• Mouvements féministes au Pakistan : défis et luttes

    Asma Aamir écrit sur la trajectoire et les pratiques actuelles des mouvements féministes pakistanais, leurs défis et leurs voies à suivre

    Je voudrais parler du Pakistan, un pays qui n’a pas d’État laïc, comme la Turquie et d’autres. Son nom officiel est la République islamique du Pakistan, et le pays est gouverné par les gouvernements fédéral et provinciaux, conformément à la Constitution de 1973. Le système judiciaire est divisé en tribunaux civils, tribunaux pénaux et tribunal de charia, qui examine les lois du pays conformément à la loi et au droit islamique.

    La Cour fédérale de la Charia est la seule autorité dotée du pouvoir constitutionnel d’interdire et d’empêcher la promulgation de lois par le Parlement pakistanais lorsqu’elles sont jugées contraires aux préceptes islamiques. La cour se concentre principalement sur l’analyse des lois nouvelles ou existantes dans le pays. Si une loi viole le Coran, la Sunna ou les hadiths, le Tribunal de la Charia interdira sa promulgation.

    https://entreleslignesentrelesmots.wordpress.com/2024/02/16/mouvements-feministes-au-pakistan-defis-et-lut

    #féminisme #pakistan

  • #Pakistan election: Politician gives up seat he says was rigged for his win - BBC News
    https://www.bbc.com/news/world-asia-68302678

    Hafiz Naeem ur Rehman of the Jamaat-e-Islami party had been named the victor of the provincial assembly seat PS-129 in the city of Karachi.
    But this week he claimed the candidate backed by Imran Khan’s PTI party had secured far more votes and that their tally had been reduced.
    As such he would relinquish the seat.

    “If anyone wants to make us win in an illegitimate manner, we will not be accepting that,” Mr Rehman said at a press conference held by his party on Monday.

    He added: “Public opinion should be respected, let the winner win, let the loser lose, no one should get anything extra.”

    He said that while he had received more than 26,000 votes, the independent candidate Saif Bari, backed by the PTI, had received 31,000 votes - but these were presented as 11,000 votes.
    Pakistani electoral authorities have denied the allegations. It is unclear who will take up the PS-129 seat now.

    But the incident is just the latest highlighting the crisis around Pakistan’s elections held last Thursday, which have been marred by allegations of widespread vote fraud and interference, which were said to have damaged candidates affiliated with Khan.

    #états-unis

  • Attaques à la frontière entre le Pakistan et l’Iran : une mise en perspectives historiques

    Après une frappe aérienne de l’armée pakistanaise le 18 janvier dans une ville frontalière iranienne qui a tué au moins 9 personnes en représailles à l’attaque de missiles du 16 janvier sur la ville frontalière du Baloutchistan qui, elle, avait tué entre autres deux enfants, les gouvernements pakistanais et iranien ont convenu de désamorcer la menace de guerre et de rétablir des relations diplomatiques à part entière.

    https://entreleslignesentrelesmots.wordpress.com/2024/01/25/attaques-a-la-frontiere-entre-le-pakistan-et-l

    #international #iran #pakistan

  • #Pakistan: detenzioni e deportazioni contro i rifugiati afghani

    In corso un’altra catastrofe umanitaria, molte persone a rischio di persecuzione in Afghanistan

    Dal 1° ottobre quasi 400mila persone afgane, di cui circa 220.000 in queste settimane di novembre, hanno abbandonato il Pakistan, in quella che appare sempre più come una pulizia etnica operata contro una minoranza. I numeri sono quelli forniti da UNHCR 1, dopo che il 17 settembre, il governo pakistano ha annunciato che tutte le persone “irregolari” avrebbero dovuto lasciare volontariamente il Paese entro il 1° novembre, pena la deportazione.
    La maggior parte delle persone rientrate e in Afghanistan sono donne e bambini: 1 bambino su quattro è sotto i cinque anni e oltre il 60% dei minori ha meno di 17 anni 2.

    E’ emerso, ultimamente, che le persone afghane senza documenti che lasciano il Pakistan per andare in altri paesi devono pagare una tassa di 830 dollari (760 euro).

    Amnesty International ha denunciato detenzioni di massa in centri di espulsione e che le persone prive di documenti sono state avviate alla deportazione senza che ai loro familiari fosse fornita alcuna informazione sul luogo in cui sono state portate e sulla data della deportazione. L’Ong ha dichiarato che il governo del Pakistan deve interrompere immediatamente le detenzioni, le deportazioni e le vessazioni diffuse nei confronti delle persone afghane.

    Dall’inizio di ottobre, inoltre, Amnesty ha raccolto informazioni relative agli sgomberi: diversi katchi abadis (insediamenti informali) che ospitano rifugiati afghani sono stati demoliti dalla Capital Development Authority (CDA) di Islamabad, le baracche sono state distrutte con i beni ancora al loro interno.

    In tutto il Pakistan, ha illustrato il governo, sono stati istituiti 49 centri di detenzione (chiamati anche centri di “detenzione” o di “transito”). «Questi centri di deportazione – ha affermato Amnesty – non sono stati costruiti in base a una legge specifica e funzionano parallelamente al sistema legale». L’associazione ha verificato che in almeno 7 centri di detenzione non viene esteso alcun diritto legale ai detenuti, come il diritto a un avvocato o alla comunicazione con i familiari. Sono centri che violano il diritto alla libertà e a un giusto processo. Inoltre, nessuna informazione viene resa pubblica, rendendo difficile per le famiglie rintracciare i propri cari. Amnesty ha confermato il livello di segretezza a tal punto che nessun giornalista ha avuto accesso a questi centri.

