• Rick Roderick on Marcuse - One-Dimensional Man [full length] | 45 Min.

      https://www.youtube.com/watch?v=WNAKr1TQ0xc

      This video is 4th in the 8-part video lecture series, The Self Under Siege: Philosophy in the Twentieth Century (1993). Lecture Notes:

      I. Marcuse became a pop figure, the philosopher of the 60s. He expressed a key contradiction in modernity. Modernity is “enlightenment”, the end of myth and dogma, the power of reason; but it is also the rise of technology, capitalism, specialization, instrumental reason and the return of myth and dogma. The enlightenment built an intellect powerful enough to surrendering dogmatically before the powers of technology. This is the “Dialectic of Enlightenment” as analyzed by Herxheimer and Adorno and popularized by Marcuse. II. Instrumental rationality, information-based individual reason, leads to irrational outcomes. Individual monologic rationality is not rational in the totality of overall system. How did the force of the love of reason become itself unreasonable? The self cannot escape siege under the sway of instrumental reason alone, it drains the world of meaning and leads to the entwinement of myth and enlightenment. The film “Dr. Strangelove” is one long example of the contradictions outlined by Marcuse. III. Instrumental reason is the product of a one-dimensional society that produces one-dimensional human beings. Marcuse criticizes our society along at least two dimensions. First, the inner dimension: anxiety, despair, nausea and a massive industry in drugs to deal with these pathologies. A society of addicts. Second, the outer social world: alienation (separation from the subject and the object and the self in Marx’s sense); rationalization (bureaucracy and technical action in Weber’s sense). These produce a one-dimensional culture or banality which reduces human suffering and human desire to trivia and image.

      IV. Such humans have by now become deeply skeptical and cynical about almost everything; in particular, the government and the culture industry. Beyond that, we are becoming skeptical about our history, our meaning, our purpose and the general fate of the species.

      V. Marcuse’s method of criticism is called internal critique which measures a society against its own historically accumulated concepts and ideals in order to point out the gap between the actual social practices and the principles.

      VI. Marcuse also never lost faith in the human species to reconstruct itself, to begin anew. This hope of liberation transcended the field of economics and standard Marxism, as well as the achievements of the so-called free and democratic world of today. He also rested his hope in the possibility of that the self could be won against the odds. Today, unfortunately, this view will seem to many quaint.

      For more information, see http://www.rickroderick.org

    • #lumières #raison #rationalité #séparation #addiction #aliénation #banalisation #complexité #démocratie #désillusion

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      https://fr.wikipedia.org/wiki/Herbert_Marcuse

      #Herbert_Marcuse, né le 19 juillet 1898 à Berlin et mort le 29 juillet 1979 à Starnberg (Bavière), est un philosophe, sociologue marxiste, américain d’origine allemande, membre de l’École de Francfort avec Theodor Adorno et Max Horkheimer.

      [...]

      Il est notamment l’auteur et de L’Homme unidimensionnel (1964), qui veut démontrer le caractère inégalitaire et totalitaire du capitalisme des « Trente Glorieuses ». Ces affirmations lui valurent des critiques, notamment celle qui proclamerait la tolérance envers toutes les opinions sauf les opinions « qui perpétuent la servitude », malmènent l’autonomie au profit du statu quo répressif et protègent « la machine de discrimination qui est déjà en service »4. Pour Marcuse, la tolérance envers des idées qui servent le système de domination et d’oppression est une dénaturation du concept de tolérance : Marcuse oppose la vraie tolérance, qui est nécessairement émancipatrice, à une perversion opportuniste de l’idée de tolérance, qu’il qualifie de « tolérance répressive ». Selon Marcuse, c’est la « tolérance répressive » qui a autorisé la prise du pouvoir par le parti nazi en Allemagne5. Pour Marcuse, « une des réalisations de la civilisation industrielle avancée est la régression non-terroriste et démocratique de la liberté – la non-liberté efficace, lisse, raisonnable qui semble plonger ses racines dans le progrès technique même ».

      [...]

  • Il decreto immigrazione cancellerà lo Sprar, «sistema modello» di accoglienza

    Le scelte del governo: stretta su rifugiati e nuove cittadinanze. Vie accelerate per costruire nuovi centri per i rimpatri. Permessi umanitari cancellati. Hotspot chiusi per 30 giorni anche i richiedenti asilo.

    Permessi umanitari cancellati. Stretta su rifugiati e nuove cittadinanze. Vie accelerate per costruire nuovi centri per i rimpatri. Possibilità di chiudere negli hotspot per 30 giorni anche i richiedenti asilo. Trattenimento massimo nei centri prolungato da 90 a 180 giorni. E poi addio alla rete Sprar. I 17 articoli e 4 capi dell’ultima bozza del decreto migranti, che il governo si prepara a varare, promettono di ridisegnare il volto del «pianeta immigrazione». Soprattutto sul fronte accoglienza, abrogando di fatto un modello, quello dello Sprar, che coinvolge oggi oltre 400 comuni ed è considerato un modello in Europa.

    A denunciarlo è l’Associazione studi giuridici sull’immigrazione (Asgi): «Cancellare l’unico sistema pubblico di accoglienza che funziona appare come uno dei più folli obiettivi politici degli ultimi anni, destinato in caso di attuazione a produrre enormi conseguenze negative in tutta Italia, tanto nelle grandi città che nei piccoli centri, al Nord come al Sud».

    Ventitremila migranti accolti. «Lo Sprar - spiega a Repubblica Gianfranco Schiavone, vicepresidente dell’Asgi - è un sistema di accoglienza e protezione sia dei richiedenti asilo che dei titolari di protezione internazionale e umanitaria nato nel lontano 2002 con le modifiche al testo unico immigrazione della cosiddetta Bossi-Fini. Nei sedici anni della sua esistenza lo Sprar si è enormemente rafforzato passando da alcune decine di comuni coinvolti e meno di duemila posti di accoglienza nel 2002, ai circa ventitremila posti attuali con coinvolgimento di oltre 400 comuni».

    Un modello in Europa. «In ragione dei suoi successi nel gestire l’accoglienza dei richiedenti asilo e dei rifugiati in modo ordinato con capacità di coinvolgimento dei territori, lo Sprar è sempre stato considerato da tutti i governi di qualunque colore politico il fiore all’occhiello del sistema italiano, da presentare in Europa in tutti gli incontri istituzionali, anche per attenuare agli occhi degli interlocutori, le gravi carenze generali dell’Italia nella gestione dei migranti».

    Il ruolo centrale dei comuni. «Il presupposto giuridico su cui si fonda lo Sprar è tanto chiaro quanto aderente al nostro impianto costituzionale: nella gestione degli arrivi e dell’accoglienza dei migranti allo Stato spettano gli aspetti che richiedono una gestione unitaria (salvataggio, arrivi e prima accoglienza, piano di distribuzione, definizione di standard uniformi), ma una volta che il migrante ha formalizzato la sua domanda di asilo la gestione effettiva dei servizi di accoglienza, protezione sociale, orientamento legale e integrazione non spetta più allo Stato, che non ha le competenze e l’articolazione amministrativa per farlo in modo adeguato, ma va assicurata (con finanziamenti statali) dalle amministrazioni locali, alle quali spettano in generale tutte le funzioni amministrative in materia di servizi socio-assistenziali nei confronti tanto della popolazione italiana che di quella straniera».
    Il business dei grandi centri. «Lo Sprar (gestito oggi da Comuni di centrosinistra come di centrodestra) ha assicurato ovunque una gestione dell’accoglienza concertata con i territori, con numeri contenuti e assenza di grandi concentrazioni, secondo il principio dell’accoglienza diffusa, di buona qualità e orientata ad inserire quanto prima il richiedente asilo nel tessuto sociale. Inoltre lo Sprar ha assicurato un ferreo controllo della spesa pubblica grazie a una struttura amministrativa centrale di coordinamento e all’applicazione del principio della rendicontazione in base alla quale non sono ammessi margini di guadagno per gli enti (associazioni e cooperative) che gestiscono i servizi loro affidati. Invece, da oltre un decennio, il parallelo sistema di accoglienza a diretta gestione statale-prefettizia, salvo isolati casi virtuosi, sprofonda nel caos producendo un’accoglienza di bassa o persino bassissima qualità con costi elevati, scarsi controlli e profonde infiltrazioni della malavita organizzata che ha ben fiutato il potenziale business rappresentato dalla gestione delle grandi strutture (come caserme dismesse, ex aeroporti militari) al riparo dai fastidiosi controlli sulla spesa e sulla qualità presenti nello Sprar».

    La fine dello Sprar. «Cancellare l’unico sistema pubblico di accoglienza che funziona appare come uno dei più folli obiettivi politici degli ultimi anni. Che ne sarà di quelle piccole e funzionanti strutture di accoglienza già esistenti e delle migliaia di operatori sociali, quasi tutti giovani, che con professionalità, lavorano nello Sprar? Qualcuno potrebbe furbescamente sostenere che in fondo lo Sprar non verrebbe interamente abrogato ma trasformato in un sistema di accoglienza dei soli rifugiati e non più anche dei richiedenti asilo i quali rimarrebbero confinati nei centri governativi. È una spiegazione falsa, che omette di dire che proprio la sua caratteristica di sistema unico di accoglienza sia dei richiedenti che dei rifugiati dentro un’unica logica di gestione territoriale è ciò che ha reso lo Sprar un sistema efficiente e razionale. Senza questa unità non rimane più nulla».

    https://www.repubblica.it/solidarieta/immigrazione/2018/09/21/news/migrazioni-206997314/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P2-S2.4-T1
    #sprar (fin de -) #réfugiés #accueil #migrations #asile #Italie #hébergement #hotspot #décret #détention_administrative #rétention #protection_humanitaire #politique_d'asile #hotspots #it_has_begun #decreto_Salvini

    via @isskein

    • Publié sur la page FB de Filippo Furri :

      « Mi permetto di riprendere il commento della splendida Rosanna Marcato che è stata uno degli attori fondamentali di un percorso di sviluppo e crescita di un modello di accoglienza innovativo, che è alle fondamenta del mio lungo lavoro di ricerca sulla nozione di CITTà RIFUGIO : le città, le comunità locali, dove può realizzarsi la solidarietà concreta e reciproca, sono e devono rimanere luoghi di resistenza ai poteri fascisti che si diffondono dovunque, alla paranoia identitaria costruita a tavolino e iniettata nei cervelli e negli spiriti di spettatori impauriti e paranoici. lo SPRAR nasceva da forme di azione sperimentale «dal basso» e solidale (antifascista, antirazzista), che i governi autoritari e fascisti detestano e combattono.

      «L 11 settembre 2001 Venezia tra le prime città italiane ha dato il via ad un sistema di accoglienza (pna) che si è poi trasformato nello SPRAR. Era il frutto di esperienze di accoglienza, di saperi professionali e della volontà di costruire un sistema di accoglienza territoriale stabile e moderno. Un servizio sociale a tutti gli effetti con regole certe e rendicontazioni esatte e controllabili. Molte delle regole, degli strumenti e delle metodologie di lavoro che ancora funzionano furono elaborati da questa città e dal servizio che dirigevo. 27 anni di lavoro buttati nel cesso. Siate maledetti voi e anche quelli di prima che ci hanno ficcato in questa situazione di merda»

    • Immigrazione, Andrea Maestri: “Nel decreto Salvini tradisce il contratto di governo”

      Andrea Maestri critica il decreto Immigrazione: “Fino a oggi lo Sprar rappresentava un modello pubblico e trasparente nella gestione delle risorse. Chi adesso non rientra nel sistema Sprar non sparisce magicamente dal territorio. E quindi finirà nei Centri d’accoglienza straordinari, i Cas, che sono tutti privati”.

      Dopo aver licenziato l’atteso Dl Immigrazione, il ministro degli Interni Matteo Salvini, a proposito del futuro degli Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) e del ridimensionamento di questi centri in favore dei Cas, ha dichiarato: «Il rischio è inesistente, anche qui viene messo ordine in un sistema. Da quando sono ministro abbiamo ridotto di circa 20 mila unità le presenze in tutti questi tipi di strutture. Coloro che sono nel giusto come amministratori locali e come profughi non hanno nulla a che temere da questo provvedimento». In conferenza stampa il ministro degli Interni ha spiegato che il sistema Sprar continua a sopravvivere «limitatamente ai casi di protezione internazionale e dei minori non accompagnati». Ma stanno davvero così le cose? Ne abbiamo parlato con Andrea Maestri, della segreteria nazionale di Possibile.

      Nel contratto di governo si parlava di una diminuzione della capacità d’azione dei privati nella gestione dell’accoglienza. Con questo decreto la promessa non è stata mantenuta.

      Assolutamente no. Credo che qualunque osservatore attento non possa che gridare allo scandalo per questo gravissimo inadempimento, nei confronti soprattutto dei cittadini che hanno creduto nella buona fede di chi ha firmato il contratto di governo. Secondo quel contratto sembrava si volesse puntare sul modello pubblico e diffuso. E’ in corso al contrario una privatizzazione hard del sistema dell’accoglienza. Fino a oggi lo Sprar, anche se in modo minoritario, coinvolgendo gli enti locali, rappresentava un modello pubblico e trasparente nella gestione delle risorse, che venivano rendicontate. Nel momento in cui diventa uno strumento ulteriormente residuale, perché si rivolge solo a coloro che hanno già ottenuto la protezione internazionale – si parla appunto solo dei ‘titolari’, non più di richiedenti asilo che hanno fatto domanda – comincia a riguardare solo un numero ridotto di persone. Ma chi non rientra nel sistema Sprar non sparisce magicamente dal territorio, e quindi bisognerà trovargli un’altra collocazione: cioè nei Centri d’accoglienza straordinari, i Cas, che sono appunto tutti privati, gestiti dalle prefetture, ognuna con modalità diverse di scelta del contraente, con modalità di rendicontazione a macchia di leopardo.

      Ma Salvini sostiene l’opposto, cioè che questo rischio è inesistente.

      Se avesse ragione Salvini aumenterebbe il numero di persone che vivono per strada in una condizione di fragilità sociale umana ed esistenziale: se questi migranti non vengono accolti dai Comuni all’interno degli Sprar, se non se ne occupano le prefetture attarverso gli appaltatori privati all’interno dei Cas, vorrà dire che saranno in giro. Sono persone prive di documenti, che non possono fare contratti regolari di locazione, e nemmeno condividere contratti di locazione con altri. E questo sì che farà aumentare l’irregolarità e la criminalità organizzata e disorganizzata. Con un’unica conseguenza: aumenterà la percezione di insicurezza diffusa.

      Nel testo definitivo, all’articolo 2 è confermata la norma sugli appalti per i lavori nei centri, che possono essere affidati senza previa pubblicazione del bando di gara. E’ in linea con la Costituzione?

      C’è questa norma, ma con alcuni ritocchi. In pratica la procedura negoziata, senza previa pubblicazione di un bando pubblico, può essere fatta per gli appalti sotto soglia comunitaria. Ma se si considera che la soglia comunitaria per lavori, dal primo gennaio 2018 è di circa 5 milioni e mezzo di euro, è evidente che con quella somma più che un Cas si può fare un vero e proprio carcere. Sono importi molto elevati che consentono al governo di fare procedure negoziate, limitando il confronto concorrenziale solo a 5 ditte scelte discrezionalmente dall’amministrazione. Qui c’è una lesione del principio di trasparenza e di concorrenza. Poi hanno scritto che verranno rispettati alcuni criteri, come quello di rotazione, però la sostanza rimane. L’articolo 63 del codice degli Appalti dovrebbe essere limitato a casi del tutto eccezionali: ad esempio una data amministrazione può avere l’interesse a trattare con un determinato soggetto se vuole commissionargli un’opera d’arte per una piazza pubblica; oppure sono previsti casi straordinari d’urgenza, in cui è ammissibile una deroga del genere. Ma non siamo in nessuno di questi due campi. Il governo per i prossimi tre anni sta stabilendo una procedura in deroga alle norme dell’evidenza pubblica. E’ piuttosto grave che si apra una parentesi del genere per un lasso così lungo di tempo. La prima bozza che era circolata negli ambienti dell’Anci, era spudorata, un colpo allo stomaco. Poi ci sarà stato un intervento da parte forse degli uffici ministeriali di Palazzo Chigi, o da parte dello stesso Presidente della Repubblica, che probabilmente hanno limitato un po’ il danno. Ma rimane uno degli aspetti più discutibili e negativi dell’intero provvedimento, perché è proprio uno di quegli ambiti su cui Salvini ha fatto sempre propaganda, contestando il modello del Cara di Mineo. Qui si sta dicendo che il ministero sta prospettando appalti senza evidenza publica. E la Corte Costituzionale se sarà chiamata a intervenire non mancherà di censurare quest’aspetto.

      Dal momento che il testo prevede il raddoppio dei tempi di trattenimento nei Cpr, da 90 a 180 giorni, vuol dire che ne serviranno di più? Qual è la ratio?

      E’ tutto collegato, c’è una coerenza, negativa ovviamente. Nel momento in cui tu trasformi lo Sprar, e lo snaturi, visto che non si tratta più di un sistema di accoglienza per i richiedenti asilo, ma solo per i rifugiati, avremo sempre più persone disperse nel territorio, o nei Cas. E quindi viene privilegiata una gestione emergenziale. Questo farà aumentare il numero delle persone espulse dal sistema, ma non dal territorio. Ci saranno sempre più persone irregolari, e quindi una maggiore necessità di Cpr. Quelli attuali sicuramente non basteranno, quindi se ne dovranno fare degli altri. Per alimentare la narrazione emergenziale si dirà che bisogna fare in fretta, e da qui proviene il vincolo dei tre anni per la deroga per i bandi di gara per le imprese. Quando costruiranno un nuovo centro sarà a quel punto interessante vedere quali aziende verranno chiamate a concorrere, e con quali criteri. Questa è l’economia dell’emergenza, che si deve autoalimentare non solo nella propaganda, ma anche nella sostanza.

      Cosa ne pensa del permesso di soggiorno per atti di valore civile?

      Siamo alla banalità del male. Togliendo la protezione umanitaria come istituto generale, tantissime persone che ricadevano in zone grigie, non facilmente ascrivibili ad una categoria giuridica, ma che rientravano comunque in quell’ambito di tutela ampia dei diritti umani fondamentali, si trovano adesso in difficoltà. E mi riferisco soprattutto a quelle persone vulnerabili, che arrivano in Italia deprivati, fisicamente e moralmente, dopo aver attraversato per esempio l’inferno libico. Adesso per loro non ci sarà più nessuna tutela. Ci sono al loro posto queste sei categorie molto rigide che lasciano poco spazio all’attenzione di cui necessitano invece alcuni casi particolari. Un po’ per caso, come in una lotteria, se uno è in una condizione di irregolarità, ma gli capita di salvare una persona durante un incidente stradale da una macchina in fiamme, o ipotizziamo, con un po’ di fantasia, se quest’immigrato salvasse il ministro Salvini che annaspa in mare, potrebbe ottenere il permesso di soggiorno in virtù della sua azione di valore civile. Mi sembrano delle restrizioni cieche e ottuse che non migliorano minimamente lo stato delle cose. Perché la via maestra sarebbe una riforma organica del testo unico sull’immigrazione, che rendesse trasparenti e legali i canali di ingresso in Italia. Sarebbe fortemente depotenziato il canale della protezione internazionale, che ovviamente è sotto pressione perché non esiste altro modo per entrare in Italia legalmente. Ma ovviamente questo decreto crea un consenso molto più immediato.

      https://www.fanpage.it/immigrazione-maestri-nel-decreto-salvini-tradisce-il-contratto-di-governo

    • Cosa prevede il decreto Salvini su immigrazione e sicurezza

      Il 24 settembre il consiglio dei ministri ha approvato all’unanimità il cosiddetto decreto Salvini su immigrazione e sicurezza. Il decreto si compone di tre titoli: il primo si occupa di riforma del diritto d’asilo e della cittadinanza, il secondo di sicurezza pubblica, prevenzione e contrasto della criminalità organizzata; e l’ultimo di amministrazione e gestione dei beni sequestrati e confiscati alla mafia.

      Nei giorni precedenti all’approvazione si erano diffuse delle voci su possibili dissidi tra i due partiti di maggioranza, Lega e Movimento 5 stelle, ma il ministro dell’interno Matteo Salvini durante la conferenza stampa a palazzo Chigi ha voluto sottolineare che i cinquestelle hanno approvato senza riserve il suo progetto di riforma.

      All’inizio i decreti avrebbero dovuto essere due: il primo sull’immigrazione e il secondo sulla sicurezza e sui beni confiscati alle mafie, poi nel corso dell’ultima settimana sono state fatte delle “limature” e i due decreti sono stati accorpati in un unico provvedimento. Il decreto dovrà ora essere inviato al presidente della repubblica Sergio Mattarella che a sua volta deve autorizzare che la norma sia presentata alle camere. Ecco in sintesi cosa prevede.

