• « Bruxelles numérique » : une mesure discriminatoire
    https://www.domainepublic.net/Bruxelles-numerique-une-mesure-discriminatoire.html

    Le gouvernement bruxellois va présenter au Parlement un projet d’ordonnance visant à rendre intégralement disponibles en ligne les services administratifs, et à communiquer avec les citoyens par ce biais. Nous dénonçons la disparition des guichets humains ainsi que la dématérialisation irréfléchie de ces services. Ceci est discriminatoire. Une carte blanche signée par un important collectif d’associations et de professionnels bruxellois (voir la liste complète ci-dessous) Dans quelques jours, le (...) #Réseau_libre_et_solidaire

  • Sorvegliare in nome della sicurezza: le Agenzie Ue vogliono carta bianca

    Il nuovo regolamento di #Europol mette a rischio la #privacy di milioni di persone mentre #Frontex, chiamata a controllare le frontiere, punta sull’intelligenza artificiale e la biometria per fermare i migranti. Provando a eludere la legge.

    C’è una lotta interna nel cuore delle istituzioni europee il cui esito toccherà da vicino il destino di milioni di persone. Lo scontro è sul nuovo regolamento di Europol, l’Agenzia europea di contrasto al crimine, entrato in vigore a fine giugno 2022 con la “benedizione” del Consiglio europeo ma che il Garante per la protezione dei dati (Gepd) definisce un “colpo allo Stato di diritto”. “La principale controversia riguarda la possibilità per l’Agenzia di aggirare le proprie regole quando ha ‘bisogno’ di trattare categorie di dati al di fuori di quelli che può raccogliere -spiega Chloé Berthélémy, policy advisor dell’European digital rights (Edri), un’organizzazione che difende i diritti digitali nel continente-. Uno scandalo pari a quanto rivelato, quasi un decennio fa, da Edward Snowden sulle agenzie statunitensi che dimostra una tendenza generale, a livello europeo, verso un modello di sorveglianza indiscriminata”.

    Con l’obiettivo di porre un freno a questa tendenza, il 22 settembre di quest’anno il presidente del Gepd, Wojciech Wiewiórowski, ha comunicato di aver intentato un’azione legale di fronte alla Corte di giustizia dell’Unione europea per contestare la legittimità dei nuovi poteri attribuiti a Europol. Un momento chiave di questa vicenda è il gennaio 2022 quando l’ufficio del Gepd scopre che proprio l’Agenzia aveva conservato illegalmente un vasto archivio di dati sensibili di oltre 250mila persone, tra cui presunti terroristi o autori di reati, ma soprattutto di persone che erano entrate in contatto con loro. Secondo quanto ricostruito dal Guardian esisteva un’area di memoria (cache) detenuta dall’Agenzia contenente “almeno quattro petabyte, equivalenti a tre milioni di cd-rom” con dati raccolti nei sei anni precedenti dalle singole autorità di polizia nazionali. Il Garante ordina così di cancellare, entro un anno, tutti i dati più “vecchi” di sei mesi ma con un “colpo di mano” questa previsione viene spazzata via proprio con l’entrata in vigore del nuovo regolamento. “In particolare, due disposizioni della riforma rendono retroattivamente legali attività illegali svolte dall’Agenzia in passato -continua Berthélémy-. Ma se Europol può essere semplicemente esentata dai legislatori ogni volta che viene colta in flagrante, il sistema di controlli ed equilibri è intrinsecamente compromesso”.

    L’azione legale del Gepd ha però un ulteriore obiettivo. In gioco c’è infatti anche il “modello” che l’Europa adotterà in merito alla protezione dei dati: da un lato quello americano, basato sulla sorveglianza pressoché senza limiti, dall’altro il diritto alla protezione dei dati che può essere limitato solo per legge e con misure proporzionate, compatibili con una società democratica. Ma proprio su questo aspetto le istituzioni europee vacillano. “Il nuovo regolamento esplicita l’obiettivo generale della comunità delle forze dell’ordine: quello di poter utilizzare metodi di ‘polizia predittiva’ che hanno come finalità l’identificazione di individui che potranno potenzialmente essere coinvolti nella commissione di reati”, sottolinea ancora la ricercatrice. Significa, in altri termini, l’analisi di grandi quantità di dati predeterminati (come sesso e nazionalità) mediante algoritmi e tecniche basate sull’intelligenza artificiale che permetterebbero, secondo i promotori del modello, di stabilire preventivamente la pericolosità sociale di un individuo.

    “Questo approccio di polizia predittiva si sviluppa negli Stati Uniti a seguito degli attentati del 2001 -spiega Emilio De Capitani, già segretario della Commissione libertà civili (Libe) del Parlamento europeo dal 1998 al 2011 che da tempo si occupa dei temi legati alla raccolta dei dati-. Parallelamente, in quegli anni, inizia la pressione da parte della Commissione europea per sviluppare strumenti di raccolta dati e costruzione di database”.

    “Il nuovo regolamento esplicita l’obiettivo generale della comunità delle forze dell’ordine: quello di poter utilizzare metodi di ‘polizia predittiva’” – Chloé Berthélémy

    Fra i primi testi legislativi europei che si fondano sulla raccolta pressoché indiscriminata di informazioni c’è la Direttiva 681 del 2016 sulla raccolta dei dati dei passeggeri aerei (Pnr) come strumento “predittivo” per prevenire i reati di terrorismo e altri reati definiti come gravi. “Quando ognuno di noi prende un aereo alimenta due archivi: l’Advanced passenger information (Api), che raccoglie i dati risultanti dai documenti ufficiali come la carta di identità o il passaporto permettendo così di costruire la lista dei passeggeri imbarcati, e un secondo database in cui vengono versate anche tutte le informazioni raccolte dalla compagnia aerea per il contratto di trasporto (carta di credito, e-mail, esigenze alimentari, tipologia dei cibi, annotazioni relative a esigenze personali, etc.) -spiega De Capitani-. Su questi dati legati al contratto di trasporto viene fatto un controllo indiretto di sicurezza filtrando le informazioni in relazione a indicatori che potrebbero essere indizi di pericolosità e che permetterebbero di ‘sventare’ attacchi terroristici, possibili dirottamenti ma anche reati minori come la frode o la stessa violazione delle regole in materia di migrazione. Questo perché il testo della Direttiva ha formulazioni a dir poco ambigue e permette una raccolta spropositata di informazioni”. Tanto da costringere la Corte di giustizia dell’Ue, con una sentenza del giugno 2022 a reinterpretare in modo particolarmente restrittivo il testo legislativo specificando che “l’utilizzo di tali dati è permesso esclusivamente per lo stretto necessario”.

    L’esempio della raccolta dati legata ai Pnr è esemplificativo di un meccanismo che sempre di più caratterizza l’operato delle Agenzie europee: raccogliere un elevato numero di dati per finalità genericamente collegate alla sicurezza e con scarse informazioni sulla reale utilità di queste misure indiscriminatamente intrusive. “Alle nostre richieste parlamentari in cui chiedevamo quanti terroristi o criminali fossero stati intercettati grazie a questo sistema, che raccoglie miliardi di dati personali, la risposta è sempre stata evasiva -continua De Capitani-. È come aggiungere paglia mentre si cerca un ago. Il cittadino ci rimette due volte: non ha maggior sicurezza ma perde in termini di rispetto dei suoi diritti. E a perderci sono soprattutto le categorie meno protette, e gli stessi stranieri che vengono o transitano sul territorio europeo”.

    “Il cittadino ci rimette due volte: non ha maggior sicurezza ma perde in termini di rispetto dei suoi diritti. Soprattutto le categorie meno protette” – Emilio De Capitani

    I migranti in particolare diventano sempre più il “banco di prova” delle misure distopiche di sorveglianza messe in atto dalle istituzioni europee europee attraverso anche altri sistemi che si appoggiano anch’essi sempre più su algoritmi intesi a individuare comportamenti e caratteristiche “pericolose”. E in questo quadro Frontex, l’Agenzia che sorveglia le frontiere esterne europee gioca un ruolo di primo piano. Nel giugno 2022 ancora il Garante europeo ha emesso nei suoi confronti due pareri di vigilanza che sottolineano la presenza di regole “non sufficientemente chiare” sul trattamento dei dati personali dei soggetti interessati dalla sua attività e soprattutto “norme interne che sembrano ampliare il ruolo e la portata dell’Agenzia come autorità di contrasto”.

    Il Garante si riferisce a quelle categorie speciali come “i dati sanitari delle persone, i dati che rivelano l’origine razziale o etnica, i dati genetici” che vengono raccolti in seguito all’identificazione di persone potenzialmente coinvolte in reati transfrontalieri. Ma quel tipo di attività di contrasto non rientra nel mandato di Frontex come guardia di frontiera ma ricade eventualmente nelle competenze di un corpo di polizia i cui possibili abusi sarebbero comunque impugnabili davanti a un giudice nazionale o europeo. Quindi, conclude il Garante, il trattamento di questi dati dovrebbe essere protetto con “specifiche garanzie per evitare pratiche discriminatorie”.

    Ma secondo Chris Jones, direttore esecutivo del gruppo di ricerca indipendente Statewatch, il problema è a monte. Sono le stesse istituzioni europee a incaricare queste due agenzie di svolgere attività di sorveglianza. “Frontex ed Europol hanno sempre più poteri e maggior peso nella definizione delle priorità per lo sviluppo di nuove tecnologie di sicurezza e sorveglianza”, spiega. Un peso che ha portato, per esempio, a finanziare all’interno del piano strategico Horizon Europe 2020, che delinea il programma dell’Ue per la ricerca e l’innovazione dal 2021 al 2024, il progetto “Secure societies”. Grazie a un portafoglio di quasi 1,7 miliardi di euro è stata commissionata, tra gli altri, la ricerca “ITFlows” che ha come obiettivo quello di prevedere, attraverso l’utilizzo di strumenti di intelligenza artificiale, i flussi migratori. Il sistema predittivo, simile a quello descritto da Berthélémy, è basato su un modello per il quale, con una serie di informazioni storiche raccolte su un certo fenomeno, sarebbe possibile anticipare sugli eventi futuri.

