilisation

    • Libya: EU’s patchwork policy has failed to protect the human rights of refugees and migrants

      A year after the emergence of shocking footage of migrants apparently being sold as merchandise in Libya prompted frantic deliberations over the EU’s migration policy, a series of quick fixes and promises has not improved the situation for refugees and migrants, Amnesty International said today. In fact, conditions for refugees and migrants have largely deteriorated over the past year and armed clashes in Tripoli that took place between August and September this year have only exacerbated the situation further.

      https://www.amnesty.org/en/documents/mde19/9391/2018/en
      #droits_humains

      Pour télécharger le rapport:
      https://www.amnesty.org/download/Documents/MDE1993912018ENGLISH.pdf

    • New #LNCG Training module in Croatia

      A new training module in favour of Libyan Coastguard and Navy started in Split (Croatia) on November the 12.
      Last Monday, November the 12th, a new training module managed by operation Sophia and focused on “Ship’s Divers Basic Course” was launched in the Croatian Navy Training Centre in Split (Croatia).

      The trainees had been selected by the competent Libyan authorities and underwent a thorough vetting process carried out in different phases by EUNAVFOR Med, security agencies of EU Member States participating in the Operation and international organizations.

      After the accurate vetting process, including all the necessary medical checks for this specific activity, 5 Libyan military personnel were admitted to start the course.

      The course, hosted by the Croatian Navy, will last 5 weeks, and it will provide knowledge and training in diving procedures, specifically related techniques and lessons focused on Human Rights, Basic First Aid and Gender Policy.

      The end of the course is scheduled for the 14 of December 2018.

      Additionally, with the positive conclusion of this course, the threshold of more than 300 Libyan Coastguard and Navy personnel trained by #EUNAVFOR_Med will be reached.

      EUNAVFOR MED Operation Sophia continues at sea its operation focused on disrupting the business model of migrant smugglers and human traffickers, contributing to EU efforts for the return of stability and security in Libya and the training and capacity building of the Libyan Navy and Coastguard.


      https://www.operationsophia.eu/new-lncg-training-module-in-croatia

    • EU Council adopts decision expanding EUBAM Libya’s mandate to include actively supporting Libyan authorities in disrupting networks involved in smuggling migrants, human trafficking and terrorism

      The Council adopted a decision mandating the #EU_integrated_border_management_assistance_mission in Libya (#EUBAM_Libya) to actively support the Libyan authorities in contributing to efforts to disrupt organised criminal networks involved in smuggling migrants, human trafficking and terrorism. The mission was previously mandated to plan for a future EU civilian mission while engaging with the Libyan authorities.

      The mission’s revised mandate will run until 30 June 2020. The Council also allocated a budget of € 61.6 million for the period from 1 January 2019 to 30 June 2020.

      In order to achieve its objectives EUBAM Libya provides capacity-building in the areas of border management, law enforcement and criminal justice. The mission advises the Libyan authorities on the development of a national integrated border management strategy and supports capacity building, strategic planning and coordination among relevant Libyan authorities. The mission will also manage as well as coordinate projects related to its mandate.

      EUBAM Libya responds to a request by the Libyan authorities and is part of the EU’s comprehensive approach to support the transition to a democratic, stable and prosperous Libya. The civilian mission co-operates closely with, and contributes to, the efforts of the United Nations Support Mission in Libya.

      The mission’s headquarters are located in Tripoli and the Head of Mission is Vincenzo Tagliaferri (from Italy). EUBAM Libya.

      https://migrantsatsea.org/2018/12/18/eu-council-adopts-decision-expanding-eubam-libyas-mandate-to-include-

      EUBAM Libya :
      Mission de l’UE d’assistance aux frontières (EUBAM) en Libye


      https://eeas.europa.eu/csdp-missions-operations/eubam-libya_fr

    • Comment l’UE a fermé la route migratoire entre la Libye et l’Italie

      Les Européens coopèrent avec un Etat failli, malgré les mises en garde sur le sort des migrants dans le pays

      L’une des principales voies d’entrée en Europe s’est tarie. Un peu plus de 1 100 personnes migrantes sont arrivées en Italie et à Malte par la mer Méditerranée sur les cinq premiers mois de l’année. Un chiffre en fort recul, comparé aux 650 000 migrants qui ont emprunté cette voie maritime ces cinq dernières années. Le résultat, notamment, d’une coopération intense entre l’Union européenne, ses Etats membres et la Libye.

      En 2014, alors que le pays est plongé dans une guerre civile depuis la chute du régime de Kadhafi, plus de 140 000 migrants quittent ses côtes en direction de l’Italie, contre quelque 42 000 l’année précédente pour toute la rive sud de la Méditerranée centrale. Cette dernière devient, deux ans plus tard, la principale porte d’entrée sur le continent européen.

      Inquiète de cette recrudescence, l’Italie relance en mars 2016 ses relations bilatérales avec la Libye – interrompues depuis la chute de Kadhafi –, à peine le fragile gouvernement d’union nationale (GNA) de Faïez Sarraj installé à Tripoli sous l’égide de l’ONU. Emboîtant le pas à Rome, l’UE modifie le mandat de son opération militaire « Sophia ». Jusque-là cantonnée à la lutte contre le trafic de migrants en Méditerranée, celle-ci doit désormais accompagner le rétablissement et la montée en puissance des gardes-côtes libyens.

      Dans cette optique, dès juillet 2016, l’UE mandate les gardes-côtes italiens pour « assumer une responsabilité de premier plan » dans le projet de mise en place d’un centre de coordination de sauvetage maritime (MRCC) à Tripoli et d’une zone de sauvetage à responsabilité libyenne dans les eaux internationales. C’est une étape majeure dans le changement du paysage en Méditerranée centrale. Jusque-là, compte tenu de la défaillance de Tripoli, la coordination des sauvetages au large de la Libye était assumée par le MRCC de Rome. Les migrants secourus étaient donc ramenés sur la rive européenne de la Méditerranée. Si Tripoli prend la main sur ces opérations, alors ses gardes-côtes ramèneront les migrants en Libye, même ceux interceptés dans les eaux internationales. Une manière de « contourner l’interdiction en droit international de refouler un réfugié vers un pays où sa vie ou sa liberté sont menacées », résume Hassiba Hadj-Sahraoui, conseillère aux affaires humanitaires de Médecins sans frontières (MSF).

      Les premières formations de gardes-côtes débutent en octobre 2016, et les agences de l’ONU sont mises à contribution pour sensibiliser les personnels au respect des droits de l’homme. « C’est difficile d’en mesurer l’impact, mais nous pensons que notre présence limite les risques pour les réfugiés », estime Roberto Mignone, l’ancien représentant du Haut-Commissariat des Nations unies pour les réfugiés en Libye.

      Au sein de l’UE, tous les outils sont mobilisés. Même les équipes du Bureau européen d’appui à l’asile sont sollicitées. Un fonctionnaire européen se souvient du malaise en interne. « Le Conseil a fait pression pour nous faire participer, rapporte-t-il. On n’était clairement pas emballés. C’était nous compromettre un peu aussi dans ce qui ressemble à une relation de sous-traitance et à un blanc-seing donné à des pratiques problématiques. »
      Le travail des ONG entravé

      Le pays est alors dans une situation chaotique, et les migrants en particulier y encourent de graves violences telles que le travail forcé, l’exploitation sexuelle, le racket et la torture.

      Mais l’Europe poursuit son plan et continue de s’appuyer sur l’Italie. Le 2 février 2017, le gouvernement de gauche de Paolo Gentiloni (Parti démocrate) réactive un traité d’amitié de 2008 entre Rome et Tripoli, avec l’approbation du Conseil européen dès le lendemain. Des moyens du Fonds fiduciaire de l’UE pour l’Afrique sont fléchés vers les enjeux migratoires en Libye – 338 millions d’euros jusqu’à aujourd’hui –, bien que l’Union fasse état de « préoccupations sur une collusion possible entre les bénéficiaires de l’action et les activités de contrebande et de traite ».

      A cette époque, les Nations unies dénoncent l’implication des gardes-côtes de Zaouïa (à 50 km à l’ouest de Tripoli) dans le trafic de migrants. En mai 2017, Marco Minniti, ministre italien de l’intérieur (Parti démocrate), remet quatre bateaux patrouilleurs à la Libye. Trois mois plus tard, Tripoli déclare auprès de l’Organisation maritime internationale (OMI) qu’elle devient compétente pour coordonner les sauvetages jusqu’à 94 milles nautiques au large de ses côtes.

      Le travail des ONG, lui, est de plus en plus entravé par l’Italie, qui les accuse de collaborer avec les passeurs et leur impose un « code de conduite ». S’ensuivront des saisies de bateaux, des retraits de pavillon et autres procédures judiciaires. L’immense majorité d’entre elles vont jeter l’éponge.

      Un tournant s’opère en Méditerranée centrale. Les gardes-côtes libyens deviennent à l’automne 2017 les premiers acteurs du sauvetage dans la zone. Ils ramènent cette année-là 18 900 migrants sur leur rive, presque quarante fois plus qu’en 2015.

      Leur autonomie semble pourtant toute relative. C’est Rome qui transmet à Tripoli « la majorité des appels de détresse », note un rapport de l’ONU. C’est Rome encore qui dépose en décembre 2017, auprès de l’OMI, le projet de centre libyen de coordination des sauvetages maritimes financé par la Commission européenne. Un bilan d’étape interne à l’opération « Sophia », de mars 2018, décrit d’ailleurs l’impréparation de Tripoli à assumer seule ses nouvelles responsabilités. La salle d’opération depuis laquelle les sauvetages doivent être coordonnés se trouve dans « une situation infrastructurelle critique »liée à des défauts d’électricité, de connexion Internet, de téléphones et d’ordinateurs. Les personnels ne parlent pas anglais.

      Un sauvetage, le 6 novembre 2017, illustre le dangereux imbroglio que deviennent les opérations de secours. Ce jour-là, dans les eaux internationales, à 30 milles nautiques au nord de Tripoli, au moins 20 personnes seraient mortes. Une plainte a depuis été déposée contre l’Italie devant la Cour européenne des droits de l’homme. Des rescapés accusent Rome de s’être défaussé sur les gardes-côtes libyens.« Un appel de détresse avait été envoyé à tous les bateaux par le MRCC Rome, relate Violeta Moreno-Lax, juriste qui a participé au recours. L’ONG allemande Sea-Watch est arrivée sur place quelques minutes après les gardes-côtes libyens. C’est Rome qui a demandé aux Libyens d’intervenir et à Sea-Watch de rester éloignée. »

      Les gardes-côtes présents – certains formés par l’UE – n’ont alors ni gilets ni canot de sauvetage. Sur les vidéos de l’événement, on peut voir l’embarcation des migrants se coincer sous la coque de leur patrouilleur. Des gens tombent à l’eau et se noient. On entend aussi les Libyens menacer l’équipage du Sea-Watch de représailles, puis quitter les lieux en charriant dans l’eau un migrant accroché à une échelle.

      Tout en ayant connaissance de ce drame, et bien qu’elle reconnaisse un suivi très limité du travail des gardes-côtes en mer, la force navale « Sophia » se félicite, dans son bilan d’étape de mars 2018, du « modèle opérationnel durable » qu’elle finance.

      L’année 2018 confirme le succès de cette stratégie. Les arrivées en Italie ont chuté de 80 %, ce qui n’empêche pas le ministre de l’intérieur, Matteo Salvini (extrême droite), d’annoncer à l’été la fermeture de ses ports aux navires humanitaires.
      « Esclavage » et « torture »

      L’ONU rappelle régulièrement que la Libye ne doit pas être considérée comme un « port sûr » pour débarquer les migrants interceptés en mer. Les personnes en situation irrégulière y sont systématiquement placées en détention, dans des centres sous la responsabilité du gouvernement où de nombreux abus sont documentés, tels que des « exécutions extrajudiciaires, l’esclavage, les actes de torture, les viols, le trafic d’être humains et la sous-alimentation ».

      La dangerosité des traversées, elle, a explosé : le taux de mortalité sur la route de la Méditerranée centrale est passé de 2,6 % en 2017 à 13,8 % en 2019.

      https://www.lemonde.fr/international/article/2019/05/07/comment-l-ue-a-ferme-la-route-entre-la-libye-et-l-italie_5459242_3210.html

  • Beaucoup a déjà été publié sur seenthis sur l’#externalisation des frontières.

    Sur ce fil, je réunis surtout les documents de la politique de #Macron au sujet de tentative de l’externalisation de la #procédure_d'asile dans des #pays_tiers.

    Il s’agit de messages que j’ai ajoutés à des messages d’autres personnes (pour éviter que si jamais l’auteur du message original quitte seenthis et efface son compte, moi je ne perds pas mes informations —> je vais faire cela assez systématiquement, quand j’ai le temps, dans les prochains mois = paranoïa de perte de données).

    Voir aussi ce fil de discussion, que je ne vais pas "rapatrier" ici :
    Emmanuel #Macron veut créer des « hotspots » pour gérer les demandes d’asile en #Libye
    https://seenthis.net/messages/618133

    Par contre, pour celui-ci, je vais copier les messages ci-dessous, car le fil de discussion n’a pas été initié par moi :
    https://seenthis.net/messages/625374

    #France
    #frontières #contrôles_frontaliers #frontières #asile #migrations #réfugiés #procédure_d'asile

    –—

    voir la métaliste sur les tentatives d’externalisation de la procédure d’asile de différents pays européens dans l’histoire :
    https://seenthis.net/messages/900122

    cc @isskein

    • Macron veut « identifier » les demandeurs d’asile au #Tchad et au Niger

      Lors d’un mini-sommet organisé à l’Élysée lundi 28 août, Paris, Berlin, Madrid et Rome ont proposé l’envoi de « missions de protection » au Niger et au Tchad dans le but d’identifier en amont les migrants éligibles à l’asile. Une initiative qui pose plus de questions qu’elle n’en résout.

      À l’issue d’un mini-sommet organisé à Paris le 28 août, les chefs d’État ou de gouvernement de sept pays européens et africains – la France, l’Allemagne, l’Espagne et l’Italie, d’un côté de la Méditerranée, le Tchad, le Niger et la Libye, de l’autre – se sont mis d’accord autour d’une « feuille de route » visant à « contrôler les flux migratoires » entre les deux continents.
      Réunis avec les présidents du Tchad, Idriss Déby, et du Niger, Mahamadou Issoufou, ainsi qu’avec le premier ministre libyen du gouvernement d’union nationale, Fayez al-Sarraj, le président français, Emmanuel Macron, la chancelière allemande, Angela Merkel, le premier ministre espagnol, Mariano Rajoy, et le président du Conseil italien, Paolo Gentiloni, ont ainsi proposé l’envoi de « missions de protection » au Niger et au Tchad, dans le but d’identifier en amont les migrants éligibles à l’asile (retrouver ici et là les déclarations conjointes).

      « Nous avons acté, je m’y étais engagé à Orléans au début de l’été, d’avoir un traitement humanitaire à la hauteur de nos exigences et de pouvoir, dans des zones identifiées, pleinement sûres, au Niger et au Tchad, sous la supervision du HCR [Haut Commissariat des Nations unies pour les réfugiés – ndlr], identifier les ressortissants qui ont le droit à l’asile, pouvoir les mettre en sécurité le plus rapidement », a expliqué le président français lors de la conférence de presse.

      Le 27 juillet, ce dernier avait créé la polémique en affirmant, en marge d’une visite dans un centre d’hébergement de réfugiés à Orléans, vouloir créer des « hot spots », ces centres chargés de trier les candidats à l’asile en France, « dès cet été », pour maîtriser l’arrivée des migrants venus de Libye et, avait-il ajouté, pour « éviter aux gens de prendre des risques fous alors qu’ils ne sont pas tous éligibles à l’asile ». Quelques heures plus tard, son entourage avait fait machine arrière en expliquant que, pour l’heure, seuls le Tchad et le Niger devraient être concernés. Après la visite, dans un discours à la préfecture du Loiret, le président avait d’ailleurs rectifié le tir en se contentant d’évoquer l’envoi de missions de l’Office français de protection des réfugiés et apatrides (Ofpra) « sur le sol africain ».

      La feuille de route du 28 août, qui substitue l’idée de « missions de protection » à celle de « hot spots », prévoit que l’identification des demandeurs d’asile se fera par le HCR, avec l’aval des autorités du pays de premier accueil et le soutien d’équipes européennes spécialistes de l’asile. Les personnes sélectionnées entreraient dans le programme dit de réinstallation du HCR « sur des listes fermées », c’est-à-dire listant les migrants d’ores et déjà identifiés par le HCR, et « selon des critères fixés en commun », non communiqués pour l’instant.

      Les migrants ne répondant pas à ces conditions devraient être reconduits « dans leur pays d’origine, dans la sécurité, l’ordre et la dignité, de préférence sur une base volontaire, en tenant compte de la législation nationale et dans le respect du droit international ».

      Sur le papier, l’idée pourrait paraître séduisante, puisqu’elle se donne comme objectif d’« ouvrir une voie légale pour les personnes ayant besoin d’une protection conformément au droit international et européen, en particulier pour les personnes les plus vulnérables selon les procédures du HCR relatives à la détermination de la qualité de réfugié, et qui sont susceptibles de migrer vers l’Europe ». Le but serait ainsi de leur éviter l’enfer libyen, où il est de notoriété publique que les migrants subissent les pires sévices, mais aussi les dangers de la traversée de la Méditerranée sur des canots pneumatiques. Depuis le début de l’année, près de 98 000 personnes sont arrivées par cette route maritime centrale, et près de 2 250 ont péri en mer, selon les chiffres de l’Organisation internationale pour les migrations.

      Mais derrière cette intention louable, se cache surtout le projet de réduire au maximum l’arrivée sur le Vieux Continent de personnes perçues par les dirigeants européens comme des « migrants économiques », pour lesquels aucun accueil n’est envisagé. L’objectif est ainsi de décourager les départs le plus en amont possible. Cette politique n’est pas nouvelle : voilà une vingtaine d’années que Bruxelles multiplie les accords avec les pays d’origine et de transit, par des campagnes d’affichage et des bureaux d’information, à coups de dizaines de millions d’euros, afin de convaincre les migrants de rester chez eux.