      Abolizione della protezione umanitaria. Il primo articolo contiene nuove disposizioni in materia della concessione dell’asilo e prevede di fatto l’abrogazione della protezione per motivi umanitari che era prevista dal Testo unico sull’immigrazione. Oggi la legge prevede che la questura conceda un permesso di soggiorno ai cittadini stranieri che presentano “seri motivi, in particolare di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello stato italiano”, oppure alle persone che fuggono da emergenze come conflitti, disastri naturali o altri eventi di particolare gravità in paesi non appartenenti all’Unione europea.

      La protezione umanitaria può essere riconosciuta anche a cittadini stranieri che non è possibile espellere perché potrebbero essere oggetto di persecuzione nel loro paese (articolo 19 della legge sull’immigrazione) o in caso siano vittime di sfruttamento lavorativo o di tratta. In questi casi il permesso ha caratteristiche differenti. La durata è variabile da sei mesi a due anni ed è rinnovabile. Questa tutela è stata introdotta in Italia nel 1998.

      https://www.internazionale.it/bloc-notes/annalisa-camilli/2018/09/24/decreto-salvini-immigrazione-e-sicurezza

    • Italy: The security decree that makes everyone more insecure

      JRS Italy (Centro Astalli) is concerned about the effects that the new measures introduced by the ’Salvini decree’ on migration and security – unanimously approved on the 24th of September by the Italian Council of Ministers – will have on the lives of migrants and on the social cohesion of the whole country.

      The combination of the Security Decree and the Immigration Decree in a single piece of legislation is misleading as it associates security issues, such as organised crime and terrorism, with the issue of managing migration, in particular forced migration. This is particularly wrong knowing that a completely different legislative approach is needed to deal with migration challenges, particularly in terms of programmes, general management and migrants’ integration.

      For JRS Italy, the reform of the Protection System for Asylum Seekers and Refugees (SPRAR) foreseen by the decree represent a fundamental step back for the Italian reception system. By excluding applicants for international protection from this type of reception the reform is in clear contradiction with the principle that a successful integration process starts from the first reception, as the current Integration Plan for refugees of the Italian Ministry of the Interior also states.

      The SPRAR, recognized as a qualitative system also by international observers, is therefore cut down, despite being the only reception system that guarantees maximum transparency in the management of resources. At the same time, the large collective centres for asylum seekers are strengthened even though the experience on the ground largely shows that, also due to the lack of involvement of local administrations, establishing such centres often encounters resistance and generates social tensions.

      According to Camillo Ripamonti SJ, JRS Italy’s president, “It is a step backwards that does not take into account on the one hand the lives and stories of the people, and on the other hand the work that for decades many humanitarian organizations and civil society have done in close collaboration with the institutions - in particular with local authorities”.

      “Criminalising migrants” – Ripamonti concludes – “is not the right way to deal with the presence of foreign citizens in Italy. Enlarging grey zones that are not regulated by law and making legal procedures less accessible and more complicated, contributes to make our country less secure and more fragile."

      http://jrseurope.org/news_detail?TN=NEWS-20180925084854

    • Decreto Salvini, Mattarella firma ma ricorda a Conte gli obblighi fissati dalla Costituzione

      Il provvedimento è quello che riguarda sicurezza e immigrazione. Il presidente della Repubblica invia al premier una lettera in cui richiama l’articolo 10 della Carta. La replica di Salvini: «ciapa lì e porta a cà». Polemica dei medici sulla norma per i presidi sanitari

      https://www.repubblica.it/politica/2018/10/04/news/dl_sicurezza_mattarella_firma_lettera_a_conte_obblighi_costituzione-20814

    • “I grandi centri di accoglienza vanno superati”. Anzi no. Se Salvini contraddice se stesso

      Ad agosto il ministero dell’Interno ha trasmesso al Parlamento una relazione molto dura sul modello straordinario dei Cas, presentati come “luoghi difficili da gestire e da vivere che attirano gli interessi criminali”. Proponendo l’alternativa dello SPRAR. Ma nonostante le evidenze e gli elogi per il sistema di protezione diffuso, il “decreto immigrazione” va nella direzione opposta.

      grandi centri di accoglienza in Italia sono “luoghi difficili da gestire e da vivere”, producono “effetti negativi oltre che nell’impatto con le collettività locali anche sull’efficienza dei servizi forniti ai migranti”, e per il loro “rilevante onere finanziario” rappresentano una “fonte di attrazione per gli interessi criminali”. Per questo è necessario un loro “alleggerimento progressivo” puntando sulle “progettualità SPRAR” (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati), autentico “ponte necessario all’inclusione e punto di riferimento per le reti territoriali di sostegno”. Garanzia di “processi più solidi e più facili di integrazione”.

      Recita così la “Relazione sul funzionamento del sistema di accoglienza predisposto al fine di fronteggiare le esigenze straordinarie connesse all’eccezionale afflusso di stranieri nel territorio nazionale”, relativa al 2017, trasmessa alla Camera dei deputati il 14 agosto di quest’anno e presentata da un ministro che sostiene pubblicamente il contrario: Matteo Salvini.

      Ad agosto, in quella relazione, il titolare dell’Interno ha infatti riconosciuto come nel circuito SPRAR, “oltre al vitto e alloggio”, venga “garantito ai richiedenti asilo un percorso qualificato, finalizzato alla conquista dell’autonomia individuale” grazie alla “realizzazione di progetti territoriali di accoglienza”. Un modello da promuovere per merito delle “qualità dei servizi resi ai beneficiari che non si limitano ad interventi materiali di base (vitto e alloggio) ma assicurano una serie di attività funzionali alla riconquista dell’autonomia individuale, come l’insegnamento della lingua italiana, la formazione e la qualificazione professionale, l’orientamento legale, l’accesso ai servizi del territorio, l’orientamento e l’inserimento lavorativo, abitativo e sociale, oltre che la tutela psico socio-sanitaria”. Ma ancora nel 2017, su 183.681 migranti ospitati nelle strutture temporanee, hotspot, centri di prima accoglienza e SPRAR, appena 24.471 occupavano l’accoglienza virtuosa del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati. Da lì la corretta intenzione di alleggerire i grandi centri a favore dell’approccio diffuso e integrato.

      Poi però il governo ha smentito se stesso: nonostante le riconosciute qualità dello SPRAR, l’esecutivo ha messo mano alla materia attraverso il recente decreto legge su immigrazione e sicurezza (Dl 113), licenziato dal governo ed emanato dal Capo dello Stato a inizio ottobre, puntando in direzione opposta. In quella che Gianfranco Schiavone, vice presidente dell’Associazione studi giuridici sull’immigrazione, ha definito la “destrutturazione del sistema di accoglienza”.

      L’articolo 12 del “decreto Salvini”, infatti, trasforma l’attuale SPRAR in un sistema per soli titolari di protezione internazionale, un terzo degli attuali accolti, tagliando fuori così i richiedenti asilo, i beneficiari di protezione umanitaria (sostanzialmente abrogata) e coloro che avessero fatto ricorso contro la decisione di diniego delle Commissioni territoriali sulla loro domanda. Per gli esclusi si apriranno le porte degli attuali centri governativi di prima accoglienza o dei centri di accoglienza straordinaria (CAS), proprio quelli di cui la relazione presentata dal ministro Salvini, poche settimane prima, auspicava il superamento.
      “La riforma pare fotografare la realtà della prassi precedente al decreto legge -ha evidenziato l’ASGI in un documento che mette in fila i profili di manifesta illegittimità costituzionale del decreto-. I CAS sono il ‘non’ sistema di accoglienza per la generalità dei richiedenti asilo, in violazione della Direttiva Ue sull’accoglienza che consente simili riduzioni di standard soltanto per periodi temporanei e per eventi imprevedibili, mentre le strutture dello SPRAR sono sempre più riservate a minori (non sempre), a titolari di protezione internazionale e spesso a chi si trova in condizioni (spesso familiari) disperate”.

      Non solo. Come ha ricordato l’Associazione nazionale dei Comuni italiani (ANCI), il 43% degli accolti nello SPRAR “ha concluso positivamente il proprio percorso di accoglienza ed ha raggiunto uno stato di autonomia, e un ulteriore 31% ha acquisito gli strumenti indispensabili per ‘camminare sulle proprie gambe’”. “Lo SPRAR riesce a rendere autonome le persone in un lasso di tempo indubbiamente inferiore rispetto a ciò che accade nei CAS. Nello SPRAR il tempo medio di permanenza è infatti di 6 mesi, questo significa che in un posto SPRAR vengono mediamente accolte all’anno 2 persone. Nei Comuni dove esiste un progetto SPRAR, i costi economici e sociali subiscono una notevole flessione”. Motivo per cui a metà ottobre l’ANCI ha presentato alcuni emendamenti in vista dell’iter parlamentare che porterà alla conversione del decreto. Uno di questi chiede proprio di consentire l’accesso dei “richiedenti asilo vulnerabili (compresi nuclei familiari con figli minori) all’interno dei progetti SPRAR, per evitare che ricadano, inevitabilmente, sui bilanci dei Comuni e delle Regioni i costi dei servizi socio-sanitari che sarà in ogni caso necessario erogare senza poter accedere ad alcun rimborso da parte dello Stato (stimati circa 286 milioni di euro annui”.

      Posto di fronte alla contraddizione tra la relazione di agosto e il decreto di ottobre, il ministero dell’Interno ha fatto sapere ad Altreconomia che la Relazione non è altro che un “adempimento richiesto dalla normativa” e che questa “si riferisce, nel merito, al periodo cui la stessa fa riferimento”. Come se nell’arco di otto mesi lo SPRAR fosse cambiato.

      Ed ecco quindi che il “ponte necessario all’inclusione” è diventato la “pacchia” da interrompere: la graduatoria dei progetti avanzati dagli enti locali ed esaminati dal Viminale, per ulteriori 3.500 posti da aggiungersi ai 32mila attualmente finanziati, di cui era prevista la pubblicazione a luglio 2018, non ha mai visto la luce. E le nuove richieste di adesione al Sistema da parte dei territori -altri 2.500 nuovi posti- non sono state nemmeno prese in considerazione. Il risultato è che 6mila potenziali nuovi posti SPRAR sono stati “sacrificati” sull’altare della linea Salvini. Quella di ottobre, però, non quella di agosto.

      https://altreconomia.it/decreto-salvini-cas

    • Beyond closed ports: the new Italian Decree-Law on Immigration and Security

      In the past months, Italian migration policies have been in the spotlight with regard to the deterrence measures adopted to prevent sea arrivals of migrants. After the closure of ports to vessels transporting migrants and the reduction of search and rescue operations at sea, the government adopted a restrictive approach to the internal norms, reforming the architecture of the Italian system of protection.

      On 24 September 2018, the Italian Council of Ministers unanimously adopted a new Decree-Law on Immigration and Security. Strongly endorsed by the Minister of the Interior Matteo Salvini, the final text of the Decree contains ‘urgent measures’ on international protection and immigration, as well as on public security, prevention of terrorism and organised crime. Following the approval of the President of Republic, the bill has come into force on October 5. The future of the Decree now lays in the hands of the Parliament, which will have to transpose it into law within sixty days of its publication or it will retrospectively lose its effect.

      The securitarian approach adopted sparked strong criticism within civil society and the President of the Republic himself accompanied his signature with an accompanying letter addressed to the President of the Council, reminding that all ‘constitutional and international obligations’ assumed by Italy remain binding, even if there is no explicit reference to them in the Decree. This blog post provides an overview of the first two Chapters of the Decree-Law, dedicated to immigration and asylum. It will further analyze their impact on the rights of protection seekers and their compatibility with European law, International law as well as the Italian Constitution.

      1. Provisions on humanitarian residence permits and fight against irregular migration

      1.1 The abrogation of ‘humanitarian protection’

      The main change introduced by the first Chapter of the Decree-Law concerns what is commonly referred to as ‘humanitarian protection’, namely a residence permit issued to persons who are not eligible to refugee status or subsidiary protection but cannot be expelled from the country because of ‘serious reasons of humanitarian nature, or resulting from constitutional or international obligations of the State’ (art. 5(6) of the Consolidated Act on Immigration).

      The humanitarian residence permit was introduced as a safeguard clause in the Italian legislation, complementing international protection within the meaning of article 10 paragraph 3 of the Constitution, which stipulates that: ‘[a] foreigner who, in his home country, is denied the actual exercise of the democratic freedoms guaranteed by the Italian Constitution shall be entitled to the right of asylum under the conditions established by law.’ The important role of ‘humanitarian protection’ has been further clarified by the Italian highest court (Court of Cassation), which stated that the right to be issued a humanitarian permit, together with refugee status and subsidiary protection, constitutes a fundamental part of the right of asylum enshrined in the Constitution (see for example judgement 22111/2014).

      In practice, humanitarian residence permits were a ‘flexible instrument’ which could cover several circumstances emerging from forced displacement where there was no sufficient evidence of an individual risk of persecution or serious harm. As explained by the Court of Cassation, prior to the entry into force of the Decree, humanitarian protection was granted to persons suffering from an ‘effective deprivation of human rights’ upon the fulfilment of two interrelated conditions: the ‘objective situation in the country of origin of the applicant’ and ‘the applicant’s personal condition that determined the reason for departure’ (see judgement 4455/2018). The Court further presented as possible example of human rights deprivation the situation of a person coming from a country where the political or environmental situation exposes her to extreme destitution and does not allow her to attain a minimum standard of dignified existence. As noted by the Court, the definition of environmental issues does not only contain natural disasters but it may also include non-contingent events, such as droughts or famines, which deprive the person from having a basic livelihood.

      However, as already mentioned, the grounds for obtaining humanitarian protection were relatively open and could be adjusted to other situations entailing a deprivation of basic human rights, such as the inability of the country of origin to protect the right to health of applicants affected by serious conditions, or the family situation of the applicant interpreted in light of article 8 of the European Convention on Human Rights. Also, the level of social integration reached by an applicant during her stay in Italy, together with the situation of poverty or instability in the country of origin, were also to be considered as a ground to grant humanitarian protection.

      By radically transforming article 5(6) and severely restricting the possibility for rejected asylum applicants to be granted residence permits in light of constitutional and international obligations or for humanitarian reasons, article 1 of the Decree-Law substantially abrogates ‘humanitarian protection’. Instead, the Decree provides for the creation of a ‘special protection’ residence permit, which can be issued only to those persons who cannot be expelled due to the non-refoulement obligations defined in article 19 of the Consolidated Act on Immigration unless the applicant can be returned to a country where she could receive ‘equivalent protection’.

      The first article of the Decree-Law further creates new residence permits that can be granted in restricted ‘special cases’, as for example: persons affected by ‘exceptionally serious’ medical conditions; persons who cannot return to their home countries due to ‘exceptional natural disasters’; and persons who have carried out ‘exceptional civil acts’. The Decree, however, does not modify the grounds for granting special residence permits to victims of trafficking, violence or labour exploitation, as already provided for in arts. 18 and 18-bis of the Consolidated Act on Immigration.

      The new Decree reduces not only the scope of protection and the number of potential beneficiaries but also the duration of the stay for third-country nationals falling into the above-mentioned ‘special’ categories. Whilst persons granted the ‘humanitarian’ status were provided with a two-year renewable residence permit, the permits issued in the new ‘special cases’ allow residence in Italy for shorter periods: six months for exceptional natural disasters or violence and one year in the other for ‘special protection’, ‘medical reasons’ and other ‘special cases’. Such permits are renewable and allow the holder to work but – differently from the humanitarian residence permit – they cannot be converted into a work permit when the circumstances for which they were issued cease to exist. Only in the event that the foreigner has accomplished exceptional civil acts, whose nature is not further specified, the person – at the discretion the Minister of the Interior – can be issued a residence permit lasting two years.

      A final important amendment contained in article 1 of the Decree is related to those persons who are already beneficiaries of humanitarian residence permits at the time in which the Decree enters into force: their permits will not be renewable anymore on humanitarian grounds, even if the circumstances for which the permit was granted in the first place still exist. Therefore, unless the beneficiary is granted a conversion of her humanitarian permit into a work or study permit, or she falls under the new special cases listed in the decree law, she will find herself in an irregular situation and will risk being returned.

      The abrogation of the ‘humanitarian’ residence permit is of particular concern as, since its creation in 1998, it has been an important legal instrument allowing to protect and regularise all third-country nationals who could not be returned to a third country. Suffice it to say that, in 2017 only, Italy has granted 20,166 residence permits on ‘humanitarian’ grounds, whereas only 6,827 persons were granted asylum and 6,880 subsidiary protection. To counter this trend, last July, the Minister of the Interior had already sent a letter to all administrative authorities involved in the asylum procedure, requesting them to adopt a stricter approach when granting protection on humanitarian grounds. Such decision has been justified with the rationale of conforming Italy to European standards, which do not provide for this third form of protection. Arguably, even if humanitarian protection is not harmonised at the EU level under the Qualification Directive, there are obligations imposed on all Member States by international refugee law and human rights law that prevent them from returning third-country nationals under certain circumstances. Looking at the practice of EU-28 Member States, in the course of 2017, 63 thousand asylum seekers were given authorisation to stay for humanitarian reasons under national law. This number could be even higher as it only encompasses first instance decisions for those persons who have been previously reported as asylum applicants, and does not take into account those who have been granted a permission to stay for humanitarian reasons without having lodged an asylum application.

      Moreover, the abrogation of humanitarian protection is likely to open a protection gap under article 10 paragraph 3 of the Italian Constitution. As noted by the Italian Association for Juridical Studies on Immigration (ASGI), the substitution of humanitarian protection with a restricted list of ‘special’ residence permits, means that the right to asylum set out by the Constitution is ‘no longer fully implemented by the legislator’. This could open the possibility to bring legal actions to ascertain the right of asylum guaranteed by article 10 – which can be invoked directly in front of an ordinary court even in the absence of implementing legislation – or raise questions of constitutionality.

      1.2 Making returns more effective

      The second part of the first Chapter of the Decree-Law focuses on improving returns and facilitating the return of third-country nationals in an irregular situation. In order to achieve these objectives, article 2 of the Decree extends the maximum duration of the foreigner’s detention in return centres from 90 to 180 days. Article 4 further foresees that, in case the reception capacity of pre-removal centres is exhausted and prior to authorization of a judicial authority, foreigners may also be held in other ‘appropriate facilities’ and in border offices. In addition, article 3 of the new Decree-Law modifies the Decree Implementing the Reception Conditions Directive and the Procedures Directive (Decree-Law 18 August 2015, n. 142), by expanding grounds for detention in hotspots. Thus, foreigners who have been found in an irregular situation on the national territory or rescued during search and rescue operations at sea may be subject to detention in order to determine their identity and nationality. The maximum duration of detention is set to 30 days. In case it is impossible to verify such information, the person concerned can be transferred in a return center for a maximum of 180 days. Finally, article 6 increments the funding for returns, providing for the re-allocation of 3,5 million euros between 2018 and 2020. These funds – originally provided for assisted voluntary return and reintegration – will now be allocated to facilitate not further described ‘return measures’.

      Even if the possibility to detain applicants for international protection in order to ascertain their identity and nationality is provided for in the Reception Conditions Directive, deprivation of liberty in such cases could be inconsistent with international refugee law read in conjunction with the Italian Constitution. According to ASGI, provisions connected to the deprivation of liberty in order to verify the identity and nationality are in violation of article 31 of the 1951 Geneva Convention and of article 13 of the Italian Constitution. In fact, since it is common to almost all asylum seekers not to possess valid documents proving their identity, such circumstances would not be proportionate to the ‘conditions of necessity and urgency’ required by article 13 of the Constitution to deprive someone of their liberty without judicial authorization. That been said, the debate on the lack of documentation to prove asylum seekers’ identity is likely to be of interest in the near future, as it is also fuelled by the European Commission recent proposal for a recast of the Return Directive, where the lack of documentation is included among the criteria establishing the existence of a risk of absconding to avoid return procedures.

      2. Provisions on international protection

      2.1 Provisions on asylum seekers who committed serious crimes

      The second chapter of the new Decree reforms, with a restrictive turn, the rules on the revocation of and exclusion from international protection. Article 7 extends the list of crimes that, in case of final conviction amount to the exclusion from or to the revocation of international protection. These include: production, trafficking and possession of drugs; injuries or threats made to officers in performance of their duties; serious personal injury offence; female genital mutilation; robbery, extortion, burglary and theft, if compounded by the possession of weapons or drugs; slavery; exploitation of child prostitution.

      Furthermore, article 10 of the new Decree introduces an accelerated procedure in the event that an asylum seeker is convicted – even prior to a final sentence – for one of the above-mentioned criminal offences and for the other serious crimes amounting to the exclusion from international protection already provided for in articles 12 and 16 Decree 251/2017. Thus, when the applicant is convicted in first instance, the Territorial Commissions for the Recognition of International Protection has to immediately examine the asylum claim and take a decision. In case the decision of the Commission rejects the request for international protection, the applicant is required to leave the country, even if the person concerned lodges an appeal against the asylum decision.