    “Se i dati sono cattivi, la decisione sarà cattiva. Se la raccolta dei dati è viziata dal pregiudizio e dal razzismo, lo sarà anche il risultato finale” – Chris Jones

    “Se le mie previsioni mi dicono che arriveranno molte persone in un determinato confine, concentrerò maggiormente la mia sorveglianza su quella frontiera e potrò più facilmente respingerli”, osserva Yasha Maccanico, ricercatore di Statewatch. Sempre nell’ambito di “Secure societies” il progetto “iBorderCtrl” riguarda invece famigerati “rilevatori di bugie” pseudoscientifici che dedurrebbe lo stato emotivo, le intenzioni o lo stato mentale di una persona in base ai suoi dati biometrici. L’obiettivo è utilizzare questi strumenti per valutare la credibilità dei racconti dei richiedenti asilo nelle procedure di valutazione delle loro richieste di protezione. E in questo quadro sono fondamentali i dati su cui si basano queste predizioni: “Se i dati sono cattivi, la decisione sarà cattiva -continua Jones-. Se la raccolta dei dati è viziata dal pregiudizio e dal razzismo, lo sarà anche il risultato finale”. Per questi motivi AccessNow, che si occupa di tutela dei diritti umani nella sfera digitale, ha scritto una lettera (firmata anche da Edri e Statewatch) a fine settembre 2022 ai membri del consorzio ITFlows per chiedere di terminare lo sviluppo di questi sistemi.

    Anche sul tema dei migranti il legislatore europeo tenta di creare, come per Europol, una scappatoia per attuare politiche di per sé illegali. Nell’aprile 2021 la Commissione europea ha proposto un testo per regolamentare l’utilizzo dell’intelligenza artificiale e degli strumenti basati su di essa (sistemi di videosorveglianza, identificazione biometrica e così via) escludendo però l’applicazione delle tutele previste nei confronti dei cittadini che provengono da Paesi terzi. “Rispetto ai sistemi di intelligenza artificiale quello che conta è il contesto e il fine con cui vengono utilizzati. Individuare la presenza di un essere umano al buio può essere positivo ma se questo sistema è applicato a un confine per ‘respingere’ la persona diventa uno strumento che favorisce la lesione di un diritto fondamentale -spiega Caterina Rodelli analista politica di AccessNow-. Si punta a creare due regimi differenti in cui i diritti dei cittadini di Paesi terzi non sono tutelati come quelli degli europei: non per motivi ‘tecnici’ ma politici”. Gli effetti di scarse tutele per gli uni, i migranti, ricadono però su tutti. “Per un motivo molto semplice. L’Ue, a differenza degli Usa, prevede espressamente il diritto alla tutela della vita privata nelle sue Carte fondamentali -conclude De Capitani-. Protezione che nasce dalle più o meno recenti dittature che hanno vissuto gli Stati membri: l’assunto è che chi è o si ‘sente’ controllato non è libero. Basta questo per capire perché sottende l’adozione di politiche ‘predittive’ e la riforma di Europol o lo strapotere di Frontex, stiano diventando un problema di tutti perché rischiano di violare la Carta dei diritti fondamentali”.

    https://altreconomia.it/sorvegliare-in-nome-della-sicurezza-le-agenzie-ue-vogliono-carta-bianca
    #surveillance #biométrie #AI #intelligence_artificielle #migrations #réfugiés #Etat_de_droit #données #protection_des_données #règlement #identification #police_prédictive #algorythme #base_de_données #Advanced_passenger_information (#Api) #avion #transport_aérien #Secure_societies #ITFlows #iBorderCtrl #asile #

    • New Europol rules massively expand police powers and reduce rights protections

      The new rules governing Europol, which came into force at the end of June, massively expand the tasks and powers of the EU’s policing agency whilst reducing external scrutiny of its data processing operations and rights protections for individuals, says a report published today by Statewatch.

      Given Europol’s role as a ‘hub’ for information processing and exchange between EU member states and other entities, the new rules thus increase the powers of all police forces and other agencies that cooperate with Europol, argues the report, Empowering the police, removing protections (https://www.statewatch.org/publications/reports-and-books/empowering-the-police-removing-protections-the-new-europol-regulation).

      New tasks granted to Europol include supporting the EU’s network of police “special intervention units” and managing a cooperation platform for coordinating joint police operations, known as EMPACT. However, it is the rules governing the processing and exchange of data that have seen the most significant changes.

      Europol is now allowed to process vast quantities of data transferred to it by member states on people who may be entirely innocent and have no link whatsoever to any criminal activity, a move that legalises a previously-illegal activity for which Europol was admonished by the European Data Protection Supervisor.

      The agency can now process “investigative data” which, as long it relates to “a specific criminal investigation”, could cover anyone, anywhere, and has been granted the power to conduct “research and innovation” projects. These will be geared towards the use of big data, machine learning and ‘artificial intelligence’ techniques, for which it can process sensitive data such as genetic data or ethnic background.

      Europol can now also use data received from non-EU states to enter “information alerts” in the Schengen Information System database and provide “third-country sourced biometric data” to national police forces, increasing the likelihood of data obtained in violation of human rights being ‘laundered’ in European policing and raising the possibility of third states using Europol as a conduit to harass political opponents and dissidents.

      The new rules substantially loosen restrictions on international data transfers, allowing the agency’s management board to authorise transfers of personal data to third states and international organisations without a legal agreement in place – whilst priority states for international cooperation include dictatorships and authoritarian states such as Algeria, Egypt, Turkey and Morocco.

      At the same time, independent external oversight of the agency’s data processing has been substantially reduced. The threshold for referring new data processing activities to the European Data Protection Supervisor (EDPS) for external scrutiny has been raised, and if Europol decides that new data processing operations “are particularly urgent and necessary to prevent and combat an immediate threat,” it can simply consult the EDPS and then start processing data without waiting for a response.

      The agency is now required to employ a Fundamental Rights Officer (FRO), but the role clearly lacks independence: the FRO will be appointed by the Management Board “upon a proposal of the Executive Director,” and “shall report directly to the Executive Director”.

      Chris Jones, Director of Statewatch, said:

      “The proposals to increase Europol’s powers were published six months after the Black Lives Matter movement erupted across the world, calling for new ways to ensure public safety that looked beyond the failed, traditional model of policing.

      With the new rules agreed in June, the EU has decided to reinforce that model, encouraging Europol and the member states to hoover up vast quantities of data, develop ‘artificial intelligence’ technologies to examine it, and increase cooperation with states with appalling human rights records.”

      Yasha Maccanico, a Researcher at Statewatch, said:

      “Europol has landed itself in hot water with the European Data Protection Supervisor three times in the last year for breaking data protection rules – yet the EU’s legislators have decided to reduce the EDPS’ supervisory powers. Independent, critical scrutiny and oversight of the EU’s policing agency has never been more needed.”

      The report (https://www.statewatch.org/publications/reports-and-books/empowering-the-police-removing-protections-the-new-europol-regulation) has been published alongside an interactive ’map’ of EU agencies and ’interoperable’ policing and migration databases (https://www.statewatch.org/eu-agencies-and-interoperable-databases), designed to aid understanding and further research on the data architecture in the EU’s area of freedom, security and justice.

      https://www.statewatch.org/news/2022/november/new-europol-rules-massively-expand-police-powers-and-reduce-rights-prote
      #interopérabilité #carte #visualisation

    • EU agencies and interoperable databases

      This map provides a visual representation of, and information on, the data architecture in the European Union’s “area of freedom, security and justice”. It shows the EU’s large-scale databases, networked information systems (those that are part of the ’Prüm’ network), EU agencies, national authorities and international organisations (namely Interpol) that have a role in that architecture. It is intended to facilitate understanding and further investigation into that architecture and the agencies and activities associated with it.

      https://www.statewatch.org/eu-agencies-and-interoperable-databases
      #réseau #prüm_II

  • #mastodon, #fin de (première) partie ?
    https://framablog.org/2022/11/12/mastodon-fin-de-premiere-partie

    L’afflux récent d’inscriptions sur Mastodon, sous forme de vague inédite de cette ampleur, a largement retenti dans les médias. Beaucoup se sont penchés sur le réseau social fédéré avec une curiosité nouvelle, pour expliquer (parfois de façon maladroite ou fragmentaire, … Lire la suite­­

    #Fédération #Internet_et_société #Libres_Logiciels #Libres_Services #Tales_of_Fediverse #ActivityPub #anarchisme #deuil #Entraide #Fediverse #migration #musk #reseaux_sociaux #Twitter

    • Comme lorsque vous êtes assis dans un wagon tranquille, discutant doucement avec quelques amis, et qu’une bande entière de supporters de football monte à la gare de Jolimont après la défaite de leur équipe. Ils n’ont pas l’habitude de prendre le train et ne connaissent pas le protocole. Ils supposent que tout le monde dans le train était au match ou du moins suit le football. Ils se pressent aux portes et se plaignent de la configuration des sièges.

      Ce n’est pas entièrement la faute des personnes de Twitter. On leur a appris à se comporter d’une certaine manière. À courir après les likes et les retweets. À se mettre en valeur. À performer. Tout ce genre de choses est une malédiction pour la plupart des personnes qui étaient sur Mastodon il y a une semaine.