    Secondo quanto riporta Save the Children, molte famiglie deportate in Afghanistan non hanno un posto dove vivere, né soldi per il cibo, e sono ospitate in rifugi di fortuna, in una situazione disperata e in continuo peggioramento. Molte persone accusano gravi infezioni respiratorie, probabilmente dovute alla prolungata esposizione alle tempeste di polvere, ai centri chiusi e fumosi, al contagio dovuto alla vicinanza di altre persone malate e al freddo estremo, dato che molte famiglie hanno viaggiato verso l’Afghanistan in camion aperti e sovraffollati. Sono, inoltre, ad altissimo rischio di contrarre gravi malattie, che si stanno diffondendo rapidamente, tra cui la dissenteria acuta, altamente contagiosa e pericolosa.

    Una catastrofe umanitaria

    «Migliaia di rifugiati afghani vengono usati come pedine politiche per essere rispediti nell’Afghanistan controllato dai talebani, dove la loro vita e la loro integrità fisica potrebbero essere a rischio, nel contesto di una intensificata repressione dei diritti umani e di una catastrofe umanitaria in corso. Nessuno dovrebbe essere sottoposto a deportazioni forzate di massa e il Pakistan farebbe bene a ricordare i suoi obblighi legali internazionali, compreso il principio di non respingimento», ha dichiarato Livia Saccardi, vice direttrice regionale di Amnesty International per l’Asia meridionale.

    Il valico di frontiera di Torkham con l’Afghanistan è diventato un grande campo profughi a cielo aperto e le condizioni sono drammatiche. Le organizzazioni umanitarie presenti in loco per fornire assistenza hanno raccolto diverse testimonianze. «La folla a Torkham è opprimente, non è un luogo per bambini e donne. Di notte fa freddo e i bambini non hanno vestiti caldi. Ci sono anche pochi servizi igienici e l’acqua potabile è scarsa. Abbiamo bisogno di almeno un rifugio adeguato», ha raccontato una ragazza di 20 anni.

    «Le condizioni di salute dei bambini non sono buone, la maggior parte ha dolori allo stomaco. A causa della mancanza di acqua pulita e di strutture igieniche adeguate, non possono lavarsi le mani in modo corretto. Non ci sono servizi igienici puliti e questi bambini non ricevono pasti regolari e adeguati» ha dichiarato una dottoressa di Save the Children. «Se rimarranno qui per un periodo più lungo o se la situazione persisterà e il clima diventerà più freddo, ci saranno molti rischi per la salute dei bambini. Di notte la temperatura scende parecchio ed è difficile garantire il benessere dei più piccoli all’interno delle tende. Questo può influire negativamente sulla salute del bambino e della madre. È urgente distribuire vestiti caldi ai bambini e beni necessari, come assorbenti e biancheria intima per le giovani donne e altri articoli essenziali per ridurre i rischi per la salute di donne e bambini».

    «Il Pakistan deve adempiere agli obblighi previsti dalla legge internazionale sui diritti umani per garantire la sicurezza e il benessere dei rifugiati afghani all’interno dei suoi confini e fermare immediatamente le deportazioni per evitare un’ulteriore escalation di questa crisi. Il governo, insieme all’UNHCR, deve accelerare la registrazione dei richiedenti che cercano rifugio in Pakistan, in particolare le donne e le ragazze, i giornalisti e coloro che appartengono a comunità etniche e minoritarie, poiché corrono rischi maggiori. Se il governo pakistano non interrompe immediatamente le deportazioni, negherà a migliaia di afghani a rischio, soprattutto donne e ragazze, l’accesso alla sicurezza, all’istruzione e ai mezzi di sussistenza», ha affermato Livia Saccardi.

    Come si vive nell’Afghanistan con i talebani al potere lo denuncia CISDA, il Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane, che ha pubblicato un dossier “I diritti negati delle donne afghane” che racconta la vita quotidiana delle donne afghane e ripercorre la storia del Paese fino ai giorni nostri.

    «L’Afghanistan è un Paese allo stremo, stretto nella morsa dei talebani e alla mercé degli interessi geopolitici ed economici di diversi paesi. Se per tutta la popolazione afghana vivere è una sfida quotidiana, per le donne è un’impresa impervia», ha scritto CISDA che con questa pubblicazione ha voluto ripercorre le tappe principali della storia afghana, cercando di capire chi sono i talebani di oggi e realizzando approfondimenti tematici per comprendere qual è la situazione attuale del paese. E soprattutto ha voluto dar voce alle donne afghane raccogliendo le loro storie.

    https://www.meltingpot.org/2023/11/pakistan-detenzioni-e-deportazioni-contro-i-rifugiati-afghani
    #réfugiés_afghans #déportations #renvois #asile #migrations #réfugiés #Torkham #camps_de_réfugiés #centres_d'expulsion #détention_de_masse #rétention #détention #katchi_abadis #Capital_Development_Authority (#CDA)

    • Le Pakistan déclenche une vague d’abus contre les Afghans

      Les nouveaux efforts déployés par les autorités pakistanaises pour « convaincre » les Afghans de retourner en Afghanistan peuvent se résumer en un mot : abus.

      La police et d’autres fonctionnaires ont procédé à des #détentions_massives, à des #raids nocturnes et à des #passages_à_tabac contre des Afghans. Ils ont #saisi_des_biens et du bétail et détruit des maisons au bulldozer. Ils ont également exigé des #pots-de-vin, confisqué des bijoux et détruit des documents d’identité. La #police pakistanaise a parfois harcelé sexuellement des femmes et des filles afghanes et les a menacées d’#agression_sexuelle.

      Cette vague de #violence vise à pousser les réfugiés et les demandeurs d’asile afghans à quitter le Pakistan. Les #déportations que nous avons précédemment évoquées ici sont maintenant plus nombreuses – quelque 20 000 personnes ont été déportées depuis la mi-septembre. Les menaces et les abus en ont chassé bien plus : environ 355 000.

      Tout cela est en totale contradiction avec les obligations internationales du Pakistan de ne pas renvoyer de force des personnes vers des pays où elles risquent clairement d’être torturées ou persécutées.

