• 28.12.2023, Migrante travolto da un treno trovato morto sui binari a #Taggia
    (pour archivage)

    Il corpo di un migrante è stato trovato all’interno della galleria “Santo Stefano”, subito dopo la stazione di Taggia in direzione Genova dal personale delle Ferrovie dello Stato intorno all’una e trenta della scorsa notte.

    Non è ancora chiaro se il migrante sia stato investito in quel punto o in un altro tratto e poi trascinato lì dal treno.

    Sul posto sono accorsi i vigili del fuoco del distaccamento di Sanremo, la polizia e il medico legale. Accertamenti sono in corso per ricostruire l’accaduto. Al termine del primo sopralluogo, effettuato intorno alle 5, è stato riattivato un binario con riduzione di velocità ed attivata circolazione alternata.

    Alle 7.15, la circolazione ferroviaria è stata nuovamente sospesa, e lo è tuttora, per consentire l’intervento dei necrofori giunti sul posto.
    Tre i treni regionali fermi nelle stazioni, mentre un Intercity è stato cancellato. Personale di assistenza alla clientela è presente nella stazione di Taggia.

    https://www.riviera24.it/2023/12/migrante-travolto-da-un-treno-trovato-morto-sui-binari-a-taggia-845357

    #mourir_aux_frontières #frontière_sud-alpine #asile #migrations #réfugiés #mort #décès #Alpes #Italie #France #frontières #Alpes_Maritimes

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    • Taggia, forse caduto dal tetto del treno il migrante trovato morto sui binari

      Probabilmente il giovane egiziano cercava di raggiungere la Francia.

      Potrebbe essere morto cadendo dal tetto del treno, il migrante egiziano di 24 anni trovato ieri cadavere all’interno di una galleria ferroviaria tra la stazione di Taggia e quella di Imperia. Nel corso dell’esame autoptico, eseguito oggi all’ospedale di Sanremo dal dottor Davide Bedocchi dell’istituto di Medicina Legale di Genova, sono infatti state riscontrate diverse fratture craniche e agli arti superiori.

      Probabilmente il giovane era salito sul treno nella speranza di attraversare il confine e raggiungere clandestinamente la Francia, sbagliando però convoglio e finendo nella direzione opposta. Poi, forse, ha perso la presa a causa dell’alta velocità ed è caduto sui binari, battendo la testa.

      https://www.riviera24.it/2023/12/taggia-forse-caduto-dal-tetto-del-treno-il-migrante-trovato-morto-sui-bina

  • 17.07.2022, Frontière franco-italienne : deux personnes sans-papiers renversées sur l’autoroute près de #Menton

    (pour archivage)

    Deux personnes, vraisemblablement migrantes, ont été renversées au bord de l’autoroute A8, près de Menton, à la frontière franco-italienne, dans la nuit de samedi à dimanche. Un homme a succombé à ses blessures sur les lieux de l’accident et une femme a été évacuée dans un état grave. Pour l’association Tous citoyens, la région est devenue « une zone de non-droit meurtrière ».

    Nouvelle victime à la frontière franco-italienne. Vers 1h du matin dimanche 17 juillet, deux personnes ont été renversées le long de l’autoroute A8 près de #Roquebrune-Cap-Martin, une des premières villes françaises depuis l’Italie voisine. Un homme a succombé à ses blessures sur les lieux de l’accident, tandis que la femme qui l’accompagnait a été transportée à l’hôpital dans un état grave, indique à InfoMigrants la préfecture des Alpes-Maritimes, confirmant une information de Nice matin. Les deux piétons auraient tenté de traverser les voies quand la voiture « circulant en direction de l’Italie » est arrivée dans cette zone peu éclairée.

    Selon le média local, les corps ont été retrouvés sans documents d’identité, laissant penser que ces personnes étaient entrées en France de manière illégale. « Cet accident [est] survenu dans un secteur où les passeurs déposent fréquemment des migrants », signale la préfecture.

    Une enquête a été ouverte pour identifier les deux exilés, qui « semblent assez jeunes », précise encore Nice matin.
    Des drames « évitables »

    David Nakache, président de l’association Tous citoyens, déplorent de son côté des drames qui « pourraient être évités » si « les autorités françaises respectaient la loi et le droit d’asile ».

    Sur le tronçon de 32 km allant du poste-frontière jusqu’à Nice, les migrants sont régulièrement interpellés par les forces de l’ordre et renvoyés manu militari côté italien, sans avoir la possibilité de déposer une demande de protection.

    Pour éviter d’être repérés et refoulés de l’autre côté de la frontière, les exilés se cachent et prennent tous les risques, au péril de leur vie. Ils montent sur le toit des trains, traversent la montagne ou empruntent des routes dangereuses, le plus souvent la nuit, pour échapper aux policiers et gendarmes. Pour David Nackache, cette région est devenue au fil des années « une zone de non-droit meurtrière ». Le militant réclame l’ouverture de voie légale pour les personnes cherchant à trouver refuge en France.

    Le dernier accident remonte à février, quand le corps carbonisé d’un homme avait été retrouvé sur le toit d’un train régional qui reliait la ville italienne de Vintimille à la France. Depuis 2015, au moins 30 personnes ont perdu la vie à la frontière franco-italienne, d’après les associations.

    Mais le chiffre pourrait être plus élevé car le nombre de morts n’est plus systématiquement recensé par les médias et les autorités. Certains décès passent ainsi en dehors des radars. David Nackache dénonce des drames qui se produisent désormais dans « l’indifférence générale » et qui « n’émeuvent plus personne ».

    https://www.infomigrants.net/fr/post/42033/frontiere-francoitalienne--deux-personnes-sanspapiers-renversees-sur-l

    #mourir_aux_frontières #frontière_sud-alpine #asile #migrations #réfugiés #mort #décès #Alpes #Italie #France #frontières #Alpes_Maritimes
    #Roquebrune-Cap-Martin

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  • 26.11.2021, Ventimiglia. migrante trovato morto : si indaga per omicidio
    (pour archivage)

    Il corpo di un uomo, un migrante, è stato trovato stamani sotto il cavalcavia di Roverino, a Ventimiglia. Durante l’esame esterno del cadavere sono state notate alcune ferite da taglio. Sul posto sono intervenuti il personale sanitario del 118 e i carabinieri. La zona, che è area di bivacco per alcuni migranti, è stata isolata e chiusa al transito. Si indaga per omicidio che potrebbe essere avvenuto ieri tra le 19 e le 24. Potrebbe essere secondo gli inquirenti un regolamento di conti o coinvolgere il traffico gestito dai passeur che si fanno pagare per accompagnare i migranti oltre frontiera.

    E’ stata confermata l’ipotesi di omicidio del migrante trovato morto sotto il cavalcavia di Roverino, a Ventimiglia. Il cadavere presentava diverse ferite da taglio a schiena e addome. La vittima, probabilmente un giovane nordafricano, potrebbe essere stata accoltellata nel corso di una lite, ma non è ancora chiara la dinamica dell’accaduto. I carabinieri di Ventimiglia stanno ascoltando diverse testimonianze anche da parte di altri migranti, tra cui quelli che stamani hanno segnalato la presenza del cadavere.
    L’area del cavalcavia di Roverino, infatti, è frequentata da numerosi migranti che vivono nella tendopoli in attesa di espatriare. Sul posto sono intervenuti il medico legale e il magistrato Luca Scorza Azzarà. Il Comune di Ventimiglia ha reso disponibile l’impianto di videosorveglianza cittadino per esaminare i filmati e trovare nuovi elementi investigativi.

    https://genova.repubblica.it/cronaca/2021/11/26/news/ventimiglia_migrante_trovato_morto_si_indaga_per_omicidio-32790820

    #mourir_aux_frontières #frontière_sud-alpine #asile #migrations #réfugiés #mort #décès #Alpes #Vintimille #Italie #France #frontières #Roverino #Alpes_Maritimes

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    • Ventimiglia: giovane migrante trovato morto. Ferite da taglio su schiena e addome, ipotesi omicidio/Le immagini

      In breve: Il corpo senza vita di un giovane migrante, apparentemente tra i 20 e i 30 anni, è stato trovato sotto il cavalcavia di Roverino.

      L’ipotesi più accreditata è quella dell’omicidio. Sul cadavere, infatti, sono state trovate diverse ferite da taglio, all’addome e alla schiena. La vittima, trovata riversa a terra, vicino ad un pilone del cavalcavia, dove con tuttà probabilità aveva trovato riparo per la notte, potrebbe essere stata uccisa a coltellate al cultime di una lite. Ad allertare i soccorsi alcuni migranti.

      Sul posto sono intervenuti i carabinieri della Compagnia di Ventimiglia, affiancati dalla sezione Investigazioni Scientifiche dell’Arma. Presenti anche il Comandante Provinciale dei Carabinieri, Colonnello Marco Morganti, il Comandante del nucleo investigativo, Tenente Colonnello Pier Enrico Burri e il comandante della Compagnia di Imperia, Tenente Colonnello Pierluigi Giglio.

      Il corpo è stato trovato questa mattina e la morte, secondo una prima ricostruzione, potrebbe risalire a questa notte. I Carabinieri della sezione Investigazioni Scientifiche hanno effettuato tutti i rilievi del caso, alla ricerca dell’arma del delitto e di eventuali elementi utili a chiarire la dinamica dei fatti. Sentiti anche diversi migranti che bivaccano nella zona alla ricerca di eventuali testimoni.

      Le indagini sono state affidate al Pubblico Ministero Luca Scorza Azzarà. Il primo esame sul corpo è stato eseguito dal medico legale Andrea Leoncini.

      https://www.imperiapost.it/533859/ventimiglia-giovane-migrante-trovato-morto-ferite-da-taglio-su-schiena-e

    • Migrante ucciso: all’origine lite per un telefonino

      Difesa omicida, situazione di grave disagio tra connazionali.

      C’è il presunto furto di un telefonino all’origine della lite tra due connazionali sudanesi che ieri notte è terminata nel sangue con un migrante di 35 anni che ha accoltellato e ucciso un giovane sotto il cavalcavia di Roverino, a Ventimiglia (Imperia).

      L’omicida è stato sottoposto a fermo di polizia giudiziaria e lunedì sarà sottoposto a interrogatorio di convalida.

      A quanto risulta, avrebbe accusato la vittima di avergli sottratto il telefonino, tra i due è scoppiata una lite e il sudanese ha estratto un coltellino aggredendo il rivale.
      «Dal primo interrogatorio - afferma l’avvocato della difesa, Stefania Abbagnano - è emerso un quadro di grave disagio tra questi connazionali, ma non è emersa l’effettiva volontà di uccidere il ragazzo da parte del mio assistito, che anzi non pensava di aver commesso un atto così grave».
      In un primo tempo si pensava che la lite tra i due connazionali fosse iniziata nel centro di Ventimiglia, visto che dalle telecamere risultava che il presunto killer avesse litigato con altri connazionali. Invece quel diverbio si è concluso senza conseguenze, mentre l’omicidio è avvenuto sotto il cavalcavia, sull’argine del fiume Roya, dove da anni i migranti vivono in una tendopoli in attesa di trovare il momento opportuno per espatriare clandestinamente in Francia.
      Sembra che l’aggressore vivesse da parecchio tempo in Italia e dopo un primo tentativo di ottenere il permesso di soggiorno si sarebbe pian piano «irregolarizzato». La vittima sarebbe stata uccisa con almeno cinque coltellate. Le indagini sono condotte dei carabinieri di Ventimiglia, coordinate dal pm Luca Scorza Azzarà della procura di Imperia.

      https://www.ansa.it/liguria/notizie/2021/11/27/migrante-ucciso-allorigine-lite-per-un-telefonino_d28c6b5b-420f-46fa-875e-3dc95

  • 17.02.2017, Cannes : électrocuté sur le toit d’un train qui venait de Vintimille

    (pour archivage)

    Le corps carbonisé d’un homme a été retrouvé vendredi matin sur le toit d’un train en provenance de Vintimille (Italie). Il pourrait s’agir d’un migrant.

    Le corps d’un homme entièrement carbonisé a été retrouvé vendredi matin au centre de maintenance SNCF de #Cannes La Bocca (Alpes-Maritimes) sur le toit d’un train en provenance de Vintimille. Selon les premiers éléments de l’enquête, il pourrait s’agir d’un migrant qui aurait tenté de passer la frontière. L’homme n’avait pas de papiers sur lui et était difficilement identifiable.

    Confirmant des informations parues dans les médias locaux français et italiens, la SNCF a indiqué qu’un train de voyageurs, un TER, parti de Vintimille a effectivement connu des problèmes électriques. Une fois les voyageurs descendus, il a dû être remorqué pour le centre de Cannes la Bocca. C’est là que le personnel de maintenance a fait la macabre découverte sur le toit d’une des voitures de cette rame.
    De nombreux migrants meurent en voulant passer la frontière

    Selon une source policière, il y a de fortes présomptions que la personne retrouvée décédée soit un migrant qui serait monté sur le train en gare de Vintimille. Une enquête a été confiée à la police locale pour déterminer les circonstances exactes du drame et le parquet de Grasse a été saisi.

    Ces dernières mois, plusieurs migrants ont perdu la vie en tentant de passer la frontière franco-italienne, soit par l’autoroute, soit par la voie ferrée, après avoir été heurtés par des trains ou des automobiles ou avoir chuté depuis des viaducs.

    #Vintimille #asile #migrations #réfugiés #morts #mourir_aux_frontières #frontière_sud-alpine #France #Italie #Alpes_Maritimes

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    • Ventimiglia, migrante morto sul tetto di un treno

      E’ stato trovato all’arrivo della stazione di #Cannes_La_Bocca, probabilmente folgorato dai cavi dell’alta tensione.

      Ennesima tragedia sulla linea ferroviaria Ventimiglia-Cannes, dove ancora una volta e’ un migrante ad aver perso la vita. ‎La drammatica vicenda e’ avvenuta questa mattina sul treno partito alle 5.30 da Ventimiglia e diretto a Cannes. Secondo una prima ricostruzione fatta dalle autorita’ italiane e francesi, un migrante sarebbe salito sul tetto del treno, con la speranza di poter varcare il confine ed eludendo i controlli alla frontiera dei francesi ma e’ rimasto poi folgorato dai cavi dell’alta tensione che alimentano il locomotore, rimanendo poi incastrato tra il pantografo. La macabra scoperta e’ avvenuta alla stazione di Cannes La Bocca e per questo motivo il traffico ferroviario, nella mattinata odierna, ha subito dei rallentamenti in direzione Francia. E ancora una volta la morte corre sui binari e le vittime sono sempre migranti che a rischio della propria vita provano in tutti i modi a varcare quel muro invisibile che divide l’Italia dalla Francia. Due settimane fa un migrante era stato investito da un treno ad un chilometro dal confine di Ponte San Ludovico.

      https://genova.repubblica.it/cronaca/2017/02/17/news/ventimiglia_migrante_morto_sul_tetto_di_un_treno-158536549

  • 05.02.2017, #Tal_Abdoul, VENTIMIGLIA : MIGRANTE TRAVOLTO E UCCISO DA UN TRENO NELL’ULTIMA GALLERIA PRIMA DELLA FRANCIA
    (pour archivage)

    Un migrante è stato travolto e ucciso da un treno regionale francese, che procedeva verso l’Italia, intorno alle 7, a Ventimiglia, all’interno della galleria «Dogana», di 407 metri di lunghezza, l’ultima prima del confine con la Francia. Sul posto sono presenti il personale sanitario del 118 con polizia, carabinieri e vigili del fuoco. La vittima si trovava assieme ad altri stranieri e, come solitamente accade in questi casi, sarebbe stato lo spostamento d’aria provocato dal treno in corsa, a rivelarsi fatale.

    Il traffico ferroviario è stato inizialmente interrotto in entrambi i sensi di marcia e sarà ripristinato a senso unico alternato, prima del definitivo ripristino della circolazione. Il bilancio degli ultimi due anni è di due morti e un ferito sulla linea ferroviaria Ventimiglia-Mentone (in territorio italiano).

    Episodi, comunque, tutti risalenti al periodo tra l’agosto del 2016 e il gennaio del 2017. Nel pomeriggio del 5 agosto scorso, in concomitanza con i disordini tra «no border» e forze dell’ordine, ai Balzi Rossi di Ventimiglia, veniva investito e gravemente ferito un giovane africano che assieme ad altri stranieri cercava di raggiungere la Francia.

    La sera del 23 dicembre scorso, un algerino di 25 anni veniva ucciso sullo stesso tratto di linea, compreso tra Ventimiglia e Mentone. Assieme ad altri stranieri era appena saltato sulla ferrovia, quando è passato il treno che lo ha centrato. A questi si aggiungono altri morti sulla strada. Sull’autostrada, in particolare. Africani travolti da auto piuttosto che furgoni o, in un caso, anche da uno scooter.

    https://primalariviera.it/cronaca/ventimiglia-migrante-travolto-e-ucciso-da-un-treno-nellultima-galleri
    #Vintimille #asile #migrations #réfugiés #morts #mourir_aux_frontières #frontière_sud-alpine #France #Italie #Alpes_Maritimes

    Nom présent sur cette liste :
    5 février 2017 : Tal Abdoul (1997,Guinée) est mort percuté par un train de la SNCF dans le tunnel des Douanes.
    https://www.roya-citoyenne.fr/2023/02/frontiere-de-tous-les-dangers-la-fermeture-des-frontieres-tue-les-dec

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    • Muore travolto da un trenoi sogni infranti di un migrante

      La vittima non ancora identificata investita in galleria dopo Latte.

      Non si sa ancora chi fosse. Si sa soltanto che cercava disperatamente di oltrepassare il confine con la Francia, verso una nuova vita, ma che a pochi metri dalla meta ha trovato la morte, nella galleria ferroviaria «Dogana», l’ultima dopo #Latte di Ventimiglia, prima della frontiera. E’ stato investito da un treno in corsa ed è deceduto sul colpo. Il migrante, secondo i primi accertamenti, proverrebbe dall’Africa Centrale e avrebbe tra i 25 e i 30 anni. Viaggiava solo, a piedi, lungo i binari. Addosso pochi effetti personali e nessun documento: per questo gli agenti della scientifica del commissariato di Ventimiglia stanno faticando a identificarlo. Il suo corpo è stato composto all’obitorio di Sanremo e in queste ore saranno prelevate le impronte digitali, per tentare di scoprirne l’identità e di ricostruire il suo viaggio (non è escluso che sia stato fotosegnalato durante altri controlli).

      L’allarme è stato lanciato dal macchinista del treno francese che ha investito lo straniero. Il convoglio era partito da Cannes alle 5,18 e sarebbe dovuto arrivare a Ventimiglia alle 6,53. Già in territorio italiano, a una manciata di minuti dall’arrivo in stazione, l’incidente. In galleria, in un tratto buio, dove sarebbe stato praticamente impossibile evitare l’impatto. Il macchinista, che ha riferito alla polizia di aver soltanto avvertito l’impatto improvvisamente, ha fermato il treno e chiamato i soccorsi. Sono intervenuti gli agenti della polizia Ferroviaria di Ventimiglia, agli ordini del dirigente Sergio Moroni. Il traffico ferroviario è stato interrotto ed è ripreso soltanto verso le 11,30.

      «Sono tragedie ormai annunciate - commenta Maurizio Marmo, direttore della Caritas diocesana che da anni è in prima linea per gli aiuti ai profughi - Sono già capitate e non è cambiato nulla. Il blocco francese alla frontiera rende il viaggio più pericoloso (per chi vuole evitare i controlli), o più costoso (per chi sceglie di affidarsi ad un passeur)». Marmo sottolinea anche che è necessario comunque predisporre luoghi di accoglienza adeguati, «soprattutto per le donne e i minori. Le istituzioni devono dare una risposta umana a chi è in viaggio». Senza contare che dalla scorsa settimana sono stati anche sospesi gli arrivi al centro migranti del Parco Roja, per svolgere alcuni lavori di manutenzione ai moduli abitativi che ospitano i bagni e le docce. «L’unica cosa da fare è proseguire con gli accordi e arrivare a diminuire gli arrivi. Altrimenti continueremo a fare i conti con tragedie come questa - spiega il sindaco di Ventimiglia Enrico Ioculano - Distribuire i profughi è l’unica strada per aiutare loro ed evitare disagi per i cittadini».

      https://www.lastampa.it/imperia-sanremo/2017/02/06/news/muore-travolto-da-un-trenoi-sogni-infranti-di-un-migrante-1.34649005

  • 04.01.2017, #Mohamed_Hani : Migrante investito a Ventimiglia : limite di 30 km/h sulla strada
    (pour archivage)

    Il Comune di Ventimiglia ha emesso un’ordinanza con cui istituisce il limite di velocità unico a 30 chilometri all’ora sulla strada dove il 4 gennaio scorso si è verificato l’impatto tra uno scooterista e un migrante costato la vita sia al profugo, Mohamed Hani, di 26 anni che al conducente dello scooter Luciano Guglielmi di 66 anni.

    Fino ad oggi su quella strada il limite andava, a seconda delle zone, dai 30 ai 70 chilometri orari. la decisione è stata assunta proprio per il rischio della presenza di migranti per strada unitamente alla scarsa visibilità.

    https://www.primocanale.it/archivio-news/181064-migrante-investito-a-ventimiglia-limite-di-30-km-h-sulla-strada.h 

    #Vintimille #asile #migrations #réfugiés #morts #mourir_aux_frontières #frontière_sud-alpine #France #Italie #Alpes_Maritimes

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  • 07.10.2026, #Milet_Tesfamariam : Une jeune migrante meurt sur l’autoroute à la frontière italienne

    (pour archivage)

    La jeune fille faisait partie d’un groupe de migrants qui tentaient de gagner la France depuis Vintimille. Elle est décédée après avoir été percutée par un poids-lourds alors qu’elle marchait sur la bande d’arrêt d’urgence.

    Selon le site italien Riviera24.it, qui a diffusé des images de l’intervention des secours après l’accident, La victime est une Erythréenne de 17 ans. « La victime est une femme à ma connaissance. Quatre autres personnes, des femmes, ont été hospitalisées en état de choc à Bordighera mais ne sont pas blessées »,a indiqué la police italienne de Vintimille qui n’a pas pu préciser les circonstances de l’accident.

    Le drame s’est produit « au niveau du #tunnel_de_la_Giraude, côté italien, un poids-lourd a percuté un migrant », a-t-on précisé au centre opérationnel de la gendarmerie de Nice.

    Début septembre, un jeune Africain avait été retrouvé mort sous un viaduc autoroutier près de Menton, dans le même secteur, et une enquête a été ouverte pour déterminer s’il aviat pu se tuer après avoir paniqué à la vue d’une patrouille de gendarmes et enjambé la glissière de sécurité.

    Vintimille, une impasse pour les migrants africains

    L’Italie, notamment l’ONG catholique Caritas et la Croix-Rouge, continuent d’apporter une aide humanitaire. Les opérations de police se multiplient aussi. Les migrants prennent des risques importants pour gagner l’Hexagone, par la montagne, l’autoroute ou le train tout en tentant d’échapper aux contrôles. Plus de 24.000 migrants ont été interpellés depuis janvier dans les Alpes-Maritimes, selon le dernier décompte de la préfecture fin septembre.

    https://france3-regions.francetvinfo.fr/provence-alpes-cote-d-azur/jeune-migrante-meurt-autoroute-frontiere-italienne-1104

    #Vintimille #asile #migrations #réfugiés #morts #mourir_aux_frontières #frontière_sud-alpine #France #Italie #Alpes_Maritimes

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    • Giovane migrante a piedi in autostrada, travolta da un camion muore sul colpo

      Una giovane migrante di 17 anni, di origine eritrea, è morta sul colpo nel tardo pomeriggio di oggi dopo essere stata investita da un tir spagnolo all’interno della galleria Cima Girata.

      La tragedia è avvenuta verso le 18.15, sull’A10, nell’ultimo tunnel prima del confine di Stato al chilometro 158, sei chilometri dopo la barriera autostradale, a pochi metri dalla Francia. Secondo quanto ricostruito la donna stava camminando a piedi lungo la corsia di marcia della galleria dell’Autofiori, insieme alla sua famiglia composta da altre sei persone, rimaste miracolosamente illese.

      Quattro migranti sono stati accompagnati all’ospedale Saint Charles di Bordighera in stato di choc. Mentre altri due familiari della vittima sono rimasti sul luogo della tragedia per vegliare il cadavere. Sul posto, oltre agli agenti della polizia stradale, è intervenuto anche il personale del 118 con l’automedica e una ambulanza con i militi della Croce Verde Intemelia e la gendarmeria. Già informata la Procura della Repubblica di Imperia che disporrà l’autopsia, mentre la polstrada, attraverso la testimonianza dell’autista del camion, cercherà di ricostruire la dinamica dell’incidente. Da accertare inoltre se la donna fosse ospitata nei locali della chiesa di Sant’Antonio, alle Gianchette.

      L’autista del tir, uno spagnolo, è ora indagato per omicidio colposo e il mezzo è sotto sequestro: un atto dovuto vista la dinamica dell’incidente. Sottoposto ad alcoltest, l’uomo è risultato negativo: nel sangue nemmeno una goccia di alcol. Le indagini sono coordinate dal pm Marco Zocco.

      Non è la prima volta che in quel tratto di autostrada automobilisti e camionisti di passaggio incontrano migranti che procedono verso la Costa Azzurra rischiando di essere travolte dai mezzi in transito e oggi pomeriggio una di loro è morta travolta da un tir in corsa.

      https://www.riviera24.it/2016/10/giovane-migrante-a-piedi-in-autostrada-travolta-da-un-camion-muore-sul-col

    • Milet Tesfamariam, « victime de nos frontières »

      Une collecte pour rapatrier le corps de Milet Tesfamariam à Asmara, la capitale de l’Erythrée est organisée par Caritas. Le 7 octobre, cette jeune migrante de 17 ans a été tuée par un semi-remorque sur l’autoroute italienne, sous le tunnel de la Giraude, alors qu’elle tentait de rejoindre la France avec un groupe de cinq ou six personnes. Lors d’une cérémonie le 15 octobre, l’évêque de Vintimille-Sanremo, Monseigneur Antonio Suetta, a estimé que Milet Tesfamariam est une « victime de nos frontières », tout en pointant « l’hypocrisie » des sociétés européennes dans ce dossier.

      https://monaco-hebdo.com/actualites/international/milet-tesfamariam-caritas-intemelia

  • Germany prepares to widen fixed border checks

    (automne 2023 —> pour archivage)

    Germany is expected to notify the EU about plans to introduce fixed border checks on the Polish, Czech Republic and Swiss borders. Previously, this had only been possible at the Austrian frontier.

