• L’erosione di Schengen, sempre più area di libertà per pochi a danno di molti

    I Paesi che hanno aderito all’area di libera circolazione strumentalizzano il concetto di minaccia per la sicurezza interna per poter ripristinare i controlli alle frontiere e impedire così l’ingresso ai migranti indesiderati. Una forzatura, praticata anche dall’Italia, che scatena riammissioni informali e violazioni dei diritti. L’analisi dell’Asgi

    Lo spazio Schengen sta venendo progressivamente eroso e ridotto dagli Stati membri dell’Unione europea che, con il pretesto della sicurezza interna o di “minacce” esterne, ne sospendono l’applicazione. Ed è così che da spazio di libera circolazione, Schengen si starebbe trasformando sempre più in un labirinto creato per isolare e respingere le persone in transito e i cittadini stranieri.

    Per l’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi) la sospensione della libera circolazione, che dovrebbe essere una pratica emergenziale da attivarsi solo nel caso di minacce gravi per la sicurezza di un Paese, rischia infatti di diventare una prassi ricorrente nella gestione dei flussi migratori.

    A fine ottobre di quest’anno il governo italiano ha riattivato i controlli al confine con la Slovenia, giustificando l’iniziativa con l’aumento del rischio interno a seguito della guerra in atto a Gaza e da possibili infiltrazioni terroristiche. La decisione è stata anche proposta come reazione alla pressione migratoria a cui è soggetto il Paese. Lo stesso giorno in cui l’Italia ha annunciato la sospensione della libera circolazione -misura prorogata- la stessa scelta è stata presa anche da Slovenia, Austria, Repubblica Ceca, Slovacchia, Polonia e Germania. Una prassi che rischia di agevolare le violazioni dei diritti delle persone in transito. “Questa pratica, così come l’uso degli accordi bilaterali di riammissione, ha di fatto consentito alle autorità di frontiera dei vari Stati membri di impedire l’ingresso nel territorio e di applicare respingimenti ai danni di persone migranti e richiedenti asilo, in violazione di numerose norme nazionali e sovranazionali”, scrive l’Asgi.

    Il “Codice frontiere Schengen” prevede che i confini interni possano essere attraversati in un qualsiasi punto senza controlli sulle persone, in modo indipendente dalla loro nazionalità. Secondo i dati del Consiglio dell’Unione europea, circa 3,5 milioni di persone attraverserebbero questi confini ogni giorno mentre in 1,7 milioni lavorerebbero in un Paese diverso da quello di residenza, attraversando così una frontiera interna. In caso di minaccia grave per l’ordine pubblico o la sicurezza interna in uno Stato membro, però, quest’ultimo è autorizzato a ripristinare i controlli “in tutte o in alcune parti delle sue frontiere interne per un periodo limitato non superiore a 30 giorni o per la durata prevedibile della minaccia grave”. Tuttavia, lo stesso Codice afferma che “la migrazione e l’attraversamento delle frontiere esterne di un gran numero di cittadini di Paesi terzi non dovrebbero in sé essere considerate una minaccia per l’ordine pubblico o la sicurezza”.

    Inoltre, anche nel caso in cui vengano introdotte restrizioni alla libera circolazione, queste vanno applicate in accordo con il diritto delle persone in transito. “La reintroduzione temporanea dei controlli non può giustificare alcuna deroga al rispetto dei diritti fondamentali delle persone straniere che fanno ingresso nel territorio degli Stati membri e, nel caso specifico dell’Italia, attraverso il confine italo-sloveno -ribadisce l’Asgi-. In particolare, il controllo non può esentare le autorità di frontiera dalla verifica delle situazioni individuali delle persone straniere che intendano accedere nel territorio dello Stato e che intendano presentare domanda di asilo”. In particolare, la sicurezza dei confini non può impedire l’accesso alle procedure di protezione internazionale per chi ne fa richieste e di riceve informazioni sulla possibilità di farlo. Infine, i controlli non possono portare a una violazione del diritto di non respingimento, che impedisce l’espulsione di una persona verso Paese dove potrebbe subire trattamenti inumani o degradanti o dove possa essere soggetta a respingimenti “a catena” verso Stati che si macchiano di queste pratiche.

    Le operazioni di pattugliamento lungo il confine tra Italia e Slovenia presentano criticità proprio in tal senso. Secondo le notizie riportate dai media e le recenti dichiarazioni del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, l’Italia avrebbe applicato ulteriori misure che hanno l’evidente effetto di impedire alla persona straniera l’accesso al territorio nazionale e ai diritti che ne conseguono. Già a settembre del 2023 il ministro aveva dichiarato, in risposta a un’interrogazione parlamentare, la ripresa dell’attività congiunta tra le forze di polizia di Italia e Slovenia a partire dal 2022. Sottolineando come grazie all’accordo fosse stato possibile impedire, per tutto il 2023, l’ingresso sul territorio nazionale di circa 1.900 “migranti irregolari”. “Preoccupa, inoltre, l’opacità operativa che caratterizza questi interventi di polizia: le modalità, infatti, con le quali vengono condotti sono poco chiare e difficilmente osservabili ma celano evidenti profili di criticità e potenziali lesioni di diritti”.

    Le azioni di polizia, infatti, avrebbero avuto luogo già in territorio italiano oltre il confine: una simile procedura appare in linea con quanto previsto dalle procedure di riammissione bilaterale, ma in contrasto con il Codice frontiere Schengen, che presuppone che i controlli possano essere svolti solo presso i valichi di frontiera comunicati alle istituzioni competenti. Una prassi simile è stata riscontrata lungo il confine italo-francese, dove l’Asgi ha identificato la coesistenza di pratiche legate alla sospensione della libera circolazione con procedure di riammissione informale.

    “La libera circolazione nello spazio europeo è una delle conquiste più importanti dei nostri tempi -è la conclusione dell’Asgi-. Il suo progressivo smantellamento dovrebbe essere dettato da una effettiva emergenza e contingenza, entrambe condizioni che sembrano non rinvenibili nelle motivazioni addotte dall’Italia e dagli altri Stati membri alla Commissione europea. La libertà di circolazione, pilastro fondamentale dell’area Schengen, rivela forse a tutt’oggi la sua vera natura: un’area di libertà per pochi a danno di molti”.

    https://altreconomia.it/lerosione-di-schengen-sempre-piu-area-di-liberta-per-pochi-a-danno-di-m

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  • Rotta balcanica, Piantedosi lancia le brigate antimigranti

    A margine del trilaterale a Trieste il 2 novembre scorso, il ministro snocciola i numeri dei respingimenti dopo la sospensione di Schengen. E annuncia: quando i controlli alle frontiere finiranno, il governo vuole istituire “brigate miste” (di polizia). Dove? Con chi? E con quale mandato?

    Nell’edizione del 20 ottobre dell’Unità avevo esaminato la misura di ripristino dei controlli alle frontiere interne deciso dall’Italia al confine italo-sloveno mettendo in rilievo come tale decisione fosse in contrasto con quanto disposto dal Codice Schengen. Su questo il Codice prevede la possibilità di un temporaneo ripristino dei controlli alle frontiere interne solo come extrema ratio in caso di minaccia all’ordine pubblico e che “la migrazione e l’attraversamento delle frontiere esterne di un gran numero di cittadini di paesi terzi non dovrebbero in sé essere considerate una minaccia per l’ordine pubblico o la sicurezza interna” (Codice Schengen, considerando 26). Ben presto le dichiarazioni del Governo italiano hanno reso evidente come dietro questo ripristino, inutile e quanto mai problematico per la vita sociale ed economica del Friuli Venezia Giulia, ci sia una sola finalità ovvero quella di ostacolare l’ingresso nell’Unione Europea, ad iniziare dal confine esterno tra la Croazia e la Bosnia, a coloro che sono in cerca di protezione e che, per il diritto dell’Unione, hanno invece diritto, alle frontiere e nel territorio degli Stati dell’Unione, di chiedere asilo (Direttiva 2013/32/UE art. 3) e gli Stati hanno il dovere assoluto di non respingerli.

    Le affermazioni rese dal ministro Piantedosi nella conferenza stampa tenutasi a Trieste il 2 novembre 2023, a conclusione dell’incontro trilaterale con gli omologhi sloveno e croato, sono state tanto esplicite quanto sconcertanti. Il ministro ha reso noto che nei primi dieci giorni di vigenza dei controlli alla frontiera sono stati effettuati 220 respingimenti. Non sono state fornite ulteriori informazioni, né il ministro, come ha fatto invece in passato, ha rivendicato la possibilità che vengano respinti o riammessi informalmente anche coloro che al confine italiano chiedono asilo. Sulla radicale illegittimità delle riammissioni informali attuate dall’Italia verso la Slovenia nei confronti di richiedenti asilo si era già espresso con estrema chiarezza il Tribunale ordinario di Roma con due distinte ordinanze, nel gennaio 2021 e nel maggio 2023. Non sappiamo se i dati forniti da Piantedosi riguardino cittadini stranieri che sono stati illegittimamente respinti dopo che è stato loro impedito di chiedere asilo in Italia e se, come impone la normativa a tutti coloro che sono fermati venga “assicurata l’informazione sulla procedura di protezione internazionale” (T.U. Immigrazione art. 10.3).

    Infine non sappiamo se nei confronti degli stranieri respinti sia stato emesso un provvedimento amministrativo scritto e motivato in fatto e in diritto, notificato al soggetto interessato e impugnabile innanzi all’autorità giudiziaria, o se di tali provvedimenti non c’è traccia. Neppure sappiamo se tali respingimenti sono stati realmente tali o se si è trattato di operazioni di impedimento all’ingresso in Italia attuati in territorio sloveno con la collaborazione della polizia italiana. Sono questioni dirimenti sulle quali il ministro dovrà fornire al più presto le necessarie informazioni. Lo stesso Piantedosi ha altresì annunciato che, non appena i controlli alle frontiere cesseranno (al momento sono prorogati fino al 20 novembre), è intenzione del Governo prevedere l’istituzione di “brigate miste” (di polizia) da “rendere stabili nel tempo”. Il termine utilizzato – brigate – è già piuttosto militaresco, ma, soprattutto, tali brigate miste come sarebbero composte, con quale mandato e con quali garanzie opererebbero al di fuori del territorio italiano? Anche sul confine sloveno-croato e su quello croato-bosniaco?

    Un’espressione in particolare, tra quelle usate da Piantedosi, risulta inquietante: il ministro ha affermato che le operazioni di respingimento finora attuate vanno considerate solo come i “primi segnali di una filiera della deterrenza da proseguire con i colleghi”. Il termine deterrenza è sempre associato a una funzione intimidatrice (nel diritto penale ci si è sempre interrogati se la minaccia della sanzione funga o meno da deterrenza). Nel linguaggio politico la deterrenza è rivolta verso un nemico ovvero verso colui che rappresenta un grave pericolo e nei cui confronti, all’occorrenza, si può usare violenza. A chi è diretta la funzione di deterrenza cui si riferisce Piantedosi? Agli stranieri che sono in fuga dai loro paesi affinché non lo facciano? A chi intende chiedere asilo affinché comprenda con metodi convincenti che ciò è inutile? Le parole usate dal ministro sono gravi perché le normative internazionali ed europee e il diritto interno dispongono che l’operato della polizia di frontiera non sia finalizzato ad attuare alcuna deterrenza bensì sia esclusivamente rivolto all’esecuzione di legittimi compiti di controllo dell’attraversamento dei confini; le guardie di frontiera sono tenute infatti ad operare nello stretto ambito delle funzioni attribuite loro dalla legge, e nei confronti di chi viene controllato “devono essere garantiti i diritti fondamentali sanciti nella Convenzione europea sui diritti dell’uomo e nella Carta sui diritti fondamentali dell’Unione europea. I controlli di frontiera devono rispettare pienamente i divieti di infliggere trattamenti inumani o degradanti e di agire in maniera discriminatoria” (Manuale per le guardie di frontiera a cura della Commissione Europea 6.11.2006 punto 1.2).

    Inoltre “a tutti i cittadini di paese terzo che lo desiderano deve essere data la possibilità di chiedere asilo/protezione internazionale alla frontiera (anche nelle zone di transito aeroportuali e portuali). A tal fine, le autorità di frontiera devono informare i richiedenti, in una lingua che possa essere da loro sufficientemente compresa, delle procedure da seguire” (Manuale punto 10.2). La rotta balcanica e i confini tra i diversi Stati, da sempre, ma in particolare dal 2018, sono segnati da inenarrabili violenze, illegalità e soprusi condotti dalle polizie dei diversi Stati coinvolti (a volte si tratta di uomini in divisa, altre volte mascherati, ma comunque operanti sempre all’interno di un preciso mandato). I rapporti su queste violenze sono scioccanti e sono così numerosi da riempire un’intera biblioteca; si tratta di violenze ed illegalità avvenute sia ai confini interni dell’Unione Europea che ai confini esterni della stessa. Una situazione che rappresenta, insieme alle violenze attuate sul confine polacco-bielorusso, una delle pagine più oscure dell’Europa. Uno dei luoghi caratterizzati da maggiori violenze è il confine della Croazia con la Bosnia dove i respingimenti arbitrari, uniti ad efferate violenze non sono mai cessati. Secondo il rapporto Trattati come animali – Respingimenti di persone in cerca di protezione dalla Croazia in Bosnia Erzegovina, edito nel maggio 2023 a cura di Human Rights Watch (H.C.R.) una delle più autorevoli organizzazioni di tutela dei diritti umani a livello internazionale, i respingimenti illegittimi e le violenze, anche efferate, da parte della polizia croata, solo nel 2022, hanno riguardato quasi 30.000 persone, e sono proseguiti nel 2023.

    Il Rapporto evidenzia che “Le forze di polizia conducono spesso i respingimenti in modo violento, rendendosi responsabili di lesioni fisiche e umiliazioni deliberate”. Inoltre “secondo la maggior parte delle testimonianze raccolte da HRW, i poliziotti croati indossano le uniformi, guidano mezzi della polizia e si identificano come agenti per non lasciare alcun dubbio sull’ufficialità del loro ruolo”. Si tratta dunque di una pratica di esplicita deterrenza condotta verso persone inermi che stanno esclusivamente tentando di esercitare il loro diritto a chiedere asilo. “Molti bambini hanno dovuto assistere mentre i loro padri, fratelli maggiori o parenti venivano picchiati, o manganellati o presi a spintoni”, prosegue il Rapporto. La Slovenia non sfugge alla censura operata dalla citata organizzazione internazionale giacché il Rapporto osserva come “in base all’accordo di riammissione tra Slovenia e Croazia, la polizia slovena invia sommariamente i migranti irregolari che sono entrati nel paese passando dalla Croazia, indipendentemente dal fatto che abbiano chiesto asilo in Slovenia. A loro volta le autorità croate generalmente si affrettano a trasferirli in Bosnia o Serbia”.

