#ousmane_sylla

  • Inchiesta su #Ousmane_Sylla, morto d’accoglienza

    A distanza di un mese dal suicidio di Ousmane Sylla nel #Cpr di #Ponte_Galeria, il 4 febbraio 2024, sono emersi nuovi elementi sulla sua triste vicenda, non raccontati nelle prime settimane. La prima cosa che sappiamo ora per certo è che Ousmane voleva vivere. Lo dimostrano i video e le foto che ho avuto da persone che lo hanno conosciuto, che lo ritraggono mentre balla, gioca, canta, sorride e scherza con il suo compagno di stanza. La sua vita però è stata stravolta da una violenza ingiustificabile, che scaturisce dalle dinamiche perverse su cui si basa il nostro sistema di accoglienza (ma non solo) e che impongono di farsi delle domande.

    Già nei primi giorni dopo la morte si venne a sapere che Ousmane aveva denunciato maltrattamenti nella casa famiglia di cui era stato ospite, prima di essere trasferito al Cpr di Trapani. Gli avvocati che si stanno occupando del caso e alcune attiviste della rete LasciateCIEntrare hanno rintracciato la relazione psico-sociale redatta dalla psicologa A.C. del Cpr di Trapani Milo il 14 novembre 2023. Era passato un mese dal suo ingresso nella struttura, a seguito del decreto di espulsione emesso dalla prefettura di Frosinone in data 13 ottobre 2023.

    La relazione dice che Ousmane “racconta di essere arrivato in Italia sei anni fa; inizialmente ha vissuto in una comunità per minori a Ventimiglia in Liguria, poi una volta raggiunta la maggiore età è stato trasferito presso la casa famiglia di Sant’Angelo in Theodice (Cassino). Racconta che all’interno della struttura era solito cantare, ma questo hobby non era ben visto dal resto degli ospiti. Così, un giorno, la direttrice del centro decide di farlo picchiare da un ospite tunisino. In conseguenza delle percosse subite, Sylla si reca al consiglio comunale di Cassino, convinto di trovarsi in Questura, per denunciare la violenza di cui si dichiara vittima”.

    La casa famiglia di Sant’Angelo in Theodice è menzionata anche sulla scritta lasciata da Ousmane – sembrerebbe con un mozzicone di sigaretta – su una parete del Cpr di Roma, prima di impiccarsi a un lenzuolo, la notte tra il 3 e il 4 febbraio 2024.

    “LASCIATEMI PARLARE”
    Sulle cronache locali della Ciociaria, l’8 ottobre 2023 venne pubblicata la notizia di un giovane profugo africano presentatosi in consiglio comunale venerdì 6 ottobre (due giorni prima) per denunciare di aver subito violenze fisiche e maltrattamenti nella casa famiglia di cui era ospite, in questa frazione di Cassino di circa cinquecento abitanti. “Lasciatemi parlare o mi ammazzo”, avrebbe gridato, secondo Ciociaria oggi, che riferiva inoltre che “il giovane adesso ha paura di tornare nella casa famiglia”. La struttura era stata inaugurata sei mesi prima, il 3 aprile 2023, dal sindaco di Cassino Enzo Salera, originario proprio di Sant’Angelo, e dall’assessore con delega alle politiche sociali Luigi Maccaro, alla presenza del funzionario dei servizi sociali, Aldo Pasqualino Matera. Si trovano diversi articoli datati 4 aprile 2023, corredati di foto della cerimonia e della targa con il nome della casa famiglia. La struttura si chiamava Revenge, che significa rivincita ma anche vendetta.

    La casa famiglia è stata chiusa tra dicembre e gennaio per “irregolarità”; le indagini sono ancora in corso. Era gestita dalla società Erregi Progress s.r.l.s. con sede in Spigno Saturnia, in provincia di Latina; la titolare della società e responsabile della casa famiglia è Rossella Compagna (non Campagna, come riportato in alcune cronache), affiancata nella gestione dall’avvocato Michelangiolo Soli, con studio legale a Minturno. Oggi sappiamo che mancavano le autorizzazioni della Asl locale all’apertura, e altri adempimenti; e che la maggior parte degli operatori che si sono succeduti nel corso dei circa nove mesi di apertura non ha mai percepito lo stipendio, né la malattia: almeno quelli che non erano vicini alla responsabile. Alcuni di essi hanno fatto causa alla società e sono in attesa di risarcimento. Altri non avevano neanche le qualifiche per operare in una struttura per minori stranieri non accompagnati.

    Sono stata a Sant’Angelo in Theodice e ho incontrato diverse persone che hanno conosciuto Ousmane, che lo hanno seguito e aiutato durante il mese e mezzo circa della sua permanenza in paese. Grazie a loro ho potuto capire chi era Ousmane e ciò che ha vissuto in quel periodo. Ousmane è arrivato a Sant’Angelo tra la fine di agosto e l’inizio di settembre, insieme a un ragazzo marocchino, oggi maggiorenne. Provenivano da Ventimiglia, dove avevano trascorso insieme circa un mese in un campo della Croce Rossa Italiana, prima di essere trasferiti nella casa famiglia di Cassino. Ousmane non era però “da sei anni in Italia”, come trascritto dalla psicologa del Cpr di Trapani nella sua relazione. Sembrerebbe che fosse arrivato l’estate prima, nel 2023, a Lampedusa, come si intuisce anche dalla sua pagina Fb (“Fouki Fouki”). Il 3 agosto ha pubblicato un video in cui canta sulla banchina di un porto, quasi certamente siciliano. Forse era arrivato nella fase di sovraffollamento, caos e ritardi nei trasferimenti che spesso si verificano sull’isola in questa stagione. Avrebbe poi raggiunto Roma e successivamente Ventimiglia.

    Il suo “progetto migratorio” era quello di arrivare in Francia, dove ha un fratello, cantante rap e animatore d’infanzia, Djibril Sylla, che ho incontrato di recente: è venuto a Roma per riconoscere il corpo di Ousmane e consentirne il ritorno in Africa. Ousmane parlava bene il francese e lo sapeva anche scrivere, come dimostra la scritta che ha lasciato sul muro prima di uccidersi. Con ogni probabilità è stato respinto al confine francese, verso l’Italia. Ousmane non era minorenne; si era dichiarato minorenne probabilmente perché né allo sbarco né al confine con la Francia ha potuto beneficiare di un orientamento legale adeguato che lo informasse dei suoi diritti e delle possibilità che aveva. Il regolamento “Dublino”, in vigore da decenni, prevede che i migranti restino o vengano rinviati nel primo paese in cui risultano le loro impronte (ci sono delle apposite banche dati europee), impedendo loro di raggiungere i luoghi dove hanno legami e comunità di riferimento o semplicemente dove desiderano proseguire la loro vita.

    Una volta respinto, però, anziché fare domanda di protezione internazionale in Italia, Ousmane si è dichiarato minore, pur essendo ventunenne. Non sarà facile ricostruire chi possa averlo consigliato, guidato o influenzato in queste scelte e nei suoi rapporti con le autorità, dal suo arrivo in Italia in poi. Sappiamo, tuttavia, che dichiarandosi “minore” ha determinato l’inizio, incolpevole e inconsapevole, della fine della sua breve vita, non più in mano a lui da quel momento in poi.

    Dichiarandosi maggiorenne, Ousmane avrebbe potuto presentare una domanda di protezione. Nel paese da cui proveniva, la Guinea Conakry, vige una dittatura militare dal 2021. I migranti possono chiedere protezione internazionale se manifestano il timore, ritenuto fondato da chi esamina il loro caso, di poter subire “trattamenti inumani e degradanti”, ovvero un danno grave, nel proprio paese di provenienza, laddove lo Stato di cui sono cittadini non fornisca loro adeguate protezioni. A Ousmane è accaduto l’inverso: i trattamenti inumani e degradanti li ha subiti in Italia.

    Sin dal suo arrivo nella casa famiglia di Cassino, Ousmane ha patito uno stillicidio di vessazioni, minacce e deprivazioni, come ci riferiscono tutte le persone che lo hanno assistito e accompagnato in quel mese e mezzo, che testimoniano delle modalità inqualificabili con cui veniva gestita quella struttura, della brutalità con cui venivano trattati gli ospiti, del clima di squallore e terrore che vigeva internamente. Abbiamo ascoltato i messaggi vocali aggressivi che la responsabile inoltrava ai suoi operatori, sia ai danni degli operatori che degli ospiti, scarsamente nutriti e abbandonati a sé stessi, come appare anche dalle foto. Ousmane, a causa del suo atteggiamento ribelle e “resistente”, sarebbe stato punito ripetutamente con botte, privazione di cibo, scarpe, coperte e indumenti, e di servizi cui aveva diritto, non solo in quanto “minore”, ma in quanto migrante in accoglienza: per esempio, l’accesso ai dispositivi di comunicazione (telefono e scheda per poter contattare i familiari), la scuola di italiano, il pocket money.

    Tutte le persone con cui ho parlato sono concordi nel descrivere Ousmane come un ragazzo rispettoso, intelligente, altruista e sensibile; sano, dinamico, grintoso, si ispirava alla cultura rasta e cantava canzoni di rivolta e di libertà in slang giamaicano e in sousou, la sua lingua madre. La sua unica “colpa” è stata opporsi a quello che vedeva lì, riprendendo con foto e video le ingiustizie che subiva e vedeva intorno a sé. A causa di questo suo comportamento è stato discriminato dalla responsabile e da alcuni personaggi, come un ragazzo tunisino di forse vent’anni. Dopo un mese di detenzione lo stesso Ousmane raccontò alla psicologa del Cpr di Trapani che la responsabile della casa famiglia l’avrebbe fatto picchiare da un “ospite tunisino”.

    Il 6 ottobre 2023, forse indirizzato da qualche abitante del luogo, Ousmane raggiunse il consiglio comunale di Cassino, nella speranza che le autorità italiane potessero proteggerlo. Una consigliera comunale con cui ho parlato mi ha descritto lo stato di agitazione e sofferenza in cui appariva il ragazzo: con ai piedi delle ciabatte malridotte, si alzava la maglietta per mostrare i segni di percosse sul torace. Ousmane non fu ascoltato dal sindaco Salera, tutore legale dei minori non accompagnati della casa famiglia. Ousmane fu ascoltato solo dalla consigliera che comprendeva il francese, in presenza di poche persone, dopo che il sindaco e la giunta si erano allontanati. A quanto pare quel giorno si presentò in consiglio anche una delegazione di abitanti per chiedere la chiusura della struttura, ritenuta mal gestita e causa di tensioni in paese.