    The German Interior Ministry is expected to register fixed border controls with Poland, the Czech Republic and Switzerland with the European Commission in light of a high number of refugees entering Germany.

    The intention of the checks is to more effectively fight against people smugglers and to detect and stop unauthorized entries.
    What we know so far

    According to government sources, the necessary notification in Brussels was being prepared on Monday.

    The plan is an extension of police checks directly at the border in place at the border with Austria since 2015.

    German Interior Minister Nancy Faeser had long rejected permanent fixed contro points, citing, among other things, the effects on commuters and freight transport. The norm in the EU’s Schengen Zone is for open borders but with police reserving the right to check anybody crossing at random, but not at set checkpoints.

    Interior ministers of the eastern German states of Brandenburg and Saxony have pressed Faeser to implement fixed checks.

    Germany had introduced additional controls at border crossings with Poland and the Czech Republic in September, but these were not intended to be permanent.

    German municipalities have urged the federal government to provide more funding to cope with the surge in migrant arrivals. They have pointed to stretched accommodation and services that seem similar to the events of 2015, when Germany took in over 1 million refugees mainly fleeing war in the Middle East.

    Opposition parties in Germany have also called on the government to limit the number of asylum-seekers, with Bavaria’s conservative Premier Markus Söder suggesting an annual upper limit on asylum seekers of 200,000.

    https://www.dw.com/en/germany-prepares-to-widen-fixed-border-checks/a-67109731

    #Allemagne #Pologne #Suisse #République_Tchèque

    #Allemagne #Suisse #contrôles_systématiques_aux_frontières #France #frontières_intérieures #frontières #asile #migrations #réfugiés #frontière_sud-alpine #prolongation #2023 #2024 #contrôles_frontaliers #frontière_sud-alpine

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    ajouté à cette métaliste sur l’annonce du rétablissement des contrôles frontaliers de la part de plusieurs pays européens :
    https://seenthis.net/messages/1021987

    • 15.12.2023 : L’Allemagne prolonge de trois mois les contrôles aux frontières suisses

      L’Allemagne estime que la protection des frontières extérieures de l’UE est déterminante pour limiter l’immigration irrégulière. Elle prolonge donc les contrôles à la frontière avec la Suisse jusqu’au 15 mars 2024 au moins. Les frontières allemandes avec la Pologne et la République tchèque sont également concernées.

      Afin de lutter encore plus fortement contre la criminalité liée au trafic de migrants et de limiter la migration irrégulière, les contrôles seront poursuivis et ont été notifiés à la Commission européenne, a annoncé vendredi le ministère allemand de l’Intérieur.

      Berlin avait introduit en octobre des contrôles aux frontières avec la Pologne, la République tchèque et la Suisse, en raison de la nette augmentation du nombre de réfugiés en Allemagne. Cette mesure a été prolongée à plusieurs reprises.

      Mesures efficaces

      Le nombre d’entrées non autorisées en Allemagne a diminué de 60%, passant de plus de 20’000 en octobre à 7300 entrées non autorisées en novembre. « Nos mesures sont efficaces », a déclaré la ministre de l’Intérieur Nancy Faeser.

      Les contrôles aux frontières intérieures entre l’Allemagne et l’Autriche, qui avaient déjà commencé à l’automne 2015, durent actuellement jusqu’au 11 mai 2024.

      Les contrôles aux frontières ne sont en fait pas prévus au sein de l’espace Schengen et doivent être notifiés à Bruxelles. S’il ne s’agit que de quelques jours, il est possible de le faire à court terme, mais cette possibilité prend fin après deux mois, soit vendredi 15 décembre dans le cas de l’Allemagne.

      https://www.rts.ch/info/monde/14556738-lallemagne-prolonge-de-trois-mois-les-controles-aux-frontieres-suisses.

    • 17.10.2024 : Face à l’immigration illégale, l’Allemagne réinstaure des contrôles à la frontière suisse

      Le ministère allemand de l’Intérieur a notifié lundi auprès de la Commission européenne « des contrôles temporaires aux frontières avec la Pologne, la République tchèque et la Suisse »

      Le gouvernement allemand a annoncé le renforcement de sa surveillance aux frontières au sud et à l’est. Depuis lundi, des contrôles stationnaires aux passages douaniers avec la Pologne, la République tchèque et la Suisse ont été instaurés, indique le ministère allemand de l’Intérieur. Cette mesure exceptionnelle, qui nécessite l’aval de Bruxelles, est destinée à durer 10 jours, et peut être prolongée pour deux mois, précise le ministère.

      Des contrôles de ce type ont été mis en place à la frontière autrichienne depuis 2015, au moment de l’afflux sans précédent d’immigrants vers l’Allemagne, une décision dont la prolongation de six mois à compter du 12 novembre a également été annoncée ce lundi. « La police fédérale peut utiliser les mêmes moyens aux frontières avec la Pologne, la République tchèque et la Suisse que ceux déjà en place avec l’Autriche », précise le ministère. Les voyageurs transfrontaliers ne devraient cependant pas être confrontés à des contrôles systématiques : « un paquet de contrôles fixes et mobiles » sera mis en œuvre « de façon flexible et selon la situation », a déclaré la ministre allemande Nancy Faeser, citée dans le communiqué.

      Une importante hausse des arrivées en Allemagne

      L’Allemagne est confrontée à une forte hausse de l’immigration illégale. De janvier à début octobre, la police a comptabilisé environ 98 000 arrivées illégales dans le pays, dépassant déjà le nombre total des arrivées pour l’année 2022 qui était d’environ 92 000. Pour justifier les mesures décidées, l’Allemagne s’appuie sur un article de la réglementation de Schengen qui permet d’introduire pour une période limitée des contrôles intérieurs aux frontières en cas « de menace sérieuse à l’ordre public ou à la sécurité intérieure ».

      Nancy Faeser s’était pourtant jusqu’ici montrée réticente à l’idée d’instaurer des contrôles fixes, en raison notamment de leur impact sur les travailleurs frontaliers ainsi que sur les échanges commerciaux avec les pays voisins : ces mesures ralentissent en effet considérablement le trafic et créent des embouteillages. Mais la hausse des arrivées illégales provoque un vif débat en Allemagne, dont les capacités d’accueil s’épuisent. Les communes et les régions, qui ont aussi absorbé l’arrivée d’un million de réfugiés ukrainiens depuis février 2022, se disent à la limite de leur capacité d’accueil, alors que la situation profite à l’extrême-droite, qui a obtenu des résultats records dans deux scrutins régionaux il y a une semaine.

      « Le nombre de personnes qui viennent actuellement chez nous est trop élevé », avait récemment martelé le chancelier Olaf Scholz, en présentant des mesures pour accélérer les expulsions de personnes déboutées de l’asile. La décision était donc attendue, et « la ministre de l’Intérieur […] a apparemment attendu les élections législatives polonaises avant de rendre publique sa décision », note le Tages-Anzeiger.
      Poursuite de la collaboration avec les douaniers suisses

      Nancy Fraeser « a assuré à [Elisabeth] Baume-Schneider que le trafic frontalier serait entravé aussi peu que possible », indique le Département fédéral de justice et police (DFJP) à Keystone-ATS. La conseillère fédérale et la ministre allemande ont par ailleurs convenu lundi de renforcer la « collaboration fructueuse » entre les deux pays dans le cadre du plan d’action mis en place en 2022 qui prévoit des patrouilles en commun et un meilleur échange d’informations pour enrayer les migrations secondaires, ajoute le DFJP. Au parlement, l’annonce allemande semble être accueillie avec compréhension : « ce n’est pas un secret que de nombreux migrants utilisent la Suisse comme pays de transit, tous ceux qui prennent le train de Milan à Zurich le voient », a réagi dans la Neue Zürcher Zeitung le président de la Commission de politique extérieure du Conseil national, Hans-Peter Portmann (PLR/ZH).

      Un porte-parole du gouvernement allemand a par ailleurs confirmé au quotidien zurichois que les contrôles avaient commencé à être mis en place ce lundi, et qu’ils « seront renforcés dans les jours à venir en fonction de l’évaluation de la situation par la police fédérale » allemande. « Les contrôles fixes aux frontières présentent l’avantage […] que les personnes peuvent être refoulées par la police fédérale dès qu’elles tentent de franchir la frontière », poursuit la NZZ. « Elles sont alors considérées comme n’étant pas entrées sur le territoire » et nécessitent un investissement bureaucratique « incomparablement plus faible » que dans le cas d’un processus d’expulsion du territoire, argumente le journal.

      « Les spécialistes, les politiciens et les policiers sont loin d’être d’accord » sur l’efficacité des contrôles, tempère le Tages-Anzeiger qui rappelle qu’il y a quelques semaines encore, Nancy Faeser qualifiait les contrôles fixes de « fausses solutions ». Reste, conclut le Tagi, qu’il est « pour l’instant impossible d’estimer » les effets concrets des nouvelles mesures à la frontière suisse, notamment sur le trafic important des pendulaires avec le Bade-Wurtemberg.

      https://www.letemps.ch/suisse/face-a-l-immigration-illegale-l-allemagne-reinstaure-des-controles-a-la-fron

    • La Suisse accusée de « #laisser_passer » les migrants

      Le président du Conseil national Martin Candinas est en visite à Berlin ce vendredi, dans un climat tendu : l’Allemagne reproche à la Suisse de faciliter le transit des demandeurs d’asile.

      Le nombre des réfugiés arrivant en Europe atteint un nouveau record… et l’Allemagne est une fois de plus en première ligne. Elle accuse ses voisins de « laisser passer » des demandeurs d’asile de Syrie, d’Afghanistan, du Pakistan ou d’Irak, voire de leur faciliter le transit comme en Suisse. La télévision suisse alémanique avait révélé fin 2022 comment la compagnie ferroviaire CFF avait mis en place des « wagons réservés aux étrangers » avec des portes fermées à clé pour conduire les réfugiés jusqu’à Bâle.

      « Ça ne peut plus continuer ! […] Il nous faut une protection plus efficace à la frontière entre l’Allemagne et la Suisse. » (Thomas Strobel, ministre de l’Intérieur du Bade-Wurtemberg)

      La situation est particulièrement dramatique à la frontière avec la Pologne avec 14’303 illégaux arrêtés dans les sept premiers mois de l’année (+143% par rapport à 2022). En provenance de Suisse, la progression est encore plus importante : +200%, soit plus de 6000 illégaux arrêtées à la frontière avec le #Bade-Wurtemberg. « Les passages entre la Suisse et l’Allemagne n’ont jamais été aussi élevés depuis 2016 », s’est plaint le Ministère de la justice de la région frontalière dans un communiqué officiel.

      « Nos villes et nos communes ont atteint leurs capacités d’accueil. Ça ne peut plus continuer ! […] Il nous faut une protection plus efficace à la frontière entre l’Allemagne et la Suisse », a insisté avant l’été Thomas Strobel, le ministre conservateur (CDU) de l’Intérieur du Bade-Wurtemberg. Pour le chef du groupe parlementaire des libéraux (FDP), Hans-Ulrich Rülke, il n’est « pas normal qu’un État non-membre de l’UE comme la Suisse introduise des réfugiés en Allemagne par le Bade- Wurtemberg ».

      Menace de l’opposition

      Lors du débat de politique générale à l’assemblée fédérale (Bundestag), mercredi 6 septembre, Friedrich Merz, le leader de l’opposition conservatrice (CDU), a attaqué lui aussi la Suisse en l’accusant de ne pas respecter le « règlement de Dublin » qui l’oblige à traiter les demandes d’asile chez elle ou à renvoyer des réfugiés dans le premier pays d’enregistrement (la plupart des demandes sont faites en Autriche).

      « Vu le nombre de passages illégaux, nous sommes prêts à rétablir des contrôles aux frontières. » (Friedrich Merz, leader de l’opposition conservatrice (CDU))

      « Notre volonté n’est pas de réinstaller des barrières douanières aux frontières polonaises, tchèques et suisses. Mais vu le nombre de passages illégaux, nous sommes prêts à rétablir des contrôles », at- il menacé dans l’hémicycle sous les huées de la gauche gouvernementale.

      Une déclaration qui met le président du Conseil national dans l’embarras. Martin Candinas rencontre ce vendredi à 9 heures la vice-présidente du Bundestag, Yvonne Magwas (CDU), pour un entretien bilatéral. « La Suisse respecte le règlement de Dublin », nous a-t-il assuré jeudi, ne voulant pas davantage commenter cette crise. Il ne compte pas aborder le sujet avec les officiels allemands, sauf si ces derniers souhaitent lui en parler. Du côté allemand, on reste également discret sur la teneur de l’entretien.

      Le président du Conseil national Martin Candinas, qui doit rencontrer vendredi la vice-présidente du Bundestag, assure que « la Suisse respecte le règlement de Dublin ».

      La tension est sensible aux frontières polonaises et tchèques. La Saxe a décidé d’envoyer sa propre police pour épauler les agents fédéraux chargés de contrôler seulement les passages frontaliers officiels. Le ministre de l’Intérieur de Saxe, Armin Schuster, a estimé qu’il n’avait pas d’autre choix que d’employer cette méthode. Dès la première semaine, ses agents ont arrêté 307 clandestins et 7 passeurs sur un total de 514 personnes contrôlées… « Vous le voyez, le principe des accords de Dublin ne fonctionne pas », regrette-t-il. Friedrich Merz abonde : « Cela me fait mal au coeur de voir que nous ne sommes même pas en mesure de protéger nos propres frontières, d’autant plus que celles de l’Europe ne sont toujours pas sécurisées. »

      Épargner les frontaliers

      Mais la ministre fédérale de l’Intérieur, la social-démocrate Nacy Faeser, refuse catégoriquement la mise en place de contrôles permanents, surtout vers la Suisse. Les experts les considèrent comme inefficaces. La Bavière a mis en place 5 points de contrôle à la frontière autrichienne en 2015. « Ces contrôles n’ont aucun sens », estime Andreas Roßkopf du syndicat de la police (GdP).

      « Ils bouleversent surtout le quotidien des frontaliers. Le personnel soignant, les artisans et de nombreux pendulaires des deux pays sont concernés. Ils affectent durablement notre économie », ajoute la ministre. Elle a en revanche ordonné le renforcement des contrôles aléatoires aux frontières.

      https://www.tdg.ch/tensions-avec-lallemagne-la-suisse-accusee-de-laisser-passer-les-migrants-428988

    • A #Buchs, « porte d’entrée orientale du pays », la banalité de l’immigration

      Sorti ce lundi, le baromètre des préoccupations Ipsos réalisé par « Le Temps » place l’immigration en quatrième position. A Buchs, où plus de 26 000 personnes « illégales » ont été contrôlées l’an dernier, le phénomène fait désormais partie du paysage.

      La scène est devenue parfaitement ordinaire : il est un peu moins de 10h à la #gare de Buchs (SG) ce mardi 23 août et une cinquantaine d’hommes en training sont alignés contre un mur par les gardes-frontières suisses. Les voyageurs – des Afghans fuyant les talibans, des Nord-Africains en quête d’une vie meilleure et d’autres compagnons d’infortune internationaux – affluent tous du même endroit : #Vienne, d’où les trains de nuit rallient régulièrement Zurich (notre reportage sur la question : https://www.letemps.ch/suisse/rails-entre-vienne-zurich-migrants-route-balkans).

      L’année dernière, pas moins de 26 000 « entrées illégales » ont été enregistrées par l’Office fédéral de la douane à la frontière orientale suisse. Ce qui représente deux fois la population de Buchs, 13 000 habitants. Dans la petite localité saint-galloise, cet afflux ininterrompu laisse cependant froid. Les nouveaux arrivants ne sont pas là pour rester, alors à quoi bon s’en soucier ? Et qu’importent les Accords de Schengen-Dublin.

      « Les journaux n’en parlent plus »

      L’immigration. Politiquement, la thématique est omniprésente. Toutefois, rares sont les lieux en Suisse où le phénomène est aussi visible qu’à Buchs. « Porte d’entrée orientale » du pays comme il est souvent qualifié, le gros bourg est connu pour son joli château surplombant un petit lac, sa vieille ville bucolique. Mais surtout pour sa gare où, ce mardi, à quelques centaines de mètres d’écart, deux réalités s’affrontent. Sur le quai 5, des migrants dépenaillés cheminent en file indienne, entourés par des douaniers et des policiers… alors qu’à deux pas du quai 1, des ouvriers s’affairent pour préparer la 39e édition de la Buchserfest. Agendée trois jours plus tard, la manifestation annonce « concerts, spectacles de danse et restauration variée pour petits et grands ». Et c’est surtout cette perspective qui anime les bistrots de la rue centrale.

      « C’est une gare de transit, dit avec fatalité Barbara Gähwiler-Bader, présidente du PS de la commune, attablée au Café Wanger. Pour être franche, à moins de prendre le train, rien ne laisse penser que des milliers de personnes mettent un premier pied en Suisse ici chaque année. La politique locale ne s’intéresse pas au sujet, les journaux du coin n’en parlent plus, ni vraiment les habitants. C’est parfois à se demander si le phénomène est encore là. Ici tout va bien, et tant que c’est le cas, rien ne bouge. Réfléchir à la situation de ces gens, c’est réfléchir à ses propres privilèges. Et tout le monde n’a pas envie de faire l’effort. » Dans la station frontière, seul un panneau en persan indiquant les toilettes signale la spécificité des lieux. Le centre d’asile le plus proche est à plus de 30 kilomètres.

      « Rien n’est vraiment entrepris dans la commune, admet la socialiste, mais que faire ? C’est une situation tragique mais ils ne font qu’entrer et sortir. Très peu souhaitent s’attarder en Suisse. Les autorités les chargent dans le train suivant et ils partent pour la France, l’Allemagne, le Royaume- Uni. Voilà. » Si les arrivants dénués de papiers sont censés être identifiés, enregistrés et contrôlés, la police saint-galloise reconnaît laisser passer nombre d’entre eux sans intervenir. La plupart des vagabonds (contrôlés ou non) poursuivent ensuite leur chemin – avec ou sans billet – vers Zurich, puis Bâle, avant de sortir des frontières de la Suisse. Et de la liste des problèmes du pays.

      « On se sent en danger à la gare »

      Une attitude laxiste, selon Sascha Schmid, représentant local de l’UDC, membre du législatif cantonal et candidat au Conseil national aux élections fédérales 2023. « Il y a des lois en Suisse et elles doivent être respectées, tonne le vingtenaire, banquier au Liechtenstein. Ces gens ne restent peut-être pas à Buchs mais qui sait s’ils sortent vraiment du pays ? Il n’y a aucune garantie. Et qui nous dit que l’Allemagne ou la France ne durciront pas un jour les contrôles à leurs frontières ? Nous nous retrouverions dans une situation intenable. » Le politicien dénonce particulièrement le laisser-faire autrichien… tout en reconnaissant que Berne agit grosso modo comme Vienne, une étape plus loin.

      « Le problème est global, poursuit-il. Mais il existe des solutions. L’UDC aimerait une mise en oeuvre stricte des Accords de Schengen-Dublin (le renvoi des étrangers dans leur premier pays d’enregistrement). Toutefois, comme ces accords sont cliniquement morts, j’estime qu’il faut faire preuve de courage et considérer d’autres options. De très nombreux Autrichiens viennent travailler chaque jour dans la région. Il doit être possible de mettre la pression sur leur gouvernement pour qu’il respecte les accords internationaux. Il n’est pas acceptable d’enrichir les frontaliers sans contrepartie. » Si la plupart des migrants ne s’attardent pas à Buchs, Sascha Schmid considère tout de même qu’ils font « grimper l’insécurité à la gare et que la criminalité augmente en ville, tout comme les cambriolages et les vols ».

      « Ici la vie continue »

      Un diagnostic que Rolf Pfeiffer, président indépendant de la ville de Buchs depuis mars, réfute en bloc. « Les arrivants ne sont mêlés à aucun souci local, dit-il. Tout est calme. Tout se passe bien.

      C’est un non-sujet. Buchs surgit régulièrement dans les médias parce que nous sommes situés à la frontière, mais la ville est concentrée sur d’autres problèmes. » Jouxtant le Liechtenstein – dont la place financière attire de nombreux habitants optant pour une résidence en Suisse voisine – mais également proche de Saint-Gall, Coire (GR), Zurich (ZH), Feldkirch (AU) et Bregenz (AU), la petite cité grandit vite et il s’agit d’adapter ses infrastructures, précise-t-il. Un défi bien plus pressant que ce qui se trame au bord des rails.

      « Si le besoin surgit, complète le Saint-Gallois, nous nous mettons à disposition des membres de la protection civile pour monter quelques tentes destinées à accueillir les migrants qui en ont besoin. Généralement pendant une nuit tout au plus. Les coûts engendrés nous sont ensuite remboursés par la Confédération. Comprenez-moi bien, d’un point de vue humanitaire, la condition des arrivants est certainement triste. Ils sont là, nous les voyons. Nous n’ignorons pas la chose. Mais ici la vie continue. Nous ne pouvons pas influencer la situation, qui doit être réglée entre Etats. » Le jour de notre visite, la Confédération annonçait justement une nouvelle contribution de 300 millions d’euros sur sept ans destinée à « l’amélioration de la protection des frontières extérieures de l’espace Schengen ». Une décision qui fait suite au plébiscite (71,6% de oui) des Suisses à une participation élargie de Berne aux activités de Frontex en 2022. Et aux difficultés de la Suisse à gérer cette problématique.

      Car même si beaucoup de migrants poursuivent leur chemin, pas moins de 14 000 demandes d’asile ont été enregistrées par le Secrétariat d’Etat aux migrations en juillet 2023 et, au vu des pronostics – le nombre total pourrait monter à plus de 30 000 d’ici à la fin de l’année –, les centres d’accueil fédéraux craignent d’atteindre leurs limites. Vendredi dernier, la conseillère fédérale Elisabeth Baume-Schneider annonçait avoir arraché 1800 places supplémentaires aux cantons sur un objectif de 3000 – sans pour autant rassurer sur le long terme. Au centre de l’Europe, la Suisse mise cependant sur une autre solution : déléguer. « Une protection efficace des frontières extérieures de l’espace Schengen contribue à la sécurité et à la gestion migratoire de la Suisse, affirmait mercredi dernier le Conseil fédéral. Mieux les contrôles aux frontières extérieures fonctionneront, moins il y aura besoin de contrôles aux frontières nationales suisses. » Et, à l’instar de Buchs, moins il faudra se préoccuper de la chose.

      https://www.letemps.ch/suisse/suisse-alemanique/a-buchs-la-banalite-de-la-migration

      #statistiques #chiffres #2023

  • Inchiesta su #Ousmane_Sylla, morto d’accoglienza

    A distanza di un mese dal suicidio di Ousmane Sylla nel #Cpr di #Ponte_Galeria, il 4 febbraio 2024, sono emersi nuovi elementi sulla sua triste vicenda, non raccontati nelle prime settimane. La prima cosa che sappiamo ora per certo è che Ousmane voleva vivere. Lo dimostrano i video e le foto che ho avuto da persone che lo hanno conosciuto, che lo ritraggono mentre balla, gioca, canta, sorride e scherza con il suo compagno di stanza. La sua vita però è stata stravolta da una violenza ingiustificabile, che scaturisce dalle dinamiche perverse su cui si basa il nostro sistema di accoglienza (ma non solo) e che impongono di farsi delle domande.

    Già nei primi giorni dopo la morte si venne a sapere che Ousmane aveva denunciato maltrattamenti nella casa famiglia di cui era stato ospite, prima di essere trasferito al Cpr di Trapani. Gli avvocati che si stanno occupando del caso e alcune attiviste della rete LasciateCIEntrare hanno rintracciato la relazione psico-sociale redatta dalla psicologa A.C. del Cpr di Trapani Milo il 14 novembre 2023. Era passato un mese dal suo ingresso nella struttura, a seguito del decreto di espulsione emesso dalla prefettura di Frosinone in data 13 ottobre 2023.

    La relazione dice che Ousmane “racconta di essere arrivato in Italia sei anni fa; inizialmente ha vissuto in una comunità per minori a Ventimiglia in Liguria, poi una volta raggiunta la maggiore età è stato trasferito presso la casa famiglia di Sant’Angelo in Theodice (Cassino). Racconta che all’interno della struttura era solito cantare, ma questo hobby non era ben visto dal resto degli ospiti. Così, un giorno, la direttrice del centro decide di farlo picchiare da un ospite tunisino. In conseguenza delle percosse subite, Sylla si reca al consiglio comunale di Cassino, convinto di trovarsi in Questura, per denunciare la violenza di cui si dichiara vittima”.

    La casa famiglia di Sant’Angelo in Theodice è menzionata anche sulla scritta lasciata da Ousmane – sembrerebbe con un mozzicone di sigaretta – su una parete del Cpr di Roma, prima di impiccarsi a un lenzuolo, la notte tra il 3 e il 4 febbraio 2024.

    “LASCIATEMI PARLARE”
    Sulle cronache locali della Ciociaria, l’8 ottobre 2023 venne pubblicata la notizia di un giovane profugo africano presentatosi in consiglio comunale venerdì 6 ottobre (due giorni prima) per denunciare di aver subito violenze fisiche e maltrattamenti nella casa famiglia di cui era ospite, in questa frazione di Cassino di circa cinquecento abitanti. “Lasciatemi parlare o mi ammazzo”, avrebbe gridato, secondo Ciociaria oggi, che riferiva inoltre che “il giovane adesso ha paura di tornare nella casa famiglia”. La struttura era stata inaugurata sei mesi prima, il 3 aprile 2023, dal sindaco di Cassino Enzo Salera, originario proprio di Sant’Angelo, e dall’assessore con delega alle politiche sociali Luigi Maccaro, alla presenza del funzionario dei servizi sociali, Aldo Pasqualino Matera. Si trovano diversi articoli datati 4 aprile 2023, corredati di foto della cerimonia e della targa con il nome della casa famiglia. La struttura si chiamava Revenge, che significa rivincita ma anche vendetta.

