#piantedosi

  • Rotta balcanica, Piantedosi lancia le brigate antimigranti

    A margine del trilaterale a Trieste il 2 novembre scorso, il ministro snocciola i numeri dei respingimenti dopo la sospensione di Schengen. E annuncia: quando i controlli alle frontiere finiranno, il governo vuole istituire “brigate miste” (di polizia). Dove? Con chi? E con quale mandato?

    Nell’edizione del 20 ottobre dell’Unità avevo esaminato la misura di ripristino dei controlli alle frontiere interne deciso dall’Italia al confine italo-sloveno mettendo in rilievo come tale decisione fosse in contrasto con quanto disposto dal Codice Schengen. Su questo il Codice prevede la possibilità di un temporaneo ripristino dei controlli alle frontiere interne solo come extrema ratio in caso di minaccia all’ordine pubblico e che “la migrazione e l’attraversamento delle frontiere esterne di un gran numero di cittadini di paesi terzi non dovrebbero in sé essere considerate una minaccia per l’ordine pubblico o la sicurezza interna” (Codice Schengen, considerando 26). Ben presto le dichiarazioni del Governo italiano hanno reso evidente come dietro questo ripristino, inutile e quanto mai problematico per la vita sociale ed economica del Friuli Venezia Giulia, ci sia una sola finalità ovvero quella di ostacolare l’ingresso nell’Unione Europea, ad iniziare dal confine esterno tra la Croazia e la Bosnia, a coloro che sono in cerca di protezione e che, per il diritto dell’Unione, hanno invece diritto, alle frontiere e nel territorio degli Stati dell’Unione, di chiedere asilo (Direttiva 2013/32/UE art. 3) e gli Stati hanno il dovere assoluto di non respingerli.

    Le affermazioni rese dal ministro Piantedosi nella conferenza stampa tenutasi a Trieste il 2 novembre 2023, a conclusione dell’incontro trilaterale con gli omologhi sloveno e croato, sono state tanto esplicite quanto sconcertanti. Il ministro ha reso noto che nei primi dieci giorni di vigenza dei controlli alla frontiera sono stati effettuati 220 respingimenti. Non sono state fornite ulteriori informazioni, né il ministro, come ha fatto invece in passato, ha rivendicato la possibilità che vengano respinti o riammessi informalmente anche coloro che al confine italiano chiedono asilo. Sulla radicale illegittimità delle riammissioni informali attuate dall’Italia verso la Slovenia nei confronti di richiedenti asilo si era già espresso con estrema chiarezza il Tribunale ordinario di Roma con due distinte ordinanze, nel gennaio 2021 e nel maggio 2023. Non sappiamo se i dati forniti da Piantedosi riguardino cittadini stranieri che sono stati illegittimamente respinti dopo che è stato loro impedito di chiedere asilo in Italia e se, come impone la normativa a tutti coloro che sono fermati venga “assicurata l’informazione sulla procedura di protezione internazionale” (T.U. Immigrazione art. 10.3).

    Infine non sappiamo se nei confronti degli stranieri respinti sia stato emesso un provvedimento amministrativo scritto e motivato in fatto e in diritto, notificato al soggetto interessato e impugnabile innanzi all’autorità giudiziaria, o se di tali provvedimenti non c’è traccia. Neppure sappiamo se tali respingimenti sono stati realmente tali o se si è trattato di operazioni di impedimento all’ingresso in Italia attuati in territorio sloveno con la collaborazione della polizia italiana. Sono questioni dirimenti sulle quali il ministro dovrà fornire al più presto le necessarie informazioni. Lo stesso Piantedosi ha altresì annunciato che, non appena i controlli alle frontiere cesseranno (al momento sono prorogati fino al 20 novembre), è intenzione del Governo prevedere l’istituzione di “brigate miste” (di polizia) da “rendere stabili nel tempo”. Il termine utilizzato – brigate – è già piuttosto militaresco, ma, soprattutto, tali brigate miste come sarebbero composte, con quale mandato e con quali garanzie opererebbero al di fuori del territorio italiano? Anche sul confine sloveno-croato e su quello croato-bosniaco?

    Un’espressione in particolare, tra quelle usate da Piantedosi, risulta inquietante: il ministro ha affermato che le operazioni di respingimento finora attuate vanno considerate solo come i “primi segnali di una filiera della deterrenza da proseguire con i colleghi”. Il termine deterrenza è sempre associato a una funzione intimidatrice (nel diritto penale ci si è sempre interrogati se la minaccia della sanzione funga o meno da deterrenza). Nel linguaggio politico la deterrenza è rivolta verso un nemico ovvero verso colui che rappresenta un grave pericolo e nei cui confronti, all’occorrenza, si può usare violenza. A chi è diretta la funzione di deterrenza cui si riferisce Piantedosi? Agli stranieri che sono in fuga dai loro paesi affinché non lo facciano? A chi intende chiedere asilo affinché comprenda con metodi convincenti che ciò è inutile? Le parole usate dal ministro sono gravi perché le normative internazionali ed europee e il diritto interno dispongono che l’operato della polizia di frontiera non sia finalizzato ad attuare alcuna deterrenza bensì sia esclusivamente rivolto all’esecuzione di legittimi compiti di controllo dell’attraversamento dei confini; le guardie di frontiera sono tenute infatti ad operare nello stretto ambito delle funzioni attribuite loro dalla legge, e nei confronti di chi viene controllato “devono essere garantiti i diritti fondamentali sanciti nella Convenzione europea sui diritti dell’uomo e nella Carta sui diritti fondamentali dell’Unione europea. I controlli di frontiera devono rispettare pienamente i divieti di infliggere trattamenti inumani o degradanti e di agire in maniera discriminatoria” (Manuale per le guardie di frontiera a cura della Commissione Europea 6.11.2006 punto 1.2).

    Inoltre “a tutti i cittadini di paese terzo che lo desiderano deve essere data la possibilità di chiedere asilo/protezione internazionale alla frontiera (anche nelle zone di transito aeroportuali e portuali). A tal fine, le autorità di frontiera devono informare i richiedenti, in una lingua che possa essere da loro sufficientemente compresa, delle procedure da seguire” (Manuale punto 10.2). La rotta balcanica e i confini tra i diversi Stati, da sempre, ma in particolare dal 2018, sono segnati da inenarrabili violenze, illegalità e soprusi condotti dalle polizie dei diversi Stati coinvolti (a volte si tratta di uomini in divisa, altre volte mascherati, ma comunque operanti sempre all’interno di un preciso mandato). I rapporti su queste violenze sono scioccanti e sono così numerosi da riempire un’intera biblioteca; si tratta di violenze ed illegalità avvenute sia ai confini interni dell’Unione Europea che ai confini esterni della stessa. Una situazione che rappresenta, insieme alle violenze attuate sul confine polacco-bielorusso, una delle pagine più oscure dell’Europa. Uno dei luoghi caratterizzati da maggiori violenze è il confine della Croazia con la Bosnia dove i respingimenti arbitrari, uniti ad efferate violenze non sono mai cessati. Secondo il rapporto Trattati come animali – Respingimenti di persone in cerca di protezione dalla Croazia in Bosnia Erzegovina, edito nel maggio 2023 a cura di Human Rights Watch (H.C.R.) una delle più autorevoli organizzazioni di tutela dei diritti umani a livello internazionale, i respingimenti illegittimi e le violenze, anche efferate, da parte della polizia croata, solo nel 2022, hanno riguardato quasi 30.000 persone, e sono proseguiti nel 2023.

    Il Rapporto evidenzia che “Le forze di polizia conducono spesso i respingimenti in modo violento, rendendosi responsabili di lesioni fisiche e umiliazioni deliberate”. Inoltre “secondo la maggior parte delle testimonianze raccolte da HRW, i poliziotti croati indossano le uniformi, guidano mezzi della polizia e si identificano come agenti per non lasciare alcun dubbio sull’ufficialità del loro ruolo”. Si tratta dunque di una pratica di esplicita deterrenza condotta verso persone inermi che stanno esclusivamente tentando di esercitare il loro diritto a chiedere asilo. “Molti bambini hanno dovuto assistere mentre i loro padri, fratelli maggiori o parenti venivano picchiati, o manganellati o presi a spintoni”, prosegue il Rapporto. La Slovenia non sfugge alla censura operata dalla citata organizzazione internazionale giacché il Rapporto osserva come “in base all’accordo di riammissione tra Slovenia e Croazia, la polizia slovena invia sommariamente i migranti irregolari che sono entrati nel paese passando dalla Croazia, indipendentemente dal fatto che abbiano chiesto asilo in Slovenia. A loro volta le autorità croate generalmente si affrettano a trasferirli in Bosnia o Serbia”.

    Al drammatico Rapporto di H.R.W. si aggiungono i dati diffusi dal Centro per la Pace di Zagabria che da anni svolge un attento lavoro di monitoraggio della situazione del rispetto della legalità in Croazia, secondo cui nel solo mese di luglio 2023 sono stati respinti illegalmente dalla Croazia alla Bosnia 673 persone, tra cui 43 bambini. 369 di essi erano afgani, con tutta evidenza rifugiati. Il 95% delle persone respinte ha subito trattamenti inumani e degradanti tassativamente proibiti dall’art. 3 della CEDU (Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo) mentre l’81% ha subito il furto dei propri averi e la distruzione delle proprie cose. E’ in questi cupi contesti che il ministro Piantedosi vorrebbe organizzare le “brigate”? Vuole forse trascinare la polizia italiana in inaccettabili contesti di violenza di cui essere spettatore inerme oppure complice? Confida nella collaborazione della piccola Slovenia, paese cuscinetto, nel realizzare una più respingimenti a catena? Un monitoraggio su quanto rischia di accadere al nostro tormentato confine orientale, da parte di enti di tutela ed organizzazioni internazionali, nonché da parte del Parlamento, è divenuto indispensabile ed urgente.

    https://www.unita.it/2023/11/07/rotta-balcanica-piantedosi-lancia-le-brigate-antimigranti
    #Balkans #route_des_Balkans #asile #migrations #réfugiés #Piantedosi #brigades_mixtes #contrôles_frontaliers #refoulements #push-backs #Slovénie #frontière_sud-alpine #contrôles_systématiques_aux_frontières #chiffres #statistiques #patrouilles_mixtes #dissuasion

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    ajouté au fil de discussion sur la réintroduction des contrôles systématiques à la frontière entre Italie et Slovénie :
    https://seenthis.net/messages/1021994

    et à la métaliste sur les patrouilles mixtes :
    https://seenthis.net/messages/910352

  • La Tunisia rifiuta i respingimenti collettivi e le deportazioni di migranti irregolari proposti da #Meloni e #Piantedosi

    1.Il risultato del vertice di Tunisi era già chiaro prima che Giorgia Meloni, la presidente della Commissione europea Von del Leyen ed il premier olandese Mark Rutte incontrassero il presidente Saied. Con una operazione di immagine inaspettata, il giorno prima del vertice, l’uomo che aveva lanciato mesi fa la caccia ai migranti subsahariani presenti nel suo paese, parlando addirittura del rischio di sostituzione etnica, si recava a Sfax, nella regione dalla quale si verifica la maggior parte delle partenze verso l’Italia, e come riferisce Il Tempo, parlando proprio con un gruppo di loro, dichiarava : “ Siamo tutti africani. Questi migranti sono nostri fratelli e li rispettiamo, ma la situazione in Tunisia non è normale e dobbiamo porre fine a questo problema. Rifiutiamo qualsiasi trattamento disumano di questi migranti che sono vittime di un ordine mondiale che li considera come ‘numeri’ e non come esseri umani. L’intervento su questo fenomeno deve essere umanitario e collettivo, nel quadro della legge”. Lo stesso Saied, secondo quanto riportato dalla Reuters, il giorno precedente la visita, aggiungeva che di fronte alla crescente mobilità migratoria “La soluzione non sarà a spese della Tunisia… non possiamo essere una guardia per i loro paesi”.

    Alla fine del vertice non c’è stata una vera e propria conferenza stampa congiunta, ma è stata fatta trapelare una Dichiarazione sottoscritta anche da Saied che stabilisce una sorta di roadmap verso un futuro Memorandum d’intesa (MoU) tra la Tunisia e l’Unione europea, che si dovrebbe stipulare entro il prossimo Consiglio europeo dei capi di governo che si terrà a fine giugno. L’Ue e la Tunisia hanno dato incarico, rispettivamente, al commissario europeo per l’Allargamento Oliver Varheliy e al ministro degli Esteri tunisino Nabil Ammar di stilare un memorandum d’intesa (Memorandum of Understanding, MoU) sul pacchetto di partnership allargata, che dovrebbe essere sottoscritto dalla Tunisia e dall’Ue “prima di fine giugno”. Una soluzione che sa tanto di rinvio, nella quale certamente non si trovano le richieste che il governo Meloni aveva cercato di fare passare, già attraverso il Consiglio dei ministri dell’Unione europea di Lussemburgo, restando poi costretto ad accettare una soluzione di compromesso, che non prevedeva affatto -come invece era stato richiesto- i respingimenti collettivi in alto mare, delegati alla Guardia costiera tunisina, e le deportazioni in Tunisia di migranti irregolari o denegati, dopo una richiesta di asilo, giunti in Italia dopo un transito temporaneo da quel paese.

    Secondo Piantedosi, “la Tunisia è già considerata un Paese terzo sicuro da provvedimenti e atti ufficiali italiani” e “La Farnesina ha già una lista formale di Stati terzi definiti sicuri. Sia in Africa, penso al Senegal, così come nei Balcani”. Bene che nella sua conferenza stampa a Catania, censurata dai media, non abbia citato la Libia, dopo avere chiesto la collaborazione del generale Haftar per bloccare le partenze verso l’Italia. Ma rimane tutto da dimostrare che la Tunisia sia un “paese terzo sicuro”, soprattutto per i cittadini non tunisini, generalmente provenienti dall’area subsahariana, perchè il richiamo strumentale che fa il ministro dell’interno alla lista di “paesi terzi sicuri” approvata con decreti ministeriali ed ampliata nel corso del tempo, riguarda i cittadini tunisini che chiedono asilo in Italia, e che comunque possono fare valere una richiesta di protezione internazionale, non certo i migranti provenienti da altri paesi e transitati in Tunisia, che si vorrebbero deportare senza troppe formalità, dopo procedure rapide in frontiera. Una possibilità che ancora non è concessa allo stato della legislazione nazionale e del quadro normativo europeo (in particolare dalla Direttiva Rimpatri 2008/115/CE), che si dovrebbe comunque modificare prima della entrata in vigore, ammsso che ci si arrivi prima delle prossime elezioni europee, del Patto sulla migrazione e l’asilo recentemente approvato a Lussemburgo.

