• L’erosione di Schengen, sempre più area di libertà per pochi a danno di molti

    I Paesi che hanno aderito all’area di libera circolazione strumentalizzano il concetto di minaccia per la sicurezza interna per poter ripristinare i controlli alle frontiere e impedire così l’ingresso ai migranti indesiderati. Una forzatura, praticata anche dall’Italia, che scatena riammissioni informali e violazioni dei diritti. L’analisi dell’Asgi

    Lo spazio Schengen sta venendo progressivamente eroso e ridotto dagli Stati membri dell’Unione europea che, con il pretesto della sicurezza interna o di “minacce” esterne, ne sospendono l’applicazione. Ed è così che da spazio di libera circolazione, Schengen si starebbe trasformando sempre più in un labirinto creato per isolare e respingere le persone in transito e i cittadini stranieri.

    Per l’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi) la sospensione della libera circolazione, che dovrebbe essere una pratica emergenziale da attivarsi solo nel caso di minacce gravi per la sicurezza di un Paese, rischia infatti di diventare una prassi ricorrente nella gestione dei flussi migratori.

    A fine ottobre di quest’anno il governo italiano ha riattivato i controlli al confine con la Slovenia, giustificando l’iniziativa con l’aumento del rischio interno a seguito della guerra in atto a Gaza e da possibili infiltrazioni terroristiche. La decisione è stata anche proposta come reazione alla pressione migratoria a cui è soggetto il Paese. Lo stesso giorno in cui l’Italia ha annunciato la sospensione della libera circolazione -misura prorogata- la stessa scelta è stata presa anche da Slovenia, Austria, Repubblica Ceca, Slovacchia, Polonia e Germania. Una prassi che rischia di agevolare le violazioni dei diritti delle persone in transito. “Questa pratica, così come l’uso degli accordi bilaterali di riammissione, ha di fatto consentito alle autorità di frontiera dei vari Stati membri di impedire l’ingresso nel territorio e di applicare respingimenti ai danni di persone migranti e richiedenti asilo, in violazione di numerose norme nazionali e sovranazionali”, scrive l’Asgi.

    Il “Codice frontiere Schengen” prevede che i confini interni possano essere attraversati in un qualsiasi punto senza controlli sulle persone, in modo indipendente dalla loro nazionalità. Secondo i dati del Consiglio dell’Unione europea, circa 3,5 milioni di persone attraverserebbero questi confini ogni giorno mentre in 1,7 milioni lavorerebbero in un Paese diverso da quello di residenza, attraversando così una frontiera interna. In caso di minaccia grave per l’ordine pubblico o la sicurezza interna in uno Stato membro, però, quest’ultimo è autorizzato a ripristinare i controlli “in tutte o in alcune parti delle sue frontiere interne per un periodo limitato non superiore a 30 giorni o per la durata prevedibile della minaccia grave”. Tuttavia, lo stesso Codice afferma che “la migrazione e l’attraversamento delle frontiere esterne di un gran numero di cittadini di Paesi terzi non dovrebbero in sé essere considerate una minaccia per l’ordine pubblico o la sicurezza”.

    Inoltre, anche nel caso in cui vengano introdotte restrizioni alla libera circolazione, queste vanno applicate in accordo con il diritto delle persone in transito. “La reintroduzione temporanea dei controlli non può giustificare alcuna deroga al rispetto dei diritti fondamentali delle persone straniere che fanno ingresso nel territorio degli Stati membri e, nel caso specifico dell’Italia, attraverso il confine italo-sloveno -ribadisce l’Asgi-. In particolare, il controllo non può esentare le autorità di frontiera dalla verifica delle situazioni individuali delle persone straniere che intendano accedere nel territorio dello Stato e che intendano presentare domanda di asilo”. In particolare, la sicurezza dei confini non può impedire l’accesso alle procedure di protezione internazionale per chi ne fa richieste e di riceve informazioni sulla possibilità di farlo. Infine, i controlli non possono portare a una violazione del diritto di non respingimento, che impedisce l’espulsione di una persona verso Paese dove potrebbe subire trattamenti inumani o degradanti o dove possa essere soggetta a respingimenti “a catena” verso Stati che si macchiano di queste pratiche.

    Le operazioni di pattugliamento lungo il confine tra Italia e Slovenia presentano criticità proprio in tal senso. Secondo le notizie riportate dai media e le recenti dichiarazioni del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, l’Italia avrebbe applicato ulteriori misure che hanno l’evidente effetto di impedire alla persona straniera l’accesso al territorio nazionale e ai diritti che ne conseguono. Già a settembre del 2023 il ministro aveva dichiarato, in risposta a un’interrogazione parlamentare, la ripresa dell’attività congiunta tra le forze di polizia di Italia e Slovenia a partire dal 2022. Sottolineando come grazie all’accordo fosse stato possibile impedire, per tutto il 2023, l’ingresso sul territorio nazionale di circa 1.900 “migranti irregolari”. “Preoccupa, inoltre, l’opacità operativa che caratterizza questi interventi di polizia: le modalità, infatti, con le quali vengono condotti sono poco chiare e difficilmente osservabili ma celano evidenti profili di criticità e potenziali lesioni di diritti”.

    Le azioni di polizia, infatti, avrebbero avuto luogo già in territorio italiano oltre il confine: una simile procedura appare in linea con quanto previsto dalle procedure di riammissione bilaterale, ma in contrasto con il Codice frontiere Schengen, che presuppone che i controlli possano essere svolti solo presso i valichi di frontiera comunicati alle istituzioni competenti. Una prassi simile è stata riscontrata lungo il confine italo-francese, dove l’Asgi ha identificato la coesistenza di pratiche legate alla sospensione della libera circolazione con procedure di riammissione informale.

    “La libera circolazione nello spazio europeo è una delle conquiste più importanti dei nostri tempi -è la conclusione dell’Asgi-. Il suo progressivo smantellamento dovrebbe essere dettato da una effettiva emergenza e contingenza, entrambe condizioni che sembrano non rinvenibili nelle motivazioni addotte dall’Italia e dagli altri Stati membri alla Commissione europea. La libertà di circolazione, pilastro fondamentale dell’area Schengen, rivela forse a tutt’oggi la sua vera natura: un’area di libertà per pochi a danno di molti”.

    https://altreconomia.it/lerosione-di-schengen-sempre-piu-area-di-liberta-per-pochi-a-danno-di-m

    #Schengen #contrôles_frontaliers #contrôles_systématiques_aux_frontières #asile #migrations #réfugiés #frontières #Europe #frontières_intérieures #espace_Schengen #sécurité #libre_circulation #Italie #Slovénie #terrorisme #Gaza #Slovénie #Autriche #République_Tchèque #Slovaquie #Pologne #Allemagne #accords_bilatéraux #code_frontières #droits_humains #droits_fondamentaux #droit_d'asile #refoulements_en_chaîne #patrouilles_mixtes #réadmissions_informelles #France #frontière_sud-alpine

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  • Rotta balcanica, Piantedosi lancia le brigate antimigranti

    A margine del trilaterale a Trieste il 2 novembre scorso, il ministro snocciola i numeri dei respingimenti dopo la sospensione di Schengen. E annuncia: quando i controlli alle frontiere finiranno, il governo vuole istituire “brigate miste” (di polizia). Dove? Con chi? E con quale mandato?

    Nell’edizione del 20 ottobre dell’Unità avevo esaminato la misura di ripristino dei controlli alle frontiere interne deciso dall’Italia al confine italo-sloveno mettendo in rilievo come tale decisione fosse in contrasto con quanto disposto dal Codice Schengen. Su questo il Codice prevede la possibilità di un temporaneo ripristino dei controlli alle frontiere interne solo come extrema ratio in caso di minaccia all’ordine pubblico e che “la migrazione e l’attraversamento delle frontiere esterne di un gran numero di cittadini di paesi terzi non dovrebbero in sé essere considerate una minaccia per l’ordine pubblico o la sicurezza interna” (Codice Schengen, considerando 26). Ben presto le dichiarazioni del Governo italiano hanno reso evidente come dietro questo ripristino, inutile e quanto mai problematico per la vita sociale ed economica del Friuli Venezia Giulia, ci sia una sola finalità ovvero quella di ostacolare l’ingresso nell’Unione Europea, ad iniziare dal confine esterno tra la Croazia e la Bosnia, a coloro che sono in cerca di protezione e che, per il diritto dell’Unione, hanno invece diritto, alle frontiere e nel territorio degli Stati dell’Unione, di chiedere asilo (Direttiva 2013/32/UE art. 3) e gli Stati hanno il dovere assoluto di non respingerli.

    Le affermazioni rese dal ministro Piantedosi nella conferenza stampa tenutasi a Trieste il 2 novembre 2023, a conclusione dell’incontro trilaterale con gli omologhi sloveno e croato, sono state tanto esplicite quanto sconcertanti. Il ministro ha reso noto che nei primi dieci giorni di vigenza dei controlli alla frontiera sono stati effettuati 220 respingimenti. Non sono state fornite ulteriori informazioni, né il ministro, come ha fatto invece in passato, ha rivendicato la possibilità che vengano respinti o riammessi informalmente anche coloro che al confine italiano chiedono asilo. Sulla radicale illegittimità delle riammissioni informali attuate dall’Italia verso la Slovenia nei confronti di richiedenti asilo si era già espresso con estrema chiarezza il Tribunale ordinario di Roma con due distinte ordinanze, nel gennaio 2021 e nel maggio 2023. Non sappiamo se i dati forniti da Piantedosi riguardino cittadini stranieri che sono stati illegittimamente respinti dopo che è stato loro impedito di chiedere asilo in Italia e se, come impone la normativa a tutti coloro che sono fermati venga “assicurata l’informazione sulla procedura di protezione internazionale” (T.U. Immigrazione art. 10.3).

    Infine non sappiamo se nei confronti degli stranieri respinti sia stato emesso un provvedimento amministrativo scritto e motivato in fatto e in diritto, notificato al soggetto interessato e impugnabile innanzi all’autorità giudiziaria, o se di tali provvedimenti non c’è traccia. Neppure sappiamo se tali respingimenti sono stati realmente tali o se si è trattato di operazioni di impedimento all’ingresso in Italia attuati in territorio sloveno con la collaborazione della polizia italiana. Sono questioni dirimenti sulle quali il ministro dovrà fornire al più presto le necessarie informazioni. Lo stesso Piantedosi ha altresì annunciato che, non appena i controlli alle frontiere cesseranno (al momento sono prorogati fino al 20 novembre), è intenzione del Governo prevedere l’istituzione di “brigate miste” (di polizia) da “rendere stabili nel tempo”. Il termine utilizzato – brigate – è già piuttosto militaresco, ma, soprattutto, tali brigate miste come sarebbero composte, con quale mandato e con quali garanzie opererebbero al di fuori del territorio italiano? Anche sul confine sloveno-croato e su quello croato-bosniaco?

    Un’espressione in particolare, tra quelle usate da Piantedosi, risulta inquietante: il ministro ha affermato che le operazioni di respingimento finora attuate vanno considerate solo come i “primi segnali di una filiera della deterrenza da proseguire con i colleghi”. Il termine deterrenza è sempre associato a una funzione intimidatrice (nel diritto penale ci si è sempre interrogati se la minaccia della sanzione funga o meno da deterrenza). Nel linguaggio politico la deterrenza è rivolta verso un nemico ovvero verso colui che rappresenta un grave pericolo e nei cui confronti, all’occorrenza, si può usare violenza. A chi è diretta la funzione di deterrenza cui si riferisce Piantedosi? Agli stranieri che sono in fuga dai loro paesi affinché non lo facciano? A chi intende chiedere asilo affinché comprenda con metodi convincenti che ciò è inutile? Le parole usate dal ministro sono gravi perché le normative internazionali ed europee e il diritto interno dispongono che l’operato della polizia di frontiera non sia finalizzato ad attuare alcuna deterrenza bensì sia esclusivamente rivolto all’esecuzione di legittimi compiti di controllo dell’attraversamento dei confini; le guardie di frontiera sono tenute infatti ad operare nello stretto ambito delle funzioni attribuite loro dalla legge, e nei confronti di chi viene controllato “devono essere garantiti i diritti fondamentali sanciti nella Convenzione europea sui diritti dell’uomo e nella Carta sui diritti fondamentali dell’Unione europea. I controlli di frontiera devono rispettare pienamente i divieti di infliggere trattamenti inumani o degradanti e di agire in maniera discriminatoria” (Manuale per le guardie di frontiera a cura della Commissione Europea 6.11.2006 punto 1.2).

    Inoltre “a tutti i cittadini di paese terzo che lo desiderano deve essere data la possibilità di chiedere asilo/protezione internazionale alla frontiera (anche nelle zone di transito aeroportuali e portuali). A tal fine, le autorità di frontiera devono informare i richiedenti, in una lingua che possa essere da loro sufficientemente compresa, delle procedure da seguire” (Manuale punto 10.2). La rotta balcanica e i confini tra i diversi Stati, da sempre, ma in particolare dal 2018, sono segnati da inenarrabili violenze, illegalità e soprusi condotti dalle polizie dei diversi Stati coinvolti (a volte si tratta di uomini in divisa, altre volte mascherati, ma comunque operanti sempre all’interno di un preciso mandato). I rapporti su queste violenze sono scioccanti e sono così numerosi da riempire un’intera biblioteca; si tratta di violenze ed illegalità avvenute sia ai confini interni dell’Unione Europea che ai confini esterni della stessa. Una situazione che rappresenta, insieme alle violenze attuate sul confine polacco-bielorusso, una delle pagine più oscure dell’Europa. Uno dei luoghi caratterizzati da maggiori violenze è il confine della Croazia con la Bosnia dove i respingimenti arbitrari, uniti ad efferate violenze non sono mai cessati. Secondo il rapporto Trattati come animali – Respingimenti di persone in cerca di protezione dalla Croazia in Bosnia Erzegovina, edito nel maggio 2023 a cura di Human Rights Watch (H.C.R.) una delle più autorevoli organizzazioni di tutela dei diritti umani a livello internazionale, i respingimenti illegittimi e le violenze, anche efferate, da parte della polizia croata, solo nel 2022, hanno riguardato quasi 30.000 persone, e sono proseguiti nel 2023.

    Il Rapporto evidenzia che “Le forze di polizia conducono spesso i respingimenti in modo violento, rendendosi responsabili di lesioni fisiche e umiliazioni deliberate”. Inoltre “secondo la maggior parte delle testimonianze raccolte da HRW, i poliziotti croati indossano le uniformi, guidano mezzi della polizia e si identificano come agenti per non lasciare alcun dubbio sull’ufficialità del loro ruolo”. Si tratta dunque di una pratica di esplicita deterrenza condotta verso persone inermi che stanno esclusivamente tentando di esercitare il loro diritto a chiedere asilo. “Molti bambini hanno dovuto assistere mentre i loro padri, fratelli maggiori o parenti venivano picchiati, o manganellati o presi a spintoni”, prosegue il Rapporto. La Slovenia non sfugge alla censura operata dalla citata organizzazione internazionale giacché il Rapporto osserva come “in base all’accordo di riammissione tra Slovenia e Croazia, la polizia slovena invia sommariamente i migranti irregolari che sono entrati nel paese passando dalla Croazia, indipendentemente dal fatto che abbiano chiesto asilo in Slovenia. A loro volta le autorità croate generalmente si affrettano a trasferirli in Bosnia o Serbia”.

    Al drammatico Rapporto di H.R.W. si aggiungono i dati diffusi dal Centro per la Pace di Zagabria che da anni svolge un attento lavoro di monitoraggio della situazione del rispetto della legalità in Croazia, secondo cui nel solo mese di luglio 2023 sono stati respinti illegalmente dalla Croazia alla Bosnia 673 persone, tra cui 43 bambini. 369 di essi erano afgani, con tutta evidenza rifugiati. Il 95% delle persone respinte ha subito trattamenti inumani e degradanti tassativamente proibiti dall’art. 3 della CEDU (Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo) mentre l’81% ha subito il furto dei propri averi e la distruzione delle proprie cose. E’ in questi cupi contesti che il ministro Piantedosi vorrebbe organizzare le “brigate”? Vuole forse trascinare la polizia italiana in inaccettabili contesti di violenza di cui essere spettatore inerme oppure complice? Confida nella collaborazione della piccola Slovenia, paese cuscinetto, nel realizzare una più respingimenti a catena? Un monitoraggio su quanto rischia di accadere al nostro tormentato confine orientale, da parte di enti di tutela ed organizzazioni internazionali, nonché da parte del Parlamento, è divenuto indispensabile ed urgente.

    https://www.unita.it/2023/11/07/rotta-balcanica-piantedosi-lancia-le-brigate-antimigranti
    #Balkans #route_des_Balkans #asile #migrations #réfugiés #Piantedosi #brigades_mixtes #contrôles_frontaliers #refoulements #push-backs #Slovénie #frontière_sud-alpine #contrôles_systématiques_aux_frontières #chiffres #statistiques #patrouilles_mixtes #dissuasion

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    ajouté au fil de discussion sur la réintroduction des contrôles systématiques à la frontière entre Italie et Slovénie :
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    et à la métaliste sur les patrouilles mixtes :
    https://seenthis.net/messages/910352

  • Suspendira se Schengen ? Slovenija : Upozorili smo Hrvate da je problem ogroman
    –-> Schengen est-il suspendu ? Slovénie : nous avons prévenu les Croates que le problème est énorme

    ITALIJA je obavijestila Sloveniju da zbog promijenjene situacije u Europi i na Bliskom istoku uvodi kontrolu na granici sa Slovenijom, priopćilo je slovensko ministarstvo unutarnjih poslova, a neformalno se najavljuje da bi kontrole uskoro mogle biti uvedene i na slovensko-hrvatskoj granici.

    Prema neslužbenim informacijama, kontrole bi trebale biti uvedene u subotu, za početak na 10 dana, s mogućnošću produljenja. Zbog toga bi Slovenija trebala uvesti kontrolu na granicama s Hrvatskom i Mađarskom, navodi agencija STA.

    Sve je izglednije da će se granične kontrole, barem privremeno, vratiti niti godinu dana nakon što su ukinute.

    Kako primjećuje slovenski portal Siol, i Rim i Ljubljana upozorili su Hrvatsku da mora napraviti više kako bi se suzbile ilegalne migracije. Zagrebu je nuđena pomoć u kontroli vanjskih granica, posebno na granici s BiH, ali i na granicama sa Srbijom i Crnom Gorom.
    Ljubljana upozoravala, Plenković odbio pomoć

    Prijedlozi su išli u smjeru pomoći europske agencije za nadzor vanjskih granica Frontexa, a Slovenija i Italija ponudile su Hrvatskoj i mješovite policijske patrole. No hrvatski premijer Andrej Plenković odbio je takve prijedloge jer hrvatska policija “dobro kontrolira vanjsku granicu”.

    Bilo je to krajem lipnja.

    “Ministar unutarnjih poslova je već dogovorio da će doći šest savjetnika Frontexa koji će pomagati Hrvatskoj na pitanjima sprječavanja nezakonitih migracija, ali ne na način da bismo mi stavili policajce iz drugih država članica na svoje granice”, rekao je Plenković odgovarajući na pitanje novinara o ideji slovenskog premijera da se pripadnici Frontexa rasporede na granici između Hrvatske i BiH kako bi pomogli u sprječavanju ilegalnih ulazaka migranata.

    “Hrvatska, kao članica EU i članica šengenskog prostora, ima dovoljno svojih kapaciteta, 6500 policajaca čuva granicu i vanjsku granicu Europske unije, koja je sada i vanjska granica šengenskog prostora”, rekao je Plenković. Bilo je to nakon što je slovenski premijer Robert Golob prije summita EU najavio da će tražiti raspoređivanje pripadnika Frontexa na granice Hrvatske i BiH.

    S druge strane, i Rim i Ljubljana proljetos su počeli upozoravati da bi se zbog povećanog broja ilegalnih prelazaka granice mogla ponovo uvesti sustavna kontrola granice. Slovenska vlada počela je mjestimično uklanjati “tehničke prepreke” na granici s Hrvatskom, odnosno ogradu, no politika je uvijek više ili manje glasno upozoravala Zagreb da će, ako Italija uvede kontrolu na granici sa Slovenijom, i Slovenija učiniti to na granici s Hrvatskom, da ne postane “džep”. Tim više što Austrija kontrolira granicu sa Slovenijom još od migrantske krize 2015.-2016., navodi Siol.

    Glavni ravnatelj slovenske policije Senad Jušić prošli je tjedan u Brežicama također upozorio hrvatskog kolegu da je problem velik. Istaknuo je da je slovenska policija ove godine već obradila više od 45.000 ilegalnih prelazaka granice.

    https://www.index.hr/vijesti/clanak/suspendira-se-schengen-slovenija-upozorili-smo-hrvate-da-je-problem-ogroman/2505165.aspx?index_ref=naslovnica_vijesti_prva_d

    #Slovénie #Croatie #frontières #asile #migrations #réfugiés #frontières #contrôles_systématiques_aux_frontières #frontière_sud-alpine #Alpes

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    ajouté à cette métaliste sur l’annonce du rétablissement des contrôles frontaliers de la part de plusieurs pays européens :
    https://seenthis.net/messages/1021987

    • Schengen e i flussi migratori, tra retorica e realtà

      L’article original en croate: https://www.portalnovosti.com/patka-o-migracijama

      Il sistema di libera circolazione di Schengen viene sempre più spesso messo in crisi da sospensioni applicate da alcuni stati membri chiamando in causa la necessità di contrastare le migrazioni, spesso senza il riscontro dei numeri. La situazione in Croazia e Slovenia.

      Il fiore all’occhiello dell’integrazione europea, come un tempo i burocrati di Bruxelles chiamavano il sistema di Schengen, è stato seriamente messo a repentaglio dalla decisione di undici stati membri dell’UE di sospendere temporaneamente il regime di libera circolazione. Dal centro dell’Unione (Germania, Francia, Danimarca, Svezia) alla periferia, ossia al confine tra Slovenia e Croazia, passando per la Polonia, la Repubblica Ceca, la Slovacchia, l’Italia e l’Austria, si è assistito al ripristino dei controlli alle frontiere. Una misura che non ha colto di sorpresa chi, soprattutto tra gli studiosi del fenomeno migratorio e i migranti stessi, negli ultimi mesi ha attraversato uno dei paesi di cui sopra a bordo di un autobus o un treno.

      Tra chi non è rimasto stupito c’è anche Marijana Hameršak, ricercatrice presso l’Istituto di etnologia e studi sul folklore di Zagabria, responsabile del progetto ERIM , che indaga i meccanismi di gestione dei flussi migratori alle periferie dell’UE.

      Hameršak spiega che da anni ormai nell’UE il sistema di Schengen e la questione migratoria vengono sfruttati in un’ottica strategica, come strumento di politica estera, ma anche come mezzo di polarizzazione dell’elettorato e, in ultima analisi, come espediente per normalizzare l’idea – che peraltro non trova alcun riscontro nella realtà, né tanto meno è corroborata da ricerche – secondo cui le migrazioni rappresentano un problema.

      “L’aumento dei numeri, di cui si parla cercando di spiegare la decisione della Slovenia di introdurre controlli al confine con la Croazia, è una variazione relativa, in parte conseguenza dell’applicazione dei diversi sistemi e tattiche amministrative. Ad ogni modo, non è un aumento recente – i numeri hanno iniziato a crescere nella primavera del 2022, se non addirittura prima – così come l’introduzione dei controlli, per quanto ci si sforzi di presentarla in un’ottica emergenziale, non è una misura inattesa”, sottolinea Hameršak.

      Se alcuni stati membri, come l’Austria, hanno continuato quasi ininterrottamente ad effettuare controlli alle frontiere sin dall’ondata migratoria del 2015, altri paesi solo negli ultimi mesi hanno dispiegato le cosiddette pattuglie mobili ai confini, giustificando tale decisione con un possibile ripetersi della crisi, alimentando così un sentimento di paranoia tra la popolazione.

      Stando ad un’analisi pubblicata sul portale Euractiv alla fine di settembre (https://www.euractiv.com/section/justice-home-affairs/news/schengen-how-europe-is-ruining-its-crown-jewel), un quarto dei paesi dell’area Schengen ha impiegato le pattuglie mobili lungo i confini prima ancora della sospensione ufficiale del regime di libera circolazione, rendendo così più difficile la vita di molti cittadini dell’UE, ma anche dei rifugiati e altre persone in movimento che attraversano i paesi Schengen.

      Uršula Lipovec Čebron, professoressa associata presso il Dipartimento di Etnologia e Antropologia culturale della Facoltà di Filosofia di Lubiana e collaboratrice al progetto ERIM, fa il punto della situazione al confine sloveno-croato.

      “Anche prima della sospensione di Schengen la polizia slovena effettuava controlli giornalieri su treni e autobus, ricorrendo alla profilazione razziale. Quindi, fermava sistematicamente i migranti, registrava i loro dati personali e poi li faceva scendere dai mezzi di trasporto. Negli ultimi mesi, viaggiando in treno da Zagabria a Lubiana, ho spesso assistito a simili scene a Dobova e ad altri valichi di frontiera”, spiega Uršula Lipovec Čebron.

      Per la professoressa Lipovec Čebron, la sospensione di Schengen da un lato ha legittimato una prassi già esistente, dall’altro ha portato ad una spettacolarizzazione del lavoro della polizia di frontiera.

      Anche Marijana Hameršak è dello stesso avviso. Stando alle sue parole, sono state proprio le pratiche impiegate dalla polizia di frontiera a spingere molte persone, anche dopo l’ingresso della Croazia nello spazio Schengen, ad attraversare il confine croato-sloveno di notte, al di fuori dei valichi ufficiali, anche cercando di superare il filo spinato.

      “Ora che sono stati introdotti controlli sistematici, chiudendo anche i passaggi nella recinzione al confine, quei percorsi stanno nuovamente diventando l’unica opzione”, afferma Marijana Hameršak.

      Se il premier croato Andrej Plenković e il ministro dell’Interno Davor Božinović si sono sforzati di presentare la sospensione della libera circolazione da parte della Slovenia come una decisione legata esclusivamente agli attacchi terroristici sul suolo europeo, il ministro dell’Interno sloveno Boštjan Poklukar ha a più riprese criticato le autorità croate a causa dell’aumento del numero di migranti giunti in Slovenia dalla Croazia. Lubiana ha anche offerto aiuto a Zagabria, proponendo più volte di formare pattuglie miste lungo il confine, ma la Croazia ha sempre rifiutato di collaborare.

      Nel frattempo, le procedure applicate nei confronti dei migranti intercettati nel territorio croato sono cambiate. Nella primavera del 2022 la polizia croata aveva iniziato a rilasciare ai migranti un foglio di via, intimando loro di lasciare la Croazia e lo Spazio economico europeo entro sette giorni. Poi però da marzo di quest’anno l’atteggiamento della polizia è cambiato: molte persone sorprese mentre cercavano di entrare in Croazia, ma anche quelle che soggiornavano irregolarmente nel paese sono state registrate come richiedenti asilo, per poi essere sollecitate a proseguire il loro viaggio verso ovest.

      Marijana Hameršak spiega che i documenti rilasciati ai migranti durante quella procedura praticamente significano una regolarizzazione temporanea del loro status, ossia un riconoscimento delle persone in transito in cerca di protezione internazionale.

      “Non sappiamo ancora quali possano essere le conseguenze di tale prassi, né tantomeno sappiamo se le persone interessate rischino di essere maggiormente esposte a reclusioni e deportazioni in altri stati membri dell’UE. È chiaro però che bisogna trovare la forza politica per perseguire una strada finalizzata alla decriminalizzazione del transito e dei flussi migratori in generale, tenendo conto dei bisogni dei singoli individui. Non è una strada impossibile, ci sono diversi precedenti storici. Posso citare il cosiddetto passaporto di Nansen, che prende il nome dal primo commissario per i rifugiati della Società delle Nazioni, che nel periodo tra le due guerre mondiali aveva permesso a centinaia di migliaia di sfollati di raggiungere luoghi dove – per motivi economici, legami familiari o altri fattori – volevano provare a rifarsi una vita”, spiega la ricercatrice.

      Stando alle statistiche ufficiali, in Croazia nei primi sei mesi del 2023 oltre 24mila persone hanno chiesto asilo, una cifra di gran lunga superiore rispetto agli anni scorsi. Tuttavia, le espulsioni violente continuano: nei primi nove mesi di quest’anno sono stati registrati circa duemila respingimenti. Sul sito dell’iniziativa No Name Kitchen sono stati riportati i dettagli di un recente caso in cui dieci cittadini afghani e due indiani sono stati gettati nell’acqua fredda dopo essere stati privati dei loro beni e intimiditi con colpi d’arma da fuoco, manganellate e altre forme di abuso fisico da parte della polizia croata. Secondo le testimonianze delle vittime, l’episodio si è verificato all’inizio di ottobre nei pressi di Bihać, al confine tra Croazia e Bosnia Erzegovina.

      Nel frattempo, in vista delle elezioni europee e nazionali, molti leader politici, come anche le forze di opposizione, continuano ad alimentare un clima emergenziale, parlando del collasso di Schengen e spingendo ostinatamente per l’adozione del nuovo patto sulla migrazione e l’asilo in cui vedono l’unica soluzione. La proposta del patto – che, vista la situazione attuale, potrebbe essere approvata prima del previsto – rappresenta un passo indietro nella tutela dei diritti dei migranti e dei rifugiati.

