• juin 2018 (quelques jours avant le 21.06.2018) Migrante muore nel mare di Ventimiglia

    Il corpo senza vita notato da alcuni passanti sulla spiaggia.

    Il corpo senza vita di un migrante di circa 35 anni è stato rinvenuto in serata sulla riva del mare a Ventimiglia, precisamente sul lungomane all’altezza di via Tacito, in un tratto di litorale destinato a spiaggia libera, dove da qualche giorno sono tornati a bivaccare decine di giovani che intendono sconfinare in Francia.
    Secondo le prime notizie dovrebbe trattarsi di un africano che probabilmente avrebbe avuto un malore mentre faceva il bagno o che sarebbe affogato poichè non sapeva nuotare.
    Sono tutte ipotesi sulle quali lavorano i carabinieri e la Guardia Costiera, intervenuti sul posto insieme al medico legale.

    https://genova.repubblica.it/cronaca/2018/06/21/news/migrante_muore_nel_mare_di_ventimiglia-199661940

    –-> événement qui date de 2018, sauvegardé ici pour des raisons d’archivage

    #Vintimille #asile #migrations #réfugiés #morts #mourir_aux_frontières #frontière_sud-alpine #France #Italie

    –—

    ajouté au fil de discussion sur les morts à la frontière de Vintimille :
    https://seenthis.net/messages/784767

    lui-même ajouté à la métaliste sur les morts aux frontières alpines :
    https://seenthis.net/messages/758646

    • Ventimiglia, migrante morto rinvenuto in riva al mare

      Probabilmente la causa del decesso è l’annegamento

      Il mare restituisce il cadavere di un migrante.

      Un africano di circa 35 anni è stato rinvenuto da alcuni passanti, verso le 20, morto sulla riva davanti il lungomare, all’altezza dell’incrocio con via Tacito.

      Sul posto sono intervenuti i militari dell’Arma e della Guardia Costiera.

      Ad accorgersi del corpo, in acqua da qualche giorno visto lo stato di decomposizione del viso, sono stati alcuni bagnanti che hanno recuperato la salma e l’hanno portata a riva, allertando il 112.

      Il cadavere dell’uomo, con ancora indosso i pantaloni di una tuta, una giacca e le scarpe, non presenta segni di violenza. Lo straniero potrebbe essere caduto in mare dove ha trovato la morte. Non aveva documenti con sé.

      Il corpo è a disposizione dell’autorità giudiziaria.

      https://www.riviera24.it/2018/06/ventimiglia-migrante-morto-rivenuto-in-riva-al-mare-563832

  • 14.01.2018 Migrante folgorato sul tetto di un treno

    Cadavere carbonizzato trovato all’arrivo in stazione a Mentone

    Un migrante è stato trovato semi carbonizzato sul tetto del locomotore di un treno francese della compagnia Sncf all’arrivo in stazione a Mentone (Francia), dopo aver fatto sosta anche a Ventimiglia.

    La scoperta è avvenuta questa mattina.

    Per consentire i rilievi del caso l’autorità giudiziaria transalpina ha deciso di sospendere la circolazione ferroviaria per circa due ore. E’ probabile che la vittima sia salita sul treno in Italia con l’intento di arrivare il Francia e che per evitare di essere sbalzato durante il viaggio si sia aggrappato al pantografo che trasmette energia elettrica al treno, rimanendo folgorato.
    Dall’inizio del 2017 ad oggi questo è il quinto caso di migranti che muoiono così nel tentativo di superare il confine francese a Ventimiglia. Il primo caso si è registrato il 17 febbraio, il morto venne scoperto a Cannes. La seconda morte avviene il 19 maggio, la terza il 23 maggio, la quarta il 27 agosto. Il 15 maggio, invece, un migrante folgorato si salvò.


    https://www.ansa.it/sito/notizie/cronaca/2018/01/14/migrante-folgorato-sul-tetto-di-un-treno_6181cc40-dca3-4bc4-a6b1-4256ee223478.h

    –-> événement qui date de 2018, sauvegardé ici pour des raisons d’archivage

    #Vintimille #asile #migrations #réfugiés #morts #mourir_aux_frontières #frontière_sud-alpine #France #Italie

    –—

    ajouté au fil de discussion sur les morts à la frontière de Vintimille :
    https://seenthis.net/messages/784767

    lui-même ajouté à la métaliste sur les morts aux frontières alpines :
    https://seenthis.net/messages/758646

    • Ventimiglia, migrante muore folgorato sul tetto di un treno mentre cerca di andare in Francia

      Il corpo di un uomo è stato ritrovato semi-folgorato sul tetto di un treno, nei pressi della stazione ferroviaria di Mentone, in Francia, a poca distanza dal confine italiano. Il convoglio era partito da Ventimiglia.

      L’incidente mortale è avvenuto questa mattina intono alle 9. Secondo una prima ricostruzione si tratterebbe di un migrante che avrebbe cercato di passare il confine aggrappandosi al pantografo che trasmette energia elettrica al treno, rimanendo folgorato.

      Il convoglio francese, della società Sncf, era partito da Ventimiglia in direzione della Francia. Per permettere lo svolgimento dei rilievi la circolazione ferroviaria è stata sospesa per circa due ore. Dall’inizio del 2017 ad oggi questo è il quinto caso di migranti che muoiono così nel tentativo di superare il confine francese a Ventimiglia. Il primo caso si è registrato il 17 febbraio, il morto venne scoperto a Cannes. La seconda morte avviene il 19 maggio, la terza il 23 maggio, la quarta il 27 agosto. Il 15 maggio, invece, un migrante folgorato si salvò.

      https://genova.repubblica.it/cronaca/2018/01/14/news/migrante_folgorato_tetto_treno-186497792

    • Un migrant mort électrocuté en gare de Menton

      Ce dimanche matin vers 7h, le corps brûlé d’un migrant d’origine gambienne a été retrouvé sur le toit d’un train. Le jeune homme de 28 ans s’est électrocuté en grimpant sur le toit pour traverser la frontière franco-italienne.

      Triste découverte ce dimanche matin vers 7h en gare de Menton. Le corps d’un migrant en feu a été aperçu sur le toit d’un train en provenance de Vintimille. Le conducteur du train et des voyageurs ont été alertés par plusieurs détonations.

      La victime, un migrant originaire de Gambie, âgé d’une trentaine d’années était allongée sur le dos sur la catenaire. Il a été électrocuté. Son téléphone portable, retrouvé par les policiers montre des messages indiquant son intention de rejoindre les Alpes-Maritimes depuis l’Italie.

      https://www.francebleu.fr/infos/faits-divers-justice/un-corps-en-feu-retrouve-en-gare-de-menton-1515920251

  • 27.12.2017 Un jeune migrant retrouvé mort près de #Roquebrune-Cap-Martin

    Ce mercredi matin vers 9 heures, le corps sans vie d’un jeune Africain a été retrouvé sur un talus de l’autoroute A8 près de Roquebrune-Cap-Martin.

    Un jeune homme d’une vingtaine d’années a été découvert ce mercredi matin vers 9 heures sur un talus de l’autoroute A8 près de la sortie Sud de Roquebrune-Cap-Martin. Il s’agirait du corps d’un migrant d’origine africaine. Le jeune homme aurait succombé à une chute d’après les gendarmes des Alpes-Maritimes.

    Il dormait visiblement dans une cabane abandonnée surplombant l’autoroute. Il aurait glissé à cause de la pluie et se serait cogné la tête. Son corps a ensuite dévalé jusqu’au talus de l’A8. Il a été vu par des employés de l’autoroute.
    Retrouvé pieds nus avec son petit carnet de bord

    Le jeune homme était pieds nus avec son duvet et un petit carnet de bord écrit en anglais où visiblement, il retraçait son périple pour venir en Europe. Il venait probablement de Vintimille en Italie et tentait de regagner la France. Une autopsie doit être pratiquée.

    https://www.francebleu.fr/infos/faits-divers-justice/un-jeune-migrant-retrouve-mort-pres-de-roquebrune-cap-martin-1514374029

    –-> événement qui date de 2017, sauvegardé ici pour des raisons d’archivage

    #Vintimille #asile #migrations #réfugiés #morts #mourir_aux_frontières #frontière_sud-alpine #France #Italie

    –—

    ajouté au fil de discussion sur les morts à la frontière de Vintimille :
    https://seenthis.net/messages/784767

    lui-même ajouté à la métaliste sur les morts aux frontières alpines :
    https://seenthis.net/messages/758646

    • E’ di un giovane migrante il corpo ritrovato sull’A8 a Roquebrune: ennesima vittima del confine

      Aumenta il numero di migranti morti nel tentativo di raggiungere la Francia.

      E’ di un giovane migrante il corpo senza vita trovato ieri sull’A8 all’altezza del comune francese di Roquebrune. Lo straniero, che potrebbe avere 20 anni, sarebbe morto in seguito ad una caduta. Lo riporta France 3.
      Il giovane aveva trovato rifugio in una baracca, a strapiombo sull’autostrada, dove dormiva in un sacco a pelo. Forse nel sonno, il migrante è precipitato nel vuoto, morendo sul corso.

      Lo hanno trovato così, avvolto nella coperta e a piedi nudi, con un piccolo quaderno nel quale annotava piccoli aneddoti quotidiani.

      https://www.francebleu.fr/infos/faits-divers-justice/un-jeune-migrant-retrouve-mort-pres-de-roquebrune-cap-martin-1514374029

    • #Roquebrune-Cap-Martin : un migrant retrouvé mort au bord de l’A8 après une chute

      Un migrant âgé d’une vingtaine d’années a été trouvé mort ce mercredi au bord de l’autouroute A8. Son corps a été découvert au niveau de la commune de Roquebrune-Cap-Martin. Le jeune homme aurait été victime d’une chute.
      Un jeune migrant a été trouvé mort ce mercredi sur un talus de l’autoroute A8, qui relie la France à l’Italie, au niveau de Roquebrune-Cap-Martin. L’homme, d’une vingtaine d’années et d’origine africaine, aurait été victime d’une chute alors qu’il dormait dans une cabane, située en surplomb de l’autoroute.

      Son corps a été découvert par les patrouilleurs de la société d’autoroute, et doit faire l’objet d’une autopsie selon la gendarmerie des Alpes-Maritimes. Le jeune homme a été trouvé pieds nus, dans son duvet, et avec un petit carnet dans lequel il notait les anecdotes de son quotidien.

      Au moins quinze migrants sont morts depuis septembre 2016 dans les Alpes-Maritimes, selon un décompte de l’AFP.

      https://france3-regions.francetvinfo.fr/provence-alpes-cote-d-azur/alpes-maritimes/menton/roquebrune-cap-martin-migrant-retrouve-mort-au-bord-a8-

    • E’ di un giovane migrante il corpo ritrovato sull’A8 a Roquebrune: ennesima vittima del confine

      E’ di un giovane migrante il corpo senza vita trovato ieri sull’A8 all’altezza del comune francese di Roquebrune. Lo straniero, che potrebbe avere 20 anni, sarebbe morto in seguito ad una caduta. Lo riporta France 3.
      Il giovane aveva trovato rifugio in una baracca, a strapiombo sull’autostrada, dove dormiva in un sacco a pelo. Forse nel sonno, il migrante è precipitato nel vuoto, morendo sul corso.

      Lo hanno trovato così, avvolto nella coperta e a piedi nudi, con un piccolo quaderno nel quale annotava piccoli aneddoti quotidiani.

      https://www.riviera24.it/2017/12/e-di-un-giovane-migrante-il-corpo-ritrovato-sulla8-a-roquebrune-ennesima-v

  • 26.08.2017 Migrante trovato morto folgorato sul treno Ventimiglia-Marsiglia

    Il giovane, 25 anni, è stato trovato arso vivo nella cabina elettrica. La Polizia francese ha trovato altri due profughi nascosti accanto al cadavere

    Ennesima tragedia della disperazione tra Italia e Francia. Un migrante di 25 anni è stato trovato folgorato e arso vivo in una cabina elettrica di un treno partito da Ventimiglia e diretto a Marsiglia. Il corpo carbonizzato dell’uomo è stato trovato alle 17,25 quando il convoglio regionale delle ferrovie francesi (Sncf) si è fermato alla stazione di #Cannes-#La_Bocca.

    Nell’angusto spazio della cabina elettrica sul treno la polizia ha trovato altri due migranti nascosti accanto al cadavere della vittima. A maggio altri due migranti morirono nelle medesime circostanze sempre sullo stesso convoglio.

    https://www.repubblica.it/cronaca/2017/08/27/news/migrante_trovato_morto_folgorato_sul_treno_ventimiglia-sanremo-173962840

    –-> événement qui date de 2017, sauvegardé ici pour des raisons d’archivage

    #Vintimille #asile #migrations #réfugiés #morts #mourir_aux_frontières #frontière_sud-alpine #France #Italie

    –—

    ajouté au fil de discussion sur les morts à la frontière de Vintimille :
    https://seenthis.net/messages/784767

    lui-même ajouté à la métaliste sur les morts aux frontières alpines :
    https://seenthis.net/messages/758646

    • Alpes-Maritimes : un migrant meurt en se cachant à bord d’un train en provenance d’Italie

      Il s’agit du troisième migrant retrouvé décédé dans une armoire électrique en gare de Cannes depuis le début de l’année.

      Un migrant, qui se cachait dans l’armoire électrique d’un train en provenance de la ville italienne de Vintimille, a été retrouvé samedi mort, électrocuté, vers 17h en gare de Cannes La Bocca (Alpes-Maritimes), a révélé Nice-Matin.

      La victime, dont la nationalité n’a pas été indiquée, a été électrocutée après s’être cachée dans ce local pour déjouer les contrôles aux frontières qui sont systématiques en gare de Menton, la première après la frontière. Les 300 passagers qui avaient pris place à bord de ce TER assurant la liaison Vintimille-Marseille ont été transbordés sur un TGV. Le trafic a été suspendu le temps de l’intervention de la police et des pompiers.

      Il s’agit du troisième migrant (https://www.leparisien.fr/faits-divers/cannes-un-migrant-trouve-mort-dans-un-train-en-provenance-d-italie-20-05-) retrouvé décédé dans une armoire électrique en gare de Cannes La Bocca depuis le début de 2017. Au total, depuis début 2016, sur la ligne de TER reliant Vintimille à la France, six migrants sont morts et deux autres ont été blessés par électrocution, soit dans les armoires électriques, soit sur les toits des trains.

      La SNCF indique avoir mis en oeuvre un dispositif d’information pour les migrants en gare de Vintimille pour les prévenir de ces dangers et tenter d’éviter de tels drames.

      https://www.leparisien.fr/faits-divers/alpes-maritimes-un-migrant-cache-dans-un-train-en-provenance-d-italie-ret

    • Un migrant meurt en se cachant à bord d’un train en provenance d’Italie

      Un migrant, qui se cachait dans l’armoire électrique d’un train en provenance de la ville italienne de Vintimille a été retrouvé ce samedi 26 août mort, électrocuté. Il s’agit du troisième migrant retrouvé décédé dans une armoire électrique en gare de Cannes La Bocca depuis le début de 2017.

      Le corps a été retrouvé aux alentours de 17H00 en gare de Cannes La Bocca dans,les Alpes-Maritimes, a précisé un porte-parole de l’entreprise publique, confirmant une information de Nice-Matin.

      La victime, dont la nationalité n’a pas été indiquée, a été électrocutée après s’être cachée dans ce local pour déjouer les contrôles aux frontières qui sont systématiques en gare de Menton, la première après la frontière.

      Les 300 passagers qui avaient pris place à bord de ce TER assurant la liaison Vintimille-Marseille ont été transbordés sur un TGV. Le trafic a été suspendu le temps de l’intervention de la police et des pompiers.

      6 migrants sont morts et 2 autres ont été blessés par électrocution

      Il s’agit du troisième migrant retrouvé décédé dans une armoire électrique en gare de Cannes La Bocca depuis le début de 2017.

      Au total, depuis début 2016, sur la ligne de TER reliant Vintimille à la France, six migrants sont morts et deux autres ont été blessés par électrocution, soit dans les armoires électriques, soit sur les toits des trains.

      La SNCF indique avoir mis en oeuvre un dispositif d’information pour les migrants en gare de Vintimille pour les prévenir de ces dangers et tenter d’éviter de tels
      drames.

      https://france3-regions.francetvinfo.fr/provence-alpes-cote-d-azur/alpes-maritimes/cannes/migrant-meurt-se-cachant-bord-train-provenance-italie-1

  • 16.08.2017 Migrante travolto da treno a Ventimiglia

    Iracheno di 36 anni, stava andando a piedi verso la Francia.

    Un migrante iracheno di 36 anni è morto investito da un treno all’imboccatura della galleria di zona #Peglia a Ventimiglia.

    La linea ferroviaria con la Francia è interrotta dalle 18 circa.

    L’uomo è stato travolto dal treno in direzione Francia. Sul posto è presente il personale sanitario del 118 con la polizia ferroviaria.

    https://www.ansa.it/sito/notizie/cronaca/2017/08/16/migrante-travolto-da-treno-a-ventimiglia_bd6dd510-7661-4157-bc6b-7924dc5b51ab.h

    –-> événement qui date de 2017, sauvegardé ici pour des raisons d’archivage

    #Vintimille #asile #migrations #réfugiés #morts #mourir_aux_frontières #frontière_sud-alpine #France #Italie

    –—

    ajouté au fil de discussion sur les morts à la frontière de Vintimille :
    https://seenthis.net/messages/784767

    lui-même ajouté à la métaliste sur les morts aux frontières alpines :
    https://seenthis.net/messages/758646

  • 12.07.2017 Ventimiglia, tragedia sull’#Aurelia a #Latte : morto migrante travolto da un camion

    Un migrante è rimasto ucciso nel primo pomeriggio di oggi , sulla tstrada statale Aurelia, all’altezza della frazione di Latte. Per una dinamica ancora da chiarire, lo straniero è stato travolto da un camion che trasportava terra.

    L’uomo sarebbe morto sul colpo. Sul posto, tempestivamente quanto inutilmente, sono intervenuti i soccorsi del 118, rappresentati dall’automedica e un’ambulanza della Croce Rossa.

    https://www.riviera24.it/2017/07/ventimiglia-tragedia-sullaurelia-a-latte-morto-migrante-travolto-da-un-cam

    –-> événement qui date de 2017, sauvegardé ici pour des raisons d’archivage

    #Vintimille #asile #migrations #réfugiés #morts #mourir_aux_frontières #frontière_sud-alpine #France #Italie

    –—

    ajouté au fil de discussion sur les morts à la frontière de Vintimille :
    https://seenthis.net/messages/784767

    lui-même ajouté à la métaliste sur les morts aux frontières alpines :
    https://seenthis.net/messages/758646

    • Ventimiglia, è un 23enne del Gambia il ragazzo investito da una betoniera. Tra le ipotesi: fatalità e suicidio

      Sarebbe un 23enne originario del Gambia e regolare in Italia, il migrante morto nel primo pomeriggio di oggi sulla strada statale Aurelia, all’altezza della frazione di Latte, dove è stato investito da un’autobetoniera.
      A quanto si apprende in seguito agli accertamenti condotti dagli agenti del commissariato di Ventimiglia, il ragazzo sarebbe stato appena respinto dalla Francia, paese che aveva provato a raggiungere per l’ennesima volta. Gli sarebbero mancati, però, i documenti per l’espatrio: per questo la Francia lo aveva respinto e riportato al confine italo-francese di ponte San Luigi per la riammissione.