    Una settimana dopo, il 13 ottobre, Ousmane tornò al consiglio comunale, dichiarando di essere maggiorenne. Pare che prima avesse provato a rivolgersi alla caserma dei carabinieri – chiedeva dove fosse la “gendarmerie” – per mostrare i video che aveva nel telefono: la sua denuncia non fu raccolta, perché in quel momento mancava il maresciallo. Di nuovo, forse non sapremo mai da chi Ousmane sia stato consigliato, guidato e influenzato, nella sua scelta di rivelare la sua maggiore età. Perché non gli fu mai consentito di esporre denuncia e di ottenere un permesso di soggiorno provvisorio, per esempio per cure mediche, o per protezione speciale, visto che aveva subito danni psicofisici nella struttura di accoglienza, e che voleva contribuire a sventare dei crimini?

    Come in molte strutture per minori migranti, la responsabile era consapevole della possibilità che molti dei suoi ospiti fossero in realtà maggiorenni. “Una volta che scoprono che sono maggiorenni, devono tornare a casa loro, perché le strutture non li vogliono”, spiega in un messaggio audio ai suoi operatori. In un altro dei messaggi che ho sentito, questa consapevolezza assume toni intimidatori: “Quindi abbassassero le orecchie, perché io li faccio neri a tutti quanti”, diceva. “Io chiudo la casa, e poi riapro, con altra gente. Dopo un mese. Ma loro se ne devono andare affanculo. Tutti! Ne salvo due o tre forse. Chiudiamo, facciamo finta di chiudere. Loro se ne vanno in mezzo alla strada, via, e io faccio tutto daccapo, con gente che voglio io. Quindi abbassassero le orecchie perché mi hanno rotto i coglioni”. Nello stesso messaggio, la responsabile aggiunge: “Tu devi essere educato con me; e io forse ti ricarico il telefono; sennò prendi solo calci in culo, e io ti butto affanculo nel tuo paese di merda”.

    La minore età può essere usata come arma di ricatto. I migranti che si dichiarano minori, infatti, entrano nel circuito delle strutture per minori stranieri non accompagnati, e ottengono un permesso di soggiorno per minore età appena nominano un tutore (solitamente il sindaco). In caso di dubbio sulla minore età questi vengono sottoposti ad accertamenti psico-fisici, che consistono nella radiografia del polso e in una serie di visite specialistiche presso una struttura sanitaria.

    Per l’accoglienza di un minore straniero non accompagnato, il ministero dell’interno eroga ai comuni che ne fanno richiesta (tramite le prefetture) dai novanta ai centoventi euro al giorno, che finiscono in buona parte nelle tasche degli enti gestori (che per guadagnare possono risparmiare su cibo, servizi, personale, in quanto non sono previsti controlli davvero efficaci sulla gestione dei contributi statali). Ma anche i comuni hanno da guadagnare sull’accoglienza ai minori. A questo proposito, vale la pena richiamare le parole pronunciate dall’assessore ai servizi sociali Maccaro in occasione dell’apertura della casa famiglia e riportate in un articolo di Radio Cassino Stereo, presente in rete: “Una nuova realtà sociale al servizio del territorio è una ricchezza per tutto il sistema dei servizi sociali che vive della collaborazione tra pubblico e privato sociale. Siamo certi che questa nuova realtà potrà integrarsi in una rete sociale che in questi anni sta mostrando grande attenzione al tema dei minori”.

    Le autorità possono in qualsiasi momento sottoporre i giovani stranieri non accompagnati ad accertamento dell’età. È così che questi ragazzi divengono vulnerabili e costretti a sottostare a qualsiasi condizione venga loro imposta, poiché rischiano di perdere l’accoglienza e finire nei Cpr. Molti migranti ventenni con un viso da adolescente, come Ousmane, vengono incoraggiati a dichiararsi minori: più ce ne sono, più saranno necessarie strutture e servizi ben sovvenzionati (molto più dei servizi per maggiorenni).

    NEL LIMBO DEI CPR
    Dopo la seconda apparizione in consiglio comunale, il 13 ottobre, anziché essere supportato, tutelato e orientato ai suoi diritti, Ousmane è stato immediatamente colpito da decreto di espulsione, e subito trasferito (il 14 ottobre) nel Cpr di Trapani Milo, dove trascorrerà tre mesi. Inutile il tentativo dell’avvocato del Cpr Giuseppe Caradonna di chiederne dopo un mese il trasferimento, con una missiva indirizzata alla questura di Trapani, in cui scriveva “continua purtroppo a mantenere una condotta del tutto incompatibile con le condizioni del Centro [Cpr] (probabilmente per via di disturbi psichici derivanti da esperienze traumatiche) al punto da mettere a serio rischio la propria e l’altrui incolumità. A supporto della presente, allego una relazione psico-sociale, redatta in data odierna dalla dottoressa A.C., psicologa che opera all’interno della struttura, la quale ha evidenziato dettagliatamente la condizione in cui versa Ousmane Sylla. Pertanto, mi permetto di sollecitare un Suo intervento per far sì che quest’ultimo venga trasferito al più presto in una struttura più idonea e compatibile con il suo stato di salute mentale”.

    La psicologa aveva scritto: “Ritengo che l’utente possa trarre beneficio dal trasferimento presso un’altra struttura più idonea a rispondere ai suoi bisogni, in cui siano previsti maggiori spazi per interventi supportivi e una maggiore supervisione delle problematiche esposte”. Richiesta alla quale la questura di Trapani risponderà negativamente, con la motivazione che “lo straniero aveva fatto ingresso nella struttura munito di adeguata certificazione sanitaria che attesta l’idoneità alla vita in comunità ristretta e che costituisce condicio sine qua non per l’accesso all’interno dei Cpr”.

    Chi aveva redatto quella “adeguata certificazione sanitaria” di cui Ousmane era munito all’ingresso nel Cpr di Trapani, se ancora portava addosso i segni delle violenze subite, come testimoniato dalla consigliera cassinese che lo aveva ascoltato nella settimana precedente, rilevandone anche lo stato di estremo disagio psicologico?

    Ousmane affermava, ripetutamente, di voler tornare in Africa. Lo diceva anche alle operatrici della casa famiglia con cui abbiamo parlato: “Gli mancava la mamma”, hanno riferito, con la quale non poteva neanche comunicare, perché privato del telefono. Un’operatrice ricorda che una volta la disegnò, perché Ousmane amava anche disegnare, oltre che cantare e giocare a pallone. Studiava l’italiano con lei ed “era molto bravo”, dice, apprendeva rapidamente.

    Voleva tornare in Africa, non perché volesse rinunciare al sogno di una vita migliore in Europa, in Francia o in Italia, anche per poter aiutare la famiglia che vive in povertà in un sobborgo di Conakry (madre, sorelle e fratelli più piccoli), ma perché non aveva trovato qui alcuna forma di accoglienza degna di chiamarsi tale, se non nelle persone che lo hanno assistito, ascoltato e che testimoniano oggi in suo favore; persone che hanno fatto il possibile per lui, tuttavia non sono “bastate” a salvargli la vita; non per loro responsabilità, ma perché ignorate o sovrastate dalle istituzioni e dalle autorità che avrebbero potuto e dovuto tutelare Ousmane.

    Dopo tre mesi trascorsi nel Cpr di Trapani, Ousmane verrà trasferito a fine gennaio nel Cpr di Roma, per continuare a restare in un assurdo limbo, in condizioni “inumane e degradanti” nelle quali è ben noto versino i Cpr. L’Italia non ha accordi bilaterali con la Guinea Conakry, come con tanti altri paesi di provenienza dei migranti detenuti nei Cpr.

    Il 19 settembre 2023, il sito istituzionale integrazionemigranti.gov.it, informava che il giorno prima il Consiglio dei ministri aveva varato nuove norme contro l’immigrazione irregolare: “Si estende – come consentito dalla normativa euro-unitaria – a diciotto mesi (sei mesi iniziali, seguiti da proroghe trimestrali) il limite massimo di permanenza nei centri per il rimpatrio degli stranieri non richiedenti asilo, per i quali sussistano esigenze specifiche (se lo straniero non collabora al suo allontanamento o per i ritardi nell’ottenimento della necessaria documentazione da parte dei paesi terzi). Il limite attuale è di tre mesi, con una possibile proroga di quarantacinque giorni. […] Inoltre, si prevede l’approvazione, con decreto del presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del ministro della difesa, di un piano per la costruzione, da parte del Genio militare, di ulteriori Cpr, da realizzare in zone scarsamente popolate e facilmente sorvegliabili”. È il cosiddetto Decreto Cutro.

    Secondo la relazione del Garante nazionale per le persone private della libertà personale, sono transitate nei Cpr 6.383 persone, di cui 3.154 sono state rimpatriate. Quelle provenienti da Tunisia (2.308), Egitto (329), Marocco (189) e Albania (58), rappresentano il 49,4%. In base allo scopo dichiarato per cui esistono i Cpr, la maggioranza è stata trattenuta inutilmente.

    Come riporta il Dossier statistico sull’immigrazione 2023, “il governo si ripromette di aprire altri dodici centri, uno per ogni regione, in luoghi lontani dai centri abitati […]. Nei dieci centri attivi in Italia possono essere ospitate 1.378 persone. Tuttavia, complici la fatiscenza delle strutture e le continue sommosse, la cifra reale si dimezza. […] Dal 2019 al 2022, otto persone sono morte nei Cpr, in circostanze diverse. Infiniti sono i casi di autolesionismo e di violenza. Numerose sono le inchieste che confermano come in questi luoghi si pratichi abuso di psicofarmaci a scopo sedativo”.

