Mouvements féministes au Pakistan : défis et luttes
Asma Aamir écrit sur la trajectoire et les pratiques actuelles des mouvements féministes pakistanais, leurs défis et leurs voies à suivre
Je voudrais parler du Pakistan, un pays qui n’a pas d’État laïc, comme la Turquie et d’autres. Son nom officiel est la République islamique du Pakistan, et le pays est gouverné par les gouvernements fédéral et provinciaux, conformément à la Constitution de 1973. Le système judiciaire est divisé en tribunaux civils, tribunaux pénaux et tribunal de charia, qui examine les lois du pays conformément à la loi et au droit islamique.
La Cour fédérale de la Charia est la seule autorité dotée du pouvoir constitutionnel d’interdire et d’empêcher la promulgation de lois par le Parlement pakistanais lorsqu’elles sont jugées contraires aux préceptes islamiques. La cour se concentre principalement sur l’analyse des lois nouvelles ou existantes dans le pays. Si une loi viole le Coran, la Sunna ou les hadiths, le Tribunal de la Charia interdira sa promulgation.
▻https://entreleslignesentrelesmots.wordpress.com/2024/02/16/mouvements-feministes-au-pakistan-defis-et-lut
]]>#Pakistan election: Politician gives up seat he says was rigged for his win - BBC News
▻https://www.bbc.com/news/world-asia-68302678
Hafiz Naeem ur Rehman of the Jamaat-e-Islami party had been named the victor of the provincial assembly seat PS-129 in the city of Karachi.
But this week he claimed the candidate backed by Imran Khan’s PTI party had secured far more votes and that their tally had been reduced.
As such he would relinquish the seat.
“If anyone wants to make us win in an illegitimate manner, we will not be accepting that,” Mr Rehman said at a press conference held by his party on Monday.
He added: “Public opinion should be respected, let the winner win, let the loser lose, no one should get anything extra.”
He said that while he had received more than 26,000 votes, the independent candidate Saif Bari, backed by the PTI, had received 31,000 votes - but these were presented as 11,000 votes.
Pakistani electoral authorities have denied the allegations. It is unclear who will take up the PS-129 seat now.
But the incident is just the latest highlighting the crisis around Pakistan’s elections held last Thursday, which have been marred by allegations of widespread vote fraud and interference, which were said to have damaged candidates affiliated with Khan.
]]>Attaques à la frontière entre le Pakistan et l’Iran : une mise en perspectives historiques
Après une frappe aérienne de l’armée pakistanaise le 18 janvier dans une ville frontalière iranienne qui a tué au moins 9 personnes en représailles à l’attaque de missiles du 16 janvier sur la ville frontalière du Baloutchistan qui, elle, avait tué entre autres deux enfants, les gouvernements pakistanais et iranien ont convenu de désamorcer la menace de guerre et de rétablir des relations diplomatiques à part entière.
▻https://entreleslignesentrelesmots.wordpress.com/2024/01/25/attaques-a-la-frontiere-entre-le-pakistan-et-l
]]>#Pakistan: detenzioni e deportazioni contro i rifugiati afghani
In corso un’altra catastrofe umanitaria, molte persone a rischio di persecuzione in Afghanistan
Dal 1° ottobre quasi 400mila persone afgane, di cui circa 220.000 in queste settimane di novembre, hanno abbandonato il Pakistan, in quella che appare sempre più come una pulizia etnica operata contro una minoranza. I numeri sono quelli forniti da UNHCR 1, dopo che il 17 settembre, il governo pakistano ha annunciato che tutte le persone “irregolari” avrebbero dovuto lasciare volontariamente il Paese entro il 1° novembre, pena la deportazione.
La maggior parte delle persone rientrate e in Afghanistan sono donne e bambini: 1 bambino su quattro è sotto i cinque anni e oltre il 60% dei minori ha meno di 17 anni 2.
E’ emerso, ultimamente, che le persone afghane senza documenti che lasciano il Pakistan per andare in altri paesi devono pagare una tassa di 830 dollari (760 euro).
Amnesty International ha denunciato detenzioni di massa in centri di espulsione e che le persone prive di documenti sono state avviate alla deportazione senza che ai loro familiari fosse fornita alcuna informazione sul luogo in cui sono state portate e sulla data della deportazione. L’Ong ha dichiarato che il governo del Pakistan deve interrompere immediatamente le detenzioni, le deportazioni e le vessazioni diffuse nei confronti delle persone afghane.
Dall’inizio di ottobre, inoltre, Amnesty ha raccolto informazioni relative agli sgomberi: diversi katchi abadis (insediamenti informali) che ospitano rifugiati afghani sono stati demoliti dalla Capital Development Authority (CDA) di Islamabad, le baracche sono state distrutte con i beni ancora al loro interno.
In tutto il Pakistan, ha illustrato il governo, sono stati istituiti 49 centri di detenzione (chiamati anche centri di “detenzione” o di “transito”). «Questi centri di deportazione – ha affermato Amnesty – non sono stati costruiti in base a una legge specifica e funzionano parallelamente al sistema legale». L’associazione ha verificato che in almeno 7 centri di detenzione non viene esteso alcun diritto legale ai detenuti, come il diritto a un avvocato o alla comunicazione con i familiari. Sono centri che violano il diritto alla libertà e a un giusto processo. Inoltre, nessuna informazione viene resa pubblica, rendendo difficile per le famiglie rintracciare i propri cari. Amnesty ha confermato il livello di segretezza a tal punto che nessun giornalista ha avuto accesso a questi centri.
Secondo quanto riporta Save the Children, molte famiglie deportate in Afghanistan non hanno un posto dove vivere, né soldi per il cibo, e sono ospitate in rifugi di fortuna, in una situazione disperata e in continuo peggioramento. Molte persone accusano gravi infezioni respiratorie, probabilmente dovute alla prolungata esposizione alle tempeste di polvere, ai centri chiusi e fumosi, al contagio dovuto alla vicinanza di altre persone malate e al freddo estremo, dato che molte famiglie hanno viaggiato verso l’Afghanistan in camion aperti e sovraffollati. Sono, inoltre, ad altissimo rischio di contrarre gravi malattie, che si stanno diffondendo rapidamente, tra cui la dissenteria acuta, altamente contagiosa e pericolosa.
Una catastrofe umanitaria
«Migliaia di rifugiati afghani vengono usati come pedine politiche per essere rispediti nell’Afghanistan controllato dai talebani, dove la loro vita e la loro integrità fisica potrebbero essere a rischio, nel contesto di una intensificata repressione dei diritti umani e di una catastrofe umanitaria in corso. Nessuno dovrebbe essere sottoposto a deportazioni forzate di massa e il Pakistan farebbe bene a ricordare i suoi obblighi legali internazionali, compreso il principio di non respingimento», ha dichiarato Livia Saccardi, vice direttrice regionale di Amnesty International per l’Asia meridionale.
Il valico di frontiera di Torkham con l’Afghanistan è diventato un grande campo profughi a cielo aperto e le condizioni sono drammatiche. Le organizzazioni umanitarie presenti in loco per fornire assistenza hanno raccolto diverse testimonianze. «La folla a Torkham è opprimente, non è un luogo per bambini e donne. Di notte fa freddo e i bambini non hanno vestiti caldi. Ci sono anche pochi servizi igienici e l’acqua potabile è scarsa. Abbiamo bisogno di almeno un rifugio adeguato», ha raccontato una ragazza di 20 anni.
«Le condizioni di salute dei bambini non sono buone, la maggior parte ha dolori allo stomaco. A causa della mancanza di acqua pulita e di strutture igieniche adeguate, non possono lavarsi le mani in modo corretto. Non ci sono servizi igienici puliti e questi bambini non ricevono pasti regolari e adeguati» ha dichiarato una dottoressa di Save the Children. «Se rimarranno qui per un periodo più lungo o se la situazione persisterà e il clima diventerà più freddo, ci saranno molti rischi per la salute dei bambini. Di notte la temperatura scende parecchio ed è difficile garantire il benessere dei più piccoli all’interno delle tende. Questo può influire negativamente sulla salute del bambino e della madre. È urgente distribuire vestiti caldi ai bambini e beni necessari, come assorbenti e biancheria intima per le giovani donne e altri articoli essenziali per ridurre i rischi per la salute di donne e bambini».
«Il Pakistan deve adempiere agli obblighi previsti dalla legge internazionale sui diritti umani per garantire la sicurezza e il benessere dei rifugiati afghani all’interno dei suoi confini e fermare immediatamente le deportazioni per evitare un’ulteriore escalation di questa crisi. Il governo, insieme all’UNHCR, deve accelerare la registrazione dei richiedenti che cercano rifugio in Pakistan, in particolare le donne e le ragazze, i giornalisti e coloro che appartengono a comunità etniche e minoritarie, poiché corrono rischi maggiori. Se il governo pakistano non interrompe immediatamente le deportazioni, negherà a migliaia di afghani a rischio, soprattutto donne e ragazze, l’accesso alla sicurezza, all’istruzione e ai mezzi di sussistenza», ha affermato Livia Saccardi.
Come si vive nell’Afghanistan con i talebani al potere lo denuncia CISDA, il Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane, che ha pubblicato un dossier “I diritti negati delle donne afghane” che racconta la vita quotidiana delle donne afghane e ripercorre la storia del Paese fino ai giorni nostri.
«L’Afghanistan è un Paese allo stremo, stretto nella morsa dei talebani e alla mercé degli interessi geopolitici ed economici di diversi paesi. Se per tutta la popolazione afghana vivere è una sfida quotidiana, per le donne è un’impresa impervia», ha scritto CISDA che con questa pubblicazione ha voluto ripercorre le tappe principali della storia afghana, cercando di capire chi sono i talebani di oggi e realizzando approfondimenti tematici per comprendere qual è la situazione attuale del paese. E soprattutto ha voluto dar voce alle donne afghane raccogliendo le loro storie.
▻https://www.meltingpot.org/2023/11/pakistan-detenzioni-e-deportazioni-contro-i-rifugiati-afghani
#réfugiés_afghans #déportations #renvois #asile #migrations #réfugiés #Torkham #camps_de_réfugiés #centres_d'expulsion #détention_de_masse #rétention #détention #katchi_abadis #Capital_Development_Authority (#CDA)
Le décès d’un alpiniste entouré de 50 personnes suscite l’indignation : "Ce qu’il s’est passé là-bas est scandaleux" La Rédaction - La Libre
Mohammad Hassan, un alpiniste pakistanais de 27 ans, a entamé l’ascension du K2, la deuxième plus haute montagne du monde. Mais il a vu son aventure prendre fin à 400 mètres du sommet, abandonné par ses confrères et suscitant l’indignation dans le monde de l’alpinisme.