      Se il testo dovesse essere approvato nella sua versione attuale, l’accesso all’asilo in Europa diventerebbe ancora più difficile, si cercherebbe di tenere i migranti il più lontano possibile dall’UE e molti di quelli già presenti sul suolo europeo verrebbero rimpatriati. A lungo termine, la Croazia, la Serbia e la Bosnia Erzegovina con ogni probabilità verrebbero trasformate nella cosiddetta “zona cuscinetto”, ma anche in una sorta di dumping ground dove confinare gli “indesiderati”. E per questo si è deciso in fretta e furia di costruire un centro di identificazione a Dugi Dol, nei pressi di Krnjak, in Croazia.

      Marijana Hameršak sottolinea che la sospensione di Schengen e i discorsi che l’accompagnano contribuiranno ad un’ulteriore stigmatizzazione dei migranti, alla normalizzazione delle pratiche di profilazione razziale e alla polarizzazione della società – dinamiche che ultimamente sono diventate molto evidenti su entrambi i lati del confine croato-sloveno. Se in Croazia l’opposizione di destra invoca l’invio dell’esercito al confine e un referendum sull’immigrazione, in Slovenia vogliono ribaltare la decisione di rimuovere il filo spinato lungo il confine, una delle principali promesse elettorali dell’attuale premier sloveno Robert Golob.

      “Da tempo ormai in Slovenia si cerca di strumentalizzare politicamente le migrazioni, con l’intento di dividere la popolazione che di solito ha pochi contatti con i rifugiati, quindi non riesce attraverso la propria esperienza ad acquisire un’adeguata consapevolezza del fenomeno migratorio. È facile incutere paura diffondendo informazioni non veritiere, tanto che molti cittadini continuano a non vedere nulla di problematico nella recinzione al confine. C’è però anche chi protesta pubblicamente contro la chiusura dei valichi di frontiera e altre misure che rendono più difficile e mettono a rischio la vita dei migranti, ma non potranno mai fermarli nel loro tentativo di trovare una via per raggiungere l’Unione europea”, conclude la professoressa Lipovec Čebron.

      https://www.balcanicaucaso.org/aree/Slovenia/Schengen-e-i-flussi-migratori-tra-retorica-e-realta-227884

      #patrouilles_mobiles #spectacle #foglio_di_via

  • Al Brennero profilazione razziale e respingimenti, mentre l’Austria ripropone la costruzione di una barriera

    Il passo del Brennero, 1372 metri sul livello del mare, è una delle località più fredde del territorio altoatesino, ma già da settimane è quasi sgombro di neve, segnale inequivocabile del repentino cambiamento climatico in atto.

    La zona di confine, sebbene possa sembrare una frontiera come tante in Europa, non lo è. Da ormai diversi anni, il passaggio di persone è altamente monitorato. Ogni treno che transita per il confine viene fermato per almeno 20 minuti e ispezionato da cima a fondo da forze di polizia in uniforme, in borghese e da militari, sia austriache e sia italiane a seconda della provenienza del treno, in cerca degli “irregolari”. Diverse testimonianze confermano che anche altri mezzi pubblici, come gli autobus delle compagnie private tipo Flixbus, vengono controllati regolarmente. Una vera e propria caccia all’essere umano svolta con un solo criterio: la profilazione razziale.

    Questo modus operandi vietato dalle convenzioni internazionali, ma ben radicato nelle prassi quotidiane di controllo dei confini, costringe le persone a scegliere percorsi sempre più impervi per riuscire a oltrepassarlo: ricordiamo quanto accaduto il 18 dicembre del 2021 a Mohamed Basser e Mostapha Zahrakame, morti travolti lungi i binari del treno mentre cercavano di evitare a piedi questo imponente dispiegamento di forze. Nel 2022 sono state fermate 949 persone migranti in posizione irregolare tra il valico del Tarvisio e del Brennero. Il numero delle persone controllate, secondo i dati della polizia ferroviaria, è di 4.474.

    Difficile avere i numeri di quanti sono stati complessivamente i respingimenti nell’uno e nell’altro verso perché è ormai appurato che la buona parte di questi avvengono senza il rilascio di un provvedimento scritto, in modo del tutto illegittimo. Dopo un’istanza di accesso civico di Altreconomia 1, il ministero dell’Interno ha comunicato alla rivista le cifre riguardanti il periodo gennaio-metà novembre 2022. “In questo lasso di tempo – secondo i parziali dati ottenuti, privi di qualsiasi dettaglio rispetto allo specifico punto di frontiera – l’Italia avrebbe “riammesso” attivamente 2.418 persone: 1.080 verso la Francia, 883 in Austria, 410 in Svizzera e 45 in Slovenia. I dieci Paesi di provenienza più rappresentativi (che sommati superano il 50% dei casi a fronte di 77 nazionalità registrate) sono Pakistan, Marocco, Tunisia, Egitto, Nigeria, Algeria, Afghanistan, India e Bangladesh”.

    Il giornalista Duccio Facchini spiega poi che è stato negato l’accesso agli accordi di riammissione “per via del possibile “pregiudizio” alla “integrità dei rapporti internazionali del nostro Paese con la Slovenia e con l’Austria. La cortina fumogena fa parte della strategia”. Sulle “riammissioni passive”, l’Austria ha riammesso solo 497 persone, con “dati talmente bassi – sottolinea Facchini – da farli apparire quasi delle comparse inerti. In realtà anche questi numeri, come quelli delle riammissioni attive, vanno letti con estrema attenzione”.

    Al Brennero, oltre alle forze di polizia, è ancora presente un presidio permanente di Volontarius, una organizzazione di volontariato finanziata dalla Provincia Autonoma di Bolzano. Gli operatori e i mediatori offrono informazioni basilari e, quando necessario, indirizzano le persone respinte verso l’Italia alle strutture di accoglienza a Bolzano. L’organizzazione gestisce una struttura al confine relativamente grande, che è dedicata all’accoglienza di famiglie e minori. Il personale cerca di assicurarsi che nessuno dorma fuori la notte, anche se la struttura viene chiusa alle ore 23 e durante le ore notturne non ci sono possibilità di venire accolti. Assente qualsiasi attività di consulenza legale e di prevenzione di prassi illegittime.

    In questi mesi abbiamo notato come la celerità delle forze di Polizia nella localizzazione di persone sul treno sia aumentata. La cosa è talmente evidente che presumiamo una possibile collaborazione del personale ferroviario nell’identificazione degli “irregolari”. Un altro elemento di novità, che però nel biennio 2016-2017 era considerato una normalità, è la presenza di forze di polizia austriache in Italia. Sembra che in quest’ultimo periodo sia ricominciata una “collaborazione” tra le due forze di polizie, ma potrebbe essere che quella austriaca controlli l’operato di quella italiana, un po’ come successo anni addietro 2. Una situazione alquanto paradossale considerata la retorica sovranista di chi siede al governo a Roma. Non sembra invece esserci una presenza rilevata, almeno nelle nostre azioni di monitoraggio, di polizia Italiana nel primo tratto di confine austriaco o alla stazione di Gries am Brenner.

    Del resto il dibattito in Austria sta assumendo toni nuovamente allarmistici: “Abbiamo bisogno di barriere efficaci che devono essere molto alte, andare in profondità nel terreno ed essere costantemente monitorate, tecnicamente e personalmente. Solo così si può contenere l’immigrazione clandestina“. Sono infatti queste le frasi ad effetto del cancelliere austriaco Karl Nehammer in un’intervista al quotidiano tedesco ‘Bild’ del 18 marzo.

    Nehammer ha detto che vuole una recinzione simile a quella tra Stati Uniti e Messico aggiungendo che il capo della polizia federale si è recato su quel confine per “vedere quali misure stanno funzionando. Il nostro obiettivo è condividere questa conoscenza con altri Paesi dell’Ue come la Bulgaria al fine di migliorare la nostra protezione delle frontiere dell’Ue“. Chissà se il capo della polizia austriaca avrà anche chiesto come funzionano i centri detentivi negli Stati messicani a ridosso del confine?

    Ha poi sostenuto che lo sviluppo dell’immigrazione è “decisamente drammatico, solo in Iran ci sono tre milioni di afgani che vogliono andare in Europa e a questo si aggiunge la situazione nell’area terremotata in Turchia e nel nord della Siria, dove vivono più di un milione di profughi siriani che ora hanno perso di nuovo tutto“. Infine, parlando delle procedure di asilo, ha detto che “l’Ue è sinonimo di rispetto dei diritti umani ma bisogna evitare che si attraversino più Paesi sicuri per poi chiedere asilo nei Paesi con i migliori sistemi sociali“.

    Seppur contenuto, quello del Brennero è un transito costante, inesorabile, che viene percorso nei due sensi da diverse tipologie di persone. Dall’Italia all’Austria, abbiamo conosciuto persone provenienti dalla Rotta balcanica, che vogliono proseguire il loro viaggio verso i Paesi nord europei; persone registrate al primo ingresso in Italia, ma che vorrebbero raggiungere amici, parenti o semplicemente vivere in altri paesi nordeuropei, i cosiddetti “dublinati”.

    Ci sono persone che hanno una vita stabile soprattutto in Paesi scandinavi e che cercano di tornare in Italia solo per rinnovare i documenti, ma che spesso si ritrovano bloccati nell’impossibilità di fare rientro in Italia, oppure nel viaggio di ritorno, a causa di un respingimento.

    Ci sono persone che dall’Austria o dalla Germania vengono in Italia a causa di richieste d’asilo negate. Molti afgani o iraniani raccontano questa storia, per esempio. Ci dicono che nemmeno con l’arrivo dei talebani i due Paesi hanno cambiato la loro politica in materia di asilo e che non sempre rinnovano la protezione. Dopo una permanenza più o meno lunga, sono costretti ad andarsene e una volta arrivati in Italia si stabiliscono in Alto Adige sapendo già il tedesco.

    Persone che vengono continuamente criminalizzate dalle politiche europee, i cui basilari diritti e l’accesso a una vita dignitosa vengono costantemente calpestati e negati. Non è sufficiente che a Vienna, Berlino o Bruxelles si indignino di fronte ai regimi autoritari e alle condizioni di repressione e assenza dei diritti umani, se poi non viene data protezione e libertà di muoversi a chi scappa da quei paesi. Dobbiamo prendere atto che questa indignazione e questo sgomento serve solo a dare una parvenza di umanità e democrazia alla comunità Europea e ai paesi che ne fanno parte, che sempre meno si traduce in fatti.

    Persone che versano in condizioni di estrema repressione, spesso private di diritti umani nei loro paesi di origine, arrivano in una Unione europea che invece di conferire loro dignità, le criminalizza e le priva dei diritti fondamentali attuando percorsi burocratici impossibili e regole ingiuste.

    Le parole del cancelliere austriaco sono di fatto quello che pensano gli altri leader europei: siamo solidali purché poi non veniate qua, e se proprio non siete affogati o respinti dalle polizie che lautamente finanziamo nei paesi extra Ue, potete rimanere purché stiate nel paese limitrofo al mio!

    1. Dati riportati nel numero di febbraio 2023 di Altreconomia.
    2. https://www.aduc.it/articolo/scorta+trilaterale+poliziotti+al+brennero_24356.php

    https://www.meltingpot.org/2023/03/al-brennero-profilazione-razziale-e-respingimenti-mentre-laustria-riprop

    #frontière_sud-alpine #Alpes #frontières #migrations #Autriche #Italie #Brenner #profilage_racial #asile #réfugiés #push-backs #refoulements #chiffres #statistiques #réadmissions #réadmissions_passives #Volontarius #patrouilles_mixtes #murs #barrières_frontalières

  • Schengen : de nouvelles règles pour rendre l’espace sans contrôles aux #frontières_intérieures plus résilient

    La Commission propose aujourd’hui des règles actualisées pour renforcer la gouvernance de l’espace Schengen. Les modifications ciblées renforceront la coordination au niveau de l’UE et offriront aux États membres des outils améliorés pour faire face aux difficultés qui surviennent dans la gestion tant des frontières extérieures communes de l’UE que des frontières intérieures au sein de l’espace Schengen. L’actualisation des règles vise à faire en sorte que la réintroduction des #contrôles_aux_frontières_intérieures demeure une mesure de dernier recours. Les nouvelles règles créent également des outils communs pour gérer plus efficacement les frontières extérieures en cas de crise de santé publique, grâce aux enseignements tirés de la pandémie de COVID-19. L’#instrumentalisation des migrants est également prise en compte dans cette mise à jour des règles de Schengen, ainsi que dans une proposition parallèle portant sur les mesures que les États membres pourront prendre dans les domaines de l’asile et du retour dans une telle situation.

    Margaritis Schinas, vice-président chargé de la promotion de notre mode de vie européen, s’est exprimé en ces termes : « La crise des réfugiés de 2015, la vague d’attentats terroristes sur le sol européen et la pandémie de COVID-19 ont mis l’espace Schengen à rude épreuve. Il est de notre responsabilité de renforcer la gouvernance de Schengen et de faire en sorte que les États membres soient équipés pour offrir une réaction rapide, coordonnée et européenne en cas de crise, y compris lorsque des migrants sont instrumentalisés. Grâce aux propositions présentées aujourd’hui, nous fortifierons ce “joyau” si emblématique de notre mode de vie européen. »

    Ylva Johansson, commissaire aux affaires intérieures, a quant à elle déclaré : « La pandémie a montré très clairement que l’espace Schengen est essentiel pour nos économies et nos sociétés. Grâce aux propositions présentées aujourd’hui, nous ferons en sorte que les contrôles aux frontières ne soient rétablis qu’en dernier recours, sur la base d’une évaluation commune et uniquement pour la durée nécessaire. Nous dotons les États membres des outils leur permettant de relever les défis auxquels ils sont confrontés. Et nous veillons également à gérer ensemble les frontières extérieures de l’UE, y compris dans les situations où les migrants sont instrumentalisés à des fins politiques. »

    Réaction coordonnée aux menaces communes

    La proposition de modification du code frontières Schengen vise à tirer les leçons de la pandémie de COVID-19 et à garantir la mise en place de mécanismes de coordination solides pour faire face aux menaces sanitaires. Les règles actualisées permettront au Conseil d’adopter rapidement des règles contraignantes fixant des restrictions temporaires des déplacements aux frontières extérieures en cas de menace pour la santé publique. Des dérogations seront prévues, y compris pour les voyageurs essentiels ainsi que pour les citoyens et résidents de l’Union. L’application uniforme des restrictions en matière de déplacements sera ainsi garantie, en s’appuyant sur l’expérience acquise ces dernières années.

    Les règles comprennent également un nouveau mécanisme de sauvegarde de Schengen destiné à générer une réaction commune aux frontières intérieures en cas de menaces touchant la majorité des États membres, par exemple des menaces sanitaires ou d’autres menaces pour la sécurité intérieure et l’ordre public. Grâce à ce mécanisme, qui complète le mécanisme applicable en cas de manquements aux frontières extérieures, les vérifications aux frontières intérieures dans la majorité des États membres pourraient être autorisées par une décision du Conseil en cas de menace commune. Une telle décision devrait également définir des mesures atténuant les effets négatifs des contrôles.

    De nouvelles règles visant à promouvoir des alternatives effectives aux vérifications aux frontières intérieures

    La proposition vise à promouvoir le recours à d’autres mesures que les contrôles aux frontières intérieures et à faire en sorte que, lorsqu’ils sont nécessaires, les contrôles aux frontières intérieures restent une mesure de dernier recours. Ces mesures sont les suivantes :

    - Une procédure plus structurée pour toute réintroduction des contrôles aux frontières intérieures, comportant davantage de garanties : Actuellement, tout État membre qui décide de réintroduire des contrôles doit évaluer le caractère adéquat de cette réintroduction et son incidence probable sur la libre circulation des personnes. En application des nouvelles règles, il devra en outre évaluer l’impact sur les régions frontalières. Par ailleurs, tout État membre envisageant de prolonger les contrôles en réaction à des menaces prévisibles devrait d’abord évaluer si d’autres mesures, telles que des contrôles de police ciblés et une coopération policière renforcée, pourraient être plus adéquates. Une évaluation des risques devrait être fournie pour ce qui concerne les prolongations de plus de 6 mois. Lorsque des contrôles intérieurs auront été rétablis depuis 18 mois, la Commission devra émettre un avis sur leur caractère proportionné et sur leur nécessité. Dans tous les cas, les contrôles temporaires aux frontières ne devraient pas excéder une durée totale de 2 ans, sauf dans des circonstances très particulières. Il sera ainsi fait en sorte que les contrôles aux frontières intérieures restent une mesure de dernier recours et ne durent que le temps strictement nécessaire.
    – Promouvoir le recours à d’autres mesures : Conformément au nouveau code de coopération policière de l’UE, proposé par la Commission le 8 décembre 2021, les nouvelles règles de Schengen encouragent le recours à des alternatives effectives aux contrôles aux frontières intérieures, sous la forme de contrôles de police renforcés et plus opérationnels dans les régions frontalières, en précisant qu’elles ne sont pas équivalentes aux contrôles aux frontières.
    - Limiter les répercussions des contrôles aux frontières intérieures sur les régions frontalières : Eu égard aux enseignements tirés de la pandémie, qui a grippé les chaînes d’approvisionnement, les États membres rétablissant des contrôles devraient prendre des mesures pour limiter les répercussions négatives sur les régions frontalières et le marché intérieur. Il pourra s’agir notamment de faciliter le franchissement d’une frontière pour les travailleurs frontaliers et d’établir des voies réservées pour garantir un transit fluide des marchandises essentielles.
    - Lutter contre les déplacements non autorisés au sein de l’espace Schengen : Afin de lutter contre le phénomène de faible ampleur mais constant des déplacements non autorisés, les nouvelles règles créeront une nouvelle procédure pour contrer ce phénomène au moyen d’opérations de police conjointes et permettre aux États membres de réviser ou de conclure de nouveaux accords bilatéraux de réadmission entre eux. Ces mesures complètent celles proposées dans le cadre du nouveau pacte sur la migration et l’asile, en particulier le cadre de solidarité contraignant, et doivent être envisagées en liaison avec elles.

    Aider les États membres à gérer les situations d’instrumentalisation des flux migratoires

    Les règles de Schengen révisées reconnaissent l’importance du rôle que jouent les États membres aux frontières extérieures pour le compte de tous les États membres et de l’Union dans son ensemble. Elles prévoient de nouvelles mesures que les États membres pourront prendre pour gérer efficacement les frontières extérieures de l’UE en cas d’instrumentalisation de migrants à des fins politiques. Ces mesures consistent notamment à limiter le nombre de points de passage frontaliers et à intensifier la surveillance des frontières.

    La Commission propose en outre des mesures supplémentaires dans le cadre des règles de l’UE en matière d’asile et de retour afin de préciser les modalités de réaction des États membres en pareilles situations, dans le strict respect des droits fondamentaux. Ces mesures comprennent notamment la possibilité de prolonger le délai d’enregistrement des demandes d’asile jusqu’à 4 semaines et d’examiner toutes les demandes d’asile à la frontière, sauf en ce qui concerne les cas médicaux. Il convient de continuer à garantir un accès effectif à la procédure d’asile, et les États membres devraient permettre l’accès des organisations humanitaires qui fournissent une aide. Les États membres auront également la possibilité de mettre en place une procédure d’urgence pour la gestion des retours. Enfin, sur demande, les agences de l’UE (Agence de l’UE pour l’asile, Frontex, Europol) devraient apporter en priorité un soutien opérationnel à l’État membre concerné.

    Prochaines étapes

    Il appartient à présent au Parlement européen et au Conseil d’examiner et d’adopter les deux propositions.

    Contexte

    L’espace Schengen compte plus de 420 millions de personnes dans 26 pays. La suppression des contrôles aux frontières intérieures entre les États Schengen fait partie intégrante du mode de vie européen : près de 1,7 million de personnes résident dans un État Schengen et travaillent dans un autre. Les personnes ont bâti leur vie autour des libertés offertes par l’espace Schengen, et 3,5 millions d’entre elles se déplacent chaque jour entre des États Schengen.

    Afin de renforcer la résilience de l’espace Schengen face aux menaces graves et d’adapter les règles de Schengen aux défis en constante évolution, la Commission a annoncé, dans son nouveau pacte sur la migration et l’asile présenté en septembre 2020, ainsi que dans la stratégie de juin 2021 pour un espace Schengen pleinement opérationnel et résilient, qu’elle proposerait une révision du code frontières Schengen. Dans son discours sur l’état de l’Union de 2021, la présidente von der Leyen a également annoncé de nouvelles mesures pour contrer l’instrumentalisation des migrants à des fins politiques et pour assurer l’unité dans la gestion des frontières extérieures de l’UE.

    Les propositions présentées ce jour viennent s’ajouter aux travaux en cours visant à améliorer le fonctionnement global et la gouvernance de Schengen dans le cadre de la stratégie pour un espace Schengen plus fort et plus résilient. Afin de favoriser le dialogue politique visant à relever les défis communs, la Commission organise régulièrement des forums Schengen réunissant des membres du Parlement européen et les ministres de l’intérieur. À l’appui de ces discussions, la Commission présentera chaque année un rapport sur l’état de Schengen résumant la situation en ce qui concerne l’absence de contrôles aux frontières intérieures, les résultats des évaluations de Schengen et l’état d’avancement de la mise en œuvre des recommandations. Cela contribuera également à aider les États membres à relever tous les défis auxquels ils pourraient être confrontés. La proposition de révision du mécanisme d’évaluation et de contrôle de Schengen, actuellement en cours d’examen au Parlement européen et au Conseil, contribuera à renforcer la confiance commune dans la mise en œuvre des règles de Schengen. Le 8 décembre, la Commission a également proposé un code de coopération policière de l’UE destiné à renforcer la coopération des services répressifs entre les États membres, qui constitue un moyen efficace de faire face aux menaces pesant sur la sécurité dans l’espace Schengen et contribuera à la préservation d’un espace sans contrôles aux frontières intérieures.

    La proposition de révision du code frontières Schengen qui est présentée ce jour fait suite à des consultations étroites auprès des membres du Parlement européen et des ministres de l’intérieur réunis au sein du forum Schengen.

    Pour en savoir plus

    Documents législatifs :

    – Proposition de règlement modifiant le régime de franchissement des frontières par les personnes : https://ec.europa.eu/home-affairs/proposal-regulation-rules-governing-movement-persons-across-borders-com-20

    – Proposition de règlement visant à faire face aux situations d’instrumentalisation dans le domaine de la migration et de l’asile : https://ec.europa.eu/home-affairs/proposal-regulation-situations-instrumentalisation-field-migration-and-asy

    – Questions-réponses : https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/qanda_21_6822

    – Fiche d’information : https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/fs_21_6838

    https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/fr/ip_21_6821

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    Ajouté dans la métaliste sur les #patrouilles_mixtes ce paragraphe :

    « Lutter contre les déplacements non autorisés au sein de l’espace Schengen : Afin de lutter contre le phénomène de faible ampleur mais constant des déplacements non autorisés, les nouvelles règles créeront une nouvelle procédure pour contrer ce phénomène au moyen d’opérations de police conjointes et permettre aux États membres de réviser ou de conclure de nouveaux accords bilatéraux de réadmission entre eux. Ces mesures complètent celles proposées dans le cadre du nouveau pacte sur la migration et l’asile, en particulier le cadre de solidarité contraignant, et doivent être envisagées en liaison avec elles. »

    https://seenthis.net/messages/910352

    • La Commission européenne propose de réformer les règles de Schengen pour préserver la #libre_circulation

      Elle veut favoriser la coordination entre États membres et adapter le code Schengen aux nouveaux défis que sont les crise sanitaires et l’instrumentalisation de la migration par des pays tiers.

      Ces dernières années, les attaques terroristes, les mouvements migratoires et la pandémie de Covid-19 ont ébranlé le principe de libre circulation en vigueur au sein de l’espace Schengen. Pour faire face à ces événements et phénomènes, les pays Schengen (vingt-deux pays de l’Union européenne et la Suisse, le Liechtenstein, la Norvège et l’Islande) ont réintroduit plus souvent qu’à leur tour des contrôles aux frontières internes de la zone, en ordre dispersé, souvent, et, dans le cas de l’Allemagne, de l’Autriche, de la France, du Danemark, de la Norvège et de la Suède, de manière « provisoirement permanente ».
      Consciente des risques qui pèsent sur le principe de libre circulation, grâce à laquelle 3,5 millions de personnes passent quotidiennement d’un État membre à l’autre, sans contrôle, la Commission européenne a proposé mardi de revoir les règles du Code Schengen pour les adapter aux nouveaux défis. « Nous devons faire en sorte que la fermeture des frontières intérieures soit un ultime recours », a déclaré le vice-président de la Commission en charge de la Promotion du mode de vie européen, Margaritis Schinas.
      Plus de coordination entre États membres

      Pour éviter le chaos connu au début de la pandémie, la Commission propose de revoir la procédure en vertu de laquelle un État membre peut réintroduire des contrôles aux frontières internes de Schengen. Pour les événements « imprévisibles », les contrôles aux frontières pourraient être instaurés pour une période de trente jours, extensibles jusqu’à trois mois (contre dix jours et deux mois actuellement) ; pour les événements prévisibles, elle propose des périodes renouvelables de six mois jusqu’à un maximum de deux ans… ou plus si les circonstances l’exigent. Les États membres devraient évaluer l’impact de ces mesures sur les régions frontalières et tenter de le minimiser - pour les travailleurs frontaliers, au nombre de 1,7 million dans l’Union, et le transit de marchandises essentielle, par exemple - et et envisager des mesures alternatives, comme des contrôles de police ciblés ou une coopération policière transfrontalières.
      Au bout de dix-huit mois, la Commission émettrait un avis sur la nécessité et la proportionnalité de ces mesures.
      De nouvelles règles pour empêcher les migrations secondaires

      L’exécutif européen propose aussi d’établir un cadre légal, actuellement inexistant, pour lutter contre les « migrations secondaires ». L’objectif est de faire en sorte qu’une personne en situation irrégulière dans l’UE qui traverse une frontière interne puisse être renvoyée dans l’État d’où elle vient. Une mesure de nature à satisfaire les pays du Nord, dont la Belgique, qui se plaignent de voir arriver ou transiter sur leur territoire des migrants n’ayant pas déposé de demandes d’asile dans leur pays de « première entrée », souvent situé au sud de l’Europe. La procédure réclame des opérations de police conjointes et des accords de réadmission entre États membres. « Notre réponse la plus systémique serait un accord sur le paquet migratoire », proposé par la Commission en septembre 2020, a cependant insisté le vice-président Schengen. Mais les États membres ne sont pas en mesure de trouver de compromis, en raison de positions trop divergentes.
      L’Europe doit se préparer à de nouvelles instrumentalisations de la migration

      La Commission veut aussi apporter une réponse à l’instrumentalisation de la migration telle que celle pratiquée par la Biélorussie, qui a fait venir des migrants sur son sol pour les envoyer vers la Pologne et les États baltes afin de faire pression sur les Vingt-sept. La Commission veut définir la façon dont les États membres peuvent renforcer la surveillance de leur frontière, limiter les points d’accès à leur territoire, faire appel à la solidarité européenne, tout en respectant les droits fondamentaux des migrants.
      Actuellement, « la Commission peut seulement faire des recommandations qui, si elles sont adoptées par le Conseil, ne sont pas toujours suivies d’effet », constate la commissaire aux Affaires intérieures Ylva Johansson.
      Pour faire face à l’afflux migratoire venu de Biélorussie, la Pologne avait notamment pratiqué le refoulement, contraire aux règles européennes en matière d’asile, sans que l’on donne l’impression de s’en émouvoir à Bruxelles et dans les autres capitales de l’Union. Pour éviter que cela se reproduise, la Commission propose des mesures garantissant la possibilité de demander l’asile, notamment en étendant à quatre semaines la période pour qu’une demande soit enregistrée et traitée. Les demandes pourront être examinée à la frontière, ce qui implique que l’État membre concerné devrait donner l’accès aux zones frontalières aux organisations humanitaires.

      La présidence française du Conseil, qui a fait de la réforme de Schengen une de ses priorités, va essayer de faire progresser le paquet législatif dans les six mois qui viennent. « Ces mesures constituent une ensemble nécessaire et robuste, qui devrait permettre de préserver Schengen intact », a assuré le vice-président Schinas. Non sans souligner que la solution systémique et permanente pour assurer un traitement harmonisé de l’asile et de la migration réside dans le pacte migratoire déposé en 2020 par la Commission et sur lequel les États membres sont actuellement incapables de trouver un compromis, en raison de leurs profondes divergences sur ces questions.

      https://www.lalibre.be/international/europe/2021/12/14/face-aux-risques-qui-pesent-sur-la-libre-circulation-la-commission-europeenn
      #réforme

  • L’#Allemagne propose à la #Pologne des #patrouilles_conjointes

    L’Allemagne a proposé à la Pologne un renforcement des patrouilles conjointes à la frontière entre les deux pays. Cela pour faire face au nombre croissant de migrants qui y arrivent après être passés par le Bélarus.