      Avec ces nouveaux guichets de pré-examen de la demande d’asile, il s’agit d’aller plus loin, car il est fort à parier que le nombre de personnes retenues par le HCR et in fine réinstallées en Europe sera extrêmement réduit. Dans les pays de l’UE, les demandeurs d’asile originaires d’Afrique subsaharienne obtiennent rarement le statut de réfugié. Les ONG sont donc particulièrement sceptiques à l’égard de ce genre d’initiatives, qu’elles considèrent comme une manière déguisée de sous-traiter la demande d’asile à des pays tiers, aussi éloignés que possible du continent européen. « On repousse la frontière européenne dans des pays de plus en plus lointains », a ainsi affirmé à l’AFP Eva Ottavy, de la Cimade, pour qui, « sous couvert de sauver des vies, on bloque l’accès au territoire ».

      Par ailleurs, le dispositif de réinstallation mis en place dans le monde par le HCR est décrié par ces mêmes associations de défense des droits des étrangers qui estiment que les critères mis en œuvre sont trop restrictifs et les procédures trop peu transparentes.

      Quand on sait que le système de relocalisation organisé par l’Union européenne pour répartir les réfugiés arrivés en Grèce ne fonctionne pas, alors même que ces exilés sont des ressortissants de pays susceptibles d’obtenir l’asile (Syrie, Afghanistan, Irak et Iran principalement), on peut s’interroger sur le nombre d’Africains subsahariens qui pourront effectivement bénéficier de cette « voie légale » pour arriver en Europe.

      Enfin, la décision de Paris, Berlin, Madrid et Rome d’« améliorer la coopération économique avec les communautés locales se trouvant sur les routes migratoires en Libye, afin de créer des sources de revenu alternatives, d’accroître leur résilience et de les rendre indépendantes de la traite des êtres humains » a de quoi laisser dubitatif. En effet, Reuters a récemment révélé l’existence sur les côtes libyennes, à Sabratah, principale ville de départ des migrants, d’une milice armée qui empêcherait violemment les embarcations de partir et détiendrait les candidats au passage dans des conditions dégradantes (lire notre article). Or, d’après de nombreux témoignages, il semble que ce groupe mafieux soit, en partie au moins, financé par le gouvernement d’union nationale de Tripoli, lui-même soutenu par les fonds européens.

      https://www.mediapart.fr/journal/international/290817/macron-veut-identifier-les-demandeurs-d-asile-au-tchad-et-au-niger

      #hotspots #externalisation #asile #migrations #réfugiés #Macron #Tchad #Niger

      v. aussi : https://seenthis.net/messages/618133

      Et ce magnifique titre de l’opération :
      #missions_de_protection

    • Juste pour rappeler que Macron n’a rien inventé, mais qu’il surfe sur la vague...

      Voici l’extrait d’un article qui date de 2009...

      Les tendances et mesures amorcées dans les récentes prises de position politiques ne servent qu’à confirmer la direction prise depuis la fin des années quatre-vingt-dix et indiquent clairement une réalité politique qui accentue certains aspects : la présence policière, la surveillance des frontières et l’endiguement, au détriment des autres. D’abord, les orientations prises conjointement pour limiter l’accès aux demandeurs d’asile, aux réfugiés et aux familles des travailleurs, à travers une série de directives et de règlements (c’est-à-dire des populations ayant droit à l’accès) et le développement croissant d’une politique d’immigration sélective des travailleurs, ont contribué à créer une étape de plus dans l’externalisation. Cette étape a été franchie en 2003 et 2004 avec deux propositions, l’une émanant des Britanniques sur les “#Transit_Processing_Centres” (#TPCs) et l’autre des Italiens et des Allemands, pour mettre en place des bureaux d’immigration en Afrique du Nord.

      Tiré de :
      Dimension extérieure de la politique d’immigration de l’Union européenne
      https://hommesmigrations.revues.org/342

      #Italie #Allemagne #UK #Angleterre

    • Au Niger, la frontière invisible de l’Europe

      L’enquête des « Jours » sur la trace des migrants morts en mer passe par le Niger, nouveau pays de transit pour les candidats à l’exil.

      Depuis l’été 2016 et la mise en œuvre de la loi via le « #plan_Bazoum », du nom du ministre de l’Intérieur Mohamed Bazoum, toute personne transportant des étrangers dans le désert, au nord de l’axe Arlit-Dirkou (consulter notre carte des Disparus), est considéré comme étant en infraction avec la loi. D’ailleurs, à proximité de la gare de Rimbo, une pancarte affichant les logos de l’Union européenne et de l’Agence nationale de lutte contre la traite des personnes (ANLTP) du Niger le rappelle : « Transporter illégalement des migrants vous expose à une peine d’amende de 1 000 000 à 3 000 000 CFA [1 525 à 4 575 euros, ndlr]. »

      v. aussi : https://seenthis.net/messages/605400

      « Dans cette histoire de migration, rien n’est ni noir, ni blanc. C’est un sujet tellement complexe qu’on ne peut pas le résumer en quelques vérités », dit Kirsi Henriksson, au volant de son 4x4, dans les rues de Niamey. Kirsi Henriksson dirige Eucap Sahel au Niger, une opération civile de l’Union européenne créée en 2012, après la chute de Kadhafi, pour lutter contre le terrorisme et la criminalité organisée dans la région. Quand Henriksson a pris son poste en août 2016, le mandat de l’opération venait d’être élargi à la lutte contre l’immigration irrégulière. Le moment était parfait pour l’Union européenne : le plan Bazoum venait d’être mis en application. Désormais, des policiers et des gendarmes européens conseillent et forment leurs homologues nigériens à des techniques de contrôle et renseignement visant à intercepter les trafics de drogues et d’armes, mais aussi ceux d’êtres humains. « Nous n’avons pas de mandat exécutif, nous n’arrêtons personne. Mais nous formons les autorités nigériennes à arrêter les gens. Pour beaucoup, nous sommes les méchants de cette histoire. »

      Avant le Niger, Kirsi Henriksson a travaillé pour des missions similaires de l’Union européenne au Mali, en Libye et en Irak. Universitaire de formation, elle s’est spécialisée dans les études sur la paix et les conflits avant de partir « construire la paix dans la vraie vie ». « Je dois avouer que les résultats n’ont pas toujours été à la hauteur de l’ambition », elle sourit. En 2014, elle a été évacuée de la Libye avec le reste de la mission européenne. Les organisations internationales sont parties elles aussi. Aujourd’hui, elles sont toutes au Niger, de même que les armées étrangères. « Une industrie de la paix », comme le qualifie la cheffe de mission.
      « Le Niger est the new place to be. Tout le monde est ici : l’armée française avec l’#opération_Barkhane, l’armée allemande qui ravitaille ses troupes au Mali depuis le Niger, l’armée américaine qui construit une base de #drones à Agadez. » À la fin de l’année 2017, l’#Italie a annoncé à son tour l’envoi de troupes – une information que les autorités nigériennes ont démentie par la suite. « Tout le monde vient parce que dans la région du Sahel, le Niger assure une certaine stabilité. Et préserver cette stabilité est dans l’intérêt de toute l’Europe. »

      Mais la migration est-elle une menace pour la stabilité du Sahel ? Paradoxalement, avec l’augmentation des contrôles et la criminalisation du trafic, elle est peut-être en train de le devenir. Le #trafic_d’êtres_humains est passé des mains des transporteurs ordinaires à celles de #réseaux_criminels transfrontaliers qui gèrent aussi d’autres trafics : la #drogue – surtout du #Tramadol, un antalgique dérivé de l’#opium –, qui arrive depuis le Nigeria vers la Libye, et les #armes, qui descendent de la Libye vers le sud.

      #commerce_d'armes

      Seulement, pour le moment, l’aide européenne promise arrive lentement et souvent sans consultation des populations concernées. Le #Fonds_fiduciaire officiellement destiné à l’aide au #développement vise en réalité à produire du contrôle, reconnaît Kirsi Henriksson. C’est également le but de l’#opération_Eucap_Sahel. La cheffe de mission trace avec son index les nouvelles routes que le contrôle renforcé a dessinées dans le désert : directement depuis #Diffa, situé à la frontière nigériane, vers #Séguédine dans le nord, en traversant le #Ténéré, de #Gao au Mali vers #Assamaka à la frontière algérienne, qu’on longera ensuite pour arriver en Libye. Ces nouvelles routes sont plus dangereuses.

      #Eucap #routes_migratoires #parcours_migratoires

      « Davantage de personnes meurent dans le désert. Et c’est vraiment malheureux. » C’est la première fois que j’entends cette affirmation pendant mon voyage. Je ne cesserai de l’entendre par la suite. À chacun, je demanderai combien. Combien mouraient avant, combien meurent maintenant ? Personne ne sait. Personne ne semble savoir qui pourrait savoir.

      #mourir_dans_le_désert #décès

      https://lesjours.fr/obsessions/migrants/ep6-niger
      #Agadez #gardes-frontière #frontières #contrôles_frontaliers

    • At French Outpost in African Migrant Hub, Asylum for a Select Few

      In a bare suite of prefab offices, inside a compound off a dirt road, French bureaucrats are pushing France’s borders thousands of miles into Africa, hoping to head off would-be migrants.

      All day long, in a grassy courtyard, they interview asylum seekers, as the African reality they want to escape swirls outside — donkey carts and dust, joblessness and poverty, and, in special cases, political persecution.

      If the French answer is yes to asylum, they are given plane tickets to France and spared the risky journey through the desert and on the deadly boats across the Mediterranean that have brought millions of desperate migrants to Europe in recent years, transforming its politics and societies.

      “We’re here to stop people from dying in the Mediterranean,” said Sylvie Bergier-Diallo, the deputy chief of the French mission in Niger.

      But very few are actually approved, and so the French delegation is also there to send a message to other would-be migrants: Stay home, and do not risk a perilous journey for an asylum claim that would ultimately be denied in France.

      The French outpost is part of a new forward defense in Europe’s struggle to hold off migration from Africa; it is a small, relatively benign piece of a larger strategy that otherwise threatens to subvert Europe’s humanitarian ideals.

      After years of being buffeted by uncontrolled migration, Europe is striking out. Italy is suspected of quietly cutting deals with Libyan warlords who control the migration route. The European Union has sent delegations to African capitals, waving aid and incentives for leaders to keep their people at home. Now come the French.
      “There’s a much more active approach to see that the immigrant stays as far away as possible from Europe, and this is completely to the detriment of those concerned,” said Philippe Dam of Human Rights Watch.

      The French mission was “positive,” he said, “but it’s too late and too small.”

      It is also the flip side of a fast-toughening stance by France against migrants, as President Emmanuel Macron began his push this month for what critics say is a draconian new law aimed at sending many of those who have already arrived back home.

      Even if some of Europe’s new methods are questionable, the results have been evident: Last year, for the first time since the crisis began several years ago, the migration flow was reversed, according to Giuseppe Loprete, head of the United Nations migration agency office in Niger.

      About 100,000 would-be migrants returned through Niger from Libya, compared with 60,000 who traversed the vast and impoverished desert country heading toward Europe.

      As the hub for West African migration, Niger had long been under pressure from Europe to crack down on the migrant flow. And something has shifted.

      The bus stations in Niamey, once packed with West Africans trying to get to Agadez, the last city before Libya, are now empty. The police sternly check identity documents.

      When I visited Agadez three years ago, migrants packed what locals called “ghettos” at the edge of town, hanging out for weeks in the courtyards of unfinished villas waiting for a chance to cross the desert.
      Migration officials say there are many fewer now. The Nigerien government has impounded dozens of the pickups formerly used by smugglers at Agadez, they say.

      “Lot less, lot less than before,” said a bus agent, who declined to give his name, at the open-air Sonef station in Niamey, drowsing and empty in the late-afternoon heat. “It’s not like it was. Before it was full.”

      The tile floor was once crowded with migrants. No more. A sign outside bears the European Union flag and warns passengers not to travel without papers.

      In itself, the so-called French filtration effort here is so small that it is not responsible for the drop, nor is it expected to have much effect on the overall migration flow.

      It began well after the drop was underway. Only a handful of such missions to interview asylum seekers have embarked since Mr. Macron announced the policy last summer, staying for about a week at a time.

      Meager as it is, however, the French effort has already helped shift the process of sifting some asylum claims to Africa and out of Europe, where many of those who are denied asylum tend to stay illegally.

      For Mr. Macron, a chief aim is to defuse the political pressures at home from the far right that have escalated with the migrant crisis.
      The French hope that the greater visibility of a formal, front-end system will discourage those without credible claims of asylum from risking their lives with smugglers.

      The process is also intended to send a potentially important message: that those with legitimate claims of persecution do have a chance for safe passage.

      “Politically it’s huge,” said Mr. Loprete. “But in terms of numbers it is very low.”

      In a recent week, 85 people were interviewed by the four officials from the French refugee agency, known as Ofpra.

      The selective scale is in line with Mr. Macron’s determination to keep out economic migrants. “We can’t welcome everybody,” he said in his New Year’s speech.

      On the other hand, “we must welcome the men and women fleeing their country because they are under threat,” Mr. Macron said. They have a “right to asylum,” he said.

      Critics of the plan say that it amounts to only a token effort, and that the real goal is to keep potential migrants at arms’ length.

      “Macron’s policy is to divide migrants and refugees, but how can we do so? What is the ethical principle behind this choice?” said Mauro Armanino, an Italian priest at the cathedral in Niamey who has long worked with migrants in African nations. “It is a policy without heart.”

      Still, the French have been the first to undertake this kind of outreach, working closely with the United Nations, out of its refugee agency’s compound in Niamey.

      The United Nations International Office for Migration does a first vetting for the French in Libya, Niger’s northern neighbor, where human smuggling networks have thrived in the chaotic collapse of the country.

      In Libya, the smugglers herd the Africans together, beat them, sometimes rape them and extort money. Some are even sold into slavery before being loaded onto rickety boats for the Mediterranean crossing.

      Some of the Libyan camps are run by smugglers and their associated militias, and others by the government, such as it is. But regardless of who runs them, they are essentially concentration camps, officials say, and there is no distinction made between political refugees and migrants.

      United Nations officials are allowed to enter the government-run camps to look for potential asylum cases — principally Eritreans and Somalis, whose flight from political persecution and chaos might qualify them. From lists supplied by the United Nations, the French choose whom they will interview.

      “The idea is to protect people who might have a right to asylum,” said Pascal Brice, the head of Ofpra, the French refugee agency. “And to bypass the horrors of Libya and the Mediterranean.”

      “It is limited,” Mr. Brice acknowledged. “But the president has said he wants to cut back on the sea crossings,” he added, referring to Mr. Macron.
      Bénédicte Jeannerod, who heads the French office of Human Rights Watch, was less a critic of the program itself than of its scale. “I’ve told Pascal Brice that as long as it works, make it bigger,” he said.

      But the potential difficulties of making the program larger were evident in a day of interviews at the sweltering United Nations center in Niamey.

      One recent Saturday night, 136 Eritreans and Somalis were flown to Niamey by the United Nations, all potential candidates for asylum interviews with the French.

      The dozens of asylum seekers already there waited pensively, looking resigned as they sat on benches, betraying no sign of the import of what the French deputy chief of the mission had to offer.

      “If you are chosen, you will soon be in France,” Ms. Bergier-Diallo told them, pronouncing the words slowly and deliberately. “And we are delighted.”

      Indeed, if the refugees pass muster, the rewards are enormous: a free plane ticket to France, free housing, hassle-free residence papers and free French lessons.

      The French agents, stiff and formal in their questioning that could last well over an hour, inquired relentlessly about the refugees’ family ties, uninterested in establishing the narrative of their escape and suffering.
      The idea was to “establish the family context,” in an effort to confirm the authenticity of the refugees’ origins, said one French official, Lucie.

      (Sensitive to security, the French authorities asked that the last names of their agents and those of the refugees not be published.)

      Shewit, a diminutive, bespectacled 26-year-old Eritrean woman, was asked whether she ever phoned her family, and if so what they talked about.

      “Only about my health,” Shewit said. “I never tell them where I am.”

      Mariam, 27, told the French agent she had been raped and ostracized in her village and feared going back because “the people who raped me are still there.”

      “They could rape me again,” said Mariam, an illiterate animal herder from Somaliland.

      Even if she finds safety in France, integrating her into society will be a challenge. Mariam had never attended any school and looked bewildered when the French agent told her to remove her head scarf.

      Wearing the scarf “is not possible in the French administration, or in schools,” Emoline, the agent, said gently to Mariam in English, through an interpreter.

      Then there was Welella, an 18-year-old Eritrean girl who, before being rescued from neighboring Libya, had spent time in a refugee camp in Sudan, where she endured what she simply called “punishments.”
      Her father is a soldier, her siblings had all been drafted into Eritrea’s compulsory military service, and she risked the same.

      “Why is military service compulsory in Eritrea?” Lucie asked the girl, seated opposite her. “I don’t know,” Welella answered mechanically.

      She had long planned on fleeing. “One day I succeeded,” she said simply.

      “What could happen to you in Eritrea if you returned?” Lucie asked.

      “I suffered a lot leaving Eritrea,” Welella said slowly. “If I return, they will put me underground.”

      She was questioned over and over about the names of her siblings in Eritrea, and why one had traveled to a particular town.

      After nearly two hours of questioning, a hint of the French agent’s verdict finally came — in English. It was rote, but the message clear: France was one step away from welcoming Welella.

      “You will have the right to enter France legally,” Lucie told her. “You will be granted a residence permit, you will be given your own accommodations, you will have the right to work …”

      Welella smiled, barely.


      https://www.nytimes.com/2018/02/25/world/africa/france-africa-migrants-asylum-niger.html?smid=tw-share
      #Niamey

    • A French Processing Centre in Niger: The first step towards extraterritorial processing of asylum claims or (just) good old resettlement?