Mohammad Hassan a gravement chuté à la suite d’une avalanche le 27 juillet dernier, alors qu’il escaladait le K2. Les lourdes blessures dont souffrait l’alpiniste ont finalement causé sa mort. Mais ce dernier n’est pas décédé sur le coup. Mohammad Hassan s’est retrouvé suspendu par les pieds, la tête en bas, par une corde.
Mohammad Hassan n’aura pas pu compter sur l’aide de ses coéquipiers, qui ont contourné Mohammad pour continuer leur périple. Des images de drone enregistrées par le caméraman Philip Flämig montrent qu’une cinquantaine d’alpinistes sont passés à côté de lui sans lui porter secours. Ces alpinistes ont même tendu une nouvelle corde pour poursuivre leur épopée.
Après de longues minutes d’agonie, seul un travailleur humanitaire est finalement venu en aide à Mohammad et a tenté de le maintenir conscient au moyen d’un massage. Aucune opération de sauvetage n’a été organisée pour sauver le jeune homme, qui a succombé à ses blessures.
Philip Flämig médusé a partagé ses impressions sur cette scène épouvantable. Pour lui, les autres alpinistes, animés par le défi, ont mal évalué leurs priorités : “C’était une ascension très animée et compétitive vers le sommet”. Ce sentiment d’incompréhension est partagé par Wilhelm Steindl, qui a participé à l’expédition mais a rebroussé chemin suite aux conditions dangereuses. "Ce qu’il s’est passé là-bas est scandaleux. Une personne vivante est laissée sur place pour que l’on puisse encore monter. Il n’aurait fallu que trois ou quatre personnes pour le sauver. Si j’avais vu ça, je serais monté pour aider ce pauvre homme", a-t-il déclaré au Telegraaf.
#K2Trajedy
Top female climber Tamara Lungar exploded on the human tragedy on K2 & behaviour of follow climbers there.
Read her exact words of a true alpinist, who lost a close mate in K2 Winter 2021
“ I have now really needed a few days to sort out my thoughts because I am pic.twitter.com/x3L97FLPvw
-- The Northerner (@northerner_the) August 10, 2023 _
#Montagne #Alpinisme #Sport #performances #ascension #accident #racisme
Source : ▻https://www.lalibre.be/international/asie/2023/08/11/un-alpiniste-meurt-apres-une-chute-sans-pouvoir-compter-sur-laide-des-50-aut
]]>#Pakistan Cypher Exposes U.S. Pressure to Remove Imran Khan
►https://theintercept.com/2023/08/09/imran-khan-pakistan-cypher-ukraine-russia
THE U.S. STATE DEPARTMENT encouraged the Pakistani government in a March 7, 2022, meeting to remove Imran Khan as prime minister over his neutrality on the Russian invasion of Ukraine, according to a classified Pakistani government document obtained by The Intercept.
]]> Archive Stories is a website about how to work with creative and non-traditional archives. We wanted to create a space for conversations about archiving beyond institutional archives, to think through the possibilities that open up when we imagine the archive as expansive and as encompassing everything around us. We designed this website with Frederick Kannemeyer, to reflect the idea of archiving as a creative practice. It is open access so that it is accessible beyond academic spaces, and designed in a way that allows you to make your way through without a set path. This website includes a collection of 23 archive stories, and we will add more each year. The website as a whole rejects the notion of a complete archive, instead seeing archiving as an incomplete and always-expanding practice. The aim is not to give an alternative definition of what an archive is or alternative archival practices that can be directly emulated, but rather to propose other ways of thinking with and working with archives that still leave space for many other approaches.
We imagine this website as a starting point for anyone interested in exploring more creative and non-traditional archives. The focus of these archive stories is not on the archives themselves but rather on archiving as a creative practice. What does it mean to work with creative archives like music, food, or film? How does someone begin working with archives like these? How might we come across unexpected archives when we expand what ‘archive’ means? We invited people who already do this work to take us on their journey with archiving. Alongside the website, we organise workshops where we invite archivists who do this type of work to speak to us about how they archive and what this means for the way we define archives and archiving.
We believe these archive stories are increasingly important in light of the difficulties around institutional archives. National state archives, though important, raise a whole host of concerns. In some places, such as Palestine, they have been and continue to be destroyed as part of violent political processes. In other places, people are denied access to them because of authoritarianism and repression, or because they have not been taken care of. Colonial archives, another source of history for much of the world, equally raise concerns. They represent colonial power, and are thus organised in ways that replicate that power; we see this in the way they are organsised and curated, as well as in the history of how the archival objects were collected to begin with. Though we can read institutional archives against the grain, we believe that there are a whole array of other archives that have much to tell us about history.
We have an expansive notion of the meaning of an archive, hoping to disrupt traditional disciplinary boundaries in the academy and start conversations with activists, film makers, and musicians. Archive Stories also involved students submitting their own reflections on encountering archives, and one included on this website explores the history of LSE student activism. In this sense, students relate to the history of LSE differently, recalling the traces of activism as they walk through today’s campus. These encounters with the archive were also apparent in the pilot workshop organized this year with May Day Roomsand Conflict Textiles. Students were able to make sense of different archiving practices, and to approach the archive as a process rather than a depository of documents.. Students had the tactile and visual memory of encountering archives that traveled to campus from different parts of the world.
Archive Stories features not only different kinds of archives, but also different types of archivists. Oral history, for example, makes it possible for narrators to act as archivists in their own right. Through memory and story-telling, the narrators document political, social, and cultural subtleties that together tell a different side of history. The act of remembering is therefore not about ‘preserving’ an existing archive but by crafting a new one altogether that becomes constantly shaped and reshaped by the present. Musicians recovering old sound recordings from the early 20th century tell a different story on the history of music that takes seriously those who were left on the margins of this history, and with every performance something new is both formed and recovered. Filmmakers read a new politics of solidarity through encountering, and recrafting film archives from the past. These kinds of archives open up new possibilities of engaging with the past without getting ‘stuck’ there. What would it mean, for example, to archive absence today? Approaching archiving as a practice, rather than a finished product, makes it possible to keep telling all the different stories of absence and disappearance from the past and the present. It makes it possible to think about all the bodies that acted, resisted, traveled, disappeared, and incarcerated.
We hope you enjoy exploring the archive stories gathered here, and we hope you encounter archives and archiving differently through this website. Please get in touch if you want to submit an archive story or participate in the project.
▻https://archive-stories.com
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Après le naufrage au large de la Grèce, la détresse des familles des victimes
▻https://www.lemonde.fr/international/article/2023/06/16/apres-le-naufrage-au-large-de-la-grece-la-detresse-des-familles-des-victimes
Après le naufrage au large de la Grèce, la détresse des familles des victimes. Les chances de retrouver des rescapés s’amenuisent, alors que des centaines de passagers du chalutier ayant chaviré sont toujours recherchés. La polémique sur la non-intervention des garde-côtes grecs et de Frontex prend de l’ampleur.
Par Marina Rafenberg(envoyée spéciale à Kalamata)
Publié aujourd’hui à 05h45, modifié à 06h57
Devant la maison néoclassique turquoise, qui abrite la police portuaire de Kalamata, Kassem Abo Zaid, 34 ans, ne retient plus ses larmes. « Je n’ai pas dormi depuis vingt-quatre heures, et je suis venu au plus vite depuis Hambourg pour avoir des nouvelles », explique le réfugié syrien de Deraa. Sa femme, Ezra, 21 ans, et son beau-frère, Abdullah, 19 ans, avaient pris le chalutier bleu qui a coulé dans la nuit de mardi 13 juin à mercredi 14 juin à 47 milles marins (87 kilomètres) de Pylos, en mer Ionienne, alors qu’il avait pour destination finale l’Italie.
Jeudi 15 juin, pour le deuxième jour consécutif, deux patrouilleurs, un hélicoptère et six autres navires de la région continuent leurs recherches à l’ouest des côtes du Péloponnèse. Mais selon les secouristes, les chances de retrouver des rescapés s’amenuisent au fil des heures. Sur son téléphone portable, Kassem dévoile une photo où il tient sa femme dans ses bras. « Nous étions heureux, je me réjouissais de la retrouver, mais désormais, je ne sais pas où elle se trouve. Elle n’est pas parmi les survivants à l’hôpital ou au port, et je crains le pire… », commente-t-il, la voix enrouée. Pour ce périple dangereux, sa femme et son beau-frère avaient déboursé 5 000 dollars (4 570 euros) chacun. Une centaine de personnes ont été secourues par les garde-côtes grecs. Soixante-dix-neuf corps ont été repêchés, mais des centaines de passagers sont toujours recherchés. Parmi les rescapés, les autorités grecques ont dénombré une majorité de Syriens (47), des Egyptiens (43) ainsi que douze Pakistanais et deux Palestiniens.
« Ils m’envoient des photos de leurs enfants » D’après plusieurs sources concordantes, près de cent enfants voyageaient au fond de la cale du navire avec les femmes. A l’hôpital de Kalamata, Manolis Makaris, le médecin en charge depuis la nuit du drame, est submergé d’émotion : « Les migrants ont donné mon contact à leurs familles en Egypte, qui m’appellent pour avoir des nouvelles. Ils m’envoient des photos de leurs enfants. D’après leurs récits, il y aurait eu jusqu’à 100 mineurs coincés dans l’étage inférieur du bateau. » D’après les témoignages des rescapés recueillis par les autorités grecques, le bateau transportait 750 personnes, et le naufrage apparaît comme l’une des pires tragédies survenues dans les eaux grecques. Le dernier drame d’une telle ampleur remonte à juin 2016 lorsque près de 320 réfugiés se sont noyés au large de la
#Covid-19#migrant#migration#postcovid#politiquemigratoire#UE#mediterranee#grece#italie#libye#syrie#egypte#palestine#pakistan###traversee#naufrage#mortalite
]]>Le Pakistan, une création artificielle de l’impérialisme britannique
L’autre moitié
C’est aujourd’hui la Journée internationale de la femme. En ce jour unique sur 365, les femmes font le point sur les progrès qu’elles ont pu accomplir au cours de l’année écoulée. Dans la plupart des pays, il est entendu que le jour unique accordé aux femmes n’est pas une mesure de leur importance dans la société, mais plutôt un jour de commémoration au cours duquel elles peuvent régulièrement évaluer la distance qu’elles ont parcourues (et qu’il leur reste à parcourir) dans leurs efforts en faveur de l’autonomisation et de l’égalité des sexes.