    La présence des forces frontalières devrait être « sensiblement » accrue, a estimé le ministre allemand de l’Intérieur #Horst_Seehofer dans une lettre à son homologue polonais #Mariusz_Kaminski vue mardi par l’AFP.

    M. Seehofer s’est dit « préoccupé » par la hausse de l’afflux de migrants notamment en provenance « du Proche et du Moyen-Orient » passant par le #Bélarus et arrivant en Pologne puis en Allemagne.

    Le ministre allemand a proposé « d’accroître la proportion des forces de la police fédérale allemande » qui participent aux patrouilles conjointes, laissant aux forces polonaises le soin de gérer les migrants qui traversent la frontière directement en provenance du Bélarus.
    Frontex

    M. Seehofer a également proposé de faire appel à l’agence européenne de protection des frontières Frontex pour bénéficier de son aide.

    Selon des chiffres du ministère allemand de l’Intérieur rendus publics lundi, quelque 4500 personnes ont traversé depuis août la frontière entre la Pologne et l’Allemagne sans document les y autorisant.

    La Pologne a de son côté déployé 6000 soldats le long de la frontière avec le Bélarus pour tenter de stopper l’afflux de migrants, a déclaré mardi le ministre de la Défense Mariusz Blaszczak.
    Représailles de Minsk

    L’UE accuse le président du Bélarus Alexandre Loukachenko de faire venir des migrants du Moyen-Orient et d’Afrique à Minsk puis de leur faire passer les frontières de la Lituanie, de la Lettonie et de la Pologne en représailles des sanctions économiques et individuelles adoptées par l’UE.

    L’arrivée massive de migrants traversant illégalement la frontière orientale de l’UE avec le Bélarus a pris de court des pays qui ne sont pas habitués à gérer un afflux massif de clandestins.

    La Pologne a été accusée par les ONG humanitaires de pratiquer des refoulements de migrants à la frontière avec le Bélarus. M. Seehofer abordera ce sujet mercredi à une réunion du gouvernement.

    https://www.bluewin.ch/fr/infos/international/l-allemagne-propose-la-pologne-des-patrouilles-conjointes-930954.html

    #patrouilles_mixtes #asile #migrations #réfugiés #Balkans #frontières #contrôles_frontaliers #Biélorussie

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    ajouté à la métaliste sur les patrouilles mixtes :
    https://seenthis.net/messages/910352

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    voir aussi la métaliste sur la situation à la frontière entre la #Pologne et la #Biélorussie (2021) :
    https://seenthis.net/messages/935860

    • à propos des refoulements à la frontière Polonaise, voir le message passé sur la newsletter d’octobre de Tous migrants :
      https://tousmigrants.weebly.com/octobre-20211.html

      Le même jour, nous recevons un appel de détresse sur Facebook d’un exilé coincé à la frontière entre la Biélorussie et la Pologne. Depuis plusieurs semaines, des personnes sont prises en étau dans la zone frontalière entre les deux pays, privés d’assistance et sans aucune issue[1]. L’Union européenne et la Pologne accusent Minsk d’orchestrer l’arrivée des personnes migrantes en réaction aux sanctions économiques infligées au pays au mois de juin. Cette instrumentalisation des flux migratoires menace la vie d’au moins 180 personnes, dont 26 enfants (selon l’ONG Watch the Med) et certaines sont déjà mortes. Comment l’Union européenne peut-elle tolérer que des humains meurent à sa frontière, sans agir ? Comment est-ce possible qu’un homme désespéré qui se trouve de l’autre côté de l’Europe à des milliers de kilomètres de nous, nous interpelle directement ?

      « Bonjour ! Nous vous écrivons via ce canal car nous sommes en situations de détresses. Nous sommes plus de 4000 migrant présentement coincés dans la frontière de la Pologne sans issu. Nous sommes sans secours, abandonnés à notre propre sort, en pleine forêt, sans nourriture, et sans aide d’aucune forme. Nous comptons déjà des morts dans nos rangs. Sans aucune aide nous allons tous périr. De grâce portez notre message de désespoir plus haut afin que l’union européenne soit au courant de ce qui se passe ici. Les journalistes n’ont pas accès, ni les médias et ONG. Les militaires polonais récupèrent nos téléphones et nous rejettent à la zone neutre sans secours et en pleine nuit sous le froid. Svp aidez-nous nous périssons à petit feu. »

      #Pologne #Frontex #Biélorussie

  • Accordo Italia-Slovenia sui controlli al confine : “guai” a essere trasparenti

    Il ministero dell’Interno si rifiuta di fornire i dettagli della cooperazione tra le forze di polizia di Roma e Lubiana sui pattugliamenti lungo il confine ripresi a fine luglio. Il vero scopo dell’attività resta così poco chiaro. Intanto il governo sloveno acquista 55 droni per sorvegliare le frontiere

    Il “delicato momento nella gestione delle frontiere interne all’Unione europea” giustifica la mancanza di trasparenza. Resta così opaco il mandato dei pattugliamenti misti lungo il confine italo-sloveni, ripresi il 30 luglio 2021, rispetto a cui non è possibile conoscere né il #protocollo_di_intesa su cui si basano né le indicazioni operative date alle forze di polizia italiana. La Direzione centrale dell’immigrazione e della polizia delle frontiere, braccio operativo del ministero dell’Interno, non ha infatti dato seguito alla richiesta, avanzata tramite accesso civico, con cui Altreconomia aveva chiesto conto dello stato dell’arte della cooperazione tra le autorità di Roma e Lubjana. Un buio preoccupante soprattutto in vista delle ripercussioni sui diritti delle persone in transito sulla rotta balcanica che presumibilmente aumenteranno in relazione alla drammatica situazione afghana.

    La risposta della Direzione non aggiunge molto a quanto già annunciato. “Dopo un lungo periodo di sospensione dovuto alla pandemia da Covid-19 per la ripresa dei servizi misti è stato stipulato un apposito protocollo d’intesa che è stato sottoscritto dai direttori dei Servizi di Polizia di frontiera italiano e Sloveno” si legge. L’accordo, sottoscritto il 15 luglio a Roma e il 21 luglio a Lubjana, prevede pattuglie miste composte da “personale del Paese ospitante e personale della forza di Polizia dell’altro Paese” che coprono il territorio “lungo la comune fascia confinaria tra i due Paesi” con lo scopo di potenziare l’attività di vigilanza al fine “di contrastare in maniera più efficace la criminalità transfrontaliera, con particolare riferimento all’attività di favoreggiamento dell’immigrazione irregolare”. Come detto, la Direzione non ha fornito copia del protocollo di intesa sottolineando che non è possibile renderlo noto in quanto minerebbe la tutela della sicurezza, dell’ordine pubblico e alle relazioni internazionali che l’Italia intrattiene con i Paesi terzi. Aggiungendo poi che “l’attuale delicato momento nella gestione delle frontiere interne all’Unione europea non consente la divulgazione di accordi di cooperazione che disciplinano i controlli che vengono effettuati alle frontiere terrestri e i controlli di ‘#retrovalico’ concordati con i Paesi confinanti senza ledere la riservatezza che deve caratterizzare tutte le attività bilaterali internazionali dello Stato italiano nei settori amministrativi interessanti e soprattutto nel settore involgente attività di ‘ordine e sicurezza pubblica”.

    Viene sottolineato come il “contenuto dei documenti richiesti contiene informazioni che attengono ad interlocuzioni intercorsi tra l’autorità politica nazionale e l’omologo sloveno dettagliando informazioni concernenti l’organizzazione e il funzionamento dei servizi di polizia finalizzati al contrasto dell’immigrazione illegale nonché relative ai contingenti delle forze armate a disposizione delle autorità provinciali di pubblica sicurezza per i controlli nelle zone confinarie”. Merita attenzione la definizione di “contrasto dell’immigrazione illegale”. “Il pattugliamento congiunto ha una efficacia non solo minima ma persino risibile rispetto all’obiettivo annunciato di contrasto alle organizzazioni criminali –ha scritto a inizio agosto Gianfranco Schiavone, membro dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (asgi.it)-. Sui sassosi sentieri del Carso non si incontrano i vertici ma neppure i quadri intermedi e neppure quelli bassi e persino bassissimi di tali organizzazioni ma solo persone disperate con i piedi piagati in cammino da settimane nei boschi di Croazia e Slovenia, tuttalpiù accompagnate da alcuni passeur la cui posizione nelle rispettive organizzazioni criminali è così infima da essere assimilabile a carne da macello”.

    In altri termini, il vero mandato delle operazioni di polizia “rischia” di diventare il controllo capillare del territorio per impedire alle persone in transito, migranti e richiedenti asilo, di raggiungere il territorio.

    La Direzione centrale è stata di poche parole anche rispetto alla nostra richiesta relativa al numero di persone identificate e, tra queste, del numero di coloro che hanno manifestato volontà di richiedere asilo. Viene fornito invece un numero sui risultati di polizia dei pattugliamenti: “nel corso del 2021 sono state arrestate 58 persone di cui 31 per favoreggiamento dell’immigrazione irregolare.

    Il muro di silenzio si alza anche con riferimento ai mezzi utilizzati sul confine e al numero di forze di polizia utilizzati. Le poche informazioni che si conoscono provengono dalla nota stampa del ministero dell’Interno che annunciava con enfasi l’utilizzo di droni e visori notturni, ben visibili, con tanto di foto, anche nella nota stampa slovena. Il 15 luglio 2021 -giorno della firma a Roma dell’accordo (l’incontro preliminare tra i rispetti ministri e capi di polizia è datato 4 giugno)- sul sito del ministero dell’Interno sloveno veniva però aperta una gara pubblica “per l’acquisto di veicoli aerei senza pilota e accessori” per un valore totale che si aggira intorno ai 400mila euro. Il bando (https://www.enarocanje.si/Obrazci/?id_obrazec=407420), chiuso il 5 agosto, richiedeva ai partecipanti di garantire la fornitura di un totale di 55 droni. La maggior parte, 29, sono veicoli di piccole dimensioni con un’autonomia di volo minima di 25 minuti e una distanza di gestione di quattro chilometri. L’amministrazione slovena richiede, inoltre, una formazione specifica per il “volo di notte e in condizioni di volo fuori dalla visibilità”. Non viene indicato il luogo di utilizzo specifico dei droni, si sa però che il 75% del bando è finanziato attraverso i fondi europei di sicurezza dell’Unione europea, ovvero lo strumento di sostegno finanziario a beneficio degli Stati Ue proprio per la gestione delle frontiere.

    L’accordo tra Roma e Lubjana incide potenzialmente anche sul tema delle riammissioni di persone in transito e richiedenti asilo della polizia italiana verso la Slovenia. La trasparenza è così necessaria per poter monitorare ciò che avviene in questa tappa della rotta balcanica anche in vista di un possibile aumento dei flussi legati alla situazione afghana. Le premesse non sono positive. Il governo di Lubjana, di turno alla presidenza del Consiglio dell’Unione europea dal luglio al dicembre 2021, ha chiaro il modello da perseguire nella gestione del fenomeno migratorio.

    Durante la presentazione dell’agenda politica della presidenza slovena alla Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni (Libe) del Parlamento europeo, il ministro dell’Interno Aleš Hojs ha sottolineato come da una riunione informale di fine luglio tra ministri degli interni dei Paesi membri sia emersa la volontà politica di compiere progressi graduali nella “definizione della politica migratoria comune dell’Unione europea”. “Stiamo seguendo la situazione in Afghanistan -ha aggiunto- come emerso dal comunicato congiunto dei ministri della sessione straordinaria di due giorni fa, risponderemo anche ai possibili effetti della situazione sull’Ue”. La politica migratoria da “sposare” per Hojs è quella contenuta in un documento, dai toni e contenuti molto duri in cui si legge che gli Stati membri, con il supporto di Frontex, restano determinati “nel proteggere efficacemente i confini esterni dell’Unione europea e prevenire gli ingressi illegali”.

    https://altreconomia.it/accordo-italia-slovenia-sui-controlli-al-confine-guai-a-essere-traspare

    #frontières #frontière_sud-alpine #Italie #Slovénie #asile #migrations #réfugiés #coopération_bilatérale #gardes-frontière #militarisation_des_frontières #patrouilles_mixtes #drones #business #complexe_militaro-industriel #réadmssions

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    ajouté à le fil de discussion autour des patrouilles mixtes à la frontière italo-slovène :
    https://seenthis.net/messages/791706
    Et plus précisément ici :
    https://seenthis.net/messages/791706#message928650

    • Rotta balcanica: riprendono i pattugliamenti tra Italia e Slovenia. Un mandato “opaco”

      Il 30 luglio sono ripartiti i controlli congiunti italo-sloveni lungo il confine per contrastare i “flussi migratori irregolari”. L’Italia nuovamente alla prova del rispetto della legalità alla frontiera orientale dopo la sospensione delle riammissioni illegali. L’analisi di Gianfranco Schiavone

      Il 30 luglio 2021 sono ripartiti “nelle province di Trieste/Koper e Gorizia/Nova Gorica i pattugliamenti congiunti italo sloveni lungo la comune fascia confinaria al fine di rafforzare i rispettivi dispositivi di contrasto ai flussi migratori irregolari provenienti dalla rotta balcanica”. Così recita il comunicato stampa della questura di Trieste pubblicato il giorno stesso. I pattugliamenti, vi si legge, sono frutto di un accordo “sottoscritto nei giorni scorsi dalle competenti autorità di polizia di Roma e di Lubiana” (appare curioso che si ometta la data dell’accordo).

      La decisione politica di attivare i pattugliamenti congiunti con forze di polizia italiane e slovene era stato resa pubblica dal ministero dell’Interno con nota stampa del 14 giugno 2021 a seguito dell’incontro tra la ministra Luciana Lamorgese e il suo omologo sloveno Hojs avvenuto a Lubiana. Nella nota ministeriale si poteva leggere come fosse “previsto un piano comune di vigilanza per i valichi di frontiera anche con l’impiego di droni e visori notturni per contrastare efficacemente le organizzazioni criminali che sfruttano il traffico dei migranti”. Le finalità del pattugliamento vengono dunque descritte in modo alquanto ambiguo: nella nota della questura triestina si fa riferimento in maniera più esplicita al contrasto dei flussi migratori irregolari, ovvero l’obiettivo dichiarato appare quello di bloccare i migranti; nella nota stampa del ministero, che usa un linguaggio più ovattato, si dichiara che l’obiettivo che si intende perseguire è invece il contrasto alle organizzazioni criminali che organizzano il traffico. Si potrebbe ritenere in modo superficiale che in fondo si tratta di accenti diversi della medesima finalità, ma non è così.

      Se assumiamo infatti la lettura in base alla quale l’attività delle cosiddette pattuglie miste italo-slovene è finalizzata al contrasto delle organizzazioni criminali che organizzano il traffico degli esseri umani, è ben difficile non vedere come tale motivazione appare alquanto poco credibile in quanto il contrasto al traffico internazionale di esseri umani per essere efficace richiede un’attività di intelligence e semmai inchieste coordinate tra le diverse autorità giudiziarie, cioè un complesso di attività che veramente assai poco ha a che fare con un pattugliamento fisico dell’area di frontiera vicino al confine.

      Il pattugliamento congiunto della fascia di confine tra Italia e Slovenia attuato con uso di uomini, droni (e cani, come non annunciato nei comunicati per non ferire la sensibilità di chi legge ma ampiamente riferito dalle testimonianze raccolte su quanto accade in Slovenia) ha una efficacia non solo minima ma persino risibile rispetto all’obiettivo annunciato di contrasto alle organizzazioni criminali giacché sui sassosi sentieri del Carso non si incontrano i vertici ma neppure i quadri intermedi e neppure quelli bassi e persino bassissimi di tali organizzazioni ma solo persone disperate con i piedi piagati in cammino da settimane nei boschi di Croazia e Slovenia, tuttalpiù accompagnate da alcuni passeur la cui posizione nelle rispettive organizzazioni criminali è così infima da essere assimilabile a carne da macello.

      Non deve stupire che le stesse inchieste giudiziarie che si sono basate finora su questo tipo di attività di polizia non abbiano mai portato a pressoché nulla di rilevante. Le organizzazioni di trafficanti non modificheranno la loro strategia sul confine italo-sloveno a seguito dei pattugliamento bensì alzeranno il prezzo dei loro servigi in ragione del più difficoltoso tratto da percorrere aumentando così i loro guadagni e lasciando indietro solo coloro che non possono pagare. Ancora una volta, come già avviene in altri contesti, operazioni di polizia presentate come finalizzate a contrastare il traffico internazionale di esseri umani, non solo sono irrilevanti in relazione a tale obiettivo bensì divengono di fatto fattori che vanno a potenziare l’operato e il giro d’affari delle organizzazioni che si afferma di volere combattere.

      Appare dunque evidente come i pattugliamenti sembrano rispondere all’altra, malcelata finalità, ovvero quella di intercettare nelle immediate vicinanze della frontiera interna italo-slovena da parte slovena, un certo numero di rifugiati, probabilmente i più disgraziati tra loro, al fine di impedirne a forza l’ingresso in Italia. I pattugliamenti congiunti, da quanto è dato sapere si svolgeranno infatti in assoluta prevalenza nell’area a ridosso del confine dal lato della Slovenia. Quando invece le operazioni verranno attuate sul lato italiano esse potrebbero prestarsi a far riprendere in forme ancor più nascoste quelle riammissioni informali attuate nel corso del 2020 e la cui radicale illegittimità è stata più volte messa in luce fin dall’inizio (Altreconomia ne ha scritto a più riprese, ad esempio qui e qui).

      Se fosse, come appare, quella di ostacolare/respingere i migranti che cercano asilo la effettiva finalità dei pattugliamenti, ciò, oltre a sollevare non pochi interrogativi etici (è questa l’attività alla quale si deve dedicare la polizia in una società democratica?) fa comunque emergere in capo alle autorità italiane precise responsabilità giuridiche. È noto infatti che la situazione dell’effettivo rispetto del diritto di asilo in Slovenia è quanto mai critica e che le disfunzioni sulla procedura di asilo in quel Paese sono profonde come emerge in modo in equivoco in tutti i rapporti internazionali: tra tutti si veda l’autorevole rapporto AIDA 2020 Update: Slovenia, a cura dell’Ecre (European council on refugees and exiles). Soprattutto è ampiamente noto che la Slovenia attua da tempo riammissioni sistematiche verso la Croazia impedendo ai migranti, compresi quelli “riammessi” dall’Italia, di presentare la domanda di asilo e rinviandoli in Croazia, Paese che a sua volta, con un meccanismo a catena e con l’uso di inaudite violenze, li deporta in Bosnia ed Erzegovina dove vengono sottoposti a trattamenti inumani e degradanti. Si tratta di riammissioni, o più propriamente si dovrebbero chiamare respingimenti a catena, documentati da un enorme numero di autorevoli rapporti internazionali e la cui illegalità è stata già dichiarata anche dalla stessa giurisprudenza slovena (vedasi sentenza I U 1490/2019-92 del 16 luglio 2020 del Tribunale amministrativo della Slovenia) e recentemente anche dai tribunali austriaci.

      Le autorità italiane non possono fingere di ignorare il quadro fattuale sopra descritto pena il loro coinvolgimento in fatti che configurano gravi violazioni delle norme interne ed internazionali. Richiamo in particolare l’attenzione su quanto disposto dal Testo unico sull’immigrazione (art. 19 comma 1, novellato dalla legge 173/2020) che dispone che “Non sono ammessi il respingimento o l’espulsione o l’estradizione di una persona verso uno Stato qualora esistano fondati motivi di ritenere che essa rischi di essere sottoposta a tortura o a trattamenti inumani o degradanti. Nella valutazione di tali motivi si tiene conto anche dell’esistenza, in tale Stato, di violazioni sistematiche e gravi di diritti umani”. Il citato articolo, insieme ad altre disposizioni, attua nel nostro ordinamento, dandone un’applicazione estensiva, il fondamentale divieto di non refoulement tutelato in via indiretta dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo (Cedu), la quale prevede, all’art. 2 e art. 3, rispettivamente, il diritto alla vita ed il divieto di tortura e di trattamenti inumani o degradanti.

      Secondo la costante interpretazione della Corte europea dei diritti dell’uomo, il rispetto di tali obblighi comporta il tassativo divieto di respingere o estradare una persona verso luoghi ove i citati diritti correrebbero il rischio di essere violati. Appare persino superfluo approfondire in questa sede il complesso tema della applicabilità della Convenzione europea dei diritti dell’uomo ad atti riconducibili agli Stati firmatari che siano posti in essere o abbiano effetto nel territorio di uno Stato che non è parte del Consiglio d’Europa (sul tema evidenzio solo che la giurisprudenza della Corte EDU ha progressivamente ampliato le ipotesi di applicazione extraterritoriale della Cedu) dal momento che è pacifico che l’Italia è responsabile della violazione del divieto di non refoulement nel caso in cui sia pienamente a conoscenza di fatti e prassi illegittime e non provveda, per ciò che di sua competenza, ad impedirne la violazione da parte di un altro Stato dell’Unione europea, soggetto, come l’Italia, ai medesimi obblighi; una co-responsabilità nella violazione dell’art. 3 della Cedu che diventa addirittura eclatante nel caso di collaborazioni delle nostre forze di polizia nello Stato in cui le citate violazioni sono commesse. Questo è dunque il gravissimo scenario che sembra profilarsi nel mandato “opaco” che allo stato attuale delle conoscenze sembra assegnato alle pattuglie miste italo-slovene.

      È inderogabile ed urgente che siano subito resi noti i contenuti dell’accordo di polizia sottoscritto tra Roma e Lubiana (nonché le concrete indicazioni operative date alle forze di polizia italiane) senza che vengano posti artificiosi ostacoli alla sua piena conoscenza. Parimenti è necessario che senza indugio il Parlamento si avvalga dei poteri che l’ordinamento giuridico gli conferisce per monitorare una situazione che può configurarsi di eccezionale gravità per il possibile coinvolgimento di istituzioni della Repubblica in azioni contrarie a norme e a principi fondanti l’ordinamento costituzionale.

      https://altreconomia.it/rotta-balcanica-riprendono-i-pattugliamenti-tra-italia-e-slovenia-un-ma

    • The flow of arrivals from the Balkan Route into North East Italy has significantly increased during the month of August. Associations and groups of volunteers supporting people in Trieste said that they have provided direct help to 659 people during this month, including 103 minors. It is thought very likely that the actual number of arrivals and transits is much higher, with many people not stopping long in the immediate border area. During the last weeks, there have been several reports of smugglers being arrested while transporting people-on-the-move into Italian territory. At the same time, the intensity of control practices along the borders has also increased: in just one day 150 people were found and transferred to quarantine facilities in the Friuli-Venezia Giulia (FVG) region.

      This has once again pushed public and official discourse towards the need to reintroduce informal readmissions to Slovenia, touted to recommence in July of this year. Yet there remains no official confirmation about reintroduction of “informal readmissions” (pushbacks) by witnesses on the ground, though rumors have begun to circulate about groups rejected from the Italian territory. The Ministry of the Interior refused to provide details of the cooperation between the police forces of Rome and Ljubljana on border patrols. But in the absence of official statements, the installation of 55 #drones by Slovenian authorities sits in line with the growing surveillance of transit across this border.

      Volunteers in Piazza della Libertà in Trieste also witnessed a serious episode of institutional racism in August. An ambulance was called in order to provide medical assistance to an underage boy newly arrived via Slovenia. The health operators initially refused to assist the person, treating him aggressively and disrespectfully. The boy was only given medical assistance after several attempts to seek help and a strong insistence on the part of the volunteers present. Further barriers to health care are also having wider impacts for peoples mobility beyond Trieste, seen most overtly in the lack of access to vaccinations. Without the “green pass”, which marks proof of vaccination, people-on-themove in FVG are unable to access longdistance travel in order to continue their journey.

      Source : Border Violence Monitoring Network, August 2021, pp. 16-17
      https://www.borderviolence.eu/balkan-region-report-august-2021

    • Ripartono oggi le pattuglie miste al confine italo-sloveno nelle province di Trieste/#Koper e Gorizia/Nova Gorica

      Da oggi, 30 luglio, ripartono, nelle provincie di Trieste/Koper e Gorizia/Nova-Gorica, i pattugliamenti congiunti italo sloveni lungo la comune fascia confinaria, al fine di rafforzare i rispettivi dispositivi di contrasto ai flussi migratori irregolari provenienti dalla rotta balcanica.

      L’accordo per la ripresa delle pattuglie miste italo-slovene, intervenuto a più di un anno dalla sospensione dei servizi congiunti interrotti a causa della pandemia in corso, è stato sottoscritto nei giorni scorsi dalle competenti autorità di Polizia di Roma e di Lubiana.

      Le pattuglie miste, che opereranno lungo gli itinerari congiuntamente individuati attraverso una sinergica analisi del rischio dai competenti Uffici territoriali, potranno utilizzare anche strumenti tecnologici, quali i droni.

      Scopo principale dei servizi sarà il contrasto al favoreggiamento dell’immigrazione irregolare, ma da questi deriverà, più in generale, anche il potenziamento dell’attività di vigilanza lungo la comune fascia confinaria, in funzione di contrasto alla criminalità transfrontaliera.

      Detta iniziativa, che rafforza la collaborazione già esistente tra i due Paesi, segna la ripresa delle attività congiunte nell’ambito della cooperazione di Polizia, momentaneamente interrotte dalla pandemia.

      https://questure.poliziadistato.it/it/Trieste/articolo/131861024ad65e1a0407758053

  • Slovenia is planning to set up mixed patrols along the border with Croatia, where police officers from other EU member states would also patrol the border together with the Slovenian ones.

    –-> info reçue (avec lien ci-dessous) via la mailing-list Inicijativa Dobrodosli, mail du 07.04.2021

    Slovenija planira mješovite policijske patrole na granici s Hrvatskom

    Još nema službene hrvatske reakcije na slovensku najavu da će zbog pojačanih nelegalnih prijelaza migranata na granicu sa Hrvatskom postaviti mješovite patrole u kojima bi uz slovenske bili i policajci drugih država članica EU.

    Kako su naveli u slovenskoj Vladi, Slovenija se opet našla pred migracijskim pritiskom i nezakonitim prijelazima državne granice koji se ne smanjuje unatoč naporima slovenske policije i njenog djelovanja na granici s Hrvatskom, koja je i vanjska granica Schengena, i mješovite policijske patrole odgovor su na to.

    Mješovitim patrolama zapovijedali bi slovenski policajci, a ne navodi se koje bi druge države članice Europske unije slale svoje ljude u te patrole.

    Iz hrvatskog Ministarstva unutarnjih poslova do objavljivanja ovog teksta nisu odgovorili na upit Radija Slobodna Europa (RSE) o stanju na granici.
    U Hrvatskoj tvrde drugačije

    Međutim, zapovjednik policijske Antiterorističke jedinice “Lučko”, koja je također raspoređena na granici, Mate Bilobrk kazao je kako nema pojačanog pritiska migranata.

    “Mislim da je pritisak puno manji nego prošlih godina”, izjavio je Bilobrk 31. ožujka u razgovoru za Hrvatsku radio-televiziju (HTV).

    Nevladine udruge također nemaju informacije o nekom pojačanom pritisku migranata na hrvatsku granicu, ali podsjećaju da se ne mijenjaju uzroci prisilnih migracija, pa se ne može očekivati da se one same od sebe zaustave.

    “Jedina je promjena u većem broju obitelji koje su nakon požara pobjegle iz izbjegličkog kampa Moria u Grčkoj, koje se sada nalaze u Bosni i pokušavaju doći do Hrvatske i zatražiti azil, ali posljednjih tjedana nema nekog povećanja ukupnih brojeva”, kaže za RSE Sara Kekuš iz zagrebačke nevladine udruge Centar za mirovne studije (CMS).

    “Očito je ova odluka slovenske Vlade smišljena s ciljem da se zaustave migracije prema Sloveniji, tako da ta odluka ne čudi. Međutim, slovenska Vlada mora biti svjesna vlastite odgovornosti u međunarodnom kontekstu i toga da nikome ne može ograničiti pravo na traženje međunarodne zaštite, pa makar to bilo i na samoj granici. A znamo da – dok god ne uspostavimo neke sigurne i legalne putove - da će ljudi i dalje prelaziti granice nezakonitim putevima u potrazi za sigurnošću”, poručuje Sara Kekuš.

    Ona je podsjetila da se već godinama svjedoči lančanim protjerivanjima migranata iz Slovenije u Hrvatsku pa onda dalje u BiH, gdje to protjerivanje nužno ne staje.

    “Znamo i da su slovenske vlasti dugo vremena koristile readmisijske ugovore kao izgovor za zakonito protjerivanje ljudi u Hrvatsku, iako su im zapravo istovremeno onemogućavali pristup azilu i na taj način kršili njihova prava”, podsjeća Sara Kekuš.
    Reagiranje u pandemiji

    Sigurnosni analitičar Branimir Vidmarović sa Sveučilišta “Juraj Dobrila” u Puli kaže za RSE kako ovaj slovenski potez valja razumjeti kao legitimnu brigu za vlastitu sigurnost u kontekstu krize uzrokovane pandemijom.