      Tornando a Ventimiglia a piedi, il giovane ha però trovato la morte. Quello che sia successo esattamente ancora non si conosce: sarà la polizia stradale che dovrà ricostruire l’esatta dinamica dell’incidente costato la vita al 23enne straniero, morto sul colpo a seguito delle gravi lesioni riportate tra cui un gravissimo trauma cranico. Al momento le ipotesi sono due: potrebbe trattarsi di un fatale investimento, visto che l’uomo camminava a bordo del marciapiede e dunque potrebbe essere stato urtato e “agganciato” dalla betoniera che viaggiava verso Ventimiglia, oppure il giovane potrebbe essersi volutamente lanciato sotto il mezzo. Quest’ultima versione sarebbe stata confermata sia dall’autista dell’autobetoniera che da una donna che si trovava sul luogo dell’incidente insieme al suo bambino nel momento dell’accaduto.

      https://www.liguria24.it/2017/07/12/ventimiglia-e-un-23enne-del-gambia-il-ragazzo-investito-da-una-betoniera-tra-le-ipotesi-fatalita-e-suicidio/74397

    • Ancora un migrante morto al confine con la Francia

      Ventimiglia, attraversava la strada, travolto da un camion. Era stato appena riammesso in Italia

      Aveva 23 anni il giovane originario del Gambia, il ragazzo morto questo pomeriggio lungo il tratto della Strada Statale Aurelia in frazione Latte di Ventimiglia investito da un’autobetoniera. Dagli accertamenti condotti dagli agenti del commissariato di Ventimiglia, il giovaneera regolare in Italia e proprio quest’oggi era stato riammesso dalla Francia all’Italia perchè non in regola con i documenti per l’espatrio, trovando così la morte a pochi chilometri dal confine. Per quanto riguarda l’esatta ricostruzione della dinamica del tragico incidente, è affidata alla polizia stradale di Imperia che dovrà cercare di capire se si tratta di un fatale investimento, visto che l’uomo camminava a bordo del marciapiede venendo urtato lateralmente o se si sia volontariamente buttato sotto il mezzo pesante, come asserito da una testimone e dall’autista stesso dell’autobetoniera. Le indagini sono in corso ed è al vaglio degli inquirenti se verrà effettuata l’autopsia sul corpo del giovane africano.

      https://genova.repubblica.it/cronaca/2017/07/12/news/ancora_un_migrante_morto_al_confine_con_la_francia-170629581

    • Ventimiglia, è un 23enne del Gambia il ragazzo investito da un’autobetoniera. Tra le ipotesi: fatalità o suicidio

      Sarebbe un 23enne originario del Gambia e regolare in Italia, il migrante morto nel primo pomeriggio di oggi sulla strada statale Aurelia, all’altezza della frazione di Latte, dove è stato investito da un’autobetoniera.
      A quanto si apprende in seguito agli accertamenti condotti dagli agenti del commissariato di Ventimiglia, il ragazzo sarebbe stato appena respinto dalla Francia, paese che aveva provato a raggiungere per l’ennesima volta. Gli sarebbero mancati, però, i documenti per l’espatrio: per questo la Francia lo aveva respinto e riportato al confine italo-francese di ponte San Luigi per la riammissione.

      Tornando a Ventimiglia a piedi, il giovane ha però trovato la morte. Quello che sia successo esattamente ancora non si conosce: sarà la polizia stradale che dovrà ricostruire l’esatta dinamica dell’incidente costato la vita al 23enne straniero, morto sul colpo a seguito delle gravi lesioni riportate tra cui un gravissimo trauma cranico. Al momento le ipotesi sono due: potrebbe trattarsi di un fatale investimento, visto che l’uomo camminava a bordo del marciapiede e dunque potrebbe essere stato urtato e “agganciato” dalla betoniera che viaggiava verso Ventimiglia, oppure il giovane potrebbe essersi volutamente lanciato sotto il mezzo. Quest’ultima versione sarebbe stata confermata sia dall’autista dell’autobetoniera che da una donna che si trovava sul luogo dell’incidente insieme al suo bambino nel momento dell’accaduto.

      Le indagini sono in corso, per appurare l’esatta identità della vittima in base agli esami dattiloscopici. La salma dell’africano è a disposizione dell’autorità giudiziaria che potrebbe disporre l’autopsia per avere ulteriori elementi utili a ricostruire la dinamica dell’incidente mortale. La betoniera è sotto sequestro.

      https://www.riviera24.it/2017/07/ventimiglia-e-un-23enne-del-gambia-il-ragazzo-investito-da-una-betoniera-t

    • Ventimiglia, tragico incidente a Latte: conclusi i rilievi della scientifica, sempre più probabile l’ipotesi di un suicidio

      Sono conclusi i rilievi della polizia scientifica che ieri ha lavorato a lungo nella frazione di Latte, sulla strada statale Aurelia, per ricostruire la dinamica dell’incidente in cui ha perso la vita un 23enne originario del Gambia, regolare in Italia, paese nel quale era appena stato riammesso dopo essere stato respinto, poche ore prima, dalla Francia.
      Il giovane è morto sotto le ruote di un’autobetoniera, all’altezza del civico 14. Indagato per omicidio colposo l’autista del mezzo pesante, un 36enne di Ventimiglia: “Un atto dovuto”, ha spiegato il comandate della polizia stradale Gianfranco Crocco, “Per consentire il proseguo delle indagini”. Il 36enne, sotto shock per l’accaduto, è stato sottoposto ad alcol test, che ha dato esito negativo. Posta sotto sequestro l’autobetoniera di sua proprietà.

      Al momento l’ipotesi più accreditata è quella che il giovane straniero abbia volutamente lasciato il marciapiede sul quale camminava, diretto in Italia, e si sia buttato sotto le ruote del camion, che viaggiava in direzione Ventimiglia. Un gesto estremo, alla base del quale ci potrebbe essere la disperazione di vedersi rifiutato, magari per l’ennesima volta, dalla Francia.
      A testimoniare l’accaduto, c’è una donna che al momento della tragedia transitava a piedi su quello stesso marciapiede dal quale il ragazzo si è lanciato in strada. La testimone ha dichiarato di aver visto il giovane buttarsi sotto il mezzo, come se il suo intento fosse proprio quello di suicidarsi.

      Al momento, però, tutte le ipotesi sono al vaglio della polizia stradale che conduce le indagini, coordinate dal pm Barbara Bresci. Non si può ancora escludere che il giovane abbia accusato un malore o che si sia trattato, invece, di una tragica fatalità.

      La salma dell’africano resta a disposizione dell’autorità giudiziaria che potrebbe disporre l’autopsia per avere ulteriori elementi utili a ricostruire la dinamica dell’incidente mortale.

      https://www.riviera24.it/2017/07/ventimiglia-tragico-incidente-a-latte-conclusi-i-rilievi-della-scientifica

  • 21.03.2017, #Abderazake_Jahyea
    Un migrant se tue après avoir chuté d’une falaise sur un sentier abrupt

    Mardi midi, le cadavre d’un migrant a été retrouvé au niveau du « #Pas_de_la_mort », un sentier abrupt, situé à la frontière entre Menton et le village italien de #Grimaldi.

    https://www.nicematin.com/index.php/faits-divers/un-migrant-se-tue-apres-avoir-chute-dune-falaise-sur-un-sentier-abrupt-12

    –-> événement qui date de 2017, sauvegardé ici pour des raisons d’archivage

    #Vintimille #asile #migrations #réfugiés #morts #mourir_aux_frontières #frontière_sud-alpine #France #Italie

    –—

    ajouté au fil de discussion sur les morts à la frontière de Vintimille :
    https://seenthis.net/messages/784767

    lui-même ajouté à la métaliste sur les morts aux frontières alpines :
    https://seenthis.net/messages/758646

  • 13.06.2017 Stava pulendo le scarpe e poi è sparito. Migrante minorenne morto in mare a Ventimiglia

    Ora le accuse di Intersos: la tragedia “per una perdurante e vergognosa condizione di degrado” e per “la negazione dell’accoglienza”

    Forse stava pulendo le sue scarpe nella zona della foce, quando è finito in acqua. Un migrante sudanese che avrebbe 16 anni disperso per alcune ore nel pomeriggio, martedì 13 giugno, alla foce del fiume Roja, a Ventimiglia, è stato trovato morto in serata. Hanno lavorato alle ricerche in mare la capitaneria di porto, 118, carabinieri e polizia. Il giovane è stato visto affogare. C’è una ragazza che ha detto di essere la sorella del ragazzo.

    Sembra che il ragazzo si sia avvicinato all’acqua per lavare le scarpe sul bagnasciuga, una sarebbe finita in mare e lui avrebbe cercato di recuperarla. È scomparso in un punto della confluenza segnato da correnti forti. E ora arrivano le accuse da parte di Daniela Zitarosa, assistente legale del progetto Intersos a Ventimiglia: «È una morte che fa rabbia e di fronte alla quale lo Stato non può chiudere gli occhi».

    Il riferimento è «alla condizione di inaccettabile degrado del campo sorto sotto il ponte sulle rive del fiume Roja: 250 persone, un terzo delle quali monitorate da Intersos come minori non accompagnati, vivono da mesi senza accesso all’acqua e ai servizi igienici, in condizioni di estremo disagio e vulnerabilità». E da Intersos attaccano: la drammatica storia di oggi «nasce da una perdurante e vergognosa condizione di degrado, deliberatamente alimentata nel territorio di Ventimiglia da una politica di militarizzazione e negazione dell’accoglienza».

    https://www.lastampa.it/imperia-sanremo/2017/06/13/news/stava-pulendo-le-scarpe-e-poi-e-sparito-migrante-minorenne-morto-in-mare-a-

    –-> événement qui date de 2017, sauvegardé ici pour des raisons d’archivage

    #Vintimille #asile #migrations #réfugiés #morts #mourir_aux_frontières #frontière_sud-alpine #France #Italie

    –—

    ajouté au fil de discussion sur les morts à la frontière de Vintimille :
    https://seenthis.net/messages/784767

    lui-même ajouté à la métaliste sur les morts aux frontières alpines :
    https://seenthis.net/messages/758646

  • 23.05.2017 La mort d’un migrant rattrape le Festival de Cannes

    L’homme, qui se cachait dans la gare de marchandises de Cannes-La Bocca, est mort dans un wagon de TER, électrocuté.

    Retour au réel. Un courriel arrive dans la boîte de réception, lundi 22 mai, à 10 h 05 : « Mort d’un migrant par électrocution à Cannes pendant le Festival. » Suit un communiqué intitulé « L’envers du décor à Cannes », signé du délégué de la Ligue des droits de l’homme de Provence-Alpes-Côte d’Azur, Henri Rossi : on apprend que, « dans la gare de marchandises de Cannes-La Bocca, un migrant, qui se cachait, est mort dans un wagon de TER, électrocuté ».

    Dans la région, lit-on encore, d’autres ont péri « en tombant d’une falaise, en basculant d’un viaduc de l’autoroute », ou ont été emportés « par une crue de la Roya ». La LDH condamne « l’attitude des pouvoirs publics et de l’Etat, de la région et du département, qui poussent des réfugiés à risquer aussi dangereusement leur vie en leur claquant la porte au nez ».

    Au même moment, des festivaliers patientent en bas des marches du Palais des festivals, pour découvrir, vers 11 heures, le film de Michael Haneke, Happy End, en Compétition officielle. Le cinéaste autrichien ausculte l’enfermement social d’une famille bourgeoise qui vit à Calais, alors que tout autour d’eux se jouent des drames humains. Un groupe de migrants fera irruption lors des fiançailles de la mère, incarnée par Isabelle Huppert.
    « Lien noué avec les réfugiés »

    Il ne s’agit pas du seul film cannois à évoquer la question, loin s’en faut. Dans La Lune de Jupiter, du Hongrois Kornel Mundruczo, en compétition, un réfugié syrien plane au-dessus de Budapest. Quant au réalisateur mexicain Alejandro Gonzalez Iñarritu, il propose, jusqu’au 27 mai, une installation de « réalité virtuelle » dans un hangar d’aéroport proche de Cannes, Carne y Arena, où le spectateur peut vivre le cauchemar des migrants à la frontière entre le Mexique et les Etats-Unis. Il faut « recréer la réalité pour la rendre palpable », dit-il.

    Et pour faire réagir ? Chiche, répond le réalisateur Michel Toesca. Autre coïncidence, il est à Cannes, lundi après-midi, pour présenter son documentaire sur la vallée de la Roya, où des habitants viennent en soutien aux migrants – le film, en cours de tournage, est produit par Jean-Marie Gigon (Sanosi Productions). A ses côtés, Cédric Herrou : l’agriculteur a été condamné le 10 février, par le tribunal correctionnel de Nice, à 3 000 euros d’amende avec sursis, pour avoir pris en charge des migrants sur le sol italien. Il en accueille aussi chez lui, entre ses oliviers et ses poules. « Ce sera un film sur la vie, léger, sur ce lien noué avec les réfugiés », explique Michel Toesca. Autour de la table, il y a Elias, qui a fui le Niger et travaille désormais avec Cédric Herrou. Et Sinawi Medine, Erythréen, photographe installé à Nice.

    https://www.lemonde.fr/festival-de-cannes/article/2017/05/23/la-mort-d-un-migrant-rattrape-le-festival-de-cannes_5132262_766360.html

    –-> événement qui date de 2017, sauvegardé ici pour des raisons d’archivage

    #Vintimille #asile #migrations #réfugiés #morts #mourir_aux_frontières #frontière_sud-alpine #France #Italie

    –—

    ajouté au fil de discussion sur les morts à la frontière de Vintimille :
    https://seenthis.net/messages/784767

    lui-même ajouté à la métaliste sur les morts aux frontières alpines :
    https://seenthis.net/messages/758646

    • Cinque migranti morti folgorati sui treni nel 2017 per andare in Francia

      Il 17 febbraio 2017 un migrante viene trovato morto sul tetto di un treno francese partito dalla stazione ferroviaria di Ventimiglia, verso le 5.30. Il macabro rinvenimento è avvenuto alla stazione di Cannes «La Bocca», in Francia.

      Sono cinque i migranti morti folgorati o carbonizzati, nel 2017, nel tentativo di raggiungere la Francia: stipati dentro i vani tecnici dei treni o, peggio ancora, aggrappati al pantografo. Stamani l’ultima vittima, la prima del 2018 (LEGGI QUI: https://primalariviera.it/cronaca/migrante-folgorato-semi-carbonizzato-sul-tetto-un-locomotore-mentone)

      Nel dettaglio.

      Il 17 febbraio 2017 un migrante viene trovato morto sul tetto di un treno francese partito dalla stazione ferroviaria di Ventimiglia, verso le 5.30. Il macabro rinvenimento è avvenuto alla stazione di Cannes «La Bocca», in Francia.

      Il 15 maggio 2017, un altro straniero resta folgorato, ma per fortuna ancora in vita, alla stazione di Carnoles. Lo trovano sul tetto del treno «Ter 86050», diretto a Nizza. L’uomo ha riportato ustioni a entrambe le gambe.

      Il 19 maggio 2017, un migrante trentenne del Mali, presumibilmente partito dalla stazione di Ventimiglia su un treno «Ter» francese, muore folgorato, in un piccolo locale adibito a quadro elettrico del convoglio, nella stazione di Cannes la Bocca.

      Il 23 maggio 2017, un giovane migrante è stato trovato morto, in un locale tecnico di un treno francese, alla stazione ferroviaria di Cannes La Bocca, in Costa Azzurra. A imbattersi nella macabra scoperta è stato il personale della «Sncf» (società che gestisce il trasporto pubblico in Francia).

      Il 27 agosto 2017: un migrante di circa 25 anni viene trovato carbonizzato (in seguito a folgorazione), nel vano tecnico di un treno «Ter» delle Ferrovie francesi, in sosta alla stazione ferroviaria di Cannes «La Bocca» e diretto a Marsiglia.

      https://primalariviera.it/cronaca/cinque-migranti-morti-folgorati-sui-treni-nel-2017-per-andare-in-fran

  • 19.05.2017 #Cannes, l’ennesima tragedia : giovane migrante morto folgorato su un treno

    Il giovane trentenne malese è stato trovato ieri sera a Cannes La Bocca in un piccolo locale adibito a quadro elettrico.

    Ancora un tragedia legata all’immigrazione al confine tra Italia e Francia. Un giovane migrante di 30 anni del Mali, presumibilmente partito dalla stazione di Ventimiglia su un treno “Ter” francese, è stato trovato morto, ieri sera, in un piccolo locale adibito a quadro elettrico del convoglio, nella stazione di Cannes la Bocca.

    Secondo quanto riferito dal quotidiano francese Nice Matin, il rinvenimento è avvenuto da parte del personale Sncf (l’ente che gestisce il trasporto pubblico francese), durante le operazioni di pulizia delle carrozze.

    Si teme che l’uomo possa essere rimasto folgorato, ma verrà comunque effettuata un’autopsia. Più di una volta, in passato, alla stazione di Ventimiglia, sono stati individuati migranti stipati in minuscoli locali adibiti a quadro elettrico, che sono stati salvati in tempo.

    Si tratta dell’ennesima morte dettata dalla disperazione di chi prova in ogni modo a varcare il confine. Le autorità francesi hanno svolto tutti i rilievi del caso sul luogo del ritrovamento del corpo ed è stata disposta l’autopsia per stabilire con maggiore esattezza le cause della morte.

    https://www.globalist.it/news/2017/05/20/cannes-l-ennesima-tragedia-giovane-migrante-morto-folgorato-su-un-treno

    –-> événement qui date de 2017, sauvegardé ici pour des raisons d’archivage

    #Vintimille #asile #migrations #réfugiés #morts #mourir_aux_frontières #frontière_sud-alpine #France #Italie

    –—

    ajouté au fil de discussion sur les morts à la frontière de Vintimille :
    https://seenthis.net/messages/784767

    lui-même ajouté à la métaliste sur les morts aux frontières alpines :
    https://seenthis.net/messages/758646

    • Cannes : un migrant trouvé mort dans un train en provenance de Vintimille

      Un homme de 30 ans a été trouvé mort ce vendredi 19 mai dans la soirée en gare de Cannes La Bocca dans le compartiment technique d’un train en provenance de Vintimille. Le corps de ce migrant a été découvert par un agent de la SNCF.

      C’est un agent de la SNCF qui a entendu du bruit lors d’une visite technique. A l’ouverture du local, trois autres hommes qui y étaient cachés ont pris la fuite. La mort de la victime, dû à une électrisation, a été constatée par un médecin du SMUR, rapportent les sapeurs-pompiers.

      Il s’agit de la 2e mort d’un migrant en gare de Cannes La Bocca depuis le début de l’année. Le corps carbonisé d’un migrant avait été trouvé le 17 février sur le toit d’un train en provenance de Vintimille.

      C’est aussi sur le toit d’un TER que dimanche dernier, un autre migrant avait été trouvé, gravement brûlé aux jambes. Il a été découvert en gare de Roquebrune-Cap-Martin dans les Alpes-Maritimes et admis à l’hôpital de Toulon, spécialisé dans les grands brûlés.

      12 victimes depuis le début de l’année

      Ce nouveau décès dramatique porte à douze, selon les ONG intervenant sur place, le nombre de morts de migrants enregistrés dans la région depuis 2016.
      Les interpellations à la frontière franco-italienne sont en forte hausse depuis le début de l’année et ont presque triplé par rapport au début 2016, selon les derniers chiffres de la préfecture.