      When The New York Times made headlines in the migration world with its recent article “At French Outpost in African Migrant Hub, Asylum for a Select Few” about the French refugee agency’s role in the UNHCR humanitarian evacuation scheme, it was not long before the magical concept of “extraterritorial processing” resurfaced. Mostly defined as the processing of asylum requests outside the country of destination, this proposal, repeatedly raised by European Union member states and academics alike since the beginning of the 2000s, has regularly been turned down by EU officials as being mere politically-driven hot air. Often confused with resettlement or other legal access channels, it has been praised as the panacea of the migration and asylum challenges by some, while being criticized as outsourcing and shady responsibility shifting by others.


      http://www.aspeninstitute.it/aspenia-online/article/french-processing-centre-niger-first-step-towards-extraterritorial-pr

    • Les migrants paient le prix fort de la coopération entre l’UE et les #gardes-côtes_libyens

      Nombre de dirigeants européens appellent à une « coopération » renforcée avec les #garde-côtes_libyens. Mais une fois interceptés en mer, ces migrants sont renvoyés dans des centres de détention indignes et risquent de retomber aux mains de trafiquants.

      https://www.mediapart.fr/journal/international/280618/les-migrants-paient-le-prix-fort-de-la-cooperation-entre-lue-et-les-garde-

  • La modernisation des #Armes_nucléaires se poursuit ; le nombre de Casques bleus décline ; parution du nouveau « Sipri Yearbook »
    http://obsarm.org/spip.php?article308

    (Stockholm, 18 juin 2018) Le Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI) publie aujourd’hui les conclusions du SIPRI Yearbook 2018, qui évalue l’état actuel des armements, du désarmement et de la sécurité internationale. Les principales conclusions sont les suivantes : tous les États dotés d’armes nucléaires développent de nouveaux systèmes d’armes nucléaires et modernisent leurs systèmes existants ; le nombre de personnel déployé dans le cadre des opérations de maintien de la paix dans le (...)

    #Transferts_d'armes

    / Armes nucléaires, #Prolifération_nucléaire, ONU / Organisation des Nations unies, Opérations de (...)

    #ONU_/_Organisation_des_Nations_unies #Opérations_de_paix
    http://obsarm.org/IMG/pdf/pr_yb2018_fre.pdf

  • Trump’s sending troops to the border to take on 200 kids and parents

    According to President Donald Trump, the mightiest, richest country in the world is under a threat so huge and scary that it will require the deployment of military forces — as many as 2,000 to 4.000, Trump said Thursday — along its 2,000-mile southern border. The danger consists of a ragtag caravan formed by several hundred impoverished people, many of them children from tiny Central American nations. Yes, the time has come to protect America from marauding youngsters and their parents.

    https://edition.cnn.com/2018/04/05/opinions/trump-has-no-shame-on-immigration-fernandez-kelly-opinion/index.html?sr=twCNN040518trump-has-no-shame-on-immigration-fernandez-ke
    #Trump #frontières #armée #militarisation_des_frontières #USA #Etats-Unis

    • The cost of 2 National Guard border arrests would help a homeless vet for a year

      President Donald Trump’s decision to send #National_Guard troops to the U.S.-Mexico border has drawn a mixed response. Arizona Gov. Doug Ducey welcomed the move, while California Gov. Jerry Brown’s National Guard said it would “review” the request.

      Rep. Ruben Gallego, D-Ariz., had a specific complaint: He said it was a poor use of tax dollars.

      “Using the National Guard to do border security is very expensive,” Gallego tweeted April 3. “For what it would cost the Guard to make just TWO arrests at the border, we could give a homeless veteran permanent housing for an entire year.”


      http://www.politifact.com/truth-o-meter/statements/2018/apr/05/ruben-gallego/arizona-rep-cost-2-national-guard-border-arrests-w
      #USA #Etats-Unis #coût #économie #prix #surveillance_des_frontières

    • Guard border deployment creates issues for Pentagon

      Customs and Border Patrol (CBP) have now sent two requests for assistance to the Pentagon’s new Border Security Support Cell, which was hastily established to help coordination between the Department of Defense (DOD) and Department of Homeland Security.

      It’s estimated that it will cost $182 million to keep 2,093 guardsmen at the border through the end of September, which represents just more than half of the personnel approved.

      The amount covers $151 million in pay and allowances for the 2,093 personnel, as well as $31 million for 12,000 flying hours for 26 UH-72 Lakota helicopters, according to a defense memo on the amount.

      http://thehill.com/policy/defense/386617-guard-border-deployment-creates-issues-for-pentagon

      #CBP #gardes-frontière #frontières

    • The Cal. National Guard Is Working At the Mexican Border, But Mostly Behind The Scenes

      In California - a state with strong differences with the White House on immigration policy - about 400 troops are on border duty. But they’re keeping a low profile.


      http://tpr.org/post/cal-national-guard-working-mexican-border-mostly-behind-scenes

      Signalé par Reece Jones sur twitter, avec ce commentaire:

      What are US National Guard troops doing at the border? Analyze intelligence, work as dispatchers, and monitor cameras “but not cameras that look across the border into Mexico”

    • L’armée américaine mobilisée pour défendre la frontière

      En campagne pour les élections américaines de mi-mandat, le président Trump a focalisé son discours sur la caravane de migrants d’Amérique centrale qui fait route à travers le Mexique. Il a promis de tout faire pour empêcher ces demandeurs d’asile de pénétrer sur le territoire américain (“Personne n’entrera”), y compris de déployer “entre 10 000 et 15 000 soldats” en plus de la police aux frontières et de la police de l’immigration.

      L’armée estime que seuls 20 % des migrants, soit 1 400 selon les estimations les plus hautes, iront jusqu’à la frontière qui se trouve encore à quelque 1 300 kilomètres et plusieurs semaines de marche, rapporte le Los Angeles Times. Le chiffre de 15 000 hommes correspond à peu près au nombre de soldats déployés en Afghanistan, observe le même quotidien. Les militaires envoyés à la frontière peuvent se poser des questions sur le sens de cette mission, comme l’illustre ici le dessinateur Chappatte.


      https://www.courrierinternational.com/dessin/larmee-americaine-mobilisee-pour-defendre-la-frontiere

    • U.S. Troops’ First Order at the Border: Laying Razor Wire

      Soldiers fill local hotels, joke about finding ways to keep busy.
      On Monday morning in this border town, about a dozen U.S. Army soldiers unfurled reams of razor wire on top of a wrought-iron fence alongside a bridge to Mexico.

      The soldiers from the 36th Engineer Brigade at Fort Riley, Kan., who wore helmets but didn’t appear to be armed, are among thousands of troops deployed in recent days to the southwest U.S. border as part of Operation Faithful Patriot.

      Around border crossings throughout Texas’ Rio Grande Valley, military personnel have filled up hotels and delivered trucks packed with coils of razor wire as they begin to support U.S. Customs and Border Protection officers.
      The personnel were sent in advance of the anticipated arrival of thousands of Central Americans, including children, traveling in caravans currently several hundred miles south of the nearest U.S. border crossing.

      At the DoubleTree Suites Hotel in McAllen, Texas, the bar did brisk business Sunday night as soldiers who had changed into civilian clothes chatted over drinks. Some joked about needing to find ways to keep soldiers busy during their deployment.

      The Anzalduas International Bridge, where the Kansas-based troops were working, is used only for vehicle traffic to and from the Mexican city of Reynosa. The wire was placed on top of fences at least 15 feet high along each side of the bridge that sat several dozen feet above an embankment.

      Outside the port of entry where vehicles from Mexico are stopped after crossing the bridge, shiny razor wire recently placed around the facility glistened in the afternoon sun.

      Migrants seeking asylum who cross the border illegally generally don’t come to the port, but swim or wade across the Rio Grande and turn themselves in to Border Patrol agents.

      Near another bridge connecting Hidalgo, Texas, to Reynosa, a concertina wire fence was recently erected along the river edge, a placement more likely to impede illegal migrants who arrive on foot.

      U.S. Customs and Border Protection officials have determined where the military placed razor wire, Army Col. Rob Manning, a Pentagon spokesman, told reporters Monday during a briefing.

      It is part of an effort previously announced by Air Force Gen. Terrence J. O’Shaughnessy, commander of the U.S. Northern Command, to “harden the points of entry and address key gaps.”

      Near the Donna-Rio Bravo International Bridge about 22 miles southeast of McAllen, troops on Monday were working on what looked to be a staging area to prepare for coming work. Two armed military police officers stood guard, opening and closing a gate as flatbed trailers carrying heavy military trucks and transports with troops inside arrived. At least one tent apparently intended to house troops was in place Monday.

      President Trump ordered the deployment last month after the first caravan made its way into Mexico. He had described the impending caravan’s arrival as an “invasion.”

      The Pentagon said Monday that more than 5,000 troops are at or would be on their way to the U.S.-Mexico border by the end of the day, with about 2,700 in Texas, 1,200 in Arizona and 1,100 in California. Eventually, nearly 8,000 will be deployed, according to a U.S. official. Officials from the Department of Homeland Security have said the troops won’t be used to enforce immigration laws but will provide backup for Border Patrol agents and Customs and Border Protection officers.

      At the Vaquero Hangout, an open-air bar within eyesight of the Anzalduas bridge, a flag declaring support for the U.S. military hung from the rafters. It was business as usual on Sunday evening. Some patrons watched the Houston Texans’ NFL game, while others were focused on a live band, George and the Texas Outlaws.

      A few folks briefly took notice of flashing lights from a U.S. Customs and Border Protection vehicle parked on the bridge as the soldiers lay down razor wire, an effort they would continue the next day.

      https://www.wsj.com/articles/u-s-troops-first-order-at-the-border-laying-razor-wire-1541509201
      #fil_barbelé #barbelé

    • Pentagon to begin drawdown of troops at border: report

      The Pentagon is planning to begin a drawdown of troops at the southern border as soon as this week, the Army commander overseeing the mission told Politico on Monday.

      Army Lt. Gen. Jeffrey Buchanan told the news outlet that the 5,800 active-duty troops sent to assist Customs and Border Protection at the U.S.-Mexico border should be home by Christmas.
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      “Our end date right now is 15 December, and I’ve got no indications from anybody that we’ll go beyond that,” said Buchanan, who is overseeing the mission from Texas.

      Buchanan said engineer and logistics troops, which make up the largest parts of the deployment, will begin returning home soon.

      According to Politico’s report, some troops will begin leaving the area before the so-called migrant caravan arrives at the border.

      The news of the troops’ return comes as critics call President Trump’s request to send thousands of troops to the border a “political stunt.”

      Trump before Election Day stoked fears over an approaching group of Central American migrants heading towards the southern border, which he referred to as an “invasion.” He requested the deployment of thousands of troops to the border in a support mission just before Nov. 6.

      Some lawmakers have accused Trump of wasting resources and manpower on the mission, as reports have emerged that the troops are restless and underutilized.

      Thousands of participants in the caravan over the weekend reached Tijuana, Mexico, where they were met with vast protests. Some of the protesters are echoing Trump’s language, calling the group a danger and an invasion, The Associated Press reported.

      Most of the members of the caravan are reportedly escaping rampant poverty and violence in their home countries.

      https://thehill.com/policy/defense/417503-pentagon-to-begin-drawdown-of-troops-at-border-report

      –-> commentaire sur twitter:

      Just 3 weeks after deployment, Trump’s Pentagon is sending the military home from the border. They’ve served their purpose as the GOP’s 11th hour campaign force. Now we’re stuck with a hundred miles of trashy concertina wire and a $200 million bill.

      https://twitter.com/LaikenJordahl/status/1064644464726048768

    • Troops at U.S.-Mexican border to start coming home

      All the troops should be home by Christmas, as originally expected, Army Lt. Gen. Jeffrey Buchanan said in an interview Monday.

      The 5,800 troops who were rushed to the southwest border amid President Donald Trump’s pre-election warnings about a refugee caravan will start coming home as early as this week — just as some of those migrants are beginning to arrive.

      Democrats and Republicans have criticized the deployment as a ploy by the president to use active-duty military forces as a prop to try to stem Republican losses in this month’s midterm elections.

      The general overseeing the deployment told POLITICO on Monday that the first troops will start heading home in the coming days as some are already unneeded, having completed the missions for which they were sent. The returning service members include engineering and logistics units whose jobs included placing concertina wire and other barriers to limit access to ports of entry at the U.S.-Mexico border.

      All the troops should be home by Christmas, as originally expected, Army Lt. Gen. Jeffrey Buchanan said in an interview Monday.

      “Our end date right now is 15 December, and I’ve got no indications from anybody that we’ll go beyond that,” said Buchanan, who leads the land forces of U.S. Northern Command.

      The decision to begin pulling back comes just weeks after Trump ordered the highly unusual deployment.

      In previous cases in which the military deployed to beef up security at the border, the forces consisted of part-time National Guard troops under the command of state governors who backed up U.S. Customs and Border Protection and other law enforcement agencies.

      But the newly deployed troops, most of them unarmed and from support units, come from the active-duty military, a concession the Pentagon made after Trump insisted that the deployment include “not just the National Guard.”

      Buchanan confirmed previous reports that the military had rejected a request from the Department of Homeland Security for an armed force to back up Border Patrol agents in the event of a violent confrontation.

      “That is a law enforcement task, and the secretary of Defense does not have the authority to approve that inside the homeland,” Buchanan said.

      The closure earlier Monday of one entry point along the California border near Tijuana, Mexico, was only partial and did not require more drastic measures, Buchanan said.

      “About half of the lanes were closed this morning, but that’s it,” he reported. “No complete closures.”

      Other ports might be closed fully in the future, he said, but he did not anticipate any need to take more drastic measures.

      “If CBP have reliable information that one of their ports is about to get rushed with a mob, or something like that that could put their agents at risk, they could ask us to completely close the port,” Buchanan said. “You understand the importance of commerce at these ports. Nobody in CBP wants to close a port unless they’re actually driven to do so.”

      The troop deployment should start trailing off as engineer and other logistics troops wind down their mission of building base camps and fortifying ports of entry for the Border Patrol.

      Army and Marine engineers have now emplaced about 75 percent of the obstacles they planned to, including concertina wire, shipping containers, and concrete barriers at ports of entry. “Once we get the rest of the obstacles built, we don’t need to keep all those engineers here. As soon as I’m done with a capability, what I intend to do is redeploy it,” Buchanan said. “I don’t want to keep these guys on just to keep them on.”

      Logistics troops, too, will be among the first to head home. “I will probably ask to start redeploying some of our logistic capability,” Buchanan predicted. “Now that things are set down here, we don’t need as many troops to actually build base camps and things like that, because the base camps are built."

      Among the troops who will remain after construction engineers and logisticians start departing are helicopter pilots, planners, medical personnel, and smaller “quick response” teams of engineers who can help Border Patrol personnel shut down traffic at their ports of entry.

      In contrast to the speed of the deployment in early November and the fanfare surrounding it, the withdrawal promises to be slower and quieter — but Buchanan expects it to be done before Christmas.

      “That doesn’t mean it’s impossible,” he added. “But right now, this is a temporary mission, and we’re tasked to do it until the 15th of December.”

      https://www.politico.com/story/2018/11/19/troops-us-mexico-border-come-home-1005510

    • Trump’s Border Stunt Is a Profound Betrayal of Our Military

      The president used America’s military not against any real threat but as toy soldiers, with the intent of manipulating a domestic midterm election.

      A week before the midterm elections, the president of the United States announced he would deploy up to 15,000 active duty military troops to the United States-Mexico border to confront a menacing caravan of refugees and asylum seekers. The soldiers would use force, if necessary, to prevent such an “invasion” of the United States.

      Mr. Trump’s announcement and the deployment that followed (of roughly 5,900) were probably perfectly legal. But we are a bipartisan threesome with decades of experience in and with the Pentagon, and to us, this act creates a dangerous precedent. We fear this was lost in the public hand-wringing over the decision, so let us be clear: The president used America’s military forces not against any real threat but as toy soldiers, with the intent of manipulating a domestic midterm election outcome, an unprecedented use of the military by a sitting president.

      The public debate focused on secondary issues. Is there truly a threat to American security from an unarmed group of tired refugees and asylum seekers on foot and a thousand miles from the border? Even the Army’s internal assessment did not find this a very credible threat.

      Can the president deny in advance what could be legitimate claims for asylum, without scrutiny? Most likely, this violates treaty commitments the United States made as part of its agreement to refugee conventions in 1967, which it has followed for decades.

      The deployment is not, in the context of the defense budget, an albatross. We are already paying the troops, wherever they’re deployed, and the actual incremental costs of sending them to the border might be $100 million to $200 million, a tiny fraction of the $716 billion defense budget.

      Still, we can think of many ways to put the funds to better use, like improving readiness.

      It’s also not unusual for a president to ask the troops to deploy to the border in support of border security operations. Presidents of both parties have sent troops to the border, to provide support functions like engineering, logistics, transportation and surveillance.

      But those deployments have been generally in smaller numbers, usually the National Guard, and never to stop a caravan of refugees and asylum seekers.

      So, generously, some aspects of the deployment are at least defensible. But one is not, and that aspect is the domestic political use — or rather, misuse — of the military.

      James Mattis, the secretary of defense, asserted that the Defense Department does not “do stunts.” But this was a blatant political stunt. The president crossed a line — the military is supposed to stay out of domestic politics. As many senior military retirees have argued, the forces are not and should not be a political instrument. They are not toy soldiers to be moved around by political leaders but a neutral institution, politically speaking.
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      Oh, some might say, presidents use troops politically all the time. And so they do, generally in the context of foreign policy decisions that have political implications. Think Lyndon Johnson sending more troops to Vietnam, fearing he would be attacked for “cutting and running” from that conflict. Or George W. Bush crowing about “mission accomplished” when Saddam Hussein was toppled. Those are not the same thing as using troops at home for electoral advantage.