    “Ako su slovenski obavještajci u suradnji sa drugim sigurnosnim službama dobili dojavu da se možda očekuje pojačani val migranata ili nova najava, onda je ovakva reakcija prevencijska i sasvim razumljiva, budući da nijedna zemlja sada, u osjetljivoj fazi procedure cijepljenja, ne bi htjela pritok ljudi iz područja za koje se apriori zna da su ranjivija, osjetljiva, u smislu pandemije nezaštićenija i da predstavljaju rizik”, procjenjuje Vidmarović.

    U slovenskoj Vladi kažu kako takvu suradnju policija omogućuje zaključak Vijeća EU iz 2008. o produbljivanju prekogranične suradnje, osobito na području borbe protiv terorizma i prekograničnog kriminala.

    Prema članku 17. te europske direktive mogu se formirati zajedničke ophodnje i poduzeti druge mjere djelovanja radi očuvanja javnog reda i sigurnosti, te zbog suzbijanja kaznenih djela, pojasnilo je slovensko Ministarstvo unutarnjih poslova.

    Slovenija i Hrvatska nalaze se na tzv “balkanskoj”migrantskoj ruti od Grčke preko Srbije, Crne Gore i Bosne i Hercegovine do zapadnoeuropskih zemalja, nakon što je Mađarska na svoje granice prema Srbiji i Hrvatskoj postavila visoke žičane ograde.

    Nevladine udruge opetovano su upozoravale da slovenska i pogotovo hrvatska policija pribjegavaju ilegalnim “push-backovima” migranata, odnosno njihovom prisilnom vraćanju u državu za koju vjeruju da su iz nje došli – Hrvatsku, odnosno BiH.

    Nevladine udruge smještene u izbjegličkim kampovima u sjeverozapadnom dijelu BiH dostavile su medijima u više navrata i video zapise za koje tvrde da prikazuju migrante koje je zaustavila, istukla i vratila u BiH hrvatska policija, nakon što su pokušalno ilegalno ući u Hrvatsku.

    Hrvatska policija odbija ove optužbe.

    https://www.slobodnaevropa.org/a/slovenija-planira-mje%C5%A1ovite-policijske-patrole-na-granici-s-hrvatskom/31182152.html

    #patrouilles_mixtes #Slovénie #Croatie #frontière_sud-alpine #asile #migrations #réfugiés #Balkans #route_des_Balkans #frontières #contrôles_frontaliers

  • #Patrouilles_anti-migrants : trois #identitaires relaxés en appel

    Deux responsables de #Génération_identitaire ainsi qu’un ex-cadre ont été #relaxés en appel mercredi. Ils avaient été condamnés à six mois de #prison ferme en 2019 pour avoir « exercé des activités dans des conditions de nature à créer dans l’esprit du public une confusion avec l’exercice d’une #fonction_publique ».

    Ils ont finalement été relaxés. #Clément_Gandelin, président de l’association d’ultra-droite Génération identitaire, #Romain_Espino, porte-parole, et #Damien_Lefèvre [connu sous le nom #Rieu – ndlr], ancien cadre du mouvement, ont été relaxés par la cour d’#appel de Grenoble mercredi 16 décembre.

    Ils avaient été condamnés par le tribunal correctionnel de Gap, le 29 août 2019, à six mois de prison ferme, 2 000 euros d’amende et des privations de droits civiques, civils et familiaux pendant cinq ans. Le trio était poursuivi pour avoir « exercé des activités dans des conditions de nature à créer dans l’esprit du public une confusion avec l’exercice d’une fonction publique ». Le groupe Génération identitaire, poursuivi en tant que personne morale, avait écopé d’une amende de 75 000 euros.

    « La #cour_d’appel a estimé que les éléments constitutifs de cette #infraction n’étaient pas caractérisés en l’espèce, retenant une action de pure #propagande à visée médiatique et annoncée comme telle », a indiqué le parquet général de la cour d’appel de Grenoble dans un communiqué mercredi.

    « La cour a estimé que la seule infraction qui aurait pu leur être reprochée aurait été l’interpellation de migrants le jour de la chaîne humaine, ce qui n’a pas été le cas », précise Agnès Antoine, membre de l’association Tous Migrants, qui vient en aide aux exilés dans le Briançonnais, à la frontière franco-italienne.

    Les avocats de l’association, Mes Vincent Brengarth et William Bourdon, disent leur « totale incompréhension » face à cette décision. « La cour a considéré que leur action du 21 avril 2018 au #col_de_l’Échelle n’était pas de nature à créer une confusion dans l’esprit du public avec l’exercice d’une fonction publique, expliquent-ils. Cette décision potentialise le risque que des #milices viennent imposer leur loi à la #frontière en violation des #droits_fondamentaux des personnes exilées. »

    De son côté, Damien Lefèvre, dit « Rieu », a annoncé sa « victoire » dans une vidéo publiée sur Twitter (https://twitter.com/DamienRieu/status/1339240515108220934). Il affirme avoir été « persécuté judiciairement » et fait le lien entre migrations et terrorisme, en évoquant l’attentat de Nice. Il s’adresse enfin à « toute la sphère d’en face, l’islamosphère, la gauchosphère, Cédric Herrou, les fan[s] de Karim Benzema, les mangeurs de tacos et tous les islamistes qui [le] rêvaient en prison depuis des mois. Ça ne va pas se passer comme ça, je bois vos larmes », se gargarise-t-il.

    Pour les conseils de Tous Migrants, cette décision crée « un #deux_poids_deux_mesures par rapport à la criminalisation des maraudeurs », « dans un contexte de basculement autoritaire semblant chaque jour un peu plus désinhiber certains comportements qui devraient être condamnables » (lire notre article sur l’aide humanitaire mise à mal à la frontière franco-italienne : https://www.mediapart.fr/journal/france/101220/migrants-la-frontiere-franco-italienne-l-aide-humanitaire-mise-mal-les-ass).

    Depuis la mi-novembre, les effectifs de la police aux frontières de #Montgenèvre ont augmenté afin de « lutter contre le terrorisme » dans les #Hautes-Alpes et les associations d’aide aux migrants dénoncent un harcèlement des policiers à l’égard des exilés et des bénévoles. Deux #maraudeurs sont d’ailleurs poursuivis pour « aide à l’entrée, la circulation ou le séjour irrégulier d’étrangers en situation irrégulière en leur faisant franchir la frontière pédestrement » et sont renvoyés devant le tribunal de Gap en avril 2021.

    Nous republions ci-dessous l’article d’Elisa Perrigueur paru le 29 août 2019, à l’occasion de la condamnation des trois militants identitaires par le tribunal de Gap.

    *

    Six mois de prison ferme, 2 000 euros d’amende et des privations de droits civiques, civils et familiaux pendant cinq ans. Clément Gandelin, 24 ans, le président de l’association d’ultra-droite Génération identitaire, Romain Espino, 26 ans, porte-parole, et Damien Lefèvre, 29 ans, ex-cadre du mouvement, ont tous les trois été condamnés jeudi 29 août par le tribunal de Gap pour leur opération anti-migrants effectuée dans les Alpes au printemps 2018.

    Les trois militants d’ultradroite étaient plus précisément poursuivis pour « activités exercées dans des conditions de nature à créer dans l’esprit du public une confusion avec l’exercice d’une fonction publique » (article 433-13), lors de cette action médiatique qui avait pour but affiché de bloquer un point de passage frontalier emprunté par les exilés passés par l’Italie, à l’époque souvent des mineurs venus d’Afrique de l’Ouest.

    Le groupe Génération identitaire, également poursuivi en tant que personne morale, a, lui, écopé d’une amende de 75 000 euros. Le tribunal a estimé que la prison ferme s’imposait « compte tenu de la nature extrêmement grave des faits, de l’importance du trouble à l’ordre public occasionné non seulement pendant leur période de commission mais de manière durable dans le département, de l’importance des valeurs protégées par les infractions reprochées et du passé pénal des prévenus », d’après la motivation du jugement consultée par l’AFP.

    Les trois prévenus n’ont pas tardé à réagir jeudi soir, sur les réseaux sociaux, notamment Twitter, où deux d’entre eux ont diffusé des vidéos soigneusement mises en scène.

    Alors que Clément Gandelin, dit « Galant » chez les militants du groupe, s’exprime face caméra, des dizaines de personnes sont alignées derrière lui, figées en arrière plan, bras croisés. Le militant évoque une amende « exorbitante » pour son mouvement et parle d’une « justice politique qui frappe aujourd’hui les résistants identitaires ». Il ajoute aussi dans son tweet que « pour [l’]aider à payer [les] frais de justice », il faut se rendre sur le site du groupe extrémiste. Il y publie ses coordonnées bancaires pour le « soutenir » ou propose l’envoi de dons par chèque au mouvement.

    Selon l’article 40 de la loi de 1881 sur la liberté de la presse, il est « interdit d’ouvrir ou d’annoncer publiquement des souscriptions ayant pour objet d’indemniser des amendes, frais et dommages-intérêts prononcés par des condamnations judiciaires, en matière criminelle et correctionnelle, sous peine de six mois d’emprisonnement et de 45 000 euros d’amende ».

    Sur une autre vidéo partagée sur Twitter, le militant Damien Lefèvre, dit « Rieu », prend davantage en compte cette interdiction. « Vous le savez depuis l’affaire Leetchi, il est interdit de recevoir des dons », détaille-t-il, une carte du monde en arrière plan, faisant référence à l’arrêt d’une cagnotte sur ce site participatif, lancée en 2017 après la condamnation de plusieurs militants du groupe, qui lui même avait écopé d’une amende, en raison de l’occupation de la mosquée de Poitiers en 2012. L’ancien cadre de Génération identitaire propose donc de « financer » l’un des « projets » d’un autre collectif.

    « Ils se font passer pour des victimes »

    Ladite « Mission Alpes », pour laquelle les militants ont cette fois été condamnés, et dont ils s’étaient autoproclamés investis, s’était tenue entre le 21 avril et le 29 juin 2018 dans les Alpes françaises, à six kilomètres de la frontière italienne.

    Une centaine de membres de Génération identitaire reconnaissables à leur doudoune bleue, avaient d’abord occupé, le temps d’une journée, le col de l’Échelle, qui culmine à 1 760 mètres d’altitude, entre les versants donnant sur le village français de Névache d’un côté et la gare italienne de Bardonecchia de l’autre. Une dizaine de militants identitaires, dont les trois prévenus, étaient ensuite restés pour « patrouiller », se vantaient-ils, pendant plusieurs semaines dans le Briançonnais.

    Doté d’une flotte tape-à-l’œil de pick-up, de deux hélicoptères et d’un avion, le groupe avait alors communiqué de façon boulimique sur son action, à grand renfort de selfies, de vidéos, comme il l’avait fait l’année précédente, pour son opération spectacle anti-migrants à bord du navire C-Star, qui avait croisé dans les eaux internationales entre la Libye et l’Italie.

    Ce mouvement de jeunesse des identitaires (plus connu anciennement sous le nom de Bloc identitaire) créé en 2012, qui compte « au cœur du groupe quelque 500 personnes », « renverse la situation », explique Stéphane François, historien des idées et politologue. « Ils se font passer pour des victimes, des rebelles. Ces condamnations sont des trophées [comme le souligne Damien Rieu dans sa réaction jeudi 29 août, il s’agit d’un « honneur, d’une médaille » – ndlr], ils se font passer pour des personnes persécutées [par le système], rappelait le spécialiste des droites radicales, interrogé en juillet sur la question. Leur stratégie d’action est inspirée par le Bloc identitaire lui-même, inspiré du mouvement écologique Greenpeace : des campagnes chocs qui n’entraînent généralement pas ou peu de poursuites pénales. Cette nouvelle génération veut en découdre, il y a une multiplication des actes… Ils ne sont pas très nombreux mais peuvent être très violents. »

    La peine correspond aux réquisitions du procureur de la République de Gap, Raphaël Balland, prononcées le 11 juillet, lors de la première convocation des trois prévenus. Elles prenaient en compte « le casier judiciaire », avait-il alors justifié, deux d’entre eux n’étant pas « éligibles à du sursis simple », en raison de leurs précédentes condamnations. L’avocat des trois prévenus, Me Pierre-Vincent Lambert, qui réclamait quant à lui la relaxe, a annoncé que ses clients feraient appel de la décision, selon l’AFP.

    Au cœur de son réquisitoire, le procureur a placé la délicate notion de « confusion » dans l’exercice d’une fonction publique, un délit « pas simple à manier », selon lui, en raison du « très peu de jurisprudences ». Raphaël Balland précise que Génération identitaire a voulu créer la « confusion avec l’exercice d’une fonction publique ou d’une activité réservée aux officiers publics ou ministériels » au cours de cette mission.

    Il a parfois été reproché au procureur son « deux poids deux mesures » dans ses poursuites desdits « pro- » et « anti-migrants » dans ce département montagneux devenu le théâtre de fortes tensions autour de l’accueil des exilés.

    Ce même tribunal de Gap avait en effet condamné ceux que l’on connaît dans la vallée sous l’appellation des « 3+4 de Briançon » à 12 mois de prison pour deux d’entre eux et à six mois avec sursis pour les autres, pour avoir « facilité l’entrée » à la frontière d’une vingtaine de migrants lors d’une marche organisée en réponse à l’opération de Génération identitaire, le 22 avril 2018.

    Certains bénévoles ont regretté par ailleurs que le procureur n’ait pas poursuivi les trois militants d’extrême droite au « chef d’immixtion dans une fonction publique », plus sévère, sanctionné de trois ans de prison et de 45 000 euros d’amende. « Le délit d’immixtion ne tient pas », leur a rétorqué le procureur, lui préférant le délit de confusion.

    Le 11 juillet, seul Clément Gandelin s’était présenté à la barre. Il n’avait pas souhaité s’exprimer, restant silencieux tout au long de cette première audience de quatre heures. Il avait simplement déclaré à la fin que « ce procès n’[était] rien d’autre que politique et que jamais [le groupe Génération identitaire] n’av[ait] dit qu[’il prendrait] la place de la police ».

    Clément Gandelin avait été condamné en 2015 pour violences sur personne dépositaire de l’autorité publique. Son coaccusé, Damien Lefèvre, l’avait également été – entre autres – en 2017. Pour l’occupation de la mosquée de Poitiers en 2012, il avait écopé d’un an de prison avec sursis et d’une mise à l’épreuve de deux ans. Cette action avait mis en lumière ce mouvement de jeunesse – alors nouvellement créé – des identitaires. Un nouveau procès doit avoir lieu en appel.

    L’association locale d’entraide Tous migrants avait demandé à se constituer partie civile au nom de leur collectif. Leur but, expliquaient deux de ses responsables, était de rappeler que « ce procès mascarade est un dérivatif du vrai problème », à savoir « le droit des migrants à cette frontière ».

    Le collectif qui vient en aide aux migrants à Briançon a joint au dossier un recueil de témoignages de quatre exilés anonymes. Portée au dossier, la parole de ces exilés inconnus a rapidement été écartée, jugée non recevable par la présidente du tribunal.

    https://www.mediapart.fr/journal/france/161220/patrouilles-anti-migrants-trois-identitaires-relaxes-en-appel?onglet=full

    #condamnation #justice #relaxe #frontière_sud-alpine #Alpes #montagne #asile #migrations #réfugiés

    –—

    Ajouté à la chronologie sur le Briançonnais :
    https://seenthis.net/messages/756096

    –-> chronologie signalée dans la métaliste sur la même région :
    https://seenthis.net/messages/733721

  • La #Slovénie érige de nouvelles barrières à sa frontière avec la #Croatie


    https://www.infomigrants.net/fr/post/24082/la-slovenie-erige-de-nouvelles-barrieres-a-sa-frontiere-avec-la-croati

    La Slovénie a décidé de renforcer sa frontière avec la Croatie afin d’éviter des franchissements illégaux par des migrants, a annoncé mardi le ministère de l’Intérieur. En cinq ans, près de 200 kilomètres de clôtures ont déjà été construits dans cette zone.

    La Slovénie a déclaré, mardi 14 avril, qu’elle allait ajouter 40 kilomètres de nouvelles barrières à sa frontière avec la Croatie afin d’empêcher des migrants de la franchir clandestinement, rapporte l’agence de presse Reuters. Depuis 2015, le pays a fait construire progressivement quelque 196 kilomètres de clôtures sur les 670 kilomètres de frontière commune entre la Slovénie et la Croatie.

    Le ministère n’a pas précisé où les nouvelles barrières seront installées, mais a indiqué que leur construction serait effective dans le courant de l’année. Une annonce similaire portant également sur 40 kilomètres de nouvelles barrières avait été faite en juillet dernier pour l’année 2019.

    Bien que la Croatie et la Slovénie soient membres de l’Union européenne, la première n’appartient pas à l’espace Schengen de libre circulation. Les autorités slovènes ont donc expliqué l’an dernier qu’elles comptaient installer de nouvelles clôtures « dans les zones où il est urgent d’empêcher le franchissement illégal des frontières et de protéger les citoyens et leurs biens ».

    Explosion du nombre de tentatives de franchissement de la frontière

    Sur les deux premiers mois de l’année 2020, la police slovène a dénombré 1 165 tentatives de passage clandestin, soit près de 80% de plus qu’à la même période l’an dernier. Elle avait notamment annoncé, le mois dernier, avoir découvert une trentaine de migrants cachés dans un train de marchandises (https://www.infomigrants.net/fr/post/23225/slovenie-la-police-decouvre-trente-migrants-caches-sous-de-l-argile-da).

    Revenu fin février dans le fauteuil de Premier ministre, Janez Jansa avait promis lors de sa campagne de durcir sa politique en matière d’asile, d’ajouter de nouvelles barrières frontalières et de renforcer les contrôles aux frontières de ce petit pays de deux millions d’habitants situé sur le route migratoire des Balkans (https://www.infomigrants.net/fr/post/23045/slovenie-le-conservateur-janez-jansa-revient-au-pouvoir-en-durcissant-).

    Durant le pic de la crise migratoire en 2015 et 2016, un demi million de migrants clandestins avait traversé la Slovénie en six mois afin d’atteindre les pays d’Europe occidentale plus riches, comme la France, l’Allemagne ou le Royaume-Uni.

    #barrières_frontalières #asile #migrations #réfugiés #murs #route_des_balkans #frontière_sud-alpine #frontières #clôture

    • C’était 2019...
      En Slovénie, une clôture « de la honte » à la frontière croate (1/3)

      Depuis 2015, le gouvernement slovène érige le long de sa frontière sud une clôture de #barbelés pour tenter d’endiguer le flux de migrants en provenance de la Croatie voisine. Les villages slovènes traversés par les fils barbelés supportent mal l’installation de ce grillage qui, selon eux, abîme le #paysage et n’empêche pas la traversée des migrants.

      « Qui aime se réveiller le matin avec des #fils_barbelés devant sa fenêtre ? » Rudy ne décolère pas. Cet habitant de #Slavski_Laz, un village perdu dans les #montagnes slovènes, frontalier avec la Croatie, ne s’explique toujours pas pourquoi le gouvernement a construit, ici, au bord de la #rivière_Kolpa, une clôture de barbelés.

      « Ils disent que ce grillage est fait pour nous protéger… Mais nous protéger de quoi ? Je n’ai #peur de rien… », continue ce retraité qui vit depuis des années dans la région encore largement sauvage. L’argument de « l’#invasion_migratoire » brandi par le gouvernement pour justifier la construction de ce mur de métal ne le convainc pas.

      « Les migrants ici, ils passent, c’est tout », explique-t-il. « Ils transitent par la Slovénie et puis s’en vont vers d’autres pays, vers le nord de l’Europe généralement ».

      Les amis de Rudy acquiescent, tous attablés dans le seul café encore ouvert à 19h de #Kostel, un village de moins de 650 habitants non loin d’une des rares routes menant à la Croatie. Selon eux, la clôture est inutile, elle abîme le paysage, et son rôle de #dissuasion est largement surestimé. « Ils disent que les barbelés vont empêcher le passage de migrants… Mais tout le monde passe quand même ! », sourit Marco, un ami de Rudy, habitant dans le village voisin de Fara, en déclenchant l’hilarité de l’assemblée.

      « Par exemple, en ce moment, avec l’hiver et les forts courants, les rivages sont boueux, poreux, alors, les terrains bougent, la clôture s’effondre. Les migrants qui veulent passer n’ont même pas besoin de se fatiguer, ils ont juste à l’#enjamber », continue Marco en riant. « Il y a des endroits où des sillons se sont creusés. Ils peuvent aussi passer sous la barrière ! »

      116 km de #grillages

      Près de 14 000 migrants ont traversé la frontière depuis le début de l’année, « soit 70% de plus que l’année dernière », à la même période, affirment les autorités slovènes à InfoMigrants.

      Cet été, 40 km supplémentaires de grillages ont donc été construits à la frontière sud, le long de la rivière Kolpa. « Il faut empêcher le franchissement illégal des frontières », a indiqué le ministère de l’Intérieur dans un communiqué. En tout, depuis 2015, Ljulbjana a déjà érigé 116 km de grillages le long de la Kolpa qui parcourt les 670 km de frontière avec la Croatie.

      « Ces clôtures ne sont pas une baguette magique mais elles nous aident », ajoute, de son côté, un commandant de police slovène.

      Khaled, un demandeur d’asile érythréen, aujourd’hui à Ljubljana, a tenté trois fois le passage de la frontière slovène avant de réussir à entrer dans le pays. La clôture, il s’en souvient très bien. « J’ai traversé la frontière au mois de mai, quelque part vers #Ribnica. Je me souviens qu’une fois la rivière franchie, il a fallu passer ces barbelés. Alors j’ai grimpé, je me suis déchiré les mains, elles étaient pleines de sang, mais je suis passé ».

      Montagnes dangereuses, présence d’#ours, eau glaciale

      Au delà de sa dangerosité, Rudy, le villageois, voit dans cet alignement de barbelés, une « #clôture_de_la_honte » qui, selon lui, stigmatise les migrants. « On voit arriver des familles, parfois des enfants. Je ne vois pas bien en quoi, ce sont des ennemis », continue le retraité.

      « Cette barrière, c’est le début de l’enfer », explique à son tour une jeune fille qui énumère les dangers qui attendent les migrants juste après son franchissement : la montagne « très dangereuse quand on s’y perd », les températures « glaciales » et les ours, nombreux dans le pays. « Parfois, on entend des cris là-haut. Ce sont des migrants qui hurlent pour effrayer les animaux ».

      Ces dernières semaines, deux migrants sont décédés par #noyade dans la Kolpa et un autre a été retrouvé mort de froid et d’#épuisement dans la #forêt.

      Surtout, les migrants doivent éviter les patrouilles de #police. « La nuit, quand nous tentons la traversée, nous voyons les lumières des lampes torche, derrière la clôture. Les #policiers sont partout. C’est ça qui nous effraie le plus », se souvient Khaled. « On fait tout pour les éviter. Quand la police vous attrape, elle vous renvoie en Croatie. Elle vous emmène rarement jusqu’à la capitale pour demander l’asile ».

      Depuis le début de l’année, sur les 14 000 entrées illégales, plus de 8 000 renvois – aussi appelés « pushbacks » - ont été effectués depuis les frontières slovènes, affirment les autorités.

      Patrouille de miliciens d’extrême-droite

      « C’est une #honte, il y a la police, l’armée, maintenant cette clôture et il y a même une milice ! », fulmine à son tour Katarina Bernad Sterva, directrice de l’association slovène d’aide aux réfugiés, qui se désespère de la situation à la frontière.

      Depuis quelques jours en effet, des miliciens en treillis militaires, visages cachés derrière des cagoules noires, patrouillent aussi le long de la rivière Kolpa. Dirigée par le leader d’extrême-droite, Andrej Sisko,cette milice se veut un « renfort » à l’armée régulière pour « défendre la frontière » et intercepter les migrants. « Nous sommes le point d’entrée de l’espace Schengen », se justifie Andrej Sisko. « Nous voulons faire passer un message. Nous voulons dire aux étrangers de rester chez eux. La clôture est fragile, elle ne permet pas de stopper les migrants alors nous venons contrôler les abords de la rivière nous-mêmes ».

      La milice d’#Andrej_Sisko n’a aucun mandat légal. Et visiblement, les villageois s’expliquent mal leur présence.

      Si certains rient à leur passage - « C’est le carnaval quand ils sont là », entend-t-on ici et là dans les villages frontaliers – d’autres comme Katarina Bernad Sterva regarde cette armée parallèle avec une inquiétude grandissante. « Ce qui m’effraie, c’est qu’ils existent. Publiquement, le gouvernement a condamné leurs actions, mais, dans les faits, les autorités ne font rien. Ces hommes sont fous, nous nous attendions à une réaction forte du gouvernement, comme par exemple l’annonce de la dissolution de ces patrouilles ».
      https://twitter.com/sarecmarjan/status/1036914541693755400?ref_src=twsrc%5Etfw%7Ctwcamp%5Etweetembed%7Ctwterm%5E10

      Interrogée par InfoMigrants, la police reste muette sur le sujet. « Je n’ai rien à dire sur ces hommes. Ils n’ont pas le soutien de la police », déclare simplement Vicjem Toskan, l’un des commandants en chef de la police de Koper, à l’ouest du pays.

      Ce soir-là, à Kostel, les amis du café s’interrogent surtout sur le sort réservé aux migrants interceptés par cette milice d’extrême-droite. « On a déjà la police et l’armée pour intercepter les migrants. On a une clôture pour les empêcher de continuer leur route. Eux, qu’est-ce qui vont leur faire, la nuit, dans la montagne ? », s’inquiète Rudy. « Ils portent des masques, ils marchent dans la forêt. J’ai plus peur d’eux que des immigrés qui traversent la rivière », chuchote à son tour, une jeune fille en bout de table. « Si j’étais migrante, je n’aimerais vraiment pas tomber sur eux ».

      https://www.infomigrants.net/fr/post/20807/en-slovenie-une-cloture-de-la-honte-a-la-frontiere-croate-1-3

      #milices #patrouilles #extrême_droite #Kolpa #efficacité #montagne #Alpes #décès #morts #mourir_aux_frontières #danger #dangers #push-back #refoulement #refoulements #militarisation_des_frontières #push-backs

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      #Walls_don't_work :

      « Par exemple, en ce moment, avec l’hiver et les forts courants, les rivages sont boueux, poreux, alors, les terrains bougent, la clôture s’effondre. Les migrants qui veulent passer n’ont même pas besoin de se fatiguer, ils ont juste à l’#enjamber », continue Marco en riant. « Il y a des endroits où des sillons se sont creusés. Ils peuvent aussi passer sous la barrière ! »

      –-> voir la métaliste

    • Despite all the existing reports about the Croatian police violence and brutality, Slovenia continues to pushback migrants to Croatia. This was recently even recognized by the Italian court: an Italian court stopped deportation to Slovenia on the grounds that there is a risk for an asylum seeker to be subjected to inhumane and degrading treatment due to the high possibility of him (or her) being further expelled to Croatia and then to Bosnia or Serbia.
      More on that in AYS article from beginning of June:
      AYS Special: Italian Court StopsDeportation to Slovenia, Meanwhile Pushbacks Continue
      https://medium.com/are-you-syrious/ays-special-italian-court-stops-deportation-to-slovenia-meanwhile-pushbacks-

      Last week, the new Slovenian Minister of Interior Affair (of the new right wing government) frankly admitted in an interview that Slovenian police is sending migrants back to Croatia and consequently into the refugees centres in Bosnia and Serbia:
      Notranji minister Aleš Hojs razkril migracijsko »skrivnost«
      https://www.dnevnik.si/1042931634 (only in Slovenian)

      Currently, the government is also preparing a new Aliens Act where they plan to severely restrict access to asylum (among many other things): this means that during what they call complex migration emergencies, proclaimed by the government, access to asylum can be completely limited.

      Message reçu via la mailing-list Migreurop, le 15.06.2020

    • Slovénie : une vingtaine de migrants « proches de la suffocation » découverts dans des camions

      La police slovène a annoncé avoir découvert 22 migrants cachés dans des camion-citernes, samedi, à la frontière croate. Les contrôles ont été fortement renforcés dans cette région avec notamment l’envoi de 1 000 nouveaux policiers début juin.

      « Ils étaient proches de la suffocation. » Vingt-deux migrants cachés dans deux camion-citernes alimentaires ont été découverts par la police slovène, samedi 20 juin, à la frontière avec la Croatie, rapporte l’agence de presse AP. Les deux poids-lourds avaient des plaques d’immatriculation provenant de Serbie.

      Un premier groupe de 13 migrants a été découvert lors d’un contrôle de police à la frontière. Le second groupe, composé de 9 personnes, a été trouvé peu après dans un autre camion appartenant à la même compagnie.

      Les migrants sont originaires du Bangladesh, d’Inde, de Turquie et de Syrie, indique la police.

      Des milliers de migrants empruntent chaque année la route dite « des Balkans » malgré sa dangerosité. Un grand nombre d’entre eux font appel à des passeurs afin de traverser les frontières vers l’Europe occidentale dans des camions, plutôt que de tenter leur chance à pied à travers les forêts et les montagnes de la région.