      En dehors des cas d’électrisation à bord de trains, les migrants ont en majorité trouvé la mort lors de chocs avec des véhicules le long de l’autoroute ou avec des trains au bord de la voie ferrée. Un migrant a également perdu la vie après une chute sur un sentier de montagne dit du « pas de la Mort », à Menton.

      https://france3-regions.francetvinfo.fr/provence-alpes-cote-d-azur/alpes-maritimes/cannes/cannes-migrant-trouve-mort-train-provenance-vintimille-

    • Nice : un migrant électrocuté sur le toit d’un train, il est grièvement blessé

      Le trafic ferroviaire a été perturbé à Nice ce lundi 19 juin par la découverte d’un homme électrocuté sur le toit d’un train. Il s’agit un migrant selon toute vraisemblance. Il a été évacué « en urgence absolue ».

      L’accident s’est produit ce lundi 19 juin vers 6h, selon les premiers messages d’information de la SNCF à ses voyageurs.

      « Il s’agit d’un homme de 27 ans. Il a été retrouvé électrocuté sur le toit d’un train et évacué en urgence absolue vers un centre pour grands brûlés à Toulon », ont précisé les secours.

      « Ce type d’accidents arrive fréquemment à des migrants. Le conducteur du train a subi un gros choc psychologique. Selon un autre conducteur, témoin de la scène, la victime est parvenue à descendre par l’échelle de secours », a précisé à l’AFP Michel Mafioly, délégué CGT Cheminots conducteurs à Nice.

      A la frontière franco-italienne, le nombre de migrants d’origine africaine est en forte hausse depuis janvier, de même que les accidents mortels.

      Fin mai, la SNCF avait dénombré 4 migrants morts et 2 blessés par électrocution entre Vintimille et Cannes depuis le début de l’année, sans compter les accidents sur les voies, et déplore « une situation très compliquée ».

      La semaine passée, une centaine de migrants originaires d’Afrique de l’Est, en majorité des Soudanais, étaient arrivés à Nice pour demander l’asile, après 60 km de marche à pied depuis la frontière franco-italienne.

      2 morts à Cannes depuis le début de l’année

      A deux reprises, les cheminots ont découvert le corps sans vie d’un migrant mort dans une armoire électrique en gare de Cannes-La Bocca.

      Des tracts et des affichages sont faits en plusieurs langues à Vintimille pour prévenir des dangers et tenter d’éviter ces drames.

      https://france3-regions.francetvinfo.fr/provence-alpes-cote-d-azur/alpes-maritimes/nice/nice-migrant-electrocute-toit-train-il-est-grievement-b

  • 17.06.2015 Ventimiglia – Trovati migranti morti lungo ferrovia francese

    Imperia – Mentre trascorre piuttosto tranquillamente, senza tensioni e senza novità, il quinto giorno per gli oltre cento migranti che si trovano a Ventimiglia, sulla scogliera di Ponte San Ludovico, ad un passo dalla frontiera francese ancora presidiata dalla Gendarmerie e dalla Police Nationale, arriva una notizia inquietante.

    Fonti francesi e italiane avrebbero infatti appena confermato il ritrovamento di due cadaveri lungo la ferrovia in territorio francese oltre Mentone. I corpi senza vita apparterrebbero a due migranti. Ma al momento non si conoscono ulteriori dettagli, anche se sembra che gli immigrati siano stati trovati morti sui binari, forse uccisi da un treno di passaggio mentre cercavano di entrare in territorio francese.

    Parigi ha infatti chiuso la frontiera per impedire il passaggio dei migranti dall’Italia alla Francia, ma i profughi non si arrendono e restano accampati al confine di Ventimiglia. Anche se, nelle ultime ore, sarebbero aumentati i controlli della polizia italiana sui sentieri che portano a Ponte San Ludovico, e un gruppo di immigrati che da cinque giorni si trova sugli scogli ha chiesto stamattina, spontaneamente, alla Croce Rossa di poter lasciare la scogliera e recarsi alla stazione di Ventimiglia.

    https://liguriaoggi.it/2015/06/17/ventimiglia-trovati-migranti-morti-lungo-ferrovia-francese

    –-> événement qui date de 2015, sauvegardé ici pour des raisons d’archivage

    #Vintimille #asile #migrations #réfugiés #morts #mourir_aux_frontières #frontière_sud-alpine #France #Italie

    –—

    ajouté au fil de discussion sur les morts à la frontière de Vintimille :
    https://seenthis.net/messages/784767

    lui-même ajouté à la métaliste sur les morts aux frontières alpines :
    https://seenthis.net/messages/758646

  • « Le passeur est le symptôme de la fermeture des frontières, en aucun cas la cause des mouvements migratoires »

    Au cliché du passeur véreux profitant de la misère des gens, #Marie_Cosnay et #Raphaël_Krafft, auteurs sur les questions de la frontière et des migrations, opposent, dans une tribune au « Monde », l’éloge de figures héroïques capables de nécessaires transgressions et de professionnels indispensables exerçant un métier dangereux.

    Comment quitter Alep assiégée, traverser la Manche, franchir les murs toujours plus hauts de la forteresse Europe, sinon à l’aide d’un passeur ? C’est souvent l’échec, voire la mort pour qui voudrait s’en affranchir. Yaya Karamoko, le 22 mai 2021, Abdoulaye Koulibaly le 8 août ou encore Sohaïbo Billa se seraient-ils noyés dans la Bidassoa s’ils avaient pu dépenser les cinquante euros demandés par les passeurs pour franchir la frontière franco-espagnole ?

    Depuis la fermeture des frontières dans les années 1980 et la réduction drastique des attributions de visa, celles et ceux qui fuient leur pays n’ont d’autres possibilités que de louer les services de personnes pour entreprendre ces voyages longs et périlleux.

    Le passeur est le symptôme de la fermeture des frontières, en aucun cas la cause des mouvements migratoires. Malgré cette équation largement documentée, les dirigeants politiques européens continuent d’imputer les morts aux frontières aux passeurs, avec l’assentiment de tous.

    La figure du passeur véreux profitant de la misère des gens est communément admise jusque parmi les plus fervents tenants de l’accueil. Ne trouve grâce aux yeux de ces derniers que celui qui ferait ça gratuitement. C’est oublier que le métier est dangereux dans un environnement hostile, que les peines encourues peuvent être lourdes. Le passeur philanthrope ne suffirait à répondre à la demande de passage toujours plus grande à mesure que se multiplient les obstacles et se durcissent les contrôles.

    Le passeur connaît les lieux. Il est des deux mondes, il est entre les deux mondes. Etre des deux mondes signifie qu’on est capable de transgression. Au Pays basque, le contrebandier était aimé de sa communauté, il assurait le lien entre les vallées du pays divisé. Pourvoyeur de denrées et de nouvelles, il était une figure positive, quasi héroïque, capable de désobéissance aux règles commerciales du moment. « Poète en son genre » ; disait Dostoïevski. Capable aussi, au moment où il s’agit de faire des choix, d’en faire de courageux. C’est ce qu’ont fait des passeurs célèbres localement durant la seconde guerre mondiale, dont on honore aujourd’hui la mémoire, Charlot Blanchi d’Angeltou à Saint-Martin-Vésubie, Paul Barberan à l’Hospitalet-près-l’Andorre, Florentino Goikoetxea au Pays basque.
    Les contrebandiers

    Les services secrets britanniques, américains et de la France libre ne s’y sont pas trompés : c’est vers les contrebandiers qu’ils se sont tournés pour organiser les passages à travers les Pyrénées, de leurs agents. Alejandro Elizalde, par le rocher des Perdrix, conduit de France en Espagne les tout premiers aviateurs du réseau Comète, la nuit du 24 au 25 juillet 1941. Elizalde connaît la montagne, il prend des risques, il est payé pour ça. Ce sont des risques qu’il prend, d’ailleurs, jusqu’au bout : arrêté fin 1941, il mourra à son retour des camps, en 1945.

    Le passage est une activité concurrentielle, qui implique une obligation de résultat et l’entretien d’une réputation. Le prix varie selon la dangerosité de la route et la qualité de la prestation. Au plus fort de ladite récente « crise migratoire », l’université de Harvard s’est intéressée à la qualité de la prestation des passeurs sur la route des Balkans. Interrogée à ce sujet, la clientèle, majoritairement syrienne, s’était révélée satisfaite à plus de 75 %. « Guides, sauveurs, alliés » sont les termes le plus souvent utilisés par les migrants pour qualifier leurs passeurs.

    Le passeur basque expert des années 1940 doit satisfaire à la demande sans chercher d’autres moyens de subsistance. Si on lit, dans les hommages posthumes, que l’argent n’était pas sa motivation, personne ne dit que Florentino Goikoetxea, qui reçut la Légion d’honneur en 1962, vivait d’amour, d’idées et d’eau fraîche. C’est pour gagner de l’argent qu’il avait l’habitude de se tenir aux marges, avant la guerre. Ce que les commentaires signifient, c’est qu’il a su, dans ces marges, évoluer d’une manière raisonnable. Il y a une « raison de la marge », une morale de la transgression.
    Politiques de criminalisation

    Ce sont les politiques de criminalisation du passage imposées par l’Union européenne (UE) qui ont transformé une économie artisanale en une entreprise criminelle. Dans l’archipel tunisien des Kerkennah, les pêcheurs, connaisseurs de la mer et familiers du détroit de Sicile, ont laissé la place aux escrocs après que l’Etat tunisien, encouragé et financé par l’Union européenne, eut multiplié les mesures coercitives. Au Niger, les parlementaires ont été incités par l’UE à voter une loi criminalisant les transporteurs transsahariens, obligeant l’emprunt de pistes toujours plus dangereuses à un prix toujours plus élevé. Au large de la Libye, c’est lorsque l’opération de sauvetage Mare Nostrum se mue en dispositif de lutte contre les passeurs que les bateaux en dur sont retirés au profit des embarcations pneumatiques surchargées.

    Quand les frontières maritimes, extérieures, entre un monde et un autre, sont à ce point creusées qu’elles font de quelques centaines de milles dans l’océan Atlantique ou la mer Méditerranée de véritables charniers, il s’agit pour les passeurs de transgresser les interdits d’une façon radicale. La morale n’a alors plus rien à faire dans l’histoire. Plus les mondes sont divisés et interdits l’un à l’autre, plus il est compliqué d’être de l’entre-deux.

    Qui sont ces 1 500 passeurs que le ministre français de l’intérieur se targue d’avoir fait arrêter en 2020 dans le Calaisis ? Des migrants eux-mêmes, roturiers de leur propre traversée à l’image des héros d’Un sac de billes, Maurice et Joseph Joffo, qui organisent quelques passages à travers la ligne de démarcation pour financer la poursuite de leur voyage en zone libre. Aujourd’hui, ils ferment les portes des camions sur les parkings de l’autoroute, font le guet sur la plage ou appâtent les clients.

    Désigner le passeur comme mauvais objet absolu, comme cause de la mort de masse aux frontières européennes, extérieures et intérieures, sert aux gouvernements à se dédouaner de sa politique criminelle. La critique unanime témoigne d’un impensé commun : le passeur franchit l’infranchissable. On fait ainsi de la ligne frontière un enjeu considérable, un tabou. La sacraliser pèse sur tout le monde.

    Serait-ce que le passeur, celui qui veille, tant bien que mal, sur les espaces d’entre-deux, respecterait plus le rêve de circulation, à l’intérieur de l’Union européenne, que l’Union européenne elle-même ?

    https://www.lemonde.fr/idees/article/2021/12/27/le-passeur-est-le-symptome-de-la-fermeture-des-frontieres-en-aucun-cas-la-ca
    #passeurs #migrations #smuggler #asile #réfugiés #passeur #frontières #morts_aux_frontières #mourir_aux_frontières #décès #morts #fermeture_des_frontières #responsabilité

    ping @isskein @karine4

  • Demandes d’asile rejetées, rapatriements et réunifications familiales à la traîne : le désarroi des Afghans de France
    https://www.mediapart.fr/journal/france/251221/demandes-d-asile-rejetees-rapatriements-et-reunifications-familiales-la-tr

    Les premières décisions de rejet de demandes d’asile d’Afghans sont tombées. En parallèle, les demandes de réunification familiale ou de rapatriement formulées par des réfugiés déjà protégés en France n’aboutissent pas, laissant les requérants imaginer le pire pour leurs proches restés dans le pays.

    Depuis la chute de Kaboul et la prise de pouvoir par les talibans en Afghanistan en août dernier, certains organismes – français et internationaux - estiment qu’il n’y a plus de conflit armé, réduisant ainsi les chances pour les Afghans d’obtenir une protection.

    Au lendemain d’un attentat revendiqué par l’État islamique le 26 août, la Cour nationale du droit d’asile (CNDA), chargée d’étudier les recours des personnes ayant vu leur demande d’asile rejetée en premier lieu par l’Office français de protection des réfugiés et apatrides (Ofpra), suggérait ainsi aux juges de réduire la protection des Afghans, considérant qu’il était « permis de conclure à la cessation du conflit armé ».

    « À cet égard, les deux attentats revendiqués par l’organisation État islamique le jeudi 26 août ne remettent pas en cause cet état de fait », pouvait-on lire dans un mail interne que s’était procuré Mediapart fin août (lire notre enquête). Dans les semaines qui suivent, les premiers rejets pour des demandes d’asile formulées par des requérants afghans tombent.

    Mediapart a pu consulter une quinzaine de décisions de la CNDA, datées entre le 15 septembre et le 3 décembre, dans lesquelles la cour évoque des déclarations « très peu circonstanciées ou personnalisées », « confuses ou incohérentes », « lacunaires », « sommaires et peu substantielles » ou encore des propos « superficiels ».
    Une décision de rejet de la CNDA concernant un demandeur d’asile afghan. © Capture d’écran.

    La plupart du temps, la cour souligne que les déclarations du requérant « n’ont pas permis d’établir la réalité des faits à l’origine de son départ d’Afghanistan ni d’établir le bien-fondé et l’actualité de ses craintes en cas de retour dans son pays d’origine ». En balayant ainsi les craintes de persécutions ou de menaces graves – pouvant émaner d’une opposition d’ordre politique ou religieux, par exemple –, les juges de l’asile refusent d’accorder le statut de réfugié au requérant.

    À chaque fois, ils reconnaissent toutefois que « les talibans contrôlent aujourd’hui la quasi-totalité du territoire afghan », mais estiment que la situation prévalant dans ce pays, et notamment dans la province du requérant, « ne peut plus être regardée comme une situation de conflit armé caractérisée par une violence aveugle ». Autrement dit, le degré de violence n’est pas suffisant pour justifier une protection pour les requérants afghans, qui n’encourent, selon les juges, plus de risques en cas de retour sur place.

  • #Zero_chance

    Australia’s borders are closed to illegal migration

    There is only one way to gain entry into Australia — with an Australian visa. To find out more about your options for safe and lawful travel to Australia, visit www.homeaffairs.gov.au

    To find out more about Australia’s strong border protection policies, visit www.australia.gov.au/zerochance

    « zero chance » après « #no_way »...
    https://zerochance.lk
    #campagne #dissuasion #Australie #migrations #asile #réfugiés #films #jeux

    –-

    ajouté à la métaliste sur les campagnes de dissuasion :
    https://seenthis.net/messages/763551

  • El inmigrante número 1

    Hace justo 20 años, aparecieron tres cadáveres en la #playa_de_Aceitún, en #Gran_Tarajal, #Fuerteventura. Eran los restos de los primeros migrantes muertos durante un naufragio que llegaban hasta esta población.

    El inmigrante número 1 del cementerio de Gran Tarajal, en Fuerteventura, fue enterrado aquí junto a los restos de otros dos náufragos el 21 de diciembre de 2021. En sus tres nichos yacen ahora los restos de otras 39 personas que murieron también intentando llegar en patera a esta isla canaria. Este pueblo, que se convirtió en uno de los epicentros de la crisis humanitaria de 2004, contempla cómo vuelven las pateras… y los muertos.

    “Estas tres lápidas son de los tres cuerpos que aparecieron en 2001. Ahora, ahí hay metidos 42. El ayuntamiento se estaba quedando sin nichos, solicitó sacarlos de la otra calle y los pusimos aquí. Allí están los 10 de 2002, allí los 7 de 2004…”.

    Cuando a #Francisco_Rodríguez, conocido entre sus vecinos como #Paco_El_enterrador, le entran ganas de llorar recordando sus peores días como sepulturero, ríe. Son golpes de aire que se estrellan contra la mascarilla mientras sus ojos brillan con más intensidad. La risa con la que contiene el llanto parece que le asfixia. “Esto no se puede olvidar en la vida”, sostiene este hombre que considera, precisamente, que si la vida puede seguir después de algo así es por su mujer, sus tres hijas, sus cuatro nietos y su bisnieto. Viene de celebrar el cumpleaños de uno de ellos y llega conduciendo su todoterreno gris con la cabeza cubierta por una gorra azul que le protege también el cuello.

    Paco lleva cinco años jubilado, pero se sigue moviendo como si fuese su casa por el cementerio de Gran Tarajal, uno de los tres núcleos urbanos de Tuineje, una población de 14.000 habitantes de Fuerteventura. Aquí dio sepultura a decenas de vecinos, a su madre, a su hermano y a 66 personas migrantes fallecidas cuando llegaban a esta isla canaria, epicentro de la gran crisis migratoria de los primeros años de los 2000. Y el 21 de diciembre de 2001, dos años después de que se tuviese constancia del primer naufragio con víctimas mortales en Fuerteventura, tuvo lugar el primero en este municipio, un remanso de paz dedicado al turismo y a la pesca hasta entonces.

    “Me llamaron porque aparecieron los cadáveres en la playa de Aceitún. Primero dos y, después, un tercero. Entonces no fui consciente de lo que se avecinaba”, explica Paco, con las lápidas de mármol recordando a su espalda una fecha que se convirtió en un tétrico pistoletazo de salida. Siete meses después, de nuevo, dos nuevas lápidas con una cruz, un D.E.P, un INMIGRANTE escrito en mayúsculas y la fecha del ahogamiento. Serían las últimas losas que el consistorio colocaría. A partir de entonces, la inscripción se haría sobre el mismo cemento. Según el listado elaborado por distintas ONG, serían los fallecidos 377, 378 y 379 desde el primero registrado en 1990. Los tres tendrían entre 20 y 30 años y serían del África subsahariana. Eso es todo lo que, a día de hoy, se sabe de ellos.

    “Era duro. Personas sin nombre, sin compañeros, sin familia. Cuando llegaba a casa, me decaía. Cada vez que había muertos, me llamaban de la funeraria. Yo les acompañaba para ayudarles a recogerlos”, explica compungido este hombre que de operario municipal fue carretero, como su padre.

    Uno de los miembros de las Fuerzas y Cuerpos de Seguridad que recogió estos primeros tres cadáveres recuerda cómo el mar les había borrado el color negro de su piel cuando los encontraron sobre las rocas del pantalá de la playa de Aceitún: “Fue un shock”, confiesa, aunque prefiera preservar su identidad.

    A partir de entonces, la turbina del horror se aceleró. Hasta 2006, el año de la llamada crisis de los cayucos, en el que llegaron a las islas Canarias unas 31.000 personas por vía marítima, prácticamente la misma cifra que entre 2002 y 2005. Solo en 2006, fallecieron unas 6.000 personas, según declaraciones realizadas entonces por miembros del Gobierno canario. Apenas se recuperaron unos 600 cuerpos. No es extraño, por tanto, que prácticamente en todos los cementerios de Fuerteventura haya inhumados restos de personas migrantes.