      Electoral gain, not security, is this president’s goal. Two of us served in the military for many years; while all troops must obey the legal and ethical orders of civilian leaders, they need to have faith that those civilian leaders are using them for legitimate national security purposes. But the border deployment put the military right in the middle of the midterm elections, creating a nonexistent crisis to stimulate votes for one party.

      When partisan actions like this occur, they violate civil-military traditions and erode that faith, with potentially long-term damage to the morale of the force and our democratic practice — all for electoral gain.

      The deployment is a stunt, a dangerous one, and in our view, a misuse of the military that should have led Mr. Mattis to consider resigning, instead of acceding to this blatant politicization of America’s military.


      https://www.nytimes.com/2018/11/19/opinion/president-trump-border-military-troops.html

    • The Military Is ’Securing’ a 1,900-Mile Border with 22 Miles of Razor Wire

      #Operation_Faithful_Patriot” is nothing more than a very expensive, politically motivated P.R. campaign.
      Skim through the Pentagon’s media site for Operation Faithful Patriot—the fittingly ridiculous name for the deployment of some 7,000 American troops to various spots along the Mexican border—and you’ll see lots of razor wire.

      There are photos of American troops laying razor wire (technically known as concertina wire) along the California-Mexico border. Of wire being affixed to the top of fences and to the sides of buildings. Everywhere you look on the Pentagon’s site, you find wire, wire, and more wire. Photos of soldiers carrying rolls of unused wire, snapshots of forklifts bringing more of the stuff to the border, and even videos of wire being unrolled and deployed. It’s thrilling stuff, truly.

      The message is not subtle. President Donald Trump might not have convinced Congress to blow billions for a fully operational border wall, but good luck to any immigrant caravan that happens to stumble into the thorny might of the American military’s sharpest deterrents.

      The focus on concertina wire isn’t just in the Pentagon’s internal media. The Wall Street Journal dedicated an entire Election Day story to how troops in Granjeno, Texas, had “unfurled reams of razor wire on top of a wrought-iron fence alongside a bridge to Mexico.” Troops stringing wire also appeared in The New York Post, The Washington Post, and elsewhere.

      There is so much concertina wire deployed to the southern border that if it were all stretched out from end to end, it would reach all the way from Brownsville, Texas, on the Gulf Coast to....well, whatever is 22 miles west of Brownsville, Texas.

      Yes. Despite the deluge of photos and videos of American troops are securing the southern border with reams of razor wire, Buzzfeed’s Vera Bergengruen reports that “troops have deployed with 22 miles of the wire so far, with 150 more available.”

      The U.S.–Mexico border is roughly 1,950 miles long.

      The wire doesn’t seem to be getting strung with any sort of strategic purpose, either. That WSJ story about the troops in Texas hanging wire from a bridge says that the “wire was placed on top of fences at least 15 feet high along each side of the bridge that sat several dozen feet above an embankment” while the bridge itself remains open to vehicle traffic from Mexico. If there is a goal, it would seem to be making the border look more prickly and dystopian while not actually creating any sort of barrier.

      It’s no wonder, then, that the troops deployed to the border are confused about why they are there. On Wednesday, when Defense Secretary Jim Mattis visited some of the troops stationed near McAllen, Texas, he was met with lots of questions and provided few answers.

      “Sir, I have a question. The wire obstacles that we’ve implanted along the border....Are we going to be taking those out when we leave?” one of the soldiers asked Mattis, according to Bergengruen. Another asked Mattis to explain the “short- and long-term plans of this operation.”

      “Short-term right now, you get the obstacles in so the border patrolmen can do what they gotta do,” Mattis responded. “Longer term, it’s somewhat to be determined.”

      Even at a time when most American military engagements seem to be conducted with a “TBD” rationale, this feels especially egregious. Mattis did his best on Wednesday to make the effort seem like a meaningful attempt to secure the border, while simultaneously admitting that he does not expect the deployed troops to actually come into contact with any immigrant caravans. Lately he’s been talking about how the deployment is supposedly good training for unconventional circumstances.

      It’s becoming increasingly obvious that Operation Faithful Patriot—a name so silly that the Pentagon has decided to stop using it—is nothing more than a very expensive, politically motivated P.R. campaign. Of the 39 units deployed, five of them are public affairs units. There seems to be no clear mission, no long-term objective, and no indication that the troops will add meaningful enforcement to existing border patrols.

      As for all that wire? It doesn’t really seem to be working either.

      https://reason.com/blog/2018/11/19/the-military-is-securing-a-1900-mile-bor
      #Faithful_Patriot #barbelé

  • La Cimade | Les causes de la baisse des arrivées de personnes migrantes en Méditerranée centrale
    https://asile.ch/2018/03/15/cimade-causes-de-baisse-arrivees-de-personnes-migrantes-mediterranee-centrale

    Les États membres de l’Union européenne se félicitent depuis quelques mois de la baisse des arrivées sur les côtes européennes et de celle du nombre de personnes migrantes mortes ou disparues en Méditerranée. Mais que cache cette chute spectaculaire ? La Cimade évoque quelques facteurs pour saisir cette réalité : politique répressive et soutien financier des […]

  • Une dizaine de nuances de kaki : les opérations contre-insurrectionnelles au #Sahel

    En 2011, plusieurs États africains ont tenté de mettre en garde contre les risques probables d’une intervention militaire internationale visant à renverser le dictateur libyen Mouammar Kadhafi. Aujourd’hui, six ans après sa mort, l’insécurité au Sahel est plus préoccupante que jamais.


    https://www.irinnews.org/fr/analyses/2018/01/11/une-dizaine-de-nuances-de-kaki-les-operations-contre-insurrectionnelles-au
    #militarisation #armée #insécurité #MINUSMA #MNJTF #G5_Sahel #opérations_militaires #EUTM-Mali #Mali #Niger #Allemagne #USA #Etats-Unis #EU #UE #France #opération_Barkhane #opération_Serval

  • Reçu via la mailing-list Migreurop, message de Vicky Skoumbi

    Les refoulements illégaux à #Evros (frontière gréco-turque) non seulement continuent mais leur nombre ne cesse d’augmenter.

    Selon le nouveau rapport du Conseil grec pour les Réfugiés, cette pratique de refoulement à la frontière nord-est de la Grèce est sur le point de devenir systématique. Personne n’y échappe : mineurs, femmes enceintes, demandeurs d’asile dont la demande est en cours de traitement et même des syriens ayant obtenu le statut des réfugiés peuvent à tout moment se retrouver embarqués sur un zodiaque en route vers la côte turque du fleuve qui sépare les deux pays. Le Conseil Grec pour les réfugiés a recueilli des nouveaux témoignages de 18 réfugiés qui ont été victimes de plusieurs violations de leur droits ,allant des injures et de coups de matraques jusqu’à la soustraction des documents administratifs et des téléphones portables, l’enlèvement et la détention arbitraire en vue d’un refoulement vers la Turquie, le tout perpétré par la police grecque en étroite collaboration avec de groupes armés cagoulés. Ces dénonciations viennent confirmer de rapports similaires antérieurs d’Amnesty International et de l’ONG allemande ProAsyl ; ils campent un décor cauchemardesque d’anomie la plus complète à laquelle seraient soumis les demandeurs d’asile à la frontière d’Evros. Dans le collimateur de ces opérations secrètes de la police grecque se trouve tout étranger avec ou sans papiers qui croise le chemin des forces de l’ordre. Un Syrien dont la demande d’asile est en cours de traitement a été arrêté au moment où il se rendrait à son travail, tandis qu’une femme algérienne, enceinte de huit mois, a été refoulé de force vers la Turquie, manquant ainsi son rendez-vous fixé avec l’office grec d’asile. Source Efimerida tôn Syntaktôn

    Ce #rapport est d’autant plus inquiétant qu’il est publié juste une dizaine de jours après la noyade de plusieurs personnes de nationalité turque, dont deux garçons de 3 et 5 ans dans les eaux glacées d’Evros. Il s’agissait d’une famille d’enseignants licenciés et poursuivis par le régime d’Erdogan.

    La police grecque enlève et refoule nuitamment à la frontière, les réfugiés se noient et l’Europe est saine et sauve...

    http://www.ekathimerini.com/226012/article/ekathimerini/news/greek-council-for-refugees-warns-of-rise-in-pushbacks-in-evros

    Greek Council for Refugees warns of rise in pushbacks in Evros

    The Greek Council for Refugees has issued a 14-page report containing refugee testimonies of “systematic pushbacks” by Greek police in the country’s northeastern border with Turkey in the Evros region.

    In a series of interviews, the victims – including families with children, pregnant women, and minors – describe beatings and inhuman treatment in the hands of the police in breach of international humanitarian law.

    The organization warns of a rise in the number of pushbacks and urged Greek authorities to investigate the claims.

    #Grèce #Turquie #frontières #refoulements #push-back #asile #migrations #réfugiés

    Ici le lien vers le rapport, en grec :
    http://gcr.gr/index.php/el/news/press-releases-announcements/item/790-anafores-gia-systimatikes-epanaproothiseis-ston-evro-apo-eksypiretoymenous-t

    –-

    ajouté à la métaliste sur les refoulements dans l’Evros :
    https://seenthis.net/messages/914147

    • Rapport qui date de 2013... mais qui montre une continuité de la pratique des push-backs :
      #Frontex entre Grèce et Turquie : la Frontière du déni

      Dernier #rapport en anglais et en grec du Conseil Grec pour les Réfugié-e-s publiant un certain nombre de témoignages attestant de refoulements à la frontière gréco-turque en particulier au niveau de la rivière #Evros.

      Des refoulement ont également eu lieu de personnes en possession de documentations les autorisant á séjourner en UE, par ex. un réfugié en Allemagne souhaitant entrer en Grèce pour y accueillir son épouse et entamer avec elle les démarches de regroupement selon Dublin III.
      Les détails sordides faisant état de traitements inhumains et dégradants, de la violence physique à l’intimidations, abondent, que ce soit envers des hommes, des femmes ou des enfants.

      Ces témoignages attestent d’une tendance à l’arrestation par des personnes en noir, cagoulées, qui ne portent pas d’uniforme officiel de police. Les personnes interceptées sont transportées de force en bus vers des lieux de détention insalubres puis abandonnées à la frontière. Il est malheureusement évident que les entraves à la demande d’asile sont nombreuses.

      Ces pratiques ne sont pas nouvelles. Elles font notamment écho à de nombreux rapports publiés depuis 2011/2012, notamment le rapport de la campagne Frontexit sur la frontière gréco-turque en 2014 (disponible en EN/FR/Turc et grec)

      http://www.frontexit.org/index.php/fr/docs/58-rapport-frontex-greceturquie-frontiere-deni/file

      #Poséidon #opération_Poséidon #Mer_Egée #cartographie et #visualisation (mais la version mise sur le site a des cartes en très mauvaise résolution) #identification #screening #frontières #Turquie #Lesbos #Corinthe

      cc @i_s_

  • EN DIRECT - Opération policière en cours au Bois Lejuc, à Bure. Les premiers témoignages
    https://reporterre.net/EN-DIRECT-Operation-policiere-en-cours-au-Bois-Lejuc-a-Bure-Les-premiers

    Les gendarmes ont investi ce jeudi 22 février, à 6 h 30 du matin, le bois Lejuc, près de Bure, site projet d’enfouissement des déchets nucléaires. Reporterre recueille les premiers témoignages d’occupants des bois, dans les arbres. Source : Reporterre

  • Anatomie de la menace terroriste en #France
    https://www.mediapart.fr/journal/france/060218/anatomie-de-la-menace-terroriste-en-france

    L’Etat islamique en 2018, vu par les services secrets (2/2). La France a surtout été frappée en 2017 par un terrorisme endogène, visant les forces de sécurité 9 fois sur 11, dans des attaques au mode opératoire sommaire. Depuis trois ans, sur les 20 auteurs d’attentats recensés, seulement trois étaient en situation irrégulière.

    #Ahmed_Hanachi #Champs-Elysées #DGSI #Didier_Deschamps #EMOPT #Etat_islamique #Karim_Cheurfi #opération_Sentinelle #Tour_Eiffel #UCLAT #Xavier_Jugelé

  • Migranti soccorsi nel Mediterraneo, cade l’obbligo di trasferirli in Italia

    Il nuovo accordo siglato dal Dipartimento Immigrazione del Viminale con #Frontex

    I migranti soccorsi nel Mediterraneo dovranno essere trasferiti nel porto più vicino. E dunque cade l’obbligo che vengano portati direttamente in Italia, come era invece previsto dalla missione Triton. È quanto prevede il nuovo accordo siglato dall’Italia con Frontex, l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera. Nell’intesta siglata dai rappresentati del Dipartimento di immigrazione del Viminale con i rappresentanti Ue si prevede di arretrare la linea di pattugliamento dei nostri mezzi navali a 24 miglia, restringendo in questo modo il campo d’azione.
    In una nota Frontex sottolinea come la nuova operazione nel mar Mediterraneo centrale, «servirà per assistere l’Italia nelle attività di controllo dei confini». La nuova operazione congiunta si chiamerà Themis, «inizierà il 1 febbraio e sostituirà l’operazione Triton lanciata nel 2014. L’operazione Themis continuerà a includere la ricerca e soccorso come componente cruciale. Allo stesso tempo, la nuova operazione avrà un focus rafforzato sulle forze dell’ordine». L’area in cui sarà operativa «coprirà il mar Mediterraneo centrale, dalle acque che coprono i flussi da Algeria, Tunisia, Libia, Egitto, Turchia e Albania».

    http://roma.corriere.it/notizie/cronaca/18_gennaio_31/migranti-soccorsi-mediterraneo-cade-l-obbligo-trasferirli-italia-168b6

    #Italie #asile #migrations #réfugiés #Méditerranée #contrôles_frontaliers #frontières #opération_Themis #frontières_mobiles
    cc @isskein

    • Frontex lance une opération en Méditerranée centrale, nommée Thémis
      Dénommée Themis, cette opération démarre ce 1er février. Elle remplace l’opération Triton, lancée en 2014. L’opération Themis continuera d’inclure la recherche et le sauvetage. Des missions menées sous la coordination des « différents centres de coordination du sauvetage maritime responsables ». Mais la nouvelle opération aura aussi un axe plus important sur le respect de la loi. Sa zone opérationnelle s’étendra sur la mer Méditerranée centrale dans les eaux couvrant les flux venant d’Algérie, de Tunisie, Libye, Egypte, Turquie et Albanie. NB : la zone d’opération est donc plus large que celle de l’opération Sophia, puisqu’elle couvre également le flanc est (Egypte, Turquie) et le flanc ouest (Algérie) et l’Adriatique.

      Dans le cadre de cette opération, Frontex va aussi poursuivre sa présence dans les hotspots en Italie, où les agents déployés par l’agence aideront les autorités nationales à enregistrer les migrants, notamment en prenant leurs empreintes digitales et en confirmant leur nationalité.

      –-> sauf que le programme de #relocalisations n’est plus actif... pauvre Italie, obligée de prendre des empreintes digitales, mais plus possible de compter sur le programme de relocalisation (même si c’était un échec)

      Le volet sécurité de l’opération Themis comprendra également la collecte de #renseignements et d’autres mesures visant à détecter les #combattants_étrangers et autres menaces terroristes aux frontières extérieures.

      #terrorisme #ISIS #Etat_islamique

      http://www.bruxelles2.eu/2018/01/31/frontex-lance-une-operation-en-mediterranee-centrale-nommee-themis

      –-> Dans cet article il n’est pas fait mention d’un élément mis en avant par Il Corriere :

      I migranti soccorsi nel Mediterraneo dovranno essere trasferiti nel porto più vicino. E dunque cade l’obbligo che vengano portati direttamente in Italia, come era invece previsto dalla missione Triton. È quanto prevede il nuovo accordo siglato dall’Italia con Frontex, l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera. Nell’intesta siglata dai rappresentati del Dipartimento di immigrazione del Viminale con i rappresentanti Ue si prevede di arretrare la linea di pattugliamento dei nostri mezzi navali a 24 miglia, restringendo in questo modo il campo d’azione.

      –-> les personnes sauvées en Méditerranée devront être transférées dans le #port_le_plus_proche, il n’y a plus l’obligation de les transporter en Italie... Le port le plus proche = retour en Libye, notamment...
       :-(

    • Frontex launching new operation in Central Med

      Frontex, the European Border and Coast Guard Agency, is launching a new operation in the Central Mediterranean to assist Italy in border control activities.

      The new Joint Operation Themis will begin on 1 February and will replace operation Triton, which was launched in 2014. Operation Themis will continue to include search and rescue as a crucial component. At the same time, the new operation will have an enhanced law enforcement focus. Its operational area will span the Central Mediterranean Sea from waters covering flows from Algeria, Tunisia, Libya, Egypt, Turkey and Albania.

      “Operation Themis will better reflect the changing patterns of migration, as well as cross border crime. Frontex will also assist Italy in tracking down criminal activities, such as drug smuggling across the Adriatic,” said Frontex Executive Director Fabrice Leggeri.

      The security component of Operation Themis will include collection of intelligence and other steps aimed at detecting foreign fighters and other terrorist threats at the external borders.

      “We need to be better equipped to prevent criminal groups that try to enter the EU undetected. This is crucial for the internal security of the European Union,” Leggeri said.

      As part of Operation Themis, Frontex will continue its presence in the hotspots in Italy, where officers deployed by the agency will assist the national authorities in registering migrants, including taking their fingerprints and confirming their nationalities.