      The Decree Law, by abrogating the suspensive effect of the appeal for a person who has been convicted in first instance arguably goes against article 27 of the Italian Constitution, which considers the defendant not guilty ‘until a final sentence has been passed.’ Moreover, pursuant Article 45 Asylum Procedure Directive, as a general rule Member States shall allow applicants to remain in the territory pending the outcome of the remedy. An exception might be allowed under article 46(6)(a) of the Asylum Procedures Directive, if the application is determined to be unfounded on grounds that the applicant is ‘for serious reasons’ considered to be a danger to the national security or public order of the Member State. However, article 46(6) also stipulates that even in such case there is no automatism and the decision whether or not the applicant may remain on the territory of the Member State should be taken by a court or tribunal. Therefore, insofar as the Decree provides for the automatic return of rejected asylum seekers pending an appeal, without a judicial decision authorising their removal, it is incompatible with the right to an effective remedy provided for by the Procedures Directive and enshrined in article 47 of the EU Charter of Fundamental Rights.

      In any instance, the return of a person – regardless of the fact that she may have committed a crime – cannot be performed when the individual concerned is at risk of refoulement as defined by article 3 of the European Convention on Human Rights and Article 19 of the Charter of Fundamental Rights. As follows from the jurisprudence of the European Court of Human Rights (ECtHR), the prohibition of non-refoulement has an absolute character. The conduct of the person is irrelevant and even the involvement in serious crimes, such as terrorism, does not affect the prohibition to return individuals to states in which they faced a risk of torture, inhuman or degrading treatment (see ECtHR judgements in Saadi, Chahal, and Soering).

      2.2 Provisions on subsequent applications and border procedures

      Article 9 of the Decree implements into Italian legislation some restrictive provisions on subsequent applications that are allowed under the Asylum Procedures Directive (APD) but that had so far been regulated in a more favourable manner.

      First of all, the Decree provides for new grounds of exclusion from the right to remain in the Italian territory, following almost verbatim the exception from the right to remain contained in article 41 of the APD. This includes all persons who have lodged a first subsequent application merely in order to delay or frustrate the enforcement of a decision which would result in their imminent removal, or make another subsequent application after their first subsequent application has been considered inadmissible or unfounded.

      Secondly, article 9 establishes new rules on accelerated procedures for applicants who have introduced a subsequent application for international protection without new elements or findings supporting their claim. In case that the applicant was stopped following an attempt to elude border controls, this procedure also applies in border or transit zones. This is a novelty in Italian law, that until now did not provide for the possibility of carrying out the evaluation of an asylum claim at the border. According to the explanatory note to the Decree, this amendment follows the rationale of article 31(8)(g) APD. This article, however, provides for the possibility to apply accelerated and border procedure in case an application is lodged to avoid an earlier removal decision – which appears to be a stricter ground than the one provided for by the Italian decree.

      Also, the Decree sets out a new ground for the inadmissibility of an asylum application: a subsequent application is inadmissible if it is lodged to prevent the enforcement of a decision which would result in her imminent removal and it shall be dismissed without being further examined. This is not consistent with article 40 APD, which provides at least for a preliminary examination on the presence of new elements substantiating the asylum claim.

      Lastly, following the definitions of article 41 APD APD, the Decree limits the suspensive effect of appeals lodged in two circumstances. First, by all persons who have lodged a first subsequent application to delay the enforcement of a decision which would result in his or her imminent removal. Second, by asylum seekers whose application has been considered inadmissible as a subsequent application where no new elements or findings have arisen or have been presented by the applicant, whilst prior to the entry into force of the Decree-Law this only happened when an application was assessed as inadmissible for the second time.

      2.3 Reception conditions for asylum seekers

      One of the most discussed provisions of the Decree on immigration concerns the reception of asylum seekers, which undergoes substantive changes. The decree de facto abrogates the possibility for asylum seekers to access reception provided under the System for the Protection of Asylum Seekers and Refugees (SPRAR). The system, operated by local institutions, in cooperation with non-governmental and voluntary organizations, had not only the aim to provide basic reception but also to favour the social integration of asylum seekers and beneficiaries of protection. With the amendments introduced by article 12 of the new decree, only already recognized refugees and beneficiaries of subsidiary protection, as well as unaccompanied minors, will be granted accommodation within the SPRAR. Asylum seekers will, therefore, be only hosted in collective reception centres (CARA, CDA). In case of unavailability of places, applicants can also be hosted in temporary reception centres (CAS) where, according to the law, only basic levels of reception conditions have to be met.

      These amendments fail to take into account the pre-existent structure of the Italian reception system. As a matter of law, the SPRAR was the only durable solution provided for asylum seekers, while the other types of reception centres have been designed only for initial or temporary reception (see articles 9 and 11 of the Decree implementing the Reception Conditions Directive). Considering the length of asylum procedures in the country, asylum seekers will be left with no alternative than remaining for months (or in some cases even years) in facilities which are often inadequate in terms of both capacity and structural and safety conditions.

      This decision is of great concern as it is likely to put further strain on the Italian reception system, which already has a record of not providing an adequate standard of reception conditions to asylum applicants – as recognised in 2014 by the European Court of Human Rights. More recently, a Dutch court annulled a transfer to Italy pointing out that the new Decree raises questions about the structural deficiencies in the Italian reception system, in particular as it restricts access to adequate reception conditions to vulnerable asylum seekers.

      Final remarks

      Whilst the number of arrivals to Italy is at the lowest level registered in the past few years, the phenomenon of migration has reached the dimension of an emergency in the internal public debate, with the Decree-Law on Immigration and Security representing a major downturn in the architecture of the Italian system of protection.

      The implementation of further grounds for exclusion and withdrawal of protection, the reduction of procedural guarantees, and the general restrictive approach on the rights of migrants and asylum seekers adopted in the Decree generate serious concerns. Above all, some of the provisions contained in the Decree may entail a risk of violation of the principle of non–refoulement, which is not only a cornerstone of the international refugee regime but also a fundamental guarantee that protects all human beings from being subject to torture, inhuman or degrading treatment. What is more, some of the changes introduced with the Decree might have far-reaching practical consequences on the rights of the migrants who are already present or will arrive in the country. In particular, the repeal of ‘humanitarian’ residence permits, which have been widely used in the past years, is likely to have the unintended side-effect of increasing the number of migrants who will find themselves in an irregular situation. The new bill has been presented by the Interior Minister Matteo Salvini as ‘a step forward to make Italy safer’ – however it will arguably increase the number of cases of destitution, vulnerability, and exploitation.

      It remains to be seen whether the Parliament will confirm the text of the Decree when ultimately converting it into law. However, considering that the time for discussion is limited (60 days only) it is doubtful that the bill will undergo substantial improvement. Also, as the Decree has become one of the flagship measures of the current Government, it is unlikely that it will be repealed in toto. The choice itself of the Government to use a decree having force of law – rather than of the ordinary legislative procedure – does not seem to stem from a situation of ‘obvious necessity and urgency’ as provided for by the Constitution. Rather, it appears to be a shortcut to obtain immediate results on matters where it is difficult to achieve political consensus through democratic debate. Against this backdrop, the new bill on Immigration and Security – with questionable democratic legitimacy – restricts the rights of asylum seekers and people displaced, making protection increasingly inaccessible.

      http://eumigrationlawblog.eu/beyond-closed-ports-the-new-italian-decree-law-on-immigration-and

    • Decreto immigrazione, le brutte novità nascoste sotto la fiducia

      Il governo ha presentato in aula un “emendamento interamente sostitutivo” del testo finora discusso. La “sorpresa” sono elementi di gran lunga più restrittivi in tema di diritto d’asilo. Tra questi, la nozione di “Paesi di origine sicuri”, un “cavallo di Troia” per smontare il sistema della protezione internazionale, come denunciano studiosi dell’Asgi

      Con 163 voti a favore e 59 contrari, il 7 novembre il Senato della Repubblica ha approvato la fiducia al cosiddetto “decreto sicurezza e immigrazione” promosso in particolare dal ministro dell’Interno Matteo Salvini. Il testo votato da Palazzo Madama e inviato alla Camera, però, è stato modificato rispetto all’originario attraverso un “emendamento interamente sostitutivo” del Ddl (il numero 1.900), sulla cui approvazione il Governo aveva appunto posto la questione di fiducia 24 ore prima. Non si è trattato di interventi meramente formali quanto invece profondamente sostanziali. Tanto da non lasciare praticamente più nulla del precedente sistema di asilo, incardinato al principio costituzionale che all’articolo 10 della Carta riconosce quella tutela allo “straniero al quale sia impedito nel suo Paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana”.

      Le 28 pagine di modifiche e integrazioni avanzate dall’esecutivo, secondo Gianfranco Schiavone, vicepresidente dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi, www.asgi.it), assumono infatti la forma di un “cavallo di Troia” -blindato dalla fiducia- utile a “introdurre novità di taglio iper restrittivo che nella prima versione del decreto non c’erano”. Creando così un provvedimento che è un “vero e proprio mostro”, senza peraltro dare troppo nell’occhio.
      Alla già nota abrogazione della protezione umanitaria, allo stravolgimento dell’ex Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR), alle illegittimità costituzionali già evidenziate nelle scorse settimane dall’Asgi, si aggiungono nuovi elementi preoccupanti.

      Schiavone ha il testo del maxi emendamento del governo sotto mano e scorre alle introdotte “Disposizioni in materia di Paesi di origine sicuri e manifesta infondatezza della domanda di protezione internazionale”.
      Il primo punto riguarda i “Paesi di origine sicuri”, il caso cioè di uno “Stato non appartenente all’Unione europea” che stando al nuovo articolato potrà “essere considerato Paese di origine sicuro se, sulla base del suo ordinamento giuridico, dell’applicazione della legge all’interno di un sistema democratico e della situazione politica generale, si può dimostrare che, in via generale e costante, non sussistono atti di persecuzione […] né tortura o altre forme di pena o trattamento inumano o degradante, né pericolo a causa di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale. La designazione di un Paese di origine sicuro può essere fatta con l’eccezione di parti del territorio o di categorie di persone”.

      Per “accertare” che uno Stato sia o meno “di origine sicuro” ed eventualmente iscriverlo nell’elenco adottato per decreto dal ministro degli Esteri (“Di concerto con i Ministri dell’Interno e della Giustizia) ci si dovrà basare “sulle informazioni fornite dalla Commissione nazionale per il diritto di asilo”. La domanda di protezione del richiedente proveniente da quel Paese verrà sì esaminata ma, se rigettata sarà “considerata manifestamente infondata”.

      “Dove è stata introdotta, la nozione di Paese di origine sicuro, che le direttive europee prevedono quale misura normativa solo facoltativa per gli Stati -riflette Schiavone- ha sempre prodotto gravissimi problemi poiché le domande di protezione sono per definizione individuali ovvero legate alla condizione specifica di un richiedente. Esaminare invece una domanda ritenendo già che un Paese di origine sia ‘sicuro’ crea una situazione di pregiudizio sostanziale nell’esame della domanda stessa e dà ampi margini per l’esercizio di un’influenza politica molto forte del potere esecutivo sull’organo di valutazione”. Ciò vale soprattutto per l’Italia oggi. Perché? “Perché chi stabilisce che il Paese di origine sia ‘sicuro’ sarà di fatto la Commissione nazionale per il diritto d’asilo, che non è organo amministrativo indipendente ed è fortemente connesso per composizione e struttura organizzativa al potere politico”. Tradotto: il Governo di turno potrà decidere che un Paese venga considerato di “origine sicuro” con obiettivi di carattere politico che nulla hanno a che fare con le domande di protezione. Schiavone pensa a casi come il Bangladesh, la Tunisia, il Senegal e così via.
      Il rigetto della domanda per manifesta infondatezza comporta un forte indebolimento della tutela giurisdizionale -continua Schiavone- poiché il ricorso ha tempi di impugnazione più brevi e non c’è un’automatica sospensiva durante il contenzioso. Molte ragioni mi inducono a pensare, anche se ancora a caldo e riservandomi approfondimenti -conclude lo studioso- che la nozione di ‘Paese di origine sicuro’ sia del tutto estranea alla nozione di asilo delineata dalla nostra Costituzione”.

      Tra le altre “novità” rispetto all’originario “decreto Salvini” c’è poi quella della cosiddetta “protezione interna” nel Paese terzo di provenienza del richiedente. “Se in una parte del territorio del Paese di origine, il richiedente non ha fondati motivi di temere di essere perseguitato o non corre rischi effettivi di subire danni gravi o ha accesso alla protezione contro persecuzioni o danni gravi e può legalmente e senza pericolo recarvisi ed essere ammesso e si può ragionevolmente supporre che vi si ristabilisca”, la sua domanda di protezione è “rigettata”. “Anche su questa norma, del tutto facoltativa nel diritto dell’Unione e che l’Italia, fin dal 2008, con saggezza, aveva evitato sono molti i dubbi di conformità rispetto all’articolo 10 della nostra Costituzione -riflette Schiavone-. È possibile segmentare un Paese in aree, evidenziando peraltro una situazione che è già di grande instabilità, visto che un Paese è diviso in due o più parti?. Cosa vuol dire in concreto che è ragionevole supporre che la persona si trasferisca nell’area del Paese considerata sicura? Quali i parametri di valutazione? È sufficiente solo la mancanza di rischio o è necessario che alla persona venga fornita una protezione effettiva e una assistenza materiale? La norma, genericissima, non fornisce alcuna risposta”. Ciò che è chiaro è che è scontata la tendenza, come ribadisce il vicepresidente Asgi, di considerare l’asilo come fosse una sorta di “extrema ratio” cui ricorrere quando nessuna altra soluzione, anche precaria e parziale all’interno di quel Paese sia possibile. “Che cosa ha a che fare tutto ciò con il diritto all’asilo garantito dalla Costituzione a coloro cui sia impedito nel suo Paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche? La distanza è abissale”.
      Utilizzare la nozione di area interna sicura nel Paese di origine è solo un altro modo per respingere domande di asilo che tradizionalmente vengono accolte. “Pensiamo al caso dei cittadini afghani o iracheni e riteniamo per l’appunto che le persone possano spostarsi in una presunta ‘area sicura’ del Paese. Quanto è sicura? Come si valuta? Per quanto tempo? Che tipo di stabilità e assistenza deve provvedere ad assicurare lo Stato allo sfollato interno? Domande che rimangono senza risposta”.

      Accanto al tema dei “Paesi di origine sicuri” e delle zone di “protezione interna”, il maxi emendamento interviene -come già il decreto 113- a proposito di cittadinanza. L’avvocato Livio Neri, socio di Asgi, elenca brevemente alcune delle misure del decreto legge governativo. “C’è l’aumento del contributo da versare per presentare ‘istanze o dichiarazioni di elezione, acquisto, riacquisto, rinuncia o concessione della cittadinanza’, che passa da 200 a 250 euro. C’è l’incredibile allungamento del ‘termine di definizione dei procedimenti’, da 24 a 48 mesi dalla data di presentazione della domanda. E c’è il brutto precedente della ‘revoca’ della cittadinanza prevista in caso di condanna definitiva per gravi reati”. Precedente che creerà peraltro nuova apolidia, dal momento che -come fa notare Neri- la norma così come è scritta (ed è rimasta) non prevede la circostanza che dopo la revoca sorga appunto una condizione di apolidia per l’interessato ed è perciò in contrasto con la Convenzione di New York sulla materia.

      L’emendamento del governo aggiunge a questi (e altri) elementi un termine di sei mesi per il rilascio di estratti e certificati di stato civile “occorrenti ai fini del riconoscimento della cittadinanza italiana”, che significa secondo Neri “che lo stesso documento (ad esempio il certificato di nascita di un congiunto, ndr) ha termini diversi a seconda di chi lo richiede”. E pone poi come condizione necessaria alla “concessione della cittadinanza” il “possesso, da parte dell’interessato, di un’adeguata conoscenza della lingua italiana, non inferiore al livello B1 del Quadro comune europeo di riferimento per le lingue (QCER)”, salvo per chi abbia sottoscritto l’accordo di integrazione o sia titolare di permesso di soggiorno Ue per “soggiornanti di lungo periodo”. “Questa previsione -commenta amaramente Neri- avrà un durissimo impatto sulle persone con minori strumenti culturali a disposizione e che per questo non saranno riusciti a imparare l’italiano”.

      https://altreconomia.it/decreto-immigrazione-novita

    • What will change for migrants under Italy’s new immigration and security decree?

      As the decree passed the Senate, Italy’s upper house, Matteo Salvini tweeted it was an “historic day.” The decree still needs to pass the lower house by the end of November before it is enshrined in law. At the moment, that looks likely, so what will change for migrants if it is passed?

      Like all decrees, Italy’s new security and immigration decree is composed of many complicated clauses and paragraphs. In short, it is intended to regulate immigration and public security. It has been pushed by Italy’s deputy prime minister and Minister of the Interior, Matteo Salvini, who is also leader of the anti-immigration party, La Lega (The Northern League).

      Essentially, it will change the laws under which foreign migrants have been staying in the country since 1998. It is set to repeal the right to stay for humanitarian reasons. “Humanitarian protection” is a lower level of asylum status that is based on Italian rather than international law. Up until now, this right has been conceded for up to two years on serious humanitarian grounds and allowed migrants and refugees to access the job market, health services and social welfare.

      The new decree will take this catch-all definition ’on humanitarian grounds’ away in favor of six new specific categories which applicants will need to fulfill. Has the applicant been smuggled or exploited? Are they subject to domestic violence? Do they need specific medical attention? Was there some kind of calamity in their country of origin or have they contributed in a special way to Italian civil society which would merit a right to stay?

      Article two of the law doubles the length of time that migrants can be kept in repatriation centers whilst their cases are looked at. It will allow the authorities to build more centers too. Repatriations are expected to increase with more money being assigned to making sure they happen; three and a half million euros in total up to 2020.

      Revoking refugee status

      There will be a longer list of crimes that, if committed will lead to a refugee being refused asylum or having their refugee status revoked. The crimes include murder, armed robbery, extortion, violence towards public officials, people found to be practicing genital mutilation, armed theft and burglary, possession of drugs, slavery, sexual violence or kidnapping. Anyone found guilty of terrorist acts or trying to overturn the constitution provides another reason for expulsion under the new law.

      The new decree is expected to weaken the SPRAR networks which were set up to protect refugees and asylum seekers in 2002. Only unaccompanied migrants and those who qualify for international protection will come under the future auspices of SPRAR. Everyone else will be sent to ’welcome centers’ or CARA (Welcome center for those requesting asylum). Social cooperatives assigned asylum seekers and migrants will be required to report to the authorities every three months with a list of people that they support. The decree is also expected to slash the budget assigned for food and lodging for migrants in CARA centers from 30 euros per person per day to 15 euros.

      Anyone who marries an Italian will now have to wait four years instead of the current two before applying for citizenship. In addition, like in Germany, migrants hoping to remain in Italy will be required to pass a B1 language test.

      Jubilation and condemnation

      Matteo Salvini was pictured looking jubilant as the decree was passed by the Senate with 163 votes to 59. Not everyone was happy though. Roberto Saviano, an anti-Mafia writer who opposes the current Italian government called the decree “criminal” saying it was “self harming, [and] suicidal.” He pointed out that it would be impossible to repatriate more than 500,000 migrants without papers who are currently present in the country. “Much better,” he said “give them papers and allow them to work and pay taxes to the state.” He said the law would only serve to increase the number of “irregular migrants” in the country feeding organized crime networks.

      The Democratic Party (PD) leader in the Senate, Andrea Marcucci contests the decree too. He was quoted in the left-leaning daily newspaper, La Repubblica, saying it “creates insecurity, not security and would make 100s of thousands more migrants clandestine in Italy.” He concluded: “This is a decree against Italy, against Italians and against security.”

      Salvini disagrees. In interviews prior to the Senate vote, he said that the decree was not just about immigration but increasing security for everyone in Italy. “It’s about strengthening the anti-mafia organizations and anti-racket laws. It will make everything more serious and rigorous. […] It is a decree which will bring more money and power to the police, to mayors; will introduce more surveillance cameras.” He added that once the law has passed, he will be looking to reform the justice system too. That way, cases dragging on for years, until they enter proscription, will be a thing of the past.