    Al drammatico Rapporto di H.R.W. si aggiungono i dati diffusi dal Centro per la Pace di Zagabria che da anni svolge un attento lavoro di monitoraggio della situazione del rispetto della legalità in Croazia, secondo cui nel solo mese di luglio 2023 sono stati respinti illegalmente dalla Croazia alla Bosnia 673 persone, tra cui 43 bambini. 369 di essi erano afgani, con tutta evidenza rifugiati. Il 95% delle persone respinte ha subito trattamenti inumani e degradanti tassativamente proibiti dall’art. 3 della CEDU (Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo) mentre l’81% ha subito il furto dei propri averi e la distruzione delle proprie cose. E’ in questi cupi contesti che il ministro Piantedosi vorrebbe organizzare le “brigate”? Vuole forse trascinare la polizia italiana in inaccettabili contesti di violenza di cui essere spettatore inerme oppure complice? Confida nella collaborazione della piccola Slovenia, paese cuscinetto, nel realizzare una più respingimenti a catena? Un monitoraggio su quanto rischia di accadere al nostro tormentato confine orientale, da parte di enti di tutela ed organizzazioni internazionali, nonché da parte del Parlamento, è divenuto indispensabile ed urgente.

    https://www.unita.it/2023/11/07/rotta-balcanica-piantedosi-lancia-le-brigate-antimigranti
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  • Al Brennero profilazione razziale e respingimenti, mentre l’Austria ripropone la costruzione di una barriera

    Il passo del Brennero, 1372 metri sul livello del mare, è una delle località più fredde del territorio altoatesino, ma già da settimane è quasi sgombro di neve, segnale inequivocabile del repentino cambiamento climatico in atto.

    La zona di confine, sebbene possa sembrare una frontiera come tante in Europa, non lo è. Da ormai diversi anni, il passaggio di persone è altamente monitorato. Ogni treno che transita per il confine viene fermato per almeno 20 minuti e ispezionato da cima a fondo da forze di polizia in uniforme, in borghese e da militari, sia austriache e sia italiane a seconda della provenienza del treno, in cerca degli “irregolari”. Diverse testimonianze confermano che anche altri mezzi pubblici, come gli autobus delle compagnie private tipo Flixbus, vengono controllati regolarmente. Una vera e propria caccia all’essere umano svolta con un solo criterio: la profilazione razziale.

    Questo modus operandi vietato dalle convenzioni internazionali, ma ben radicato nelle prassi quotidiane di controllo dei confini, costringe le persone a scegliere percorsi sempre più impervi per riuscire a oltrepassarlo: ricordiamo quanto accaduto il 18 dicembre del 2021 a Mohamed Basser e Mostapha Zahrakame, morti travolti lungi i binari del treno mentre cercavano di evitare a piedi questo imponente dispiegamento di forze. Nel 2022 sono state fermate 949 persone migranti in posizione irregolare tra il valico del Tarvisio e del Brennero. Il numero delle persone controllate, secondo i dati della polizia ferroviaria, è di 4.474.

    Difficile avere i numeri di quanti sono stati complessivamente i respingimenti nell’uno e nell’altro verso perché è ormai appurato che la buona parte di questi avvengono senza il rilascio di un provvedimento scritto, in modo del tutto illegittimo. Dopo un’istanza di accesso civico di Altreconomia 1, il ministero dell’Interno ha comunicato alla rivista le cifre riguardanti il periodo gennaio-metà novembre 2022. “In questo lasso di tempo – secondo i parziali dati ottenuti, privi di qualsiasi dettaglio rispetto allo specifico punto di frontiera – l’Italia avrebbe “riammesso” attivamente 2.418 persone: 1.080 verso la Francia, 883 in Austria, 410 in Svizzera e 45 in Slovenia. I dieci Paesi di provenienza più rappresentativi (che sommati superano il 50% dei casi a fronte di 77 nazionalità registrate) sono Pakistan, Marocco, Tunisia, Egitto, Nigeria, Algeria, Afghanistan, India e Bangladesh”.

    Il giornalista Duccio Facchini spiega poi che è stato negato l’accesso agli accordi di riammissione “per via del possibile “pregiudizio” alla “integrità dei rapporti internazionali del nostro Paese con la Slovenia e con l’Austria. La cortina fumogena fa parte della strategia”. Sulle “riammissioni passive”, l’Austria ha riammesso solo 497 persone, con “dati talmente bassi – sottolinea Facchini – da farli apparire quasi delle comparse inerti. In realtà anche questi numeri, come quelli delle riammissioni attive, vanno letti con estrema attenzione”.

    Al Brennero, oltre alle forze di polizia, è ancora presente un presidio permanente di Volontarius, una organizzazione di volontariato finanziata dalla Provincia Autonoma di Bolzano. Gli operatori e i mediatori offrono informazioni basilari e, quando necessario, indirizzano le persone respinte verso l’Italia alle strutture di accoglienza a Bolzano. L’organizzazione gestisce una struttura al confine relativamente grande, che è dedicata all’accoglienza di famiglie e minori. Il personale cerca di assicurarsi che nessuno dorma fuori la notte, anche se la struttura viene chiusa alle ore 23 e durante le ore notturne non ci sono possibilità di venire accolti. Assente qualsiasi attività di consulenza legale e di prevenzione di prassi illegittime.

    In questi mesi abbiamo notato come la celerità delle forze di Polizia nella localizzazione di persone sul treno sia aumentata. La cosa è talmente evidente che presumiamo una possibile collaborazione del personale ferroviario nell’identificazione degli “irregolari”. Un altro elemento di novità, che però nel biennio 2016-2017 era considerato una normalità, è la presenza di forze di polizia austriache in Italia. Sembra che in quest’ultimo periodo sia ricominciata una “collaborazione” tra le due forze di polizie, ma potrebbe essere che quella austriaca controlli l’operato di quella italiana, un po’ come successo anni addietro 2. Una situazione alquanto paradossale considerata la retorica sovranista di chi siede al governo a Roma. Non sembra invece esserci una presenza rilevata, almeno nelle nostre azioni di monitoraggio, di polizia Italiana nel primo tratto di confine austriaco o alla stazione di Gries am Brenner.

    Del resto il dibattito in Austria sta assumendo toni nuovamente allarmistici: “Abbiamo bisogno di barriere efficaci che devono essere molto alte, andare in profondità nel terreno ed essere costantemente monitorate, tecnicamente e personalmente. Solo così si può contenere l’immigrazione clandestina“. Sono infatti queste le frasi ad effetto del cancelliere austriaco Karl Nehammer in un’intervista al quotidiano tedesco ‘Bild’ del 18 marzo.

    Nehammer ha detto che vuole una recinzione simile a quella tra Stati Uniti e Messico aggiungendo che il capo della polizia federale si è recato su quel confine per “vedere quali misure stanno funzionando. Il nostro obiettivo è condividere questa conoscenza con altri Paesi dell’Ue come la Bulgaria al fine di migliorare la nostra protezione delle frontiere dell’Ue“. Chissà se il capo della polizia austriaca avrà anche chiesto come funzionano i centri detentivi negli Stati messicani a ridosso del confine?

    Ha poi sostenuto che lo sviluppo dell’immigrazione è “decisamente drammatico, solo in Iran ci sono tre milioni di afgani che vogliono andare in Europa e a questo si aggiunge la situazione nell’area terremotata in Turchia e nel nord della Siria, dove vivono più di un milione di profughi siriani che ora hanno perso di nuovo tutto“. Infine, parlando delle procedure di asilo, ha detto che “l’Ue è sinonimo di rispetto dei diritti umani ma bisogna evitare che si attraversino più Paesi sicuri per poi chiedere asilo nei Paesi con i migliori sistemi sociali“.

    Seppur contenuto, quello del Brennero è un transito costante, inesorabile, che viene percorso nei due sensi da diverse tipologie di persone. Dall’Italia all’Austria, abbiamo conosciuto persone provenienti dalla Rotta balcanica, che vogliono proseguire il loro viaggio verso i Paesi nord europei; persone registrate al primo ingresso in Italia, ma che vorrebbero raggiungere amici, parenti o semplicemente vivere in altri paesi nordeuropei, i cosiddetti “dublinati”.

    Ci sono persone che hanno una vita stabile soprattutto in Paesi scandinavi e che cercano di tornare in Italia solo per rinnovare i documenti, ma che spesso si ritrovano bloccati nell’impossibilità di fare rientro in Italia, oppure nel viaggio di ritorno, a causa di un respingimento.

    Ci sono persone che dall’Austria o dalla Germania vengono in Italia a causa di richieste d’asilo negate. Molti afgani o iraniani raccontano questa storia, per esempio. Ci dicono che nemmeno con l’arrivo dei talebani i due Paesi hanno cambiato la loro politica in materia di asilo e che non sempre rinnovano la protezione. Dopo una permanenza più o meno lunga, sono costretti ad andarsene e una volta arrivati in Italia si stabiliscono in Alto Adige sapendo già il tedesco.

    Persone che vengono continuamente criminalizzate dalle politiche europee, i cui basilari diritti e l’accesso a una vita dignitosa vengono costantemente calpestati e negati. Non è sufficiente che a Vienna, Berlino o Bruxelles si indignino di fronte ai regimi autoritari e alle condizioni di repressione e assenza dei diritti umani, se poi non viene data protezione e libertà di muoversi a chi scappa da quei paesi. Dobbiamo prendere atto che questa indignazione e questo sgomento serve solo a dare una parvenza di umanità e democrazia alla comunità Europea e ai paesi che ne fanno parte, che sempre meno si traduce in fatti.

    Persone che versano in condizioni di estrema repressione, spesso private di diritti umani nei loro paesi di origine, arrivano in una Unione europea che invece di conferire loro dignità, le criminalizza e le priva dei diritti fondamentali attuando percorsi burocratici impossibili e regole ingiuste.

    Le parole del cancelliere austriaco sono di fatto quello che pensano gli altri leader europei: siamo solidali purché poi non veniate qua, e se proprio non siete affogati o respinti dalle polizie che lautamente finanziamo nei paesi extra Ue, potete rimanere purché stiate nel paese limitrofo al mio!

    1. Dati riportati nel numero di febbraio 2023 di Altreconomia.
    2. https://www.aduc.it/articolo/scorta+trilaterale+poliziotti+al+brennero_24356.php

    https://www.meltingpot.org/2023/03/al-brennero-profilazione-razziale-e-respingimenti-mentre-laustria-riprop

    #frontière_sud-alpine #Alpes #frontières #migrations #Autriche #Italie #Brenner #profilage_racial #asile #réfugiés #push-backs #refoulements #chiffres #statistiques #réadmissions #réadmissions_passives #Volontarius #patrouilles_mixtes #murs #barrières_frontalières

  • Schengen : de nouvelles règles pour rendre l’espace sans contrôles aux #frontières_intérieures plus résilient

    La Commission propose aujourd’hui des règles actualisées pour renforcer la gouvernance de l’espace Schengen. Les modifications ciblées renforceront la coordination au niveau de l’UE et offriront aux États membres des outils améliorés pour faire face aux difficultés qui surviennent dans la gestion tant des frontières extérieures communes de l’UE que des frontières intérieures au sein de l’espace Schengen. L’actualisation des règles vise à faire en sorte que la réintroduction des #contrôles_aux_frontières_intérieures demeure une mesure de dernier recours. Les nouvelles règles créent également des outils communs pour gérer plus efficacement les frontières extérieures en cas de crise de santé publique, grâce aux enseignements tirés de la pandémie de COVID-19. L’#instrumentalisation des migrants est également prise en compte dans cette mise à jour des règles de Schengen, ainsi que dans une proposition parallèle portant sur les mesures que les États membres pourront prendre dans les domaines de l’asile et du retour dans une telle situation.

    Margaritis Schinas, vice-président chargé de la promotion de notre mode de vie européen, s’est exprimé en ces termes : « La crise des réfugiés de 2015, la vague d’attentats terroristes sur le sol européen et la pandémie de COVID-19 ont mis l’espace Schengen à rude épreuve. Il est de notre responsabilité de renforcer la gouvernance de Schengen et de faire en sorte que les États membres soient équipés pour offrir une réaction rapide, coordonnée et européenne en cas de crise, y compris lorsque des migrants sont instrumentalisés. Grâce aux propositions présentées aujourd’hui, nous fortifierons ce “joyau” si emblématique de notre mode de vie européen. »

    Ylva Johansson, commissaire aux affaires intérieures, a quant à elle déclaré : « La pandémie a montré très clairement que l’espace Schengen est essentiel pour nos économies et nos sociétés. Grâce aux propositions présentées aujourd’hui, nous ferons en sorte que les contrôles aux frontières ne soient rétablis qu’en dernier recours, sur la base d’une évaluation commune et uniquement pour la durée nécessaire. Nous dotons les États membres des outils leur permettant de relever les défis auxquels ils sont confrontés. Et nous veillons également à gérer ensemble les frontières extérieures de l’UE, y compris dans les situations où les migrants sont instrumentalisés à des fins politiques. »

    Réaction coordonnée aux menaces communes

    La proposition de modification du code frontières Schengen vise à tirer les leçons de la pandémie de COVID-19 et à garantir la mise en place de mécanismes de coordination solides pour faire face aux menaces sanitaires. Les règles actualisées permettront au Conseil d’adopter rapidement des règles contraignantes fixant des restrictions temporaires des déplacements aux frontières extérieures en cas de menace pour la santé publique. Des dérogations seront prévues, y compris pour les voyageurs essentiels ainsi que pour les citoyens et résidents de l’Union. L’application uniforme des restrictions en matière de déplacements sera ainsi garantie, en s’appuyant sur l’expérience acquise ces dernières années.

    Les règles comprennent également un nouveau mécanisme de sauvegarde de Schengen destiné à générer une réaction commune aux frontières intérieures en cas de menaces touchant la majorité des États membres, par exemple des menaces sanitaires ou d’autres menaces pour la sécurité intérieure et l’ordre public. Grâce à ce mécanisme, qui complète le mécanisme applicable en cas de manquements aux frontières extérieures, les vérifications aux frontières intérieures dans la majorité des États membres pourraient être autorisées par une décision du Conseil en cas de menace commune. Une telle décision devrait également définir des mesures atténuant les effets négatifs des contrôles.

    De nouvelles règles visant à promouvoir des alternatives effectives aux vérifications aux frontières intérieures

    La proposition vise à promouvoir le recours à d’autres mesures que les contrôles aux frontières intérieures et à faire en sorte que, lorsqu’ils sont nécessaires, les contrôles aux frontières intérieures restent une mesure de dernier recours. Ces mesures sont les suivantes :

    - Une procédure plus structurée pour toute réintroduction des contrôles aux frontières intérieures, comportant davantage de garanties : Actuellement, tout État membre qui décide de réintroduire des contrôles doit évaluer le caractère adéquat de cette réintroduction et son incidence probable sur la libre circulation des personnes. En application des nouvelles règles, il devra en outre évaluer l’impact sur les régions frontalières. Par ailleurs, tout État membre envisageant de prolonger les contrôles en réaction à des menaces prévisibles devrait d’abord évaluer si d’autres mesures, telles que des contrôles de police ciblés et une coopération policière renforcée, pourraient être plus adéquates. Une évaluation des risques devrait être fournie pour ce qui concerne les prolongations de plus de 6 mois. Lorsque des contrôles intérieurs auront été rétablis depuis 18 mois, la Commission devra émettre un avis sur leur caractère proportionné et sur leur nécessité. Dans tous les cas, les contrôles temporaires aux frontières ne devraient pas excéder une durée totale de 2 ans, sauf dans des circonstances très particulières. Il sera ainsi fait en sorte que les contrôles aux frontières intérieures restent une mesure de dernier recours et ne durent que le temps strictement nécessaire.
    – Promouvoir le recours à d’autres mesures : Conformément au nouveau code de coopération policière de l’UE, proposé par la Commission le 8 décembre 2021, les nouvelles règles de Schengen encouragent le recours à des alternatives effectives aux contrôles aux frontières intérieures, sous la forme de contrôles de police renforcés et plus opérationnels dans les régions frontalières, en précisant qu’elles ne sont pas équivalentes aux contrôles aux frontières.
    - Limiter les répercussions des contrôles aux frontières intérieures sur les régions frontalières : Eu égard aux enseignements tirés de la pandémie, qui a grippé les chaînes d’approvisionnement, les États membres rétablissant des contrôles devraient prendre des mesures pour limiter les répercussions négatives sur les régions frontalières et le marché intérieur. Il pourra s’agir notamment de faciliter le franchissement d’une frontière pour les travailleurs frontaliers et d’établir des voies réservées pour garantir un transit fluide des marchandises essentielles.
    - Lutter contre les déplacements non autorisés au sein de l’espace Schengen : Afin de lutter contre le phénomène de faible ampleur mais constant des déplacements non autorisés, les nouvelles règles créeront une nouvelle procédure pour contrer ce phénomène au moyen d’opérations de police conjointes et permettre aux États membres de réviser ou de conclure de nouveaux accords bilatéraux de réadmission entre eux. Ces mesures complètent celles proposées dans le cadre du nouveau pacte sur la migration et l’asile, en particulier le cadre de solidarité contraignant, et doivent être envisagées en liaison avec elles.