    La Presidente della Comissione Europea, nella brevissima conferenza stampa tenuta dopo la chiusura del vertice di Tunisi ha precisato i punti essenziali sui quali si dovrebbe trovare un accordo tra Bruxelles e Tunisi, Fondo monetario internazionale permettendo. Von der Leyen ha confermato che la Ue è pronta a mobilitare 900 milioni di euro di assistenza finanziaria per Tunisi. I tempi però non saranno brevi. “La Commissione europea valuterà l’assistenza macrofinanziaria non appena sarà trovato l’accordo (con il Fmi) necessario. E siamo pronti a mobilitare fino a 900 milioni di euro per questo scopo di assistenza macrofinanziaria. Come passo immediato, potremmo fornire subito un ulteriore sostegno al bilancio fino a 150 milioni di euro”. Come riferisce Adnkronos, “Tunisi dovrebbe prima trovare l’intesa con il Fondo Monetario Internazionale su un pacchetto di aiuti, a fronte del quale però il Fondo chiede riforme, che risulterebbero impopolari e che la leadership tunisina esita pertanto ad accollarsi”. Secondo Adnkronos, L’Ue intende “ripristinare il Consiglio di associazione” tra Ue e Tunisia e l’Alto Rappresentante Josep Borrell “è pronto ad organizzare il prossimo incontro entro la fine dell’anno”, ha sottolineato la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen al termine dell’incontro. L’esecutivo comunitario è pronto ad aiutare la Tunisia con un pacchetto basato su cinque pilastri, il principale dei quali è costituito da aiuti finanziari per oltre un miliardo di euro. Il primo è lo sviluppo economico. “Sosterremo la Tunisia, per rafforzarne l’economia. La Commissione Europea sta valutando un’assistenza macrofinanziaria, non appena sarà trovato l’accordo necessario. Siamo pronti a mobilitare fino a 900 milioni di euro per questo scopo. E, come passo immediato, potremmo fornire altri 150 milioni di euro di sostegno al bilancio“. “Il secondo pilastro – continua von der Leyen – sono gli investimenti e il commercio. L’Ue è il principale investitore straniero e partner commerciale della Tunisia. E noi proponiamo di andare oltre: vorremmo modernizzare il nostro attuale accordo commerciale. C’è molto potenziale per creare posti di lavoro e stimolare la crescita qui in Tunisia. Un focus importante per i nostri investimenti è il settore digitale. Abbiamo già una buona base“. Sempre secondo quanto riferito da Adnkronos, “La Commissione Europea sta lavorando ad un memorandum di intesa con la Tunisia nelle energie rinnovabili, campo nel quale il Paese nordafricano ha un potenziale “enorme”, mentre l’Ue ne ha sempre più bisogno, per alimentare il processo di elettrificazione e decarbonizzazione della sua economia, spiega la presidente. L’energia è “il terzo pilastro” del piano in cinque punti che von der Leyen ha delineato al termine della riunione”.

    Quest’anno l’Ue “fornirà alla Tunisia 100 milioni di euro per la gestione delle frontiere, ma anche per la ricerca e il soccorso, la lotta ai trafficanti e il rimpatrio”, annuncia ancora la presidente. Il controllo dei flussi migratori è il quarto pilastro del programma che von der Leyen ha delineato per i rapporti bilaterali tra Ue e Tunisia. Per la presidente della Commissione europea, l’obiettivo “è sostenere una politica migratoria olistica radicata nel rispetto dei diritti umani. Entrambi abbiamo interesse a spezzare il cinico modello di business dei trafficanti di esseri umani. È orribile vedere come mettono deliberatamente a rischio vite umane, a scopo di lucro. Lavoreremo insieme su un partenariato operativo contro il traffico di esseri umani e sosterremo la Tunisia nella gestione delle frontiere”.

    Nel pacchetto di proposte comprese nel futuro Memorandum d’intesa UE-Tunisia, che si dovrebbe sottoscrivere entro la fine di giugno, rientrerebbero anche una serie di aiuti economici all’economia tunisina, in particolare nei settori dell’agricoltura e del turismo, e nuove possibilità di mobilità studentesca, con programmi tipo Erasmus. Nulla di nuovo, ed anche una dotazione finanziaria ridicola, se si pensa ai 200 milioni di euro stanziati solo dall’Italia con il Memorandum d’intesa con la Tunisia siglato da Di Maio per il triennio 2021-2023. Semmai sarebbe interessante sapere come stati spesi quei soldi, visti i risultati sulla situazione dei migranti in transito in Tunisia, nelle politiche di controllo delle frontiere e nei soccorsi in mare.

    2. Non è affatto vero dunque che sia passata la linea dell’Italia per due ragioni fondamentali. L’Italia chiedeva una erogazione immediata degli aiuti europei alla Tunisia e una cooperazione operativa nei respingimenti collettivi in mare ed anche la possibilità di riammissione in Tunisia di cittadini di paesi terzi ( non tunisini) giunti irregolarmente nel nostro territorio, o di cui fosse stata respinta la domanda di protezione nelle procedure in frontiera. Queste richieste della Meloni (e di Piantedosi) sono state respinte, e non rientrano nel Memorandum d’intesa che entro la fine del mese Saied dovrebbe sottoscrivere con l’Unione Europea (il condizionale è d’obbligo).

    Gli aiuti europei sono subordinati all’accettazione da parte di Saied delle condizioni poste dal Fondo Monetario internazionale per l’erogazione del prestito fin qui rifiutato dal presidente. Un prestito che sarebbe condizionato al rispetto di paramentri monetari e di abbattimento degli aiuti pubblici, e forse anche al rispetto dei diritti umani, che in questo momento non sono accettati dal presidente tunisino, ormai di fatto un vero e proprio autocrate. Con il quale la Meloni, ormai lanciata verso il presidenzialismo all’italiana, si riconosce più di quanto non facciano esponenti politici di altri paesi europei. Al punto che persino Mark Rutte, che nel suo paese ha attuato politiche migratorie ancora più drastiche di quelle propagandate dal governo italiano, richiama, alla fine del suo intervento, l’esigenza del rispetto dei diritti umani delle persone migranti, come perno del nuovo Memorandum d’intesa tra la Tunisia e l’Unione Europea.

    Per un altro verso, la “lnea dell’Italia”, dunque la politica dei “respingimenti su delega”, che si vorrebbe replicare con la Tunisia, sul modello di quanto avviene con le autorità libiche, delegando a motovedette, donate dal nostro paese e coordinate anche dall’agenzia europea Frontex, i respingimenti collettivi in acque internazionali, non sembra di facile applicazione per evidenti ragioni geografiche e geopolitiche.

    La Tunisia non e’ la Libia (o la Turchia), le autorità centrali hanno uno scarso controllo dei punti di partenza dei migranti e la corruzione è molto diffusa. Sembra molto probabile che le partenze verso l’Italia continueranno ad aumentare in modo esponenziale nelle prossime settimane. Aumentare le dotazioni di mezi e i supporti operativi in favore delle motovedette tunisine si è già dimostrata una politica priva di efficacia e semmai foriera di stragi in mare. Sulle stragi in mare neppure una parola dopo il vertice di Tunisi. Non è vero che la diminuzione delle partenze dalla Tunisia nel mese di maggio sia conseguenza della politica migratoria del governo Meloni, risultando soltanto una conseguenza di un mese caratterizzato da condizioni meteo particolarmente sfavorevoli, come ha riconosciuto anchel’OIM e l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), e come tutti hanno potuto constatare anche in Italia. Vedremo con il ritorno dell’estate se le partenze dalla Tunisia registreranno ancora un calo.

    La zona Sar (di ricerca e salvataggio) tunisina si limita alle acque territoriali (12 miglia dalla costa) ed i controlli affidati alle motovedette tunisine non si possono svolgere oltre. Difficile che le motovedette tunisine si spingano nella zona Sar “libica” o in quella maltese. Continueranno ad intercettare a convenienza, quando i trafficanti non pagheranno abbastanza per corrompere, ed i loro interventi, condotti spesso con modalità di avvicinamento che mettono a rischio la vita dei naufraghi, non ridurranno di certo gli arrivi sulle coste italiane di cittadini tunisini e subsahariani. Per il resto il futuribile Memorandum d’intesa Tunisia-Libia, che ancora e’ una scatola vuota, e che l’Unione europea vincola al rispetto dei diritti umani, dunque anche agli obblighi internazionali di soccorso in mare, non può incidere in tempi brevi sui rapporti bilaterali tra Roma e Tunisi, che sono disciplinati da accordi bilaterali che si dovrebbero modificare successivamente, sempre in conformità con la legislazione ( e la Costituzione) italiana e la normativa euro-unitaria. Dunque non saranno ogettto di nuovi accordi a livello europeo con la Tunisia i respingimenti collettivi vietati dall’art.19 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e non si potranno realizzare, come vorrebero la Meloni e Piantedosi, deportazioni in Tunisia di cittadini di altri paesi terzi, peraltro esclusi dai criteri di “connessione” richiesti nella “proposta legislativa” adottata dal Consiglio dei ministri dell’interno di Lussemburgo. E si dovranno monitorare anche i respingimenti di cittadini tunisini in Tunisia, dopo la svolta autoritaria impressa dall’autocrate Saied che ha fatto arrestare giornalisti e sindacalisti, oltre che numerosi membri dei partiti di opposizione. In ogni caso non si dovranno dimenticare le condanne ricevute dall’Italia da parte della Corte europea dei diritti dell’Uomo, proprio per i respingimenti differiti effettuati ai danni di cittadini tunisini (caso Khlaifia). Faranno morire ancora centinaia di innocenti. Dare la colpa ai trafficanti non salva dal fallimento politico e morale nè l’Unione Europea nè il governo Meloni.

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    Saied, inaccettabili centri migranti in Tunisia

    (ANSA) – TUNISI, 11 GIU – Il presidente tunisino Kais Saied, nel suo incontro con la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, della presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen e del primo ministro olandese Mark Rutte “ha fatto notare che la soluzione che alcuni sostengono segretamente di ospitare in Tunisia migranti in cambio di somme di denaro è disumana e inaccettabile, così come le soluzioni di sicurezza si sono dimostrate inadeguate, anzi hanno aumentato le sofferenze delle vittime della povertà e delle guerre”. Lo si legge in un comunicato della presidenza tunisina, pubblicato al termine dell”incontro. (ANSA).

    2023-06-11 18:59

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    ANSA/Meloni e l”Ue incassano prima intesa ma Saied alza posta

    (dell”inviato Michele Esposito)

    (ANSA) – TUNISI, 11 GIU – Una visita lampo, una dichiarazione congiunta che potrebbe portare ad un cruciale memorandum d”intesa, un orizzonte ancora confuso dal continuo alzare la posta di Kais Saied. Il vertice tra Ursula von der Leyen, Giorgia Meloni, Mark Rutte e il presidente tunisino potrebbe segnare un prima e un dopo nei rapporti tra l”Ue e il Paese nordafricano. Al tavolo del palazzo presidenziale di Cartagine, per oltre due ore, i quattro hanno affrontato dossier a dir poco spigolosi, dalla gestione dei migranti alla necessità di un”intesa tra Tunisia e Fmi. La luce verde sulla prima intesa alla fine si è accesa. “E” un passo importante, dobbiamo arrivare al Consiglio europeo con un memorandum già siglato tra l”Ue e la Tunisia”, è l”obiettivo fissato da Meloni, che ha rilanciato il ruolo di prima linea dell”Italia nei rapporti tra l”Europa e la sponda Sud del Mediterraneo. Nel Palazzo voluto dal padre della patria tunisino, Habib Bourguiba, von der Leyen, Meloni e Rutte sono arrivati con l”ideale divisa del Team Europe. I tre, di fatto, hanno rappresentato l”intera Unione sin da quando, a margine del summit in Moldavia della scorsa settimana, è nata l”idea di accelerare sul dossier tunisino. I giorni successivi sono stati segnati da frenetici contatti tra gli sherpa. Il compromesso, iniziale e generico, alla fine è arrivato. L”Ue sborserà sin da subito, e senza attendere il Fondo Monetario Internazionale, 150 milioni di euro a sostegno del bilancio tunisino. E” un primo passo ma di certo non sufficiente per Saied. Sulla seconda parte del sostegno europeo, il pacchetto di assistenza macro-finanziaria da 900 milioni, l”Ue tuttavia non ha cambiato idea: sarà sborsato solo dopo l”intesa tra Saied e l”Fmi. Intesa che appare ancora lontana: poco dopo la partenza dei tre leader europei, la presidenza tunisina ha infatti invitato il Fondo a “rivedere le sue ricette” ed evitare “diktat”, sottolineando che gli aiuti da 1,9 miliardi, sotto forma di prestiti, “non porteranno benefici” alla popolazione. La difficoltà di mettere il punto finale al negoziato tra Ue e Tunisia sta anche in un altro dato: la stessa posizione europea è frutto di un compromesso tra gli Stati membri. Non è un caso, ad esempio, che sia stato Rutte, portatore delle istanze dei Paesi del Nord, a spiegare come la cooperazione tra Ue e Tunisia sulla gestione dei flussi irregolari debba avvenire “in accordo con i diritti umani”. La dichiarazione congiunta, in via generica, fa riferimento ai principali nodi legati ai migranti: le morti in mare, la necessità di aumentare i rimpatri dell”Europa degli irregolari, la lotta ai trafficanti. Von der Leyen ha messo sul piatto sovvenzioni da 100 milioni di euro per sostenere i tunisini nel contrasto al traffico illegale e nelle attività di search & rescue. Meloni, dal canto suo, ha annunciato “una conferenza su migrazione e sviluppo in Italia, che sarà un ulteriore tappa nel percorso del partenariato” tra l”Ue e Tunisi. Saied ha assicurato il suo impegno sui diritti umani e nella chiusura delle frontiere sud del Paese, ma sui rimpatri la porta è aperta solo a quella per i tunisini irregolari. L”ipotesi che la Tunisia, come Paese di transito sicuro, ospiti anche i migranti subsahariani, continua a non decollare. “L”idea, che alcuni sostengono segretamente, che il Paese ospiti centri per i migranti in campo di somme di danaro è disumana e inaccettabile”, ha chiuso Saied. La strada, insomma, rimane in salita. La strategia dell”Ue resta quella adottata sin dalla prima visita di un suo commissario – Paolo Gentiloni – lo scorso aprile: quella di catturare il sì di Saied con una partnership economica ed energetica globale e di lungo periodo, in cui la migrazione non è altro che un ingranaggio. Ma Tunisi, su diritti e rule of law, deve fare di più. “L”Ue vuole investire nella stabilità tunisina. Le difficoltà del suo percorso democratico si possono superare”, ha detto von der Leyen. Delineando la mano tesa dell”Europa ma anche la linea rossa entro la quale va inquadrata la nuova partnership. (ANSA).

    2023-06-11 19:55

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    Statement 11 June 2023 Tunis
    The European Union and Tunisia agreed to work together on a comprehensive partnership package (https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/statement_23_3202)

    European Commission – Statement
    The European Union and Tunisia agreed to work together on a comprehensive partnership package
    Tunis, 11 June 2023

    Building on our shared history, geographic proximity, and strong relationship, we have agreed towork together on a comprehensive partnership package, strengthening the ties that bind us in a mutually beneficial manner.
    We believe there is enormous potential to generate tangible benefits for the EU and Tunisia. The comprehensive partnership would cover the following areas:

    - Strengthening economic and trade ties ,

    - A sustainable and competitive energy partnership

    - Migration

    - People-to-people contacts

    The EU and Tunisia share strategic priorities and in all these areas, we will gain from working together more closely.
    Our economic cooperation will boost growth and prosperity through stronger trade and investment links, promoting opportunities for businesses including small and medium sized enterprises. Economic support, including in the form of Macro Financial Assistance, will also be considered. Our energy partnership will assist Tunisia with the green energy transition, bringing down costs and creating the framework for trade in renewables and integration with the EU market.
    As part of our joint work on migration, the fight against irregular migration to and from Tunisia and the prevention of loss of life at sea, is a common priority, including fighting against smugglers and human traffickers, strengthening border management, registration and return in full respect of human rights.
    People-to-people contacts are central to our partnership and this strand of work will encompass stronger cooperation on research, education, and culture, as well as developing Talent Partnerships, opening up new opportunities for skills development and mobility, especially for youth.