      Craignant une recrudescence des passages clandestins à la suite du déconfinement décrété dans différents pays européens, la Slovénie a annoncé, début juin, qu’elle envoyait 1000 officiers de police en renfort à sa frontière avec la Croatie. Ces effectifs sont équipés de #drones, de #caméras_thermiques et de #détecteurs_de_mouvements.


      https://www.infomigrants.net/fr/post/25519/slovenie-une-vingtaine-de-migrants-proches-de-la-suffocation-decouvert

  • Après les #milices qui surveillent les #frontières en #Hongrie, #Bulgarie, #République_Tchèque :
    https://seenthis.net/messages/719995

    ... voici le même type de groupes en #Slovénie...
    Vigilantes in Slovenia patrol borders to keep out migrants

    Blaz Zidar has a mission: patrol along a razor-wire fence on Slovenia’s border with Croatia, catch migrants trying to climb over, hand them to police and make sure they are swiftly sent out of the country.

    The 47-year-old former Slovenian army soldier, dressed in camouflage trousers with a long knife hanging from his belt, is one of the vigilantes who call themselves “home guards” — a mushrooming anti-migrant movement that was until recently unthinkable in the traditionally liberal Alpine state. The name of the self-styled group evokes memories of the militia that sided with fascists during World War II.

    “I would prefer to enjoy my retirement peacefully, but security reasons are preventing this,” Zidar said as he embarked on yet another of his daily foot patrols together with his wife near their home village of Radovica nestled idyllically among vineyards and lush green forested hills.

    Zidar complained that he had to act because Slovenian police aren’t doing their job of guarding the borders from the migrant flow which peaked in 2015 when hundreds of thousands of refugees from the Middle East, Africa and Asia, fleeing wars and poverty, crossed from Greece, Bulgaria, Serbia and Macedonia via Hungary or Croatia and Slovenia toward more prosperous Western European states.

    Zidar said that his six children often join them in the border monitoring mission “because they have to learn how to protect their nation from intruders.”

    Slovenia’s volunteer guards illustrate strong anti-migrant sentiments not only in the small European Union nation of 2 million people, but also across central and eastern Europe which is a doorway into Western Europe for migrants and where countries such as Hungary have faced criticism for open anti-migrant policies. Similar right-wing guards that frequently attacked migrants crossing the borders previously openly operated in Hungary and Bulgaria.

    Police in Croatia — an EU member state that is still not part of the borderless EU travel zone — routinely face accusations of pushbacks and violence against migrants trying to come in from Bosnia. In Slovenia, the authorities are putting up additional fences on the border with Croatia after Italy’s former hard-line interior minister, Matteo Salvini, threatened “physical barriers” would be built between Slovenia and Italy if the migrant flow wasn’t completely stopped.

    The fiery anti-migrant rhetoric by Salvini and Hungarian President Victor Orban, who was the first to order fences on Hungary’s border with Serbia at the start of the migrant crisis, have resonated among some in Slovenia, an exceptionally calm, nature-loving country.

    Miha Kovac, a Slovenian political analyst who is a professor at the University of Ljubljana, described the anti-migrant guards as “guys with big beer bellies who don’t have much of an education, who didn’t have much of a career, who don’t know what to do with themselves in the contemporary world.

    “They find their meaning in this kind of movement and this kind of hatred toward migrants.”

    Kovac said that in the short run, the right-wing groups represent no real danger to the tiny EU nation. But if the European migrant crisis continues “this kind of movement might become more aggressive.”

    https://www.youtube.com/watch?v=zte9nDFcACY

    “Slovenia is a country of 2 million and if you would become a kind of immigrant pocket with the population of ... 20, 30, 40, 50,000 immigrants, this could cause quite significant problems,” Kovac said.

    Slovenian authorities don’t seem to mind the self-styled guards patrolling the country’s borders, as long as they don’t do anything against the law.

    “The self-organization of individuals does not in any way imply mistrust of police work,” said France Bozicnik, the head of criminal police at a police station near the border. “It’s just the opposite.”

    “People call us on the phone every day and give us information about suspicious vehicles and suspicious persons, and we sincerely thank them for this information,” he said. “They are welcome to continue with this reporting.”

    Nevertheless, the images of masked men in military uniforms that appeared about a year ago have shocked many in Slovenia, the birthplace of U.S. first lady Melania Trump. The largest volunteer group called the Stajerska Garda was filmed taking an oath to secure public order in the country.

    The group commander, Andrej Sisko, said his goal is “to train people to defend their country and help the military and police at a time of massive migrations from the African and Asian states, mostly Muslims.”


    Sisko, who spent six months in prison for his paramilitary activities, insisted that his guards don’t carry real weapons or do anything illegal.

    “People are mostly supporting us, they are stopping and congratulating us on the streets,” Sisko said in an interview with The Associated Press as four of his men in camouflage uniforms, wearing genuine-looking mock guns, stood watch at his house in the suburb of the northern Slovenian town of #Maribor.

    With the continuing migrant flow in the region, human rights groups have accused authorities in Slovenia, Serbia, Greece, Hungary and particularly Croatia of illegal and forced pushbacks from their borders.

    Witnesses cited by the Border Violence Monitoring Network described Croatian police officers at the border with Bosnia burning clothes, sleeping bags, backpacks and tents in addition to targeting other possessions such as cellphones, cash and personal documents. Croatian officials have repeatedly denied the claims.

    “The police first attacked by shooting up in the air, and then they ordered us to lay down,” said Shabbir Ahmed Mian from Pakistan, adding that after police body searches they “pushed” the group of 15 that included women, children and the elderly into a small van that dumped them back to Bosnia.

    “We couldn’t breathe, there was no oxygen,” he said.

    https://www.apnews.com/57424e6bf60046e594b4c052bac86b6c

    #Stajerska_Garda #Andrey_Sisko
    #asile #migrations #réfugiés #xénophobie #racisme #patrouilles #chasse_aux_migrants #anti-réfugiés #milices #milices_privées #extrême_droite #néo-nazis

    ping @reka @isskein @marty

    • Nouvelle reçu via le rapport « Border violence monitoring network - Balkan Region » de septembre 2019 (p. 13 et segg.) :
      https://www.borderviolence.eu/balkan-region-report-september-2019

      Extrait :

      SloveniaVigilante groups patrol the Slovenian border with CroatiaOn September 17th the Associated Press reported (https://www.apnews.com/57424e6bf60046e594b4c052bac86b6c) on the alarming activities of a Slovenian para-military group called “#Stajerska_Varda”, operating along the border with Croatia. Members of the group are reportedly taking part in vigilante activities, apprehending people-in-transit who try to cross the border, and calling the police to push them back. Until now the groups’ members have not been observed carrying out any violent actions, but their rise in numbers and presence on the border is deeply concerning. A video (https://www.youtube.com/watch?v=m2KOSTXp4fA

      ) from October 2018 shows a large number of armed people taking an oath nearMaribor, stating their intent to take border security into their own hands.

      Andrey Sisko, the leader of the far-right group, confirmed that at that time the militia had existed for longer than a year. Sisko himself was arrested and detained (https://www.total-slovenia-news.com/politics/3328-militia-leader-jailed-for-trying-to-subvert-the-constituti) for six months with the charge of “trying to subvert the constitutional order”. He was released in March. The open activities of far-right groups at the border are a telling development, not only for pressure on transit conditions, but also the growth in nationalist logic pervading Slovenia today. Stajerska Varda have stepped into the political void opened up by centre and right-wing politicians who have stoked domestic opinion against people-in-transit. While extreme right activists frame their role as a necessary defense, their actual ideology is explicitly aggressive. As shown in a report (https://eeradicalization.com/the-militarization-of-slovenian-far-right-extremism) by European Eye on radicalization, Stajerska Varda has the nationalist ideas of “Greater Slovenjia” (https://eeradicalization.com/the-militarization-of-slovenian-far-right-extremism) as a reference point, and has inserted itself in a context of growing militarization as part of Slovenia’s right.

      Yet media response to this rise in armed groups presented some worrying attitudes towards the issue. Namely the views of Miha Kovac, a political analyst interviewed by AP for their report, is dangerous in two senses. Kovac dismisses radical groups as “guys with big beer bellies [...] who don’t know what to do with themselves”, and even goes on to allege that the root cause of facism is the presence of migrants in Slovenia. Marking out people-in-transit as instigators falls into a traditional cycle of victim blaming, a route which absolves the role of fear mongering party politics in abetting radicalization.
      As shown by right wing leaders around Europe, such as Matteo Salvini and Victor Orban, open praise for and facilitation of radical groups is an explicit tactic used to build a right wing consensus on the ground. The example of vigilantes operating in Hungaryas early as 2015, suggests that the development of state borders and growth of the extra-parliamentary right go hand in hand. These two strands are evidently complicit in Slovenia, seen especially in the silence at the party and state levels in regards to a self publicized military juntaoperating on state soil. September’s revelations again highlight the liminal space between conservative migration politics and paramilitary fascism. The existence of these activities call into direct question the responsibilities of the Slovenian state, and are a concerning augmentation of the current institutional pushback framework.

      https://www.borderviolence.eu/wp-content/uploads/September-2019-Report-1.pdf

    • Patriot games: Slovenian paramilitaries face down migrant ’threat’ on border

      Dressed in camouflage and armed with air rifles, Slovenian paramilitaries moves in formation through woods a stone’s throw from Croatia, patrolling a border zone where the group’s leader says illegal migration is rife.

      The more than 50-strong group, some of whom mask their faces with balaclavas and which includes a handful of women, is led by Andrej Sisko, who also heads Gibanje Zedinjena Slovenija, a fringe nationalist party that has so far failed to win seats in parliament.

      He believes authorities are failing in their duty to protect Slovenia against what he views as the migrant threat, and founded Stajerska and Krajnska Varda (Stajerska and Krajnska Guard) to fill that gap.

      Members of both organistions were participating in the patrol when Reuters TV met them.

      “It is a duty of all of us to ensure security in our own country,” he said. “If state bodies who are paid for that cannot or do not want to ensure security we can help ensure it, that is what we do.”

      Anti-migrant sentiment in Slovenia and other ex-Communist states has risen sharply since 2015, when eastern Europe bore the initial brunt of a refugee crisis.

      Much of the region has since then resisted attempts by EU authorities in Brussels to enforce a continent-wide quota system for new arrivals, which Slovenia has however signed up for.

      According to Slovenian police, numbers of migrants crossing illegally from Croatia to Slovenia - where a razor-wire fence has been erected along stretches of the border since 2015 - rose to 11,786 in the first nine months of this year from 6,911 a year earlier.

      Sisko this year served time in jail for forming Stajerska Varda and urging the overthrow of state institutions.

      He says the group, which generally meets in the border zone at weekends, does not intercept migrants - which he emphasises would be against the law - but advertises their presence to security forces.

      Police told Reuters they were monitoring the group’s behaviour and had not detected any recent illegal activities.

      https://www.reuters.com/article/us-slovenia-paramilitary/patriot-games-slovenian-paramilitaries-face-down-migrant-threat-on-border-i

    • On en parle ici aussi :
      Patrouille de miliciens d’extrême-droite

      « C’est une honte, il y a la police, l’armée, maintenant cette clôture et il y a même une milice ! », fulmine à son tour Katarina Bernad Sterva, directrice de l’association slovène d’aide aux réfugiés, qui se désespère de la situation à la frontière.

      Depuis quelques jours en effet, des #milices en treillis militaires, visages cachés derrière des cagoules noires, patrouillent aussi le long de la rivière #Kolpa. Dirigée par le leader d’extrême-droite, #Andrej_Sisko,cette #milice se veut un « renfort » à l’armée régulière pour « défendre la frontière » et intercepter les migrants. « Nous sommes le point d’entrée de l’espace Schengen », se justifie Andrej Sisko. « Nous voulons faire passer un message. Nous voulons dire aux étrangers de rester chez eux. La clôture est fragile, elle ne permet pas de stopper les migrants alors nous venons contrôler les abords de la rivière nous-mêmes ».

      La milice d’Andrej Sisko n’a aucun mandat légal. Et visiblement, les villageois s’expliquent mal leur présence.

      Si certains rient à leur passage - « C’est le carnaval quand ils sont là », entend-t-on ici et là dans les villages frontaliers – d’autres comme Katarina Bernad Sterva regarde cette armée parallèle avec une inquiétude grandissante. « Ce qui m’effraie, c’est qu’ils existent. Publiquement, le gouvernement a condamné leurs actions, mais, dans les faits, les autorités ne font rien. Ces hommes sont fous, nous nous attendions à une réaction forte du gouvernement, comme par exemple l’annonce de la dissolution de ces patrouilles ».

      Interrogée par InfoMigrants, la police reste muette sur le sujet. « Je n’ai rien à dire sur ces hommes. Ils n’ont pas le soutien de la police », déclare simplement Vicjem Toskan, l’un des commandants en chef de la police de Koper, à l’ouest du pays.

      Ce soir-là, à Kostel, les amis du café s’interrogent surtout sur le sort réservé aux migrants interceptés par cette milice d’extrême-droite. « On a déjà la police et l’armée pour intercepter les migrants. On a une clôture pour les empêcher de continuer leur route. Eux, qu’est-ce qui vont leur faire, la nuit, dans la montagne ? », s’inquiète Rudy. « Ils portent des masques, ils marchent dans la forêt. J’ai plus peur d’eux que des immigrés qui traversent la rivière », chuchote à son tour, une jeune fille en bout de table. « Si j’étais migrante, je n’aimerais vraiment pas tomber sur eux ».

      https://seenthis.net/messages/791703#message811227

  • Gli arrivi di #migranti in Friuli Venezia Giulia sono stati 5526 nel 2019, poco meno degli sbarchi al sud (circa 7000). Dato reso noto nell’audizione dei prefetti al Consiglio Regionale. Numeri dell’accoglienza in calo grazie ai trasferimenti nel resto d’Italia.
    Ogni settimana arrivano tra i 150 e i 300 migranti attraverso il confine orientale. Le pattuglie miste per ora sono un flop: solo 40 i rintracci in Slovenia dal primo luglio. Provengono perlopiù da Pachistan e Afganistan. A 6 su 10 la commissione nega ogni tipo di protezione.
    I tempi sono un problema: un anno per attendere la decisione della commissione, due per aspettare la decisione del tribunale sul ricorso in caso di diniego. Altro limite: lente le procedure di trasferimento all’estero dei dublinanti (sono 700).

    #Friuli_Venezia_Giulia #statistiques #asile #migrations #réfugiés #chiffres #route_des_balcans #Italie #2019 #frontières #frontière_sud-alpine

    Des chiffres importants, malgré la #militarisation_des_frontières et la constitution de #patrouilles_mixtes (italienne et slovène) de gardes-frontière :
    https://seenthis.net/messages/791706

    ping @isskein

  • Matteo #Salvini veut construire un mur à la frontière entre la Slovénie et l’Italie

    Voilà une semaine que des #patrouilles slovéno-italiennes parcourent la frontière entre les deux pays pour empêcher les passages illégaux de réfugiés. Présentée comme une intensification de la coopération entre Rome et Ljubljana, la mesure ne satisfait pas le ministre italien de l’Intérieur, Matteo Salvini, qui a évoqué l’idée d’un mur à la frontière Est de la Botte.

    L’image, digne d’un spot de campagne proeuropéen, a fait le tour des médias slovènes : tous sourires, deux gardes-frontières slovène et italien se serrent solennellement la main, encouragés par un concert de bons mots sur la coopération policière entre Rome et Ljubljana. La mise en place d’une patrouille frontalière binationale, proposée par le ministre slovène des Affaires étrangères Miro Cerar et approuvée par son homologue italien, vise à empêcher plus efficacement les franchissements illégaux. « Nous nous attendons à des résultats positifs », a déclaré à la télévision slovène 24UR Vincenzo Avallone, chef de secteur de la police frontalière basée à Udine. « Cette coopération contribuera à un meilleur partage d’informations, crucial pour continuer notre travail. »

    Jusqu’au 30 septembre, quatre patrouilles de police se succèderont chaque semaine, trois côté slovène et une côté italien. Formées à Trieste, les équipes pourront entrer jusqu’à dix kilomètres dans le territoire des deux pays, avec pour mission de surveiller les points de passage les plus sensibles. « Nous avons travaillé sur cette initiative durant des mois », s’est félicité le gouverneur de la région de Frioul-Vénétie julienne, Massimiliano Fedriga, cité par l’agence italienne ANSA. « La pression politico-diplomatique sur la Slovénie et les pays des Balkans s’est accentuée », précise-t-il, tout en présentant la mesure comme « un commencement, pas une solution ».
    « Rendre la frontière infranchissable »

    La semaine dernière, Matteo Salvini, vice-Premier ministre italien en charge de l’Intérieur, a affirmé que si ces patrouilles ne suffisaient pas, il ferait installer des « obstacles physiques » à la frontière, à commencer par une barrière de fils barbelés. Avant d’évoquer l’idée de sceller la frontière orientale : « Nous allons rendre la frontière avec la Slovénie infranchissable, et ce par tous les moyens disponibles ».

    Le 5 juin, 500 personnes s’étaient rassemblées en signe de protestation dans la commune frontalière de #Nova_Gorica - #Gorizia, et 300 autres à Trieste lors d’une visite de Matteo Salvini à Trieste pour la signature d’un contrat d’investissement avec la Hongrie. « Chez nous, le dernier mur est tombé en 2004 [date de l’entrée de la Slovénie dans l’UE]. L’érection d’un nouveau mur éveillerait le passé, ce qui serait non seulement douloureux mais également contreproductif », explique le maire de Gorizia, Rudi Ziberna, à La Repubblica. Au premier semestre 2019, 5306 migrants auraient franchi la frontière slovéno-croate, une hausse de près de 50% par rapport à 2018 (3612 passages). 146 auraient été renvoyés en Slovénie, contre 158 l’année précédente.

    https://www.courrierdesbalkans.fr/refugies-Salvini-mur-frontiere-Slovenie-Italie
    #frontières #frontière_sud-alpine #murs #barrières_frontalières #Italie #Slovénie #asile #migrations #réfugiés #coopération_bilatérale #gardes-frontière #militarisation_des_frontières #patrouilles_mixtes

    • Il muro anti-migranti tra Italia e Slovenia proposto dalla Lega costerebbe 2 miliardi di euro

      Il governatore del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, ha parlato dell’ipotesi di costruire un muro di 243 chilometri al confine orientale dell’Italia, tra Friuli e la Slovenia.

      In un’intervista rilasciata al Fatto Quotidiano domenica 30 giugno, ha dichiarato che sta valutando l’ipotesi di realizzare il piano insieme al Viminale. La sua realizzazione risponderebbe infatti alla necessità di “fermare l’ondata migratoria che avanza”.

      “Se l’Europa non tutela i suoi confini noi saremo costretti a fermare l’ondata migratoria che avanza attraverso altri altri Paesi dell’Ue con tutti i mezzi. Non possiamo mettere poliziotti a ogni metro”, ha detto il leghista.
      Muro anti migranti Friuli | Costo

      Ma quanto costerebbe realizzare un vero e proprio muro anti migranti tra Friuli Venezia Giulia e Slovenia?

      Il coordinatore nazionale dei Verdi, Angelo Bonelli, ha calcolato che la sua costruzione costerebbe circa 2 miliardi di euro alle casse dello stato.

      “Per 100chilometri di reticolato al confine tra Usa e Messico il congresso americano ha autorizzato a Trump la spesa di 1,3 miliardi di dollari. E quindi per 243 chilometri di reticolato in Italia, il costo sarà di circa 2 miliardi di euro”, ha detto Bonelli.

      Un’infrastruttura del genere sarebbe, per questo, non solo discutibile dal punto di vista politico e morale, ma anche dal punto di vista pratico.

      Le spese per la costruzione del muro ricadrebbero su molti di quei cittadini italiani che, di questi tempi, probabilmente accoglierebbero con favore il piano.
      Muro anti migranti Friuli | Le critiche

      Le critiche all’idea del progetto non sono tardate ad arrivare anche da parte di altri personaggi pubblici, che si sono concentrati sull’aspetto politico del piano, ritenuto da alcuni anacronistico.

      Lo scrittore e saggista Claudio Magris ha scritto sul Corriere della Sera che un progetto simile sarebbe anti-storico, e rievocherebbe l’epoca della cortina di ferro, costruita alla fine della seconda guerra mondiale tra Trieste e la ex Jugoslavia di Tito.

      Anche diversi membri del Movimento 5 stelle hanno criticato il piano, tra cui il deputato e giornalista Emilio Carelli, che ha detto: “Spero che l’idea del governatore Massimiliano Fedriga non venga raccolta da nessuna forza politica. Non è alzando i muri che si governano i problemi delle migrazioni”.

      Giuseppe Brescia, presidente della Commissione Affari costituzionali della Camera ed esponente del M5S, ha invece affermato: “Questa iniziativa non ha né capo né coda, non se ne dovrebbe nemmeno parlare. Non è in agenda né nel contratto di governo, quelli della Lega non possono spararla sempre più grossa”.

      https://www.tpi.it/2019/07/01/muro-anti-migranti-friuli-fedriga-costo/

    • PM Says Fence Not Needed on Slovene-Italian Border

      Prime Minister Marjan Šarec has dismissed ideas by senior Italian officials that a fence should be erected on the Slovenian-Italian border, telling the National Assembly that such proposals had to be interpreted “in the domestic policy context”.

      “In talks with the Italian government we will state that there are no reasons for the border, this is clear from the numbers ... Italy is not threatened by Slovenia’s inactivity, and we will substantiate that,” he said.

      Šarec made the comment when he was quizzed by opposition MPs in parliament on Tuesday about the recent launch of mixed police patrols on the border, their implication being that the beefed up controls are the result of Slovenia’s failure to properly protect the Schengen border.

      Stressing that the number of persons Italy returned to Slovenia had dropped by 17% in the first half of 2019 compared to the same period last year, Šarec said Slovenian police were doing all they could to protect the Schengen border and curb illegal migrations.

      Border patrols are “not a measure that would squeeze Slovenia out of the Schengen zone,” as Democrat (SDS) MP Branko Grims claimed, as Italy has such cooperation with all of its neighbours and Slovenia also had such mixed patrols on its other borders, according to Šarec.

      New Slovenia (NSi) deputy Jernej Vrtovec wondered why Slovenia had proposed mixed patrols, labelling it an admission of its inability to control the Schengen border. But Šarec stressed that it was not the government that had proposed joint patrols, this was the result of an agreement at the level of both police forces.

      For Šarec, the key thing to dam migrations is for Frontex, the EU’s border agency, to be deployed on Croatia’s borders with Bosnia-Herzegovina and Serbia.

      Overall, border control is “a serious issue that the new EU Commission will have to tackle with all seriousness... Migrations will be with us for years to come ... the EU is not active in tackling these issues,” he said, adding: “Schengen is de facto not working anymore.”

      Italian Interior Minister Matteo Salvini recently suggested Italy might erect a fence on its border with Slovenia if joint police patrols do not suffice to stop migrations, raising fears of a return to border checks that would severely disrupt life along the border.

      While the right has taken the announcement as evidence of Slovenia’s failings, politicians on the left have started urging the government to take action to prevent such a scenario from unfolding.

      Social Democrat (SD) deputy Matjaž Nemec thus urged Šarec today to take the initiative and invite the prime ministers of all countries on the Western Balkan migration route, including Italy and Austria, to jointly tackle the issue.

      But others think Italy will do as it likes regardless of what Slovenia does.

      Robert Polnar, an MP for the Pensioners’ Party (DeSUS), said Italy’s measures would probably be harsher than the measures Slovenia is adopting.

      And Luka Mesec, the leader of the Left, said Salvini was “playing his game” in order to win the election in Italy.

      "What the Slovenian right is doing, and partially the government by starting to announce drones and fencing ... is acquiescing to this game... Our politicians are dancing to Sallvini’s tune, Mesec said on the margins of the plenary today.

      https://www.total-slovenia-news.com/politics/4072-pm-says-fence-not-needed-on-slovene-italian-border

    • Misure rafforzate contro l’immigrazione irregolare e per difendere i porti

      Nell’occasione è stato espresso apprezzamento anche per la decisione della Slovenia, che confermando le intenzioni anticipate al governo italiano ha annunciato il via ai pattugliamenti congiunti con la polizia croata.

      www.interno.gov.it/it/notizie/misure-rafforzate-contro-limmigrazione-irregolare-e-difendere-i-porti

      Commentaire Sara Prestianni, reçu via email:

      « l’Italie, qui avait annoncé il y a quelque semaine de vouloir construire un mur avec la Slovenie puis dementis puisque ont été relancé les patrouilles conjointes Italie/Slovenie, se felicite de l’annonce de la Slovenie de proceder à des patrouilles conjointe avec la Croatie »

    • Reçu via la newsletter Inicijativa Dobrodosli, le 29.07.2019 :

      Slovenia deployed 35 soldiers at the border to Italy to prevent migration and confirmed its “commitment” (www.h-alter.org/vijesti/slovenija-od-danas-s-vojskom-na-granici-kod-kopra) in helping Croatia with combating illegal migration, and proposed the potential sending of #Frontex to the EU’s external borders, H-alter writes (www.h-alter.org/vijesti/slovenija-od-danas-s-vojskom-na-granici-kod-kopra).

      Slovenija od danas s vojskom na granici kod Kopra

      Slovenski mediji objavili su jučer kako će se od danas “u zaštitu granice s Italijom od ilegalnih migracija” uključiti dodatnih 35 vojnika, koji su poslani kao ispomoć policiji kod Kopra, gdje je prošli tjedan uhićeno 122 osoba u tranzitu. Vojnici će koristiti sredstva koje vojska ima u redovitoj upotrebi, od sredstava za promatranje do oklopnih vozila.

      Pojačani angažman Slovenije na sprečavanju migracija na granici s Italijom počeo je početkom ovog mjeseca kada su uvedene zajedničke ophodnje slovenske i talijanske policije.

      Slovenski ministar unutarnjih poslova Boštjan Poklukar i njegov talijanski kolega Matteo Salvini sastali su se prošlog tjedna i potvrdili svoju “predanost” pomoći Hrvatskoj “u borbi protiv nezakonite migracije”, te su predložili potencijalno slanje Frontexa na vanjske granice Europske unije.

      http://www.h-alter.org/vijesti/slovenija-od-danas-s-vojskom-na-granici-kod-kopra
      #armée #armée_slovène

    • Reçu via la newsletter Inicijativa Dobrodosli, le 02.08.2019 :

      Also, after last week’s news on the Slovenian army at the border with Italy and the proposal to send Frontex to the border with Croatia, this week we learn (https://www.tportal.hr/vijesti/clanak/slovenci-navukli-uniforme-i-sami-stite-granicu-s-hrvatskom-od-migranata-vice) that a group of Slovenian locals in the Metlika and Črnomelj area dress in camouflage uniforms and patrol the border area. Non-sanctioning of such patrols, especially fueled by anti-immigrant attitudes, may further jeopardize access to international protection and the safety of persons on the move.

      –----

      Slovenci navukli uniforme i sami štite granicu s Hrvatskom od migranata : ’Vičemo im : Ovo je moja zemlja, odmah lezite’, a oni bježe’

      Neobična priča dolazi iz pograničnog područja uz Kupu sa slovenske strane granice s Hrvatskom. Razočarani odnosom službene Ljubljane, koja bi po njima trebala činiti više da zaštiti granicu od migrantskog vala, dio mještana tog kraja organizirao se u ’seoske straže’. Iako nisu naoružani, tvrde da im je cilj povećati osjećaj sigurnosti uz granicu

      Kako izvještava slovenski portal Siol.net, straža se sastoji od desetak mještana koji u maskirnim uniformama patroliraju pograničnim područjem u okolici Metlike i Črnomelja. Jedino oružje koje koriste u svom ’nadzoru granice’ njihov je glas.

      ’Vičemo im: ’Ovo je moja zemlja, ovo je Slovenija, odmah lezite!’ No oni ne slušaju naša naređenja, okrenu se i bježe’, svjedoči Blaž Zidar, jedan od mještana koji svakodnevno patrolira.

      https://www.tportal.hr/vijesti/clanak/slovenci-navukli-uniforme-i-sami-stite-granicu-s-hrvatskom-od-migranata-vice ?

      Les photos publiées avec l’article :

      ... dont une qui montre le nom du village : #Gibina (#Gibanje_Omejeno), à la frontière entre la #Slovénie et la #Croatie, et non pas avec l’Italie —> donc sur la route vers l’#Autriche :

      #barrières_frontalières #barbelés

    • Reçu via la newsletter Inicijativa Dobrodosli, le 12.08.2019:

      The Slovenian government (http://hr.n1info.com/Regija/a425162/Slovenija-mobilizirala-pomocnu-policiju-zbog-migranata-i-sigurnosti-u-pro) has mobilized an increased number of reserve police forces, arguing that the Slovenian border is threatened by ’’an increased influx of migrants’’. The Border Police of Bosnia and Herzegovina (https://m.vecernji.hr/vijesti/eurozastupnik-podupire-bih-sram-me-je-hrvatska-granicna-policija-se-ne-sm) said it expects border surveillance equipment from the Czech Republic, stating that they "urgently need sophisticated sensor and radar systems to monitor day and night conditions and detect illegal crossings, special cameras, drones, vehicles for monitoring and surveillance, mobile equipment for direct access to databases as well as border control equipment intended for the detection of people in hidden spaces.’’