    La casa famiglia è stata chiusa tra dicembre e gennaio per “irregolarità”; le indagini sono ancora in corso. Era gestita dalla società Erregi Progress s.r.l.s. con sede in Spigno Saturnia, in provincia di Latina; la titolare della società e responsabile della casa famiglia è Rossella Compagna (non Campagna, come riportato in alcune cronache), affiancata nella gestione dall’avvocato Michelangiolo Soli, con studio legale a Minturno. Oggi sappiamo che mancavano le autorizzazioni della Asl locale all’apertura, e altri adempimenti; e che la maggior parte degli operatori che si sono succeduti nel corso dei circa nove mesi di apertura non ha mai percepito lo stipendio, né la malattia: almeno quelli che non erano vicini alla responsabile. Alcuni di essi hanno fatto causa alla società e sono in attesa di risarcimento. Altri non avevano neanche le qualifiche per operare in una struttura per minori stranieri non accompagnati.

    Sono stata a Sant’Angelo in Theodice e ho incontrato diverse persone che hanno conosciuto Ousmane, che lo hanno seguito e aiutato durante il mese e mezzo circa della sua permanenza in paese. Grazie a loro ho potuto capire chi era Ousmane e ciò che ha vissuto in quel periodo. Ousmane è arrivato a Sant’Angelo tra la fine di agosto e l’inizio di settembre, insieme a un ragazzo marocchino, oggi maggiorenne. Provenivano da Ventimiglia, dove avevano trascorso insieme circa un mese in un campo della Croce Rossa Italiana, prima di essere trasferiti nella casa famiglia di Cassino. Ousmane non era però “da sei anni in Italia”, come trascritto dalla psicologa del Cpr di Trapani nella sua relazione. Sembrerebbe che fosse arrivato l’estate prima, nel 2023, a Lampedusa, come si intuisce anche dalla sua pagina Fb (“Fouki Fouki”). Il 3 agosto ha pubblicato un video in cui canta sulla banchina di un porto, quasi certamente siciliano. Forse era arrivato nella fase di sovraffollamento, caos e ritardi nei trasferimenti che spesso si verificano sull’isola in questa stagione. Avrebbe poi raggiunto Roma e successivamente Ventimiglia.

    Il suo “progetto migratorio” era quello di arrivare in Francia, dove ha un fratello, cantante rap e animatore d’infanzia, Djibril Sylla, che ho incontrato di recente: è venuto a Roma per riconoscere il corpo di Ousmane e consentirne il ritorno in Africa. Ousmane parlava bene il francese e lo sapeva anche scrivere, come dimostra la scritta che ha lasciato sul muro prima di uccidersi. Con ogni probabilità è stato respinto al confine francese, verso l’Italia. Ousmane non era minorenne; si era dichiarato minorenne probabilmente perché né allo sbarco né al confine con la Francia ha potuto beneficiare di un orientamento legale adeguato che lo informasse dei suoi diritti e delle possibilità che aveva. Il regolamento “Dublino”, in vigore da decenni, prevede che i migranti restino o vengano rinviati nel primo paese in cui risultano le loro impronte (ci sono delle apposite banche dati europee), impedendo loro di raggiungere i luoghi dove hanno legami e comunità di riferimento o semplicemente dove desiderano proseguire la loro vita.

    Una volta respinto, però, anziché fare domanda di protezione internazionale in Italia, Ousmane si è dichiarato minore, pur essendo ventunenne. Non sarà facile ricostruire chi possa averlo consigliato, guidato o influenzato in queste scelte e nei suoi rapporti con le autorità, dal suo arrivo in Italia in poi. Sappiamo, tuttavia, che dichiarandosi “minore” ha determinato l’inizio, incolpevole e inconsapevole, della fine della sua breve vita, non più in mano a lui da quel momento in poi.

    Dichiarandosi maggiorenne, Ousmane avrebbe potuto presentare una domanda di protezione. Nel paese da cui proveniva, la Guinea Conakry, vige una dittatura militare dal 2021. I migranti possono chiedere protezione internazionale se manifestano il timore, ritenuto fondato da chi esamina il loro caso, di poter subire “trattamenti inumani e degradanti”, ovvero un danno grave, nel proprio paese di provenienza, laddove lo Stato di cui sono cittadini non fornisca loro adeguate protezioni. A Ousmane è accaduto l’inverso: i trattamenti inumani e degradanti li ha subiti in Italia.

    Sin dal suo arrivo nella casa famiglia di Cassino, Ousmane ha patito uno stillicidio di vessazioni, minacce e deprivazioni, come ci riferiscono tutte le persone che lo hanno assistito e accompagnato in quel mese e mezzo, che testimoniano delle modalità inqualificabili con cui veniva gestita quella struttura, della brutalità con cui venivano trattati gli ospiti, del clima di squallore e terrore che vigeva internamente. Abbiamo ascoltato i messaggi vocali aggressivi che la responsabile inoltrava ai suoi operatori, sia ai danni degli operatori che degli ospiti, scarsamente nutriti e abbandonati a sé stessi, come appare anche dalle foto. Ousmane, a causa del suo atteggiamento ribelle e “resistente”, sarebbe stato punito ripetutamente con botte, privazione di cibo, scarpe, coperte e indumenti, e di servizi cui aveva diritto, non solo in quanto “minore”, ma in quanto migrante in accoglienza: per esempio, l’accesso ai dispositivi di comunicazione (telefono e scheda per poter contattare i familiari), la scuola di italiano, il pocket money.

    Tutte le persone con cui ho parlato sono concordi nel descrivere Ousmane come un ragazzo rispettoso, intelligente, altruista e sensibile; sano, dinamico, grintoso, si ispirava alla cultura rasta e cantava canzoni di rivolta e di libertà in slang giamaicano e in sousou, la sua lingua madre. La sua unica “colpa” è stata opporsi a quello che vedeva lì, riprendendo con foto e video le ingiustizie che subiva e vedeva intorno a sé. A causa di questo suo comportamento è stato discriminato dalla responsabile e da alcuni personaggi, come un ragazzo tunisino di forse vent’anni. Dopo un mese di detenzione lo stesso Ousmane raccontò alla psicologa del Cpr di Trapani che la responsabile della casa famiglia l’avrebbe fatto picchiare da un “ospite tunisino”.

    Il 6 ottobre 2023, forse indirizzato da qualche abitante del luogo, Ousmane raggiunse il consiglio comunale di Cassino, nella speranza che le autorità italiane potessero proteggerlo. Una consigliera comunale con cui ho parlato mi ha descritto lo stato di agitazione e sofferenza in cui appariva il ragazzo: con ai piedi delle ciabatte malridotte, si alzava la maglietta per mostrare i segni di percosse sul torace. Ousmane non fu ascoltato dal sindaco Salera, tutore legale dei minori non accompagnati della casa famiglia. Ousmane fu ascoltato solo dalla consigliera che comprendeva il francese, in presenza di poche persone, dopo che il sindaco e la giunta si erano allontanati. A quanto pare quel giorno si presentò in consiglio anche una delegazione di abitanti per chiedere la chiusura della struttura, ritenuta mal gestita e causa di tensioni in paese.

    Una settimana dopo, il 13 ottobre, Ousmane tornò al consiglio comunale, dichiarando di essere maggiorenne. Pare che prima avesse provato a rivolgersi alla caserma dei carabinieri – chiedeva dove fosse la “gendarmerie” – per mostrare i video che aveva nel telefono: la sua denuncia non fu raccolta, perché in quel momento mancava il maresciallo. Di nuovo, forse non sapremo mai da chi Ousmane sia stato consigliato, guidato e influenzato, nella sua scelta di rivelare la sua maggiore età. Perché non gli fu mai consentito di esporre denuncia e di ottenere un permesso di soggiorno provvisorio, per esempio per cure mediche, o per protezione speciale, visto che aveva subito danni psicofisici nella struttura di accoglienza, e che voleva contribuire a sventare dei crimini?

    Come in molte strutture per minori migranti, la responsabile era consapevole della possibilità che molti dei suoi ospiti fossero in realtà maggiorenni. “Una volta che scoprono che sono maggiorenni, devono tornare a casa loro, perché le strutture non li vogliono”, spiega in un messaggio audio ai suoi operatori. In un altro dei messaggi che ho sentito, questa consapevolezza assume toni intimidatori: “Quindi abbassassero le orecchie, perché io li faccio neri a tutti quanti”, diceva. “Io chiudo la casa, e poi riapro, con altra gente. Dopo un mese. Ma loro se ne devono andare affanculo. Tutti! Ne salvo due o tre forse. Chiudiamo, facciamo finta di chiudere. Loro se ne vanno in mezzo alla strada, via, e io faccio tutto daccapo, con gente che voglio io. Quindi abbassassero le orecchie perché mi hanno rotto i coglioni”. Nello stesso messaggio, la responsabile aggiunge: “Tu devi essere educato con me; e io forse ti ricarico il telefono; sennò prendi solo calci in culo, e io ti butto affanculo nel tuo paese di merda”.

    La minore età può essere usata come arma di ricatto. I migranti che si dichiarano minori, infatti, entrano nel circuito delle strutture per minori stranieri non accompagnati, e ottengono un permesso di soggiorno per minore età appena nominano un tutore (solitamente il sindaco). In caso di dubbio sulla minore età questi vengono sottoposti ad accertamenti psico-fisici, che consistono nella radiografia del polso e in una serie di visite specialistiche presso una struttura sanitaria.

    Per l’accoglienza di un minore straniero non accompagnato, il ministero dell’interno eroga ai comuni che ne fanno richiesta (tramite le prefetture) dai novanta ai centoventi euro al giorno, che finiscono in buona parte nelle tasche degli enti gestori (che per guadagnare possono risparmiare su cibo, servizi, personale, in quanto non sono previsti controlli davvero efficaci sulla gestione dei contributi statali). Ma anche i comuni hanno da guadagnare sull’accoglienza ai minori. A questo proposito, vale la pena richiamare le parole pronunciate dall’assessore ai servizi sociali Maccaro in occasione dell’apertura della casa famiglia e riportate in un articolo di Radio Cassino Stereo, presente in rete: “Una nuova realtà sociale al servizio del territorio è una ricchezza per tutto il sistema dei servizi sociali che vive della collaborazione tra pubblico e privato sociale. Siamo certi che questa nuova realtà potrà integrarsi in una rete sociale che in questi anni sta mostrando grande attenzione al tema dei minori”.

    Le autorità possono in qualsiasi momento sottoporre i giovani stranieri non accompagnati ad accertamento dell’età. È così che questi ragazzi divengono vulnerabili e costretti a sottostare a qualsiasi condizione venga loro imposta, poiché rischiano di perdere l’accoglienza e finire nei Cpr. Molti migranti ventenni con un viso da adolescente, come Ousmane, vengono incoraggiati a dichiararsi minori: più ce ne sono, più saranno necessarie strutture e servizi ben sovvenzionati (molto più dei servizi per maggiorenni).

    NEL LIMBO DEI CPR
    Dopo la seconda apparizione in consiglio comunale, il 13 ottobre, anziché essere supportato, tutelato e orientato ai suoi diritti, Ousmane è stato immediatamente colpito da decreto di espulsione, e subito trasferito (il 14 ottobre) nel Cpr di Trapani Milo, dove trascorrerà tre mesi. Inutile il tentativo dell’avvocato del Cpr Giuseppe Caradonna di chiederne dopo un mese il trasferimento, con una missiva indirizzata alla questura di Trapani, in cui scriveva “continua purtroppo a mantenere una condotta del tutto incompatibile con le condizioni del Centro [Cpr] (probabilmente per via di disturbi psichici derivanti da esperienze traumatiche) al punto da mettere a serio rischio la propria e l’altrui incolumità. A supporto della presente, allego una relazione psico-sociale, redatta in data odierna dalla dottoressa A.C., psicologa che opera all’interno della struttura, la quale ha evidenziato dettagliatamente la condizione in cui versa Ousmane Sylla. Pertanto, mi permetto di sollecitare un Suo intervento per far sì che quest’ultimo venga trasferito al più presto in una struttura più idonea e compatibile con il suo stato di salute mentale”.

    La psicologa aveva scritto: “Ritengo che l’utente possa trarre beneficio dal trasferimento presso un’altra struttura più idonea a rispondere ai suoi bisogni, in cui siano previsti maggiori spazi per interventi supportivi e una maggiore supervisione delle problematiche esposte”. Richiesta alla quale la questura di Trapani risponderà negativamente, con la motivazione che “lo straniero aveva fatto ingresso nella struttura munito di adeguata certificazione sanitaria che attesta l’idoneità alla vita in comunità ristretta e che costituisce condicio sine qua non per l’accesso all’interno dei Cpr”.

    Chi aveva redatto quella “adeguata certificazione sanitaria” di cui Ousmane era munito all’ingresso nel Cpr di Trapani, se ancora portava addosso i segni delle violenze subite, come testimoniato dalla consigliera cassinese che lo aveva ascoltato nella settimana precedente, rilevandone anche lo stato di estremo disagio psicologico?

    Ousmane affermava, ripetutamente, di voler tornare in Africa. Lo diceva anche alle operatrici della casa famiglia con cui abbiamo parlato: “Gli mancava la mamma”, hanno riferito, con la quale non poteva neanche comunicare, perché privato del telefono. Un’operatrice ricorda che una volta la disegnò, perché Ousmane amava anche disegnare, oltre che cantare e giocare a pallone. Studiava l’italiano con lei ed “era molto bravo”, dice, apprendeva rapidamente.

    Voleva tornare in Africa, non perché volesse rinunciare al sogno di una vita migliore in Europa, in Francia o in Italia, anche per poter aiutare la famiglia che vive in povertà in un sobborgo di Conakry (madre, sorelle e fratelli più piccoli), ma perché non aveva trovato qui alcuna forma di accoglienza degna di chiamarsi tale, se non nelle persone che lo hanno assistito, ascoltato e che testimoniano oggi in suo favore; persone che hanno fatto il possibile per lui, tuttavia non sono “bastate” a salvargli la vita; non per loro responsabilità, ma perché ignorate o sovrastate dalle istituzioni e dalle autorità che avrebbero potuto e dovuto tutelare Ousmane.

    Dopo tre mesi trascorsi nel Cpr di Trapani, Ousmane verrà trasferito a fine gennaio nel Cpr di Roma, per continuare a restare in un assurdo limbo, in condizioni “inumane e degradanti” nelle quali è ben noto versino i Cpr. L’Italia non ha accordi bilaterali con la Guinea Conakry, come con tanti altri paesi di provenienza dei migranti detenuti nei Cpr.

    Il 19 settembre 2023, il sito istituzionale integrazionemigranti.gov.it, informava che il giorno prima il Consiglio dei ministri aveva varato nuove norme contro l’immigrazione irregolare: “Si estende – come consentito dalla normativa euro-unitaria – a diciotto mesi (sei mesi iniziali, seguiti da proroghe trimestrali) il limite massimo di permanenza nei centri per il rimpatrio degli stranieri non richiedenti asilo, per i quali sussistano esigenze specifiche (se lo straniero non collabora al suo allontanamento o per i ritardi nell’ottenimento della necessaria documentazione da parte dei paesi terzi). Il limite attuale è di tre mesi, con una possibile proroga di quarantacinque giorni. […] Inoltre, si prevede l’approvazione, con decreto del presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del ministro della difesa, di un piano per la costruzione, da parte del Genio militare, di ulteriori Cpr, da realizzare in zone scarsamente popolate e facilmente sorvegliabili”. È il cosiddetto Decreto Cutro.

    Secondo la relazione del Garante nazionale per le persone private della libertà personale, sono transitate nei Cpr 6.383 persone, di cui 3.154 sono state rimpatriate. Quelle provenienti da Tunisia (2.308), Egitto (329), Marocco (189) e Albania (58), rappresentano il 49,4%. In base allo scopo dichiarato per cui esistono i Cpr, la maggioranza è stata trattenuta inutilmente.

    Come riporta il Dossier statistico sull’immigrazione 2023, “il governo si ripromette di aprire altri dodici centri, uno per ogni regione, in luoghi lontani dai centri abitati […]. Nei dieci centri attivi in Italia possono essere ospitate 1.378 persone. Tuttavia, complici la fatiscenza delle strutture e le continue sommosse, la cifra reale si dimezza. […] Dal 2019 al 2022, otto persone sono morte nei Cpr, in circostanze diverse. Infiniti sono i casi di autolesionismo e di violenza. Numerose sono le inchieste che confermano come in questi luoghi si pratichi abuso di psicofarmaci a scopo sedativo”.

    Il caso più noto è quello del ventiseienne tunisino Wissem Ben Abdel Latif, deceduto nel novembre 2021, ancora in circostante sospette, dopo essere rimasto legato a un letto per cento ore consecutive nel reparto psichiatrico del San Camillo di Roma. La detenzione amministrativa di Ousmane si sarebbe potuta protrarre molto a lungo, inutilmente. Sono pochissimi i migranti che a oggi beneficiano dei programmi di “rimpatrio assistito”, che prevedono anch’essi accordi e progetti con i paesi di origine per la loro effettiva attuazione. Con la Guinea Conakry non ci risultano accordi neanche sui rimpatri assistiti.
    Ousmane, trovato impiccato a un lenzuolo la mattina del 4 febbraio, non vedeva forse vie di uscita e ha scelto di morire per “liberarsi”, chiedendo, nel messaggio lasciato sul muro prima di togliersi la vita, che il suo corpo venisse riportato in Africa “affinché riposi in pace” e sua madre non pianga per lui. Alcuni migranti che hanno condiviso con lui la detenzione nel Cpr di Trapani, dicono fosse stato “imbottito di psicofarmaci”. A oggi, sono ancora tanti i lati oscuri di questa vicenda, ma sono in molti a invocare verità e giustizia per Ousmane Sylla, come per tutte le persone schiacciate dall’insostenibile peso del “sistema”, al quale alcune di esse – come Ousmane – hanno provato a ribellarsi, con coraggio e dignità.

    https://www.monitor-italia.it/inchiesta-su-ousmane-sylla-morto-daccoglienza
    #migrations #asile #réfugiés #Italie #décès #mourir_aux_frontières #morts_aux_frontières #Trapani #détention_administrative #rétention

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    Vu que Ousmane a été arrêté à Vintimille pour l’amener dans un centre de détention administrative dans le Sud de l’Italie et que, selon les informations que j’ai récolté à la frontière Vintimille-Menton, il avait l’intention de se rendre en France, j’ai décidé de l’inclure dans les cas des personnes décédées à la #frontière_sud-alpine.
    Ajouté donc à cette métaliste des morts à la frontière #Italie-#France (frontière basse, donc #Vintimille / #Alpes_Maritimes) :
    https://seenthis.net/messages/784767

  • Policing migration: when “harm reduction” means “multipurpose aerial surveillance”

    The EU’s latest “#operational_action_plan” on migrant smuggling gives a central role to #Europol, which will receive data resulting from more than two dozen joint police operations launched by EU member states, EU agencies and a range of non-EU states. The UK is heavily involved in the plan, and is leading one activity. One objective is for harm reduction and assistance to victims, but the only activity foreseen is for Frontex to increase use of its “#EUROSUR_Fusion_Services, including the #Multipurpose_Aerial_Surveillance aircraft service.”


    Police against people smuggling

    The action plan (pdf) covers the 2024-25 period and contains an outline of 25 activities listed under eight strategic goals, but offers no insight into the causes of human smuggling, and none of the activities are framed at addressing causes.

    The overall aim is to control migration flows both into the EU and within the EU, and to enhance police cooperation between national law enforcement authorities, EU agencies (Europol, #Frontex and the #EU_police_database_agency, #eu-LISA) and with countries outside the EU, through joint operations and the exchange of information and intelligence.

    Many of the activities include targets for arrests: one led by Poland, for example, foresees the arrest of 200 facilitators of irregular migration per year; another, led by Cyprus, expects at least 1,000 “apprehensions/arrests”.

    In 2015, Statewatch exposed a planned EU-wide police operation against irregular migrants called ‘Mos Maiorum’, which led to significant media coverage and political controversy, as well as numerous actions to inform people of their rights and to try to map police activities. Since then, the number of such operations has skyrocketed, but attention has dwindled.

    European plan

    The 2024-25 plan is part of the #European_Multidisciplinary_Platform_Against_Criminal Threats, a now-permanent initiative (https://www.statewatch.org/statewatch-database/eu-joint-police-operations-target-irregular-migrants-by-chris-jones) through which joint police operations are coordinated. It is managed by Europol, with political control exercised by the member states in the Council of the EU.

    A “leader” is assigned to each activity in the action plan, responsible for initiating and reporting on the relevant activity, with “key performance indicators” often indicated in respect of each one.

    The leaders include nine EU member states (Austria, Cyprus, France, Germany, Greece, Italy, Poland, Portugal and Spain), the UK, as well Frontex, Europol, eu-LISA and the European Police College (CEPOL).

    Europol will provide overall support across all the different activities and is specifically responsible for leading four activities.

    In many activities led by national police forces, it is specified that a goal is also to participate in other Europol initiatives, such as the “Europol Cyberpatrol to target and identify targets” and Europol’s European Migrant Smuggling Centre. The Operational Action Plan stipulates that other, unspecified, “Europol tools” may be used “where appropriate”.

    The action plan specifies that the operational data emanating from the activities is to be shared with Europol to be processed through its Analysis Projects, further swelling the databases at its headquarters in The Hague.

    The first version of the action plan was circulated amongst member states two weeks before the European Commission published a proposal to reinforce Europol’s powers in relation to migrant smuggling, arguing that they were urgently needed – though this assessment was not shared by the member states.

    Strategic goals

    The 26 activities outlined in the plan are designed to contribute to eight strategic goals:

    - Criminal intelligence picture. The activities under this heading are for Europol to provide a “situational picture of migrant smuggling” including threat assessments, updates on migratory routes, “modi operandi” and future trends, which will be made available to member states and third countries. It will involve sharing information with Frontex. Europol also aims to “strengthen the strategic and tactical intelligence picture on the use/abuse of legal business structures by criminal networks” not only in respect of migrant smuggling, but throughout “all main crime areas affecting the EU”.
    - Investigations and judicial response. There are 11 activities planned in relation to this goal. The objective is to prepare and conduct investigations and prosecutions. Police forces of different member states lead the activities and set out specific targets by reference to the numbers of arrests, initiated investigations and identified networks. Each planned activity appears to reflect specific national or local police force priorities. Germany for instance aims to “detect 5,000 irregular migrants” per year, and arrest 500 “facilitators”, whilst France focuses on seizing 100 small boats crossing the Channel to the UK. Spain focuses on air routes, including links between human smuggling and drug trafficking; and Portugal’s aim is to disrupt “marriages of convenience abuse and associated threats” (400 cases specifically). Europol also leads an activity aimed at the development of “intelligence products in support of MS investigations” (50 per year) and Frontex aims to focus on border checks and surveillance measures on the EU external borders (with 1,000 “apprehensions/arrests”).
    - Coordinated controls and operations targeting the online and offline trade in illicit goods and services. The only activity planned in relation to this goal is by the French police forces, to improve law enforcement response against “those utilising the Dark Web and other internet messenger applications to enable illegal immigration and document fraud”. The dark web is identified as an “intelligence gap” in this context.
    - Criminal finances, money laundering and asset recovery. Led by the UK, the activity planned under this goal heading is to disrupt money flows specifically within hawaladar networks.
    - Document fraud. Frontex, as well as French and German police forces each lead activities under this goal aimed at “targeting networks or individuals” involved in document fraud. In this respect, Frontex’s “Centre of Excellence for Combating Document Fraud” has a key role.
    – Capacity building through training, networking and innovation. This involves activities aimed at improving the skills, knowledge and expertise of law enforcement and judicial authorities, led by CEPOL, eu-LISA (on the use of SIS and Eurodac databases) and German police forces.
    - Prevention, awareness raising and harm reduction, as well as early identification and assistance to victims. The only goal that is expressed as being aimed at improving the safety of people is led by Frontex, and is focused on the detection of migrant smuggling through the “use of EUROSUR Fusion Services, including the Multipurpose Aerial Surveillance aircraft service, for [member states] and stakeholders to support more effective detecting, preventing and combating illegal immigration and migrant smuggling.” No mention is made of identification, assistance or victims.
    - Cooperation with non EU partners: under this last goal, one activity is led by Austrian police forces, aimed at expanding the geographical focus of the Task Force Western Balkans to Turkey and “other relevant countries of origin and transit”. The work is already based on intelligence information provided by Europol and Frontex and aims to “enhance mobile phone extractions” (the link here is not clear). The second activity listed under this last goal is led by Europol, and aims to provide a “common platform for EU agencies, military, law enforcement and other stakeholders to exchange intelligence on criminal networks operating along the migration corridors”, creating a broad and focal role for itself in information exchange with a wide range of stakeholders, including private companies.

    For the purposes of the Operational Action Plan, “migrant smuggling” is broadly defined as:

    “…the process of facilitating the unlawful entry, transit or residence of an individual in a country with or without obtaining financial or other benefits. Migrant smuggling entails the facilitation of illegal entry to the EU and of secondary movements within the EU. It can also involve facilitating the fraudulent acquisition of a residence status in the EU.”

    It therefore does not require the involvement of any benefit and includes movements within the EU.

    https://www.statewatch.org/news/2024/april/policing-migration-when-harm-reduction-means-multipurpose-aerial-surveil
    #surveillance #surveillance_aérienne #migrations #réfugiés #données #coopération_policière #European_Police_College (#CEPOL) #European_Migrant_Smuggling_Centre #Europol_Cyberpatrol

  • Albania Builds Migrant Centre and Camp as Criticism Continues

    Work has started in Albania to build a reception centre and camp to receive migrants from Italy – but activists and locals in both countries remain highly critical of the plan.