    Enhanced political and policy dialogue within the EU-Tunisia Association Council before the end of the year will offer an important opportunity to reinvigorate political and institutional ties, with the aim of addressing common international challenges together and preserving the rules-based order.
    We have tasked the Minister of Foreign Affairs, Migration and Tunisians Abroad and the
    Commissioner for Neighbourhood and Enlargement to work out a Memorandum of Understanding on the comprehensive partnership package, to be endorsed by Tunisia and the European Union before the end of June.

    https://www.a-dif.org/2023/06/11/la-tunisia-rifiuta-i-respingimenti-collettivi-e-le-deportazioni-di-migranti-i

    #Tunisie #externalisation #asile #migrations #réfugiés #Memorandum_of_Understanding (#MoU) #Italie #frontières #externalisation_des_frontières #réadmission #accord_de_réadmission #refoulements_collectifs #pays_tiers_sûr #développement #aide_au_développement #conditionnalité_de_l'aide #énergie #énergies_renouvelables

    #modèle_tunisien

    • EU offers Tunisia over €1bn to stem migration

      Brussels proposes €255mn in grants for Tunis, linking longer-term loans of up to €900mn to reforms

      The EU has offered Tunisia more than €1bn in a bid to help the North African nation overcome a deepening economic crisis that has prompted thousands of migrants to cross the Mediterranean Sea to Italy.

      The financial assistance package was announced on Sunday in Tunis after Ursula von der Leyen, accompanied by the prime ministers of Italy and the Netherlands, Giorgia Meloni and Mark Rutte, met with Tunisian president Kais Saied. The proposal still requires the endorsement of other EU governments and will be linked to Tunisian authorities passing IMF-mandated reforms.

      Von der Leyen said the bloc is prepared to mobilise €150mn in grants “right now” to boost Tunisia’s flagging economy, which has suffered from surging commodity prices linked to Russia’s invasion of Ukraine. Further assistance in the form of loans, totalling €900mn, could be mobilised over the longer-term, she said.

      In addition, Europe will also provide €105mn in grants this year to support Tunisia’s border management network, in a bid to “break the cynical business model of smugglers and traffickers”, von der Leyen said. The package is nearly triple what the bloc has so far provided in migration funding for the North African nation.

      The offer of quick financial support is a boost for Tunisia’s embattled president, but longer-term support is contingent on him accepting reforms linked to a $1.9bn IMF package, a move Saied has been attempting to defer until after presidential elections next year.

      Saied has refused to endorse the IMF loan agreement agreed in October, saying he rejected foreign “diktats” that would further impoverish Tunisians. The Tunisian leader is wary of measures such as reducing energy subsidies and speeding up the privatisation of state-owned enterprises as they could damage his popularity.

      Meloni, who laid the groundwork for the announcement after meeting with Saied on Tuesday, has been pushing Washington and Brussels for months to unblock financial aid for Tunisia. The Italian leader is concerned that if the north African country’s economy imploded, it would trigger an even bigger wave of people trying to cross the Mediterranean.

      So far this year, more than 53,000 migrants have arrived in Italy by boat, more than double compared with the same period last year — with a sharp increase in boats setting out from Tunisia one factor behind the surge.

      The agreement was “an important step towards creating a true partnership to address the migration crisis,” Meloni said on Sunday.

      In February, Saied stoked up racist violence against people from sub-Saharan African countries by saying they were part of a plot to change Tunisia’s demographic profile.

      His rhetoric has softened in an apparent bid to improve the image of the deal with the EU. Visiting a camp on Saturday, he criticised the treatment of migrants “as mere numbers”. However, he added, “it is unacceptable for us to play the policeman for other countries”.

      The Tunisian Forum for Economic and Social Rights think-tank criticised the EU’s visit on Sunday as “an attempt to exploit [Tunisia’s] political, economic and social fragility”.

      The financial aid proposal comes days after European governments agreed on a long-awaited migration package that will speed up asylum proceedings and make it easier for member states to send back people who are denied asylum.

      The package also includes proposals to support education, energy and trade relations with the country, including by investing in Tunisia’s renewable energy network and allowing Tunisian students to take part in student exchange programme Erasmus+.

      The presence of the Dutch prime minister, usually a voice for fiscally conservative leaders in the 27-strong bloc, indicated that approval of the package would not be as difficult to achieve as other foreign funding requests. The Netherlands, while not a frontline country like Italy, has also experienced a spike in so-called secondary migration, as many of the people who arrive in southern Europe travel on and apply for asylum in northern countries.

      Calling the talks “excellent”, Rutte said that “the window is open, we all sense there’s this opportunity to foster this relationship between the EU and Tunisia”.

      https://www.ft.com/content/82d6fc8c-ee95-456a-a4e1-8c2808922da3

    • Migrations : les yeux doux de #Gérald_Darmanin au président tunisien

      Pour promouvoir le Pacte sur la migration de l’Union européenne, le ministre de l’Intérieur en visite à Tunis a flirté avec les thèses controversées de Kais Saied, présentant le pays comme une « victime » des flux de réfugiés.

      Quand on sait que l’on n’obtiendra pas ce que l’on désire de son hôte, le mieux est de porter la faute sur un tiers. Le ministre français de l’Intérieur, Gérald Darmanin, a fait sienne cette stratégie durant sa visite dimanche 18 et lundi 19 juin en Tunisie. Et tant pis pour les pays du Sahel, victimes collatérales d’un échec annoncé.

      Accompagné de son homologue allemande, Nancy Faeser, le premier flic de France était en Tunisie pour expliquer au président tunisien Kais Saied le bien-fondé du Pacte sur la migration et l’asile en cours de validation dans l’Union européenne. Tel quel, il pourrait faire de la Tunisie un pays de transit ou d’établissement pour les migrants refoulés au nord de la Méditerranée. La Tunisie n’a jamais accepté officiellement d’être le gardien des frontières de l’Europe, même du temps du précédent président de la République, Béji Caïd Essebsi – officieusement, les gardes-côtes ont intercepté plus de 23 000 migrants de janvier à mai. Ce n’est pas le très panarabisant Kais Saied qui allait céder.

      Surtout que le chef de l’Etat aux méthodes autoritaires avait déjà refusé pareille proposition la semaine dernière, lors de la visite de la présidente de la Commission européenne, Ursula von der Leyen, accompagnée de Giorgia Meloni et Mark Rutte, chefs du gouvernement italien et néerlandais, malgré les promesses de plus d’un milliard d’euros d’aides à long terme (des projets budgétés de longue date pour la plupart). Kais Saied avait encore réitéré son refus au téléphone le 14 juin à Charles Michel, le président du Conseil européen.
      « Grand remplacement »

      Peu de chance donc que Gérald Darmanin et Nancy Faeser, « simples » ministres de l’Intérieur aient plus de succès, bien que leurs pays pèsent « 40 % du budget de l’Union européenne », comme l’a malicieusement glissé le ministre français. Alors pour ne pas repartir complètement bredouille, le locataire de la place Beauvau a promis du concret et flirté avec les thèses très controversées de Kais Saied.

      La France a promis une aide bilatérale de 25,8 millions d’euros pour « acquérir les équipements nécessaires et organiser les formations utiles, des policiers et des gardes-frontières tunisiens pour contenir le flux irrégulier de migrants ». Darmanin a surtout assuré que la Tunisie ne deviendra pas « la garde-frontière de l’Union européenne, ce n’est pas sa vocation ». Au contraire, il a présenté l’ancienne puissance carthaginoise comme une « victime » du flux migratoire.

      « Les Tunisiens qui arrivent de manière irrégulière sur le territoire européen sont une portion très congrue du nombre de personnes qui traversent à partir de la Tunisie la Méditerranée pour venir en Europe. Il y a beaucoup de Subsahariens notamment qui prennent ces routes migratoires », a ajouté le ministre de l’Intérieur français. Un argument martelé depuis des mois par les autorités tunisiennes. Dans un discours reprenant les thèses du « grand remplacement », Kais Saied, le 21 février, avait provoqué une campagne de haine et de violence contre les Subsahariens. Ces derniers avaient dû fuir par milliers le pays. Sans aller jusque-là, Gérald Darmanin a joué les VRP de Kais Saied, déclarant qu’« à la demande de la Tunisie », la France allait jouer de ses « relations diplomatiques privilégiées » avec ces pays (Côte d’Ivoire, Sénégal, Cameroun, notamment) pour « prévenir ces flux ». Si les migrants arrivant par bateaux en Italie sont, pour beaucoup, des Subsahariens – le nombre d’Ivoiriens a été multiplié par plus de 7 depuis le début de l’année par rapport à l’an dernier à la même période –, les Tunisiens demeurent, selon le HCR, la première nationalité (20 %) à débarquer clandestinement au sud de l’Europe depuis 2021.
      Préférence pour Giorgia Meloni

      Gérald Darmanin a quand même soulevé un ancien contentieux : le sort de la vingtaine de Tunisiens radicalisés et jugés dangereux actuellement présents sur le territoire français de façon illégale. Leur retour en Tunisie pose problème. Le ministre français a affirmé avoir donné une liste de noms (sans préciser le nombre) à son homologue tunisien. En attendant de savoir si son discours contribuera à réchauffer les relations avec le président tunisien – ce dernier ne cache pas sa préférence pour le franc-parler de Giorgia Meloni, venue deux fois ce mois-ci – Gérald Darmanin a pu profiter de prendre le café avec Iheb et Siwar, deux Tunisiens réinstallés dans leur pays d’origine via une aide aux retours volontaires mis en place par l’Office français de l’immigration et de l’intégration. En 2022, les Tunisiens ayant eu recours à ce programme étaient… 79. Quand on est envoyé dans une guerre impossible à gagner, il n’y a pas de petite victoire.

      https://www.liberation.fr/international/afrique/migrations-les-yeux-doux-de-gerald-darmanin-au-president-tunisien-2023061
      #Darmanin #France

    • Crisi economica e rimpatri: cosa stanno negoziando Ue e Tunisia

      Con l’economia del Paese nordafricano sempre più in difficoltà, l’intreccio tra sostegno finanziario ed esternalizzazione delle frontiere si fa sempre più stretto. E ora spunta una nuova ipotesi: rimpatriare in Tunisia anche cittadini di altri Paesi

      Durante gli ultimi mesi di brutto tempo in Tunisia, il governo italiano ha più volte dichiarato di aver compiuto «numerosi passi avanti nella difesa dei nostri confini», riferendosi al calo degli arrivi di migranti via mare dal Paese nordafricano. Ora che il sole estivo torna a splendere sulle coste del Sud tunisino, però, le agenzie stampa segnalano un nuovo «aumento delle partenze». Secondo l’Ansa, durante le notti del 18 e 19 giugno, Lampedusa ha contato prima dodici, poi altri quindici sbarchi. Gli arrivi sono stati 18, con 290 persone in totale, anche tra la mezzanotte e le due del 23 giugno. Come accadeva durante i mesi di febbraio e marzo, a raggiungere le coste siciliane sono soprattutto ivoriani, malesi, ghanesi, nigeriani, sudanesi, egiziani. I principali porti di partenza delle persone che raggiungono l’Italia via mare, nel 2023, si trovano soprattutto in Tunisia.

      È durante questo giugno piovoso che la presidente del Consiglio Giorgia Meloni è atterrata a Tunisi non una ma ben due volte, con l’intento di negoziare quello che ha tutta l’aria di uno scambio: un maggior sostegno finanziario al bilancio di una Tunisia sempre più in crisi in cambio di ulteriori azioni di militarizzazione del Mediterraneo centrale. Gli aiuti economici promessi da Bruxelles, necessari perché la Tunisia eviti la bancarotta, sono condizionati alla firma di un nuovo accordo con il Fondo monetario internazionale. Il prezzo da pagare, però, sono ulteriori passi avanti nel processo di esternalizzazione della frontiera dell’Unione europea. Un processo già avviato da anni che, come abbiamo raccontato nelle precedenti puntate di #TheBigWall, si è tradotto in finanziamenti alla Tunisia per un valore di 59 milioni di euro dal 2011 a oggi, sotto forma di una lunga lista di equipaggiamenti a beneficio del ministero dell’Interno tunisino.

      Che l’Italia si stia nuovamente muovendo in questo senso, è stato reso noto dalla documentazione raccolta tramite accesso di richiesta agli atti da IrpiMedia in collaborazione con ActionAid sull’ultimo finanziamento di 12 milioni di euro approvato a fine 2022. A dimostrarlo, è anche l’ultima gara d’appalto pubblicata da Unops, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Servizi di Progetto, che dal 2020 fa da intermediario tra il inistero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale italiano (Maeci) e il ministero dell’Interno tunisino, per la fornitura di sette nuove motovedette, in scadenza proprio a giugno.

      Le motovedette si sommano al recente annuncio, reso noto da Altreconomia a marzo 2023, della fornitura di 100 pick-up Nissan Navara alla Guardia nazionale tunisina. Con una differenza, però: Roma non negozia più da sola con Tunisi, ma si impone come mediatrice tra il Paese nordafricano e l’Unione europea. Secondo le informazioni confidenziali diffuse da una fonte diplomatica vicina ai negoziati Tunisia-Ue, la lista più recente sottoposta dalla Tunisia alla Commissione europea includerebbe anche «droni, elicotteri e nuove motovedette per un totale di ulteriori 200 milioni di euro». Durante la visita del 19 giugno, anche la Francia ha annunciato un nuovo sostegno economico a Tunisi del valore di 26 milioni di euro finalizzato a «contrastare la migrazione».

      Il prezzo del salvataggio dalla bancarotta sono i migranti

      Entro fine giugno è attesa la firma del nuovo memorandum tra Unione europea e Tunisia. Ad annunciarlo è stata la presidente della Commissione Ue Ursula Von der Leyen, arrivata a Tunisi l’11 giugno insieme a Giorgia Meloni e a Mark Rutte, il primo ministro olandese.

      La visita ha fatto seguito al Consiglio dell’Ue, il vertice che riunisce i ministri competenti per discutere e votare proposte legislative della Commissione in cui sono stati approvati alcuni provvedimenti che faranno parte del Patto sulla migrazione e l’asilo. L’intesa, che dovrebbe sostituire anche il controverso Regolamento di Dublino ma deve ancora essere negoziata con l’Europarlamento, si lega alle trattative con la Tunisia. Tra i due dossier esiste un parallelismo tracciato dalla stessa Von Der Leyen che, a seguito del recente naufragio di fronte alle coste greche, ha dichiarato: «Sulla migrazione dobbiamo agire in modo urgente sia sul quadro delle regole che in azioni dirette e concrete. Per esempio, il lavoro che stiamo facendo con la Tunisia per stabilizzare il Paese, con l’assistenza finanziaria e investendo nella sua economia».

      Nel frattempo, in Tunisia, la situazione economica si è fatta sempre più complicata. Il 9 giugno, infatti, l’agenzia di rating Fitch ha declassato il Paese a “-CCC” per quanto riguarda l’indice Idr, Issuer default ratings, ovvero il misuratore della capacità di solvenza di aziende e fondi sovrani. Più è basso, più è alta la possibilità, secondo Fitch, che il Paese (o la società, quando l’indice Idr si applica alle società) possa finire in bancarotta. Colpa principalmente delle trattative fallite tra il governo di Tunisi e il Fondo monetario internazionale (Fmi): ad aprile 2023, il presidente Kais Saied ha rifiutato pubblicamente un prestito da 1,9 miliardi di dollari.

      Principale ragione del diniego tunisino sono stati i «diktat», ha detto Saied il 6 aprile, imposti dal Fmi, cioè una serie di riforme con possibili costi sociali molto alti. Al discorso, sono seguite settimane di insistente lobbying da parte italiana, a Tunisi come a Washington, perché si tornasse a discutere del prestito. Gli aiuti promessi da Von Der Leyen in visita a Tunisi (900 milioni di euro di prestito condizionato, oltre ai 150 milioni di sostegno bilaterale al bilancio) sono infatti condizionati al sì dell’Fmi.