    Aider les États membres à gérer les situations d’instrumentalisation des flux migratoires

    Les règles de Schengen révisées reconnaissent l’importance du rôle que jouent les États membres aux frontières extérieures pour le compte de tous les États membres et de l’Union dans son ensemble. Elles prévoient de nouvelles mesures que les États membres pourront prendre pour gérer efficacement les frontières extérieures de l’UE en cas d’instrumentalisation de migrants à des fins politiques. Ces mesures consistent notamment à limiter le nombre de points de passage frontaliers et à intensifier la surveillance des frontières.

    La Commission propose en outre des mesures supplémentaires dans le cadre des règles de l’UE en matière d’asile et de retour afin de préciser les modalités de réaction des États membres en pareilles situations, dans le strict respect des droits fondamentaux. Ces mesures comprennent notamment la possibilité de prolonger le délai d’enregistrement des demandes d’asile jusqu’à 4 semaines et d’examiner toutes les demandes d’asile à la frontière, sauf en ce qui concerne les cas médicaux. Il convient de continuer à garantir un accès effectif à la procédure d’asile, et les États membres devraient permettre l’accès des organisations humanitaires qui fournissent une aide. Les États membres auront également la possibilité de mettre en place une procédure d’urgence pour la gestion des retours. Enfin, sur demande, les agences de l’UE (Agence de l’UE pour l’asile, Frontex, Europol) devraient apporter en priorité un soutien opérationnel à l’État membre concerné.

    Prochaines étapes

    Il appartient à présent au Parlement européen et au Conseil d’examiner et d’adopter les deux propositions.

    Contexte

    L’espace Schengen compte plus de 420 millions de personnes dans 26 pays. La suppression des contrôles aux frontières intérieures entre les États Schengen fait partie intégrante du mode de vie européen : près de 1,7 million de personnes résident dans un État Schengen et travaillent dans un autre. Les personnes ont bâti leur vie autour des libertés offertes par l’espace Schengen, et 3,5 millions d’entre elles se déplacent chaque jour entre des États Schengen.

    Afin de renforcer la résilience de l’espace Schengen face aux menaces graves et d’adapter les règles de Schengen aux défis en constante évolution, la Commission a annoncé, dans son nouveau pacte sur la migration et l’asile présenté en septembre 2020, ainsi que dans la stratégie de juin 2021 pour un espace Schengen pleinement opérationnel et résilient, qu’elle proposerait une révision du code frontières Schengen. Dans son discours sur l’état de l’Union de 2021, la présidente von der Leyen a également annoncé de nouvelles mesures pour contrer l’instrumentalisation des migrants à des fins politiques et pour assurer l’unité dans la gestion des frontières extérieures de l’UE.

    Les propositions présentées ce jour viennent s’ajouter aux travaux en cours visant à améliorer le fonctionnement global et la gouvernance de Schengen dans le cadre de la stratégie pour un espace Schengen plus fort et plus résilient. Afin de favoriser le dialogue politique visant à relever les défis communs, la Commission organise régulièrement des forums Schengen réunissant des membres du Parlement européen et les ministres de l’intérieur. À l’appui de ces discussions, la Commission présentera chaque année un rapport sur l’état de Schengen résumant la situation en ce qui concerne l’absence de contrôles aux frontières intérieures, les résultats des évaluations de Schengen et l’état d’avancement de la mise en œuvre des recommandations. Cela contribuera également à aider les États membres à relever tous les défis auxquels ils pourraient être confrontés. La proposition de révision du mécanisme d’évaluation et de contrôle de Schengen, actuellement en cours d’examen au Parlement européen et au Conseil, contribuera à renforcer la confiance commune dans la mise en œuvre des règles de Schengen. Le 8 décembre, la Commission a également proposé un code de coopération policière de l’UE destiné à renforcer la coopération des services répressifs entre les États membres, qui constitue un moyen efficace de faire face aux menaces pesant sur la sécurité dans l’espace Schengen et contribuera à la préservation d’un espace sans contrôles aux frontières intérieures.

    La proposition de révision du code frontières Schengen qui est présentée ce jour fait suite à des consultations étroites auprès des membres du Parlement européen et des ministres de l’intérieur réunis au sein du forum Schengen.

    Pour en savoir plus

    Documents législatifs :

    – Proposition de règlement modifiant le régime de franchissement des frontières par les personnes : https://ec.europa.eu/home-affairs/proposal-regulation-rules-governing-movement-persons-across-borders-com-20

    – Proposition de règlement visant à faire face aux situations d’instrumentalisation dans le domaine de la migration et de l’asile : https://ec.europa.eu/home-affairs/proposal-regulation-situations-instrumentalisation-field-migration-and-asy

    – Questions-réponses : https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/qanda_21_6822

    – Fiche d’information : https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/fs_21_6838

    https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/fr/ip_21_6821

    #Schengen #Espace_Schengen #frontières #frontières_internes #résilience #contrôles_frontaliers #migrations #réfugiés #asile #crise #pandémie #covid-19 #coronavirus #crise_sanitaire #code_Schengen #code_frontières_Schengen #menace_sanitaire #frontières_extérieures #mobilité #restrictions #déplacements #ordre_public #sécurité #sécurité_intérieure #menace_commune #vérifications #coopération_policière #contrôles_temporaires #temporaire #dernier_recours #régions_frontalières #marchandises #voies_réservées #déplacements_non_autorisés #opérations_de_police_conjointes #pacte #surveillance #surveillance_frontalière #points_de_passage #Frontex #Europol #soutien_opérationnel

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    Ajouté dans la métaliste sur les #patrouilles_mixtes ce paragraphe :

    « Lutter contre les déplacements non autorisés au sein de l’espace Schengen : Afin de lutter contre le phénomène de faible ampleur mais constant des déplacements non autorisés, les nouvelles règles créeront une nouvelle procédure pour contrer ce phénomène au moyen d’opérations de police conjointes et permettre aux États membres de réviser ou de conclure de nouveaux accords bilatéraux de réadmission entre eux. Ces mesures complètent celles proposées dans le cadre du nouveau pacte sur la migration et l’asile, en particulier le cadre de solidarité contraignant, et doivent être envisagées en liaison avec elles. »

    https://seenthis.net/messages/910352

    • La Commission européenne propose de réformer les règles de Schengen pour préserver la #libre_circulation

      Elle veut favoriser la coordination entre États membres et adapter le code Schengen aux nouveaux défis que sont les crise sanitaires et l’instrumentalisation de la migration par des pays tiers.

      Ces dernières années, les attaques terroristes, les mouvements migratoires et la pandémie de Covid-19 ont ébranlé le principe de libre circulation en vigueur au sein de l’espace Schengen. Pour faire face à ces événements et phénomènes, les pays Schengen (vingt-deux pays de l’Union européenne et la Suisse, le Liechtenstein, la Norvège et l’Islande) ont réintroduit plus souvent qu’à leur tour des contrôles aux frontières internes de la zone, en ordre dispersé, souvent, et, dans le cas de l’Allemagne, de l’Autriche, de la France, du Danemark, de la Norvège et de la Suède, de manière « provisoirement permanente ».
      Consciente des risques qui pèsent sur le principe de libre circulation, grâce à laquelle 3,5 millions de personnes passent quotidiennement d’un État membre à l’autre, sans contrôle, la Commission européenne a proposé mardi de revoir les règles du Code Schengen pour les adapter aux nouveaux défis. « Nous devons faire en sorte que la fermeture des frontières intérieures soit un ultime recours », a déclaré le vice-président de la Commission en charge de la Promotion du mode de vie européen, Margaritis Schinas.
      Plus de coordination entre États membres

      Pour éviter le chaos connu au début de la pandémie, la Commission propose de revoir la procédure en vertu de laquelle un État membre peut réintroduire des contrôles aux frontières internes de Schengen. Pour les événements « imprévisibles », les contrôles aux frontières pourraient être instaurés pour une période de trente jours, extensibles jusqu’à trois mois (contre dix jours et deux mois actuellement) ; pour les événements prévisibles, elle propose des périodes renouvelables de six mois jusqu’à un maximum de deux ans… ou plus si les circonstances l’exigent. Les États membres devraient évaluer l’impact de ces mesures sur les régions frontalières et tenter de le minimiser - pour les travailleurs frontaliers, au nombre de 1,7 million dans l’Union, et le transit de marchandises essentielle, par exemple - et et envisager des mesures alternatives, comme des contrôles de police ciblés ou une coopération policière transfrontalières.
      Au bout de dix-huit mois, la Commission émettrait un avis sur la nécessité et la proportionnalité de ces mesures.
      De nouvelles règles pour empêcher les migrations secondaires

      L’exécutif européen propose aussi d’établir un cadre légal, actuellement inexistant, pour lutter contre les « migrations secondaires ». L’objectif est de faire en sorte qu’une personne en situation irrégulière dans l’UE qui traverse une frontière interne puisse être renvoyée dans l’État d’où elle vient. Une mesure de nature à satisfaire les pays du Nord, dont la Belgique, qui se plaignent de voir arriver ou transiter sur leur territoire des migrants n’ayant pas déposé de demandes d’asile dans leur pays de « première entrée », souvent situé au sud de l’Europe. La procédure réclame des opérations de police conjointes et des accords de réadmission entre États membres. « Notre réponse la plus systémique serait un accord sur le paquet migratoire », proposé par la Commission en septembre 2020, a cependant insisté le vice-président Schengen. Mais les États membres ne sont pas en mesure de trouver de compromis, en raison de positions trop divergentes.
      L’Europe doit se préparer à de nouvelles instrumentalisations de la migration

      La Commission veut aussi apporter une réponse à l’instrumentalisation de la migration telle que celle pratiquée par la Biélorussie, qui a fait venir des migrants sur son sol pour les envoyer vers la Pologne et les États baltes afin de faire pression sur les Vingt-sept. La Commission veut définir la façon dont les États membres peuvent renforcer la surveillance de leur frontière, limiter les points d’accès à leur territoire, faire appel à la solidarité européenne, tout en respectant les droits fondamentaux des migrants.
      Actuellement, « la Commission peut seulement faire des recommandations qui, si elles sont adoptées par le Conseil, ne sont pas toujours suivies d’effet », constate la commissaire aux Affaires intérieures Ylva Johansson.
      Pour faire face à l’afflux migratoire venu de Biélorussie, la Pologne avait notamment pratiqué le refoulement, contraire aux règles européennes en matière d’asile, sans que l’on donne l’impression de s’en émouvoir à Bruxelles et dans les autres capitales de l’Union. Pour éviter que cela se reproduise, la Commission propose des mesures garantissant la possibilité de demander l’asile, notamment en étendant à quatre semaines la période pour qu’une demande soit enregistrée et traitée. Les demandes pourront être examinée à la frontière, ce qui implique que l’État membre concerné devrait donner l’accès aux zones frontalières aux organisations humanitaires.

      La présidence française du Conseil, qui a fait de la réforme de Schengen une de ses priorités, va essayer de faire progresser le paquet législatif dans les six mois qui viennent. « Ces mesures constituent une ensemble nécessaire et robuste, qui devrait permettre de préserver Schengen intact », a assuré le vice-président Schinas. Non sans souligner que la solution systémique et permanente pour assurer un traitement harmonisé de l’asile et de la migration réside dans le pacte migratoire déposé en 2020 par la Commission et sur lequel les États membres sont actuellement incapables de trouver un compromis, en raison de leurs profondes divergences sur ces questions.

      https://www.lalibre.be/international/europe/2021/12/14/face-aux-risques-qui-pesent-sur-la-libre-circulation-la-commission-europeenn
      #réforme

  • L’#Allemagne propose à la #Pologne des #patrouilles_conjointes

    L’Allemagne a proposé à la Pologne un renforcement des patrouilles conjointes à la frontière entre les deux pays. Cela pour faire face au nombre croissant de migrants qui y arrivent après être passés par le Bélarus.

    La présence des forces frontalières devrait être « sensiblement » accrue, a estimé le ministre allemand de l’Intérieur #Horst_Seehofer dans une lettre à son homologue polonais #Mariusz_Kaminski vue mardi par l’AFP.

    M. Seehofer s’est dit « préoccupé » par la hausse de l’afflux de migrants notamment en provenance « du Proche et du Moyen-Orient » passant par le #Bélarus et arrivant en Pologne puis en Allemagne.

    Le ministre allemand a proposé « d’accroître la proportion des forces de la police fédérale allemande » qui participent aux patrouilles conjointes, laissant aux forces polonaises le soin de gérer les migrants qui traversent la frontière directement en provenance du Bélarus.
    Frontex

    M. Seehofer a également proposé de faire appel à l’agence européenne de protection des frontières Frontex pour bénéficier de son aide.

    Selon des chiffres du ministère allemand de l’Intérieur rendus publics lundi, quelque 4500 personnes ont traversé depuis août la frontière entre la Pologne et l’Allemagne sans document les y autorisant.

    La Pologne a de son côté déployé 6000 soldats le long de la frontière avec le Bélarus pour tenter de stopper l’afflux de migrants, a déclaré mardi le ministre de la Défense Mariusz Blaszczak.
    Représailles de Minsk

    L’UE accuse le président du Bélarus Alexandre Loukachenko de faire venir des migrants du Moyen-Orient et d’Afrique à Minsk puis de leur faire passer les frontières de la Lituanie, de la Lettonie et de la Pologne en représailles des sanctions économiques et individuelles adoptées par l’UE.

    L’arrivée massive de migrants traversant illégalement la frontière orientale de l’UE avec le Bélarus a pris de court des pays qui ne sont pas habitués à gérer un afflux massif de clandestins.

    La Pologne a été accusée par les ONG humanitaires de pratiquer des refoulements de migrants à la frontière avec le Bélarus. M. Seehofer abordera ce sujet mercredi à une réunion du gouvernement.

    https://www.bluewin.ch/fr/infos/international/l-allemagne-propose-la-pologne-des-patrouilles-conjointes-930954.html

    #patrouilles_mixtes #asile #migrations #réfugiés #Balkans #frontières #contrôles_frontaliers #Biélorussie

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    ajouté à la métaliste sur les patrouilles mixtes :
    https://seenthis.net/messages/910352

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    voir aussi la métaliste sur la situation à la frontière entre la #Pologne et la #Biélorussie (2021) :
    https://seenthis.net/messages/935860

    • à propos des refoulements à la frontière Polonaise, voir le message passé sur la newsletter d’octobre de Tous migrants :
      https://tousmigrants.weebly.com/octobre-20211.html

      Le même jour, nous recevons un appel de détresse sur Facebook d’un exilé coincé à la frontière entre la Biélorussie et la Pologne. Depuis plusieurs semaines, des personnes sont prises en étau dans la zone frontalière entre les deux pays, privés d’assistance et sans aucune issue[1]. L’Union européenne et la Pologne accusent Minsk d’orchestrer l’arrivée des personnes migrantes en réaction aux sanctions économiques infligées au pays au mois de juin. Cette instrumentalisation des flux migratoires menace la vie d’au moins 180 personnes, dont 26 enfants (selon l’ONG Watch the Med) et certaines sont déjà mortes. Comment l’Union européenne peut-elle tolérer que des humains meurent à sa frontière, sans agir ? Comment est-ce possible qu’un homme désespéré qui se trouve de l’autre côté de l’Europe à des milliers de kilomètres de nous, nous interpelle directement ?