      The decree is scheduled to be put before the lower house on the November 22. With the Five Star Movement and the League holding a majority there too, (along with other right-leaning parties like Forza Italia and Fratelli D’Italia,) it is expected to pass without too many problems and enter law before the end of the year.


      http://www.infomigrants.net/en/post/13210/what-will-change-for-migrants-under-italy-s-new-immigration-and-securi

    • Message de Sara Prestianni, via la mailing-list Migreurop, 28.11.2018:

      Hier la Chambre des Deputé- avec un vote blindé de confiance - a approuvé le DL sécurité migration.
      Le #vote_de_confiance a permis au Gouvernement de le faire passer en toute vitesse et de balayer tout tentatif de l’opposition de faire des amendements qui pouvaient limiter les déjà tragiques dégâts.
      Nombreuses les déclaration préoccupé et les mobilisation des associations italiennes pour cette loi de la honte

      Ici le CP publié par ARCI -> Le secret loi immigration et sécurité est loi : Injustice est fait : https://www.arci.it/il-ddl-sicurezza-e-immigrazione-e-legge-ingiustizia-e-fatta

      où nous expliquons nos inquiétudes face aux dégâts sociaux d’une loi qui ne fera que créer encore plus de personnes sans documents qui seront exclu du système d’accueil en les rendant encore plus exploitables. Un énième, tragique, étape vers la violation systématique des droits de migrants et réfugiés.

      Ici les principaux changement dans le système italien (sorry only in FR) dont beaucoup intéressent les thématiques de travail du réseau :

      1- Abolition de la “#protection_humanitaire
      La protection humanitaire avait été introduit en 1998 et était attribué pour “serieux motivation de caractère humanitaire ou dérivant de obligation constitutionnels ou internationales de l’Etat Italien ; à ceux qui fuyaient des conflits, désastres naturels ou situations de particulières gravité dans les pays d’origine ou encore ceux qui ne pouvaient pas être expulsés ou encore à victime de traite ou autre type d’exploitation. En 2017 ont été présenté 130 000 demandes de protection en Italie : le 52% a été rejeté. Dans le 25% des cas a été attribué une protection humanitaire ; le 8% ont obtenu un statut de réfugié et un autre 8% la protection subsidiaire. Le 7% a obtenu un autre type de protection.
      Cela veut dire que ce permis ne sera plus donné mais aussi que ceux qui l’ont obtenu ne le pourront plus renouveler
      A sa place cette nouvelle loi a intégré un titre de séjour pour “#cas_spéciaux” : victimes de #violences_domestiques ou grave #exploitation du #travail ou pour des #raisons_médicales ou qui s’est distingué pour “actes de particulier valeur civile”. Ce permis aura une durée de deux ans et ne pourra pas être renouveler

      – Prolongation de la durée de détention dans les #CPR (centre pour le retour -> les cra italiens) -> Aujourd’hui les migrants peuvent être enfermé pour un max de 90 jours. La nouvelle loi prolonge la durée maximale de détention à 180 jours.

      – Permanence dans les #hotspot et points de frontière -> Selon l’article 3 de la nouvelle loi les demandeurs d’asile peuvent être enfermés pour une période de max 30 jours dans les hotspot et structure de “premier accueil” (#Cas et #Cara) pour l’identification. Si dans les 30 jours n’a pas été possible proceder à l’identification aussi les demandeurs d’asile pourront être enfermés dans un CPR pour 180 jours. De cette façon un demandeur d’asile pour être enfermé pour 210 jours pour vérifier et déterminer son identité. Cela sera aussi appliqué aux mineurs en famille.
      De plus est prévu que le juge de paix puisse valider la détention en “#locaux_adaptes” auprès les bureau de frontière jusqu’à’ l’expulsion pour max 48 heures.

      – Plus de fonds pour les expulsions -> A l’article 6 a été prévu un augmentation du budget pour les #expulsions : 500 000 euro en 2018 ; 1,5 million euro en 2019 et autre 1.5 millions en 2020.

      – Retrait ou refus de la protection international en cas de condamnation pour menaces ou violences à officiers public ; lésions personales graves ou vol

      – Ceux qui sont en procedure penale (meme si pas condamné en voi definitive verront leur demande d’asile analysé en procedure accelleré

      – Listes des pays sures -> La loi prévoit l’institution d’une liste de pays d’origine sure et la procedure de demande de protection internationale manifestement infondé. La liste sera stilé par le Ministere des Affaires Etrangers avec le Ministere de l’Interieur et de la Justice sur la base des info fournies par la Commissione Nationales du Droit d’Asile et les agences européennes et internationales. Les demandeurs d’asile en provenance d’un pays present dans la liste des pays sures devrait démontrer de avoir graves motivation qui justifient sa demande et elle sera analyse en procedure accellerée.

      – Restriction du système d’accueil -> Le système d’accueil pour demandeurs d’asile et réfugié (#SPRAR) - le système ordinaire géré par les mairies - sera limité à ceux qui sont déjà titulaire de protection internationales et aux mineurs isolés. Les autres demandeurs seront accueilli dans les CAS et CARA (en parallele le Gouvernement a annoncé une diminution des fonds pour demandeurs d’asile par jour de 35 à 19 euro rendent ainsi impossible donner aucun type de service - juridiques, sociale, intégration et psychologique - dans le parcours d’accueil)

      #pays_sûr #rétention #détention_administrative

    • L’Italie adopte la loi anti-migrants de Matteo Salvini

      Ce texte durcit la politique italienne en matière d’immigration, remplaçant les permis de séjour humanitaires par d’autres permis plus courts.

      L’Italie a adopté mercredi un décret-loi controversé durcissant sa politique d’immigration, voulu par Matteo Salvini, ministre de l’Intérieur et chef de la Ligue (extrême droite). La Chambre des députés a adopté le texte - après le Sénat début novembre et dans les mêmes termes - par 396 oui contre 99 non.

      Le gouvernement populiste formé par la Ligue et le Mouvement 5 Etoiles (M5S, antisystème) avait posé la question de confiance dans les deux chambres sur ce décret-loi. Quatorze députés du M5S n’ont pas pris part au vote mercredi.

      Le texte durcit la politique italienne en matière d’immigration. Il remplace en particulier les permis de séjour humanitaires, actuellement octroyés à 25% des demandeurs d’asile et d’une durée de deux ans, par divers autres permis, comme « protection spéciale », d’une durée d’un an, ou « catastrophe naturelle dans le pays d’origine », d’une durée de six mois, entre autres.
      Refus de signer le pacte de l’ONU sur les migrations

      Il prévoit une procédure d’urgence afin de pouvoir expulser tout demandeur se montrant « dangereux ». Il réorganise aussi le système d’accueil des demandeurs d’asile, qui étaient encore 146 000 fin octobre et seront regroupés dans de grands centres par mesures d’économies. Dans le volet sécurité, il généralise l’utilisation des pistolets électriques et facilite l’évacuation des bâtiments occupés.

      Le gouvernement italien a annoncé mercredi qu’il ne signerait pas le pacte de l’ONU sur les migrations (Global Compact for Migration) comme s’y était engagé en 2016 le précédent exécutif de centre-gauche dirigé à l’époque par Matteo Renzi.

      Le gouvernement ne participera pas au sommet prévu les 10 et 11 décembre à Marrakech où doit être définitivement adopté ce pacte « se réservant d’adhérer ou non au document seulement une fois que le parlement se sera prononcé », a déclaré le président du Conseil Giuseppe Conte. Non contraignant, ce texte de 25 pages, premier du genre sur ce sujet, vise à réguler les flux migratoires au plan mondial.

      https://www.letemps.ch/monde/litalie-adopte-loi-antimigrants-matteo-salvini

    • Il decreto immigrazione è legge: cambierà in peggio la vita di migliaia di persone.

      Con il voto di fiducia di ieri alla Camera, il decreto immigrazione è stato convertito in legge. Refugees Welcome Italia esprime nuovamente la propria contrarietà ad un provvedimento che cambia, in negativo, la vita di migliaia di persone, rendendole ancora più vulnerabili ed esponendole al rischio di vivere ai margini della società. Come già ribadito, lontano dal garantire “l’ordine e la sicurezza pubblica”, questo decreto va nella direzione opposta, acuendo il disagio sociale e aumentando l’insicurezza per tutta la popolazione, migrante e italiana, con pesanti ricadute anche sulla coesione sociale. Secondo alcune stime, la sola abolizione della protezione umanitaria – un permesso di soggiorno che lo Stato italiano riconosce a coloro che, pur non avendo i requisiti per ottenere la protezione internazionale, presentano comunque delle vulnerabilità tali da richiedere una forma di tutela – produrrà 60 mila nuovi irregolari nei prossimi due anni. Migliaia di nuovi senza tetto, persone senza diritti, che rischiano di diventare facile preda di sfruttamento e criminalità.
      “Un decreto di tale portata avrebbe meritato una discussione approfondita, in fase di approvazione, per tentare almeno di introdurre qualche miglioria, invece il testo è passato con la fiducia”, sottolinea Fabiana Musicco, presidente dell’associazione. “A pagare il prezzo di questo nuovo assetto normativo saranno, ad esempio, migliaia di ragazzi arrivati in Italia da minori soli che sono prossimi a compiere 18 anni. Molti di loro hanno fatto richiesta di asilo e qualora ricevessero un diniego di protezione internazionale, una volta diventati maggiorenni, non avrebbero alcun titolo per rimanere in modo regolare in Italia. Per non parlare dei tanti neo-maggiorenni che hanno già ottenuto la protezione umanitaria e che, non potendo accedere al sistema Sprar a causa del decreto, non hanno un posto dove andare. In questo ultimo mese ci sono arrivate diverse segnalazioni di ragazzi in questa situazione: diciottenni che si sono iscritti sul nostro sito per chiedere di essere ospitati in famiglia e proseguire il loro percorso di inclusione. Il rischio, per loro, è che finiscano per strada”.
      Oltre all’abolizione della protezione umanitaria, sono tante altre le misure discutibili che incideranno negativamente sull’architettura del sistema di accoglienza in Italia. Invece di potenziare l’accoglienza diffusa gestita dagli enti locali, che ha favorito, in questi anni, reali processi di inclusione per richiedenti asilo e titolari di protezione, si è scelto, con questo decreto, di rafforzare la logica emergenziale dei grandi centri che, oltre a non garantire alcuna integrazione, genera spesso, a causa dei pochi controlli, abusi e malversazioni. “Molte disposizioni del decreto, oltre a ridurre lo spazio di esercizio di alcuni diritti fondamentali, come quello all’asilo, sono contrarie al buon senso e renderanno il nostro Paese un posto meno sicuro per tutti, migranti e italiani”.

      https://refugees-welcome.it/decreto-immigrazione-legge-cambiera-peggio-la-vita-migliaia-persone

    • Azzariti: «Il Decreto sicurezza sarà bocciato dalla Consulta»

      Il costituzionalista critica il decreto Salvini votato al Senato, non celando la speranza che alla Camera venga modificato

      «Innanzitutto il provvedimento impressiona per il segno culturalmente regressivo perché appiattisce l’immigrazione ad un problema di esclusiva sicurezza pubblica: dalla legge Bossi Fini in poi c’è una progressione in questo senso di criminalizzazione del problema migratorio». Il costituzionalista Gaetano Azzariti critica il decreto Salvini votato al Senato, non celando la speranza che alla Camera venga modificato: «Così com’è è una summa di incostituzionalità, auspico si intervenga per cambiarlo in Parlamento».

      Professore, perché il decreto sicurezza sarebbe incostituzionale? Ci vuole spiegare le ragioni?
      Penso di peggio: nel testo ci sono una summa di incostituzionalità. Dallo strumento utilizzato, il decreto legge, al contenuto del provvedimento che va in conflitto coi principi della nostra Carta.

      Lei critica la formula del decreto perché dice che in questo momento non esiste un’emergenza tale da giustificare un provvedimento simile? Però posso ribattere, facendo l’avvocato del diavolo, che da anni è prassi che i nostri governi adottino la formula del decreto esautorando il Parlamento…
      C’è una sentenza della Corte Costituzionale del 2007 che ci spiega come non sia sufficiente che il governo dichiari la necessità di urgenza per emanare un decreto. Illegittimo è quindi l’uso del decreto legge per regolare fenomeni – quali le migrazioni – di natura strutturale che non rivestono alcun carattere di straordinarietà ed urgenza. In questo caso la palese mancanza dei requisiti costituzionali è dimostrata dal fatto di cui il governo si vanta di aver ridotto dell’80 per cento il problema dell’immigrazione. E allora non le sembra una contraddizione logica dichiarare l’emergenza quando lo stesso governo festeggia per i risultati ottenuti? Il governo ha pieno diritto di legiferare in materia, anche secondo il principio di contenimento dei flussi, ma tramite un disegno di legge.

      Al di là, quindi, della formula del decreto che lei reputa inopportuna, entrando nel merito, quali sono gli articoli della Costituzione che vengono violati?
      In primis, l’articolo 10 terzo comma stabilisce un diritto fondamentale che riguarda non i cittadini ma gli stranieri. A questi viene assegnato la possibilità di chiedere asilo politico allo Stato italiano. La stessa Cassazione, con diverse sentenze emesse dal 2012 al 2018, e le disposizioni internazionali ci parlano di permessi per “protezione umanitaria” come mezzi di attuazione della disposizione costituzionale. Bene, col decreto si passa all’eliminazione totale di questo status: la protezione umanitaria viene abrogata e sostituita da ipotesi specifiche. Cos’è questa se non una violazione dell’articolo 10 della nostra Carta?

      E che ne pensa della sospensione della concessione della domanda se si è sottoposti a procedimento penale?
      La presunzione di non colpevolezza è un principio di civiltà che è sancito dall’articolo 27 della nostra Costituzione. E non si fa certo differenza tra cittadini e stranieri (si riferisce in generale all’«imputato»). C’è poco altro da aggiungere: una sospensione della concessione della domanda mi sembra chiaramente violativa di questo principio.

      Si parla anche di revoca della cittadinanza in caso di condanna, anche questo aspetto secondo lei è incostituzionale?
      Si afferma per legge che qualora l’immigrato riuscisse, dopo il lungo iter burocratico, ad ottenere la cittadinanza italiana, non sarà comunque mai considerato alla pari degli altri. Come se dovesse pagare per l’eternità una pecca originaria. Questo aspetto è in contrasto con due principi: quello d’eguaglianza, introducendo nel nostro ordinamento una irragionevole discriminazione tra cittadini, e contravvenendo all’espressa indicazione di divieto della perdita della cittadinanza per motivi politici (articoli 3 e 22).

      In pratica, persone che commettono lo stesso reato avrebbero sanzioni diverse?
      Esatto, chi ha acquisito la cittadinanza è penalizzato rispetto a chi la tiene per ius sanguinis. Inoltre l’articolo 22 della Carta stabilisce che non si può perdere la cittadinanza per motivi politici. Ma se vuole continuo, gli elementi di incostituzionalità sono ancora altri.

      Ce li dica…
      Il decreto sicurezza estende la cosiddetta detenzione amministrativa cioè l’obbligo di stare in questi centri di permanenza e di rimpatrio da 90 a 180 giorni. Qui abbiamo una giurisprudenza con zone d’ombra ma che su un punto è chiarissima: la sentenza 105 del 2001 della Corte Costituzionale stabilisce che “il trattamento dello straniero presso i centri di permanenza temporanea è misura incidente sulla libertà personale”. Il governo dovrebbe dimostrare che in questi luoghi non ci sia limitazione di libertà personale, la vedo difficile.

      E sul taglio degli Sprar che ne pensa?
      È una delle parti più odiose del decreto. Si cancella quella normativa che definiva le politiche di integrazione cercando di realizzare anche un altro principio fondamentale: quello di solidarietà (articolo 2 della Costituzione).

      A questo punto, crede veramente che il testo verrà migliorato alla Camera oppure teme che Lega e M5S abbiano blindato il provvedimento con il voto di fiducia?
      La speranza è l’ultima a morire. Non posso auspicare che questa maggioranza cambi idea sull’ordine pubblico o sul nesso immigrazione-sicurezza o che faccia un provvedimento che regoli i flussi. Qui il tema di discussione non è l’indirizzo politico del governo ma il rispetto della Carta e dei limiti costituzionali. Ricordo, inoltre, che il presidente della Repubblica quando ha firmato il decreto, ha anche scritto una lettera a Conte rilevando nell’auspicio del rispetto dei principi internazionali. Il Parlamento ha l’onore di prendere in considerazione almeno questi moniti.

      E nel caso, invece, rimanga così com’è ci sarebbe l’altolà della Consulta? È un’ipotesi realistica?
      Sono certo che se dovesse essere approvato in questi termini, magari con l’aggravante della mancanza della discussione in Parlamento, tutta l’attenzione non politica ma costituzionale si riverserà sui due guardiani della Costituzione. In primo luogo sul Capo dello Stato in sede di promulgazione – che dovrà in qualche modo verificare se il Parlamento ha tenuto conto dei rilievi da lui stesso formulati – e in secondo luogo sulla Corte Costituzionale.

      La sento abbastanza convinto sulla possibilità che la Consulta bocci alcune parti del provvedimento…
      Gli elementi di incostituzionalità di questo decreto mi sembrano abbastanza evidenti.

      http://www.vita.it/it/article/2018/11/22/azzariti-il-decreto-sicurezza-sara-bocciato-dalla-consulta/149839

    • Italien verschärft seine Einwanderungsgesetze drastisch

      In Italien hat Innenminister Salvini sein Einwanderungsdekret durchgesetzt. Die Vergabe von humanitären Aufenthaltsgenehmigungen wird eingeschränkt, die Ausweisung von Migranten erleichtert.

      Drei Wochen nach dem italienischen Senat hat auch die Abgeordnetenkammer das umstrittene Einwanderungsdekret von Innenminister Matteo Salvini angenommen.

      Durch das Gesetz wird

      – die Vergabe von humanitären Aufenthaltsgenehmigungen massiv eingeschränkt und
      – die Ausweisung von Migranten erleichtert.
      – Auch die Verteilung und Unterbringung von Asylbewerbern wird neu geregelt: Die meisten sollen künftig in großen Auffangzentren untergebracht werden.
      – Als „gefährlich“ eingeschätzte Asylbewerber sollen in Eilverfahren abgeschoben werden können.
      – Migranten, die bereits die italienische Staatsbürgerschaft haben, sollen diese wieder verlieren, wenn sie in Terrorverfahren verurteilt werden.
      – Als sicherheitspolitische Neuerung ist in dem Gesetz unter anderem vorgesehen, den Einsatz von Elektroschockpistolen auszuweiten und die Räumung besetzter Gebäude zu erleichtern.

      Die Regierung hatte in beiden Parlamentskammern die Vertrauensfrage gestellt, um die Gesetzesänderung zügig durchzubringen. Einige Parlamentarier der populistischen Fünf-Sterne-Bewegung, die zusammen mit Salvinis fremdfeindlicher Lega-Partei regiert, hatten aus Protest gegen die geplanten Verschärfungen Dutzende Änderungsanträge eingereicht.

      396 Abgeordnete stimmten schließlich für die drastische Verschärfung des Einwanderungsrechts, 99 votierten dagegen. 14 Abgeordnete der Fünf-Sterne-Bewegung, die sich gegen die Pläne ausgesprochen hatten, nahmen nicht an der Abstimmung teil.

      „Ein denkwürdiger Tag“

      Salvini äußerte sich angesichts des Ergebnisses zufrieden. „Heute ist ein denkwürdiger Tag“, sagte der Innenminister, der zugleich Vizeregierungschef ist. Kritik an den Gesetzesverschärfungen wies er als Bedenken von Linken zurück, „die finden, dass illegale Einwanderung kein Problem ist“.

      Das Uno-Flüchtlingshilfswerks (UNHCR) hatte sich Anfang November besorgt zu den Gesetzesverschärfungen geäußert. Diese böten keine „angemessenen Garantien“, insbesondere für Menschen, die besonderer Fürsorge bedürften, etwa Opfer von Vergewaltigung oder Folter.

      Die italienische Regierung vertritt seit ihrem Amtsantritt im Sommer eine harte Haltung in der Flüchtlings- und Einwanderungspolitik. Schiffen mit geretteten Flüchtlingen an Bord verweigerte Salvini das Einlaufen in italienische Häfen. Der Schwerpunkt der Flüchtlingskrise im Mittelmeer hat sich seitdem stärker nach Spanien verlagert: Spanien ist in diesem Jahr zum Hauptankunftsland von Flüchtlingen in Europa geworden, weit vor Italien und Griechenland.

      http://www.spiegel.de/politik/ausland/fluechtlinge-italien-verschaerft-seine-einwanderungsgesetze-drastisch-a-1241

    • Decreto immigrazione e sicurezza, la circolare ai Prefetti del 18 dicembre 2018

      Il Gabinetto del ministero dell’Interno ha diramato in queste settimane ai Prefetti la CM del 18 dicembre 2018 per «illustrare… le principali disposizioni d’insieme» del DL 4 ottobre 2018, il cosiddetto decreto immigrazione e sicurezza. Il testo è disponibile a questo link: http://viedifuga.org/wp-content/uploads/2019/01/Circolare_m_18_12_2018.pdf. Il Viminale ha predisposto anche un documento divulgativo dal titolo Immigrazione e sicurezza pubblica. Le risposte per conoscere il nuovo decreto: qui (http://viedifuga.org/wp-content/uploads/2019/01/FAQ_Decreto_immigrazione_e_sicurezza_definitivo_3_1_2018.pdf) la versione aggiornata al 3 gennaio 2019.