C’est l’inverse au Pakistan, où même un jour sur 365 peut être considéré comme un chiffre trop élevé par rapport à l’importance accordée aux femmes dans ce pays. Beaucoup d’hommes pakistanais diraient – très sérieusement – que « un jour sur 365 » ne tient pas compte de la culture de leur pays, dont le principe central semble toujours se résumer à la suppression des femmes. Alors que d’autres pays peuvent proposer des mesures politiques qui aideraient leurs institutions et leurs entreprises privées à atteindre la parité hommes-femmes, le Pakistan, ou plutôt la majorité des hommes pakistanais, sont convaincus que les femmes ne méritent pas l’égalité ou l’émancipation. Au contraire, ils s’attendent à ce que les femmes passent leur vie à s’excuser de leur existence et à faire de leur mieux pour minimiser leur présence.
▻https://entreleslignesentrelesmots.wordpress.com/2023/03/24/lautre-moitie
]]>Le capitalisme à main armée
Caïds et patrons à Karachi
CNRS éditions, 2 février 2023
▻https://www.librairiealbinmichel.fr/listeliv.php?base=ebook&form_recherche_avancee=ok&auteurs=Laure
]]>Pakistan : submergés et oubliés
▻https://www.prison-insider.com/articles/pakistan-submerges-et-oublies
Le #Pakistan est l’un des pays les plus affectés par le changement climatique. On relève en mai des températures record, au-delà de 50 °C, suivies de pluies diluviennes entraînant des inondations qui submergent un tiers du pays et touchent plus de 33 millions de personnes. Les prisons étaient-elles prêtes à faire face à ce désastre climatique ? Quelles en ont été les répercussions sur les prisonniers et les personnels pénitentiaires ?
]]>Après les inondations catastrophiques, le Pakistan réclame des « réparations climatiques »
L’été 2022 a été l’un des plus cruels qu’ait connu le Pakistan. À partir du mois de juin, le pays a été dévasté par des inondations d’une gravité sans précédent. Au mois de septembre, un tiers du Pakistan se trouvait sous les eaux et plus de 1 500 personnes étaient mortes, dont 500 enfants au moins, selon l’ONU. Selon les estimations, jusqu’à 30 millions de personnes seraient sans abri. Il faudra attendre encore six mois pour que les eaux se retirent complètement, laissant derrière elles des terres rendues incultivables.
▻https://entreleslignesentrelesmots.wordpress.com/2022/11/13/apres-les-inondations-catastrophiques-le-pakis
]]>In This World
Jamal et Enayatullah sont deux cousins afghans qui vivent à #Peshawar, au #Pakistan. Orphelin, Jamal habite dans l’immense #camp_de_réfugiés de #Shamshatoo et gagne un dollar par jour dans un atelier.
Enayatullah travaille pour sa part au marché, dans la boutique familiale. Pour échapper à la pauvreté et tenter une vie meilleure, son oncle décide qu’il sera envoyé en Angleterre. Jamal persuade la famille qu’il doit, lui aussi, être du voyage. Ils rejoignent tous les deux le million de réfugiés qui chaque année remettent leur vie entre les mains des passeurs. Leur voyage sera long et périlleux...
▻https://fr.wikipedia.org/wiki/In_This_World
#film #migrations #réfugiés #réfugiés_afghans
Double peine pour le Pakistan, noyé sous les inondations et les dettes
Abdul Khaliq : Double peine pour le Pakistan, noyé sous les inondations et les dettes
Aurore Mathieu : Inégalités climatique – qui va payer pour le Pakistan ?
Farooq Tariq. : Après les inondations, le Pakistan a besoin de réparations, pas de charité
ttps ://entreleslignesentrelesmots.wordpress.com/2022/09/10/double-peine-pour-le-pakistan-noye-sous-les-inondations-et-les-dettes-autre-texte/
Catastrophe climatique au Pakistan : l’inaction des pays développés coûte cher | Robert Sandford
La période de la mousson a été marquée par de terribles inondations au #Pakistan. Un tiers de la surface du pays s’est retrouvé sous les eaux. Au moins 1300 personnes ont été tuées. Robert Sandford explique comment de telles catastrophes sont liées au changement climatique et pourquoi elles sont amenées à devenir plus fréquentes. Pour le spécialiste, l’inaction des pays développés pourrait coûter très cher. (IGA)
▻https://www.investigaction.net/fr/catastrophe-climatique-au-pakistan-linaction-des-pays-developpes-cou
Après les canicules, le déluge : le #Pakistan en première ligne du dérèglement climatique
▻https://www.france24.com/fr/asie-pacifique/20220830-apr%C3%A8s-les-canicules-le-d%C3%A9luge-le-pakistan-en-premi%C3%A
En avril, le gouvernement de l’ancien Premier ministre Imran Khan avait cependant fait un pas en avant dans la lutte contre le dérèglement climatique. Il avait annoncé un programme massif d’investissements dans les énergies renouvelables, la plantation d’arbres et, mesure hautement symbolique, la nomination d’une ministre du Changement climatique. Imran Khan a été évincé du #pouvoir quelques semaines plus tard, et pour l’heure le projet semble avorté.
« #politique »
]]>Le point sur la situation des inondations au Pakistan, l’action du PKRC et un appel à la solidarité financière internationale
Les pluies de mousson incessantes et les crues soudaines ont dévasté le Pakistan, affectant des millions de personnes et provoquant d’énormes dégâts économiques. Le Pakistan Kissan Rabita Committee (PKRC) se mobilise pour assurer les secours et à besoin de notre aide pour se faire.
▻https://entreleslignesentrelesmots.wordpress.com/2022/09/02/le-point-sur-la-situation-des-inondations-au-p
]]>Le #nationalisme sans nation du #Pakistan
▻https://laviedesidees.fr/Le-nationalisme-sans-nation-du-Pakistan.html
Alors que le Pakistan célèbre ses 75 ans, le pays connaît toujours une forte instabilité politique, avec l’éviction en avril du premier ministre Imran Khan. Le nouveau gouvernement est contraint d’avoir recours au FMI pour la 24e fois. Retour sur l’histoire politique du pays.
#International #Entretiens_écrits
▻https://laviedesidees.fr/IMG/docx/202208_levesque_pakistan.docx
▻https://laviedesidees.fr/IMG/docx/20220902_levesque_pakistan.docx
▻https://laviedesidees.fr/IMG/pdf/20220902_levesque_pakistan.pdf
Inondations dévastatrices au Pakistan – Un appel urgent à la solidarité financière
La mousson apporte la misère à des millions de personnes au Pakistan
Des pluies torrentielles ont un impact dévastateur sur la vie de millions de personnes au Pakistan, avec plus de 1000 morts, des centaines de milliers de personnes déplacées, 800 000 animaux tués et plus de 80% des cultures détruites. Ce sont des pluies sans précédent qui ont perturbé la vie de millions de personnes.
▻https://entreleslignesentrelesmots.wordpress.com/2022/08/30/inondations-devastatrices-au-pakistan-un-appel
]]>Un tiers du Pakistan sous les eaux
▻https://www.ledevoir.com/monde/asie/750309/pires-inondations-au-pakistan-depuis-30-ans
]]>Le #Pakistan ravagé par des #inondations depuis trois mois
▻https://www.lemonde.fr/international/article/2022/08/29/c-est-l-apocalypse-le-pakistan-ravage-par-des-inondations-depuis-trois-mois_
La moitié du pays de 220 millions d’habitants est sous les eaux en raison de la fonte des glaciers et d’une mousson totalement déréglée. Plus de 1 000 personnes sont mortes depuis juin.
]]>Bosnia ed Erzegovina: il Paese-trappola dove i rifugiati non trovano protezione
Il Paese balcanico continua a essere sprovvisto di un vero sistema d’asilo, ma con l’avvio dell’accordo di riammissione con il Pakistan cerca di non essere più nemmeno luogo di transito. Esponendo i richiedenti asilo alla violazione sistematica dei loro diritti. Il commento di Gianfranco Schiavone
Colpisce vedere avviato, nell’agosto 2022, seppure con numeri simbolici, l’accordo di riammissione tra Bosnia ed Erzegovina e Pakistan del luglio 2021, dal momento che nel Paese balcanico il numero di migranti e richiedenti asilo continua a essere irrilevante. Come evidenziato dai dati dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr), a giugno 2022 sono arrivati poco più di duemila migranti. Nonostante il 95% abbia espresso intenzione di chiedere asilo e il secondo gruppo più numeroso sia costituito da cittadini afghani (la cui necessità di protezione è evidente) tale intenzione non si concretizza per quasi nessuno di loro tanto che sono pendenti 141 domande di protezione, tra cui dieci relative a cittadini pakistani. Il diritto d’asilo in Bosnia ed Erzegovina, a metà 2022, continua dunque a essere all’anno zero, ovvero allo stesso punto in cui si trovava al momento della pubblicazione, a luglio 2021 del rapporto di Rivolti ai Balcani “ Bosnia Erzegovina. La mancata accoglienza”.
A un anno di distanza ritengo importante riprendere le parole contenute in quel rapporto laddove si ricordava come esiste “un quadro ben più complesso della facile spiegazione che riconduce l’assenza dei rifugiati nei Balcani alla sola ragione legata alla loro scelta di andare altrove. Tale spinta, che senza alcun dubbio esiste, è prodotta anche dal fatto che provare a rimanere è impossibile: le condizioni di assoluto e inaccettabile degrado nei campi di ‘accoglienza’, la mancanza di ogni forma di accoglienza ordinaria alternativa alla logica dei campi, la radicale assenza di qualsiasi percorso di integrazione sociale, anche per i pochi titolari di protezione internazionale, l’applicazione di criteri rigidi e i tempi d’attesa lunghissimi per l’esame delle domande (prossimi a due anni, nonostante i pochissimi richiedenti), la mancanza, nei diversi ordinamenti, di una forma di protezione aggiuntiva a quella internazionale, compongono un paradigma espulsivo durissimo”.
