Intervista a #Moustapha_Dieng, segretario generale del Syndicat national autonome des pécheurs du Sénégal (Snaps).
Da domenica 17 novembre si è chiuso l’Accordo di pesca dell’UE con la Repubblica del Senegal: nessuna nave industriale battente bandiera europea potrà più pescare nelle acque senegalesi.
Il governo di Bassirou Diomaye Faye, eletto nel marzo scorso dichiara di aver rinunciato a questo protocollo nel quadro di una politica di riappropriazione delle risorse del paese 1. Queste dichiarazioni smentiscono le parole di Jean-Marc Pisani, ambasciatore dell’UE in Senegal, che aveva giustificato il mancato rinnovo del protocollo a causa dei “fallimenti” del Senegal nella lotta contro la pesca illegale.
È stato il Senegal a decidere di sospendere gli accordi di pesca con l’Unione Europea, con l’intento di tutelare le proprie risorse, e non il contrario.
Questo protocollo ha rappresentato un contributo europeo di 8,5 milioni di euro in cinque anni, ossia più di 5,5 miliardi di CFAF.
Per comprendere questa importante notizia abbiamo chiesto un commento a Moustapha Dieng, segretario generale del Syndicat national autonome des pécheurs du Sénégal (Snaps). Il tema del saccheggio delle risorse ittiche nella acque senegalesi, a seguito dell’accordo di partenariato con l’UE, era stato al centro di un episodio di Radio Melting Pot del 2022, in cui avevamo intervistato anche il sindacalista che vive a Saint-Louis, la più antica città coloniale francese dell’Africa occidentale 2.
Situata nel nord del paese, su un’isola alla foce del fiume Senegal, a 250 km dalla capitale Dakar, la città capitale dell’omonima regione, anche chiamata la “Venezia d’Africa”, si trova su una barriera naturale, la Langue de Barbarie.
I suoi abitanti, pescatori da secoli, vivono una delle regioni più vulnerabili ai cambiamenti climatici 3. L’innalzamento del livello del mare e l’erosione delle coste hanno costretto più di mille persone a lasciare le loro case, la loro terra, a volte le loro famiglie o la loro attività economica, la pesca 4.
Puoi commentare questa notizia e spiegarci cosa comporta questa decisione per i pescatori senegalesi che hanno vissuto per anni una situazione di vero e proprio saccheggio delle proprie acque territoriali?
Il Senegal ha deciso di mettere fine agli accordi di partenariato di pesca che permettevano all’Unione Europea, dal 2014, di essere presente con 38 navi industriali e poi altre 45 nella zona economica esclusiva del Senegal. Questi accordi hanno dato all’Unione Europea il diritto di pescare ogni anno fino a 10.000 tonnellate di tonno e 3.000 tonnellate di nasello a livello sperimentale.
Inoltre, questi accordi permettevano delle prese accessorie del 5% di crostacei, 15% di cefalopodi e 20% per tutte le altre specie.
Questi sono, per riassumere, gli accordi che hanno permesso lo sviluppo di una concorrenza pericolosissima per la pesca artigianale in Senegal. Perché il Senegal, è noto, è un paese dell’Africa occidentale con 718 chilometri di coste, con comunità di pescatori che operano lungo questi 718 chilometri di coste.
Questi pescatori praticano la pesca in maniera artigianale, una pesca di sussistenza che non crea pregiudizio alla riproduzione delle specie, con 23.000 imbarcazioni, piccole piroghe, e questa pesca assicura ai senegalesi più del 70% delle proteine animali di cui hanno bisogno, oltre a far lavorare circa 2 milioni di senegalesi sui 18 milioni.
Quindi dal 2014 i pescatori, avendo sentito questa concorrenza pericolosa, hanno iniziato ad alzare la voce, a mobilitarsi, a battersi contro questa decisione di Macky Sall (Presidente del paese dal 2 aprile 2012 al 2 aprile 2024 e, precedentemente, anche Primo ministro dal 2004 al 2007. ndr).
Perché già prima di questa decisione, dal 2010 al 2012, c’erano state 11 navi russe che pescavano qui, ma i pescatori senegalesi si sono battuti contro la presenza di queste navi russe e Macky Sall si è impegnato perché se ne andassero. Effettivamente, quando ha preso il potere nel 2012, Macky Sall ha allontanato queste navi, ma di fatto ha iniziato a rimpiazzarle con navi europee.
Ed è questo che noi non abbiamo capito, perché per i pescatori non sono né pro-russi, né pro-europei, né pro-americani, i pescatori sono pro-oceani. Vivono dell’oceano, è l’oceano che li fa vivere. E quello che vogliono è che le sue risorse siano preservate.
Purtroppo non è stato così con Macky Sall. Oggi, con il nuovo governo in carica, si potrà godere dei 718 chilometri di costa. Tutta la popolazione è fiduciosa ed è disposta a immaginare un avvenire diverso.
Pensiamo che questa campagna di pesca che stiamo portando avanti sarà di gran lunga migliore dei dieci anni che abbiamo vissuto. Sono questi dieci anni che hanno spinto i nostri figli verso le Isole Canarie, sono queste dieci anni che hanno fatto sì che i nostri bambini abbandonassero il lavoro che i loro padri avevano trasmesso loro per diventare, in Spagna, degli operai agricoli. E questo è degradante per i pescatori, non lo vogliamo, vogliamo che tutto questo finisca.
Credi che questa decisione ridurrà i rischi per i pescatori artigianali che non saranno più costretti a fare viaggi lunghi e pericolosi per raggiungere le acque della Mauritania, del Gambia e di Bissau-Guinea?
