• #Search-and-rescue in the Central Mediterranean Route does not induce migration : Predictive modeling to answer causal queries in migration research

    State- and private-led search-and-rescue are hypothesized to foster irregular migration (and thereby migrant fatalities) by altering the decision calculus associated with the journey. We here investigate this ‘pull factor’ claim by focusing on the Central Mediterranean route, the most frequented and deadly irregular migration route towards Europe during the past decade. Based on three intervention periods—(1) state-led Mare Nostrum, (2) private-led search-and-rescue, and (3) coordinated pushbacks by the Libyan Coast Guard—which correspond to substantial changes in laws, policies, and practices of search-and-rescue in the Mediterranean, we are able to test the ‘pull factor’ claim by employing an innovative machine learning method in combination with causal inference. We employ a Bayesian structural time-series model to estimate the effects of these three intervention periods on the migration flow as measured by crossing attempts (i.e., time-series aggregate counts of arrivals, pushbacks, and deaths), adjusting for various known drivers of irregular migration. We combine multiple sources of traditional and non-traditional data to build a synthetic, predicted counterfactual flow. Results show that our predictive modeling approach accurately captures the behavior of the target time-series during the various pre-intervention periods of interest. A comparison of the observed and predicted counterfactual time-series in the post-intervention periods suggest that pushback policies did affect the migration flow, but that the search-and-rescue periods did not yield a discernible difference between the observed and the predicted counterfactual number of crossing attempts. Hence we do not find support for search-and-rescue as a driver of irregular migration. In general, this modeling approach lends itself to forecasting migration flows with the goal of answering causal queries in migration research.

    https://www.nature.com/articles/s41598-023-38119-4

    #appel_d'air #migrations #réfugiés #frontières #sauvetage #pull-factor #facteur_pull #chiffres #statistiques #rhétorique #afflux #invasion #sauvetage_en_mer #démonstration #déconstruction #fact-checking

    –—

    ajouté à la métaliste qui réunit des fils de discussion pour démanteler la rhétorique de l’#appel_d'air en lien avec les #sauvetages en #Méditerranée :
    https://seenthis.net/messages/1012135

    • Sur les #données et le #code qui ont servi à l’étude :

      We document the various data sources used in Table S1 in Supplementary Materials. Though most data sources
      are publicly available—with the exception of the Sabre data on air traffic, we are unable to upload our data set
      to a repository due to data-usage requirements and proprietary restrictions. The data that support the findings
      of this study are available from various sources documented in Table S1 in Supplementary Materials but restrictions
      apply to the availability of these data, which were used under license for the current study, and so are not
      publicly available. Data are however available from the authors upon reasonable request and with permission of
      the various third party owners of the data. The code to construct the data set and perform the various statistical
      analyses is available at https://github.com/xlejx-rodsxn/sar_migration

      https://www.nature.com/articles/s41598-023-38119-4.pdf

    • Migranti, il pull factor non esiste. La prova del nove in uno studio scientifico

      Attraverso l’uso di tecniche statistiche avanzatissime e del machine learning quattro ricercatori hanno incrociato migliaia di dati relativi al decennio 2011-2020 dimostrando che le attività di ricerca e soccorso, istituzionali o delle Ong, non fanno aumentare le partenze dai paesi nordafricani. Come sostenuto per anni dalle destre e non solo.

      Le attività di ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale non costituiscono un fattore di attrazione per i migranti, cioè non li spingono a partire. Lo dimostra uno studio pubblicato sulla rivista Scientific Reports, dello stesso gruppo editoriale di Nature sebbene non si tratti della più nota e importante collega. Per la prima volta allo scopo di verificare l’esistenza di questo presunto pull factor sono state utilizzate tecniche statistiche particolarmente avanzate e sistemi di machine learning capaci di far interagire molte banche dati.

      I ricercatori Alejandra Rodríguez Sánchez, Julian Wucherpfennig, Ramona Rischke e Stefano Maria Iacus hanno raccolto informazioni sul decennio 2011-2020 provenienti da diversi ambiti – tassi di cambio, prezzi internazionali delle merci, livelli di disoccupazione, conflitti, condizioni climatiche – e le hanno usate per identificare i fattori che meglio prevedono le variazioni numeriche delle partenze da Tunisia e Libia. La loro attenzione si è concentrata su tre fasi che riflettono cambiamenti sostanziali di natura politica, legale e operativa del fenomeno analizzato: la vasta operazione di salvataggio messa in campo dall’Italia tra il 18 ottobre 2013 e il 31 ottobre dell’anno seguente, cioè Mare Nostrum; l’arrivo delle navi umanitarie delle Ong, a partire dal 26 agosto 2014; l’istituzione della zona Sar (search and rescue) libica e la collaborazione tra Tripoli e Unione Europea, dal 2017, in funzione anti-migranti.

      «Abbiamo comparato il fenomeno delle partenze prima e dopo l’inizio delle attività di ricerca e soccorso, il nostro modello predittivo dice che sarebbe andata allo stesso modo anche se le seconde non fossero intervenute», spiega Rodríguez Sánchez. Il modello è di tipo contro-fattuale: mostra cosa sarebbe successo modificando un certo fattore. In questo caso le operazioni Sar, che dunque non fanno aumentare le traversate.

      La forza del metodo statistico usato è di permettere di investigare non soltanto il terreno della correlazione tra due fenomeni, ma anche quello della presunta causalità di uno rispetto all’altro. La conclusione è che le navi di soccorso non sono il motivo delle traversate, o anche solo del loro aumento, ma esattamente l’opposto: costituiscono una risposta a esse. Sono altri i fattori che spingono le persone a migrare e rischiare la vita nel Mediterraneo, sono estremamente variegati e complessi, riguardano la povertà, la disoccupazione, le persecuzioni politiche, gli effetti del cambiamento climatico.

      Lo studio ha poi rilevato un altro elemento: la cooperazione Libia-Ue ha effettivamente ridotto le traversate, che dal 2017 sono state meno di quelle che si sarebbero dovute verificare secondo il modello predittivo. I ricercatori però avvertono che questo ha avuto un altissimo costo umano e che, in ogni caso, le politiche di esternalizzazione «non incidono sui fattori strutturali che influenzano un certo flusso e potrebbero forzare i potenziali migranti a seguire rotte ancora più pericolose». Se anche producono dei risultati in termini di deterrenza, insomma, ciò avviene esclusivamente a stretto giro, spostando il problema solo un po’ più in là.

      «Questa importante ricerca mostra a livello strutturale che le politiche di salvataggio, anche le più grandi e organizzate, non sembrano far aumentare le traversate. Noi stiamo indagando l’effetto puntuale: cioè se la presenza di singole navi Ong davanti alle coste libiche incida sulle persone che partono», commenta Matteo Villa, ricercatore dell’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi). Villa nel 2019 ha pubblicato il primo studio scientifico che smentiva la tesi delle navi Ong come fattore di attrazione. Tra qualche mese uscirà un aggiornamento con una base dati molto più ampia. «Conferma quanto avevamo osservato quattro anni fa – anticipa Villa al manifesto – L’unica correlazione che abbiamo trovato riguarda i mesi più freddi: tra dicembre, gennaio e febbraio ci sono più partenze se le Ong sono in missione. Ma parliamo di numeri irrilevanti: lo scorso anno 300 persone sulle 50mila arrivate dalla Libia».

      La tesi del pull factor è nata nel 2014 quando l’allora direttore di Frontex, l’agenzia europea per il controllo delle frontiere esterne, Gil Arias-Fernández iniziò a sostenere pubblicamente che le navi di Mare Nostrum stavano facendo aumentare i flussi dal Nord Africa. In una Risk Analysis della stessa agenzia relativa al 2016 l’accusa è stata spostata sulle Ong, intervenute nel frattempo a colmare il vuoto lasciato dalla chiusura dell’operazione italiana. Da allora questa teoria è stata un cavallo di battaglia delle destre ed è tornata in voga dopo l’insediamento del governo Meloni. Lo scorso autunno il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e quello degli Esteri Antonio Tajani, tra gli altri, hanno più volte citato un misterioso rapporto di Frontex che avrebbe ribadito lo stesso assunto per il 2021.

      Di quel rapporto non si è mai saputo nulla, ma ora abbiamo uno studio scientifico che smentisce il pull factor per l’ennesima volta. Intanto questa retorica ha influenzato le scelte dell’attuale esecutivo e anni di politiche migratorie basate sulla criminalizzazione delle Ong e sul disimpegno istituzionale dalla ricerca e dal soccorso davanti alle coste libiche. C’è da sperare che nuove ricercje facciano luce su quante vittime hanno causato simili norme e prassi, slegate da qualsiasi rapporto con la realtà e basate soltanto sulla propaganda.

      https://ilmanifesto.it/il-pull-factor-non-esiste-la-prova-del-nove-in-uno-studio-scientifico

      #propagande

    • Sea rescue operations do not promote migration, study finds

      Rescue operations do not incentivise migrants try to cross the Mediterranean, a recent study has found. Instead conflicts, economic hardship, natural and climate disasters, and the weather are reportedly key drivers of migration.

      Irregular migrant departures from the coasts of North Africa to Europe are not encouraged by search and rescue missions in the Central Mediterranean, a recent study has found. Instead, factors such as conflicts, economic hardship, natural disasters, and weather conditions drive migration.
      Rescue operations are not a ’pull factor’

      The study was published in Scientific Reports by an international research group led by Alejanda Rodríguez Sánchez from the University of Potsdam (Germany). The scientists looked at the number of attempts to cross the Central Mediterranean between 2011 and 2020.

      Through various simulations, the researchers tried to identify factors that can best predict changes in the number of sea crossings. The factors that they looked at included the number of search and rescue missions — both by state authorities and NGOs, as well as the currency exchange rates, the cost of international raw materials, unemployment rates, conflicts, violence, the rates of flight travel between Africa, the Middle East and Europe and meteorological conditions.
      Libya: Pushbacks reduced migration, increased human rights violations

      The study also looked at the increased activities of the Libyan coast guard since 2017, intercepting migrant boats and returning migrants to Libya. Researchers found that this had caused a reduction in the number of departure attempts and might have discouraged migration.

      The authors pointed out that, however, this has coincided with the reports of a worsening of human rights for migrants in Libya — particularly in the detention centers where migrants are being held after being stopped at sea.

      The researchers looked at migration on an “aggregate-level” and did not look at “micro-motives of migrants and smugglers”, they pointed out in the study. They recommended that future studies should do an in-depth analysis of the impact of search and rescue missions at sea on the decisions of individual migrants and human traffickers.

      https://www.infomigrants.net/en/post/50875/sea-rescue-operations-do-not-promote-migration-study-finds

  • I dati non mentono

    Ong e #migranti: i dati non mentono.
    Un rapporto Frontex sostiene che le Ong siano state «pull factor» dal 1° gennaio al 18 maggio 2021.
    Così sono andato a controllare.

    Partenze di migranti con Ong in area SAR: 125 al giorno.
    Con nessuna Ong: 135 al giorno.

    https://twitter.com/emmevilla/status/1592422778174861312

    Article publié sur Il Manifesto:
    Il mistero del rapporto di #Frontex sul «pull-factor» citato dal governo
    https://ilmanifesto.it/il-mistero-del-rapporto-di-frontex-sul-pull-factor-citato-dal-governo

    #fact-checking #pull-factor #facteur_pull #appel_d'air #sauvetage #mer #Méditerranée #mer_Méditerranée #chiffres #statistiques

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    ajouté à ce fil de discussion sur les pull-factors:
    https://seenthis.net/messages/788928

  • Communiqué de presse de l’association #Refuges_Solidaires à #Briançon, 24.10.2021 :
    Refuges Solidaires a décidé d’interrompre totalement l’#accueil aux #Terrasses_Solidaires à partir d’aujourd’hui

    #fermeture #asile #migrations #réfugiés #Hautes-Alpes #Briançonnais

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    ajouté à la métaliste sur le Briançonnais
    https://seenthis.net/messages/733721
    et plus précisément ici :
    https://seenthis.net/messages/733721#message930101

    • Briançon : ils aident les exilés, afin qu’ils poursuivent leur route

      Ce lundi, plusieurs dizaines de bénévoles ont passé la journée à tenter d’aider les personnes migrantes à poursuivre leur chemin vers d’autres villes voire d’autres pays. À la gare, environ 200 étaient dans l’attente d’un billet de train et d’un test covid.

      https://www.ledauphine.com/societe/2021/10/25/hautes-alpes-briancon-ils-aident-les-exiles-afin-qu-ils-poursuivent-leur

    • 25.10.2021 :

      Le dimanche 24 octobre, l’association Refuges Solidaires a décidé de fermer les portes du nouveau refuge en raison de sa surpopulation. Alors que le lieu est initialement prévu pour accueillir 80 personnes, plus de 200 s’y trouvaient hier. Les arrivées sont en augmentation depuis le printemps et la prise en charge est assurée uniquement par les bénévoles. Ce nombre important de personne menace la sécurité et l’accueil digne des personnes exilées.

      C’est la raison pour laquelle le refuge a, hier, le lendemain de son inauguration, décidé d’arrêter momentanément et symboliquement son activité afin d’interpeller les autorités : la Préfecture, la Ville et l’Etat. Nous, citoyens et associations solidaires du briançonnais, exigeons la mise en place de solutions d’hébergements d’urgence complémentaires dans les plus brefs délais afin que le refuge puisse de nouveau accueillir les exilés dans de bonnes conditions.

      Au moment où nous écrivons ce texte, bénévoles et exilés occupent toujours la gare de Briançon. Le Maire de Briançon Arnaud Murgia a condamné notre action. La Préfecture n’a pas formulé d’éléments de réponse et est même allé jusqu’à interdire à la Croix-Rouge d’effectuer des test Covid-19 pendant une bonne partie de la journée pour les personnes exilées, ce qui les empêche de se rendre à Grenoble ou à Paris. Les guichets SNCF sont également restés fermés toute la journée. La situation évolue constamment et nous vous tiendrons informés sur les réseaux sociaux (retrouvez tous les liens juste au dessus de ce paragraphe).

      Ce soir, nous entammons notre deuxième nuit dans la gare.
      Venez nous prêter main forte ce soir et/ou demain
      matin dès 05h00 pour soutenir les exilés et notre message.

      Retrouvez ci-dessous les deux communiqués de presse du 24 et du 25 octobre de l’association Refuges Solidaires, ainsi que quelques photos de cette nuit.