    Paco fue enterrador antes de que le pagaran por ello. Aunque había otros operarios encargados de la tarea de ‘taparlos’, como denomina al acto de sellar el enterramiento, a menudo se prestaba como voluntario “porque los muchachos que había se ponían muy nerviosos”. Fue así como el consistorio terminó destinándolo a esta tarea, en la que nunca se imaginaría que tendría que dar sepultura a personas que “se ahogaban, a veces, una vez que llegaban a la orilla. Venían tan entumecidos que no podían moverse cuando se estrellaban contra las zonas rocosas. Nunca los enterramos sin el cura –aunque no sabíamos si eran religiosos–, ni sin un ramo de flores. Ellos vienen huyendo de la miseria y se encuentran esto”, concluye, antes de volver a recordar que nunca se imaginó que estos tres primeros muchachos se convertirían en decenas.

    De pescador a rescatador

    Aquel 21 de diciembre de 2001, Antonio Ferrera se acercó a la playa de Aceitún, una cala a la salida de Gran Tarajal encajada entre el puerto deportivo y un risco que se adentra, imponente, en el mar. De tierra adentro, centenares de apartamentos para los millones de turistas que recalan anualmente en esta ínsula; en frente, las costas del Sáhara Occidental, así como las ciudades de Nuadibú y Saint Louis, mauritana y senegalesa, respectivamente, de donde partían buena parte de los cayucos que llegaron a Canarias en aquellos años.

    Por aquel entonces, Antonio era pescador. Se enteró de que habían aparecido unos cadáveres y se acercó por si tenía que ayudar. “Era la primera vez que ocurría algo así en Gran Tarajal, así que fue la comidilla del pueblo durante unos días. Pero nunca pensando lo que vendría en poco tiempo”. Tampoco que él mismo, apenas dos años después, dejaría su oficio de toda la vida para dedicarse a las labores de rescate.

    “Antes de entrar a trabajar en Salvamento ayudé en algunos rescates porque vivimos aquí, hemos visto el drama en primera persona. En aquellos años, salías a pescar y te encontrabas cuerpos flotando. Fue muy duro”, explica este hombre de 65 años, bronceado por el sol sempiterno canario, sentado frente al puerto de Gran Tarajal, donde sigue atracando la embarcación roja de Salvamento Marítimo en la que trabajó hasta 2018. La misma que, en las últimas semanas, vuelve a rescatar, casi a diario, a decenas de náufragos extranjeros. “Mira cómo está el mar. Hoy es día de pateras, verás como esta noche llegan”, añade, apuntando al horizonte.

    “En aquellos primeros años (de los 2000) llegamos a rescatar hasta nueve pateras en una noche. El objetivo era salvar la vida a cuantos más, mejor. Porque, a veces, se volcaba la patera y no se podía rescatar a todos. Yo he visto hundirse ante mis ojos a personas porque no podíamos salvarlas a todas”. En 2003, en medio de la crisis humanitaria que se vivía en las costas canarias, el Gobierno de España decidió que Salvamento Marítimo iba a sustituir a la Guardia Civil como actor principal en las labores de rescate. Para ello, contrató a trabajadores de la mar como Antonio.

    “Por entonces, navegabas y podías percibir la cercanía de una patera. Es un olor muy particular, una mezcla de gasolina, orín, sudor y, a veces, putrefacción. Una vez nos encontramos a 13 muertos dentro de una”, explica este hombre que, asegura, sigue emocionándose cuando ve al barco de Salvamento partir del puerto. “Cuando nos decían que había patera, a mí y a mis compañeros nos empezaban a temblar las piernas. Ya sabíamos lo que nos podíamos encontrar, además del riesgo, porque cuando estás rescatando, si vuelcan, intentan agarrarse a cualquier cosa, incluidas tus piernas. Llevamos arneses, pero a veces no nos daba tiempo de ponérnoslos. He visto morir a más de 50 o 60 personas, incluidos niños”.

    Tras las jornadas más duras, a Antonio le costaba conciliar el sueño. “Llegaba a casa y no podía dejar de darle vueltas a la cabeza. Y como yo, mis compañeros. Más de una vez pensamos en tirar la toalla. Si no hubiese sido por el apoyo de mi mujer y de mis hijos, lo hubiera hecho. Ahora me alegro, porque salvamos muchas vidas”.

    Desde aquel 21 de diciembre de 2001, nada volvió a ser igual para los habitantes de esta localidad, como ejemplifica la familia de Antonio. “Una vez iba navegando con mi niño pequeño y empezó a decirme ‘Papá, papá, he visto unos pies flotando’. Dos días atrás había habido un gran naufragio, así que pensaba que estaba todavía con eso en la cabeza. Pero no, volvimos y había un cuerpo”. En otra ocasión, Antonio se fue con su mujer y sus hijos a la casa que tienen en la playa de Jacomar, a media hora en coche desde Gran Tarajal. “No podíamos más, necesitábamos despejar la cabeza. Pero era así, te ibas a otra zona de la isla y te encontrabas con más muertos. Llegamos y me fui a ver si pescaba algo para la cena. Cuando llevaba un rato andando, me encontré cinco cuerpos en una cala. Los recuperamos con la Guardia Civil, pero nos dijeron que faltaba un niño de un año. Por la tarde seguí buscando y encontré otros 11 cadáveres. Pero no al niño. Seguí buscando hasta que lo encontré”.

    En estos veinte años siendo testigo en primera línea del desastre humanitario provocado por el cierre de fronteras dictado por la Unión Europa, Antonio constata un cambio en la actitud de la población local. “Antes, llegaba una patera y el puerto se llenaba de personas para auxiliarlas. Ahora dicen ‘otra patera más’ casi con hartazgo. Pero el que no lo ve no lo siente. Escribí un diario con cada uno de los rescates. Podría contarte del primero al último. Lo que vivimos aquí no se puede olvidar”.

    Mientras Antonio camina hacia su casa, la característica noria del paseo marítimo de Gran Tarajal sigue girando. Como lo sigue haciendo el Faro de la Entallada, que corona uno de sus riscos, y hacia cuya luz ponían rumbo los patrones de las primeras pateras que partieron de El Aaiún.

    https://www.lamarea.com/2021/12/21/el-inmigrante-numero-1

    #décès #morts #mourir_en_mer #migrations #asile #réfugiés #cimetière #Espagne #sépolture

  • Reportage. #Alta_Val_di_Susa, quei profughi ora accolti sulla rotta di neve e gelo

    Accanto alla stazione di Oulx, in nove mesi sono passate 9mila persone: il 60% proveniva dalla rotta balcanica. Don Luigi (Migrantes): dare un tetto a chi viaggia nel freddo

    Non piangono mai i bambini che arrivano all’ultima tappa prima del confine francese. Sono esausti, dormono di continuo, qualcuno ha i piedi morsicati dai topi negli accampamenti di fortuna in Bosnia, eppure non piangono. Lo raccontano commossi gli operatori e i volontari del rifugio per immigrati ’#Fraternità_Massi' nella casa dei salesiani accanto alla stazione di Oulx. Ai piccoli il lungo viaggio sembra un gioco in compagnia dei genitori. Per gli esperti il gioco si chiama ’rotta italiana’ oppure ’terminale della rotta mediterranea’ e anche ’limite occidentale della rotta balcanica’. Comunque la si veda, Oulx dal 2017 è diventata una porta di uscita sempre più battuta dall’Italia verso la Francia e l’Ue, per marciatori della speranza in viaggio da anni. Non temono di andare in mezzo alla neve in scarpe da tennis, ma se vengono al rifugio voluto dalla fondazione ’#Talità_Kum' con i medici di #Rainbow_4_Africa aperto h 24 trovano scarponi, cibo, possono farsi visitare e passare una notte al caldo dopo le 16, quando d’inverno cala subito il buio e la temperatura scende sottozero. A pochi passi dal rifugio in Alta Val di Susa, ironia della sorte, fermano i treni di linea per la Francia e persino il Tgv. Ma il viaggio comodo è roba per chi ha documenti europei e Green pass. Il resto dell’umanità tenta di prendere un bus di linea, se non controllano i ’certificati verdi’, o arriva a piedi fino alle piste di fondo di #Claviere e poi si infila nei boschi per 20 chilometri per passare il Monginevro. Un’impresa al buio col freddo, specie per le famiglie con donne incinte e bambini. Oltretutto la sorveglianza dei gendarmi dotati anche di visori notturni al confine e lungo la statale è continua. Inflessibili anche con i più vulnerabili, non rilasciano il documento di respingimento, il ’refus d’entrée’, contro cui presentare appello. Chi passa, però, in 5 giorni arriva a Parigi e da lì prosegue per Germania, Paesi Bassi, Belgio o Regno Unito, nell’Europa che cerca manodopera.

    Gli scarponi li lasciavano i valligiani quando si è aperta la rotta. Il rifugio prosegue la tradizione solidale, mettendoli nelle rastrelliere. Ogni giorno passano da qui almeno 60 persone, con punte di 100 dall’estate a novembre. Quando si supera quota 50 la Croce rossa sposta i profughi al polo logistico di Bussoleno, 20 chilometri a valle, così che nessuno dorma all’aperto. Da aprile a dicembre sono passate 9mila persone e altre 1.500 sono state portate alla Croce rossa. Il 60% proveniva dalla rotta balcanica, gli altri erano subsahariani sbarcati da poco e tunisini alle prese con disoccupazione.

    «È dura marciare nella neve, ma chi proviene dai Balcani dice che dopo Bosnia e Croazia passare il Monginevro è come bere un bicchiere d’acqua – spiega don Luigi Chiampo, 62 anni, da 10 parroco di Bussoleno, presidente di Talità Kum e responsabile Migrantes della diocesi susina – e da quando abbiamo aperto il centro a Oulx nel 2018 non ci sono più stati morti sulle montagne. Passavano dal Colle della Scala, molto pericoloso. Nel 2021 dalla valle è passato un fiume di circa 15mila persone dirette a Claviere. Arrivano a Trieste e in 72 ore attraversano il nord in treno o bus, oppure vengono dai centri di accoglienza. Il rifugio lo abbiamo aperto per non far dormire più nessuno in mezzo alla strada ed è importante la rete che si è creata e la collaborazione con le istituzioni». I Comuni, al contrario di quanto accade Oltralpe, sono presenti. La Prefettura di Torino contribuirà al nuovo rifugio di fronte alla ’Fraternità Massi’, sempre di proprietà dei salesiani, molto più grande, in cui a giorni si sposteranno le attività. Che comprendono le attività dei medici e infermieri di ’Rainbow for Africa’ e degli operatori legali di Diaconia valdese e Danish refugee Council, che qui hanno un punto nodale del loro osservatorio dei tre confini. Cena e assistenza le offrono la rete solidale di Talità Kum, aperta ad associazioni laiche e nazionali.

    «Prepariamo un piatto di pasta, offriamo un letto caldo – afferma racconta Giorgio Guglielminotti, storico operatore – e se lo desiderano parliamo. Soprattutto diamo le scarpe a chi arriva con i piedi rotti da marce interminabili». I single dormono in uno camerone e le famiglie nei container in cortile. Si resta al massimo 48 ore ad eccezione delle famiglie numerose. Secondo Serena Tiburtini, coordinatrice di programma per Danish refugee council, le famiglie sono soprattutto afghane (il 40%) e iraniane. Poi i pachistani. «Passano da Claviere a piedi – aggiunge – perché sono abituati alla montagna. Sono arrivati i primi evacuati in estate da Kabul, i più ricchi, gli altri li attendiamo nei prossimi mesi. I tempi di ricongiungimento con i parenti sono troppo lunghi. Una ragazza afghana a settembre mi ha detto che non poteva attendere sei mesi per raggiungere la madre in Svezia, mentre poteva farcela in 15 giorni. Un giovane curdo iraniano, rimasto storpio a una gamba, fratturata dalle botte prese in Croazia, non riusciva a passare a piedi. Ma voleva raggiungere moglie e figlioletta in Svizzera. Niente ricongiungimento, alla fine è partito con un passeur».

    «Chi arriva a Oulx dalla rotta balcanica è esausto fisicamente e mentalmente – prosegue Eloisa Franchi dei medici di Rainbow 4 Africa – poi c’è chi arriva con ferite da marcia o con le cicatrici delle torture inferte dai poliziotti croati. Noi offriamo primo soccorso per curare la ’patologia di confine’, uno stress psicofico continuo. Nel nuovo rifugio avremo uno spazio per dare assistenza continuativa».

    A Oulx sono arrivate quest’anno due donne in procinto di partorire: una ci è riuscita, l’altra ha messo al mondo un bambino morto. Era da sola, marito e figlio erano già passati, ma sono tornati indietro per salutare il piccolo e ripartire con lei. Domani si concluderà qui il ’Cammino della Speranza’, staffetta partita da Trieste in bici una settimana fa per ricordare cosa accade ogni giorno da un confine all’altro.

    https://www.avvenire.it/attualita/pagine/scarponi-per-chi-marcia-nella-neve-la-valle-solidale-e-i-migranti-bambini

    #montagne #Alpes #migrations #asile #réfugiés #Briançon #Oulx #Italie #France #frontières #frontière_sud-alpine #Val_di_Susa

    –—

    ajouté à cette métaliste :
    https://seenthis.net/messages/733721

    Et plus précisément ici :
    https://seenthis.net/messages/733721#message930101

  • Les migrants sont-ils acteurs de leur trajectoire ?

    L’exil est souvent perçu comme un temps arrêté dans le cours de la vie car ceux qui migrent doivent faire face à de nombreux #obstacles et à de longues situations d’#attente. En s’appuyant sur le cas des migrants afghans, #Alessandro_Monsutti, grand spécialiste de l’Afghanistan et des pays limitrophes, nous explique que partir de chez soi pour rejoindre un autre pays implique d’être pleinement (et souvent durement) acteur de sa propre trajectoire.

    https://www.youtube.com/watch?time_continue=1&v=4xWCrcpE7ik&feature=emb_logo


    https://www.icmigrations.cnrs.fr/2021/11/29/defacto-029-02

    #autonomie #migrations #asile #réfugiés #autonomie_des_migrations #Afghanistan #réfugiés_afghans #approche_transnationale #appartenances_multiples #itinéraires_migratoires #complexité #stratégie #circulations #échelles #agentivité #capacité_d'action #famille #agency #structuralisme #structure #aspirations #immobilisation

    #vidéo

    ping @isskein @karine4

  • Die Toten von der polnisch-belarussischen Grenze

    Eine irakische Mutter, ein Fußballfan aus dem Jemen, ein Teenager aus Syrien: Mindestens 17 Menschen sind seit September im Grenzgebiet zwischen Belarus und Polen gestorben. Dieser Text erzählt von ihren Träumen, Ängsten und Zielen.

    https://www.spiegel.de/ausland/polen-belarus-17-menschen-starben-an-der-grenze-das-sind-ihre-geschichten-a-

    Voir aussi le tweet de Lighthouse Reports :

    The border between Poland & Belarus is a deathtrap. Much of the EU has written off the people caught in it as ‘weapons’ in a hybrid war waged by a dictator. In an in-depth investigation @LHreports reconstructed the final days & life stories of the dead

    https://twitter.com/LHreports/status/1472155544941211654

    Avec des mini-portraits :

    #Pologne #décès #morts #mourir_aux_frontières #asile #migrations #réfugiés #identification #Biélorussie #frontières

    –-

    ajouté à la métaliste sur cette frontière :
    https://seenthis.net/messages/935860

  • Due migranti investiti e uccisi da un treno al Brennero

    L’incidente nella notte a due chilometri dal confine di stato. Le due vittime stavano entrando a piedi in Italia seguendo i binari. Si tratta di due uomini marocchini di 26 e 46 anni

    Due richiedenti asilo marocchini sono morti dopo essere stati investiti da un treno al Brennero stamane (sabato 18 dicembre) all’alba.

    L’incidente è avvenuto nei pressi di #Bagni_di_Brennero, a oltre due chilometri dal confine di stato.

    Le vittime, due migranti che stavano viaggiando a piedi dall’Austria verso l’Italia seguendo i binari, sono state investite da un treno passeggeri della SAD partito da Brennero alle 6.32. Si tratta di due cittadini marocchini di 26 e 46 anni. Dai documenti che portavano con sé risulta che avessero fatto domanda di asilo in Austria ottenendo una protezione temporanea. Non si sa perché avessero varcato il confine.

    Il macchinista ha segnalato alle autorità ferroviarie di avere probabilmente investito un animale ma ha proseguito la sua corsa.
    Sono passati poi un treno merci (il conducente ha comunicato che la presunta carcassa di animale non ostruiva i binari) e un altro treno da cui non sono giunte segnalazioni.

    È stato il macchinista di un treno successivo, partito da Brennero alle 7.38, ad avvistare due sagome lungo i binari e a fermare il convoglio.
    La linea ferroviaria è stata bloccata da prima delle 8 fino alle 10.
    Il treno investitore si trova alla stazione di Bolzano; secondo i rilievi della scientifica ci sono chiari segni di impatto sulla vettura di testa.

    Sul posto sono intervenute la Polfer e squadre di soccorso, poco dopo è arrivato l’elicottero Pelikan 2 per la constatazione del decesso.
    Il magistrato di turno, Andrea Sacchetti, è stato avvisato telefonicamente e segue le indagini.

    Negli anni scorsi diversi migranti in fuga hanno perso la vita sulla linea ferroviaria del Brennero. La tragedia di oggi, 18 dicembre, si è consumata proprio nella giornata internazionale dei diritti dei migranti.

    https://www.rainews.it/tgr/bolzano/articoli/2021/12/blz-incidente-brennero-treno-binari-migranti-morti-ec0f08ad-a7c5-4b9d-ab62-7
    #décès #morts #asile #migrations #réfugiés #Brenner #Italie #Autriche #frontière_sud-alpine #Alpes

    Le nom des victimes :
    #Mohamed_Basser (26 ans) et #Mostafà_Zahrakame (46 anni)
    –-> voir article Melting Pot Europa ci-dessous : https://www.meltingpot.org/2021/12/brennero-altre-morti-di-confine

    –-

    ajouté à la liste sur les migrants morts au Brenner :
    https://seenthis.net/messages/781841

    elle-même ajoutée à la métaliste des morts dans les Alpes :
    https://seenthis.net/messages/758646

    • Brennero, altre morti di confine

      Le due persone migranti morte al Brennero rappresentano l’atrocità dei confini nel generale silenzio delle istituzioni locali ed europee

      Sabato 18 dicembre alle 6.40 due persone sono morte investite da un treno a Terme di Brennero, a tre chilometri dalla frontiera. Ci sono voluti ben 70 minuti perché un macchinista di un altro treno si accorgesse che ad essere stati travolti erano due uomini. Si scoprirà solo in seguito che si trattava di due persone di nome Mohamed Basser, di 26 anni, e Mostafà Zahrakame, di 46 anni, entrambe di nazionalità marocchina.

      A distanza di alcuni giorni dall’ennesima tragedia che avviene nei pressi di un confine tra Stati dell’Unione Europea, le uniche notizie trapelate sottolineano che avevano in tasca un permesso di protezione temporanea rilasciato dalle autorità austriache. Ma nulla sappiamo di cosa è accaduto prima dell’investimento, né sappiamo se le famiglie siano state avvisate e del perché volessero entrare in Italia e come mai hanno deciso di farlo a piedi.

      Se molte domande rimarranno inspiegabilmente senza risposta, almeno è necessario conoscere il contesto in cui sono costrette a muoversi le persone che tentano di attraversare uno dei confini che in questi ultimi tre anni è scomparso dai radar dei media nazionali.