    • Italy/Slovenia enact joint patrols along their shared border

      This month saw the introduction of joint Slovenian and Italian police patrols on their mutual border, raising concerns about the retrenchment of national boundaries contra the Schengen Agreement. The collaboration between authorities, due to be implemented until the end of September, mobilises four joint operations per week, with respective police forces able to enter 10km (https://www.infomigrants.net/en/post/17916/italy-slovenia-start-joint-border-patrols) into the territory of their neighboring state in order to apprehend migrants. Mixed operations by member states signifies a growing trend towards the securitization of the EU’s internal borders, and in this case a tightening of controls on the departure point from the West Balkan route. The patrols aim at stemming the transit of migrants from the western Slovenian regions of Goriška and Obalno-kraška, into the eastern region of Friuli Venezia Giulia, Italy. Given the extensive pushback apparatus being employed by Slovenian and Croatian officials, arrival in Italy has often been the first place where persons-in-transit can apply for international protection without the threat of summary removal. However, these developments in cross border patrols highlight a growing effort on the part of the Italian government to prevent people seeking sanctuary on its territory. The Telegraph reported (https://www.telegraph.co.uk/news/2019/07/08/anti-migrant-patrols-italy-slovenia-border-raise-spectre-post) that the operations had already generated “the arrest of 97 migrants in just 48 hours”, and were being carried out on both local roads and motorways across the breadth of the 120 mile land border. But the newspaper also expressed its concerns around the reintroduction of border controls, suggesting the joint operations were “conjuring up memories of the barbed wire and fences which made peoples’ lives miserable after World War Two”. The article cited the rise in local tensions in the town of Novi Gorica, as the functions of a more formalised border came back into place. Split in the aftermath of WW2, #Gorizia came to form half the town on the Italian side while the other half, #Novi_Gorica, was under Yugoslavian control. The local experience of separation within the community has informed a growing unease regarding these new border procedures, as seen in demonstrations on the Slovenian side by locals opposing a hard border. But it would seem the patrols are likely to become a regular function within the bilateral work of the Slovenian and Italian police given the rising anti-migrant rhetoric being mobilized by Italian Interior Minister, Matteo Salvini. The Interior Minister has already made calls for a border fence between the countries, should these joint patrols not bring transit into Italy under control. The knock on effect has been felt in Slovenia, where conservative opposition party NSi have made subsequent calls for the further protection of its border with Croatia. Concerned by what Balkan Insight termed a “Hungarian-style border fence” in Italy, the Slovenian parliamentary right are seeking assurances that Slovenia will not become a bottleneck for migrants whose passage to Italy is blocked. To this end, Slovenian Prime Minister Marjan Šarec made a visit to the southern border and, according to Croatian media (https://www.total-croatia-news.com/politics/37027-slovenia), pledged further police to the efforts, along with military assistance and drones. Here once again, the courtship rituals of these respective member states continues to dance ever closer to the reestablishment of fixed borders and further from a reappraisal of their obligations to international asylum law.

      (pp.16-18)

      Source: https://www.borderviolence.eu/wp-content/uploads/July-2019-Final-Report.pdf

    • Italy, Slovenia start joint border patrols

      A joint border patrol mission between Italy and Slovenia started Monday. The aim is to stem the flow of migrants reaching the north-eastern Italian region of Friuli Venezia Giulia from the eastern border.

      A joint Italian-Slovenian border patrol officially began Monday. The main aim of the cross-border collaboration between the police forces is to stem the flow of migrants who cross into Italian territory from the eastern border, authorities said.

      To start, four joint patrols have been planned per week with two Italian border police officers and two Slovenian colleagues who can be deployed in an area of up to 10 kilometers within their respective territories.

      Massimiliano Fedriga, governor of the Friuli Venezia Giulia region, said ’’we have been working for months on the initiative’’ because ’’Italy’s political-diplomatic pressure on Slovenia, as well as on Balkan countries, has increased." He added that the measure is “a start, not a solution.”

      Italy is ready ’’to adopt other’’ measures, the governor also said, including the suspension of Schengen rules, ’’as already done by Austria with Slovenia’’, or erecting a border barrier in northeastern Italy, The barrier, the governor added, would not be erected along the entire border, as previously reported, “but potentially on some of the most critical points,” citing the woods in the Karst region, in order to “channel undocumented (migrants) along routes that are easy to control.” Deputy Premier and Interior Minister Matteo Salvini has repeatedly spoken over the past few days of “sealing the eastern border.”

      Slovenia says no emergency at the border with Italy

      Speaking at a press conference at the former Lipica border crossing to mark the start of the joint patrols, Slovenian authorities said there “is no emergency at the border with Italy.” Since the start of the year, said the director general of Slovenian police, Marian Stubljar, ’’the readmissions of illegal (migrants) from Italy to Slovenia were 146 against 158 last year." The most critical situation in terms of migrant arrivals today is at the border with Croatia, the Slovenian official said.

      As of June 29, Slovenian police at the border with Croatia registered 5,306 illegal crossings, compared to 3,612 in 2018, noted Stubljar. Most of them were ’’Afghan, Algerian and Pakistani citizens." Therefore the situation remains critical outside the Schengen area ’’at the border with Bosnia," said the official.

      Patrols to prevent migrants from crossing into Italy

      Although readmissions have not increased compared to last year, Italian authorities explained, the aim of the joint border patrols is to prevent migrants from entering national territory. Once they have crossed into Italy, they cannot be sent back if they apply for asylum, the officials said. Vincenzo Avallone, the official in charge of the so-called Fourth zone of the Udine border police, said authorities ’’expect good results’’ from the operation.

      Further developments in immigration policies could follow the visit of Deputy Premier Salvini who is expected on Friday to travel to Trieste, the main city of Friuli Venezia Giulia.

      https://www.infomigrants.net/en/post/17916/italy-slovenia-start-joint-border-patrols

    • Migranti: fine pattugliamento congiunto Italia-Slovenia

      Il pattugliamento congiunto del confine fra Italia e Slovenia, una iniziativa avviata a luglio scorso e programmata fino alla fine di settembre, è formalmente terminato, ma la collaborazione transfrontaliera delle forze di polizia in alcune aree prosegue. Lo scrive l’agenzia di stampa STA, che riporta una dichiarazione della polizia distrettuale di Capodistria, dove la collaborazione prosegue. A Nova Gorica invece le pattuglie congiunte sono state sospese. Durante il pattugliamento congiunto nell’area del capodistriano sono state condotte 46 operazioni di pattugliamento congiunto, 36 in Slovenia e 10 in Italia. Fino al 30 settembre di quest’anno sono stati poco meno di quattromila (3.922) gli stranieri intercettati lungo la zona di frontiera, un numero leggermente in crescita rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, quando furono fermati 3.272 migranti.

      http://www.ansamed.info/ansamed/it/notizie/rubriche/cronaca/2019/10/02/migranti-fine-pattugliamento-congiunto-italia-slovenia_c0eb4322-dde5-4141-

    • La frontiera invisibile che passa da Trieste

      “Quando sono entrato in Italia ho ringraziato dio e poi mi sono messo a ballare in mezzo alla strada”, racconta Tariq Abbas, un ragazzo pachistano di 26 anni, mentre mostra il punto esatto in cui è sceso dall’auto del passeur che qualche mese fa lo ha portato dalla Bosnia all’Italia, davanti a un bar sull’autostrada che dalla Slovenia conduce a Trieste. Aveva provato ad attraversare la frontiera tra Bosnia e Croazia quindici volte, senza riuscirci. Alla fine ha deciso di pagare un trafficante per essere portato in auto a destinazione, in Italia, insieme ad altre dieci persone. Si trovava da mesi nel campo governativo di Bira, un’ex fabbrica di Bihać, in Bosnia, dove è stato allestito un campo ufficiale dall’Organizzazione internazionale delle migrazioni (Oim).

      A Bira mancava tutto, racconta Abbas. L’acqua, i servizi, la fiducia negli altri. Risse e furti erano all’ordine del giorno in una situazione sempre più difficile. “Ero partito dal Pakistan un anno e mezzo prima e mi trovavo bloccato in Bosnia da mesi”. Così l’unica strada è stata quella di affidarsi a uno dei tanti passeur che frequentano il campo. “È pieno di persone che offrono di facilitare il viaggio, all’interno degli stessi campi in Bosnia”, racconta. Ha speso una cifra altissima: 3.500 euro per farsi portare prima a piedi e poi in auto dove voleva arrivare. Mentre percorre il sentiero che costeggia l’autostrada, Abbas mostra gli oggetti che altre persone hanno lasciato lungo la strada: zaini, sacchi a pelo, indumenti. Sono le tracce di un passaggio costante e silenzioso.

      Una rotta di cui non si parla
      L’8 novembre un ragazzo siriano di vent’anni è stato ritrovato senza vita nei boschi della Slovenia. Come tanti prima di lui, come tanti dopo di lui, provava ad attraversare la frontiera, percorrendo una rotta che non è mai stata chiusa, nonostante l’accordo con il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan costato all’Unione europea sei miliardi di euro nel 2016 e malgrado la costruzione del muro tra Ungheria e Serbia voluto dal premier ungherese Viktor Orbán nel 2015. Il ragazzo siriano aveva vent’anni e voleva raggiungere i suoi due fratelli, emigrati anni prima in Germania. Si è perso nei boschi, in autunno, per sfuggire ai controlli della polizia slovena e croata lungo i sentieri che attraversano il confine.

      Lo stesso giorno trentacinque persone sono state fermate nella stessa zona, tra Croazia e Bosnia, e rimandate indietro in quella che si è trasformata nella frontiera orientale dell’Europa, proprio nelle stesse ore in cui in tutti i paesi del vecchio mondo si celebrava il trentesimo anniversario della caduta del muro di Berlino. “Non si è trattato di una fatalità”, afferma Gianfranco Schiavone del Consorzio italiano di solidarietà (Ics) di Trieste, membro dell’Associazione studi giuridici sull’immigrazione (Asgi). “Ma è la manifestazione di una situazione drammatica che riguarda migliaia di profughi lungo la rotta dei Balcani. Quella morte si aggiunge ad altre avvenute negli ultimi anni lungo questa rotta”, continua Schiavone, secondo cui gli arrivi in Italia dalla rotta dei Balcani sono bassi, ma costanti.

      “Stiamo parlando di una ventina di persone al giorno che arrivano a Trieste dai Balcani”, continua. Eppure, secondo l’esperto, “c’è molto silenzio su quello che succede lungo la frontiera orientale, perché è come se non si volesse riconoscere che pesanti violazioni dei diritti umani stanno avvenendo in territorio europeo: in Croazia, in Slovenia”. Sono numerosi i report che denunciano le violenze della polizia croata che picchia, deruba e respinge indietro migranti e profughi, violando una serie di norme internazionali. Ma, secondo gli esperti, su questo aspetto è sceso un silenzio preoccupante.

      Il muro e i cani
      Invece c’è molta enfasi sulle misure di contrasto all’ingresso degli immigrati sul territorio italiano: qualche giorno fa i consiglieri di Fratelli d’Italia nel comune di Trieste hanno proposto di dotare la polizia di frontiera di cani poliziotto per rincorrere i migranti che provano a entrare nel paese. L’estate scorsa aveva fatto discutere la proposta del governatore del Friuli-Venezia Giulia, Massimiliano Fredriga, di costruire un muro al confine con la Slovenia. Per monsignor Carlo Roberto Maria Redaelli, presidente della Caritas e arcivescovo di Gorizia, “nessuno vorrebbe la costruzione di un muro in Friuli-Venezia Giulia, c’è stata troppa sofferenza legata alla frontiera”. Il ricordo del muro è ancora molto presente: “Appena fuori Gorizia c’è un paesino che ha un cimitero dalla parte slovena: sono passati in mezzo alle tombe per segnare il confine e quando la frontiera era in piedi gli abitanti di quel paese non potevano andare neppure a mettere un fiore su quelle tombe”, racconta Redaelli.

      Per gli esperti l’idea di costruire un muro è irrealistica e contraria alla legge. “La frontiera è lunga trecento chilometri, di cui la maggior parte in montagna”, spiega Schiavone. “Inoltre nessuna barriera fisica può essere innalzata tra due paesi che fanno parte dello spazio Schengen, quello che è possibile è ripristinare in maniera temporanea i controlli di frontiera. Ma il ripristino deve essere giustificato da un motivo preciso”, commenta il presidente di Ics, che aggiunge: “La discussione pubblica rimane dominata dall’ossessione dei respingimenti, ciò porta spesso le persone a nascondersi, a fare percorsi pericolosi e ad affidarsi alle reti criminali, che così alzano il prezzo dei loro servizi”.

      L’Asgi – di cui Schiavone fa parte – ha lanciato un progetto di monitoraggio transnazionale delle violazioni dei diritti umani che stanno avvenendo lungo la rotta dei Balcani. Per Schiavone l’ultima misura adottata delle pattuglie miste italo-slovene per intercettare i migranti prima che entrino in Italia è un ulteriore spreco di risorse pubbliche, potrebbe aver violato alcune norme internazionali che impongono di non respingere dei potenziali richiedenti asilo o dei minorenni e produce come unico effetto l’apertura di percorsi ancora più pericolosi, che mettono a serio rischio la vita delle persone, specialmente con l’arrivo dell’inverno.

      Anche per il prefetto di Trieste Valerio Valenti le pattuglie italoslovene, sperimentate tra luglio e settembre 2019, sono state poco efficaci. Sono state intercettate quaranta persone in tutto e rimandate in Slovenia. Le riammissioni totali dall’Italia alla Slovenia nel 2019 sono state 118 a fronte di circa cinquemila ingressi. “Le pattuglie miste sono formate da tre agenti: due sloveni e un italiano e operano alla frontiera per sei ore, quattro giorni alla settimana, per intercettare i migranti prima che arrivino sul territorio italiano. In termini di numeri l’esperienza non è stata particolarmente produttiva. Ma la collaborazione tra polizie di stati confinanti è sempre una buona cosa, spero che la collaborazione (ora conclusa, ndr), possa continuare”, afferma il prefetto. Ma il problema a Trieste, come in tutto il paese, sembra essere più legato ai tagli economici al sistema di accoglienza che non all’aumento degli arrivi di migranti.

      “Abbiamo avviato un programma di alleggerimento e ridistribuzione delle persone dal Friuli-Venezia Giulia all’intero paese, nell’idea che il flusso di migranti è costante in Friuli e per garantire che i centri non fossero mai sovraffollati. Da luglio a settembre abbiamo spostato 1.160 persone in altri centri italiani e le persone presenti in accoglienza nella regione al momento sono circa 2.600”, spiega Valenti. Inoltre “i bandi per i centri di accoglienza sono andati deserti, perché le organizzazioni che si occupano di accoglienza hanno ritenuto che i tagli previsti siano troppo alti (dai 35 euro a persona ai 27 euro a persona) e non consentirebbero di offrire i servizi di base”, continua il prefetto.

      Schiavone di Ics è molto critico: “Il sistema del Friuli-Venezia Giulia è stato destrutturato dal cosiddetto decreto sicurezza, soprattutto a Udine e Gorizia. Nel caso di Trieste è rimasto uguale, perché Ics e Caritas si sono rifiutati di accettare gli standard dei capitolati, anche se c’è un’atmosfera molto precaria. Si voleva trasformare il sistema di accoglienza in una specie di dormitorio, inoltre si rischiava di perdere posti di lavoro. Tuttavia, anche con il nuovo governo, la vicenda non è ancora chiusa. Ci troviamo ancora nella stessa precarietà”. Anche Oliviero Forti della Caritas è dello stesso parere: “I nuovi capitolati d’appalto hanno ribassato gli importi destinati all’accoglienza nei centri di accoglienza straordinaria (Cas), ma non solo. A fronte di un minor costo, sono stati anche previsti minori servizi, trasformando le accoglienze da percorsi di integrazione a meri servizi di albergaggio. Questa situazione ha portato moltissimi enti del terzo settore a scegliere di non partecipare ai bandi sia come scelta dettata dalla non accettazione di un simile modello di accoglienza, sia​ per la non sostenibilità economica di questo sistema”.

      https://www.internazionale.it/reportage/annalisa-camilli/2019/11/12/trieste-frontiera-muro

    • Réfugiés en Slovénie : de plus en plus de passages, de plus en plus d’arrestations

      Depuis le début du mois de juillet, des #patrouilles_mixtes italo-slovènes contrôlent la frontière entre les deux pays, comptant sur les dénonciations de la population locale pour arrêter les exilés, toujours plus nombreux à tenter de rejoindre l’Italie.


      Depuis le printemps 2019, la police slovène constate une hausse constante des passages depuis la Croatie. Selon InfoMigrants (https://www.infomigrants.net/fr/post/20830/slovenie-des-patrouilles-de-police-quotidiennes-pour-intercepter-les-m, les autorités slovènes ont relevé 14’000 traversées illégales sur leur sol entre le 1er janvier et le 30 octobre 2019, contre 8200 à la même période en 2018. « Entre le 4 et le 10 novembre, 124 migrants ont été arrêtés par les patrouilleurs, dont une majorité de Syriens, de Pakistanais et de Marocains », rapporte la journaliste Charlotte Boitiaux. La police explique compter sur les signalements de la population civile, invitée à dénoncer les mouvements « suspects ».

      Parmi les nationalités enregistrées, la police slovène note une hausse du nombre des Marocains et des Algériens (https://www.infomigrants.net/fr/post/20911/de-plus-en-plus-d-algeriens-et-de-marocains-passent-par-la-route-des-b), qui empruntent la route des Balkans depuis la Turquie, où leurs passeports bénéficient d’un régime de visa favorable. Surtout, le passage par les Balkans coûte moins cher et est moins risqué qu’un transport à travers la mer Méditerranée.

      Ceux qui sont arrêtés font une demande d’asile en Slovénie pour éviter d’être expulsés vers la Croatie. « Ici, quand on demande l’asile, on a le droit à un toit, on peut dormir au chaud, et pas dans la forêt. Ça nous change de la Bosnie », explique Mohamed à InfoMigrants. Le seul centre du pays pour les demandeurs d’asile se trouve à Vič, près de Ljubljana, et peut héberger 200 personnes. Il est rarement plein. La grande majorité des résidents n’y restent que quelques jours, avant de « disparaître dans la nature » et de reprendre leur route vers l’Ouest.

      L’objectif reste de passer en Italie. « Ce n’est pas si dur que ça », explique Amir, interrogé par InfoMigrants. « Je me suis arrêté à Ljubljana, le temps de m’acheter des bonnes chaussures de marche, de trouver un manteau plus chaud et je vais repartir bientôt. » Amir veut rejoindre la France et la région de Bordeaux où il a de la famille. « On va passer par la forêt avec un ami, pas besoin de passeurs, on se repère et on se déplace avec nos GSM ». Entre la Slovénie et l’Italie, il n’y a pas de barbelés. Le passage est plus facile, affirment les migrants. « Le pire, c’est de passer la Croatie, les barbelés, les policiers violents, après ça va », affirme Amir.

      https://www.courrierdesbalkans.fr/Slovenie-chaque-semaine-des-dizaines-de-migrants-arretes-a-la-fro
      #délation

    • Slovénie : des patrouilles de police quotidiennes pour intercepter les migrants à la frontière italienne (3/3)

      Depuis le mois de juillet, des patrouilles binationales de policiers italiens et slovènes ont été mises sur pied pour tenter d’enrayer le flux grandissant de migrants tentant de passer dans le pays transalpin. InfoMigrants a pu rencontrer la police slovène dans la ville de Koper, non loin de la ville italienne de Trieste, où chaque semaine, des dizaines de migrants sont arrêtés.

      Il est midi quand la patrouille commence à rebrousser chemin. La pluie tombe depuis plusieurs heures et le brouillard est omniprésent. Les deux policiers slovènes et la policière italienne rentrent sans « avoir vu personne ». La faute aux intempéries sûrement. « Tenter une traversée par ce temps, c’est plus compliqué, mais ça existe, évidemment », explique la policière italienne qui a commencé à patrouiller à 7h du matin – et qui prend la direction du commissariat de Koper, dernière ville slovène avant l’Italie, pour faire son rapport.

      La surveillance du jour a eu lieu dans les montagnes de Kastelec et de Socerb, à une dizaine de kilomètres au nord de Koper, du haut desquelles on aperçoit la petite commune italienne de San Dorligo. Cette fois-ci, donc, aucun migrant n’a été intercepté.

      Depuis le mois de juillet, des patrouilles binationales, italiennes et slovènes, ont fait leur début le long de leur frontière commune. Elles dureront au moins jusqu’à la fin septembre. Objectif affiché des deux pays : freiner l’immigration clandestine sur la route des Balkans, en direction de l’Italie et de l’ouest de l’Europe.

      Si, au plus fort de la crise migratoire, en 2015, des dizaines de milliers de migrants et réfugiés en provenance de Syrie, d’Irak ou encore d’Afghanistan, avaient emprunté cet itinéraire, le flux s’était tari ces trois dernières années. Mais depuis le printemps 2019, la Slovénie a vu le nombre des arrivées en provenance de la Croatie augmenter de nouveau.

      « Plus de 22% de hausse de tentatives de traversées de l’Italie dans la région par rapport à l’année dernière », précise Vicjem Toskan, l’un des chefs de la police de la ville de Koper. Et plus de 70 % sur l’ensemble du territoire. Les autorités ont en effet recensé 14 000 traversées illégales sur leur sol du 1er janvier au 30 octobre 2019, contre 8 200 à la même période en 2018.

      De plus en plus de Marocains et d’Algériens

      Parmi les personnes interceptées par la police, de nombreux Marocains et Algériens qui empruntent de plus en plus cette route des Balkans après avoir rallié la Turquie – qu’ils rejoignent grâce à des facilités de visa. « J’aurais pu passer par la mer pour aller du Maroc en Espagne, mais c’était trop cher. Le passeur me demandait plus de 5 000 euros », explique Amir* un migrant marocain croisé à Ljubljana. « Passer par les Balkans, ça me coûte presque rien ».

      Un autre, traumatisé par la mer Méditerranée, n’a pas voulu tenter la traversée maritime. « Mon frère est mort en essayant d’aller en Espagne dans un canot. Passer par la Turquie et les Balkans, c’est plus long, mais c’est moins dangereux », explique ce migrant, lui aussi marocain.

      Selon les chiffres des autorités slovènes, les migrants maghrébins font partie des nationalités les plus arrêtés – avec les Pakistanais et les Afghans. Face à cette réalité, la police dit « surveiller de près l’évolution de la situation et adapter ses activités en conséquence ».

      « Pas besoin de passeurs »

      Est-ce facile de rallier l’Italie ? « Ce n’est pas si dur que ça », répond Amir. « Je me suis arrêté à Ljubljana, le temps de me racheter des bonnes chaussures de marche, de trouver un manteau plus chaud et je vais repartir bientôt. » Amir veut rejoindre la France et la région de Bordeaux où il a de la famille. « On va passer par la forêt avec un ami, pas besoin de passeurs, on se repère et on se déplace avec nos GSM ».

      De ce côté-ci du pays, pas de barbelés. Le passage est plus facile, affirment les migrants. « Le pire, c’est de passer la Croatie, les barbelés, les policiers violents, après ça va », affirme Amir. Le gouvernement slovène a écarté la possibilité d’installer une clôture à sa frontière ouest, comme l’avaient suggéré récemment plusieurs responsables politiques italiens. Mais les autorités n’ont pas lésiné sur les moyens déployés à la frontière italienne pour empêcher les migrants de passer. Des vidéos surveillances et des drones sont utilisés pour aider les forces de l’ordre.


      https://twitter.com/chaboite/status/1194641459384913920

      Dans la forêt qui recouvre une large partie de la frontière sloveno-italienne, les policiers s’appuient aussi sur les signalements des civils. « On reçoit parfois des coups de fils des habitants de la région. Ils nous disent quand ils croient apercevoir quelque chose d’inhabituel dans la montagne à tel ou tel endroit ».

      Les « techniques » de passage varient selon les saisons. « L’été, on remarque que les migrants marchent davantage. L’hiver, ils tentent de passer la frontière dans des voitures, des vans, des camionnettes. Il y a des passages parfois la nuit. Le plus souvent, ils marchent une dizaine de jours pour rallier Velika Kledusha, en Bosnie, à Trieste, en Italie ».

      124 personnes arrêtées en une semaine

      En fonction de tous ces paramètres, les patrouilles changent souvent de lieux et d’horaires. « Evidemment, on ne vous dira rien à ce sujet », sourit le commandant de police.

      Amir ne connaissait pas l’existence de patrouilles binationales. Mais il n’a pas l’air stressé par leur existence. « Il y a toujours des contrôles à une frontière, c’est comme ça ».

      La police slovène se dit, elle, satisfaite de ce dispositif. « Hier [le 12 novembre], nous avons intercepté 12 migrants qui tentaient de passer en Italie, ils étaient répartis dans trois voitures de passeurs », précise Vicjem Toskan, le commandant de police de Koper. « Et dans la semaine du 4 au 10 novembre, nous avons arrêté 124 personnes. Nos patrouilles ne font pas de miracles, mais, pour l’heure, force est de constater qu’elles ont fait leur preuve et qu’elles sont efficaces ».

      https://www.infomigrants.net/fr/post/20830/slovenie-des-patrouilles-de-police-quotidiennes-pour-intercepter-les-m

    • Slovénie : des patrouilles de police quotidiennes pour intercepter les migrants à la frontière italienne (3/3)

      Depuis le mois de juillet, des patrouilles binationales de

      policiers italiens et slovènes ont été mises sur pied pour tenter d’enrayer le flux grandissant de migrants tentant de passer dans le pays transalpin. InfoMigrants a pu rencontrer la police slovène dans la ville de Koper, non loin de la ville italienne de Trieste, où chaque semaine, des dizaines de migrants sont arrêtés.

      Il est midi quand la patrouille commence à rebrousser chemin. La pluie tombe depuis plusieurs heures et le brouillard est omniprésent. Les deux policiers slovènes et la policière italienne rentrent sans « avoir vu personne ». La faute aux intempéries sûrement. « Tenter une traversée par ce temps, c’est plus compliqué, mais ça existe, évidemment », explique la policière italienne qui a commencé à patrouiller à 7h du matin – et qui prend la direction du commissariat de Koper, dernière ville slovène avant l’Italie, pour faire son rapport.

      La surveillance du jour a eu lieu dans les montagnes de Kastelec et de Socerb, à une dizaine de kilomètres au nord de Koper, du haut desquelles on aperçoit la petite commune italienne de San Dorligo. Cette fois-ci, donc, aucun migrant n’a été intercepté.

      Depuis le mois de juillet, des patrouilles binationales, italiennes et slovènes, ont fait leur début le long de leur frontière commune. Elles dureront au moins jusqu’à la fin septembre. Objectif affiché des deux pays : freiner l’immigration clandestine sur la route des Balkans, en direction de l’Italie et de l’ouest de l’Europe.

      Si, au plus fort de la crise migratoire, en 2015, des dizaines de milliers de migrants et réfugiés en provenance de Syrie, d’Irak ou encore d’Afghanistan, avaient emprunté cet itinéraire, le flux s’était tari ces trois dernières années. Mais depuis le printemps 2019, la Slovénie a vu le nombre des arrivées en provenance de la Croatie augmenter de nouveau.

      « Plus de 22% de hausse de tentatives de traversées de l’Italie dans la région par rapport à l’année dernière », précise Vicjem Toskan, l’un des chefs de la police de la ville de Koper. Et plus de 70 % sur l’ensemble du territoire. Les autorités ont en effet recensé 14 000 traversées illégales sur leur sol du 1er janvier au 30 octobre 2019, contre 8 200 à la même période en 2018.

      De plus en plus de Marocains et d’Algériens

      Parmi les personnes interceptées par la police, de nombreux Marocains et Algériens qui empruntent de plus en plus cette route des Balkans après avoir rallié la Turquie – qu’ils rejoignent grâce à des facilités de visa. « J’aurais pu passer par la mer pour aller du Maroc en Espagne, mais c’était trop cher. Le passeur me demandait plus de 5 000 euros », explique Amir* un migrant marocain croisé à Ljubljana. « Passer par les Balkans, ça me coûte presque rien ».

      Un autre, traumatisé par la mer Méditerranée, n’a pas voulu tenter la traversée maritime. « Mon frère est mort en essayant d’aller en Espagne dans un canot. Passer par la Turquie et les Balkans, c’est plus long, mais c’est moins dangereux », explique ce migrant, lui aussi marocain.

      Selon les chiffres des autorités slovènes, les migrants maghrébins font partie des nationalités les plus arrêtés – avec les Pakistanais et les Afghans. Face à cette réalité, la police dit « surveiller de près l’évolution de la situation et adapter ses activités en conséquence ».

      « Pas besoin de passeurs »

      Est-ce facile de rallier l’Italie ? « Ce n’est pas si dur que ça », répond Amir. « Je me suis arrêté à Ljubljana, le temps de me racheter des bonnes chaussures de marche, de trouver un manteau plus chaud et je vais repartir bientôt. » Amir veut rejoindre la France et la région de Bordeaux où il a de la famille. « On va passer par la forêt avec un ami, pas besoin de passeurs, on se repère et on se déplace avec nos GSM ».