    • Cet article pose la question de la publicité des contenus publiés sur Mastodon et du consentement nécessaire dans le cas de republication, comme pour les blogs en fait, et à la différence des réseaux sociaux comme Twitter ou Facebook où les usagers ont accepter par défaut de se dépouiller de leur propriété intellectuelle et leur droit moral sur leurs contenu. J’utilise le terme de propriété intellectuelle mais ce n’est pas celui utilisé dans le texte, peut être une traduction abusive de ma part. Hugh Rundle fait référence à des normes implicites et à un anarchisme de ces outils permettant la publication de contenu et la conversation à un rythme lent et avec un nombre modéré d’utilisateurs qui, à l’origine, ne souhaitaient pas être contrôlés.
      La critique acerbe des pratiques extractivistes visant à augmenter l’audience et en profiter mais aussi des pratiques universitaires produisant du savoir à partir de l’appropriation non-consentie de contenu m’interpellent particulièrement.
      Les usagers de @seenthis Seenthis, pour leur part, peuvent choisir le régime de propriété intellectuelle souhaitée : personnellement c’est CC/BY/NC/SA et c’est peut être une option que devrait proposer explicitement les instances Mastodon. En tout cas, je réalise l’importance d’avoir explicité ces termes de partage sur @seenthis.

      Personne n’a pensé à me demander si je le voulais.

      Jusqu’à cette semaine, je n’avais pas vraiment compris – vraiment apprécié – à quel point les systèmes de publication des entreprises orientent le comportement des gens. Twitter encourage une attitude très extractive de la part de tous ceux qu’il touche. Les personnes qui ont republié mes articles sur Mastodon sur Twitter n’ont pas pensé à me demander si j’étais d’accord pour qu’ils le fassent. Les bibliothécaires qui s’interrogent bruyamment sur la manière dont ce “nouvel” environnement de médias sociaux pourrait être systématiquement archivé n’ont demandé à personne s’ils souhaitaient que leurs pouets sur le Fediverse soient capturés et stockés par les institutions gouvernementales. Les universitaires qui réfléchissent avec enthousiasme à la manière de reproduire leurs projets de recherche sur Twitter sur un nouveau corpus de pouets “Mastodon” n’ont pas pensé à se demander si nous voulions être étudiés par eux. Les personnes créant, publiant et demandant des listes publiques de noms d’utilisateurs Mastodon pour certaines catégories de personnes (journalistes, universitaires dans un domaine particulier, activistes climatiques…) ne semblaient pas avoir vérifié si certaines de ces personnes se sentait en sécurité pour figurer sur une liste publique. Ils ne semblent pas avoir pris en compte le fait qu’il existe des noms pour le type de personne qui établit des listes afin que d’autres puissent surveiller leurs communications. Et ce ne sont pas des noms sympathiques.

      Les outils, les protocoles et la culture du Fediverse ont été construits par des féministes trans et queer. [...] Néanmoins, les principes de base ont été maintenus jusqu’à présent : la culture et les systèmes techniques ont été délibérément conçus sur des principes de consentement, d’organisation et de sécurité communautaires. Bien qu’il y ait certainement des améliorations à apporter à Mastodon en termes d’outils de modération et de contrôle plus fin des publications, elles sont en général nettement supérieures à l’expérience de Twitter. Il n’est guère surprenant que les personnes qui ont été la cible de trolls fascistes pendant la plus grande partie de leur vie aient mis en place des protections contre une attention non désirée lorsqu’elles ont créé une nouvelle boîte à outils pour médias sociaux. Ce sont ces mêmes outils et paramètres qui donnent beaucoup plus d’autonomie aux utilisateurs qui, selon les experts, rendent Mastodon « trop compliqué ».

      Si les personnes qui ont construit le Fediverse cherchaient généralement à protéger les utilisateurs, les plateformes d’entreprise comme Twitter cherchent à contrôler leurs utilisateurs. Twitter revendique la juridiction sur tout le « contenu » de la plateforme. Les plaintes les plus vives à ce sujet proviennent de personnes qui veulent publier des choses horribles et qui sont tristes lorsque la bureaucratie de Twitter finit, parfois, par leur dire qu’elles n’y sont pas autorisées. Le vrai problème de cet arrangement, cependant, est qu’il modifie ce que les gens pensent du consentement et du contrôle de nos propres voix. Les universitaires et les publicitaires qui souhaitent étudier les propos, les graphiques sociaux et les données démographiques des utilisateurs de Twitter n’ont qu’à demander la permission à la société Twitter. Ils peuvent prétendre que, légalement, Twitter a le droit de faire ce qu’il veut de ces données et que, éthiquement, les utilisateurs ont donné leur accord pour que ces données soient utilisées de quelque manière que ce soit lorsqu’ils ont coché la case « J’accepte » des conditions de service. Il s’agit bien sûr d’une idiotie complète (les Condition Générales d’Utilisation sont impénétrables, changent sur un coup de tête, et le déséquilibre des pouvoirs est énorme), mais c’est pratique. Les chercheurs se convainquent donc qu’ils y croient, ou bien ils s’en fichent tout simplement.

      #extractivisme #université #recherche #propriété_intellectuelle #anarchisme #consentement

  • « Dans cette course folle du numérique, aurions-nous oublié que les algorithmes ne sont pas des êtres pensants ? Que nous ne pouvons pas être comme eux, disponibles 24 h/24 et 7 j/7 ? Comment ne pas perdre un peu plus de nous-même chaque jour face à ce tourbillon incessant de notifications, face à cette économie de l’attention qui nous happe et nous enferme bien souvent ? Dans ce rendez-vous du scroll infini, quel modèle économique et technologique tiendra compte de nos êtres aujourd’hui et demain ? Minute papillon ! »

    Excellent dossier dans le dernier numéro de Chut ! pour aborder la question du temps et ses rapports avec le numérique :

    •Petite histoire de la mesure du temps (infographie)
    •Entretien avec Christine Guerlin, physicienne pour aborder le temps du point de vue scientifique.
    •Témoignages pour évaluer la diversité de notre rapport au temps
    •Entretien avec Pierre-Antoine Chardel, philosophe et sociologue, responsable du séminaire « Socio-philosophie du temps présent » pour aborder le phénomène d’accélération du temps.
    •Le temps de l’ennui chez les enfants
    •Le temps de la culture et des industries culturelles.
    •L’économie de l’attention des GAFAM ou le scroll à l’infini.
    •Le temps de la déconnexion
    •Le temps de l’innovation
    •Le temps du souvenir à l’ère d’internet
    •Le temps au delà de la mort (techno-sciences)
    •La machine à voyager dans le temps

    Idéal pour aborder le sujet avec les lycéens.

    https://chut.media/magazine/chut-n-11-temps-suspends-ton-scroll

    #Philosophie #Temps #Numérique #GAFAM #Algorithme #Physique #EMI #RéseauxSociaux

  • Usbek & Rica - Le cinéma, la littérature et la musique doivent-ils résister à l’injonction des formats courts ?
    https://usbeketrica.com/fr/article/le-cinema-la-litterature-et-la-musique-doivent-ils-resister-a-l-injonct

    Qu’on le veuille ou non, les nouveaux modes de narration propres aux réseaux sociaux transforment déjà notre rapport au cinéma, à la lecture ou à la musique. Les formats qui s’écrivent en ligne impriment leur nouvelle temporalité ultra-ramassée à nos esprits sur-connectés. La phénoménologie de l’expérience esthétique est en pleine mutation.

    Dans ce contexte, les films ont-ils tous vocation à devenir des courts-métrages, les romans des nouvelles et les albums de musique des compilations d’extraits sonores de vingt secondes  ? La plupart d’entre nous visionnons déjà des films en version accélérée, oubliant la nécessité que peuvent avoir les blancs, les silences et même les « longueurs » (terme qui n’aura probablement jamais été aussi péjoratif qu’en 2022) dans l’architecture d’une œuvre. Autre option : faire l’effort collectif de rééduquer nos sens au temps long pour continuer d’apprécier notre patrimoine artistique, sans pour autant se priver de la possibilité d’être agréablement surpris par ceux qui font le pont entre ces mondes et imaginent des formats encore à naître et que l’on ne soupçonne pas encore…

    #RéseauxSociaux #Format #Temps #Cinéma #Musique #Littérature

    • C’est marrant, parce que moi au contraire je trouve que les films ne savent plus être concis : la moindre connerie de Marvel, il faut deux films de 2h30 à 3 heures pour réussir à raconter un truc un peu neuneu. Je me dis que c’est le format « série » qui fait que les réalisateur·ices ne savent plus raconter une histoire rapidement, camper un personnage en deux regards, ramener un dialogue à l’essentiel… Ou bien que le public il aime qu’on lui explicite bien les motivations du personnage grâce à des dialogues bien chiants et bien explicatifs.

      Les séries, bon sang ça traîne de plus en plus. Je me fais « Andor » en ce moment : il y a des épisodes entier de 45 minutes dans lesquels, franchement, il ne se passe rigoureusement rien : ça cause, ça cause, et à la fin je me dis qu’entre les épisodes 2 et 3 (il ne se pas vraiment rien de rien), quelqu’un d’un peu doué aurait raconté un film complet. Et ça c’est une série généralement considérée comme plus « adulte » que les autres séries Star Wars.

      C’est ce qui m’a sauté aux yeux en revoyant Les sentiers de la gloire avec ma grande : ça va très vite (88 minutes), en deux regards ou attitudes on te campe un personnage et quand on le retrouve plus tard, on a l’impression d’avoir déjà tout compris de ses motivations. Avengers Infinity Wars c’est 149 minutes, et il faut se fader Endgame (181 minutes) pour savoir la fin. Denis Villeneuve en 155 minutes il ne raconte que la moitié de Dune et on devra repayer et se refader 3 heures supplémentaires pour avoir la fin.

      (Oui bon, d’accord, Barry Lindon ça dure trois heures. Laurence d’Arabie plus de 3 heures et demi. Et Cléopatre c’est carrément 4 heures. Mais j’ai raison quand même.)