      Parmi les personnes expulsées ou contraintes de partir figurent des personnes qui risqueraient d’être persécutées en Afghanistan, notamment des femmes et des filles, des défenseurs des droits humains, des journalistes et d’anciens fonctionnaires qui ont fui l’Afghanistan après la prise de pouvoir par les talibans en août 2021.

      Certaines des personnes menacées s’étaient vu promettre une réinstallation aux États-Unis, au Royaume-Uni, en Allemagne et au Canada, mais les procédures de #réinstallation n’avancent pas assez vite. Ces gouvernements doivent agir.

      L’arrivée de centaines de milliers de personnes en Afghanistan « ne pouvait pas arriver à un pire moment », comme l’a déclaré le Haut-Commissariat des Nations Unies pour les réfugiés. Le pays est confronté à une crise économique durable qui a laissé les deux tiers de la population dans le besoin d’une assistance humanitaire. Et maintenant, l’hiver s’installe.

      Les nouveaux arrivants n’ont presque rien, car les autorités pakistanaises ont interdit aux Afghans de retirer plus de 50 000 roupies pakistanaises (175 dollars) chacun. Les agences humanitaires ont fait état de pénuries de tentes et d’autres services de base pour les nouveaux arrivants.

      Forcer des personnes à vivre dans des conditions qui mettent leur vie en danger en Afghanistan est inadmissible. Les autorités pakistanaises ont déclenché une vague d’#abus et mis en danger des centaines de milliers de personnes. Elles doivent faire marche arrière. Rapidement.

      https://www.hrw.org/fr/news/2023/11/29/le-pakistan-declenche-une-vague-dabus-contre-les-afghans
      #destruction #harcèlement

  • Le décès d’un alpiniste entouré de 50 personnes suscite l’indignation : "Ce qu’il s’est passé là-bas est scandaleux" La Rédaction - La Libre

    Mohammad Hassan, un alpiniste pakistanais de 27 ans, a entamé l’ascension du K2, la deuxième plus haute montagne du monde. Mais il a vu son aventure prendre fin à 400 mètres du sommet, abandonné par ses confrères et suscitant l’indignation dans le monde de l’alpinisme.

    Mohammad Hassan a gravement chuté à la suite d’une avalanche le 27 juillet dernier, alors qu’il escaladait le K2. Les lourdes blessures dont souffrait l’alpiniste ont finalement causé sa mort. Mais ce dernier n’est pas décédé sur le coup. Mohammad Hassan s’est retrouvé suspendu par les pieds, la tête en bas, par une corde.

    Mohammad Hassan n’aura pas pu compter sur l’aide de ses coéquipiers, qui ont contourné Mohammad pour continuer leur périple. Des images de drone enregistrées par le caméraman Philip Flämig montrent qu’une cinquantaine d’alpinistes sont passés à côté de lui sans lui porter secours. Ces alpinistes ont même tendu une nouvelle corde pour poursuivre leur épopée.


    Situé dans le massif du Karakoram, le K2 est le deuxième plus haut sommet du monde avec une altitude de 8611 mètres.

    Après de longues minutes d’agonie, seul un travailleur humanitaire est finalement venu en aide à Mohammad et a tenté de le maintenir conscient au moyen d’un massage. Aucune opération de sauvetage n’a été organisée pour sauver le jeune homme, qui a succombé à ses blessures.

    Philip Flämig médusé a partagé ses impressions sur cette scène épouvantable. Pour lui, les autres alpinistes, animés par le défi, ont mal évalué leurs priorités : “C’était une ascension très animée et compétitive vers le sommet”. Ce sentiment d’incompréhension est partagé par Wilhelm Steindl, qui a participé à l’expédition mais a rebroussé chemin suite aux conditions dangereuses. "Ce qu’il s’est passé là-bas est scandaleux. Une personne vivante est laissée sur place pour que l’on puisse encore monter. Il n’aurait fallu que trois ou quatre personnes pour le sauver. Si j’avais vu ça, je serais monté pour aider ce pauvre homme", a-t-il déclaré au Telegraaf.

    #K2Trajedy 
Top female climber Tamara Lungar exploded on the human tragedy on K2 & behaviour of follow climbers there. 
Read her exact words of a true alpinist, who lost a close mate in K2 Winter 2021 

“ I have now really needed a few days to sort out my thoughts because I am pic.twitter.com/x3L97FLPvw
    -- The Northerner (@northerner_the) August 10, 2023 _

    #Montagne #Alpinisme #Sport #performances #ascension #accident #racisme

    Source : https://www.lalibre.be/international/asie/2023/08/11/un-alpiniste-meurt-apres-une-chute-sans-pouvoir-compter-sur-laide-des-50-aut

    • * Menacée sur la toile, l’alpiniste la plus rapide du monde se défend après la mort d’un sherpa : « Nous avons fait de notre mieux » Afp - La Libre

      Kristin Harila, co-détentrice du record du monde des 14 sommets de plus de 8.000 mètres gravis le plus rapidement, s’est défendue à la suite de critiques l’accusant d’avoir enjambé un sherpa mourant pour achever son ascension du K2 au Pakistan.

      Avec son guide népalais Tenjin Sherpa, la Norvégienne a escaladé ces 14 sommets en trois mois et un jour (92 jours), arrachant le 27 juillet le record du monde détenu jusqu’alors par le Népalo-britannique Nirmal Purja.


      Mais cet exploit vient d’être terni par une controverse. Des images de drones partagées par d’autres alpinistes la montrent avec son équipe passer au-dessus du corps visiblement blessé de Mohammad Hassan, un sherpa d’une autre équipe qui est décédé peu après, tandis qu’elle poursuivait son ascension du deuxième sommet le plus haut du monde pour décrocher le record.

      Ils se trouvaient à ce moment-là sur le Bottleneck du K2, un couloir étroit et hautement dangereux surplombé par des séracs d’un champ de glace à seulement 400 m au-dessous du sommet.