      « Bonjour ! Nous vous écrivons via ce canal car nous sommes en situations de détresses. Nous sommes plus de 4000 migrant présentement coincés dans la frontière de la Pologne sans issu. Nous sommes sans secours, abandonnés à notre propre sort, en pleine forêt, sans nourriture, et sans aide d’aucune forme. Nous comptons déjà des morts dans nos rangs. Sans aucune aide nous allons tous périr. De grâce portez notre message de désespoir plus haut afin que l’union européenne soit au courant de ce qui se passe ici. Les journalistes n’ont pas accès, ni les médias et ONG. Les militaires polonais récupèrent nos téléphones et nous rejettent à la zone neutre sans secours et en pleine nuit sous le froid. Svp aidez-nous nous périssons à petit feu. »

      #Pologne #Frontex #Biélorussie

  • Accordo Italia-Slovenia sui controlli al confine : “guai” a essere trasparenti

    Il ministero dell’Interno si rifiuta di fornire i dettagli della cooperazione tra le forze di polizia di Roma e Lubiana sui pattugliamenti lungo il confine ripresi a fine luglio. Il vero scopo dell’attività resta così poco chiaro. Intanto il governo sloveno acquista 55 droni per sorvegliare le frontiere

    Il “delicato momento nella gestione delle frontiere interne all’Unione europea” giustifica la mancanza di trasparenza. Resta così opaco il mandato dei pattugliamenti misti lungo il confine italo-sloveni, ripresi il 30 luglio 2021, rispetto a cui non è possibile conoscere né il #protocollo_di_intesa su cui si basano né le indicazioni operative date alle forze di polizia italiana. La Direzione centrale dell’immigrazione e della polizia delle frontiere, braccio operativo del ministero dell’Interno, non ha infatti dato seguito alla richiesta, avanzata tramite accesso civico, con cui Altreconomia aveva chiesto conto dello stato dell’arte della cooperazione tra le autorità di Roma e Lubjana. Un buio preoccupante soprattutto in vista delle ripercussioni sui diritti delle persone in transito sulla rotta balcanica che presumibilmente aumenteranno in relazione alla drammatica situazione afghana.

    La risposta della Direzione non aggiunge molto a quanto già annunciato. “Dopo un lungo periodo di sospensione dovuto alla pandemia da Covid-19 per la ripresa dei servizi misti è stato stipulato un apposito protocollo d’intesa che è stato sottoscritto dai direttori dei Servizi di Polizia di frontiera italiano e Sloveno” si legge. L’accordo, sottoscritto il 15 luglio a Roma e il 21 luglio a Lubjana, prevede pattuglie miste composte da “personale del Paese ospitante e personale della forza di Polizia dell’altro Paese” che coprono il territorio “lungo la comune fascia confinaria tra i due Paesi” con lo scopo di potenziare l’attività di vigilanza al fine “di contrastare in maniera più efficace la criminalità transfrontaliera, con particolare riferimento all’attività di favoreggiamento dell’immigrazione irregolare”. Come detto, la Direzione non ha fornito copia del protocollo di intesa sottolineando che non è possibile renderlo noto in quanto minerebbe la tutela della sicurezza, dell’ordine pubblico e alle relazioni internazionali che l’Italia intrattiene con i Paesi terzi. Aggiungendo poi che “l’attuale delicato momento nella gestione delle frontiere interne all’Unione europea non consente la divulgazione di accordi di cooperazione che disciplinano i controlli che vengono effettuati alle frontiere terrestri e i controlli di ‘#retrovalico’ concordati con i Paesi confinanti senza ledere la riservatezza che deve caratterizzare tutte le attività bilaterali internazionali dello Stato italiano nei settori amministrativi interessanti e soprattutto nel settore involgente attività di ‘ordine e sicurezza pubblica”.

    Viene sottolineato come il “contenuto dei documenti richiesti contiene informazioni che attengono ad interlocuzioni intercorsi tra l’autorità politica nazionale e l’omologo sloveno dettagliando informazioni concernenti l’organizzazione e il funzionamento dei servizi di polizia finalizzati al contrasto dell’immigrazione illegale nonché relative ai contingenti delle forze armate a disposizione delle autorità provinciali di pubblica sicurezza per i controlli nelle zone confinarie”. Merita attenzione la definizione di “contrasto dell’immigrazione illegale”. “Il pattugliamento congiunto ha una efficacia non solo minima ma persino risibile rispetto all’obiettivo annunciato di contrasto alle organizzazioni criminali –ha scritto a inizio agosto Gianfranco Schiavone, membro dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (asgi.it)-. Sui sassosi sentieri del Carso non si incontrano i vertici ma neppure i quadri intermedi e neppure quelli bassi e persino bassissimi di tali organizzazioni ma solo persone disperate con i piedi piagati in cammino da settimane nei boschi di Croazia e Slovenia, tuttalpiù accompagnate da alcuni passeur la cui posizione nelle rispettive organizzazioni criminali è così infima da essere assimilabile a carne da macello”.

    In altri termini, il vero mandato delle operazioni di polizia “rischia” di diventare il controllo capillare del territorio per impedire alle persone in transito, migranti e richiedenti asilo, di raggiungere il territorio.

    La Direzione centrale è stata di poche parole anche rispetto alla nostra richiesta relativa al numero di persone identificate e, tra queste, del numero di coloro che hanno manifestato volontà di richiedere asilo. Viene fornito invece un numero sui risultati di polizia dei pattugliamenti: “nel corso del 2021 sono state arrestate 58 persone di cui 31 per favoreggiamento dell’immigrazione irregolare.

    Il muro di silenzio si alza anche con riferimento ai mezzi utilizzati sul confine e al numero di forze di polizia utilizzati. Le poche informazioni che si conoscono provengono dalla nota stampa del ministero dell’Interno che annunciava con enfasi l’utilizzo di droni e visori notturni, ben visibili, con tanto di foto, anche nella nota stampa slovena. Il 15 luglio 2021 -giorno della firma a Roma dell’accordo (l’incontro preliminare tra i rispetti ministri e capi di polizia è datato 4 giugno)- sul sito del ministero dell’Interno sloveno veniva però aperta una gara pubblica “per l’acquisto di veicoli aerei senza pilota e accessori” per un valore totale che si aggira intorno ai 400mila euro. Il bando (https://www.enarocanje.si/Obrazci/?id_obrazec=407420), chiuso il 5 agosto, richiedeva ai partecipanti di garantire la fornitura di un totale di 55 droni. La maggior parte, 29, sono veicoli di piccole dimensioni con un’autonomia di volo minima di 25 minuti e una distanza di gestione di quattro chilometri. L’amministrazione slovena richiede, inoltre, una formazione specifica per il “volo di notte e in condizioni di volo fuori dalla visibilità”. Non viene indicato il luogo di utilizzo specifico dei droni, si sa però che il 75% del bando è finanziato attraverso i fondi europei di sicurezza dell’Unione europea, ovvero lo strumento di sostegno finanziario a beneficio degli Stati Ue proprio per la gestione delle frontiere.

    L’accordo tra Roma e Lubjana incide potenzialmente anche sul tema delle riammissioni di persone in transito e richiedenti asilo della polizia italiana verso la Slovenia. La trasparenza è così necessaria per poter monitorare ciò che avviene in questa tappa della rotta balcanica anche in vista di un possibile aumento dei flussi legati alla situazione afghana. Le premesse non sono positive. Il governo di Lubjana, di turno alla presidenza del Consiglio dell’Unione europea dal luglio al dicembre 2021, ha chiaro il modello da perseguire nella gestione del fenomeno migratorio.

    Durante la presentazione dell’agenda politica della presidenza slovena alla Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni (Libe) del Parlamento europeo, il ministro dell’Interno Aleš Hojs ha sottolineato come da una riunione informale di fine luglio tra ministri degli interni dei Paesi membri sia emersa la volontà politica di compiere progressi graduali nella “definizione della politica migratoria comune dell’Unione europea”. “Stiamo seguendo la situazione in Afghanistan -ha aggiunto- come emerso dal comunicato congiunto dei ministri della sessione straordinaria di due giorni fa, risponderemo anche ai possibili effetti della situazione sull’Ue”. La politica migratoria da “sposare” per Hojs è quella contenuta in un documento, dai toni e contenuti molto duri in cui si legge che gli Stati membri, con il supporto di Frontex, restano determinati “nel proteggere efficacemente i confini esterni dell’Unione europea e prevenire gli ingressi illegali”.

    https://altreconomia.it/accordo-italia-slovenia-sui-controlli-al-confine-guai-a-essere-traspare

    #frontières #frontière_sud-alpine #Italie #Slovénie #asile #migrations #réfugiés #coopération_bilatérale #gardes-frontière #militarisation_des_frontières #patrouilles_mixtes #drones #business #complexe_militaro-industriel #réadmssions

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    ajouté à le fil de discussion autour des patrouilles mixtes à la frontière italo-slovène :
    https://seenthis.net/messages/791706
    Et plus précisément ici :
    https://seenthis.net/messages/791706#message928650

    • Rotta balcanica: riprendono i pattugliamenti tra Italia e Slovenia. Un mandato “opaco”

      Il 30 luglio sono ripartiti i controlli congiunti italo-sloveni lungo il confine per contrastare i “flussi migratori irregolari”. L’Italia nuovamente alla prova del rispetto della legalità alla frontiera orientale dopo la sospensione delle riammissioni illegali. L’analisi di Gianfranco Schiavone

      Il 30 luglio 2021 sono ripartiti “nelle province di Trieste/Koper e Gorizia/Nova Gorica i pattugliamenti congiunti italo sloveni lungo la comune fascia confinaria al fine di rafforzare i rispettivi dispositivi di contrasto ai flussi migratori irregolari provenienti dalla rotta balcanica”. Così recita il comunicato stampa della questura di Trieste pubblicato il giorno stesso. I pattugliamenti, vi si legge, sono frutto di un accordo “sottoscritto nei giorni scorsi dalle competenti autorità di polizia di Roma e di Lubiana” (appare curioso che si ometta la data dell’accordo).

      La decisione politica di attivare i pattugliamenti congiunti con forze di polizia italiane e slovene era stato resa pubblica dal ministero dell’Interno con nota stampa del 14 giugno 2021 a seguito dell’incontro tra la ministra Luciana Lamorgese e il suo omologo sloveno Hojs avvenuto a Lubiana. Nella nota ministeriale si poteva leggere come fosse “previsto un piano comune di vigilanza per i valichi di frontiera anche con l’impiego di droni e visori notturni per contrastare efficacemente le organizzazioni criminali che sfruttano il traffico dei migranti”. Le finalità del pattugliamento vengono dunque descritte in modo alquanto ambiguo: nella nota della questura triestina si fa riferimento in maniera più esplicita al contrasto dei flussi migratori irregolari, ovvero l’obiettivo dichiarato appare quello di bloccare i migranti; nella nota stampa del ministero, che usa un linguaggio più ovattato, si dichiara che l’obiettivo che si intende perseguire è invece il contrasto alle organizzazioni criminali che organizzano il traffico. Si potrebbe ritenere in modo superficiale che in fondo si tratta di accenti diversi della medesima finalità, ma non è così.

      Se assumiamo infatti la lettura in base alla quale l’attività delle cosiddette pattuglie miste italo-slovene è finalizzata al contrasto delle organizzazioni criminali che organizzano il traffico degli esseri umani, è ben difficile non vedere come tale motivazione appare alquanto poco credibile in quanto il contrasto al traffico internazionale di esseri umani per essere efficace richiede un’attività di intelligence e semmai inchieste coordinate tra le diverse autorità giudiziarie, cioè un complesso di attività che veramente assai poco ha a che fare con un pattugliamento fisico dell’area di frontiera vicino al confine.

      Il pattugliamento congiunto della fascia di confine tra Italia e Slovenia attuato con uso di uomini, droni (e cani, come non annunciato nei comunicati per non ferire la sensibilità di chi legge ma ampiamente riferito dalle testimonianze raccolte su quanto accade in Slovenia) ha una efficacia non solo minima ma persino risibile rispetto all’obiettivo annunciato di contrasto alle organizzazioni criminali giacché sui sassosi sentieri del Carso non si incontrano i vertici ma neppure i quadri intermedi e neppure quelli bassi e persino bassissimi di tali organizzazioni ma solo persone disperate con i piedi piagati in cammino da settimane nei boschi di Croazia e Slovenia, tuttalpiù accompagnate da alcuni passeur la cui posizione nelle rispettive organizzazioni criminali è così infima da essere assimilabile a carne da macello.

      Non deve stupire che le stesse inchieste giudiziarie che si sono basate finora su questo tipo di attività di polizia non abbiano mai portato a pressoché nulla di rilevante. Le organizzazioni di trafficanti non modificheranno la loro strategia sul confine italo-sloveno a seguito dei pattugliamento bensì alzeranno il prezzo dei loro servigi in ragione del più difficoltoso tratto da percorrere aumentando così i loro guadagni e lasciando indietro solo coloro che non possono pagare. Ancora una volta, come già avviene in altri contesti, operazioni di polizia presentate come finalizzate a contrastare il traffico internazionale di esseri umani, non solo sono irrilevanti in relazione a tale obiettivo bensì divengono di fatto fattori che vanno a potenziare l’operato e il giro d’affari delle organizzazioni che si afferma di volere combattere.

      Appare dunque evidente come i pattugliamenti sembrano rispondere all’altra, malcelata finalità, ovvero quella di intercettare nelle immediate vicinanze della frontiera interna italo-slovena da parte slovena, un certo numero di rifugiati, probabilmente i più disgraziati tra loro, al fine di impedirne a forza l’ingresso in Italia. I pattugliamenti congiunti, da quanto è dato sapere si svolgeranno infatti in assoluta prevalenza nell’area a ridosso del confine dal lato della Slovenia. Quando invece le operazioni verranno attuate sul lato italiano esse potrebbero prestarsi a far riprendere in forme ancor più nascoste quelle riammissioni informali attuate nel corso del 2020 e la cui radicale illegittimità è stata più volte messa in luce fin dall’inizio (Altreconomia ne ha scritto a più riprese, ad esempio qui e qui).

      Se fosse, come appare, quella di ostacolare/respingere i migranti che cercano asilo la effettiva finalità dei pattugliamenti, ciò, oltre a sollevare non pochi interrogativi etici (è questa l’attività alla quale si deve dedicare la polizia in una società democratica?) fa comunque emergere in capo alle autorità italiane precise responsabilità giuridiche. È noto infatti che la situazione dell’effettivo rispetto del diritto di asilo in Slovenia è quanto mai critica e che le disfunzioni sulla procedura di asilo in quel Paese sono profonde come emerge in modo in equivoco in tutti i rapporti internazionali: tra tutti si veda l’autorevole rapporto AIDA 2020 Update: Slovenia, a cura dell’Ecre (European council on refugees and exiles). Soprattutto è ampiamente noto che la Slovenia attua da tempo riammissioni sistematiche verso la Croazia impedendo ai migranti, compresi quelli “riammessi” dall’Italia, di presentare la domanda di asilo e rinviandoli in Croazia, Paese che a sua volta, con un meccanismo a catena e con l’uso di inaudite violenze, li deporta in Bosnia ed Erzegovina dove vengono sottoposti a trattamenti inumani e degradanti. Si tratta di riammissioni, o più propriamente si dovrebbero chiamare respingimenti a catena, documentati da un enorme numero di autorevoli rapporti internazionali e la cui illegalità è stata già dichiarata anche dalla stessa giurisprudenza slovena (vedasi sentenza I U 1490/2019-92 del 16 luglio 2020 del Tribunale amministrativo della Slovenia) e recentemente anche dai tribunali austriaci.