  • #liste des #géographes qui sont passés sur #Mastodon après l’annonce du rachat de #twitter par #Elon_Musk

    Since the regime change at Twitter there’s been a steady of stream of folks trying out Mastodon as an alternative. Mastodon is Twitter-like but is also very much its own platform, consisting of a federation of interlinked ‘instances’. As a newbie you select and join an ‘instance’, which makes a difference as to what posts (‘toots’) are viewed (there are 3 levels of viewing posts: home, posts by people you follow; local, posts by people in your instance; federated, posts from across the whole network that have link with your instance). Toots appear in chronological order rather than being sorted by algorithm. The instance someone belongs to is identifiable by their username and address (in my case @mastodon.social). See the Mastodon quick set guide for more info.

    Within a couple of days of setting up I was following a couple of hundred folks and had a similar number of followers, many of whom I knew from Twitter. Quite a few of these are geographers, though I’m sure there are many more than this list, which is designed to help folk find each other and start conversations.

    https://progcity.maynoothuniversity.ie/2022/11/mastodon-geographers

    et ici :
    https://lejun.codeberg.page/Mastodon-Geography

    #Musk #réseaux_sociaux #géographie

  • Louis Derrac - Comment les GAFAM gagnent-ils leurs milliards ?
    https://louisderrac.com/2022/10/29/comment-les-gafam-gagnent-ils-leurs-milliards

    Une visualisation extrêmement claire de l’origine des revenus des cinq GAFAM. Cela illustre bien qu’au-delà de l’acronyme qu’ils partagent, leurs modèles économiques, et donc leurs politiques, sont très différents. Utile en intervention pédagogique donc !

    #GAFAM #RéseauxSociaux #EMI #Infographie #Economie

  • L’algorithme de TikTok peut-il prédire votre avenir ?
    https://www.ladn.eu/media-mutants/reseaux-sociaux/algorithme-tiktok-predire-avenir

    ❝Dans la partie de TikTok réservée aux adeptes du New Age, cette idée selon laquelle l’algorithme serait une force spirituelle qui délivre des messages aux utilisateurs aux bons moments est devenue une sorte d’évidence. Beaucoup d’influenceurs démarrent leur vidéo en déclarant : « Si tu es tombé sur cette vidéo, c’est qu’elle t’était destinée. Arrête de scroller et écoute ce que j’ai à te dire ». Pour les adeptes des lois de l’attraction, cette idéologie selon laquelle l’univers se plie à nos pensées, alors il existe une certaine logique : l’algorithme de TikTok reflétant notre personnalité pourrait répondre à nos envies ou à nos interrogations. De manière plus prosaïque, l’application aurait tout un tas d’outils pour viser juste et vous donner la bonne info au bon moment.

    La chose est connue : tous les utilisateurs débutants commencent avec la même expérience sur TikTok. Les premières vidéos qui apparaissent sont issues de comptes possédant énormément d’abonnés et présentant toujours un contenu semblable. Il faut passer les vidéos de jeunes femmes qui se dandinent ou de pranks filmés en accéléré pour que TikTok commence à proposer du contenu plus spécifique. C’est notamment le watch time (le fait de regarder la vidéo jusqu’au bout) et notre engagement (le fait de liker, partager ou commenter la vidéo) qui va donner des indices à l’algorithme. Il va pouvoir déterminer ce qui nous fait rester ou partir d’une vidéo. Si vous êtes un utilisateur de longue date, il est d’ailleurs facile de repérer les moments où la plateforme vous propose un nouveau type de contenu susceptible de vous plaire.

    Le reste tient aussi d’une part de suggestions et d’interprétation. Comme dans les arts divinatoires, chacun peut interpréter les hasards et autres coïncidences comme des messages de l’univers.

    Reste à convenir que TikTok est une application littéralement à votre écoute. Depuis 2020, on sait que la plateforme peut activer le microphone des smartphones même quand vous n’êtes pas en train de scroller les vidéos. Les utilisateurs d’iPhone sont protégés, mais ceux qui sont sur Android sont donc susceptibles d’être enregistrés à leur insu. Et ce n’est pas tout. TikTok utilise aussi ce qu’on appelle des traqueurs tiers qui renseignent l’entreprise sur votre activité en ligne hors de son application. D’après un rapport du site URL Genius, 13 traqueurs sur les 14 que compte TikTok enregistrent vos recherches Google, votre localisation, etc. Quand on comprend à quel point chaque utilisateur est espionné par l’application, alors la magie tend légèrement à disparaître. "

    #RéseauxSociaux #TikTok #Algorithme #DonnéesPersonnelles #Numérique

  • Le diesel des data centers pourrait sauver la Suisse du black-out cet hiver RTS - Pascal Jeannerat

    La puissance de production cumulée des 90 data centers commerciaux de Suisse équivaut à celle d’un réacteur nucléaire. La branche est prête à engager ses génératrices de secours pour soutenir le réseau cet hiver et éviter les délestages.

    Entre 300 et 400 Mégawatts : telle est l’estimation que l’Association suisse des data centers a confiée à la RTS pour l’ensemble de ses génératrices installées. « C’est à peu près l’équivalent d’un réacteur comme Beznau », précise son président Sergio Milesi. Cette puissance s’explique par le fait que les data centers, gros consommateurs de courant, sont également équipés de doubles redondances y compris pour leur approvisionnement électrique de secours.

    Déjà opérationnels
    Certains centres de données comme celui de Green à Lupfig (AG) sont déjà reliés et synchronisés au réseau électrique et capables d’y injecter du courant. « C’est un service-système que nous fournissons à Swissgrid, le gestionnaire du réseau qui peut activer lui-même à distance les génératrices. Tout est automatisé », explique son directeur général Roger Süess à la RTS. Au total, sur l’ensemble de ses data centers en Suisse, l’entreprise dispose à elle seule d’un parc de génératrices allant de 2 à 3,5 MW pour un total de 35 MW.

    En Suisse, la plupart des grands data centers sont capables de synchroniser leurs machines sur la fréquence du réseau et d’y fournir leur production. « Certains autres nécessiteraient de s’équiper en conséquence, précise le président de l’Association suisse des data centers, mais c’est techniquement possible ». Sergio Milesi indique que la branche dans son ensemble est favorable à cette contribution, sous certaines conditions qui sont actuellement en discussion avec la Confédération.

    Levée de restrictions
    Selon les normes actuelles, l’utilisation des génératrices de secours est limitée à cinquante heures par an en raison de leurs nuisances sonores. Il faudrait relever ce seuil, argumente Roger Süess, qui en appelle aussi à une exemption de la taxe CO2 : « Si nous aidons comme cela à produire du courant en période de pénurie, il faudrait peut-être nous en dispenser », plaide-t-il, conscient que les émissions de CO2 des génératrices diesel représenteraient une lourde charge.

    Concernant le prix auquel la branche consentirait à vendre ses kilowattheures, la réponse est unanime : à prix coûtant. « L’objectif est simplement de pouvoir couvrir les coûts : carburant, garantie de livraison, frais supplémentaires d’exploitation, pas de faire des bénéfices ! », affirme Roger Süess. Pour lui, face à la pénurie, les data centers font partie de la solution, pas du problème : « C’est une opération gagnant-gagnant », résume Sergio Milesi, qui relève que les génératrices de secours représentent des millions de francs d’investissement qui dorment pratiquement toute l’année. Roger Süess abonde : « Le prix d’une génératrice, c’est un nombre à sept chiffres ! »

    Accord à bout touchant
    Cette réserve de secours intéresse la Confédération. « Leurs groupes de secours sont modernes et remplissent généralement les normes environnementales », répond l’Office fédéral de l’énergie, qui parle de discussions positives. « Nous avons identifié quelques défis à surmonter pour assurer l’exploitation des groupes de secours - à savoir, leur intégration dans le réseau électrique ainsi que leur approvisionnement en carburant ».

    La branche s’attend à voir les conditions de mise en œuvre réglées dans une ordonnance « d’ici deux à trois semaines » pour consultation. Cette capacité de production s’ajoute à la première réserve de secours déjà mise sur pied par la Confédération. C’est à quelques centaines de mètres du data center de Lupfig, à Birr (AG), que cette réserve vient d’être conclue jusqu’en 2026 avec l’entreprise américaine General Electric. Un contrat de location de huit turbines tricombustibles fonctionnant au diesel, au gaz ou à l’hydrogène pour une puissance totale de 250 MW a été signé. Objectif : pallier la potentielle pénurie de courant redoutée dès février 2023.

    Polluant mais transitoire
    Ce recours aux énergies fossiles pourrait être très utile cet hiver, mais il n’enchante pas pour autant le directeur général de Green. « Si on regarde ce que la Suisse innovante offre comme possibilités dans l’hydraulique, l’éolien, le solaire, ou avec les Ecoles polytechniques sur les nouvelles sources d’énergie, j’espère bien que c’est avec ça que nous trouverons les solutions d’avenir, sans devoir encore nous tourner vers ces génératrices », répond Roger Süess.

    Même credo au sein de l’association : « Nous regardons de près les nouvelles technologies concernant l’électricité, qui est un facteur très important pour notre branche. Et je pense que l’hydrogène va jouer un rôle central dans ce secteur, y compris pour le stockage de l’électricité », conclut Sergio Milesi. En attendant, si l’hiver est froid et sec, s’il ne voit pas le retour rapide de la puissance électrique nucléaire française, il risque bien de plomber le bilan CO2 de la Suisse.

    #data_centers #nuisances #bruit #pollution #co2 #pénuries #énergie #réseau_électrique #électricité #Suisse

  • Faut-il réserver un réacteur nucléaire pour alimenter les stations de ski ? (En réalité les seules remontées mécaniques)

    Le risque de pénurie d’électricité et la hausse des prix des énergies forcent les stations de ski à adapter leur plan d’exploitation. Elles promettent d’appliquer des mesures de sobriété comme la réduction de la vitesse des remontées mécaniques, un damage plus précis et des techniques d’enneigement artificiel moins énergivores. Mais quel-est réellement l’impact d’une station de ski sur le réseau électrique ?