      De ce côté-ci du pays, pas de barbelés. Le passage est plus facile, affirment les migrants. « Le pire, c’est de passer la Croatie, les barbelés, les policiers violents, après ça va », affirme Amir. Le gouvernement slovène a écarté la possibilité d’installer une clôture à sa frontière ouest, comme l’avaient suggéré récemment plusieurs responsables politiques italiens. Mais les autorités n’ont pas lésiné sur les moyens déployés à la frontière italienne pour empêcher les migrants de passer. Des vidéos surveillances et des drones sont utilisés pour aider les forces de l’ordre.

      Dans la forêt qui recouvre une large partie de la frontière sloveno-italienne, les policiers s’appuient aussi sur les signalements des civils. « On reçoit parfois des coups de fils des habitants de la région. Ils nous disent quand ils croient apercevoir quelque chose d’inhabituel dans la montagne à tel ou tel endroit ».

      Les « techniques » de passage varient selon les saisons. « L’été, on remarque que les migrants marchent davantage. L’hiver, ils tentent de passer la frontière dans des voitures, des vans, des camionnettes. Il y a des passages parfois la nuit. Le plus souvent, ils marchent une dizaine de jours pour rallier Velika Kledusha, en Bosnie, à Trieste, en Italie ».

      124 personnes arrêtées en une semaine

      En fonction de tous ces paramètres, les patrouilles changent souvent de lieux et d’horaires. « Evidemment, on ne vous dira rien à ce sujet », sourit le commandant de police.

      Amir ne connaissait pas l’existence de patrouilles binationales. Mais il n’a pas l’air stressé par leur existence. « Il y a toujours des contrôles à une frontière, c’est comme ça ».

      La police slovène se dit, elle, satisfaite de ce dispositif. « Hier [le 12 novembre], nous avons intercepté 12 migrants qui tentaient de passer en Italie, ils étaient répartis dans trois voitures de passeurs », précise Vicjem Toskan, le commandant de police de Koper. « Et dans la semaine du 4 au 10 novembre, nous avons arrêté 124 personnes. Nos patrouilles ne font pas de miracles, mais, pour l’heure, force est de constater qu’elles ont fait leur preuve et qu’elles sont efficaces ».

      https://www.infomigrants.net/en/post/20830/slovenie--des-patrouilles-de-police-quotidiennes-pour-intercepter-les-

  • Pattuglie miste al confine, accelerazione da Berna

    Passo in avanti verso la creazione di pattuglie miste al confine che divide Svizzera e Italia. Se ne parla da diverso tempo ma oggi è filtrata da Berna la notizia secondo cui l’Amministrazione federale delle dogane ha confermato l’imminente istituzione di queste squadre ai due lati della frontiera che vede il coinvolgimento delle guardie di confine elvetiche e della #polizia_di_Stato.

    A questo proposito va però precisato che chi opererà al di fuori del suo paese non svolgerà funzioni operative ma collaborerà a livello informativo e di osservazione, limitandosi a fornire assistenza e supporto ai colleghi.

    L’obiettivo principale è quello di coordinare l’azione di contrasto all’immigrazione illegale sul territorio ma anche della piccola criminalità che ripara nel paese vicino dopo aver commesso azioni delittuose.

    Nei comuni svizzeri a ridosso della frontiera vi sono già state mobilitazioni, confluite in raccolte di firme contro la criminalità pendolare che commette rapine ai distributori e svaligia appartamenti: i numeri non sono elevati ma c’è apprensione tra la popolazione che aveva chiesto la chiusura notturna dei valichi doganali secondari (la sperimentazione effettuata recentemente in tre valichi svizzeri non è stata prorogata da Berna).

    L’istituzione delle pattuglie miste era prevista dall’intesa di cooperazione siglata nel novembre 2016 tra Italia e Svizzera e ora il loro varo è questione di poco tempo.

    https://www.tvsvizzera.it/tvs/sicurezza-alla-frontiera-italo-svizzera_pattuglie-miste-al-confine--accelerazione-da-berna/44748540

    #patrouilles_mixtes #migrations #réfugiés #asile #frontières #Suisse #Italie #frontière_sud-alpine #fermeture_des_frontières #militarisation_des_frontières #Italie #gardes-frontière

  • Des néofascistes italiens et polonais unis pour une « #opération_européenne_de_sécurité »

    Le parti italien d’extrême droite #Forza_Nuova (FN) et les militants du #Obóz_Narodowo-Radykalny (#ONR), formation ultra-nationaliste polonaise, ont uni leurs forces pour mener « la première opération de sécurité européenne » sur les plages italiennes de la Riviera Romagnole, sur la mer adriatique.

    Réunis à #Rimini du 5 au 9 juillet dernier à l’occasion d’une conférence, les militants ont multiplié les manifestations et les « #patrouilles », de jour comme de nuit, dans la région où s’est déroulé l’an dernier le double #viol d’un transgenre péruvien et d’une touriste polonaise, pour lequel le Congolais Guerlin Butungu a été condamné à 16 ans de prison.

    Ceux qui se qualifient comme « #patriotes polonais et italiens » les appellaient des « #promenades ». Le maire de Rimini, Andrea Gnassi, y a plutôt vu « des rigolos en T-shirts noirs alignés pour un selfie fasciste ». Il a envoyé un rapport à la police.


    http://fr.euronews.com/2018/07/13/des-neofascistes-italiens-et-polonais-unis-pour-une-operation-europeenn
    #néo-nazis #néo-fascisme #Italie #Pologne #extrême_droite #sécurité #2039-2045 #milices #transphobie #homophobie
    cc @marty @albertocampiphoto

  • Un maire se félicite de la chasse aux migrants

    En Hongrie, Laszlo Toroczkai est fier des milices privées arrêtant les réfugiés qui traversent sa commune pour rejoindre l’ouest de l’Europe.


    http://www.lematin.ch/monde/maire-felicite-chasse-migrants/story/16766960
    #asile #migrations #réfugiés #xénophobie #racisme #Hongrie #patrouilles #chasse_aux_migrants #anti-réfugiés #milices #Asotthalom #Europe_centrale

    • *Pig-head propaganda: Hungary’s war on refugees*

      “What crime did we commit for 40 police officers to surround us? It’s like they think we are terrorists or criminals,” 48-year old Khatoon, a Yazidi woman from Iraq who had several family members who were murdered or taken hostage by the jihadist group Isis, told me.

      https://euobserver.com/opinion/134762
      #porc #cochon #islamophobie

    • En #Bulgarie, cette milice secrète à l’accent russe qui #traque les migrants

      La région à cheval entre la Bulgarie et la Turquie est une pièce maîtresse dans le dispositif de sécurité européen. C’est aussi ici qu’opèrent ces milices de volontaires qui font la chasse aux migrants. Reportage au sein de la plus importante – et la plus secrète – d’entre elles.

      Il a fallu montrer patte blanche, argumenter, négocier chaque détail. L’#Union_Vassil_Levski - #BNO_Shipka, organisation paramilitaire et patriotique, n’aime pas les curieux. « Nous sommes les seuls et véritables gardiens de la frontière de l’Europe face à la menace islamiste », nous avait annoncé #Vladimir_Roussev à Varna, principale ville au nord de la mer Noire, où se trouve son QG. Plus connu sous le nom de guerre de « Walter », ce petit homme râblé à la moustache fournie, dirige d’une main de fer l’organisation regroupant essentiellement d’anciens officiers des forces de sécurité du pays et qui affiche, selon lui, pas moins de 800 membres. Lui-même ex-colonel de l’armée de terre, Vladimir a du mal à se défaire du jargon militaire lorsqu’il nous expose ses activités : il y est question de « front » et de « base arrière », de « logistique » et de « chaîne de commandement ». Nous comprenons que la véritable action ne se passe pas à Varna, mais beaucoup plus au sud.

      « #Patrouilleurs volontaires »

      Cap donc sur Bourgas à l’autre bout de la côte, où après plusieurs jours d’attente nous allons enfin recevoir le feu vert de « Walter » pour rejoindre ses miliciens déployés à la frontière turque. Les instructions arrivent la veille, codées : il y est question d’une « randonnée dans la nature ». Le rendez-vous est fixé à Marinka, petit village à la lisière de la Strandja, cette montagne sauvage à cheval entre la Bulgarie et la Turquie. De nouveau l’attente, puis le doute.

      Ces redoutables « patrouilleurs volontaires » qui inondent la Toile de leurs exploits, existent-ils vraiment ? C’est alors que deux voitures, comme sorties de nulle part, nous prennent en sandwich. Un grand gaillard aux cheveux retenus par un catogan en surgit pour nous inviter à les suivre. Nous prenons la direction de Malko Tarnovo, le principal poste-frontière de la région, avant de bifurquer vers la mer, direction le village de Iasna Poliana, nommé d’après la dernière résidence du grand classique russe Tolstoï.

      Le hameau, situé à quelque 30 km de la frontière, est connu pour servir de halte, ou de point de rassemblement, des migrants – ou du moins ceux qui ont réussi à échapper aux checkpoints mis en place par la police. La toponymie du lieu, renvoyant à l’auteur de Guerre et Paix, vient s’ajouter à un autre élément troublant : l’homme qui nous a adressé la parole avait indiscutablement l’accent russe, un accent reconnaissable parmi mille dans ce pays connu pour avoir été le plus fidèle allié de l’Union soviétique.

      Equipement militaire

      Nous quittons la route goudronnée pour nous engager sur une piste qui nous mène encore plus à l’intérieur des terres. Devant une cabane utilisée par les chasseurs, les deux véhicules déversent une demi-douzaine de jeunes avant de repartir. En quelques minutes, ces derniers tronquent leur jean, t-shirt et baskets contre un équipement militaire complet : treillis, bottes, gourde, sac à dos, radio. A cela s’ajoutent de longs couteaux accrochés à leur ceinture, une bombe lacrymogène et un pistolet à air comprimé. Et des cagoules, noires, qu’ils vont enfiler « pour des raisons de sécurité ».

      « Nous ne portons rien d’illégal », précise l’homme à l’accent russe qui est à la fois leur instructeur et leur chef de groupe. Il nous présente les membres de la patrouille par leur nom de code : « Boxeur », « Coq », « Glissière de sécurité », « Ingénieur » et « Astika » (une marque de bière locale) pour la seule femme du groupe. Lui, c’est « Chamane ». Après avoir fait une série de pompes, les membres de la patrouille sont désormais prêts. Ils sont invités à ne pas se montrer « agressifs » envers les migrants mais sont autorisés à « agir selon les circonstances ». « Nous sommes en opération. Ceci n’est pas un entraînement », rappelle « Chamane ».
      « Devenir quasi invisible »

      Les cinq jeunes s’enfoncent dans la forêt, guidés par leur commandant. Ils longent des sentiers, grimpent des collines, enjambent des ravins sans quitter des yeux la forêt : des canettes de Red Bull, des boîtes de cigarettes, des conserves, des bouteilles d’eau ou encore un vêtement abandonné sont des indices qu’ils sont sur la bonne piste. Au passage, « Chamane » leur enseigne comment placer un poste d’observation, traverser à découvert, ramper et se fondre dans la nature. « Le but c’est de voir l’autre avant d’être vu. Devenir quasi invisible, pour avoir l’avantage sur l’ennemi », explique-t-il.

      Vu l’absence de migrants à cette heure de la journée, le groupe va se faire la main sur des bergers, avant d’approcher au plus près une étable, toujours en « mode furtif ». Régulièrement, « Chamane » immobilise le groupe avant d’envoyer l’un de ses membres inspecter les environs pendant que les autres font le guet. « Je leur enseigne les techniques de base des Spetsnaz, les forces spéciales russes, en milieu hostile : renseignement, diversion, dissimulation », reconnaît-il.

      En fait, dans cette patrouille tout est russe : la terminologie, les techniques utilisées et même les cartes – issues de l’état-major soviétique – parce que « celles de l’OTAN sont nulles », s’amuse le mystérieux commandant. Et lui, qui est-il ? D’une prudence de Sioux, le Russe livre très peu de détails sur lui-même : on comprendra qu’il est un vétéran du Caucase du Nord, qu’il a fait la deuxième guerre de Tchétchénie (1999-2000) et qu’il est bien officier, diplômé d’une école militaire. Il explique sa présence ici par ses origines bessarabes, cette ancienne région aujourd’hui partagée entre l’Ukraine et la Moldavie, foyer de nombreux bulgares ethniques qui ont bénéficié d’un « droit au retour » dans leur patrie historique. « La Russie n’a rien à voir dans cette histoire, pour le meilleur comme pour le pire d’ailleurs », tient-il à préciser. « C’est à nous, ici, de faire le boulot. Pratiquement à mains nues. »
      « Effet de surprise »

      On l’aura compris, pour « Chamane » et ses camarades l’ennemi ce sont bien les migrants. « Il s’agit à 90% des combattants étrangers, avec une hiérarchie et de réflexes de guerriers », croient-ils savoir en soulignant qu’ils ne croisent ici, dans cette région présentée comme une bifurcation de la fameuse « route balkanique », que des groupes de jeunes Afghans. Tous des hommes, avec dans leur sillage des Pakistanais, des Irakiens et, parfois, des Iraniens. Ils affirment en appréhender plusieurs par semaine, qu’ils remettent aux gardes-frontières. « On évalue d’abord la taille, puis la dangerosité du groupe avant de surgir du bois. Le plus souvent l’effet de surprise est tel que les intrus se laissent faire », poursuit « Chamane ».

      « Nous ne sommes pas des chasseurs de migrants, mais des citoyens responsables ! », met en garde depuis Varna Vladimir Roussev. A Sofia, plusieurs voix se sont élevées contre les activités de son organisation, certains demandant au contre-espionnage bulgare d’enquêter sur la présence de ces instructeurs russes qu’ils ont comparé aux « petits hommes verts » de Vladimir Poutine, les commandos sans signes distinctifs envoyés en Ukraine. En juin dernier, le Comité Helsinki pour la défense des droits de l’homme a demandé au Parquet d’interdire les activités de l’organisation paramilitaire, jugées anticonstitutionnelles et dangereuses. « Ces idiots ne savent pas qu’ils sont, eux aussi, sur la liste des hommes à abattre des combattants de Daech [Etat islamique]. Juste après les notables juifs », dit encore « Walter » en insistant lourdement sur le dernier point. Là aussi, on l’aura compris.

      https://www.letemps.ch/monde/bulgarie-cette-milice-secrete-laccent-russe-traque-migrants

      #Bulgarie #milices #asile #migrations #réfugiés #anti-réfugiés #xénophobie #racisme

    • "Cacciatori di migranti" in Bulgaria, stasera il reportage del TG1 insieme all’Osservatorio

      Ai confini esterni dell’Unione europea, alla frontiera tra Bulgaria e Turchia, gruppi di autoproclamanti “difensori dell’Europa” pattugliano i boschi alla ricerca di migranti che tentano di entrare nel paese, per poi proseguire lungo la “rotta balcanica” verso i paesi ricchi dell’UE.

      http://www.balcanicaucaso.org/aree/Bulgaria/Cacciatori-di-migranti-in-Bulgaria-stasera-il-reportage-del-TG1-insi

    • Bulgaria, ronde anti-immigranti sul confine con la Turchia

      Difendere Bulgaria ed UE dall’“invasione” dei migranti: in Bulgaria vari gruppi di auto-proclamati “patrioti” pattugliano il confine con la Turchia e il governo lascia fare

      http://www.balcanicaucaso.org/Media/Multimedia/Bulgaria-ronde-anti-immigranti-sul-confine-con-la-Turchia
      Existe aussi en anglais :
      http://www.balcanicaucaso.org/eng/Media/Multimedia/Bulgaria-anti-immigrant-patrols-at-the-border-with-Turkey

    • Bulgarie : #Petar_Nizamov, le « chasseur de réfugiés », a été acquitté

      Petar Nizamov, l’un des chefs des « milices anti-migrants », était assigné à résidence depuis la diffusion en avril 2016 d’une vidéo où on le voyait arrêter manu militari trois Afghans. La justice bulgare vient de le blanchir de toutes les accusations qui portaient contre lui.


      http://www.courrierdesbalkans.fr/Bulgarie-Petar-Nizamov-le-chasseur-de-refugies-a-ete-acquitte-par

    • Bulgarian Vigilantes Patrol Turkey Border to Keep Migrants Out

      Figures in camouflage and ski masks gather at a fishing lodge. Many are armed with long knives, bayonets and hatchets.

      The 35 men and women are on the hunt in Strandzha Massif, a forested mountain range on Bulgaria’s border with Turkey. Migrants trying to cross into Europe are their prey.

      http://www.nbcnews.com/storyline/europes-border-crisis/bulgarian-vigilantes-patrol-turkey-border-keep-migrants-out-n723481

    • Ceux qui disent « halte » aux migrants

      La frontière turco-bulgare, aux marches de l’Europe, est la nouvelle route utilisée par les passeurs de migrants. En Bulgarie, pour stopper cet afflux de clandestins, une unité de volontaires, encadrée par des vétérans de l’armée, s’organise pour faire le travail de la police.


      http://www.lefigaro.fr/international/2017/12/08/01003-20171208ARTFIG00028-en-bulgarie-avec-ceux-qui-disent-halte-aux-migran

    • Dutch #Pegida leader and expelled German deputy hunt migrants on Bulgaria border

      The former frontwoman of Germany’s Pegida anti-Muslim movement and a leader of its Dutch offshoot have travelled to Bulgaria to hunt down migrants attempting to cross the border from Turkey, it has emerged.


      http://www.telegraph.co.uk/news/2016/07/04/pegida-pair-hunt-migrants-with-vigilantes-on-bulgaria-border

    • Human rights experts: Unchecked atmosphere of anti-migrant discourse results in abuses

      They call them “migrant hunters” or “citizen protection” organizations. They are volunteers, whose self-appointed job is to patrol Bulgaria’s border with Turkey, seeking out people trying to cross. - See more at: http://www.ohchr.org/EN/NewsEvents/Pages/MigrationXenophobiaRacisminBulgaria.aspx?platform=hootsuite#sthash.8B8AouOl.d

      http://www.ohchr.org/EN/NewsEvents/Pages/MigrationXenophobiaRacisminBulgaria.aspx?platform=hootsuite
      #hongrie #asile #migrations #réfugiés #xénophobie

    • Bulgarian Vigilantes Patrol Turkey Border to Keep Migrants Out

      Figures in camouflage and ski masks gather at a fishing lodge. Many are armed with long knives, bayonets and hatchets.

      The 35 men and women are on the hunt in Strandzha Massif, a forested mountain range on Bulgaria’s border with Turkey. Migrants trying to cross into Europe are their prey.

      Patches on their irregular uniforms — a coat of arms bearing a snarling wolf’s head framed by Cyrillic text — proclaim them to be members of the Bulgarian National Movement Shipka, abbreviated in Bulgarian as “BNO Shipka.”

      Members of the paramilitary organization form into ranks as their leader, Vladimir Rusev, speaks. A former colonel who says he fought in Chechnya as a volunteer alongside Russians, Rusev declares his support for a man they admire: President Donald Trump.

      “The CIA is trying to undermine Trump,” said Rusev, a compact 58-year-old with a neat mustache and short-cropped hair. “They want to destroy him. We offer our support to him.”

      Trump’s hard-line stance on immigration and vocal criticism of Islam finds an appreciative audience here.

      Most BNO Shipka members are friendly, courteous and open. The organization’s website projects a different message: slick videos replete with firearms and military training, and declarations that Europe must be defended against Islam.

      Rusev claims they have as many as 50,000 members, although NBC News was unable to verify this number.

      “I’m not nationalistic or anything like that. I’m just a patriot,” said Nikolai Ivanov, a 34-year-old who was one of the group’s founding members in 2014.

      “Many of these immigrants are not just some guys who are trying to run away from war. They are from age 17 to 35, with good physiques and training,” Ivanov added. “It’s not a problem that they are Muslims. The problem is it’s a different civilization. They don’t think like us, they have a totally different view about life, about everything.”

      While the group has been criticized by human rights advocates, it isn’t hard to find people who agree with Ivanov’s views in Bulgaria. The head of the country’s border police praised a nationalist volunteer group for intercepting migrants in April.
      Rust Belt of the Balkans

      Bulgaria occupies a place at the seams. Looking east, this Eastern Orthodox crossroads shares a traditional alliance with Russia. To the south is Turkey, once home to a Muslim empire that for centuries dominated the region. The European Union, with liberal values and a promise of wealth, lies to the west.

      Since the end of the Cold War, Bulgaria has firmly embraced the West — joining NATO in 2004 and the EU in 2007. But the rapid rise in living standards for its seven million citizens stalled during the financial crisis of 2007-2008. Now, average annual income remains the lowest in the EU, even when measured by purchasing power.

      In the Soviet era, heavy industry and chemical production dominated the economy. Now, abandoned factories litter a landscape replete with decaying smokestacks and depopulated villages.

      On top of this, Bulgaria has become a major overland route as Europe grapples with a migration crisis due to its borders with Turkey, Greece, Macedonia, Serbia and Romania.

      According to Eurostat, 20,165 people applied for asylum in Bulgaria in 2015, the most recent year for which firm numbers were available. This was a fraction of the around 1.2 million who claimed asylum in the EU that year, more than three quarters of whom were from majority Muslim countries.

      Although only a handful of Europe-bound migrants have settled in Bulgaria, concern about the newcomers resonates in a country that was dominated for centuries by the Ottoman Turks.

      Ivanov believes the refugee crisis was part of a plan in which ISIS militants would slip into the country and attack. Then, neighboring Turkey would deploy troops to Bulgaria under the auspices of the NATO alliance, he said, effectively reclaiming a portion of the lost Ottoman Empire.

      Conspiracy theories like this abound among BNO Shipka members, some of whom make a point of speaking Russian. Their affinity for Moscow is perhaps understandable in the context of Bulgaria’s unhappy history with its Muslim-majority neighbor. Shipka, after all, refers to a battle in which a Russo-Bulgarian force defeated the Ottoman Turks in 1877.

      Bulgaria’s weak economy and status outside the borderless Schengen area means most migrants aim for Greece as a gateway to more prosperous countries further west.

      So the “refugee situation here is not that serious,” said Krassimir Kanev, a founder of the human rights group Bulgarian Helsinki Committee. "Bulgaria is a transit country, the refugees want to move to [other] EU countries.”

      However, Bulgaria “registered 31,281 new arrivals in 2015, which represents 89.3 percent of all land arrivals in the EU for the same year,” according to a report by Radoslav Stamenkov, the head of the Bulgaria office at the International Organization for Migration. The “migration shock” that began in 2013 created social tensions “in a country that had a very limited experience of receiving migrants,” Stamenkov wrote.

      Kanev sees BNO Shipka and similar groups as xenophobic nationalists at best, or at worst, violent and racist extremists. In October 2015, an Afghan migrant was shot and killed when he tried to cross into Bulgaria. In November, protests by locals over rumors of disease forced the temporary closure of the country’s largest refugee camp and led to riots.

      “There are ongoing criminal proceedings against a number of these groups,” Kanev said. Bulgarian vigilantes have detained migrants and tied them up, sometimes beating and humiliating them before forcing them back across the border, he added.

      Asked for its position on vigilante groups, Bulgaria’s Interior Ministry did not respond.
      Jokes and Cigarettes

      Back in the forests of the Strandzha Massif, BNO Shipka is going out on patrol. In bitter cold and with snow on the ground, this isn’t the high season for refugees crossing from Turkey. Some still try.

      After a series of short speeches by leaders, members gear up and head toward the border. But the presence of a large group of people in ski masks and military regalia dashing from cover to cover in view of the highway attracts the attention of local authorities.

      Two border police officers, accompanied by several soldiers armed with assault rifles, drive up in four-by-fours and ask for an explanation. They seem less concerned than confused. Most BNO Shipka members wear Bulgarian military fatigues from their own service so the groups merge, trading jokes and cigarettes. Only the slung rifles indicate who is an active soldier and who is a vigilante.

      The authorities seem unsure what to do, particularly with members of the media present.

      A BNO Shipka squad leader informs journalists that police are letting them continue, but the training mission has been completed and the team will return to the fishing lodge. As the group marches back, police follow them having called in reinforcements.

      No one is detained or questioned further, but police return the following day.

      Undeterred, BNO Shipka members record a video message to Trump. They put on snow camouflage oversuits and sneak around police stationed at the road leading to the lodge.

      Asked if he is afraid Bulgaria is losing its identity, founding member Ivanov nods. "If we don’t do something soon,” he said. “It’s not just Bulgaria, but all of Europe.”

      BNO Shipka didn’t catch any migrants this time. Still, they intend to keep looking.


      https://www.nbcnews.com/storyline/europes-border-crisis/bulgarian-vigilantes-patrol-turkey-border-keep-migrants-out-n723481

    • #border_angels

      Border Angels is an all volunteer, non profit organisation that advocates for human rights, humane immigration reform, and social justice with a special focus on issues related to issues related to the US-Mexican border. Border Angels engages in community education and awareness programs that include guided trips to the desert to place water along migrant crossing routes as well as to the border to learn about the history of US-Mexico border policy and experience the border fence firsthand.

      Border Angels also works to serve San Diego County’s immigrant population through various migrant outreach programs such as Day Laborer outreach and our free legal assistance program held in our office every Tuesday. Border Angels works to dispel the various myths surrounding immigration in the United States and to bring back truth and justice.

      http://www.borderangels.org
      #solidarité #anges

    • Water in the desert. Inside the effort to prevent migrant deaths at the US-Mexico border

      “I had no idea how many people had died. I had no idea the extent of the humanitarian crisis.”

      In the lead-up to the US midterm elections, President Donald Trump has stoked fears about undocumented immigration. After repeatedly saying that immigrants from Latin America are criminals and peddling baseless claims that unidentified people from the Middle East are part of a “caravan of migrants” making its way north from Honduras, Trump ordered the deployment of more than 5,000 soldiers to the southern US border.

      Decades of acrimonious public debate over undocumented immigration in the United States has focused on security, crime, and economics while largely overlooking the people at the centre of the issue and the consequences of US attempts to prevent them from entering the country.

      One of the starkest facts about this humanitarian emergency is that at least 6,700 bodies have been found since 2000 – likely only a fraction of the actual number of people who have died trying to cross the southern US border over this period. More than a third of these bodies have been found in the Sonoran Desert in southern Arizona, where migration routes have been pushed into increasingly harsh and remote terrain.

      Seldom reported and virtually unheard of outside the border region, these bodies have become a cause for a small constellation of humanitarian groups in southern Arizona, spawning an unlikely effort to prevent deaths by placing drinking water along migration trails in the desert.

      “I found it shocking,” Brian Best, a volunteer who moved to Arizona a couple years ago, says of the situation in the desert. “I had no idea how many people had died. I had no idea the extent of the humanitarian crisis.”

      Trying to save lives in this way is not uncontroversial. Undocumented immigration is one of the most polarising issues in US politics and aid groups operate in the same areas that cartels use to smuggle drugs into the country. Inevitably, humanitarian efforts are caught up in the politics and paranoia surrounding these two issues.

      The intensity of the situation has led to a strained relationship between the humanitarians and the Border Patrol, the federal agency tasked with preventing undocumented immigration. Nearly two decades after aid efforts began, the numbers crossing the border have reached a historic low but the proportion of people dying is rising.

      Early on a Friday morning, Stephen Saltonstall, 74, sits behind the steering wheel of a flatbed pickup as it shakes and rattles towards the US-Mexico border. The back of the truck is loaded with equipment: a 300-gallon plastic tank of drinking water, a gas operated pump to pull the water out, and a long, lead-free hose to deliver it into barrels at the water stations Humane Borders, the NGO Saltonstall volunteers with, maintains across southern Arizona.

      It’s mid-September and the temperature is already climbing. By midday it will reach well over 100 degrees (38 celsius), and there are no clouds to interrupt the sun as it bakes the hardscrabble landscape of the Sonoran Desert, surprisingly green from the recently departed monsoon rains. Scraggly mesquite trees and saguaro cactuses with comically tubular arms whir past as Saltonstall guides the truck along Route 286 southwest of Tucson. A veteran of the civil rights movement with a lifelong commitment to social justice – like many others involved in the humanitarian aid effort here – he has made this drive more than 150 times in the three years since moving to Arizona from the northeastern United States.

      Around mile marker 38 – signifying 38 miles north of the border – 13 miles north of an inland US Border Patrol checkpoint, Saltonstall eases the truck off to the side of the road. Stepping out, he walks to the top of a small hill about 10 feet from where the asphalt ends. Stopping next to a small wooden cross planted in the cracked earth, he puts his hands together and offers a silent prayer.

      “I’m sorry that you died an awful death here,” Saltonstall says when he’s finished praying. “Wherever you are now, I hope you are in a better place.”

      The cross is painted red and draped with a strand of rosary beads. It marks the spot – on top of this small hill, in plain sight of the road – where the body of someone who irregularly crossed the border into the United States was found in July 2017. The person likely succumbed to thirst or hyperthermia after spending days trekking through this harsh, remote environment. But no one knows for sure. By the time someone came across the remains, scavenging birds and animals had stripped the body down to a skeleton. There’s no official cause of death and the person’s identity is unknown.