      Le autorità italiane non possono fingere di ignorare il quadro fattuale sopra descritto pena il loro coinvolgimento in fatti che configurano gravi violazioni delle norme interne ed internazionali. Richiamo in particolare l’attenzione su quanto disposto dal Testo unico sull’immigrazione (art. 19 comma 1, novellato dalla legge 173/2020) che dispone che “Non sono ammessi il respingimento o l’espulsione o l’estradizione di una persona verso uno Stato qualora esistano fondati motivi di ritenere che essa rischi di essere sottoposta a tortura o a trattamenti inumani o degradanti. Nella valutazione di tali motivi si tiene conto anche dell’esistenza, in tale Stato, di violazioni sistematiche e gravi di diritti umani”. Il citato articolo, insieme ad altre disposizioni, attua nel nostro ordinamento, dandone un’applicazione estensiva, il fondamentale divieto di non refoulement tutelato in via indiretta dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo (Cedu), la quale prevede, all’art. 2 e art. 3, rispettivamente, il diritto alla vita ed il divieto di tortura e di trattamenti inumani o degradanti.

      Secondo la costante interpretazione della Corte europea dei diritti dell’uomo, il rispetto di tali obblighi comporta il tassativo divieto di respingere o estradare una persona verso luoghi ove i citati diritti correrebbero il rischio di essere violati. Appare persino superfluo approfondire in questa sede il complesso tema della applicabilità della Convenzione europea dei diritti dell’uomo ad atti riconducibili agli Stati firmatari che siano posti in essere o abbiano effetto nel territorio di uno Stato che non è parte del Consiglio d’Europa (sul tema evidenzio solo che la giurisprudenza della Corte EDU ha progressivamente ampliato le ipotesi di applicazione extraterritoriale della Cedu) dal momento che è pacifico che l’Italia è responsabile della violazione del divieto di non refoulement nel caso in cui sia pienamente a conoscenza di fatti e prassi illegittime e non provveda, per ciò che di sua competenza, ad impedirne la violazione da parte di un altro Stato dell’Unione europea, soggetto, come l’Italia, ai medesimi obblighi; una co-responsabilità nella violazione dell’art. 3 della Cedu che diventa addirittura eclatante nel caso di collaborazioni delle nostre forze di polizia nello Stato in cui le citate violazioni sono commesse. Questo è dunque il gravissimo scenario che sembra profilarsi nel mandato “opaco” che allo stato attuale delle conoscenze sembra assegnato alle pattuglie miste italo-slovene.

      È inderogabile ed urgente che siano subito resi noti i contenuti dell’accordo di polizia sottoscritto tra Roma e Lubiana (nonché le concrete indicazioni operative date alle forze di polizia italiane) senza che vengano posti artificiosi ostacoli alla sua piena conoscenza. Parimenti è necessario che senza indugio il Parlamento si avvalga dei poteri che l’ordinamento giuridico gli conferisce per monitorare una situazione che può configurarsi di eccezionale gravità per il possibile coinvolgimento di istituzioni della Repubblica in azioni contrarie a norme e a principi fondanti l’ordinamento costituzionale.

      https://altreconomia.it/rotta-balcanica-riprendono-i-pattugliamenti-tra-italia-e-slovenia-un-ma

    • The flow of arrivals from the Balkan Route into North East Italy has significantly increased during the month of August. Associations and groups of volunteers supporting people in Trieste said that they have provided direct help to 659 people during this month, including 103 minors. It is thought very likely that the actual number of arrivals and transits is much higher, with many people not stopping long in the immediate border area. During the last weeks, there have been several reports of smugglers being arrested while transporting people-on-the-move into Italian territory. At the same time, the intensity of control practices along the borders has also increased: in just one day 150 people were found and transferred to quarantine facilities in the Friuli-Venezia Giulia (FVG) region.

      This has once again pushed public and official discourse towards the need to reintroduce informal readmissions to Slovenia, touted to recommence in July of this year. Yet there remains no official confirmation about reintroduction of “informal readmissions” (pushbacks) by witnesses on the ground, though rumors have begun to circulate about groups rejected from the Italian territory. The Ministry of the Interior refused to provide details of the cooperation between the police forces of Rome and Ljubljana on border patrols. But in the absence of official statements, the installation of 55 #drones by Slovenian authorities sits in line with the growing surveillance of transit across this border.

      Volunteers in Piazza della Libertà in Trieste also witnessed a serious episode of institutional racism in August. An ambulance was called in order to provide medical assistance to an underage boy newly arrived via Slovenia. The health operators initially refused to assist the person, treating him aggressively and disrespectfully. The boy was only given medical assistance after several attempts to seek help and a strong insistence on the part of the volunteers present. Further barriers to health care are also having wider impacts for peoples mobility beyond Trieste, seen most overtly in the lack of access to vaccinations. Without the “green pass”, which marks proof of vaccination, people-on-themove in FVG are unable to access longdistance travel in order to continue their journey.

      Source : Border Violence Monitoring Network, August 2021, pp. 16-17
      https://www.borderviolence.eu/balkan-region-report-august-2021

    • Ripartono oggi le pattuglie miste al confine italo-sloveno nelle province di Trieste/#Koper e Gorizia/Nova Gorica

      Da oggi, 30 luglio, ripartono, nelle provincie di Trieste/Koper e Gorizia/Nova-Gorica, i pattugliamenti congiunti italo sloveni lungo la comune fascia confinaria, al fine di rafforzare i rispettivi dispositivi di contrasto ai flussi migratori irregolari provenienti dalla rotta balcanica.

      L’accordo per la ripresa delle pattuglie miste italo-slovene, intervenuto a più di un anno dalla sospensione dei servizi congiunti interrotti a causa della pandemia in corso, è stato sottoscritto nei giorni scorsi dalle competenti autorità di Polizia di Roma e di Lubiana.

      Le pattuglie miste, che opereranno lungo gli itinerari congiuntamente individuati attraverso una sinergica analisi del rischio dai competenti Uffici territoriali, potranno utilizzare anche strumenti tecnologici, quali i droni.

      Scopo principale dei servizi sarà il contrasto al favoreggiamento dell’immigrazione irregolare, ma da questi deriverà, più in generale, anche il potenziamento dell’attività di vigilanza lungo la comune fascia confinaria, in funzione di contrasto alla criminalità transfrontaliera.

      Detta iniziativa, che rafforza la collaborazione già esistente tra i due Paesi, segna la ripresa delle attività congiunte nell’ambito della cooperazione di Polizia, momentaneamente interrotte dalla pandemia.

      https://questure.poliziadistato.it/it/Trieste/articolo/131861024ad65e1a0407758053

  • Slovenia is planning to set up mixed patrols along the border with Croatia, where police officers from other EU member states would also patrol the border together with the Slovenian ones.

    –-> info reçue (avec lien ci-dessous) via la mailing-list Inicijativa Dobrodosli, mail du 07.04.2021

    Slovenija planira mješovite policijske patrole na granici s Hrvatskom

    Još nema službene hrvatske reakcije na slovensku najavu da će zbog pojačanih nelegalnih prijelaza migranata na granicu sa Hrvatskom postaviti mješovite patrole u kojima bi uz slovenske bili i policajci drugih država članica EU.

    Kako su naveli u slovenskoj Vladi, Slovenija se opet našla pred migracijskim pritiskom i nezakonitim prijelazima državne granice koji se ne smanjuje unatoč naporima slovenske policije i njenog djelovanja na granici s Hrvatskom, koja je i vanjska granica Schengena, i mješovite policijske patrole odgovor su na to.

    Mješovitim patrolama zapovijedali bi slovenski policajci, a ne navodi se koje bi druge države članice Europske unije slale svoje ljude u te patrole.

    Iz hrvatskog Ministarstva unutarnjih poslova do objavljivanja ovog teksta nisu odgovorili na upit Radija Slobodna Europa (RSE) o stanju na granici.
    U Hrvatskoj tvrde drugačije

    Međutim, zapovjednik policijske Antiterorističke jedinice “Lučko”, koja je također raspoređena na granici, Mate Bilobrk kazao je kako nema pojačanog pritiska migranata.

    “Mislim da je pritisak puno manji nego prošlih godina”, izjavio je Bilobrk 31. ožujka u razgovoru za Hrvatsku radio-televiziju (HTV).

    Nevladine udruge također nemaju informacije o nekom pojačanom pritisku migranata na hrvatsku granicu, ali podsjećaju da se ne mijenjaju uzroci prisilnih migracija, pa se ne može očekivati da se one same od sebe zaustave.

    “Jedina je promjena u većem broju obitelji koje su nakon požara pobjegle iz izbjegličkog kampa Moria u Grčkoj, koje se sada nalaze u Bosni i pokušavaju doći do Hrvatske i zatražiti azil, ali posljednjih tjedana nema nekog povećanja ukupnih brojeva”, kaže za RSE Sara Kekuš iz zagrebačke nevladine udruge Centar za mirovne studije (CMS).

    “Očito je ova odluka slovenske Vlade smišljena s ciljem da se zaustave migracije prema Sloveniji, tako da ta odluka ne čudi. Međutim, slovenska Vlada mora biti svjesna vlastite odgovornosti u međunarodnom kontekstu i toga da nikome ne može ograničiti pravo na traženje međunarodne zaštite, pa makar to bilo i na samoj granici. A znamo da – dok god ne uspostavimo neke sigurne i legalne putove - da će ljudi i dalje prelaziti granice nezakonitim putevima u potrazi za sigurnošću”, poručuje Sara Kekuš.

    Ona je podsjetila da se već godinama svjedoči lančanim protjerivanjima migranata iz Slovenije u Hrvatsku pa onda dalje u BiH, gdje to protjerivanje nužno ne staje.

    “Znamo i da su slovenske vlasti dugo vremena koristile readmisijske ugovore kao izgovor za zakonito protjerivanje ljudi u Hrvatsku, iako su im zapravo istovremeno onemogućavali pristup azilu i na taj način kršili njihova prava”, podsjeća Sara Kekuš.
    Reagiranje u pandemiji

    Sigurnosni analitičar Branimir Vidmarović sa Sveučilišta “Juraj Dobrila” u Puli kaže za RSE kako ovaj slovenski potez valja razumjeti kao legitimnu brigu za vlastitu sigurnost u kontekstu krize uzrokovane pandemijom.

    “Ako su slovenski obavještajci u suradnji sa drugim sigurnosnim službama dobili dojavu da se možda očekuje pojačani val migranata ili nova najava, onda je ovakva reakcija prevencijska i sasvim razumljiva, budući da nijedna zemlja sada, u osjetljivoj fazi procedure cijepljenja, ne bi htjela pritok ljudi iz područja za koje se apriori zna da su ranjivija, osjetljiva, u smislu pandemije nezaštićenija i da predstavljaju rizik”, procjenjuje Vidmarović.

    U slovenskoj Vladi kažu kako takvu suradnju policija omogućuje zaključak Vijeća EU iz 2008. o produbljivanju prekogranične suradnje, osobito na području borbe protiv terorizma i prekograničnog kriminala.

    Prema članku 17. te europske direktive mogu se formirati zajedničke ophodnje i poduzeti druge mjere djelovanja radi očuvanja javnog reda i sigurnosti, te zbog suzbijanja kaznenih djela, pojasnilo je slovensko Ministarstvo unutarnjih poslova.

    Slovenija i Hrvatska nalaze se na tzv “balkanskoj”migrantskoj ruti od Grčke preko Srbije, Crne Gore i Bosne i Hercegovine do zapadnoeuropskih zemalja, nakon što je Mađarska na svoje granice prema Srbiji i Hrvatskoj postavila visoke žičane ograde.

    Nevladine udruge opetovano su upozoravale da slovenska i pogotovo hrvatska policija pribjegavaju ilegalnim “push-backovima” migranata, odnosno njihovom prisilnom vraćanju u državu za koju vjeruju da su iz nje došli – Hrvatsku, odnosno BiH.

    Nevladine udruge smještene u izbjegličkim kampovima u sjeverozapadnom dijelu BiH dostavile su medijima u više navrata i video zapise za koje tvrde da prikazuju migrante koje je zaustavila, istukla i vratila u BiH hrvatska policija, nakon što su pokušalno ilegalno ući u Hrvatsku.

    Hrvatska policija odbija ove optužbe.

    https://www.slobodnaevropa.org/a/slovenija-planira-mje%C5%A1ovite-policijske-patrole-na-granici-s-hrvatskom/31182152.html

    #patrouilles_mixtes #Slovénie #Croatie #frontière_sud-alpine #asile #migrations #réfugiés #Balkans #route_des_Balkans #frontières #contrôles_frontaliers

  • Gli arrivi di #migranti in Friuli Venezia Giulia sono stati 5526 nel 2019, poco meno degli sbarchi al sud (circa 7000). Dato reso noto nell’audizione dei prefetti al Consiglio Regionale. Numeri dell’accoglienza in calo grazie ai trasferimenti nel resto d’Italia.
    Ogni settimana arrivano tra i 150 e i 300 migranti attraverso il confine orientale. Le pattuglie miste per ora sono un flop: solo 40 i rintracci in Slovenia dal primo luglio. Provengono perlopiù da Pachistan e Afganistan. A 6 su 10 la commissione nega ogni tipo di protezione.
    I tempi sono un problema: un anno per attendere la decisione della commissione, due per aspettare la decisione del tribunale sul ricorso in caso di diniego. Altro limite: lente le procedure di trasferimento all’estero dei dublinanti (sono 700).

    #Friuli_Venezia_Giulia #statistiques #asile #migrations #réfugiés #chiffres #route_des_balcans #Italie #2019 #frontières #frontière_sud-alpine

    Des chiffres importants, malgré la #militarisation_des_frontières et la constitution de #patrouilles_mixtes (italienne et slovène) de gardes-frontière :
    https://seenthis.net/messages/791706

    ping @isskein

  • Matteo #Salvini veut construire un mur à la frontière entre la Slovénie et l’Italie

    Voilà une semaine que des #patrouilles slovéno-italiennes parcourent la frontière entre les deux pays pour empêcher les passages illégaux de réfugiés. Présentée comme une intensification de la coopération entre Rome et Ljubljana, la mesure ne satisfait pas le ministre italien de l’Intérieur, Matteo Salvini, qui a évoqué l’idée d’un mur à la frontière Est de la Botte.

    L’image, digne d’un spot de campagne proeuropéen, a fait le tour des médias slovènes : tous sourires, deux gardes-frontières slovène et italien se serrent solennellement la main, encouragés par un concert de bons mots sur la coopération policière entre Rome et Ljubljana. La mise en place d’une patrouille frontalière binationale, proposée par le ministre slovène des Affaires étrangères Miro Cerar et approuvée par son homologue italien, vise à empêcher plus efficacement les franchissements illégaux. « Nous nous attendons à des résultats positifs », a déclaré à la télévision slovène 24UR Vincenzo Avallone, chef de secteur de la police frontalière basée à Udine. « Cette coopération contribuera à un meilleur partage d’informations, crucial pour continuer notre travail. »

    Jusqu’au 30 septembre, quatre patrouilles de police se succèderont chaque semaine, trois côté slovène et une côté italien. Formées à Trieste, les équipes pourront entrer jusqu’à dix kilomètres dans le territoire des deux pays, avec pour mission de surveiller les points de passage les plus sensibles. « Nous avons travaillé sur cette initiative durant des mois », s’est félicité le gouverneur de la région de Frioul-Vénétie julienne, Massimiliano Fedriga, cité par l’agence italienne ANSA. « La pression politico-diplomatique sur la Slovénie et les pays des Balkans s’est accentuée », précise-t-il, tout en présentant la mesure comme « un commencement, pas une solution ».
    « Rendre la frontière infranchissable »

    La semaine dernière, Matteo Salvini, vice-Premier ministre italien en charge de l’Intérieur, a affirmé que si ces patrouilles ne suffisaient pas, il ferait installer des « obstacles physiques » à la frontière, à commencer par une barrière de fils barbelés. Avant d’évoquer l’idée de sceller la frontière orientale : « Nous allons rendre la frontière avec la Slovénie infranchissable, et ce par tous les moyens disponibles ».

