• Stocker l’#eau en #sous-sol, mieux que les #mégabassines

    Les #eaux_souterraines s’épuisent partout dans le monde. Une catastrophe qui ne cesse de s’accélérer d’après une étude publiée dans la revue Nature, qui déconseille la création de #réserves_d’eau en surface telles que les mégabassines. Des chercheurs de l’université de Santa Barbara (Californie) y présentent la plus grande évaluation de niveaux des eaux souterraines dans le monde, s’étendant sur près de 1 700 #aquifères, ces sols ou roches #réservoirs contenant des #nappes_d’eau_souterraine.

    L’étude tire la sonnette d’alarme quant à l’épuisement des ressources en eau : le niveau diminue dans 71 % des réserves mesurées. Surtout, le #déclin perçu dans les années 1980 puis 1990 s’est largement accéléré depuis les années 2000. Scott Jasechko, co-auteur de l’étude et professeur agrégé à la Bren School of Environmental Science & Management, présente toutefois des motifs d’espoir par l’action humaine. Le chercheur prend l’exemple de la ville de #Tucson, en Arizona, où l’eau provenant du fleuve Colorado est utilisée pour reconstituer l’aquifère dans la vallée voisine d’#Avra.

    « Moins cher, moins perturbateur et moins dangereux »

    D’après lui, les #stockages_souterrains réalisés dans ces réserves déjà existantes sont bien plus efficaces et moins onéreux que les stockages d’eau en surface. « Le remplissage intentionnel des aquifères nous permet de stocker ces réserves jusqu’au moment où nous en avons besoin, indique Scott Jasechko. On peut dépenser beaucoup d’argent pour construire des infrastructures pour retenir l’eau à la surface. Mais si on a la bonne géologie, stocker de grandes quantités d’eau sous terre est moins cher, moins perturbateur et moins dangereux. »

    Ce type d’intervention a toutefois participé à diminuer le débit du #Colorado. Épuisé par les activités humaines, le fleuve n’a la plupart du temps plus assez d’eau pour atteindre son embouchure dans le golfe de Californie. D’après l’étude, la seule autre solution pour contenir l’épuisement des réserves d’eau souterraines est une réglementation institutionnelle (délivrance de permis, frais d’utilisation) pour en restreindre l’accès.

    https://reporterre.net/Stocker-l-eau-en-sous-sol-mieux-que-les-megabassines

    • Rapid groundwater decline and some cases of recovery in aquifers globally

      Groundwater resources are vital to ecosystems and livelihoods. Excessive groundwater withdrawals can cause groundwater levels to decline1,2,3,4,5,6,7,8,9,10, resulting in seawater intrusion11, land subsidence12,13, streamflow depletion14,15,16 and wells running dry17. However, the global pace and prevalence of local groundwater declines are poorly constrained, because in situ groundwater levels have not been synthesized at the global scale. Here we analyse in situ groundwater-level trends for 170,000 monitoring wells and 1,693 aquifer systems in countries that encompass approximately 75% of global groundwater withdrawals18. We show that rapid groundwater-level declines (>0.5 m year−1) are widespread in the twenty-first century, especially in dry regions with extensive croplands. Critically, we also show that groundwater-level declines have accelerated over the past four decades in 30% of the world’s regional aquifers. This widespread acceleration in groundwater-level deepening highlights an urgent need for more effective measures to address groundwater depletion. Our analysis also reveals specific cases in which depletion trends have reversed following policy changes, managed aquifer recharge and surface-water diversions, demonstrating the potential for depleted aquifer systems to recover.

      https://www.nature.com/articles/s41586-023-06879-8

      via @freakonometrics

  • Questo fine settimana sulle Alpi la polizia ha ammazzato una persona, ma per la stampa l’unica vittima è un campo da golf.

    De #Lorenzo_D'Agostino

    🧵20 tweet per ristabilire la realtà dei fatti.

    Venerdì scorso sono andato a Claviere, l’ultimo paese italiano della Val di Susa sul confine francese, per partecipare al campeggio itinerante «Passamontagna». Mi avevano invitato a raccontare le mie inchieste sull’antimafia in una serie di dibattiti sulle politiche di frontiera.

    In questi giorni centinaia di persone stanno attraversando il passo di frontiera del Monginevro, spesso di notte per sentieri pericolosi. L’idea del campeggio era attraversare il confine con una grande marcia tutti insieme, in sicurezza, persone migranti e solidali.

    Sabato dopo pranzo, smantellato l’accampamento, ci siamo messi in marcia. Lentamente senza lasciare nessuno indietro. Nel gruppo c’erano persone stremate da un lungo viaggio, donne con bambini piccoli, qualche anziano. L’atmosfera era allegra. Ma appena passata la frontiera...

    ...ci siamo trovati davanti uno schieramento di gendarmi francesi in antisommossa. Occupando le alture, ci hanno bloccati su un viottolo molto scosceso. Un gesto violento, un lancio di gas, avrebbe provocato una caotica e pericolosissima fuga all’indietro del gruppo.

    Io che non ho esperienza di queste cose pensavo che il blocco si potesse forzare: eravamo dieci volte più numerosi. A 1800 metri d’altezza, lontani da ambulanze e ospedali, la gendarmerie era veramente disposta a rischiare decine di feriti, forse ammazzare qualcuno?
    Chi ha a che fare ogni giorno con la polizia francese però non ha avuto dubbi: con tante persone vulnerabili e inesperte nel gruppo, bisognava evitare lo scontro a ogni costo. I gendarmi hanno annunciato l’uso imminente della forza, e il gruppo si è dato lentamente indietro.
    Rientrando al campo base, abbiamo costeggiato un campo da golf. Un enorme spazio privatizzato a cavallo della frontiera, dove i turisti ricchi si muovono liberamente tra Italia e Francia. Il contrasto con il trattamento riservato a migranti e solidali era lacerante.