      La Tunisia, quindi, ha bisogno sempre più urgentemente di sostegno finanziario internazionale per riuscire a chiudere il bilancio del 2023 e a rispettare le scadenze del debito pubblico estero. E le trattative per fermare i flussi migratori si intensificano. A giugno 2023, come riportato da AnsaMed, Meloni ha dichiarato di voler «risolvere alla partenza» la questione migranti, proprio durante la firma del Patto sull’asilo a Bruxelles. Finanziamenti in cambio di misure di controllo delle partenze, quindi. Ma di che tipo? Per un’ipotesi che tramonta, un’altra sembra prendere corpo.
      I negoziati per il nuovo accordo di riammissione

      La prima ipotesi è trasformare la Tunisia in un hotspot, una piattaforma esterna all’Unione europea per lo smistamento di chi avrebbe diritto a una forma di protezione e chi invece no. È un’idea vecchia, che compariva già nelle bozze di accordi Ue-Tunisia fermi al 2018, dove si veniva fatto esplicito riferimento ad «accordi regionali di sbarco» tra Paesi a Nord del Mediterraneo e Paesi a Sud, e a «piattaforme di sbarco […] complementari a centri controllati nel territorio Ue». All’epoca, la Tunisia rispose con un secco «no» e anche oggi sembra che l’esito sarà simile. Secondo una fonte vicina alle trattative in corso per il memorandum con l’Ue, «è improbabile che la Tunisia accetti di accogliere veri e propri centri di smistamento sul territorio».

      L’opinione del presidente tunisino Kais Saied, infatti, è ben diversa dai toni concilianti con i quali ha accolto i rappresentanti politici europei, da Meloni ai ministri dell’Interno di Francia (Gérald Darmanin) e Germania (Nancy Faeser), questi ultimi incontrati lo scorso 19 giugno. Saied ha più volte ribadito che «non saremo i guardiani dell’Europa», provando a mantenere la sua immagine pubblica di “anti-colonialista” e sovranista.

      Sotto la crescente pressione economica, esiste comunque la possibilità che il presidente tunisino scenda a più miti consigli e rivaluti l’idea della Tunisia come hotspot. In questo scenario, i Paesi Ue potrebbero rimandare in Tunisia non solo persone tunisine a cui è negata la richiesta d’asilo, ma anche persone di altre nazionalità che hanno qualche tipo di legame (ancora tutto da definire nei dettagli) con la Tunisia. Il memorandum Tunisia-Ue, quindi, potrebbe includere delle clausole relative non solo ai rimpatri dei cittadini tunisini, ma anche alle riammissioni di cittadini di altri Paesi.

      A sostegno di questa seconda ipotesi ci sono diversi elementi. Il primo è un documento della Commissione europea sulla cooperazione estera in ambito migratorio, visionato da IrpiMedia, datato maggio 2022, ma anticipato da una bozza del 2017. Nel documento, in riferimento a futuri accordi di riammissione, si legge che la Commissione avrebbe dovuto lanciare, «entro la fine del 2022», «i primi partenariati con i Paesi nordafricani, tra cui la Tunisia». Il secondo elemento è contenuto nell’accordo raggiunto dal Consiglio sul Patto. Su pressione dell’Italia, la proposta di legge prevede la possibilità di mandare i richiedenti asilo in un Paese terzo considerato sicuro, sulla base di una serie di fattori legati al rispetto dei diritti umani in generale e dei richiedenti asilo più nello specifico.
      I dubbi sulla Tunisia, Paese terzo sicuro

      A marzo 2023 – durante il picco di partenze dalla Tunisia a seguito di un violento discorso del presidente nei confronti della comunità subsahariana nel Paese – la lista dei Paesi di origine considerati sicuri è stata aggiornata, e include ormai non solo la Tunisia stessa, sempre più insicura, come raccontato nelle puntate precedenti, ma anche la Costa d’Avorio, il Ghana, la Nigeria. Che rappresentano ormai le prime nazionalità di sbarco.

      In questo senso, aveva attirato l’attenzione la richiesta da parte delle autorità tunisine a inizio 2022 di laboratori mobili per il test del DNA, utilizzati spesso nei commissariati sui subsahariani in situazione di regolarità o meno. Eppure, nel contesto la situazione della comunità subsahariana nel Paese resta estremamente precaria. Solo la settimana scorsa un migrante di origine non chiara, ma subsahariano, è stato accoltellato nella periferia di Sfax, dove la tensione tra famiglie tunisine in situazioni sempre più precarie e subsahariani continua a crescere.

      Malgrado un programma di ritorno volontario gestito dall’Organizzazione internazionale delle migrazioni (Oim), continua a esistere una tendopoli di fronte alla sede dell’organizzazione internazionale. La Tunisia, dove manca un quadro legale sul diritto di asilo che tuteli quindi chi viene riconosciuto come rifugiato da UNHCR, continua a non essersi dotata di una zona Sar (Search & Rescue). Proprio a questo fa riferimento esplicito la bozza del nuovo patto sull’asilo firmato a Bruxelles. Una delle condizioni richieste, allora, potrebbe essere proprio quella di notificare all’Organizzazione marittima internazionale (Imo) una zona Sar una volta ottenuti tutti gli equipaggiamenti richiesti dal ministero dell’Interno tunisino.

      https://irpimedia.irpi.eu/thebigwall-crisi-economica-rimpatri-cosa-stanno-negoziando-ue-tunisia
      #crise_économique #UE #externalisation

    • Pour garder ses frontières, l’Europe se précipite au chevet de la Tunisie

      Alors que le régime du président #Kaïs_Saïed peine à trouver un accord avec le #Fonds_monétaire_international, la Tunisie voit plusieurs dirigeants européens — notamment italiens et français — voler à son secours. Un « soutien » intéressé qui vise à renforcer le rôle de ce pays comme garde-frontière de l’Europe en pleine externalisation de ses frontières.

      C’est un fait rarissime dans les relations internationales. En l’espace d’une semaine, la présidente du Conseil italien, Giorgia Meloni, aura effectué deux visites à Tunis. Le 7 juin, la dirigeante d’extrême droite n’a passé que quelques heures dans la capitale tunisienne. Accueillie par son homologue Najla Bouden, elle s’est ensuite entretenue avec le président Kaïs Saïed qui a salué, en français, une « femme qui dit tout haut ce que d’autres pensent tout bas ». Quatre jours plus tard, c’est avec une délégation européenne que la présidente du Conseil est revenue à Tunis.

      Accompagnée de la présidente de la Commission européenne #Ursula_von_der_Leyen et du premier ministre néerlandais #Mark_Rutte, Meloni a inscrit à l’agenda de sa deuxième visite les deux sujets qui préoccupent les leaders européens : la #stabilité_économique de la Tunisie et, surtout, la question migratoire, reléguant au second plan les « #valeurs_démocratiques ».

      Un pacte migratoire

      À l’issue de cette rencontre, les Européens ont proposé une série de mesures en faveur de la Tunisie : un #prêt de 900 millions d’euros conditionné à la conclusion de l’accord avec le Fonds monétaire international (#FMI), une aide immédiate de 150 millions d’euros destinée au budget, ainsi que 105 millions pour accroitre la #surveillance_des_frontières. Von der Leyen a également évoqué des projets portant sur l’internet à haut débit et les énergies vertes, avant de parler de « rapprochement des peuples ». Le journal Le Monde, citant des sources bruxelloises, révèle que la plupart des annonces portent sur des fonds déjà budgétisés. Une semaine plus tard, ce sont #Gérald_Darmanin et #Nancy_Faeser, ministres français et allemande de l’intérieur qui se rendent à Tunis. Une #aide de 26 millions d’euros est débloquée pour l’#équipement et la #formation des gardes-frontières tunisiens.

      Cet empressement à trouver un accord avec la Tunisie s’explique, pour ces partenaires européens, par le besoin de le faire valoir devant le Parlement européen, avant la fin de sa session. Déjà le 8 juin, un premier accord a été trouvé par les ministres de l’intérieur de l’UE pour faire évoluer la politique des 27 en matière d’asile et de migration, pour une meilleure répartition des migrants. Ainsi, ceux qui, au vu de leur nationalité, ont une faible chance de bénéficier de l’asile verront leur requête examinée dans un délai de douze semaines. Des accords devront également être passés avec certains pays dits « sûrs » afin qu’ils récupèrent non seulement leurs ressortissants déboutés, mais aussi les migrants ayant transité par leur territoire. Si la Tunisie acceptait cette condition, elle pourrait prendre en charge les milliers de subsahariens ayant tenté de rejoindre l’Europe au départ de ses côtes.

      Dans ce contexte, la question des droits humains a été esquivée par l’exécutif européen. Pourtant, en mars 2023, les eurodéputés ont voté, à une large majorité, une résolution condamnant le tournant autoritaire du régime. Depuis le mois de février, les autorités ont arrêté une vingtaine d’opposants dans des affaires liées à un « complot contre la sûreté de l’État ». Si les avocats de la défense dénoncent des dossiers vides, le parquet a refusé de présenter sa version.

      L’allié algérien

      Depuis qu’il s’est arrogé les pleins pouvoirs, le 25 juillet 2021, Kaïs Saïed a transformé la Tunisie en « cas » pour les puissances régionales et internationales. Dans les premiers mois qui ont suivi le coup de force, les pays occidentaux ont oscillé entre « préoccupations » et compréhension. Le principal cadre choisi pour exprimer leurs inquiétudes a été celui du G 7. C’est ainsi que plusieurs communiqués ont appelé au retour rapide à un fonctionnement démocratique et à la mise en place d’un dialogue inclusif. Mais, au-delà des proclamations de principe, une divergence d’intérêts a vite traversé ce groupement informel, séparant les Européens des Nord-Américains. L’Italie — et dans une moindre mesure la France — place la question migratoire au centre de son débat public, tandis que les États-Unis et le Canada ont continué à orienter leur communication vers les questions liées aux droits et libertés. En revanche, des deux côtés de l’Atlantique, le soutien à la conclusion d’un accord entre Tunis et le FMI a continué à faire consensus.

      La fin de l’unanimité occidentale sur la question des droits et libertés va faire de l’Italie un pays à part dans le dossier tunisien. Depuis 2022, Rome est devenue le premier partenaire commercial de Tunis, passant devant la France. Ce changement coïncide avec un autre bouleversement : la Tunisie est désormais le premier pays de départ pour les embarcations clandestines en direction de l’Europe, dans le bassin méditerranéen. Constatant que la Tunisie de Kaïs Saïed a maintenu une haute coopération en matière de #réadmission des Tunisiens clandestins expulsés du territoire italien, Rome a compris qu’il était dans son intérêt de soutenir un régime fort et arrangeant, en profitant de son rapprochement avec l’Algérie d’Abdelmadjid Tebboune, qui n’a jamais fait mystère de son soutien à Kaïs Saïed. Ainsi, en mai 2022, le président algérien a déclaré qu’Alger et Rome étaient décidées à sortir la Tunisie de « son pétrin ». Les déclarations de ce type se sont répétées sans que les autorités tunisiennes, d’habitude plus promptes à dénoncer toute ingérence, ne réagissent publiquement. Ce n’est pas la première fois que l’Italie et l’#Algérie — liées par un #gazoduc traversant le territoire tunisien — s’unissent pour soutenir un pouvoir autoritaire en Tunisie. Déjà, en 1987, Zine El-Abidine Ben Ali a consulté Rome et Alger avant de déposer le président Habib Bourguiba.

      L’arrivée de Giorgia Meloni au pouvoir en octobre 2022 va doper cette relation. La dirigeante d’extrême droite, élue sur un programme de réduction drastique de l’immigration clandestine, va multiplier les signes de soutien au régime en place. Le 21 février 2023, un communiqué de la présidence tunisienne dénonce les « menaces » que font peser « les hordes de migrants subsahariens » sur « la composition démographique tunisien ». Alors que cette déclinaison tunisienne de la théorie du « Grand Remplacement » provoque l’indignation, — notamment celle de l’Union africaine (UA) — l’Italie est le seul pays à soutenir publiquement les autorités tunisiennes. Depuis, la présidente du Conseil italien et ses ministres multiplient les efforts diplomatiques pour que la Tunisie signe un accord avec le FMI, surtout depuis que l’UE a officiellement évoqué le risque d’un effondrement économique du pays.

      Contre les « diktats du FMI »

      La Tunisie est en crise économique au moins depuis 2008. Les dépenses sociales engendrées par la révolution, les épisodes terroristes, la crise du Covid et l’invasion de l’Ukraine par la Russie n’ont fait qu’aggraver la situation du pays.

      L’accord avec l’institution washingtonienne est un feuilleton à multiples rebondissements. Fin juillet 2021, avant même la nomination d’un nouveau gouvernement, Saïed charge sa nouvelle ministre des Finances Sihem Namsia de poursuivre les discussions en vue de l’obtention d’un prêt du FMI, prélude à une série d’aides financières bilatérales. À mesure que les pourparlers avancent, des divergences se font jour au sein du nouvel exécutif. Alors que le gouvernement de Najla Bouden semble disposé à accepter les préconisations de l’institution financière (restructuration et privatisation de certaines entreprises publiques, arrêt des subventions sur les hydrocarbures, baisse des subventions sur les matières alimentaires), Saïed s’oppose à ce qu’il qualifie de « diktats du FMI » et dénonce une politique austéritaire à même de menacer la paix civile. Cela ne l’empêche pas de promulguer la loi de finances de l’année 2023 qui reprend les principales préconisations de l’institution de Bretton Woods.

      En octobre 2022, un accord « technique » a été trouvé entre les experts du FMI et ceux du gouvernement tunisien et la signature définitive devait intervenir en décembre. Mais cette dernière étape a été reportée sine die, sans aucune explication.

      Ces dissensions au sein d’un exécutif censé plus unitaire que sous le régime de la Constitution de 2014 trouvent leur origine dans la vision économique de Kaïs Saïed. Après la chute de Ben Ali, les autorités de transition ont commandé un rapport sur les mécanismes de corruption du régime déchu. Le document final, qui pointe davantage un manque à gagner (prêts sans garanties, autorisations indument accordées…) que des détournements de fonds n’a avancé aucun chiffre. Mais en 2012, le ministre des domaines de l’État Slim Ben Hmidane a avancé celui de 13 milliards de dollars (11,89 milliards d’euros), confondant les biens du clan Ben Ali que l’État pensait saisir avec les sommes qui se trouvaient à l’étranger. Se saisissant du chiffre erroné, Kaïs Saïed estime que cette somme doit être restituée et investie dans les régions marginalisées par l’ancien régime. Le 20 mars 2022, le président promulgue une loi dans ce sens et nomme une commission chargée de proposer à « toute personne […] qui a accompli des actes pouvant entraîner des infractions économiques et financières » d’investir l’équivalent des sommes indument acquises dans les zones sinistrées en échange de l’abandon des poursuites.

      La mise en place de ce mécanisme intervient après la signature de l’accord technique avec le FMI. Tandis que le gouvernement voulait finaliser le pacte avec Washington, Saïed mettait la pression sur la commission d’amnistie afin que « la Tunisie s’en sorte par ses propres moyens ». Constatant l’échec de sa démarche, le président tunisien a préféré limoger le président de la commission et dénoncer des blocages au sein de l’administration. Depuis, il multiplie les appels à un assouplissement des conditions de l’accord avec le FMI, avec l’appui du gouvernement italien. Le 12 juin 2023, à l’issue d’une rencontre avec son homologue italien, Antonio Tajani, le secrétaire d’État américain Anthony Blinken s’est déclaré ouvert à ce que Tunis présente un plan de réforme révisé au FMI.