      Qui invece (www.redattoresociale.it/Notiziario/Articolo/612656/Dl-Salvini-la-circolare-del-Viminale-che-tenta-di-rassicurare-i-sindaci), da Redattore sociale, il giudizio dell’ASGI sulla circolare ministeriale e le pericolose ricadute del DL (convertito in legge con la 132/2018: viedifuga.org/approvato-alla-camera-il-decreto-sicurezza-e-immigrazione-e-una-pessima-legge/) secondo Oxfam Italia e secondo l’ISPI (Istituto per gli studi di politica internazionale).

      http://viedifuga.org/decreto-immigrazione-e-sicurezza-la-circolare-ai-prefetti-del-18-dicembre

    • La stretta sulla residenza è uno dei problemi del decreto sicurezza

      Il decreto immigrazione e sicurezza, diventato legge il 27 novembre del 2018 con l’approvazione in parlamento, suscita divisioni e critiche sia all’interno della maggioranza sia tra le file dell’opposizione. Dopo l’attacco del sindaco di Palermo Leoluca Orlando e del sindaco di Napoli Luigi De Magistris – che hanno annunciato di non voler applicare la legge, perché “è un testo inumano che viola i diritti umani” – molti altri sindaci hanno detto che boicotteranno la norma. Una mappa compilata dalla ricercatrice Cristina Del Biaggio raccoglie tutte le adesioni degli amministratori locali contro il decreto, in totale un centinaio.

      Uno dei punti più contestati della legge è l’esclusione dei richiedenti asilo dall’iscrizione anagrafica. Leoluca Orlando, con una nota inviata al capoarea dei servizi al cittadino, ha chiesto d’indagare i profili giuridici anagrafici derivanti dall’applicazione del decreto sicurezza e di sospendere qualsiasi procedura “che possa intaccare i diritti fondamentali della persona con particolare, ma non esclusivo, riferimento alla procedura di iscrizione della residenza anagrafica”. Ma perché è così importante essere iscritti all’anagrafe e cosa comporta esserne esclusi? E infine, ha senso sospendere l’applicazione del decreto o basta applicare correttamente le norme esistenti?

      Cosa prevede il decreto
      La legge 113/2018 (anche detta decreto sicurezza e immigrazione o decreto Salvini) prevede delle modifiche all’articolo 4 del decreto legislativo 142/2015 attraverso un comma secondo cui “il permesso di soggiorno per richiesta d’asilo non costituisce titolo per l’iscrizione anagrafica”. Secondo Enrico Gargiulo, docente di fondamenti di politica sociale all’università Ca’ Foscari di Venezia, il decreto introduce una “rivoluzione nel campo del diritto all’anagrafe”, perché “per la prima volta si nega in maniera chiara a una categoria di persone un diritto soggettivo perfetto”, contravvenendo alla costituzione e ad altre norme generali sull’immigrazione come il Testo unico del 1998.

      Dello stesso orientamento l’Associazione studi giuridici sull’immigrazione (Asgi) che in un comunicato ha ribadito l’incostituzionalità di questo punto e ha annunciato di aver già presentato diversi ricorsi, impugnando in sede giudiziaria alcuni dinieghi all’iscrizione anagrafica. “Riteniamo infatti che non sussista alcuna ragione che giustifichi sotto il profilo costituzionale una diversità di trattamento nell’iscrizione anagrafica che colpisce una sola categoria di stranieri legalmente soggiornanti (i titolari di permesso di soggiorno per richiesta di asilo), violando il principio di parità di trattamento coi cittadini italiani prevista dall’articolo 6 del Testo unico sull’immigrazione( legge 286/1998)”, si legge nel comunicato. I ricorsi che saranno portati davanti a un giudice chiameranno in causa la corte costituzionale per violazione dell’articolo 3 della costituzione. La consulta a sua volta dovrà stabilire se questa parte del decreto è in linea con la carta fondamentale.

      Di fatto nella norma non si vieta espressamente l’iscrizione dei richiedenti asilo all’anagrafe

      Tuttavia alcuni giuristi invitano a un’interpretazione diversa del decreto. Le avvocate dell’Asgi Nazzarena Zorzella e Daniela Consolo ritengono che il decreto “non pone nessun esplicito divieto, ma si limita a escludere che la particolare tipologia di permesso di soggiorno possa essere documento utile per formalizzare la domanda di residenza”. Intervistata al telefono da Internazionale Zorzella ribadisce che “anche se il decreto ha come obiettivo l’esclusione dei richiedenti asilo dalla residenza, tuttavia di fatto nella norma non si vieta espressamente l’iscrizione dei richiedenti asilo all’anagrafe, ma si sostiene che il permesso di soggiorno per richiesta di asilo non costituisca un titolo valido per l’iscrizione all’anagrafe”.

      Per l’avvocata, quindi, i sindaci potrebbero con una circolare informare gli uffici anagrafici di accettare come documento valido per l’iscrizione all’anagrafe il modulo C3 e cioè la domanda di asilo presentata in questura dal richiedente asilo al momento dell’arrivo in Italia, assumendo quel titolo come prova del soggiorno regolare del cittadino straniero in Italia. “Il decreto sicurezza coesiste con il Testo unico sull’immigrazione, in particolare con l’articolo 6 comma 7 che non è stato modificato dal decreto e prevede che allo straniero regolarmente soggiornante sia consentita l’iscrizione anagrafica”. Secondo l’avvocata i sindaci potrebbero provare a interpretare la norma in senso meno restrittivo, continuando a consentire l’iscrizione dei richiedenti asilo all’anagrafe usando un altro documento come prova del loro soggiorno nel paese.

      Cosa implica l’iscrizione all’anagrafe
      L’iscrizione anagrafica è necessaria per il rilascio del certificato di residenza e del documento d’identità. Questi due documenti di prassi sono il presupposto per il godimento di alcuni servizi pubblici, in particolare dei servizi sociali, per esempio la presa in carico da parte degli assistenti sociali, l’accesso all’edilizia pubblica, la concessione di eventuali sussidi, per l’iscrizione al servizio sanitario nazionale (per la fruizione dei servizi ordinari come il medico di base, mentre l’assistenza sanitaria d’urgenza è per principio garantita anche agli irregolari), per l’iscrizione a un centro per l’impiego. Inoltre un documento d’identità valido è richiesto per sottoscrivere un contratto di lavoro, per prendere in affitto una casa o per aprire un conto corrente bancario. La situazione in realtà è molto disomogenea sul territorio italiano, da anni molti comuni hanno stabilito che sia necessaria la residenza per accedere a questi servizi, mentre in altri municipi è consentito accedere ai servizi con il domicilio o la residenza fittizia, ma il decreto introdurrà ancora più ambiguità in questa materia e c’è da aspettarsi un aumento dei contenziosi. “Chi non ha accesso ai diritti anagrafici diventa invisibile, è una specie di fantasma dal punto di vista amministrativo”, afferma il ricercatore Enrico Gargiulo. “Anche se una persona rimane titolare di certi diritti, senza l’iscrizione anagrafica di fatto ne è esclusa”, conclude il ricercatore.

      Anche su questo punto le avvocate dell’Asgi, Zorzella e Consolo, ritengono che l’iscrizione all’anagrafe non sia necessaria per garantire l’accesso ai servizi dei richiedenti asilo. Zorzella e Consolo ricordano che lo stesso decreto sicurezza prevede che sia assicurato agli stranieri “l’accesso ai servizi comunque erogati sul territorio ai sensi delle norme vigenti”. In questo senso, secondo loro, i sindaci e gli amministratori locali dovrebbero chiarire in una circolare che è sufficiente il domicilio per accedere ai servizi pubblici territoriali senza dover esibire l’iscrizione all’anagrafe, e lo stesso varrebbe per i servizi privati (banche, poste, assicurazioni, agenzie immobiliari).

      https://www.internazionale.it/bloc-notes/annalisa-camilli/2019/01/09/residenza-anagrafe-decreto-sicurezza

    • La delibera per iscrivere all’anagrafe i richiedenti asilo. Dalle parole ai fatti, smontiamo il decreto Salvini

      Il 2019 è iniziato con numerosi Sindaci che hanno manifestato la loro volontà di disobbedire al decreto legge “immigrazione e sicurezza” di Salvini.
      Tra tutti, Leoluca Orlando, sindaco di Palermo con una nota inviata al Capo Area dei Servizi al Cittadino, ha conferito mandato per indagare i profili giuridici anagrafici derivanti dall’applicazione della legge n.132/2018 e, nelle more, ha impartito di sospendere qualsiasi procedura “che possa intaccare i diritti fondamentali della persona con particolare, ma non esclusivo, riferimento alla procedura di iscrizione della residenza anagrafica”.

      Si tratta del primo vero atto che tenta di opporsi alle previsioni contenute nel d.l. n. 113/2018 dopo la sua conversione in legge. Precedentemente, infatti, alcuni Comuni avevano dichiarato di sospendere gli effetti del decreto ma solo fino alla sua approvazione definitiva.
      In ogni caso, il fronte che, speriamo, si stia aprendo a livello territoriale contro questo provvedimento è di fondamentale importanza.

      Le leggi razziste, securitarie e repressive come, prima, i decreti di Minniti ed , ora, il decreto di Salvini agiscono anche e soprattutto sullo spazio delle nostre città, creano sacche di esclusione e di diritti negati.

      Dalle nostre città, dunque, deve partire una nuova resistenza.

      Per questo abbiamo pensato di elaborare un primo modello di delibera che smonti un pezzetto della legge n.113/2018 proprio nella parte in cui prevedendo l’impossibilità per il richiedente, titolare di un permesso di soggiorno per richiesta asilo, di iscriversi all’anagrafe si pone in piena violazione dell’articolo 26 della Convenzione di Ginevra e comporta una grave limitazione al godimento di quei diritti che la nostra Carta Costituzionale individua come diritti fondamentali.
      L’iscrizione all’anagrafe, infatti, rimane lo strumento tramite il quale si consente ai poteri pubblici di pianificare i servizi da erogare alla popolazione; inoltre essa è da sempre presupposto per l’accesso ad altri diritti sociali e civili, come l’iscrizione al Servizio Sanitario Nazionale; l’accesso all’assistenza sociale e concessione di eventuali sussidi previsti dagli enti locali.

      Nel modello di delibera si richiama la competenza comunale in materia di istituzione di un albo anagrafico (art. 14 del d. lgs. 18 agosto 2000, n. 267), i casi in cui i Comuni hanno già esercitato tale potere istitutivo (si vedano i registri per le unioni civili); la Convezione di Ginevra; gli articoli della nostra Costituzione che tutelano l’iscrizione anagrafica e la consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione che ha riconosciuto un diritto alla residenza qualificato come “diritto soggettivo”.
      Il tutto per dire una sola cosa alle istituzioni locali: se volete, avete tutto il potere di istituire quest’albo e garantire ai richiedenti asilo l’iscrizione anagrafica. Avete dalla vostra, la forza della ragione e la forza del Diritto.

      Si tratta, dunque, di un modello di delibera che mettiamo nelle mani dei Comuni solidali che realmente vogliono contrastare gli effetti di questo decreto.
      Un modello di delibera che mettiamo nelle mani degli attivisti e degli abitanti delle nostre città, piccole o grandi che siano, per fare pressione sui loro governanti e sfidarli ad istituire l’albo per l’iscrizione dei richiedenti asilo.

      Un modello di delibera che è solo uno dei tanti strumenti che intendiamo mettere a disposizione di questa battaglia per la giustizia e la dignità.
      La partita per la gestione dei centri Sprar e per i regolamenti di polizia locale dei nostri Comuni è ,infatti, ancora aperta.
      Anche in quel caso gli amministratori potranno decidere da che parte stare: se dalla parte della cieca obbedienza a delle leggi disumane, che condannano migliaia di persone alla marginalità rendendole carne da cannone per le Mafie, oppure dalla parte della “sicurezza dei diritti” di tutti e tutte noi.

      https://www.meltingpot.org/La-delibera-per-iscrivere-all-anagrafe-i-richiedenti-asilo.html

    • Une nouvelle loi anti-immigration controversée adoptée en Italie

      Le parlement italien a adopté une loi introduisant des restrictions pour les demandeurs d’asile, mais aussi des mesures pour la sécurité publique et contre les mafias. Un article d’Euroefe.

      La Chambre des représentants a approuvé le projet de loi par 336 voix pour et 249 abstentions, concluant ainsi sa trajectoire après son approbation au Sénat le 7 novembre par 163 voix pour, 59 contre et 19 abstentions.

      Cette mesure a été amenée par le chef de file de la Ligue de l’extrême droite et ministre de l’Intérieur, Matteo Salvini, et présentée dans les deux chambres parlementaires comme une motion de confiance au gouvernement, une technique utilisée pour éviter les amendements et écourter leur approbation.

      Quelque 200 personnes ont manifesté devant le parlement pour manifester leur rejet de cette loi controversée, et ont organisé des funérailles pour les droits, dénonçant le racisme.

      Salvini célèbre sa loi controversée

      Matteo Salvini a exprimé lors d’une conférence de presse sa « grande satisfaction, non pas en tant que ministre, mais en tant que citoyen italien », car, a-t-il assuré, la loi « donnera plus de tranquillité, d’ordre, de règles et de sérénité aux villes ».

      La nouvelle loi repose sur trois piliers : l’immigration, la sécurité publique et la lutte contre la criminalité organisée.

      Dans le domaine de l’immigration, les permis de séjour pour des raisons humanitaires seront suspendus. Ceux-ci ont été accordés pour deux ans et ont permis aux réfugiés d’accéder au monde du travail et à la sécurité sociale. Au lieu de cela, des permis de « protection spéciale » d’un an seront octroyés.

      En outre, la protection internationale sera refusée ou rejetée en cas de condamnation définitive de l’immigré, notamment pour viol, vente de drogue, vol ou extorsion. La mutilation génitale est mentionnée dans le texte et considérée comme « crime particulièrement alarmant ».

      La nouvelle loi allongera de 90 à 180 jours la période pendant laquelle les immigrants pourront rester dans les centres d’identification, période que le gouvernement du Mouvement 5 étoiles et la Ligue considère appropriée pour identifier le demandeur.

      Par ailleurs, davantage de fonds sont prévus pour le rapatriement volontaire des immigrants et la protection sera retirée à ceux qui retournent dans leur pays d’origine, sinon pour des « raisons graves et avérées ».

      Utilisation expérimentale du Taser

      En matière de sécurité publique, la nouvelle loi stipule que les sociétés de location de voitures communiquent à la police les données de leurs clients pour vérifier leurs antécédents et éviter ainsi d’éventuels attentats à la voiture bélier comme ce fut le cas à Nice, Berlin ou Londres.

      Elle permettra aussi aux agents des villes de plus de 100 000 habitants d’expérimenter le pistolet électrique Taser, et les clubs de football devront accroître leur contribution, en allouant entre 5 et 10 % des ventes de billets à la sécurité des stades.

      La loi étend par ailleurs le « Daspo », l’interdiction d’accès aux manifestations sportives aux foires, marchés et hôpitaux pour les personnes qui ont manifesté un comportement agressif ou dangereux.

      Enfin, en ce qui concerne la mafia, les nouvelles mesures augmentent les ressources destinées à l’entité qui gère les biens saisis aux criminels et libéralise ces biens, qui peuvent désormais être achetés par des particuliers « avec des contrôles rigoureux » afin qu’ils ne reviennent pas entre les mains des clans.

      https://www.euractiv.fr/section/migrations/news/une-nouvelle-loi-anti-immigration-controversee-adoptee-en-italie

    • Decreto immigrazione e sicurezza: tutti i dubbi sulla costituzionalità

      Le Regioni contro il decreto Salvini. Piemonte, Umbria, Toscana, Emilia Romagna, Lazio, Marche, Basilicata. Di ora in ora si allarga la squadra dei governatori contro il decreto sicurezza e immigrazione di Matteo Salvini.

      La strada passa per il ricorso alla Corte costituzionale e a guidare il tutto sarà la Regione Piemonte, che ha dato mandato al docente di Diritto internazionale, Ugo Mattei, e all’avvocatura della Regione di preparare il ricorso che “

      seguirà l’esempio di quanto fatto da Apple, Facebook, Google, e altri colossi della Silicon Valley quando presero posizione e presentarono ricorso contro il decreto attuativo anti-immigrazione e il blocco dei visti voluto dal Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump” ha spiegato l’assessora all’immigrazione della regione Piemonte Monica Cerutti

      “Ugo Mattei, insieme all’avvocatura della Regione Piemonte, si occuperà del ricorso in Corte Costituzionale contro il decreto sicurezza che rischia di creare un danno all’economia piemontese” ha spiegato Monica Cerutti. “Il decreto farà finire nell’irregolarità migliaia di migranti che quindi non potranno più contribuire alla vita economica del territorio”.

      “La nostra avvocatura sta anche lavorando con le avvocature delle altre ‘regioni rosse’” ha aggiunto l’assessora della Regione Piemonte “perché ci sia coordinamento nella presentazione dei ricorsi. Stiamo infatti pensando di aggiungere un nuovo profilo di incostituzionalità, che va sommarsi a quelli che riguardano le competenze regionali in materia di sanità e politiche sociali. Questo decreto manda del resto a gambe all’aria tutto il lavoro fatto sull’immigrazione in questi anni, rendendo inutili gli investimenti messi in campo dalla nostra Regione”.

      Il professor Mattei, si precisa dalla Regione, “si è reso disponibile a portare avanti questa battaglia a titolo gratuito. Quindi il suo intervento non costituirà una spesa per il Piemonte”.

      In precedenza anche il Quirinale aveva valutato eventuali profili di incostituzionalità del decreto, ponendo l’accento – nonostante la firma arrivata dopo la fiducia ottenuta alla Camera mercoledì 28 novembre 2018 – su alcune questioni.

      Vediamo quali sono:

      Necessità e urgenza – Il primo nodo è sulla natura dello strumento scelto dal governo. Secondo la Costituzione, il decreto deve rispettare i criteri di necessità e urgenza, oltre a non essere palesemente incostituzionale. La presidenza della Repubblica aveva già manifestato le proprie perplessità sull’urgenza di un intervento del governo su questa materia.

      Revoca del diritto d’asilo – Si allunga l’elenco di reati che comportano la sospensione della domanda di asilo e causano l’espulsione immediata dello straniero. Tra questi sono stati inclusi la violenza sessuale, la detenzione e il traffico di stupefacenti, il furto, la minaccia o la violenza a pubblico ufficiale. Nel decreto è prevista la revoca dello status dopo la sola condanna di primo grado: nella nostra Costituzione è però prevista la presunzione di innocenza fino al terzo grado di giudizio. Questa disposizione potrebbe essere in contrasto con i principi costituzionali.

      Revoca della cittadinanza – È prevista la revoca della cittadinanza italiana acquisita dagli stranieri condannati in via definitiva per reati di terrorismo. La revoca sarà possibile entro tre anni dalla condanna definitiva, per decreto del presidente della Repubblica su proposta del ministro dell’Interno. Anche questa norma è in contrasto con principi della Corte Costituzionale, che considera la cittadinanza un diritto inviolabile.

      Inizialmente i decreti dovevano essere due, uno sull’immigrazione e uno sulla sicurezza e i beni confiscati alle mafie. Poi sono stati accorpati in un unico provvedimento. Ecco gli altri punti del documento:

      Abolizione della protezione umanitaria – Il decreto prevede l’abolizione della concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari previsto dal Testo unico sull’immigrazione (legge 286/98).

      Trattenimento nei Cpr – Gli immigrati con i documenti non in regola potranno essere trattenuti nei Centri per il rimpatrio fino a 180 giorni. Ad oggi il limite era 90 giorni.

      Sicurezza urbana – Viene prevista la sperimentazione dei taser di parte della municipale nei comuni con più di 100 mila abitanti e inasprite le pene contro chi promuove o organizza occupazioni.

      Lotta alle mafie – Per contrastare le infiltrazioni mafiose nella pubblica amministrazione, il decreto prevede la nomina di un Commissario straordinario in caso di segnalazioni di situazioni anomale o di condotte illecite da parte di un Prefetto.

      https://www.tpi.it/2019/01/08/decreto-sicurezza-incostituzionalita-regioni/amp
      #constitutionnalité

    • Protezione umanitaria, la pronuncia della Cassazione n. 4890/2019

      Pubblichiamo la decisione n. 4890/2019 della Corte di cassazione, che risolve i dubbi in tema di regime intertemporale della nuova disciplina sulla protezione umanitaria.