      Selon le secrétaire du club d’alpinistes, Karar Haidari, quelque 100 grimpeurs ont atteint le sommet du K2 ce jour-là.

      Les autorités pakistanaises du tourisme au Gilgit Baltistan, qui délivrent les autorisations d’ascension, ont annoncé vendredi avoir ouvert une enquête relative à ce décès.

      « Personne ne se souviendra de ton succès sportif, seulement de ton inhumanité », a écrit un internaute sur Instagram.

      « Le sang des sherpas est sur tes mains », a ajouté un autre.

      Kristin Harila a aussi essuyé des critiques pour avoir célébré son ascension une fois revenue au camp de base, à flanc de montagne.

      Tard jeudi, l’athlète de 37 ans a affirmé sur Instagram « avoir tout fait pour lui (Mohammad Hassan) », dénonçant les « menaces de mort » dont elle a fait l’objet depuis l’accident.

      Elle a assuré qu’elle avait, en compagnie de son caméraman Gabriel, ainsi que deux autres personnes dont « l’ami de Hassan », passé « une heure et demie » à essayer de le remonter après sa chute. Il n’est pas indiqué où se trouvait l’équipe du sherpa, mais de nombreux alpinistes se trouvaient « derrière eux », a relaté la Norvégienne.

      L’alpiniste a ensuite poursuivi sa route, après une alerte à l’avalanche transmise par son équipe.

      Gabriel est lui resté aux côtés de Hassan, a-t-elle assuré, partageant avec lui son oxygène et son eau chaude.

      Au bout d’une heure supplémentaire, le caméraman a décidé de partir, car il avait besoin « de plus d’oxygène pour sa propre sécurité ».

      A leur descente, ils ont constaté que Mohammad Hassan, 27 ans, était décédé.

      Mais son équipe, composée de quatre personnes, « n’était pas en mesure de descendre son corps » en toute sécurité, car il aurait fallu au moins six personnes pour le faire, s’est défendue la Norvégienne qui a relevé que le sherpa n’était pas correctement équipé.

      Sa mort est « vraiment tragique (...) et j’ai beaucoup de peine pour la famille », a-t-elle encore dit, mais « nous avons fait de notre mieux, en particulier Gabriel ».

      De nombreux utilisateurs ont pris la défense de Harila, relevant les dangers encourus lors d’une telle ascension. D’autres se sont demandés pourquoi le sherpa n’avait pas été correctement équipé, une internaute dénonçant l’inégalité de traitements entre les alpinistes occidentaux et les sherpas : « La vie des locaux est bon marché ».

      #Sherpa #Femme #Sportive #Pakistan #athlète #drones #record

      Source : https://www.lalibre.be/international/asie/2023/08/11/menacee-sur-la-toile-lalpiniste-la-plus-rapide-du-monde-se-defend-apres-la-m

  • #archive-stories

    Archive Stories is a website about how to work with creative and non-traditional archives. We wanted to create a space for conversations about archiving beyond institutional archives, to think through the possibilities that open up when we imagine the archive as expansive and as encompassing everything around us. We designed this website with Frederick Kannemeyer, to reflect the idea of archiving as a creative practice. It is open access so that it is accessible beyond academic spaces, and designed in a way that allows you to make your way through without a set path. This website includes a collection of 23 archive stories, and we will add more each year. The website as a whole rejects the notion of a complete archive, instead seeing archiving as an incomplete and always-expanding practice. The aim is not to give an alternative definition of what an archive is or alternative archival practices that can be directly emulated, but rather to propose other ways of thinking with and working with archives that still leave space for many other approaches.

    We imagine this website as a starting point for anyone interested in exploring more creative and non-traditional archives. The focus of these archive stories is not on the archives themselves but rather on archiving as a creative practice. What does it mean to work with creative archives like music, food, or film? How does someone begin working with archives like these? How might we come across unexpected archives when we expand what ‘archive’ means? We invited people who already do this work to take us on their journey with archiving. Alongside the website, we organise workshops where we invite archivists who do this type of work to speak to us about how they archive and what this means for the way we define archives and archiving.

    We believe these archive stories are increasingly important in light of the difficulties around institutional archives. National state archives, though important, raise a whole host of concerns. In some places, such as Palestine, they have been and continue to be destroyed as part of violent political processes. In other places, people are denied access to them because of authoritarianism and repression, or because they have not been taken care of. Colonial archives, another source of history for much of the world, equally raise concerns. They represent colonial power, and are thus organised in ways that replicate that power; we see this in the way they are organsised and curated, as well as in the history of how the archival objects were collected to begin with. Though we can read institutional archives against the grain, we believe that there are a whole array of other archives that have much to tell us about history.

    We have an expansive notion of the meaning of an archive, hoping to disrupt traditional disciplinary boundaries in the academy and start conversations with activists, film makers, and musicians. Archive Stories also involved students submitting their own reflections on encountering archives, and one included on this website explores the history of LSE student activism. In this sense, students relate to the history of LSE differently, recalling the traces of activism as they walk through today’s campus. These encounters with the archive were also apparent in the pilot workshop organized this year with May Day Roomsand Conflict Textiles. Students were able to make sense of different archiving practices, and to approach the archive as a process rather than a depository of documents.. Students had the tactile and visual memory of encountering archives that traveled to campus from different parts of the world.

    Archive Stories features not only different kinds of archives, but also different types of archivists. Oral history, for example, makes it possible for narrators to act as archivists in their own right. Through memory and story-telling, the narrators document political, social, and cultural subtleties that together tell a different side of history. The act of remembering is therefore not about ‘preserving’ an existing archive but by crafting a new one altogether that becomes constantly shaped and reshaped by the present. Musicians recovering old sound recordings from the early 20th century tell a different story on the history of music that takes seriously those who were left on the margins of this history, and with every performance something new is both formed and recovered. Filmmakers read a new politics of solidarity through encountering, and recrafting film archives from the past. These kinds of archives open up new possibilities of engaging with the past without getting ‘stuck’ there. What would it mean, for example, to archive absence today? Approaching archiving as a practice, rather than a finished product, makes it possible to keep telling all the different stories of absence and disappearance from the past and the present. It makes it possible to think about all the bodies that acted, resisted, traveled, disappeared, and incarcerated.