    La France est l’un des plus grands pays de ski au monde. Elle possède 350 stations, qui opèrent 3 346 remontées mécaniques d’après France Montagne, une association des acteurs du tourisme en montagne.


    Illustration : Révolution Énergétique - Hugo LARA

    Chaque saison, ces domaines consomment de grandes quantités d’énergie, principalement de l’électricité pour les remontées et le chauffage, mais aussi des carburants pour le damage et les véhicules.

    Le risque de blackout qui plane sur le réseau électrique national et les hausses de prix des énergies ne leur permet plus de dépenser sans compter.
    . . . . . .
    Des remontées mécaniques très gourmandes en électricité
    Réunis, les domaines skiables constituent une industrie très gourmande en électricité. Elles appellent une puissance élevée, notamment au démarrage des remontées. D’autant que leur ouverture le matin correspond aux horaires du premier pic de consommation de la journée, entre 8 h et 13 h. Elles n’ont toutefois aucun impact sur le pic de 19 h, le plus délicat pour le réseau, puisqu’elles ferment généralement autour de 17 h.
    . . . . . . .
    Un réacteur nucléaire monopolisé pour les stations de ski ?
    En considérant une puissance moyenne totalement arbitraire de 200 kW par remontée mécanique, les 3 346 machines installées en France développeraient une puissance cumulée d’environ 670 MW, pas si éloignée d’un réacteur nucléaire de palier CP0/Y (900 MW).

    Un chiffre qui ne tient pas compte des pertes liées au transport et à la conversion du courant sur certaines machines ainsi que des consommations auxiliaires (moteurs des systèmes débrayables, tapis d’embarquement, chauffage…).

    Bien sûr, toutes les remontées ne fonctionnent pas en même temps et à puissance maximale. Si la puissance réellement appelée par les stations de ski est certainement bien inférieure à notre calcul, elle reste significative. Ainsi, les opérateurs prévoient déjà des mesures pour réduire la consommation des leurs remontées.

    #loisirs #ski #remontées_mécaniques #pénuries #énergie #réseau_électrique #montagne #électricité #charbon #nucléaire #France

    Source : https://www.revolution-energetique.com/faut-il-reserver-un-reacteur-nucleaire-pour-alimenter-les-st

    • Reste à alimenter en énergie les logements et restaurants, les canons à neige, les transports, l’éclairage . . . . . des stations de sport d’hiver.

      Un grand merci à la petite bourgeoisie de gôche fanatique des sports d’hiver.

  • Microsoft brings DALL-E 2 to the masses with Designer and Image Creator
    Microsoft is making a major investment in DALL-E 2, OpenAI’s AI-powered system that generates images from text, by bringing it to first-party apps and services. During its Ignite conference this week, Microsoft announced that it’s integrating DALL-E 2 with the newly announced Microsoft Designer app and Image Creator tool in Bing and Microsoft Edge.
    https://techcrunch.com/2022/10/12/microsoft-brings-dall-e-2-to-the-masses-with-designer-and-image-creator

    Seeking to bring OpenAI’s tech to an even wider audience, Microsoft is launching Designer, a Canva-like web app that can generate designs for presentations, posters, digital postcards, invitations, graphics and more to share on social media and other channels. Designer — whose announcement leaked repeatedly this spring and summer — leverages user-created content and DALL-E 2 to ideate designs, with drop-downs and text boxes for further customization and personalization.

    Another new Microsoft-developed app underpinned by DALL-E 2 is Image Creator, heading to Bing and Edge in the coming weeks. As the name implies, Image Creator — accessed via the Bing Images tab or bing.com/create, or through the Image Creator icon in the sidebar within Edge — generates art given a text prompt by funneling requests to DALL-E 2, acting like a frontend client for OpenAI’s still-in-beta DALL-E 2 service.

    L’article évoque aussi la question des #droit liés aux images générés, le #deepfake violent ou pornographique et la question des #dataset utilisés pour entraîner ce #programme appelé #ia ou #reseau_de_neurones génératif d’images.

  • Le PSG a mis en place « une armée de trolls » pour nuire à des personnalités, selon mediapart Le temps - afp

    Le PSG a chargé une agence de communication, entre 2018 et 2020, de créer de faux comptes Twitter pour mener des campagnes hostiles contre des cibles du club de la capitale, a révélé mercredi Mediapart.

    Selon le journal en ligne qui publie un rapport de la société Digital Big Brother (DBB), immatriculée à Barcelone et contrôlée par l’homme d’affaires franco-tunisien Lotfi Bel Had, cette agence a déployé « une armée de trolls » au service du club détenu par le Qatar pour discréditer des personnalités, des journalistes et même des joueurs de l’équipe.

    Parmi les cibles privilégiées figuraient, selon le rapport, « des médias jugés hostiles au PSG comme mediapart et L’Équipe , le supporter giflé par Neymar (après la défaite du PSG en finale de la Coupe de France 2019, ndlr), la jeune fille qui a accusé la star brésilienne de viol, mais aussi des personnalités du club comme le joueur Adrien Rabiot et l’ancien directeur sportif Antero Henrique ». Mediapart indique que la star parisienne Kylian Mbappé a également été « égratignée ».

    Selon le rapport de DBB consulté par Mediapart, qui fait le bilan de son activité pour le compte du PSG pour la saison 2018/2019, l’armée numérique au service du club de la capitale « était supervisée par le service communication du PSG, dirigé à l’époque par Jean-Martial Ribes ». Ce dernier a quitté le club en mai dernier pour le service de communication d’une filiale du géant du luxe LVMH. La stratégie s’articulait autour d’un compte « de référence », Paname Squad, qui se présente sur Twitter comme un « collectif de passionnés du Paris Saint-Germain ».

    Le PSG dément
    Contacté, le PSG a démenti « fermement les allégations de Mediapart ». « Le PSG est une marque internationale qui travaille en permanence avec des agences de social media partout dans le monde pour promouvoir et célébrer les réalisations du club, de ses collaborateurs et de ses partenaires, comme toutes les entreprises. Le club n’a jamais contracté avec une agence pour nuire à qui que ce soit », a ajouté le PSG.

    Une source ayant connaissance de cette collaboration a confirmé que le PSG avait bien fait appel à la société DBB, mais réfuté toute demande d’attaque de la part du club contre des joueurs ou des personnalités.

    Cette affaire rappelle celle qui a impliqué l’ex-président du FC Barcelone, Josep Maria Bartomeu. Début 2020, une opération similaire avait été dévoilée par la presse, surnommée depuis le « Barçagate ». Le FC Barcelone, alors dirigé par Bartomeu, avait payé l’entreprise I3 Ventures pour qu’elle améliore l’image de la direction dans l’opinion publique, au travers de dizaines de faux-comptes sur les réseaux sociaux.

    L’image de plusieurs personnalités du football hostiles à la direction de l’époque avait été attaquée : certains joueurs du FC Barcelone comme Gerard Piqué ou Lionel Messi, d’anciens joueurs comme Carles Puyol, Xavi ou Pep Guardiola, des concurrents à la direction comme Joan Laporta et même des figures politiques comme Carles Puigdemont. Le 1er mars 2021, la police catalane avait mené une perquisition dans les bureaux du Barça, Bartomeu et son bras droit avaient été arrêtés.

    Source : https://www.letemps.ch/sport/psg-mis-place-une-armee-trolls-nuire-personnalites-selon-mediapart
    #football #twitter #facebook #france #politique #censure #internet #réseaux_sociaux #trolls #troll #manipulation #harcèlement #seenthis #blogger #armée_numérique #manipulation

    • Nombre de lectures, commentaires, partages . . . . tout est à vendre sur les réseaux sociaux.

      il y a des acheteurs, et des acheteuses. Exemple : olivia gregoire, ministre de macron et porte parole du gouvernement dirigeait 1’agence de com lobbyiste produisant en masse de faux articles arrangeant les milliardaires, leurs intérêts et diffamant leurs opposants

  • Les services anti-terroristes mobilisés pour mater les grévistes
    https://www.blast-info.fr/emissions/2022/les-services-anti-terroristes-mobilises-pour-mater-les-grevistes-hR3RGj_a

    L’an dernier, pendant plus de 4 mois, des salariés de l’entreprise publique Réseau Transport Électricité ont fait une #Grève pour obtenir une petite augmentation salariale. Après avoir laissé le conflit s’enliser, puis refusé cette augmentation, et a…

    #Police #Réseau_Transport_Électricité_RTE
    https://static.blast-info.fr/stories/2022/thumb_story_list-les-services-anti-terroristes-mobilises-pour-mate

  • Comment peut-on réinventer nos réseaux sociaux ?
    https://www.radiofrance.fr/franceculture/podcasts/le-meilleur-des-mondes/comment-peut-on-reinventer-nos-reseaux-sociaux-7693187

    Pour ce premier épisode du mois d’octobre, François Saltiel revient sur l’évolution des réseaux sociaux ces dernières années. Dérives de l’économie de l’attention, phénomène d’addiction, problèmes de cyberharcèlement, tous ces éléments composent un modèle numérique aujourd’hui omniprésent et amènent à divers questionnements : quels sont les modèles économiques alternatifs qui permettraient de sortir de ces problématiques ? Pourrait-on imaginer à l’avenir un logiciel unique réunissant les données de toutes les autres plateformes, paramétrable et transparent ?