    Un piccolo gruppo si è staccato dal corteo, ha divelto le recinzioni e ha danneggiato il campo da golf. Non tutti hanno ritenuto opportuna quest’azione, ma la rabbia che esprimeva è la rabbia che sentivamo tutti.

    Rientrati a Claviere, si è ragionato sul da farsi. L’idea di agevolare il passaggio di frontiera delle persone in transito con una grande marcia è stata archiviata: era chiaro che la gendarmerie non avrebbe lasciato passare nessuno, finché durava il Passamontagna.
    I migranti avrebbero passato la frontiera come hanno sempre fatto: di notte, a piccoli gruppi, per i sentieri più impervi, nascondendosi da droni e visori termici della polizia. Il campeggio forniva, almeno, una base sicura dove dormire e a cui tornare in caso di respingimento.
    Quella sera ragionavo con una compagna: se a qualcuno succedesse qualcosa di brutto passando la frontiera, di chi sarebbe la colpa? A mio avviso, certamente della polizia: bloccando la possibilità di un attraversamento in sicurezza, si è assunta ogni eventuale conseguenza.
    Non è una discussione oziosa: l’ordinamento giuridico contempla la figura del «dolo eventuale». In Italia si usa per accusare di omicidio scafisti veri o inventati. Si dà quando chi agisce accetta il rischio che le proprie azioni causino un evento nefasto non direttamente voluto. Cassazione penale, sez. I, sentenza 15/03/2011 n ° 10411: "Il fondamento del dolo indiretto o eventuale va individuato nella rappresentazione e nell’accettazione, da parte dell’agente, della concreta possibilità, intesa in termini di elevata probabilità, di realizzazione dell’evento accessorio allo scopo perseguito in via primaria. Il soggetto pone in essere un’azione accettando il rischio del verificarsi dell’evento, che nella rappresentazione psichica non è direttamente voluto, ma appare probabile. In altri termini, l’agente, pur non avendo avuto di mira quel determinato accadimento,...

    Malgrado la delusione e la rabbia, il sabato sera è trascorso in festa. Stornelli anarchici intorno al fuoco, e un dj-set di musica africana organizzato dalle persone in transito. Io ho dormito in un tendone con una ventina di persone che si preparavano a passare il confine.

    Domenica, smantellato di nuovo il campeggio, ognuno ha preso la sua strada. Alcuni hanno deciso di sfilare in corteo verso la Francia, per creare qualche piccolo, momentaneo disagio alla circolazione su una frontiera che lascia passare i ricchi e ammazza i poveri. Li ho seguiti.
    La reazione della gendarmerie è stata immediata: dalle alture, alla cieca, una fitta pioggia di gas lacrimogeni è stata sparata sul corteo pacifico e disarmato. Io, del tutto impreparato a uno scenario del genere, sono scappato via. Per me il Passamontagna è finito così.
    Lunedì mattina, al passo del Monginevro, un ciclista ha trovato il corpo esanime di un giovane guineano. Sopravvissuto al Sahara, al Mediterraneo, ucciso tra Italia e Francia. Voglio pensare che le sue ultime ore siano state di festa, circondato dai volti amici del Passamontagna.

    Allo stesso tempo sono partite le veline ai giornali per travisare la realtà. I dibattiti e le conferenze a cui ho partecipato non ci sono stati, assicura la sindaca di Claviere. La grande marcia del sabato, bloccata dalla gendarmerie, mai esistita. L’attacco al campo da golf...

    L’attacco al campo da golf collocato falsamente nella notte tra venerdì e sabato: non più una risposta alla violenza della polizia, ma un atto di vandalismo immotivato. Il lancio di gas della domenica? Inevitabile risposta al lancio di inesistenti «bombe carta» degli anarchici...

    E alla fine l’unica vittima è la turista Raffaella. Che ha sotto il naso un’implacabile strage di stato, ma vede soltanto «una tendopoli abusiva» e 400 scalmanati che «pietre alla mano, in virtù di non so bene quale ideale protestano contro non so quale ingiustizia»

    https://twitter.com/lorenzodago/status/1689600891605716993
    https://threadreaderapp.com/thread/1689600891605716993.html

    #victime #golf #tourisme #passamontagna #manifestation #Hautes-Alpes #Val_de_suse #Italie #frontières #migrations #France #inégalités

    • Sur le campement à travers la frontière « passamontagna » du début août ; un autre mort à la frontière

      La pratique du Passamontagna n’a pas fonctionné. Après des années, plusieurs camps et de nombreuses manifestations qui nous ont amenés à passer la frontière ensemble, sans que personne -le temps d’une journée - ne risque sa vie pour franchir cette ligne imaginaire qu’est la frontière, cette fois-ci, le #passage_collectif a échoué.

      versione italiana in seguito

      english version below

      Samedi 5 août plus de 500 personnes ont quitté le campement installé à Claviere pour rejoindre la prochaine étape, en France. La gendarmerie en tenue anti-émeute, déployée sur tous les chemins, a bloqué notre passage. Des #gaz_lacrymogènes et des #grenades_assourdissantes étaient déjà positionnés en amont du #cortège. Près de trente camions et voitures anti-émeutes du côté français, plus ceux positionnés du côté italien. Il a été décidé de ne pas aller jusqu’à l’affrontement qui aurait été nécessaire pour tenter de passer, afin d’éviter un très probable massacre. La police française a changé ses pratiques au fil des ans, augmentant de temps en temps son niveau de #violence et l’utilisation d’#armes. On s’est pas voulu - dans cette situation - risquer des blessures graves.
      Comme tous les jours, ce week-end a vu passer des centaines de personnes en route pour la France. Le camp a été un bon moment pour partager des réflexions, des discussions, des danses et des bavardages. Bien que le passage collectif ait échoué, les personnes exilées de passage sont néanmoins reparties, comme chaque jour sur cette frontière maudite. Plus de 100 personnes sont arrivées à Briançon dans le week-end.