      –-> Reçu via la mailing-list de Tous Migrants, 25.10.2021

    • Les personnes exilées qui dormaient dans la gare de Briançon depuis dimanche soir ont été accueillies dans l’Eglise Sainte Catherine par le prêtre de Briançon et l’évêque de Gap et d’Embrun.

      Nous vous donnons finalement rendez-vous demain
      matin à 08h30 devant l’Eglise Sainte Catherine (rue Alphand)

      Pour rappel, Refuges Solidaires a décidé le 24 octobre, le lendemain de son inauguration, d’arrêter momentanément et symboliquement son activité en raison de sa surpopulation et afin d’interpeller les autorités : la Préfecture, la Ville et l’Etat. Nous, citoyens et associations solidaires du briançonnais, exigeons la mise en place de solutions d’hébergements d’urgence complémentaires dans les plus brefs délais afin que le refuge puisse de nouveau accueillir les exilés dans de bonnes conditions. Depuis plus de 5 ans, l’accueil des exilés est exclusivement effectué par des bénévoles solidaires.

      –-> Reçu via la mailing-list de Tous Migrants, 26.10.2021

      #église

    • Briançon : après la fermeture d’un refuge, des migrants hébergés dans une église

      Depuis la fin du week-end du 23 octobre, la situation est tendue à Briançon, dans les Hautes-Alpes. L’association qui hébergeait environ 200 migrants, afghans pour la plupart, a dû fermer ses portes. Ils ont été hébergés dans une église.

      C’est un hébergement d’urgence à même le sol dans une église de Briançon (Hautes-Alpes). Ils sont 150 à 200 migrants, des familles, des hommes seuls, principalement afghans et iraniens, à qui un prêtre a ouvert les portes de la paroisse Sainte-Catherine, propriété du diocèse. « Je suis heureux que ça contribue à une parole commune, que ça permette à des gens de toucher du doigt cette réalité, par la migration, tant qu’on n’a pas rencontré les personnes, on ne sait pas trop ce qu’on dit », explique le père Jean-Michel Bardet.
      Bras de fer avec la préfecture

      Ces migrants venaient chercher à Briançon un hébergement temporaire. Une association disposait de 80 places, mais a très vite été débordée par le nombre, et a décidé de fermer provisoirement le local. Dimanche soir, 230 personnes ont dû dormir à la gare. « On ne peut pas ouvrir, sinon on va tomber dans les mêmes travers. Accueillir, accueillir, accueillir encore et exploser en vol », prédit Jean Gaboriau, administrateur de l’association Refuges Solidaires. L’organisme demande plus de places à l’État. Hors de question, pour la préfecture.

      https://www.francetvinfo.fr/monde/europe/migrants/briancon-apres-la-fermeture-d-un-refuge-des-migrants-heberges-dans-une-

    • APPEL A SOUTIEN A DIFFUSER DANS VOS RESEAUX SOLIDAIRES !

      Aujourd’hui, le 2 novembre 2021, la situation dans le Brianconnais ne
      cesse de se compléxifier.

      La frontière franco-italienne continue d’être le théâtre d’inégalités
      toujours plus marquées entre les personnes exilées et les Européens.nes.

      Alors que près de 50 personnes passent cette frontière quotidiennement,
      dans l’espoir de pouvoir demander l’asile, parfois dans d’autres pays
      européens, l’Etat Français continue son travail méthodique de
      précarisation et d’enfermement des personnes sans papiers.

      Chaque année, depuis 5 ans, l’arsenal répressif ne cesse d’augmenter,
      rendant les conditions de passage de plus en plus dangereuses.
      Certaines lignes de bus locales sont modifiées, rendant la traversée
      plus complexe. Ailleurs, les services sociaux ou sanitaires sont
      interdits d’exercer leurs fonctions auprès des personnes exilées et les
      soutiens logistiques sont très largement entravés, les rafles se
      multiplient partout en France.

      Cette persécution étatique sur des personnes qui voyagent, pour
      certaines, depuis plusieurs années dans des conditions extrêmement
      difficiles entraîne de nombreuses tensions et difficultés à la fois en
      Italie mais aussi en France, dans un contexte qui n’était déjà pas
      facile à solutionner.
      La Préfecture, en empêchant minutieusement les personnes de se déplacer
      librement, alimente et cristallise des tensions qui ne servent qu’a
      légitimer un discours raciste et xénophobe qui ne manque pourtant pas de
      relais.

      Dans ce contexte extrêmement tendu, le refuge solidaire de Briançon a
      momentanément interrompu l’accueil aux exilés le soir du 24/10/21,
      invoquant un manque de sécurité et de dignité pour les personnes
      accueillies là bàs. Cette tentative de « rapport de force » avec l’état
      Français, dans l’attente de l’ouverture d’un second lieu d’accueil
      d’urgence pris en charge par l’état, s’est traduite par les occupations
      de la gare SNCF de Briançon ainsi qu’une salle communalle vide. Les
      seules réponses des autorités auront été l’évacuation de ces lieux et
      une fois de plus l’arrivée de prés de 200 gendarmes mobiles
      supplémentaires dans le Briançonnais ainsi que 10 agents
      supplémentaires à la police aux frontières de Montgenèvre, faisant
      gonfler les effectifs du corps répressif à près de 400 individus.
      De nombreuses personnes continuent de tenter leur chance sur ces
      chemins. La traque en montagne, encore une fois renforcée par des moyens
      humains et technologiques toujours plus sophistiqués va inévitablement
      contribuer à pousser les exilées à prendre encore plus de risques.

      Nous, des personnes solidaires auto-organisées, les collectifs et
      associations du Briançonnais, lançons un appel d’urgence afin de
      mobiliser des militant.es dans les plus brefs délais pour :

      1- Continuer d’organiser une solidarité d’urgence sur les besoins
      élémentaires des exilé.es qui arrivent à Briançon, informer ces
      personnes, relayer des informations et être présent.es face au non
      respect des droits des personnes exilées par les forces de l’ordre.

      2- Organiser des permanences jours et nuits, en vue d’une prochaine
      réouverture du refuge solidaire (et/ou d’un second lieu d’accueil
      d’urgence) : sécurité des personnes accueillies, logistiques diverses et
      liens avec les maraudes en montagne.

      3- Partout sur le territoire, accueillir, informer et soutenir les
      personnes sans papiers.

      4- Un rassemblement aura lieu à Briançon le 13 novembre 2021, RDV à 14h
      devant la médiathèque !!

      Toutes les compétences et les motivations de votre part sont les
      bienvenues, notre énergie n’est pas infinie.

      CONTRE LES POLITIQUES RACISTES DE L’ÉTAT ET SES FRONTIERES, MOBILISONS
      NOUS !!!!!

      Reçu par email le 3 novembre 2021.

    • « Personne ne doit rester dehors » : les solidaires de Briançon en détresse

      La ville frontalière de Briançon, dans les Hautes-Alpes, est un point de passage important pour les migrant.es arrivant de l’Italie à travers les montagnes. Face à des arrivées de plus en plus importantes, le « Refuge Solidaire » a fermé ses portes dimanche 24 octobre. Depuis, les solidaires mènent un bras de fer avec mairie et préfecture.

      Le Refuge Solidaire de Briançon avait à peine deux mois de vie lorsqu’il a fermé ses portes, le 24 octobre dernier. Le lieu d’accueil pour les migrant.es qui traversent tous les jours la frontière franco-italienne sur le col du Montgenèvre avait ouvert fin août, après presque une année de confrontation avec la mairie de la ville, passée LR en 2020. Dès l’automne 2020, le maire #Arnauld_Murgia avait souhaité fermer le précédent lieu d’accueil, ouvert depuis 2017, mais avait dû faire marche arrière face à la mobilisation de la société civile, et fournir un nouveau lieu d’accueil à l’association TousMigrants et aux autres solidaires de Briançon. Les événements de fin octobre ont précipité la situation et la dégradation des rapports entre mairie, État, et solidaires.

      Le nouveau refuge, les « Terrasses Solidaires », a arrêté ses activités en raison d’une pression prolongée sur le lieu, qui accueillait plus de 250 personnes dans la nuit entre le 23 et le 24 octobre, alors que la jauge maximale était de 80 personnes. Le refuge a donc fermé pour « des raisons de sécurité », peut-on lire dans le communiqué de presse de TousMigrants. Pour Max, membre de l’association, « on ne pouvait simplement pas accueillir 250 personnes dans un lieu qui peut en héberger au maximum 80. Le fameux soir du 23, on marchait littéralement l’un sur l’autre dans le refuge. S’il y a un incendie, on est tous morts. On ne peut pas, c’est tout ».

      Après la fermeture du refuge, le soir du 24, plus de 200 personnes se sont rendues à la gare de Briançon dans le but de quitter la ville, mais la #SNCF a fermé ses guichets. C’est ainsi, selon les comptes-rendus qu’en font les solidaires, qu’a commencé « l’occupation » de la gare, qui n’a duré qu’une nuit. Les bénévoles ont continué à assurer un repas chaud et des couvertures aux personnes sur place. Le lendemain, des bus ont été affrétés par la préfecture, en direction de Marseille et Lyon : « On a eu à chaque fois l’information à la dernière minute de la préfecture, affirme Sam, du collectif informel de solidaires briançonnais qui s’est constitué dans les derniers jours, mais on n’avait pas la garantie que les gens n’auraient pas été arrêtés à leur arrivée, donc on a temporisé et on a alerté nos réseaux entre-temps. Il y a un bus pour Lyon qui a été un peu chaotique parce que la police les attendait à l’arrivée, donc des migrant.es ont eu peur et sont parti.es. Sinon, il y a eu une vingtaine de personnes interpellées par la PAF à Lyon, qui étaient parties avant les bus de la préfecture, mais ils et elles sont sorti.es sans OQTF, sans rien. »

      Un accueil difficile

      Cette confusion reflète l’état chaotique du système d’accueil français, et s’est prolongée dans la suite du voyage des migrant.es. À Paris, ce sont des solidaires, collectifs ou individus, qui ont pris en charge l’accueil des dizaines de personnes arrivant de Briançon. Lucie fait partie d’un collectif occupant un local à #Pantin, dans la banlieue parisienne : « Nous avons su la situation à Briançon à travers des amis, qui nous ont dit que deux familles seraient arrivées le 26 en Gare de Lyon. Alors on a dit OK pour les héberger. Finalement ils étaient 15, avec des bébés. Ils et elles ne sont resté.es que deux nuits, et sont maintenant en Allemagne. Nous nous sommes démerdé.es seul.es, nous n’avons eu aucun contact avec d’autres collectifs ou organisations ».

      Les solutions bricolées pour accueillir au mieux les personnes en détresse sont la spécialité des Briançonnais.es, qui agissent solidairement avec les migrant.es depuis longtemps, mais qui ont décidé d’en arrêter là en l’absence de réponses de la part de l’État : « Ça fait des années qu’on demande à l’État, à la préfecture, d’ouvrir un autre lieu pour accueillir ces gens, on n’a pas de réponse » nous dit Max, de Refuges Solidaires. Dans ce contexte, la fermeture du refuge a engendré un #bras_de_fer avec la préfecture et la mairie autour de l’accueil des migrant.es. Le 30 octobre, solidaires et migrant.es ont occupé une ancienne école, vide après avoir été utilisée comme centre de vaccination contre la Covid-19. L’intervention de la gendarmerie a mis fin à cette occupation dans les 24 heures, et les solidaires restent encore en attente d’une solution durable pour l’accueil des migrant.es.

      Pour le moment, ils et elles sont hébergées dans la #salle_paroissiale #Sainte-Thérèse, mise à disposition par le prêtre de l’église Sainte-Catherine, et dans des tentes montées pour l’occasion, mais la situation météorologique s’empire, les arrivées ne cessent pas et la situation sur le terrain se complique : « Il y a environ 80 personnes maintenant, dont une cinquantaine qui sont arrivé.es cette nuit. En moyenne, les gens restent deux, trois jours, mais ça implique de devoir prendre des billets de train, de faire des #tests_Covid pour pouvoir prendre le train et cetera. Mais ça fait trois jours que la préfecture bloque la Croix-Rouge, donc il n’y a que Médecins du monde qui paie des tests ». Face à cette situation compliquée, même le discours de l’église se durcit, comme en témoignent les mots du curé de Briançon, le père #Jean-Michel_Bardet, à l’encontre des autorités : « Mais gare ! Si la parole n’est pas honorée… c’est alors l’expression de la désespérance, d’une colère qui trouvera souvent son expression dans une violence amère, et des errements accablants ».

      Que fait la #police ?

      La réponse de la préfecture, affidée à un communiqué de presse relayé le 26 octobre, a été le doublement des effectifs de la #gendarmerie_mobile à Briançon, passés de un à deux escadrons, soit 200 effectifs. La #police_aux_frontières a aussi bénéficié d’une augmentation des effectifs de dix unités, qui s’ajoutent aux cinquante fonctionnaires déjà affecté.es, comme annoncé par le directeur central de la #PAF, #Fernand_Gontier, en visite dans la ville le 27 octobre. La préfète des Hautes-Alpes, #Martine_Clavel, n’a engagé aucun dialogue avec les solidaires, qui sont pourtant loin d’être radicalement « anti-flics » et qui, selon Max, communiquaient à la préfecture le nombre exact de personnes présentes au refuge depuis le 24 août, sans avoir de réponses. Au contraire, dans son communiqué de presse, la préfecture estime que la présence même du refuge attire les migrant.es : « La situation actuellement observée à Briançon est liée à un double phénomène : d’une part, au moment où la crise sanitaire est moins aiguë, la reprise des flux migratoires au travers l’Europe par la route des Balkans, avec un niveau se rapprochant de celui de 2019, d’autre part, l’accroissement de l’offre d’hébergement des « Terrasses Solidaires », offre bien identifiée des réseaux de passeurs ».

      C’est la vieille rhétorique des « #pull_factor », les facteurs qui augmenteraient les chances de réussite des voyages migratoires, et donc la quantité de personnes qui les tenteraient. Cette rhétorique est utilisée pour contrer les efforts des ONGs et des collectifs solidaires tout au long des routes migratoires européennes, et elle est infondée. De surcroît, elle cache une logique dangereuse : pour limiter les arrivées de migrant.es il faut que leur parcours soit le plus périlleux possible, ce qui mène beaucoup trop fréquemment à des morts. Dans les Hautes-Alpes, ce sont plus de 1500 personnes qui ont été refoulées sans avoir la possibilité de déposer une demande d’asile en 2020. En même temps, du côté italien de la frontière alpine, trois lieux d’accueil (le refuge « Chez JesOulx », la vieille douane et la « Casa Cantoniera » de Clavière) ont été évacués par la police cette année. Cette « #raison_sécuritaire » est justifiée par une rhétorique qui relève de la « #raison_humanitaire », deux éléments étroitement liés, comme souligné par le chercheur Didier Fassin1.