      Sette anni di violazioni e respingimenti

      Sembrano molto lontani gli anni 2013 e 2014, quando l’asse del Brennero era la rotta del transito soprattutto di chi approdava in Sicilia o arrivava dai Balcani e voleva proseguire il proprio viaggio verso nord. Ben presto le cose peggiorano nonostante le numerose proteste che si svolsero sul confine contro la sua “chiusura”. Il piccolo paese, luogo di breve sosta per un assurdo quanto grottesco centro commerciale, si trasformò in un simbolo di rivendicazione politica, di libertà di movimento, di corpi resistenti connessi ad altri luoghi di abusi e resistenze come Idomeni, Ventimiglia, Calais, Ceuta… .

      Ma dal 2015, attraverso una profilazione razziale – pratica vietata dalle Convenzioni internazionali – i controlli in frontiera verso l’Austria e in seconda battuta verso l’Italia, sono diventati la prassi quotidiana. La politica europea, sancendo come prioritario il contrasto ai cosiddetti movimenti secondari, ha adottato una strategia fino ad oggi rimasta invariata, altro che revisione del Regolamento Dublino. La mobilità umana all’interno di Schengen di fatto è rimasta solo un privilegio per i cittadini e le cittadine europee.

      La militarizzazione del confine e il controllo capillare su ogni treno in transito hanno costretto le persone migranti a scegliere altre rotte oppure a tentare modalità più pericolose per aggirare gli ostacoli. Un report curato da Antenne Migranti e ASGI, con testimonianze e osservazioni raccolte nel periodo tra gennaio e luglio del 2017, evidenziava come tramite controlli sistematici, carrozza per carrozza, venivano fatte scendere le persone prive di titolo di viaggio e rimesse su un treno verso Bolzano. I controlli venivano effettuati anche sui treni provenienti dall’Austria, con procedure sommarie di respingimento immediato nel paese. Tra le violazioni riscontrate anche il respingimento di un numero consistente di minori, la confisca di oggetti personali, di vestiario e telefoni, multe con richiesta immediata di denaro, l’assenza di traduttori e l’impossibilità di accedere ad una difesa legale.

      Il controllo del confine non si materializzava solo nei pressi del valico ma si estendeva su tutta la linea ferroviaria fino ad “allungarsi” alle stazioni di Bolzano, Trento e Verona. Anche in queste città si attivarono sistemi di controllo con dei veri e propri checkpoint solo per le persone con tratti somatici africani o asiatici; all’interno dei treni il controllo sistematico spettava alle cosiddette pattuglie “trilaterali”, un imponente apparato militare messo in campo da Italia, Austria e Germania. Malgrado le denunce e le azioni legali, il quadro generale di violazioni e prassi illegittime non è cambiato fino a divenire sistematico, un atto quotidiano di prevaricazione, una delle tante cose a cui ci si è abituati.

      Una lunga scia di sangue

      La scia di sangue segue un fil rouge: sempre, o quasi sempre, le morti avvengono lungo il percorso ferroviario.

      Rawda Abdu, 29 anni, in Italia da appena dieci giorni, perse la vita il 16 novembre del 2016 nei pressi di Borghetto, una frazione di Avio della provincia di Trento, travolta da un treno regionale diretto a Verona; qualche giorno dopo, il 21 novembre, perse la vita il diciassettenne Abel Temesgen, eritreo, rimasto ucciso mentre cercava di nascondersi all’interno di un treno merci diretto in Germania. Il mese dopo due persone, un uomo e una donna di origini africane morirono in Tirolo schiacciate da un tir mentre erano nascoste e assiderate su un vagone merci. Altri, in questi anni, hanno rischiato di morire congelati, ma fortunatamente sono stati salvati come il piccolo Anthony di 5 anni della Sierra Leone. E poco sappiamo delle tante persone che hanno provato a transitare lungo le creste di confine tra metri di neve e temperature bassissime. Oppure di coloro che per sfuggire ai controlli hanno scelto altre strade più impervie e usato altri mezzi.

      Quello di cui siamo certi è che queste sofferenze non sono tragiche fatalità ma dirette conseguenze di politiche spietate che hanno ampiamente messo in conto che queste morti ci siano. E che consapevoli di questo, per anni, hanno discusso del nulla acquietando l’indignazione che queste provocano. I tanti decantati dibattiti – dalla riforma di Dublino al sistema di ricollocamento, fino ad un sistema comune di asilo – non hanno prodotto nulla che andasse nella direzione di favorire il rispetto dei diritti fondamentali poiché il “problema”, per loro, è stato affrontato sempre e solo esclusivamente dal punto di vista della sicurezza e dell’ordine pubblico, a garanzia solamente della libertà di circolazione delle merci e dei cittadini europei. Ne è piena conferma il nuovo Patto sulla migrazione e l’asilo.

      Riaccendere una luce sulla rotta

      La rotta del Brennero ha ripreso forza nel corso del 2021 diventando uno dei tanti snodi di transito che dai paesi dell’Europa centrale portano verso la Francia o altri paesi del nord Europa: chi arriva al Brennero, spesso, ha percorso precedentemente la cosiddetta rotta Balcanica e, come minimo, ha subito violenze dalle polizie e altri respingimenti, ha dovuto sostare forzatamente in campi di confinamento o in jungle, trovando supporto solo da attivisti e volontari solidali.

      Vite sospese, alla ricerca di un luogo sicuro, di un paese che li accolga o che permetta a loro di regolarizzarsi, di avere i documenti. In concomitanza con l’incremento dei transiti, sono aumentati i pushback illegali perpetrati dalla polizia austriaca e tedesca, in particolare di giovani afghani. Difficile oggi capire quali siano i numeri reali del passaggio da e per l’Italia ma si può supporre che ogni mese più di 300 persone cerchino di passare il valico di confine. Tra la fine di dicembre e il mese di gennaio l’associazione Bozen Solidale, attiva da anni in Alto Adige / Südtirol a supporto delle persone migranti in transito e non, prevede di attuare un monitoraggio al Brennero con l’obiettivo di capire la portata reale del passaggio. Lo scopo effettivo sarà, poi, quello di raccogliere storie, tornare a sensibilizzare la cittadinanza e fare pressioni alle istituzioni per mettere seriamente in discussione le attuali politiche di controllo e respingimento.

      https://www.meltingpot.org/2021/12/brennero-altre-morti-di-confine

  • Schengen : de nouvelles règles pour rendre l’espace sans contrôles aux #frontières_intérieures plus résilient

    La Commission propose aujourd’hui des règles actualisées pour renforcer la gouvernance de l’espace Schengen. Les modifications ciblées renforceront la coordination au niveau de l’UE et offriront aux États membres des outils améliorés pour faire face aux difficultés qui surviennent dans la gestion tant des frontières extérieures communes de l’UE que des frontières intérieures au sein de l’espace Schengen. L’actualisation des règles vise à faire en sorte que la réintroduction des #contrôles_aux_frontières_intérieures demeure une mesure de dernier recours. Les nouvelles règles créent également des outils communs pour gérer plus efficacement les frontières extérieures en cas de crise de santé publique, grâce aux enseignements tirés de la pandémie de COVID-19. L’#instrumentalisation des migrants est également prise en compte dans cette mise à jour des règles de Schengen, ainsi que dans une proposition parallèle portant sur les mesures que les États membres pourront prendre dans les domaines de l’asile et du retour dans une telle situation.

    Margaritis Schinas, vice-président chargé de la promotion de notre mode de vie européen, s’est exprimé en ces termes : « La crise des réfugiés de 2015, la vague d’attentats terroristes sur le sol européen et la pandémie de COVID-19 ont mis l’espace Schengen à rude épreuve. Il est de notre responsabilité de renforcer la gouvernance de Schengen et de faire en sorte que les États membres soient équipés pour offrir une réaction rapide, coordonnée et européenne en cas de crise, y compris lorsque des migrants sont instrumentalisés. Grâce aux propositions présentées aujourd’hui, nous fortifierons ce “joyau” si emblématique de notre mode de vie européen. »

    Ylva Johansson, commissaire aux affaires intérieures, a quant à elle déclaré : « La pandémie a montré très clairement que l’espace Schengen est essentiel pour nos économies et nos sociétés. Grâce aux propositions présentées aujourd’hui, nous ferons en sorte que les contrôles aux frontières ne soient rétablis qu’en dernier recours, sur la base d’une évaluation commune et uniquement pour la durée nécessaire. Nous dotons les États membres des outils leur permettant de relever les défis auxquels ils sont confrontés. Et nous veillons également à gérer ensemble les frontières extérieures de l’UE, y compris dans les situations où les migrants sont instrumentalisés à des fins politiques. »

    Réaction coordonnée aux menaces communes

    La proposition de modification du code frontières Schengen vise à tirer les leçons de la pandémie de COVID-19 et à garantir la mise en place de mécanismes de coordination solides pour faire face aux menaces sanitaires. Les règles actualisées permettront au Conseil d’adopter rapidement des règles contraignantes fixant des restrictions temporaires des déplacements aux frontières extérieures en cas de menace pour la santé publique. Des dérogations seront prévues, y compris pour les voyageurs essentiels ainsi que pour les citoyens et résidents de l’Union. L’application uniforme des restrictions en matière de déplacements sera ainsi garantie, en s’appuyant sur l’expérience acquise ces dernières années.

    Les règles comprennent également un nouveau mécanisme de sauvegarde de Schengen destiné à générer une réaction commune aux frontières intérieures en cas de menaces touchant la majorité des États membres, par exemple des menaces sanitaires ou d’autres menaces pour la sécurité intérieure et l’ordre public. Grâce à ce mécanisme, qui complète le mécanisme applicable en cas de manquements aux frontières extérieures, les vérifications aux frontières intérieures dans la majorité des États membres pourraient être autorisées par une décision du Conseil en cas de menace commune. Une telle décision devrait également définir des mesures atténuant les effets négatifs des contrôles.

    De nouvelles règles visant à promouvoir des alternatives effectives aux vérifications aux frontières intérieures

    La proposition vise à promouvoir le recours à d’autres mesures que les contrôles aux frontières intérieures et à faire en sorte que, lorsqu’ils sont nécessaires, les contrôles aux frontières intérieures restent une mesure de dernier recours. Ces mesures sont les suivantes :

    - Une procédure plus structurée pour toute réintroduction des contrôles aux frontières intérieures, comportant davantage de garanties : Actuellement, tout État membre qui décide de réintroduire des contrôles doit évaluer le caractère adéquat de cette réintroduction et son incidence probable sur la libre circulation des personnes. En application des nouvelles règles, il devra en outre évaluer l’impact sur les régions frontalières. Par ailleurs, tout État membre envisageant de prolonger les contrôles en réaction à des menaces prévisibles devrait d’abord évaluer si d’autres mesures, telles que des contrôles de police ciblés et une coopération policière renforcée, pourraient être plus adéquates. Une évaluation des risques devrait être fournie pour ce qui concerne les prolongations de plus de 6 mois. Lorsque des contrôles intérieurs auront été rétablis depuis 18 mois, la Commission devra émettre un avis sur leur caractère proportionné et sur leur nécessité. Dans tous les cas, les contrôles temporaires aux frontières ne devraient pas excéder une durée totale de 2 ans, sauf dans des circonstances très particulières. Il sera ainsi fait en sorte que les contrôles aux frontières intérieures restent une mesure de dernier recours et ne durent que le temps strictement nécessaire.
    – Promouvoir le recours à d’autres mesures : Conformément au nouveau code de coopération policière de l’UE, proposé par la Commission le 8 décembre 2021, les nouvelles règles de Schengen encouragent le recours à des alternatives effectives aux contrôles aux frontières intérieures, sous la forme de contrôles de police renforcés et plus opérationnels dans les régions frontalières, en précisant qu’elles ne sont pas équivalentes aux contrôles aux frontières.
    - Limiter les répercussions des contrôles aux frontières intérieures sur les régions frontalières : Eu égard aux enseignements tirés de la pandémie, qui a grippé les chaînes d’approvisionnement, les États membres rétablissant des contrôles devraient prendre des mesures pour limiter les répercussions négatives sur les régions frontalières et le marché intérieur. Il pourra s’agir notamment de faciliter le franchissement d’une frontière pour les travailleurs frontaliers et d’établir des voies réservées pour garantir un transit fluide des marchandises essentielles.
    - Lutter contre les déplacements non autorisés au sein de l’espace Schengen : Afin de lutter contre le phénomène de faible ampleur mais constant des déplacements non autorisés, les nouvelles règles créeront une nouvelle procédure pour contrer ce phénomène au moyen d’opérations de police conjointes et permettre aux États membres de réviser ou de conclure de nouveaux accords bilatéraux de réadmission entre eux. Ces mesures complètent celles proposées dans le cadre du nouveau pacte sur la migration et l’asile, en particulier le cadre de solidarité contraignant, et doivent être envisagées en liaison avec elles.

    Aider les États membres à gérer les situations d’instrumentalisation des flux migratoires

    Les règles de Schengen révisées reconnaissent l’importance du rôle que jouent les États membres aux frontières extérieures pour le compte de tous les États membres et de l’Union dans son ensemble. Elles prévoient de nouvelles mesures que les États membres pourront prendre pour gérer efficacement les frontières extérieures de l’UE en cas d’instrumentalisation de migrants à des fins politiques. Ces mesures consistent notamment à limiter le nombre de points de passage frontaliers et à intensifier la surveillance des frontières.

    La Commission propose en outre des mesures supplémentaires dans le cadre des règles de l’UE en matière d’asile et de retour afin de préciser les modalités de réaction des États membres en pareilles situations, dans le strict respect des droits fondamentaux. Ces mesures comprennent notamment la possibilité de prolonger le délai d’enregistrement des demandes d’asile jusqu’à 4 semaines et d’examiner toutes les demandes d’asile à la frontière, sauf en ce qui concerne les cas médicaux. Il convient de continuer à garantir un accès effectif à la procédure d’asile, et les États membres devraient permettre l’accès des organisations humanitaires qui fournissent une aide. Les États membres auront également la possibilité de mettre en place une procédure d’urgence pour la gestion des retours. Enfin, sur demande, les agences de l’UE (Agence de l’UE pour l’asile, Frontex, Europol) devraient apporter en priorité un soutien opérationnel à l’État membre concerné.

    Prochaines étapes

    Il appartient à présent au Parlement européen et au Conseil d’examiner et d’adopter les deux propositions.

    Contexte

    L’espace Schengen compte plus de 420 millions de personnes dans 26 pays. La suppression des contrôles aux frontières intérieures entre les États Schengen fait partie intégrante du mode de vie européen : près de 1,7 million de personnes résident dans un État Schengen et travaillent dans un autre. Les personnes ont bâti leur vie autour des libertés offertes par l’espace Schengen, et 3,5 millions d’entre elles se déplacent chaque jour entre des États Schengen.

    Afin de renforcer la résilience de l’espace Schengen face aux menaces graves et d’adapter les règles de Schengen aux défis en constante évolution, la Commission a annoncé, dans son nouveau pacte sur la migration et l’asile présenté en septembre 2020, ainsi que dans la stratégie de juin 2021 pour un espace Schengen pleinement opérationnel et résilient, qu’elle proposerait une révision du code frontières Schengen. Dans son discours sur l’état de l’Union de 2021, la présidente von der Leyen a également annoncé de nouvelles mesures pour contrer l’instrumentalisation des migrants à des fins politiques et pour assurer l’unité dans la gestion des frontières extérieures de l’UE.

    Les propositions présentées ce jour viennent s’ajouter aux travaux en cours visant à améliorer le fonctionnement global et la gouvernance de Schengen dans le cadre de la stratégie pour un espace Schengen plus fort et plus résilient. Afin de favoriser le dialogue politique visant à relever les défis communs, la Commission organise régulièrement des forums Schengen réunissant des membres du Parlement européen et les ministres de l’intérieur. À l’appui de ces discussions, la Commission présentera chaque année un rapport sur l’état de Schengen résumant la situation en ce qui concerne l’absence de contrôles aux frontières intérieures, les résultats des évaluations de Schengen et l’état d’avancement de la mise en œuvre des recommandations. Cela contribuera également à aider les États membres à relever tous les défis auxquels ils pourraient être confrontés. La proposition de révision du mécanisme d’évaluation et de contrôle de Schengen, actuellement en cours d’examen au Parlement européen et au Conseil, contribuera à renforcer la confiance commune dans la mise en œuvre des règles de Schengen. Le 8 décembre, la Commission a également proposé un code de coopération policière de l’UE destiné à renforcer la coopération des services répressifs entre les États membres, qui constitue un moyen efficace de faire face aux menaces pesant sur la sécurité dans l’espace Schengen et contribuera à la préservation d’un espace sans contrôles aux frontières intérieures.

    La proposition de révision du code frontières Schengen qui est présentée ce jour fait suite à des consultations étroites auprès des membres du Parlement européen et des ministres de l’intérieur réunis au sein du forum Schengen.

    Pour en savoir plus

    Documents législatifs :

    – Proposition de règlement modifiant le régime de franchissement des frontières par les personnes : https://ec.europa.eu/home-affairs/proposal-regulation-rules-governing-movement-persons-across-borders-com-20

    – Proposition de règlement visant à faire face aux situations d’instrumentalisation dans le domaine de la migration et de l’asile : https://ec.europa.eu/home-affairs/proposal-regulation-situations-instrumentalisation-field-migration-and-asy

    – Questions-réponses : https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/qanda_21_6822

    – Fiche d’information : https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/fs_21_6838

    https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/fr/ip_21_6821

    #Schengen #Espace_Schengen #frontières #frontières_internes #résilience #contrôles_frontaliers #migrations #réfugiés #asile #crise #pandémie #covid-19 #coronavirus #crise_sanitaire #code_Schengen #code_frontières_Schengen #menace_sanitaire #frontières_extérieures #mobilité #restrictions #déplacements #ordre_public #sécurité #sécurité_intérieure #menace_commune #vérifications #coopération_policière #contrôles_temporaires #temporaire #dernier_recours #régions_frontalières #marchandises #voies_réservées #déplacements_non_autorisés #opérations_de_police_conjointes #pacte #surveillance #surveillance_frontalière #points_de_passage #Frontex #Europol #soutien_opérationnel

    –—

    Ajouté dans la métaliste sur les #patrouilles_mixtes ce paragraphe :

    « Lutter contre les déplacements non autorisés au sein de l’espace Schengen : Afin de lutter contre le phénomène de faible ampleur mais constant des déplacements non autorisés, les nouvelles règles créeront une nouvelle procédure pour contrer ce phénomène au moyen d’opérations de police conjointes et permettre aux États membres de réviser ou de conclure de nouveaux accords bilatéraux de réadmission entre eux. Ces mesures complètent celles proposées dans le cadre du nouveau pacte sur la migration et l’asile, en particulier le cadre de solidarité contraignant, et doivent être envisagées en liaison avec elles. »

    https://seenthis.net/messages/910352

    • La Commission européenne propose de réformer les règles de Schengen pour préserver la #libre_circulation

      Elle veut favoriser la coordination entre États membres et adapter le code Schengen aux nouveaux défis que sont les crise sanitaires et l’instrumentalisation de la migration par des pays tiers.