      Une trentaine de refoulements.

      La rage conséquent au refoulement de masse a provoqué quelques réactions.
      Samedi aprés-midi, un cortège s’est mis en route en direction de la frontière, surprenant certains officiers italiens qui ont dû courir, et bloquant la frontière pendant plus d’une heure.
      Le lendemain, dimanche, un autre cortège s’est formé sur la route de #Claviere à #Montgenèvre, pour tenter d’atteindre la PAF, le quartier général des gardes-frontières. Un important dispositif de gendarmes, avec des camionettes et un canon à eau, a barré la route. Les gardes mobiles ont tiré de nombreux gaz lacrymogènes et quelques grenades assourdissantes et #flashballs. Sur les chemins d’en haut, les gendarmes qui tentaient de se rapprocher ont été tenus à distance pendant un bon moment.
      Pendant plus de deux heures, la frontière est restée fermée. Si personne ne passe, personne ne passe. Les marchandises et les touristes ne passent pas non plus, de sorte que ce point de passage de frontière devient inopérent.

      Si, ces jours-ci, quelqu’un - soit-disant - a "osé" gâcher le #terrain_de_golf en écrivant ou en binant, cela ne nous semble pas être une tragédie, bien au contraire. La privatisation de cette montagne dans l’intérêt de quelques riches et de touristes fortunés conduit également à sa militarisation. Protéger cet imaginaire, le paysage des villages de montagne où l’on peut jouer au golf en toute tranquillité sur le "golf transfrontalier 18 trous" appartenant à #Lavazza et à la commune de Montgenèvre et skier sur les pistes "sans frontières". Ou encore se balader à vélo électrique sur les mêmes sentiers que ceux empruntés par des dizaines d’exilés chaque jour, mais plus souvent la nuit, justement parce qu’ils ne sont pas visibles. Une destination pour touristes fortunés ne peut pas être une zone de transit pour migrants, ça gache trop le décor. Ils construisent également deux "#réservoirs_d’eau", en volant l’eau de l’environnement, pour être sûrs de pouvoir tirer de la neige en hiver sur ces pistes. Privatisation, exploitation et militarisation des montagnes vont de pair.

      Le camp de Passamontagna a également été un moment de rencontre, de discussion et de réflexion sur le monde qui nous entoure et sur les mécanismes d’exploitation et d’exclusion. Des réunions ont été organisées pour parler de l’extractivisme néocolonial qui pousse les gens à migrer, à quitter des territoires massacrés au nom du profit. De l’externalisation des frontières et de la création d’ennemis intérieurs. Des nouveaux mécanismes de répression étatiques et européens à l’égard des exilées et des autres. De luttes contre les CPR/CRA (centres de rétention administrative).
      Parce que dans une société qui nous veut de plus en plus individualistes et séparés, nous devons de plus en plus nous connaître, nous reconnaître, nous confronter, nous unir pour combattre un système de plus en plus totalisant et totalitaire.

      A Briançon, ville de première destination pour tous celleux qui franchissent cette frontière, le centre d’hébergement solidaire Les Terrasse est surchargé. Les arrivées sont trop nombreuses et les places toujours insuffisantes. C’est aussi pour cela qu’un nouveau lieu a été ouvert et rendu public lundi. Une occupation qui se veut aussi un lieu d’accueil et de rencontre pour ceux qui luttent contre cette frontière, chacun à sa manière. Il y a besoin de soutien et de matériel !

      L’adresse est 34A Avenue de la République, hôpital les jeunes pousses SSR, Briançon.

      Un chaleureux merci à toutes les cuisines solidaires qui ont nourris des centaines des personnes pendant ces trois jours et à toutes les personnes qui y ont participé et rendu possible le camp.

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      Mais le lendemain on a appris une terrible nouvelle. Le lundi 7 aout, un jeune exilé a été retrouvé mort sur la route militaire reliant Montgenèvre à Briançon. Son nom était Moussa. Il était guinéen. Face contre terre, trouvé par un touriste à vélo. On n’en sait toujours pas plus.
      Un autre mort. Une victime de plus de cette frontière qui est de plus en plus marquée par la présence de la police aux frontières (PAF), déployée sur les chemins jour et nuit.
      Le onzième, le douzième, le vingtième, qui sait. Les chiffres ne sont pas clairs car tous les décès ne sont pas rendus publics. Officiellement, dix corps ont été retrouvés depuis 2018.
      Comme pour les autres décès, c’est clair qui sont les responsables. Il ne s’agit pas d’une mort aléatoire. Ce n’est pas de la malchance. Ce n’est pas un touriste qui meurt. C’est un "migrant" de plus, jeté des bus et des trains à la frontière, obligé de marcher la nuit pour échapper aux contrôles, pourchassé par les flics parce qu’il est catégorisé comme migrant et sans papiers, généralement parce que pauvre. Sur ces chemins, la PAF mène une chasse constante et raciste à tous ceux qui ne sont pas blancs et ne ressemblent pas à des touristes prêts à dépenser leur argent sur des terrains de golf ou des pistes de ski transformées en terrain de jeu pour vélos électriques en été.
      Et c’est à vélo, à pied ou en voiture que la PAF rôde sur les pistes à la recherche de ceux qui n’ont pas les bons papiers pour les traverser. Une nouvelle force militaire vient d’arriver à Montgenèvre avec pour objectif de limiter encore plus les entrées indésirables. Il y a des centaines de flics qui protègent cette frontière. Mais le flux de personnes ne s’arrête pas, car aucun filet, mur ou garde ne pourra jamais bloquer complètement le désir de liberté et la recherche d’une vie meilleure.
      Mais la paix est difficile à trouver aujourd’hui.
      Peut-être que si nous avions pu marcher ensemble, cela ne serait pas arrivé. Peut-être que si le Passamontagna avait fonctionné, ce garçon ne serait pas mort.
      Tous les flics présents sur ces chemins samedi et dimanche ont du sang sur les mains. Tout comme le préfet de Gap, qui avait rendu illégales toutes les manifestations et tous les campements pendant le week-end, et qui a donné l’ordre d’entraver le passage de toutes les manières possibles, a du sang sur les mains.