    We hope you enjoy exploring the archive stories gathered here, and we hope you encounter archives and archiving differently through this website. Please get in touch if you want to submit an archive story or participate in the project.

    https://archive-stories.com
    #archive_stories #archive #London_School_of_Economics #décolonial #Syrie #Pakistan #travail #Ahmad_Salim #surveillance #colonialisme #colonisation #surveillance_coloniale

    ping @reka @_kg_ @cede

  • Après le naufrage au large de la Grèce, la détresse des familles des victimes
    https://www.lemonde.fr/international/article/2023/06/16/apres-le-naufrage-au-large-de-la-grece-la-detresse-des-familles-des-victimes

    Après le naufrage au large de la Grèce, la détresse des familles des victimes. Les chances de retrouver des rescapés s’amenuisent, alors que des centaines de passagers du chalutier ayant chaviré sont toujours recherchés. La polémique sur la non-intervention des garde-côtes grecs et de Frontex prend de l’ampleur.
    Par Marina Rafenberg(envoyée spéciale à Kalamata)
    Publié aujourd’hui à 05h45, modifié à 06h57
    Devant la maison néoclassique turquoise, qui abrite la police portuaire de Kalamata, Kassem Abo Zaid, 34 ans, ne retient plus ses larmes. « Je n’ai pas dormi depuis vingt-quatre heures, et je suis venu au plus vite depuis Hambourg pour avoir des nouvelles », explique le réfugié syrien de Deraa. Sa femme, Ezra, 21 ans, et son beau-frère, Abdullah, 19 ans, avaient pris le chalutier bleu qui a coulé dans la nuit de mardi 13 juin à mercredi 14 juin à 47 milles marins (87 kilomètres) de Pylos, en mer Ionienne, alors qu’il avait pour destination finale l’Italie.
    Jeudi 15 juin, pour le deuxième jour consécutif, deux patrouilleurs, un hélicoptère et six autres navires de la région continuent leurs recherches à l’ouest des côtes du Péloponnèse. Mais selon les secouristes, les chances de retrouver des rescapés s’amenuisent au fil des heures. Sur son téléphone portable, Kassem dévoile une photo où il tient sa femme dans ses bras. « Nous étions heureux, je me réjouissais de la retrouver, mais désormais, je ne sais pas où elle se trouve. Elle n’est pas parmi les survivants à l’hôpital ou au port, et je crains le pire… », commente-t-il, la voix enrouée. Pour ce périple dangereux, sa femme et son beau-frère avaient déboursé 5 000 dollars (4 570 euros) chacun. Une centaine de personnes ont été secourues par les garde-côtes grecs. Soixante-dix-neuf corps ont été repêchés, mais des centaines de passagers sont toujours recherchés. Parmi les rescapés, les autorités grecques ont dénombré une majorité de Syriens (47), des Egyptiens (43) ainsi que douze Pakistanais et deux Palestiniens.
    « Ils m’envoient des photos de leurs enfants » D’après plusieurs sources concordantes, près de cent enfants voyageaient au fond de la cale du navire avec les femmes. A l’hôpital de Kalamata, Manolis Makaris, le médecin en charge depuis la nuit du drame, est submergé d’émotion : « Les migrants ont donné mon contact à leurs familles en Egypte, qui m’appellent pour avoir des nouvelles. Ils m’envoient des photos de leurs enfants. D’après leurs récits, il y aurait eu jusqu’à 100 mineurs coincés dans l’étage inférieur du bateau. » D’après les témoignages des rescapés recueillis par les autorités grecques, le bateau transportait 750 personnes, et le naufrage apparaît comme l’une des pires tragédies survenues dans les eaux grecques. Le dernier drame d’une telle ampleur remonte à juin 2016 lorsque près de 320 réfugiés se sont noyés au large de la

    #Covid-19#migrant#migration#postcovid#politiquemigratoire#UE#mediterranee#grece#italie#libye#syrie#egypte#palestine#pakistan###traversee#naufrage#mortalite

  • L’autre moitié

    C’est aujourd’hui la Journée internationale de la femme. En ce jour unique sur 365, les femmes font le point sur les progrès qu’elles ont pu accomplir au cours de l’année écoulée. Dans la plupart des pays, il est entendu que le jour unique accordé aux femmes n’est pas une mesure de leur importance dans la société, mais plutôt un jour de commémoration au cours duquel elles peuvent régulièrement évaluer la distance qu’elles ont parcourues (et qu’il leur reste à parcourir) dans leurs efforts en faveur de l’autonomisation et de l’égalité des sexes.

    C’est l’inverse au Pakistan, où même un jour sur 365 peut être considéré comme un chiffre trop élevé par rapport à l’importance accordée aux femmes dans ce pays. Beaucoup d’hommes pakistanais diraient – très sérieusement – que « un jour sur 365 » ne tient pas compte de la culture de leur pays, dont le principe central semble toujours se résumer à la suppression des femmes. Alors que d’autres pays peuvent proposer des mesures politiques qui aideraient leurs institutions et leurs entreprises privées à atteindre la parité hommes-femmes, le Pakistan, ou plutôt la majorité des hommes pakistanais, sont convaincus que les femmes ne méritent pas l’égalité ou l’émancipation. Au contraire, ils s’attendent à ce que les femmes passent leur vie à s’excuser de leur existence et à faire de leur mieux pour minimiser leur présence.

    https://entreleslignesentrelesmots.wordpress.com/2023/03/24/lautre-moitie

    #féminisme #pakistan

  • Pakistan : submergés et oubliés
    https://www.prison-insider.com/articles/pakistan-submerges-et-oublies