      Encore une fois, les Européens font le choix de soutenir la dictature au nom de la stabilité. Si du temps de Ben Ali, l’islamisme et la lutte contre le terrorisme étaient les principales justifications, c’est aujourd’hui la lutte contre l’immigration, devenue l’alpha et l’oméga de tout discours politique et électoraliste dans une Europe de plus en plus à droite, qui sert de boussole. Mais tous ces acteurs négligent le côté imprévisible du président tunisien, soucieux d’éviter tout mouvement social à même d’affaiblir son pouvoir. À la veille de la visite de la délégation européenne, Saïed s’est rendu à Sfax, deuxième ville du pays et plaque tournante de la migration clandestine. Il est allé à la rencontre des populations subsahariennes pour demander qu’elles soient traitées avec dignité, avant de déclarer que la Tunisie ne « saurait être le garde-frontière d’autrui ». Un propos réitéré lors de la visite de Gérald Darmanin et de son homologue allemande, puis à nouveau lors du Sommet pour un nouveau pacte financier à Paris, les 22 et 23 juin 2023.

      https://orientxxi.info/magazine/pour-garder-ses-frontieres-l-europe-se-precipite-au-chevet-de-la-tunisie

    • Perché oggi Meloni torna in Tunisia

      È la terza visita da giugno: l’obiettivo è un accordo per dare al paese aiuti economici europei in cambio di più controlli sulle partenze di migranti

      Nella giornata di domenica è previsto un viaggio istituzionale in Tunisia della presidente del Consiglio italiana Giorgia Meloni, insieme alla presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen e al primo ministro olandese #Mark_Rutte. Per Meloni è la terza visita in Tunisia in poco più di un mese: era andata da sola una prima volta il 6 giugno, e poi già insieme a von der Leyen e Rutte l’11 giugno.

      Il motivo delle visite è stata una serie di colloqui con il presidente tunisino, l’autoritario Kais Saied, per firmare un “memorandum d’intesa” tra Unione Europea e Tunisia che ha l’obiettivo di fornire un aiuto finanziario al governo tunisino da circa un miliardo di euro. Questi soldi si aggiungerebbero al prestito del Fondo Monetario Internazionale (#FMI) da 1,7 miliardi di euro di cui si parla da tempo e che era stato chiesto dalla Tunisia per provare a risolvere la sua complicata situazione economica e sociale.

      Il memorandum, di cui non sono stati comunicati i dettagli, secondo fonti a conoscenza dei fatti impegnerebbe la Tunisia ad applicare alcune riforme chieste dall’FMI, e a collaborare maggiormente nel bloccare le partenze di migranti e richiedenti asilo che cercano di raggiungere l’Italia via mare.

      Nell’incontro dell’11 giugno le discussioni non erano andate benissimo, e avevano portato solo alla firma di una dichiarazione d’intenti. La visita di domenica dovrebbe invece concludersi con una definizione degli accordi, almeno nelle intenzioni dei leader europei. «Speriamo di concludere le discussioni che abbiamo iniziato a giugno», aveva detto venerdì la vice portavoce della Commissione Europea Dana Spinant annunciando il viaggio di domenica.

      Il memorandum d’intesa prevede che l’Unione Europea offra alla Tunisia aiuti finanziari sotto forma di un prestito a tassi agevolati di 900 milioni di euro – da erogare a rate nei prossimi anni – oltre a due contributi a fondo perduto rispettivamente da 150 milioni di euro, come contributo al bilancio nazionale, e da 100 milioni di euro per impedire le partenze delle imbarcazioni di migranti. Quest’ultimo aiuto di fatto replicherebbe su scala minore quelli dati negli anni scorsi a Libia e Turchia affinché impedissero con la forza le partenze di migranti e richiedenti asilo.

      Dell’accordo si è parlato molto criticamente nelle ultime settimane per via delle violenze in corso da tempo nel paese, sia da parte della popolazione locale che delle autorità, nei confronti dei migranti subsahariani che transitano nel paese nella speranza di partire via mare verso l’Europa (e soprattutto verso l’Italia). Da mesi il presidente Kais Saied – che negli ultimi tre anni ha dato una svolta autoritaria al governo del paese – sta usando i migranti come capro espiatorio per spiegare la pessima situazione economica e sociale in cui si trova la Tunisia.

      Ha più volte sostenuto che l’immigrazione dai paesi africani faccia parte di un progetto di «sostituzione demografica per rendere la Tunisia un paese unicamente africano, che perda i suoi legami con il mondo arabo e islamico». Le sue parole hanno causato reazioni razziste molto violente da parte di residenti e polizia nei confronti dei migranti, con arresti arbitrari e varie aggressioni. L’ultimo episodio è stato segnalato all’inizio di luglio, quando le forze dell’ordine tunisine hanno arrestato centinaia di migranti provenienti dall’Africa subsahariana e li hanno portati con la forza in una zona desertica nell’est del paese al confine con la Libia.

      https://www.ilpost.it/2023/07/16/tunisia-meloni

    • Firmato a Tunisi il memorandum d’intesa tra Tunisia e Ue, Meloni: «Compiuto passo molto importante»

      Saied e la delegazione Ue von der Leyen, Meloni e #Rutte siglano il pacchetto complessivo di 255 milioni di euro per il bilancio dello Stato nordafricano e per la gestione dei flussi migratori. 5 i pilastri dell’intesa

      E’ stato firmato il Memorandum d’intesa per una partnership strategica e globale fra Unione europea e Tunisia. L’Ue ha diffuso il video della cerimonia di firma, alla quale erano presenti la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, il premier dell’Olanda Mark Rutte e il presidente tunisino Kais Saied. Al termine della cerimonia di firma è iniziato l’incontro fra i tre leader europei e Saied, a seguito del quale sono attese dichiarazioni alla stampa. L’incontro si svolge nel palazzo presidenziale tunisino di Cartagine, vicino Tunisi. Per raggiungere questo obiettivo Bruxelles ha proposto un pacchetto di aiuti (150 milioni a sostegno del bilancio dello Stato e 105 milioni come supporto al controllo delle frontiere), su cui era stato avviato un negoziato.

      «Il Team Europe torna a Tunisi. Eravamo qui insieme un mese fa per lanciare una nuova partnership con la Tunisia. E oggi la portiamo avanti». Lo scrive sui social la Presidente della Commissione Ue, Ursula Von der Leyen, postando foto con lei, Meloni, Rutte e Saied.

      E nella conferenza stampa congiunta con Saied, Meloni e Rutte la presidente ha affermato che la Ue coopererà con la Tunisia contro i trafficanti di migranti.

      «Abbiamo raggiunto un obiettivo molto importante che arriva dopo un grande lavoro diplomatico. Il Memorandum è un importante passo per creare una vera partnership tra l’Ue e la Tunisia». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni al termine dell’incontro con Kais Saied nel palazzo di Cartagine. L’intesa va considerata «un modello» perle relazioni tra l’Ue e i Paesi del Nord Africa.

      L’obiettivo iniziale era di firmare un Memorandum d’intesa entro lo scorso Consiglio europeo, del 29 e 30 giugno, ma c’è stato uno slittamento. L’intesa con l’Europa, nelle intenzioni di Bruxelles, dovrebbe anche facilitare lo sblocco del finanziamento del Fondo monetario internazionale da 1,9 miliardi al momento sospeso, anche se in questo caso la trattativa è tutta in salita.

      Anche oggi, nel giorno della firma del Memorandum di Intesa tra Unione europea e Tunisia, a Lampedusa - isola simbolo di migrazione e di naufragi - sono sbarcati in 385 (ieri quasi mille). L’obiettivo dell’accordo voluto dalla premier Meloni e il presidente Saied è soprattutto arginare il flusso incontrollato di persone che si affidano alla pericolosa via del mare per approdare in Europa. Un problema che riguarda i confini esterni meridionali dell’Unione europea, come ha sempre sottolineato la presidente del Consiglio, che oggi arriverà a Tunisi per la seconda volta, con la presidente della Commissione Ursula von der Leyen e con il collega olandese Mark Rutte.

      Le dichiarazioni della premier Giorgia Meloni

      «Oggi abbiamo raggiunto un risultato estremamente importante, il memorandum firmato tra Tunisia e Ue è un ulteriore passo verso la creazione di un vero partenariato che possa affrontare in modo integrato la crisi migratoria e lo sviluppo per entrambe le sponde del Mediterraneo».

      Così la presidente del Consiglio Giorgia Meloni nel punto stampa dopo la firma del Memorandum.

      «Il partenariato con la Tunisia- ha aggiunto Meloni- rappresenta per noi un modello per costruire nuove relazioni con i vicini del Nord Africa. Il memorandum è un punto di partenza al quale dovranno conseguire diversi accordi per mettere a terra gli obiettivi che ci siamo dati».

      Infine la presidente del Consiglio ha ricordato che «domenica prossima 23 luglio a Roma ci sarà la conferenza internazionale sull’immigrazione che avrà come protagonista il presidente Saied e con lui diversi capi di Stato e governo dei paesi mediterranei. E’ un altro importante passo per affrontare la cooperazione mediterranea con un approccio integrato e io lo considero come l’inizio di un percorso che può consentire una partnership diversa da quella che abbiamo avuto nel passato».

      Le dichiarazioni della Presidente della Commisisone Europea

      Per Ursula Von der Leyen l’accordo odierno è «un buon pacchetto di misure», da attuare rapidamente «in entrambe le sponde del Mediterraneo» ma ha anche precisato che «L’ assistenza macrofinanziaria sarà fornita quando le condizioni lo permetteranno».

      La Presidente ha elencato i 5 pilastri del Memorandum con la Tunisia:

      1) creare opportunità per i giovani tunisini. Per loro «ci sarà una finestra in Europa con l’#Erasmus». Per le scuole tunisine stanziati 65 milioni;

      2) sviluppo economico della Tunisia. La Ue aiuterà la crescita e la resilienza dell’economia tunisina;

      3) investimenti e commercio: "La Ue è il più grande partner economico della Tunisia. Ci saranno investimenti anche per migliorare la connettività della Tunisia, per il turismo e l’agricoltura. 150 milioni verranno stanziati per il ’#Medusa_submarine_cable' tra Europa e Tunisia;

      4) energia pulita: la Tunisia ha «potenzialità enormi» per le rinnovabili. L’ Europa ha bisogno di «fonti per l’energia pulita. Questa è una situazione #win-win. Abbiamo stanziato 300 milioni per questo progetto ed è solo l’inizio»;

      5) migranti: «Bisogna stroncare i trafficanti - dice Von der Leyen - e distruggere il loro business». Ue e Tunisia coordineranno le operazioni Search and Rescue. Per questo sono stanziati 100 milioni di euro.

      Le dichiarazioni del Presidente Kais Saied

      «Dobbiamo trovare delle vie di collaborazione alternative a quelle con il Fondo Monetario Internazionale, che è stato stabilito dopo la seconda Guerra mondiale. Un regime che divide il mondo in due metà: una metà per i ricchi e una per i poveri eche non doveva esserci». Lo ha detto il presidente tunisino Kais Saied nelle dichiarazioni alla stampa da Cartagine.

      «Il Memorandum dovrebbe essere accompagnato presto da accordi attuativi» per «rendere umana» la migrazione e «combattere i trafficanti. Abbiamo oggi un’assoluta necessità di un accordo comune contro la migrazione irregolari e contro la rete criminale di trafficanti».

      «Grazie a tutti e in particolare la premier Meloni per aver risposto immediatamente all’iniziativa tunisina di organizzare» un vertice sulla migrazione con i Paesi interessati.

      https://www.rainews.it/articoli/2023/07/memorandum-dintesa-tra-unione-europea-e-tunisia-la-premier-meloni-von-der-le
      #memorandum_of_understanding #développement #énergie #énergie_renouvelable #économie #tourisme #jeunes #jeunesse #smugglers #traficants_d'êtres_humains #aide_financière

    • La Tunisie et l’Union européenne signent un partenariat sur l’économie et la politique migratoire

      La présidente de la Commission européenne s’est réjouie d’un accord destiné à « investir dans une prospérité partagée », évoquant cinq piliers dont l’immigration irrégulière. La Tunisie est un point de départ pour des milliers de migrants vers l’Europe.

      L’Union européenne (UE) et la Tunisie ont signé dimanche 16 juillet à Tunis un protocole d’accord pour un « partenariat stratégique complet » portant sur la lutte contre l’immigration irrégulière, les énergies renouvelables et le développement économique de ce pays du Maghreb. La présidente de la Commission européenne, Ursula von der Leyen, s’est réjouie d’un accord destiné à « investir dans une prospérité partagée », évoquant « cinq piliers », dont les questions migratoires.

      La Tunisie est un point de départ pour des milliers de migrants qui traversent la Méditerranée vers l’Europe. Les chefs de gouvernement italien, Giorgia Meloni, et néerlandais, Mark Rutte, accompagnaient la dirigeante européenne après une première visite il y a un mois, pendant laquelle ils avaient proposé ce partenariat.

      Il s’agit « d’une nouvelle étape importante pour traiter la crise migratoire de façon intégrée », a dit Mme Meloni, qui a invité le président tunisien, Kais Saied, présent à ses côtés, à participer dimanche à Rome à un sommet sur les migrations. Celui-ci s’est exprimé à son tour pour insister sur le volet de l’accord portant sur « le rapprochement entre les peuples ».

      « Nouvelles relations avec l’Afrique du Nord »

      Selon Mme Meloni, le partenariat entre la Tunisie et l’UE « peut être considéré comme un modèle pour l’établissement de nouvelles relations avec l’Afrique du Nord ». M. Rutte a pour sa part estimé que « l’accord bénéficiera aussi bien à l’Union européenne qu’au peuple tunisien », rappelant que l’UE est le premier partenaire commercial de la Tunisie et son premier investisseur. Sur l’immigration, il a assuré que l’accord permettra de « mieux contrôler l’immigration irrégulière ».

      L’accord prévoit une aide de 105 millions d’euros pour lutter contre l’immigration irrégulière et une aide budgétaire de 150 millions d’euros alors que la Tunisie est étranglée par une dette de 80 % de son produit intérieur brut (PIB) et est à court de liquidités. Lors de sa première visite, la troïka européenne avait évoqué une « assistance macrofinancière de 900 millions d’euros » qui pouvait être fournie à la Tunisie sous forme de prêt sur les années à venir.

      Mme von der Leyen a affirmé dimanche que Bruxelles « est prête à fournir cette assistance dès que les conditions seront remplies ». Cette « assistance » de l’UE est conditionnée à un accord entre la Tunisie et le Fonds monétaire international (FMI) pour un nouveau crédit du Fonds, un dossier qui est dans l’impasse depuis des mois.

      https://www.lemonde.fr/afrique/article/2023/07/16/la-tunisie-et-l-union-europeenne-signent-un-partenariat-sur-l-economie-et-la

    • Les députés reprochent à la Commission européenne d’avoir signé un accord avec un « cruel dictateur » tunisien

      Des eurodéputés ont dénoncé mardi le protocole d’accord signé par l’UE avec la Tunisie.

      L’accord a été conclu dimanche après une réunion à Tunis entre le président tunisien Kaïs Saïed et la présidente de la Commission européenne Ursula von der Leyen, accompagnée de la Première ministre italienne Giorgia Meloni et du Premier ministre néerlandais Mark Rutte.

      Le texte, qui doit encore être précisé, prévoit l’allocation d’au moins 700 millions d’euros de fonds européens, dont certains sous forme de prêts, dans le cadre de cinq piliers : la stabilité macroéconomique, l’économie et le commerce, la transition verte, les contacts interpersonnels et les migrations.