      Ainsi, le maire de Briançon Arnauld #Murgia n’hésite pas à en appeler à « l’#humanité » : « Ce dossier, qui est extrêmement difficile, doit naturellement être regardé avec humanité ». Avant de soumettre « l’humanité » aux « lois » : « mais ce regard humain ne peut pas nous empêcher de traiter ce dossier dans un cadre qui est celui de la #loi de la République française ». Et de s’attaquer aux bénévoles, qui auraient « pris en otage » la ville de Briançon. Une attitude qui rappelle de près le « délit de solidarité », dans une ville qui a vu se dérouler le procès des « sept » qui auraient favorisé l’immigration clandestine lors d’une manifestation en 2018 (finalement relaxés cette année). La réponse aux demandes des solidaires est donc, tenez-vous bien… le soutien aux forces de police, en particulier aux nouveaux.elles employé.es de la PAF, auxquel.les le maire promet de l’aide dans la recherche de logement et dans l’accès à l’emploi pour leurs conjoint.es. Pour ce qui est d’un lieu d’accueil digne, repassez plus tard, la #responsabilité est à l’État, selon le maire.

      Une tragédie évitable

      La frontière alpine se configure donc comme un champ de bataille où se croisent des enjeux politiques, des ambitions sécuritaires et un nationalisme mal caché. À en faire le prix des centaines des personnes qui, tous les mois, traversent la frontière alpine en dépit du danger de mort. La politique sécuritaire qui semble enivrer toute l’administration, du gouvernement aux préfet.es en passant par les élus locaux, est en effet parfaitement inutile même pour ses buts déclarés : « Ça sert à rien, on a 150 km de frontières avec l’Italie, souligne Max des Refuges Solidaires. Ils sont relativement inefficaces par rapport à leurs directives, la frontière est poreuse et elle le sera toujours. ». En revanche, elle contribue à créer une ambiance politique de peur très profitable pour ces mêmes politicien.nes.

      De l’autre côté de la barricade, ce sont les citoyen.nes, les collectifs et les organisations qui sont laissé.es seul.es à gérer l’arrivée des exilé.es et leur secours, dans des conditions très difficiles. Les voyages à travers la frontière ne sont pas découragés par la police, ni par les intempéries, et les migrant.es se retrouvent à payer, parfois de leur vie, le prix d’un jeu politique dont ils et elles n’ont aucune responsabilité. Épuisé.es et sans ressources, les solidaires ne demandent à l’État que d’investir une fraction de ses ressources pour garantir la survie de ces personnes. On pourrait se demander, après des décennies de politiques migratoires répressives, si ce n’est plutôt le jeu de l’État de laisser ces gens, au mieux arriver en France dans des conditions d’illégalité, prêtes pour un marché du travail précaire, au pire crever.

      1 Dans sa post-faction à l’ouvrage “La raison humanitaire”, titrée “Signes des temps”, publiée en 2018.

      https://www.lamuledupape.com/2021/11/05/personne-ne-doit-rester-dehors-les-solidaires-de-briancon-en-detresse

      Dans le communiqué de presse de la préfecture (je copie-colle ici l’extrait) :

      « l’accroissement de l’offre d’hébergement des ’Terrasses Solidaires’, offre bien identifiée des réseaux de passeurs »

      –->

      "C’est la vieille rhétorique des « #pull_factor », les facteurs qui augmenteraient les chances de réussite des voyages migratoires, et donc la quantité de personnes qui les tenteraient. Cette rhétorique est utilisée pour contrer les efforts des ONGs et des collectifs solidaires tout au long des routes migratoires européennes, et elle est infondée."

      –-> et voilà encore une fois la rhétorique de l’#appel_d'air :-(

      #pull-factors

    • Accueil des migrants : la préfète des Hautes-Alpes rejette les demandes des associations

      La réponse de #Martine_Clavel à Refuges solidaires quant aux conditions de réouverture des Terrasses solidaires est sans appel. Aucun autre #dispositif_d’accueil ne sera ouvert par l’État pour les migrants arrivant à Briançon après avoir franchi la frontière franco-italienne.

      https://www.ledauphine.com/societe/2021/11/08/accueil-des-migrants-la-prefete-des-hautes-alpes-rejette-les-demandes-de

    • Manifestation, 13.11.2021

      –—

      Texte d’accompagnement, reçu via la mailing-list Tous Migrants, 10.11.2021

      La situation actuelle de l’accueil des exilés.

      Pourquoi Refuges Solidaires a suspendu temporairement son activité ?

      Depuis plusieurs mois les exilés sont contraints de rester plus longtemps au refuge en raison des délais des test Covid pour le pass sanitaire et des travaux du train de nuit qui limitent les places disponibles. Le dimanche 24 octobre, l’association Refuges Solidaires a décidé de suspendre momentanément et symboliquement son activité d’accueil en raison du nombre important de personnes (200 pour une jauge initiale de 80) qui menaçait la sécurité et l’accueil digne des personnes exilées.

      Objectif : interpeller la Ville, la Préfecture et l’Etat sur la nécessité de mettre en place des solutions d’hébergements d’urgence complémentaires dans les plus brefs délais afin que le refuge puisse rouvrir dans de bonnes conditions.

      Depuis 2015, l’accueil d’urgence et la mise à l’abri sont assurés uniquement par des associations et des bénévoles. Pourtant, il s’agit d’une obligation de l’État.

      Où les exilés sont-ils mis à l’abri depuis la fermeture ?

      Dans le but de partir dès le lendemain, les exilés se sont rendus à la gare et y ont passé la nuit du dimanche 24 au lundi 25 aux côtés de dizaines de personnes de la société civile. Par peur d’une potentielle intervention des forces de l’ordre qui aurait menacé les exilés et à la demande des associations, le curé de Briançon et Monseigneur Xavier Malle (évêque de Gap et Embrun) ont ouvert les portes de l’église Sainte Catherine. Les exilés ont pu y dormir 5 nuits (de lundi à samedi).

      Nous avons ensuite quitté l’église afin de la laisser disponible pendant les célébrations de la Toussaint. Entre le samedi 30 octobre et le dimanche 7 novembre, les exilés ont été mis à l’abri dans la salle paroissiale Sainte Thérèse (capacité de 25 places) et dans des tentes dans le jardin de Sainte Catherine. Depuis le dimanche 7 octobre, les exilés dorment soient dans des tentes soit chez des hébergeurs solidaires.

      Quelles réactions des autorités ?

      Le lendemain de la suspension des activités du refuge, la Préfecture a interdit à la Croix-Rouge d’effectuer des tests antigéniques, ce qui a empêché les exilés de quitter Briançon. La Mairie de Briançon a demandé des renforts au Ministère de l’Intérieur. Deux escartons de gendarmerie mobile (soit 200 personnes) ont rejoint Briançon.

      Plusieurs bus à destination de Valence et de Lyon ont été affrétés par la Préfecture la première semaine. Elle s’est engagée auprès de l’évêque, des associations et des exilés qu’aucune interpellations n’auraient lieux à leur arrivée.

      Samedi 30 octobre nous avons investi pacifiquement l’ancien centre de vaccination du Prorel qui est vacant et adapté à la mise l’abri des exilés. Nous avons été expulsés par les forces de l’ordre sous ordre de la Mairie et de la Préfecture.

      A ce jour, aucune solution pérenne n’a été proposée par les autorités. Elles condamnent même nos modes d’actions non-violents.

    • A la frontière italienne des Hautes Alpes, une situation humanitaire toujours plus dégradée face à l’inaction de l’Etat

      Depuis deux semaines, devant l’impossibilité d’assurer la sécurité des personnes et un accueil digne, le refuge solidaire à Briançon a pris la difficile décision de fermer temporairement et par ce geste, de tenter de mettre l’Etat devant ses responsabilités. En lieu et place de solutions d’accueil, les autorités poursuivent une logique sécuritaire et répressive qui met en danger la vie des personnes qui tentent de franchir la frontière alpine. Les associations appellent à manifester samedi 13 novembre à 14h au Parc Roseinheim à Briançon !

      Depuis cinq ans, près de 15 000 hommes, femmes et enfants sur les routes de l’exil ont traversé la frontière franco-italienne haute-alpine, souvent dans la nuit, le froid, ou la neige, au milieu de montagnes dont ils méconnaissent les dangers. Après un périple long et souvent très éprouvant, cette ultime étape pour arriver en France ou dans un autre pays européen s’avère extrêmement périlleuse, à fortiori depuis le rétablissement des contrôles aux frontières intérieures en 2015, sans cesse renouvelé depuis, qui a rendu la traversée de cette zone particulièrement dangereuse. C’est dans ce contexte que, depuis l’été 2017, des citoyens solidaires du Briançonnais ont créé le « Refuge solidaire » : un lieu d’accueil d’urgence unique destiné à offrir à un temps de pause et d’écoute indispensable aux personnes qui traversent la frontière. Ce lieu, ainsi que tou.te.s les citoyen.ne.s solidaires qui le font vivre, leur permet de dormir, manger, se laver, d’avoir accès aux soins et d’être informées sur leurs droits. Quelques jours de répit précieux pour se poser et se reposer, avant de reprendre leur route.

      Depuis plus d’un an, alors que la population accueillie est plus nombreuse et plus vulnérable (familles avec nourrissons, personnes âgées ou handicapées), les appels et cris d’alerte répétés de la société civile, se sont heurtés au silence et à l’inaction de l’Etat. A nouveau, les acteurs solidaires du Briançonnais ont dû se mobiliser pour acquérir un nouveau lieu, plus grand et plus adapté, avec des fonds privés uniquement : Les « Terrasses solidaires » ont ouvert leurs portes le 25 août 2021. Mais la situation humanitaire a continué de se dégrader. Selon les estimations des associations, près de 300 personnes, en majorité de nationalité afghane et iranienne, avec de nombreux enfants en bas âge, traversent actuellement chaque semaine à pied la frontière franco-italienne au niveau du col de Montgenèvre dans des conditions climatiques de plus en plus risquées avec l’arrivée de l’hiver et des températures négatives.

      Le 24 octobre 2021, devant l’impossibilité d’assurer la sécurité des personnes et un accueil digne (200 personnes pour une capacité d’accueil maximum autorisé de 81), le nouveau refuge solidaire a pris la difficile décision de fermer temporairement et par ce geste, de tenter de mettre l’Etat devant ses responsabilités. En lieu et place de solutions d’accueil, l’État a dépêché 200 gendarmes mobiles supplémentaires pour tenter renforcer les contrôles à cette frontière afin d’empêcher les nouvelles arrivées. Dans un courrier au Refuge Solidaire la préfète affirme que « ces moyens supplémentaires ont été concentrés à la frontière afin d’entraver les passages illégaux » et qu’ « aucun dispositif d’accueil ne sera initié » par les services de l’Etat. Une décision qui ne fait que perpétuer un cycle infernal de violences et de déni des droits. Depuis plus de cinq ans, La Cimade et ses partenaires constatent que le renforcement des dispositifs de contrôle et de surveillance entraîne de graves violations des droits : contrôles au faciès ; détention arbitraire ; refoulements expéditifs ; non protection des mineur.e.s non accompagné.e.s ; obstacles majeurs rendant impossible l’accès à la demande l’asile. Le durcissement de la règlementation (restriction des conditions de d’octroi des visas, difficultés d’accès et de mise en œuvre de la réunification familiale, etc.) conjuguée à la militarisation des frontières, en rendant leur franchissement toujours plus difficile, accroissent les risques et aggravent encore davantage la précarité et la vulnérabilité des personnes en exil. A la frontière franco-italienne, près de 30 cas de personnes décédées ont été recensés depuis 2015.

      Il n’est pas acceptable que l’Etat poursuive une logique sécuritaire et répressive qui met en danger la vie des personnes qui tentent de franchir la frontière alpine et continue de se reposer sur les associations et la population briançonnaise pour assurer la mise en sécurité, l’accueil, l’hébergement, l’accompagnement en santé et l’information aux droits des hommes, des femmes et des enfants qui y sont parvenues. Il est urgent de faire cesser les pratiques illégales et de proposer un accueil digne aux personnes qui traverse la frontière des Hautes-Alpes, en concertation avec les acteurs locaux et nationaux compétents (personnes concernées, citoyens solidaires, associations, pouvoirs publics, élus), y compris du côté italien.

      *

      Retrouvez ci-dessous le témoignage de Benjamin et Pauline, militant.e.s de La Cimade de la Drôme mobilisé.e.s en solidarité avec les acteurs locaux du Briançonnais et les personnes exilées bloquées à cette frontière, sur l’évolution de la situation sur place depuis la fermeture du Refuge.

      « Ce dimanche 24 octobre, nous prenons la route pour Briançon, dans le but de venir aider les bénévoles et salariés du Refuge Solidaire et de Tous Migrants, deux associations qui viennent en aide aux dizaines de personnes exilées qui traversent chaque jour la frontière à pieds depuis l’Italie.

      Briançon, Montgenèvre, les Alberts… une ville et ses alentours qui attirent des milliers de touristes, de vacanciers hiver comme été pour profiter des loisirs de montagne. Cette ville, nous qui venons régulièrement aider les solidaires depuis un an, nous la connaissons principalement pour sa proximité avec la frontière italienne, et la capacité des associations à accueillir depuis presque 5 ans les personnes exilées de passage, non seulement sans aucune aide publique, mais en luttant également contre des politiques publiques toujours plus maltraitantes et irrespectueuses des droits. Chaque fois que nous nous y rendons, nous rencontrons des salarié.e.s et bénévoles qui s’investissent sans relâche, malgré les burn out fréquents, et l’absence de considération, voire le mépris et le harcèlement de la part des pouvoirs publics.

      Depuis plusieurs mois, la situation est devenue intenable au Refuge : le lieu, calibré pour 80 personnes, en héberge et nourri souvent jusqu’à 200 par nuit. Un accueil digne de ce nom devient impossible, chaque cm2 de couloir est occupé par des personnes et des familles qui dorment à même le sol.