    Le #Pakistan est l’un des pays les plus affectés par le changement climatique. On relève en mai des températures record, au-delà de 50 °C, suivies de pluies diluviennes entraînant des inondations qui submergent un tiers du pays et touchent plus de 33 millions de personnes. Les prisons étaient-elles prêtes à faire face à ce désastre climatique  ? Quelles en ont été les répercussions sur les prisonniers et les personnels pénitentiaires  ?

    https://jpp.org.pk
    #prison_insider

  • Après les inondations catastrophiques, le Pakistan réclame des « réparations climatiques »

    L’été 2022 a été l’un des plus cruels qu’ait connu le Pakistan. À partir du mois de juin, le pays a été dévasté par des inondations d’une gravité sans précédent. Au mois de septembre, un tiers du Pakistan se trouvait sous les eaux et plus de 1 500 personnes étaient mortes, dont 500 enfants au moins, selon l’ONU. Selon les estimations, jusqu’à 30 millions de personnes seraient sans abri. Il faudra attendre encore six mois pour que les eaux se retirent complètement, laissant derrière elles des terres rendues incultivables.

    https://entreleslignesentrelesmots.wordpress.com/2022/11/13/apres-les-inondations-catastrophiques-le-pakis

    #international #pakistan #climat

  • In This World

    Jamal et Enayatullah sont deux cousins afghans qui vivent à #Peshawar, au #Pakistan. Orphelin, Jamal habite dans l’immense #camp_de_réfugiés de #Shamshatoo et gagne un dollar par jour dans un atelier.

    Enayatullah travaille pour sa part au marché, dans la boutique familiale. Pour échapper à la pauvreté et tenter une vie meilleure, son oncle décide qu’il sera envoyé en Angleterre. Jamal persuade la famille qu’il doit, lui aussi, être du voyage. Ils rejoignent tous les deux le million de réfugiés qui chaque année remettent leur vie entre les mains des passeurs. Leur voyage sera long et périlleux...

    https://fr.wikipedia.org/wiki/In_This_World
    #film #migrations #réfugiés #réfugiés_afghans

  • Double peine pour le Pakistan, noyé sous les inondations et les dettes

    Abdul Khaliq : Double peine pour le Pakistan, noyé sous les inondations et les dettes
    Aurore Mathieu : Inégalités climatique – qui va payer pour le Pakistan ?
    Farooq Tariq. : Après les inondations, le Pakistan a besoin de réparations, pas de charité
    ttps ://entreleslignesentrelesmots.wordpress.com/2022/09/10/double-peine-pour-le-pakistan-noye-sous-les-inondations-et-les-dettes-autre-texte/

    #international #pakistan

  • Catastrophe climatique au Pakistan : l’inaction des pays développés coûte cher | Robert Sandford

    La période de la mousson a été marquée par de terribles inondations au #Pakistan. Un tiers de la surface du pays s’est retrouvé sous les eaux. Au moins 1300 personnes ont été tuées. Robert Sandford explique comment de telles catastrophes sont liées au changement climatique et pourquoi elles sont amenées à devenir plus fréquentes. Pour le spécialiste, l’inaction des pays développés pourrait coûter très cher. (IGA)

    https://www.investigaction.net/fr/catastrophe-climatique-au-pakistan-linaction-des-pays-developpes-cou

  • Après les canicules, le déluge : le #Pakistan en première ligne du dérèglement climatique
    https://www.france24.com/fr/asie-pacifique/20220830-apr%C3%A8s-les-canicules-le-d%C3%A9luge-le-pakistan-en-premi%C3%A

    En avril, le gouvernement de l’ancien Premier ministre Imran Khan avait cependant fait un pas en avant dans la lutte contre le dérèglement climatique. Il avait annoncé un programme massif d’investissements dans les énergies renouvelables, la plantation d’arbres et, mesure hautement symbolique, la nomination d’une ministre du Changement climatique. Imran Khan a été évincé du #pouvoir quelques semaines plus tard, et pour l’heure le projet semble avorté.

    « #politique »

  • Le point sur la situation des inondations au Pakistan, l’action du PKRC et un appel à la solidarité financière internationale

    Les pluies de mousson incessantes et les crues soudaines ont dévasté le Pakistan, affectant des millions de personnes et provoquant d’énormes dégâts économiques. Le Pakistan Kissan Rabita Committee (PKRC) se mobilise pour assurer les secours et à besoin de notre aide pour se faire.

    https://entreleslignesentrelesmots.wordpress.com/2022/09/02/le-point-sur-la-situation-des-inondations-au-p

    #international #pakistan

  • Le #nationalisme sans nation du #Pakistan
    https://laviedesidees.fr/Le-nationalisme-sans-nation-du-Pakistan.html

    Alors que le Pakistan célèbre ses 75 ans, le pays connaît toujours une forte instabilité politique, avec l’éviction en avril du premier ministre Imran Khan. Le nouveau gouvernement est contraint d’avoir recours au FMI pour la 24e fois. Retour sur l’histoire politique du pays.

    #International #Entretiens_écrits
    https://laviedesidees.fr/IMG/docx/202208_levesque_pakistan.docx
    https://laviedesidees.fr/IMG/docx/20220902_levesque_pakistan.docx
    https://laviedesidees.fr/IMG/pdf/20220902_levesque_pakistan.pdf

  • Inondations dévastatrices au Pakistan – Un appel urgent à la solidarité financière

    La mousson apporte la misère à des millions de personnes au Pakistan

    Des pluies torrentielles ont un impact dévastateur sur la vie de millions de personnes au Pakistan, avec plus de 1000 morts, des centaines de milliers de personnes déplacées, 800 000 animaux tués et plus de 80% des cultures détruites. Ce sont des pluies sans précédent qui ont perturbé la vie de millions de personnes.

    https://entreleslignesentrelesmots.wordpress.com/2022/08/30/inondations-devastatrices-au-pakistan-un-appel

    #international #pakistan

    • Le titre biblique de départ est resté dans l’URL …
      Le monde découvre que le climat se dérègle même sans sortir de la cour de l’élysée.