      Chaque policier est une frontière. Le bras armé d’un Etat qui continue à diviser, sélectionner et tuer au gré de ses intérêts politiques et économiques.
      Que les responsables paient cher, ici, à Montgenèvre, à Briançon, partout en France.

      Un pensée vient obscurcir notre esprit. Nous avons du mal à perdre de vue que le corps a été retrouvé sur la route militaire, qui peut être empruntée à pied mais aussi avec une voiture 4x4, que les gardes utilisent pour effectuer leurs patrouilles. Il est difficile de mourir par accident sur cette route, d’autant plus en été.
      Trop de personnes sont déjà mortes à la frontière, en fuyant la police. Rappelons Blessing Matthew, une jeune Nigériane de 20 ans, morte en 2018 dans la Durance en tentant d’échapper aux gendarmes qui la poursuivaient. Ou encore Fahtallah, retrouvé mort dans le barrage près de Modane, où il s’était aventuré après avoir été refoulé. Ou Aullar, 14 ans, mort écrasé par le train qu’il n’avait pu prendre à Salbertrand, en direction de la frontière. Ou encore tous ceux qui sont morts de froid ou sont tombés après avoir été refoulés à la frontière et s’être aventurés sur les sentiers les plus élevés.
      La militarisation de ces montagnes tue.

      La PAF, les gendarmes, l’Etat français, l’Europe. Ici les responsables de cette mort.

      La frontière est partout, dans chaque frontière à l’intérieur et à l’extérieur de l’Europe, là où elle est peut-être la plus reconnaissable, mais elle est aussi dans chaque rue, place ou gare où la police contrôle les papiers, elle est dans les centres de rétention administrative (CRA), elle est dans chaque bureau Frontex disséminé en Europe, elle est dans chaque usine d’armement ou dispositif de surveillance qui est produit en Europe et remis à la police des frontières.
      D’où une invitation à agir chacun à sa manière, chacun à sa place, contre les frontières.

      CONTRE TOUTES LES FRONTIÈRES, LES ÉTATS QUI LES CRÉENT ET LES UNIFORMES QUI LES PROTÈGENT.
      Quelques participants au camping Passamontagna
      Considerazioni sul campeggio passamontagna 2023. Un altro morto di frontiera.

      La pratica del Passamontagna non ha funzionato. Dopo anni, vari campeggi e numerose manifestazioni che ci hanno portato ad attraversare il confine assieme, senza che nessunx - per un giorno - rischiasse la vita per superare questa linea immaginaria chiamata frontiera, questa volta il passaggio collettivo é fallito.

      Sabato più di 500 persone sono partite dall’accampamento allestito a Claviere per arrivare alla prossima tappa, in Francia. I gendarmi in antisommossa, schierata su tutti i sentieri, hanno bloccato il passaggio. Lacrimogeni e bombe stordenti alla mano, posizionati già a monte rispetto al corteo. Quasi una trentina tra camionette e macchine sul lato francese, più quelle posizionate sul lato italiano. E’ stato scelto di non arrivare allo scontro che sarebbe stato necessario per tentare di passare, per evitare un probabile massacro. La polizia francese ha cambiato pratica in questi anni, aumentando di volta in volta il suo livello di violenza e uso delle armi. Non si è voluto - in quella situazione - rischiare feriti gravi.

      Come ogni giorno, anche in questo week end erano centinaia le persone di passaggio dirette in Francia. Il campeggio é stato un bel momento per condividere riflessioni, discussioni, balli e racconti. Nonostante il passaggio collettivo sia fallito, le persone di passaggio si sono comunque messe in cammino successivamente, come avviene ogni giorno su questa maledetta frontiera. Più di 100 persone sono arrivate a Briaçon nel weekend. Una trentina i push-back.

      La rabbia conseguente al respingimento di massa ha provocato alcune reazioni. Sabato pomeriggio un piccolo corteo é partito in direzione della strada sul confine, cogliendo di sorpresa qualche agente che si é ritrovato a dover correre, e bloccando la frontiera per più di un’ora.
      Domenica un altro corteo é stato fatto sulla strada che da Claviere porta a Monginevro, nel tentativo di arrivare alla caserma della PAF, la sede delle guardie che proteggono il confine. Un dispositivo importante di gendarmi, con camionette e un idrante sbarravano la strada. Le guardie hanno sparato lacrimogeni e qualche bomba stordente e priettili di gomma. Sui sentieri sopra la strada sono stati tenuti a distanza i gendarmi che cercavano di avvicinarsi.
      Per più di due ore la frontiera é rimasta chiusa.
      Se non passano tutti, non passa nessuno. Nemmeno le merci e i turisti, per cui questa frontiera di solito non esiste.

      Se in queste giornate qulcunx - dicono - ha "osato" rovinare i campi da golf con qualche scritta o zappata, non ci sembra una tragedia. La privatizzazione di questa montagna per gli interessi di pochi ricchi e dei turisti benestanti é anche ciò che porta alla sua militarizzazione. È anche per proteggere quest’immaginario, lo scenario dei paesini di montagna dove giocare a golf in tranquillità sulle "18 buche transfontaliere" di proprietà Lavazza e del Comune di Monginevro e sciare sulle piste "senza confine”, che vengono militarizzati i sentieri di queste montagne. Una meta per il turismo ricco non può essere zona di passaggio per migranti. A Monginevro stanno anche costruendo due "bacini idrici", che sottrarranno acqua all’ambiente circostante, per assicurare di avere neve artificiale nei caldi inverni a venire.
      Privatizzazione, sfruttamento e militarizzazione della montagna sono parte dello stesso meccanismo.