      Nous savons que plusieurs fois, les associations sur place ont évoqué la possibilité d’occuper l’espace public avec les personnes exilées pour dénoncer les conditions d’accueil et le manque de place d’hébergement d’urgence à Briançon afin que l’Etat prenne ses responsabilités.

      Or c’est ce dimanche 24 en arrivant vers 17h, que nous apprenons que Les Terrasses Solidaires, le nouveau local d’accueil du Refuge Solidaire, est en train de fermer. Les 200 personnes qui occupent le lieu, ainsi que des dizaines de bénévoles se dirigent à pied vers la gare de Briançon pour y passer la nuit. Des bénévoles resteront toute la nuit pour réorienter les personnes qui viennent d’arriver vers la gare, d’autres assureront les navettes pour les y transporter. Ce soir-là, des habitants de Briançon sont appelés en renfort et viennent également nous rejoindre à la gare. 250 à 300 repas sont servis, préparés par des bénévoles qui trouvent en urgence assiettes, couverts, bouteilles d’eau, etc. Ce sont aussi des échanges entre bénévoles, personnes exilées et personnel de gare sur l’incertitude du lendemain… Tout le monde espère par cette action faire réagir la préfecture, la mairie, quelqu’un là-haut…la demande essentielle est que l’Etat propose un hébergement d’urgence dès que la capacité d’accueil du refuge est atteinte.

      Malheureusement dès le lendemain lundi 25 octobre, les seules réactions politiques sont une condamnation du maire et l’interdiction donnée à la Croix-Rouge via la préfecture de réaliser des tests covid gratuits. Sans tests, nous sommes comme dans une souricière. Toute la journée, on tente de s’organiser pour continuer un accueil partiel et une aide au départ via des bus sans pass sanitaire. L’inquiétude monte chez les militant.e.s et les personnes exilées à mesure que l’on observe le dispositif policier qui se met en place. D’après les observations et les informations des associations, une expulsion de la gare dans la nuit ou au petit matin se prépare. On craint le pire (placement en CRA, risque d’expulsion, etc.). Dans la journée, quelques solidaires demandent au prêtre de la paroisse de l’église sainte Catherine à Briançon, s’il peut ouvrir l’église pour y mettre à l’abri les personnes.

      Mardi 26, c’est une nouvelle occupation de l’espace qui commence, entre l’église où dorment une partie des exilés et la salle paroissiale où continuent d’être hébergées les familles. Face à la pression médiatique préparée en amont par des solidaires, le rapport de force s’inverse. L’occupation de l’église fait venir de nombreux médias…. Les négociations avec la préfecture, commencent à porter quelques fruits : des bus « gratuits » et sans pass pour Lyon sont affrétés, avec la garantie qu’il n’y aura pas de contrôles à l’arrivée. Une cinquantaine de personnes partent pour Lyon, mais la plupart sont interpellées à leur arrivées et placées en garde à vue… finalement il semblerait que toutes aient pu être libérées. En lieu et place de solutions d’hébergement d’urgence, l’Etat envoie deux escadrons supplémentaires de gendarmes mobiles à la frontière.

      Le mercredi 27, contrairement à ce qui avait été annoncé la veille, nous apprenons au petit matin que les tests Covid réalisés gratuitement par la Croix Rouge ne seront à nouveau plus autorisés, les bénévoles se remettent donc à chercher des rendez-vous en laboratoire et en pharmacie…Des dons de dernière minute levés dans les réseaux militants la veille permettent de les financer. La préfecture affrète 3 bus pour Lyon, Marseille et Villeurbanne, avec promesse de tests gratuits à l’arrivée et possibilité de demander l’asile pour celles et ceux qui le souhaitent.

      Jeudi 28, les personnes arrivées à Lyon la veille qui ont été hébergées par Adoma, sont mises dehors à 10h, familles et bébés compris, et sans les tests covid promis.

      A ce jour, les arrivées ont repris malgré le renforcement des contrôles à la frontière, jusqu’à 40 par nuit sont comptées. On imagine sans peine les risques énormes que prennent ces personnes et familles dans la neige et en montagne pour éviter les contrôles. La nuit du 7 au 8 novembre par exemple, une dizaine de bassines d’eau ont été nécessaires à l’arrivée pour dégeler les pieds des personnes qui venaient de franchir la frontière alpine. Certaines seront conduites à l’hôpital.

      Face à l’absence de prise en charge par la préfecture, le Refuge ne rouvre toujours pas. Les solidaires recherchent des grands barnums, chauffages soufflants, groupes électrogènes pour continuer à abriter, chauffer, préparer à manger aux personnes, coûte que coûte, dans le jardin de la cure.

      Des solidaires diois à Briançon

      Pauline et Benjamin

      https://www.lacimade.org/a-la-frontiere-italienne-des-hautes-alpes-une-situation-humanitaire-toujou

    • Briançon : pour les migrants, dernière nuit dans les #barnums de Sainte-Thérèse

      Médecins sans frontières a installé, ce samedi 13 novembre, une immense tente sur la pelouse de la paroisse briançonnaise afin d’héberger temporairement des exilés. Une solution moins précaire que les barnums disposés depuis la fin du mois d’octobre. Et un message fort, en plein cœur de la ville.

      https://www.ledauphine.com/societe/2021/11/13/briancon-pour-les-migrants-derniere-nuit-dans-les-barnums-de-sainte-ther

    • 01.12.2021

      1-Le refuge solidaire rouvre ses portes aujourd’hui avec le renfort de la tente @MSF_france pour pallier à l’absence de prise en charge par l’état des exilés alors que l’hiver est là
      2-jusqu’à quand l’état va t’il se défausse de ses obligations de mise à l’abri sur des associations et la solidarité des citoyens ?
      3-notre appel à l’aide n’a pas été entendu mais nous ne résignons pas à laisser dormir dehors par-10 des personnes qui présentent de plus des vulnérabilités liées à la traversée des montagnes ds des conditions hivernales
      4-nous savons que la situation va perdurer, que l’épuisement des bénévoles est patent et que ce mépris affiché par @Prefet05 à notre appel à l’aide fait écho à qu’il se passe à Calais, à Paris et ailleurs
      5-maltraitance d’état, déni de droit constant, militarisation et traitement inhumain des exilés et la mort au bout de la route qui guette les chercheurs de refuge
      6-une dépense pharaonique pour quels résultats ? La mise au ban des valeurs qui devraient animer tte démocratie digne de ce nom :respect de la personne humaine, des lois et des textes internationaux protection des plus faibles
      7-oui nous allons continuer à accueillir, à soigner avec @MdM_France, à accompagner celleux qui ont besoin mais nous allons aussi continuer avec une gde détermination à combattre ces politiques migratoires mortifères

      https://twitter.com/nos_pas/status/1465937218426572801

    • Briançon : un amer retour en arrière pour les Terrasses solidaires

      Le tiers lieu de la route de Grenoble à Briançon héberge de nouveaux des migrants depuis ce mercredi 1er décembre. Un mois après sa fermeture, les associations se sont résolues à abandonner, en partie, le bras de fer engagé avec l’État. La tente de Médecins sans frontières, à la salle paroissiale, va servir de lieu d’hébergement secondaire.

      https://www.ledauphine.com/societe/2021/12/01/terrasses-solidaires-a-briancon-un-amer-retour-en-arriere

    • Briançon : la #justice rejette la requête d’une association sur l’ouverture d’un centre d’accueil pour migrants

      Le #juge_des_référés du #tribunal_administratif de Marseille a rejeté, mardi, la requête du collectif d’associations Tous migrants qui avait sollicité la justice pour contraindre l’État à héberger les migrants, à Briançon. De nombreuses personnes sont sans abri dans cette ville des Hautes-Alpes malgré les températures hivernales.

      Malgré les températures glaciales, l’État ne sera pas contraint d’héberger les migrants à Briançon (Hautes-Alpes). C’est la décision qu’a rendu, mardi 30 novembre, le juge des référés du tribunal administratif de Marseille, rejetant la requête de Tous migrants.

      Le collectif d’associations qui vient en aide, à Briançon, aux exilés arrivant en France depuis l’Italie, avait attaqué l’État en justice en déposant le 16 novembre un #référé-liberté au tribunal administratif de Marseille. L’organisation souhaitait « contraindre la préfète des Hautes-Alpes #Martine_Clavel à ‘la mise en place d’un dispositif d’accueil’ pour les migrants arrivant à Briançon, ainsi que l’autorisation pour la Croix-Rouge d’effectuer des tests Covid afin que les exilés puissent prendre les transports en commun et quitter Briançon, et l’organisation des transports publics permettant aux exilés de quitter le Briançonnais ’ », rapporte Le Dauphiné libéré.

      Le tribunal administratif de Marseille a rejeté la requête de Tous migrants au motif que les Terrasses solidaires, lieu d’hébergement géré par l’association Refuges solidaires, « a une capacité d’accueil supérieure au nombre de personnes actuellement présentes sous la tente installée par Médecins du monde [la tente a, en réalité, été installée par Médecins sans frontières NDLR], alors aucun motif, ni matériel ni juridique, ne fait obstacle à sa réouverture immédiatement ».

      Refuges solidaires avait décidé de fermer ce lieu d’hébergement fin octobre après avoir été débordé par le nombre de personnes qui s’y présentaient. Plus de 200 personnes avaient besoin d’un hébergement alors que les Terrasses solidaires ne disposent que de 80 places. L’association et des dizaines d’exilés avaient alors occupé la gare de Briançon pour appeler l’État à ouvrir un lieu de mise à l’abri. « Cela fait longtemps qu’on alerte les pouvoirs publics sur impossibilité de gérer [la mise à l’abri des personnes] seuls. On demande d’urgence l’aide de l’État », avait expliqué Jean Gaboriau, administrateur bénévole de l’association, à InfoMigrants.

      Pas de dispositif d’accueil

      Depuis le début du bras de fer qui l’oppose aux associations de Briançon, la préfète des Hautes-Alpes Martine Clavel refuse l’ouverture d’une telle structure, malgré la dégradation de la situation pour les migrants et la baisse des températures dans la région. Dans un communiqué adressé à Tous Migrants mi-novembre, elle avait indiqué « qu’aucun dispositif d’accueil ne sera[it] initié » par ses services.

      En revanche, des « moyens supplémentaires » ont depuis été déployés à la frontière « afin d’entraver les passages illégaux ».

      Depuis la fermeture des Terrasses Solidaires, 200 gendarmes mobiles patrouillent dans la zone. « Les forces de l’ordre sont omniprésentes : sur les routes, à la frontière, dans les montagnes, dans les gares », a déploré Tous Migrants sur Twitter, dénonçant « une véritable chasse à l’homme des personnes en exil », « mise en place par l’État ».

      Pour parer au manque d’hébergements, Médecins sans frontières (MSF) a ouvert, le 13 novembre, à Briançon une tente d’une superficie de 100 m2, pouvant accueillir au chaud une cinquantaine de personnes. Bien que dépourvue de sanitaires, de toilettes et de douches, la structure « est très utile parce qu’elle permet aux exilés de ne pas mourir de froid », avait indiqué Alfred Spira, médecin et membre des Refuges solidaires à InfoMigrants.

      https://www.infomigrants.net/fr/post/36909/briancon--la-justice-rejette-la-requete-dune-association-sur-louvertur

  • Fact check: Is sea rescue a pull factor for refugees?

    For years there have been claims that sea rescue is a pull factor in asylum-related migration. But is this theory true?

    What is the debate about?

    Some argue that more people will dare to embark on the perilous journey across the Mediterranean, for instance from Libya or Morocco to Europe, because they believe they will be rescued from boats that are often not even seaworthy.

    Conservative politicians in particular regard sea rescue as an incentive to migrate. As a result, they criticize civilian sea rescue operations including Sea-Watch and Sea-Eye, groups that rescue tens of thousands of people in the Mediterranean every year. In some cases, the rescuers have been accused of colluding with smugglers, which in turn means they support human trafficking — an accusation the NGOs reject.

    EU ships no longer patrol along the migration routes and have saved hardly any lives since the naval mission Operation Sophia ended in spring 2020. One of the reasons why state rescue at sea has been so severely restricted is that Italy and Austria, for instance, feared these missions would lead to a rise in the influx of refugees and migrants.

    So-called push and pull factors play an important role in EU policy and discussions about limiting and managing migration.

    Whereas push factors refer to circumstances that turn people away from their countries of origin — war or environmental disasters — pull factors are those that attract people or create incentives for them to come to Europe, including political stability and prosperity as well as liberal immigration laws.
    Research status

    So far, there is not much sound research. According to Julian Wucherpfennig, professor of international affairs and security at the Berlin-based Hertie School of Governance, this is partly due to the poor data situation — and partly to the complexity of the issue. “Cause and effect are difficult to separate,” the scientist said, adding it’s like studying whether the number of lifeguards has an effect on the number of bathers.

    Some research on the issue does exist, however. The 2017 study Blaming the Rescuers by Charles Heller and Lorenzo Pezzani of the University of London looks at when and where how many people fled across the Mediterranean until 2016. The researchers juxtapose this data with the periods in which European rescue and border protection missions were active. They could not establish a correlation.
    2015: Numbers down despite a rise in the number of NGOs?

    Sea Rescue NGOs: A Pull Factor of Irregular Immigration? is a dossier that focuses on civilian sea rescue as a possible pull factor and analyzes migration from Libya to Italy from 2014 to 2019. Here too, authors #Eugenio_Cusumano of the European University Institute and #Matteo_Villa of the Italian Institute for International Political Science Studies “could not find any correlation between the presence of NGOs at sea and the number of migrants.”

    According to the dossier, the total number of departures in 2015 from Libya fell slightly compared to the previous year, although the number of migrants rescued by NGOs rose sharply. “The results of our analysis challenge the claim that non-governmental rescue operations are a pull factor of irregular migration across the Mediterranean,” the authors of the 2019 paper wrote.

    “Unintended consequences” of sea rescue

    Claudio Deiana (University of Cagliari), Vikram Maheshri (University of Houston) and Giovanni Mastrobuoni (University of Turin) came to a different conclusion in their Migrants at Sea: Unintended Consequences of Search and Rescue Operations study.

    A rise in rescue activities in the Mediterranean led smugglers to switch from seaworthy wooden boats to inflatable boats of poorer quality, they found, concluding that the fact that more people risk the journey to Europe under worse conditions could be an “unintended consequence” of sea rescue.