    Construction is ongoing at Shengjin Port of a migrant reception centre which, under a controversial deal between Albania and Italy, will receive up to 3,000 migrants from Italy.

    The centre will process the migrants’ applications for asylum in Italy. They may then be sent to Gjader – an air base around 30 kilometers from the port – to a camp which is also being built.

    The ambition is for construction to finish by May 20, for the agreement to be applicable by then.

    The agreement, made public during a joint press conference between Albania Prime Minister Edi Rama and Italian Prime Minister Georgia Meloni in November last year, drew criticism from international human rights organisations and opposition groups in both countries.

    (#paywall)
    https://balkaninsight.com/2024/04/12/albania-builds-migrant-centre-and-camp-as-criticism-continues

    –-

    ajouté à la métaliste sur l’#accord entre #Italie et #Albanie pour la construction de #centres d’accueil (sic) et identification des migrants/#réfugiés sur le territoire albanais...
    https://seenthis.net/messages/1043873

  • « Les pays membres de l’UE suivent l’agenda de l’extrême droite en dépeignant les migrants et les réfugiés comme des ennemis dont il faudrait se défendre »
    https://www.lemonde.fr/international/article/2024/04/11/les-vingt-sept-suivent-l-agenda-de-l-extreme-droite-en-depeignant-les-migran

    « Les pays membres de l’UE suivent l’agenda de l’extrême droite en dépeignant les migrants et les réfugiés comme des ennemis dont il faudrait se défendre »
    Le chercheur Sergio Carrera, du groupe de réflexion Centre for European Policy Studies, décrypte l’évolution du débat politique sur l’immigration après l’adoption du pacte asile et migration.
    Sergio Carrera, chercheur chargé de la politique migratoire et des droits de l’homme au Centre for European Policy Studies (CEPS), un groupe de réflexion de Bruxelles, revient sur l’évolution du débat public, en Europe, sur les politiques liées à l’immigration, sous l’influence croissante des partis d’extrême droite.
    Lire aussi | Article réservé à nos abonnés Le Parlement européen valide le pacte sur la migration et l’asile
    Le thème de l’immigration est-il présent dans la campagne électorale européenne qui commence ?
    De longue date, le pacte asile et migration a été présenté comme une solution pour régler la question de l’immigration irrégulière en Europe et ainsi couper l’herbe sous le pied de l’extrême droite, qui a fait de ce thème son étendard. Mais, en dramatisant ces enjeux, les Etats et les gouvernements ont progressivement incorporé les idées de l’extrême droite et ils suivent son agenda en dépeignant les migrants et les réfugiés comme des ennemis dont il faudrait se défendre. Aujourd’hui, les grands partis historiques de la droite et du centre voire, dans certains pays, de gauche, comme dans le nord de l’Europe, ont été aspirés par la rhétorique de l’extrême droite.
    L’arrivée de centaines de milliers de personnes sur les côtes européennes de manière irrégulière pose question à beaucoup d’électeurs…
    En 2023, l’agence Frontex de l’Union européenne [UE] a décompté quelque 380 000 personnes arrivant, selon elle, de manière irrégulière. Sur un continent de 450 millions d’habitants, cela reste modéré. Cela représente moins de 1 % de tous les franchissements de frontières extérieures de l’UE pour l’année 2021. De plus, une partie de ces personnes peuvent bénéficier du statut de réfugié ou d’une protection temporaire. Parler d’invasion comme l’extrême droite le fait est tout simplement faux. Enfin, rappelons que l’essentiel des réfugiés dans le monde ne viennent pas en Europe. Ils sont généralement déplacés dans leur propre pays ou dans les pays voisins. Remettons un peu de rationalité dans ce sujet. En deux ans, l’Europe a su accueillir 4,5 millions de réfugiés ukrainiens.
    Dans certains pays, ces arrivées ont créé une pression supplémentaire sur les logements, comme en Irlande, aux Pays-Bas, ou commencent à peser dans les pays d’Europe centrale.
    On peut accueillir des Ukrainiens, mais pas des réfugiés d’Afrique… Il y a des sujets bien plus profonds en jeu, comme une institutionnalisation du racisme, aujourd’hui ancrée dans nos sociétés.
    Selon une étude du Conseil européen pour les relations internationales (ECFR), la question migratoire n’est pas centrale pour l’opinion dans la campagne actuelle. Est-ce votre point de vue ?
    Le sujet est en débat mais pas nécessairement sur les termes exposés par les grands partis. Toutes les recherches sur l’opinion publique démontrent une vision généralement positive de l’immigration. Les Européens ne sont pas opposés à l’idée d’offrir une protection aux migrants et d’aborder la question migratoire d’une façon humaine. Personne n’est favorable à l’emprisonnement des migrants dans des centres de détention. C’est pourtant ce que le pacte prévoit. Quand vous montrez les conséquences de ce type de politique, vous voyez une réaction très éloignée des débats politiques traditionnels.
    Le Parti populaire européen (conservateurs) propose de développer l’externalisation des demandeurs d’asiles…
    C’est la preuve de ce que j’avance. Fin 2023, l’Italie de la première ministre d’extrême droite, Giorgia Meloni, a présenté un protocole d’accord entre l’Italie et l’Albanie pour que les migrants sauvés en mer soient envoyés, contre leur gré, dans ce pays, avec lequel ils n’ont aucun lien et où il y a fort à parier qu’ils ne voudront pas aller. Une fois là-bas, ils seront enfermés dans un camp. Face à ce projet, la Commission n’a pas fait de commentaire. Et désormais, la droite propose le même type d’externalisation dans des Etats tiers dit « sûrs ». Toutes nos recherches sur les exemples existants montrent que l’externalisation conduit à des traitements inhumains et dégradants, à la détention arbitraire de personnes, à d’énormes souffrances.
    Le groupe des sociaux-démocrates souhaite développer les voies légales pour venir en Europe, qui est en plein vieillissement démographique. Comment jugez-vous cette idée ?
    Nous en avons absolument besoin. Que ce soit pour l’emploi, pour les demandeurs d’asile, pour les réinstallations pour raison humanitaire. Pour les étudiants, les chercheurs, tout cela est très bien. Néanmoins, l’Europe développe aujourd’hui une vision très utilitariste des voies légales de travail avec sa « carte bleue » et ses programmes de recrutement dans les pays tiers. Très sélective, l’Europe ne veut prendre que des personnes dont elle a besoin pour combler les pénuries et les lacunes du marché du travail, et uniquement ceux qui disposent d’assez des compétences. Les personnes hautement qualifiées peuvent venir. Il s’agit d’une approche très discriminatoire, qui laisse de côté certaines personnes qui n’ont pas accès à ces canaux de recrutement. En particulier les personnes originaires d’Afrique et du Moyen-Orient.

    #Covid-19#migrant#migration#UE#immigration#economie#vieillissement#sante#refugie#frontex

  • The Hellenic Data Protection Authority fines the Ministry of Migration and Asylum for the “Centaurus” and “Hyperion” systems with the largest penalty ever imposed to a Greek public body

    Two years ago, in February 2022, Homo Digitalis had filed (https://homodigitalis.gr/en/posts/10874) a complaint against the Ministry of Immigration and Asylum for the “#Centaurus” and “#Hyperion” systems deployed in the reception and accommodation facilities for asylum seekers, in cooperation with the civil society organizations Hellenic League for Human Rights and HIAS Greece, as well as the academic Niovi Vavoula.

    Today, the Hellenic Data Protection Authority identified significant GDPR violations in this case by the Ministry of Immigration and Asylum and decided to impose a fine of €175.000 euro – the highest ever imposed against a public body in the country.

    The detailed analysis of the GDPR highlights the significant shortcomings that the Ministry of Immigration and Asylum had fallen into in the context of preparing a comprehensive and coherent Data Protection Impact Assessment, and demonstrates the significant violations of the GDPR that have been identified and relate to a large number of subjects who have a real hardship in being able to exercise their rights.

    Despite the fact that the DPA remains understaffed, with a reduced budget, facing even the the risk of eviction from its premises, it manages to fulfil its mission and maintain citizens’ trust in the Independent Authorities. It remains to be seen how long the DPA will last if the state does not stand by its side.

    Of course, nothing ends here. A high fine does not in itself mean anything. The Ministry of Immigration and Asylum must comply within 3 months with its obligations. However, the decision gives us the strength to continue our actions in the field of border protection in order to protect the rights of vulnerable social groups who are targeted by highly intrusive technologies.

    You can read our press release here: https://homodigitalis.gr/wp-content/uploads/2024/04/PressRelease_%CE%97omoDigitalis_Fine-175.000-euro_Hellenic_Data_Protec

    You can read Decision 13/2024 on the Authority’s website here: https://www.dpa.gr/el/enimerwtiko/prakseisArxis/aytepaggelti-ereyna-gia-tin-anaptyxi-kai-egkatastasi-ton-programmaton

    https://homodigitalis.gr/en/posts/132195

    #Grèce #surveillance #migrations #réfugiés #justice #amende #RGDP #données #protection_des_données #camps_de_réfugiés #technologie

    • Griechenland soll Strafe für Überwachung in Grenzcamps zahlen

      Wie weit darf die EU bei der Überwachung von Asylsuchenden an ihren Grenzen gehen? Griechenland testet das in neuen Lagern auf den Ägäischen Inseln. Nun hat die griechische Datenschutzbehörde dafür eine Strafe verhängt. Bürgerrechtler:innen hoffen auf eine Entscheidung mit Signalwirkung.

      Doppelter „Nato-Sicherheitszaun“ mit Stacheldraht. Kameras, die selbst den Basketballplatz und die Gemeinschaftsräume rund um die Uhr im Blick haben. Drohnen sorgen für Überwachung aus der Luft. Das Lager auf Samos, das die griechische Regierung 2021 mit viel Getöse eröffnet hat, gleicht eher einem Gefängnis als einer Erstaufnahme für Asylsuchende, die gerade in Europa gelandet sind.

      Das Überwachungssystem, das in diesem und vier weiteren Lagern auf den griechischen Inseln für „Sicherheit“ sorgen soll, heißt Centaurus. Die Bilder aus den Sicherheitskameras und Drohnen laufen in einem Kontrollzentrum im Ministerium in Athen zusammen. Bei besonderen Situationen sollen auch Polizeibehörden oder die Feuerwehr direkten Zugang zu den Aufnahmen bekommen. Mit dem System Hyperion wird der Zugang zum Lager kontrolliert: biometrischen Eingangstore, die sich nur mit Fingerabdrücken öffnen lassen.

      Für den Einsatz dieser Technologien ohne vorherige Grundrechtsprüfung hat das Ministerium nun eine Strafe kassiert. Die griechische Datenschutzaufsicht sieht einen Verstoß gegen Datenschutzgesetze in der EU (DSGVO). In einem lang erwarteten Beschluss belegte sie vergangene Woche das Ministerium für Migration und Asyl mit einem Bußgeld von 175.000 Euro.
      Erst eingesetzt, dann Folgen abgeschätzt

      Zwei konkrete Punkte führten laut Datenschutzbehörde zu der Entscheidung: Das Ministerium hat es versäumt, rechtzeitig eine Datenschutz-Folgenabschätzung zu erstellen. Gemeint ist damit eine Bewertung, welche Auswirkungen der Einsatz der Überwachung auf die Grundrechte der betroffenen Personen hat. Es geht um die Asylsuchenden, die in den Lagern festgehalten werden, aber auch Angestellte, Mitarbeitende von NGOs oder Gäste, die das Lager betreten.

      Eine solche Abschätzung hätte bereits vor der Anschaffung und dem Einsatz der Technologien vollständig vorliegen müssen, schreibt die Aufsichtsbehörde in ihrer Entscheidung. Stattdessen ist sie bis heute unvollständig: Ein Verstoß gegen die Artikel 25 und 35 der Datenschutzgrundverordnung, für die die Behörde eine Geldbuße in Höhe von 100.000 Euro verhängt.

      Zusätzlich wirft die Behörde dem Ministerium Intransparenz vor. Dokumente hätten beispielsweise verwirrende und widersprüchliche Angaben enthalten. Verträge mit den Unternehmen, die die Überwachungssysteme betreiben, hätte das Ministerium mit Verweis auf Geheimhaltung gar nicht herausgegeben, und damit auch keine Details zu den Bedingungen, zu denen die Daten verarbeitet werden. Wie diese Systeme mit anderen Datenbanken etwa zur Strafverfolgung verknüpft sind, ob also Aufnahmen und biometrische Daten auch bei der Polizei landen könnten, das wollte das Ministerium ebenfalls nicht mitteilen. Dafür verhängte die Aufsichtsbehörde weitere 75.000 Euro Strafe.
      Ministerium: Systeme noch in der Testphase

      Das Ministerium rechtfertigt sich: Centaurus und Hyperion seien noch nicht vollständig in Betrieb, man befinde sich noch in der Testphase. Die Aufsichtsbehörde habe nicht bedacht, dass „die Verarbeitung personenbezogener Daten nicht bewertet werden konnte, bevor die Systeme in Betrieb genommen wurden“. Hinzu kämen Pflichten zur Geheimhaltung, die sich aus den Verträgen mit den Unternehmen hinter den beiden Systemen ergeben.

      Die Behörde hat das nicht durchgehen lassen: Rein rechtlich mache es keinen Unterschied, ob ein System noch getestet wird oder im Regelbetrieb sei, schriebt sie in ihrer Entscheidung. Die Abschätzung hätte weit vorher, nämlich bereits bei Abschluss der Verträge, vorliegen müssen. Noch dazu würden diese Verstöße eine große Zahl an Menschen betreffen, die sich in einer besonders schutzlosen Lage befänden.

      Abschalten muss das Ministerium die Überwachungssysteme allerdings nicht, sie bleiben in Betrieb. Es muss lediglich binnen drei Monaten den Forderungen nachkommen und fehlende Unterlagen liefern. Das Ministerium kündigt an, die Entscheidung rechtlich überprüfen und möglicherweise anfechten zu wollen.
      Geheimhaltungspflicht keine Ausrede

      „Die Entscheidung ist sehr wichtig, weil sie einen sehr hohen Standard dafür setzt, wann und wie eine Datenschutz-Folgenabschätzung erfolgreich durchgeführt werden muss, sogar vor der Auftragsvergabe“, sagt Eleftherios Helioudakis. Er ist Anwalt bei der griechischen Organisation Homo Digitalis und beschäftigt sich mit den Auswirkungen von Technologien auf Menschenrechte. Eine Beschwerde von Homo Digitalis und weiteren Vereinen aus dem Jahr 2022 hatte die Untersuchung angestoßen.

      Helioudakis sagt, die Entscheidung mache deutlich, dass mangelnde Kommunikation mit der Datenschutzbehörde zu hohen Geldstrafen führen kann. Außerdem sei nun klar: Das Ministerium kann Vertragsklauseln zum Datenschutz nicht aus Gründen der Geheimhaltung vor der Datenschutzbehörde verbergen, denn für deren Untersuchungen ist die Geheimhaltungspflicht aufgehoben – wie es die DSGVO vorsieht. Das Urteil der Behörde beziehe sich zudem erst mal nur auf die Mängel bei der Einführung der Systeme, so der Bürgerrechtler. Es könnten also neue Fälle bei der Datenschutzbehörde anhängig gemacht werden.

      Die Sanktionen sind laut der Hilfsorganisation Hias die höchsten, die die Datenschutzbehörde je gegen den griechischen Staat verhängt hat. In der Summe fallen die Strafzahlungen allerdings gering aus. Sind die Datenschutzregeln der EU wirklich das geeignete Instrument, um die Rechte von Asylsuchenden zu schützen? Eleftherios Helioudakis sagt ja. „Die gesetzlichen Bestimmungen der Datenschutz-Grundverordnung sind Instrumente, mit denen wir die Bestimmungen zum Schutz personenbezogener Daten praktisch durchsetzen können.“ Es gebe keine richtigen und falschen Ansätze. „Wir können die uns zur Verfügung stehenden juristischen Instrumente nutzen, um unsere Strategie zu bündeln und uns gegen übergriffige Praktiken zu wehren.“

      Die Lager auf den Ägäischen Inseln werden vollständig von der EU finanziert und gelten als „Modell“. Nach ihrem Vorbild plant die EU in den kommenden Jahren weitere Lager an ihren Außengrenzen zu errichten. Die Entscheidung der griechischen Datenschutzaufsicht wird von der Kommission vermutlich mit Interesse verfolgt. Sie macht deutlich, unter welchen Voraussetzungen Überwachungstechnologien in diesen Camps eingesetzt werden können.

      https://netzpolitik.org/2024/panopticon-fuer-gefluechtete-griechenland-soll-strafe-fuer-ueberwachung

  • EFFECTS OF EXTERNALISATION IN TUNISIA. Racism, Ordeal of Migrants and No End in Sight

    Extreme violence and an openly racist policy against Black people have been ongoing in Tunisia for more than a year now. The already existing racism in Tunisia escalated in the beginning of 2023, catalysed by a racist and discriminatory speech against people on the move from sub-Saharan Africa, which the Tunisian President Kais Saied gave on February 21. In the days following the speech, groups of marginalised young men targeted Black people in different Tunisian cities. Black people were subjected to acts of violence, including pogroms of armed mobs. They faced several forms of institutional violence like racial profiling and arbitrary detention by security forces. Even valid residence papers did not protect Black people from violence: numerous people were arrested regardless of their residence status. Some were seriously injured, houses were set on fire and an unknown number of people disappeared. Many found themselves without shelter and food and were deprived of their right to health and transportation.

    The ongoing violence culminated in illegal mass deportations to the desert areas bordering Libya and Algeria executed by Tunisian authorities. In July 2023 alone, Al Jazeera reported in a video that about 1.200 Black people were stuck at the Libyan border without food, water, and shelter. Since then, numerous deaths have been recorded and deportation to the border areas are still ongoing. Simultaneously, departures from Tunisia to Europe increased massively in summer 2023. During the four summer months alone, more than 83,000 people crossed the sea – figures that we have not seen in this region since around the mid-2010s – and besides people from Sub-Saharan countries were Tunisians themselves. In April 2023, civil search and rescue organisations and migrant solidarity networks voiced in a joint statement that Tunisia is neither a safe country of origin nor a place of safety for those rescued at sea. Violence and insecurity remain; in the following part we aim to provide an overview of the current situation.

    In reaction to the increased number of crossings, border violence along the Tunisian route increased and means of control of migratory movements were reinforced. On the water, the number of interceptions by the Tunisian coast guard, with nearly 70,000 interceptions in 2023, doubled as compared to the year before. Reports of the violent behaviour of the Tunisian coast guard – boats being pushed away and rammed, people being beaten with sticks and intimidated with gunshots, coast guard stealing engines from rubber dinghies and leaving people adrift at sea – are piling up.

    What can be further observed is that the Tunisian coast guard is more actively involved in the EU-implemented “push-back by proxy regime” in the Central Mediterranean, which means that the EU is outsourcing interceptions at sea to non-European actors to reduce the number of crossings. A detailed analysis published by the CivilMRCC elaborates how four elements – strengthening the capacities of the Tunisian coastguard (equipment and training), setting up a coastal surveillance system, creating a functional MRCC, and declaring a Tunisian Search and Rescue Region – are used by the European Union and its member states to replicate in Tunisia the regime of refoulement by proxy set up in Libya just a few years earlier.

    After being intercepted and brought back to land, the Central Mediterranean Analysis by the Alarm Phone, published in February 2024 states that “the deportation of people intercepted at sea by the Tunisian coastguards has become a systematic practice in recent months.” The situation for Black migrants is far from being safe on land as well. After the peak of deportations of Black migrants to the Libyan-Tunisian and Algerian-Tunisian border zones in July and September 2023, which we have also documented on migration-control.info, expulsions continue, as the Tunisian civil rights organisation FTDES reports. At the Libyan border, people are handed over by Tunisian authorities to Libyan militias, where they end up in detention centers run by armed groups. Deportations to the Algerian border zone also continue in Tunisia’s west. It is hard to assess the number of deportations, as most of the time the Tunisian authorities rob sub-Saharans, take their money, and confiscate their cell phones. Migrants therefore have little chance of providing evidence of these illegal deportations.

    In addition, chain deportations from Tunisia via Algeria to Niger are documented. Algeria’s long-standing illegal practice of deporting people to Niger has been well documented by the Alarm Phone Sahara. In October 2023, the APS reported that the “practice of pushbacks continues to this day, and many of the people who found themselves stranded in Niger after being deported from Algeria report that they were already in Tunisia beforehand and had been deported from there to the Algerian border.” The activist group confirmed its observations in December, drawing on an interview with a “Guinean migrant who was initially in Tunisia, pushed back to Algeria and then pushed back to Niger.” According to an article published by the Guardian in mid-March 2024, this deportation practice has led to the separation of children from their parents by the police. “Their mums and dads go out to beg and then the police catch them and take them to Algeria,” a person is quoted in the article. In 2023, almost 1,500 unaccompanied children approached the Tunisian offices of the UNHCR to seek support.

    Then there are also those who have fled their countries of origin, for whom the living conditions in Tunisia are so terrible that they would rather return than remain in Tunisia. In 2023, the International Organisation for Migration (IOM) repatriated 2,557 migrants. These “voluntary returns” are occurring in a context of violence and impossibility of earning a living, without safe alternatives of staying or moving somewhere else. In fact, the returns cannot be considered “voluntary.”

    The migrants who are still waiting in Tunisia’s coastal areas for an opportunity to cross endure ongoing hardships and face police brutality. In a video posted on March 6, 2024 on X by Refugees in Tunisia, an alliance of migrants in Tunisia, one can see a person walking through olive groves, where many people waiting for a possible departure seek shelter. The video shows destroyed cabins made of plastic sheeting while a person reports that “the police came inside here today, burned our houses down, took some phones, money…They burned down all our houses. It’s not easy for us.”

    Despite these documented violations of human rights, the European Union and its member states continue trying to curb the arrivals by the sea. The big promises that von der Leyen and Meloni made on their visit in Tunis in June 2023 flopped. Tunisia is still not willing to take migrants back and is not in for externalised asylum procedures. Frontex is not welcome. The EU is picking up the pieces. In a document that migration-control.info obtained, the EU admits that apart from delivery of spare parts and equipment for the coast guard, not much else has been achieved. But instead of acknowledging the freedom of movement for all, the EU continues to control migration movements and wants to finance a control center between Libya and Tunisia to limit the mobility of migrants between these countries.

    While acknowledging the ongoing violence exercised by the border regime, 2023’s “little summer of migration” also shows how fragile the European closure is. People could make their way from North Africa to Europe within a very short period and the collective arrivals had the power to tear down institutions of the border regime. In September 2023 in Lampedusa, for example, the hotspot was opened due to the number of arrivals and people were transferred to the mainland quickly from where they could continue their journeys. The people affected, Tunisians, and migrants in Tunisia are constantly opposing the policies violating their human rights.

    In January 2024, Al Jazeera reported on protests by families whose relatives (most of whom were reported to be from the small village of El Hancha in the Sfax Governorate) went missing when trying to leave Tunisia. The families erected roadblocks and burned tires around the village to pressure the authorities to continue their search efforts, and brought their protest to the capital to criticize the “official silence about their missing relatives.” In February, Refugees in Tunisia published a video showing a group of migrants demonstrating in Zarzis, a coastal town in Tunisia’s south, demanding rights and pressuring authorities and international organizations such as the UNCHR to provide humanitarian support and protection. Their organization and protest actions are part of years of migrant and anti-racist struggles in Tunisia and North Africa as well as in the countries of origin and European diasporas.

    When the number of arrivals fell during the winter, mainly due to weather conditions, some analysts linked this to European borderwork. However, just in these days, end of March 2024, quite a few boats arrived in Lampedusa, coming from Tunisia. At the same time, there were reports on an increased number of interceptions and by-land-operations by Tunisian Coastguard and Security forces. So the race between the security forces and migrant movements has started again, in early spring 2024. Let’s support their moving and resistance, let’s continue our struggle against the violence exercised by the border regime and our struggle against the European externalisation. Freedom of Movement for all!

    Further reading:

    - Echoes, Issue 7, July 2023: A Critical Look at the Situation in Tunisia and the New EU-Tunisia Deal
    - migration-control.info, June 2023: “This is a shame for humanity” – Update on the ongoing protest of the Refugees in Tunisia
    - migration-control.info, April 2023: “If we stay here we are going to die”– Testimonies from refugees in Tunisia about their protest sit-in at the UNHCR in Tunis and its violent eviction

    https://civilmrcc.eu/political-developments/effects-of-externalisation-in-tunisia
    #Tunisie #racisme #externalisation_des_frontières #migrations #réfugiés #frontières #racisme_anti-Noirs #violence #renvois #expulsions #désert #abandon_dans_le_désert #Algérie #Libye #déportations

    via @_kg_

  • Niger : afflux « de grande ampleur » de réfugiés du Nigeria, arrivés dans la région frontalière de Maradi - InfoMigrants
    https://www.infomigrants.net/fr/post/56144/niger--afflux-de-grande-ampleur-de-refugies-du-nigeria-arrives-dans-la

    Migrants route migratoire Camps de migrants/réfugiés violences
    Par RFI Publié le : 01/04/2024
    Au Niger, il y a moins d’une semaine, plus de 1 400 Nigérians, fuyant les violences de bandes armées, sont arrivés dans plusieurs villages de la région de Maradi, à la frontière avec le Nigeria, selon les chiffres des Nations unies. Ce déplacement de population, le premier mouvement d’ampleur depuis le début de l’année, fait augmenter les besoins d’aide d’urgence dans la zone. La majorité sont des femmes et des enfants : 1 400 personnes ont ainsi afflué vers trois localités de la région de Maradi, au Niger, en fin de semaine dernière, poussées par des violences entre bandes armées et groupes d’auto-défense qui se sont déroulées, quelques jours plus tôt dans la commune d’Isa, dans l’État de Sokoto, au Nigeria. Les populations ont été sommées de quitter les lieux dans les 72 heures.
    Sur place, au Niger, plusieurs organisations sont à pied d’œuvre pour leur venir en aide. Parmi ces organisations, figure le Conseil norvégien pour les réfugiés. Selon Christelle Huré, responsable plaidoyer au bureau Afrique de l’ouest et centrale, ces personnes ont tout laissé derrière elles : « Pas de biens, pas de nourriture et pas de papiers d’identité. En termes de besoins, il y a bien entendu tout ce qui est nourriture, mais des besoins aussi en termes d’abri, en matière de santé et en matière d’accès à l’eau. Les nouveaux déplacements posent aussi des défis importants en termes de gestion des ressources pour les communautés qui sont déjà sur place et qui sont déjà très pauvres ».
    En plus de l’aide d’urgence, les réfugiés doivent être relocalisés, plus loin de la zone frontalière, pour des raisons de sécurité. « C’est un mouvement de grande ampleur mais ce n’est pas le premier afflux de réfugiés. Par conséquent, le Haut-commissariat aux réfugiés (HCR) est déjà organisé pour relocaliser ces personnes, notamment dans le village de Chadakori. Il les relocalise dans des zones jugées plus sécurisées et où ils peuvent aussi avoir davantage accès à l’aide », ajoute Christelle Huré. Le mois dernier, le HCR recensait plus de 62 000 réfugiés nigérians dans la région de Maradi.