      Il campeggio Passamontagna è stato anche un momento di incontro, discussione, ragionamento sul mondo che ci circonda e sui dispositivi di sfuttamento ed esclusione. Ci sono stati incontri dedicati all’estrattivismo neocoloniale che spinge le persone a migrare, ad andarsene da territori massacrati in nome del profitto. Si è discusso di esternalizzazione delle frontiere e della creazione dei nemici interni. Di scafismo e DIA . Dei nuovi meccanismi legilsativi di guerra verso i/le migranti e solidali. Di lotte ai CPR/CRA.
      In una società che ci vuole sempre più individualisti e separati, dobbiamo incontrarci, conoscerci, riconoscerci, confrontarci e unirci per lottare un sistema sempre più totalitario.

      A Briançon, prima città di arrivo per tuttx coloro che attraversano questo confine, il rifugio solidale Les Terrasse é sovraccarico. Troppe le persone che arrivano, e i posti sono insufficienti. Anche per questo un nuovo spazio é stato aperto e reso pubblico lunedì 7 agosto. Un’occupazione che vuole essere anche un luogo di ospitalità e di incontro per chi questa frontiera la combatte, ognuno a suo modo. C’é bisogno di sostegno e materiali !
      L’indirizzo é 34A Avenue de la République, hopital les jeunes pousses SSR, Briançon.

      Un ringraziamento enorme và a tutte le cucine solidali che hanno nutrito centinaia di persone in questi tre giorni e tutte le persone che hanno partecipato e reso possibile il campeggio.

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      Ma nei giorni successivi viene data una notizia terribile. Lunedì 7 agosto, un giovane "migrante" é stato trovato morto sulla strada militare che da Monginevro arriva a Birançon. Faccia a terra, ritrovato da un turista in bicicletta. Il suo nome era Moussa. Arrivava dalla Guinea.
      Per il momento non si sà molto di più.
      Un’altra morte. Un’altra vittima di questo confine che prende le sembianze dalla polizia di frontiera (PAF) schierata sui sentieri giorno e notte.
      La undicesima, dodicesima, ventesima, chissà. I numeri non sono chiari perché non tutte le morti vengono rese pubbliche. Ufficialmente, dal 2018 ad oggi, son stati ritrovati dieci cadaveri. E non é una morte casuale. Non é la sfortuna.
      A morire è l’ennesimo "migrante", buttato giù dai bus e treni in frontiera, obbligato a camminare di notte per fuggire in controlli, inseguito dalle guardie per il suo essere senza documenti, tendenzialmente perché povero. Come per le altre morti, i responsabili sono chiari. Su questi sentieri la PAF effettua una caccia costante, razzista, verso chi non é bianco e non sembra un turista pronto a spendere i suoi soldi sui campi da golf o sulle piste da sci che diventano parco giochi per bici elettriche d’estate.
      Ed é in bicicletta, a piedi, su quad o in macchina che si apposta la PAF sui sentieri alla ricerca di chi non ha il buon pezzo di carta per attraversarli. Dotata di droni, sensori e visori notturni, una nuova forza militare é arrivata recentemente a Monginevro con lo scopo di limitare ancora di più gli ingressi indesiderati. Centinaia di guardie proteggono questo confine. Ma il flusso di persone non si ferma, perché nessuna rete, muro o guardia riuscirà mai a bloccare il desiderio di libertà e la ricerca di una vita migliore.
      Ma é difficile oggi trovare pace.
      Forse, se il Passamontagna avesse funzionato, quel ragazzo non sarebbe morto.
      Ogni sbirro presente su quei sentieri sabato e domenica ha le mani sporche di sangue. Così come ha le mani sporche di sangue il Prefetto di Gap, che ha reso illegale ogni manifestazione e campeggio nel week end, e che ha dato ordine di impedire con ogni mezzo necessario il passaggio.
      Ogni sbirro é una frontiera. Braccio armato di uno stato che divide, seleziona e uccide a seconda dei propri interessi politici ed economici.
      Che la paghino cara i responsabili, qui, a Monginevro, a Briançon, ovunque.

      Un pensiero ci offusca la mente. Ci rimane difficile non pensare al fatto che il corpo é stato trovato sulla strada militare, percorribile a piedi e anche con una macchina 4x4, che infatti usano le guardie per effettuare i loro pattugliamenti. Difficile morire per caso su quella strada.
      Già troppi i morti in frontiera, in fuga dalla polizia. Ricordiamo Blessing Matthew, giovane ventenne nigeriana morta nel 2018 nel fiume Durance mentre cercava di scappare dai gendarmi che la inseguivano. O Fahtallah, trovato morto nella diga vicino a Modane, dove si era avventurato dopo essere stato respinto. O il 14enne Aullar, morto stritolato dal treno che non poteva prendere a Salbertrand, diretto al confine. O tutti gli altri morti di freddo o caduti dopo esere stati respinti alla frontiera ed essersi inespicati sui sentieri più alti.
      La militarizzazione di quste montagne uccide.
      La PAF, i gendarmi, lo stato francese, l’europa. Qui i responsabili di questa morte.

      La frontiera è ovunque, in ogni confine interno ed esterno all’europa, dove forse è più riconoscibile, ma è anche in ogni strada, piazza o stazione dove la polizia controlla i documenti, è nei centri di detenzione per il rimpatrio, è in ogni ufficio di Frontex sparso sul territorio europeo, è in ogni fabbrica di armi o di dispositivi di sorveglianza che prodotti in europa vengono regalati alle polizie di confine.
      Da qua un invito, di agire ognunx a suo modo, ognunx nel proprio luogo, contro le frontiere.

      CONTRO OGNI FRONTIERA, GLI STATI CHE LE CREANO, E LE DIVISE CHE LE PROTEGGONO
      Alcunx partecipanti al campeggio Passamontagna
      Considerations on the camping against the borders passamontagna. Another border death.