    #EMI #Reseauxsociaux #GAFAM #Economie #SNT #NSI

  • Nubo recherche un·e responsable de la gestion quotidienne (f/x/h)
    https://www.domainepublic.net/Nubo-recherche-un-e-responsable-de-la-gestion-quotidienne-f-x-h.html

    Nubo a été cofondée par Domaine Public, avec Abelli, Cassiopea, Nestor, Neutrinet et Tactic. Ses services ont été ouvert au public en début de cette année. La coopérative recherche un·e responsable de la gestion quotidienne. Nubo est une coopérative bilingue à finalité sociale en Belgique qui fournit aux particuliers du mail et du cloud. Les services fournis sont éthiques : pas d’utilisation ni de revente des données, pas de publicités ni de pistage. Ils sont basés sur des logiciels libres. La (...) #Réseau_libre_et_solidaire

  • 28 minutes samedi - Daniel Cohen / Les centrales à charbon / L’inflation (03/09/2022) - Regarder l’émission complète | ARTE
    https://www.arte.tv/fr/videos/103959-028-A/28-minutes-samedi
    https://api-cdn.arte.tv/img/v2/image/dawDM5PSx4UPAz4zGqz7iU/1920x1080?type=TEXT&watermark=true

    La société numérique, un cauchemar déshumanisé pour Daniel Cohen

    Après avoir décrypté les mystères de l’Homo economicus, Daniel Cohen nous plonge dans une nouvelle ère — celle de l’Homo numericus. Des applis de rencontre pour trouver l’amour en passant par le télétravail, jusqu’à la politique 2.0 sur les réseaux sociaux… La révolution numérique a profondément modifié nos modes de vie au quotidien, jusqu’à nous faire basculer dans une nouvelle civilisation, selon l’économiste. Dans son dernier essai, Homo numericus, la « civilisation » qui vient (Éditions Albin Michel), Daniel Cohen décrypte ces bouleversements qui provoquent parfois des comportements addictifs, des réactions impulsives et une certaine déshumanisation, dans une société dictée par les algorithmes.
    Découvrez son portrait signé Philippe Ridet et lu par Sandrine Le Calvez.

    Début de l’émission (jusqu’à 16:30)

    #Numérique #Vidéo #IntelligenceArtificielle #RéseauxSociaux #Algorithme #EMI #SNT #NSI

  • La professeure Lieutenant-Duval soutient qu’elle ignorait le caractère délicat du mot en n Boris Proulx et Étienne Lajoie - Le Devoir
    https://www.ledevoir.com/societe/751533/la-professeure-lieutenant-duval-plaide-qu-elle-ignorait-la-sensibilite-du-

    Faute de suivre l’actualité, la chargée de cours Verushka Lieutenant-Duval n’était pas au courant du caractère délicat du mot en n avant de le mentionner en classe en septembre 2020, dit-elle. L’Université d’Ottawa l’a ensuite prestement suspendue sans prendre la peine de visionner l’enregistrement de la discussion.

    « J’étais concentrée sur mon objet d’étude. Je n’écoute pas la télévision. J’écoute la radio, mais je ne suis pas les réseaux sociaux. Je n’ai pas d’enfant, donc je ne suis pas trop au courant de ce qui se passe chez les jeunes. […] Je suis dans un milieu fermé, dans ma petite bulle », s’est défendue Mme Lieutenant-Duval mercredi.


    Archives iStockphoto Des étudiants sur le campus de l’Université d’Ottawa

    Elle comparaissait lors d’une séance publique d’arbitrage organisée dans le sous-sol d’un hôtel de la capitale fédérale. Les six journalistes présents à la séance étaient tous francophones.

    La professeure à temps partiel — il s’agit du titre donné aux chargés de cours en Ontario — a déposé deux griefs contre l’Université d’Ottawa en raison des commentaires formulés par l’établissement et la suspension qu’on lui a imposée.

    « Je suis sincère quand je dis ça, je ne savais pas », a-t-elle répété, soulignant que son milieu, en français, « n’avait pas l’habitude de censurer certains mots ».

    La chargée de cours et étudiante au doctorat de 45 ans a notamment raconté son parcours universitaire sans faute, où elle a cumulé les succès jusqu’à ce qu’elle prononce en entier — et en anglais — le mot en n, qui, en rendant certains étudiants mal à l’aise et en provoquant un scandale, compromet maintenant son rêve de décrocher un véritable poste de professeure d’université.

    Les événements se sont rapidement bousculés entre cette première déclamation du mot honni, lors du deuxième cours de la session d’automne 2020 sur la plateforme Zoom, le 23 septembre, et sa suspension avec solde le 2 octobre. Entre-temps, la professeure avait envoyé un courriel d’excuses à une étudiante choquée par ses propos et avait suggéré d’avoir une discussion approfondie concernant l’utilisation du mot lors du cours suivant, le 30 septembre.

    Critiquée sans avoir fourni sa version des faits  
    Au moment de la suspension, une seule plainte officielle avait été déposée par une étudiante, en plus d’une dénonciation sur Twitter par une autre. La professeure a été critiquée pour avoir dit que d’autres professeurs blancs faisaient usage du mot.

    Cette défense a choqué au moins 6 étudiants sur les 47 inscrits au cours, dont les deux premières dénonciatrices. Ils ont cosigné une déclaration à la faculté selon laquelle ils se sentaient « inconfortables » et « en danger » en cas de retour en classe de Mme Lieutenant-Duval après sa suspension.

    Bien que la discussion du 30 septembre sur Zoom fût enregistrée, l’Université d’Ottawa n’a jamais cru bon faire la demande des fichiers vidéo pour les examiner avant dimanche dernier. L’enregistrement, diffusé lors de l’audience publique d’arbitrage, témoigne d’un débat d’idées bref et poli sur la question de la pertinence de l’utilisation du mot en n dans un contexte pédagogique.

    Après la publication d’un article sur l’affaire dans le journal étudiant anglophone de l’Université d’Ottawa, cette dernière a publiquement dénoncé le choix de mots de Mme Lieutenant-Duval, le qualifiant de « langage offensant et complètement inacceptable dans nos salles de classe et sur le campus », et ce, avant même d’avoir obtenu sa version des faits.

    « Je n’en crois pas mes yeux, j’ai l’impression d’être dans un cauchemar, je n’ai pas l’impression d’être au Canada. […] Encore aujourd’hui, je n’arrive pas à comprendre pourquoi on ne m’a pas, au minimum, appelée pour me demander [ce qui s’est passé] », a indiqué la professeure.

    Avant même le début de la session universitaire, Verushka Lieutenant-Duval avait écrit dans son plan de cours que des sujets délicats allaient être abordés en classe, a-t-elle raconté mercredi.
     
    Elle avait invité ses étudiants à s’exprimer en cas de malaise, et avait même annulé la première séance pour permettre à ses étudiants de participer à une manifestation de Black Lives Matters qui tombait ce jour-là.

    Elle a détaillé devant l’arbitre Michelle Flaherty et les avocats de l’Université d’Ottawa comment, dans un cours sur le sujet de la représentation du genre dans les arts visuels, elle a voulu expliquer la réappropriation de certains mots, comme « queer ». Elle dit avoir fait la comparaison avec le mot en n, comme l’avait fait un chercheur dont elle a demandé de taire le nom « parce qu’il n’a pas encore été victime de la culture de l’annulation ».

    « Rectifier les faits »
    Il s’agissait de la deuxième journée de plaidoirie dans le dossier. Lundi, l’Université a maintenu qu’elle n’avait pas porté atteinte à la liberté universitaire.

    Deux griefs ont été déposés par la professeure Lieutenant-Duval. Dans le premier, elle soutient avoir été condamnée par l’établissement postsecondaire de façon prématurée, sans qu’une enquête soit faite. Le second porte sur des commentaires faits par l’établissement et son recteur, Jacques Frémont.

    L’objectif de ses démarches est d’obtenir une compensation financière pour « les souffrances » qu’elle a subies, en plus d’une « rectification des faits » qui lui permettrait de continuer sa carrière universitaire.

    D’après Luc Angers, le vice-président de la mobilisation des membres de l’Association des professeurs et professeures à temps partiel de l’Université d’Ottawa (APTPUO), les griefs ont une « importance capitale ».

    Tant devant le comité d’arbitrage que par voie de communiqué en novembre 2020, l’Université soutient que Verushka Lieutenant-Duval, qui est actuellement chargée de cours à l’UQAM et à l’Université de Sherbrooke, « n’a jamais été suspendue à des fins disciplinaires » et qu’elle avait plutôt été suspendue de manière administrative, avec salaire, pendant une journée ouvrable.

    « L’Université d’Ottawa a été en mesure d’envoyer un communiqué de presse au journal étudiant, de répondre aux courriels des étudiants condamnant la professeure en question avant même de lui avoir parlé. Après, l’Université a laissé croire qu’elle avait contribué à la tempête médiatique », a dénoncé l’avocat de l’APTPUO, Wassim Garzouzi, qui représente Mme Lieutenant-Duval.

    Les événements entourant la suspension de la professeure — en plus des commentaires sur les réseaux sociaux de son collègue Amir Attaran — ont mené à la formation en avril 2021 d’un comité sur la liberté universitaire à l’Université d’Ottawa. Dans un rapport d’une quarantaine de pages déposé en novembre dernier, le comité avait déclaré ne pas être favorable « à la censure institutionnelle ni à l’autocensure quand elle est susceptible de compromettre la diffusion des savoirs ».

    Les parties devraient être de retour devant l’arbitre au plus tard le 1er décembre.

    #violences et #débilité dans les #universités du #canada à #ottawa #censure #autocensure #savoirs #harcèlement #chasse_aux_sorcières pseudo #antiracisme #art_négre #réseaux_sociaux

    • Pour se re faire une virginité suite aux massacres des peuples autochtones qu’elle n’a jamais vu, l’université canadienne va réhabiliter les bûchers, de préférence pour les femmes, en cas d’utilisation du mot « nègre » , le mot en N. interdit.

    • Des professeurs de l’Université Laval dénoncent des « abus » des comités d’éthique Anne-Marie Provost
      - Le Devoir

      https://www.ledevoir.com/societe/education/753498/universite-laval-des-professeurs-denoncent-des-abus-des-comites-d-ethique

      Des dizaines de professeurs de l’Université Laval (UL) affirment être victimes de restrictions abusives de la part des Comités d’éthique de la recherche de l’Université Laval (CERUL). Ils dénoncent devoir attendre très longtemps avant d’avoir le feu vert pour mener leurs projets de recherche, et estiment que l’approche « rigide et tatillonne » nuit aux possibilités de découverte, à l’avancement des connaissances, à la créativité et à la liberté universitaire.