      Ursula von der Leyen a présenté le mémorandum comme un « partenariat stratégique et global ». Mais les eurodéputés ont adopté un point de vue très critique sur la question. Ils dénoncent les contradictions entre les valeurs fondamentales de l’Union européenne et le recul démocratique en cours en Tunisie. Ils ont également déploré l’absence de transparence démocratique et de responsabilité financière.

      La figure de Kaïs Saïed, qui a ouvertement diffusé des récits racistes contre les migrants d’Afrique subsaharienne a fait l’objet des reproches de la part des parlementaires.

      https://twitter.com/sylvieguillaume/status/1681221845830230017

      « Il est très clair qu’un accord a été conclu avec un dictateur cruel et peu fiable », a dénoncé Sophie in ’t Veld (Renew Europe). « Le président Saïed est un dirigeant autoritaire, ce n’est pas un bon partenaire, c’est un dictateur qui a augmenté le nombre de départs ».

      S’exprimant au nom des sociaux-démocrates (S&D), Birgit Sippel a accusé les autorités tunisiennes d’abandonner les migrants subsahariens dans le désert « sans nourriture, sans eau et sans rien d’autre », un comportement qui a déjà été rapporté par les médias et les organisations humanitaires.

      « Pourquoi la Tunisie devrait-elle soudainement changer de comportement ? Et qui contrôle l’utilisation de l’argent ? » interroge Birgit Sippel, visiblement en colère.

      « Nous finançons à nouveau un autocrate sans contrôle politique et démocratique au sein de cette assemblée. Ce n’est pas une solution. Cela renforcera un autocrate en Tunisie », a-t-elle ajouté.

      https://twitter.com/NatJanne/status/1680982627283509250

      En face, la Commissaire européenne en charge des Affaires intérieures Ylva Johansson, a évité toute controverse et a calmement défendu le mémorandum UE-Tunisie. La responsable suédoise a souligné que le texte introduit des obligations pour les deux parties.

      « Il est clair que la Tunisie est sous pression. Selon moi, c’est une raison de renforcer et d’approfondir la coopération et d’intensifier le soutien à la Tunisie », a-t-elle répondu aux députés européens.

      Selon Ylva Johansson, 45 000 demandeurs d’asile ont quitté la Tunisie cette année pour tenter de traverser la « route très meurtrière » de la Méditerranée centrale. Cette « augmentation considérable » suggère un changement du rôle de la Tunisie, de pays d’origine à pays de transit, étant donné que « sur ces 45 000, seuls 5 000 étaient des citoyens tunisiens ».

      « Il est très important que notre objectif principal soit toujours de sauver des vies, d’empêcher les gens d’entreprendre ces voyages qui finissent trop souvent par mettre fin à leur vie, c’est une priorité », a poursuivi la Commissaire.

      Les députés se sont concentrés sur les deux enveloppes financières les plus importantes de l’accord : 150 millions d’euros pour l’aide budgétaire et 105 millions d’euros pour la gestion des migrations, qui seront toutes les deux déboursées progressivement. Certains eurodéputés ont décrit l’aide budgétaire, qui est censée soutenir l’économie fragile du pays, comme une injection d’argent dans les coffres privés de Kaïs Saïed qui serait impossible à retracer.

      « Vous avez financé un dictateur qui bafoue les droits de l’homme, qui piétine la démocratie tunisienne que nous avons tant soutenue. Ne nous mentez pas ! », s’est emporté Mounir Satouri (les Verts). « Selon nos analyses, les 150 et 105 millions d’euros sont une aide au Trésor (tunisien), un versement direct sur le compte bancaire de M. Kaïs Saïed ».

      https://twitter.com/alemannoEU/status/1680659154665340928

      Maria Arena (S&D) a reproché à la Commission européenne de ne pas avoir ajouté de dispositions supplémentaires qui conditionneraient les paiements au respect des droits de l’homme.

      « Nous donnons un chèque en blanc à M. Saïed, qui mène actuellement des campagnes racistes et xénophobes, soutenues par sa police et son armée », a déclaré l’eurodéputée belge.

      « Croyez-vous vraiment que M Saïed, qui a révoqué son parlement, qui a jeté des juges en prison, qui a démissionné la moitié de sa juridiction, qui interdit maintenant aux blogueurs de parler de la question de l’immigration et qui utilise maintenant sa police et son armée pour renvoyer des gens à la frontière (libyenne), croyez-vous vraiment que M. Saïed va respecter les droits de l’homme ? Madame Johansson, soit vous êtes naïve, soit vous nous racontez des histoires ».

      Dans ses réponses, Ylva Johansson a insisté sur le fait que les 105 millions d’euros affectés à la migration seraient « principalement » acheminés vers des organisations internationales qui travaillent sur le terrain et apportent une aide aux demandeurs d’asile, comme l’Organisation internationale pour les migrations (OIM), bien qu’elle ait admis que certains fonds seraient en fait fournis aux agents tunisiens sous la forme de navires de recherche et de sauvetage et de radars.

      https://twitter.com/vonderleyen/status/1680626156603686913

      « Permettez-moi d’insister sur le fait que la Commission européenne, l’UE, n’est pas impliquée dans le refoulement de ressortissants de pays tiers vers leur pays d’origine. Ce que nous faisons, c’est financer, par l’intermédiaire de l’OIM, les retours volontaires et la réintégration des ressortissants de pays tiers », a souligné la Commissaire.

      « Je ne suis pas d’accord avec la description selon laquelle la Tunisie exerce un chantage. Je pense que nous avons une bonne coopération avec la Tunisie, mais il est également important de renforcer cette coopération et d’augmenter le soutien à la Tunisie. Et c’est l’objectif de ce protocole d’accord ».

      https://fr.euronews.com/my-europe/2023/07/18/les-deputes-reprochent-a-la-commission-europeenne-davoir-signe-un-accor

  • Migranti, #Piantedosi in Tunisia: rimpatri volontari assistiti per chi rinuncia ad attraversare il Mediterraneo
    https://i.imgur.com/5MHVfZz.png

    Nuova missione del ministro dell’Interno dopo quella annullata con la commissaria europea Johansson e i colleghi di Francia e Germania. Nessun sostegno economico in vista da parte di Fmi ed Europa, l’Italia può promettere solo nuovi mezzi per la Guardia costiera.

    Rispedire nei Paesi d’origine il maggior numero di migranti subsahariani arrivati in Tunisia per evitare che possano imbarcarsi per tentare la traversata verso l’Europa. È questo il nuovo obiettivo dell’accordo raggiunto oggi a Tunisi tra il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e il suo omologo #Kamel_Fekih.

    (#paywall)
    https://www.repubblica.it/cronaca/2023/05/15/news/migranti_tunisia_piantedosi_visita-400168140
    #Tunisie #migrations #asile #réfugiés #externalisation #renvois #expulsions #accord #retours_volontaires #migrants_sub-sahariens #Matteo_Piantedosi

    ping @_kg_

    • Piantedosi in missione in Tunisia, obiettivo rafforzare la cooperazione sulla sicurezza e il contrasto ai trafficanti di esseri umani

      Il Ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, si è recato in visita in Tunisia dove è stato ricevuto dal Presidente della Repubblica Kaïs Saïed, e ha incontrato il Ministro dell’Interno, Kamel Fekih.

      Al centro dei colloqui, il comune obiettivo di rafforzare la cooperazione sul piano della sicurezza e su quello del contrasto ai trafficanti di esseri umani.

      Durante gli incontri tenutisi oggi a Tunisi è stato più volte sottolineato come i rapporti tra i due governi siano solidi, fondati sulla leale collaborazione e sulla comunanza di vedute.

      L’Italia ha ben presente che la Tunisia sta facendo moltissimo per bloccare le partenze e contrastare i trafficanti, che mettono a serio rischio la vita dei migranti e la stessa incolumità dei soccorritori. In questo contesto si è discusso di implementare programmi congiunti di rimpatrio volontario assistito dalla Tunisia verso i Paesi di origine dei migranti.

      Gli sbarchi in Italia sarebbero molto più numerosi senza l’attività messa in campo dalle autorità tunisine che si trovano a contrastare un forte flusso dai Paesi sub-sahariani.

      Piantedosi ha espresso a Fekih “il pieno apprezzamento per il rilevante sforzo compiuto dalla Tunisia per sorvegliare le frontiere marittime e terrestri, per contrastare le reti di trafficanti e confiscare le loro imbarcazioni, per soccorrere in mare i migranti e riportarli sulla terraferma prestando loro assistenza”.

      Il sostegno dell’Italia al governo di Tunisi per il controllo delle frontiere terrestri e marittime è concreto e si sta realizzando per mezzo di piani di assistenza tecnica e forniture.
      Nel corso dell’incontro i due Ministri hanno condiviso un metodo di lavoro, e forme più intense di collaborazione sul fronte migratorio, anche sul piano investigativo.

      L’Italia è anche impegnata per il miglioramento delle condizioni e delle prospettive di vita della popolazione più giovane e per l’attivazione di canali legali di migrazione per istruzione/lavoro e per vulnerabili bisognosi di protezione internazionale. Ciò nel quadro di una cooperazione che affronti il fenomeno migratorio con un approccio globale.

      Lavorare tutti insieme, in collaborazione con l’Unione europea e le organizzazioni internazionali, per affrontare e governare i flussi migratori è fondamentale. L’Italia è grata alle autorità tunisine per l’impegno su questo delicato fronte, e sono già stati fissati ulteriori incontri a livello tecnico per proseguire con azioni congiunte in attuazione delle strategie elaborate.

      https://stranieriinitalia.it/attualita/piantedosi-in-missione-in-tunisia-obiettivo-rafforzare-la-cooperaz

  • La strage di #Cutro, i soccorsi mancati e lo scaricabarile tra le autorità italiane e Frontex

    La trasformazione di eventi di soccorso nel Mediterraneo in “operazioni di polizia” da parte delle autorità italiane, prassi in atto dal 2019, mostra i suoi effetti più letali. E #Frontex aveva già rilevato con le termocamere la presenza di centinaia di persone sulla nave poi naufragata il 26 febbraio. Che cosa non torna nelle ricostruzioni ufficiali

    Lo strumentale e ingiustificato cambio di classificazione e gestione degli eventi di ricerca e soccorso nel Mediterraneo in “operazioni di polizia” da parte delle autorità italiane, prassi in atto dal 2019, come abbiamo raccontato fin dall’inizio su Altreconomia, mostra con la strage di Cutro del 26 febbraio 2023 i suoi effetti più letali.

    Ed è patetico lo scaricabarile in atto in queste ore tra Guardia costiera, Guardia di Finanza, ministero dell’Interno e Agenzia Frontex dopo il naufragio. Sergio Scandura, giornalista di Radio Radicale e faro nella notte del Mediterraneo grazie al suo meticoloso lavoro di monitoraggio e inchiesta su fonti aperte, usa un’immagine efficace per descrivere la pantomima: cioè la scena del film “Le iene” di Quentin Tarantino del 1992, con i sopravvissuti della storia a puntarsi le pistole l’uno contro l’altro.

    Qui però ci sono morti veri, 66 quelli dichiarati alla sera del 28 febbraio, dopo il ritrovamento del corpo di un bambino di nemmeno 10 anni. Secondo la prefettura di Crotone sarebbero 28 le salme identificate: 25 cittadini afghani, un cittadino pachistano, un palestinese e un siriano. I salvati arrivano da Afghanistan, Pakistan, Palestina, Siria, Iran, Somalia. Inclusi 14 minori, alcuni dei quali ancora ricoverati a Crotone, altri finiti al Cara di Isola di Capo Rizzuto.

    “Credo che al primo avvistamento abbia seguito un modo di procedere dell’imbarcazione che non ha segnalato il distress e quindi poi si è arenata in una secca all’arrivo: non ha chiesto aiuto da quelle che sono le prime ricostruzioni”, ha detto il 28 febbraio il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, su Rai1, ospite di Bruno Vespa, dopo aver incolpato i morti per esser partiti con il brutto tempo e non aver fatto come John Fitzgerald Kennedy (“Non chiedete cosa può fare il vostro Paese per voi, chiedete cosa potete fare voi per il vostro Paese”).

    Il primo avvistamento della barca partita il 22 febbraio da Smirne, in Turchia, sarebbe stato in teoria quello dell’Agenzia Frontex, nella tarda serata del 25 febbraio, poche ore prima del naufragio e della strage. L’aereo di pattugliamento Eagle1 dell’Agenzia impiegato nell’ambito dell’operazione Themis avrebbe infatti avvistato l’imbarcazione a 40 miglia dalle coste crotonesi. Scandura ha pubblicato su Twitter la traiettoria disegnata dal velivolo.

    “L’unità risultava navigare regolarmente, a sei nodi e in buone condizioni di galleggiabilità, con solo una persona visibile sulla coperta della nave”, sostiene la Guardia costiera in un comunicato diramato nel pomeriggio del 28 febbraio e che avrebbe dovuto far chiarezza. In realtà fa acqua da tutte le parti e omette un “particolare” che poche ore dopo la stessa Frontex ci ha tenuto a precisare (a proposito di scaricabarile).

    Su quella nave le persone a bordo erano almeno 200 e attraverso le sue “telecamere termiche” installate a bordo, il velivolo di pattugliamento dell’Agenzia europea aveva anche rilevato “una risposta termica significativa dai portelli aperti a prua e altri segni che indicavano la presenza di persone sotto il ponte”, ha risposto Frontex ad Altreconomia. Nonostante questa circostanza (altro che una persona visibile), che pure a quanto riferisce Frontex avrebbe “insospettito” i suoi “esperti”, l’Agenzia stessa si è ben guardata dall’emettere un mayday per avvisare tutte le imbarcazioni vicine del possibile pericolo, cosa che avrebbe potuto fare in base al diritto internazionale. Trincerandosi dietro alla tesi per la quale “l’imbarcazione navigava da sola e non c’erano segni di pericolo”, Frontex si è dunque limitata a “informare immediatamente dell’avvistamento il Centro di coordinamento internazionale dell’operazione Themis e le altre autorità italiane competenti, fornendo la posizione dell’imbarcazione, la rotta e la velocità”. E “per conoscenza” anche la centrale operativa della Guardia costiera di Roma. “Il nostro aereo ha continuato a monitorare l’area fino a quando è dovuto rientrare alla base per mancanza di carburante”, ha aggiunto Frontex.

    In quel momento però è successo qualcosa che si gioca a far finta di non cogliere. La Guardia costiera scrive che “a seguito di tale segnalazione, la Guardia di Finanza comunicava l’avvenuta attivazione del proprio dispositivo, già operante in mare, per intercettare l’imbarcazione”. Da chi è arrivato l’input, anche se non lo si vuole dire, pare palese, e cioè da quello che sempre la Guardia costiera chiama il “punto di contatto nazionale preposto per l’attività di law enforcement“. Si tratterebbe del Centro nazionale di coordinamento (Ncc) – Sala Eurosur, insediato presso il ministero dell’Interno, punto nevralgico della strategia che negli anni ha beneficiato tra le altre cose di ingenti finanziamenti europei per il suo ammodernamento tecnologico (Fondo sicurezza interna).

    L’operazione viene classificata perciò come “operazione di polizia” e non come evento Sar ed è attivato il dispositivo che porta due mezzi navali della Guardia di Finanza a tentare, per riprendere il primo comunicato stampa del Reparto operativo aeronavale di Vibo Valentia delle 11 di mattina circa del 26 febbraio, “l’intercetto dell’imbarcazione”. Si tratta della vedetta V.5006 e del pattugliatore veloce PV6 Barbarisi. Le due imbarcazioni tentano di “raggiungere il target“, che all’ora non ci si vergognava di associare al “traffico di migranti”, ma le condizioni del mare “proibitive” le avrebbero costrette a far “rientro agli ormeggi di base”.