    Il caso più noto è quello del ventiseienne tunisino Wissem Ben Abdel Latif, deceduto nel novembre 2021, ancora in circostante sospette, dopo essere rimasto legato a un letto per cento ore consecutive nel reparto psichiatrico del San Camillo di Roma. La detenzione amministrativa di Ousmane si sarebbe potuta protrarre molto a lungo, inutilmente. Sono pochissimi i migranti che a oggi beneficiano dei programmi di “rimpatrio assistito”, che prevedono anch’essi accordi e progetti con i paesi di origine per la loro effettiva attuazione. Con la Guinea Conakry non ci risultano accordi neanche sui rimpatri assistiti.
    Ousmane, trovato impiccato a un lenzuolo la mattina del 4 febbraio, non vedeva forse vie di uscita e ha scelto di morire per “liberarsi”, chiedendo, nel messaggio lasciato sul muro prima di togliersi la vita, che il suo corpo venisse riportato in Africa “affinché riposi in pace” e sua madre non pianga per lui. Alcuni migranti che hanno condiviso con lui la detenzione nel Cpr di Trapani, dicono fosse stato “imbottito di psicofarmaci”. A oggi, sono ancora tanti i lati oscuri di questa vicenda, ma sono in molti a invocare verità e giustizia per Ousmane Sylla, come per tutte le persone schiacciate dall’insostenibile peso del “sistema”, al quale alcune di esse – come Ousmane – hanno provato a ribellarsi, con coraggio e dignità.

    https://www.monitor-italia.it/inchiesta-su-ousmane-sylla-morto-daccoglienza
    #migrations #asile #réfugiés #Italie #décès #mourir_aux_frontières #morts_aux_frontières #Trapani #détention_administrative #rétention

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    Vu que Ousmane a été arrêté à Vintimille pour l’amener dans un centre de détention administrative dans le Sud de l’Italie et que, selon les informations que j’ai récolté à la frontière Vintimille-Menton, il avait l’intention de se rendre en France, j’ai décidé de l’inclure dans les cas des personnes décédées à la #frontière_sud-alpine.
    Ajouté donc à cette métaliste des morts à la frontière #Italie-#France (frontière basse, donc #Vintimille / #Alpes_Maritimes) :
    https://seenthis.net/messages/784767

  • L’affare CPR, un sistema che fa gola a detrimento dei diritti

    Sono 56 i milioni di euro previsti complessivamente, nel periodo 2021-2023, dagli appalti per affidare la gestione dei #Centri_di_Permanenza_per_il_Rimpatrio (CPR) ai soggetti privati. Costi da cui sono esclusi quelli relativi alla manutenzione delle strutture e del personale di polizia. Cifre che fanno della detenzione amministrativa una filiera molto remunerativa che, non a caso, ha attratto negli ultimi anni gli interessi economici di grandi multinazionali e cooperative. La privatizzazione della gestione è, infatti, uno degli aspetti più controversi di questa forma di detenzione senza reato e ne segna un ulteriore carattere di eccezionalità: il consentire che su quella privazione della libertà personale qualcuno possa trarne profitto.

    Ad illustrare questa situazione è la Coalizione Italiana per le Libertà e i Diritti civili (CILD), che questa mattina a Roma ha presentato un nuovo rapporto sul tema, intitolato “L’affare CPR. Il profitto sulla pelle delle persone migranti”, all’interno del quale grande attenzione è stata dedicata alle multinazionali #Gepsa e #ORS, alla società #Engel s.r.l. e alle Cooperative #Edeco-Ekene e #Badia_Grande che hanno contribuito, negli anni recenti, a fare la storia della detenzione amministrativa in Italia.

    Una storia tutt’altro che nobile fatta di sistematiche violazioni dei diritti delle persone detenute, con la possibilità per gli enti gestori di massimizzare -in maniera illegittima- i propri profitti anche a causa della totale assenza di controlli da parte delle pubbliche autorità. Nel Rapporto, infatti, si dà ampio spazio alla denuncia delle condizioni di detenzione che rischiano di configurarsi come inumane e degradanti e alla strutturale negazione dei diritti fondamentali dei detenuti. Il diritto alla salute, alla difesa, alla libertà di corrispondenza non sono, infatti, tutelati all’interno dei CPR: luoghi brutali che consentono ai privati di speculare sulla pelle dei reclusi, grazie anche alla totale assenza di vigilanza da parte del pubblico.

    “Da sempre questi centri – ha dichiarato Arturo Salerni, presidente di CILD – hanno rappresentato un buco nero per l’esercizio dei diritti da parte delle persone trattenute. Essi rappresentano un buco nero anche sotto il profilo delle modalità e dell’entità della spesa, a carico dell’erario, a fronte delle gravi carenze nella gestione e delle condizioni in cui si trovano a vivere i soggetti che incappano nelle maglie della detenzione amministrativa, ovvero della privazione della libertà in assenza di qualunque ipotesi di reato. Il proposito del governo di aumentarne il numero è il frutto di scelte dettate da un approccio tutto ideologico che non trova fondamento nell’analisi del fenomeno. L’esperienza degli ultimi 25 anni, a prescindere dalla gestione pubblica o privata dei centri, ci dice che bisogna guardare a forme alternative e non coercitive per affrontare la questione delle presenze irregolari sul territorio nazionale, che bisogna accompagnare le persone in percorsi di regolarizzazione e di emersione, cancellando l’obbrobrio della detenzione senza reato”.

    https://cild.eu/blog/2023/06/08/laffare-cpr-un-sistema-che-fa-gola-a-detrimento-dei-diritti

    Une #carte localisant les lieux de rétention administrative en Italie :


    #cartographie

    Pour télécharger le rapport :
    https://wp-buchineri.cild.eu/wp-content/uploads/2023/06/ReportCPR_2023.pdf

    #rapport #CPR #CILD #détention_administrative #rétention #business #privatisation #Italie #multinationales #coopératives #profits #droits_humains #CIE

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    ajouté au fil de discussion sur la présence d’ORS en Italie :
    https://seenthis.net/messages/884112

    lui-même ajouté à la métaliste autour de #ORS, une #multinationale #suisse spécialisée dans l’ « #accueil » de demandeurs d’asile et #réfugiés :
    https://seenthis.net/messages/802341

    • “L’affar€ CPR”: un rapporto di CILD mette alla sbarra gli enti gestori

      Il profitto sulla pelle delle persone migranti

      Nel giugno scorso la Coalizione Italiana Libertà e Diritti civili (CILD) ha pubblicato un accurato rapporto dal titolo “L’affar€ CPR: il profitto sulla pelle delle persone migranti” 1, che analizza la gestione dei Centri di Permanenza per i Rimpatri (CPR) italiani da parte delle principali cooperative e imprese private che ne detengono o ne hanno detenuto l’appalto, vincendo i diversi bandi di gara istituiti dalle prefetture.

      Introdotta formalmente nel 1998 2 la detenzione amministrativa in Italia prevedeva inizialmente la facoltà per i questori, qualora non fosse possibile eseguire immediatamente l’espulsione delle persone extracomunitarie, di disporne il trattenimento per un massimo di 20 giorni (prorogabile di ulteriori 10) all’interno dei CPTA, Centri di Permanenza Temporanea e di Assistenza.

      Nel 2008 3, i CPTA diventano Centri di Identificazione ed Espulsione (CIE), e, nel 2009 4, i termini massimi di trattenimento vengono estesi a 180 giorni, per poi venire portati a 18 mesi nel 2011 5. Nel 2017 6, la c.d legge Minniti-Orlando ha ulteriormente modificato la denominazione di tali centri, rinominandoli Centri di Permanenza per i Rimpatri (CPR). Infine, il decreto Lamorgese del 2020 ha emendato alcune disposizioni, riducendo i termini massimi di trattenimento a 90 giorni per cittadini stranieri il cui paese d’origine ha sottoscritto accordi in materia di rimpatri con l’Italia 7.

      Inizialmente, i CPTA erano gestiti dall’ente pubblico Croce Rossa Italiana, e già all’ora diverse organizzazioni della società civile avevano denunciato le pessime condizioni di trattenimento, l’inadeguatezza delle infrastrutture e il sovraffollamento. In seguito al “pacchetto sicurezza” varato dal Ministro Maroni nel 2008, la situazione si aggrava, con la progressiva tendenza dello Stato a cercare di contenere i costi il più possibile. Così, diverse cooperative iniziano a partecipare ai bandi di gara, proponendo offerte a ribasso ed estromettendo la Croce Rossa. Infine, dal 2014, non solo le cooperative ma anche grandi multinazionali che già gestiscono centri di trattenimento in tutta Europa, iniziano a presentarsi e vincere i diversi bandi per l’assegnazione della gestione dei CPR.

      Multinazionali che si aggiudicano gare d’appalto proponendo ribassi aggressivi, a totale discapito dei diritti umani delle persone trattenuti. L’esempio più lampante è l’assistenza sanitaria, in quanto nei CPR, non è il SSN ad esserne competente, bensì l’ente gestore. Infine, nel triennio 2021-2023, le prefetture competenti hanno bandito gare d’appalto per la gestione dei 10 CPR presenti in Italia, complessivamente, per 56 milioni di euro, da sommare al costo del personale di polizia e la manutenzione delle strutture.

      Tra le principali imprese messe alla sbarra dal Report di CILD ci sono:

      Gruppo ORS (Organisation for Refugees Services). Multinazionale con sede a Zurigo, gestisce oltre 100 strutture di accoglienza e detenzione tra Svizzera, Austria, Germania e Italia. Sebbene risulti iscritta nel registro delle imprese dal 2018, ha iniziato la sua attività economica in Italia solo nel 2020. Nel 2019, si aggiudica l’appalto per la gestione del CPR di Macomer, in Sardegna (sebbene risultasse ancora “inattiva”). Nel 2020, gestisce il Cas di Monastir (Sardegna), due centri d’accoglienza a Bologna nel 2021, alcuni Cas a Milano, il CPR di Roma (Ponte Galeria) e quello di Torino.

      Nel centro di Macomer, personale medico ha denunciato l’assenza di interventi da parte delle autorità competenti in seguito a diversi episodi che hanno visto i trattenuti mettere a rischio la propria sicurezza. Inoltre, a più riprese è stata riportata l’impossibilità di effettuare ispezioni all’interno del centro da parte del Garante dei diritti delle persone private della libertà personale. Infine, un’avvocata che seguiva diversi clienti trattenuti, ha denunciato la sporcizia e l’inadeguatezza delle visite mediche di idoneità, che ha portato, tra l’altro, al trattenimento di soggetti affetti da gravi forme di diabete e soggetti sottoposti a terapia scalare con metadone, condizioni incompatibili con la detenzione amministrativa.