      « Le désarroi des collègues, il est criant, laisse tomber Madeleine Pastinelli, responsable du dossier au Syndicat des professeurs et professeures de l’Université Laval (SPUL). Les comités iraient plus loin que ce que les règles demandent, et tout ce qui est original comme approche serait susceptible de coincer lors de l’évaluation éthique. »

      Le syndicat, qui représente près de 1300 professeurs, a mené une consultation récemment sur le sujet après avoir noté une hausse des plaintes dans les deux dernières années. Plus de 50 professeurs et directeurs de centres de recherche et de départements ont décrit de façon détaillée les embûches qu’ils vivent, dans un rapport qui fait état d’une situation « particulièrement alarmante et problématique ».

      Les professeurs et les étudiants des cycles supérieurs doivent déposer une demande à un CERUL quand leur recherche implique, par exemple, des sorties sur le terrain, la tenue d’entrevues ou l’utilisation d’animaux. Ces comités évaluent la méthodologie et appliquent les lois et cadres réglementaires en matière d’éthique, dans le but que soit atteint un équilibre entre les avantages de la recherche et la protection des participants.

      « Ce qui se dégage des témoignages, c’est que les comités éthiques semblent particulièrement tatillons et rigides, détaille Madeleine Pastinelli. Comme s’ils étaient dans une démarche qui visait uniquement à mettre l’université à l’abri de toute procédure. » Certains renoncent à des approches « qui sont pourtant reconnues comme scientifiquement valables, pertinentes, importantes et tout à fait acceptables sur le plan éthique ».

      Dans le rapport, une chercheuse rapporte avoir vu son projet de recherche bloqué parce qu’il comportait « des éléments qui pourraient causer des réactions politiques et pourraient nuire à l’image de l’Université Laval ». Presque tous ceux qui ont témoigné ont demandé l’anonymat, de peur que leurs confidences nuisent à leurs projets de recherche ainsi qu’à ceux de leurs étudiants.

      Denis Jeffrey, professeur titulaire et directeur du Centre de recherche interuniversitaire sur la formation et la profession enseignante, a été le seul à accepter de témoigner à visage découvert au Devoir . Il rencontre des problèmes pour la recherche sur le terrain, a-t-il expliqué dans un échange de courriels alors qu’il se trouvait à l’extérieur du pays.

      « On leur demande [aux comités] de jouer le jeu de douaniers scrupuleux. Et plusieurs jouent ce rôle sans distance critique », dénonce-t-il. Au point où il oriente ses étudiants vers des recherches sans terrain.

      Le fédéral interpellé
      Le SPUL a envoyé une lettre fin août aux présidents des trois conseils subventionnaires du gouvernement fédéral, responsables de l’Énoncé de politique qui balise le travail des comités d’éthique des universités, ainsi qu’aux directions des Fonds de recherche du Québec (FRQ).

      « Ce qu’on espère, c’est qu’ils interviennent en faisant un rappel à l’ordre », souligne Madeleine Pastinelli.

      Contactés par Le Devoir , les FRQ ont indiqué ne pas avoir de commentaires à faire, mais suivre le dossier de près. Les organismes fédéraux répondront quant à eux au syndicat dans les prochaines semaines.

      De son côté, une porte-parole a indiqué que l’UL était ouverte « au dialogue avec toutes les parties prenantes » et qu’elle accordait au rapport « toute l’attention nécessaire ». Les membres des comités « disposent des formations nécessaires au bon exercice de leurs fonctions », souligne Andrée-Anne Stewart.

      Elle rappelle que les CERUL sont dirigés par des professeurs actifs en recherche, et que plusieurs autres participent aux comités en tant que membres scientifiques.
       
      « L’application des règles éthiques est donc en grande partie entre les mains de professeurs, qui sont appuyés dans leurs tâches par un personnel administratif compétent et professionnel », dit-elle.

      #restrictions #éthique #conformisme #contrôle #Recherche #contrôle des #chercheurs et des #chercheuses #Quebec #censure

  • Les Californiens priés de ne pas recharger leurs voitures électriques Le Devoir - AFP
    https://ici.radio-canada.ca/nouvelle/1909721/californiens-recharge-voitures-electriques-chaleur

    Une importante vague de chaleur met sous tension un réseau vieillissant. Les autorités demandent de réduire l’utilisation d’énergie de 16 h à 21 h.

    Les Californiens ont été sommés de ne pas charger leurs voitures électriques mercredi, afin de ne pas accabler davantage un réseau d’électricité vieillissant, mis sous tension par une redoutable vague de chaleur.

    La semaine dernière, l’État avait annoncé bannir la vente de voitures neuves à essence à partir de 2035. Des températures atteignant 44 degrés étaient attendues dans la banlieue de Los Angeles, au moment où un dôme de chaleur surplombe l’Ouest américain.


    Le soleil se couche derrière un réseau de câbles électriques à Redondo Beach, en Californie. Photo : Getty Images / AFP / PATRICK T. FALLON

    La météo étouffante devrait mettre sous pression un réseau électrique déjà très sollicité, notamment pendant les heures les plus chaudes, quand les systèmes de climatisation – incontournables aux États-Unis – fonctionnent à plein régime.

    “Les consommateurs sont priés de réduire leur utilisation d’énergie entre 16 h et 21 h, quand le système est le plus sous tension, car la demande reste élevée et qu’il y a moins d’énergie solaire disponible”, a déclaré l’American Public Power Association, organisme qui représente les services publics.

    Les trois principales mesures recommandées : régler le thermostat à 25 °C ou plus, éviter d’utiliser les gros appareils et de charger les véhicules électriques, et éteindre les lumières inutiles, a précisé l’organisme.

    L’électricité est un sujet sensible pour l’État, dont les infrastructures sont vétustes.

    Les entreprises d’électricité demandent régulièrement aux foyers de limiter leur consommation pendant certaines heures, quand les panneaux solaires cessent de produire de l’électricité alors que la demande reste élevée, en raison de la chaleur.

    L’appel à ne pas charger sa voiture électrique a été largement moqué sur les réseaux sociaux, au moment où l’État met en avant ce type de véhicules.

    “La Californie vient de rendre obligatoires les véhicules électriques et demande aux habitants de ne pas les charger entre 16 h et 21 h”, a lancé avec ironie le sénateur républicain Tom Cotton sur Twitter. . . . . . .

    #électricité #voiture_électrique #transports #énergie #réseau #Californie #panneaux_solaires #photovoltaïque #marché #marché_libre #libéralisme #néo_libéralisme #tesla #élon_musk
    Effectivement, #it_has_begun

  • Creapills 💊 sur Twitter : « Une sensibilisation puissante réalisée en 2017 et qui n’a pas pris une ride... https://t.co/yz7PmpmBdB » / Twitter
    https://twitter.com/creapills/status/1564620012689801227

    Une sensibilisation puissante réalisée en 2017 et qui n’a pas pris une ride...

    Parfait pour aborder le sujet des réseaux sociaux en classe...

    #EMI #RéseauxSociaux #Violence #SNT #NSI

  • Thomas de Stanford : le rêve américain Les Pieds sur Terre - France Culture
    https://www.radiofrance.fr/franceculture/podcasts/les-pieds-sur-terre/thomas-de-stanford-8659510

    Thomas, 29 ans, étudiant français d’origine asiatique, raconte ses deux ans dans le MBA le plus prestigieux du monde, la vie dispendieuse des étudiants, et ce qu’il en a tiré.

    « Avec 220 000 €, j’ai appris à ne pas avoir honte de mes origines »
    « Tous les sacrifices que mes parents ont faits, ça m’a permis d’en arriver là, à Stanford, entouré de cette élite sociale et intellectuelle. »  Thomas

    https://media.radiofrance-podcast.net/podcast09/18722-29.08.2022-ITEMA_23115841-2022C6612S0241-21.mp3

    #réseau #fric #université #élite #ségrégation #témoignage #fiesta #identité #témoignage #usa #management #finance #école_de_commerce #nba

  • Une campagne d’ingérence étrangère proaméricaine démantelée sur Twitter et Facebook Jeff Yates - Radio Canada
    https://ici.radio-canada.ca/nouvelle/1907927/ingerence-etrangere-americaine-moyen-orient-iran-asie-centale-faceb

    L’opération était gérée depuis les États-Unis, mais il n’est pas possible de savoir si le gouvernement se cache derrière.

    Des chercheurs ont détecté une campagne clandestine sur les réseaux sociaux visant à promouvoir les intérêts des États-Unis et à alimenter la méfiance envers leurs adversaires, selon un nouveau rapport publié mercredi https://fsi.stanford.edu/news/sio-aug-22-takedowns .

    Cette campagne clandestine, active depuis 2017, visait à influencer les utilisateurs de réseaux sociaux habitant en Asie centrale, en Iran, en Afghanistan et au Moyen-Orient. À l’aide de faux comptes se faisant passer pour des médias et des habitants locaux, la campagne cherchait à attiser le ressentiment envers la Russie, l’Iran et la Chine. Près de la moitié des comptes visaient la population iranienne.

    Les chercheurs, travaillant pour la firme d’analyse des réseaux sociaux Graphika, ainsi que pour l’Observatoire de l’Internet de l’Université Stanford, jugent qu’il s’agit de “la plus vaste opération d’influence pro-occidentale sur les réseaux sociaux jamais analysée par des chercheurs œuvrant dans le renseignement d’origine sources ouvertes (open source)”.

    En tout, l’équipe a analysé près de 300 000 tweets provenant de 146 faux comptes Twitter, ainsi que 39 faux comptes, 16 pages, 2 groupes sur Facebook et 26 comptes Instagram. Les chercheurs ont aussi trouvé des faux comptes associés sur d’autres réseaux sociaux de langue russe. Selon leur analyse, tous ces faux comptes agissaient de façon coordonnée.