    However, most of their colleagues have not arrived at the same conclusion. Almost all other scientific studies assume that rescue at sea does not lead to more crossings, according to the Hertie School’s Julian Wucherpfennig.

    Consequences for smugglers

    Many researchers conclude it seems logical that rescue activities don’t have so much of an impact on the refugees as on how the smugglers react — they could, as reported by Deiana, Maheshri and Mastrobuoni, choose less seaworthy boats and send them out with less fuel.

    “The reality is that there are many other variables that play a role in departures — like weather conditions and the security situation and monitoring of the coast — that would affect departures more than anything else,” Safa Msehli, spokeswoman for theInternational Organization for Migration (IOM),told DW. Over the past years, there have been many departures even when there were no rescue boats at sea — “and accordingly, a large number of deaths,” she said.
    Push factors play a bigger role

    But push factors — war, political persecution, and extreme poverty —are much more important for migrants and refugees, other researchers argue.

    “In our opinion, the push factors are much higher than anything else alleged (...) People are stuck in a cycle of abuse,” said IOM spokesman Msehli. “They end up in detention, forced labor, abuse, in many cases, torture, disappearances. And those are the conditions that migrants are mentioning to us that permit them to take such a difficult journey.”
    Sea rescue, an incentive for migrants?

    There is no proof that sea rescue has a direct effect on the influx of migrants and refugees to Europe. Most studies suggest that rescue activities do not increase the number of departures from the North African coast.

    However, the claim that sea rescue acts as a pull factor cannot be unequivocally refuted either. Almost all researchers who have studied the issue say more data and further research are needed.
    What it means for EU policies

    The cutbacks in state rescue at sea and the hurdles for civilian rescue at sea, such as detaining ships in ports or banning them from entering, are based on assumptions that are not substantiated.

    Sea rescue as a pull factor seems so obvious to many that they hardly question the assumption, nor do they require any evidence for it, Matteo Villa wrote in an article for Germany’s Die Zeit weekly. Yet the evidence to date would suggest that more lives could be saved “without risking many more people setting off for Europe. Unfortunately, the EU is choosing a different path.”

    https://www.dw.com/en/fact-check-is-sea-rescue-a-pull-factor-for-refugees/a-57804247?maca=en-Twitter-sharing

    #pull-factor #facteur_pull #appel_d'air #sauvetage #Méditerranée

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  • The Death of Asylum and the Search for Alternatives

    March 2021 saw the announcement of the UK’s new post-Brexit asylum policy. This plan centres ‘criminal smuggling gangs’ who facilitate the cross border movement of people seeking asylum, particularly in this case, across the English Channel. It therefore distinguishes between two groups of people seeking asylum: those who travel themselves to places of potential sanctuary, and those who wait in a refugee camp near the place that they fled for the lottery ticket of UNHCR resettlement. Those who arrive ‘spontaneously’ will never be granted permanent leave to remain in the UK. Those in the privileged group of resettled refugees will gain indefinite leave to remain.

    Resettlement represents a tiny proportion of refugee reception globally. Of the 80 million displaced people globally at the end of 2019, 22,800 were resettled in 2020 and only 3,560 were resettled to the UK. Under the new plans, forms of resettlement are set to increase, which can only be welcomed. But of course, the expansion of resettlement will make no difference to people who are here, and arriving, every year. People who find themselves in a situation of persecution or displacement very rarely have knowledge of any particular national asylum system. Most learn the arbitrary details of access to work, welfare, and asylum itself upon arrival.

    In making smugglers the focus of asylum policy, the UK is inaugurating what Alison Mountz calls the death of asylum. There is of course little difference between people fleeing persecution who make the journey themselves to the UK, or those who wait in a camp with a small chance of resettlement. The two are often, in fact, connected, as men are more likely to go ahead in advance, making perilous journeys, in the hope that safe and legal options will then be opened up for vulnerable family members. And what makes these perilous journeys so dangerous? The lack of safe and legal routes.

    Britain, and other countries across Europe, North America and Australasia, have gone to huge efforts and massive expense in recent decades to close down access to the right to asylum. Examples of this include paying foreign powers to quarantine refugees outside of Europe, criminalising those who help refugees, and carrier sanctions. Carrier sanctions are fines for airlines or ferry companies if someone boards an aeroplane without appropriate travel documents. So you get the airlines to stop people boarding a plane to your country to claim asylum. In this way you don’t break international law, but you are certainly violating the spirit of it. If you’ve ever wondered why people pay 10 times the cost of a plane ticket to cross the Mediterranean or the Channel in a tiny boat, carrier sanctions are the reason.

    So government policy closes down safe and legal routes, forcing people to take more perilous journeys. These are not illegal journeys because under international law one cannot travel illegally if one is seeking asylum. Their only option becomes to pay smugglers for help in crossing borders. At this point criminalising smuggling becomes the focus of asylum policy. In this way, government policy creates the crisis which it then claims to solve. And this extends to people who are seeking asylum themselves.

    Arcane maritime laws have been deployed by the UK in order to criminalise irregular Channel crossers who breach sea defences, and therefore deny them sanctuary. Specifically, if one of the people aboard a given boat touches the tiller, oars, or steering device, they become liable to be arrested under anti-smuggling laws. In 2020, eight people were jailed on such grounds, facing sentences of up to two and a half years, as well as the subsequent threat of deportation. For these people, there are no safe and legal routes left.

    We know from extensive research on the subject, that poverty in a country does not lead to an increase in asylum applications elsewhere from that country. Things like wars, genocide and human rights abuses need to be present in order for nationals of a country to start seeking asylum abroad in any meaningful number. Why then, one might ask, is the UK so obsessed with preventing people who are fleeing wars, genocide and human rights abuses from gaining asylum here? On their own terms there is one central reason: their belief that most people seeking asylum today are not actually refugees, but economic migrants seeking to cheat the asylum system.

    This idea that people who seek asylum are largely ‘bogus’ began in the early 2000s. It came in response to a shift in the nationalities of people seeking asylum. During the Cold War there was little concern with the mix of motivations in relation to fleeing persecution or seeking a ‘better life’. But when people started to seek asylum from formerly colonised countries in the ‘Third World’ they began to be construed as ‘new asylum seekers’ and were assumed to be illegitimate. From David Blunkett’s time in the Home Office onwards, these ‘new asylum seekers’, primarily black and brown people fleeing countries in which refugee producing situations are occurring, asylum has been increasingly closed down.

    The UK government has tended to justify its highly restrictive asylum policies on the basis that it is open to abuse from bogus, cheating, young men. It then makes the lives of people who are awaiting a decision on their asylum application as difficult as possible on the basis that this will deter others. Forcing people who are here to live below the poverty line, then, is imagined to sever ‘pull factors’ for others who have not yet arrived. There is no evidence to support the idea that deterrence strategies work, they simply costs lives.

    Over the past two decades, as we have witnessed the slow death of asylum, it has become increasingly difficult to imagine alternatives. Organisations advocating for people seeking asylum have, with diminishing funds since 2010, tended to focus on challenging specific aspects of the system on legal grounds, such as how asylum support rates are calculated or whether indefinite detention is lawful.

    Scholars of migration studies, myself included, have written countless papers and books debunking the spurious claims made by the government to justify their policies, and criticising the underlying logics of the system. What we have failed to do is offer convincing alternatives. But with his new book, A Modern Migration Theory, Professor of Migration Studies Peo Hansen offers us an example of an alternative strategy. This is not a utopian proposal of open borders, this is the real experience of Sweden, a natural experiment with proven success.

    During 2015, large numbers of people were displaced as the Syrian civil war escalated. Most stayed within the region, with millions of people being hosted in Turkey, Jordan and Lebanon. A smaller proportion decided to travel onwards from these places to Europe. Because of the fortress like policies adopted by European countries, there were no safe and legal routes aboard aeroplanes or ferries. Horrified by the spontaneous arrival of people seeking sanctuary, most European countries refused to take part in burden sharing and so it fell to Germany and Sweden, the only countries that opened their doors in any meaningful way, to host the new arrivals.

    Hansen documents what happened next in Sweden. First, the Swedish state ended austerity in an emergency response to the challenge of hosting so many refugees. As part of this, and as a country that produces its own currency, the Swedish state distributed funds across the local authorities of the country to help them in receiving the refugees. And third, this money was spent not just on refugees, but on the infrastructure needed to support an increased population in a given area – on schools, hospitals, and housing. This is in the context of Sweden also having a welfare system which is extremely generous compared to Britain’s stripped back welfare regime.

    As in Britain, the Swedish government had up to this point spent some years fetishizing the ‘budget deficit’ and there was an assumption that spending so much money would worsen the fiscal position – that it would lead both to inflation, and a massive national deficit which must later be repaid. That this spending on refugees would cause deficits and hence necessitate borrowing, tax hikes and budget cuts was presented by politicians and the media in Sweden as a foregone conclusion. This foregone conclusion was then used as part of a narrative about refugees’ negative impact on the economy and welfare, and as the basis for closing Sweden’s doors to people seeking asylum in the future.

    And yet, the budget deficit never materialised: ‘Just as the finance minister had buried any hope of surpluses in the near future and repeated the mantra of the need to borrow to “finance” the refugees, a veritable tidal wave of tax revenue had already started to engulf Sweden’ (p.152). The economy grew and tax revenue surged in 2016 and 2017, so much that successive surpluses were created. In 2016 public consumption increased 3.6%, a figure not seen since the 1970s. Growth rates were 4% in 2016 and 2017. Refugees were filling labour shortages in understaffed sectors such as social care, where Sweden’s ageing population is in need of demographic renewal.

    Refugees disproportionately ended up in smaller, poorer, depopulating, rural municipalities who also received a disproportionately large cash injections from the central government. The arrival of refugees thus addressed the triple challenges of depopulation and population ageing; a continuous loss of local tax revenues, which forced cuts in services; and severe staff shortages and recruitment problems (e.g. in the care sector). Rather than responding with hostility, then, municipalities rightly saw the refugee influx as potentially solving these spiralling challenges.

    For two decades now we have been witnessing the slow death of asylum in the UK. Basing policy on prejudice rather than evidence, suspicion rather than generosity, burden rather than opportunity. Every change in the asylum system heralds new and innovative ways of circumventing human rights, detaining, deporting, impoverishing, and excluding. And none of this is cheap – it is not done for the economic benefit of the British population. It costs £15,000 to forcibly deport someone, it costs £95 per day to detain them, with £90 million spent each year on immigration detention. Vast sums of money are given to private companies every year to help in the work of denying people who are seeking sanctuary access to their right to asylum.

    The Swedish case offers a window into what happens when a different approach is taken. The benefit is not simply to refugees, but to the population as a whole. With an economy to rebuild after Covid and huge holes in the health and social care workforce, could we imagine an alternative in which Sweden offered inspiration to do things differently?

    https://discoversociety.org/2021/04/07/the-death-of-asylum-and-the-search-for-alternatives

    #asile #alternatives #migrations #alternative #réfugiés #catégorisation #tri #réinstallation #death_of_asylum #mort_de_l'asile #voies_légales #droit_d'asile #externalisation #passeurs #criminalisation_des_passeurs #UK #Angleterre #colonialisme #colonisation #pull-factors #pull_factors #push-pull_factors #facteurs_pull #dissuasion #Suède #déficit #économie #welfare_state #investissement #travail #impôts #Etat_providence #modèle_suédois

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    –-

    ajouté au fil de discussion sur le lien entre économie et réfugiés/migrations :
    https://seenthis.net/messages/705790

    • A Modern Migration Theory. An Alternative Economic Approach to Failed EU Policy

      The widely accepted narrative that refugees admitted to the European Union constitute a fiscal burden is based on a seemingly neutral accounting exercise, in which migrants contribute less in tax than they receive in welfare assistance. A “fact” that justifies increasingly restrictive asylum policies. In this book Peo Hansen shows that this consensual cost-perspective on migration is built on a flawed economic conception of the orthodox “sound finance” doctrine prevalent in migration research and policy. By shifting perspective to examine migration through the macroeconomic lens offered by modern monetary theory, Hansen is able to demonstrate sound finance’s detrimental impact on migration policy and research, including its role in stoking the toxic debate on migration in the EU. Most importantly, Hansen’s undertaking offers the tools with which both migration research and migration policy could be modernized and put on a realistic footing.

      In addition to a searing analysis of EU migration policy and politics, Hansen also investigates the case of Sweden, the country that has received the most refugees in the EU in proportion to population. Hansen demonstrates how Sweden’s increased refugee spending in 2015–17 proved to be fiscally risk-free and how the injection of funds to cash-strapped and depopulating municipalities, which received refugees, boosted economic growth and investment in welfare. Spending on refugees became a way of rediscovering the viability of welfare for all. Given that the Swedish approach to the 2015 refugee crisis has since been discarded and deemed fiscally unsustainable, Hansen’s aim is to reveal its positive effects and its applicability as a model for the EU as a whole.

      https://cup.columbia.edu/book/a-modern-migration-theory/9781788210553
      #livre #Peo_Hansen

  • Why ’stronger borders’ don’t work

    Thousands of people die annually trying to cross borders. It’s often argued stronger borders and more checks would deter people from making dangerous crossings. But how accurate is this? Maya Goodfellow explores what the current border regime means for people seeking asylum

    https://www.theguardian.com/uk-news/video/2020/jan/21/why-stronger-borders-dont-work
    #fermeture_des_frontières #asile #migrations #réfugiés #walls_don't_work #dissuasion #frontières #problème #solution #vidéo #externalisation #vulnérabilité #danger #péril #militarisation_des_frontières #ressources_pédagogiques #pull_factor #facteur_pull #stéréotypes #préjugés #pull-factor #audition #voies_légales #réinstallation

    Cette carte


    #cartographie #visualisation #frontières_intérieures #Schengen (fin de -)
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  • IL «PULL FACTOR» NON ESISTE. Con #SeaWatch3 da 12 giorni al largo di #Lampedusa, terzo aggiornamento. Tra l’1 maggio e il 21 giugno dalla #Libia sono partite almeno 3.926 persone. Con Ong al largo, 62 partenze al giorno. Senza Ong, 76 partenze.

    Se ci limitiamo ai soli giorni di giugno, il dato è ancora più eclatante. Con #SeaWatch3 al largo, dalla #Libia sono partite 52 persone al giorno. Senza Ong, 94 partenze.