      Nel CPR di Roma è stata più volte denunciata l’insufficienza di personale, l’inadeguatezza dei locali di trattenimento (per esempio, l’assenza di luce naturale) e l’assenza della possibilità, per le persone recluse, di svolgere qualsiasi attività ricreativa. Anche a Torino, la delegazione CILD in visita ha riportato l’illegittimo trattenimento di persone soggette a terapia scalare con metadone, alto tasso di autolesionismo e abuso di psicofarmaci e tranquillanti somministrati.

      Cooperativa EKENE. Cooperativa sociale padovana che nel corso degli ultimi 10 anni ha spesso cambiato nome (nata come Ecofficina, poi Edeco 8 e infine Ekene), in quanto spesso al centro di inchieste giornalistiche, interrogazioni parlamentari e procedimenti giudiziari legati ad una cattiva gestione di alcuni centri d’accoglienza, come lo SPRAR di Due Carrare (Padova), dove la Procura di Padova aveva aperto un’indagine per truffa e falso in atto pubblico, tramutatasi in una maxi indagine estesasi ad alcuni vertici della Prefettura di Padova, per gare truccate e rivelazioni di segreto d’ufficio.

      Nel 2016, diversi giornalisti e ricercatori avevano ripetutamente denunciato il sovraffollamento e la malnutrizione di diversi centri in gestione alla cooperativa, come l’ex Caserma Prandina, il centro di Bagnoli e Cona (VE), dove, nel 2017, la donna venticinquenne Sandrine Bakayoko è morta per una trombosi polmonare, quando all’interno del centro erano ospitate più di 1.300 persone, in una situazione di sovraffollamento e forte carenza di personale. Nel 2016, è stata espulsa da Confcooperative Veneto, con l’accusa di gestire l’accoglienza seguendo un modello che guardava al business a discapito della qualità dei servizi.

      Tuttavia, nel 2019 si aggiudica l’appalto del CPR di Gradisca d’Isonzo, a Gorizia in FVG, un appalto da circa 5 milioni di euro per un anno, attualmente in proroga tecnica. Dalla riapertura nel 2019, il CPR di Gradisca è quello dove si sono verificati più decessi. Dal 2019, quattro persone sono decedute, due per complicazioni in seguito all’abuso di farmaci, e due suicidi. Ciò mette in risalto la malagestione delle visite di idoneità all’ingresso, nonché l’inadeguatezza delle condizioni di trattenimento. Inoltre, diversi avvocati hanno denunciato la difficoltà nello svolgere colloqui coi trattenuti, e come le persone trattenute non venissero nemmeno informate del diritto a fare domanda d’asilo una volta entrate in Italia.
      Nel dicembre 2021 Ekene si aggiudica anche la gestione del CPR di Macomer.

      ENGEL ITALIA S.R.L. Società costituita nel 2012 con sede legale a Salerno. Nata come ente gestore nel settore alberghiero, presto inizia ad occuparsi di strutture d’accoglienza per persone richiedenti asilo nella zona di Capaccio-Paestum. Sebbene sia una società fallibile dal 2020, è riuscita ad ottenere la gestione del CPR di Palazzo San Gervasio (Basilicata) e Via Corelli (Milano), grazie alla cessione di un ramo dell’azienda ad una società terza, Martinina s.r.l, con la stessa persona come amministratrice unica.

      Già nel 2014, Engel era stata al centro della cronaca per la discutibile gestione del centro di accoglienza di Capaccio-Paestum, dove agli ospiti non venivano erogati beni di prima necessità come cibo e vestiti. Era stata denunciata anche l’assenza di corsi d’italiano e l’irregolarità nell’erogazione del pocket money. Inoltre, molti ospiti avevano denunciato abusi e maltrattamenti all’interno del centro.

      Nel 2018 Engel si aggiudica l’appalto del CPR di Palazzo San Gervasio, con un ribasso sul prezzo d’asta del 28,60%, che ha gestito fino al marzo 2023. Fin da subito, il Garante nazionale per le persone private della libertà, in seguito ad una visita al centro, ne aveva denunciato le pessime condizioni: assenza di locali comuni, trattenuti costretti a consumare i pasti in piedi, e la presenza di solo tre docce comuni. Gli ambienti di pernotto, privi di un sistema di isolamento, risultavano caldissimi d’estate e molto freddi d’inverno.

      Sebbene il centro sia stato chiuso a metà del 2020 per lavori e riaperto a febbraio 2021, secondo CILD le condizioni continuerebbero ad essere critiche. Continua a mancare un locale mensa, e in stanze da 25mq sono ospitate fino ad 8 persone. Inoltre, anche per Palazzo San Gervasio è stata denunciata l’inadeguatezza delle visite di idoneità al trattenimento e la difficoltà per i trattenuti di avere accesso alla corrispondenza coi propri avvocati.

      Anche nel CPR di Milano, per il quale Engel ha ottenuto l’appalto nel 2021 e nel 2022, sono state denunciate le terribili condizioni dei locali, e l’incredibile numero di gabbie e reti di ferro, che danno l’impressione di isolamento estremo, non solo dall’esterno ma anche dal personale all’interno del centro. Anche il cibo e i letterecci erogati risultano di pessima qualità.

      GEPSA. Multinazionale francese che dal 2011 inizia ad investire in Italia nel campo dell’accoglienza, si aggiudica diversi appalti proponendo una strategia aggressiva, con un ribasso sulle basi d’asta dal 20% al 30%. Dal 2014 al 2017 gestisce il CIE di Ponte Galeria, dal 2014 al 2017 il CIE di Milano e dal 2015 al 2022 il CIE di Torino. Dal 2011 al 2014 avrebbe dovuto gestire anche il CIE e CARA di Gradisca d’Isonzo, ma l’aggiudicazione è stata annullata dal TAR del Friuli-Venezia Giulia per la mancanza di requisiti adeguati delle imprese facenti parti della rete.

      Del CPR di Torino, era stata denunciata l’eccessiva militarizzazione e la carenza di personale civile, nonché l’assenza di relazioni tra trattenuti ed operatori, che non entravano quasi mai nelle aree di detenzione. In particolare, Il Comitato Europeo per la Prevenzione della Tortura, in seguito ad una visita al centro, aveva denunciato come i trattenuti fossero costantemente sorvegliati da personale militare, che stavano letteralmente in mezzo tra trattenuti ed operatori, con funzioni di sorveglianza, ma senza interagire coi primi. Sempre nel CIE di Torino, sono stati riportati numerosi casi di malasanità, assenza di personale medico e la presenza di locali per l’isolamento dei trattenuti, che, secondo ASGI, poteva protrarsi fino a 5 mesi, in maniera del tutto arbitraria e illegittima.
      Durante gli anni della gestione Gepsa, nel CPR di Torino si sono verificate due morti e numerosi casi di autolesionismo e rivolta.

      BADIA GRANDE. Cooperativa sociale fondata nel febbraio 2007, con sede legale a Trapani, e presto si impone come colosso nel settore dell’accoglienza migranti nel Sud d’Italia, vincendo numerose gare d’appalto, soprattutto nel siciliano. Dal 2018 al 2022 gestisce il CPR di Bari-Palese e dal 2019 al 2020 quello di Trapani Milo. Nel 2021, diverse fonti giornalistiche denunciano la mala gestione del CPR di Bari, e diverse personalità dipendenti della cooperativa vengono rinviate a giudizio per casi di frode nell’esecuzione del contratto d’affidamento, in particolare nell’assistenza sanitaria e le misure di sicurezza sul lavoro.

      Anche per la gestione del CPR di Trapani la cooperativa viene indagata per frode nelle pubbliche forniture e truffa. Inoltre, in una visita nel 2019, il Garante nazionale riscontra l’assenza di vetri in molte finestre, assenza di porte e separatori che garantiscano la privacy nell’accesso ai servizi igienici, e l’assenza di locali per il consumo dei pasti, che i trattenuti sono obbligati a consumare sui letti o in piedi.

      Il rapporto si conclude con un’accurata riflessione sull’istituto della detenzione amministrativa, e su come ciò si sia dimostrata terreno fertile per “una pericolosissima extraterritorialità giuridica”, in cui non trovano applicazione neanche quei principi costituzionali che dovrebbero considerarsi inderogabili”. Infine, CILD sostiene che, sebbene la detenzione amministrativa abbia progressivamente creato un sistema che consente ad enti privati di “fare profitto sulla pelle delle persone detenute”, la soluzione non sarebbe la gestione dei CPR da parte del settore pubblico, bensì il superamento del sistema della detenzione amministrativa, da collocare in un quadro più ampio di gestione del fenomeno migratorio attraverso politiche più aperte verso la regolarizzazione degli ingressi, per motivi di lavoro, familiari o di protezione internazionale.

      https://www.meltingpot.org/2023/08/laffare-cpr-un-rapporto-di-cild-mette-alla-sbarra-gli-enti-gestori

    • Le prefetture non controllano i Cpr. Inchiesta su appalti e gestione

      Dall’esame delle offerte di gara presentate da diversi enti gestori dei centri per il rimpatrio emergono carte false o promesse inverosimili. Da Nord a Sud, il monitoraggio pubblico latita. Mentre si vuole esportare il modello in Albania.

      Protocolli falsi o palesemente inverosimili negli appalti milionari indetti dalle prefetture per la gestione dei Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr). Dai corsi di chitarra e computer al bricolage fino ai gruppi di lettura: sono alcune delle promesse irrealizzabili che gli enti gestori di alcuni Cpr italiani hanno indicato nero su bianco per aggiudicarsi le gare pubbliche. Con il benestare (e il mancato controllo) prefettizio.

      “Un quadro estremamente preoccupante considerando che questi appalti intaccano diritti fondamentali delle persone”, spiega la professoressa Nicoletta Parisi, ex membro dell’Autorità nazionale anticorruzione (Anac) che ha analizzato i documenti inediti ottenuti tramite accesso civico da Altreconomia. Per il Governo Meloni, invece, un modello da replicare anche in Albania. A #Gjader, stando agli annunci del governo, entro il 20 maggio sarà operativo un Cpr da 144 posti.

      Emblematico è il caso di Ekene, ente che gestisce i Cpr di #Macomer (NU) e #Gradisca_d’Isonzo (GO). Nell’offerta tecnica – quel documento in cui si illustra come verrà gestito il centro- presentata il 18 novembre 2019 per la struttura friulana, la cooperativa promette di realizzare spettacoli, attività di bricolage e pittura per gli “ospiti”. Offre la “presenza di console per videogiochi” e di “interazione con la comunità dei gamer” con la possibilità di incontri alla “fiera dell’elettronica di Pordenone”. E poi gruppi di lettura e cineforum organizzati con l’assessorato alla Cultura di Gradisca che avrebbe dovuto anche favorire l’esposizione delle “tele dipinte a mano dagli ospiti”.