    #Covid-19#migrant#migration#nigeria#niger#refugie#frontiere#HCR#maradi#crise#violence#sante

  • Schengen in Sights, EU and #Frontex Overlook Violent Bulgarian Pushbacks

    Internal documents show Frontex and the European Commission are well aware of Bulgaria’s dire human rights record on its border with Turkey, but the EU’s executive arm had other priorities – expanding Schengen.

    n August 2022, a report landed on the desk of the Fundamental Rights Office, FRO, the internal human rights watchdog of the European Union’s border agency, Frontex.

    Written by an unnamed Frontex officer posted to Bulgaria’s border with Turkey, the report recounted a mission undertaken by the officer at their own initiative to document the treatment of migrants and refugees at the hands of Bulgarian border officers.

    The report, obtained by BIRN, makes for grim reading.

    “It has been suggested that, allegedly … they leave them naked and take all of their belongings,” reads one line of the report. Another spoke of asylum seekers being “forced to swim back to Turkey, even if they do not have the skills or strength to do it”.

    Migrants and refugees, mainly from the Middle East, North Africa or Asia, are routinely referred to as “Taliban” and sometimes reportedly bitten by police dogs or shot at, the report said.

    But despite the prevalence of such practices, the author said that migrants are not fingerprinted or asked for their basic info, nor are there recordings or reports, “no traces” of these “interventions”. The author sourced the information in the report to conversations with 10 Bulgarian border officers.

    Frontex border guards, the officer wrote, are intentionally kept away from “’hot’ points’ where such pushbacks usually occur. “They [Bulgarian border officers] have instructions not to allow FRONTEX to see anything or they would have to do an official report.”

    In a written response, also seen by BIRN, the Bulgarian Chief Directorate of the Border Police said it had found no information concerning “unethical behaviour” by its border officers.

    The report, however, joined a pile of evidence that leaves Frontex once more vulnerable to accusations it has been overlooking systematic abuses of human rights on Europe’s borders.

    Dozens of internal Frontex and European Commission documents, given to BIRN under EU Freedom of Information rules, point to serious neglect on the part of not just Bulgarian authorities but EU officials as well when it comes to addressing evidence of grave and persistent human rights violations on Bulgaria’s borders, evidence that appears to have been swept under the carpet in the process of bringing the country into Europe’s passport-free Schengen zone.

    Previously blocked by the Netherlands and Austria due to concerns over “irregular” immigration and corruption, Bulgaria and Romania were granted partial accession, via air and sea borders, late last year, with the decision due to enter into force at the end of March.

    Despite already being implicated in pushbacks in Greece, BIRN’s investigation poses fresh questions of Frontex’s ability to guarantee human rights in operations it is part of, even after new executive director Hans Leijtens reportedly promised to “restore trust” in the agency when his appointment was announced in January 2023.

    “It is astonishing that an EU Agency is still unable to uphold EU law after so many institutional investigations, reports, recommendations and warnings,” said Tineke Strik, a Dutch MEP and member of a European parliamentary group tasked with scrutinising the work of Frontex.

    Decrying what she called “systematic shortcomings”, Strik told BIRN: “This shows that even though the Agency has a new director, problems are far from being solved.”

    Bulgaria had “an order” in terms of what it needed to do to clinch Schengen membership, said Diana Radoslavova, director of the Sofia-based non-profit Centre for Legal Aid “Voice in Bulgaria”.

    “It is the border which has to be effectively closed,” she said. “In order to fulfil this order we do whatever it takes, in extreme violation of human rights.”
    ‘Public secret’

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    Leijtens replaced Fabrice Leggeri, who resigned in April 2022 over the findings of the EU’s anti-fraud watchdog, OLAF, that Frontex had violated internal rules intended to protect human rights by its involvement in pushbacks in Greece and Malta, and that senior leadership knew.

    The new leadership promised change, but a trove of documents obtained by BIRN points to multiple ‘serious incident reports’ registered by the FRO up to mid-2023; they contain graphic details of alleged brutality inflicted by Bulgarian border officers involved in Frontex operations, including individuals being beaten with sticks, forced to strip naked, robbed of their belongings, verbally abused, and harmed by police dogs. And then they are forced to cross back into Turkey.

    The evidence was so compelling that, in an ‘overview’ of serious incident reports, or SIRs, covering 2022 and part of 2023, the FRO, headed by Jonas Grimheden, wrote that “so-called pushbacks, often involving high levels of violence and other inhuman or degrading treatment, are a regular practice by the Bulgarian border police.”

    Frontex increased its presence on the ground in Bulgaria under Joint Operation Terra, which was launched in early 2022. By the end of that year, Bulgaria’s interior minister at the time, Ivan Demerdzhiev, said Bulgaria had prevented 160,000 migrants from entering EU territory; another 165,000 “illegal entry attempts” were thwarted between January and October 2023, current minister Kalin Stoyanov was reported as saying.

    Iliana Savova, director of the Refugees and Migrants Programme at the Bulgarian Helsinki Committee, said this was untrue.

    “We claim, according to our sources and our regular analysis, that those people have been intercepted inside the country. So we are not talking about prevented entry, but about return, an informal one” she told BIRN. “We all know what the term is: ‘pushback.’”

    According to data produced by the Bulgarian Helsinki Committee under a tripartite asylum monitoring and support agreement with the United Nations refugee agency and the Bulgarian border police, in 2022 alone there were 5,268 alleged pushbacks involving 87,647 persons.

    “It is a public secret that people are being pushed back,” a senior government official told BIRN on condition of anonymity. “There are orders.”

    The interior ministry, however, said that only “isolated cases” of pushbacks had been confirmed and each one investigated. Most allegations are “unfounded”, it told BIRN.

    “The smugglers tell migrants to file alerts in order to compromise the reception system, driven by their willingness to continue their journey to Western Europe – their desired destination,” the ministry said.
    Child vanished

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    In the wake of the pushback scandal in Greece and Leggeri’s departure, FRO’s Grimheden grew increasingly concerned that Frontex could also be “indirectly implicated” in rights violations in Bulgaria, according to a FRO report to Frontex management.

    According to internal emails seen by BIRN, in early December 2022, three months before Leijtens took over, Grimheden’s office circulated a report among senior Frontex officials at its Warsaw headquarters concerning the alleged disappearance of a boy detained by two Frontex officers in a forest along Bulgaria’s border. The officers had “handed over” the boy to Bulgarian border guards, and he vanished without a trace, the report stated.

    FRO warned that the boy, a minor, “might have been unlawfully removed and expelled from Bulgarian territory by Bulgarian officers”. The child’s fate remains unknown, Grimheden told BIRN in January.

    Asked for a response, Bulgaria’s interior ministry told FRO in October 2022 that it had no record of an “illegal migrant detained” in the reported area. FRO took its concerns to Aija Kalnaja, who at the time was Frontex’s acting director after Leggeri had left.

    In an email, Kalnaja, a Latvian former police officer, replied: “Shame I missed it earlier, met in the Council the minister and I could have raised it. Oh well, it is what it is.” The Council Kalnaja referred to was attended by Bulgaria’s then interior minister, Demerdzhiev.

    In mid-February 2023, still officially the Frontex acting director, Kalnaja raised the FRO’s concerns with the then head of Bulgaria’s border directorate, Rositsa Dimitrova.

    Kalnaja “encouraged” Dimitrova to grant Frontex officers access to “first line checks and border surveillance activities”, and noted there are “serious concerns regarding allegations of fundamental rights violations that need to be proactively addressed”.

    Dimitrova brushed aside the worries, insisting that “respect of the fundamental rights of third-country nationals is a top priority” for her directorate.

    In a response to BIRN, Bulgaria’s interior ministry said the border police and its new leadership “do not tolerate cases of abuse and violence against persons crossing the border illegally” and that all allegations with sufficient information to be verified are investigated.

    In the first 10 months of 2023, five border guards were punished for ethics violations, the ministry said in an answer to an FOI request.

    Some experts, however, doubt the ministry’s rigour in investigating its own.

    “All reports drown and all answers are: this never happened,” said Savova. “We have been facing this phenomenon for 20 years.”
    ‘They threw me in the canal’

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    A 16-year-old asylum seeker from Syria, speaking via a translator on condition of anonymity, described to BIRN his own experience of unlawful detention and pushback.

    In late spring 2022, more than a decade into a devastating civil war in Syria, the then 15-year-old entered Bulgaria irregularly and went to an open reception centre for refugees and migrants in the capital, Sofia, to submit a claim for asylum. Instead of being registered and provided with information regarding his rights, the boy said he was taken to a building that resembled a “prison”.

    That night, he said he was driven with dozens of other people in border police cars to the border with Turkey, 300 kilometres away.

    “They made us walk to the fence that had cameras on it,” he said. “After we passed the fence, there was something like a canal … and we had to crawl through it. While we were crawling, they were hitting the people. Everyone.”

    “I had 20 lev [some 10 euros] with me and I told them, ‘Take it, take whatever I have, just don’t beat me.’ They took everything and hit me on the back, on the head.”

    Two days after Leijtens took over from Kalnaja at the start of March 2023, the FRO drafted a letter that it suggested Leijtens send “in whole or part” to Dimitrova.

    The FRO did not hold back. In its letter, the office highlighted “persisting allegations of irregular returns (so-called ‘pushbacks’), accompanied by serious allegations of mistreatment and excessive use of force by national border police against migrants”. It demanded Frontex officers to “be more effectively used” in the areas “where allegations of fundamental rights are reported”, better cooperation with the FRO, and independent investigations of rights violations.

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    But the letter was never sent, BIRN has found based on FOI requests and communication with the Frontex press office.

    Instead, the documents obtained by BIRN indicate that concerns about large-scale mistreatment of migrants in Bulgaria have been brushed aside in the process of bringing Bulgaria into the Schengen zone, something the European Commission, the EU’s executive arm, has long wanted.
    ‘Repeated’ pushbacks

    Early last year, Bulgaria and Romania, both of which have been seeking to join the Schengen zone for the more than a decade, were “volunteering” countries to pilot a scheme to prevent “irregular arrivals” and strengthen “border and migration management” via “accelerated asylum procedures” and the speedy deportation of those rejected.

    Bulgaria received a total of 69.5 million euros in additional EU funds to implement the project, and Frontex deployed additional border guards and surveillance equipment.

    “All activities under this pilot,” the Commission stressed in a June 2023 annex to the agreement, “are to be conducted in full respect of EU law and fundamental rights, in particular the principle of non-refoulement”.

    But even then, both Frontex and the Commission were well aware of the dire human rights record of the Bulgarian border police.

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    Some two months before the pilot was launched, senior European Commission officials, including the then director for Border, Schengen and Visa affairs under Home Affairs Commissioner Ylva Johansson, met with Dimitrova “to discuss the FRO’s concerns as regards allegations of fundamental rights violations”, according to a so-called ‘flash report’ from a January 2023 Frontex Management Board meeting. The discussion happened on the margins of the board meeting.

    Towards the end of the pilot, and despite progress in terms of Frontex participation in “front-line land patrolling activities”, Grimheden once again alerted Frontex top brass to “repeated allegations of” pushbacks and excessive use of force by Bulgaria’s border police.

    “Yes, we remain concerned and keep stressing this in various ways,” Grimheden told BIRN in January.

    When asked whether the FRO had communicated ongoing concerns about violent pushbacks directly to the Commission, he said FRO “raises concerns on a regular basis” to the Frontex Management Board “where the European Commission is participating” and that “in addition, there are regular exchanges of information”

    Asked whether Leijtens had raised any of the FRO’s findings regarding pushbacks with Bulgarian authorities, Frontex’s press office told BIRN that in cases of reported violations “the matter is escalated to the Executive Director and, when necessary” discussed in Frontex board meetings with state representatives. The press office, however, did not provide any information about Leijtens personally raising these concerns with Bulgarian officials. .

    Despite Grimheden’s repeated warnings about human rights violations, in public the Commission was delighted with Bulgaria’s performance in the pilot.

    “The results are excellent,” Johansson said in October last year, hailing the Bulgarian and Romanian authorities’ efforts at preventing “irregular” migrants from entering EU territory in support of the “absolutely necessary decision” to bring Bulgaria into the Schengen zone.

    A few weeks earlier, Commission President Ursula von der Leyen hailed Romania and Bulgaria’s role in “leading the way – showcasing best practices on both asylum and returns”.

    “So let us finally bring them in – without any further delay,” she said.

    Austria was the last holdout, blocking Bulgaria and Romania’s Schengen accession over concerns about “irregular” migration.

    Strik, the Dutch MEP, said it was clear that the Commission’s “sole purpose” was to “prevent irregular entrance into the EU, and it is willing to do so at any costs, sacrificing fundamental rights and EU values along the ride.”

    “But as long as Bulgaria will cooperate on good terms with the protection of borders and implementation of the pilot project, the Commission is happy to sweep allegations under the carpet or look into the other direction.”

    Asked whether the pilot project was conducted in “full respect” of EU law, a Commission spokesperson stated that the Commission will work with Bulgarian authorities to “further strengthen the existing national independent mechanism to monitor fundamental rights compliance”.

    https://balkaninsight.com/2024/02/26/schengen-in-sights-eu-and-frontex-overlook-violent-bulgarian-pushback
    #push-backs #refoulements #Bulgarie #violence #migrations #réfugiés #frontières #Turquie #BIRN

  • #Mayotte va ériger un « rideau de fer » de technologies civilo-militaires de surveillance

    Le sous-préfet chargé de la lutte contre l’immigration clandestine à Mayotte vient de publier 11 demandes d’information réclamant aux industriels un arsenal impressionnant de technologies de #surveillance pour combattre le « défi migratoire » dans ce département de la #France d’outre-mer.

    Le 10 février dernier, #Gérald_Darmanin a annoncé qu’ « avec le ministre des Armées, nous mettons en place un "#rideau_de_fer" dans l’eau, qui empêchera le passage des #kwassa-kwassa [des #pirogues légères, qui tanguent énormément, et sont utilisées par les passeurs pour convoyer des migrants d’#Anjouan aux #Comores à Mayotte, ndlr] et des #bateaux, beaucoup plus de moyens d’interception, des #radars, et vous verrez un changement radical ».

    Concrètement, ce dispositif consiste en « une nouvelle vague d’#investissements dans des outils technologiques (radars, moyens maritimes…) permettant de déceler et d’interpeller les migrants en mer », précise le ministère de l’Intérieur à France Info.

    Il s’agit du prolongement de l’#opération_Shikandra, du nom d’un redouté poisson baliste du lagon qui défend son territoire et se montre extrêmement agressif envers les poissons et tout animal (plongeurs et nageurs inclus) qui traverse sa zone de nidification en période de reproduction.

    L’opération Shikandra est quant à elle qualifiée par le ministère d’ « approche globale, civilo-militaire, pour relever durablement le défi migratoire à Mayotte », « qui a permis une première vague d’investissements massifs dans ces outils » depuis son lancement (https://www.mayotte.gouv.fr/contenu/telechargement/15319/116719/file/26082019_+DP+Op%C3%A9ration+Shikandra+Mayotte.pdf) en 2019.

    Il était alors question de déployer 35 fonctionnaires supplémentaires à la #Police_aux_frontières (#PAF), plus 26 gendarmes départementaux et sept effectifs supplémentaires pour le greffe du TGI de Mamoudzou, mais également d’affecter 22 personnels supplémentaires aux effectifs embarqués dans les unités maritimes, de remplacer les cinq vedettes d’interception vétustes par huit intercepteurs en parfaites conditions opérationnelles (quatre neufs et quatre rénovés).

    En décembre dernier, Elisabeth Borne a annoncé le lancement, en 2024, du #plan_interministériel_Shikandra 2, contrat d’engagement financier entre l’État et le département doté de plusieurs centaines de millions d’euros jusqu’en 2027 : « Nous investirons massivement dans la protection des #frontières avec de nouveaux outils de #détection et d’#interception ».

    À l’en croire, la mobilisation de « moyens considérables » via la première opération Shikandra aurait déjà porté ses fruits : « Depuis 5 ans, près de 112 000 personnes ont été éloignées du territoire, dont plus de 22 000 depuis le début de l’année ».

    Les derniers chiffres fournis par la préfecture de Mayotte, en octobre 2023, évoquent de leur côté un total de 60 610 reconduites à la frontière (8 127 en 2020, 17 853 en 2021, 17 380 en 2022 et 17 250 en 2023, l’interception de 1 353 kwassa-kwassa, 17 192 étrangers en situation irrégulière interpellés en mer, et 59 789 à terre, la destruction de 622 barques et 424 moteurs, et la condamnation à de la prison ferme de 285 passeurs.

    https://next.ink/130597/mayotte-va-eriger-un-rideau-de-fer-de-technologies-civilo-militaires-de-survei
    #murs #barrières_frontalières #migrations #réfugiés #chiffres #statistiques #complexe_militaro-industrielle #technologie #frontières #militarisation_des_frontières

  • La commemorazione ipocrita di Bologna per la strage di Cutro

    I familiari delle vittime e le organizzazioni solidali: «Questa memoria distorta non ci appartiene»

    Ieri a Bologna il sindaco, Matteo Lepore, insieme al sindaco di Cutro, Antonio Ceraso, hanno sfilato sulle tombe di 15 delle persone afghane morte nella strage di Cutro che sono state seppellite a Borgo Panigale. Hanno parlato di memoriali, umanità e tante belle cose. Nessun riferimento alle famiglie o ai sopravvissuti che ovviamente non sono stati invitati né contattati. Dimenticati e invisibilizzati, ancora una volta.

    Un gesto – come hanno spiegato i familiari delle vittime e diverse organizzazioni solidali in un comunicato 1 – considerato ipocrita, con la presenza di una persona come il sindaco di Cutro che ha insultato la memoria di vittime, sopravvissuti e famiglie incidendo anche nella pietra parole criminalizzanti contro le persone in movimento.

    «Non possiamo rimanere indifferenti», hanno scritto spiegando le proprie ragioni:

    «Proprio all’indomani delle denunce che familiari e sopravvissuti hanno espresso a Crotone lo scorso febbraio riguardo le omissioni di soccorso e le responsabilità da parte delle autorità competenti, apprendiamo dell’ennesimo oltraggio da parte di alcune istituzioni che indegnamente tentano di appropriarsi dei luoghi di culto dove sono state sepolte le vittime, luoghi in cui le stesse famiglie residenti in Iran, Afganistan o Pakistan non hanno mai potuto recarsi e della cui commemorazione non sono state rese partecipi.

    Non dimentichiamo l’ospitalità rivolta al consiglio dei ministri, alle persone di Salvini Piantedosi e il primo ministro Meloni che, a poche ore dal massacro, si recavano negli spazi comunali di Cutro per approvare un decreto nominato con il luogo della strage.
    – Non dimentichiamo l’abbandono dei familiari e dei sopravvissuti in quei giorni di disperazione e rabbia, da chi non ha trovato nemmeno un minuto per porgere loro cordoglio e assistenza.
    – Non dimentichiamo come la decisione presa dall’alto che quelle bare dovessero essere destinate a Bologna senza il consenso delle famiglie, sia stata scongiurata solo da chi, con i propri corpi, poteva opporsi davanti al Palamilone di Crotone.
    – Non dimentichiamo il trattamento disumano riservato ai sopravvissuti collocati nel Cara di Crotone.

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    La commemorazione ipocrita di Bologna per la strage di Cutro

    I familiari delle vittime e le organizzazioni solidali: «Questa memoria distorta non ci appartiene»
    11 Marzo 2024
    Ph: Mem. Med - Memoria Mediterranea

    Ieri a Bologna il sindaco, Matteo Lepore, insieme al sindaco di Cutro, Antonio Ceraso, hanno sfilato sulle tombe di 15 delle persone afghane morte nella strage di Cutro che sono state seppellite a Borgo Panigale. Hanno parlato di memoriali, umanità e tante belle cose. Nessun riferimento alle famiglie o ai sopravvissuti che ovviamente non sono stati invitati né contattati. Dimenticati e invisibilizzati, ancora una volta.

    Un gesto – come hanno spiegato i familiari delle vittime e diverse organizzazioni solidali in un comunicato 1 – considerato ipocrita, con la presenza di una persona come il sindaco di Cutro che ha insultato la memoria di vittime, sopravvissuti e famiglie incidendo anche nella pietra parole criminalizzanti contro le persone in movimento.

    «Non possiamo rimanere indifferenti», hanno scritto spiegando le proprie ragioni:

    «Proprio all’indomani delle denunce che familiari e sopravvissuti hanno espresso a Crotone lo scorso febbraio riguardo le omissioni di soccorso e le responsabilità da parte delle autorità competenti, apprendiamo dell’ennesimo oltraggio da parte di alcune istituzioni che indegnamente tentano di appropriarsi dei luoghi di culto dove sono state sepolte le vittime, luoghi in cui le stesse famiglie residenti in Iran, Afganistan o Pakistan non hanno mai potuto recarsi e della cui commemorazione non sono state rese partecipi.

    Non dimentichiamo l’ospitalità rivolta al consiglio dei ministri, alle persone di Salvini Piantedosi e il primo ministro Meloni che, a poche ore dal massacro, si recavano negli spazi comunali di Cutro per approvare un decreto nominato con il luogo della strage.
    Non dimentichiamo l’abbandono dei familiari e dei sopravvissuti in quei giorni di disperazione e rabbia, da chi non ha trovato nemmeno un minuto per porgere loro cordoglio e assistenza.
    Non dimentichiamo come la decisione presa dall’alto che quelle bare dovessero essere destinate a Bologna senza il consenso delle famiglie, sia stata scongiurata solo da chi, con i propri corpi, poteva opporsi davanti al Palamilone di Crotone.
    Non dimentichiamo il trattamento disumano riservato ai sopravvissuti collocati nel Cara di Crotone.

    Dopo un anno, in cui ricordiamo non solo le oltre 105 persone morte e disperse la notte del 26 Febbraio 2023, ma tutte coloro che ogni giorno scompaiono alle frontiere interne ed esternalizzate o sopravvivono a politiche razziste, siamo testimoni di quanta violenza continui ancora e ininterrottamente ad insinuarsi oltre la morte e nella vita di chi resta, nel dolore d’una ferita che non rimargina.

    Crediamo in una Memoria distante da strumentalizzazioni politiche che si è espressa alcune settimane fa nella commemorazione a Crotone, dove abbiamo ascoltato il grido alto e chiaro di famiglie e sopravvissuti contro i reali responsabili di simili crimini.

    Una memoria che non coincide con quella del sindaco di Cutro, Antonio Ceraso, che nella sua città ha piantato una stele di marmo incidendo nella pietra una storia distorta, che accusa “scafisti” e “trafficanti di esseri umani” di essere i responsabili del massacro. Una narrazione securitaria aderente a quella dei rappresentanti del Governo, come Matteo Piantedosi, che all’indomani della strage criminalizzava le stesse persone migranti morte in mare, salvo poi depositare un fiore sulla tomba di uno di loro, Alì, il più piccolo tra i deceduti, in un ipocrita gesto autoassolutorio.

    «Questa memoria distorta non ci appartiene. Questo atto di offesa al ricordo di chi è morto e di chi ha resistito alla violenza di frontiera ci indigna.»

    Lasciate in pace le salme inumate a Borgo Panigale, la loro presenza che finora avete ignorato o insultato, la loro memoria che nulla ha a che vedere con le commemorazioni istituzionali.

    Che siano familiari e sopravvissuti a recarsi sui luoghi della sepoltura, come chiedono incessantemente da un anno alla politica nazionale e internazionale!

    Saranno loro a custodirne l’ingiustizia e il dolore a monito di quello che è stato fatto.
    Saranno loro – gli esclusi dalla narrazione delle istituzioni – a commemorare i morti di un regime di frontiera che, dal Decreto Legge 50/2023, ancora più ferocemente e impunemente, colpisce le persone in movimento.

    Accanto a famiglie e sopravvissuti continueremo a sostenere la loro lotta per verità e giustizia, contro la mistificazione che criminalizza l’identità e la storia delle persone, contro la strumentalizzazione di chi esercita con violenza un potere non solo sulla vita ma anche sulla morte e sul lutto».

    https://www.meltingpot.org/2024/03/la-commemorazione-ipocrita-di-bologna-per-la-strage-di-cutro

    #commémoration #mémoire #naufrage #mourir_aux_frontières #Cutro #Bologne #morts_aux_frontières #migrations #réfugiés #hypocrisie

    • Non calpestate questa memoria

      Alla luce della commemorazione promossa dal Sindaco di Bologna, Matteo Lepore, prevista domenica 10 marzo 2024 alla presenza del Sindaco di Cutro, Antonio Ceraso, ad un anno dall’arrivo delle 15 salme di persone decedute nella Strage di Steccato di Cutro e inumate nel cimitero di Borgo Panigale, non possiamo restare indifferenti.