    Tra l’1 maggio e il 21 giugno dalla #Libia sono partite almeno 3.962 persone. 431 partite quando le Ong erano al largo delle coste libiche. 3.495 partite senza nessun assetto europeo (pubblicamente) in mare a fare ricerca e soccorso.


    NB: non è che senza Ong in mare si parta di più — sarebbe un pull factor all’incontrario. La differenza tra le partenze al giorno dalla Libia, con o senza Ong, non è significativa. Semplicemente, non c’è alcuna correlazione tra attività Ong in mare e partenze.

    https://twitter.com/emmevilla/status/1142685495526395906

    #Matteo_Villa #pull-factor #facteur_pull #appel_d'air #statistiques #chiffres #fact-checking #2019 #Méditerranée #ONG #asile #migrations #réfugiés #frontières #démonstration #déconstruction #Libye #départs

    ping @isskein

    • "Lampedusa ha superato da tempo la sua capacità d’accoglienza: sull’isola ci sono già i 42 passeggeri della Sea-Watch 3, sbarcati dopo 17 giorni di attraversata, e altri cento arrivati senza creare scalpore. Su di loro il ministro dell’interno Matteo Salvini non ha speso nemmeno una parola. Però quando la Sea-Watch 3 ha fatto rotta verso la costa italiana Salvini ha scatenato il putiferio.
      (...)
      In effetti in Italia continuano ad arrivare i migranti: mille a giugno, più di 2500 all’inizio dell’anno. Certo, sono molti meno rispetto a un paio di anni fa, ma comunque troppi rispetto alle promesse fatte da Salvini agli elettori. Come deve presentare questi numeri? C’è sempre un’invasione da combattere, o si tratta di una cifra relativamente piccola e tollerabile? Nel primo caso avrebbe fallito, nel secondo caso il tema diventerebbe secondario. E forse per Salvini la seconda opzione è perfino peggiore della prima.
      (...)
      Il leader della Lega, infatti, deve assolutamente mantenere il tema dei migranti al centro del dibattito politico italiano, è il suo terreno di battaglia preferito, soprattutto in vista di eventuali elezioni anticipate a settembre. Salvini spera che la Lega si affermi come primo partito d’Italia e aspira a diventare presidente del consiglio. Fino ad allora deve tenere in vita l’immagine dell’uomo che sa imporsi, altrimenti le sue speranze di vittoria sono perdute. Un nuovo nemico, deve aver pensato Salvini, lo farebbe uscire dal vicolo cieco. E quale miglior nemico degli ’aiutanti dei trafficanti’, come spesso ha definito le navi gestite da volontari che salvano i naufraghi in mare? Grazie a loro arriva in Italia un numero irrilevante di profughi, ma sono la controparte perfetta per la sua messinscena. Per questo ha alzato il livello dello scontro con la Sea-Watch 3.

      Source: Hans-Jürgen Schlamp, «Una nemica perfetta», in Internazionale, n°1314, juillet 2019 (original: Der Spiegel), pp.19-20.
      https://www.internazionale.it/sommario/1314
      #Salvini #Carola_Rackete #Rackete #Matteo_Salvini

    • Con #OpenArms ancora al largo e #OceanViking che ha fatto un salvataggio, RECAP.

      Tra l’1 gennaio e il 9 agosto dalla #Libia sono partite almeno 8.551 persone.

      Con Ong al largo, 31 partenze al giorno.
      Senza Ong, 41 partenze al giorno.


      1.624 partite quando le Ong erano al largo delle coste libiche.
      6.927 partite senza nessun assetto europeo a fare ricerca e soccorso.

      https://twitter.com/emmevilla/status/1159814415950241792

    • Sea rescue NGOs : a pull factor of irregular migration?

      The argument that maritime Search and Rescue (SAR) operations act as a ‘pull factor’ of irregular seaborne migration has become commonplace during the Mediterranean ‘refugee crisis’. This claim has frequently been used to criticize humanitarian non-governmental organizations (NGOs) conducting SAR off the coast of Libya, which are considered to provide “an incentive for human smugglers to arrange departures” (Italian Senate 2017: 9). In this policy brief, we scrutinise this argument by examining monthly migratory flows from Libya to Italy between 2014 and October 2019. We find no relationship between the presence of NGOs at sea and the number of migrants leaving Libyan shores. Although more data and further research are needed, the results of our analysis call into question the claim that non-governmental SAR operations are a pull factor of irregular migration across the Mediterranean sea.

      https://cadmus.eui.eu/handle/1814/65024

    • Migrants from Libya not driven by hope of being rescued at sea – study

      No link found between number of Mediterranean crossings and level of NGO rescue ship activity.

      No valid statistical link exists between the likelihood that migrants will be rescued at sea and the number of attempted Mediterranean crossings, a study has found. The findings challenge the widespread claim in Europe that NGO search and rescue activity has been a pull factor for migrants.

      Fear that the NGOs’ missions attract immigrants has been the basis for measures restricting humanitarian ships including requiring them to sign up to codes of conduct or simply blocking them from leaving port.

      It is the first detailed study of NGOs’ proactive search and rescue activity between 2014 and October 2019, but the findings focus most closely on the first nine months of this year, a period when Europe had withdrawn from all search and rescue activity leaving only NGOs or the Libyan guard. The research was undertaken by two Italian researchers, Eugenio Cusumano and Matteo Villa, from the European University Institute (https://cadmus.eui.eu/handle/1814/65024).

      Drawing on official statistics and examining three-day averages, the study showed the numbers rescued depend on the numbers leaving. It found a stronger link this year between the number of migrant crossings and either political stability in Libya or the weather, rather than NGO ships at sea.

      The study found that in 2015, the total number of departures from Libya slightly decreased relative to 2014 even though migrants rescued by NGOs increased from 0.8 to 13% of the total number of people rescued at sea. After July 2017, the number of migrants departing from Libya plummeted even though NGOs had become far and away the largest provider of search and rescue by far.

      It also found that in the 85 days in which the NGOs were present in the search and rescue mission there were no more departures than the 225 days in which there were Libyan patrol boats.

      Instead, the study showed the big decline in crossings in 2017 was linked to the deal struck between the Italian government and various Libyan militia to keep migrants from attempting sea crossings.

      The study looks at figures from the International Organisation for Migration, the UN refugee agency UNHCR and the Italian coastguard.

      Over the five years the humanitarian ships have rescued a total of 115,000 migrants out of 650,000 with an average of 18%. In 2019 alone, at least 1,078 migrants have died or gone missing, according to the UN, while trying to reach safety in Europe.

      While the EU recognises the Libyan coastguard and is also funding and training its work, there is no overall agreement about how asylum seekers should be dealt with in an equitable and EU-wide manner.

      https://www.theguardian.com/world/2019/nov/18/migrants-from-libya-not-driven-by-hope-of-being-rescued-at-sea-study

    • ONG en Méditerranée : les secours en mer ne créent pas d’« appel d’air »

      Deux chercheurs italiens contestent, dans une étude parue lundi, la corrélation parfois suggérée par les politiques entre présence des ONG en mer Méditerranée et nombre de départs de bateaux clandestins des côtes libyennes.

      Marine Le Pen, députée française, le 12 juin 2018 : « Derrière le vernis humanitaire, les ONG ont un rôle objectif de complices des mafias de passeurs. […] Accepter que les bateaux de migrants accostent crée un appel d’air irresponsable ! » Christophe Castaner, ministre de l’Intérieur français, le 5 avril 2019 : « Les ONG ont pu se faire complices [des passeurs]. » Matteo Salvini, alors ministre de l’Intérieur italien, le 7 juillet 2019 : « Je n’autorise aucun débarquement à ceux qui se moquent totalement des lois italiennes et aident les passeurs. » Cette rengaine selon laquelle en menant des opérations de recherches et de sauvetages (SAR) en mer Méditerranée les organisations non gouvernementales provoqueraient des départs massifs d’immigrés clandestins vers l’Europe, a la vie dure.

      De SOS Méditerranée à Proactiva Open Arms en passant par SeaWatch, les ONG contestent ce lien – surtout fait par des politiques de droite et d’extrême droite – mais rien ne permettait jusqu’ici de trancher la question d’une éventuelle relation de cause à effet entre présence des ONG en mer et nombre de départs des côtes libyennes. Deux chercheurs ont rendu publique ce lundi une étude, réalisée pour l’European University Institute de Florence (Italie), qui étudie ce phénomène. La conclusion de Matteo Villa et Eugenio Cusumano, qui précisent que les données sont peu nombreuses, est claire : « Notre analyse suggère que les opérations de SAR non gouvernementales n’ont pas de corrélation avec le nombre de migrants quittant la Libye par la mer. »

      En 2015, le nombre de départs de Libye a même un peu baissé par rapport à 2014, alors que la part des ONG dans le nombre total de sauvetages a augmenté, passant de 0,8% des opérations à 13%. Entre janvier et octobre 2019, le nombre de départs par jour était, lui, légèrement supérieur lorsqu’il n’y avait sur la zone pas d’ONG – lesquelles sont soumises à des pressions gouvernementales et peinent à être autorisées à débarquer les rescapés en Europe. « Par contraste, une grosse corrélation existe entre les départs de migrants et les conditions météorologiques sur la côte libyenne, autant qu’avec la très forte instabilité politique en Libye depuis avril 2019 », indiquent les chercheurs.

      https://www.liberation.fr/amphtml/planete/2019/11/18/ong-en-mediterranee-les-secours-en-mer-ne-creent-pas-d-appel-d-air_176409

    • "Non è vero che la presenza delle Ong in mare fa aumentare le partenze dei migranti dalla Libia"

      Due ricercatori italiani firmano per lo European University Institute la prima analisi sui soccorsi in mare dal 2014 al 2019. Il crollo dei viaggi provocato dagli accordi con Tripoli.

      Il «pull factor delle Ong» sui flussi migratori dalla Libia non esiste. L’affermazione che, da tre anni a questa parte è alla base dei provvedimenti che hanno ormai messo all’angolo le navi umanitarie, buona parte delle quali sotto sequestro da mesi, è una favola. A provarlo è il primo studio sistemico, su dati ufficiali dalle agenzie delle Nazioni unite ma anche dalle guardie costiere italiana e libica, firmato da due ricercatori italiani, Eugenio Cusumano e Matteo Villa, per lo European University Institute. La ricerca, che prende in esame, mensilmente, cinque anni di sbarchi in Italia (da ottobre 2014 a ottobre 2019) dimostra che non vi è alcuna relazione tra la presenza nel Mediterraneo delle navi umanitarie e il numero delle partenze dalle coste libiche.

      In questi cinque anni, le navi umanitarie hanno soccorso complessivamente 115.000 migranti su 650.000, con una media del 18 per cento, la più parte nel 2016 e nel 2017 dopo la fine dell’operazione Mare Nostrum. Poi il codice di condotta voluto da Marco Minniti nell’estate 2017 e il decreto sicurezza di Matteo Salvini hanno condizionato pesantemente l’attività delle Ong.

      Il lavoro dei due ricercatori italiani smonta l’assunto secondo il quale più alto è il numero delle persone salvate, più alto è il numero di quelle che partono. Cusumano e Villa rovesciano l’approccio e dimostrano che il numero dei salvati dipende dal numero di coloro che partono. E a sostegno dell’analisi portano due dati: nel 2015, l’anno in cui le Ong dispiegano la flotta in mare aumentando i loro soccorsi dallo 0,8 al 13 per cento, il numero complessivo delle partenze risulta in calo rispetto all’anno precedente. E ancora, nella seconda metà del 2017, nonostante le tante navi umanitarie presenti, il numero degli sbarchi crolla.

      Dunque, è la conclusione della ricerca, ad avere un forte impatto sulle partenze sono stati gli accordi tra Italia e Libia che hanno decisamente portato ad un abbattimento del numero delle imbarcazioni messe in mare. E ancora nel 2019, quando sparite le navi militari, il peso dei soccorsi è rimasto solo sulle navi umanitarie, i due ricercatori hanno rilevato giorno per giorno partenze e salvataggi senza trovare alcune evidenza che negli 85 giorni in cui erano presenti le Ong in zona Sar ci siano state più partenze rispetto ai 225 giorni in cui c’erano solo le motovedette libiche. E con tutta evidenza i giorni con più partenze sono stati quelli di bel tempo o ad aprile in coincidenza con gli attacchi del generale Haftar.

      https://www.repubblica.it/cronaca/2019/11/18/news/migranti_i_dati_di_uno_studio_confermano_non_e_vero_che_la_presenza_delle

    • Das Märchen von den Rettern und vom «Pull-Faktor»

      Die Studie zweier italienischer Migrationsforscher widerlegt das beliebteste Argument rechter NGO-Kritiker.

      Kein anderer Vorwurf wird gegenüber privaten Seenotrettern auf der zentralen Mittelmeerroute häufiger erhoben als jener, sie seien ein «Pull-Faktor». Dass NGO-Schiffe wie die Sea-Watch oder die Open Arms vor der libyschen Küste Migranten aus Gummibooten retten und nach Italien bringen, so die Anschuldigung, verleite Flüchtlinge erst recht zum Aufbruch und trage deshalb dazu bei, die Zahl der Überfahrten zu steigern – und dadurch auch die Zahl der Ertrunkenen.

      Das Argument hat eine unbestreitbare intuitive Plausibilität: Je sicherer jemand sein kann, aus einer riskanten Situation befreit zu werden, desto grösser dürfte seine Bereitschaft sein, das Risiko einzugehen. 2017 schrieb die europäische Küstenwache Frontex, Rettungsaktionen von NGOs trügen dazu bei, dass Schlepperbanden «ihr Ziel mit minimalem Aufwand erreichen», was das «Business-Modell» der Kriminellen stärke.

      Zwei englische Studien aus dem Jahr 2017 kamen indessen zum Schluss, dass es keinen Zusammenhang zwischen der Präsenz von Rettungsschiffen vor der libyschen Küste und der Zahl der Überfahrten gebe. Beide Untersuchungen beruhten jedoch auf geringem Datenmaterial.

      Das Wetter spielt eine Rolle, Rettungsschiffe nicht

      Eine neue Studie gelangt nun zum selben Ergebnis: Der Pull-Faktor ist, um einen Modeausdruck zu verwenden, Fake News. Die italienischen Migrationsforscher Eugenio Cusumano und Matteo Villa haben für das in Fiesole beheimatete Europäische Hochschulinstitut sämtliche verfügbaren internationalen und italienischen Daten zwischen Oktober 2014 und Oktober 2019 auf einen Pull-Effekt untersucht, mit negativem Resultat.