      In argomento, questa Rubrica ha già ospitato la requisitoria del procuratore generale presso la Corte di cassazione, l’articolo di Carlo Padula (Quale sorte per il permesso di soggiorno umanitario dopo il dl 113/2018?) contenente l’orientamento dei Tribunali di Ancona, Bari, Bologna, Brescia, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Perugia, Torino, Trento e della dottrina in punto di regime intertemporale della nuova disciplina della protezione umanitaria.

      http://questionegiustizia.it/articolo/protezione-umanitaria-la-pronuncia-della-cassazione-n-48902019_19
      #protection_humanitaire

  • Musiques africaines, une histoire parisienne

    Depuis plus d’un siècle, #Paris est une capitale des musiques africaines. Une ville de virées nocturnes où s’entrechoquent des histoires d’ici et des sons d’ailleurs en version mainstream ou underground.

    Paris, capitale de la #SonoMondiale chère a Bizot !

    https://www.franceculture.fr/emissions/series/la-scene-parisienne-des-musiques-africaines

    #histoire #immigration #raï #coupé_décalé et toutes les autres...

    • Un bon article de #Matteo_Villa qui résume ces questions, paru en septembre 2018 :

      Outsourcing European Border Control : Recent Trends in Departures, Deaths and Search and Rescue Activities in the Central Mediterranean

      In our previous blog post ‘Border Deaths in the Mediterranean: what we can learn from the latest data?’ on Border Criminologies (March 2017) we discussed the existing data sources on Mediterranean Sea migration and provided an analysis of key patterns and trends. We found that Search and Rescue (SAR) has little or no effect on the number of arrivals, and it is rather the absence of SAR that leads to more deaths. These results, which are in line with other research, were covered by various European media outlets and also resulted in a peer reviewed publication in Sociology (also available as a free preprint).

      These findings covered the period until December 2016. Since then, however, the context of European border policy has changed considerably:

      Through a mix of political pressure, financial incentives and military assistance, the EU has tried to induce transit countries in the Sahel to close their borders to Europe-bound migrants. According to European parliament president Tajani, this resulted in a 95% drop in crossings through Niger, a key transition point for migrants on the way to Libya, although it cannot be excluded that migrants are taking different, more dangerous routes in order to reach Northern African countries (either via Niger or through Algeria).
      From the beginning of 2017 onwards, the Italian government backed by the EU has increasingly cooperated with Libyan authorities to block depatures in exchange for financial and logistical support. The UN-backed government in Libya in turn, has allegedly forged deals with a number of militias.
      Increased European support for the Libyan Coast Guard (LCG), resulting in an increase in interceptions and the declaration of a Libyan SAR zone.
      Increasing legal and political attacks on NGOs engaged in SAR have culminated in Italy’s decision to declare its ports to be “closed” to NGO vessels and (temporarily) to EU rescue ships in June 2018.

      Each of these developments can be seen as part of a broader strategy to close the European borders by externalizing border control to third countries, a practice that was tried earlier with Turkey, and to relax commitments enshrined in international law, such as search and rescue at sea and non refoulement.

      In view of these recent developments, we document estimated trends in arrivals, deaths, mortality rates and rescue activities covering the most recent period, between January 2016 and July 2018. In doing so, we strongly rely on detailed statistical analyses conducted by the Italian research institute ISPI. Our analyses are based on publicly available data from the IOM and the UNHCR for arrivals and interceptions, and IOM’s Missing Migrants Project for deaths. It is important to note that recorded deaths are a lower bound estimate of the actual death toll, because some deaths are likely to remain unreported. We provide an extensive discussion of data sources, data quality and challenges for their interpretation in our academic article on the issue. Since most of the above developments relate to the situation in Libya, we focus on migrants departing from that country. Libya is also the only Northern African country where interceptions at sea by the Coast Guard are independently monitored by both IOM and UNHCR personnel at disembarkation points.

      Although each of these individual developments have been reported elsewhere, together they paint a picture of Europe’s resolve to close its external borders and deter irregular migration, regardless of the (human) cost.

      Trend #1: A sharp drop in departures

      Figure 1 plots trends in the number of migrants departing irregularly from Libya by sea since January 2016. Until mid-2017, migrant departures show a remarkably regular seasonal pattern, with around 20,000 departures during the summer months. As of July 2017, however, the number of arrivals dropped dramatically, and it has stayed at comparatively low levels up to the present. The decrease in arrivals occurred after alleged ’deals’ between Libyan authorities and the militias in Western Libya that control the smuggling networks, and a few months after the signing of a memorandum of understanding between Italy and Libya. Convergent diplomatic action induced some militias to switch from smuggling to preventing departures. Other factors, such as the activity of the LCG, private and public SAR providers, or dynamics in the rate of dead and missing along the route, are relevant per se but appear to play no significant role in the decrease in arrivals to Europe. Europe’s efforts to block migrants passing though transit countries may have played a role as well, but evidence is still too sparse to be reliably assessed.

      Trend #2: An increased risk of interception by the Libyan Coast Guard

      The Libyan Coast Guard plays a pivotal role in Europe’s strategy of externalizing migration control to third countries. A report by Human Rights Watch suggests that in recent months “the Italian Maritime Rescue Coordination Center (IMRCC) has routinized a practice, tested since at least May 2017, of transferring responsibility to Libyan coast guard forces in international waters even when there are other, better-equipped vessels, including its own patrol boats or Italian navy vessels, closer to the scene.” This practice has been termed ’refoulement by proxy’ because the LCG is financed, equipped and instructed by the Italian and European authorities, as described in this recent investigative report. Migrants who are forcibly returned to Libya are imprisoned in detention centres for indefinite periods, and they face systematic violence—including torture and rape—as has been documented in numerous reports.

      The new Italian government intensified and formalized the policy of transferring responsibility to the LCG. Since June, it has instructed ships undertaking rescues in the Libyan SAR zone to refer all emergency calls to the Libyan authorities, who will then arrange their interception and pull-back to Libya. The declarations that Italian ports are “closed” to NGO ships are also part of this strategy, as their operations are considered to interfere with LCG interceptions. In late July, this practice resulted in the first instance of a non-Libyan vessel, the Asso Ventotto, being instructed to coordinate with the Tripoli Joint Rescue Co-ordination Centre (JRCC). The ship ultimately disembarked the rescued persons on Libyan territory and thus effectively engaged in refoulement and collective expulsion of migrants.

      The practice of outsourcing European border control to the Libyan Coast Guard has brought about a sharp increase in its activity: by the end of July 2018, the LCG had intercepted 12,490 migrants at sea compared to 8,851 during the same period in the previous year, which amounts to a 41% increase. In combination with the drop in departures, this policy has resulted in a rapid increase in the risk of interception. To illustrate this fact, in July 2017 just 6% of migrants leaving Libya by sea ended up being caught and brought back, while almost 94% made it to Europe. In July 2018, instead, 71% of migrants leaving Libya’s shores were intercepted and brought back, while just 24% arrived safely in a European country (see Figure 2).

      Trend #3: An increase in the absolute and relative mortality rate between mid-June and July 2018

      In this section, we look at trends in absolute mortality (the number of dead and missing people at sea) and relative mortality (the risk of crossing) of migrants departing from Libya. In particular, we analyse the widely reported spike in deaths that occurred in late June 2018, after virtually all SAR NGOs had been prevented from operating as a result of policies introduced by the new Italian Minister of Interior Salvini from the far-right Lega and the continued denial by the Maltese authorities to offer Valetta as a port of entry. On June 10, Italy unilaterally decided to declare its ports to be “closed” to NGO rescue ships, as well as (temporarily) to commercial and EU vessels carrying rescued migrants. Also Malta tightened its position on rescue activities and cracked down on two SAR NGOs in early July. Since then, rescue operations close to the Libyan coast have been almost entirely delegated to the LCG.

      First, we look at trends in the absolute mortality rate. Figure 3 shows a reduction in the monthly number of deaths since July 2017, commensurate with the reduction in the number of departures described above. For example, 20 deaths were recorded in April 2018, and 11 in May (Figure 3). In June, however, an estimated 451 migrants died on their way from Libya to Europe—of which 370 between 16 and 30 June. It is important to note that these deaths occurred during a time when departures were comparatively low. As a result, the risk of crossing has increased from 2.8% in the previous months to a staggering 7% since mid-June 2018 (Figure 4). These findings are also robust to using different time frames for the pre-NGO absence period, including the entire period since the drop of arrivals in July 2017 until the NGO ban. Whereas relative mortality has fluctuated in recent years, 7% constitute an extraordinary spike.

      Figure 5 maps shipwreck events occurring between 16 June and 31 July 2018 with at least estimated 15 dead or missing persons, using geocoded data provided by IOM’s Missing Migrants Project. While the precise location of each shipwreck is only an estimate, as “precise locations are not often known” (as explained in the “Methodology” section of the Missing Migrants Project), such estimates do provide an indication of where such shipwrecks have taken place. In particular, IOM data shows that shipwrecks between 16 June and 31 July took place well within 50 nautical miles from Libya’s shores, an area which used to be patrolled by either the LCG or NGO vessels. Yet, during the time when deaths spiked, only two NGO vessels had been operating, and only discontinuously.

      These observations are reminiscent of what happened in 2015, when the withdrawal of competent SAR providers (the Italian mission Mare Nostrum) similarly created the conditions for avoidable loss of life. Although these findings are based on a relatively short time period, they are suggestive of the risk of leaving the Libyan SAR zone to the operations of the LCG alone. Continuous monitoring of the situation remains of utmost importance.

      Conclusion

      In combination, the three trends described above highlight the harsh realities of recent European migration policies, which seek to limit irregular migration regardless of the moral, legal and humanitarian consequences. The current European obsession with reducing migration at all costs is even less comprehensible when considering that arrivals decreased drastically prior to the most recent escalation of rhetoric and externalization of migration control. Arrivals to Italy in the first half of 2018 were down by 79% compared to the same time frame in 2017. Although increasingly inhumane policies are often cloaked in a rhetoric about reducing deaths at sea, it is important to remember that those who are prevented from crossing or forcibly returned are generally not safe but remain subject to precarious and often lethal conditions in countries of transit. Rather than providing a sustainable response to the complex challenges involved in irregular migration, Europe has outsourced the management of its migration ’problem’ to countries like Libya and Niger, where violence and death often remains hidden from the public view.

      https://www.law.ox.ac.uk/research-subject-groups/centre-criminology/centreborder-criminologies/blog/2018/09/outsourcing

    • Arrivées en Europe via la Méditerranée :
      2018 :
      https://seenthis.net/messages/705781
      Arrivées en Europe toute frontière confondue :
      https://seenthis.net/messages/739902
      –-> attention, c’est les « crossings »... rappelez-vous de la question des doubles/triples contages des passages :
      https://seenthis.net/messages/705957

      Pour #2016 #2017 et #2018, chiffres de Matteo Villa :
      https://seenthis.net/messages/768142
      database : https://docs.google.com/spreadsheets/d/1ncHxOHIx4ptt4YFXgGi9TIbwd53HaR3oFbrfBm67ak4/edit#gid=0
      #base_de_données #database

    • Arrivées par la #Méditerranée en #2019 :
      Europe : plus de 21.000 migrants et réfugiés arrivés par la Méditerranée depuis janvier

      Selon l’Agence des Nations Unies pour les migrations (OIM ), les arrivées de migrants en Méditerranée ont dépassé le seuil des 21.000, ce qui constitue une baisse d’environ un tiers par rapport aux 32.070 arrivés au cours de la même période l’an dernier.

      Ce sont exactement 21.301 migrants et réfugiés qui sont entrés en Europe par voie maritime à la date du 29 mai. Les arrivées en Espagne et en Grèce représentent 85% du total des arrivées, le reste des migrants et réfugiés de cette année ont pris la direction de l’Italie, de Malte et de Chypre.

      La Grèce a désormais surpassé l’Espagne au titre de première destination des migrants et des réfugiés rejoignant l’Europe via la Méditerranée. Selon l’Organisation internationale pour les migrations (OIM), le nombre total d’arrivées par mer cette année est de 10.200 dont 2.483 arrivées signalées entre le 1er et le 29 mai dernier.

      Le Bureau de l’OIM en Grèce a indiqué mercredi dernier que les garde-côtes helléniques ont confirmé que pendant plus de 48 heures entre le 28 et le 29 mai, il y eu sept incidents nécessitant des opérations de recherche et sauvetage au large des îles de Lesbos, Leros, Samos, Symi Kos et le port d’Alexandroupolis. Ils ont ainsi sauvé 191 migrants qui ont été transférés par la suite dans les ports respectifs grecs.

      De plus, à la date du 30 avril, ce sont 3.497 migrants qui ont réussi à atteindre la Grèce via sa frontière terrestre avec la Turquie.
      519 décès de migrants, dont plus de la moitié sur la route de la Méditerranée centrale

      L’Espagne reste la deuxième porte d’entrée des réfugiés en Méditerranée, avec 7.876 arrivées dont 1.160 hommes, femmes et enfants pour le seul mois de mai. Sur la même période l’an dernier, Madrid a comptabilisé 8.150 migrants et réfugiés ayant réussi à franchir la route de la Méditerranée occidentale. En outre, plus de 2.100 ont atteint l’Espagne via sa frontière terrestre avec le Maroc.

      Par ailleurs, l’OIM rappelle que les arrivées ont considérablement baissé en Italie où seuls 1.561 migrants ont réussi à franchir les côtes siciliennes.

      Mais la route de la Méditerranée centrale (Italie et Malte) reste tout de même la plus meurtrière avec 321 décès, soit plus de la moitié du total de migrants et réfugiés ayant péri en tentant d’atteindre l’Europe. Les décès enregistrés sur les trois principales routes de la mer Méditerranée pendant près de cinq mois en 2019 s’élèvent à 519 personnes, soit un quart de moins que les 662 décès confirmés au cours de la même période en 2018.

      A cet égard, l’OIM rappelle que dans l’ouest de la Méditerranée, l’organisation non gouvernementale Alarme Phone a signalé qu’un jeune Camerounais avait disparu le 21 mai dernier. Selon les témoignages des huit survivants qui l’accompagnaient, il serait tombé en mer avant que leur navire ne soit intercepté par la marine marocaine. Son corps n’a pas été retrouvé.

      En Méditerranée centrale, des migrants interceptés et renvoyés en Libye le 23 mai ont également indiqué aux équipes de l’OIM que cinq hommes s’étaient noyés au cours de leur voyage. « Aucun autre détail concernant l’identité, le pays d’origine ou d’autres informations personnelles concernant les disparus n’est disponible », a souligné l’OIM dans une note à la presse.

      https://news.un.org/fr/story/2019/05/1044671

  • C’est bientôt la rentrée ! Faut-il définitivement renoncer à comprendre comment les #élèves apprennent des #connaissances générales à l’#école, tandis que celle-ci a manifestement échoué à les enseigner ? Peut-être pas, selon André Tricot...

    http://sms.hypotheses.org/2858

    #école, #enseignement, #enseigner, #connaissance, #élève, #échec, #réussite, #former, #formation, #aveuglement, #connaissance, #compétence, #résultat, #apprentissage, #raison, #raisonnement, #niveau, #cadre, #savoir

  • Ponts, routes, rail : un inquiétant manque d’entretien en France (titre qui a remplacé « Route, rail, canaux… La grande souffrance des infrastructures françaises »), Grégoire Allix et Philippe Jacqué, Le Monde 17/08/2018
    https://www.lemonde.fr/economie/article/2018/08/17/route-rail-canaux-la-grande-souffrance-des-infrastructures-francaises_534328

    Un récent audit commandé par le ministère des transports a rappelé que le patrimoine routier français était, lui aussi, fragilisé par des décennies de manque d’entretien.

    Un tiers des ponts du réseau routier national à réparer, dont 7 % présentent un « risque d’effondrement »… Après l’écroulement catastrophique du viaduc Morandi à Gênes, mardi 14 août, la France n’est pas épargnée par les débats qui divisent l’Italie concernant le mauvais état des infrastructures routières.

    Si le réseau italien, avec une dizaine de ponts écroulés ces cinq dernières années, apparaît particulièrement vulnérable, un récent audit commandé par le ministère des transports a rappelé que le patrimoine routier de l’Hexagone était, lui aussi, fragilisé par des décennies de manque d’entretien.

    C’est la maladie des infrastructures de transports en France : tout comme la route, le rail et les canaux souffrent d’un sous-investissement chronique, qui a entraîné pendant des années un manque de maintenance aux conséquences potentiellement dramatiques. Tour d’horizon des réseaux les plus vulnérables, alors que le gouvernement doit annoncer, à la rentrée, une loi de programmation des infrastructures.

    Un réseau routier qui se dégrade

    Rendu public par le ministère des transports en juin, l’audit réalisé par deux sociétés suisses sur les 10 000 km et les 12 000 ponts du réseau routier national non concédé au privé est passé relativement inaperçu jusqu’à la catastrophe de Gênes. Ses conclusions sont pourtant alarmistes : un pont sur trois à réparer, 17 % des chaussées qui nécessitent des réparations structurelles, des équipements menacés de vétusté…

    Surtout, les budgets ne suivent pas. La France investit 50 000 euros par kilomètre dans son réseau chaque année, quand le Royaume-Uni y consacre 80 000 euros. Dans l’Hexagone, un pont n’est réparé en moyenne que vingt-deux ans après l’apparition des premières dégradations, souligne l’audit.

    Quant aux 380 000 km de routes départementales, aucune raison de penser qu’elles sont en meilleur état, vu les baisses de dotations auxquelles les collectivités sont confrontées. « On est dans des pourcentages de mauvais entretien similaires à ceux des routes nationales révélés par l’audit suisse », estime-t-on à l’Observatoire national de la route, qui mène actuellement une analyse de l’état de ce patrimoine.

    « Le réseau routier français est plutôt très performant, mais il se dégrade très rapidement. D’année en année, il y a un sous-investissement de 200 millions à 300 millions d’euros », note Matthieu Orphelin, député La République en marche (LRM) du Maine-et-Loire et membre du Conseil d’orientation des infrastructures (COI).

    « Cela remonte à quinze ans, estime le président du COI, l’ancien député (PS) du Calvados Philippe Duron. Il y a d’abord la disparition du ministère de l’équipement, qui fait passer cette priorité au second plan. Puis le déni de la route à partir des années 2000, renforcé par le Grenelle de l’environnement. Et enfin les politiques de restriction budgétaire. »

    Pas de péril imminent, à en croire les experts. « Il n’y a pas d’urgence absolue dans les cinq ans qui viennent et, étant donné les inspections auxquelles les ouvrages sont soumis en France, le risque n’est pas forcément que les ponts s’effondrent, mais plutôt qu’on soit obligés de les fermer. Mais plus on attend pour réaliser ces travaux de maintenance, plus il y aura urgence et plus ça coûtera cher », prévient Jean-Michel Torrenti, ingénieur des ponts et directeur du département matériaux et structures de l’Institut français des sciences et technologies des transports, de l’aménagement et des réseaux (Ifsttar).

    Un effort tardif sur le rail

    Le réseau ferré national a été le premier à sonner l’alarme, en 2005. Alors que la France s’enorgueillissait à l’époque de ses succès sur la grande vitesse, qui concentrait l’essentiel des investissements, les gros nœuds ferroviaires, qui accueillent l’immense majorité des passagers, étaient jugés en voie d’obsolescence par Robert Rivier, le rapporteur d’un audit. « Si la situation actuelle devait perdurer, ne subsisterait à l’horizon 2025 qu’un tiers des 50 000 kilomètres du réseau », insistait l’ingénieur suisse dans cette étude.

    « Sur le rail, ça a longtemps été la folie des grandeurs, le mythe du TGV partout, au détriment de la mobilité du quotidien, rappelle Matthieu Orphelin. Résultat : des nœuds ferroviaires congestionnés, avec des trains qui arrivent en retard et repartent encore plus en retard ».

    Depuis ce rapport-choc, les gouvernements successifs ont augmenté les budgets alloués à la régénération du réseau. Ils sont passés de moins de 800 millions d’euros en 2004 à une fourchette de 2,5 milliards à 3 milliards d’euros par an aujourd’hui. Un effort trop tardif pour empêcher, en juillet 2013, l’accident ferroviaire de Brétigny-sur-Orge (Essonne), qui a fait sept morts et une trentaine de blessés, et les multiples incidents qui compliquent les trajets des passagers.

    Sur le front de la régénération et de la modernisation du rail, l’Etat devrait aller plus loin en portant les moyens de rénovation à près de 3,6 milliards d’euros par an. Et à partir de 2022, il vient de s’engager à ajouter encore 200 millions d’euros par an.