      Nearly 3,000 human remains like this one have been found in southern Arizona since the year 2000. Many more are probably lost in this vast and sparsely populated desert, lying in areas too remote and infrequently trafficked to be discovered before they decompose and end up being carried off in pieces by feasting animals, scattered and rendered invisible.

      Prevention through deterrence

      It wasn’t always like this in southern Arizona.

      The office of Pima County medical examiner Dr. Greg Hess receives all the human remains found near the migration trails in three of the four Arizonan counties that border Mexico.

      “In the 1990s we would average about 15 of these types of remains being recovered every year,” says Hess. Starting in 2002, that average jumped to 160 bodies per year, he adds.

      Most people irregularly crossing the border used to simply sneak over in urban areas where it wasn’t too dangerous. But things started to change in the mid 1990s with the introduction of a federal policy called “prevention through deterrence”. The policy directed Border Patrol to concentrate agents and resources in the urban areas where most people were crossing. The architects of the strategy predicted that “illegal traffic will be deterred, or forced over more hostile terrain, less suited for crossing and more suited for enforcement.”

      The construction of border walls between urban areas in northern Mexico and their neighbouring towns and cities in the United States soon followed. That funnelled the movement of migrants decisively into remote areas like the desert in southern Arizona, but had no discernible impact on the number of people irregularly entering the United States.

      Corlata Wray, 62, watched in the early 2000s as federal policy brought a humanitarian crisis to her back yard. Born in Durango, Mexico, Wray has lived in the small, rural town of Arivaca, Arizona, 12 miles from the border, for the better part of four decades. A slow trickle of people has always moved through Arivaca given its location, but in the late 1990s the number of people trekking across the desert close to Wray’s home dramatically increased.

      In the early years people would knock on the door and Wray would give them water and a little bit of food before they continued on their way. Helping migrants in this way was a normal part of life, according to many people IRIN spoke to living in the border region. But as enforcement efforts ramped up, “everything changed”, says Wray, who now volunteers regularly with organisations providing aid and support to migrants. “I started to see more suffering with the migrants.”

      Now the people who end up on her property are usually in a desperate situation – parched and sunburnt, with bloodied and blistered feet and twisted or broken limbs. “They don’t know which way to go, and that’s when their life is in danger because they’re lost. They have no water. They have no food. And then the desert is not beautiful anymore. Es mortal,” Wray says, switching into Spanish – “It’s deadly”.
      “We have to do something”

      As the “prevention through deterrence” policy came into full effect in the early 2000s, the fact that migrants were dying in the desert at an alarming rate was hard for some people to overlook. Ila Abernathy, a long-time resident of Tucson, 65 miles north of the border, remembers a point in July 2002 when a dozen or more bodies were found in one weekend.

      Fifty-nine at the time, Abernathy had moved to Tucson as a young adult and had been active in the waning years of the sanctuary movement, which sought to provide safe-haven to refugees fleeing civil wars in Central America in the 1980s as the US government restricted their ability to seek asylum. A decade and half later, the network from that movement was still intact.

      Following the news of the deaths in July 2002, a meeting was called at the Southside Presbyterian Church in Tucson. “This is a new crisis. We have to do something,” Abernathy recalls of the meeting’s conclusion. “We need to advocate and we need to get out there and search for people before they die.”

      In the beginning, that meant giving aid to people directly. Between 2002 and 2008, Border Patrol apprehended between 300,000 and 500,000 people every year in the area south of Tucson. “You’d just drive down the road early in the morning and there would be clusters of people either ready to give up or else already in Border Patrol capture,” Abernathy says.

      The group that formed out of the meeting at the Southside Presbyterian Church, the Tucson Samaritans, travelled the roads providing food, water, and medical aid to people in need. Two other groups, Humane Borders and No More Deaths, formed around the same time with similar missions. Their members tended to be active in multiple groups at the same time and were often veterans of the sanctuary or civil rights movements, like Abernathy and Saltonstall. Others were young people who came to the region on educational trips and decided to stay, or longtime residents of southern Arizona who had watched the crisis develop and felt compelled to try to help.

      But their work soon got harder. In 2006, the administration of US president George W. Bush announced a massive expansion of the Border Patrol. With nearly double the number of agents in the field and more resources, it became increasingly rare to find migrants along the roads, or even close to them, according to Abernathy. Unable to deliver aid to people directly, groups started hiking into the remote desert to find the trails migrants were using and leave behind gallon jugs of drinking water in the hope they would be found by people in need. It’s an effort that has continued now for close to 12 years.
      Into the desert

      On a Sunday morning, Best, 59, is picking his way along a migration trail deep in the Sonoran Desert with two other volunteers from the Tucson Samaritans. If you could travel in a straight line, the nearest paved road would be about 10 miles away. But moving in a straight line isn’t an option out here.

      Best and the other volunteers left their four wheel drive SUV behind some time ago after following the winding, rocky roads as far as they could. They are now hiking on foot towards the US-Mexico border. The landscape doesn’t distinguish between the two countries. In every direction, cactuses and mesquite trees carpet low, jagged hills. At the far limits of the vast, open expanse, towering mountains run like rows of crooked shark’s teeth along the horizon.

      This is the “hostile terrain” referred to by the architects of “prevention through deterrence” where migration routes have been pushed. There’s no man-made wall at the border here – just a rusted barbed wire fence. But someone would have to hike about 30 miles to make it north of the inland Border Patrol checkpoint on Route 286 to reach a potential pick-up point, or 60 miles to make it to Tucson. Humanitarian aid volunteers say the trip usually takes from three to 10 days.

      In the summertime the temperature reaches 120 degrees (49 celsius) and in the winter it drops low enough for people to die of hypothermia. There are 17 species of rattlesnakes in this desert, which is also home to the venomous gila monster lizard, tarantulas, scorpions, and other potentially dangerous animals. Natural water sources are few and far between, Border Patrol agents traverse the area in all-terrain vehicles and pickup trucks, on horseback and in helicopters; and there’s surveillance equipment laced throughout the landscape. “I’m really surprised that anybody gets through,” says one humanitarian volunteer, “but they do.”

      On the trail where Best is walking, the ground is uneven and rocks jut out at menacing angles. It’s easy to twist an ankle and impossible to move forward without getting scraped by mesquite branches or poked by cactus spines.

      Best has been visiting this area of the desert for a little over a year. In the beginning, there were a lot of signs that migrants were passing through – black plastic water bottles from Mexico, food wrappers with recent expiration dates, even discarded backpacks and clothing – so the Samaritans started putting jugs of water here hoping it would help fortify people against the dangers of the long journey ahead. But recently the jugs have been sitting untouched. It looks like the route has shifted elsewhere.

      During the second half of the morning Best will explore new territory – literally bushwhacking through the desert – to try to figure out where the route has moved to and where water should be placed. More than a decade after humanitarian aid groups started hiking out into the desert, there are still plenty of places they have yet to set foot in. Figuring out where people are moving and then putting out water is a time-consuming and labour-intensive process of trial and error. “It is very slow and inefficient in some ways, but I think really important,” Best says. “There’s no other way to do it.”

      In the 12 years since they started, over the course of innumerable hikes like this one, the Samaritans have mapped somewhere between 1,500 and 2,000 miles of trails south of Tucson, according to volunteers. Two different groups go out every day, bringing water to hundreds of locations over the course of any given week. In total in the past two years, according to one volunteer, the group has placed 3,295 gallon jugs of water in the desert. No More Deaths, which also relies on volunteers to hike water into the desert, says it has put out 31,558 gallons in past three years, 86 percent of which was used.

      Humane Borders, the organisation that Saltonstall volunteers with, operates using a slightly different model. It maintains fixed water stations at 51 locations on public and private land in southern Arizona that it services by truck. Each station consists of a 55-gallon barrel with a blue flag flying high in the sky to mark its location. Last year the group put 70,000 gallons of water into these stations. Between the three groups, comprised of a couple hundred active volunteers, that’s equivalent to about 10 backyard swimming pools full of water placed along migration trails in the desert, one bottle or barrel at a time.
      Not so straightforward

      The terrain where the humanitarian aid groups put water is some of the most politically charged in the US, at the heart of debates about both undocumented immigration and the movement of illicit drugs into the country. Needless to say, not everybody supports what the groups are doing.

      Cartels have a strong presence in the towns and cities of northern Mexico, and control and profit from the movement of both people and drugs across the border. Critics of the humanitarian groups say they are helping people break the law both by assisting migrants who are irregularly entering the United States and by putting water out that cartel drug runners and scouts can drink just as easily as anyone else.

      Humane Borders receives public funding from the Board of Supervisors in Pima County, but the vote to approve the funding is split: three Democratic members in favour and two Republican members against. Both Republican supervisors declined to comment when IRIN asked about their opposition to the funding – a spokesperson for one said the vote “speaks for itself.”

      The relationship between the humanitarian aid groups and Border Patrol has also been rocky. In particular, No More Deaths has been openly critical of Border Patrol, documenting agents destroying water drops and arguing that the agency’s tactics are contributing to deaths and disappearances in the desert. Border Patrol says it doesn’t condone the destruction of humanitarian aid drops and that it ultimately views its work as humanitarian as well.

      Nine members of No More Deaths have also been arrested on various charges related to their humanitarian work, ranging from trespassing and littering to harbouring illegal aliens, in what volunteers see as an effort to criminalise aid activities in the desert. One of those arrested faces up to 20 years in prison if convicted, and the Intercept has reported that court documents and other evidence suggest some of the arrests were retaliation against No More Deaths for publicising Border Patrol abuses.

      As far as whether water drops are benefitting cartel members or helping people break the law, the questions aren’t really important to many volunteers. “The real basic, humane argument is that nobody should be dying out here,” Best, the Samaritans volunteer, says.

      A more important question is whether the water drops are effective at saving lives. There’s anecdotal evidence from migrants who are caught by Border Patrol and later deported to northern Mexico that it is reaching people in need, but there’s no way to tell how many.

      There’s also the fact that, even as the number of people crossing the desert south of Tucson has decreased, the number of bodies found has remained relatively consistent. Also, not every death in the desert is caused by dehydration. “If somebody has heat stroke it may not be a process of having water available,” explains Hess, the medical examiner. “They may have water with them. It’s just that you’re too hot.”
      “What value can you put on saving even one life?”

      Considering that Border Patrol apprehended an average of over 100 people per day south of Tucson last year, and that an untold number of others crossed without being caught, and that the water isn’t necessarily in all of the places where people are trekking, the volunteers are aware of the limits of what they do. One estimated that over the course of an eight- to 10-hour hike a group of four people could only put enough water out to sustain 15 migrants for one day.

      “What we do is small, and we know it does some good,” Abernathy says. “We don’t want to delude ourselves into thinking this is the solution… [But] what value can you put on saving even one life?”

      Short of a major change to the “prevention through deterrence” policy, many don’t see an alternative to what they are doing. And humanitarian aid efforts have expanded over the years westward from the area south of Tucson to even more remote and sparsely populated parts of the desert where people have to walk 85 to 100 miles through nearly empty wilderness before reaching a point where they can be picked up.

      The old copper mining town of Ajo, Arizona – home to around 3,000 people – is in the heart of one of these far flung, desolate places. One hundred and thirty miles west of Tucson, this outpost of old clapboard and adobe houses is bordered by a national park, wildlife refuge, and US Air Force bombing range that combined constitute a relatively uninhabited and untouched area of desert the size of the state of Connecticut.

      On a warm dry night, volunteers from various humanitarian aid groups are gathered here in the town square, under the light of dim street lamps and a nearly full moon, to pay homage to what binds their community together: the people who have died in the desert.

      Some of the volunteers will wake at 4:45am to try to avoid the heat as best they can and hike out along the trails carrying their gallon jugs of water. But tonight at this vigil they form a line and one by one pick up white wooden crosses, holding them in front of their bodies. Each one represents the remains of a person that were found in the area surrounding Ajo in 2017 and is inscribed with a name or the word desconocido – Spanish for “unknown”. There are about 30 volunteers, and they have to pass through the line more than once. There are more crosses than people to hold them.

      https://www.irinnews.org/news-feature/2018/11/06/migrants-US-Mexico-caravan-elections-Trump-water-desert
      #eau #résistance #désert #frontières #mourir_aux_frontières #hostile_environment

    • Four women found guilty after leaving food and water for migrants in Arizona desert

      A federal judge on Friday reportedly found four women guilty of misdemeanors after they illegally entered a national wildlife refuge along the U.S.-Mexico border to leave water and food for migrants.

      According to The Arizona Republic, the four women were aid volunteers for No More Deaths, an advocacy group dedicated to ending the deaths of migrants crossing desert regions near the southern border.

      One of the volunteers with the group, Natalie Hoffman, was found guilty of three charges against her, including operating a vehicle inside the Cabeza Prieta National Wildlife Refuge, entering a federally protected wilderness area without a permit and leaving behind gallons on water and bean cans.

      The charges reportedly stemmed from an August 2017 encounter with a U.S. Fish and Wildlife officer at the wildlife refuge.

      The three other co-defendants — Oona Holcomb, Madeline Huse and Zaachila Orozco-McCormick — were reportedly passengers in Hoffman’s truck at the time and were also charged with entering federally protected area without a permit and leaving behind personal property.

      Each of the women face up to six months in prison for the charges and a $500 fine after being found guilty.

      In his three-page order, U.S. Magistrate Judge Bernardo Velasco reportedly wrote that the defendants did not “get an access permit, they did not remain on the designated roads, and they left water, food, and crates in the Refuge."

      “All of this, in addition to violating the law, erodes the national decision to maintain the Refuge in its pristine nature,” he continued.

      He also criticized the No More Deaths group for failing to adequately warn the women of all of the possible consequences they faced for violating the protected area’s regulations, saying in his decision that “no one in charge of No More Deaths ever informed them that their conduct could be prosecuted as a criminal offense nor did any of the Defendants make any independent inquiry into the legality or consequences of their activities.”

      Another volunteer with No More Deaths, Catherine Gaffney, slammed Velasco’s ruling in a statement to The Arizona Republic.

      “This verdict challenges not only No More Deaths volunteers, but people of conscience throughout the country,” Gaffney said.

      “If giving water to someone dying of thirst is illegal, what humanity is left in the law of this country?” she continued.

      According to The Associated Press, the ruling marks the first conviction brought against humanitarian aid volunteers in 10 years.


      https://thehill.com/blogs/blog-briefing-room/news/426185-four-women-found-guilty-after-leaving-food-and-water-for
      #délit_de_solidarité #solidarité
      signalé par @fil

    • Arizona: Four women convicted after leaving food and water in desert for migrants

      Federal judge finds activists guilty of entering a national wildlife refuge without a permit to give aid to migrants


      A federal judge has found four women guilty of entering a national wildlife refuge without a permit as they sought to place food and water in the Arizona desert for migrants.

      US magistrate Judge Bernardo Velasco’s ruling on Friday marked the first conviction against humanitarian aid volunteers in a decade.

      The four found guilty of misdemeanours in the recent case were volunteers for No More Deaths, which said in a statement the group had been providing life-saving aid to migrants.

      The volunteers include Natalie Hoffman, Oona Holcomb, Madeline Huse and Zaachila Orozco-McCormick.

      Hoffman was found guilty of operating a vehicle inside Cabeza Prieta national wildlife refuge, entering the federally protected area without a permit, and leaving water jugs and cans of beans there in August 2017.

      The others were found guilty of entering without a permit and leaving behind personal property.

      https://www.theguardian.com/us-news/2019/jan/19/arizona-four-women-convicted-after-leaving-food-and-water-in-desert-for

    • Convicted for leaving water for migrants in the desert: This is Trump’s justice

      A FEW weeks ago, federal prosecutors in Arizona secured a conviction against four humanitarian aid workers who left water in the desert for migrants who might otherwise die of heat exposure and thirst. Separately, they dropped manslaughter charges against a U.S. Border Patrol agent who fired 16 times across the border, killing a teenage Mexican boy. The aid workers face a fine and up to six months in jail. The Border Patrol officer faces no further legal consequences.

      That is a snapshot of twisted frontier justice in the age of Trump. Save a migrant’s life, and you risk becoming a political prisoner. Kill a Mexican teenager, and you walk free.

      The four aid workers, all women, were volunteers in service to an organization, No More Deaths, whose religious views inform its mission to prevent undocumented migrants from dying during their perilous northward trek. They drove into the Cabeza Prieta National Wildlife Refuge, about 100 miles southwest of Phoenix, to leave water jugs along with some canned beans.

      The women — Natalie Hoffman, Oona Holcomb, Madeline Huse and Zaachila Orozco-McCormick — made no effort to conceal their work. Confronted by a U.S. Fish and Wildlife Service officer, they said they believed everyone deserved access to basic survival needs. One of them, Ms. Orozco-McCormick, compared the wildlife refuge to a graveyard, such is the ubiquity of human remains there.

      Since the turn of the century, more than 2,100 undocumented migrants have died in that sun-scorched region of southern Arizona, according to Humane Borders, a nonprofit group that keeps track of the numbers. Last year, according to the Pima County Medical Examiner’s Office, the remains of 127 dead migrants were recovered there.

      In the past, prosecutors declined to press charges against the volunteers who try to help by leaving water and canned food in the desert. But the four women, arrested in August 2017, were tried for the misdemeanor offenses of entering a refuge without a permit, abandoning personal property and, in the case of Ms. Hoffman, driving in a restricted area. U.S. Magistrate Judge Bernardo Velasco, who presided over the bench trial, said their actions ran afoul of the “national decision to maintain the Reserve in its pristine nature.”

      In fact, prosecutors have broad discretion in deciding whether to press such minor charges — just as they do in more consequential cases such as the manslaughter charge against Lonnie Swartz, the Border Patrol agent who killed 16-year-old José Antonio Elena Rodríguez in October 2012. According to Mr. Swartz, he opened fire on the boy, shooting 16 times in what the agent said was self-defense, through the fence that divides the city of Nogales along the Arizona-Mexico border. He said the boy had been throwing stones at him across the frontier.

      Mr. Swartz was acquitted on second-degree murder charges last spring, but the jury deadlocked on manslaughter charges. In a second trial, last fall, the jury also failed to reach a verdict on manslaughter. Last month, prosecutors declined to seek a third trial.

      While the aid workers seek to avoid prison time, Americans may well wonder about a system in which justice is rendered so perversely.

      https://www.washingtonpost.com/opinions/convicted-for-leaving-water-for-migrants-in-the-desert--this-is-trumps-justice/2019/01/27/9d4b3104-2013-11e9-8b59-0a28f2191131_story.html?noredirect=on

  • Vigilantes Patrol Parts of Europe Where Few Migrants Set Foot

    BRATISLAVA, Slovakia — The People’s Party-Our Slovakia, after months of stirring up fears about foreigners and Muslim migrants, decided to take action: This spring, the group’s leader proudly stood in front of the main railway station in #Zvolen, Slovakia, and announced that a new group of volunteers would begin patrolling passenger trains to keep the “decent citizens” of Slovakia safe from criminals and minorities.


    http://www.nytimes.com/2016/06/11/world/europe/vigilante-patrols-in-parts-of-europe-where-few-migrants-set-foot.html?ref=w
    #Slovaquie #asile #migrations #réfugiés #xénophobie #racisme #islamophobie #patrouilles #chasse_aux_migrants #anti-réfugiés #milices

    • Anti-migrant militias spring up in central Europe

      Czech and Slovenian authorities have voiced alarm over the emergence of armed anti-migrant militias in the two central European countries.

      The concerns come after revelations of a paramilitary base, with tanks and armoured personnel carriers, used by a biker gang with Kremlin ties in Slovakia.

      The Czech intelligence service, the BIS, voiced its worries about a group that calls itself the National Home Guard in a classified report seen by Czech daily Mlada Fronta Dnes.

      “Parts of this group have begun to adopt the concept of armed groups. Due to the fact that some of the members are strongly xenophobic, racist, and completely reject the orientations of Czech internal and foreign policy, they could pose a significant [security] risk,” the BIS report said.

      The home guard groups, which have up to 2,500 members in 90 national branches, patrol the streets of some small Czech towns, such as Nymburk, 50km west of Prague, looking for irregular migrants.

      They appear to have links with local police and have political support from National Democracy, a fringe far-right party.

      They also have ideological leaders, such as David Buchtel, a Czech academic and National Democracy member, who publishes leaflets saying that Nato plans to “occupy” the Czech Republic and force it to take in migrants.

      The Czech foreign ministry has said the groups pose a risk of violent protests, such as the recent anti-migrant riots in the town of Chemnitz, Germany.
      PRESENTED BY CECE

      Andor Sandor, the former chief of Czech military intelligence, the VZ, told Radio Prague, that even if it does not come to that, their day-to-day activities pose a threat to the Czech political landscape.

      “This could stem from the view, that the European Union is not able to manage the migration crisis. People who believe that neither the state nor Europe can manage this [crisis], will take matters into their own hands to protect their families and their property,” he said.

      The Czech worries surfaced a few days after a social media stunt by Andrej Sisko, a far-right politician, which caused alarm in Slovenia.

      Sisko posted a Facebook video of himself with a group of some 70 masked men armed with machine guns in the Slovenian countryside.

      The group, called the Stajerska Guard, was filmed taking an oath to secure public order in the country. It numbers several hundred people in total, the Reuters news agency said.

      “We are doing nothing wrong and we would be even interested in co-operating with the police,” Sisko said, in an echo of the Czech home guard’s modus operandi.

      His political party, the anti-migrant United Slovenia Movement, has also vowed to protect the county’s ethnic identity.

      Borut Pahor, the Slovenian president, said: “Slovenia is a safe country in which no unauthorised person needs or is allowed to ... illegally care for the security of the country and its borders”.

      The creation of the Stajerska Guard was “absolutely unacceptable” and it “needlessly stirs up fear and spreads hatred”, outgoing Slovenian prime minister Miro Cerar said.

      Earlier in July, Slovakia was also put an alert when journalists filmed a paramilitary compound in Dolna Krupa, a town some 50km north of Bratislava.

      The base, a former pig farm, is used by the Night Wolves, a biker gang and by two far-right militias called the Slovak Levies and NV Europa, the BBC reported at the time.

      It contained a shooting range and tanks and armoured personnel carriers that had been supplied by a military vehicle museum.

      The revelations were “disturbing” and the groups’ influence was “harmful, especially in spreading their opinions that strive to rewrite history”, a Slovak foreign ministry spokesman said.

      The Night Wolves gang has well known links to the Kremlin.

      The other paramilitary groups and their political supporters also repeat Russian propaganda lines on migrants and EU failures, but neither the Czech or Slovene authorities spoke of Russian involvement in their activities.

      The notion of a ’migrant invasion’ in central Europe is not borne out by facts.

      The Czech Republic took in 12 migrants from Greece and Italy under an EU scheme and granted asylum to just 145 people last year.

      Slovenia granted asylum to 152 people last year.

      Slovakia has boycotted the EU scheme, along with Hungary and Poland, and had juts 56 applications for asylum as of June this year.

      But the Czech intelligence assessment that the home guard group “completely [rejected] the orientations of Czech internal and foreign policy,” was also open to question.

      Czech prime minister Andrej Babis has vowed to join an anti-migrant political axis in Europe alongside Hungary and Italy’s far-right leaders.

      Meanwhile, anti-migrant rhetoric by leading politicians has become a mainstay in Slovakia and Slovenia, where the far-right Slovenian Democratic Party became the biggest one in June elections, but failed to find coalition partners to form a government.

      https://euobserver.com/justice/142739

      #Europe_centrale

  • Faces from the Border : We Could Be Them

    This is the first in a three-part series, “Faces from the Border,” about Mexican-American agents on the border between the United States and Mexico. The series was produced, with funding from the Ford Foundation, as part of a research project on migrants and migration policy by the Division of International Studies and the Journalism on Public Policy Program at the Center for Research and Teaching in Economics (CIDE), in Mexico City.


    http://www.newyorker.com/news/news-desk/faces-from-the-border-we-could-be-them
    #Mexique #USA #migrations #Etats-Unis

    Commentaire d’Emmanuel Blanchard (via la mailing-list Migreurop) :

    Un reportage comme il y en a tant sur les #patrouilles à la frontière EU-Mexique : l’angle est cependant original, car le journaliste insiste sur le fait que les patrouilleurs sont pour beaucoup des Mexican-American voire des enfants de sans-papiers.

    #frontières #contrôles_frontaliers

  • Message reçu de Laurence Pillant, via la mailing-list Migreurop:

    Extrait de la revue de presse de l’ambassade concernant la visite allemande en Grèce et les négociations sur les hotspots et #patrouilles_conjointes #Grèce-#Turquie

    Ta Nea résume ainsi la visite de M. Steinmeier en Grèce : « L’Allemagne exerce des pressions sur la Grèce pour une collaboration plus étroite avec la Turquie dans la gestion de la crise des réfugiés. La question des patrouilles communes en #mer_Egée a également fait l’objet des entretiens de M. Steinmeier à Athènes. En même temps, l’Allemagne fait savoir par tous les moyens qu’elle dissocie pleinement la question des réfugiés du mémorandum grec et rejette toute tentative d’Athènes d’assouplir les mesures convenues ». Le journal souligne en titre que Berlin demande « un mémorandum » entre la Grèce et la Turquie sur la crise des réfugiés. Sous le titre « Soutien parcimonieux du ministre allemand des AE », Ethnos relève que M. Steinmeier a reconnu la charge importante qui pèse sur la Grèce en raison des flux des réfugiés mais a évité de discuter sur un éventuel assouplissement des conditions du #mémorandum. Sur la crise des réfugiés, le PM grec, M. Tsipras, et le ministre grec des AE, M. Kotzias, ont insisté sur la nécessité de gérer les flux migratoires depuis le territoire turc. Toutefois, M. Steinmeier a évité de commenter la position ferme de la Grèce sur la création de « hot spots » en Turquie. Enfin, M. Kotzias a de nouveau rejeté l’éventualité de patrouilles communes gréco-turques en mer Egée, en soulignant que la crise des réfugiés ne peut et ne doit pas devenir le prétexte pour la violation de la souveraineté nationale. Avghi relève pour sa part qu’à l’occasion de l’entretien avec M. Steinmeier, le PM grec, M. Tsipras, a insisté sur la nécessité pour l’UE de soutenir la Grèce dans ses efforts pour faire face à la crise migratoire.

    Tsipras says level of EU debate on migrants is ’sad’

    “I feel shamed as a member of this European leadership, both for the inability of Europe in dealing with this human drama, and for the level of debate at a senior level, where one is passing the buck to the other,” Tsipras told Parliament.

    “These are hypocritical, crocodile tears which are being shed for the dead children on the shores of the Aegean. Dead children always incite sorrow, But what about the children that are alive who come in thousands and are stacked on the streets? Nobody likes them.”

    More than 500,000 migrants and refugees have crossed through Greece to central and northern Europe since the beginning of the year, exposing deep fissures among EU member states in dealing with one of the worst humanitarian crises in decades. [Reuters]

    http://www.ekathimerini.com/202975/article/ekathimerini/news/tsipras-says-level-of-eu-debate-on-migrants-is-sad
    Greek Prime Minister Alexis Tsipras slammed on Friday the level of debate among European Union governments in dealing with the migrant crisis as ’sad’ for a lack of cohesive action in dealing with the crisis.

    #réfugiés #asile #migrations #chantage #politique_migratoire #Europe #EU #UE #Allemagne #externalisation

  • #Eurosur : l’#UE se donne-t-elle vraiment les moyens de lutter contre l’#immigration_clandestine ?

    Afin de mieux coordonner le contrôle de la #frontière commune européenne entre les États, et notamment les #patrouilles_maritimes, l’agence européenne pour les frontières (#Frontex) se dote ce lundi du système Eurosur.

    http://www.atlantico.fr/decryptage/eurosur-ue-se-donne-t-elle-vraiment-moyens-lutter-contre-immigration-cland

    Autre ARRGGGHHHH de la journée : #immigration_clandestine ! NON, la majorité des personnes qui meurent en mer sont des REFUGIES ! #réfugiés
    #bad_terminology #vocabulaire

    • Entra in vigore Eurosur

      Entra in vigore Eurosur, il sistema di sorveglianza delle frontiere europee. Divenuto operativo, da oggi, per 19 Stati membri aderenti all’area Schengen. Mentre per gli 11 Paesi che non ne fanno parte diventerà obbligatorio a partire dal 1° dicembre 2014. Attraverso questo sistema diviene possibile scambiare informazioni in tempo reale sui movimenti alle frontiere in modo da creare un modello di cooperazione integrato tra diverse agenzie per la sicurezza in tutta l’UE. Caratteristiche principali del progetto sono: 1) scambio e trasmissione di informazioni; 2) cooperazione tra autorità nazionali; 3) ricerca di risposte comuni; 4) attenzione alle persone vulnerabili (soprattutto bambini, minori non accompagnati, vittime di traffico di esseri umani, persone bisognose di assistenza medica d’urgenza e in pericolo in mare); 5) non respingimento; 6) rispetto e protezione dei dati personali.

      http://www.west-info.eu/it/entra-in-vigore-eurosur