    • https://www.theguardian.com/environment/2022/aug/29/monster-monsoon-why-the-floods-in-pakistan-are-so-devastating

      From the beginning of the month, the rainfall was nine times higher than average in Sindh province and five times higher across the whole of Pakistan. Basic physics is the reason rainfall is becoming intense around the world – warmer air holds more moisture.

      Scientists are already trying to determine the extent to which global heating is to blame for the rainfall and floods. But analysis of the previous worst flood in 2010 suggests it will be significant. That “superflood” was made more likely by global heating, which drove fiercer rains.

      Warmer oceans and heating in the Arctic were implicated in the 2010 superflood, one study found, as these factors affected the jet stream, a high-level wind that circles the planet. The greater meandering of the jet stream led to both the prolonged rain in Pakistan and an extreme heatwave in Russia that year.

      And according to a 2021 study global heating is making the south Asian monsoon more intense and more erratic, with each 1C rise in global temperature leading to 5% more rain.

      Pakistan has suffered regular flooding since 2010, as well as heatwaves and wildfires. “Climate change is really affecting us,” said Saeed. “It has become a norm now that every year we kind of face extreme events.”

  • Bosnia ed Erzegovina: il Paese-trappola dove i rifugiati non trovano protezione

    Il Paese balcanico continua a essere sprovvisto di un vero sistema d’asilo, ma con l’avvio dell’accordo di riammissione con il Pakistan cerca di non essere più nemmeno luogo di transito. Esponendo i richiedenti asilo alla violazione sistematica dei loro diritti. Il commento di Gianfranco Schiavone

    Colpisce vedere avviato, nell’agosto 2022, seppure con numeri simbolici, l’accordo di riammissione tra Bosnia ed Erzegovina e Pakistan del luglio 2021, dal momento che nel Paese balcanico il numero di migranti e richiedenti asilo continua a essere irrilevante. Come evidenziato dai dati dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr), a giugno 2022 sono arrivati poco più di duemila migranti. Nonostante il 95% abbia espresso intenzione di chiedere asilo e il secondo gruppo più numeroso sia costituito da cittadini afghani (la cui necessità di protezione è evidente) tale intenzione non si concretizza per quasi nessuno di loro tanto che sono pendenti 141 domande di protezione, tra cui dieci relative a cittadini pakistani. Il diritto d’asilo in Bosnia ed Erzegovina, a metà 2022, continua dunque a essere all’anno zero, ovvero allo stesso punto in cui si trovava al momento della pubblicazione, a luglio 2021 del rapporto di Rivolti ai Balcani “ Bosnia Erzegovina. La mancata accoglienza”.

    A un anno di distanza ritengo importante riprendere le parole contenute in quel rapporto laddove si ricordava come esiste “un quadro ben più complesso della facile spiegazione che riconduce l’assenza dei rifugiati nei Balcani alla sola ragione legata alla loro scelta di andare altrove. Tale spinta, che senza alcun dubbio esiste, è prodotta anche dal fatto che provare a rimanere è impossibile: le condizioni di assoluto e inaccettabile degrado nei campi di ‘accoglienza’, la mancanza di ogni forma di accoglienza ordinaria alternativa alla logica dei campi, la radicale assenza di qualsiasi percorso di integrazione sociale, anche per i pochi titolari di protezione internazionale, l’applicazione di criteri rigidi e i tempi d’attesa lunghissimi per l’esame delle domande (prossimi a due anni, nonostante i pochissimi richiedenti), la mancanza, nei diversi ordinamenti, di una forma di protezione aggiuntiva a quella internazionale, compongono un paradigma espulsivo durissimo”.

    Inseguendo una strategia alquanto ardita, la Bosnia ed Erzegovina, con il supporto dell’Unione europea, non solo vuole rimanere uno Stato senza un vero sistema di asilo ma, con l’avvio dell’accordo di riammissione con il Pakistan, cerca di non essere più nemmeno un Paese di transito. Sembra bensì aspirare a divenire un Paese-trappola dove i rifugiati non possono godere di alcuna protezione e nello stesso tempo sono esposti al rischio di respingimento verso lo Stato d’origine. Come fa ben notare la ricercatrice Gorana Mlinarevic la natura giuridicamente ambigua dei campi di confinamento sorti in Bosnia negli ultimi anni e del Temporary reception centre di Lipa in particolare (oggetto del rapporto di RiVolti ai Balcani “Lipa. Il campo dove fallisce l’Europa”) si presta benissimo a trasformare tali luoghi in centri di detenzione, anche de facto, da cui effettuare le espulsioni. Uno scenario che è stato ipotizzato anche in occasione del convegno internazionale “I campi di confinamento nell’Europa del XXI secolo”, organizzato da Rivolti ai Balcani e dal Centro Balducci nel maggio 2022.

    La strategia criminosa del Paese-trappola è uno scenario concreto. Favorito, come di nuovo fa ben notare la Mlinarevic, dall’assenza, in Bosnia ed Erzegovina, di una rete di organizzazioni indipendenti che abbiano la capacità di monitorare il rispetto della legalità nei campi di confinamento e sul territorio. Si tratta però anche di una strategia molto difficile da realizzare, persino in Paese come la Bosnia dal momento che, pur nel quadro di sostanziale disprezzo per i diritti dei migranti -trattati come non-persone- non potrà essere impedito l’esercizio del diritto d’asilo, ai cittadini pakistani come ad afghani, iraniani e a cittadini di altre nazionalità. Un diritto che fino ad ora non veniva esercitato da chi ne aveva titolo, per usufruire di una sorta di informale “diritto di transito”. Scenario che potrebbe cambiare bruscamente trasformando questo piccolo Paese in una destinazione, almeno temporanea, di rifugiati.