      The Passamontagna’s practice did not work. After years, various camps and numerous demonstrations that led us to cross the border together, without anyone - for one day - risking their life to cross this imaginary line called border, this time the collective crossing failed.

      On Saturday 5th, in fact, more than 500 people left the campsite set up in Claviere to reach the next stop, in France. The gendarmerie in riot gear, deployed on all the paths, blocked our passage. Tear gas and stun grenades were already positioned upstream from the procession. Almost thirty trucks and riot cars on the French side, plus those positioned on the Italian side. It was decided not to go to the clash that would have been necessary to try to pass, to avoid a very likely massacre. The French police have changed their practice over the years, increasing their level of violence and use of weapons from time to time. We did not want - in that situation - to risk serious injuries.
      Like every day, this weekend there were hundreds of people passing through on their way to France. The camp was a good time to share reflections, discussions, dancing and chatting. The people passing through nevertheless left, as happens every day on this cursed border. More than 100 people arrived in Briançon this weekend. Around thirty push-backs.

      The anger at not being able to cross the border to continue camping in France provoked some reactions.
      On the same day, Saturday, a march started in the direction of the road, catching some Italian officers by surprise as they had to run, and blocking the border for more than an hour.
      The next day, Sunday, another march took place on the road from Claviere to Montgenèvre, in an attempt to reach the PAF, the headquarters of the guards protecting the border. An important device of gendarmes, with small trucks and a water cannon barred the road. The guards fired many tear gas and some stun grenades and flashballs. On the paths above, the guards that tried to get closer went keeped far.
      For more than two hours the border remained closed. If no one passes, no one passes. Neither do goods or tourists, so in practice this border does not exist.
      If these days someone - they say - has ’dared’ to spoil the golf course with some writing or hoeing, it does not seem like a tragedy, quite the contrary. The privatisation of this mountain for the interests of the rich few and wealthy tourists is what also leads to its militarisation. To protect this inmaginary, the scenery of the mountain villages where one can play golf in peace on the ’18-hole cross-border golf course’ owned by Lavazza and the Montgenèvre municipality and ski on the ’borderless’ slopes. Or whizzing on electric bicycles on the same trails travelled by dozens of migrants every day but more often at night, precisely because they cannot be seen. A destination for wealthy tourists cannot be a transit area for migrants. They are also building two ’water reservoirs’, stealing water from the surrounding environment, to make sure they can shoot snow in winter on these trails. Privatisation, exploitation and militarisation of the mountains go together.

      The Passamontagna camp was also a time for meeting, discussion, and reasoning about the world around us and the devices of exploitation and exclusion. There were meetings that spoke of neo-colonial extractivism that pushes people to migrate, forced to leave territories massacred in the name of money. Of externalisation of borders and the creation of internal enemies. Of scafism and DIA (anti-mafia investigative directorate). Of new state and European repression mechanisms towards migrants and others. Of confrontation in the CPR/CRA struggles.
      Because in a society that wants us to be increasingly individualistic and separate, we must increasingly know each other, recognise each other, confront each other, unite to fight an increasingly totalising and totalitarian system.

      In Briançon, town of initial destination for all those who cross this border, the solidarity shelter Les Terrasse is overloaded. Too many people arrive, and places are always running out. This is also why a new place was opened and made public on Monday. An occupation that also wants to be a place of hospitality and a meeting place for those who fight this border, each in their own way. Support and materials are needed !
      The address is 34A Avenue de la République, hopital les jeunes pousses SSR, Briançon.

      A huge thank you goes to all the solidarity kitchens that fed hundreds of people over these three days and all the people who participated and made the camp possible.

      -- -

      But we learn a terrible news in the next days. Monday 7 agust, a young migrant was found dead on the military road from Montgenèvre to Briançon. Face down on the ground, found by a tourist on a bicycle. We still don’t know anything more.
      Another death. Another victim of this border that takes the shape of the border police (PAF) deployed on the paths day and night.
      The 11th, 12th, 20th, who knows. The numbers are unclear because not all deaths are made public. Officially, ten bodies have been found since 2018.
      As with the other deaths, it’s clear who is responsible. It is not a random death. It is not bad luck. It is not a tourist who dies. It is yet another "migrant", thrown off buses and trains at the border, forced to walk at night to escape through controls, chased by guards for being a migrant and undocumented, tending to be poor. On these paths the PAF carries out a constant, racist hunt towards anyone who is not white and does not look like a tourist ready to spend his money on golf courses or ski slopes turned into playground for electric bikes in summer.
      And it is by bicycle, on foot or by car that the PAF lurks on the trails looking for those who do not have the good papers to cross them. A new military force has recently arrived in Montgenèvre with the aim of limiting unwanted entry even further. Hundreds guards protect this border. But the flow of people does not stop, because no net, wall or guard will ever be able to completely block the desire for freedom and the search for a better life.
      But peace is difficult to find today.
      Perhaps if we had been able to walk together this would not have happened. Perhaps if the Passamontagna had worked that boy would not have died.
      Every cop on those paths on Saturday and Sunday has blood on his hands.
      So too has blood on his hands the Prefect of Gap, who made all demonstrations and camping illegal over the weekend, and who gave orders to prevent the passage in every way.
      Every cop is a border. The armed arm of a state that continues to divide, select and kill according to its political and economic interests.
      Let those responsible pay dearly, here, at Montgenèvre, at Briançon, everywhere in France.

      Another thought clouds our minds. We find it hard not to think about the fact that the body was found on the military road, which can be travelled on foot and also with a 4x4 car, which the guards use to carry out their patrols. It is difficult to die by accident on that road.
      Already too many have died on the border running the police. Recall Blessing Matthew, a young 20-year-old Nigerian woman who died in 2018 in the Durance River while trying to escape from the gendarmes who were chasing her. Or Fahtallah, found dead in the dam near Modane, where he had ventured after being turned back. Or 14-year-old Aullar, who died crushed by the train he could not catch in Salbertrand, bound for the border. Or all the others who froze to death or fell after being turned back at the border and venturing onto the highest paths.