      Frontex vessels will continue search and rescue operations under the coordination of the responsible Maritime Rescue Coordination Centres. Last year, Frontex assisted in the rescue of 38 000 people at sea in operations in Italy, Greece and Spain.

      http://frontex.europa.eu/thumb/Images_News/2018/new_misson_planning_small.prop_300x.37d0f4e879.JPG
      http://frontex.europa.eu/news/frontex-launching-new-operation-in-central-med-OESzij

    • FRONTEX ed il governo italiano contro il diritto internazionale del mare, contro il diritto alla vita dei migranti

      Un articolo del Corriere della Sera ha anticipato la nuova operazione Themis di Frontex che dovrebbe sostituire la precedente operazione TRITON e limitare il ruolo dei mezzi italiani nelle attività di soccorso, addirittura a 24 miglia a sud di Lampedusa, con la possibilità di sbarcare i naufraghi soccorsi in alto mare ( in acque internazionali) nel “porto più vicino” e non nel “place of safetty” imposto dalle Convenzioni internazionali di Montego Bay (UNCLOS) del 1984 e di Amburgo (SAR) del 1979.

      Risalendo alla fonte della notizia le informazioni diffuse dal Corriere appaiono frutto di una visione fortemente influenzata dai rapporti con le polizie e i servizi di informazione. La posizione ufficiale di Frontex è affidata ad un comunicato. Ma un comunicato di polizia non costituisce fonte del diritto. Almeno finora.

      https://www.a-dif.org/2018/02/01/frontex-ed-il-governo-italiano-contro-il-diritto-internazionale-del-mare-cont

    • Con Themis le navi Ue riporteranno i migranti salvati in Libia? No, ma...

      La nuova Operazione dell’agenzia europea Frontex fa prevalere l’opzione del porto più vicino rispetto a quello più sicuro: stop alla prassi di arrivo esclusivo in Italia e incertezza sui futuri luoghi di sbarco, anche se Frontex stessa rassicura sul rispetto della legge marittima internazionale. Manzione, sottosegretario agli Interni: “L’Europa si conferma a due velocità sul tema migranti: per le operazioni di controllo delle frontiere si decide rapidamente, per le alternative ai drammatici viaggi in mare - come i corridoi umanitari - non si arriva mai al dunque”

      http://www.vita.it/it/article/2018/02/01/la-ue-riportera-i-migranti-salvati-in-libia-dietro-le-quinte-della-nuo/145828

    • Opération Thémis. L’agence Frontex agit-elle sans contrôle démocratique ?

      Le lancement récent d’une nouvelle opération au large de la Méditerranée par le corps européen de garde-frontières et de garde-côtes (l’agence Frontex) est interpellant.

      Un objectif très flou

      Le communiqué diffusé à cette occasion laisse planer un certain flou et pose plus de questions qu’il n’en résout. La nouvelle opération s’occupe à la fois de recherche et sauvetage en mer, de renforcement de la loi, de lutte contre la criminalité, contre les réseaux terroristes (lire : Frontex lance une opération en Méditerranée centrale, nommée Thémis). Mais on ne comprend pas vraiment bien l’objectif de la nouvelle mission.

      Une proximité d’objectifs avec EUNAVFOR Med

      Nous avons demandé des précisions à Frontex (basée à Varsovie), surtout sur la façon dont les deux opérations EUNAVFOR Med et Thémis allaient se coordonner. La réponse reçue tout à l’heure (à 13h) est un peu vasouillarde…. Tout d’abord, on nous a annoncé doctement que THEMIS était civile là où EUNAVFOR Med militaire. Une vraie information ! (1). Ensuite, on nous a expliqué que cette mission n’avait pour fonction que le sauvetage en mer et n’avait pas pour tâche la lutte contre les trafics de migrants. Ce qui est, là, en pleine contradiction avec l’énoncé même du communiqué officiel.

      « At the same time, the new operation will have an enhanced law enforcement focus. Its operational area will span the Central Mediterranean Sea from waters covering flows from Algeria, Tunisia, Libya, Egypt, Turkey and Albania. « Operation Themis will better reflect the changing patterns of migration, as well as cross border crime. (…) said Frontex Executive Director Fabrice Leggeri.

      Les mots ne sont pas totalement identiques. Mais ils sont très proches des mots employés pour l’opération EUNAVFOR Med. En tout cas, rien ne permet de faire un réel distinguo entre les deux opérations.

      Une opération déployée sans contrôle démocratique

      Ce raté dans la communication révèle en fait un problème plus général. A la différence des opérations PSDC, qui opèrent dans un cadre précis, ces opérations sont menées sans aucun cadre ni autorisation légale. Certes il y a un règlement définissant l’action du corps européen, certes il y a eu un plan d’opération approuvé au sein de Frontex, en accord avec le pays d’origine. Mais tout cela se fait de façon discrète, « sous la table », à un niveau infrapolitique, sans approbation formelle, ni transparence. Bref, sans contrôle démocratique d’une façon ou d’une autre et sans aucune transparence. Ce qui est contraire aux règles, et surtout, à l’esprit européen.

      … sans aucun cadre légal publié

      Aucune autorité politique compétente au niveau de l’Union européenne — le conseil des ministres par exemple — n’a approuvé une telle opération. Aucune décision cadre n’en a fixé l’objectif, les moyens, les limites, voire la zone d’opération. Aucune décision n’a été publiée au journal officiel ou sur un autre support. Aucune information n’a été donnée sur le coût de cette opération, ni sa durée. Aucun procès verbal n’a été constaté et est accessible publiquement. Aucune information au parlement européen n’a été effectuée officiellement. Aucune traduction même dans les principales langues concernées par cette opération n’a été publiée.

      Une absence de justification expliquant l’exception

      Les bons esprits estimeront sans doute que la nécessité opérationnelle impose cette absence de formalisme. On peut douter de la pertinence de cet argument, du moins au plan européen. Une opération militaire menée au nom de l’Union européenne, financée par les seuls États membres, respecte toutes ces conditions : une décision cadre est approuvée par les ministres et publiée au journal officiel dans toutes les langues. Elle fixe l’objectif, les missions, les moyens, les règles tenant au secret et à la protection des données, donne des indications sur la zone d’opération, le budget affecté, la durée de l’opération et le contrôle politique de l’opération.

      Commentaire : les militaires respectent une certaine obligation démocratique, pourquoi pas les garde-frontières ?

      On peut se demander pourquoi une opération civile, menée toujours au nom de l’Union européenne, dans un cadre communautaire, avec de l’argent communautaire, sous une hiérarchie communautaire, puisse s’abstraire du respect de ces procédures. Quel est le raisonnement politique, démocratique, constitutionnel, juridique, qui peut justifier pareille exception ? (2) Les militaires y arrivent très bien, le corps des garde-frontières et des garde-côtes européens s’il veut garder sa pertinence et sa légitimité devrait y arriver fort bien.

      (Nicolas Gros-Verheyde)

      (1) Ce qui est un peu prendre le public européen pour un imbécile. Nos questions sur l’utilité d’avoir deux opérations plus ou moins dans la même zone, avec plus ou moins les mêmes objectifs, les moyens de coordination, l’utilisation adéquate des financements européens est en revanche restée sans réponse.

      (2) Nous avons demandé la raison d’un tel manque. Aucune réponse satisfaisante n’a été fourni.

      https://www.bruxelles2.eu/2018/02/01/lagence-frontex-est-elle-democratique

    • #Themis: la missione di Frontex voluta da Minniti di cui ora dispone Matteo Salvini

      Themis sostituisce la vecchia missione #Triton, con un mandato allargato e che poco si concentra sugli sbarchi dalla Libia. Per la prima volta una missione dell’agenzia europea Frontex supporta le forze dell’ordine marittime di un governo che dice di voler respingere i “clandestini” direttamente in mare.

      Il 28 agosto 2014 la Lega non era ancora al governo, e Matteo Salvini si esprimeva così sulla sua pagina Facebook: “Secondo voi dire che FRONTEX PLUS è una PRESA PER IL CULO è troppo forte??? Il 18 ottobre TUTTI A MILANO per dire NO a Mare Nostrum, Frontex, Frontex Plus o come diavolo vorranno chiamare operazioni che, invece di respingere i clandestini, favoriscono l’invasione!”.

      #Frontex_Plus, diventata poi Triton, è stata fino a febbraio di quest’anno la missione di Frontex a difesa della frontiere marittime italiane. Non è “indipendente”: infatti lo scopo è il supporto ai mezzi italiani impiegati per la ricognizione in mare, cioè Guardia di Finanza, Guardia costiera e Polizia di stato. L’Agenzia europea per il pattugliamento delle frontiere – Frontex appunto – finanzia e aiuta il coordinamento della missione Themis, mentre i paesi partecipanti contribuiscono mettendo a disposizione uomini e mezzi, a seconda delle esigenze espresse dall’Italia.

      Alla fine del 2016, la storia tra Salvini e Frontex ha preso un’altra piega: il Financial Times ha pubblicato il famoso report interno (ve ne raccontammo qui: http://openmigration.org/analisi/accuse-alle-ong-cosa-ce-di-falso-o-di-sviante) in cui l’agenzia sosteneva che i trafficanti dessero ai migranti “precise indicazioni prima di partire per raggiungere le navi delle Ong”. Luigi Di Maio, ad aprile 2017, ha attribuito a un altro report di Frontex (Risk Analysis 2017: https://frontex.europa.eu/assets/Publications/Risk_Analysis/Annual_Risk_Analysis_2017.pdf) la tanto citata espressione “taxi del mare” per definire le Ong. Quella frase nel report non c’è, ma ci sono critiche all’atteggiamento poco collaborativo delle Ong e a salvataggi che avverrebbero “prima di chiamate d’emergenza”.

      Quello è stato l’inizio delle intese tra Lega e Cinque Stelle sull’immigrazione, con Frontex citata a sostegno delle argomentazioni anti-Ong – il primo atto della campagna condotta dalla procura di Catania e dal suo capo Carmelo Zuccaro. “Io sto con Zuccaro, io sto con Frontex”, diceva Salvini a maggio 2017, “che certificano, sostengono e confermano quello che qualunque normodotato in Italia e nel mondo ha ormai intuito: l’immigrazione clandestina è organizzata, finanziata, è un business da 5 miliardi di euro e ha portato a 13 mila morti sul fondo del mare”.

      Ora la missione di Frontex cominciata a febbraio è cambiata per nuove esigenze dell’Italia. La “revisione” del mandato è cominciata a luglio del 2017 per volere dell’allora ministro Marco Minniti, che aveva inserito questa missione nella strategia più complessiva dell’Italia in Libia. Come vedremo, il compito principale di raccordo con le autorità marittime locali lo svolge la Marina Militare.

      La nuova missione di Frontex è stata battezzata Themis. È la prima a supporto di un governo che dice di voler respingere i “clandestini” in mare.
      Da paese di frontiera, è ovvio che l’Italia sia uno dei principali interlocutori di Frontex. Il fatto che il governo Lega-Cinque Stelle abbia in animo di respingere i migranti prima che sbarchino, presumibilmente anche con l’ausilio dei mezzi messi a disposizione da Themis, è invece un fatto unico.

      Queste sono le caratteristiche della missione pensata da Minniti e che si ritroverà a gestire, invece, Matteo Salvini. E questo è il modo in cui la missione si inserisce all’interno del piano italiano ed europeo sulla Libia, spesso scoordinato e incomprensibile.
      Le novità di Themis e l’allargamento del mandato deciso dal Viminale

      Nella missione Themis partecipano insieme a Frontex 27 stati membri. La missione dispone di dieci navi, due elicotteri e altrettanti aerei e un budget annuale di 39 milioni di euro, con i quali Frontex paga sia per i propri mezzi, sia per quelli appartenenti ai paesi europei impiegati poi nella missione.

      Themis ha alcune caratteristiche differenti rispetto alla precedente Triton. In primo luogo, come spiega il Viminale, il limite dalle coste italiane della linea di pattugliamento: Triton arrivava fino a 30 miglia nautiche dalle nostre coste, Themis si fermerà a 24, ossia il confine delle cosiddette acque continue. È il limite canonico delle acque di competenza di un paese, superato in occasione della missione Triton a causa delle condizioni particolari del 2014, il suo anno di nascita. C’è da ipotizzare che il lieve indietreggiare di Themis sia anche un modo per dare maggiore spazio di manovra alle nuove autorità libiche, alle quali l’Italia sta fornendo assistenza per realizzare a Tripoli un nuovo Mrcc, il centro di coordinamento dei salvataggi a Tripoli.

      Una seconda differenza tra Triton e Themis riguarda il mandato. Themis non ha come unico scopo il contrasto all’immigrazione irregolare, né si concentra solo sul Mediterraneo centrale: copre anche i flussi di uomini e droga nel Mediterraneo orientale (Albania e Turchia) e occidentale (Tunisia e Algeria), che erano fuori dal mandato di Triton. Uno spostamento di focus legato anche al calo negli sbarchi.

      Le nuove aree interessano a Frontex e agli inquirenti italiani soprattutto per gli “sbarchi fantasma” dalla Tunisia. Pescherecci, barche a vela, motoscafi con poche decine di persone a bordo che sbarcano sulle coste della Sicilia meridionale senza che i migranti a bordo passino da strutture di accoglienza o identificazione: ogni loro spostamento è gestito da organizzazioni italo-tunisine. Sono vittime di tratta? Lavoratori forzati? Manodopera criminale? Potenziali terroristi? Le ipotesi sono tutte al vaglio degli inquirenti.

      Sulla carta, poi, Themis rompe il vincolo stabilito da Triton per il quale ogni migrante salvato nella missione doveva sbarcare in un porto sicuro italiano. Al momento, però, non sono registrati sbarchi, a parte per urgenze mediche individuali, in porti diversi da quelli italiani. E il 7 giugno c’è stato l’ennesimo braccio di ferro tra Malta e l’Italia, quando le autorità dell’isola non hanno concesso a Sea Watch di sbarcare 120 migranti in un momento in cui l’imbarcazione dell’Ong era in difficoltà per le condizioni del mare. Ora, con il caso Aquarius, lo scontro con La Valletta è diventato aperto e duro.
      Poca trasparenza

      Da parte di Frontex c’è molta riservatezza sulle operazioni in corso. Piano operativo e contratti di utilizzo di ogni mezzo impiegato in mare sono i documenti fondamentali per capire esattamente cosa faccia Themis. L’agenzia per il pattugliamento delle frontiere, però, fino a oggi ha diffuso questo genere di documenti soltanto a missioni concluse.

      “Nella mia esperienza, Frontex è molto riluttante a condividere i dati delle proprie missioni, soprattutto i piani operativi”, spiega Luisa Izuzquiza, ricercatrice indipendente che da un anno e mezzo deposita richieste di accesso agli atti presso gli uffici dell’Agenzia europea per il pattugliamento delle frontiere. La motivazione con cui le viene negato l’accesso è sempre la stessa: la pubblica sicurezza.

      A gennaio 2018, dopo l’ennesimo rifiuto, Luisa Izuzquiza ha portato Frontex di fronte alla Corte di giustizia europea per ottenere la pubblicazione dei contratti impiegati nella scorsa missione, Triton. Alcuni Stati membri, come la Svezia, non hanno avuto problemi a rendere pubblici i documenti con cui mettono a disposizione di Triton i propri mezzi. Tipologia di accordi e costi sono certamente molto simili anche nel caso di Themis. Le spese coperte interamente da Frontex sono un forte incentivo affinché i paesi diano il proprio contributo alle missioni.
      Il coordinamento e i sistemi di condivisione dei dati

      A partire da settembre 2015, la Commissione europea ha introdotto gli hotspot, sviluppati in via sperimentale in Grecia e in Italia, come prime strutture di identificazione dei migranti. A Catania c’è la sede della Task force regionale (Eurtf), che coordina le strutture italiane. Qui, per evitare sovrapposizioni fra le missioni gestite da ciascuno, siedono nello stesso ufficio uomini di Frontex, Easo (l’ufficio europeo per il sostegno all’asilo), Europol, Eurojust, operazione Sophia, polizia, Guardia di finanza e Guardia costiera.

      Meno chiara, però, è la situazione dei canali di comunicazione delle diverse missioni, specialmente fuori dai confini europei. Il principale canale di condivisione dei dati per i paesi del Mediterraneo si chiama Seahorse Mediterraneo Network, una piattaforma utilizzata dalle polizie dei paesi dell’area allo scopo di “rafforzare il controllo delle frontiere”. È un database al momento adottato da Spagna, Italia, Malta, Francia, Grecia, Cipro e Portogallo. La Commissione europea ha messo sul piatto 10 milioni di euro per fare in modo che possano partecipare allo scambio anche Libia, Egitto, Tunisia e Algeria. Se ne discute da ormai tre anni, ma l’unico paese che sembra poterci (e volerci) entrare – tramite l’Italia – è la Libia. Vuol dire che la guardia costiera locale avrà accesso, almeno via Seahorse, agli stessi database marittimi delle nostre forze dell’ordine.

      Nella “Relazione sulla performance per il 2016” (http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/DF/332676.pdf) del Viminale si legge che Seahorse “è stata installata nel Centro Interforze di Gestione e Controllo (Cigc) Sicral di Vigna di Valle (Roma), teleporto principale del Ministero della Difesa, mentre presso il Centro Nazionale di Coordinamento per l’immigrazione “Roberto Iavarone” – Eurosur, sede del Mebocc [Mediterranean Border Cooperation Center], sono stati installati gli altri apparati funzionali alla rete di comunicazione”.

      Il nodo italiano, dunque, sembrerebbe operativo: Seahorse è gestito dal Cigc Sicral, mentre il database-ombrello per mappare in tempo reale tutto ciò che sta accadendo in mare, Eurosur, è gestito dal Centro Roberto Iavarone, che è anche sede del Mebocc, la centrale operativa da cui passano le comunicazioni tra paesi europei, Frontex e paesi terzi.

      Nella stessa relazione c’è anche un secondo passaggio, che conferma la partecipazione dei libici: si legge che nel 2016 in tutto sei “ufficiali della Guardia Costiera-Marina Militare Libica” sono stati ospitati in Italia “con funzioni di collegamento con le autorità libiche e per migliorare/stimolare la cooperazione nella gestione degli eventi di immigrazione irregolare provenienti dalla Libia” nell’ambito del progetto Sea Horse Mediterranean Network. Non è chiaro, al momento, se gli ufficiali libici hanno poi avuto l’accesso al sistema Seahorse anche da Tripoli.
      La sovrapposizione fra Marina militare italiana e autorità marittima libica

      Nel Mediterraneo centrale agisce poi la Marina militare. Rispetto alle tre forze dell’ordine che collaborano con Frontex ha altre regole di ingaggio e un’altra linea di comando. Come ora vedremo, ha anche altre priorità.