      Ces dernières années, les attaques terroristes, les mouvements migratoires et la pandémie de Covid-19 ont ébranlé le principe de libre circulation en vigueur au sein de l’espace Schengen. Pour faire face à ces événements et phénomènes, les pays Schengen (vingt-deux pays de l’Union européenne et la Suisse, le Liechtenstein, la Norvège et l’Islande) ont réintroduit plus souvent qu’à leur tour des contrôles aux frontières internes de la zone, en ordre dispersé, souvent, et, dans le cas de l’Allemagne, de l’Autriche, de la France, du Danemark, de la Norvège et de la Suède, de manière « provisoirement permanente ».
      Consciente des risques qui pèsent sur le principe de libre circulation, grâce à laquelle 3,5 millions de personnes passent quotidiennement d’un État membre à l’autre, sans contrôle, la Commission européenne a proposé mardi de revoir les règles du Code Schengen pour les adapter aux nouveaux défis. « Nous devons faire en sorte que la fermeture des frontières intérieures soit un ultime recours », a déclaré le vice-président de la Commission en charge de la Promotion du mode de vie européen, Margaritis Schinas.
      Plus de coordination entre États membres

      Pour éviter le chaos connu au début de la pandémie, la Commission propose de revoir la procédure en vertu de laquelle un État membre peut réintroduire des contrôles aux frontières internes de Schengen. Pour les événements « imprévisibles », les contrôles aux frontières pourraient être instaurés pour une période de trente jours, extensibles jusqu’à trois mois (contre dix jours et deux mois actuellement) ; pour les événements prévisibles, elle propose des périodes renouvelables de six mois jusqu’à un maximum de deux ans… ou plus si les circonstances l’exigent. Les États membres devraient évaluer l’impact de ces mesures sur les régions frontalières et tenter de le minimiser - pour les travailleurs frontaliers, au nombre de 1,7 million dans l’Union, et le transit de marchandises essentielle, par exemple - et et envisager des mesures alternatives, comme des contrôles de police ciblés ou une coopération policière transfrontalières.
      Au bout de dix-huit mois, la Commission émettrait un avis sur la nécessité et la proportionnalité de ces mesures.
      De nouvelles règles pour empêcher les migrations secondaires

      L’exécutif européen propose aussi d’établir un cadre légal, actuellement inexistant, pour lutter contre les « migrations secondaires ». L’objectif est de faire en sorte qu’une personne en situation irrégulière dans l’UE qui traverse une frontière interne puisse être renvoyée dans l’État d’où elle vient. Une mesure de nature à satisfaire les pays du Nord, dont la Belgique, qui se plaignent de voir arriver ou transiter sur leur territoire des migrants n’ayant pas déposé de demandes d’asile dans leur pays de « première entrée », souvent situé au sud de l’Europe. La procédure réclame des opérations de police conjointes et des accords de réadmission entre États membres. « Notre réponse la plus systémique serait un accord sur le paquet migratoire », proposé par la Commission en septembre 2020, a cependant insisté le vice-président Schengen. Mais les États membres ne sont pas en mesure de trouver de compromis, en raison de positions trop divergentes.
      L’Europe doit se préparer à de nouvelles instrumentalisations de la migration

      La Commission veut aussi apporter une réponse à l’instrumentalisation de la migration telle que celle pratiquée par la Biélorussie, qui a fait venir des migrants sur son sol pour les envoyer vers la Pologne et les États baltes afin de faire pression sur les Vingt-sept. La Commission veut définir la façon dont les États membres peuvent renforcer la surveillance de leur frontière, limiter les points d’accès à leur territoire, faire appel à la solidarité européenne, tout en respectant les droits fondamentaux des migrants.
      Actuellement, « la Commission peut seulement faire des recommandations qui, si elles sont adoptées par le Conseil, ne sont pas toujours suivies d’effet », constate la commissaire aux Affaires intérieures Ylva Johansson.
      Pour faire face à l’afflux migratoire venu de Biélorussie, la Pologne avait notamment pratiqué le refoulement, contraire aux règles européennes en matière d’asile, sans que l’on donne l’impression de s’en émouvoir à Bruxelles et dans les autres capitales de l’Union. Pour éviter que cela se reproduise, la Commission propose des mesures garantissant la possibilité de demander l’asile, notamment en étendant à quatre semaines la période pour qu’une demande soit enregistrée et traitée. Les demandes pourront être examinée à la frontière, ce qui implique que l’État membre concerné devrait donner l’accès aux zones frontalières aux organisations humanitaires.

      La présidence française du Conseil, qui a fait de la réforme de Schengen une de ses priorités, va essayer de faire progresser le paquet législatif dans les six mois qui viennent. « Ces mesures constituent une ensemble nécessaire et robuste, qui devrait permettre de préserver Schengen intact », a assuré le vice-président Schinas. Non sans souligner que la solution systémique et permanente pour assurer un traitement harmonisé de l’asile et de la migration réside dans le pacte migratoire déposé en 2020 par la Commission et sur lequel les États membres sont actuellement incapables de trouver un compromis, en raison de leurs profondes divergences sur ces questions.

      https://www.lalibre.be/international/europe/2021/12/14/face-aux-risques-qui-pesent-sur-la-libre-circulation-la-commission-europeenn
      #réforme

  • Le #Danemark veut envoyer 300 #détenus_étrangers au #Kosovo
    (... encore le Danemark...)

    La ministre kosovare de la justice a confirmé jeudi l’accord qui prévoit de confier à une prison de son pays des prisonniers étrangers, condamnés au Danemark et susceptibles d’être expulsés après avoir purgé leur peine.

    Le Danemark a franchi, mercredi 15 décembre, une nouvelle étape dans sa gestion des étrangers. Le ministre de la justice, Nick Haekkerup, a annoncé que le pays nordique prévoit de louer 300 places de prison au Kosovo, pour y interner les citoyens étrangers, condamnés au Danemark, et qui doivent être expulsés vers leur pays d’origine après avoir purgé leur peine. Le 3 juin déjà, le gouvernement dirigé par les sociaux-démocrates, avait fait adopter une loi lui permettant de sous-traiter l’accueil des demandeurs d’asile et des réfugiés à un pays tiers.

    L’accord sur les détenus étrangers a été confirmé, jeudi 16 décembre, par la ministre kosovare de la justice, Albulena Haxhiu. Il s’agit d’une première pour ce petit et très pauvre pays des Balkans, dirigé depuis le début de 2021 par le parti de gauche nationaliste Autodétermination !, proche du parti socialiste européen, et qui rêve d’adhésion à l’Union européenne.

    Une lettre d’intention entre les deux gouvernements devrait être signée, lundi 20 décembre, à Pristina. Un traité sera ensuite soumis à l’approbation des deux tiers du Parlement. Mme Haxhiu a révélé que les prisonniers danois seraient enfermés dans le centre de détention de Gjilan, à l’est du pays, et assuré qu’il n’y aurait pas de terroristes, ni de prisonniers à « à haut risque » parmi eux. Selon elle, ce projet d’externalisation « est la reconnaissance du Kosovo et de ses institutions comme un pays sérieux ».
    « Une prison danoise dans un autre pays »

    A Copenhague, le ministre de la justice a fait savoir que les négociations avec Pristina avaient débuté il y a un an. Le dispositif a été présenté dans le cadre d’un accord entre les sociaux-démocrates, les conservateurs, le Parti du peuple danois et le Parti socialiste du peuple, pour réformer le système pénitentiaire. L’objectif est d’augmenter la capacité des prisons danoises pour pouvoir accueillir un millier de détenus supplémentaires.

    Parallèlement à l’ouverture de nouvelles cellules dans les établissements existant, le gouvernement compte donc libérer 300 places en se débarrassant des détenus d’origine étrangère, condamnés à l’expulsion une fois leur peine purgée. Ils étaient 368 en 2020. « Il faut s’imaginer que c’est une prison danoise. Elle se situe juste dans un autre pays », a expliqué M. Haekkerup, précisant que l’équipe dirigeant le centre de Gjilan serait danoise.

    A Pristina, Mme Haxhiu a confirmé : « Les lois en vigueur au Danemark s’appliqueront, la gestion sera danoise, mais les agents pénitentiaires seront de la République du Kosovo. Le bien-être et la sécurité [des détenus] seront sous leur entière responsabilité. »

    Avec ce dispositif, le gouvernement danois veut « envoyer un signal clair que les étrangers condamnés à l’expulsion doivent quitter le Danemark ». Au ministère de la justice, on précise toutefois que si les détenus, une fois leur peine purgée, refusent d’être expulsés dans leur pays d’origine et que Copenhague ne peut les y forcer faute d’accord avec ces pays, alors ils seront renvoyés au Danemark, pour être placés en centre de rétention.

    En échange de ses services, le Kosovo devrait obtenir 210 millions d’euros sur dix ans : « Cette compensation bénéficiera grandement aux institutions judiciaires, ainsi qu’au Service correctionnel du Kosovo, ce qui augmentera la qualité et l’infrastructure globale de ce service », a salué le gouvernement dans un communiqué. Le Danemark, de son côté, a indiqué qu’il allait aussi verser une aide de 6 millions d’euros par an au petit pays, au titre de la transition écologique.
    De nombreux problèmes juridiques

    Comme pour l’externalisation de l’asile, ce projet pose de nombreux problèmes juridiques. Le gouvernement danois a précisé que les détenus ayant une famille seraient les derniers envoyés au Kosovo, car ils doivent pouvoir « avoir des contacts avec leurs enfants ». Une aide financière au transport sera mise en place pour les proches.

    Directrice de l’Institut des droits de l’homme à Copenhague, Louise Holck parle d’une « décision controversée du point de vue des droits de l’homme », car le Danemark, rappelle-t-elle, « ne peut pas exporter ses responsabilités légales » et devra faire en sorte que les droits des prisonniers soient respectés. Professeure de droit à l’université du sud Danemark, Linda Kjær Minke estime qu’il faudra modifier la loi, ne serait-ce que « pour imposer un transfert aux détenus qui refuseraient ».

    Entre 2015 et 2018, la Norvège avait sous-traité l’emprisonnement de prisonniers aux Pays-Bas. Dans un rapport publié en 2016, le médiateur de la justice avait constaté que les autorités norvégiennes « n’avaient pas réussi à garantir une protection adéquate contre la torture et les traitements inhumains ou dégradants ». Jamais aucun pays européen n’a transféré des prisonniers aussi loin (plus de 2 000 km), et le Danemark devrait faire face aux mêmes problèmes que la Norvège, estime Linda Kjær Minke :« Même si la direction est danoise, les employés auront été formés différemment, avec peut-être d’autres façons d’utiliser la force. »

    Ces mises en garde ne semblent pas affecter le gouvernement danois, qui multiplie les décisions très critiquées, comme celle de retirer leur titre de séjour aux réfugiés syriens. Le but est de décourager au maximum les demandeurs d’asile de rejoindre le pays. La gauche et les associations d’aide aux migrants dénoncent une « politique des symboles ».

    https://www.lemonde.fr/international/article/2021/12/16/le-danemark-veut-envoyer-300-detenus-etrangers-au-kosovo_6106356_3210.html#x

    #asile #migrations #réfugiés #externalisation #pays-tiers #rétention #détention_administrative #détention #étrangers_criminels #criminels_étrangers #expulsion #renvoi #accord #Gjilan #prison #emprisonnement #compensation_financière #aide_financière #transition_écologique #étrangers

    ping @karine4 @isskein

    • Danimarca-Kosovo: detenuti in cambio di soldi per tutela ambientale

      Da Pristina e Copenhagen arriva una notizia sconcertante. Il ministro della Giustizia del Kosovo Albulena Haxhiu ha annunciato che a breve arriveranno nel paese 300 detenuti, attualmente nelle carceri danesi e cittadini di paesi non UE, per scontare la loro pena in Kosovo. In cambio Pristina otterrà 210 milioni di euro di finanziamenti a favore dell’energia verde.

      L’accordo fa parte di una serie di misure annunciate in settimana dalle autorità danesi per alleviare il sistema carcerario del paese per far fronte ad anni di esodo del personale e al più alto numero di detenuti dagli anni ’50.

      I detenuti dovrebbero scontare le loro pene in un penitenziario di Gjilan. “I detenuti che saranno trasferiti in questo istituto non saranno ad alto rischio", ha chiarito Haxhiu in una dichiarazione.

      L’accordo deve passare ora dall’approvazione del parlamento di Pristina.

      In molti, in Danimarca e all’estero, si sono detti preoccupati per la salvaguardia dei diritti dei detenuti. Un rapporto del 2020 del Dipartimento di Stato americano ha evidenziato i problemi nelle prigioni e nei centri di detenzione del Kosovo, tra cui violenza tra i prigionieri, corruzione, esposizione a opinioni religiose o politiche radicali, mancanza di cure mediche e a volte violenza da parte del personale.

      Perplessità rimandate al mittente dal ministro della Giustizia danese Nick Hekkerup che si è dichiarato convinto che l’invio di detenuti in Kosovo sarà in linea con le norme a salvaguardia dei diritti umani a livello internazionale. «I detenuti deportati potranno ancora ricevere visite, anche se, naturalmente, sarà difficile», ha chiosato.

      https://www.balcanicaucaso.org/aree/Kosovo/Danimarca-Kosovo-detenuti-in-cambio-di-soldi-per-tutela-ambientale

    • Le Kosovo prêt à louer ses prisons au Danemark

      Le Kosovo veut louer 300 cellules de prison pendant dix ans au Danemark, en échange de 210 millions d’euros. Le pays scandinave prévoit d’y « délocaliser » des détenus étrangers avant leur potentielle expulsion définitive dans leur pays d’origine. Un projet qui piétine les libertés fondamentales.

      Le Kosovo s’apprête à signer lundi 20 décembre un accord de principe avec le Danemark pour lui louer 300 cellules de prison. Le Danemark prévoit donc de déporter à plus de 2000 km de ses frontières 300 détenus étrangers qui viendront purger la fin de leur peine au Kosovo avant d’être expulsés vers leur pays d’origine, si les procédures d’extradition le permettent. Mais ce n’est pas encore fait : une fois l’accord signé, il devra encore être ratifié par les parlements respectifs des deux pays, à la majorité des deux tiers.

      Montant de la rente de cette « location » : 210 millions d’euros pour Pristina. L’argent « sera consacré aux investissements, notamment dans les énergies renouvelables », a précisé Albulena Haxhiu, la ministre de la Justice du Kosovo, qui a tenté de déminer le terrain. « Ce ne seront pas des détenus à haut risque ou des condamnés pour terrorisme, ni des cas psychiatriques. Les institutions judiciaires bénéficieront de la compensation financière, cela aidera à améliorer la qualité et les infrastructures du Service correctionnel. »

      « Il faut s’imaginer que cela sera une prison danoise. Elle sera juste dans un autre pays », a expliqué de son côté son homologue danois, Nick Haekkerup. Mais pourquoi l’un des plus riches pays européens aurait-il besoin d’« externaliser » la prise en charge de ses détenus ? Le Danemark dit avoir besoin de 1000 places de prison supplémentaires. Pour cela, il va créer de nouvelles cellules dans les prisons existantes, et en libérer d’autres en se débarrassant de détenus étrangers. Il s’agit surtout d’envoyer un message de fermeté aux réfugiés qui souhaitent rejoindre le pays scandinave.

      Les Danois ont commencé à préparer le terrain en octobre 2020, avec une visite du système carcéral kosovar. Ils ont « évalué positivement le traitement de nos prisonniers et nos capacités », s’était alors félicité le ministère de la Justice du Kosovo. Les 300 détenus resteront soumis aux lois danoises, mais les gardiens de prison seront bien kosovars. Ce projet d’externalisation carcérale est « la reconnaissance du Kosovo comme un pays sérieux », s’est félicitée Albulena Haxhiu.

      “Le Kosovo se transforme en un lieu de détention pour les migrants indésirables. Pour un peu d’argent, notre gouvernement renforce le sentiment anti-réfugiés qui s’accroit en Europe.”

      Mais pour le Conseil de la défense des droits de l’homme (KMLDNJ), qui surveille les conditions de détention dans les prisons kosovares, cet accord « légalise la discrimination des détenus ». « Tout d’abord, vendre sa souveraineté à un autre État pour dix ans et 210 millions d’euros est un acte de violation de cette souveraineté. De plus, les conditions et le traitement de ces détenus qui viendront du Danemark seront incomparablement meilleurs des autres 1600 à 1800 détenus du Kosovo », estime l’ONG. « Les propriétés de l’État ne doivent pas être traitées comme des infrastructures privées à louer », ajoute Besa Kabashi-Ramaj, experte en questions sécuritaires.

      Cet accord a en effet surpris beaucoup d’observateurs locaux et internationaux, et ce d’autant plus que le Kosovo est actuellement gouverné par le parti de gauche souverainiste Vetëvendosje. « Le Kosovo se transforme en un lieu de détention pour les migrants indésirables. Pour un peu d’argent, notre gouvernement renforce le sentiment anti-réfugiés qui s’accroît en Europe », déplore Visar Ymeri, directeur de l’Institut pour les politiques sociales Musine Kokalari. « Aussi, quand la ministre de la Justice affirme que le Kosovo a assez de prisons mais pas assez de prisonniers, elle participe à une politique de remplacement du besoin de justice par un besoin d’emprisonnement. »

      Selon le Rapport mondial des prisons, établi par l’Université de Londres, le Kosovo avait 1642 détenus en 2020, soit un taux d’occupation de 97%. Le ministère de la Justice du Kosovo n’a, semble-t-il, pas la même façon de calculer l’espace carcéral : « Nous avons actuellement 700-800 places libres. Vu qu’au maximum nous aurons 300 détenus du Danemark, il restera encore des places libres », a même fait savoir Alban Muriqi, du ministère de la Justice.

      Le Kosovo a onze centre de détention : cinq centres de détention provisoire, une prison haute sécurité, une prison pour femmes, un centre d’éducation pour les mineurs et trois autres prisons. C’est au centre de détention à #Gjilan / #Gnjilane, dans l’est du Kosovo, que seraient louées les cellules au Danemark.

      https://www.courrierdesbalkans.fr/Kosovo-Prisonniers-Danemark

    • La Danimarca e le prigioni off-shore

      Sono immigrati incarcerati in Danimarca. Dal 2023 rischiano di scontare la propria pena in un peniteniario di Gjilian, in Kosovo. Un approfondimento sullo sconcertante accordo del dicembre scorso tra Copenhagen e Pristina

      Sebbene Danimarca e Kosovo abbiano avuto poco a che fare l’uno con l’altro, alla fine di dicembre si sono ritrovati insieme nei titoli dei giornali di tutto il mondo. Ad attirare l’attenzione della Danimarca sono state le quasi 800 celle vuote del Kosovo. I titoli dei giornali erano di questo tipo: «La Danimarca spedisce i propri prigionieri in Kosovo».

      Ci si riferiva ad un accordo firmato il 21 dicembre 2021 per inviare - in un centro di detenzione nei pressi di Gjilan, 50 chilometri a sud-est di Pristina - 300 persone incarcerate in Danimarca. Le autorità danesi hanno specificato che i 300 detenuti saranno esclusivamente cittadini di paesi terzi destinati ad essere deportati dalla Danimarca alla fine della loro pena.

      In cambio, il Kosovo dovrebbe ricevere 200 milioni di euro, suddivisi su di un periodo di 10 anni. I fondi sono stati vincolati a progetti nel campo dell’energia verde e delle riforme dello stato di diritto. Il ministro della Giustizia del Kosovo Albulena Haxhiu ha definito questi investimenti «fondamentali» e il ministro della Giustizia danese Nick Hækkerup ha affermato che «entrambi i paesi con questo accordo avranno dei vantaggi».

      L’idea di gestire una colonia penale per conto di un paese dell’UE ha messo molti kosovari a disagio, e nonostante la fiducia espressa dal governo danese, l’accordo ha ricevuto pesanti critiche anche in Danimarca. Ma cosa sta succedendo alla Danimarca e al suo sistema carcerario da spingerla a spedire i propri detenuti in uno dei paesi più poveri d’Europa?
      Problemi in paradiso?

      La Danimarca e i suoi vicini nordici sono rinomati per l’alta qualità della vita, gli eccellenti sistemi educativi e le generose disposizioni di assistenza sociale. Di conseguenza, può sorprendere che il sistema carcerario danese abbia qualche cosa che non va.