Inseguendo una strategia alquanto ardita, la Bosnia ed Erzegovina, con il supporto dell’Unione europea, non solo vuole rimanere uno Stato senza un vero sistema di asilo ma, con l’avvio dell’accordo di riammissione con il Pakistan, cerca di non essere più nemmeno un Paese di transito. Sembra bensì aspirare a divenire un Paese-trappola dove i rifugiati non possono godere di alcuna protezione e nello stesso tempo sono esposti al rischio di respingimento verso lo Stato d’origine. Come fa ben notare la ricercatrice Gorana Mlinarevic la natura giuridicamente ambigua dei campi di confinamento sorti in Bosnia negli ultimi anni e del Temporary reception centre di Lipa in particolare (oggetto del rapporto di RiVolti ai Balcani “Lipa. Il campo dove fallisce l’Europa”) si presta benissimo a trasformare tali luoghi in centri di detenzione, anche de facto, da cui effettuare le espulsioni. Uno scenario che è stato ipotizzato anche in occasione del convegno internazionale “I campi di confinamento nell’Europa del XXI secolo”, organizzato da Rivolti ai Balcani e dal Centro Balducci nel maggio 2022.
La strategia criminosa del Paese-trappola è uno scenario concreto. Favorito, come di nuovo fa ben notare la Mlinarevic, dall’assenza, in Bosnia ed Erzegovina, di una rete di organizzazioni indipendenti che abbiano la capacità di monitorare il rispetto della legalità nei campi di confinamento e sul territorio. Si tratta però anche di una strategia molto difficile da realizzare, persino in Paese come la Bosnia dal momento che, pur nel quadro di sostanziale disprezzo per i diritti dei migranti -trattati come non-persone- non potrà essere impedito l’esercizio del diritto d’asilo, ai cittadini pakistani come ad afghani, iraniani e a cittadini di altre nazionalità. Un diritto che fino ad ora non veniva esercitato da chi ne aveva titolo, per usufruire di una sorta di informale “diritto di transito”. Scenario che potrebbe cambiare bruscamente trasformando questo piccolo Paese in una destinazione, almeno temporanea, di rifugiati.
Rimangono quindi inalterate nella loro validità le raccomandazioni di RiVolti ai Balcani contenute nel rapporto “Rotta balcanica. Migranti senza diritti nel cuore dell’Europa” dove si sottolineava la assoluta necessità di “supportare la Bosnia ed Erzegovina e gli altri Paesi non-Ue dell’area balcanica nella progressiva costruzione di sistemi di asilo realmente sostenibili alle loro possibilità e condizioni evitando in ogni caso la realizzazione di campi di confinamento” e, in parallelo, si chiedeva l’istituzione di “un sistema di relocation europeo dai Paesi non appartenenti all’Unione dell’area balcanica”.
▻https://altreconomia.it/bosnia-ed-erzegovina-il-paese-trappola-dove-i-rifugiati-non-trovano-pro
#Bosnie-Herzégovine #asile #migrations #réfugiés #Balkans #route_des_Balkans #Bosnie #Pakistan #réfugiés_pakistanais #renvois #accord_de_réadmission #accord_bilatéral
]]>Imran Khan rewrites Pakistan’s political history
▻https://thecradle.co/Article/columns/13176
Khan not ‘out’
However, such euphoria was short-lived. Contrary to the estimations, including in India, that Imran Khan’s political career was over, events have shown that he is still very much Pakistan’s current history, and, if anything, it is the usurpers in Islamabad who are relics from the past.
To be sure, Khan’s “jihad” has taken the form of a tsunami that today threatens to drown the usurpers. The manner in which he has stormed the heartland of Punjab in Sunday’s by-elections must be sending alarm bells ringing in the corridors of power, not only in Lahore but also in Islamabad.
A landslide victory
The mammoth crowds that follow Imran Khan everywhere are indeed turning into votes. Without doubt, it is after a very long time that a truly charismatic politician has appeared on the Pakistani political landscape.
Khan has stunned his detractors and political opponents by taking control of the crucial Punjab provincial assembly. His party won 15 of 20 seats up for grab in by-elections, trouncing arch-rival Pakistan Muslim League-N (which incidentally heads the federal government in Islamabad also since April after Imran Khan’s ouster) on its home ground.
The result is not only a major blow for current Prime Minister Shehbaz Sharif but is also widely regarded as a foretaste of what could happen in a general election. Imran Khan has been demanding an early general election which is otherwise due in October 2023.
The powers that be
The conventional wisdom that the Pakistani military establishment would feel challenged by such a spectre has been proven wrong this time around (which also augurs well for the country’s political future.) Fundamentally, the axiom that a Pakistani civilian politician who developed differences with the military leadership would be a fallen angel ever condemned to oblivion has also withered away.
In fact, the swiftness of Imran Khan’s return to centre stage is awesome, as if he never quit the centre stage and the usurpers were mere interlopers.
Imran Khan has rewritten Pakistan’s political history by knocking at the doors of political power so soon after his ouster by an unholy alliance of time servers with foreign patronage.
If the election results from Punjab have conveyed one single thing, it is that the people of that country have understood what democratic empowerment is and are determined to voice their opinion.
And that opinion is, unmistakably, that the regime change in Lahore following the ouster of Imran Khan’s party from power was a repugnant episode, and must be undone. The strong likelihood is that it also becomes a signpost for those in power in Islamabad.
]]>More Afghans with protection guaranteed to reach Germany in coming months
German Foreign Minister Annalena Baerbock has said she expects more Afghans to be brought to Germany in the near future, following a new agreement with Pakistan.
Annalena Baerbock announced on Thursday (June 23) that a new agreement with Pakistan will create a legal exit route via Pakistan to Germany for thousands of people who have been promised protection in Germany, adding that work on implementing the agreement was proceeding at full speed.
The foreign minister said that those who had already been promised protection by the German government would be the main beneficiaries of this new exit route. She highlighted that the personal information of those who will benefit from the new arrangement was known to German authorities, which will facilitate their quick transfer to Germany from Pakistan.
Ambitious action plan
Baerbock also gave an interim assessment of the government’s “Afghanistan Action Plan,” which she first presented six months ago, shortly after accepting her position as foreign minister.
She said that about two-thirds of the people who had been granted protection had managed to make their way to Germany. This is equivalent to a total of more than 21,000 Afghan nationals.
The number of departures from Afghanistan and neighboring countries has almost doubled since the action plan was implemented at beginning of the year. More than 12,000 people have been brought to Germany since then. However according to some reports, help came too late for some, resulting in a series of deaths.
Afghanistan mission ’not in vain’
In her statement, Baerbock also welcomed the Bundestag’s planned Afghanistan inquiry committee, which is expected to begin its work on July 7. She said that it was important to learn from the mistakes of the Bundeswehr mission in Afghanistan in the past two decades without blaming anyone. Baerbock emphasized that the Afghanistan mission “was not in vain.”
Germany’s Bundeswehr withdrew from Afghanistan alongside various other international forces at the end of June 2021, having had a continuous presence in the country for almost 20 years. International forces led by the US had declared war on Afghanistan following the terrorist attacks on the United States on September 11, 2001.
Following the ouster of the militant Islamist Taliban government during that war, whom the US had accused of harboring the mastermind of the attack, Osama bin Laden, thousands of international troops remained in Afghanistan to help the country with its nation-building efforts while also trying to minimize attacks by militants.
After taking power in August 2021 amid the power vacuum left behind by the withdrawal of international troops, the Taliban have restricted civil liberties, increasingly excluding girls and women in particular from public life. There have also been reports of violence against people who had collaborated with the international forces in the country over the past 20 years.
▻https://www.infomigrants.net/en/post/41452/more-afghans-with-protection-guaranteed-to-reach-germany-in-coming-mon
#Allemagne #asile #migrations #réfugiés #corridors_humanitaires #réfugiés_afghans #Afghanistan #Pakistan #voies_légales #Afghanistan_Action_Plan
Pakistan : Imran Khan accepte le jugement de la Cour suprême, mais dénonce encore une conspiration
AFP, publié le vendredi 08 avril 2022
▻https://actu.orange.fr/monde/pakistan-imran-khan-accepte-le-jugement-de-la-cour-supreme-mais-denonce-
Le Premier ministre pakistanais, Imran Khan, a dit vendredi avoir accepté le jugement de la Cour suprême qui devrait lui valoir d’être renversé par une motion de censure, tout en continuant à dénoncer une conspiration ourdie par les Etats-Unis.
L’Assemblée nationale se réunira samedi pour décider du sort de l’ancien joueur vedette de cricket, au pouvoir depuis 2018. Selon toute vraisemblance, il devrait perdre la confiance des députés, l’opposition ayant déjà annoncé posséder la majorité.
« Je suis déçu par la décision de la Cour suprême, mais je veux dire clairement que je respecte la Cour et le système judiciaire pakistanais », a-t-il déclaré en ouverture d’un discours décousu de 40 minutes qui l’a aussi vu s’en prendre aux deux grands partis d’opposition, la Ligue musulmane du Pakistan (PML-N) et le Parti du peuple pakistanais (PPP), qui se sont partagé le pouvoir, avec l’armée, pendant des décennies et sont désormais unis.
« J’accepte le jugement de la Cour », a-t-il ajouté, tout en regrettant que la plus haute instance judiciaire du pays n’ait pas pris en compte ses accusations d’’’ingérence" portées à l’encontre des Etats-Unis, auxquels il reproche d’avoir chercher à le renverser avec la complicité de l’opposition.
A l’en croire, les Etats-Unis, déjà offusqués par ses critiques répétées à l’encontre de la politique américaine en Irak ou en Afghanistan, ont été ulcérés par sa visite à Moscou le jour même du déclenchement de la guerre en Ukraine. Washington a nié toute implication.
« En aucun cas je n’accepterai ce gouvernement importé », a-t-il repris, reconnaissant implicitement avoir déjà perdu la partie. Il a appelé les sympathisants de son parti, le Pakistan Tehreek-e-Insaf (PTI, Mouvement du Pakistan pour la justice), à manifester dans le calme dimanche.
#Pakistan
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Richard Medhurst
@richimedhurst
10:04 PM · 9 avr. 2022·
▻https://twitter.com/richimedhurst/status/1512884202609516545
Breaking: Imran Khan is no longer the Prime Minister of Pakistan.