    Si les sommes sont remarquables, cela pourrait ne pas suffire. En 2018, un quart des lignes sont au-delà de leur durée de vie théorique, contre 10 % à 20 % en 2012. En début d’année, Jean-Cyril Spinetta, auteur d’un rapport sur la SNCF, prévenait : « Si l’investissement reste constant, près de la moitié des 9 000 km de “petites” lignes pourraient être fermés aux voyageurs d’ici à 2026 en raison de leur obsolescence. »

    Des canaux prometteurs, mais négligés

    Le secteur ne fait jamais parler de lui. Pourtant, les canaux constituent l’un des réseaux de transport les plus prometteurs. Et les plus négligés. « Les plus mal lotis, ce sont les voies d’eau, confirme Philippe Duron. Beaucoup de gens ont cru que le fluvial n’avait pas d’avenir. Or il connaît une croissance à deux chiffres depuis quelques années, mais l’état préoccupant des infrastructures pourrait entraîner des pépins. »

    Avec 6 700 km de voies d’eau (canaux, fleuves, rivières) et quelque 4 000 ouvrages installés (écluses, déversoirs, ponts, aqueducs, etc.), gérés par Voies navigables de France (VNF) et ses 4 300 agents, ce patrimoine est essentiel pour le pays à l’heure de la transition énergétique. Deux audits remis début 2018 au gouvernement soulignent le sous-investissement chronique et l’extrême fragilité de ce réseau.

    Alors que VNF investissait encore, en 2013, 157 millions d’euros dans ses infrastructures, il n’en a investi que 136 millions en 2017. Or, selon ces audits, il faudrait dépenser plus du double pour les dix ans à venir pour maintenir un réseau, dont de nombreuses voies sont aujourd’hui déclarées impropres à la navigation.

    Problème : VNF, doté d’un budget de 500 millions d’euros, ne dispose que de 8 % de ressources propres, trop peu aujourd’hui pour espérer investir davantage. Le COI encourage le gouvernement à investir, pour ce seul réseau, 150 % de plus qu’aujourd’hui.

    #infrastructures #routes #ponts #rail #canaux #transports

  • Au début des années 2010, j’avais été frappé par un chanteur dans le métro parisien, sur la ligne 2. Arabe, mal-voyant, il chantait avec un synthé pourri, mais avec une voix magnifique des chansons arabes ou des versions arabes de tubes américains :

    Hotel California (des Eagles, mais avec des paroles en arabe) :
    https://www.youtube.com/watch?v=S5UkZBseILg

    Encore il y a trois semaines, à Paris, je l’ai croisé deux fois sur la ligne 2... et que j’ai entendu un reportage sur lui à la radio ! Il s’appelle donc Mohamed Lamouri :

    Mohamed Lamouri, le chanteur du métro sort du tunnel
    Isabelle Vatan, Télérama, le 24 janvier 2018
    https://www.telerama.fr/sortir/mohamed-lamouri,-le-chanteur-du-metro-sort-du-tunnel,n5453590.php

    Mohamed Lamouri, le chanteur de la ligne 2 sort du métro !
    Anne-Laure Lemancel, RFI, le 9 mars 2018
    http://musique.rfi.fr/musique-arabe/20180309-chanteur-paris-mohamed-rai

    Un film d’une demi heure avait été tourné sur lui en 2012, Dis-moi Mohamed :
    https://www.youtube.com/watch?v=RYvP97aLd58

    Le site web de la Souterraine héberge ses morceaux :
    https://souterraine.biz/album/momostlamouri-tape
    https://souterraine.biz/album/mohamed-lamouri

    Il a maintenant sa page facebook :
    https://www.facebook.com/Mohamed-Lamouri-Chanteur-de-Paris-1759224051052064

    Il joue maintenant avec le groupe Mostla et va sortir un disque l’an prochain :
    https://souterraine.biz/track/baida-mon-amour-version
    https://almost-musique.bandcamp.com/album/chanteur-de-paris

    Et il a même déjà un clip pour Baida mon amour (un morceau de Cheb Hasni) :
    https://www.youtube.com/watch?v=WKKtYFZmWmE

    #Musique #Métro #Mohamed_Lamouri #arabe #rai

  • Friche Saint Sauveur à Lille : la guerre des mondes Bénédicte Vidaillet - 30 Juillet 2018 - Médiapart
    https://blogs.mediapart.fr/vidaillet/blog/300718/friche-saint-sauveur-lille-la-guerre-des-mondes

    Le devenir de la friche Saint Sauveur, 23 hectares au centre de Lille, fait l’objet d’une vive lutte entre la poignée d’élus qui ont « programmé » sa transformation, et des habitants et associations qui se mobilisent pour un projet alternatif. Mais la Ville reste sourde à leurs arguments. Révélant ainsi le véritable enjeu de cette lutte.

    Longtemps j’ai cru que la bataille autour de l’avenir de la friche Saint Sauveur se jouerait sur le terrain de la raison. Foutaises ! Car des chiffres, des arguments, nous en avons donné[1] : ratio désastreux des m2 d’espaces verts par habitant à Lille pour faire valoir radicalement plus de nature dans le projet, cartographies précises montrant l’effet « îlot de fraîcheur » du Belvédère et de la friche pour contester l’affirmation de leur « faible valeur patrimoniale », nombre de logements ou de bureaux inoccupés à Lille pour revoir à la baisse la programmation. Nous avons débusqué les grossières erreurs méthodologiques dans les prévisions de pollution atmosphérique, soulevé les risques de pollution de nappe phréatique et les risques sanitaires induits par le projet, montré que le principe « Eviter Réduire Compenser » n’était pas appliqué à certaines espèces protégées identifiées sur le site. Biodiversité, syndrome du manque de nature, coefficients d’albédo, alignés à la pelle.

    Mais il faut le reconnaître : la carte de la raison ne fonctionne pas. Les chiffres, ratios, études, etc., celle et ceux qui se croient légitimes à penser pour nous notre territoire, s’en foutent. Cela ne fait pas mouche car – et comment ne l’avions-nous pas compris avant ? - il ne s’agit pas de chiffres et la raison n’est qu’une façade. Il s’agit d’une façon d’habiter le monde, de le désirer, de le sentir, de l’imaginer.

    Ils nous parlent développement, valorisation, économie, programmation et m2. Ils nous parlent nombre de logements, piscine olympique, fosse de plongée de compétition, métropole européenne, attractivité du territoire. Et nous, ce territoire, nous le vivons. Nous le voulons. Nous ne le vivons et ne le voulons pas comme eux. Nous l’habitons avec nos corps, nos sens, nos souvenirs, nos sensibilités, bien plus qu’avec notre raison. Nous le relions à nos histoires, à nos mémoires, à nos rêves et à nos pas.

    Nous ne voulons pas de ce monde laid qui a poussé et continue de pousser sur toute la ceinture périphérique de Lille sous la série « #Euralille », déclinée en saison 1 puis 2 : gare tunnel balayée par les vents, casino à l’imprenable vue sur les échangeurs, hôtel de région aux centaines de fenêtres alignées qui puent la bureaucratie autant que la démesure ; tours lisses, façades glacées, auxquelles aucune aspérité de vie ne peut s’accrocher ; architecture standardisée qu’on voit à Pékin comme en front de mer à Reykjavik ; matériaux sans histoire autre que celle qui les relie à l’industrie mondialisée qui les produit ; arbustes sur tige, pied encadré, racines maîtrisées, balisant méthodiquement le parcours ; trottoirs gris, sans interstices, sans relief, où se réveille sous nos pas une vague angoisse métaphysique. Car sur ces trottoirs que l’on emprunte, dans ces quartiers que l’on traverse, nul ne se promène, nulle ne déambule, aucun flâneur.

    Nous ne voulons pas de ces « parcs » domestiqués, conçus « pour nous » par des agences de paysagistes choisies sur concours, aux plantes produites en des serres lointaines, sélectionnées par l’industrie horticole, gavées d’intrants, repiquées à tant de pieds au m2.

    Nous ne voulons pas de ces « îlots nordiques » fermés aux horizons, à la pelouse centrale privatisée, ravie au regard même des passants, poussant sur une dalle de parking sous-terrain.

    Nous ne voulons pas d’une piscine o-lym-pique, « grand équipement » à cinquante millions d’euros construit à la hâte pour servir en 2024 de « base arrière » à une compétition sportive mondiale que chacun s’empressera d’oublier sitôt son écran occupé par la performance suivante. Et encore moins d’une fosse de plongée de 40 mètres de profondeur –quasiment la hauteur de l’Arc de Triomphe -, quand Dunkerque s’enorgueillait récemment d’inaugurer la « plus grande fosse au Nord de Paris » - 20 mètres !

    Voilà longtemps déjà que ce monde-là nous donne la #nausée. Il produit ses effets, nous pousse au bord du gouffre, et il nous faudrait encore applaudir celle et ceux qui proposent de franchir le pas supplémentaire ? Faisons dérailler ce funeste train, revendiquons le pas de côté, qui nous mène à la friche Saint Sauveur flâner parmi les herbes folles. Ceux-là, qui s’arrogent le droit de modeler notre destin, qui jouent à SimCity mais avec nos vies, y sont-ils jamais venus ? Ont-ils gravi un flanc du Belvédère pour y admirer le soleil couchant que ponctue le beffroi ? Ont-ils senti le vent qui fait frissonner au printemps les vagues de graminées sauvages ? Se sont-ils émerveillés des dizaines d’orchidées dont on n’a pas besoin de savoir qu’elles sont une « espèce protégée » pour faire le vœu, au premier regard de leurs miraculeux pétales en forme d’abeille, qu’on les verra refleurir ? Se sont-ils demandé qui nous avait légué ces arbres superbes qui faisant écran à la circulation de l’ancien périphérique transforment ce lieu en havre magique ? Ont-ils pu apprécier l’incongrue zébrure lumineuse du métro aérien le soir ? Ont-ils été saisis par la force de la vie végétale qui recouvre l’asphalte ou vient éclater le béton de la friche ? Ou par la force de ces vies humaines qui tentent, là, de perdurer aux marges ?

    Si leur agenda sans trou, leurs véhicules à chauffeur, leurs vies efficaces et climatisées, les en ont empêchés, alors, ils ne peuvent pas comprendre. Ni notre attachement à ce lieu, ni la violence de ce qu’ils nous imposent. Ils ne peuvent pas comprendre pourquoi nous nous dressons sur la route balisée de leurs projets. Nous refusons leur monde, nous ne renoncerons pas au nôtre. Nous ne pouvons que leur tendre la main et les inviter à nous suivre, et sinon, tant pis, ce sera la #guerre, la guerre des mondes.
     
    [1] Cf. à ce sujet : Contribution à l’enquête publique des associations Amis de la Terre Nord, ASPI, Entrelianes, Fête la Friche https://www.registre-numerique.fr/lille-saint-sauveur/voir-avis?avis=30546

    #Saint_Sauveur #luttes_sociales #des_grands_projets..._inutiles #Lille #martine_aubry #PS #raison #Bénédicte_Vidaillet #europacity #grand_paris #france #agriculture #urbanisme #triangle_de_gonesse #terres #gonesse #ecologie #climat #centre_commercial #mulliez #Ceetrus #immobilier #grande_distribution #destruction

  • #rails 5 Imgur Clone Tutorial…Part 2
    https://hackernoon.com/rails-5-imgur-clone-tutorial-part-2-29b02fadb254?source=rss----3a8144eab

    Rails 5 Imgur CloneWelcome to the second and final part of the Rails 5 Imgur clone, in this part, we will build the image uploading, manage configurations and then deploy to Heroku.Be sure to check out the first part here if you haven’t already.First, signup and verify a new cloudinary account by going here, it’s my referral link to cloudinary which will give me little bit extra space.Let’s start by adding few more variables to our cloudinary configuration at config/initializers/cloudinary.rbRemember, the cloudinary.rb has to exactly in that folder, if you open the config/application.rb you’ll see in the comments written it says the config has to be there, it’s just how rails configuration works.Make sure your cloudinary.rb looks something like this.Cloudinary.config do |config| (...)

    #rails-5-imgur #ruby-on-rails #rails-5-imgur-clone #rails-5

  • Cette #expédition du #CNRS en #Amazonie fait passer #Koh_Lanta pour une promenade de santé
    https://www.huffingtonpost.fr/2015/05/21/expedition-amazonie-geographique-koh-lanta-france-bresil-raid-7-borne

    #Jean_Baptiste_Duval écrit cet #article sur l’expédition dite « #Raid_des_7_bornes » le #21_mai #2015. Cette #mission du #Centre_National_de_la_Recherche_Scientifique a pour but de retrouver les #7_bornes marquant la #frontière entre la #Guyane et le #Brésil.

    Avec 25 à 30 kg de #matériel sur le dos, progressant difficilement dans la #jungle à la vitesse moyenne de 1 km/h, grimpant et descendant les incontournables #collines successives des #monts #Tumuc_Humac pour un #dénivelé total positif de 15.000 m, la colonne scientifico-militaire avançant sans #layonnage (coupes dans la forêt pour tracer un #sentier) entend atteindre après une quarantaine de jours, à raison d’une douzaine de kilomètres par jour, son objectif vers le 20 juillet, à la source du #fleuve #Oyapock .

    Cette expédition a un but #scientifique puisqu’elle enrichit l’inventaire de la #biodiversité et de la #flore sauvage déjà connues par l’Homme, mais aussi un but #géographique dans le sens qu’elle est à la recherche des traces des #explorateurs du passé qui ont posé ces bornes.

    Les monts Tumuc Humac auxquels va s’attaquer la colonne des « 7 bornes », ont déjà écrit une page funeste dans le grand livre de l’exploration française : en 1950, c’est au coeur de cette pieuvre verte que disparut à jamais le jeune #explorateur #Raymond_Maufrais (24 ans à l’époque), parti en solitaire pour une mortelle #traversée vers le Brésil.

    • soit plus précise cite le géographe à l’origine de ce raid. « François-Michel Le Tourneau, directeur de recherche au CNRS et docteur en sciences de l’information géographique, est à l’origine de ce raid, mené conjointement avec les légionnaires du 3e Régiment Etranger d’Infanterie basé à Kourou ».

  • Violée par la loi

    Le 7 juillet 2016, une jeune femme était violée par cinq hommes à #Pampelune. Le 26 avril, ils ont été condamnés pour simple abus sexuel. Tollé dans le pays. Une violation de plus.

    Depuis qu’a été rendue publique, le 26 avril, la décision de justice d’exempter les cinq membres de la « #Manada » (ils se faisaient appeler « la meute ») du viol collectif d’une jeune femme pendant les fêtes de #San_Fermín à Pampelune, des manifestations de protestation, d’indignation contre cette décision judiciaire se sont organisées dans de nombreuses villes espagnoles. En dépit du fait d’avoir reconnu que la jeune fille a été dénudée contre sa volonté dans un espace étroit, sans issue et entourée de José Ángel Prensa, Jesús Escudero, Ángel Boza, du militaire Alfonso Jesús Cabezuelo et du gendarme Antonio Manuel Guerrero, tous « plus âgés qu’elle et de forte constitution », le jugement nie qu’il y ait eu intimidation et violence et a reclassé le crime en « abus sexuel », abaissant la peine de 24 à 9 ans de prison.

    Tandis que le mouvement féministe gère et rend visible sa colère, le Parlement européen débat, à la demande de Podemos et contre le recours du parti Populaire, sur l’obligation ou pas de l’Espagne d’appliquer les conventions internationales relatives à la violence sexuelle. Le citoyen se demande alors avec stupéfaction : comment est-il possible que de tels accords n’aient pas déjà été appliqués en Espagne ? Quel est donc le protocole selon lequel sont jugés les crimes de violence sexuelle dans ce pays européen ?

    Le conflit actuel qui oppose les corps violés ou potentiellement violables à leurs juges nous force à reconnaître que l’Etat espagnol continue d’être un exemple de la juxtaposition d’au moins trois régimes judiciaires, trois modèles de vérité et de production de justice discordants : sur une structure juridique franquiste et patriarcale, on a greffé quelques protocoles démocratiques, et parsemé le tout de méthodes de vérification postmodernes rendues possibles via les techniques numériques.

    Au cours des six heures qui viennent de s’écouler, je n’ai rien pu faire d’autre que lire les 371 pages inouïes qui constituent la décision de justice complète, et qui - il ne pouvait en être autrement dans un régime juridique post-franquiste numérique - sont disponibles en PDF sur la page internet d’un grand journal (1). La décision de justice dont je ne recommande la lecture qu’aux individus dotés d’un estomac résistant et d’un solide réseau de soutien psychologique, pourrait être lue comme une histoire de Stephen King dans l’attente d’une postface de Virginie Despentes.

    On peut lire, dans cet étrange document légal, que tandis que la plaignante était dans un #état_de_choc, elle « a été pénétrée oralement par tous les accusés, vaginalement par Alfonso Jesús Cabezuelo et José Ángel Prenda, ce dernier à deux reprises, et par Jésus Escudero Dominguez qui l’a pénétrée la troisième fois par voie anale, les deux derniers ont éjaculé sans utiliser de préservatifs. » Pendant le déroulement des faits, deux des hommes concernés ont enregistré des vidéos avec leurs téléphones et pris des photos, qui seront distribuées sur les #réseaux_sociaux. La nuit même des événements, l’un des accusés a envoyé plusieurs messages de WhatsApp à « la Meute » et à « #Jouisseurs_San_Fermin » avec son téléphone portable, dans lesquels il a écrit : « les cinq en train de baiser une meuf », « difficile à raconter tellement c’était énorme », « une salope défoncée », « nous avons la vidéo » et « les cinq en train de baiser une pute, un pur délire. »

    Face à ces faits, le juge Ricardo González a décidé d’acquitter les cinq hommes du crime d’#agression_sexuelle et de viol en alléguant que dans les vidéos enregistrées par l’accusé, il observe seulement cinq hommes et une femme pratiquant « des actes sexuels dans une atmosphère de fête et de réjouissance. » Le lecteur se demande si, lorsqu’il caractérise un viol en tant que #fête, le magistrat se réfère à la façon dont historiquement les hommes ont été autorisés à se réjouir de la #pratique_collective de la violence sexuelle. La décision de justice comprend une théorie du #genre, une esthétique de la #pornographie et un traité sur le #plaisir_sexuel du point de vue patriarcal. Les images, assure le magistrat, sont « certainement d’un contenu dérangeant », mais il estime qu’il s’agit d’« une #relation_sexuelle brute et désinhibée, pratiquée entre cinq hommes et une femme, dans un environnement sordide, miteux et inhospitalier et dans laquelle aucun d’entre eux (ni la femme) ne montre le moindre signe de modestie, ni dans l’exposition de son corps ou de ses organes génitaux, ni dans les mouvements, les postures et attitudes qu’ils adoptent ». Le magistrat s’attendait-il à ce que les personnes impliquées dans le viol, les agresseurs et la victime, préparent le décor et bougent avec modestie et élégance ? « Je ne discerne, dit le juge, dans aucune des vidéos et des photographies aucun signe de #violence, de force ou de brusquerie exercées par les hommes sur la femme, je ne peux pas interpréter dans leurs gestes, ou dans leurs mots, de ce qu’ils ont été audibles pour moi ni #raillerie, ni #mépris, ni #humiliation ni #fanfaronnade de quelque nature que ce soit. » Mais quelle est la relation entre la raillerie, le mépris, l’humiliation ou la fanfaronnade avec l’imposition violente d’un acte sexuel ?

    La crise que cette affaire a engendrée est le résultat du conflit ouvert entre les #conventions_sociales qui régissent les institutions judiciaires et l’actuel processus d’#émancipation_féministe. Le cri de « Vous ne nous représentez pas » qui s’adressait auparavant aux politiciens s’étend désormais aux différents niveaux des institutions judiciaires. Dans le régime juridique numérique post-franquiste, les techniques de visibilité et d’accès public aux preuves fournies par les moyens d’enregistrement et de diffusion de l’image, des réseaux sociaux et d’Internet ne conduisent pas à une plus grande démocratisation des processus judiciaires, mais opèrent comme suppléments de #jouissance_patriarcale. L’inconscient juridique patriarcal se nourrit d’un tourbillon de messages, de tweets, de chaînes de hashtags et de réseaux Facebook… Les magistrats regardent les preuves comme s’ils regardaient un #porno et ne se préoccupent que de mieux jouir. Les images enregistrées lors de l’agression et les messages explicites diffusés sur les réseaux sociaux ne servent pas de #preuve incriminante, mais sont des supports narratifs qui confirment la #misogynie du #système_judiciaire. La décision de justice devient ainsi un nouveau rituel public dans lequel le système judiciaire répète et jouit (encore une fois) de la violation.