      “Ekene ci aveva contattato per collaborare su un’altra struttura del territorio e noi non avevamo assentito -spiega la sindaca, Linda Tomasinsig-. Non ci hanno mai scritto per il Cpr né poi contattato per realizzare queste attività”. Ma proprio sull’efficienza “degli accordi con soggetti istituzionali volti alla realizzazione di iniziative ricreative, sociali e religiose”, si legge nei documenti di gara, la cooperativa ha ottenuto il punteggio più alto tra i concorrenti.

      Ekene, che non ha risposto alle nostre richieste di chiarimento, gestisce il centro di Gradisca dal 18 novembre 2019 e oggi è alla terza “proroga tecnica”: la nuova gara d’appalto è ancora aperta dal 22 febbraio 2022. Intanto, dal gennaio 2020 a oggi, nella struttura sono morte quattro persone. La prefettura scrive ad Altreconomia di aver svolto una sola ispezione a inizio febbraio 2023. Il risultato? “Gli esiti non sono tutt’oggi ancora consolidati in un documento finale”. Anche in Sardegna i controlli sono pochi.

      La prima ispezione della prefettura di Nuoro nel Cpr di #Macomer è del 23 febbraio 2023, a tre anni dalla sua apertura. A quell’accesso ne è seguito solo un altro, il 17 gennaio 2024: nel verbale si dà conto dello svolgimento nel centro di attività ricreativa e dell’utilizzo di “colori a tempera, ‘das’ e palloni”. “Da quanto ho visto non succede niente di tutto questo”, spiega la deputata di Alleanza Verdi-Sinistra Francesca Ghirra, che a fine marzo di quest’anno ha visitato la struttura con l’associazione Naga e la rete Mai più lager-No ai Cpr. La prefettura elenca tra le attività svolte anche “esami universitari con Uni Sassari”. L’ateneo ha scritto ad Altreconomia di non avere avuto alcun contatto con la struttura.

      La cooperativa Ekene promette però nell’offerta tecnica corsi di formazione oltre che “attività ludico-ricreative e laboratoriali” e presenta protocolli siglati con quattro associazioni per realizzarle. La prima è la “#World_Promus” di Catania, con un codice fiscale che risulta inesistente. E poi altri tre enti con sede però nel padovano: #Tuendelee (molto vicina alla stessa Ekene), l’#International_online_university e l’associazione #Spes, con il compito di fare una presunta informativa sui rimpatri volontari. Quella che dovrebbe essere la rappresentante legale (Spes non compare in nessuno dei diversi elenchi di associazioni consultati online) dichiara di non aver mai svolto attività nella struttura.

      Nell’offerta tecnica di Macomer lo stretto legame con Padova e il Cpr di Gradisca è forte. Quasi tutto il personale individuato per essere operativo nella struttura sarda risulterebbe infatti residente in Veneto. E alcuni nomi tornano in entrambi documenti presentati da Ekene sia a #Nuoro sia a #Gorizia nel 2019: quelli del medico e del responsabile del magazzino. Che è #Roberto_La_Rosa, rinviato a giudizio per omicidio colposo insieme all’ex rappresentante legale di Ekene #Simone_Borile, a seguito della morte di #Vakhtang_Enukidze, avvenuta nel Cpr friulano il 18 gennaio 2020.

      Il ministro dell’Interno #Matteo_Piantedosi ha dichiarato il 19 febbraio 2024 che ci sono “sistemi di monitoraggio continui rispetto alle condizioni basilari di vita nei Cpr” e che “il richiedente asilo non è previsto che sia trattenuto all’interno delle strutture”. Secondo i dati forniti ad Altreconomia dallo stesso ministero dell’Interno, invece, sono 256 i richiedenti protezione internazionale reclusi tra gennaio 2023 e febbraio 2024.

      Anche i nomi delle aziende individuate per fornire i pasti ritornano in entrambe le offerte tecniche: contattate da Altreconomia, però, hanno spiegato che non coprono la Sardegna o non hanno forniture attive a Macomer. La #Vi&Vi Srl, addirittura, è fallita a inizio 2022. “Questa distanza geografica rilevabile dagli atti -spiega Maria Teresa Brocchetto, avvocata amministrativista e socia dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi)- così come l’impossibilità materiale della prestazione offerta sollevano gravi dubbi sull’effettiva capacità di controllo di ciò che avviene nel centro sardo, sulla qualità delle forniture e sulle connesse responsabilità”.

      Spostandosi a #Bari, invece, l’ente #La_Mano_di_Francesco_Ets, con sede a Favara (AG), scrive nell’offerta tecnica che “per le peculiarità che caratterizzano il Cpr” sono stati coinvolti “enti selezionati con cura per la loro serietà ed affidabilità”. Su 14 protocolli presentati alla prefettura, dieci riguardano associazioni che operano a quasi 700 chilometri da Bari, soprattutto nell’agrigentino, dove si trova la ha sede dell’ente gestore.

      Uno prevede lo sviluppo di “attività riparative a favore della collettività”, sottoscritto con l’Ufficio per l’esecuzione penale esterna del ministero della Giustizia. E poi c’è l’azienda #Cyan_Developer di Taranto per corsi di computer. “Non conosco l’ente gestore e non ho firmato protocolli”, dichiara il titolare #Angelo_Cimino. Altreconomia non ha potuto verificare la veridicità degli altri accordi perché la prefettura ha inviato solo i quattro “ritenuti pertinenti al servizio oggetto di gara”.

      “La stazione appaltante non può selezionare solo alcuni elementi dell’offerta tecnica perché è come se la modificasse -sottolinea Parisi, ex membro dell’Anac-. Se uno fosse effettivamente falso, non si può escludere che l’intera offerta diventi inammissibile”. Anche la pertinenza di quelli che abbiamo potuto consultare è problematica.

      Il primo è semplicemente la ricevuta dell’invio della pec con la quale #La_Mano_di_Francesco aveva richiesto la collaborazione dell’Asl (che ci ha confermato di non aver siglato alcun accordo), il secondo riguarda l’#Efal_Salento per “attività di formazione e aggiornamento professionale”. L’accordo è a firma dell’ex presidente #Gregorio_Dell’Anna, ma #Sandro_Renis, che ricopre la carica da fine febbraio 2023, dichiara ad Altreconomia di essere all’oscuro di tutto.

      Una terza associazione, #Anas_Puglia, avrebbe dovuto realizzare attività “di promozione di politiche dell’immigrazione”. Il referente #Luigi_Favia dichiara che non è mai entrato nel Cpr. Infine, “#Avetrana_Soccorso” doveva svolgere “attività di trasporto sanitario”. Ma la sede dell’associazione è in provincia di Taranto, a quasi due ore d’auto da Bari. Dell’unica ispezione della prefettura nel centro dall’insediamento del nuovo gestore, avvenuto il 6 novembre 2023, “gli esiti sono ancora in via di definizione”.

      Nel Cpr di Trapani, dove per la Corte europea dei diritti dell’uomo le condizioni di vita sono “degradanti”, la prefettura ha svolto una sola visita ispettiva il 29 agosto 2023

      A Trapani, invece, #Consorzio_Hera e #Vivere_Con, attuali enti gestori del Cpr, hanno allegato più di 50 protocolli all’offerta tecnica, esaminati da Altreconomia insieme all’Asgi e alla Clinica legale migrazioni e diritti dell’Università di Palermo. Sono previste attività sportive “per eliminare le barriere di genere e la segregazione dei migranti trattenuti” aumentando “autopercezione e immagine di sé” ma almeno due accordi presenterebbero date incompatibili con le sottoscrizioni: quello siglato nel 2021 con l’#Asd_Pallavolo ‘95 Mazara del Vallo porta la firma di un presidente che si era dimesso tre anni prima. Idem, da riscontri online, sull’Asd Mazara calcio.

      Altri protocolli, invece, siglati per attività in Cas e Sprar sono stati usati anche per il Cpr. “Un aspetto che la prefettura avrebbe dovuto verificare in sede di gara”, sottolinea Parisi. Un problema che ritorna anche con le attività ludiche. Viene previsto un corso di chitarra acustica per “24 incontri dalla durata di un’ora e mezza circa” ma l’unica associazione, tra quelle firmatarie dei protocolli, che li prevede espressamente è “#L’arrotino_e_l’ombrellaio”: nell’accordo non si cita il Cpr e il rappresentante conferma di non esserci mai entrato.

      Le ispezioni svolte in nove Cpr, secondo quanto riferito dalle prefetture, sono state 33. Il 30% a Palazzo San Gervasio (11 nel periodo 2019-2024), a seguire Milano (sei tra il 2020 e il 2023), Bari (sei tra il 2022 e il 2023), Roma (tre, 2022-agosto 2023). Due a Macomer (2020-2024) e Caltanissetta (2023). Solo una a Brindisi (2023-2024), Trapani e Gradisca d’Isonzo (non specificato il periodo). Di queste, sono stati inviati ad Altreconomia e Asgi 24 verbali

      Lo stesso vale per l’assistenza religiosa: suor #Alessandra_Martin è la direttrice dell’associazione #Casa_della_Comunità_Speranza, che compare in uno dei protocolli (senza data): “Sono la presidente da sei anni e non ho mai visto quel documento -spiega-. Il paradosso è che nel 2023 ho chiesto per due volte alla prefettura di entrare nel Cpr senza poterlo fare”.

      Ancor più eclatante l’accordo con la #Parrocchia_Maria_SS_Ausiliatrice di Trapani: il parroco, monsignor #Antonino_Adragna, sarebbe andato in pensione cinque mesi prima della firma avvenuta nel dicembre 2021. Gli enti gestori non hanno risposto alle nostre richieste relative a quali attività si svolgano nel centro. Nel Cpr in cui le condizioni di vita erano “degradanti” -parole dei giudici della Corte europea dei diritti dell’uomo dello scorso 7 febbraio- la prefettura ha svolto una sola visita ispettiva il 29 agosto 2023.