He has just been removed via a no-confidence vote, with 174 out of 172 votes needed.
Khan had visited Moscow a few weeks ago to to secure gas & wheat, criticizing US foreign policy and meddling in Pakistan.
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Faisal Sherjan
@fsherjan
9:45 PM · 9 avr. 2022
▻https://twitter.com/fsherjan/status/1512879463566036998
Given the circumstances and manner in which an elected Government is being removed I do not wish to continue in the office of Executive Member PEMRA [Pakistan Electronic Media Regulatory Authority ] . My resignation will reach the PEMRA Chairman’s office on Monday morning. #IStandWithImranKhan
]]>Roumanie : pénurie de main-d’œuvre, les travailleurs asiatiques à la rescousse
Quatre millions de Roumains ont émigré à l’étranger depuis l’intégration à l’UE en 2007 et les entreprises peinent à recruter. La solution ? Faire venir des travailleurs d’Asie. Dans la région de #Cluj-Napoca, ils viennent du #Sri_Lanka et du #Vietnam pour travailler dans l’#hôtellerie ou l’#industrie. Reportage.
« Nous sommes partis à cause de la chute de l’activité touristique. Il y avait eu les attentats en 2018, puis avec la pandémie de covid-19, c’est devenu encore plus difficile », raconte Ravindu Wanigathunga. Le jeune homme de 26 ans originaire du Sri Lanka, est aujourd’hui chef pâtissier dans un complexe hôtelier de Cluj-Napoca. « Ici, je gagne un peu plus que chez moi et le coût de la vie n’est pas trop élevé. Si j’étais parti en Europe de l’Ouest, je gagnerais plus, mais le coût de la vie serait très élevé, voilà pourquoi j’ai préféré la Roumanie. » Ravindu est arrivé en Transylvanie il y a quelques mois. « Je me suis trouvé une bonne place, les gens sont corrects, mais le Sri Lanka me manque. »
Comme lui, ils sont des dizaines de milliers à être venus de pays asiatiques – Sri Lanka, mais aussi #Népal, Vietnam, #Philippines, #Bangladesh, #Inde et #Pakistan – pour travailler en Roumanie. Depuis 2007 et l’intégration européenne, le pays a vu quatre millions de ses habitants partir vers les pays de de l’Ouest et du Nord chercher une vie meilleure. Aujourd’hui, selon le ministère roumain du Travail, on compte 480 000 #emplois_vacants et 200 000 demandeurs d’emploi. La solution : faire venir des travailleurs étrangers non européens. Depuis un an, la Roumanie a quadruplé le quota des visas travail pour les travailleurs étrangers hors UE : fixé à 25 000 début 2021, il est passé à 50 000 en juillet 2021, puis à 100 000 début 2022. Principalement à destination du secteur du bâtiment et de l’hôtellerie-restauration.
Un tremplin vers l’Europe de l’Ouest ?
Ils sont quinze Sri-lankais à travailler avec Rovindu dans le complexe hôtelier de Cluj-Napoca. Shen BasNayake, 24 ans, est moins nostalgique de son pays natal, probablement parce qu’il n’est arrivé qu’il y a deux mois et demi et que sa mère, Renuka, est aussi en Roumanie. Arrivée il y a trois ans, celle-ci travaille comme femme de chambre. C’est en Roumanie que Shen et Renuka ont vu la neige pour la première fois.
Leur collègue Salindu a 29 ans et dix années d’expérience dans une chaîne hôtelière internationale à Tangalle, dans son île natale. Le fait que la Roumanie soit un État membre de l’UE était un argument suffisant pour qu’il accepte l’offre, dans un contexte de déclin de l’activité touristique au Sri Lanka. Gamimi Gulathunga, 57 ans, est le vétéran du groupe. Il n’en est pas à sa première expérience à l’étranger, lui qui a déjà travaillé à Dubaï et en Arabie Saoudite. Mais son cœur est « toujours au Sri Lanka », assure-t-il.
Janith Kalpa considère cette expérience de travail en Roumanie comme un potentiel tremplin vers un pays d’Europe de l’Ouest. Du moins, ce jeune serveur l’espère. De toute façon, la Roumanie est membre de l’UE, donc « sur le CV, ça ne fera pas de mal », estime-t-il. Il a également travaillé à Dubaï, mais il préfère les clients roumains. « Les gens ici sont polis, ils nous demandent d’où nous venons, comment nous allons. Le pourboire est plus généreux aussi. » Et puis, il dit qu’il aime les femmes roumaines et raconte qu’un ancien employé sri lankais a même fondé une famille ici. Pourquoi pas lui ?
“Je ne trouvais tout simplement personne à embaucher, aussi je me suis tourné vers une agence à Bucarest et j’ai choisi cette option.”
« Je ne trouvais tout simplement personne à embaucher, aussi je me suis tourné vers une agence à Bucarest et j’ai choisi cette option », confie Eugen Tușa, le propriétaire du complexe hôtelier de Cluj Napoca. « Je leur ai préparé un logement, je sais que je peux compter sur eux. On a des gens qui sont là depuis trois ans, certains sont partis, d’autres sont venus, mais dans l’ensemble, je suis satisfait. » « Ils sont très responsables, souriants et les clients apprécient ça », ajoute Teona Tușa. « Avec les Roumains, on s’est parfois heurté à un manque de sérieux ou à des exigences diverses, mais même quand on les remplissait, ce n’était quand même pas bien. »
Les quinze travailleurs sri-lankais de cet hôtel ne représentent qu’une petite fraction du contingent de travailleurs asiatiques installés dans la région de Cluj-Napoca. L’une des entreprises qui en compte le plus est le fabricant italien d’appareils électroménagers De’Longhi, implanté dans la zone industrielle de Jucu, à 20 kilomètres de Cluj-Napoca, là où se trouvait l’usine Nokia jusqu’à sa fermeture en 2011. Sur les 3000 employés de l’usine italienne, 330 sont Sri-lankais.
Trente Sri-lankais avaient d’abord été embauchés, qui en ont ensuite recommandé 300 autres. « Nous les avons embauchés et cela s’est avéré réussi, car les gens étaient reconnaissants et l’absentéisme et le pourcentage de départs parmi eux étaient extrêmement faibles », explique Florina Cicortaș, directrice des ressources humaines de l’entreprise. En récompense de ces bonnes recommandations, les employés de la première phase ont reçu des primes. L’entreprise a des coûts supplémentaires car elle fournit aussi les logements, mais ces coûts sont compensés par le fait que l’absentéisme et le pourcentage de départ sont faibles, relativise la DRH.
“On travaille pour pouvoir envoyer de l’argent à la famille au pays, pour les enfants, ma femme et mes parents.”
Il y a quatre ans, c’était les Vietnamiens qui représentaient le principal contingent de travailleurs non européens en Roumanie. Sur la centaine d’employés de l’entreprise de fabrication d’armoires métalliques d’Adrian Kun, elle aussi établie dans la zone industrielle de Cluj-Napoca, ils représentent même la majorité des travailleurs. « Je n’arrivais et n’arrive toujours pas à trouver des travailleurs ici, donc nous avons contacté une agence de recrutement directement au Vietnam, nos représentants s’y sont rendus et nous avons fait la sélection », explique Adrian Kun.
De manière informelle, les travailleurs roumains de l’entreprise se disent parfois mécontents du fait que les travailleurs étrangers sont logés et nourris gratuitement, voire qu’ils gagneraient plus qu’eux. Mais s’ils bénéficient effectivement d’un logement inclus dans leur contrat de travail, dans des espaces aménagés à proximité de l’usine, « les travailleurs étrangers ne sont pas avantagés par rapport aux Roumains », se défend le chef d’entreprise. Un travailleur vietnamien gagnerait environ 500 euros – 2 à 3 fois plus que dans son pays d’origine – alors qu’un Roumain se voit offrir 800 euros. Mais même avec ce salaire, Adrian Kun a du mal à attirer les travailleurs roumains.
Minh Van, 41 ans, travaille dans l’entreprise depuis trois ans. Il est contrôleur qualité. Il n’est pas rentré chez lui depuis tout ce temps et n’a pu pris des vacances qu’à l’automne dernier. « J’avais un salaire assez bas au Vietnam, aujourd’hui j’ai un bon revenu. On travaille pour pouvoir envoyer de l’argent à la famille au pays, pour les enfants, ma femme et mes parents », explique-t-il. Entre-temps, il est devenu un intermédiaire pour faire venir de nouveaux travailleurs du Vietnam, afin de remplacer ceux qui terminent leur contrat et souhaitent retourner dans leur pays natal.
“La pénurie de main-d’oeuvre en Roumanie est telle que pour beaucoup d’employeurs, il n’y a pas d’alternative.”
Recourir à des travailleurs étrangers présente des difficultés en termes de démarches administratives – qui prennent du temps avant de rendre l’embauche possible – et de communication entre collègues, mais aussi parce que beaucoup n’ont pas de qualification dans le domaine dans lequel ils viennent travailler, il faut donc les former. « Mais la pénurie de main-d’oeuvre en Roumanie est telle que pour beaucoup d’employeurs, il n’y a pas d’alternative », reconnaît Augustin Feneșan, président de l’Association des employeurs et artisans de Cluj.
Encore faut-il que les quotas de visa travail établis par le gouvernement le leur permettent. Pour l’instant, la législation du travail donne la priorité aux Roumains et aux travailleurs de l’UE et de nombreux employeurs n’obtiennent pas l’autorisation d’aller chercher des travailleurs dans les pays asiatiques. Mais la récente et forte augmentation des #quotas de #visa travail par les autorités roumaines laissent entrevoir une arrivée de plus en plus massives de travailleurs étrangers en Roumanie.
▻https://www.courrierdesbalkans.fr/Penurie-de-main-d-oeuvre-en-Roumanie-les-travailleurs-asiatiques-
#travailleurs_étrangers #main_d'oeuvre #pénurie #travail #main-d’œuvre_étrangère
]]>Khan duels with EU on Russia-Ukraine ‘neutrality’ (▻https://asiatim...