      Secondo Peter Vedel Kessing, ricercatore dell’Istituto Danese per i Diritti Umani (DIHR), non c’è da stupirsi, il sistema carcerario infatti «non è una priorità in molti stati. Tendono a non dare la priorità alla costruzione di prigioni. Vogliono spendere i soldi per qualcos’altro». E in Danimarca “hanno prigioni molto vecchie".

      Alla fine del 2020 il servizio danese per i penitenziari e la libertà vigilata (Kriminalforsogen) ha riferito che il sistema carcerario aveva la capacità di contenere 4.073 prigionieri. In media, c’erano però 4.085 detenuti ad occupare le celle nel 2020, facendole risultare leggermente sovraffollate.

      Un rapporto del gennaio 2020 dell’Annual Penal Statistics (SPACE) del Consiglio d’Europa sottolinea che la Danimarca aveva 4.140 detenuti mentre possedeva capacità per 4.035. I funzionari penitenziari hanno trovato lo spazio in più riducendo le aree comuni e dedicate ai servizi di base. Secondo un rapporto DIHR del novembre 2021, «diverse prigioni hanno chiuso sale comuni o aule per avere un numero sufficiente di celle». Il rapporto menziona anche la trasformazione di palestre, sale per le visite e uffici in celle di prigione.

      In Danimarca, ogni detenuto dovrebbe avere una cella propria. Ma nelle prigioni come quella di Nykøbing, una città a 130 chilometri a sud di Copenaghen, ci sono ora due detenuti per cella, secondo un rapporto del “Danish Prison and Probation Service”.

      Il rapporto includeva una previsione per il 2022: si aspettano di superare del 7,9% i posti a disposizione. Sia il Kriminalforsogen che l’importante media danese Jyllands Posten hanno stimato una possibile carenza di 1.000 posti entro il 2025, se non si trovano soluzioni strutturali.

      Ora, invece di erodere ulteriormente gli spazi comuni, si pensa di inviare i detenuti a 2000 chilometri di distanza. Tra le molte cose, sono stati tanti i danesi a far notare che l’accordo viola i diritti di visita dei detenuti: diventerà molto più difficile per le famiglie e gli amici dei detenuti presentarsi all’orario di visita nel Kosovo orientale.

      «Se improvvisamente ti trovi a dover andare in Kosovo per trovare tuo padre… non sarà possibile per la stragrande maggioranza delle famiglie dei detenuti. Ad esempio, un bambino di 3 anni, non è che può andare in Kosovo quando vuole e, naturalmente, il detenuto non potrà venire a trovare il bambino», sottolinea Mette Grith Stage, un avvocato che rappresenta molti imputati che si battono contro la deportazione, al quotidiano danese Politiken. «Questo significa di fatto che i deportati perdono il contatto con la loro famiglia».

      Per coprire la spesa prevista di 200 milioni di euro in un decennio, il governo danese ha recentemente annunciato che intende aumentare le tasse sulla tv. L’annuncio ha causato reazioni amare. In un’udienza parlamentare all’inizio di febbraio, il direttore delle comunicazioni dell’organizzazione Danish Media Distributors, Ib Konrad Jensen, ha dichiarato: «È un’ottima idea scrivere in fondo alla bolletta [della televisione]: ’Ecco il vostro pagamento al servizio carcerario del Kosovo’».
      Aiuto!

      Non solo c’è una carenza di spazio nel sistema penale, ma la Danimarca ha anche difficoltà nell’assumere abbastanza guardie carcerarie ed è da questo punto di vista gravemente sotto organico negli ultimi anni.

      Un rapporto del 2020 del Consiglio d’Europa mostra che l’Albania ha una proporzione di guardie carcerarie per prigionieri più alta della Danimarca. Il confronto è stato portato alla luce dai media danesi per cercare di enfatizzare la scarsa qualità delle prigioni danesi: guarda come siamo messi male, anche l’Albania sta facendo meglio di noi.

      I funzionari penitenziari si sono opposti a questo tipo di parallelismo. «L’Albania è certamente un paese eccellente», ha dichiarato Bo Yde Sørensen, presidente della Federazione delle prigioni danesi, in un articolo del quotidiano Berlingske, «ma di solito non è uno con il quale paragoniamo le nostre istituzioni sociali vitali».

      Anche altri media danesi hanno fatto paragoni denigratori con i paesi balcanici per evidenziare i problemi del proprio sistema carcerario. Nel penitenziario di Nyborg, situato sull’isola di Funen, la testata danese V2 ha riferito che la qualità del lavoro è più scadente di quella della Bulgaria, affermando che «in media, un agente penitenziario nella prigione di Nyborg gestisce 2,8 detenuti», mentre «in confronto, la media è 2,4 in una prigione media in Bulgaria».

      La diffusa scarsa opinione tra i media danesi delle condizioni dei penitenziari nei Balcani mette chiaramente in discussione le assicurazioni che il governo danese ha dato nel garantire che i propri prigionieri a Gjilan troveranno le condizioni a cui hanno diritto per la legge danese.

      Ma come è chiaro, anche in Danimarca il sistema penitenziario ha problemi a rispettare queste stesse condizioni. Nel penitenziario di Vestre, a Copenhagen, i detenuti sono chiusi nelle loro celle durante la notte perché non ci sono abbastanza guardie per sorvegliarli durante la guardia notturna. I detenuti in Danimarca avrebbero diritto al contrario di avere un alto grado di libertà di movimento all’interno della struttura carceraria, anche durante la notte.

      «Non è un segreto che il servizio penitenziario e di libertà vigilata danese si trova in una situazione molto difficile. Ci sono più detenuti e meno guardie carcerarie che mai, e questo crea sfide e mette molta pressione», afferma Sørensen in una intervista per Berlingske.

      Un comunicato stampa emesso dal Fængselsforbundet - servizio penitenziario danese - mostra i bisogno in termini chiari: «Prendiamo il 2015 come esempio. A quel tempo c’erano 2.500 agenti per 3.400 prigionieri. Cioè 1,4 detenuti per agente. Ora il rapporto è di due a uno. Duemila agenti per 4.200 detenuti».

      In risposta ai problemi di personale, le prigioni danesi sono ricorse al chiudere a chiave le celle. «Il modo per evitare la violenza e per avere una migliore atmosfera nei penitenziari», commenta Kessing, ricercatore del DIHR, è quello di «creare relazioni tra l’istituzione penitenziaria, i detenuti e il personale della prigione». «Ma a causa della diminuzione del numero di guardie, non si ha più il tempo di sviluppare relazioni», chiosa.
      La risposta? Il Kosovo

      Per superare queste sfide, la Danimarca sembra aver preso esempio dalla vicina Norvegia, che ha affrontato problemi simili nel 2015. Quell’anno la Norvegia ha inviato 242 detenuti nei Paesi Bassi per risolvere i problemi di sovraccarico dei penitenziari. Ma nel 2018 il governo norvegese ha deciso di non rinnovare l’accordo di fronte a lamentele relative a riabilitazione e giurisdizione.

      Ora la Danimarca ha gettato gli occhi - come recinto per i propri detenuti - non sui Paesi Bassi ma su uno dei paesi più poveri d’Europa.

      «Il loro futuro non è in Danimarca, e quindi non dovrebbero nemmeno scontare la loro pena qui», ha dichiarato il ministro della Giustizia Nick Hækkerup, dando conferma di una crescente retorica anti-immigrazione in Danimarca.

      Quando i detenuti cominceranno ad arrivare a Gjilan nel 2023, la prigione sarà gestita dalle autorità danesi, causando una potenziale confusione su quale giurisdizione applicare: problema simile era sorto tra Norvegia e Paesi Bassi.

      Mette Grith Stage, come anche altri avvocati danesi, hanno espresso preoccupazione per questo accordo e si sono detti scettici sul fatto che le leggi penali danesi saranno applicate appieno nel sistema carcerario del Kosovo.

      In un’intervista con DR, l’emittente pubblica danese, il ministro della Giustizia Hækkerup ha però ribattuto: «Il penitenziario sarà gestito da una direzione danese che deve formare i dipendenti locali, per questo sono certo che le prigioni saranno all’altezza delle leggi e degli standard danesi. Deve essere visto come un pezzo del sistema carcerario danese che si sposta in Kosovo».

      Le dichiarazioni delle autorità danesi durante tutta la vicenda hanno spesso citato la loro «presenza significativa» in Kosovo. Tuttavia la Danimarca è l’unico paese scandinavo a non avere un’ambasciata a Pristina. L’ambasciata danese a Vienna, che supervisiona gli affari nei Balcani, ha esternalizzato il lavoro a uno studio legale nella capitale del Kosovo.

      A seguito degli obblighi NATO della Danimarca, un totale di 10.000 componenti delle proprie truppe hanno servito nella KFOR dal 1999 ad oggi. Attualmente sono 30 i militari danesi in Kosovo. Nel 2008 la Danimarca fu uno dei primi paesi a riconoscere l’indipendenza del Kosovo.

      Anche se le autorità danesi affermano di considerare il Kosovo alla pari, il semplice fatto che la Danimarca stia assumendo la gestione di una delle prigioni del Kosovo potrebbe legittimamente essere visto come una minaccia alla sovranità di quest’ultimo. Quando i prigionieri norvegesi vennero mandati nei Paesi Bassi, il penitenziario continuò ad essere sotto autorità olandese.

      Ma al di là delle preoccupazioni sulla giurisdizione, gli standard delle prigioni, i diritti di visita e i costi, ci sono questioni morali più grandi. Il popolo danese vuole veramente che a proprio nome vengano gestite strutture carcerarie offshore per i suoi immigrati incarcerati? E il popolo del Kosovo vuole essere una colonia penale dei paesi più ricchi? I governi della Danimarca e del Kosovo dicono di sì, ma cosa dice la gente?

      https://www.balcanicaucaso.org/aree/Kosovo/La-Danimarca-e-le-prigioni-off-shore-215757

  • I funerali di Majid

    Oggi si sono tenute a Monfalcone le esequie di #Majid_El_Kodra il ragazzo marocchino morto lo scorso 30 aprile.

    Protagonista delle rivolte all’interno del CIE dell’agosto dello scorso anno, non si è mai ripreso dalla caduta dal tetto del lager contro cui lottava e da cui ha cercato di fuggire.

    La gestione del suo decesso è indegna di un paese civile. I suoi congiunti sono stati avvisati una settimana dopo la sua morte con una mancanza di attenzione e sensibilità che ferisce.

    Oltre ai familiari, presenti circa un centinaio di persone tra migranti (la gran parte della multietnica comunità islamica monfalconese), attivisti antirazzisti e solidali, tra cui alcuni compagni anarchici.

    Cordoglio, dolore e rabbia erano i sentimenti che si potevano percepire tra i presenti per la morte di questo ragazzo di neanche 35 anni.

    Per quel cortocircuito della ragione che si chiama stato era Majid ad essere imputato e non coloro che lo hanno relegato fino alla morte in un lager per migranti. Lui è tragicamente scampato al procedimento giudiziario, chi ne ha indirettamente causato la morte temiamo ne uscirà con le mani pulite nonostante l’esposto depositato per i fatti accaduti al CIE da parte delle associzioni antirazziste.

    Durante il funerale c’è stata una raccolta fondi per contribuire al rientro della salma in Marocco.

    “Questo è il risultato! Questo è il risultato!” diceva un ragazzo magrebino piangendo e tenendosi la testa tra le mani.

    Questo è il risultato di un sistema criminale di gestione dei migranti ridotti in cattività solo perché privi di un pezzo di carta.

    Questo è il risultato di un sistema economico che lo stato lubrifica col sangue.

    Quello che è successo a Gradisca non deve succedere più, né qui né altrove.

    Oggi eravamo in tanti a salutare Majid.

    Ce lo ricordiamo sul tetto del CIE con le braccia alzate reclamando libertà per sé e i suoi compagni di detenzione.

    La sua lotta è la nostra lotta!

    NO CIE! Né a Gradisca né altrove!

    https://libertari-go.noblogs.org/i-funerali-di-majid
    –-> ajouté ici pour archivage.

    Décès : 30.04.2014

    #Gradisca #CIE #décès #morts #asile #migrations #réfugiés #Italie #CRA #détention_administrative #Gradisca_d'Isonzo

    • Ogni anima muore. La storia di Majid, morto di CIE
      Un documentario a cura di Ottavia Salvador

      Nella notte del 13 agosto 2013, mentre è trattenuto, da pochi giorni, nel centro di identificazione ed espulsione (CIE) di Gradisca d’Isonzo, Majid El Kodra, si procura un grave trauma cranico. Si dice che, saltando dal tetto di un edificio adibito a deposito, in un tentativo di fuga dalla struttura, sia caduto a terra, battendo violentemente la testa. Erano giorni di proteste e repressioni, nel CIE, che lo hanno spinto, con un tocco invisibile, verso una lenta morte, dopo otto mesi di coma, il 30 aprile 2014. Il suo corpo è stato rimpatriato ai familiari in Marocco, nella provincia di Taounate, in una notte di maggio, e sepolto vicino alla casa dov’era nato nel 1979 e dalla quale era partito per emigrare in Europa. Sulla sua tomba è dipinta, in rosso, l’iscrizione: “Ogni anima muore“.

      Un viaggio alla ricerca delle tracce della sua vita sconosciuta, delle parole invisibili di rabbia e dolore di chi è rimasto, dei colori del suo mondo.

      E’ online il teaser del documentario “Ogni anima muore” che Ottavia Salvador sta realizzando sulla storia di Majid. Ottavia e’ una dottoranda che si occupa della morte nella migrazione e ha seguito (e continua a seguire) la vicenda di Majid e della sua famiglia.

      https://vimeo.com/217701619?embedded=true&source=vimeo_logo&owner=66638623

      https://www.meltingpot.org/2017/05/ogni-anima-muore-la-storia-di-majid-morto-di-cie
      #documentaire #film_documentaire #film

    • Presentato un esposto alla Procura della Repubblica per i fatti del CIE di Gradisca. Morto Majid, il migrante caduto dal tetto durante le proteste dell’agosto 2013

      Oggi l’associazione Tenda per la Pace e i Diritti e molte delle associazioni aderenti alla campagna LasciateCIEntrare hanno depositato presso le Procure della Repubblica di Gorizia, di Roma e di Napoli un esposto per chiedere accertamenti e indagini sugli avvenimenti dell’agosto 2013 all’interno del CIE (Centro di Identificazione ed Espulsione) di Gradisca d’Isonzo.
      Si è trattato di scontri, pestaggi, lanci di lacrimogeni che iniziati l’8 agosto, sono durati diversi giorni e in circostanze ancora da chiarire, nella notte tra l’11 e il 12 agosto, uno dei migranti cade dal tetto e finisce in coma. Majid era nel centro da poche settimane: è morto il 30 aprile scorso all’ospedale di Monfalcone.

      Il Centro di Identificazione ed Espulsione di Gradisca d’Isonzo è chiuso da novembre 2013 a seguito dell’ennesima protesta da parte dei trattenuti ma rimangono nell’ombra molti avvenimenti.
      Nell’esposto vengono evidenziati i fatti, ricostruiti grazie alle testimonianze dei migranti, di associazioni e dei parlamentari che sono giunti sul posto chiamati d’urgenza durante quei giorni di proteste e di rivolte. Di particolare gravità risulta l’uso dei lacrimogeni CS (un gas considerato letale) da parte delle forze di sicurezza: inutile e spropositato il ricorso a questi mezzi per sedare la protesta di persone rinchiuse in una struttura chiamata “gabbia” per le alte sbarre che la circondano.
      Gli scontri e i pestaggi avvengono nella “vasca”, il cortile interno semichiuso e delimitato da pareti in plexiglass che non ha consentito ai fumi e vapori irritanti di dissolversi, causando malori ai migranti.
      Le associazioni e i firmatari dell’esposto si chiedono se non ci sia stato un abuso di potere da parte delle forze dell’ordine preposte alla vigilanza del centro.
      Sono molte le testimonianze dell’accaduto: migranti, medici, operatori umanitari e parlamentari racconteranno cosa è stato il CIE di Gradisca, perché non deve più riaprire e perché vanno chiusi tutti i CIE presenti sul territorio italiano.

      Se ne parla il 13 maggio alle ore 11.00 presso la Federazione Nazionale della Stampa Italiana in C.so Vittorio Emanuele, 249 – Roma

      Presentano l’esposto e gli sviluppi dei fatti di Gradisca:
      Galadriel Ravelli Tenda della Pace e i Diritti
      Gabriella Guido – portavoce della campagna LasciateCIEntrare
      Alberto Barbieri – Medici per i Diritti Umani
      Pietro Soldini – CGIL
      Oria Gargano – BE FREE

      Saranno mostrati video e testimonianze sugli incidenti di Gradisca che hanno portato al temporaneo svuotamento e chiusura del centro.
      Un ennesimo episodio quello di Gradisca che dimostra il fallimento del sistema di detenzione amministrativa e l’urgenza di soluzioni alternative, mentre il Governo e gli organi preposti mostrano un colpevole silenzio e totale assenza d’iniziative volte alla revisione del sistema. Un sistema di detenzione imploso, che registra una continua violazione dei diritti umani e sul quale gravano fin troppe detenzioni “illegittime”, interrogazioni parlamentari, denunce, imputazioni per reati penali commesse dagli enti gestori (tra cui Connecting People che gestiva il CIE di Gradisca e continua a gestire altre strutture), oltre che un enorme spreco in termini di risorse finanziare.

      LasciateCIEntrare denuncia inoltre quanto alla vigilia delle elezioni europee il tema dell’immigrazione venga ignorato o usato strumentalmente dai candidati di alcune forze politiche: il futuro europarlamento e l’attuale Governo italiano sono chiamati a rispondere immediatamente con soluzioni che garantiscano la difesa dei diritti umani così come l’incolumità degli uomini, donne e bambini migranti che arrivano nel nostro paese e in Europa, i meccanismi di ingresso e di soggiorno e la revisione della normativa in materia di immigrazione.

      L’esposto è stato firmato tra gli altri da:
      A BUON DIRITTO, ANTIGONE, ASGI, BE FREE, CASA INTERNAZIONALE DELLE DONNE, DA SUD, MELTING POT, ARCI Thomas Sankara e Ass. GARIBALDI 101. E dai parlamentari COSTANTINO, FRATOIANNI e PELLEGRINO di SEL e dai candidati all’europarlamento CASARINI, FURFARO e ALOTTO.