      Dal Cpr di Trapani è stato trasferito in quello di Roma #Ousmane_Sylla, 22enne guineano morto suicida il 5 febbraio 2024. Il centro è gestito da #Ors_Italia Srl che, per la mancata applicazione delle attività previste dai protocolli, è stata multata di 23mila euro dalla prefettura a seguito di un’ispezione del 16 novembre 2023.

      Un sistema che fa acqua da tutte le parti. Con la propaganda governativa che si scioglie di fronte ai numeri: a gennaio 2024 sono appena 462 le persone transitate nei Cpr (a gennaio 2023 erano stati 559). Quasi il 50% è di origine tunisina. Impressionante: benché nei centri l’anno scorso siano transitate persone di 45 cittadinanze e i tunisini rappresentino poco più del 10% degli sbarchi del 2023, una persona trattenuta su due proviene dalla Tunisia -spiega l’avvocato Maurizio Veglio-. Sempre di più lo Stato bersaglio delle politiche repressive e liberticide dell’Italia”.

      Non ci sono stati inviati i documenti relativi alle gare di #Brindisi e #Palazzo_San_Gervasio (PZ). I rispettivi enti gestori - #Consorzio_Hera (già analizzata su Trapani) e #Officine_Sociali (in gara anche a #Gorizia in cordata con #Martinina_Srl, sotto indagine per la gestione dei Cpr di #Potenza e #Milano, di cui a metà aprile è stata annunciata la temporanea chiusura)- ritengono che l’invio possa ledere il know how aziendale. “Stiamo predisponendo il ricorso al Tar per ottenerli -spiega l’avvocato Nicola Datena-. Visto il quadro preoccupante, la trasparenza è il minimo”. Le due cooperative sono ancora in gara, a metà aprile, per aggiudicarsi gli oltre 150 milioni di euro per la gestione dei centri in Albania. Vite in appalto, senza controllo, anche oltre il mar Adriatico.

      https://altreconomia.it/le-prefetture-non-controllano-i-cpr-inchiesta-su-appalti-e-gestione

      #sous-traitance #statistiques #2024

  • Morts à la frontière #Italie-#France (frontière basse, donc #Vintimille)

    #frontière_sud-alpine #montagne #mourir_aux_frontières #asile #migrations #réfugiés #décès #morts #frontières #frontières

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    Liste des morts à cette frontière entre 2016 et 2018, par Nous voulons des coquelicots :

    Depuis la fermeture de la frontière en juin 2015, de nombreux réfugiés ont péri en tentant de la franchir.

    9 septembre 2018 : le corps sans vie d’un migrant échoué à 3 mètres de profondeur a été repêché hier par la capitainerie du futur nouveau port de Vintimille.

    20 juin 2018 : Un migrant d’environ 35 ans a été trouvé, sans doute mort noyé, par des passants, sur le rivage à Vintimille.

    14/01/2018
    Un migrant qui pourrait être de nationalité Gambienne, a été retrouvé matin décédé par électrocution en gare de Menton (Alpes-Maritimes), sur le toit de la locomotive d’un train en provenance de Vintimille (Italie). Les pompiers sont intervenus vers 6h00 pour prendre en charge la victime, précise le service départemental d’incendie et de secours (SDIS), Il s’était allongé au niveau de la caténaire et a subi de ce fait un arceau électrique qui l’a brûlé par électrocution, précise la police. Trois détonations avaient été entendues par les passagers et le conducteur du train peu après le départ de Vintimille (Italie), des témoins apercevant aussi des flammes, mais l’arrêt n’a été possible qu’en gare de Menton.

    27/12/2017 : un jeune homme d’une vingtaine d’années, d’origine africaine, est retrouvé mort sur un talus de l’autoroute, après avoir chuté pendant son sommeil depuis la cabane abandonnée où il dormait en surplomb de l’A8 au niveau de Roquebrune-Cap-Martin.

    26/08/2017 : un homme de 25 ans est retrouvé électrocuté dans le compartiment technique du train venant de Vintimille.

    16/08/2017 : un homme Irakien de 36 ans, heurté par un train dans le tunnel de Peglia.

    12/07/2017 : un jeune Gambien de 23 ans, heurté par un camion sur la via Aurelia entre la frontière et Vintimille. Selon des témoins, il était seul et la police a indiqué qu’il avait été reconduit en Italie par la police française il y a quelques jours.

    13/06/2017 : un jeune soudanais âgé de 16 ans meurt noyé à Vintimille, dans la mer, à l’embouchure de la Roya.

    23/05/2017 : Un homme sénégalais est retrouvé électrocuté dans le compartiment technique du train venant de Vintimille.

    19/05/2017 : Un homme malien de 30 ans est électrocuté dans le compartiment technique du train venant de Vintimille.

    19/03/2016 : un homme africain, hébergé au camp géré par la Croix Rouge Italienne, tombe du Pas de la Mort. Son corps est retrouvé le 21 mars.

    17/02/2017 : un homme est électrocuté sur le toit du train venant de Vintimille. Il est retrouvé au centre de maintenance de Cannes La Bocca.

    05/02/2017 : Un jeune homme nord-africain, entre 20 et 25 ans, est percuté par un train dans le tunnel de Dogana.

    04/01/2017 : Mohammad Hani, Lybien de 26 ans, est percuté par un scooter à Vintimille.

    23/12/2016 : un jeune algérien d’environ 25 ans est percuté par un train à Latte.

    22/11/2016 : Alimonu Kingsley, Nigérian de 23 ans, se noie, emporté par la Roya.

    21/10/2016 : un jeune homme est percuté par une voiture sur l’autoroute A8.

    07/10/2016 : Milet, 17 ans et Erythréenne est percutée par un camion sur l’autoroute.

    06/09/2016 : un jeune homme d’origine africaine chute depuis le viaduc de Ste Agnès en tentant d’échapper aux forces de l’ordre.

    De nombreux autres migrants ont été blessés, parfois très gravement lors du passage de la frontière, et ont été accueillis dans des hôpitaux français et italiens.

    http://ademonice06.com/frontiere-de-dangers

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    Article du 19 septembre 2017 qui fait la liste des 14 migrants morts à la frontière franco-italienne :

    Dans une indifférence coupable, les morts s’accumulent à la frontière franco-italienne

    Embarqués sur l’interminable route de l’exil, les migrants ne sont pas au bout de leurs peines à l’approche du territoire français. Pour tenter – vainement – de les dissuader de passer, rien ne leur est facilité par les autorités. Contraints à marcher de longues heures aux bord de routes dangereuses, à pratiquer des sentiers escarpés, à manger, boire et dormir au bord des rivières, certains migrants n’en sortent pas vivants. Officiellement, 14 sont morts à la frontière franco-italienne depuis septembre 2016. Et la liste, qui pourrait être encore plus lourde, continue de s’allonger.

    https://basta.media/Dans-une-indifference-coupable-les-morts-s-accumulent-a-la-frontiere-franco

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    Una scia di sangue senza fine a Ventimiglia : almeno 26 stranieri morti in sei anni

    - 7 ottobre 2016: Milet Tesfamariam, 16 anni, eritrea, investita da un tir mentre camminava sull’autostrada, in una galleria poco dopo la barriera di Ventimiglia, direzione Francia
    – 21 ottobre 2016: Ali Ahmad, 18 anni, sudanese, investito da un furgone sul viadotto Saint-Agnès mentre camminava sull’A8.
    – 23 dicembre 2016: 25enne algerino investito e ucciso dal treno a Latte, Ventimiglia.
    – 4 gennaio 2017: Mohamed Hani, 26 anni, proveniente dalla Libia, muore travolto da uno scooter dopo essere saltato in strada da un recinzione del parco Roja, a Ventimiglia, dove era stato allestito un centro per l’accoglienza dei migranti.
    – 5 febbraio 2017: un giovane di circa 20 anni muore investito da un treno nel tunnel della dogana a Ventimiglia.
    – 17 febbraio 2017: un migrante muore folgorato sul tetto del treno partito da Ventimiglia e diretto a Cannes.
    – 21 marzo 2017: un migrante muore precipitando dal sentiero del Passo della Morte a Ventimiglia.
    – 19 maggio 2017: un 30enne del Mali muore folgorato nel compartimento tecnico di un treno francese, partito da Ventimiglia e diretto a Cannes. Pochi giorni dopo, il 23 maggio del 2017, un altro migrante farà la stessa fine.
    – 3 giugno 2017: un 25enne nigeriano muore annegato a Ventimiglia.
    – 13 giugno 2017: il 16enne sudanese Alfatehe Ahmed Bachire muore annegato davanti alla foce del Roja a Ventimiglia.
    – 12 luglio 2017: un 23enne del Gambia muore investito da un camion sull’Aurelia a Latte, Ventimiglia.
    – 16 agosto 2017: un 36enne iracheno muore investito da un treno a Peglia, Ventimiglia.
    – 26 agosto 2017: un giovane migrante muore folgorato sul treno partito da Ventimiglia e diretto in Francia.
    – 27 dicembre 2017: un migrante di circa 20 anni muore precipitando dal versante della montagna di Roquebrune.
    – 14 gennaio 2018: un 28enne del Gambia muore folgorato sul tetto del treno tra Ventimiglia e Mentone.
    – 20 giugno 2018: un migrante muore annegato nello specchio acqueo antistante Ventimiglia.
    – 9 settembre 2018: un migrante muore annegato a Ventimiglia.
    – 8 dicembre 2020: un migrante muore folgorato sul tetto del treno partito da Ventimiglia e diretto in Francia.
    –-> ce décès n’est pas dans mes données et je ne trouve aucune info sur internet
    – 27 maggio 2021: un 37enne pachistano viene trovato morto per strada a Roverino, Ventimiglia.
    – 3 giugno 2021: un giovane migrante muore annegato nei pressi della foce del fiume Roja a Ventimiglia: si stava lavando quando le onde e la corrente lo hanno portato al largo.
    – 29 settembre 2021: un 17enne bengalese muore folgorato sul tetto del treno partito dalla stazione di Ventimiglia e diretto a Nizza.
    – 30 ottobre 2021: un migrante muore precipitando da un dirupo del passo della morte a Ventimiglia.
    – 1 febbraio 2022: migrante morto folgorato sotto il pantografo del treno partito da Ventimiglia.
    – 2 marzo 2022: migrante muore sul tetto di un locomotore di un treno a Ventimiglia
    – 2 aprile 2022: due migranti muoiono travolti da un furgone sull’A10 all’altezza dell’area di servizio di Bordighera. Stavano attraversando la strada.