    In poche ore dunque si passa dalle “buone condizioni di galleggiabilità” riferite dalla Guardia costiera e dal “non c’erano segni di pericolo” di Frontex al mare grosso. “Mare forza 4, con onde alte fino a 2,5 metri”, ci ha scritto Frontex indignata contro quei “trafficanti di persone senza scrupoli che hanno stipato le persone a bordo in condizioni meteorologiche avverse”. Condizioni meteo che mutano a seconda degli attori coinvolti. Ipocrisia forza 4.

    Il resto è tristemente noto. La Guardia costiera, fino ad allora fuori dall’operazione coordinata dall’Ncc del Viminale, avrebbe ricevuto solo alle 4.30 circa del 26 febbraio “alcune segnalazioni telefoniche da parte di soggetti presenti a terra relative ad un’imbarcazione in pericolo a pochi metri dalla costa”. “I carabinieri, precedentemente allertati dalla Guardia di Finanza, giunti in zona, riportavano alla Guardia costiera l’avvenuto naufragio”. A cose fatte.

    Sarebbe stata questa secondo la Guardia costiera “la prima informazione di emergenza pervenuta riguardante l’imbarcazione avvistata dal velivolo Frontex”. Solo dopo queste “segnalazioni ricevute” sarebbe stato allora immediatamente attivato il “dispositivo Sar, sotto il coordinamento della Guardia costiera di Reggio Calabria, con l’invio di mezzi navali e aerei, uomini e mezzi terrestri, nella zona indicata”.

    Ed è qui che la Guardia costiera si ingarbuglia fino a tradirsi. Perché quella dei carabinieri a persone ormai in mare non può essere considerata la “prima informazione di emergenza”. Perché fin dalla notte del 25 febbraio la Guardia costiera sapeva, informata per conoscenza da Frontex, che su quella nave c’erano almeno 200 persone stipate su un mezzo inadatto a trasportarle in sicurezza, diretta peraltro nella bocca di condizioni meteomarine “proibitive”, “particolarmente avverse” per citare il comunicato dello stesso Comando generale del Corpo delle Capitanerie di Porto del 26 febbraio (ore 11.41). È un tradimento perché “Ogni imbarcazione sovraffollata è un caso Sar (Ricerca e soccorso) di per sé e una possibile situazione di pericolo anche in assenza di un segnale di pericolo in base al principio di precauzione”. Sono parole della stessa Guardia costiera del 2017. Naufragate.

    Mentre resta ambiguo l’epilogo del “dispaccio generico di allerta distress, senza coordinate”, diramato alle navi transitanti in area Mare Ionio via “InmarSAT C” dal Centro di coordinamento di ricerca e soccorso di Roma nella prima mattinata del 25 febbraio, 24 ore prima della strage, recuperato e pubblicato ancora da Scandura. Al 28 febbraio non risultano sbarchi legati a eventi provenienti dal Mar Ionio.

    https://altreconomia.it/la-strage-di-cutro-i-soccorsi-mancati-e-lo-scaricabarile-tra-le-autorit
    #naufrage #décès #morts #morts_aux_frontières #Méditerranée #Calabre #26_février_2023 #mourir_en_mer #Themis #opération_Thermis #Mar_Ionio #Mer_Ionienne

    • Italie : après le naufrage de migrants, les autorités italiennes se défendent de toute responsabilité

      Alors que le bilan du naufrage de dimanche est désormais d’au moins 67 morts, le gouvernement italien continue de se défendre de toute responsabilité dans le drame. Le ministre italien de l’Intérieur, #Matteo_Piantedosi, a suscité un tollé en pointant la responsabilité des migrants embarquant leurs familles dans de périlleux voyages en mer.

      Trois jours après le naufrage qui a coûté la vie à plusieurs dizaines de migrants dimanche, au large de la Calabre dans le sud de l’Italie, le bilan continue de s’alourdir. Les autorités italiennes ont annoncé, mercredi 1er mars, qu’il grimpait désormais à 67 morts, après la découverte des cadavres de deux enfants.

      La plupart des personnes décédées dans le naufrage venaient d’Afghanistan. D’autres étaient originaires du Pakistan, d’Iran, de Somalie et de Syrie, selon les services de secours.

      Le drame se double désormais d’une controverse sur le terrain politique : les garde-côtes et la police sont accusés de n’avoir pas fait tout le nécessaire pour prévenir le naufrage, alors que la présence du navire au large de la Calabre avait bien été signalée.

      En réponse à ces critiques, les autorités ont déclaré que le mauvais temps en mer avait contraint les patrouilleurs de la garde-côtes à rebrousser chemin.

      Toutes les procédures ont été correctement appliquées, a déclaré le commandant de l’autorité portuaire de Crotone, Vittorio Aloi. « Je suis humainement éprouvé par cette tragédie mais sur un plan professionnel, je peux vous assurer que je suis serein », a-t-il déclaré à la presse avant de pénétrer dans le gymnase de Crotone dans lequel sont entreposés les corps des victimes.

      Ligne dure du gouvernement

      Le gouvernement italien, dirigé par l’extrême droite, affiche une ligne dure sur l’immigration et a adopté des décrets restreignant l’action des organisations caritatives pour secourir les migrants en Méditerranée.

      Le ministre de l’Intérieur, Matteo Piantedosi, a suscité un tollé après le naufrage, en pointant la responsabilité des migrants embarquant leurs familles dans de périlleux voyages en mer. De son côté, la cheffe du gouvernement, Giorgia Meloni, a fait part de sa « profonde douleur » mais a également jugé, dimanche, qu’il était « criminel de mettre en mer une embarcation de 20 mètres à peine avec 200 personnes à bord et une mauvaise prévision météo ».

      Plusieurs centaines de milliers de demandeurs d’asile fuyant la guerre ou la pauvreté sont arrivés en Italie par bateau au cours de la dernière décennie.

      D’après le projet « Migrants Disparus » de l’Organisation internationale pour les migrations, 20 333 personnes ont été retrouvées mortes ou ont été portées disparues depuis 2014 en Méditerranée centrale, réputée comme l’une des routes maritimes les plus dangereuses au monde, dont 1 417 en 2022.

      https://www.infomigrants.net/fr/post/47178/italie--apres-le-naufrage-de-migrants-les-autorites-italiennes-se-defe
      #Piantedosi

    • Drame de #Crotone : la réponse tardive et inadaptée des secours mise en cause

      Trois jours après le drame, le bilan du naufrage au sud de l’Italie continue de s’alourdir, alors que la question du retard des secours fait de plus en plus polémique.

      Les cercueils sont alignés dans un vieux gymnase de Crotone. Mercredi matin, on en dénombrait déjà soixante-six dont quelques-uns, plus petits, de couleur blanche, pour les corps d’enfants. Sur l’un d’eux est posé un carton indiquant KR46M0. Comprendre « Crotone, 46e cadavre, sexe : masculin, âge : zéro ». Non loin de là, sur la plage de Steccato di Cutro, les secouristes tentent encore de retrouver des corps après le naufrage qui, dimanche à l’aube, a englouti des dizaines de vies (sans doute plus de cent) à une centaine de mètres seulement de la rive. Mercredi après-midi, un soixante-septième corps, celui d’une enfant, a été rejeté par la mer sur le sable. On ne dénombre que 79 survivants.

      Entre la morgue et l’hôpital, des parents déjà installés en Europe des migrants disparus circulent en quête de nouvelles de leurs proches. L’un d’eux, Misan, un trentenaire afghan accouru depuis Amsterdam, a reconnu mardi le cadavre de son neveu Hadi, douze ans, qui selon le Corriere della Sera, avait entrepris seul le voyage : « Hadi n’avait plus personne. Ses parents sont morts depuis longtemps. C’est pour cela que j’avais décidé qu’il vienne me rejoindre ». Comme Hadi, la plupart des passagers du navire surchargé venaient d’Afghanistan mais aussi d’Irak, d’Iran, du Pakistan, des Territoires palestiniens et de Syrie. Ils étaient partis le 23 février d’Izmir, en Turquie, sur cette embarcation de bois.

      Trop tard

      Trois passeurs présumés, deux Pakistanais et un Turc, soupçonnés d’avoir fait payer leur passage entre 5 000 et 8 000 euros par personne, ont été interpellés par les forces de l’ordre italiennes. Mais la polémique enfle à propos de la responsabilité du naufrage. Les autorités transalpines sont en effet soupçonnées de ne pas avoir tout mis en œuvre pour empêcher la tragédie. « Les hommes, les femmes, les enfants de Cutro pouvaient-ils être sauvés ? La réponse est sur le bout des lèvres, imprononçable. Nous sommes pour le moins tout proche de la non-assistance à personne en danger », a attaqué mercredi matin le quotidien La Stampa. Le journal progressiste La Repubblica titrait lui « Personne n’a voulu les sauver. » La séquence du naufrage est en effet accablante.

      Dès le samedi matin à l’aube, soit vingt-quatre heures avant la tragédie, le centre de coordination des secours maritimes lance une alerte générique à propos d’une embarcation se dirigeant vers les côtes italiennes. Le soir à 22h30, un avion de patrouille de Frontex, l’agence européenne de surveillance des frontières, repère un bateau « en forte surcharge de passagers » et alerte les autorités. « Il n’y avait pas de signe de détresse », a précisé l’agence dans un communiqué, ajoutant que l’avion, à court de carburant, avait dû quitter la zone. Deux heures plus tard, soit dimanche à minuit trente, deux vedettes de la brigade financière – généralement employée pour lutter contre les trafics plus que pour le secours en mer – appareillent à la recherche de l’embarcation sur laquelle se trouvent les migrants.

      Mais la mer est agitée, le vent proche de force 4. Face à la houle, les deux navires préfèrent rentrer au bout de trente minutes dans leurs ports respectifs de Crotone et Tarente. A 4 heures du matin, le centre de brigade financière reçoit par téléphone un appel au secours, dans un anglais approximatif, sans doute d’un passager. Les carabiniers sont alors mobilisés. Mais apparemment trop tard. A 5h30, un pêcheur, Antonio Conbariati, reçoit un appel d’un de ses amis garde-côtes : « Va voir sur la plage s’il s’est passé quelque chose. Nous savons qu’un navire a subi une avarie », lui dit-il. « J’ai couru vers la plage et vu des cadavres entre les vagues. Pas le temps de les prendre que le ressac les ramenait au large », a raconté le marin aux médias italiens. « J’ai pris une enfant de six ou sept ans qui respirait encore, mais elle est morte quelques minutes plus tard sur la plage. » Rejoint par un ami pêcheur, les deux hommes tentent de sauver quelques vies. « La barque ne s’était pas encore cassée en deux, mais il y avait des corps partout, des enfants, des jeunes, des femmes et nous qui, dans la pénombre, essayions de les attraper. […] Une quinzaine de minutes plus tard, les secours sont arrivés mais le pire était déjà advenu. »

      « Pourquoi ne pas être intervenu ? »

      Frontex n’a-t-elle pas correctement lancé l’alarme ? Les autorités italiennes ont-elles sous-estimé la gravité de la situation ? Et surtout pourquoi la brigade financière est-elle intervenue, avec des embarcations ne pouvant affronter une mer houleuse, plutôt que les gardes-côtes qui disposent de navires supportant des vents de force 8 ? « Personne ne nous a alertés », a indiqué le commandant de la capitainerie du port de Crotone. La polémique rappelle celle qui avait suivi le naufrage dans la Manche d’une embarcation de migrants. A proximité de la frontière maritime entre la France et l’Angleterre, 27 personnes avaient trouvé la mort sans recevoir les secours qu’elles appelaient.

      L’opposition au gouvernement d’extrême droite de Giorgia Meloni exige désormais des réponses, alors que depuis son entrée en fonction, l’exécutif mène la guerre contre les ONG qui sauvent en mer les migrants. La cheffe du gouvernement a exprimé « sa douleur profonde », invitant à ne pas « instrumentaliser les morts » et a rejeté toute la responsabilité sur les passeurs. Quant à son ministre de l’Intérieur Matteo Piantedosi, il s’est retranché derrière les informations de Frontex qui, selon lui, « n’avait pas signalé une situation de danger ou de stress à bord, en indiquant la présence d’une seule personne visible et d’autres dans la cale et une bonne flottabilité de l’embarcation. Puis, il y a eu une détérioration de la météo ».

      Quoi qu’il en soit, pour le gouvernement Meloni, la solution reste de « bloquer les départs ». Mais la nouvelle secrétaire du Parti démocrate, Elly Schlein, demande des explications, en particulier au ministre des Transports, ayant la tutelle des gardes-côtes : le leader de la Ligue d’extrême droite Matteo Salvini. Elle demande en outre la démission du ministre de l’intérieur Piantedosi pour ses propos au lendemain du drame. Celui-ci avait en partie rejeté la faute sur les migrants eux-mêmes, déclarant : « Le désespoir ne peut jamais justifier des conditions de voyage qui mettent en danger la vie des enfants. »

      https://www.liberation.fr/international/europe/drame-de-crotone-la-reponse-tardive-et-inadaptee-des-secours-mise-en-cause-20230301_DF4N73HLKBECJJF2MYG3424CWI/?redirected=1

    • Children among 59 people killed in boat wreck off Italy’s coast

      Boat believed to be bringing refugees from Afghanistan, Iran and Pakistan struck rocks off coast of Calabria

      Fifty-nine people, including a newborn baby and other children, have died after a wooden boat believed to be carrying refugees wrecked against rocks off the coast of Italy’s Calabria region.

      Many of the bodies were reported to have washed up on a tourist beach near Steccato di Cutro, while others were found at sea.

      According to survivors, there were about 140 to 150 people onboard the boat before it crashed into the rocks. Eighty-one people survived, with 20 of them taken to hospital, Manuela Curra, a provincial government official, told Reuters.

      A Turkish national has been detained on suspicion of human trafficking, according to the Ansa news agency. The vessel is believed to have left Turkey four days ago with people from Afghanistan, Iran and Pakistan onboard.

      The bodies of the victims were being transported to a sports hall in nearby Crotone on Sunday afternoon. Ansa reported that 20 children, including twins and a newborn baby, were among those who died.

      Antonio Ceraso, the mayor of Cutro, told reporters: “It is something one would never want to see. The sea continues to return bodies. Among the victims are women and children.”

      The wreck of the boat was reportedly seen by fishers early on Sunday. “You can see the remains of the boat along 200-300 metres of coast,” Ceraso added. “In the past there have been landings but never such a tragedy.”

      Rai News reported that the boat “snapped in two”, citing sources as saying that those onboard “didn’t have time to ask for help”.

      The Italian coastguard, firefighters, police and Red Cross rescue workers attended the scene.

      As rescuers continued their search, Filippo Grandi, the UN high commissioner for refugees, called for European governments to “stop arguing” and “agree on just, effective, shared measures to avoid more tragedies”.

      “Another terrible shipwreck in the Mediterranean off the Italian coast,” he tweeted. “Dozens of people have died, many children. We mourn them and stand in solidarity with the survivors.”

      The Italian president, Sergio Mattarella, said the “umpteenth tragedy in the Mediterranean shouldn’t leave anyone indifferent”, while urging the EU to “finally take concrete responsibility for governing the phenomenon of migration in order to rescue it from human traffickers”.

      The European Commission president, Ursula von der Leyen, said that “we must redouble our efforts” on the migration pact and “plan of action” on the central Mediterranean.

      “Member states must step forward and find a solution. Now,” she wrote on Twitter. “The EU needs common and up-to-date rules that will allow us to face the challenges of migration.”