    Meta, l’entreprise qui détient Facebook et Instagram, et Twitter ont supprimé l’entièreté du réseau et affirment que ces faux comptes auraient été gérés depuis les États-Unis. Ni ces entreprises ni les chercheurs ne peuvent dire avec certitude qui est derrière cette campagne.

    Les chercheurs notent toutefois qu’une version archivée d’un des faux comptes montre que celui-ci indiquait en 2021 appartenir à CENTCOM, le commandement central des États-Unis, responsable des opérations militaires au Moyen-Orient et en Asie centrale, entre autres.

    Le réseau a même utilisé des portraits générés par l’intelligence artificielle pour créer des faux profils plus réalistes. Ces comptes ont répandu des articles provenant de sites web de faux médias locaux, des caricatures, ainsi que des pétitions comportant un message pro-occidental.

    Quelques faux profils appartenant au réseau et visant le Moyen-Orient. Les photos de profil ont été créées à l’aide de l’intelligence artificielle. Photo : Graphika/Stanford University

    Peu après le début de l’invasion russe de l’Ukraine, plusieurs de ceux-ci ont cherché à dépeindre la Russie comme étant un agresseur et à mettre l’accent sur les atrocités alléguées commises par les soldats russes.

    “Jusqu’à maintenant, presque toute la recherche sur les opérations d’influence se penchait sur des activités liées à des régimes autoritaires. Notre rapport offre un des premiers regards sur une opération clandestine proaméricaine sur les réseaux sociaux”, juge Shelby Grossman, qui fait partie des auteurs du rapport et chercheuse à l’Observatoire de l’Internet de Stanford.

    Elle et ses collègues soulignent que la campagne était relativement de piètre qualité. Certains textes étaient par exemple traduits de l’anglais au russe de façon approximative. Les publications de ces faux comptes ont généré peu d’engouement chez les populations visées. Le tweet moyen associé à cette campagne a reçu 0,49 j’aime et 0,02 retweet, fait remarquer Mme Grossman. . . . . . . .

    #USA #CIA #twitter #facebook #méta #manipulation #algorithmes #réseaux_sociaux #ia #intelligence_artificielle #pétitions #influenceurs #influenceuses #centcom #médias #ukraine

  • Usbek & Rica - « Il faut absolument lutter contre l’invisibilisation des modérateurs de contenus »
    https://usbeketrica.com/fr/article/il-faut-absolument-lutter-contre-l-invisibilisation-des-moderateurs

    La première étape, c’est de lutter contre l’invisibilisation des modérateurs. Il faut absolument les sortir de l’ombre de leurs écrans, ce que cultivent les entreprises de réseaux sociaux avec un recours fréquent à de strictes clauses de confidentialité leur permettant d’échapper à tout examen public (des usagers, de la société civile, des régulateurs) et de maintenir des salaires bas. C’est aussi pour ne pas avoir à reconnaître combien ces réseaux sociaux peuvent être des canaux de diffusion pour du contenu répugnant, outrageant, choquant, bien loin de l’image qu’ils cherchent à cultiver auprès du grand public et surtout des annonceurs. « Ouvrez un trou sur Internet, il se remplira immédiatement de merde », souligne l’un de mes interlocuteurs dans le livre. Qui voudrait y être associé  ? Enfin, reconnaître l’existence d’un « intermédiaire », c’est mettre à mal le mythe fondateur d’Internet comme espace d’une expression démocratique libre et sans entrave. Pour responsabiliser ces acteurs, et ouvrir un débat sur les garde-fous à mettre en place, je crois à la pression du nombre. Journalistes, militants de la société civile, modérateurs en personne, universitaires comme moi… Nous sommes déjà quelques-uns à mettre ces métiers, ce travail, sur la place publique, à exposer les conditions de travail, et il faut absolument poursuivre dans cette voie.

    #RéseauxSociaux #Algorithme #Modération #GAFAM

    • Enfin, reconnaître l’existence d’un « intermédiaire », c’est mettre à mal le mythe fondateur d’Internet comme espace d’une expression démocratique libre et sans entrave.

      Difficulté ici : dans le « mythe fondateur d’internet », il n’a justement jamais été souhaité, voire même imaginé, que l’on centralise la quasi intégralité de l’expression publique (et notamment politique et militante) en un seul et unique endroit. Je pense même que, dans ce « mythe fondateur », si on avait décrit un tel endroit, évidemment il aurait été immédiatement évident qu’un tel endroit concentrerait également à la fois toute la merde et toute la censure possibles (parce que de manière assez extrême, on aurait re-décrit l’hyperconcentration de la télévision).

  • #Rural_commons_assembly

    The Rural Commons Assembly is an iterative platform, laboratory and think tank for trans-local networking and learning. Over several days, it brings together initiatives and practitioners who confront social, political, economic and ecological complexities through developing cooperative and imaginative alternatives on a local scale. The assembly offers safe spaces and public forums to its participants in order to facilitate encounters, mobilise situated knowledge, share and explore diverse practices, learn from different experiences and foster possible new alliances.

    In its first edition “Art, Culture and Trans-Alpine Cooperation”, which took place from September 2nd to 5th 2021 in West-Austria, twelve initiatives from thre countries and five regions assembled for the first time. This included the European Region (EUREGIO) of Austria and Italy (Tyrol, South Tyrol, Trentino) as well as the border areas of Switzerland (Engadin) and Slovenia (Friuli Venezia Giulia). That way, various venues in the towns of Innsbruck and Wattens became places for mutual learning through workshops, presentations, discussions, guided tours and convivial activities.

    The idea for the Rural Commons Assembly was born during a series of field trips undertaken by artist Johannes Reisigl around the Alps from 2019 onwards. In those years, he had been meeting various participating initiatives, weaving a patchwork of relations across regions and starting to sense overlapping themes, practices and interests; as much as problems, challenges and open questions. Understanding that there had been little resources and no spaces to federate these, he started to dedicate his own resources to shape such a space.

    https://ruralcommonsassembly.com

    #réseau #plateforme #Alpes #montagne #local #alternatives #situated_knowledge #Johannes_Reisigl

    #cartographie #cartographie_participative


    https://ruralcommonsassembly.com/map

    ping @reka @nepthys

  • Une brasserie inondée de messages de haine après le passage de justin trudeau Gabrielle Drumond - radio-canada.ca
    https://ici.radio-canada.ca/nouvelle/1901950/brasserie-lone-oak-commentaires-justin-trudeau-visite-ipe

    Une microbrasserie de l’Île-du-Prince-Édouard a retiré des photos de Justin Trudeau de ses pages de réseaux sociaux après une avalanche de commentaires haineux.

    Le premier ministre du Canada était de passage à l’Île-du-Prince-Édouard vendredi dernier pour rencontrer des gens de la communauté. Le politicien a déjeuné à la microbrasserie Lone Oak durant la journée.

    Les photos du personnel de cet établissement avec le politicien ont été publiées sur les réseaux sociaux et ont suscité de la grogne chez certains usagers de ces plateformes.

    De nombreux commentaires étaient extrêmement négatifs et parfois vulgaires, ce qui a incité la direction de l’établissement à retirer les photos, selon Jared Murphy, copropriétaire et président-directeur général de cette microbrasserie.

    Des menaces contre la brasserie figurent parmi les commentaires.

    « En quelques heures, nous avons reçu des milliers de commentaires, des centaines de messages privés et des appels téléphoniques à la brasserie. »

    Selon Jared Murphy, la campagne contre son établissement n’a pas encore eu d’effet sur l’achalandage.

    Il déplore néanmoins le fait que la cote d’évaluation de son entreprise sur les réseaux sociaux ait radicalement baissé depuis le passage de Justin Trudeau.

    “Cela pourrait avoir un impact négatif sur notre entreprise, ce qui est vraiment très décevant à voir”, ajoute-t-il.

    Pourtant, le député libéral de Malpeque, Heath MacDonald, explique que le but du passage du premier ministre était d’aider une petite entreprise.

    La microbrasserie n’a ouvert ses portes qu’à la mi-mai.

    Polarisation sur les réseaux sociaux
    Pour le député fédéral de Charlottetown, Sean Casey, les propriétaires de la microbrasserie Lone Oak ont été victimes d’un phénomène bien connu depuis quelques années.

    « C’est un signe de la situation dans notre société et de la polarisation des points de vue. »

    Des commentaires négatifs envers Justin Trudeau ne sont pas une nouveauté, selon ce député libéral.

    “On voit presque quotidiennement sur les réseaux sociaux la haine qui est dirigée envers le premier ministre”, ajoute-t-il.

    Selon Sean Casey, il s’agit néanmoins de la première fois qu’une telle situation se produit dans les provinces de l’Atlantique.

    Le député de Charlottetown, Sean Casey, rappelle que le bureau du premier ministre du Canada doit composer avec des commentaires haineux tous les jours (archives).

    Le député fédéral reconnaît qu’une partie de la population pourrait être insatisfaite de la gestion de Justin Trudeau en ce moment, notamment en raison du haut taux d’inflation à l’Île-du-Prince-Édouard, le plus élevé au pays.

    “Il y a une volonté de le blâmer pour les problèmes internationaux qui frappent aussi au Canada, notamment l’inflation, par exemple”, explique Sean Casey.

    Néanmoins, cette situation ne justifie pas ces propos haineux, dit-il.

    “Ce n’est pas logique, mais c’est très facile de blâmer une seule personne qu’on n’aime pas pour tous les problèmes qu’on a”, précise le député libéral en soulignant que le bureau du premier ministre du Canada doit composer avec ce type de situation, notamment la circulation de fausses nouvelles à propos du politicien.

    #justin_trudeau #fils_à_papa dévoué aux riches #politique #réalité #facebook #algorithme #twitter #bigdata #internet #données #réseaux_sociaux #gafam #instagram #canada #imposture