      Oltre a partecipare alle operazioni congiunte di Eunavformed, infatti, la Marina militare italiana ha riattivato la cooperazione con la Libia nata nel 2002, all’epoca di Gheddafi, con il nome in codice di Nauras. Difficile sapere quali navi vengono utilizzate e quali siano gli obiettivi strategici attuali dell’accordo militare tra Roma e Tripoli.

      I pochi elementi certi sono emersi grazie al caso giudiziario che ha portato questa primavera prima al sequestro e poi al dissequestro della nave Open Arms, fermata alla fine di marzo 2018 dopo un salvataggio in zona Sar, che aveva visto un duro scontro con le motovedette libiche. Attraverso le informative del comando generale della Guardia costiera italiana, i magistrati – prima di Catania e poi di Ragusa – hanno potuto ricostruire la gestione dei salvataggi del 15 marzo, quando il Mrcc di Roma aveva affidato il coordinamento delle operazioni alle motovedette libiche. Lì emergeva che la nave Capri della Marina militare italiana era intervenuta fin dalle prime ore del mattino parlando con Roma per conto di Tripoli e chiedendo espressamente di fermare l’intervento della Ong – le informative riportano anche un messaggio partito dall’addetto militare italiano a Tripoli.

      Dai brogliacci delle comunicazioni partite e ricevute dal Mrcc di Roma durante le operazioni di salvataggio si ricava inoltre che la Marina militare è intervenuta più volte – sia da unità navali inserite nell’operazione Nauras, sia dal Comando della squadra navale (Cincinav), che dipende direttamente dallo Stato maggiore della Difesa. Tra le carte dell’inchiesta c’è anche una relazione del comando di un’altra nave militare coinvolta, la Alpino – qui nelle vesti di polizia giudiziaria e presente a poche miglia dall’area di salvataggio dove stavano agendo contemporaneamente la Open Arms e la Guardia costiera di Tripoli.

      Lo stretto legame che esiste tra la Guardia costiera libica e la Marina Militare italiana appare ancora più evidente da un messaggio inviato dal comando delle motovedette libiche al Mrcc di Roma. Il numero di telefono del mittente – ovvero dell’autorità marittima libica – ha il prefisso +39 della rete italiana, e porta direttamente alla nave Capri. In altre parole, se chiami la Guardia costiera libica risponde la Marina militare italiana. E non è l’unico caso. Un paio di mesi dopo, la nave di soccorso tedesca Sea Watch ha ricevuto una telefonata dai libici durante un’operazione di salvataggio, che appariva sul display con un numero italiano.

      Quanto siano coinvolte la Marina militare e la Guardia costiera italiana nel respingimento dei migranti è un tema che presto verrà affrontato dalla Corte europea dei Diritti dell’Uomo, chiamata a discutere una denuncia presentata nei mesi scorsi contro le autorità di Roma.


      http://openmigration.org/analisi/themis-la-missione-di-frontex-voluta-da-minniti-di-cui-ora-dispone-ma
      #Eurtf #Mebocc #Eurosur #Eunavfor_med

    • Themis: la missione di Frontex voluta da Minniti di cui ora dispone Matteo Salvini

      Themis sostituisce la vecchia missione Triton, con un mandato allargato e che poco si concentra sugli sbarchi dalla Libia. Per la prima volta una missione dell’agenzia europea Frontex supporta le forze dell’ordine marittime di un governo che dice di voler respingere i “clandestini” direttamente in mare.

      http://openmigration.org/analisi/themis-la-missione-di-frontex-voluta-da-minniti-di-cui-ora-dispone-ma
      cc @albertocampiphoto

  • Asylum by Boat: Origins of Australia’s Refugee Policy

    In the late 1970s, 2000 Vietnamese arrived in Australia by boat, fleeing persecution. Their arrival presented a challenge to politicians, but the way the Fraser government handled it, and the resettlement of tens of thousands more Indochinese refugees, marked a turning point in Australia’s immigration history. Turn-backs and detention were proposed, and rejected. Claire Higgins’ important book recounts these extraordinary events. It is driven by the question of how we moved from a humanitarian approach to policies of mandatory detention − including on remote islands − and boat turn-backs.


    https://www.newsouthbooks.com.au/books/asylum-seeker-policy

    #livre #Australie #asile #migrations #réfugiés #histoire #frontières
    cc @reka

    voir aussi:

    #Operation_Sovereign_Borders: a prehistory

    A central component of Australia’s asylum policy has been Operation Sovereign Borders, a naval operation intended to identify, intercept and turn back refugee boats before they reach the country’s shores. Taking its cue from Canberra, the European Union has adopted a more extreme approach, subcontracting the task of interception and return to the Libyan Coastguard and militia groups that detain, abuse, exploit and enslave people seeking to cross the Mediterranean.


    http://insidestory.org.au/operation-sovereign-borders-a-prehistory

  • Russian voters offered chance to win iPhones for polling station selfies | World news | The Guardian
    https://www.theguardian.com/world/2018/jan/10/kremlin-russia-election-entices-voters-iphones-polling-station-selfies

    Très fort les russes.

    ttps ://i.guim.co.uk/img/media/78c0ad58d93dd4bbc6b069bf975a434198e8d983/348_299_3721_2232/master/3721.jpg ?w=1200&h=630&q=55&auto=format&usm=12&fit=crop&crop=faces%2Centropy&bm=normal&ba=bottom%2Cleft&blend64=aHR0cHM6Ly91cGxvYWRzLmd1aW0uY28udWsvMjAxNi8wNS8yNS9vdmVybGF5LWxvZ28tMTIwMC05MF9vcHQucG5n&s=c7dafd73d2a8d4a58b77faa6df86e81a

    The Kremlin is on a drive to ensure a high turnout in the presidential election in March by offering iPhones and iPads for the best polling station selfies.

    The unusual move is part of a plan by the administration to create a “holiday-like atmosphere” on voting day, Russia’s RBC media outlet reported, citing a leaked Kremlin document. Famous sportspeople, comedians, actors and bloggers will help promote the “Photo at the Polls” competition.

    Other polling station attractions are likely to include family games such as guess-the-word, footballing skills tests, and non-binding referendums on issues of interest to schoolchildren and their parents, RBC said.

    #russie #communication #marketing #opération_commerciale

  • Cedar, l’affaire de blanchiment qui embarrasse le clan Hariri
    https://www.mediapart.fr/journal/france/221217/cedar-l-affaire-de-blanchiment-qui-embarrasse-le-clan-hariri

    Des écoutes judiciaires visant un réseau de blanchiment d’argent de la drogue permettent de retracer plusieurs remises d’argent liquide à l’avocat de la famille du premier ministre libanais à Paris. Mais l’enquête a été stoppée net.

    #France #Béchara_Tarabay #Fahd_Hariri #Opération_Cedar #Saad_Hariri

  • Paolo Gentiloni : « L’esercito italiano sarà impegnato in Sahel contro il terrorismo »

    «Partiremo con un’operazione bilaterale con il Niger che naturalmente ha un interesse specifico anche per quanto riguarda i flussi migratori dalla Libia»

    http://www.huffingtonpost.it/2017/12/13/paolo-gentiloni-lesercito-italiano-sara-impegnato-in-sahel-contro-il-
    #armée #sahel #migrations #asile #réfugiés #Niger #Italie #accords_bilatéraux #accord #terrorisme #anti-terrorisme #Sahel #Sahara #opération_militaire

    Je traduis cela, le chapeau :

    «Partiremo con un’operazione bilaterale con il Niger che naturalmente ha un interesse specifico anche per quanto riguarda i flussi migratori dalla Libia»

    –-> « on partira avec une opération bilatérale avec le Niger qui naturellement a un intérêt spécifique aussi concernant les flux migratoires de la Libye. »
    Le titre disait : « L’armée italienne sera active dans le Sahel contre le terrorisme »
    Et voilà qu’en quelques mots l’#amalgame est faite entre terrorisme, migrations et #criminalité. Un chef d’oeuvre de la propagation des #préjugés
    #criminalisation

    cc @reka

    • Il governo manderà soldati italiani in Niger

      Saranno inviati 470 uomini e 150 veicoli per addestrare le truppe nigerine e per combattere il traffico di migranti

      http://www.ilpost.it/2017/12/14/missione-italia-niger

      –-> 470 soldats italiens envoyés au Niger pour « former les troupes nigérianes et combattre le trafic de migrants »
      –-> et voilà que c’est dit : pour arrêter les flux migratoires (ici ils parlent de trafic de migrants, mais bon... l’autre article parlait bien de flux migratoires)... on envoie l’armée... comme si on était en #guerre contre les migrants.

      #it_has_begun, et c’est très très triste

    • J’ai vu ce matin que la presse française se félicitait de la création d’une Europe militaire :
      https://www.lecho.be/economie-politique/europe-general/L-Europe-lance-sa-cooperation-militaire-permanente/9963067?ckc=1&ts=1513324016

      info qu’on trouve surtout sur la presse économique, boursière, pour la press généraliste on fait dans le story telling dans le monde ils disent que c’est pour remonter le morale des européen après le brexit et pour répondre à une demande de trump...
      C’est le soir.be on raconte des belles histoires avant de nous envoyer nous coucher :
      « Ceci n’est pas une armée européeenne » affirme lesoir.be
      http://plus.lesoir.be/129354/article/2017-12-14/ceci-nest-pas-une-armee-europeenne
      c’est très très dégulasse
      #fascisme #racisme

    • Campagna italiana d’Africa nel Sahel sulle strade dei migranti

      Campagna d’Africa a fare cosa? Paolo Gentiloni: “L’esercito italiano sarà impegnato in Sahel contro il terrorismo”. Ma la frase che spiega veramente viene dopo,”Partiremo con un’operazione bilaterale con il Niger che naturalmente ha un interesse specifico anche per quanto riguarda i flussi migratori dalla Libia”.

      https://www.remocontro.it/2017/12/14/campagna-italiana-dafrica-nel-sahel-sulla-strada-dei-migranti
      #G5_Sahel

    • Niger: la missione militare italiana, un nuovo corso

      Al margine del vertice del G5 Sahel di Celle-Saint-Cloud, vicino a Parigi, Paolo Gentiloni ha annunciato l’invio di una missione militare in Niger con compiti di addestramento delle forze anti-terrorismo congiunte G5 Sahel. L’Italia sta approfittando dell’arretramento del sedicente Stato islamico, l’Isis, per alleggerire il suo impegno in Iraq e mandare circa 470 uomini nel terreno africano.

      http://www.affarinternazionali.it/2017/12/niger-missione-italiana-corso/?platform=hootsuite

    • Commentaire de Sara Prestianni sur FB :

      Qualche riflessione sull’intervento militare nostrano in Niger, fermo restando che si tratta di una operazione di contrasto all’immigrazione che cela interessi economici e geostrategici:

      1) che nozione di urgenza si applica per questa missione al punto da spingere Gentiloni a volerla far passare solo in commissione difesa senza discussione nelle Camere e alcuni rappresentanti PD a chiedere che venga rinviato lo scioglimento delle Camere a questo fine ?

      2) perché, se ancora non è chiaro se e come questa missione verrà approvata, un primo nucleo di parà è stato già inviato a Niamey

      3) Si definiscano le competenze della Folgore per una missione di controllo delle frontiere

      Queste le domande che si dovrebbero porre oggi a Gentiloni che su Ius Soli rimanda e su Niger accelera ....

    • Gentiloni in Niger come Cavour in Crimea?

      A metà dicembre, nel suo blog su HuffPost, Sara Prestianni scriveva che «la relazione tra militarizzazione, lotta ai migranti e al terrorismo - già emersa con il finanziamento della missione #EuCapSahel finalizzato alla formazione dei poliziotti di frontiera per il controllo dei migranti nella regione di Agadez – diventa strutturale. Il Niger diviene il nuovo avamposto militare dell’Occidente. Alle basi con i droni americani con licenza di uccidere si aggiungono oggi i mezzi europei. Nel mezzo migliaia di uomini, donne e bambini ostaggio della guerra ai migranti».

      http://www.huffingtonpost.it/marco-perduca/gentiloni-in-niger-come-cavour-in-crimea_a_23317882

    • Lettera aperta. L’Italia in armi sulle vie del Niger: una storia scritta sulla sabbia

      «La svolta africana. Soldati italiani in Niger non solo per addestrare (…). Con 470 uomini e 150 veicoli le nostre truppe svolgeranno anche «attività di sorveglianza e di controllo del territorio». All’inizio coi francesi, tra miliziani, contrabbandieri e migranti». Così Gianluca di Feo su «Repubblica» del 14 dicembre del 2017 ha anticipato ciò che il Ministero della Difesa ha sostanzialmente confermato il giorno seguente e che il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni ha ribadito nei giorni di Natale. Nel Niger, dove mi trovo da quasi sette anni, il 18 dicembre si è celebrata la proclamazione della Repubblica, avvenuta 59 anni or sono. Mi vengono in mente una Repubblica di carta e l’altra di sabbia.

      https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/italia-in-armi-sulle-vie-del-niger-armanino

    • Commentaire de Francesco Floris sur FB (29.12.2017) :

      Sulla questione Niger bisogna leggere i siti dei militari, dei veterani militari, degli amici dei militari, di quelli con le entrature militari, dei wanna be militari e derivati vari.
      Non per sposare le tesi ma per comprendere che cosa bolle in pentola.
      Dicono tutti le stesse cose.
      1. Non serve a niente a fermare i migranti perché «La missione in Niger rischia infatti di rivelarsi utile a ridurre l’impegno e i costi di Parigi nell’operazione Barkhane senza però scalfirne la leadership di Parigi nel Sahel mentre circa il contrasto ai flussi migratori illegali non va dimenticato che i trafficanti potrebbero optare per rotte alternative, aggirando il dispositivo militare italiano grazie alle le piste desertiche che attraversano il confine algerino per poi sconfinare in Libia a sud di Ghat, area in cui da alcuni mesi è stata registrata la presenza di miliziani dello Stato Islamico.» Oppure perché «Mi sembra velleitario pretendere di fermare i flussi migratori provenienti dall’Africa sub-sahariana sorvegliando solo il confine Niger-Libia perché i migranti muovono in piccoli gruppi diradati seguendo dei passatori (quindi per antonomasia profondi conoscitori del territorio in cui muovono) i quali possono contare sulla complicità di tutta una popolazione che lucra su tale fenomeno; non ci vuole nulla a by-passare quella regione». [http://www.analisidifesa.it/2017/12/luci-e-ombre-sulla-missione-italiana-in-niger/]

      2. Si domandano che senso abbia andare in zone altamente instabili senza poter premere il grilletto (loro scrivono «missione combat» ma tradotto significa «adoro l’odore del napalm al mattino»).

      3. Giungono tutti alle stesse conclusioni. E qui li lascio parlare: «In fin dei conti per bloccare i flussi migratori illegali l’arma più efficace (e la meno costosa) in mano all’Italia è rappresentata dai respingimenti sulle coste libiche dei migranti soccorsi in mare in cooperazione con la Guardia costiera di Tripoli». E ancora: «il metodo più adeguato alla bisogna, l’unico in grado di dare garanzie di riuscita é il blocco navale». [http://www.congedatifolgore.com/it/missione-in-niger-meglio-un-blocco-navale-che-svegliare-i-gruppi-jihadisti-dormienti-nel-sahel/]

      Purtroppo purtroppissimo le loro facili soluzioni (blocco navale e respingimenti collettivi) sono illegali oltre che disumane anche se avrebbero l’indubbio merito di gettare finalmente la maschera che copre i volti dei nostri governanti.
      E poi sarebbe brutto attuare un blocco navale e due mesi dopo presentare ad Oslo la candidatura di Lampedusa al Nobel per la Pace. Davvero brutto. Anche se in fin dei conti uno come Gentiloni potrebbe sempre rispondere che era pacifista negli anni ’80 ma che oggi, all’alba del 2018, «fra la vostra fede e la mia Glock, scelgo la Glock» (per citare un altro noto pacifista di Hollywood).
      Gentiloni: da pacifista militante a finanziatore di dittatori e guerre
      Speciale per Africa ExPress Antonio Mazzeo Catania, 11 dicembre 2016 Paolo Gentiloni l’ha spuntata: il ministro degli affari esteri e della cooperazione…
      africa-express.info

    • Il ministro Alfano in missione in Niger

      “Questa visita a Niamey giunge al culmine di un anno intenso di incontri ai massimi livelli fra Italia e Niger, che hanno portato i due Paesi ad avere rapporti sempre più stretti. Il Niger è oramai divenuto un alleato strategico nel quadro della nostra politica estera in Africa. L’Italia ha aperto l’Ambasciata a Niamey che ho inaugurato personalmente nel corso della missione odierna. Presto rafforzeremo i rapporti di cooperazione in materia di sicurezza con particolare attenzione alla formazione e supporto delle forze nigerine per il controllo del territorio ed il contrasto dei traffici illeciti, ad iniziare da quello di essere umani. Nel 2017, l’Italia ha destinato al Niger il 40% delle risorse a valere sul Fondo Africa, contribuendo ad affrontare le cause profonde del fenomeno migratorio. I dati dell’OIM evidenziano, infatti, una netta riduzione del numero di migranti che dal Niger entrano in Libia e un aumento dei rimpatri volontari di migranti dal Niger verso i Paesi di origine”.


      http://www.esteri.it/mae/it/sala_stampa/archivionotizie/approfondimenti/il-ministro-alfano-in-missione_17.html