    Rimangono quindi inalterate nella loro validità le raccomandazioni di RiVolti ai Balcani contenute nel rapporto “Rotta balcanica. Migranti senza diritti nel cuore dell’Europa” dove si sottolineava la assoluta necessità di “supportare la Bosnia ed Erzegovina e gli altri Paesi non-Ue dell’area balcanica nella progressiva costruzione di sistemi di asilo realmente sostenibili alle loro possibilità e condizioni evitando in ogni caso la realizzazione di campi di confinamento” e, in parallelo, si chiedeva l’istituzione di “un sistema di relocation europeo dai Paesi non appartenenti all’Unione dell’area balcanica”.

    https://altreconomia.it/bosnia-ed-erzegovina-il-paese-trappola-dove-i-rifugiati-non-trovano-pro

    #Bosnie-Herzégovine #asile #migrations #réfugiés #Balkans #route_des_Balkans #Bosnie #Pakistan #réfugiés_pakistanais #renvois #accord_de_réadmission #accord_bilatéral

  • Imran Khan rewrites Pakistan’s political history
    https://thecradle.co/Article/columns/13176

    Khan not ‘out’

    However, such euphoria was short-lived. Contrary to the estimations, including in India, that Imran Khan’s political career was over, events have shown that he is still very much Pakistan’s current history, and, if anything, it is the usurpers in Islamabad who are relics from the past.

    To be sure, Khan’s “jihad” has taken the form of a tsunami that today threatens to drown the usurpers. The manner in which he has stormed the heartland of Punjab in Sunday’s by-elections must be sending alarm bells ringing in the corridors of power, not only in Lahore but also in Islamabad.

    A landslide victory

    The mammoth crowds that follow Imran Khan everywhere are indeed turning into votes. Without doubt, it is after a very long time that a truly charismatic politician has appeared on the Pakistani political landscape.

    Khan has stunned his detractors and political opponents by taking control of the crucial Punjab provincial assembly. His party won 15 of 20 seats up for grab in by-elections, trouncing arch-rival Pakistan Muslim League-N (which incidentally heads the federal government in Islamabad also since April after Imran Khan’s ouster) on its home ground.

    The result is not only a major blow for current Prime Minister Shehbaz Sharif but is also widely regarded as a foretaste of what could happen in a general election. Imran Khan has been demanding an early general election which is otherwise due in October 2023.

    The powers that be

    The conventional wisdom that the Pakistani military establishment would feel challenged by such a spectre has been proven wrong this time around (which also augurs well for the country’s political future.) Fundamentally, the axiom that a Pakistani civilian politician who developed differences with the military leadership would be a fallen angel ever condemned to oblivion has also withered away.

    In fact, the swiftness of Imran Khan’s return to centre stage is awesome, as if he never quit the centre stage and the usurpers were mere interlopers.

    Imran Khan has rewritten Pakistan’s political history by knocking at the doors of political power so soon after his ouster by an unholy alliance of time servers with foreign patronage.

    If the election results from Punjab have conveyed one single thing, it is that the people of that country have understood what democratic empowerment is and are determined to voice their opinion.

    And that opinion is, unmistakably, that the regime change in Lahore following the ouster of Imran Khan’s party from power was a repugnant episode, and must be undone. The strong likelihood is that it also becomes a signpost for those in power in Islamabad.

    #pakistan

  • More Afghans with protection guaranteed to reach Germany in coming months

    German Foreign Minister Annalena Baerbock has said she expects more Afghans to be brought to Germany in the near future, following a new agreement with Pakistan.

    Annalena Baerbock announced on Thursday (June 23) that a new agreement with Pakistan will create a legal exit route via Pakistan to Germany for thousands of people who have been promised protection in Germany, adding that work on implementing the agreement was proceeding at full speed.

    The foreign minister said that those who had already been promised protection by the German government would be the main beneficiaries of this new exit route. She highlighted that the personal information of those who will benefit from the new arrangement was known to German authorities, which will facilitate their quick transfer to Germany from Pakistan.

    Ambitious action plan

    Baerbock also gave an interim assessment of the government’s “Afghanistan Action Plan,” which she first presented six months ago, shortly after accepting her position as foreign minister.

    She said that about two-thirds of the people who had been granted protection had managed to make their way to Germany. This is equivalent to a total of more than 21,000 Afghan nationals.

    The number of departures from Afghanistan and neighboring countries has almost doubled since the action plan was implemented at beginning of the year. More than 12,000 people have been brought to Germany since then. However according to some reports, help came too late for some, resulting in a series of deaths.

    Afghanistan mission ’not in vain’

    In her statement, Baerbock also welcomed the Bundestag’s planned Afghanistan inquiry committee, which is expected to begin its work on July 7. She said that it was important to learn from the mistakes of the Bundeswehr mission in Afghanistan in the past two decades without blaming anyone. Baerbock emphasized that the Afghanistan mission “was not in vain.”

    Germany’s Bundeswehr withdrew from Afghanistan alongside various other international forces at the end of June 2021, having had a continuous presence in the country for almost 20 years. International forces led by the US had declared war on Afghanistan following the terrorist attacks on the United States on September 11, 2001.

    Following the ouster of the militant Islamist Taliban government during that war, whom the US had accused of harboring the mastermind of the attack, Osama bin Laden, thousands of international troops remained in Afghanistan to help the country with its nation-building efforts while also trying to minimize attacks by militants.

    After taking power in August 2021 amid the power vacuum left behind by the withdrawal of international troops, the Taliban have restricted civil liberties, increasingly excluding girls and women in particular from public life. There have also been reports of violence against people who had collaborated with the international forces in the country over the past 20 years.

    https://www.infomigrants.net/en/post/41452/more-afghans-with-protection-guaranteed-to-reach-germany-in-coming-mon

    #Allemagne #asile #migrations #réfugiés #corridors_humanitaires #réfugiés_afghans #Afghanistan #Pakistan #voies_légales #Afghanistan_Action_Plan

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