    Il y a donc eu deux violations rituelles. L’une a eu lieu devant un portail d’une rue de Pampelune le 7 juillet 2016. La seconde dans une salle d’audience de l’Etat espagnol, à laquelle ont participé avocats et juges. Le premier rituel cherchait à obtenir un supplément de plaisir et de #souveraineté_masculine et il était exercé avec violence par cinq hommes sur une personne seule et désarmée. Le deuxième rituel vise à protéger les droits des hommes à utiliser légitimement la violence pour obtenir des services sexuels. Si la première violation est d’ordre privé, la seconde est encore plus grave puisqu’elle est légitimée par l’institution judiciaire. La décision de la cour est une #pénétration_sans_consentement. Les juges mettent ainsi une bite dans chacune de nos bouches contre notre volonté. Les déclarations du magistrat opèrent comme une éjaculation médiatico-judiciaire sur nos droits. Encore une fois, la réponse ne peut pas être réformiste mais révolutionnaire : il ne s’agit pas seulement de modifier cette décision de justice, mais de dépatriarcaliser les institutions judiciaires en modifiant leur politique des genres et leurs techniques de production de la vérité.

    http://www.liberation.fr/debats/2018/05/04/violee-par-la-loi_1647912
    #viol #femmes #Espagne #loi #abus_sexuel #justice #injustice #dépatriarcalisation #condamnation #franquisme #patriarcat

    • La france doit être aussi un pays au passé franquiste car les institutions judiciaires françaises protège férocement l’impunité des violeurs.
      https://www.20minutes.fr/paris/2038631-20170328-viol-prouver-non-consentement-plus-grande-difficulte-vict
      L’article de 20 minutes date deja pas mal car il est mentionné que le droit français comporte une présomption de non consentement pour les mineurs de moins de 15 ans, or on sais maintenant que c’est faux. De plus Macron prépare une correctionnalisation automatique des viols et violences sexuelles y compris sur mineur·es.

      https://www.huffingtonpost.fr/julie-denes/juriste-et-victime-voila-ce-que-je-trouve-dangereux-dans-le-projet-de

      Parce que oui, les citoyens lisent les textes et ne se laissent pas tous berner par des points presse qui parfois maquillent, tronquent, embellissent malicieusement la réalité.

      Je l’ai trouvée à l’article 2 II (et III) du projet de loi, cette phrase, quelques mots, et la création du délit d’atteinte sexuelle avec pénétration sexuelle sur mineur de 15 ans. « Pénétration sexuelle », ces mots résonnent, éclaboussent, salissent, ces mots sont ceux du viol. Les voici attachés à un « simple » délit, écrit noir sur blanc. Nul besoin d’interprétation, nul besoin de faire appel à un spécialiste, nul besoin de tergiverser : c’est une inscription dans le marbre du droit de la « correctionnalisation du viol sur mineur », pratique décriée par le monde associatif, les familles et certains professionnels.

      En clair, le crime de viol sur mineur devient un « simple » délit jugé devant un tribunal correctionnel dont les peines sont moindres, et non plus un crime passible de la Cour d’Assises permettant des peines plus élevées, un débat, et la reconnaissance par la société du viol qu’a subi la victime. Ce statut de victime étant un des éléments permettant la reconstruction.

      On parle bien ici de délit d’atteinte sexuelle avec pénétration sexuelle sur mineur ! Que dire aux victimes ? Qu’elles n’ont pas été violées mais qu’elles ont subi une atteinte sexuelle avec pénétration ? Pourquoi ? Parce que la justice a eu un doute sur l’existence de la menace, de la violence, de la contrainte ou la surprise exercée par leur agresseur. Parce qu’elles n’ont pas crié, ne se sont pas débattues, et que de ce fait, elles semblaient consentant(e)s. Sommes-nous sérieux ? Texte inique et dangereux, et l’ajout d’un abus de confiance pour caractériser la contrainte morale du majeur sur le mineur n’y changera rien !

      Par conséquent : pas de viol, pas de victime de viol, pas d’antécédent judiciaire de viol en cas de récidive, des statistiques faussées. Circulez, y a rien à voir.

    • Bah si le viol est un phénomène culturel. C’est une expression féministe qui date des années 1970 qui sert à désigné les éléments culturels qui favorisent, excusent, invisibilisent les viols. Par exemple les scenarios de films qui rendent érotique les viols sont de la culture du viol. Les remarques sur les vetements portés par les victimes qui sois disent provoqueraient les violeurs c’est de la culture du viol. Le verdict de ce procès en espagne est une collection d’éléments de la culture du viol.
      Tu as jamais entendu cette expression avant @lydie ? Ca fait depuis 2013 que je la tag sur seenthis il y a énormément de ressources sous ce tag.
      voici une explication plus détaillé : https://www.huffingtonpost.fr/2017/11/27/la-culture-du-viol-expliquee-par-la-dessinatrice-emma_a_23288926

    • Si, j’ai déjà entendu cette expression. Mais le mot culture, pour le viol, je n’arrive pas à comprendre. Merci pour le lien, j’avais déjà vu cette BD (bien réalisée).

    • tu ne pourrais pas dire « instinct du viol » ou « nature du viol ». Il y a les psycho-éolutionnistes ou darwininstes sociales tel Peggy Sastre qui disent que le viol est un fait naturel, liée à l’évolution de l’espece. Peggy Sastre et ses ami·es disent que c’est un moyen naturel pour les hommes de dispersé leurs gènes. Plus d’explications ici : http://uneheuredepeine.blogspot.fr/2011/06/le-darwinisme-et-linquietante-normalite.html

      Pour les féministes radicales dont je suis, le viol est un fait culturel et il est normalisé par des éléments de culture. Pour le cas de ce viol collectif, le juge trouve que c’est juste des jeunes qui s’amuse un peu brutaliement avec une femme qui n’avait finallement pas à venir sans être chaperonné d’un homme à Pampelune et encore moins à boire. Je comprend que l’expression n’est pas évidente à comprendre au premier abord mais je la trouve assez claire quant même. Par exemple en France seul 1 à 2% des viols sont l’objet d’une condamnation, c’est un choix culturel. Si tu compare avec la répression de la fausse monnaie tu voie bien quels sont les prioritées de nos institutions. Il existe pas exemple des cultures dites « sans viols » c’est à dire des cultures ou les viols sont fortement réprimés et donc rares. Voire ici : https://antisexisme.net/2013/01/09/cultures-du-viol-1
      et des cultures comme la notre ou la culture espâgnole, qui favorisent les viols en ne les réprimant pas, en culpabilisant les victimes et en excusant les agresseurs.

  • Les décisions absurdes Sociologie des erreurs radicales et persistantes

    Tome I :
    Il arrive que les individus prennent collectivement des décisions singulières et agissent avec constance dans le sens totalement contraire au but recherché : pour éviter un accident, des pilotes s’engagent dans une solution qui les y mène progressivement ; les ingénieurs de Challenger maintiennent obstinément des joints défectueux sur les fusées d’appoint ; des copropriétaires installent durablement un sas de sécurité totalement inutile ; une entreprise persévère dans l’usage d’un outil de gestion au résultat inverse de l’objectif visé…

    Quels sont les raisonnements qui produisent ces décisions absurdes ? Les mécanismes collectifs qui les construisent ? Quel est le devenir de ces décisions ? Comment peut-on à ce point se tromper et persévérer ?
    Ces questions, auxquelles Christian_Morel répond grâce à une analyse sociologique aux multiples facettes, conduisent à une réflexion globale sur la décision et le sens de l’action humaine.

    Tome II  : Dans le premier tome des Décisions absurdes (Folio Essais n° 445), Christian Morel a posé les bases d’une « sociologie des erreurs radicales et persistantes ». Il arrive que les individus prennent collectivement des décisions singulières et agissent avec constance dans le sens totalement contraire au but recherché.

    Aujourd’hui, Christian Morel reprend son enquête où il l’avait laissée et se penche sur l’émergence, dans des univers à haut risque, de dynamiques visant à favoriser la décision éclairée, à partir de cas d’école saisissants : le débat contradictoire a été déterminant pour la fiabilité des réacteurs nucléaires de la Marine américaine ; l’introduction d’une check-list de bloc opératoire a réduit la mortalité chirurgicale dans des proportions considérables ; ou bien encore, l’armée de l’air ne sanctionne plus les erreurs pour faciliter la remontée d’informations.

    À partir de ces expériences, l’auteur esquisse des « métarègles de la fiabilité », synthèse de lois sociologiques et de prescriptions cognitives, comme la formation aux facteurs humains, les politiques de non-punition, les processus d’avocat du diable ou l’interaction généralisée. La sociologie des décisions hautement fiables qu’il propose va à l’encontre des idées reçues et s’applique, par sa vision étendue, à toute activité.

    Tome III Christian Morel s’attaque, dans ce troisième volet, à deux nouveaux gisements d’absurdités : l’enfer des règles et les pièges que ménage la vie des groupes.

    L’inflation des règles est devenue un boulet universel, pas seulement la prolifération des règles publiques, mais encore celle du vaste maquis de règles privées produites par les organisations : procédures, normes, règles de certification... À l’aide de nombreux exemples – aéronautique, maisons de retraite et crèches, normes ISO, décisions de justice –, dont on se demande s’il faut en rire ou en pleurer, l’auteur met au jour les causes profondes de cet enfer et apporte des solutions aussi utiles qu’originales.


    Dans une seconde partie, Christian Morel identifie en sociologue les « pièges relationnels », trop négligés dans les organisations devenues des tours de Babel linguistiques et techniques. De nombreux cas viennent illustrer ce parcours, où le talent d’observateur décalé qui fait de Christian Morel un surprenant détecteur d’absurdités programmées se déploie. Son regard met en évidence des situations toujours inattendues, des engrenages toujours inaperçus. Ses lecteurs y percevront comme un appel au bon sens, cette chose du monde si mal partagée.

    #erreurs #technologie #management #décisions #raisonnement #absurdie #objectif #organisation #livre

  • #Réforme #SNCF : comment l’expérience suédoise a tourné au vinaigre
    https://www.francetvinfo.fr/economie/transports/sncf/greve-a-la-sncf/reforme-sncf-comment-l-experience-suedoise-a-tourne-au-vinaigre_2729787

    La #Suède est le tout premier pays en Europe à avoir mis en place l’ouverture du #rail à la #concurrence. La réforme est entrée en vigueur il y a plus de trente ans. Dans ce pays, la libéralisation du #transport_ferroviaire ne fait pas l’unanimité.

  • Se battre pour Badawi | Alexandre Sirois
    http://www.lapresse.ca/debats/editoriaux/alexandre-sirois/201804/19/01-5161787-se-battre-pour-badawi.php

    #raif_badawi #arabie_saoudite #canada

    Ceux qui ont reçu la #citoyenneté canadienne honoraire :

    1. Raoul Wallenberg, diplomate suédois qui s’est illustré par ses actions durant l’Holocauste 1985

    2. Nelson Mandela, activiste antiapartheid et ancien président d’Afrique du Sud 2001

    3. Tenzin Gyatso, actuel dalaï-lama 2006

    4. Aung San Suu Kyi, emprisonnée pour avoir soutenu la démocratie en Birmanie et lauréate du prix Nobel 2007

    5. Aga Khan, imam des 15 millions de musulmans Shia Ismali 2010

    6. Malala Yousafzai, militante et lauréate du prix Nobel 2017

  • Les failles béantes de la #privatisation des chemins de fer britanniques
    https://www.mediapart.fr/journal/economie/120418/les-failles-beantes-de-la-privatisation-des-chemins-de-fer-britanniques

    Un cheminot britannique à la gare de Brighton, au sud de Londres, le 2 septembre 2016. © Reuters / Luke MacGregor. Au #Royaume-Uni, plus de 20 ans après la privatisation des chemins de fer, une majorité de Britanniques veut faire machine arrière. Exploité par vingt entreprises privées, le réseau ferroviaire est l’un des plus chers d’Europe pour les passagers. Il est également fortement subventionné.

    #Economie #rail #SNCF #train #transports

  • Teichhuhn schwimmt auf dem Wasser / Moorhen swims on the water Am B...
    https://diasp.eu/p/6912681

    Teichhuhn schwimmt auf dem Wasser / Moorhen swims on the water

    Am Bergsee

    im Erholungsgebiet Schwafheim in Moers, März 2017

    Amsel und Kaninchen im Gras / Blackbird and rabbit in the grass

    Ente spritzt mit Wasser / Duck sprinkle with water

    Meise auf Ast / Tit on branch

    Nilgansküken / Egyptian goose chicks

    #Vögel #Schwafheim #Tiere #Rallen #Niederrhein #Bergsee #Moers #foto #photo #fotografie #photography #animals #birds #gruiformes #rails

  • La bataille du #rail | Les Pieds sur terre
    https://www.franceculture.fr/emissions/les-pieds-sur-terre/la-bataille-du-rail

    De 1936 à aujourd’hui, petites histoires des grands mouvements de grève de #cheminots racontées par des archives de l’#INA soigneusement choisies et mises en regard avec l’actualité.
    En 1911, on pouvait lire dans les colonnes du Figaro la description suivante du cheminot en #grève :

    un ouvrier privilégié dont on voit les prétentions grandir et la mauvaise humeur s’exaspérer à mesure que le patronat lui montre plus d’indulgence.

    Plus de cent ans plus tard, les préjugés n’ont rien perdu de leur vigueur ni le Figaro de sa superbe.
    La nouvelle bataille du rail qui est sur le point de s’engager nous a donné envie de vous proposer à notre tour une petite histoire sonore des grandes heures sociales du chemin de fer, une balade subjective dans nos archives, de 1936 à aujourd’hui, jusqu’à la victoire.

    #France_Culture #Pieds_sur_terre #train #luttes_sociales #audio #radio #archives

  • #Wim_Wenders restauré, l’itinéraire retrouvé du ciné-fils
    https://www.mediapart.fr/journal/culture-idees/210318/wim-wenders-restaure-l-itineraire-retrouve-du-cine-fils

    Rüdiger Vogler dans « Au fil du temps » (1975) Six films réalisés par Wim Wenders entre 1972 et 1982 sont à nouveau visibles en salle un peu partout en France, dans de superbes copies restaurées. Errance et citations, chansons et néons, paysages et aventures du cadre : retour sur la décennie majeure du cinéaste allemand.

    #Culture-Idées #Alice_dans_les_villes #Bruno_Ganz #L'Ami_américain #Le_Pacte #Les_Acacias #Rainer_Werner_Fassbinder #Rüdiger_Vögler #Serge_Daney #Werner_Herzog

  • #Wim_Wenders restauré, l’itinéraire retrouvé du ciné-fils
    https://www.mediapart.fr/journal/culture-idees/210318/wim-wenders-restaure-litineraire-retrouve-du-cine-fils

    Rüdiger Vogler dans « Au fil du temps » (1975) Six films réalisés par Wim Wenders entre 1972 et 1982 sont à nouveau visibles en salle un peu partout en France, dans de superbes copies restaurées. Errance et citations, chansons et néons, paysages et aventures du cadre : retour sur la décennie majeure du cinéaste allemand.

    #Culture-Idées #Alice_dans_les_villes #Bruno_Ganz #L'Ami_américain #Le_Pacte #Les_Acacias #Rainer_Werner_Fassbinder #Rüdiger_Vögler #Serge_Daney #Werner_Herzog

  • Transports. Le rapport Spinetta, scénario catastrophe pour le ferroviaire
    https://humanite.fr/transports-le-rapport-spinetta-scenario-catastrophe-pour-le-ferroviaire-650

    L’ex-PDG d’Air France a lancé une bombe contre le service public et la SNCF : transformation en société privatisable, ouverture à la concurrence, fermeture de lignes, fin du statut de cheminot… Décryptage des dangers.

    Le premier ministre a sifflé le départ de la bataille du rail, en rendant public, jeudi, le rapport de mission confié à Jean-Cyril Spinetta et visant à préparer la « refonte du transport ferroviaire ». Avec 43 propositions, le rapport de l’ex-patron d’Air France est une véritable bombe contre le service public et l’entreprise nationalisée. Pour le gouvernement, il représente « un diagnostic complet et lucide », alors que, pour la CGT cheminot et SUD rail, il signe la fin du « système public ferroviaire ». Fin du statut, transformation de la SNCF en société anonyme privatisable, ouverture à la concurrence et fermetures de lignes, abandon du fret au privé… les inquiétudes sont grandes. « Ces propositions doivent désormais faire l’objet d’un examen approfondi par le gouvernement et d’un dialogue avec l’ensemble des acteurs concernés », a expliqué le premier ministre, promettant qu’une « première phase de concertation aura lieu dès la semaine prochaine » avec les acteurs, dont les organisations syndicales, « afin de recueillir leurs réactions à la suite de ce rapport ».

    Pour la CGT cheminots, ces préconisations « constituent une attaque inédite contre le transport ferré public et contre celles et ceux qui, au quotidien, font le choix du train, quelle que soit la région ou le territoire.(...) Le gouvernement s’apprête à confisquer à la nation son entreprise publique ferroviaire ». L’Unsa ferroviaire anticipe de son côté un « séisme pour les secteurs du rail, ses salariés, ses usagers (...) au détriment du service public ».

    #rail #sncf #jean-cyril_spinetta #transport_ferroviaire
    #transports_publics

    • Mais les têtes d’œufs n’ont pas fait d’Histoire dans leurs études. Ni de littérature. Ils ont fait des études d’économie sans sociologie. De finance et de commerce sans anthropologie. De mathématiques sans philosophie. Les têtes d’œufs sont des êtres humains inachevés. Pour eux, un voyageur est un consommateur de marchandises. Il doit être mis en file devant des sollicitations marchandes après que sa dignité et sa volonté aient été brisée par un parcours d’approche humiliant. De toute façon, le client ne peut se désintéresser des performances de la société qui le transporte, « à l’heure de la mondialisation et des parts de marchés à gagner pour survivre par la performance, l’innovation et l’agilité, en libérant les énergies » ! Ils doivent être empilés avec soin et gain d’espace, puisqu’il est malheureusement impossible de les suspendre comme les carcasses dans un vrai compartiment frigorifique. Mais ça viendra.

      J’ai connu la période de la séparation du train national en deux entités, l’une pour le train proprement dit, l’autre pour les infrastructures. C’était un ministre communiste qui se chargeait de l’affaire et un communiste qui pris la tête de la société vouée au rail. Sénateur socialiste, je ne votai pourtant rien de tout cela. Puis j’ai voté au Parlement européen contre les « paquets ferroviaires » adoptés à l’unisson par la droite, les EELV et les PS. Cela signifie que l’opération actuelle vient de loin. La privatisation qui arrive est la phase finale d’un long cycle. Elle a été méthodiquement planifiée et conduite avec patience depuis plus de deux décennies. Personne n’est pris par surprise. La seule surprise, c’est que rien n’ait été organisé pour résister ou allumer des contre-feux. Rien de plus que les manifestations dans chaque pays à un jour différent, les délégations ou les rassemblement auxquels j’ai participé de façon solidaire et disciplinée.

      Entre deux décisions bruxelloises il y avait un épisode français de répression des cheminots qui luttaient contre. Avec à chaque épisode les mêmes calomnies, les mêmes bobards sur la « prime charbon » (supprimée depuis 1970), le privilège des vacances des cheminots (un jour de repos compensateur de plus qu’un salarié du privé aux mêmes horaires). Les mêmes omissions, les mêmes mensonges sur la vie réelle des cheminots, sur leurs astreintes, sur leurs responsabilités sous payées et ainsi de suite. Tous les torchons de presse papier et audiovisuelle ont donc recommencé leur sale besogne pour exciter les uns contre les autres. Encore une fois le prétendu « service public de l’info » et ses stars gorgées d’argent et de privilèges vont plaindre les passagers « pris en otages » par les « privilégiés » du rail et ainsi de suite. La même comédie depuis plus de vingt ans. Pendant ce temps, plus les réformes s’appliquaient plus tout allait de mal en pis pour tout le monde, cheminots usagers et finances publiques. Les déficits et les dettes se sont accumulés mais les patrons n’ont jamais été punis de leur bilan, ni les ministres. Au contraire. Plus ils ont détruit, plus ils ont été côtés, plus les « journalistes » à gage ont été payés plus cher.

      Dans tous les pays du monde dévastés par les trouvailles des néolibéraux, on doit recréer des voies de chemin de fer. Des régions renaissent alors grâce au désenclavement et aux emplois ainsi créés. En France, des incapables qui ont tout ruiné vont encore supprimer 9000 km de voies, augmenter le prix des billets et ainsi de suite. Revoilà le vol en réunion qui se reproduit. Avec les mêmes refrains de « modernité », « courage », « réformes » et « lutte contre les privilèges ».

      Jusqu’à l’absurde le plus ridicule comme lorsqu’on lit sur BFM « la SNCF coute 1000 euros à chaque Français même s’il ne prend pas le train ». Outre que c’est faux puisque aucun d’entre vous ne se souvient qu’on lui ait demandé 1000 euros pour la SNCF, la remarque est aussi absurde que celle qui chiffrerait le coût par Français de chaque enfant en classe primaire « même s’il n’a pas d’enfant ». Ces gens là ont oublié jusqu’au souvenir de la définition du service public. Pourtant, certains d’entre eux, les journalistes en particulier, coutent des milliers d’euros à chaque Français. Car les Français paient à leur place, non seulement le prix de leurs mensonges, mais aussi celui des millions d’aide à la presse et les millions de leurs dégrèvements d’impôts sur le revenu ! Sans aucune justification ni utilité sociale.
      Jlm