    –-----
    Liste des mort·es depuis 2015 :


    –-> différences par rapport à ma liste :
    – Kingsley Alimonu serait mort le 22/11/2016 et non pas le 23/12/2016 comme indiqué sur cette liste
    – la personne décédée le 05/02/2017 aurait été identifiée, il s’agirait de Tal Abdoul
    – la personne décédée le 17/02/2017 aurait été identifié, il s’agirait de Daouda Bah
    – la personne décédée le 21/03/2017 aurait été identifié, il s’agirait deAbderazake Jahyea
    – la personne décédée le 20/06/2018 a été enregistrée dans ma base de données comme décédée le 18/06/2018
    – les 8 cadavres retrouvés le 03/10/2020 ne sont probablement pas des migrants —> pas inclus dans ma base de données
    – Musa Balde a été ajouté dans ma base de données avec date de décès 22/05/2021 et non pas 23/05/2021
    – la personne décédée le 27/05/2021 a été identifiée comme Khan Shahzad. Je ne l’ai pas incluse dans ma base de données, avec comme explication « pas de franchissement de la frontière »
    – la personne décédée le 07/11/2021 a été enregistrée dans ma base de données comme décédée le 06/11/2021
    – la personne décédée le 27/11/2021 a été enregistrée dans ma base de données comme décédée le 26/11/2021
    – la personne décédée le 03/02/2022 a été enregistrée dans ma base de données comme décédée le 01/02/2022
    – selon ma base de données Ullah Rezwan Sheyzad serait décédé le 26/01/2022 et non pas le 01/02/2022

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    • 08.09.2018
      Ventimiglia: migrante travolto da un treno in località La Mortola. E’ vivo. Soccorsi in atto e traffico ferroviario bloccato

      Torna improvvisamente d’attualità la questione migranti a Ventimiglia. Dopo i due che ieri si sono arrampicati nelle rocce di ponte San Luigi, oggi un altro, cercando di varcare il confine è stato travolto da un treno Thello, in località #La_Mortola


      http://www.sanremonews.it/2018/09/08/leggi-notizia/argomenti/cronaca/articolo/ventimiglia-migrante-travolto-da-un-treno-in-localita-la-mortola-e-vivo-

    • 05.12.2018
      Ventimiglia: nuova tragedia dell’immigrazione, giovane rimane folgorato sul tetto di un treno diretto in Francia

      Il migrante si era sistemato sul tetto di un convoglio con la speranza di poter attraversare il confine. Ora è ricoverato in gravissime condizioni al centro grandi ustionati di Pisa.
      Ventimiglia: nuova tragedia dell’immigrazione, giovane rimane folgorato sul tetto di un treno diretto in Francia

      Un altro tentativo di passare il confine di Ventimiglia si è trasformato in tragedia. E’ accaduto ieri sera poco prima della mezzanotte, nei pressi della stazione ferroviaria della città frontaliera.

      Un giovane, del quale al momento non si conoscono le generalità e nemmeno la nazionalità, è salito sul tetto di un treno diretto in Francia ed è entrato in contatto con i cavi dell’alta tensione che alimentano i convogli, rimanendo folgorato.

      E’ subito scattato l’allarme e, sul posto è intervenuto il personale medico del 118, i Vigili del Fuoco, un’ambulanza e gli agenti della Polizia Ferroviaria. Il traffico ferroviario è stato anche momentaneamente sospeso per consentire i soccorsi del giovane immigrato.

      Le cure dei medici sono andate avanti per diversi minuti ed il giovane è sopravvissuto. Le sue condizioni, secondo i primi riscontri medici, sono gravissime ma è stato comunque deciso il trasporto immediato al centro grandi ustionati di Pisa, dove è arrivato in nottata.

      http://www.sanremonews.it/2018/12/05/mobile/leggi-notizia/argomenti/cronaca/articolo/ventimiglia-nuova-tragedia-dellimmigrazione-giovane-rimane-folgorato-sul

    • 07.10.2016
      Frontière italienne : une jeune migrante meurt sur l’autoroute A8

      Une jeune fille faisant partie d’un groupe de migrants qui tentaient de gagner la France depuis Vintimille en Italie est morte percutée par un poids-lourds sur l’autoroute A8 à la frontière franco-italienne. La victime est une Erythréenne de 17 ans, selon le site italien Riviera24.it, qui diffuse des images de l’intervention des secours après l’accident.

      « La victime est une femme à ma connaissance. Quatre autres personnes, des femmes, ont été hospitalisées en état de choc à Bordighera mais ne sont pas blessées », a indiqué la police italienne de Vintimille. Le drame s’est produit « au niveau du tunnel de la Giraude, côté italien, un poids-lourd a percuté un migrant », a-t-on précisé au centre opérationnel de la gendarmerie de Nice.

      Ils prennent tous les risques

      Début septembre, un jeune Africain avait été retrouvé mort sous un viaduc autoroutier près de Menton, dans le même secteur, et une enquête a été ouverte pour déterminer s’il a pu se tuer après avoir paniqué à la vue d’une patrouille de gendarmes et enjambé la glissière de sécurité.

      Vintimille est un cul-de-sac pour les migrants africains en route pour la France. L’Italie, notamment l’ONG catholique Caritas et la Croix-Rouge, continuent d’apporter une aide humanitaire. Les opérations de police se multiplient aussi.

      Les migrants prennent des risques importants pour gagner l’Hexagone, par la montagne, l’autoroute ou le train tout en tentant d’échapper aux contrôles. Plus de 24 000 migrants ont été interpellés depuis janvier dans les Alpes-Maritimes, selon le dernier décompte de la préfecture fin septembre.

      http://www.leparisien.fr/faits-divers/frontiere-italienne-une-jeune-migrante-meurt-sur-l-autoroute-a8-07-10-201

    • C’était 1995...
      #Sospel : un mort, le Gisti seul coupable

      Traverser une frontière pour demander l’asile politique peut, aux termes de la convention de Genève, se faire sans titre de circulation ni de séjour. Ce n’est cependant pas sans risque. Un enfant l’a appris à ses dépens, en 1995 : il est mort sous les balles d’un policier. Accident ? Bavure ? Le policier a été acquitté. Le Gisti, qui avait dénoncé les excès de la surveillance aux frontières, a, lui, été condamné.
      Coups de feu mortels sur des demandeurs d’asile

      Il faisait beau sans doute, et la nuit devait être étoilée sur les Alpes quand, le 20 août 1995 vers 3h30 du matin, quarante-deux Tziganes du Monténégro (l’autre composante, avec la Serbie, de la République fédérale de Yougoslavie), dont dix-huit mineurs, franchissent la frontière franco-italienne dans quatre véhicules.

      Échappés d’une guerre que les accords de Dayton gèleront seulement dans quelques mois, enfin à l’abri de la ségrégation et des mauvais traitements qui frappent les Tziganes dans leur pays, peut-être goûtaient-ils les charmes d’une paisible nuit estivale de montagne. En faction sur le bord de la petite route sinueuse, près du col de Brouis, à une dizaine de kilomètres de l’Italie, deux policiers de la Direction centrale du contrôle de l’immigration et de la lutte contre l’emploi clandestin (Diccilec, ex-Police de l’air et des frontières) veillent. Les deux premiers véhicules des Tziganes — un Combi Volkswagen immatriculé aux Pays-Bas suivi d’une Passat immatriculée en ex-Yougoslavie — défilent devant les policiers sans s’arrêter. Le sous-brigadier Christian Carenco tire alors trois coups de son fusil à pompe sur l’arrière de la voiture. L’enquête établira qu’il fait feu « à environ 1,80 mètre de la Passat ». Une balle en caoutchouc d’abord, puis deux balles Brennecke utilisées pour la chasse aux sangliers. Ça doit encore sentir la poudre quand les deux derniers véhicules du convoi passent à leur tour sans être interceptés.

      Au petit matin, le médecin de Sospel, petite commune des environs, avertit la gendarmerie qu’on lui a amené un enfant ensanglanté. Il est mort de ses blessures. Todor Bogdanovic avait sept ans. Il dormait à l’arrière de la voiture visée.

      Sans un mot de regret, le préfet explique aussitôt que « le département [des Alpes-Maritimes] est un lieu de passage très fréquenté par les clandestins. Depuis le début de l’année, les policiers ont arrêté 120 passeurs, alors que 8 664 personnes en situation irrégulière, toutes nationalités confondues, ont été reconduites à la frontière ». Tout est donc pour le mieux dans le meilleur des mondes policiers. Ce que confirme le ministre de la justice de l’époque, Jacques Toubon, pour lequel le tir au fusil à pompe sur les Tziganes est « un travail qui a été fait par les policiers normalement ». Todor Bogdanovic a eu ce qu’il méritait.

      Tel n’est pas l’avis du Gisti. Au risque calculé de troubler la quiétude estivale, il ne peut tolérer que la mort du petit Todor passe inaperçue.

      Dès le 21 août, il publie un communiqué dans lequel il observe qu’à en croire les pouvoirs publics, « il paraît presque normal d’ouvrir le feu sur toute voiture qui ne s’arrêterait pas à l’occasion d’un contrôle ». « Assisterions-nous, en cette circonstance, s’interroge le Gisti, à l’éclosion d’une nouvelle pratique administrative autorisant parfois la DICCILEC et la police en général à abattre les étrangers supposés clandestins quand il ne se prêtent pas docilement à leur interpellation ? »

      Après avoir dénoncé les « trésors d’imagination » dépensés, de façon générale, par les douaniers, les policiers et les préfectures « pour éviter d’enregistrer les demandes d’asile présentées par des arrivants démunis de papiers » et observé que « la France compte moins de 20 000 exilés d’ex-Yougoslavie sur son territoire, alors que l’Allemagne en accueille plus de 350 000 », le Gisti se demande, pour finir : « La France ne fait-elle pas le jeu du gouvernement serbe en plaçant des snippers [sic] sur la route de leur exil ? ».

      Dans les heures qui suivent le drame, les Tziganes de Sospel manifestent la volonté de demander l’asile à la France.

      Ceci n’empêche pas l’administration de notifier des arrêtés de reconduite à la frontière (APRF) aux dix-huit adultes du groupe en invitant simplement l’Office français de protection des réfugiés et apatrides (OFPRA) à examiner en urgence leur requête du statut de réfugié. Avec complaisance, l’Office se met au travail.