      Infatti, proprio all’indomani delle denunce che familiari e sopravvissuti hanno espresso a Crotone lo scorso febbraio riguardo le omissioni di soccorso e le responsabilità da parte delle autorità competenti, apprendiamo dell’ennesimo oltraggio da parte di alcune istituzioni che indegnamente tentano di appropriarsi dei luoghi di culto dove sono state sepolte le vittime, luoghi in cui le stesse famiglie residenti in Iran, Afghanistan o Pakistan non hanno mai potuto recarsi e della cui commemorazione non sono state rese partecipi.

      - Non dimentichiamo l’ospitalità rivolta alle persone di Salvini, Piantedosi, Meloni che, a poche ore dal massacro, si recavano negli spazi comunali di Cutro per il Consiglio dei Ministri e discutere un Decreto nominato con il luogo della strage di stato
      – Non dimentichiamo l’abbandono dei familiari e dei sopravvissuti, in quei giorni di disperazione e rabbia, da chi non ha trovato nemmeno un minuto per porgere loro cordoglio e assistenza
      – Non dimentichiamo come la decisione presa dall’alto che quelle bare dovessero essere destinate a Bologna senza il consenso delle famiglie, sia stata scongiurata solo da chi, con i propri corpi, poteva opporsi davanti al Palamilone di Crotone ad un simile oltraggio
      - Non dimentichiamo il trattamento disumano riservato ai sopravvissuti collocati nel Cara di Isola Capo Rizzuto (KR)

      Dopo un anno, in cui ricordiamo non solo le oltre 105 persone morte e disperse la notte del 26 Febbraio 2023, ma tutte coloro che ogni giorno scompaiono alle frontiere interne ed esternalizzate o sopravvivono a politiche razziste, siamo testimoni di quanta violenza continui ancora e ininterrottamente ad insinuarsi oltre la morte e nella vita di chi resta, nel dolore d’una ferita che non rimargina.

      Crediamo in una Memoria distante da strumentalizzazioni politiche che si è espressa alcune settimane fa nella commemorazione a Crotone, dove abbiamo ascoltato il grido alto e chiaro di famiglie e sopravvissuti contro i reali responsabili di simili crimini.

      Una memoria che non coincide con quella del sindaco di Cutro, Antonio Ceraso, che nella sua città ha piantato una stele di marmo incidendo nella pietra una storia distorta, che accusa “scafisti” e “trafficanti di esseri umani” di essere i responsabili del massacro. Una narrazione securitaria aderente a quella dei rappresentanti del Governo, come Matteo Piantedosi, che all’indomani della strage criminalizzava le stesse persone migranti morte in mare, salvo poi deporre un fiore sulla tomba di uno di loro, Alì, il più piccolo tra i deceduti, in un ipocrita gesto autoassolutorio.

      Questa memoria distorta non ci appartiene. Questo atto di offesa al ricordo di chi è morto e di chi ha resistito alla violenza di frontiera ci indigna.

      Lasciate in pace le salme inumate a Borgo Panigale, la loro presenza che finora avete ignorato o insultato, la loro memoria che nulla ha a che vedere con le commemorazioni istituzionali.

      Che siano familiari e sopravvissuti a recarsi sui luoghi della sepoltura, come chiedono incessantemente da un anno alla politica nazionale e internazionale!

      Saranno loro a custodirne l’ingiustizia e il dolore a monito di quello che è stato fatto.
      Saranno loro – gli esclusi dalla narrazione delle istituzioni – a commemorare i morti di un regime di frontiera che, dalla Legge 50/2023, ancora più ferocemente e impunemente, colpisce le persone in movimento.

      Accanto a famiglie e sopravvissuti continueremo a sostenere la loro lotta per verità e giustizia, contro la mistificazione che criminalizza l’identità e la storia delle persone, contro la strumentalizzazione di chi esercita con violenza un potere non solo sulla vita ma anche sulla morte e sul lutto.


      https://memoriamediterranea.org/comunicato-stampa-10-03-2024

    • A Borgo Panigale commemorazione delle vittime del naufragio di Cutro

      Il Comune di Bologna, in collaborazione con la Comunità Islamica di Bologna, ricorderà le vittime della strage di Cutro, ad un anno dall’arrivo delle prime salme inumate nel cimitero di Borgo Panigale.

      La commemorazione si terrà domenica 10 marzo alle ore 15, con partenza dall’ingresso di via Marco Emilio Lepido, 60, con una camminata silenziosa che attraverserà il cimitero di Borgo Panigale fino al campo islamico, dove riposano quattordici vittime della strage.

      Al termine del percorso ci saranno gli interventi istituzionali dei Sindaci di Bologna Matteo Lepore e di Cutro Antonio Ceraso.
      Il ricordo si concluderà con una funzione religiosa, celebrata dal presidente dell’UCOII, dott. Yassine Lafram, nella sua veste di imam.


      https://www.bolognaservizicimiteriali.it/A-Borgo-Panigale-commemorazione-delle-vittime-del-naufragi

  • Le naufrage de Rohingya en Indonésie révèle une crise humanitaire grandissante
    https://www.lemonde.fr/international/article/2024/03/22/le-naufrage-de-rohingya-en-indonesie-revele-une-crise-humanitaire-grandissan

    Le naufrage de Rohingya en Indonésie révèle une crise humanitaire grandissante
    Par Brice Pedroletti (Bangkok, correspondant en Asie du Sud-Est)
    Le naufrage, mercredi 20 mars, d’un bateau de Rohingya au large des côtes indonésiennes, lors duquel plus d’une cinquantaine de personnes auraient péri, est un nouveau signe de la détresse de cette minorité apatride originaire de Birmanie. Plusieurs milliers de Rohingya ont pris la mer en 2023 sur des embarcations vétustes.
    Or cette crise humanitaire à bas bruit dans les eaux du détroit de Malacca et du golfe du Bengale a tout lieu de s’aggraver : la « révolution birmane » a gagné le nord-est de l’Etat de Rakhine, en Birmanie, où vivent les quelque 650 000 Rohingya restés dans ce pays après le grand exode de 2017.
    Au Bangladesh voisin, où près d’un million de Rohingya vivent dans des camps de réfugiés – dont 750 000 arrivés en 2017 après les atroces massacres perpétrés par l’armée birmane dans l’Arakan (Etat de Rakhine, selon l’appellation officielle), la situation humanitaire n’a cessé de se détériorer. Les Rohingya sont une minorité autochtone de l’Etat de Rakhine, de confession musulmane et ethniquement apparentée aux Bengalis. Mais les dictatures birmanes successives en ont fait des « immigrés illégaux », les privant en 1982 de la citoyenneté birmane.
    Les 75 survivants du 20 mars, en majorité des hommes, entassés sur la coque retournée de leur embarcation au large de Kuala Bubon, sur la côte occidentale d’Aceh (île de Sumatra), ont d’abord été secourus par des pêcheurs, avant que des sauveteurs ne recueillent le lendemain la majorité d’entre eux. Un survivant du nom de Zaned Salim a fait état de cent cinquante personnes embarquées à l’origine, dont beaucoup de femmes et d’enfants, présumés morts noyés. Ils auraient quitté un « centre de réfugiés » malaisien pour tenter de rejoindre l’Australie. Mais ce témoignage reste sujet à caution tant la méfiance règne chez ces damnés de la Terre, rejetés de toute part. La plupart des Rohingya fuient les camps du Bangladesh, mais aussi la Birmanie, pour tenter de gagner la Malaisie, jugée plus tolérante, où 108 500 d’entre eux étaient, en février, enregistrés comme demandeurs d’asile selon l’UNHCR, l’agence des Nations unies pour les réfugiés. Mais la Malaisie ne reconnaît pas ce statut et a durci, ces dernières années, sa politique anti-immigration : beaucoup de Rohingya se retrouvent dans des centres de détention pour migrants illégaux. En février, une centaine d’entre eux s’étaient d’ailleurs évadés d’un de ces centres. L’Australie, elle, envoie les rares réfugiés qui atteignent ses côtes sur l’île de Nauru, dans le Pacifique, dans un centre de traitement des demandes d’asile.
    L’afflux de bateaux de réfugiés rohingya en Indonésie a pris de l’ampleur depuis octobre 2023 : sur les 4 500 qui, selon les estimations de l’UNHCR, ont pris la mer en 2023, 1 500 Rohingya auraient, depuis, accosté sur les rivages de la province d’Aceh. Les morts présumés se comptent par centaines. Or cet afflux suscite une vague de rejet parmi les Acehnais : en novembre, près de 200 Rohingya sinistrés ont été parqués une nuit entière sur une plage de Sabang, sur l’île de Weh, au large de Banda Aceh, la capitale provinciale. Les habitants voulaient les repousser vers la mer.
    Fin décembre, une centaine d’étudiants ont manifesté et pris d’assaut un local où des familles rohingya étaient hébergées à Banda Aceh, poussant l’UNHCR à se déclarer « profondément troublée par l’attaque d’une foule sur un site abritant des familles de réfugiés vulnérables ». Les survivants du 20 mars ont eux aussi vu affluer des villageois avec des pancartes « pas de Rohingya chez nous ».Car depuis novembre, une virulente campagne de haine agrémentée de fake news dépeint sur les réseaux sociaux indonésiens, en particulier TikTok, les Rohingya comme des « voleurs », voire de la « vermine » – reprenant sans aucun recul les stéréotypes racistes et islamophobes diffusés à l’envi par l’armée birmane sur les réseaux sociaux dans les années précédant les massacres de 2016 et 2017. Selon un observateur de l’Internet indonésien consulté par Le Monde en février, certains des messages de haine diffusés à grande échelle remontent à au moins l’un des « influenceurs » de la campagne de Prabowo Subianto, le général qui a gagné l’élection présidentielle indonésienne du 14 février et est vu comme un farouche nationaliste.
    Cruelle ironie : on sait que les Acehnais, de pieux et conservateurs musulmans sunnites comme les Rohingya, ont subi pendant des décennies les exactions de l’armée indonésienne lors de leur combat pour plus d’autonomie, puis furent, après le tsunami dévastateur de 2004, sous perfusion de l’aide internationale durant dix ans. Ce manque d’empathie est dénoncé en Indonésie par des figures progressistes, et des ONG locales viennent en aide aux Rohingya en détresse. Si Djakarta met en avant ses obligations de non-refoulement des réfugiés en perdition, la marine indonésienne a été soupçonnée d’avoir fait la chasse à des bateaux de Rohingya pour qu’ils n’accostent pas.Or les raisons qui poussent les Rohingya à prendre la mer ont tout lieu de se renforcer. Au Bangladesh, les conditions se détériorent dans la trentaine de camps qui les accueille autour de Cox’s Bazar, de l’autre côté de la frontière avec la Birmanie. La criminalité s’y répand, des incendies dévastent des quartiers entiers. Les Nations unies, qui financent les camps, n’ont pu lever en 2023 que la moitié des 876 millions de dollars (809 millions d’euros) nécessaires à leur fonctionnement. Au point que le Programme alimentaire mondial a dû, en mars 2023, réduire progressivement de 12 à 8 dollars mensuels le bon alimentaire attribué à chaque résident du camp, alors même que 40 % des enfants de moins de 5 ans souffrent de malnutrition chronique. Le montant a toutefois pu être réévalué à 10 dollars en janvier.
    En Birmanie, les zones d’habitation des Rohingya, dans le nord-est de l’Etat de Rakhine, comme les villes ghettos de Maungdaw, Buthidaung, et Rathedaung, font l’objet d’intenses combats entre l’armée birmane et l’Armée de l’Arakan. Le groupe rebelle arakanais opposé à la junte a lancé en janvier une offensive massive sur les positions de l’armée, qui recule mais bombarde régulièrement les zones habitées. A Sittwe, la capitale de l’Etat de Rakhine, les combats forcent la population à s’enfuir, mais les Rohingya, pour la plupart parqués dans des camps dans la périphérie, sont à la merci de l’armée birmane. « Il ne reste que des musulmans [rohingya] dans la ville. Ils n’ont nulle part où fuir et n’ont pas de carte d’identité. Le régime les exploite, en a forcé certains à suivre un entraînement militaire », confiait récemment au site birman en exil The Irrawaddy un cadre de l’Armée de l’Arakan. L’armée rebelle s’est dite, le 4 mars, par le truchement d’un porte-parole, prête à accueillir dans les zones libérées les Rohingya qui risquent sinon d’être utilisés comme « boucliers humains » par la junte : celle-ci en aurait recruté de force plusieurs centaines, depuis l’annonce en février de la conscription obligatoire.

    #Covid-19#migrant#migration#birmanie#australie#malaisie#bangladesh#rohinhya#indonesie#refugie#conflit#sante

  • Veilleurs de nuit

    À #Montgenèvre, station de ski idyllique, une immense « chasse aux migrants » se déploie la nuit tombée. Nuit et jour, des bénévoles se relaient pour leur porter secours. Le documentaire propose une immersion dans la maraude le temps d’une nuit.

    « Derrière les pistes de ski de Montgenèvre se cache un tout autre paysage : celui de la périlleuse traversée nocturne empruntée par de nombreux·ses migrant·e·s pour entrer sur le territoire français. Bien que la loi permette aux réfugié·e·s de demander l’asile dès leur arrivée dans le pays, en réalité, beaucoup sont renvoyé·e·s en Italie par les autorités sans même avoir eu la possibilité de déposer une demande. Afin d’exercer leurs droits fondamentaux, ils·elles empruntent des chemins de plus en plus haut dans la montagne, mettant leur vie en danger. Au sommet, des veilleur·euse·s de nuit se tiennent prêt·e·s à leur venir en aide et à les guider vers un lieu de refuge. La réalisatrice Juliette de Marcillac réalise un premier long métrage admirable qui suit le travail des bénévoles et des secouristes qu’elle accompagne lors de maraudes, de patrouilles dans la neige et de rondes en voiture. Grâce à une approche en cinéma direct, elle offre un regard subtil au plus proche de l’engagement d’un précieux réseau solidaire. »

    https://vimeo.com/814187896


    https://www.film-documentaire.fr/4DACTION/w_fiche_film/68075_0
    #frontière_sud-alpine #film #documentaire #film_documentaire #Alpes #maraudes #solidarité #maraudeurs #frontières #migrations #réfugiés #Hautes-Alpes #Briançonnais #France #Italie #maraudes_solidaires

  • #Christian_Estrosi voit sa #condamnation confirmée pour #diffamation envers un universitaire engagé dans une association d’aide aux migrants

    La cour d’appel d’Aix-en-Provence a confirmé ce mercredi 20 mars la condamnation du maire de Nice pour diffamation envers un universitaire azuréen, engagé dans une association d’aide aux migrants.

    Christian Estrosi (Horizons) a vu sa condamnation pour diffamation confirmée ce mercredi 20 mars par la cour d’appel d’Aix-en-Provence, dans les Bouches-du-Rhône.

    #Pierre-Alain_Mannoni, géographe niçois, avait été poursuivi pour avoir brièvement hébergé trois Erythréennes dans un centre de vacances français désaffecté, avant de les conduire en voiture à une gare pour qu’elles puissent être soignées à Marseille.

    Une décision de relaxe en 2017, qui a été définitivement confirmée en 2020, avait provoqué la colère du maire de Nice qui avait alors estimé que Pierre-Alain Mannoni « favorisait le travail des passeurs ».

    « Comment ces individus peuvent-ils nous certifier qu’ils ne font pas rentrer des terroristes sur notre sol en violant la loi comme ils le font ? », avait écrit l’élu sur X, anciennement Twitter. L’élu a depuis quitté ce réseau social.

    #Plainte pour diffamation

    Pierre-Alain Mannoni avait alors porté plainte pour diffamation. En première instance, en juin 2021, le tribunal correctionnel de Nice avait condamné le maire à 3.000 euros d’amende et 5.000 euros de dommages et intérêts.

    En janvier 2022, la cour d’appel d’Aix-en-Provence avait infirmé ce jugement et relaxé M. Estrosi. Mais, en juin 2023, la Cour de cassation avait invalidé cette décision et l’avait renvoyée à la cour d’appel. Mercredi, cette dernière a confirmé le jugement de première instance.

    « Justice a été faite, le maire de la cinquième ville de France a jeté mon client en pâture et il a été sanctionné. » (Maeva Binimelis, avocate de Pierre-Alain Mannoni à l’Agence France-Presse)

    L’avocat de M. Estrosi, Me Gérard Baudoux, a annoncé un nouveau pourvoi en Cassation.

    https://france3-regions.francetvinfo.fr/provence-alpes-cote-d-azur/alpes-maritimes/nice/christian-estrosi-condamne-pour-diffamation-envers-un-u

    #frontière_sud-alpine #asile #migrations #réfugiés #solidarité #criminalisation_de_la_solidarité #justice #Alpes_Maritime

  • Sink the Boats

    The UK government is paying France to ‘Stop the Boats’. Now first-time footage reveals French police have violently intercepted dinghies sailing for Britain, risking the lives of people on board

    For decades, people have tried to reach the UK from northern France in order to claim asylum in Britain. With tightened security at French ports making it harder for stowaways, tens of thousands of people have crossed the English Channel in rubber dinghies, prompting the British government to make stopping the boats one of its top priorities.

    Last year, the UK announced that it would allocate nearly £500m to France over three years to prevent boats from leaving its shores.

    The British government has repeatedly pressured France to intercept the boats at sea. France has previously refused on the basis that it would place lives at risk.

    But in collaboration with Le Monde, The Observer and Der Spiegel, Lighthouse Reports can reveal that French police officers have carried out so-called “pullbacks” in the Channel, in moves experts say mirror the deadly and illegal tactics used in the Aegean and the Central Mediterranean by the Greek and Libyan coast guards.

    We’ve established through sources that the patrol boat used by the French police to carry out at least one of these dangerous manoeuvres was funded by the British.

    Meanwhile, over the last two years there has been a sharp increase in the number of drownings in the sea off northern France where most of the pullbacks have taken place.
    METHODS

    We obtained previously unseen footage, leaked documents and witness testimony showing French police have used aggressive methods to intercept migrant vessels at sea, including circling a small boat, causing waves to flood it; ramming into a small boat while threatening passengers with pepper spray; and puncturing boats while they are already at sea, forcing people to swim back to shore. We were able to geolocate the videos to confirm their veracity.

    We showed the videos to a number of maritime experts, UK Border Force officers and French coast guards, who said the tactics would have clearly endangered the lives of those on board and appeared to be illegal. Leaked maritime documents helped us to establish that these types of interceptions at sea are not compatible with French law.

    We then obtained an additional crucial piece of evidence: a complaint filed by a coast guard officer to the prosecutor about an incident in which French police officers had ordered a National Society of Sea Rescues (SNSM) crew to puncture a migrant dinghy that had already set sail despite the risk of drowning being “obvious and imminent”.

    To find out whether these interceptions were happening on a wider scale, we travelled to Northern France to speak to people on the ground trying to reach the UK in boats. A number of people described having their dinghies slashed by police once they had already set sail.

    We were able to link the hundreds of millions of pounds provided by Britain to France with these tactics when sources confirmed that police patrol vessels, including the exact vessel seen in one of the videos, had been bought by the French with funding provided by the British government.

    An analysis of data by charity Alarm Phone meanwhile showed a sharp increase in the number of people known to have drowned within the vicinity of the French coastline, where most of the pullbacks we documented took place – with one in 2022 compared to five already this year.
    STORYLINES

    We met Satinder* from Punjab, a predominantly Sikh region in northern India, in Calais.

    Five days earlier, he and two friends had tried to make it to Britain by boat. The dinghy was overcrowded with around 46 people, mainly Indians and Afghans, on board. “We sailed for around 10 minutes at dawn without a hitch in an overloaded boat,” he said. “Then a boat came. It was a gendarmerie boat, they had uniforms. They said: ‘Stop the boat’.

    “They went around the boat like in a circle and then they stabbed the boat and left. We had to swim for about 10 minutes […] We nearly died.”

    The two friends Satinder was with in the boat gave matching accounts. We spoke to four other people who recounted similar stories on different occasions.

    “It reminds me of the Greek and Turkish coast guards,” said French customs coast guard Rémi Vandeplanque.”And that’s shameful for the French. If the police continue to use such tactics, there is likely to be a death at some point.”

    https://www.lighthousereports.com/investigation/sink-the-boats
    #Manche #La_Manche #migrations #réfugiés #sauvetages #UK #Angleterre #France #stop_the_boats #externalisation #enquête #contre-enquête #pull-backs #financement #mourir_aux_Frontières #morts_aux_frontières

    • Revealed: UK-funded French forces putting migrants’ lives at risk with small-boat tactics

      Exclusive: newly obtained footage and leaked documents show how a ‘mass casualty event’ could arise from aggressive tactics employed by border forces

      French police funded by the UK government have endangered the lives of vulnerable migrants by intercepting small boats in the Channel, using tactics that search and rescue experts say could cause a “mass casualty event”.

      Shocking new evidence obtained by the Observer, Lighthouse Reports, Le Monde and Der Spiegel reveals for the first time that the French maritime police have tried physically to force small boats to turn around – manoeuvres known as “pullbacks” – in an attempt to prevent them reaching British shores.

      Newly obtained footage, leaked documents and witness testimonies show that the French authorities have used aggressive tactics including circling a migrant boat, causing waves to flood the dinghy; ramming into a small boat while threatening passengers with a large tank of pepper spray; and puncturing boats when they are already at sea, forcing migrants to swim back to shore.

      The French authorities have previously refused the UK’s requests for them to carry out interceptions at sea, stating that they contravened international maritime law. But evidence indicates there has been an escalation in the use of these tactics since last summer.

      Rishi Sunak has pledged to “stop the boats” crossing the Channel and has promised hundreds of millions of pounds to France to pay for more surveillance and border guards to prevent people making the journey. Last Wednesday the government’s safety of Rwanda (asylum and immigration) bill suffered several defeats in the House of Lords, delaying the prime minister’s plan to see flights for Kigali take off until after Easter.

      Ministers claim that the bill will act as a deterrent to all those crossing the Channel from northern France to the UK. In the first video obtained and verified for this investigation, a police boat in Dunkirk harbour circles close to a dinghy holding about 25 people, creating a wake that floods the boat.

      The police vessel is seen advancing towards the dinghy at speed, before turning sharply to create waves, circling and coming back again. Migrants are seen wearing foam-packed lifejackets and attempting to bale water out using their shoes.

      Sources confirmed that the police patrol vessel used to carry out the manoeuvre seen in the video was bought by the French authorities with funding provided by the UK government under the “Sandhurst treaty”, a bilateral border security deal signed at the royal military academy in 2018.

      “This is a textbook pushback – exactly the same as we see in Greece,” said one search and rescue expert who was shown the footage. “That one manoeuvre alone could cause a mass casualty event. The water is deep enough to drown in. I’ve seen this in the central Mediterranean many times, but this is the first time I’ve ever seen anything like this happening in the Channel.”

      Previous evidence has shown how the Greek coastguard has forced boats carrying migrants back into Turkish waters in the Aegean Sea, in some cases by manoeuvring around them at high speed to create waves.

      Two senior UK Border Force sources confirmed that the tactic could lead to multiple deaths and injuries. “If the blades [of the French boat] make contact with the vessel, it will slash right through it,” said one operational Border Force official.

      “The other thing is a collision. The weight and the force of that vessel could ride straight over the top of the rib. It would knock the passengers out, knock them unconscious and into the water. It could potentially lead to death. I can’t believe any mariner could condone that.”

      Maritime experts added that they would be “very surprised” if Border Force and HM Coastguard were not aware of these tactics being used, with one adding: “One hundred per cent, someone high up will definitely be aware of this.”

      In a second video, members of the French gendarmerie drive alongside a dinghy in a speedboat about 12 miles from the French coast, threatening to use a large tank of pepper spray against a boat carrying migrants. They then proceed to ram their vessel into the dinghy. “They don’t even know who’s on board – whether there’s someone asthmatic that you’re using pepper spray against, or pregnant women,” said a Border Force official. “That could really harm people.”

      In evidence of a third attempted pullback, a complaint filed by a member of the French customs coastguard to the public prosecutor in Boulogne-sur-Mer alleges that on 11 August 2023 police officers ordered a National Society of Sea Rescues (SNSM) crew to puncture a small boat that had already set sail. In an email seen by this investigation, the complainant, Rémi Vandeplanque, states that the SNSM crew “obviously refused” to do this, adding that the risk of drowning if they had done so was “obvious and imminent”.

      Testimony from several sources who boarded small boats bound for the UK supports the claims that French police have used such tactics. “There were four of them [French gendarmes] on the boat,” said one man, who was from India. “They went round the boat in a circle and then they stabbed the boat and left. We had to swim for about 10 minutes … We nearly died.” On 9 February 2024, the man lodged a complaint with the French human rights ombudsman. The incident is under investigation.

      Sources within France’s interior ministry have described the UK government’s “enormous pressure on a daily basis” for the French maritime police to prevent small boat departures, with one French civil servant describing the pressure as “intense” and “nonstop”.

      Another senior civil servant, who was in post until the end of 2020, added: “As far as the British were concerned, the boats had to be caught at sea. They sometimes insisted on it.”

      In September last year, then immigration minister Robert Jenrick said in the House of Commons that “there is clearly more that we need the French to do for us”, pointing to a recent trip to Belgium, where he said the authorities had “been willing to intercept in the water small boats leaving its shores”. He added: “That has proven decisive. Small boats from Belgian waters are now extremely rare, so that is an approach that we encourage the French to follow.”

      In August 2021, during a visit to the Greek island of Samos, then home secretary Priti Patel went out on patrol with the Greek coastguard, which is known for its use of aggressive pushbacks in the Aegean.

      “She came back invigorated,” said a Home Office source with knowledge of the trip. “They were very aggressive, had a good success rate of detection and were swift in how they processed them [asylum seekers]. She liked their posturing of ‘protecting borders’ and working with the military, though there was recognition that a lot of this wouldn’t be lawful in the UK.”

      Britain has allocated more than £700m to France to prevent irregular migration since 2014.