▻https://diasp.eu/p/14283538
Khan duels with EU on Russia-Ukraine ‘neutrality’
#Pakistan #Khan #duels with #EU on #Russia - #Ukraine #neutrality #US #Russia #China #new #cold #war #politics
]]>Pointe avancée de l’islamophobie, la France s’oppose même à une résolution proposée par l’ONU
▻http://www.revolutionpermanente.fr/Pointe-avancee-de-l-islamophobie-la-France-s-oppose-meme-a-une-
Pointe avancée de l’islamophobie, la France s’oppose même à une résolution proposée par l’ONU
En début de semaine la France s’est exprimée contre une résolution proposée par le Pakistan à l’ONU visant à créer une journée internationale contre l’islamophobie. Une fois de plus le gouvernement est à l’avant-poste quand il s’agit de stigmatiser les personnes musulmanes.
Esther Tolosa
vendredi 18 mars
Crédit photo : O Phil des Contrastes
En début de semaine, le Pakistan a proposé une résolution à l’ONU visant à la création d’une journée internationale contre l’islamophobie chaque 15 mars en estimant que l’islamophobie est une « violation des droits humains et des libertés de religion et de conviction des musulmans ». Si cette résolution a été adoptée par consensus, certains pays comme la France ou l’Inde ont manifesté leur opposition en désapprouvant notamment le terme islamophobie.
Nicolas de Rivière, le représentant de la France à l’ONU a justifié son opposition en invoquant l’argument classique de l’universalité. Selon le représentant de l’Etat français donc, ce texte serait insuffisant et excluant car il « segmente la lutte contre l’intolérance religieuse en sélectionnant qu’une religion à l’exclusion des autres ». De plus il réfute le terme d’islamophobie qui ne ferait l’objet d’aucune définition agréée dans le droit internationale.
Cette opposition de la France contre une proposition aussi minimale qu’est la création d’une journée internationale contre l’islamophobie est peu surprenante lorsqu’on voit l’offensive islamophobe que mène le gouvernement français. Contrairement à ce qu’affirme Nicolas de Rivière, non seulement l’islamophobie existe, mais elle est en premier lieu alimentée et rendue possible par les politiques du gouvernement à l’image de la loi séparatisme, de la loi interdisant le port du voile des mères dans les sorties scolaires ou des différentes fermetures de mosquées dont une cette semaine encore en Gironde.
Si ce n’est évidemment pas la création de cette journée qui permettra de lutter contre l’islamophobie, le refus de la France même de reconnaître le terme est révélateur d’un gouvernement réactionnaire qui a fait de l’islamophobie un de ses chevaux de bataille. D’ailleurs comme le soulignait Rafik Chekkat dans une interview pour Révolution Permenente : « la France est devenue la capitale de l’islamophobie » avant d’ajouter « le racisme n’est pas une diversion. Il fait pleinement partie du projet néolibéral (…) les attaques contre les personnes musulmanes sont une attaque contre le corps social tout entier ».
Alors que le gouvernement pousse toujours plus loin ses velléités islamophobes et se positionne en tête de fil de l’islamophobie, jusque sur la scène internationale, il est urgent de construire une riposte, par en bas, qui dépasse de loin le cadre d’une journée internationale de l’ONU et que notre camp social face front contre le racisme.
]]>Pakistan – L’austérité toxique fait suite à une pandémie
Alors que le conseil d’administration du FMI s’est réuni le 28 janvier pour se prononcer sur la demande du Pakistan de relancer le mécanisme élargi de crédit (MEC) de 6 milliards de dollars, le gouvernement est resté optimiste, ayant rempli les cinq conditions imposées par le prêteur mondial pour relancer son programme de 39 mois suspendu depuis avril dernier, y compris l’approbation du mini-budget et de la loi d’amendement de la State Bank of Pakistan par le parlement. Avec la relance du MEC, le versement d’environ 1 milliard de dollars porterait le total des décaissements au titre du MEDC de 6 milliards de dollars à environ 3,027 milliards de dollars.
▻https://entreleslignesentrelesmots.blog/2022/02/19/pakistan-lausterite-toxique-fait-suite-a-une-pandemie
]]>La Décolonisation britannique, l’art de filer à l’anglaise
Le 24 mars 1947, Lord Mountbatten est intronisé Vice-roi des Indes dans un faste éblouissant. Alors que l’émancipation de 410 millions d’indiens est programmée, la couronne britannique tente de sauver les apparences en brillant de tous ses feux. Cinq mois de discussions entre les forces en présence aboutissent à un découpage arbitraire du territoire entre le Pakistan et l’Inde avec des conséquences désastreuses. Des violences qui sont reléguées au second plan par l’adhésion des deux nouveaux États souverains à la grande communauté du Commonwealth. Un arrangement qui ne va pas sans arrière-pensées. Mais déjà la Malaisie et le Kenya s’enflamment à leur tour. Dans les deux cas, la violence extrême de la répression qui s’abat est occultée par une diabolisation « de l’ennemi » et par une machine de propagande redoutable qui permet aux autorités de maîtriser le récit des événements.
En 1956, la Grande-Bretagne échoue à rétablir son aura impériale après avoir été obligée d’abandonner le canal de Suez par les deux nouveaux maîtres du monde : l’URSS et les États-Unis. Le nouveau Premier ministre, Harold Macmillan, demande un « audit d’empire », pour évaluer le poids économique du maintien des colonies, car il sait que le pays n’a plus les moyens de poursuivre sa politique impérialiste. Il est prêt à y renoncer, à condition de restaurer le prestige national.
Une décision mal vue par l’armée. En 1967 au Yémen, des unités britanniques renégates défient le gouvernement et s’adonnent à une répression féroce, obligeant la Grande-Bretagne à prononcer son retrait. En Rhodésie du Sud, c’est au tour de la communauté blanche de faire sécession et d’instaurer un régime d’apartheid. Incapable de mettre au pas ses sujets, signe de son impuissance, la couronne est condamnée à accepter l’aide du Commonwealth pour aboutir à un accord qui donne lieu à la naissance du Zimbabwe.
Après la perte de sa dernière colonie africaine, l’Empire britannique a vécu et le dernier sursaut impérialiste de Margaret Thatcher aux Malouines n’y change rien. Jusqu’à aujourd’hui, la décolonisation demeure un traumatisme dans ces pays déstabilisés par leur ancien maître colonial tandis qu’au Royaume-Uni, la nostalgie prend le pas sur un travail de mémoire pourtant nécessaire.
▻http://www.film-documentaire.fr/4DACTION/w_fiche_film/61716_0
#film #film_documentaire #documentaire
#colonisation #décolonisation #Inde #Pakistan #violence #Lord_Mountbatten #frontières #déplacement_de_populations #partition_de_l'Inde #Malaisie #torture #Commonwealth #Kenya #Mau_Mau #camps_d'internement #Kimathi #serment_Mau_Mau #travaux_forcés #Aden #Rhodésie_du_Sud #réserves #îles_Malouines
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Greece to Hire 4,000 Bangladeshis Yearly
Greece and Bangladesh signed a deal on Wednesday for Greece to employ 4,000 Bangladeshi workers annually.
Bangladesh Expatriates’ Welfare and Overseas Employment Minister Imran Ahmad and Greek Migration Minister Notis Mitarakis signed the deal together in Dhaka.
“Bangladeshi workers will be provided a 5-year temporary work permit,” Bangladesh’s expatriate ministry explained. “Under the agreement, seasonal workers will be hired in the agricultural sector.”
The two countries have decided to expand the agreement as needed, potentially adding sectors and workers to the deal. Workers will have to leave Greece after the five-year period ends.
Greece plans to present the deal for approval. This is Bangladesh’s first such employment contract in Europe.
“Bangladeshi workers will be able to safely go to Greece to work legally now. They will be able to travel there with the employers bearing the expenses after the recruiting process is complete in Bangladesh,” Mitarakis remarked.
Workers from this East Asian nation have confronted problems with human trafficking and rights violations in the past. This deal aims to facilitate a safe process for workers to come to Greece without infringing on their rights.
Applicants are required to submit their own work contracts, travel documents, and proof of health insurance, as well as pay any expenses independently.
Greece’s Migration Minister Notis Mitarakis signs deal with Bangladesh after Turkey clash
This deal comes on the heels of Mitarakis’s back and forth with the Turkish government over accusations of migrant pushbacks on the Greek-Turkey border.
Turkey’s interior minister, Suleyman Solyu, said that Greek guards were responsible for pushing the refugees away from the border into Turkey, where they died. The dead were part of a group of 22 people.
Greece’s migration minister, Notis Mitarachi, denied Solyu’s allegations that Greek frontier units forcibly expelled the migrants.
“The death of 12 migrants at the Turkish border near Ipsala is a tragedy. But the truth behind this incident bears no resemblance to the false propaganda pushed out by my counterpart,” he said in a statement.
“These specific migrants never made it to the border. Any suggestion they did, or indeed were pushed back into Turkey, is utter nonsense.”
Mitarakis insisted that Turkey should work on preventing such “dangerous journeys,” instead of wasting time with “baseless claims.” Mitarakis referenced a deal the EU made with Turkey to stop such migrant flows. “Turkey should assume its responsibilities if we want to prevent such tragedies from occurring again,” he added.
Tensions between Turkey and Greece have deepened since 2020 when Turkey’s President Recep Tayyip Erdogan told asylum seekers to make their way to Europe through Greece.
It is illegal under domestic, EU, and international law to deny migrants seeking asylum at the border. Despite this, numerous organizations have assembled proof that expulsions are a regular occurrence at the border.
▻https://greekreporter.com/2022/02/10/greece-hires-bangladesh-workers
#accord #accord_bilatéral #migrations #Bangladesh #Grèce #travailleurs #travailleurs_saisonniers #saisonniers #agriculture #migrants_bangladais
Omicron: Hong Kong to shorten its 21-day quarantine requirement for incoming travellers | South China Morning Post
▻https://www.scmp.com/news/hong-kong/health-environment/article/3164934/omicron-hong-kong-shorten-its-21-day-quarantine
Omicron: Hong Kong to shorten its 21-day quarantine requirement for incoming travellers
Move comes after persistent complaints from travellers and companies paying high quarantine costs for employees. Hong Kong will shorten its 21-day quarantine requirement for incoming travellers given the much shorter incubation period of the Omicron variant, the Post has learned.A government source said Chief Executive Carrie Lam Cheng Yuet-ngor was expected to make the announcement at 5.30pm on Thursday.The move came after persistent complaints from travellers and companies paying high quarantine costs for employees.Currently, Hong Kong residents returning from 147 countries or places deemed high-risk are subject to 21 days of quarantine at designated hotels. Those arriving from 15 countries must isolate at the Penny’s Bay quarantine facility for four days before completing the rest of their quarantine at a hotel. Unvaccinated residents returning from medium-risk countries are also subject to the same.The isolation periods for vaccinated travellers from medium- and low-risk countries are 14 and seven days respectively. But currently nowhere overseas is deemed low-risk by the Hong Kong government.Hong Kong may set new record for daily confirmed coronavirus infections
27 Jan 2022. Last June when the pandemic situation had stabilised, the quarantine period for high-risk countries was cut to 14 days for travellers who could produce a positive antibody test. Flights from eight major countries, including Australia, Canada, France, India, Pakistan, the Philippines, Britain and the United States have been banned since the start of the fifth wave of infections, to prevent more imported cases from slipping into the community. Earlier this month, Hong Kong cut the quarantine period of Covid-19 patients’ close contacts from the previous 21 days to 14, citing reasons of pressure on the city’s quarantine facilities and the shorter incubation period of people carrying the Omicron variant.