      Laut der italienischen Zeitung «Repubblica» gab es bisher keine so umfassende und systematische Auswertung. Besonders genau untersuchten die Forscher den Zeitraum vom 1. Januar bis zum 27. Oktober 2019. Sie überprüften Tag für Tag, ob private Rettungsschiffe vor den libyschen Küsten unterwegs waren und wie viele Flüchtlingsboote jeweils die Überfahrt versuchten. Auch hier wieder: Keine Korrelation zwischen NGO-Schiffen und angestrebten Überfahrten. Kein Pull-Faktor. Stark sei hingegen die Korrelation mit dem Wetter.

      Obwohl die Autoren weitere Untersuchungen anmahnen, fordern sie, die Seenotretter nicht mehr zu behindern.

      Die Denkschablone vom «Gutmenschen»

      Das dürfte sich als Illusion erweisen, passt doch die Pull-Faktor-These in eine der beliebtesten rechten Denkschablonen: jene vom «Gutmenschentum». Gutmenschen sind demnach Moralisten, die in ihrer Naivität das Gute wollen, nämlich, im Falle der Seenotretter, Menschen vor dem Ertrinken zu bewahren. Die aber das Schlechte bewirken, weil ihretwegen die Zahl der Toten steige. Das Argument lässt sich scheinbar auf das Wertesystem der Kritisierten ein, um sie genau dadurch an ihrer empfindlichsten Stelle zu treffen. Es verkehrt das angeblich Gute in sein Gegenteil, und je intensiver die Gutmenschen nach dieser Logik ihre Ziele verfolgen, desto verheerender das Resultat.

      Um die Anschuldigung zu verschärfen, braucht man bloss den Anteil des angeblich «Gutgemeinten» zu verringern und jenen der kriminellen Energie zu erhöhen. Diese verleite Seenotretter im Namen einer höheren Moral dazu, das Gesetz zu brechen, indem sie etwa widerrechtlich in einen Hafen einlaufen. Oder – eine weitere Verschärfung des Vorwurfs – indem sie direkt mit den Schlepperbanden zusammenarbeiten, womöglich sogar aus finanziellen Interessen.

      Keine Komplizenschaft mit Schleppern

      Trotz intensiver Ermittlungen ist es der italienischen Staatsanwaltschaft bisher nicht gelungen, Beweise für die angebliche Komplizenschaft zwischen NGOs und libyschen Schlepperbanden zu finden. Und noch nie hat die italienische Justiz Seenotretter verurteilt. Stattdessen ist sie – etwa im Fall der Cap Anamur vor zehn Jahren oder diesen Sommer bei der deutschen Kapitänin Carola Rackete – zu Freisprüchen gelangt, aufgrund des internationalen Seerechts, der Genfer Flüchtlingskonventionen sowie verfassungsrechtlicher Bestimmungen. Oder sie hat die Verfahren eingestellt.

      Zwar gibt es noch laufende Prozesse. Schon jetzt aber lässt sich sagen, dass es verlogen ist, wenn NGO-Kritiker auf Recht und Gesetz pochen, um dann unter krasser Missachtung der Unschuldsvermutung und bisheriger Gerichtsurteile sowie aufgrund herbeifantasierter Pull-Effekte irgendwelche haltlosen Anschuldigungen in die Welt zu setzen.

      https://www.tagesanzeiger.ch/ausland/europa/das-maerchen-von-den-rettern-und-vom-pullfaktor/story/10027861

    • New Research Demonstrates that Search and Rescue is Not a Pull Factor

      New research published by the European University Institute suggests that Search and Rescue (SAR) activities in the Mediterranean, especially those carried out by NGOs, are not incentivizing departures of boats from Libyan shores.

      Combining data from UNHCR, IOM and the Italian Coast Guard, the report finds that there is no significant relationship between NGO’s SAR activity and the departures from the Libyan coast between 2014 and 2018. A closer analysis on presence of NGO ships in the first ten months of 2019, where NGOs remained the only actor conducting SAR, similarly concludes that there is no evidence to suggest that departures increased when NGO ships were at sea during the period considered. Instead, the research finds that the agreement between Italy and the Libyan militias from July 2017, weather conditions and violent conflict in Libya in April 2019 had an impact on departures from Libya.

      The research contributes to the critical analysis of the ‘pull factor’ argument used by European governments as a justification to curb SAR efforts. As defined by the authors, the pull factor hypothesis holds that, all else equal, the higher the likelihood that migrants will be rescued at sea and disembarked in Europe, the higher will be the number of attempted crossings.

      The authors call on the need for more data and further research on this issue. They recommend reconsidering government policies disincentivising SAR operations and restoring EU-led missions combining SAR and border enforcement, like Mare Nostrum. They call for effective, lawful and ethically defensible migration governance across the Central Mediterranean.

      https://www.ecre.org/new-research-demonstrates-that-search-and-rescue-is-not-a-pull-factor

    • Lunedì scorso abbiamo pubblicato un paper (https://cadmus.eui.eu/bitstream/handle/1814/65024/PB_2019_22_MPC.pdf?sequence=5&isAllowed=y) che dimostra che la presenza delle navi Ong non spinge i migranti a partire di più dalla Libia.

      Poi sono arrivate tre Ong, e sono partiti in centinaia.

      «Pull factor»? No.

      Un thread.

      Una cosa vera: negli ultimi giorni dalla Libia sono partiti in tanti, tantissimi.

      Era dal 2 novembre che non si registrava alcuna partenza dalle coste libiche.

      Poi, tra il 19 e il 23 novembre, sono partite quasi 1.200 persone.

      Come vi ho già raccontato, la ripresa delle partenze era nuovamente collegata a un miglioramento delle condizioni atmosferiche.

      Però la presenza delle Ong permette di mettere alla prova il nostro modello.

      Cosa che ho fatto.

      Cosa ho scoperto?

      Primo: le condizioni atmosferiche restano fondamentali.

      Come potete vedere dalle curve qui sotto, conta più il vento della temperatura.

      Messe insieme, le due variabili sono ancora più forti: con tanto vento e temperature in discesa, non parte nessuno.

      Secondo: le Ong continuano a non essere «pull factor».

      L’effetto della presenza in mare delle Ong resta non significativo.

      Inoltre, il risultato non si discosta per nulla dai risultati ottenuti con i dati del nostro paper, che si fermavano a fine ottobre.

      Terzo: ma quindi con il governo Conte II riprendono le partenze?

      Pare di no.

      A parità di altri fattori, meteo incluso, le partenze dalla Libia dopo il cambio di governo sono (a oggi) statisticamente indistinguibili dal periodo del Conte I.

      CONCLUSIONE.

      Quando qualcuno vi mostra una piccola fetta di realtà (alte partenze di migranti con Ong in mare), sta oscurando tutto ciò che succede quando non guardate.

      Per questo i dati e i modelli sono così importanti: rimettono in riga il nostro sguardo strabico.

      https://twitter.com/emmevilla/status/1198935231857909760

    • Policy Brief (EUI) | Les secours en mer des ONG constituent-ils un facteur attractif pour les migrations irrégulières ?

      L’argument selon lequel les ONG qui pratiquent les sauvetages en mer Méditerranée constitueraient un facteur attractif pour les migrations irrégulières fait partie depuis 2015 d’une rhétorique communément admise. Elle a servi à délégitimer les missions de secours en mer au large de la Libye qui soi-disant encourageraient les passeurs à organiser des départs. Pour cet article, les auteurs ont étudié les flux migratoires entre la Libye et l’Italie entre 2014 et octobre 2019. Aucun lien de cause a effet n’a pu être identifié entre les départs de la côte libyenne et la présence de navires de sauvetage des ONG. Bien que d’autres recherches doivent être encore menées, cette étude remet en question le fait que la présence de bateau de sauvetage puisse constituer un facteur attractif.

      La recherche menée par Eugenio Cusumano (Migration Policy Center, EUI) et Matteo Villa (Instituto per gli Studi di Politica Internazionale, ISPI) intitulée ” Sea Rescue NGOs : a Pull Factor of Irregular Migration” a été publiée en anglais en novembre 2019. Elle est entièrement disponible sur le site de l’institut European University Institute (EUI) ou en cliquant sur l’image ci-dessus.

      Le journal Libération du 18 novembre 2019 lui a consacré un article ” ONG en Méditerannée : les secours en mer ne créent pas d’”appel d’air”” rédigé par Kim Hulot-Guiot.

      Nous proposons ci-dessous un bref résumé des principales conclusions des deux chercheurs :

      En 2013, en réponse aux nombreuses disparitions lors des traversées de la mer Méditerranée, l’Union européenne avait mis en place l’opération Mare Nostrum habilitant ainsi des garde-côtes à sauver des personnes migrantes dans la zone internationale au large des côtes libyennes. Une année plus tard cette opération fut suspendue par crainte que cela ait contribué à augmenter le nombre de tentatives de traversée de la Méditerranée centrale. Les missions suivante Triton, Themis ou Eunafovor n’ont presque plus effectué de sauvetage en mer. Ce manque a été comblé par des navires d’ONG qui ont assisté plus de 115’000 migrants entre 2014 et octobre 2019.

      Ce tableau issu de l’article montre l’évolution du nombre enregistré de personnes disparues en Méditerranée (centrale, est et ouest) entre 2014-2019 :

      En 2017, l’Italie a développé une nouvelle approche de cette question. Elle a conclu un accord avec les garde-côtes libyens pour qu’ils réduisent le nombre de départ depuis leurs côtes. De plus, l’Italie a progressivement fermé ses ports aux navires de sauvetage des ONG et entrepris la confiscation progressive de navires qui auraient enfreint ses interdictions. Ce procédé a eu comme conséquence de faire diminuer le nombre de navire de sauvetage d’ONG en mer Méditerranée. Le nouveau gouvernement italien n’a pas infléchi les règles et la rencontre européenne de Valletta en septembre 2019 suggérait encore entre les lignes que la présence des navires de sauvetage des ONG pourrait être responsable des départs continus de personnes migrantes depuis la Libye.

      En réalité, peu de recherches empiriques détaillent ce lien. Cette étude est une volonté d’y pallier. Elle utilise des indices statistiques qui permettent de mettre en corrélation les départs non-contrôlés des côtes libyennes et les activités de sauvetage au large de ces côtes par les ONG. Elle conclue à un manque de lien significatif entre ces deux facteurs :

      En 2015, le nombre total de départ depuis la Libye a légèrement baissé en comparaison à 2014 bien que les nombre de personnes sauvées par des ONG ait augmenté de 0.8 à 13% du nombre total de personnes sauvées dans cette zone ; après juillet 2017, le nombre de migrants quittant la Libye a diminué même si les ONG sont devenues les plus importantes actrices des sauvetages en mer. Cela suggère que l’accord passé entre les milices libyennes et l’Italie conclut en juillet 2017 a un impact beaucoup plus grand pour réduire les départs que les activités menées par les bateaux des ONG.

      Vu le manque de données disponibles, de telles recherches devraient continuer d’être entreprises. Néanmoins les premiers résultats significatifs servent à éclairer le débat politique. En ce sens, les auteurs suggèrent des recommandations :

      Le fait que la présence des ONG constitue un facteur attractif pour le départ des migrants à partir des côtes libyennes pour se rendre en Italie est ici infirmé. Par conséquent, les restrictions législatives portées aux opérations de sauvetage en mer par ces ONG a conduit à une augmentation des morts lors de ces traversées sans réduire significativement les départs. Ces décisions devraient donc être reconsidérées.
      Le retrait de cette zone des forces armées européennes en secours aux migrants a été décidé sur des présupposés hasardeux. S’il est clair que les ONG ne constituent par un attrait aux départs irréguliers des côtes libyennes, les navires militaires européens ne le constitueraient pas non plus, mais pourraient bien au contraire sauver des vies et détecter des arrivées non détectées. Il serait donc important de redéployer ces forces en Méditerranée.
      Les mesures visant à empêcher les migrations dans les pays de transit ou de départ ont un impact beaucoup plus grand sur les processus migratoires que la présence des navires de sauvetages en mer des ONG. Néanmoins, ce processus d’externalisation de la gestion des migrations est très problématique vu les conditions de vie et détention dont souffrent les personnes migrantes en Libye. Il faudrait donc réussir à combattre le trafique d’être humains sur la terre tout en réduisant les facteurs attractifs d’immigration et en améliorant les conditions de vie et les possibilités de protection en Libye.

      https://asile.ch/2019/11/25/policy-brief-eui-les-secours-en-mer-des-ong-constituent-ils-un-facteur-attract

    • Ammiraglio #Giuseppe_De_Giorgi:

      “Il dato più interessante, sottolinea De Giorgi, è che con la chiusura di Mare Nostrum gli sbarchi non sono affatto diminuiti, anzi sono aumentati. E di molto. Basta un dato a smontare le accuse mosse dai teorici dell’equazione ‘più soccorsi uguale più sbarchi’. Nel novembre del 2013, in piena Mare Nostrum, erano arrivati in Italia 1883 migranti. Nel novembre dell’anno successivo, cioè subito dopo la conclusione dell’operazione, sono stati registrati 9134 arrivi, con un aumento netto del 485 per cento.
      ‘Di questi,’ continua l’ammiraglio, ‘3810 migranti sono stati soccorsi dalla Marina e sottoposti a controllo sanitario prima dello sbarco. I restanti 5324 sono arrivati direttamente sul territorio nazionale senza controllo sanitario. Di questi ultimi, infatti, 1534 sono stati intercettati e soccorsi dalla Capitaneria di porto e 2273 da mercantili commerciali non attrezzati per quel tipo di attività, ma obbligati dal diritto del mare a intervenire.’
      Insomma, gli sbarchi continuano, ma in maniera più caotica e disordinata. La frontiera è di nuovo arretrata: da acquatica è tornata a essere terrestre e a coincidere con le coste italiane.”

      (Alessandro Leogrande, La frontiera, 2017 : pp. 186-187)

  • The U.S. Is Not Being Invaded: Fact-Checking the Common Immigration Myths

    Myth #1: Immigrants cost the U.S. “billions and billions” of dollars each year.

    Immigration puts much more money into U.S. public coffers via taxes than it takes out via benefits, as determined last year by a bipartisan blue-ribbon commission of leading immigration economists, across the political spectrum, convened by the National Academy of Sciences. It found that the average immigrant to the U.S., reflecting the country-and-skill composition of recent U.S. immigrants, makes a net positive fiscal contribution of $259,000 in net present value across all levels of government: federal, state, and local (see page 434 at the link).