      Contatti:
      Ufficio Stampa – Paola Ferrara 328.4129242
      Coordinamento campagna LasciateCIEntrare – Gabriella Guido 329.8113338
      ggabrielle65@yahoo.it

      La campagna LasciateCIEntrare è nata nel 2011 per contrastare una circolare del Ministero dell’Interno che vietava l’accesso agli organi di stampa nei CIE (Centri di Identificazione ed Espulsione): appellandosi al diritto/dovere di esercitare l’art. 21 della Costituzione, ovvero la libertà di stampa, LasciateCIEntrare ha ottenuto l’abrogazione della circolare e oggi si batte per la chiusura dei CIE, l’abolizione della detenzione amministrativa e la revisione delle politiche sull’immigrazione.

      https://www.articolo21.org/2014/05/presentato-un-esposto-alla-procura-della-repubblica-per-i-fatti-del-cie-

  • WHO Global Competency Standards for Refugee and Migrant Health Services – Strengthening the health workforce to provide quality health services to refugees and migrants
    https://www.who.int/news-room/events/detail/2021/12/16/default-calendar/who-global-competency-standards-for-refugee-and-migrant-health-services-strengt

    WHO Global Competency Standards for Refugee and Migrant Health Services – Strengthening the health workforce to provide quality health services to refugees and migrants
    WHO Global Competency Standards for Refugee and Migrant Health Services – Strengthening the health workforce to provide quality health services to refugees and migrants
    16 December 2021 14:00 – 15:00 CET Virtual, On Zoom
    Refugees and migrants may face a number of challenges to accessing health care, including language and cultural differences, institutional discrimination and restricted use of health services, which shape their interactions with the host country’s health system and health workforce. The health workforce has a vital role in providing people-centred health services and building the resilience of health systems to respond to the health needs of refugees and migrants. This requires health workers with specific competencies.
    The Global Competency Standards highlight the competencies and behaviours needed to provide high-quality health services to refugees and migrants with the aim to support the development of competency-based curricula tailored to the local context and for health workers to achieve a minimum level of competence to ensure better health outcomes for refugees and migrants.The Standards are accompanied by a Knowledge Guide for health workers and health administrators and a Curriculum Guide for educational institutions. The Knowledge Guide identifies the foundational knowledge, skills and attitudes for the Global Competency Standards. The Curriculum Guide sets out considerations and options to deliver and assess competency-based learning outcomes of health workers at different stages in their career development. These have been adapted from the Global Competency and Outcomes Framework for Universal Health Coverage.
    The Standards and the two Guides have been developed by the Health and Migration Programme in close collaboration with the Health Workforce Department. It is the first set of its kind to be produced for health workers who provide health services to refugees and migrants as well as for educational institutions to incorporate these standards and foundational knowledge and skills into health worker training.

    #Covid-19#migrant#migration#OMS#sante#refugie#accessante#personnelmedical#formation

  • Bangladeshi migrant found dead near Slovenia-Croatia border (04.12.2021)

    The body of a migrant from Bangladesh has been found in Slovenia near the border with Croatia. Police say it is the first such death in this part of the border region.

    Police in the town of Koper, on Slovenia’s Adriatic coast, said that the dead body of a 31-year-old man was found on Saturday, December 4, in the Dragonja Valley, between the Dragonja and Sečovlje border crossings in southwest Slovenia.

    The man’s documents were found near his body. Police said that he was a Bangladeshi citizen and that the Embassy of Bangladesh had been informed.

    An autopsy was ordered to determine the cause of the man’s death, but initial information indicated that he died of hypothermia a day before he was found, a spokesperson from the Koper Police Department told InfoMigrants.

    While deaths of migrants have been recorded in the past on the Croatia-Slovenia border, this was the first known fatality in this region of the Dragonja valley, the spokesperson said.

    Border patrols

    Slovenian police, supported by the army, are deployed along the 670-km border with Croatia. Border surveillance of irregular migrants is conducted with the help of mounted police, dogs and technical equipment such as drones, thermographic cameras and helicopters.

    The interior ministry announced in 2020 that drones were increasingly being used to monitor the movements of migrants from above. “When migrants try to flee being apprehended, they run in several directions and drones make it easier for police officers to follow and apprehend them,” the ministry said in an article published online in June, 2020.

    Migrants usually “avoid populated areas and travel at night, using forest paths and remote terrain, while they spend the day resting in hidden-away locations,” the ministry continued.

    “Most of them use GPS navigation on smartphones in airplane mode, which prevents them being traced ... Illegal migrants very quickly adapt to police measures and frequently change both their routes and border crossing methods.”

    The police spokesperson in Koper confirmed that border patrols and surveillance have continued during the past 18 months.

    Both Croatia and Slovenia are members of the European Union, but Croatia is outside the Schengen visa-free area.

    There are thousands of migrants trapped in the Balkan states, unable to cross national borders to continue their journeys. Many are sleeping rough in cold winter weather.

    https://www.infomigrants.net/en/post/37038/bangladeshi-migrant-found-dead-near-sloveniacroatia-border

    #Croatie #Slovénie #asile #migrations #réfugiés #frontière_sud-alpine #Alpes #montagne #décès #mort

    –—

    Ajouté à cette métaliste des morts à la frontière Slovénie-Croatie :
    https://seenthis.net/messages/811660

    Elle-même ajouté à la métaliste des morts dans les Alpes :
    https://seenthis.net/messages/758646

  • Une petite fille de 10 ans meurt noyée dans la rivière frontière entre la Croatie et la Slovénie

    Une petite fille turque de 10 ans est morte dans la #Dragonja, la #rivière qui sépare la Croatie de la Slovénie, à seulement 30 km de l’Italie. Elle était sur les épaules de sa mère, qui tentait de gagner l’autre rive, lorsqu’elle a été happée par le courant.

    Elle était recherchée depuis sa disparition, le 9 décembre dernier. Une petite fille turque de 10 ans est morte noyée dans la rivière Dragonja, frontière naturelle entre la Slovénie et la Croatie, dans le nord-ouest de l’Istrie. Le 11 décembre, son corps a été retrouvé sous l’eau, à deux mètres de profondeur, et à 400m du lieu de sa disparition, a précisé Suzana Sokač, une représentante de la police, au média slovène Dvevnik (https://www.dnevnik.si/1042978940/kronika/nadaljuje-se-iskanje-deklice-ki-jo-je-odnesla-dragonja).

    Une cinquantaine de personne au total - des policiers, des pompiers, des chiens de sauvetage, et des plongeurs de l’armée slovène - avaient entrepris des recherches le long de la rivière jusqu’à son embouchure dans la mer Adriatique, durant deux jours.

    La petite fille avait disparu, alors que sa famille tentait de traverser la rivière pour gagner la Slovénie, sur l’autre rive. Elle a été emportée par les eaux alors qu’elle se trouvait sur les épaules de sa mère.

    https://twitter.com/SuzanaLovec/status/1470044411518230533

    Cette dernière est quant à elle saine et sauve. Elle a réussi à s’accrocher à un arbre et n’a pas été emportée par le courant, « très fort à cet endroit », indique le journal italien L’Espresso (https://espresso.repubblica.it/attualita/2021/12/10/news/migranti_tragedia_confine_di_schengen-329668240). Cette femme de 47 ans a réussi à grimper sur une échelle tendue par un policier croate et un policier slovène, et à sortir de l’eau, selon un communiqué de la police. « Elle était à moitié consciente, comme si elle était prise de convulsions, a raconté un habitant. Elle a de la chance d’être en vie ».

    Les policiers ont également pu sauver ses trois autres enfants. Ses deux garçons de 18 et 5 ans avaient réussi à traverser la rivière et ont été interceptés côté slovène. Son troisième garçon, âgé de 13 ans, était encore sur la rive croate. C’est lui qui a donné l’alerte, en allant chercher de l’aide auprès d’un riverain. « Il ne connaissait pas un mot d’anglais. Il était mouillé et a juste crié : ‘Help ! Help !’ », a expliqué l’habitant.

    Une étape sur la route des Balkans

    D’après ce riverain, la zone autour de la rivière Dragonja est régulièrement fréquentée par les migrants. ’’Mais quand ils voient la lumière et les gens, ils s’éloignent", a-t-il déclaré, en ajoutant que ce n’était pas la première fois qu’il aidait des exilés en détresse.

    Selon L’Espresso, la zone, où des clôtures de fils barbelés ont été érigées par endroits, est désormais une étape pour de nombreux migrants afghans, pakistanais et bangladais, qui font chemin sur la route migratoire des Balkans. Traverser la Dragonja de la Croatie à la Slovénie leur permet d’entrer dans l’espace Schengen, et de se rapprocher de l’Italie. Une fois la frontière passée, la ville italienne de Trieste n’est plus qu’à 30 km.

    La semaine dernière, le corps d’un homme bangladais de 31 ans avait été retrouvé au même endroit, après avoir traversé le cours d’eau. Une autopsie a été ordonnée pour déterminer la cause du décès. Mais les premières constatations indiquent qu’il est mort d’hypothermie, un jour avant d’avoir été retrouvé, avait déclaré à InfoMigrants un porte-parole du département de police de Koper. Ce jour-là, les températures étaient négatives.

    Le 1er janvier 2020, un corps avait été retrouvé près de là, à Socerb, à la frontière slovène : celui d’un Algérien de 29 ans, décédé après une chute dans un précipice.

    Depuis quelques années, la frontière entre la Slovénie et la Croatie, longue de 670km, est très surveillée. La police y patrouille régulièrement, appuyée par des drones, des caméras thermiques et des hélicoptères. « Lorsque des migrants tentent de fuir, ils courent dans plusieurs directions et les drones permettent aux policiers de les suivre et de les appréhender plus facilement », avait déclaré le ministère de l’Intérieur slovène en juin 2020.

    D’après le porte-parole de la police de Koper, une ville slovène au bord de l’Adriatique, la surveillance des frontières et les opérations de contrôle se sont poursuivies au cours de ces 18 derniers mois.

    https://www.infomigrants.net/fr/post/37179/une-petite-fille-de-10-ans-meurt-noyee-dans-la-riviere-frontiere-entre

    #Croatie #Slovénie #asile #migrations #réfugiés #frontière_sud-alpine #Alpes #montagne #décès #mort

    –—

    Ajouté à cette métaliste des morts à la frontière Slovénie-Croatie :
    https://seenthis.net/messages/811660

    Elle-même ajouté à la métaliste des morts dans les Alpes :
    https://seenthis.net/messages/758646

    • Desetletno turško deklico, ki jo je odnesla Dragonja, našli mrtvo

      V Dragonji so danes našli truplo desetletne turške deklice, ki jo je v sredo zvečer med prečkanjem reke z mamo odnesel močan tok. Truplo so našli dva metra pod vodo.

      Okoli pol ene ure so kakih 400 metrov stran od njenega izginotja danes našli truplo desetletne deklice, ki jo je med prečkanjem Dragonje v sredo odnesel močan tok reke, je potrdila Suzana Sokač, predstavnica policijske uprave Istrske. »Oseba je bila najdena približno dva metra pod vodo,« pa so smrt potrdili tudi v PU Koper.
      Na terenu 50 slovenskih policistov, gasilcev ...

      Desetletno deklico so na obeh straneh Dragonje iskali vse od srede zvečer, ko jo je z maminih ram odnesel močan tok Dragonje. Takrat jim je iz reke uspelo rešiti povsem izčrpano 47-letno Turkinjo, ki je deklico skušala spraviti s hrvaške na slovensko stran. Zraven je imela še dva druga otroka in nečaka. Ni ji uspelo. Deklico je odneslo, sama se je komaj še uspela držati za podrto deblo sredi reke. Močno podhlajeno so jo odpeljali v bolnišnico v Pulju.

      Deklico so tudi danes iskali tako na slovenski kot na hrvaški strani reke. Razmere so bile težke, reka je narasla. Policisti, poklicni in prostovoljni gasilci, vodniki reševalnih psov, pripadniki podvodne reševalne službe Slovenije in potapljači Slovenske vojske so bili na terenu od devetih zjutraj, so sporočili s PU Koper. Skupno jih je bilo okoli 50. »Prav tako policisti pomorske policije in URSP izvajajo pregled in iskanje ob izlivu reke Dragonje v morje,« so še dodali.
      Na Hrvaškem tudi s podvodnimi droni

      Iskalno akcijo je izvajalo tudi večje število reševalnih služb na Hrvaški strani reke Dragonje. Večjemu številu potapljačev so se na hrvaški strani danes pridružili člani antiteroristične enote Lučko, poročajo hrvaški mediji. »Reka je visoka, vse je odvisno od tega, v kakem stanju je deklica,« je za medije povedal Robert Boban Paulović, načelnik PP Buje. »Upamo, da se je uspela rešiti na kopno. Upamo, da bomo našli kakšno sled. Vse moči smo usmerili v to, da jo najdemo,« pa je dodal Marko Rakovac, član hrvaške gorske reševalne službe, ki je prav tako priskočila na pomoč. Na delu so tudi sledni psi. Dragonjo bodo prečesali tudi s pomočjo podvodnih dronov.
      Nesel jim je lestev

      Za hrvaške medije je o dramatičnih trenutkih v sredo zvečer spregovoril Jonatan Strojan iz Dramca, ki je poklical policijo in pomagal pri reševanju ženske iz vode. Povedal je, da je na njihova vrata potrkal 13-letni deček, ki je kričal le »help, help« , torej na pomoč. »Bil je premočen. Policija je prišla v roku desetih minut, sam sem šel pogledat, ali kdo potrebuje mojo pomoč. Potrebovali so vrv in lestev,« je razložil za Dnevnik Nova TV. »Ženska ni bila pri zavesti. Kot bi bila v nekem krču. Imela je srečo, da je bila še živa,« je dodal. Tudi sam je zabredel v reko. V tem času so pri njem doma poskrbeli za dečka, ki je prišel prosit za pomoč. Dali so mu nova oblačila, čevlje, hrano in pijačo. Jonatan pravi, da je migrantov tam naokrog veliko, a ker se izogibajo lučem in domačinov, ki kaj veliko ne vidi. »Sploh si ne morem predstavljati, kako grozno je to za otroke. Ne vedo, kaj bo z mamo, gledajo, kako ji iz rok v vodo pade njihova sestra … Grozljivo,« strne svoje občutke.

      https://www.dnevnik.si/1042978940/kronika/nadaljuje-se-iskanje-deklice-ki-jo-je-odnesla-dragonja

    • Ta smrt je na tvojih plečih, Evropa. Na tvojih plečih, Slovenija

      Desetletne deklice si spletajo kitke, božajo sosedove mačke, hihitajo se s prijateljicami in igrajo nogomet. V šoli imajo priljubljene predmete, učijo se tujih jezikov, pričkajo se s svojimi brati in sestrami. In ob decembrskih večerih težko zaspijo, ker razmišljajo o tem, ali bodo lahko budne dočakale novo leto.

      Danes so desetletno deklico mrtvo potegnili iz mrzle Dragonje. Dva metra pod vodo so potapljači našli njeno truplo. V reki, mimo katere se vsako leto skoraj vsi mi vozimo na svoje počitnice. Utopila se je v četrtek, ko je s svojo družino želela prečkati mejo, v želji po boljšem življenju.

      Umrla je na našem pragu, kot že toliko prebežnikov. Kot je na našem pragu, v dolini Dragonje, pred nekaj dnevi zmrznil 31-letni moški. In kot so v Kolpi umirali ljudje pred njima.
      suzana lovec

      Desetletne deklice si spletajo kitke in se izpod svojih toplih pernic ob koncih tedna zbujajo pozno. Desetletne deklice ne bi smele biti prestrašene, premražene in jokajoče, umirajoče v reki, utopljene v krutosti naše migracijske politike.

      Ta smrt je na tvojih plečih, Evropa, ki s svojo zastraševalno migracijsko politiko hočeš natanko to. Da ljudje, ki jih nimaš za svoje, ostanejo pred tvojimi vrati. Pa čeprav mrtvi.

      Ta smrt je na tvojih plečih, Slovenija, ki v tem že dolgo pridno sodeluješ. Na meje postavljaš rezilno žico, ki ji po “evropsko” rečeš tehnična ovira. V Centru za tujce razčlovečiš. Na terenu, če le lahko, preslišiš prošnje za azil. Izvajaš push-backe ; ljudi pošiljaš nazaj na Hrvaško in od tam v BiH, zavedajoč se, da jih tam čaka sistematično nasilje. In s tem kršiš lastno zakonodajo, ustavo, mednarodne konvencije, človekove pravice. In ko te na to opozarjajo, tisti redki humanitarci, nevladniki, pravniki, kulturniki in novinarji, ki še zmorejo opozarjati, gledaš stran. Opozarjajo te že leta in ti gledaš stran. V Evropo, ki vse to dopušča. Evropo, ki je zrasla na zaklinjanju, da je vsako življenje enako vredno.

      Desetletne deklice si spletajo kitke in ob sobotnih večerih gledajo risanke. Zdaj je tak večer.

      Nihče ne trdi, da so migracijske politike lahka stvar. Da vprašanja niso kompleksna in da ne terjajo kompleksnih odgovorov. Jih. A povsem jasno je, da je edini napačen odgovor na migracije – kršenje človekovih pravic. Natanko to, kar Evropa in Slovenija že dolgo počneta. Delamo natanko to, česar ne bi smeli. V ljudeh smo nehali videti ljudi.

      https://n1info.si/novice/slovenija/ta-smrt-je-na-tvojih-plecih-evropa-na-tvojih-plecih-slovenija

    • Morire al confine

      Giovedì scorso una quarantasettenne con i suoi quattro bambini ha cercato di guadare il fiume per entrare in Slovenia. Il figlio diciottenne e un altro bimbo di cinque anni sono riusciti ad arrivare sulla sponda slovena; la donna con sulle spalle la bambina è rimasta in mezzo al corso d’acqua, mentre l’altro figlio tredicenne anni è restato bloccato sul versante croato. Le acque, ingrossate dalle piogge dei giorni precedenti, hanno trascinato via la bimba, mentre la madre è rimasta aggrappata ad un tronco. È stato il figlio sulla sponda croata a dare l’allarme, bussando alla porta di una casa e urlando in inglese le uniche parole che conosceva: “help”, “help”. Il proprietario è andato immediatamente sul posto e poco dopo è arrivato anche un agente della polizia croata che si è buttato nel fiume, ma non è riuscito a far altro che a impedire che la piena portasse via anche la donna. A quel punto dall’altra parte del confine sono arrivati i poliziotti sloveni. Hanno usato il guinzaglio del cane per legare l’agente che si è tuffato in acqua e poi, con l’aiuto di una scala, messa tra le due sponde, hanno tratto in salvo la donna.

      I profughi sono stati immediatamente riconsegnati ai croati, che prima li hanno trasportati a Pola, dove sono stati ricoverati in ospedale (in Slovenia l’ospedale di Isola distava solo pochi chilometri) e poi li hanno trasferiti al centro profughi di Zagabria, dove hanno chiesto asilo politico. Ora la salma della bimba attende di venir portata in Turchia, dove verrà sepolta nel villaggio natale della famiglia.

      https://www.balcanicaucaso.org/aree/Slovenia/Morire-al-confine-214618

    • Tužan kraj potrage : U rijeci pronađeno tijelo djevojčice (10) koja je s obitelji prelazila rijeku

      Djevojčicu je, podsjetimo, odvukla jaka struja kada je s turskom državljankom pokušala prijeći rijeku i doći u Sloveniju. Policija je ženu uspjela spasiti. Riječ je o migrantima.

      Desetogodišnja djevojčica za kojom se od jučer tragalo nakon što je nestala u nabujaloj rijeci Dragonji pronađena je mrtva u subotu oko 12.30 sati, izvijestila je istarska policija. “Mrtvo tijelo djevojčice pronađeno je u vodi na mjestu koje je oko 400 metara nizvodno od mjesta nestanka, a pronašli su je djelatnici interventne postrojbe PU istarske”, izvijestila je glasnogovornica istarske policije Suzana Sokač koja je u ime policije izrazila sućut obitelji. Inače u pretrazi za djevojčicom tijekom jučerašnje dana i jutros sudjelovali su policijski službenici iz Buja, pripadnici interventne jedinice policije iz Pule, pripadnici specijalne policije iz Rijeke i ATJ Lučko sa svojim roniocima, HGSS sa psima tragačima, djelatnici Civilne zaštite državne intervencijske postrojbe Rijeka, djelatnici Crvenog križa obučeni za potrage na brzim vodama, vatrogasci i pripadnici lokalnih DVD-a te slovenski policajci i vatrogasci.

      https://www.vecernji.hr/vijesti/i-dalje-se-traga-za-curicom-iz-turske-u-pomoc-stize-veci-broj-ronioca-15465