      At a summit in March 2023, Sunak announced that Britain would give France £500m over three years to fund additional border guards and a new detention facility, as well as video surveillance cameras, drones and night-vision binoculars, among other equipment.

      The package was, according to several sources at the French interior ministry, a turning point. “This has really put the relationship between the two countries on a contractual footing,” said one senior official.

      Last month the UK signed a working agreement with the European border agency Frontex to bolster intelligence sharing and deploy UK Border Force officials to coordinate the Channel response.

      When contacted by this investigation, the prefecture for the north of France confirmed that a police boat had circled a dinghy and that the aim of the intervention was to “dissuade passengers” from approaching the open sea, adding: “It’s the only time we’ve been able to intercept a small boat using this manoeuvre and it was a deterrent. All the migrants were recovered and the smugglers arrested.”

      A Home Office spokesperson said: “An unacceptable number of people are crossing the Channel and we will do whatever is necessary to end these perilous and fatal journeys. We remain committed to building on the successes that saw arrivals drop by more than a third last year.

      “Not only have we introduced tougher legislation and agreements with international partners, but we continue to work closely with our French counterparts, who are working tirelessly to save lives and stop the boats.”

      https://www.theguardian.com/uk-news/2024/mar/23/uk-funding-french-migrants-small-boat-border-forces

    • Dans la Manche, les techniques agressives de la police pour empêcher les traversées de migrants

      Officiellement, la police a interdiction formelle d’intercepter en mer les embarcations de migrants qui tentent de traverser la Manche. Après plusieurs mois d’enquête, « Le Monde » et ses partenaires de Lighthouse Reports, de « The Observer » et du « Der Spiegel » ont pourtant pu documenter différentes situations où les forces de l’ordre emploient des manœuvres dangereuses à l’encontre de ces « small boats » pourtant déjà à l’eau.

      Il pleut des cordes et la grande tonnelle blanche, sous laquelle plusieurs dizaines de personnes viennent s’abriter, a du mal à supporter le poids de l’eau qui s’accumule. Il est presque 11 heures, dans une zone périphérique de Loon-Plage Nord), ce mardi 12 mars, à l’entrée de l’un des nombreux campements de personnes migrantes présents depuis des années maintenant sur la commune, voisine de Dunkerque.

      Ziko (les personnes citées par leur prénom ont requis l’anonymat), 16 ans, vivote ici depuis cinq mois. Le jeune Somalien a déjà essayé cinq fois de gagner le Royaume-Uni. A chaque fois en bateau. A chaque fois sans succès. Systématiquement, les policiers sont intervenus pour stopper l’embarcation à bord de laquelle lui et d’autres espéraient traverser la Manche. « A chaque fois, ils ont crevé le bateau », se souvient-il.

      Il y a environ deux semaines de cela, les policiers ont fait une manœuvre au large de la plage de Gravelines (Nord) que le jeune homme n’est pas près d’oublier. Les fonctionnaires ont fait obstacle au canot alors qu’il était déjà en mer. « On était à plusieurs dizaines de mètres des côtes quand un bateau pneumatique avec cinq ou six policiers s’est approché et a crevé notre embarcation. » Ziko rapporte que lui et la cinquantaine de passagers sont tous tombés à l’eau. « J’avais de l’eau jusqu’à la poitrine, c’était très dangereux. Il y avait des enfants qui étaient portés à bout de bras par des adultes pour ne pas se noyer. »

      De ses cinq tentatives de traversée, c’est la seule au cours de laquelle le bateau de Ziko a été crevé en mer. Son témoignage, rare, vient percuter la version officielle livrée par les autorités depuis 2018 et l’explosion du phénomène des small boats, ces petites embarcations de migrants dont le but est de rejoindre le Royaume-Uni. Officiellement, la police a interdiction formelle d’intervenir lorsque les small boats sont déjà en mer. Dans une directive à diffusion restreinte du 10 novembre 2022, le préfet maritime de la Manche et de la mer du Nord, Marc Véran, rappelait que « le cadre de l’action des moyens agissant en mer (…) y compris dans la bande littorale des 300 mètres (…) est celui de la recherche et du sauvetage en mer » et « ne permet pas de mener des actions coercitives de lutte contre l’immigration clandestine ».

      Et ce, en dépit de la pression constante sur le littoral : alors que moins de 2 000 personnes ont traversé la Manche en 2019, elles étaient plus de 45 000 en 2022 et près de 30 000 en 2023. Un phénomène qui est devenu un irritant majeur dans la relation franco-britannique.

      Manœuvre dangereuse

      Au terme de plusieurs mois d’enquête, Le Monde, ses partenaires du collectif de journalistes Lighthouse Reports, du journal britannique The Observer et de l’hebdomadaire allemand Der Spiegel ont pourtant pu documenter différentes situations, parfois filmées, où des tactiques agressives similaires à celles que dénonce Ziko ont été employées depuis juillet 2023. D’après nos informations, elles sont même comptabilisées par le ministère de l’intérieur sous la dénomination explicite d’« interceptions en mer ». Des données d’une sensibilité telle qu’elles ne font l’objet d’aucune publicité.

      D’autres que Ziko en témoignent. La Défenseure des droits explique au Monde que quatre saisines sont en cours d’investigation portant sur des interceptions en mer en 2022 et 2023. Par ailleurs, l’inspection générale de la police nationale est saisie depuis l’automne 2023 d’une enquête préliminaire à la suite d’un signalement au parquet de Boulogne-sur-Mer (Pas-de-Calais) effectué par Rémi Vandeplanque, un garde-côte douanier et représentant du syndicat Solidaires.

      Ce dernier rapporte que, le 11 août 2023, au petit matin, un gendarme aurait demandé à un membre d’équipage de la Société nationale de sauvetage en mer (SNSM) de l’aider à percer un bateau au large de la plage de Berck-sur-Mer (Pas-de-Calais) avec une dizaine de personnes à son bord. Une manœuvre dangereuse que le sauveteur a refusé d’effectuer, tout en avisant le centre régional opérationnel de surveillance et de sauvetage (Cross) de Gris-Nez (Pas-de-Calais).

      L’échange a été entendu sur l’un des canaux radio utilisés par le Cross. « En tant que policier, on ne peut pas agir d’une manière qui met la vie d’autrui en danger, affirme Rémi Vandeplanque. On doit respecter les règles. » Sollicitée, la préfecture maritime de la Manche et de la mer du Nord assure que, « si elle est avérée, cette initiative ne pourrait être qu’une initiative individuelle de la personne en question et inappropriée ».

      Rares sont les images qui documentent ces pratiques, mais une vidéo inédite que nous nous sommes procurée, datée du 9 octobre 2023, montre un semi-rigide de la police nationale tourner autour d’un small boat dans le port de Dunkerque en créant à dessein des vagues qui déstabilisent la petite embarcation. A bord se trouvent pourtant une trentaine de passagers. Une partie d’entre eux se tient sur le boudin du canot. De l’eau entre dans l’embarcation au point que ceux assis au milieu sont immergés jusqu’aux genoux. Le policier semble ensuite dire aux occupants du petit bateau de retourner sur le bord. Les migrants seront finalement débarqués sains et saufs.

      Une manœuvre dangereuse, jugent plusieurs experts maritimes, d’autant que, en cas de chavirement, les embarcations légères des forces de l’ordre ne sont pas dimensionnées pour conduire des opérations de sauvetage. « Cette vidéo m’a choqué, raconte Kevin Saunders, ancien officier de la Border Force britannique en poste à Calais jusqu’en 2016 et connu pour ses positions extrêmement critiques à l’égard de l’immigration. Elle me rappelle ce que les Grecs faisaient à la frontière maritime avec la Turquie. Je suis surpris que les Français fassent cela parce que c’est contraire à leur interprétation du droit de la mer. »

      « Les Français sont poussés à jouer le même rôle dans la Manche que celui que l’Union européenne offre aux pays africains. Paris reçoit beaucoup d’argent des Anglais pour empêcher les migrants de partir ou les arrêter en mer », renchérit de son côté le politiste autrichien Gerald Knaus, architecte de l’accord de lutte contre l’immigration irrégulière entre l’Union européenne et la Turquie, faisant référence à la pression grandissante des autorités britanniques.

      Crever des bateaux bondés

      De son côté, la préfecture de la zone de défense et de sécurité Nord relativise : « On était en journée, dans une enceinte portuaire. Le but de l’intervention est de dissuader les passagers de s’approcher de la digue du Braek [qui mène à la mer du Nord]. C’est la seule fois où on a pu intercepter un small boat par cette manœuvre et ça a été dissuasif. Toutes les personnes migrantes ont été sauvées et les passeurs interpellés. »

      Dans une seconde vidéo, diffusée sur le réseau social TikTok en juillet 2023, un semi-rigide appartenant à la vedette de gendarmerie maritime Aber-Ildut, déployée depuis 2022 dans la Manche, est filmé en train de percuter à deux reprises une embarcation de migrants à pleine vitesse, au large des côtes de Boulogne-sur-Mer. Trois gendarmes sont à bord. L’un d’entre eux brandit une bombe de gaz lacrymogène en direction du small boat et intime à ses passagers de s’arrêter. Une pratique, encore une fois, contraire au cadre opérationnel français.

      « Refusant le contrôle coopérant, aucune action de coercition n’a été réalisée et cette embarcation a librement poursuivi sa route, précise la préfecture maritime, interrogée sur cette action. Le nombre de ces contrôles reste très modeste, aucun naufrage, blessé ou procédure non conforme n’a été signalé. »

      D’autres témoignages, recueillis auprès de migrants à Calais (Pas-de-Calais) ou à Loon-Plage, décrivent des tentatives de traversées empêchées par des forces de l’ordre, qui s’avancent dans l’eau, jusqu’aux épaules parfois, pour crever des bateaux bondés de passagers. « A aucun moment de telles consignes ne sont données ni même suggérées aux équipes coordonnées, assure pourtant la préfecture maritime, bien au contraire, la préservation de la vie humaine en mer est le seul credo qui vaille. »

      La lutte contre l’immigration irrégulière franchit-elle la ligne rouge ? Le 10 mars 2023, une grappe de journalistes trépignent dans la cour de l’Elysée balayée par un vent hivernal. Tous attendent la poignée de main entre le chef de l’Etat, Emmanuel Macron, et le premier ministre britannique, Rishi Sunak, sur le perron du palais présidentiel. C’est le premier sommet bilatéral entre les deux pays depuis cinq ans. Le rapprochement qui doit être mis en scène ce jour-là va s’incarner sur un sujet : l’immigration. Londres annonce le versement sur trois ans de 543 millions d’euros à la France pour « stopper davantage de bateaux », au titre du traité de Sandhurst de 2018.

      Cet argent va permettre de financer le déploiement de réservistes et l’installation de barrières et de caméras de vidéosurveillance sur la Côte d’Opale, mais aussi la surveillance aérienne du littoral ou encore l’équipement des forces de l’ordre en drones, jumelles à vision nocturne ou semi-rigides, comme celui que l’on voit à l’œuvre dans la vidéo prise dans le port de Dunkerque. Une tranche importante d’une centaine de millions d’euros est aussi dévolue à des projets immobiliers tels que la création d’un centre de rétention administrative vers Dunkerque ou d’un lieu de cantonnement pour les CRS à Calais. Désormais, plus de 700 policiers et gendarmes sillonnent vingt-quatre heures sur vingt-quatre heures les 150 kilomètres de littoral.

      « Pression énorme » des Britanniques

      Il n’est pas question ici de sauvetage en mer, au grand dam de certains opérateurs qui verraient bien leur flotte renouvelée alors que les naufrages d’embarcations sont récurrents et mettent à rude épreuve les équipages. Ainsi la SNSM a échoué à plusieurs reprises à bénéficier des fonds Sandhurst, « parce que son action n’est pas assimilable à de la lutte contre l’immigration illégale », justifie à regret un cadre de l’association dans un document que nous avons pu consulter.

      L’enveloppe d’un demi-milliard d’euros débloquée par les Britanniques en 2023 constitue, de l’aveu de plusieurs sources au ministère de l’intérieur, un tournant. « Cela a vraiment contractualisé la relation entre les deux pays, rapporte un cadre de la Place Beauvau, sous le couvert de l’anonymat. Les Anglais se comportent avec nous comme nous on le ferait avec un pays tiers. Ils mettent une pression énorme au quotidien sur le déblocage des crédits, si les chiffres ne s’améliorent pas. C’est non-stop et à tous les niveaux. »

      Déjà présents au sein d’un centre conjoint d’information et de coordination franco-britannique ainsi que dans une unité de renseignement à Coquelles (Pas-de-Calais), des officiers de liaison britanniques de la Border Force participent aussi, officiellement comme simples observateurs, à la réunion hebdomadaire de l’état-major de lutte contre l’immigration clandestine. « Ils sont extrêmement intrusifs, mais ils connaissent bien la zone, ils savent où on contrôle bien, où on est en difficulté », affirme un cadre de la gendarmerie.

      Pour tarir les flux de migrants, les Britanniques ne manquent pas d’idées. En octobre 2020, le gouvernement conservateur de Boris Johnson disait réfléchir à installer des machines à vagues pour repousser les small boats. En août 2021, la ministre britannique de l’intérieur d’alors, Priti Patel, est revenue enthousiasmée d’une visite en Grèce où elle a effectué des patrouilles avec les gardes-côtes helléniques en mer Egée, l’une des portes d’entrée en Europe. « Elle a dit que nous devrions apprendre des Grecs, se souvient une source au Home Office. Ils étaient très agressifs, avaient un bon taux de détection. » Et ont, à de nombreuses reprises, fait l’objet d’accusations de refoulements illégaux de demandeurs d’asile vers la Turquie.

      Toutes ces idées sont partagées avec la France lors de réunions bilatérales. « Pour les Britanniques, il fallait attraper les bateaux en mer. Ils le disaient de façon par moment insistante, lâche un haut fonctionnaire du ministère de l’intérieur, en poste jusqu’à fin 2020. Ils nous ont même expliqué comment faire, par exemple en lançant des grappins ou des filets. » A la préfecture de la zone de défense et de sécurité Nord, on reconnaît que « de nouvelles techniques sont essayées en permanence », à l’image de celle qui consiste à paralyser l’hélice d’un bateau de migrants à l’aide de filets.

      Mais « cela n’a pas été concluant », assure-t-on. « Notre stratégie, ça a été plutôt de dire qu’il fallait une forte présence sur les plages et empêcher les livraisons de bateaux, corrobore un ancien directeur de la police aux frontières. En mer, on porte secours aux personnes, on ne les intercepte pas. » D’autres croient que ce qui a freiné les autorités tient plutôt à des contingences matérielles : « Il n’y avait pas de moyens nautiques pour cela », assure l’ancien haut fonctionnaire du ministère de l’intérieur.

      Vingt-quatre noyades depuis 2023

      L’ampleur du phénomène des traversées persistant, les digues ont-elles sauté ? Les manœuvres en mer des forces de l’ordre « se comptent sur les doigts d’une main », balaye une source au ministère de l’intérieur.

      Le 10 mars 2023, tandis qu’Emmanuel Macron et Rishi Sunak enterrent à l’Elysée des années de brouille diplomatique, le préfet maritime Véran signe une nouvelle directive à diffusion restreinte. Elle précise le cadre de certaines manœuvres opérationnelles face à l’apparition du phénomène des taxis boats, ces embarcations qui longent la côte et récupèrent les migrants directement à l’eau pour éviter les interceptions sur les plages. La directive ouvre la voie à l’interception de small boats en mer par les forces de sécurité intérieure, à condition d’opérer « uniquement de jour », dans la bande côtière de 200 mètres de littoral, avant que le taxi boat n’embarque des passagers et dans le cas où « moins de trois personnes » seraient à bord.

      L’intervention est conditionnée, explique le vice-amiral, au comportement coopératif des occupants du bateau, mais aussi à l’absence de risques de mise en danger de la vie humaine. « En dehors des missions dédiées de contrôle des taxis boats, (…) le cadre juridique de la lutte contre l’immigration clandestine en mer se limite à l’exercice de pouvoirs de police à l’encontre des passeurs et non des passagers eux-mêmes », insiste M. Véran. Le préfet maritime ordonne d’éviter à tout prix des « routes de collision ».

      A la garde-côte douanière, Rémi Vandeplanque s’inquiète : « C’est une évolution choquante, mais ce n’est vraiment pas une surprise. » Un sentiment partagé par l’association d’aide aux migrants Utopia 56, présente sur le littoral et qui fustige, par la voix de son porte-parole, Nikolaï Posner, une « violence stérile et illégitime ». « Depuis octobre 2021 et la mise en place d’une maraude qui sillonne la côte, l’association est souvent la première à recueillir les témoignages de ceux qui ont tenté la traversée. »

      Sollicitée sur les différents cas de pratiques dangereuses des forces de l’ordre à l’encontre de small boats déjà à l’eau, la préfecture de la zone de défense et de sécurité Nord renvoie vers la préfecture maritime de la Manche et de la mer du Nord, qui est l’autorité compétente en mer. De plus, elle insiste sur la violence des réseaux de passeurs, confrontés à « la montée en puissance des saisies de bateaux en amont du littoral et sur les plages ».

      Les autorités décrivent ainsi comment « des personnes migrantes sont parfois sommées de créer des lignes de défense » et de jeter des pierres aux forces de l’ordre, pour permettre la mise à l’eau des small boats. Quarante et un policiers et gendarmes ont été blessés à cette occasion en 2023 et la préfecture a dénombré sur la même période « 160 confrontations sur les plages, c’est-à-dire avec usage de la force et de gaz lacrymogènes, alors qu’il n’y en a quasiment pas eu en 2022 ».

      C’est ce qui s’est notamment passé le 15 décembre 2023, à Sangatte, dans le Pas-de-Calais. D’après les éléments partagés par le parquet de Boulogne-sur-Mer, un groupe de migrants aurait fait barrage à des policiers pour permettre à un bateau de partir. Les policiers auraient essuyé des jets de projectiles et fait usage de gaz lacrymogènes en retour. Un récit en substance corroboré par plusieurs témoins présents sur place ce jour-là. Parvenu à prendre la mer, le small boat aurait rapidement subi une avarie de moteur et voulu regagner le rivage.

      Un migrant somalien parmi les passagers assure que, à bord du bateau, un jeune homme de 25 ans a par ailleurs été victime d’un malaise. La police aurait continué d’user de gaz lacrymogènes et se serait avancée pour crever le bateau avant qu’il n’ait pu atteindre le rivage. « Une personne de nationalité soudanaise se retrouve inanimée sur la plage », selon le parquet, et décède peu de temps après d’un arrêt cardio-respiratoire, en dépit des tentatives de le réanimer. « Depuis août 2023, on observe une recrudescence des événements dramatiques », dit le procureur de Boulogne-sur-Mer, Guirec Le Bras. Sans parvenir à expliquer cette particularité, il note que sa juridiction a recensé dix-neuf décès par noyade, survenus pour « la plupart au bord de l’eau ».

      Au total, selon l’estimation de la préfecture du Nord, vingt-quatre personnes sont décédées par noyade depuis 2023. Les autorités incriminent des « embarcations beaucoup plus chargées et une dégradation de la qualité des bateaux ». Dans un rapport publié en janvier, le réseau d’activistes Alarm Phone alertait sur ces morts près des côtes : « L’augmentation des fonds alloués à la France s’est traduite par un renforcement de la police, une augmentation de la violence sur les plages et, par conséquent, une augmentation des embarquements dangereusement surpeuplés et chaotiques au cours desquels des personnes perdent la vie. »

      « Nous avons dû nager »

      C’est peu ou prou ce que rapportent des migrants après une tentative de traversée échouée dans la nuit du 2 au 3 mars. Un exilé syrien de 27 ans, Jumaa Alhasan, s’est noyé dans le canal de l’Aa, un fleuve côtier qui se jette dans la mer du Nord. Plusieurs témoins, interrogés par Le Monde, assurent l’avoir vu tomber dans l’eau lors d’une intervention des forces de l’ordre qui aurait provoqué la panique des passeurs et poussé le Syrien à s’élancer depuis les rives de l’Aa pour tenter de sauter sur le canot en marche, là où le bateau était censé accoster et embarquer tout le monde. « Pour moi, il ne serait pas mort si les policiers français n’avaient pas été là », ne décolère pas Youssef, témoin de la scène. Le corps de Jumaa Alhasan a été retrouvé dans le chenal de l’Aa mardi 19 mars.

      Il est près de midi sur un des campements de Calais, ce 22 janvier. Sous le crachin habituel, un homme débite du bois pour alimenter un brasero autour duquel viennent se masser une demi-douzaine d’hommes. La plupart viennent du Pendjab, une région à majorité sikhe du nord de l’Inde. Tous sont arrivés il y a quelques semaines dans le nord de la France.

      Cinq jours plus tôt, Satinder, Paramjit et Gurfateh ont tenté une traversée. Ils ont longé l’autoroute qui mène jusqu’au port de Calais pour arriver au pied des dunes. « On a mis le bateau sur la plage, on l’a gonflé, tout se passait bien », rappelle Satinder, grand gaillard barbu, emmitouflé dans un cache-cou. Les trois hommes naviguent une petite dizaine de minutes au petit jour sans anicroche. Ils sont quarante-six à bord, la plupart avec des gilets de sauvetage. La météo n’est pas mauvaise, la mer presque plate.

      Ils entendent finalement une voix qui semble les poursuivre : « Stop the boat. » Un bateau s’approche du leur. La voix répète : « Stop the boat. » Satinder aperçoit une embarcation de la gendarmerie qui arrive par l’ouest. Le conducteur panique, remet les gaz sans parvenir à distancer les gendarmes. « Ils étaient quatre sur le bateau. Ils ont tourné autour de nous et ils nous ont dit que les conditions météorologiques étaient trop dangereuses, qu’ils ne pouvaient pas nous laisser partir », explique Satinder. L’un des gendarmes sort alors un « click-knife [un couteau d’attaque] », raconte Gurfateh, et assène un coup dans l’embarcation. L’air s’échappe du boudin. Le bateau s’affaisse.

      Le conducteur met alors le cap sur la terre ferme, mais le bateau coule avant de rejoindre la plage. « Nous avons dû nager une dizaine de minutes. Heureusement qu’il n’y avait presque que des adultes. Il y avait juste une petite fille de 4 ans », complète Satinder. Sur la plage, le groupe, hébété, reprend ses esprits avant de regagner la route du campement. Les trois hommes n’ont pas abandonné l’idée de traverser. Le 9 février, ils ont saisi la Défenseure des droits. « Ce jour-là, nous avons failli mourir. »

      https://www.lemonde.fr/societe/article/2024/03/23/dans-la-manche-les-techniques-agressives-de-la-police-pour-empecher-les-trav

  • Migranti, nei centri italiani in Albania un rotolo di carta igienica a persona a settimana

    I paradossi del #bando da 34 milioni di euro pubblicato dal Viminale per la gestione delle strutture. Applicata la procedura di estrema urgenza, negoziazione tra tre soli operatori economici, una sola settimana di tempo per la manifestazione d’interesse.

    Un appalto da 34 milioni di euro e un rotolo di carta igienica a settimana per migrante. Basterebbe questo paradosso a bollare come frettoloso e sommario il bando per l’affidamento dei servizi per i centri di accoglienza e trattenimento dei richiedenti asilo che il governo Meloni prevede di aprire in Albania entro il 20 maggio. Una improbabile corsa contro il tempo per un’operazione che ancora manca del requisito di legittimità giuridico fondamentale ma che la premier intende giocarsi in vista della campagna elettorale per le Europee del 9 giugno.

    Misteriose ragioni di estrema urgenza

    E dunque ecco il ricorso a «#ragioni_di_estrema_urgenza» ( che non si sa quali siano visto che gli sbarchi sono nettamente diminuiti) per giustificare la procedura negoziale riservata a tre soli concorrenti che, nel giro di soli sette giorni, dovrà aggiudicare l’affidamento dei servizi di accoglienza e di gestione dei tre centri previsti dove i lavori non sono neanche cominciati: quello nel porto di Shengjin, adibito allo screening sanitario, all’identificazione e alla raccolta delle richieste di asilo, e i due di Gjader, la struttura di accoglienza da 880 posti dove i migranti resteranno (teoricamente) per un mese in attesa di conoscere l’esito della procedura accelerata di frontiera, e il Cpr da 144 posti dove verranno trasferiti quelli destinati al rimpatrio.

    Si risparmia sull’igiene dei migranti

    Il bando è stato pubblicato il 21 marzo, con avviso di manifestazione di interesse che si concluderà nel tempo record di una settimana. Un appalto da 34 milioni di euro a cui si aggiungono i rimborsi ( non quantificabili) di servizi di trasporto, utenze, raccolta dei rifiuti, manutenzione ordinaria e straordinaria, e dell’assistenza sanitaria. Non proprio quattro spiccioli, a fronte dei quali, però, spulciando il bando si trovano vere e proprie “perle”. Sull’igiene personale dei migranti, tanto per cominciare, chi si aggiudicherà l’appalto, potrà risparmiare: un solo rotolo di carta igienica a settimana a testa dove i richiedenti asilo attenderanno ( in detenzione amministrativa) l’esito della richiesta di asilo. Rotoli che, chissà poi perchè, diventeranno sei a settimana per gli sfortunati che, a fronte del diniego, verranno trasferiti nell’ala destinata a Cpr.

    Solo un cambio di abiti a stagione

    Nel kit di primo ingresso nei centri solo un paio di mutande e un paio di calze e, più in generale, un solo cambio di abiti a stagione.E dunque, a differenza dei centri di accoglienza italiani dove i migranti sono liberi e possono procurarsi altri abiti, i richiedenti asilo portati in Albania saranno detenuti e costretti ad indossare sempre gli stessi. Avranno il detersivo per lavarli due volte a settimana, nel frattempo evidentemente staranno in pigiama. Almeno si consoleranno con il cibo che prevede persino la pizza e il dolce due volte a settimana.

    Per raccontare la loro storia alla commissione d’asilo che deciderà il loro destino o per comparire davanti ai giudici di Roma, competenti sui ricorsi, dovranno accontentarsi di un collegamento da remoto, con tutte le limitazioni in tema di diritti che nascono dalle difficoltà di espressione e comprensione.