      Militarisation kills on these montains.
      The PAF, the gendarmes, the French state, Europe. Here the responsible for this death.

      The border is everywhere, in every border inside and outside Europe, where perhaps it is most recognisable, but it is also in every street, square or station where the police check documents, it is in the detention centres for repatriation, it is in every Frontex office scattered across Europe, it is in every arms factory or surveillance device that is produced in Europe and given to the border police.
      Hence an invitation, to act each in his own way, each in his own place, against borders.

      AGAINST ALL BORDERS, THE STATES THAT CREATE THEM AND THE UNIFORMS THAT PROTECT THEM
      Some participants of the Passamontagna camp

      https://valleesenlutte.org/spip.php?article606

  • Les mégabassines ou un « Hold up » sur l’eau | Le Club
    https://blogs.mediapart.fr/pierre-sassier/blog/200123/les-megabassines-ou-un-hold-sur-leau

    La gestion de la ressource hydrique devient primordiale : dans le podcast « dernières limites » d’Audrey Boehly, l’hydrologue Florence Habets tire un bilan alarmant de la situation : à l’heure où la pénurie d’eau potable s’accroit jusqu’à menacer 50 % de l’Humanité à l’horizon 2050, la part de l’industrie dans la consommation d’eau et le rejet d’eaux polluées reste importante - 25% de la consommation globale - tandis que l’agriculture se taille la part du lion - 75% - C’est donc dans ces deux domaines que les mesures d’économie apparaissent cruciales.

    La question des bassines s’inscrit dans un contexte de déficit pluviométrique, affectant les différentes régions de manière très inégale : au mois de janvier 2022, le déficit de précipitation atteignait 45% sur l’ensemble du pays avec une situation particulièrement critique pour le sud-est de la France, où le déficit approchait les 100%. Or il faut se rappeler que l’hiver est la période de recharge des nappes phréatiques. Un communiqué de presse émanant du Service Géologique National nous dit que « les niveaux des nappes à l’entrée de l’hiver 2022-2023 sont nettement inférieurs à ceux de l’année dernière, deux-tiers des nappes affichant toujours des niveaux sous les normales mensuelles ». Or, comme il ne faut pas compter sur la pluviométrie naturelle pour alimenter ces mégabassines, c’est dans ces mêmes nappes phréatiques en déficit que l’on va chercher par forage l’eau qui les remplira et accessoirement, par des prélèvements dans les rivières. A proximité du Marais Poitevin, ces prélèvements menaceraient d’assèchement cette importante zone humide.

    Au simple vu de ces données, il n’est pas besoin d’être un expert pour comprendre que les pouvoirs publics ne sont plus à une aberration près puisqu’ils autorisent la multiplication de ces imposants réservoirs d’eau. Mais, plus encore, ils les protègent en envoyant la troupe et justifient un niveau de flicage digne des grandes affaires criminelles envers les opposants en inventant le concept « d’écoterroristes ». Il s’agit là d’une criminalisation de ceux qui portent la raison au profit des véritables criminels environnementaux. C’est aussi la lutte du pot de terre contre le pot de fer : Les autorisations préfectorales pour les bassines de Charente Maritime ont fait l’objet d’une annulation par la cour d’appel pour insuffisance d’étude d’impact sur l’environnement et tout porte à croire qu’il en sera de même pour la bassine de Sainte Souline. En Ile de France, c’est celle de Banthelu (Val d’Oise) qui n’a fait l’objet d’aucun permis de construire. C’est le monde à l’envers : les uns agissent en toute illégalité et ce sont les autres qui font l’objet de poursuites judiciaires !

    #eau #mégabassines #réservoirs_d'eau #déficit_pluviométrique

    https://seenthis.net/messages/988111

  • The potential of unused small-scale water reservoirs for climate change adaptation: A model- and scenario based analysis of a local water reservoir system in Thuringia, Germany

    The 6th Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) report (2021) stated that hot extremes have become more frequent and intense across most land regions in the past decades. It is projected that the changing climatic conditions in Germany and Thuringia in particular will lead to a higher frequency of drought events. Thus, it is vital to develop local adaptation strategies to mitigate the effects of droughts on agriculture to ensure future crop production. Water resource infrastructure has a critical role in planning future climate change adaptation measures that are sustainable. As the construction of new dams and reservoirs is controversial, it is preferable to use existing infrastructures, if they are suitable. Small-scale water management reservoirs built in Thuringia during the GDR (German Democratic Republic) and decommissioned after the German reunification were examined in this study to determine whether their reuse could be considered as a potential adaptation strategy. For this purpose, three reservoirs in Thuringia were selected. The impact of climate change on soil moisture, water availability and crop production, and the use of water from the reservoirs to meet future irrigation needs were modeled using the #Water_Evaluation_and_Planning_system (#WEAP). The modeled climatic changes have direct effects on the soil moisture status, leading to a higher water demand of the local agriculture. The results show that the crop water needs could double between near future (2020–2040) and distant future (2071–2100). However, predicted declines in yields can be mitigated by irrigation; modeling results indicate that supplemental irrigation with reservoir water mitigates projected losses and even allows 6.2–13.5% more crop production. Hence, the reuse of the reservoirs is worth to be considered as an adaptation strategy by policymakers. In addition to a cost-benefit analysis for future evaluation of the reservoirs, local user interests and demands need to be included avoiding conflicts about water. In general, WEAP as a modeling tool and the findings of the study show, that this research approach could be used to investigate the potential adaptive capacity of other small-scale water infrastructures.

    https://www.frontiersin.org/articles/10.3389/frwa.2022.892834/full

    #eau #réservoirs #micro-réservoirs #réservoirs_d'eau #changement_climatique #adaptation #aménagement_du_territoire #irrigation

  • « No basaran » : la lutte contre les #bassines dans les #Deux-Sèvres

    Ils et elles étaient plus de 3000 à marcher, ce dimanche 11 octobre à Epannes (79), à l’appel de #Bassines_Non_Merci. Depuis 2017, le collectif se mobilise contre la construction de seize bassines, d’énormes #réservoirs qui doivent permettre d’irriguer la région en cas de #sécheresse … au risque d’épuiser les #nappes_phréatiques. Plus de 50 projets de ce type seraient en cours de validation selon le ministère de la Transition écologique.