Bene, è vero che i senegalesi continueranno ad andare in Mauritania. Andranno in Guinea-Bissau, in Guinea Conakry andranno in Gambia. Perché? Perché il Senegal era un grande paese di pescatori.
Il Senegal era un grande paese di pescatori, mentre i nostri vicini a nord e a sud sono paesi dove c’è il pesce, ma non sono paesi di pescatori, è molto diverso.
Quindi, per noi, le nostre risorse non sono sufficienti. Siamo obbligati ad andare a cercarle nei paesi vicini. È per questo che ho sempre detto che gli accordi di pesca con l’Unione Europea violavano la Convenzione internazionale sul diritto del mare, che dice che un Paese che non ha eccedenze, non ha il diritto di vendere le sue risorse.
Noi non abbiamo eccedenze, non abbiamo mai avuto eccedenze. Quindi, quando firmiamo gli accordi e specifichiamo in questi accordi che questi si basano sulle eccedenze di nasello e di tonno, parliamo di pesca non vera. Diventa pesca non vera.
Perché è molto lontano dalla verità. Abbiamo continuato, nonostante la fine di questi accordi; ad esempio la Mauritania ci concede ogni anno 500 licenze per andare a pescare nelle sue acque territoriali 50.000 tonnellate di pesci pelagici. Continueremo a chiedere queste licenze.
Compriamo le licenze in Guinea-Bissau. Continueremo a comprare le licenze a Guinea-Bissau. Perché la nostra flotta è così.
La nostra popolazione è una popolazione di pescatori. Siamo obbligati ad andare nei paesi vicini a cercare il pesce. È per questo che non possiamo fermarci.
A Saint-Louis, dove tu vivi, l’impatto dei cambiamenti climatici ha già provocato migliaia di rifugiati e ogni anno, secondo alcuni rapporti, vengono persi circa cinque metri di costa.
Sulla barriera naturale della Langue de Barbarie, vivono 80mila persone. Sono pescatori da secoli. Qual’è la situazione in questi ultimi anni?
Effettivamente la Langue de Barbarie è popolata da comunità di pescatori. Nella Langue de Barbarie siamo obbligati ad abituarci, perché per noi il cambiamento climatico, anche se ora è aumentato, non è un fenomeno nuovo. Già durante la colonizzazione, negli anni ‘27 e ‘28, il governo francese è stato obbligato ad erigere un muro di protezione per la Langue de Barbarie.
Questo muro di protezione si è mantenuto fino agli anni 67-68, e nel ‘68 il governo senegalese ha creato un altro muro per rinforzare la protezione della Langue de Barbarie. Oggi ci sono ancora momenti difficili, ma fortunatamente l’avanzamento del mare è periodico. Dopo le grandi mareggiate che abbiamo subito, fortunatamente ci sono stati momenti di calma e durante questi momenti il mare si è ritirato.
Oggi, quando venite a Saint-Louis, il mare si è ritirato di circa 200 metri. Per le popolazioni che vivono sulla costa, è come se non fossero mai esistiti i problemi di erosione costiera.
È come se non avessero mai avuto problemi di erosione costiera. E questo continuerà per un po’, passerà ancora qualche anno prima che il mare torni ad avanzare.
Siamo appena tornate dalle isole Canarie e abbiamo potuto conoscere la forte presenza di persone che arrivano dal Senegal e affrontano un viaggio in mare lungo e pericoloso per arrivare su queste isole spagnole. Quali sono le maggiori cause che spingono le persone a spostarsi?
L’abbandono della pesca per andare verso le isole Canarie ha una sola ragione: la ragione è economica. E cosa è la causa? È la rarefazione delle risorse legate alla pesca. Il pescatore non trova più pesci, lì dove andava la sera e rientrava il mattino con la piroga piena di pesci. Oggi, bisogna fare viaggi di 3, 4, 5 giorni in mare per non tornare a mani vuote senza pesce. E se tu vivi unicamente di pesca, e in tutta la Langue de Barbarie le 80.000 persone che ci vivono dipendono solamente dall’oceano, non c’è un’altra soluzione. Non c’è altra soluzione che prendere la piroga e andare verso le isole Canarie e sperare di trovare lavoro in Europa. È la sola ragione.
Se oggi la situazione si rovesciasse, dopo la partenza delle navi europee, se il governo prendesse misure idonee per riorganizzare la pesca, perché i pesci tornino, vedreste viaggi in senso opposto: dei pesciatori che sono in Spagna a lavorare come operai agricoli o altro, che fanno altri lavori, abbandonerebbero ciò che fanno lì per tornare e ricominciare a pescare. È chiaro: se sono partiti è perché non ci sono pesci. Il giorno in cui sentiranno che ci sono i pesci, torneranno. Non hanno mai avuto bisogno di nessuno. Non hanno mai avuto bisogno di qualcuno che gli tendesse la mano. I pescatori non hanno mai avuto bisogno nemmeno del governo.
La prova è che quando venite in altri quartieri, vedete migliaia di bambini che non sono mai andati a scuola. E che sono cresciuti nel quartiere, che si sono formati alla scuola coranica e dopo la scuola coranica hanno imparato il mestiere dei loro padri. Nel quartiere dei loro padri. Sono diventati pescatori e vivono decentemente di questo lavoro. Fino al giorno in cui è iniziata questa concorrenza sleale. Quindi siamo categorici: il giorno in cui il pesce tornerà, i bambini torneranno. Questo è chiaro.
1. Fin des accords de peche : bon vent !, Oumou Wane – Seneplus (15 novembre 2024) ↩︎
2. Saint-Louis su Wikipedia ↩︎
3. In Senegal il mare sta cancellando Saint-Louis, Altreconomia (settembre 2022) ↩︎
4. Declaration de Saint-Louis pour la justice climatique (novembre 2024) ↩︎