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]]>Covid-19 : Hongkong élargit sa stratégie d’isolement international, les passagers aériens de plus de 150 pays interdits de transit
▻https://www.lemonde.fr/planete/article/2022/01/14/covid-19-hongkong-interdit-aux-passagers-de-plus-de-150-pays-de-transiter-pa
Covid-19 : Hongkong élargit sa stratégie d’isolement international, les passagers aériens de plus de 150 pays interdits de transit. Entrer à Hongkong restera en revanche possible pour les personnes provenant de ces pays jugés à « haut risque », à condition qu’elles soient vaccinées et moyennant vingt et un jours de quarantaine.Hongkong élargit sa stratégie d’isolement international. Les passagers aériens en provenance de 153 pays ne pourront plus transiter par la région administrative spéciale chinoise, afin de prévenir la propagation du Covid-19, a annoncé, vendredi 14 janvier, l’aéroport de la ville. Cette suspension, qui concerne tous les pays classés à « haut risque » sanitaire par les autorités hongkongaises, prendra effet dimanche pour une durée d’un mois. Elle vise à « contrôler la propagation du très contagieux variant Omicron du Covid-19 », a précisé l’aéroport sur son site Internet. Hongkong interdit déjà l’accès à son territoire, depuis le 8 janvier, à tout passager ayant séjourné plus de deux heures au cours des vingt et un derniers jours dans huit pays (Australie, Canada, Etats-Unis, France, Inde, Pakistan, Philippines, Royaume-Uni).
Le transit par l’aéroport de Hongkong sera désormais impossible pour les personnes provenant de tous les autres pays jugés à « haut risque ». Si les correspondances sont donc proscrites pour ces voyageurs, entrer à Hongkong, en revanche, restera possible pour eux à condition qu’ils soient vaccinés et moyennant vingt et un jours de quarantaine. Avec la Chine continentale, Hongkong est l’un des derniers endroits du monde à s’accrocher à la stratégie de « zéro Covid », consistant à éviter à tout prix la propagation du coronavirus sur son territoire et en une politique draconienne d’isolement des malades et de leurs contacts. Cette stratégie a permis à la ville de 7,5 millions d’habitants de n’enregistrer qu’un peu plus de 12 000 cas et seulement 213 décès depuis le début de la pandémie, mais au prix d’un isolement international coûteux pour ce grand centre financier mondial. Les autorités sont sur le pied de guerre depuis l’apparition d’un petit foyer de contaminations locales dues au variant Omicron dans un restaurant, qui a déclenché des campagnes de tests massives, un traçage effréné des cas contacts, la fermeture des bars, installations sportives, écoles, cinémas et musées et un couvre-feu pour les restaurants à partir de 18 heures.
#Covid-19#migrant#migration#sante#hongkong#chine#australie#canada#etats-Unis#france#inde#pakistan#philippines#royaume-Uni#zerocovid#omicron#frontiere#circulation#propagation#isolement
]]>L’offensive des grandes entreprises contre les petits producteurs laitiers pakistanais
▻https://grain.org/fr/article/6750-l-offensive-des-grandes-entreprises-contre-les-petits-producteurs-laitie
Ce secteur des petits producteurs laitiers, composé de petits exploitants avec quelques bovins ou buffles et de petits vendeurs et transformateurs, représente plus de 80 % de l’approvisionnement national en lait. Les géants du lait comme Nestlé, Friesland Campina, Engro et Cargill ne représentent que 5 % du total, les 15 % restants étant fournis par des entreprises laitières commerciales nationales comme Nishat, Dairyland, Friendship, Sharif, Sapphire et Dada Dairies. Aux yeux des #multinationales_laitières, le #Pakistan, cinquième producteur mondial de #lait, représente donc un énorme marché potentiel si elles parviennent à l’arracher aux petits producteurs laitiers.
]]>En Chine, une stratégie zéro Covid à géométrie variable
▻https://www.lemonde.fr/planete/article/2022/01/03/en-chine-une-strategie-du-zero-covid-a-geometrie-variable_6107980_3244.html
En Chine, une stratégie zéro Covid à géométrie variable
A Jinghong, dans le sud-ouest du pays, des milliers d’habitants et de visiteurs se sont retrouvés piégés après la découverte d’un cas positif au Covid-19. Mais dans cette région touristique éloignée du pouvoir, le confinement n’est pas aussi strict qu’ailleurs. Réveillés comme chaque matin par le chant du coq puis par le gong de la majestueuse pagode qui borde le Mékong, environ 10 000 habitants de Gaozhuang se sont livrés samedi 1er janvier à leur nouveau rituel : faire la queue pour subir un test salivaire. Le quatrième en six jours. L’exercice est entré dans les mœurs. Certains s’y rendent même en chaussons et en pyjama. Le 26 décembre, les autorités locales se sont en effet rendu compte qu’une touriste testée positive s’était promenée le 24 décembre dans ce petit paradis du sud-ouest de la Chine ainsi que dans deux autres quartiers de la ville de Jinghong les deux jours suivants. Résultat : trois quartiers de cette localité de plus de 500 000 habitants située dans la préfecture du Xishuangbanna, à quelques dizaines de kilomètres du Laos et de la Birmanie, ont été placés en quarantaine dès le 27 décembre. Pas moyen d’en sortir si on y est entré avant le 26. Les millions de tests effectués dans tout Jinghong semblent avoir été négatifs puisque aucun nouveau cas n’a été signalé, mais peu importe. A un mois des Jeux olympiques qui s’ouvrent le 4 février à Pékin, toute défaillance dans la politique du « zéro Covid » fait tomber des têtes. Les responsables locaux ne veulent donc prendre aucun risque.
Le 30 décembre, les habitants de Gaozhuang ont même eu la surprise désagréable de voir l’armée patrouiller dans les rues, bloquer la circulation et interdire les sorties d’hôtels. La veille, suite à une erreur de communication des autorités, des centaines de jeunes arrivés après le 25 décembre s’étaient massés au seul point de passage entre le quartier et le reste de la ville, convaincus qu’ils allaient être autorisés à partir.
Les autorités avaient juste oublié un détail : leur permettre matériellement d’effectuer le test PCR indispensable pour retrouver la liberté. Face à une foule dont la colère montait au fur et à mesure que le soleil déclinait, le Parti a d’abord envoyé des dizaines de soldats et de policiers puis, vers 22 heures, une équipe médicale. Le lendemain matin, nombre de candidats au départ attendaient toujours les résultats de leurs tests. C’est sans doute pour éviter tout nouveau débordement que les autorités ont imposé un strict confinement à domicile. D’ailleurs celui-ci s’est rapidement relâché, sauf aux abords du fameux point de passage où des véhicules blindés continuent de bloquer l’accès, sous les regards éberlués des passants. (...)
Gaozhuang pourrait rester coupé du monde encore quelques jours. Comme pour s’excuser, le bureau de tourisme de la ville a fait parvenir le 1er janvier aux touristes un petit colis contenant des produits locaux et trois entrées gratuites dans deux grands parcs de la région, valables du 20 janvier au 31 décembre.Mais le retour à Pékin est loin d’être acquis. Ceux qui ont le privilège d’habiter près du pouvoir devront encore patienter deux semaines dans une autre province avant de rejoindre la capitale. En espérant qu’aucun cas de Covid-19 n’y soit déclaré. Et ce, qu’ils soient vaccinés ou non. Pour mener à bien sa politique de zéro Covid, la Chine a, en effet, la même stratégie pour tous : « tester, tracer, isoler » mais celle-ci s’exerce de façon encore plus drastique dans la capitale que dans le reste du pays.
Le sort des confinés du Xishuangbanna est d’ailleurs infiniment plus enviable que celui des 13 millions d’habitants de Xian, enfermés à leur domicile depuis le 22 décembre, sans pouvoir en sortir, parce qu’un voyageur en provenance du Pakistan aurait provoqué la contamination de plus d’un millier de personnes. Infiniment plus favorable aussi que celui des rares voyageurs autorisés depuis mars 2020 à entrer dans le pays et soumis à au moins trois semaines de quarantaine à l’hôtel. Avec parfois un traitement de défaveur, comme ces Français arrivés mi-septembre et qui ont eu droit à plusieurs tests dans l’anus. Hasard ? La même semaine, une délégation de sénateurs français visitait Taïwan. Et comment qualifier le traitement réservé à ce diplomate espagnol venu prendre ses fonctions à l’automne ? Un de ses innombrables tests n’ayant pas été clairement négatif, cet homme a eu droit à 60 jours de quarantaine. Ecœuré, il a renoncé à son poste et est rentré en Espagne… à bord d’un avion-Cargo. Les Chinois ont en effet refusé de le laisser embarquer sur un avion de ligne. C’est donc dans ces conditions que Pékin s’apprête à accueillir les Jeux olympiques. Ils auront lieu mais pas la fête. Les conditions de participation sont tellement draconiennes que, dans les chancelleries, on se bat… pour ne pas devoir accompagner les athlètes. Nul n’a envie d’être celui qui sera soumis aux trois semaines de quarantaine imposées à tous ceux qui, même de loin, auront été en contact avec des sportifs venus de l’étranger et donc potentiellement dangereux. En boycottant les Jeux, Joe Biden a peut-être vexé Xi Jinping mais a ôté une sacrée épine du pied aux responsables du protocole chinois et américains.