      Italy is one of the main landing points for people trying to enter Europe by sea. The so-called central Mediterranean route is known as one of the world’s most dangerous.

      More than 100,000 refugees arrived in Italy by boat in 2022. The rightwing government of the prime minister, Giorgia Meloni, which came to power in October, imposed tough measures against sea rescue charities, including fining them up to €50,000 (£44,000) if they flout a requirement to request a port and sail to it immediately after undertaking one rescue instead of remaining at sea to rescue people from other boats in difficulty.

      Rescues in recent months have resulted in ships being granted ports in central and northern Italy, forcing them to make longer journeys and therefore reducing their time at sea saving lives. Charities had warned that the measure would lead to thousands of deaths.

      In a statement, Meloni expressed her “deep sorrow” for the lives cut short by “human traffickers” while repeating her government’s commitment to “preventing departures and along with them the tragedies that unfold”.

      “It is criminal to launch a boat of just 20 metres long with as many as 200 people onboard in adverse weather forecasts,” she added.

      “It is inhumane to exchange the lives of men, women and children for the price of a ‘ticket’ paid by them on the false perspective of a safe journey.”

      Meloni said her government would demand “maximum collaboration” with the countries of departure and origin.

      Matteo Piantedosi, Italy’s interior minister, said the shipwreck in Calabria was a “huge tragedy” that “grieves me deeply”, while adding that it was “essential to continue with every possible initiative to prevent departures [of migrants]”.

      Piantedosi told Il Giornale on Thursday that the government measures, including agreements with Libya and Tunisia, had “averted the arrival” of almost 21,000 people.

      According to the International Organization for Migration’s Missing Migrants project, 20,333 people have died or gone missing in the central Mediterranean since 2014.

      https://www.theguardian.com/world/2023/feb/26/dozens-of-bodies-believed-to-be-refugees-found-on-beach-in-southern-ita

    • Naufrage de Crotone : l’Italie n’a pas jugé « urgents » les messages d’alerte de Frontex

      L’Italie n’a pas considéré comme « urgents » les messages d’alerte lancés par Frontex au sujet d’un bateau avec à son bord une centaine de migrants, selon la Première ministre italienne Giorgia Meloni.

      L’agence européenne de garde-frontières et de garde-côtes aurait signalé aux autorités italiennes qu’un bateau menaçait de couler, incapable de faire face à un vent de force 4, a confié une source de Frontex à EURACTIV.

      « Aucune communication d’urgence de Frontex n’est parvenue à nos autorités. Nous n’avons pas été avertis que ce bateau risquait de couler », a déclaré Mme Meloni, qui faisait sa première déclaration depuis la tragédie.

      Parmi les passagers du bateau, qui n’a jamais atteint les côtes, figuraient principalement des familles originaires d’Afghanistan et de Syrie. Le nombre exact de personnes à bord n’est pas encore connu. Le bateau de 20 mètres de long, qui avait à son bord 200 personnes environ, arrivait de Turquie. Environ 80 personnes ont survécu et au moins 68 sont décédées.
      Intempéries

      Selon les informations fournies par Frontex à EURACTIV, l’agence européenne a communiqué certains éléments concernant l’interception du bateau qui révèlent une possible détresse en mer.

      Certains éléments ont par exemple montré que le bateau transportait potentiellement un nombre élevé de personnes avec une mer agitée de vagues pouvant atteindre 2,50 mètres — soit un niveau d’état de la mer de 4 sur 7.

      « Nos experts ont repéré certains signes indiquant que le bateau était susceptible de transporter un grand nombre de personnes. Par exemple, la caméra thermique à bord de l’avion a détecté une réponse significative », a expliqué Frontex. L’agence a également confirmé à EURACTIV que les autorités italiennes avaient accès à ces données thermiques.

      EURACTIV a demandé à Frontex si elle avait communiqué un signal de détresse du navire, mais l’agence de l’UE a répondu que « en ce qui concerne la classification de l’événement en tant qu’opération de recherche et sauvetage (SAR), conformément au droit international, cela relève de la responsabilité des autorités nationales ».

      L’Italie a mobilisé deux patrouilleurs de la Garde des finances (Guardia di Finanza, GDF), engageant une opération de police, dite de « maintien de l’ordre ». Toutefois, en raison des conditions météorologiques et de l’état de la mer, les bateaux ont dû rentrer au port, comme indiqué par la GDF dans un communiqué de presse lundi (27 février).

      La GDF n’est pas habilitée et équipée pour procéder à des opérations SAR (recherche et sauvetage), cette compétence relevant des garde-côtes italiens.

      Aucune opération de SAR n’a été lancée au moment de la communication de Frontex.
      Le silence de l’Italie sur les images thermiques

      La GDF et les garde-côtes italiens n’ont pas mentionné les indices thermiques dans leurs communiqués de presse suivant la tragédie.

      La GDF a évoqué l’observation d’un bateau par Frontex « prétendument impliqué dans un trafic de migrants, à environ 40 miles de la côte de Crotone ».

      Les garde-côtes italiens ont déclaré mardi (28 février) que le bateau « semblait naviguer de manière régulière, à 6 nœuds et dans de bonnes conditions de flottabilité, avec une seule personne visible sur le pont du navire ».

      EURACTIV a pris contact avec les garde-côtes italiens à plusieurs reprises depuis mardi dernier (28 février) — leur demandant s’ils avaient eu accès aux images des caméras thermiques — mais n’a pas reçu de réponse.

      Aux mêmes questions, la Garde des Finances italienne a déclaré à EURACTIV qu’« à ce stade, [elle] ne ferait aucune déclaration concernant les événements qui se sont produits à Crotone ».

      https://www.euractiv.fr/section/migrations/news/naufrage-de-crotone-litalie-na-pas-juge-urgents-les-messages-dalerte-de-fro

    • Cutro. I fiori del mare contro lo Stato di decomposizione

      Da loro apprenderemo a sopravvivere e a lottare

      Le circa tre settimane che seguono il naufragio di Steccato di Cutro sono state e continuano ad essere costellate da diversi falsi allarmi e notizie fittizie e frammentarie.

      La guardia costiera italiana ha messo in moto una macchina – per quanto estremamente operativa – non sufficiente al recupero dei corpi che con molta probabilità ancora giacciono sul fondo di quei 150 metri d’acqua che separano la spiaggia dal relitto dell’imbarcazione inabissata.

      Si cerca senza sosta dal cielo e da terra ma in profondità, ancora nessun sommozzatore ha ottenuto il consenso per attivare le complesse operazioni di rimozione del barcone e degli almeno 30 corpi che potrebbe trattenere.

      Il mare li sta restituendo autonomamente, poco per volta, con estrema difficoltà, in avanzatissimo stato di decomposizione.

      L’ultimo, quello di un uomo recuperato grazie ad un’operazione estremamente complessa, le cui probabilità di riuscita si riducono drasticamente ogni giorno che passa.

      Ci aggiorna sulle operazioni la stessa equipe operativa – tra polizia scientifica, organizzazioni del terzo settore, giornalisti – che senza sosta incrocia i pochi dati in possesso per poter risalire all’identità delle salme recuperate.

      E’ soprattutto per questo motivo che come Mem.Med abbiamo enfatizzato sin da subito sull’urgenza e la necessità immediata di ottenere da parte della procura di Crotone l’autorizzazione per prelevare il campione di DNA dei familiari ancora in loco, fondamentale a restituire un nome e un volto alle persone non più identificabili.

      Non si tratta ormai solo di ricostruire generalità biografiche e dettagli fisici: segni particolari sul corpo potrebbero non bastare all’esame autoptico per cui solo il sesso, l’abbigliamento e il confronto del materiale genetico dei familiari può garantirlo.

      In queste infinite settimane, in cui il tempo si è fermato per morti e vivi, abbiamo monitorato con attenzione ogni fase di ricerca, recupero e identificazione delle vittime restituite dal mare. I familiari e gli amici accorsi a Crotone hanno sospeso la propria vita non solo per quanto accaduto ai cari, ma anche perché provati e provocati da attese indefinite sulla loro sorte, privati di risposte a domande lecite circa rimpatrio delle salme, dalle ricerche in mare e il ricongiungimento con le persone sopravvissute, tuttora reiterate tra oblio e dimenticanze.

      Le famiglie e gli amici giunti in Italia per ritrovare le persone che attendevano da questo lato del mare, stanno lasciando la Calabria ancora col dubbio che quei corpi possano essere abbandonati in mare. Qualcuna non ha avuto la possibilità di partire. Ci scrivono ininterrottamente dal Pakistan, dall’Iran, dalla Palestina, dalla Germania per avere aggiornamenti costanti, per avere risposta sui loro figli e figlie, fratelli e sorelle che lo Stato trattiene da settimane.

      Shahid ha riconosciuto suo fratello attraverso una video chiamata, proprio come la famiglia tunisina di Siwar che, partita per raggiungere l’amore, ha trovato la morte.

      Shahid non ha ancora comunicato a nessuno della famiglia che il fratello non è in vita, ma rinchiuso in un campo tra i sopravvissuti, come aveva voluto credere dai primi giorni dal naufragio.

      È suo il primo messaggio che leggo al risveglio, perché fiducioso del fatto che potremmo velocizzare le procedure ed alleggerire quel peso che porta dentro di sé per non gettarlo sulla madre.

      I giorni precedenti al rinvenimento, era stato aggirato da chi lo ricattava per soldi, minacciato di non rivedere più suo fratello “sequestrato“, se non avesse pagato la somma richiesta.

      Senza un corpo che affermi la verità sulle sorti dei propri familiari, le persone che non possono raggiungere l’Italia cercano di darsi una speranza, anche credendo alla peggiore delle ipotesi, fuorché alla sparizione.

      Ed ora che lo ha ritrovato, l’ennesima violenza lo separa dalla salma del fratello, nell’attesa senza tempo che rientri in Pakistan.

      L’ultima segnalazione è quella di un ragazzino di 17 anni. Voi ve li ricordate i vostri 17 anni, fremere di entusiasmo man mano che si avvicinavano ai 18?

      Atiqullah non potrà mai raggiungerli. Aveva modificato il suo passaporto affinché potesse partire da maggiorenne per Dubai dove la sua famiglia avrebbe voluto che lavorasse.

      Ma Atiqullah fuggiva anche da questo, da una vita sacrificata per viverla in maniera più dignitosa.

      La sorella ci ha fornito ogni particolare utile all’eventuale riconoscimento, ne descrive ogni centimetro del corpo affinché, una volta recuperato, possa essere riconosciuto dalle cicatrici sui piedi.

      Quei piedi instancabili che solo le persone migranti sanno valorizzare, perché indispensabili a proseguire il cammino, la rotta verso la libertà. Ma il mare tradisce, ed è probabilmente già tardi perchè possa essere riconosciuto dai suoi piedi.

      Nell’ininterrotta impresa per la verità e la giustizia che perseguiamo, un modello efficace è impegnato per sopperire alla gravissima negligenza di uno Stato di decomposizione politica che ancora oggi oltraggia il rispetto e la dignità delle persone disperse.

      Dall’incontro con i familiari a palazzo Chigi in cui il Presidente Meloni si è concessa il privilegio di domandare – a chi quel mare lo attraversa perchè altrove rischierebbe la sua vita – se conoscessero le avversità a cui andavano incontro, fino alle risposte belle e fatte nel question time che i ministri si sono limitati a offrire ai parlamentari sull’ennesimo, non ultimo, naufragio nel Mar mediterraneo che conta la vita di ulteriori 30 persone.

      Mentre alla Camera i ministri impegnano con imbarazzo il tempo ad eludere le responsabilità nonché la capacità di soccorrere in mare – e lo abbiamo visto a Crotone con il salvataggio delle oltre 1.000 persone scortate dalla Guardia costiera – si ribadisce l’attacco inconcludente e infondato alla “mafia degli scafisti”.

      Ma è troppo facile puntare il dito a dei giovani ribelli, a quel compagno di viaggio che nelle aule di tribunale è testimone come gli altri sopravvissuti di questo delitto.

      Forse i ministri italiani dimenticano che le zone SAR non corrispondono a una competenza sovrana ma a un’indicazione operativa. Laddove le autorità libiche, maltesi o più prossime ad un’imbarcazione non sopraggiungano per il soccorso in mare, la responsabilità è, e deve essere, delle autorità italiane e di tutte coloro che possono intervenire. La domanda, dunque, non è se pensiamo che lo stato non abbia intenzionalmente salvato le vite, come ha ribaltato ai giornalisti durante il CDM tenuto a Cutro, perché lo abbiamo già affermato. La vera questione da porre, è se davvero è stato fatto e si continua a fare tutto il possibile per salvare le vite in quel mare e in qualsiasi punto del Mediterraneo.

      E’ difficile credere alla parole di chi non molto tempo fa, affermava di voler affondare le navi delle ONG e installare blocchi navali contro le persone migranti.

      La più assidua accusa rivolta alle antropologhe fa spesso enfasi sul simbolismo utilizzato nell’interpretazione della realtà. Ebbene, malgrado gli elementi simbolici non sempre siano il grado massimo di espressione utile a restituire la lettura più vicina al contenuto semantico e concreto dell’agire umano, si predispone ancora una volta come uno degli strumenti più immediati e verosimili per la descrizione di uno stato dell’arte che anche questa volta vede nascere fiori da uno Stato in putrefazione.

      Linguaggio, immagini e suoni ribaltati di un significante insignificante, che non ha ancora capito qual’è la sua più antica etimologia: la vita.

      Abbiamo teso le braccia alla morte e ne abbiamo tirato fuori memoria. Ci siamo immerse con corpo e spirito nel fondo del dolore di chi resta e racconta chi è andatə via. Ci siamo ritrovate a raccogliere frammenti di vita – biologica e non – dalle mani dei familiari e dei sopravvissuti nelle auspicabili ipotesi che si potesse restituire l’identità alle persone ancora in mare. Perché sappiamo, come scrive Erri De Luca, che quelle acque hanno volti, i volti di Iona e della ribellione.

      Ho letto da qualche parte che non bisogna mai fidarsi dei libri, e forse è un consiglio che terrò presente più spesso quando, anziché leggere di cosa gli altri hanno da dire di terzi, sentirò questi ultimi parlare per sé, di sé, del mondo che abitiamo.

      Potrebbero chiedermi, quindi, chi parlerà per le morti: Saranno loro a parlare di sé, di noi, di tutto. “I morti sono più eloquenti dei vivi”, scrive Cristina Cattaneo in un suo libro ormai divenuto una guida sul tema dell’identificazione dei naufraghi.

      Queste morti non tacciono, parlano del proprio coraggio, della sfida, del movimento. Queste morti sono e restano persone, ci parlano in prima persona, di come sono partite, tendendo la mano ai sacrifici, alla dignità e alla dissidenza, per ribellarsi, per opporsi a ciò che non andava bene, a ciò che opprime e spinge via la vita che resiste.

      Queste morti parlano di quanto non vogliamo che parlino, di come non le si voglia vedere, sentire, pregare, piangere, riconoscere, ricordare.

      Ma la morte è potente quanto la vita, così potente da risuscitare anche i vivi che muoiono ciechi di indifferenza.

      Allande scriveva a sua figlia Paula che la separazione non è mai definitiva finché esiste il ricordo, la memoria viva che tessiamo nel cammino per la verità e la giustizia.

      Queste morti non saranno testimoni ma sono epistemi e da loro apprenderemo a sopravvivere e a lottare. La resistenza dei vivi è la giustizia per i morti e noi non dimentichiamo la rabbia!

      Chi lotta non muore. Chi lotta è fiore.

      https://www.meltingpot.org/2023/03/cutro-i-fiori-del-mare-contro-lo-stato-di-decomposizione