    En arrivant à #Epannes, petit village de 900 habitant·es entre la Rochelle et Niort en ce dimanche d’automne, la scène a de quoi surprendre. Les rues bondées résonnent d’une fanfare festive. De nombreuses personnes dansent avec des tuyaux et des drapeaux de toutes les couleurs, à côté de tracteurs recouverts de banderoles. Pourtant, il ne s’agit pas d’un spectacle de rue mais bien d’une manifestation, organisée par le collectif Bassines Non Merci.

    Les bassines : la poursuite d’un #modèle_agricole à bout de souffle

    Le collectif, composé d’habitant·es, s’oppose au projet de construction de bassines dans la région. Ces grandes #cuvettes de plusieurs hectares de superficie doivent servir à l’#irrigation. Elles pompent donc dans les nappes phréatiques durant l’hiver pour être utilisées l’été, en période de #sécheresse. Selon les manifestant·es, lutter contre les bassines dans les Deux-Sèvres relève d’un enjeu national. Sans résistance, ce modèle de réserves pourrait se réaliser ailleurs. Plus de cinquante projets seraient en attente de validation, selon le ministère de la Transition écologique.

    Les opposant·es craignent que le niveau des nappes phréatiques ne baisse inexorablement année après année, au profit d’une #agriculture_intensive. Alors que ces bassines sont financées en majorité sur fonds publics, ils et elles demandent une réorientation des fonds à la conversion au bio, moins gourmand en ressources hydriques.

    Un rassemblement médiatique contre l’#agriculture intensive

    Ce 11 octobre, de nombreuses personnalités politiques d’envergure nationale ont fait le déplacement pour ce qui était présenté comme « l’ultime bataille » avant le début des travaux. Parmi elles, le député de la France Insoumise Jean-Luc Mélenchon, Philippe Poutou du NPA, ou encore José Bové et Yannick Jadot. Le député européen EELV dénonce une « #prédation insupportable de l’eau ». De son côté, l’ancien secrétaire national de la Confédération Paysanne l’affirme : « Si on ne gagne pas, je serai sur le terrain pour assumer les risques des actions collectives de #désobéissance_civile. »

    Le collectif Bassines Non Merci, lui, est prêt à durcir ses moyens d’action, « sans violence envers des personnes ou des moyens de production ». C’est ce que déclare Julien le Guet, son porte-parole, sous l’œil de l’ancien député européen. Connu pour ses actions d’arrachage d’OGM ou pour le démontage du Mc Donald’s de Millau, José Bové abonde. Une seule chose est certaine, affirme Julien le Guet, « la #guerre_de_l’eau a commencé ».

    https://radioparleur.net/2020/10/19/bassines-non-merci-deux-sevres-agriculture
    #résistance #eau

  • Les projets de méga-bassines, accusées d’assécher les rivières, alimentent la guerre de l’eau dans les campagnes - Basta !
    https://basta.media/mega-bassines-marais-poitevin-irrigation-riviere-assechee-agriculture-inten

    Un chantier de seize #réservoirs d’eau géants destinés à l’#agriculture a débuté fin septembre près du #marais_poitevin. Symboles de l’agro-industrie, asséchant les sols, ces #méga-bassines déclenchent une forte contestation.

    #fnsea

  • Mekong River at ’worrying’ low level amid calls for more Chinese dam data | Reuters
    https://www.reuters.com/article/us-mekong-river-idUSKBN2AC0K0?taid=60262e7df3d3490001c43e55
    https://static.reuters.com/resources/r/?m=02&d=20210212&t=2&i=1551285548&r=LYNXMPEH1B0CL&w=800

    Water levels in the Mekong River have fallen to a “worrying level” in part due to outflow restrictions from Chinese hydropower dams upstream, the Mekong River Commission (MRC) said on Friday, calling on Beijing to share all of its water data.

    #eau #barrage #réservoirs #Mékong

  • Army Demolishes A Water Reservoir In Tubas
    December 3, 2019 10:31 AM – IMEMC News
    https://imemc.org/article/army-demolishes-a-water-reservoir-in-tubas

    Israeli soldiers demolished, earlier Tuesday, a water reservoir in the Tubas meadows, in northeastern West Bank.

    Palestinian human rights activist Aref Daraghma said several army jeeps, and bulldozers invaded the area, and demolished the reservoir, owned by Adnan Sawafta.

    Daraghma added that the destroyed water reservoir, located in Einoun area, had the capacity to store 1000 cubic meters of water, and was used for irrigating hundreds of Dunams of farmlands in Tubas Meadows.

    This is the second time the army demolishes the reservoir in the last few months under various allegations, especially since Israel is trying to confiscate more lands for the construction and expansion of its illegal colonies, built on occupied lands in direct violation of International Law.

    #eau

  • Actualité > D’immenses #réservoirs-d'eau-douce découverts sous les #océans !
    http://www.futura-sciences.com/magazines/environnement/infos/actu/d/developpement-durable-immenses-reservoirs-eau-douce-decouverts-sous

    Il y aurait d’immenses réserves d’eau douce sous le plancher océanique, à proximité des côtes terrestres. Si ces réserves ne sont pas renouvelables, elles comprennent des milliers de kilomètres cubes d’eau douce, de quoi alimenter les villes côtières durant des millénaires.