    Le 5 juin, 500 personnes s’étaient rassemblées en signe de protestation dans la commune frontalière de #Nova_Gorica - #Gorizia, et 300 autres à Trieste lors d’une visite de Matteo Salvini à Trieste pour la signature d’un contrat d’investissement avec la Hongrie. « Chez nous, le dernier mur est tombé en 2004 [date de l’entrée de la Slovénie dans l’UE]. L’érection d’un nouveau mur éveillerait le passé, ce qui serait non seulement douloureux mais également contreproductif », explique le maire de Gorizia, Rudi Ziberna, à La Repubblica. Au premier semestre 2019, 5306 migrants auraient franchi la frontière slovéno-croate, une hausse de près de 50% par rapport à 2018 (3612 passages). 146 auraient été renvoyés en Slovénie, contre 158 l’année précédente.

    https://www.courrierdesbalkans.fr/refugies-Salvini-mur-frontiere-Slovenie-Italie
    #frontières #frontière_sud-alpine #murs #barrières_frontalières #Italie #Slovénie #asile #migrations #réfugiés #coopération_bilatérale #gardes-frontière #militarisation_des_frontières #patrouilles_mixtes

    • Il muro anti-migranti tra Italia e Slovenia proposto dalla Lega costerebbe 2 miliardi di euro

      Il governatore del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, ha parlato dell’ipotesi di costruire un muro di 243 chilometri al confine orientale dell’Italia, tra Friuli e la Slovenia.

      In un’intervista rilasciata al Fatto Quotidiano domenica 30 giugno, ha dichiarato che sta valutando l’ipotesi di realizzare il piano insieme al Viminale. La sua realizzazione risponderebbe infatti alla necessità di “fermare l’ondata migratoria che avanza”.

      “Se l’Europa non tutela i suoi confini noi saremo costretti a fermare l’ondata migratoria che avanza attraverso altri altri Paesi dell’Ue con tutti i mezzi. Non possiamo mettere poliziotti a ogni metro”, ha detto il leghista.
      Muro anti migranti Friuli | Costo

      Ma quanto costerebbe realizzare un vero e proprio muro anti migranti tra Friuli Venezia Giulia e Slovenia?

      Il coordinatore nazionale dei Verdi, Angelo Bonelli, ha calcolato che la sua costruzione costerebbe circa 2 miliardi di euro alle casse dello stato.

      “Per 100chilometri di reticolato al confine tra Usa e Messico il congresso americano ha autorizzato a Trump la spesa di 1,3 miliardi di dollari. E quindi per 243 chilometri di reticolato in Italia, il costo sarà di circa 2 miliardi di euro”, ha detto Bonelli.

      Un’infrastruttura del genere sarebbe, per questo, non solo discutibile dal punto di vista politico e morale, ma anche dal punto di vista pratico.

      Le spese per la costruzione del muro ricadrebbero su molti di quei cittadini italiani che, di questi tempi, probabilmente accoglierebbero con favore il piano.
      Muro anti migranti Friuli | Le critiche

      Le critiche all’idea del progetto non sono tardate ad arrivare anche da parte di altri personaggi pubblici, che si sono concentrati sull’aspetto politico del piano, ritenuto da alcuni anacronistico.

      Lo scrittore e saggista Claudio Magris ha scritto sul Corriere della Sera che un progetto simile sarebbe anti-storico, e rievocherebbe l’epoca della cortina di ferro, costruita alla fine della seconda guerra mondiale tra Trieste e la ex Jugoslavia di Tito.

      Anche diversi membri del Movimento 5 stelle hanno criticato il piano, tra cui il deputato e giornalista Emilio Carelli, che ha detto: “Spero che l’idea del governatore Massimiliano Fedriga non venga raccolta da nessuna forza politica. Non è alzando i muri che si governano i problemi delle migrazioni”.

      Giuseppe Brescia, presidente della Commissione Affari costituzionali della Camera ed esponente del M5S, ha invece affermato: “Questa iniziativa non ha né capo né coda, non se ne dovrebbe nemmeno parlare. Non è in agenda né nel contratto di governo, quelli della Lega non possono spararla sempre più grossa”.

      https://www.tpi.it/2019/07/01/muro-anti-migranti-friuli-fedriga-costo/

    • PM Says Fence Not Needed on Slovene-Italian Border

      Prime Minister Marjan Šarec has dismissed ideas by senior Italian officials that a fence should be erected on the Slovenian-Italian border, telling the National Assembly that such proposals had to be interpreted “in the domestic policy context”.

      “In talks with the Italian government we will state that there are no reasons for the border, this is clear from the numbers ... Italy is not threatened by Slovenia’s inactivity, and we will substantiate that,” he said.

      Šarec made the comment when he was quizzed by opposition MPs in parliament on Tuesday about the recent launch of mixed police patrols on the border, their implication being that the beefed up controls are the result of Slovenia’s failure to properly protect the Schengen border.

      Stressing that the number of persons Italy returned to Slovenia had dropped by 17% in the first half of 2019 compared to the same period last year, Šarec said Slovenian police were doing all they could to protect the Schengen border and curb illegal migrations.

      Border patrols are “not a measure that would squeeze Slovenia out of the Schengen zone,” as Democrat (SDS) MP Branko Grims claimed, as Italy has such cooperation with all of its neighbours and Slovenia also had such mixed patrols on its other borders, according to Šarec.

      New Slovenia (NSi) deputy Jernej Vrtovec wondered why Slovenia had proposed mixed patrols, labelling it an admission of its inability to control the Schengen border. But Šarec stressed that it was not the government that had proposed joint patrols, this was the result of an agreement at the level of both police forces.

      For Šarec, the key thing to dam migrations is for Frontex, the EU’s border agency, to be deployed on Croatia’s borders with Bosnia-Herzegovina and Serbia.

      Overall, border control is “a serious issue that the new EU Commission will have to tackle with all seriousness... Migrations will be with us for years to come ... the EU is not active in tackling these issues,” he said, adding: “Schengen is de facto not working anymore.”

      Italian Interior Minister Matteo Salvini recently suggested Italy might erect a fence on its border with Slovenia if joint police patrols do not suffice to stop migrations, raising fears of a return to border checks that would severely disrupt life along the border.

      While the right has taken the announcement as evidence of Slovenia’s failings, politicians on the left have started urging the government to take action to prevent such a scenario from unfolding.

      Social Democrat (SD) deputy Matjaž Nemec thus urged Šarec today to take the initiative and invite the prime ministers of all countries on the Western Balkan migration route, including Italy and Austria, to jointly tackle the issue.

      But others think Italy will do as it likes regardless of what Slovenia does.

      Robert Polnar, an MP for the Pensioners’ Party (DeSUS), said Italy’s measures would probably be harsher than the measures Slovenia is adopting.

      And Luka Mesec, the leader of the Left, said Salvini was “playing his game” in order to win the election in Italy.

      "What the Slovenian right is doing, and partially the government by starting to announce drones and fencing ... is acquiescing to this game... Our politicians are dancing to Sallvini’s tune, Mesec said on the margins of the plenary today.

      https://www.total-slovenia-news.com/politics/4072-pm-says-fence-not-needed-on-slovene-italian-border

    • Misure rafforzate contro l’immigrazione irregolare e per difendere i porti

      Nell’occasione è stato espresso apprezzamento anche per la decisione della Slovenia, che confermando le intenzioni anticipate al governo italiano ha annunciato il via ai pattugliamenti congiunti con la polizia croata.

      www.interno.gov.it/it/notizie/misure-rafforzate-contro-limmigrazione-irregolare-e-difendere-i-porti

      Commentaire Sara Prestianni, reçu via email:

      « l’Italie, qui avait annoncé il y a quelque semaine de vouloir construire un mur avec la Slovenie puis dementis puisque ont été relancé les patrouilles conjointes Italie/Slovenie, se felicite de l’annonce de la Slovenie de proceder à des patrouilles conjointe avec la Croatie »

    • Reçu via la newsletter Inicijativa Dobrodosli, le 29.07.2019 :

      Slovenia deployed 35 soldiers at the border to Italy to prevent migration and confirmed its “commitment” (www.h-alter.org/vijesti/slovenija-od-danas-s-vojskom-na-granici-kod-kopra) in helping Croatia with combating illegal migration, and proposed the potential sending of #Frontex to the EU’s external borders, H-alter writes (www.h-alter.org/vijesti/slovenija-od-danas-s-vojskom-na-granici-kod-kopra).

      Slovenija od danas s vojskom na granici kod Kopra

      Slovenski mediji objavili su jučer kako će se od danas “u zaštitu granice s Italijom od ilegalnih migracija” uključiti dodatnih 35 vojnika, koji su poslani kao ispomoć policiji kod Kopra, gdje je prošli tjedan uhićeno 122 osoba u tranzitu. Vojnici će koristiti sredstva koje vojska ima u redovitoj upotrebi, od sredstava za promatranje do oklopnih vozila.

      Pojačani angažman Slovenije na sprečavanju migracija na granici s Italijom počeo je početkom ovog mjeseca kada su uvedene zajedničke ophodnje slovenske i talijanske policije.

      Slovenski ministar unutarnjih poslova Boštjan Poklukar i njegov talijanski kolega Matteo Salvini sastali su se prošlog tjedna i potvrdili svoju “predanost” pomoći Hrvatskoj “u borbi protiv nezakonite migracije”, te su predložili potencijalno slanje Frontexa na vanjske granice Europske unije.

      http://www.h-alter.org/vijesti/slovenija-od-danas-s-vojskom-na-granici-kod-kopra
      #armée #armée_slovène

    • Reçu via la newsletter Inicijativa Dobrodosli, le 02.08.2019 :

      Also, after last week’s news on the Slovenian army at the border with Italy and the proposal to send Frontex to the border with Croatia, this week we learn (https://www.tportal.hr/vijesti/clanak/slovenci-navukli-uniforme-i-sami-stite-granicu-s-hrvatskom-od-migranata-vice) that a group of Slovenian locals in the Metlika and Črnomelj area dress in camouflage uniforms and patrol the border area. Non-sanctioning of such patrols, especially fueled by anti-immigrant attitudes, may further jeopardize access to international protection and the safety of persons on the move.

      –----

      Slovenci navukli uniforme i sami štite granicu s Hrvatskom od migranata : ’Vičemo im : Ovo je moja zemlja, odmah lezite’, a oni bježe’

      Neobična priča dolazi iz pograničnog područja uz Kupu sa slovenske strane granice s Hrvatskom. Razočarani odnosom službene Ljubljane, koja bi po njima trebala činiti više da zaštiti granicu od migrantskog vala, dio mještana tog kraja organizirao se u ’seoske straže’. Iako nisu naoružani, tvrde da im je cilj povećati osjećaj sigurnosti uz granicu

      Kako izvještava slovenski portal Siol.net, straža se sastoji od desetak mještana koji u maskirnim uniformama patroliraju pograničnim područjem u okolici Metlike i Črnomelja. Jedino oružje koje koriste u svom ’nadzoru granice’ njihov je glas.

      ’Vičemo im: ’Ovo je moja zemlja, ovo je Slovenija, odmah lezite!’ No oni ne slušaju naša naređenja, okrenu se i bježe’, svjedoči Blaž Zidar, jedan od mještana koji svakodnevno patrolira.

      https://www.tportal.hr/vijesti/clanak/slovenci-navukli-uniforme-i-sami-stite-granicu-s-hrvatskom-od-migranata-vice ?

      Les photos publiées avec l’article :

      ... dont une qui montre le nom du village : #Gibina (#Gibanje_Omejeno), à la frontière entre la #Slovénie et la #Croatie, et non pas avec l’Italie —> donc sur la route vers l’#Autriche :

      #barrières_frontalières #barbelés

    • Reçu via la newsletter Inicijativa Dobrodosli, le 12.08.2019:

      The Slovenian government (http://hr.n1info.com/Regija/a425162/Slovenija-mobilizirala-pomocnu-policiju-zbog-migranata-i-sigurnosti-u-pro) has mobilized an increased number of reserve police forces, arguing that the Slovenian border is threatened by ’’an increased influx of migrants’’. The Border Police of Bosnia and Herzegovina (https://m.vecernji.hr/vijesti/eurozastupnik-podupire-bih-sram-me-je-hrvatska-granicna-policija-se-ne-sm) said it expects border surveillance equipment from the Czech Republic, stating that they "urgently need sophisticated sensor and radar systems to monitor day and night conditions and detect illegal crossings, special cameras, drones, vehicles for monitoring and surveillance, mobile equipment for direct access to databases as well as border control equipment intended for the detection of people in hidden spaces.’’

    • Italy/Slovenia enact joint patrols along their shared border

      This month saw the introduction of joint Slovenian and Italian police patrols on their mutual border, raising concerns about the retrenchment of national boundaries contra the Schengen Agreement. The collaboration between authorities, due to be implemented until the end of September, mobilises four joint operations per week, with respective police forces able to enter 10km (https://www.infomigrants.net/en/post/17916/italy-slovenia-start-joint-border-patrols) into the territory of their neighboring state in order to apprehend migrants. Mixed operations by member states signifies a growing trend towards the securitization of the EU’s internal borders, and in this case a tightening of controls on the departure point from the West Balkan route. The patrols aim at stemming the transit of migrants from the western Slovenian regions of Goriška and Obalno-kraška, into the eastern region of Friuli Venezia Giulia, Italy. Given the extensive pushback apparatus being employed by Slovenian and Croatian officials, arrival in Italy has often been the first place where persons-in-transit can apply for international protection without the threat of summary removal. However, these developments in cross border patrols highlight a growing effort on the part of the Italian government to prevent people seeking sanctuary on its territory. The Telegraph reported (https://www.telegraph.co.uk/news/2019/07/08/anti-migrant-patrols-italy-slovenia-border-raise-spectre-post) that the operations had already generated “the arrest of 97 migrants in just 48 hours”, and were being carried out on both local roads and motorways across the breadth of the 120 mile land border. But the newspaper also expressed its concerns around the reintroduction of border controls, suggesting the joint operations were “conjuring up memories of the barbed wire and fences which made peoples’ lives miserable after World War Two”. The article cited the rise in local tensions in the town of Novi Gorica, as the functions of a more formalised border came back into place. Split in the aftermath of WW2, #Gorizia came to form half the town on the Italian side while the other half, #Novi_Gorica, was under Yugoslavian control. The local experience of separation within the community has informed a growing unease regarding these new border procedures, as seen in demonstrations on the Slovenian side by locals opposing a hard border. But it would seem the patrols are likely to become a regular function within the bilateral work of the Slovenian and Italian police given the rising anti-migrant rhetoric being mobilized by Italian Interior Minister, Matteo Salvini. The Interior Minister has already made calls for a border fence between the countries, should these joint patrols not bring transit into Italy under control. The knock on effect has been felt in Slovenia, where conservative opposition party NSi have made subsequent calls for the further protection of its border with Croatia. Concerned by what Balkan Insight termed a “Hungarian-style border fence” in Italy, the Slovenian parliamentary right are seeking assurances that Slovenia will not become a bottleneck for migrants whose passage to Italy is blocked. To this end, Slovenian Prime Minister Marjan Šarec made a visit to the southern border and, according to Croatian media (https://www.total-croatia-news.com/politics/37027-slovenia), pledged further police to the efforts, along with military assistance and drones. Here once again, the courtship rituals of these respective member states continues to dance ever closer to the reestablishment of fixed borders and further from a reappraisal of their obligations to international asylum law.