    • Quali interessi sul Niger? Una intervista a Giacomo Zandonini

      «A mio avviso si utilizza la “questione migranti” per interessi geopolitici molto più ampi. Il Niger è diventato un paese importante, una base logistica e un paese sicuro per garantire gli interessi occidentali. L’Italia, alla fine del febbraio scorso ha aperto una propria ambasciata provvisoria a Niamey (la capitale Ndr) ma l’ambasciatore era già stato nominato nel dicembre 2016. Ora l’ambasciata è stata trasferita in altri locali e inaugurata alla presenza del ministro degli esteri Angelino Alfano ma, a quanto mi risulta il personale è ancora limitato. Non ci sono ancora funzionari addetti a occuparsi delle relazioni economiche e non c’è un ufficio consolare. Ma insieme a questo aspetto di forte visibilità si è mosso anche altro. Un percorso iniziato già nel 2010 col ministro dell’interno Roberto Maroni e con i primi interventi dell’Oim che si è accelerato negli ultimi due anni. L’Italia è il principale donatore del fondo fiduciario d’emergenza per l’Africa dell’UE, di cui il Niger è uno dei primi destinatari. Il nostro governo ha concesso 50 milioni di euro come supporto al budget dello Stato del Niger, un contributo in fase di erogazione, in più tranches, che serve anche per accreditarsi come partner. Non ci sono veri e propri obblighi rispetto all’uso che verrà fatto di questi soldi ma unicamente vincoli. In primis il fatto che questi soldi dovranno essere destinati ai ministeri della Giustizia e degli Interni. Perché si continui a versare le diverse tranche è necessario il soddisfacimento di alcuni indicatori molto ampi che vanno dalla riduzione del numero di migranti che passeranno dal Niger all’aumento di guardie di controllo alle frontiere. Di fatto però il contenuto dei contratti fra UE e Niger e fra Italia e UE non é stato reso pubblico. L’unico documento che ho potuto visionare è il decreto che stanzia il cobtributo, parte del “Fondo Africa” della Farnesina. Fra gli indicatori specifici che rientrano nell’accordo fra UE e Niger c’è l’allargamento e la ristrutturazione di una pista di atterraggio a Dirkou, un avamposto commerciale e militare nel nord del paese. Dirkou è un punto chiave della rotta verso la Libia, la pista di atterraggio attualmente è usata per voli militari e rari voli umanitari ma le ragioni del suo ampliamento vengono spacciate dai funzionari italiani come “umanitarie”. Dovrebbe servire a facilitare l’evacuazione di migranti dalla Libia e a garantire un supporto ai soccorsi nel deserto, realizzati dall’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni con la Protezione Civile del Niger. A Dirkou si prevede anche di realizzare un nuovo “centro di transito” per migranti. Un altro requisito, per la prosecuzione del finanziamento italiano, è che il Niger adotti una Strategia nazionale per la sicurezza e una Strategia nazionale contro le migrazioni irregolari, documenti effettivamente redatti negli ultimi mesi».

      https://www.a-dif.org/2018/01/10/quali-interessi-sul-niger-una-intervista-a-giacomo-zandonini

    • Il Niger e i veri motivi del prossimo intervento militare italiano

      Cosa succede in Niger? Perché l’Italia sta portando un proprio contingente militare? Il motivo è il controllo dei flussi migratori oppure c’è altro? Vita.it raccoglie la testimonianza del giornalista e ricercatore #Giacomo_Zandonini, che ha passato due degli ultimi sei mesi nel Paese africano oggi al centro dell’attenzione europea. Zandonini è stato soprattutto nella regione di Agadez e nei villaggi sparsi nella zona predesertica sia per reportage (a questo link un suo contributo per Openmigration) che per il rapporto sul Fondo fiduciario della Ue per l’Africa promosso dalla rete di ong Concord Europe e per un lavoro di documentazione per l’Oim, Organizzazione internazionale delle migrazioni.

      http://www.vita.it/it/article/2018/01/17/il-niger-e-i-veri-motivi-del-prossimo-intervento-militare-italiano/145643

    • La camera approva la missione militare italiana in Niger

      La camera dei deputati ha approvato il decreto missioni con una larga maggioranza. Hanno votato contro Liberi e uguali e il Movimento 5 stelle. Si è astenuta la Lega nord, mentre il Partito democratico e Forza Italia hanno votato a favore del decreto, che prevede il ridimensionamento della presenza militare italiana in Afghanistan e in Iraq e l’intervento militare in Niger, nell’ambito della missione del G5 (Mali, Ciad, Burkina Faso, Niger, Mauritania) nel Sahel, in cui l’Italia ha chiesto di essere membro osservatore. Nel complesso nel 2008 l’Italia spenderà 1,5 miliardi di euro in 31 missioni e in 21 paesi, ma solo una parte di questi fondi è stata approvata dal parlamento.

      In Iraq sarà ridotta la presenza italiana: i militari passeranno da 1.500 a 750, mentre in Afghanistan si passerà da 900 a 700 soldati. I contingenti italiani saranno spostati in Africa, in particolare in Libia e in Niger. In Libia si passerà da 370 a 400 soldati, mentre in Niger saranno mandati 470 soldati, centoventi nel primo semestre del 2018.

      https://www.internazionale.it/bloc-notes/annalisa-camilli/2018/01/17/camera-missione-niger

    • L’Italie veut envoyer des soldats au Niger, refus de Niamey

      L’Italie avait annoncé, fin 2017, son intention d’envoyer des militaires au Niger afin de lutter contre l’insécurité. Paolo Gentiloni, le Premier ministre italien, avait précisé que cette décision faisait suite à une demande venue du gouvernement nigérien. Un premier contingent de 120 hommes devait partir pour le Niger en ce début d’année. Mais le gouvernement nigérien nie avoir été consulté à ce sujet.

      http://www.rfi.fr/afrique/20180125-italie-envoyer-soldats-niger-niamey

    • Niger: mistero sulla missione italiana?

      Il 30 gennaio scorso, però, è arrivata una doccia fredda da parte del Governo nigerino: secondo l’emittente francese ‘Radio France International‘ (RFI), le Autorità di Niamey avrebbero negato di aver richiesto l’intervento di Roma e persino di essere state informate della missione dal Governo italiano. Inoltre, il Governo della Repubblica del Niger si sarebbe detto contrario alla missione italiana sul suo territorio e avrebbe dichiarato di essere già supportato da esperti statunitensi e francesi.

      http://www.lindro.it/niger-mistero-sulla-missione-italiana

    • Ministro Interni del Niger: nessun accordo con l’Italia per una missione militare

      Il ministro degli Interni nigerino Mohamed Bazoum definisce «inconcepibile» la missione militare italiana approvata a fine gennaio dal parlamento. Ai microfoni dell’inviato di Rainews24 Ilario Piagnerelli, Bazoum spiega come non ci siano mai stati contatti in merito tra Roma e Niamey e racconta di aver appreso la notizia dai media. Resta aperto lo spiraglio per una «missione di esperti», ma non con ruoli operativi e non «nell’ordine dei quattrocento». Questo, dice il ministro, "non è concepibile, semplicemente”

      http://www.rainews.it/dl/rainews/media/Niger-Ministro-Interni-nessun-accordo-con-Italia-per-missione-militare-b4e83

  • Réfugiés : la route par la Grèce a repris et se réduit depuis la Libye

    Les arrivées de migrants en Europe par la Grèce ont légèrement augmenté ces derniers mois. Celles de Libye vers l’Italie de juillet à septembre a atteint son niveau le plus bas en quatre ans, a dit jeudi l’ONU à Genève.

    Depuis quelques mois, « nous avons vu des réfugiés et des migrants utiliser davantage de chemins diversifiés pour rejoindre l’Europe », a dit la directrice régionale du Haut-Commissariat pour les réfugiés (HCR) Pascale Moreau. En septembre, 4800 personnes sont arrivées en Grèce par la mer, le chiffre le plus élevé sur un mois depuis l’accord conclu entre l’UE et la Turquie en mars 2016.

    https://www.swissinfo.ch/fre/r%C3%A9fugi%C3%A9s--la-route-par-la-gr%C3%A8ce-a-repris-et-se-r%C3%A9duit-depuis-la-libye/43700464
    #Grèce #asile #migrations #réfugiés #route_des_balkans #chiffres #statistiques #arrivées

    Et plus loin :

    En #Allemagne, des policiers grecs vont être déployés pour renforcer les contrôles aéroportuaires après l’interception dans des aéroports allemands de centaines de migrants venant de Grèce avec de faux papiers, selon la police. Dès la semaine prochaine, des officiers de liaison grecs seront déployés dans les aéroports de Francfort et de Munich pour faciliter les contrôles des passeports.

    Cette décision fait suite à une plainte du ministre allemand de l’Intérieur, selon lequel environ 1000 personnes voyageant depuis la Grèce avec des documents falsifiés ont été interceptées entre janvier et octobre dans les aéroports allemands.

    #faux_passeports #faux_documents #aéroports

    Mais ce qui est intéressant dans cet article, c’est aussi qu’on parle d’une « vaste opération interpol » :

    Par ailleurs, 40 personnes ont été arrêtées au cours d’une opération simultanée d’Interpol visant des trafiquants d’êtres humains au Tchad, au #Mali, en #Mauritanie, au #Niger et au #Sénégal, a-t-on appris jeudi auprès d’Interpol. Des poursuites vont être engagées contre elles pour trafic d’êtres humains, travail forcé et exploitation de mineurs, précise Interpol dans un communiqué.

    Au cours des opérations, plus de 500 victimes ont été secourues, parmi lesquelles se trouvaient 236 mineurs, dont certains ont été forcés à se prostituer. L’Organisation internationale pour les migrations (OIM) et plusieurs ONG ont auditionné les victimes et ont veillé à ce qu’elles reçoivent le traitement nécessaire.

    Commentaire reçu via la mailing-list Migreurop :

    mais on n’y apprend rien, bien sûr, sur les conditions de cette opération, ni sur la manière dont les 40 personnes poursuivies ( sur les 500 interpellées/sauvées) ont été désignées comme telles, ni devant quel(s) tribunaux elles seront poursuivies... on apprend juste que les services allemands sont apparemment très impliqués dans ce qui s’appelle « l’#opération_épervier ».

    • Juncker : « les États membres contribuent trop peu au fonds pour l’Afrique »

      Après un premier tour de négociations lors du premier jour du Conseil, le président de la Commission, Jean-Claude Juncker, a prévenu devant la presse que l’action extérieure de l’UE atteignait ses limites à cause d’un manque de financement.

      https://www.euractiv.fr/section/migrations/news/juncker-member-states-committed-too-little-for-africa-fund
      #fonds_pour_l'afrique

    • “EU-Africa migration funds were used on Libya’s coast guard patrol vessels »

      Genoa - EU international cooperation funding destined for development projects in Africa was used to refurbish patrol boats for Libya’s coast guard, and handed over to Libyan militia units who practice torture and extrajudicial killings, in violation of Libyan and international standards.

      http://www.themeditelegraph.com/en/markets/finance-and-politics/2017/11/16/africa-migration-funds-were-used-libya-coast-guard-patrol-vessels-ZxeIfzI2rMZYW6ixGchHKP/index.html

      #Libye #gardes-côtes_libyens #externalisation #développement #aide_au_développement

      –-> je ne sais pas si le fonds dans lequel il est question ici c’est aussi celui qui est mentionné dans le premier article de la liste... @isskein : tu en sais plus ?

    • Europe’s Plan to Close Its Sea Borders Relies on Libya’s Coast Guard Doing Its Dirty Work, Abusing Migrants

      When a Libyan coast guard officer raised his hands and pointed, as if holding a rifle, Thomas Schaible wasn’t too worried. It wasn’t his first violent encounter with the Libyan coast guard, but this time, with a helicopter from the Italian navy overhead and Italian and French warships nearby, Schaible knew it was an empty threat.

      https://theintercept.com/2017/11/25/libya-coast-guard-europe-refugees

    • Libya human bondage risks overshadowing Africa-EU summit

      #Mogherini was questioned about the EU’s strategy of outsourcing the migration crisis to foreign countries such as Libya and Turkey, which received billions to prevent Syrian refugees from crossing to Greece.

      She said the situation was different on two counts: first, the migrants stranded in Libya were not legitimate asylum seekers like those fleeing the war in Syria. And second, different international bodies were in charge.

      “When it comes to Turkey, it is mainly refugees from Syria; when it comes to Libya, it is mainly migrants from Sub-Saharan Africa and the relevant international laws apply in different manners and the relevant UN agencies are different – the UNHCR on one side, especially in Turkey, and the IOM especially in Libya.”

      https://www.euractiv.com/section/development-policy/news/libya-human-bondage-risks-overshadowing-africa-eu-summit
      #IOM #OIM #HCR #Libye #Turquie #migrants_économiques #réfugiés #tri #catégorisation

      En lien avec cela, lire:
      http://seen.li/dn2v
      #mixed_migrations

    • Commission européenne - Fond fiduciaire d’urgence pour l’Afrique - Nouveaux programmes

      Trois nouveaux programmes d’un montant de 29,6 millions d’euros ont été adoptés dans le cadre du Fonds fiduciaire d’urgence de l’UE pour l’Afrique. Ces programmes complètent l’action de l’UE visant à relever les défis de la migration en Méditerranée. Ces nouveaux programmes intensifieront le travail en cours de l’UE pour renforcer la protection des migrants, soutenir leur réintégration durable et permettre une augmentation du nombre de retours volontairement assistés depuis la Libye. Ils contribueront également à la lutte contre les réseaux criminels dans la région.

      Three new programmes worth €29.6 million have been adopted in the framework of the EU Trust Fund for Africa as part of EU work in addressing migration challenges in the Mediterranean. A set of priorities for 2018 have also been agreed.

      These new programmes will step up the EU’s ongoing work to strengthening protection of migrants, support sustainable reintegration and provide assisted voluntary returns. The programmes will also contribute to fight criminal networks across the region.

      High Representative/Vice-President Federica Mogherini said: “Last week we established a joint EU/AU/UN Task Force to accelerate our work to protect migrants and refugees and fight the criminal networks. With these new programmes, we will step up our commitments, save lives, guarantee the respect of human rights and of international standards, provide alternatives to those wishing to return to their homes and support to host communities. We already assisted over 14,000 people stranded in Libya to return and will support an additional 15,000 returns by February 2018. And we will support our partners to counter traffickers and smugglers, assisting them in bringing peace and security to the region.”

      Commissioner for European Neighbourhood Policy and Enlargement Negotiations Johannes Hahn said: “The current challenges in the Mediterranean Sea remain a top priority for the European Union. The EU Trust Fund for Africa continues to take action to tackle the root causes of irregular migration and to defend the rights of people who risk falling into the hands of traffickers and smugglers. With our new programmes, we will help dismantle criminal networks in North of Africa, support migrants who wish to return to their home countries and facilitate access for migrants to legal advice. We will also promote socio-economic integration in Morocco and will foster socio-economic development of the Libyan Municipalities”.

      Regional programme - Facility for Migrant Protection and Reintegration in North Africa, €10 million

      This programme will be implemented by the International Organisation for Migration (IOM), and will further contribute to the ongoing efforts under the assistance voluntary return scheme. It will strengthen protection of migrants, support sustainable reintegration systems in North Africa and provide assisted voluntary return to migrants wishing to return to their home from Northern Africa. This Facility is conceived as a regional flexible mechanism able to adapt to the specific needs of the countries. This is yet another action towards enhancing support to stranded migrants as well as reinforcing national return and reintegration systems across the North of Africa region.

      Regional programme - Dismantling the criminal networks operating in North Africa and involved in migrant smuggling and human trafficking, €15 million

      This project will focus on regional dimension of fight against smugglers and traffickers. It will target the public sector of the countries in the region (in particular the Ministries of Interior, Justice, Finance, and Health). Under this programme, implemented by the United Nations Office on Drugs and Crime (UNODC), capacity-building as well as light equipment, such as IT and forensic tools, will be provided to actors dealing with law enforcement and criminal justice. The final beneficiaries will be the general public, victims of trafficking, smuggled migrants, and families of the latter two categories.

      Morocco - Legal Empowerment for migrants, €4.58 million

      This programme implemented by the Belgian Technical Cooperation will reinforce the protection and resilience of migrants and refugees, displaced persons and host communities in Morocco. Whilst strengthening awareness on their rights and access to legal counselling, the project will also contribute to promote the socio-economic integration of migrants and facilitate migrants’ integration in the Moroccan society. This is a new very specific action complementing the EU support to the implementation of the Moroccan National Strategy on Migration (SNIA). The programme will support actors who help migrants and refugees access to their rights, such as lawyers, students, civil society associations and justice staff. It will develop and create legal clinics in Rabat, Casablanca, Tanger and Oujda.

      Objectives for 2018

      The Commission also outlined the priorities of the EUTF/North of Africa window for 2018. The situation in Libya will remain a top priority, with on the one hand increased efforts for the protection of migrants and refugees, including through the support for additional assisted voluntary returns and support for evacuation of the most vulnerable ones (in line with the recent decision of the EU-African Union summit); and on the other hand support to host communities. More specifically, funding will be provided to the UNHCR’s evacuation mechanism through the EUTF and discussions with the IOM on additional measures under the assisted voluntary return scheme are being finalised. The Commission is also working together with Italy on a new initiative to be presented to the Operational Committee early in 2018, which is aimed at fostering the socio-economic development of the Libyan Municipalities, on the basis of needs of local authorities and in close coordination with the PC/Government of National Accord (GNA).

      http://www.europeanmigrationlaw.eu/fr/articles/actualites/commission-europeenne-fond-fiduciaire-d-urgence-pour-l-afrique-

    • Come viene usato il Fondo Fiduciario per l’Africa?