    Magi: “Un gigantesco spot elettorale”

    «Una bella photo-opportunity elettorale - commenta Riccardo Magi di Più Europa - Giorgia Meloni vuole allestire questi centri in fretta e furia e usarli come un gigantesco spot a pochi giorni dal voto a spese degli italiani».

    https://www.repubblica.it/cronaca/2024/03/23/news/migranti_centri_albania_bando_viminale-422362144

    #Albanie #Italie #asile #migrations #réfugiés #coût #urgence #gestion #appel_d'offre #externalisation

    –-

    ajouté à la métaliste sur l’#accord entre #Italie et #Albanie pour la construction de #centres d’accueil (sic) et identification des migrants/#réfugiés sur le territoire albanais...
    https://seenthis.net/messages/1043873

    • Protocollo Italia-Albania: il Viminale avvia la gara milionaria per la gestione dei centri

      Dal bando pubblicato il 21 marzo dalla prefettura di Roma emergono i primi dettagli dell’accordo contro i migranti: solo per le spese vive e il personale delle strutture, due hotspot e un Centro di permanenza per il rimpatrio, sono assicurati al gestore privato quasi 40 milioni di euro all’anno. I tempi sono strettissimi, le europee incombono

      Il ministero dell’Interno ha pubblicato i bandi di gara per la gestione delle nuove strutture per i migranti in Albania che diventeranno operative, documenti alla mano, entro il 20 maggio 2024. Un primo passo concreto verso la messa in pratica del protocollo annunciato dal Governo Meloni con Tirana lo scorso 6 novembre 2023 -poi ratificato dal Parlamento a fine febbraio 2024- e che prevede di dislocare i naufraghi soccorsi in operazioni di salvataggio in mare sul territorio albanese. Più precisamente in tre strutture con una capienza totale che supera i mille posti disponibili: due hotspot, ovvero i centri di identificazione, che in Italia troviamo nei cosiddetti “punti di crisi”, principali punti di sbarco (Lampedusa, Pozzallo e Taranto tra gli altri), più un Centro di permanenza per il rimpatrio (Cpr) dove trattenere coloro che sono in attesa di essere espulsi nel proprio Paese d’origine. La spesa annuale stimata è pari a quasi 40 milioni di euro, calcolando esclusivamente il costo a persona (pro-capite pro-die), che però esclude diverse spese vive (dal trasporto all’assistenza sanitaria fino alle utenze).

      La gara è stata pubblicata il 21 marzo e individua nella prefettura di Roma la stazione appaltante, la quale ha scelto di attivare una procedura negoziata con cui consulterà un “numero congruo di operatori economici” per aggiudicare i servizi all’ente gestore. Un bando di questo genere può essere giustificato solo in casi di estrema urgenza. E secondo il ministero l’affidamento in oggetto, essendo un presupposto fondamentale per “l’attuazione del Protocollo tra Italia e Albania in conformità ai tempi ed agli adempimenti che risultano necessari per rispettare, alle scadenze previste, gli impegni assunti dal Governo della Repubblica Italiana”, rientra tra quelle procedure basate proprio su “ragioni di estrema urgenza”.

      La prima struttura è sita nella città portuale di Shenjin e sarà a tutti gli effetti un hotspot. “Una struttura dimensionata per l’accoglienza, senza pernottamento, dei migranti condotti in porto e destinati alle procedure di screening sanitario, identificazione e raccolta delle eventuali domande di asilo, all’esito delle quali i migranti saranno trasferiti presso le strutture di Gjader”. Gjader è la seconda località coinvolta dove saranno costruite le altre due strutture: un centro destinato “all’accertamento dei presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale” con un’accoglienza massima a regime di 880 migranti, e un altro, sempre nella stessa città albanese che sarà invece un Centro di permanenza per il rimpatrio, che ricalca quelli presenti sul territorio italiano, con una capienza fino a 144 persone. A Gjader saranno disponibili poi 168 posti per alloggi di servizio, di cui 60 riservati al personale dell’ente gestore.

      Come detto, i corrispettivi riconosciuti pro-capite pro-die, secondo la tipologia di centro ed il relativo numero degli ospiti presenti, ammontano “presuntivamente a complessivi 33.950.139 euro annui”. La gara d’appalto ha una durata di due anni, prorogabili fino ad un massimo di altri due. Sono esclusi dai quasi 40 milioni di euro, invece, i costi di trasporto, le utenze idriche, elettriche, del servizio di raccolta rifiuti, la connessione wifi e la manutenzione ordinaria e straordinaria. Così come quelli per la “predisposizione e manutenzione dei presidi antincendio” e quelli “relativi all’assistenza sanitaria”.

      Proprio questo è uno degli aspetti paradossali affrontati dal bando. Per la struttura sita nel porto di Shenjin si prevede “un ambulatorio medico dedicato per assistenza sanitaria, inclusa la stabilizzazione di condizioni cliniche ai fini del trasferimento” con “una sala per visite ambulatoriali, una stanza per osservazioni brevi con tre posti letto e una stanza di isolamento con due posti”.

      Invece nel sito di Gjader verrà di fatto allestito un vero e proprio “mini ospedale”. Vengono previste “tre sale per visite ambulatoriali, due stanze per osservazioni brevi (ognuna dotata di tre posti letto), una medicheria, una sala operatoria e una recovery room, un laboratorio analisi, una stanza per diagnostica per immagini (rx ed ecografia), una per visite psicologiche/psichiatriche all’uopo utilizzabile anche per consulenze in telemedicina e due stanze di isolamento”. Una struttura in cui opererà un elevatissimo numero di personale sanitario. Oltre a medici e infermieri per l’attività standard, viene prevista una équipe operativa 24 ore al giorno formata rispettivamente da: “medico specialista in anestesia-rianimazione, medico specialista in chirurgia generale, medico specialista in ortopedia con competenze chirurgiche, personale medico specialista in psichiatria, un infermiere strumentista, un operatore socio-sanitario (in caso di attivazione della sala operatoria), un tecnico di laboratorio, un tecnico di radiologia, un personale medico specialista in radiologia”.

      L’ente gestore, oltre a fornire kit di primo ingresso, sia igienici sia vestiari e a garantire la fornitura dei pasti e l’informativa legale, dovrà garantire la predisposizione di “appositi locali e strumenti tecnici che assicurino la connessione alla rete e il collegamento audio-visivo nel rispetto della privacy e della libertà di autodeterminazione del beneficiario per l’eventuale audizione da remoto davanti alle Commissioni territoriali, nonché davanti al Tribunale ordinario e ad altri uffici amministrativi”. In altri termini: saranno implementate delle stanze per svolgere le audizioni di chi, una volta richiesto asilo, dovrà affrontare l’iter per vedersi o meno riconosciuto il permesso di soggiorno. Tutto inevitabilmente online. Dovrà esserci anche un locale “al fine di tutelare la riservatezza della persona nei colloqui con il proprio legale” o favorire l’incontro con “eventuali visitatori ammessi”. La prefettura di Roma, dovrà essere messa a conoscenza “di ogni notizia di rilievo inerente la regolare conduzione della convivenza e le condizioni del centro e tenuta di un registro con gli eventuali episodi che hanno causato lesioni a ospiti od operatori”, nonché la consegna della certificazione di idoneità al trattenimento.

      La gara è aperta fino al 28 marzo. La prefettura valuterà le offerte pervenute da imprese o cooperative già attive nel settore con un fatturato complessivo, negli ultimi tre esercizi disponibili, non inferiore a cinque milioni di euro. Non certo piccole realtà dell’accoglienza. L’avvio dell’operatività dei centri è prevista non oltre il 20 maggio 2024. Quindici giorni prima di quella data, il ministero dell’Interno potrà confermare o meno l’effettivo avvio a pieno regime oppure anche con “una ricettività progressiva rispetto a quella massima prevista nelle more del completamento degli eventuali lavori di allestimento”. L’importante è partire: le elezioni europee di inizio giugno incombono.

      https://altreconomia.it/protocollo-italia-albania-il-viminale-avvia-la-gara-milionaria-per-la-g

    • Albania-Italy migrant deal moves ahead as Rome publishes tender for processing centre

      As of 20 May 2024, camps in Albania that will process the asylum applications of individuals rescued by the Italian authorities will be up and running, as a recently published tender document reveals more details about the deal and how the site will function.

      In November 2023, Albanian Prime Minister Edi Rama and Italian Prime Minister Giorgia Meloni signed a deal that would see migrants rescued in Italian territorial waters or by Italian authorities sent to Albania for their asylum applications to be processed. The deal has divided opinion on both sides of the Adriatic from the outset, but both governments remain adamant about it going ahead.

      The tender notifications, published by the Rome prefect’s department, invite bidders to submit their offers before 28 March with the deadline of 20 May as the start of operations.

      According to the tender details, worth €34 million, the site will consist of three structures able to accommodate a total of around 3000 people.

      One structure will be built at the port of Shengjin, where landing and identification procedures will be carried out.

      The other two sites will be located in Gjader. One will be dedicated to ascertaining the prerequisites for the recognition of international protection, while the other will serve as a repatriation detention centre.

      According to the Italian government, the site will process individuals rescued by the Italian authorities involved in maritime rescue, such as the coast guard, financial police, or navy, and explicitly exclude those rescued by NGOs. It will also not include disabled people, women, children, or other vulnerable individuals.

      The tender states that the facility in Shengjin will have a medical clinic, including a room for outpatient visits, an isolation room, and a three-bed ward. In Gjader, there will be three outpatient rooms, two wards, an operating theatre, a laboratory, an x-ray and ultrasound room, and a space for psychological and psychiatric visits.

      Medical specialists on site will include a doctor specialising in anaesthesia and resuscitation, a doctor specialising in general surgery, a doctor specialising in orthopaedics with surgical skills, medical staff specialising in psychiatry, an instrumental nurse, a social doctor, a health worker, a laboratory technician, a radiology technician, and a health worker specialising in radiology.

      Upon arrival, welcome kits will also be presented to each individual, including an undershirt, T-shirt, pair of pyjamas, three pairs of shorts, and three pairs of socks. They will also be given one roll of toilet paper a week, one toothbrush and 100ml tube of toothpaste per week, and one bottle of shampoo and liquid soap per week.

      The Italian Interior Ministry will conduct spot checks on the site to ensure compliance with the tender.

      During their stay in Albania, estimated at around three months for each person, individuals will not be able to leave the centre, which is to be guarded by Italian and Albanian authorities. If they do, the Albanian police will return them. Once their application has been processed, whatever the outcome, they will be removed from Albania’s territory.

      While on-site, individuals can access legal assistance from representatives of international organisations, including the EU, which aims to provide legal aid to all asylum seekers as required by Italian, Albanian and EU law.

      The agreement caused controversy in Italy and Albania, with the Constitutional Court in Tirana narrowly ruling that it did not violate the laws of the land earlier this year. Meanwhile, despite claims from international law experts that it is not compliant with EU law, European Commissioner for Home Affairs Ylva Johansson said it did not break the law as it is “outside of it”.

      Work has not yet begun at the sites in Shengjin and Gjader, leading to questions about whether they can be operational by spring.

      Shengjin was also home to hundreds of Afghan refugees that Albania took in after the US withdrawal from Afghanistan led to the takeover of the Taliban. While the US promised to take responsibility for them, asking Albania to keep them while it processed their visas, a number still remain with no news or idea if they will ever leave.

      As for the migrant deal, several other EU countries have hinted they may look at similar deals to deal with their immigration issues, a move likely to score votes from the conservative parts of society, ahead of EU elections.

      https://www.euractiv.com/section/politics/news/albania-italy-migrant-deal-moves-ahead-as-rome-publishes-tender-for-proces

    • #Medihospes, #Consorzio_Hera, #Officine_sociali: chi gestirà i centri per migranti in Albania

      La prefettura di Roma ha reso noti i tre partecipanti selezionati tra le trenta proposte pervenute per gestire i due hotspot e il Cpr previsti dall’accordo tra Roma e Tirana. Entro il 20 maggio la gara verrà aggiudicata per un importo che supera i 150 milioni di euro. Ma i lavori di adeguamento alle strutture non sono ancora completati

      Medihospes, Consorzio Hera e Officine sociali. Sono le tre cooperative in corsa per la gestione dei centri italiani in Albania selezionate per le “esperienze contrattuali pregresse afferenti a questi servizi” tra le trenta che hanno manifestato alla prefettura di Roma la propria volontà di partecipare alla gara. Un appalto da oltre 151 milioni di euro (per quattro anni) che verrà aggiudicato, nelle prossime settimane, all’operatore economico che ha presentato l’offerta economicamente più vantaggiosa.

      Alle tre cooperative in corsa una certa “esperienza” non manca. Officine sociali, con sede legale a Siracusa, gestisce attualmente il Centro di permanenza per il rimpatrio (Cpr) di Palazzo San Gervasio a Potenza e l’hotspot di Taranto in Puglia. Attualmente è in gara anche per l’aggiudicazione della gestione del Cpr di Gradisca d’Isonzo, dove sta correndo al fianco di Martinina Srl, finita sotto indagine della Procura di Milano per le condizioni disumane in cui versavano i trattenuti al Cpr di via Corelli di Milano. Il legame tra le due società, come già raccontato su Altreconomia, perdura da tempo: insieme hanno partecipato anche alla gara pubblica per la gestione del Cpr di Torino.


      Consorzio Hera, invece, con sede legale a Castelvetrano, in provincia di Trapani, gestisce attualmente il Cara e il Cpr di Brindisi e quello di Trapani, in cordata con la cooperativa Vivere Con. Inoltre la cooperativa ha “vinto” anche l’hotspot di Pozzallo e Ragusa di cui è l’attuale ente gestore.

      Poi c’è Medihospes, è un colosso da 126 milioni di euro di fatturato nel 2022 che si occupa di assistenza ad anziani, alle persone con disabilità, servizi alberghieri e accoglienza ai migranti. Gestisce attualmente l’ex caserma Cavarzerani di Udine -di cui abbiamo già raccontato in precedenza- ma è attiva in diverse province italiane nell’accoglienza dei richiedenti asilo. Basti pensare che nel 2022 ha incassato, in totale, oltre 34 milioni di euro in tutta Italia per la gestione dei centri.

      Briciole rispetto agli oltre 151 milioni di euro preventivati dalla prefettura di Roma per la “gara” relativa alla gestione delle strutture previste dal protocollo Italia-Albania: un centro nella città portuale albanese Shengjin (hotspot) e due strutture (un altro hotspot e un Cpr) a Gjader (ne abbiamo parlato in questo approfondimento).

      La fornitura di servizi è preventivata con una base d’asta di 130 milioni di euro, con l’aggiunta di quasi sei milioni per il pocket-money e la tessera telefonica. La durata è di 24 mesi, prorogabili per altri 24 a partire dal 20 maggio 2024. Data entro la quale la prefettura di Roma dovrebbe aggiudicare la gara alla cooperativa che avrà presentato l’offerta economicamente più vantaggiosa. Nei nuovi documenti di gara si sottolinea che i lavori di adeguamento delle strutture non sono ancora stati conclusi. Una corsa contro il tempo. Obiettivo: non certo la tutela dei diritti delle persone ma le elezioni europee.

      https://altreconomia.it/medihospes-consorzio-hera-officine-sociali-chi-gestira-i-centri-per-mig
      #externalisation #Italie #accord #Albanie #migrations #réfugiés #coopérative #sous-traitance #Engel #Engel_Italia #business #Shengjin #Gjader

  • Espagne : des jeunes migrants se déclarant mineurs incarcérés pour avoir conduit des canots

    En Espagne, les cas de jeunes migrants se disant mineurs enfermés dans les prisons du pays pour avoir piloté des canots se multiplient, à mesure que les arrivées irrégulières augmentent. Les adultes, eux aussi, subissent le même sort. Comme en Grèce et au Royaume-Uni, deux États qui incarcèrent également des exilés vus à la barre d’un canot, les associations et les militants espagnols estiment que le gouvernement se trompe de cible.

    B.C. a quitté la prison de Las Palmas, sur l’île de Grande Canarie, jeudi 14 mars. Le jeune Sénégalais de 17 ans, accusé par la justice d’être un passeur pour avoir conduit un canot de migrants, était incarcéré dans ce centre pour adultes depuis presque trois mois.

    Quelques heures plus tôt, le tribunal avait ordonné sa libération en raison de son âge. « Les conclusions [de l’examen] médico-légal » effectué sur B.C. ne permettent pas d’affirmer avec « certitude que le sujet est majeur », avait estimé le juge.

    Depuis son incarcération le 21 décembre 2023, le Sénégalais répétait inlassablement qu’il n’avait que 17 ans. Une photocopie de son acte de naissance transmis à l’administration n’avait pas suffi à mettre fin à son emprisonnement. Ni même un test médical qui avait conclu que « l’âge estimé du mineur présumé est compatible avec l’âge qu’il a mentionné ».

    L’ONU s’était emparé du sujet et avait exhorté le 11 mars les autorités espagnoles à libérer l’adolescent et à le traiter conformément à la Convention internationale des droits de l’enfant. L’organisation avait rappelé qu’en cas de doute sur l’âge d’une personne se déclarant mineure, elle doit être prise en charge en tant qu’enfant.

    Après la décision du tribunal de Las Palmas, B.C. a été transféré dans un centre fermé pour mineurs sur l’île de Ténérife en attendant son procès.
    Plusieurs jeunes enfermés en prison

    Comme ce garçon originaire du Sénégal, d’autres Subsahariens connaissent le même sort : arrivés aux Canaries à bord d’une pirogue surchargée, ils ont été accusés de piloter le canot, et n’ont pas été considérés comme des mineurs. Depuis, ils croupissent dans les prisons canariennes.

    C’est le cas d’Alioune (prénom d’emprunt), un Gambien de 16 ans enfermé depuis octobre 2023 à Ténérife, après avoir été désigné comme le « patron » de l’embarcation dans laquelle il se trouvait en arrivant dans l’archipel. À l’intérieur, le corps d’un enfant de 13 ans avait été retrouvé et 10 personnes avaient péri pendant la dangereuse traversée de l’Atlantique.

    Comme B.C., Alioune a fourni un acte de naissance prouvant son âge, et s’est soumis à des tests osseux, via une radiographie de la main. Les résultats signalaient alors que « la personne examinée a un âge osseux supérieur à 18 ans », tout en rappelant qu’il « n’est pas possible d’établir avec certitude l’âge réel ».

    On peut aussi citer l’histoire d’A.G., emprisonné avec B.C. alors qu’il n’avait que 15 ans. Ce Sénégalais a passé un mois et demi derrière les barreaux avant qu’un juge de surveillance pénitentiaire ordonne son transfert vers un centre fermé pour mineurs et que des tests prouvent sa minorité.

    Hausse du nombre d’#emprisonnement

    Alors, les jeunes étrangers seraient-ils de plus en plus nombreux à remplir les prisons espagnoles ? Difficile à affirmer en raison du manque de données sur le sujet, l’enfermement des mineurs étant interdit par la loi. Mais pour Daniel Arencibia, avocat en droit des étrangers, les affaires de ce type se multiplient.

    Il dit observer ces derniers mois une hausse des cas et regrette « beaucoup d’erreurs pour déterminer l’âge » d’un migrant. Cette recrudescence des emprisonnements s’explique, selon lui, par l’augmentation du nombre de mineurs débarqués en Espagne. « En 2020, il y avait moins de 400 mineurs aux Canaries. Aujourd’hui, ils sont plus de 5 000 », précise l’avocat.

    Un chiffre qui coïncide avec la hausse des débarquements en Espagne : on comptait en 2023, plus de 56 000 arrivées de migrants dans le pays, soit un bond de 82% par rapport à 2022. Parmi eux, près de 40 000 ont été enregistrés aux Canaries, une hausse de 154% par rapport à l’année précédente.
    Des peines différentes selon les provinces espagnoles

    Les jeunes ne sont pas les seuls à subir le même sort. Les migrants adultes aussi se voient désigner comme passeurs, pour avoir piloté leur embarcation. Et selon le lieu de leur arrestation, les peines diffèrent de plusieurs années, révèle une étude de Daniel Arencibia.

    Ce dernier a analysé plus de 200 condamnations portées contre des exilés dans les provinces espagnoles – sur les îles et sur la péninsule – les plus touchées par les arrivées irrégulières, du 1er janvier 2021 à aujourd’hui. Et le constat est sans appel : les migrants jugés aux Canaries écopent de peines plus lourdes pour les mêmes chefs d’accusation que dans les autres régions du pays.

    « Aux Baléares, ils sont condamnés à deux ans de prison, et aux Canaries à trois voire cinq ans », affirme l’avocat dans une interview accordée au média local Diario de Canarias.

    Pour avoir conduit une pirogue, et être poursuivi en tant que passeur, les exilés encourent jusqu’à huit ans de prison en Espagne. Une circulaire stipule cependant que dans le cas où la personne cherche également à obtenir une protection, une circonstance atténuante peut être appliquée et permet de réduire la peine.

    Daniel Arencibia a également découvert que le jugement pouvait être plus clément si le migrant renonce à son procès et se déclare donc coupable : dans ce cas, le Parquet réclame trois années de prison, en vertu de la circulaire évoquée précédemment. Dans le cas inverse, il demande sept ans d’emprisonnement. « Dans la province de Las Palmas [sur l’île de Grande Canarie, ndlr], 91% des accusés ont signé le document et accepte la peine de trois ans », renonçant à faire reconnaitre leur innocence.

    Rien d’étonnant pour l’avocat car, selon lui, les exilés n’ont d’autres choix : « Le migrant ne comprend pas la langue, a peur et on lui dit : ‘Si vous ne signez pas ce papier, vous ferez sept ans de prison au lieu de trois’ », résume-t-il.

    Comme en Grèce et au Royaume-Uni, deux États qui incarcèrent aussi des exilés vus à la barre d’un canot, les associations et les militants espagnols estiment que le gouvernement se trompe de cible. Les migrants emprisonnés « n’appartiennent pas à des mafias, ce sont de pauvres pêcheurs pour la plupart. Nous dépensons des millions pour mettre en prison des pêcheurs mais nous n’avons pas le budget nécessaire pour poursuivre ceux qui deviennent réellement millionnaires, au Maroc ou en Mauritanie », déplore l’avocat.

    https://www.infomigrants.net/fr/post/55997/espagne--des-jeunes-migrants-se-declarant-mineurs-incarceres-pour-avoi
    #scafisti #criminalisation_de_la_migration #migrations #asile #réfugiés #Espagne #détention #mineurs #enfants #enfance #route_Atlantique #Canaries #îles_Canaries

  • Rwanda trips by UK ministers and officials have already cost over £400,000

    Sending ministers and officials to Rwanda has cost the government more than £400,000 before a single deportation flight has taken off, figures show.

    Ministers have spent a total of £413,541 on travel in the two years since the policy to send asylum seekers to Kigali started to be developed.

    The total, calculated by the Labour party, is based on government transparency releases. It includes trips by senior government officials and a succession of ministers and home secretaries including James Cleverly, Suella Braverman and Priti Patel.

    This week it emerged that Cleverly spent £165,561 on chartering a private jet for a one-day trip to sign a new treaty with Rwanda in December. The cost of the flight was published in a transparency document on Thursday.

    The shadow immigration minister, Stephen Kinnock, said: “Having clearly decided that committing £600m of taxpayers’ money to the Rwandan government for just 300 refugees wasn’t insulting enough, it now emerges that three home secretaries have blown hundreds of thousands of pounds on their various publicity stunts in Rwanda. This government’s enthusiasm for wasting taxpayers’ money knows no bounds.

    “Labour would redirect the cash set aside for Rwanda into a cross-border police unit and security partnership to smash the criminal smuggler gangs at source, and introduce a new returns unit to quickly remove those with no right to be here.”

    A succession of legal challenges have prevented the Rwanda policy, which would send asylum seekers who arrive in the UK on small boats to the east African country for processing, from being implemented.

    The plan was first announced by Boris Johnson in April 2022 but is yet to become operational two years later.

    The government insists that flights to Rwanda will take off this spring, after a bill intended to overcome legal hurdles to the policy becomes law.

    However, ministers have delayed the passage of the bill until after Easter, with the final votes on it expected to take place in mid-April. The government has yet to find an airline to operate the flight.

    Asked why he was waiting another three weeks to push the legislation through, Rishi Sunak said his plan to stop Channel crossings “is working”.

    “People should not be able to jump the queue, come here illegally, put pressure on local services, undermine our sense of fairness and ultimately put their lives at risk as they are exploited by gangs,” he told broadcasters. “That’s why I am determined to stop the boats. Our plan is working, the numbers last year were down by a third. That’s never happened before, that shows that we are making progress.”

    He added that the UK needed Rwanda flights as a “deterrent” to “finish the job”.

    Cleverly’s flight to Rwanda in December was to sign a new treaty that established a new appeal body, to be made up of judges with asylum expertise from a range of countries, to hear individual cases.

    The flights alone of the home secretary’s 24-hour trip cost more than four times the total cost of Braverman’s last visit in March 2023. Her trip cost just over £40,000, with flights at £35,041, hotels £4,301, transport £248 and “engagement” £2,056, the Daily Mirror reported last year.

    The government said Rwanda’s asylum system would be monitored by an independent committee, whose powers to enforce the treaty would be beefed up. The committee would develop a system to enable relocated people and their lawyers to lodge complaints.

    The government was criticised earlier this month for planning to spend £1.8m on each of the first 300 asylum seekers it plans to send to Rwanda. The overall cost of the scheme stands at more than half a billion pounds, according to the figures released to the National Audit Office.

    https://www.theguardian.com/uk-news/2024/mar/22/rwanda-trips-uk-ministers-officials-cost-over-400000

    #coût #Rwanda #externalisation #UK #Angleterre #préparation #asile #migrations #réfugiés

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    ajouté à la #métaliste sur les tentatives de différentes pays européens d’#externalisation non seulement des contrôles frontaliers (►https://seenthis.net/messages/731749), mais aussi de la #procédure_d'asile dans des #pays_tiers :
    https://seenthis.net/messages/900122