      (pp.16-18)

      Source: https://www.borderviolence.eu/wp-content/uploads/July-2019-Final-Report.pdf

    • Italy, Slovenia start joint border patrols

      A joint border patrol mission between Italy and Slovenia started Monday. The aim is to stem the flow of migrants reaching the north-eastern Italian region of Friuli Venezia Giulia from the eastern border.

      A joint Italian-Slovenian border patrol officially began Monday. The main aim of the cross-border collaboration between the police forces is to stem the flow of migrants who cross into Italian territory from the eastern border, authorities said.

      To start, four joint patrols have been planned per week with two Italian border police officers and two Slovenian colleagues who can be deployed in an area of up to 10 kilometers within their respective territories.

      Massimiliano Fedriga, governor of the Friuli Venezia Giulia region, said ’’we have been working for months on the initiative’’ because ’’Italy’s political-diplomatic pressure on Slovenia, as well as on Balkan countries, has increased." He added that the measure is “a start, not a solution.”

      Italy is ready ’’to adopt other’’ measures, the governor also said, including the suspension of Schengen rules, ’’as already done by Austria with Slovenia’’, or erecting a border barrier in northeastern Italy, The barrier, the governor added, would not be erected along the entire border, as previously reported, “but potentially on some of the most critical points,” citing the woods in the Karst region, in order to “channel undocumented (migrants) along routes that are easy to control.” Deputy Premier and Interior Minister Matteo Salvini has repeatedly spoken over the past few days of “sealing the eastern border.”

      Slovenia says no emergency at the border with Italy

      Speaking at a press conference at the former Lipica border crossing to mark the start of the joint patrols, Slovenian authorities said there “is no emergency at the border with Italy.” Since the start of the year, said the director general of Slovenian police, Marian Stubljar, ’’the readmissions of illegal (migrants) from Italy to Slovenia were 146 against 158 last year." The most critical situation in terms of migrant arrivals today is at the border with Croatia, the Slovenian official said.

      As of June 29, Slovenian police at the border with Croatia registered 5,306 illegal crossings, compared to 3,612 in 2018, noted Stubljar. Most of them were ’’Afghan, Algerian and Pakistani citizens." Therefore the situation remains critical outside the Schengen area ’’at the border with Bosnia," said the official.

      Patrols to prevent migrants from crossing into Italy

      Although readmissions have not increased compared to last year, Italian authorities explained, the aim of the joint border patrols is to prevent migrants from entering national territory. Once they have crossed into Italy, they cannot be sent back if they apply for asylum, the officials said. Vincenzo Avallone, the official in charge of the so-called Fourth zone of the Udine border police, said authorities ’’expect good results’’ from the operation.

      Further developments in immigration policies could follow the visit of Deputy Premier Salvini who is expected on Friday to travel to Trieste, the main city of Friuli Venezia Giulia.

      https://www.infomigrants.net/en/post/17916/italy-slovenia-start-joint-border-patrols

    • Migranti: fine pattugliamento congiunto Italia-Slovenia

      Il pattugliamento congiunto del confine fra Italia e Slovenia, una iniziativa avviata a luglio scorso e programmata fino alla fine di settembre, è formalmente terminato, ma la collaborazione transfrontaliera delle forze di polizia in alcune aree prosegue. Lo scrive l’agenzia di stampa STA, che riporta una dichiarazione della polizia distrettuale di Capodistria, dove la collaborazione prosegue. A Nova Gorica invece le pattuglie congiunte sono state sospese. Durante il pattugliamento congiunto nell’area del capodistriano sono state condotte 46 operazioni di pattugliamento congiunto, 36 in Slovenia e 10 in Italia. Fino al 30 settembre di quest’anno sono stati poco meno di quattromila (3.922) gli stranieri intercettati lungo la zona di frontiera, un numero leggermente in crescita rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, quando furono fermati 3.272 migranti.

      http://www.ansamed.info/ansamed/it/notizie/rubriche/cronaca/2019/10/02/migranti-fine-pattugliamento-congiunto-italia-slovenia_c0eb4322-dde5-4141-

    • La frontiera invisibile che passa da Trieste

      “Quando sono entrato in Italia ho ringraziato dio e poi mi sono messo a ballare in mezzo alla strada”, racconta Tariq Abbas, un ragazzo pachistano di 26 anni, mentre mostra il punto esatto in cui è sceso dall’auto del passeur che qualche mese fa lo ha portato dalla Bosnia all’Italia, davanti a un bar sull’autostrada che dalla Slovenia conduce a Trieste. Aveva provato ad attraversare la frontiera tra Bosnia e Croazia quindici volte, senza riuscirci. Alla fine ha deciso di pagare un trafficante per essere portato in auto a destinazione, in Italia, insieme ad altre dieci persone. Si trovava da mesi nel campo governativo di Bira, un’ex fabbrica di Bihać, in Bosnia, dove è stato allestito un campo ufficiale dall’Organizzazione internazionale delle migrazioni (Oim).

      A Bira mancava tutto, racconta Abbas. L’acqua, i servizi, la fiducia negli altri. Risse e furti erano all’ordine del giorno in una situazione sempre più difficile. “Ero partito dal Pakistan un anno e mezzo prima e mi trovavo bloccato in Bosnia da mesi”. Così l’unica strada è stata quella di affidarsi a uno dei tanti passeur che frequentano il campo. “È pieno di persone che offrono di facilitare il viaggio, all’interno degli stessi campi in Bosnia”, racconta. Ha speso una cifra altissima: 3.500 euro per farsi portare prima a piedi e poi in auto dove voleva arrivare. Mentre percorre il sentiero che costeggia l’autostrada, Abbas mostra gli oggetti che altre persone hanno lasciato lungo la strada: zaini, sacchi a pelo, indumenti. Sono le tracce di un passaggio costante e silenzioso.

      Una rotta di cui non si parla
      L’8 novembre un ragazzo siriano di vent’anni è stato ritrovato senza vita nei boschi della Slovenia. Come tanti prima di lui, come tanti dopo di lui, provava ad attraversare la frontiera, percorrendo una rotta che non è mai stata chiusa, nonostante l’accordo con il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan costato all’Unione europea sei miliardi di euro nel 2016 e malgrado la costruzione del muro tra Ungheria e Serbia voluto dal premier ungherese Viktor Orbán nel 2015. Il ragazzo siriano aveva vent’anni e voleva raggiungere i suoi due fratelli, emigrati anni prima in Germania. Si è perso nei boschi, in autunno, per sfuggire ai controlli della polizia slovena e croata lungo i sentieri che attraversano il confine.

      Lo stesso giorno trentacinque persone sono state fermate nella stessa zona, tra Croazia e Bosnia, e rimandate indietro in quella che si è trasformata nella frontiera orientale dell’Europa, proprio nelle stesse ore in cui in tutti i paesi del vecchio mondo si celebrava il trentesimo anniversario della caduta del muro di Berlino. “Non si è trattato di una fatalità”, afferma Gianfranco Schiavone del Consorzio italiano di solidarietà (Ics) di Trieste, membro dell’Associazione studi giuridici sull’immigrazione (Asgi). “Ma è la manifestazione di una situazione drammatica che riguarda migliaia di profughi lungo la rotta dei Balcani. Quella morte si aggiunge ad altre avvenute negli ultimi anni lungo questa rotta”, continua Schiavone, secondo cui gli arrivi in Italia dalla rotta dei Balcani sono bassi, ma costanti.

      “Stiamo parlando di una ventina di persone al giorno che arrivano a Trieste dai Balcani”, continua. Eppure, secondo l’esperto, “c’è molto silenzio su quello che succede lungo la frontiera orientale, perché è come se non si volesse riconoscere che pesanti violazioni dei diritti umani stanno avvenendo in territorio europeo: in Croazia, in Slovenia”. Sono numerosi i report che denunciano le violenze della polizia croata che picchia, deruba e respinge indietro migranti e profughi, violando una serie di norme internazionali. Ma, secondo gli esperti, su questo aspetto è sceso un silenzio preoccupante.

      Il muro e i cani
      Invece c’è molta enfasi sulle misure di contrasto all’ingresso degli immigrati sul territorio italiano: qualche giorno fa i consiglieri di Fratelli d’Italia nel comune di Trieste hanno proposto di dotare la polizia di frontiera di cani poliziotto per rincorrere i migranti che provano a entrare nel paese. L’estate scorsa aveva fatto discutere la proposta del governatore del Friuli-Venezia Giulia, Massimiliano Fredriga, di costruire un muro al confine con la Slovenia. Per monsignor Carlo Roberto Maria Redaelli, presidente della Caritas e arcivescovo di Gorizia, “nessuno vorrebbe la costruzione di un muro in Friuli-Venezia Giulia, c’è stata troppa sofferenza legata alla frontiera”. Il ricordo del muro è ancora molto presente: “Appena fuori Gorizia c’è un paesino che ha un cimitero dalla parte slovena: sono passati in mezzo alle tombe per segnare il confine e quando la frontiera era in piedi gli abitanti di quel paese non potevano andare neppure a mettere un fiore su quelle tombe”, racconta Redaelli.

      Per gli esperti l’idea di costruire un muro è irrealistica e contraria alla legge. “La frontiera è lunga trecento chilometri, di cui la maggior parte in montagna”, spiega Schiavone. “Inoltre nessuna barriera fisica può essere innalzata tra due paesi che fanno parte dello spazio Schengen, quello che è possibile è ripristinare in maniera temporanea i controlli di frontiera. Ma il ripristino deve essere giustificato da un motivo preciso”, commenta il presidente di Ics, che aggiunge: “La discussione pubblica rimane dominata dall’ossessione dei respingimenti, ciò porta spesso le persone a nascondersi, a fare percorsi pericolosi e ad affidarsi alle reti criminali, che così alzano il prezzo dei loro servizi”.

      L’Asgi – di cui Schiavone fa parte – ha lanciato un progetto di monitoraggio transnazionale delle violazioni dei diritti umani che stanno avvenendo lungo la rotta dei Balcani. Per Schiavone l’ultima misura adottata delle pattuglie miste italo-slovene per intercettare i migranti prima che entrino in Italia è un ulteriore spreco di risorse pubbliche, potrebbe aver violato alcune norme internazionali che impongono di non respingere dei potenziali richiedenti asilo o dei minorenni e produce come unico effetto l’apertura di percorsi ancora più pericolosi, che mettono a serio rischio la vita delle persone, specialmente con l’arrivo dell’inverno.

      Anche per il prefetto di Trieste Valerio Valenti le pattuglie italoslovene, sperimentate tra luglio e settembre 2019, sono state poco efficaci. Sono state intercettate quaranta persone in tutto e rimandate in Slovenia. Le riammissioni totali dall’Italia alla Slovenia nel 2019 sono state 118 a fronte di circa cinquemila ingressi. “Le pattuglie miste sono formate da tre agenti: due sloveni e un italiano e operano alla frontiera per sei ore, quattro giorni alla settimana, per intercettare i migranti prima che arrivino sul territorio italiano. In termini di numeri l’esperienza non è stata particolarmente produttiva. Ma la collaborazione tra polizie di stati confinanti è sempre una buona cosa, spero che la collaborazione (ora conclusa, ndr), possa continuare”, afferma il prefetto. Ma il problema a Trieste, come in tutto il paese, sembra essere più legato ai tagli economici al sistema di accoglienza che non all’aumento degli arrivi di migranti.

      “Abbiamo avviato un programma di alleggerimento e ridistribuzione delle persone dal Friuli-Venezia Giulia all’intero paese, nell’idea che il flusso di migranti è costante in Friuli e per garantire che i centri non fossero mai sovraffollati. Da luglio a settembre abbiamo spostato 1.160 persone in altri centri italiani e le persone presenti in accoglienza nella regione al momento sono circa 2.600”, spiega Valenti. Inoltre “i bandi per i centri di accoglienza sono andati deserti, perché le organizzazioni che si occupano di accoglienza hanno ritenuto che i tagli previsti siano troppo alti (dai 35 euro a persona ai 27 euro a persona) e non consentirebbero di offrire i servizi di base”, continua il prefetto.

      Schiavone di Ics è molto critico: “Il sistema del Friuli-Venezia Giulia è stato destrutturato dal cosiddetto decreto sicurezza, soprattutto a Udine e Gorizia. Nel caso di Trieste è rimasto uguale, perché Ics e Caritas si sono rifiutati di accettare gli standard dei capitolati, anche se c’è un’atmosfera molto precaria. Si voleva trasformare il sistema di accoglienza in una specie di dormitorio, inoltre si rischiava di perdere posti di lavoro. Tuttavia, anche con il nuovo governo, la vicenda non è ancora chiusa. Ci troviamo ancora nella stessa precarietà”. Anche Oliviero Forti della Caritas è dello stesso parere: “I nuovi capitolati d’appalto hanno ribassato gli importi destinati all’accoglienza nei centri di accoglienza straordinaria (Cas), ma non solo. A fronte di un minor costo, sono stati anche previsti minori servizi, trasformando le accoglienze da percorsi di integrazione a meri servizi di albergaggio. Questa situazione ha portato moltissimi enti del terzo settore a scegliere di non partecipare ai bandi sia come scelta dettata dalla non accettazione di un simile modello di accoglienza, sia​ per la non sostenibilità economica di questo sistema”.

      https://www.internazionale.it/reportage/annalisa-camilli/2019/11/12/trieste-frontiera-muro

    • Réfugiés en Slovénie : de plus en plus de passages, de plus en plus d’arrestations

      Depuis le début du mois de juillet, des #patrouilles_mixtes italo-slovènes contrôlent la frontière entre les deux pays, comptant sur les dénonciations de la population locale pour arrêter les exilés, toujours plus nombreux à tenter de rejoindre l’Italie.


      Depuis le printemps 2019, la police slovène constate une hausse constante des passages depuis la Croatie. Selon InfoMigrants (https://www.infomigrants.net/fr/post/20830/slovenie-des-patrouilles-de-police-quotidiennes-pour-intercepter-les-m, les autorités slovènes ont relevé 14’000 traversées illégales sur leur sol entre le 1er janvier et le 30 octobre 2019, contre 8200 à la même période en 2018. « Entre le 4 et le 10 novembre, 124 migrants ont été arrêtés par les patrouilleurs, dont une majorité de Syriens, de Pakistanais et de Marocains », rapporte la journaliste Charlotte Boitiaux. La police explique compter sur les signalements de la population civile, invitée à dénoncer les mouvements « suspects ».

      Parmi les nationalités enregistrées, la police slovène note une hausse du nombre des Marocains et des Algériens (https://www.infomigrants.net/fr/post/20911/de-plus-en-plus-d-algeriens-et-de-marocains-passent-par-la-route-des-b), qui empruntent la route des Balkans depuis la Turquie, où leurs passeports bénéficient d’un régime de visa favorable. Surtout, le passage par les Balkans coûte moins cher et est moins risqué qu’un transport à travers la mer Méditerranée.