      Avant même d’avoir communiqué sa décision aux intéressés, le directeur de l’OFPRA fait savoir au tribunal administratif de Nice, qui s’en prévaut le 24 août pour refuser d’annuler les APRF, que les demandes d’asile seront rejetées, notamment parce que les Tziganes ne sont pas bosniaques mais serbes et que le Sandzac — leur région d’origine — ne serait pas affecté par la guerre. La belle affaire !

      Le Gisti n’a pas beaucoup de mal à retrouver un document tout frais (31 janvier 1995) du Haut Commissariat des Nations unies pour les réfugiés (HCR), selon lequel « la situation des Musulmans du Sandzak n’a cessé de se détériorer au cours des six derniers mois [...]. Des rapports font état de torture », précise-t-il, avant de conclure que « le HCR continue de penser que l’éligibilité des demandeurs d’asile originaires du Kosovo et du Sandzak doit être évaluée au cas par cas » et qu’il y a « impérative nécessité » à procéder à « un examen très attentif des demandes individuelles au cours d’une procédure complète et équitable ».

      L’OFPRA n’en a que faire, pas plus que d’autres rapports, articles et témoignages édifiants que le Gisti se procure en quelques heures de recherches [1]. Les demandes d’asile sont rejetées, et les Tziganes refoulés en Italie. Le 26 août, le Gisti s’insurge contre cette exécution administrative dans un communique intitulé « Tous les dés étaient pipés », tandis que l’Association nationale d’assistance aux frontières pour les étrangers (ANAFÉ) constate « Un mort et dix-huit reconduits à la frontière : la dérive de la politique d’immigration ».

      De toute évidence, nous avons eu raison trop tôt puisque, le 2 juin 1997, le Conseil d’état annulera à la fois les APRF pour excès de pouvoir et le jugement du tribunal administratif de Nice.

      Sur le plan pénal, après une enquête menée par l’Inspection générale de la police nationale, le parquet a ouvert une information judiciaire qui a abouti, dès le 21 août 1995, à la mise en examen de Christian Carenco pour « coups et blessures volontaires ayant entraîné la mort sans intention de la donner ».

      Juste après les faits, le procureur de la République adjoint de Nice avait déclaré : « on ne peut pas accréditer la thèse de la légitime défense sans réserve. Il y a présomption d’utilisation d’une arme à feu dans des conditions qui peuvent paraître anormales... D’après les premiers éléments de l’enquête de l’IGPN, il semble qu’il y a eu des coups de feu intempestifs ».

      Mais, six mois plus tard, le juge d’instruction conclut à un non-lieu. Saisie en appel, la chambre d’accusation d’Aix-en-Provence renvoie, quant à elle, le 18 décembre 1997, le policier devant la cour d’assises des Alpes-Maritimes, tout en déclarant irrecevables les constitutions de parties civiles de la Cimade, de France Terre d’asile, de la Ligue des droits de l’homme et du Gisti, qui entendaient ainsi éviter l’enterrement de l’affaire [2].

      Christian Carenco s’étant pourvu en cassation contre son renvoi devant la cour d’assises, les associations ont également formé un pourvoi. Ces pourvois ont été rejetés par la Cour de cassation et l’affaire a été renvoyée devant la Cour d’assises.
      Plainte pour diffamation contre le Gisti

      Quant au Gisti, dont des extraits du communiqué ont été repris par l’Agence France Presse, il est poursuivi en diffamation. Le ministre de l’intérieur a, en effet, déposé plainte, le 5 septembre 1995, contre la présidente, responsable ès-qualités, pour diffamation publique envers une administration publique, estimant que les propos reproduits par l’AFP contiennent des allégations portant atteinte à l’honneur et à la considération de la police nationale.

      L’affaire vient devant la 17e Chambre correctionnelle du tribunal de grande instance de Paris, le 2 mai 1997. Henri Leclerc assure la défense de Danièle Lochak. Alfred Grosser est cité comme témoin.

      L’audience est l’occasion de refaire le procès de Sospel, mais aussi, de façon plus inattendue, d’entendre célébrer les louanges du Gisti, y compris par le représentant du ministère public, qui rend hommage au travail accompli par l’association, utile et nécessaire car civique, et qui reconnaît sa légitimité à intervenir dans cette histoire dramatique qu’on ne peut pas considérer comme un incident sans gravité.

      Le jugement reprend à son compte ces éloges : « le Gisti mène, pour la défense des droits de l’homme, une action salutaire et reconnue par tous et le soutien que cette association apporte particulièrement aux travailleurs immigrés et aux réfugiés est d’autant plus méritoire qu’il s’effectue, de nos jours, dans un climat politique et social difficile ».

      Le tribunal n’en estime pas moins que le délit de diffamation est constitué — par l’emploi des termes « purification ethnique » et « snipper » — et condamne la présidente du Gisti à 5 000 F d’amende.

      Les arguments de la défense n’ont donc pas été entendus. Ils consistaient, pour l’essentiel, à soutenir :

      que la police n’était mise en cause qu’indirectement par le communiqué, en tant qu’instrument d’une politique gouvernementale critiquable, de sorte que ses membres ne pouvaient se sentir diffamés ;

      que le caractère particulièrement dramatique et révoltant de l’affaire justifiait, de la part d’une organisation qui défend les droits de l’homme et entend alerter l’opinion publique lorsqu’ils sont violés, une expression particulièrement véhémente de son indignation ;

      que les poursuites reposaient sur un texte dont on pouvait se demander s’il était conforme à l’article 10 de la Convention européenne des droits de l’homme qui n’admet de limites à la liberté d’expression que lorsque celles-ci sont nécessaires, dans une société démocratique, à la protection de la sécurité nationale, à la défense de l’ordre, ou à la réputation d’autrui.

      L’affaire est venue en appel devant la 11e Chambre des appels correctionnels en novembre 1997. La cour a confirmé le jugement de première instance mais a considéré « qu’eu égard aux circonstances de l’espèce il convient de faire une application particulièrement modérée de la loi » : elle a donc condamné la présidente du Gisti à 1 000 F d’amende avec sursis.

      https://www.gisti.org/spip.php?article3477

    • Septembre 2018: Ventimiglia, cadavere recuperato in mare vicino al porto: è di un migrante

      Ventimiglia. Il corpo senza vita di un migrante, probabilmente di origine nordafricana, è stato recuperato ieri pomeriggio dalla Capitaneria di Porto sulla parte esterna della diga foranea del costruendo porto di Ventimiglia. Il cadavere si trovava incagliato tra gli scogli a circa 3 metri di profondità.

      Il migrante, di cui al momento non si conosce ancora l’identità, sarebbe morto annegato, probabilmente dopo una caduta dalla diga. Al momento è esclusa l’ipotesi di morte violenta. Sulla base di una prima ispezione del corpo, compiuta ieri dal medico legale, il pm ha infatti liberato la salma, ritenendo più probabile che il migrante sia scivolato in acqua accidentalmente.

      A dare l’allarme è stato il bagnino di un vicino stabilimento balneare che, a bordo di una piccola imbarcazione, ha avvistato il corpo sul fondale intorno alle 13 di ieri e avvertito la capitaneria. Quando il cadavere è stato recuperato, era ancora in rigor mortis: segno che il decesso era avvenuto da poco tempo. La vittima indossava ancora i vestiti, ma non aveva documenti. Il corpo si trova ora all’obitorio di Bordighera.

      https://www.riviera24.it/2018/09/ventimiglia-cadavere-recuperato-in-mare-vicino-al-porto-e-di-un-migrante-5

    • #Khan_Shahzad, 27_mai_2021

      #Khan_Shahzad, 37enne pakistano trovato senza vita all’uscita del Lidl a #Roverino.

      –-> Information reçue par Daniela Trucco e présente sur la page FB des Giovani Democratici de Imperia:
      https://www.facebook.com/GDImperia/posts/1814525028755796

      –-
      E’ un mendicante pachistano l’uomo trovato morto davanti la Lidl a Ventimiglia

      E’ un mendicante pachistano di 37 anni l’uomo trovato morto, stamattina, davanti al supermercato Lidl di Roverino, a Ventimiglia. E’ quanto emerge dall’identificazione della vittima. All’origine del decesso ci sarebbero cause naturali, nessun segno di violenza apparente. A trovare il corpo è stata la polizia locale della città di confine, mentre con il sindaco Gaetano Scullino stava effettuando un sopralluogo per i nuovi asfalti. L’uomo sembrava che dormisse e, invece, era deceduto. Sul posto anche il medico legale. A scopo cautelativo è stata disposta l’autopsia.

      https://primalariviera.it/cronaca/e-un-mendicante-pachistano-luomo-trovato-morto-davanti-la-lidl-a-vent

    • Janvier 2018: Ventimiglia, migrante muore folgorato sul tetto di un locomotore

      Il cadavere di un uomo è stato ritrovato sul tetto di un locomotore nei pressi della stazione ferroviaria di Mentone, in Francia, a poca distanza dal confine italiano. Secondo le prime ricostruzioni potrebbe trattarsi di un migrante che in mattinata avrebbe cercato di passare il confine aggrappandosi al pantografo che trasmette energia elettrica al treno, rimanendo folgorato. Il convoglio, francese della società Sncf, era partito da Ventimiglia in direzione della Francia. Per permettere lo svolgimento dei rilievi la circolazione ferroviaria è stata sospesa per circa 2 ore. Quello di oggi è il quinto caso registrato dall’inizio del 2017 di migranti che sono deceduti nel tentativo di oltrepassare il confine da Ventimiglia alla Francia.

      http://www.ilmessaggero.it/primopiano/cronaca/ventimiglia_migrante_muore_folgorato_sul_tetto_di_un_locomotore-3483766

    • 04.02.2024 : suicide de #Ousmane_Sylla dans le CPR de #Ponte_Galeria à #Rome

      –-> Vu que Ousmane a été arrêté à Vintimille pour l’amener dans un centre de détention administrative dans le Sud de l’Italie et que, selon les informations que j’ai récolté à la frontière Vintimille-Menton, il avait l’intention de se rendre en France, j’ai décidé de l’inclure dans les cas des personnes décédées à la #frontière_sud-alpine.

      https://seenthis.net/messages/1049710