      “Vertice UE-Africa: l’Europa non paga”. Così titolava il settimanale tedesco Der Spiegel alla vigilia del Summit di Abidjan di fine novembre, evidenziando un problema crescente nell’approccio europeo al contenimento dei flussi migratori: come reperire le risorse con cui finanziare il Fondo fiduciario per l’Africa. Perché se da un lato aumentano obiettivi e programmi da finanziare, dall’altro non cresce il coinvolgimento economico dei governi europei.

      http://openmigration.org/analisi/come-viene-usato-il-fondo-fiduciario-per-lafrica

    • 2.12.2017 – Commission européenne - Fond fiduciaire d’urgence pour l’Afrique - Nouvelles actions pour renforcer la stabilité dans la corne de l’Afrique

      Le Comité opérationnel du Fond fiduciaire d’urgence pour l’Afrique a adopté une nouvelle série de 13 programmes d’un montant de 174,4 millions d’euros pour la région de la #Corne_de_l'Afrique

      http://www.europeanmigrationlaw.eu/fr/articles/actualites/commission-europeenne-fond-fiduciaire-d-urgence-pour-l-afrique-

    • Fondo Africa, quelle risorse destinate a progetti lontani dall’aiuto allo sviluppo

      Il dossier realizzato sugli atti di delibera e ottenuto grazie alla richiesta dell’Associazione per gli Studi giuridici sull’Immigrazione (ASGI) e sulla risposta del sottosegretario agli Esteri Della Vedova all’interrogazione del PD sull’utilizzo delle risorse stanziate. Risorse spese in Tunisia, Niger e Libia che pongono, secondo ActionAid, problemi di costituzionalità e trasparenza

      http://www.repubblica.it/solidarieta/cooperazione/2017/12/18/news/fondo_africa-184514509

    • A ‘blind spot’ in the migration debate? International responsibility of the EU and its Member States for cooperating with the Libyan coastguard and militias

      The discussion on the restrictive migration management policies of the European Union (EU) and its Member States (MS) has so far focused on the potential violation of the primary rules of international law that determine the conduct of subjects of international law. The question of applicability of the secondary rules of international responsibility that provide for the consequences of the commitment of a wrongful act has attracted less attention. The main question in the current context is whether the cooperation of the EU and its MS with the Libyan coastguard and militias with the view of stemming irregular migration flows to Europe generates international responsibility for the above actors. More specifically, it is asked whether there is an autonomous basis in the law of international responsibility for holding the EU and its the MS responsible for the violations of human rights occurring in Libya, even if they do not exercise directly jurisdiction over migrants. Three aspects of this theme will be developed here: first, the nature and scope of the cooperation of the EU and its MS, in particular Italy, with the Libyan authorities, coastguard and militias in view of restricting the access of migrants to the EU; second, the extent of human rights violations of migrants in Libya; and third, the alleged complicity and responsibility of the EU and MS for the violations of these rights.

      http://eumigrationlawblog.eu/a-blind-spot-in-the-migration-debate-international-responsibility

    • L’Europe affirme que la formation des gardes-côtes libyens avance

      La formation des gardes-côtes libyens, notamment pour le sauvetage de migrants, avance, a déclaré jeudi à Tunis le commandant de l’opération navale européenne Sophia, chargée de lutter contre les passeurs.

      « La formation se passe bien », a affirmé Enrico Credendino, commandant de la force navale européenne en Méditerranée (Sophia).

      « Les gardes-côtes libyens ont été très actifs, en particulier au cours du second semestre 2017. Ils ont secouru beaucoup de migrants, presque 18.000 alors qu’en 2015 par exemple, ils en avaient secouru seulement 800 », a-t-il précisé.

      Lancée en 2015 par l’UE, l’opération navale Sophia est chargée de lutter contre les passeurs et de former les gardes-côtes libyens.

      Sa mission a été reconduite en juillet par le Conseil européen jusqu’en décembre 2018.

      Déchirée par les rivalités entre groupes armés et les autorités qui se disputent le pouvoir, la Libye a sombré dans le chaos depuis la chute du régime de Mouammar Kadhafi en 2011.

      Des centaines de milliers de migrants, certains fuyant des conflits, d’autres la pauvreté tentent de traverser la Méditerranée depuis la Libye pour rejoindre l’Europe. Depuis le début de l’année, au moins 337 d’entre eux sont morts ou disparus au large de la Libye, selon l’Organisation internationale des migrations.

      https://www.voaafrique.com/a/migrations-formations-de-garde-cotes-libyens-avance/4300524.html
      #Opération_sophia

      A mettre en lien avec cet article :
      La guardia costiera libica minaccia l’ong Proactiva Open Arms
      https://www.internazionale.it/bloc-notes/annalisa-camilli/2018/03/16/guardia-costiera-libica-open-arms

    • Un film de #Andrea_Segre, à voir absolument. Il montre les manoeuvres italiennes en Libye :
      L’ordine delle cose (L’ordre des choses) :

      Rinaldi, policier italien de grande expérience, est envoyé par son gouvernement en Libye afin de négocier le maintien des migrants sur le sol africain. Sur place, il se heurte à la complexité des rapports tribaux libyens et à la puissance des trafiquants exploitant la détresse des réfugiés.
      Au cours de son enquête, il rencontre dans un centre de rétention, Swada, une jeune somalienne qui le supplie de l’aider. Habituellement froid et méthodique, Rinaldi va devoir faire un choix douloureux entre sa conscience et la raison d’Etat : est-il possible de renverser l’ordre des choses ?


      https://lordinedellecose.it

      https://www.youtube.com/watch?v=_b8mp4N4Blw

      Il est actuellement en salle à Grenoble...

      #film

    • Migranti, gli occhi della Libia sui radar europei nel Mediterraneo

      A dicembre 2016 un ufficiale di collegamento della guardia costiera libica è entrato nel cuore del #Sea_Horse_Mediterranean_Network, il sistema di monitoraggio dell’Unione per il controllo delle frontiere Sud del Mediterraneo e che vede in prima linea l’Italia. Ma il governo libico era ritenuto inaffidabile dalla Commissione Ue nel 2015 ed escluso dal progetto. Ora perché è coinvolto? E a quale titolo?

      Occhi elettronici. Radar potenti e sofisticati. Satelliti militari in grado di scansionare ogni centimetro quadrato del Mediterraneo centrale, quel pezzo di mare tra la Libia e l’Italia divenuto tomba per migliaia di migranti, morti mentre cercavano di fuggire alle guerre dei loro paesi e alle torture dei carcerieri libici. Mezzi straordinariamente potenti, soprattutto se messi in rete, formando un flusso di dati in grado di salvare vite – avvistando ogni piccolo gommone che tenta la traversata – e di bloccare i traffici. Non solo di esseri umani, ma anche di petrolio, droga, armi. Si chiama Sea Horse Mediterranean Network ed è l’asset più prezioso della rete di controllo della frontiera sud dell’Europa.

      Un progetto costato milioni di euro, promosso direttamente dall’Unione europea e che vede un ruolo da protagonista dell’Italia. Una rete che – stando a documenti consultati da Famiglia Cristiana – potrebbe però cadere in pessime mani. Quelle delle milizie libiche, ovvero le forze di Tripoli che compongono quella stessa Guardia costiera pronta ad usare le armi contro le Ong, accusata un anno fa dalle Nazioni Unite di essere stata complice in alcuni casi degli stessi trafficanti. Il progetto in origine riguardava l’area dell’Atlantico. La responsabilità, in quel caso, era stata affidata alla Guardia Civil spagnola e l’area interessata era sostanzialmente il tratto di mare a sud delle Canarie, una delle rotte delle migrazioni via mare attive fino a una decina di anni fa. Il sistema permette di «scambiare informazioni via satellite per combattere l’immigrazione irregolare via mare», si legge in un documento delle autorità spagnole che abbiamo consultato, creando dei punti di contatto in ogni paese coinvolto «per accedere a questa rete sicura».

      Le informazioni raccolte sono estremamente sensibili e costituiscono una base di conoscenza e di intelligence sicuramente strategica. Dopo l’avvio di una prima fase sulla zona atlantica, il progetto Sea Horse punta, dal 2015, al Mediterraneo. Tre i paesi del nord Africa coinvolti: l’Egitto, la Tunisia e la Libia. Nel novembre del 2015 il commissario europeo Dimitris Avramopoulos aveva risposto ad una interrogazione delle deputate europee Sabine Lösing e Cornelia Ernst (GUE/NGL), spiegando che il progetto era in una fase di stallo. Il problema principale riguardava proprio la Libia: «A causa della situazione d’insicurezza e alla mancanza di stabilità del governo nazionale libico – si legge nella risposta all’interrogazione pubblicata sul sito del Parlamento europeo – tutte le attività per installare il #National_Contact_Point in Libia sono sospese. Di conseguenza le autorità libiche interessate non sono collegate al #Mebocc, che sarà ospitato dal centro di coordinamento italiano per la sorveglianza delle frontiere».

      La sigla Mebocc sta per #Mediterranean_Border_Cooperation_Center, ed è il cuore della rete di controllo del mare tra Italia e Libia. La collocazione di questo centro, come ha spiegato il commissario europeo, è prevista nel nostro paese, con un backup a Malta. Tutto, però, sembrava fermo fino al novembre del 2015.

      Un ufficiale di collegamento libico era presente nel cuore della rete europea di sorveglianza delle frontiere marittime

      Alla fine del 2016, dopo il cambio ai vertici del ministero dell’Interno e l’arrivo di Marco Minniti, il progetto ha subito un’accelerazione. Nella “Relazione sulla performance per il 2016” del Viminale c’è un paragrafo dove si annuncia l’operatività del progetto: «L’infrastruttura satellitare», si legge nel documento, «è stata installata nel #Centro_Interforze_di_Gestione_e_Controllo (#CIGC) #SICRAL di Vigna di Valle, teleporto principale del Ministero della Difesa, mentre presso il Centro Nazionale di Coordinamento per l’immigrazione “Roberto Iavarone” – #EUROSUR, sede del MEBOCC, sono stati installati gli altri apparati funzionali alla rete di comunicazione. Al 31 dicembre 2016, quello dell’Italia risultava essere l’unico nodo realmente attivo e pronto per le comunicazioni».

      Tutto pronto, dunque, per operare. Pronto e operativo, a quanto sembra, era anche il governo libico, che solo un anno prima veniva definito instabile dalla Commissione europea. Si legge nel rapporto del Ministero dell’Interno, documento che Famiglia Cristiana ha consultato: «Si segnala inoltre che nel 2016, nell’ambito del progetto Sea Horse Mediterranean Network, quattro ufficiali della Guardia Costiera – Marina Militare Libica sono stati ospitati in Italia, in qualità di osservatori, uno presso l’#ICC - #International_Coordination_Center, altri due imbarcati sull’assetto spagnolo “#Rio_Segura” durante il mese di settembre e uno presso il Centro nazionale di coordinamento – EUROSUR della Direzione Centrale per l’Immigrazione dal 5 al 9 dicembre, con funzioni di collegamento con le autorità libiche e per migliorare/stimolare la cooperazione nella gestione degli eventi di immigrazione irregolare provenienti dalla Libia».

      Dunque un ufficiale di collegamento libico era presente nel cuore della rete europea di sorveglianza delle frontiere marittime del Mediterraneo poco più di un anno fa. Fatto che potrebbe avere come conseguenza la possibilità di accesso al sistema Sea Horse da parte del governo di Tripoli, impegnato, come abbiamo visto, nel respingimento in mare dei migranti che fuggono dal Nord Africa verso l’Europa. La sensibilità delle informazioni che il network raccoglie e gestisce è evidente. Un mese fa è stata presentata una seconda interrogazione al Parlamento europeo per capire se i libici già sono in grado di accedere ai dati dei satelliti che monitorano il Mediterraneo: «Dove, in Libia o in Italia, sono stati realizzati i Centri Operativi (ad esempio il Mebocc) e quali autorità o milizie sono coinvolte?», hanno chiesto i deputati Sabine Lösing e Cornelia Ernst. Al momento non hanno ottenuto nessuna risposta. La Libia è sempre più vicina.

      http://www.famigliacristiana.it/articolo/migranti-gli-occhi-della-libia-sui-radar-europei-nel-mediterraneo.
      #Egypte #Tunisie #Libye #images_satellitaires

    • Migranti, affidarne i soccorsi alla Libia significa respingerli

      Un verbale della riunione dell’ Organizzazione mondiale del mare del 30 ottobre scorso svela la contrarietà di creare un coordinamento libico dei salvataggi nel Mediterraneo. Ma giovedì scorso la nave della Ong spagnola Open Arms è stata affidata proprio alle motovedette di Tripoli come ha spiegato anche la Guardia Costiera italiana. Ora cominciano i respingimenti collettivi per conto terzi?

      http://m.famigliacristiana.it/articolo/migranti-affidarne-i-soccorsi-in-mare-alla-libia-significa-respi

    • EU Trust Fund for Africa: five new programmes adopted for the Sahel and Lake Chad region

      The European Commission has adopted five new programmes worth over €141 million under the EU Emergency Trust Fund for Africa.

      Commissioner for International Cooperation and Development Neven Mimica said: "Our new EU programmes, worth €141 million, are particularly focusing on important opportunities for young people. They will furthermore support our #G5-Sahel partners to strengthen development and stability in border areas, as well as help us to save more lives and fight human traffickers, who take advantage of vulnerable people’s despair. We also continue our actions to support partner countries to better manage migration and to develop civil registries. Those needs do not decrease, and the resources from the EU Trust Fund are quickly depleting”

      At the regional level, two programmes totalling €75 million will seek to shore up stability and youth participation in the G5 #Sahel countries (#Burkina_Faso, Chad, #Mali, Mauritania and #Niger). A new €70 million Emergency programme will increase people’s access to social services in border areas. The programme was designed under the Sahel Alliance and responds directly to the needs voiced by the G5 Sahel countries under the #Priority_Investment_Programme. Another €5 million will ensure the implementation of the second phase of “#The_Voices_of_young_people_in_the_Sahel” programme, which was launched in 2017 and contributes to integrating youth organisations into the processes of designing and implementing development and social policies.

      A new €7.6 million programme in Niger will further boost migrant protection on migratory routes and support host communities. Also in Niger, the ongoing AJUSEN budget support programme in the justice, security and border management sectors will receive an additional €10 million to continue this work.

      In Senegal, a €9 million initiative will help tackle criminal networks that are linked to irregular migration, migrant smuggling and human trafficking, and enhance regional cooperation in this area.

      In #Côte_d'Ivoire, a new programme worth €30 million will support the country’s ongoing efforts to create a coherent and robust civil registry system that will help improve the management of public policies, enable people to exercise their fundamental rights and improve their access to public services, including the facilitation of voluntary return and the sustainable reintegration of migrants.

      Last but not least, the #Technical_Cooperation_Facility covering all Trust Fund regions and the Research and Evidence Facility covering the Sahel and Lake Chad and the North of Africa regions have been reinforced with an additional amount of €12 million. In line with the evidence-based approach under the EU Emergency Trust Fund for Africa to ensure strategic and efficient interventions, this additional funding will facilitate more studies and research, as well as technical support when necessary.

      The five programmes adopted today bring the total number of programmes adopted since December 2015 for the Sahel and Lake Chad region to 91, with a total value of €1.7 billion.

      Background

      The EU Emergency Trust Fund for Africa was established in 2015 to address the root causes of instability, irregular migration and forced displacement. Resources currently allocated to this Trust Fund are €4.1 billion from EU institutions, European Member States and other donors.

      Today’s assistance adds to the 165 programmes already approved across the three regions (North of Africa, Sahel and Lake Chad region and Horn of Africa), worth a total of €3,157 million. These funds were divided up as follows: Sahel/Lake Chad €1,549 million (86 programmes); Horn of Africa €1,141.3 million (58 programmes); North of Africa €467.1 million (17 programmes). This amount includes 4 cross-region programmes (€145.1 million).

      http://europa.eu/rapid/press-release_IP-18-6447_en.htm?locale=EN
      #Tchad #Mauritanie #jeunesse #Sénégal #réintégration #retours_volontaires #retour_volontaire

  • #Portugal : l’ancien premier ministre accusé de #Corruption massive
    https://www.mediapart.fr/journal/international/121017/portugal-l-ancien-premier-ministre-accuse-de-corruption-massive

    José Socrates et #Ricardo_Salgado, co-accusés © Impala.pt Le cas de #José_Socrates, ancien premier ministre socialiste responsable de la faillite du pays en 2011 et désormais accusé officiellement d’avoir encaissé 24 millions d’euros de pots-de-vin, passionne le Portugal. Il devrait intéresser tous ceux qui, en Europe, pensent que la corruption ronge les régimes démocratiques.

    #International #Antonio_Costa #BES #opération_Marques #Portugal_Telecom #Sonae #troïka

  • #Portugal : l’ancien premier ministre Socrates accusé d’avoir reçu 24 millions d’euros en pots-de-vin
    https://www.mediapart.fr/journal/international/121017/portugal-l-ancien-premier-ministre-socrates-accuse-d-avoir-recu-24-million

    José Socrates et #Ricardo_Salgado, co-accusés © Impala.pt Le cas de #José_Socrates, ancien premier ministre socialiste responsable de la faillite du pays en 2011 et désormais accusé officiellement d’avoir encaissé 24 millions d’euros de pots-de-vin, passionne le Portugal. Il devrait intéresser tous ceux qui, en Europe, pensent que la #Corruption ronge les régimes démocratiques.

    #International #Antonio_Costa #BES #opération_Marques #Portugal_Telecom #Sonae #troïka

  • #OPÉRATION_ANGOLA. Soixante étudiants africains exfiltrés du #Portugal de Salazar. Une action secrète de la #Cimade en 1961

    Voici le récit de l’#évasion clandestine en juin 1961 de soixante africains lusophones. Avec l’aide de la Cimade et du service œcuménique d’entraide français, ils purent quitter le Portugal. Ces étudiants devinrent les leaders de leur pays au lendemain des guerres de colonisation, une fois l’#indépendance obtenue. Ce livre, écrit par deux des principaux acteurs de l’opération, révèle les secrets et les péripéties de ce véritable coup d’audace.


    http://www.editions-harmattan.fr/index.asp?navig=catalogue&obj=livre&no=54715
    #histoire #dictature #livre #Angola #la_cimade