    Myth #2: The U.S. is being “violently overrun” by immigrants.

    Immigrants to the United States, whether or not they have legal authorization, commit violent crimes at much lower rates than U.S. natives do. That is why violent crime is way down in the places where unauthorized immigrants go. For example, since 1990 the population of unauthorized immigrants in New York City has roughly tripled, from about 400,000 to 1.2 million, while during the same period the number of homicides in New York City collapsed from 2,262 (in 1990) to 292 (in 2017).
    Myth #3: The U.S. has the “most expansive immigration program anywhere on the planet.”

    In both Canada and Australia, some of the most prosperous and secure countries in the world and in all of history, immigrants are more than 20% of the population. That is far higher than the United States, where immigrants are 14% of the population.
    Myth #4: Immigrants are moving to the U.S. because it has the “hottest economy anywhere in the world.”

    Violence is a massive driver of undocumented immigration from El Salvador, Guatemala, and Honduras. Data provided to us by the Department of Homeland Security showed that from 2011 to 2016, unaccompanied child migrants apprehended at the U.S. border moved from Central America due to a roughly equal mix of economic conditions and violence in their communities. The violence is significant. Every 10 additional homicides in El Salvador, Guatemala, and Honduras caused more than six additional unaccompanied child minor apprehensions.
    Myth #5: A “strong border” will cause immigrants to “turn away and they won’t bother” trying to migrate.

    Enforcement alone is not an effective migration deterrent. To be effective, it must be paired with enhanced legal pathways for migration. People will move if they have to and because of dire situations in their origin communities, they will be more willing to accept the risks of apprehension. There are interrelated migration pressures that drive people to move---including violence in the home country, economic conditions at home, and demographic realities. In Central America, these factors are interacting in complex ways and are driving much of the migration we see at the U.S. border. More protection at the border isn’t a deterrent without addressing the push factors that drive migration and providing sufficient legal channels for migration.

    https://www.cgdev.org/blog/us-not-being-invaded-fact-checking-immigration-myths
    #préjugés #mythe #invasion #coût #afflux #migrations #asile #réfugiés #USA #Etats-Unis #pull-factors #pull_factors #facteurs_push #push-pull_factors #facteurs_pull #fermeture_des_frontières #dissuasion

  • #Agromafie e #caporalato: 430 mila lavoratori a rischio sfruttamento

    L’Osservatorio Placido Rizzotto della Flai Cgil fotografa la situazione nel suo quarto rapporto «Agromafie e caporalato». Un fenomeno che si estende dal Sud al Nord Italia. Tra giornate lavorative di 12 ore e pagate una manciata di euro

    https://www.flai.it/osservatoriopr
    #mafia #agriculture #exploitation #travail #Italie #agromafia

    Pour télécharger le #rapport (c’est la troisième édition):


    https://www.flai.it/osservatoriopr/ilrapporto
    –-> La principale attività dell’Osservatorio è la redazione del rapporto Agromafie e Caporalato, un rapporto biennale sull’infiltrazione delle mafie nella filiera agroalimentare e sulle condizioni di lavoro nel settore. Dopo la prima (2012) e la seconda (2014) edizione, a Maggio del 2016 è stato presentato il terzo rapporto Agromafie e Caporalato, ormai un lavoro di inchiesta e ricerca diventati in pochi anni un riferimento per chiunque voglia approfondire il tema delle Agromafie e delle condizioni di lavoro in agricoltura.

    • ‘Agromafia’ Exploits Hundreds of Thousands of Agricultural Workers in Italy

      In Italy, over 400,000 agricultural labourers risk being illegally employed by mafia-like organisations, and more than 132,000 work in extremely vulnerable conditions, enduring high occupational suffering, warns the fourth report on Agromafie and Caporalato.

      The report, released this July by the Italian trade union for farmers, Flai Cgil, and the research institute Osservatorio Placido Rizzotto, sheds light on a bitter reality that is defined by the report itself as “modern day slavery”. The criminal industry is estimated to generate almost five billion euros.

      “The phenomenon of ‘Caporalato’ is a cancer for the entire community,” Roberto Iovino from Osservatorio Placido Rizzotto, told IPS. “Legal and illegal activities often intertwine in the agro-food sector and it ultimately becomes very difficult to know who is operating in the law and who is not.”

      The criminal structure is called Caporalato or Agromafia when it touches a number of aspects of the agri-food chain. It is administered by ‘Caporali’, who decide on working hours and salaries of workers. The phenomenon is widespread across Italy. From Sicilian tomatoes, to the green salads from the province of Brescia, to the grape harvest used for producing the ‘Franciacorta’ sparkling wine in Lombardia, to the strawberries harvested in the region of Basilicata—many of these crops would have been harvested by illegally-employed workers, according to the report.

      Miserable salaries and excessive working hours

      The average wages of the exploited, warns the report, range between 20 and 30 euros per day, at an hourly rate of between three to four euros. Many reportedly work between eight to 14 hours per day, seven days a week. The majority of the collected testimonies show that many workers are paid less than their actual time worked and their salaries are 50 percent lower than the one outlined by the national contract for farmers.

      In some areas like Puglia or Campania in southern Italy, most salaries are paid on a piecework basis or per task.

      Some workers reported to Flai-Cgil that they were paid only one euro per hour and that they had to pay 1.5 euros for a small bottle of water, five euros for the transportation to reach the field and three euros for a sandwich at lunchtime each day. Day labourers are also required to pay between 100 to 200 euros for rent, often in abandoned, crumbling facilities or in remote and less-frequented hotels.

      The money was paid to the ‘Caporale’ or supervisor.

      According to the report, a ‘Caporale’ earns between 10 to 15 euros a day per labourer under their management, with each managing between 3,000 to 4,000 agricultural workers. It is estimated that their average monthly profit fluctuates between tens to hundreds of thousands of euros per month, depending on their position in the pyramid structure of the illegal business. It is alleged in the report that no tax is paid on the profits and this costs the state in lost income and also impacts on companies operating within the law.

      “Those people [‘Caporali’] are not naive at all,” one of the workers told the trade union’s researchers. “They know the laws, they find ways of counterfeiting work contracts and mechanisms to [circumvent] the National Social Security Institute.” The institute is the largest social security and welfare institute in Italy.

      “They have a certain criminal profile,” the worker explained.

      Migrant victims

      The ‘Caporali’ are not just Italians but Romanians, Bulgarians, Moroccans and Pakistanis, who manage their own criminal and recruiting organisations. The report warns that recruitment not only takes place in Italy but also in the home countries of migrants like Morocco or Pakistan.

      In 2017, out of one million labourers, 286,940 were migrants. It is also estimated that there are an additional 220,000 foreigners who are not registered.

      African migrants also reportedly receive a lower remuneration than that paid to workers of other nationalities.

      These victims of Agromafia live in a continuous state of vulnerability, unable to claim their rights. The report points out that some workers have had their documents confiscated by ‘Caporali’ for the ultimate purpose of trapping the labourers. It also highlights the testimonies of abuse, ranging from physical violence, rape and intimidation. One Afghan migrant who asked to be paid after months without receiving any pay, said that he had been beaten up because of his protests.

      The report also estimates that 5,000 Romanian women live in segregation in the Sicilian countryside, often with only their children. Because of their isolation many suffer sexual violence from farmers.

      Luana told Flai-Cgil of her abuse. “He offered to accompany my children to school, which was very far to reach on foot,” she said. “If I did not consent to this requests, he threatened not to accompany them any more and even to deny us drinking water.”

      “We have to put humanity first, and then profit”

      Many of the victims hesitate to report their exploiters because they are fearful of losing their jobs. A Ghanaian boy working in Tuscany told Flai-Cgil that Italians have explained to him how to lay a complaint, but he holds back because he still has to send money to his family.

      During the report release Susanna Camusso, secretary general of the country’s largest trade union, CGIL, said: “We must rebuild the culture of respect for people, including migrants. These are people who bend their backs to collect the food we eat and who move our economy.

      “We must help these people to overcome fear, explaining to them that there is not only the monetary aspect to work. A person could be exploited even if he holds a decent salary. We have to put humanity first, and then profit .”

      http://www.ipsnews.net/2018/07/agromafia-exploits-hundreds-thousands-agricultural-workers-italy

    • Is Italian Agriculture a “Pull Factor” for Irregular Migration—and, If So, Why?

      In discussions on irregular migration in Europe, undeclared work is generally viewed as a “pull factor”—positive aspects of a destination-country that attract an individual or group to leave their home—for both employers as well as prospective migrants, and especially in sectors such as agriculture. A closer examination of the agricultural model, however, reveals that structural forces are driving demand for work and incentivizing exploitation. This is particularly evident in Southern Italy, a region famous for its produce, where both civil society organizations and the media have documented exploitation of migrant workers. A closer examination of EU and member states efforts to avoid exploitation is needed.

      In Is Italian Agriculture a ‘Pull Factor’ for Irregular Migration—and, If So, Why?, a new study, authors from the Open Society Foundations’ European Policy Institute and the European University Institute look at how Europe’s Common Agricultural Policy, the practices of supermarket chains, organized crime, and gang-master recruitment practices contribute to migrant exploitation. The study further recommends a closer examination of EU member state efforts to counter exploitation and offers an overview of private sector practice’s intended to combat exploitation—such as the provision of information on workers’ rights, adequate housing and transport, and EU-wide labeling schemes, among others.

      https://www.opensocietyfoundations.org/reports/italian-agriculture-pull-factor-irregular-migration-and-if-s
      #rapport #pull-factor #facteur_pull

    • #Reggio_Calabria, pagavano i braccianti meno di un euro a ora per lavorare dall’alba al tramonto: cinque arresti

      Con l’accusa di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, estorsione e istigazione alla corruzione, i carabinieri hanno arrestato cinque persone a Sant’Eufemia d’Aspromonte, in provincia di Reggio Calabria.


      https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/03/05/reggio-calabria-pagavano-i-braccianti-meno-di-euro-allora-per-lavorare-dallalba-al-tramonto-5-arresti/5015030

    • Data shows migration more strongly linked to aspiration than desperation

      A new global analysis of intentions to migrate suggests that individuals preparing to move abroad are more likely to do so out of aspiration for a better life, economic opportunities and development of skills, rather than sheer desperation.

      While the analysis does not include individuals who are forced to migrate, such as refugees and asylum seekers, it provides valuable insights on voluntary migrants.

      Between 2010 and 2015, around 30% of the population of 157 countries around the world expressed a wish to move abroad, while less than 1% have actually migrated.

      The analysis finds that while being dissatisfied with one’s own standard of living is associated with a higher probability to desire and to plan a move abroad, the link with making concrete preparations is less clear.

      In fact, for areas such as Africa and Latin America, those individuals satisfied with their income have a higher probability of preparing to migrate than those who are dissatisfied.

      The analysis shows a gap between the wish and the actual preparation to migrate. As such, the share of the population expressing a desire to migrate is an imperfect measure of what is often portrayed as potential migration.

      A range of factors including being young, male, foreign-born, highly educated, unemployed, or having networks abroad are all strongly associated with a higher likelihood of preparing for international migration.

      The analysis also confirms that the relationship between an individual’s income and the probability to migrate differs across geographical areas and the income levels of countries.

      Data suggests that in high income countries those with higher individual income are less likely to migrate, while the opposite is true for middle income countries.

      Here, data suggests that those with a higher individual income are more likely to make concrete preparations to move abroad than poorer parts of the population.
      Background

      The analysis is based on data from a set of questions relating to the intention and preparation for migration contained within the #Gallup World Poll Survey.

      Each year, Gallup interviews around 1000 residents per country, of almost every country in the world.

      It is the only survey of its kind with global coverage, with questions covering a wide range of aspects including wellbeing, ideology and individual opinions.

      Using this data, JRC scientists analysed intentions to migrate in different forms: the desire to move abroad, actual plans, and preparations.

      https://ec.europa.eu/jrc/en/news/data-shows-migration-more-strongly-linked-aspiration-desperation
      #aspiration #désespoir

      Le rapport peut être téléchargé ici:
      A global analysis of intentions to migrate


      https://ec.europa.eu/jrc/sites/jrcsh/files/technical_report_on_gallup_v7_finalpubsy.pdf

  • Mondialisations et migrations : dépasser le cadre de l’État pour penser la mobilité

    « Exilés », « #demandeurs_d’asile », « réfugiés » : ces termes, souvent utilisés pour parler des migrants, recouvrent chacun des réalités différentes. Ils sont également révélateurs de la vision politique des hommes d’État – et des médias –, qui les utilisent.

    Claire Zalc, chercheuse au CNRS :

    « Dire “migrant”, c’est politique, d’autant plus dans le cadre de la mondialisation. C’est dépasser les schèmes de réflexion étatiques de l’immigré et de l’émigré qui le sont toujours par rapport à un cadre défini par un État ».

    https://theconversation.com/mondialisations-et-migrations-depasser-le-cadre-de-letat-pour-pense
    #mots #terminologie #vocabulaire #migrations #asile #réfugiés #exilés #globalisation #mondialisation #Etat-nation #échelles #migrations_circulaires #facteurs_push #facteurs_pull #pull-factors #push-factors #émigrants #immigrants
    cc @sinehebdo

  • Myth of Pull Factor Mires U.K. Asylum Seekers in Poverty

    Welfare support for asylum seekers is being held below poverty levels on purpose. Researcher Lucy Mayblin calculated the cost of changing this and found that giving people the right to work could lower the bill.

    https://www.newsdeeply.com/refugees/community/2016/12/05/myth-of-pull-factor-mires-u-k-asylum-seekers-in-poverty

    #attractivité #pull_factors #pull-factors #migrations #asile #réfugiés #appel_d'air #pauvreté #préjugés #mythe #facteurs_pull #facteurs_push

  • Private ships play big role in Europe’s migrant crisis

    Two years ago, a small, privately-run ship set out to lend a hand to military operations in the Mediterranean rescuing migrants on boats near capsizing off Libya.

    http://www.thelocal.it/20160806/small-aid-ships-play-big-role-in-europes-migrant-crisis
    #privatisation #asile #migrations #secours #naufrages #mer #Méditerranée #mourir_en_mer #réfugiés #sauvetages #MOAS #SOS_Méditerranée #ONG #sauvetage