#Covid-19#migrant#migration#chine#sante#zerocovid#deplacementineterne#confinement#quarantaine#test#isolement#pakistan
]]>Revealed: EU migration plans for Morocco, Libya and others
The European Commission is working on plans to strengthen relations with so-called “#partner_countries”, as part of its pact on migration and asylum.
Leaked commission documents dated earlier this month outline draft proposals on Afghanistan, Bosnia and Herzegovina, Libya, Morocco and Tunisia - all available for download below.
The document on Afghanistan (▻https://s3.eu-central-1.amazonaws.com/euobs-media/7a84a36c8daf383092286a09308ac34b.docx) offers immediate and short-term plans, including sending a possible Frontex EU-border guard agent to neighbouring Pakistan to deal with the war-torn country.
“Frontex does not currently implement border-related activities in Afghanistan,” it says, noting negotiations on a working arrangement with the country are not foreseen.
Talks are also underway to allocate around €1bn for Afghanistan under the new €79.5bn EU purse known as the #Neighbourhood_and_Development_Cooperation_Instrument.
But it also says that “work to take this forward through the country’s multi-annual indicative programme 2021-2027 are now on hold.”
Another €79m is also in the pipeline for 2022 to deal with the “regional dimension of Afghan displacement”, notes the document.
On Bosnia and Herzegovina, the EU is planning to discuss its migration policy and enlargement prospects in November and December, with possible funding measures on top.
“Bosnia and Herzegovina is called upon to adopt sectoral countrywide strategies whose implementation may receive EU financial support,” it notes.
On Libya, it says it wants to build a rights-based migration and asylum system.
The country has already been given some €455m in EU funds. Over half has gone to the protection of migrants and third to “community stabilisation” and border management, it says.
Now it wants to provide Libya “with a flexible source of funding to respond to changing needs and routes.”
This includes muscling up the AU-EU-UN Taskforce, set up to rescue stranded migrants and refugees in Libya, before the end of the year.
It also wants to hold a migration dialogue with Libya after the mid-December presidential elections.
On Morocco, it wants Rabat to strengthen border controls, search and rescue operations, and dismantle smuggling networks.
Plans are also underway for “#structured_cooperation” with the Frontex and Moroccan authorities. A working arrangement with the EU’s police agency, Europol, is also envisaged.
As for money, the commission says a draft budget for 2021-27 is being prepared and is likely to focus on root causes of migration among other things. It also notes Morocco will be able to draw on another fund, set up for other neighbouring countries, to curb migration.
On Tunisia, it notes some €30m of EU funds has gone to shoring up its coast guard. “A €10m top-up is being finalised,” it notes.
The objective, it says, is to ensure Tunisian migration strategy and asylum law are finalised and approved.
“Frontex does not currently implement border-related activities in Tunisia and Tunisian authorities are reluctant to cooperate with it,” it states.
Internal EU highlights
They also spell out bilateral initiatives among EU states.
Among the highlights:
On Tunisia, Austria, Belgium and Germany want better cooperation when it comes to sending unwanted Tunisians back home.
“[Austria] is generally not satisfied by the cooperation with Tunisia, due to issues related to identification,” says Austria.
On Libya, the Czech Republic is providing support to the Libyan Coast Guard but does not go into detail.
But along with the Visegrad 4 countries (Poland, Hungary, Slovakia, Czech Republic), they are now planning more financial support on Libyan border management.
Italy says it will deliver two “second-hand” rubber boats to the Libyan Coast Guard and port security, while Malta is mulling options on providing expertise on reception facilities.
“A technical team has already visited Tripoli to assess the vessels available to the Libyan coastguard,” says Malta.
In Morocco, Germany is training authorities on document fraud-detection and air security.
Spain is carrying out “infrastructure reforms” on its north Moroccan enclaves of Ceuta and Melilla, including surveillance.
Madrid is also boosting the exchange of information and police collaboration with Morocco to fight migrant smuggling, it says.
On Afghanistan, Bulgaria helped train police from Iraq and Afghanistan with an aim to dismantle migrant smuggling.
Denmark provided finance for return and reintegration programmes. Estonia has suspended all bilateral projects in Afghanistan, given the current crisis.
Italy carried out a €900,000 project to help Afghan refugees in Iran.
Slovenia says it currently has two Afghans on scholarships, studying civil engineering.
It also deployed one police officer to Afghanistan for six months to train and educate local police, it says.
▻https://euobserver.com/migration/153360
#commission_européenne #EU #UE #Maroc #externalisation #Frontex #asile #migrations #réfugiés #Libye #pacte #Tunisie #Bosnie #Bosnie-Herzégovine #frontière #Pakistan
#Instrument_de_voisinage_de_coopération_au_développement_et_de_coopération_internationale
#métaliste des pays qui ont accepté d’accueillir des #réfugiés_afghans sur demande des #Etats-Unis (#USA) et dans l’attente d’une #réinstallation (qui n’arrivera jamais ?)
#réfugiés #asile #migrations #transit #pays_de_transit #externalisation #Afghanistan
]]>UK plans #offshore_asylum_centres in other countries for Afghans
Defence secretary says processing #hubs will be used for those Britain has ‘an obligation to’.
Britain plans to establish offshore asylum centres for Afghan refugees in countries such as Pakistan and Turkey, as ministers admit that the UK will not be able to rescue those eligible for resettlement before troops leave Kabul.
The defence secretary, Ben Wallace, said in a newspaper article on Sunday that the UK planned to establish a series of #processing_hubs across the region outside Afghanistan, for Afghans it had “an obligation to”.
At least 1,429 Afghans have been evacuated from Kabul since last Friday, as part of the #Arap_relocation_scheme designed to help interpreters and others who have helped the British during their 20 years in Afghanistan.
But it is estimated that a similar number – or more – remain in the country. The emergency airlift was continuing on Sunday, with RAF flights operating despite a crush at the airport gates as desperate Afghans try to flee.
Nato believes 20 people have died around the airport in the last week, but Britain’s armed forces minister, James Heappey, said the flow outside the airport had improved because the Taliban were “marshalling people into separate queues for the US evacuation and the UK evacuation”.
A total of 1,721 people – Britons, Afghans and people from allied countries – had been evacuated from Kabul on eight flights in the past 24 hours, Heappey said, with the RAF receiving help from its Australian counterpart in getting people to safety.
But British officials already acknowledge that it is virtually impossible to evacuate people coming from outside Kabul, although Afghans with a claim have told charity workers they would risk crossing the country if they knew they had a flight.
The new proposal was born out of the emergency, Wallace said, in an article in the Mail on Sunday. “The [Arap] scheme is not time-limited. We shall stand by our obligations and are investigating now how to process people from third countries and refugee camps,” he wrote.
However, there were signs that the asylum plan had not been very far developed on Sunday night, when Turkey said it had not been approached and would reject any approach that was made.
The names of countries had been briefed out by UK officials as examples of where processing centres might be established.
A scheme to establish an offshore immigration centre was included as part of the Home Office’s nationality and borders bill, published in the early summer, before the western-backed government in Afghanistan collapsed.
It was controversial because the intention was to allow the UK to send people to a third country to allow their claims to be processed. Officials had begun talks with Denmark about creating a processing centre in Africa – but how it will link together to the emergency centres is unclear.
Britain has also agreed to take 20,000 Afghan refugees in a separate scheme announced on Tuesday, 5,000 of which will be in the first year. Priority will be given to groups who are most at risk of human rights abuses, such as women, girls and those from religious minorities.
Ministers are also debating how to respond to the Taliban, with the home secretary, Priti Patel, understood to be exploring with security officials whether they should be proscribed as a terrorist organisation alongside the likes of Isis.
But the prime minister, Boris Johnson, and other government departments have been holding out the possibility of recognising the Taliban government in Kabul, arguing the regime should be judged by “actions not words”.
▻https://www.theguardian.com/uk-news/2021/aug/22/uk-plans-offshore-asylum-centres-in-pakistan-and-turkey-for-afghans
#réfugiés_afghans #asile #migrations #réfugiés #externalisation #UK #Angleterre #Pakistan #Turquie #procédure_d'asile #réinstallation #interprètes #interprètes_afghans #évacuation
Comme dit l’article :
A scheme to establish an offshore immigration centre was included as part of the Home Office’s nationality and borders bill, published in the early summer, before the western-backed government in Afghanistan collapsed.
–-> voir ici le fil de discussion sur ce sujet (qui concerne le Royaume-Uni et le Danemark) :
#Priti_Patel ’opens talks with Denmark to open new centre in AFRICA to process asylum seekers who want to come to UK’
►https://seenthis.net/messages/918427
–—
Pour rappel, les #USA ont apparemment signé un accord avec 4 pays pour un accueil temporaire (?) des réfugiés afghans, en attente d’un visa états-uniens : #Albanie, #Kosovo, #Macédoine_du_Nord et #Ouganda :
►https://seenthis.net/messages/926161
Albania, Kosovo say ready to temporarily house Afghan refugees
Albania and Kosovohave accepted a U.S. request to temporarily take in Afghan refugees seeking visas to enter the United States, the country two countries said on Sunday.
In Tirana, Prime Minister Edi Rama Rama said U.S. President Joe Biden’s administration had asked fellow NATO member Albania to assess whether it could serve as a transit country for a number of Afghan refugees whose final destination is the United States.
“We will not say ’No’, not just because our great allies ask us to, but because we are Albania,” Rama said on Facebook.
Sources had told Reuters that Biden’s administration had held discussions with such countries as Kosovo and Albania about protecting U.S.-affiliated Afghans from Taliban reprisals until they completed the process of approval of their U.S. visas.
In Kosovo, President Vjosa Osmani said the government had been in contact with the U.S. authorities about housing Afghan refugees since mid-July.
“Without any hesitation and ... conditioning I gave my consent to that humanitarian operation,” Osmani said on her Facebook account.
Osmani said Afghan refugees would be vetted by the U.S. security authorities, and added they would stay in Kosovo until their documentation for U.S. immigration visas was arranged.
Hundreds of U.S. troops are still stationed in Kosovo as peacekeepers more than two decades after the 1998-99 war with the then-Yugoslav security forces.
▻https://www.reuters.com/world/albania-ready-temporarily-house-afghan-refugees-pm-rama-says-2021-08-15
#Albanie #Kosovo #réfugiés_afghans #anti-chambre #asile #migrations #réfugiés #réinstallation #dans_l'attente_d'un_visa (qui probablement n’arrivera pas?) #externalisation #USA #Etats-Unis #transit