      Ceux qui sont arrêtés font une demande d’asile en Slovénie pour éviter d’être expulsés vers la Croatie. « Ici, quand on demande l’asile, on a le droit à un toit, on peut dormir au chaud, et pas dans la forêt. Ça nous change de la Bosnie », explique Mohamed à InfoMigrants. Le seul centre du pays pour les demandeurs d’asile se trouve à Vič, près de Ljubljana, et peut héberger 200 personnes. Il est rarement plein. La grande majorité des résidents n’y restent que quelques jours, avant de « disparaître dans la nature » et de reprendre leur route vers l’Ouest.

      L’objectif reste de passer en Italie. « Ce n’est pas si dur que ça », explique Amir, interrogé par InfoMigrants. « Je me suis arrêté à Ljubljana, le temps de m’acheter des bonnes chaussures de marche, de trouver un manteau plus chaud et je vais repartir bientôt. » Amir veut rejoindre la France et la région de Bordeaux où il a de la famille. « On va passer par la forêt avec un ami, pas besoin de passeurs, on se repère et on se déplace avec nos GSM ». Entre la Slovénie et l’Italie, il n’y a pas de barbelés. Le passage est plus facile, affirment les migrants. « Le pire, c’est de passer la Croatie, les barbelés, les policiers violents, après ça va », affirme Amir.

      https://www.courrierdesbalkans.fr/Slovenie-chaque-semaine-des-dizaines-de-migrants-arretes-a-la-fro
      #délation

    • Slovénie : des patrouilles de police quotidiennes pour intercepter les migrants à la frontière italienne (3/3)

      Depuis le mois de juillet, des patrouilles binationales de policiers italiens et slovènes ont été mises sur pied pour tenter d’enrayer le flux grandissant de migrants tentant de passer dans le pays transalpin. InfoMigrants a pu rencontrer la police slovène dans la ville de Koper, non loin de la ville italienne de Trieste, où chaque semaine, des dizaines de migrants sont arrêtés.

      Il est midi quand la patrouille commence à rebrousser chemin. La pluie tombe depuis plusieurs heures et le brouillard est omniprésent. Les deux policiers slovènes et la policière italienne rentrent sans « avoir vu personne ». La faute aux intempéries sûrement. « Tenter une traversée par ce temps, c’est plus compliqué, mais ça existe, évidemment », explique la policière italienne qui a commencé à patrouiller à 7h du matin – et qui prend la direction du commissariat de Koper, dernière ville slovène avant l’Italie, pour faire son rapport.

      La surveillance du jour a eu lieu dans les montagnes de Kastelec et de Socerb, à une dizaine de kilomètres au nord de Koper, du haut desquelles on aperçoit la petite commune italienne de San Dorligo. Cette fois-ci, donc, aucun migrant n’a été intercepté.

      Depuis le mois de juillet, des patrouilles binationales, italiennes et slovènes, ont fait leur début le long de leur frontière commune. Elles dureront au moins jusqu’à la fin septembre. Objectif affiché des deux pays : freiner l’immigration clandestine sur la route des Balkans, en direction de l’Italie et de l’ouest de l’Europe.

      Si, au plus fort de la crise migratoire, en 2015, des dizaines de milliers de migrants et réfugiés en provenance de Syrie, d’Irak ou encore d’Afghanistan, avaient emprunté cet itinéraire, le flux s’était tari ces trois dernières années. Mais depuis le printemps 2019, la Slovénie a vu le nombre des arrivées en provenance de la Croatie augmenter de nouveau.

      « Plus de 22% de hausse de tentatives de traversées de l’Italie dans la région par rapport à l’année dernière », précise Vicjem Toskan, l’un des chefs de la police de la ville de Koper. Et plus de 70 % sur l’ensemble du territoire. Les autorités ont en effet recensé 14 000 traversées illégales sur leur sol du 1er janvier au 30 octobre 2019, contre 8 200 à la même période en 2018.

      De plus en plus de Marocains et d’Algériens

      Parmi les personnes interceptées par la police, de nombreux Marocains et Algériens qui empruntent de plus en plus cette route des Balkans après avoir rallié la Turquie – qu’ils rejoignent grâce à des facilités de visa. « J’aurais pu passer par la mer pour aller du Maroc en Espagne, mais c’était trop cher. Le passeur me demandait plus de 5 000 euros », explique Amir* un migrant marocain croisé à Ljubljana. « Passer par les Balkans, ça me coûte presque rien ».

      Un autre, traumatisé par la mer Méditerranée, n’a pas voulu tenter la traversée maritime. « Mon frère est mort en essayant d’aller en Espagne dans un canot. Passer par la Turquie et les Balkans, c’est plus long, mais c’est moins dangereux », explique ce migrant, lui aussi marocain.

      Selon les chiffres des autorités slovènes, les migrants maghrébins font partie des nationalités les plus arrêtés – avec les Pakistanais et les Afghans. Face à cette réalité, la police dit « surveiller de près l’évolution de la situation et adapter ses activités en conséquence ».

      « Pas besoin de passeurs »

      Est-ce facile de rallier l’Italie ? « Ce n’est pas si dur que ça », répond Amir. « Je me suis arrêté à Ljubljana, le temps de me racheter des bonnes chaussures de marche, de trouver un manteau plus chaud et je vais repartir bientôt. » Amir veut rejoindre la France et la région de Bordeaux où il a de la famille. « On va passer par la forêt avec un ami, pas besoin de passeurs, on se repère et on se déplace avec nos GSM ».

      De ce côté-ci du pays, pas de barbelés. Le passage est plus facile, affirment les migrants. « Le pire, c’est de passer la Croatie, les barbelés, les policiers violents, après ça va », affirme Amir. Le gouvernement slovène a écarté la possibilité d’installer une clôture à sa frontière ouest, comme l’avaient suggéré récemment plusieurs responsables politiques italiens. Mais les autorités n’ont pas lésiné sur les moyens déployés à la frontière italienne pour empêcher les migrants de passer. Des vidéos surveillances et des drones sont utilisés pour aider les forces de l’ordre.


      https://twitter.com/chaboite/status/1194641459384913920

      Dans la forêt qui recouvre une large partie de la frontière sloveno-italienne, les policiers s’appuient aussi sur les signalements des civils. « On reçoit parfois des coups de fils des habitants de la région. Ils nous disent quand ils croient apercevoir quelque chose d’inhabituel dans la montagne à tel ou tel endroit ».

      Les « techniques » de passage varient selon les saisons. « L’été, on remarque que les migrants marchent davantage. L’hiver, ils tentent de passer la frontière dans des voitures, des vans, des camionnettes. Il y a des passages parfois la nuit. Le plus souvent, ils marchent une dizaine de jours pour rallier Velika Kledusha, en Bosnie, à Trieste, en Italie ».

      124 personnes arrêtées en une semaine

      En fonction de tous ces paramètres, les patrouilles changent souvent de lieux et d’horaires. « Evidemment, on ne vous dira rien à ce sujet », sourit le commandant de police.

      Amir ne connaissait pas l’existence de patrouilles binationales. Mais il n’a pas l’air stressé par leur existence. « Il y a toujours des contrôles à une frontière, c’est comme ça ».

      La police slovène se dit, elle, satisfaite de ce dispositif. « Hier [le 12 novembre], nous avons intercepté 12 migrants qui tentaient de passer en Italie, ils étaient répartis dans trois voitures de passeurs », précise Vicjem Toskan, le commandant de police de Koper. « Et dans la semaine du 4 au 10 novembre, nous avons arrêté 124 personnes. Nos patrouilles ne font pas de miracles, mais, pour l’heure, force est de constater qu’elles ont fait leur preuve et qu’elles sont efficaces ».

      https://www.infomigrants.net/fr/post/20830/slovenie-des-patrouilles-de-police-quotidiennes-pour-intercepter-les-m

    • Slovénie : des patrouilles de police quotidiennes pour intercepter les migrants à la frontière italienne (3/3)

      Depuis le mois de juillet, des patrouilles binationales de

      policiers italiens et slovènes ont été mises sur pied pour tenter d’enrayer le flux grandissant de migrants tentant de passer dans le pays transalpin. InfoMigrants a pu rencontrer la police slovène dans la ville de Koper, non loin de la ville italienne de Trieste, où chaque semaine, des dizaines de migrants sont arrêtés.

      Il est midi quand la patrouille commence à rebrousser chemin. La pluie tombe depuis plusieurs heures et le brouillard est omniprésent. Les deux policiers slovènes et la policière italienne rentrent sans « avoir vu personne ». La faute aux intempéries sûrement. « Tenter une traversée par ce temps, c’est plus compliqué, mais ça existe, évidemment », explique la policière italienne qui a commencé à patrouiller à 7h du matin – et qui prend la direction du commissariat de Koper, dernière ville slovène avant l’Italie, pour faire son rapport.

      La surveillance du jour a eu lieu dans les montagnes de Kastelec et de Socerb, à une dizaine de kilomètres au nord de Koper, du haut desquelles on aperçoit la petite commune italienne de San Dorligo. Cette fois-ci, donc, aucun migrant n’a été intercepté.

      Depuis le mois de juillet, des patrouilles binationales, italiennes et slovènes, ont fait leur début le long de leur frontière commune. Elles dureront au moins jusqu’à la fin septembre. Objectif affiché des deux pays : freiner l’immigration clandestine sur la route des Balkans, en direction de l’Italie et de l’ouest de l’Europe.

      Si, au plus fort de la crise migratoire, en 2015, des dizaines de milliers de migrants et réfugiés en provenance de Syrie, d’Irak ou encore d’Afghanistan, avaient emprunté cet itinéraire, le flux s’était tari ces trois dernières années. Mais depuis le printemps 2019, la Slovénie a vu le nombre des arrivées en provenance de la Croatie augmenter de nouveau.

      « Plus de 22% de hausse de tentatives de traversées de l’Italie dans la région par rapport à l’année dernière », précise Vicjem Toskan, l’un des chefs de la police de la ville de Koper. Et plus de 70 % sur l’ensemble du territoire. Les autorités ont en effet recensé 14 000 traversées illégales sur leur sol du 1er janvier au 30 octobre 2019, contre 8 200 à la même période en 2018.

      De plus en plus de Marocains et d’Algériens

      Parmi les personnes interceptées par la police, de nombreux Marocains et Algériens qui empruntent de plus en plus cette route des Balkans après avoir rallié la Turquie – qu’ils rejoignent grâce à des facilités de visa. « J’aurais pu passer par la mer pour aller du Maroc en Espagne, mais c’était trop cher. Le passeur me demandait plus de 5 000 euros », explique Amir* un migrant marocain croisé à Ljubljana. « Passer par les Balkans, ça me coûte presque rien ».

      Un autre, traumatisé par la mer Méditerranée, n’a pas voulu tenter la traversée maritime. « Mon frère est mort en essayant d’aller en Espagne dans un canot. Passer par la Turquie et les Balkans, c’est plus long, mais c’est moins dangereux », explique ce migrant, lui aussi marocain.

      Selon les chiffres des autorités slovènes, les migrants maghrébins font partie des nationalités les plus arrêtés – avec les Pakistanais et les Afghans. Face à cette réalité, la police dit « surveiller de près l’évolution de la situation et adapter ses activités en conséquence ».

      « Pas besoin de passeurs »

      Est-ce facile de rallier l’Italie ? « Ce n’est pas si dur que ça », répond Amir. « Je me suis arrêté à Ljubljana, le temps de me racheter des bonnes chaussures de marche, de trouver un manteau plus chaud et je vais repartir bientôt. » Amir veut rejoindre la France et la région de Bordeaux où il a de la famille. « On va passer par la forêt avec un ami, pas besoin de passeurs, on se repère et on se déplace avec nos GSM ».

      De ce côté-ci du pays, pas de barbelés. Le passage est plus facile, affirment les migrants. « Le pire, c’est de passer la Croatie, les barbelés, les policiers violents, après ça va », affirme Amir. Le gouvernement slovène a écarté la possibilité d’installer une clôture à sa frontière ouest, comme l’avaient suggéré récemment plusieurs responsables politiques italiens. Mais les autorités n’ont pas lésiné sur les moyens déployés à la frontière italienne pour empêcher les migrants de passer. Des vidéos surveillances et des drones sont utilisés pour aider les forces de l’ordre.

      Dans la forêt qui recouvre une large partie de la frontière sloveno-italienne, les policiers s’appuient aussi sur les signalements des civils. « On reçoit parfois des coups de fils des habitants de la région. Ils nous disent quand ils croient apercevoir quelque chose d’inhabituel dans la montagne à tel ou tel endroit ».

      Les « techniques » de passage varient selon les saisons. « L’été, on remarque que les migrants marchent davantage. L’hiver, ils tentent de passer la frontière dans des voitures, des vans, des camionnettes. Il y a des passages parfois la nuit. Le plus souvent, ils marchent une dizaine de jours pour rallier Velika Kledusha, en Bosnie, à Trieste, en Italie ».

      124 personnes arrêtées en une semaine

      En fonction de tous ces paramètres, les patrouilles changent souvent de lieux et d’horaires. « Evidemment, on ne vous dira rien à ce sujet », sourit le commandant de police.

      Amir ne connaissait pas l’existence de patrouilles binationales. Mais il n’a pas l’air stressé par leur existence. « Il y a toujours des contrôles à une frontière, c’est comme ça ».

      La police slovène se dit, elle, satisfaite de ce dispositif. « Hier [le 12 novembre], nous avons intercepté 12 migrants qui tentaient de passer en Italie, ils étaient répartis dans trois voitures de passeurs », précise Vicjem Toskan, le commandant de police de Koper. « Et dans la semaine du 4 au 10 novembre, nous avons arrêté 124 personnes. Nos patrouilles ne font pas de miracles, mais, pour l’heure, force est de constater qu’elles ont fait leur preuve et qu’elles sont efficaces ».

      https://www.infomigrants.net/en/post/20830/slovenie--des-patrouilles-de-police-quotidiennes-pour-intercepter-les-

  • Pattuglie miste al confine, accelerazione da Berna

    Passo in avanti verso la creazione di pattuglie miste al confine che divide Svizzera e Italia. Se ne parla da diverso tempo ma oggi è filtrata da Berna la notizia secondo cui l’Amministrazione federale delle dogane ha confermato l’imminente istituzione di queste squadre ai due lati della frontiera che vede il coinvolgimento delle guardie di confine elvetiche e della #polizia_di_Stato.

    A questo proposito va però precisato che chi opererà al di fuori del suo paese non svolgerà funzioni operative ma collaborerà a livello informativo e di osservazione, limitandosi a fornire assistenza e supporto ai colleghi.

    L’obiettivo principale è quello di coordinare l’azione di contrasto all’immigrazione illegale sul territorio ma anche della piccola criminalità che ripara nel paese vicino dopo aver commesso azioni delittuose.

    Nei comuni svizzeri a ridosso della frontiera vi sono già state mobilitazioni, confluite in raccolte di firme contro la criminalità pendolare che commette rapine ai distributori e svaligia appartamenti: i numeri non sono elevati ma c’è apprensione tra la popolazione che aveva chiesto la chiusura notturna dei valichi doganali secondari (la sperimentazione effettuata recentemente in tre valichi svizzeri non è stata prorogata da Berna).

    L’istituzione delle pattuglie miste era prevista dall’intesa di cooperazione siglata nel novembre 2016 tra Italia e Svizzera e ora il loro varo è questione di poco tempo.

    https://www.tvsvizzera.it/tvs/sicurezza-alla-frontiera-italo-svizzera_pattuglie-miste-al-confine--accelerazione-da-berna/44748540

    #patrouilles_mixtes #migrations #réfugiés #asile #frontières #Suisse #Italie #frontière_sud-alpine #fermeture_des_frontières #militarisation_des_frontières #Italie #gardes-frontière