• La verità sul “calo degli sbarchi”: tra stupri, violenze e respingimenti con la complicità di Italia e UE

    Le persone non hanno smesso di partire, semplicemente muoiono altrove.

    Durante l’incontro tra la presidente Giorgia Meloni e il primo ministro inglese Keir Starmer avvenuto il 16 settembre a Roma, quest’ultimo si è complimentato 1 con la prima per il successo ottenuto sul calo degli sbarchi in Italia dalla Tunisia. Starmer sarebbe ora interessato ad adottare il “modello italiano” sulle migrazioni, con un particolare interesse rivolto al nuovo Memorandum Italia-Albania e ai metodi di deterrenza utilizzati dall’Unione Europea (UE) e dall’Italia per contrastare le partenze dalle coste nordafricane. Tuttavia, ciò che il Governo o il Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi omettono durante le conferenze stampa o i post trionfali sui social è a quale prezzo ottengono tali risultati.
    Una lunga e costosa tradizione di accordi e memorandum sulla pelle delle persone migranti

    Tra i metodi di deterrenza utilizzati dall’UE per contrastare le migrazioni, spicca quello di stipulare accordi con i Paesi terzi (di provenienza o quelli da cui partono maggiormente le persone migranti) 2. Tali accordi si basano sull’esternalizzazione delle frontiere, ossia sull’appaltare le operazioni di respingimento o contenimento dei flussi migratori ad altri Paesi. Si tratta di operazioni estremamente costose e poco trasparenti che il progetto di Action Aid e Irpi Media The Big Wall cerca attualmente di tracciare 3.

    Un esempio tra tutti è l’accordo Italia-Libia – nato nel 2017 durante il governo Gentiloni – che ha la funzione di impedire alle persone migranti di partire o di raggiungere la penisola. Tramite gli ingenti finanziamenti – da centinaia di milioni di euro 4 – dell’Italia e dell’UE che dal 2017 vengono devoluti in Libia, oltre alle motovedette italiane, le milizie libiche catturano le persone migranti che partono dalle coste del Paese per riportarle nei centri di detenzione. In questi centri le persone di ogni età vengono sistematicamente torturate, violentate o uccise.

    “Secondo un rapporto del giugno 2022 della missione d’inchiesta indipendente delle Nazioni Unite sulla Libia 5, le persone migranti nel paese subiscono omicidi, sparizioni forzate, torture, schiavitù, violenze sessuali, stupri e altri atti inumani in relazione alla loro detenzione arbitraria. Nel settembre 2022, il Procuratore della Corte Penale Internazionale ha dichiarato in un comunicato che, secondo la valutazione preliminare del suo ufficio, gli abusi contro i migranti in Libia possono costituire crimini contro l’umanità e crimini di guerra”, riportava Human Rights Watch nel 2023 6.

    Ciononostante, il Ministro Piantedosi continua a pubblicare tweet in cui afferma di aver condotto con successo operazioni di respingimento tramite la collaborazione della Libia. Tale dichiarazione, peraltro, è stata recentemente denunciata al Tribunale Penale Internazionale dalla Ong Mediterranea Saving Humans 7 in quanto la Libia non è paese sicuro e il respingimento si configura quindi come violazione delle norme internazionali ed europee in materia – come già stabilito da una sentenza della Cassazione sul caso del respingimento illegale condotto dalla nave italiana Asso 28 8.

    In aggiunta, ricordiamo che mentre il governo sostiene di voler “combattere il traffico di esseri umani” tramite questi accordi, è stato provato come le stesse milizie libiche che si occupano della cattura delle persone migranti siano composte da trafficanti a loro volta.

    Primo fra tutti Abdul Rahman al-Milad, detto “Bija” – recentemente ucciso a Tripoli – che non solo era presente nella lista nera dei trafficanti e ricercati internazionali Onu, ma che nel 2017 era perfino presente a un incontro al Viminale.

    “Nel settembre del 2019 “Avvenire” aveva pubblicato le immagini che ritraevano proprio Bija, allora capitano della cosiddetta “guardia costiera libica”, durante un viaggio in Italia nel 2017, tenuto a lungo riservato dalle autorità. […] Ad oggi, cinque anni dopo la pubblicazione e sette anni dopo i fatti, i governi italiani che si sono succeduti non hanno mai chiarito quali fossero le tappe della missione di al-Milad in Italia, nonostante due dozzine di interrogazioni parlamentari in gran parte rimaste inevase”, si legge su Avvenire. Bija stesso gestiva il centro di detenzione di Zawyia e si è reso artefice dell’annegamento di decine di persone migranti contro cui aveva sparato.

    Lontano dagli occhi, lontano dalle coste italiane: stupri e respingimenti illegali in Tunisia

    Anche la Tunisia è uno dei partner strategici di Italia e UE per le operazioni di esternalizzazione delle frontiere. A questo proposito ricordiamo l’accordo siglato nel giugno del 2023, in seguito a una conferenza a cui hanno partecipato la presidente Meloni, la Commissaria UE Ursula von Der Leyen e il primo ministro olandese Mark Rutte e il presidente tunisino Kais Saied. L’accordo prevedeva lo stanziamento di 100 milioni di euro volto, almeno sulla carta, a “operazioni di ricerca e soccorso”, “gestione delle frontiere”, “lotta contro il traffico di esseri umani” e “politica dei rimpatri”.

    Tuttavia, già nell’agosto dello stesso anno, come riporta l’Irpi 9, l’Ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani (Ohchr) si chiedeva se non ci fosse il pericolo che l’accordo UE-Tunisia potesse facilitare casi di violazioni dei diritti umani a danni di persone migranti nere e di altre fasce di popolazione vulnerabile. Questo perché, come è ormai noto, lo stesso presidente Saied da tempo sta adottando politiche sempre più repressive nei confronti delle persone migranti perlopiù provenienti dai Paesi dell’Africa sub-sahariana.

    La testata giornalistica indipendente tunisina Inkyfada, nel mese di maggio, ha pubblicato un articolo 10 in cui, sviscerando le attuali politiche di Saied in materia di immigrazione e repressione del dissenso, ha affermato che il presidente ha lanciato una campagna d’odio razzista contro le persone migranti nere, associando l’immigrazione a “un piano criminale per cambiare la composizione del panorama demografico in Tunisia”.

    Da lì in poi sono nate vere e proprie persecuzioni contro le persone nere, non solo immigrate ma anche di cittadinanza tunisina 11. L’impiego massiccio delle forze dell’ordine tunisine non ha fatto altro che acuire le violenze contro le persone migranti, le quali non solo vengono illegalmente respinte e scaricate nel deserto 12 , al confine con l’Algeria – come hanno rivelato Irpi Media, Lighthouse Reports e altre testate giornalistiche in un’importante inchiesta internazionale 13 – ma subiscono stupri e altre forme di violenza.

    Su quest’ultimo punto, l’ultima inchiesta del Guardian 14 riporta testimonianze agghiaccianti. Una di queste è quella di Marie, ivoriana di 22 anni, che racconta di essere stata aggredita sessualmente a pochi chilometri da Sfax. “Era chiaro che mi avrebbero violentata”, [afferma Marie]. Le sue urla l’hanno salvata, allertando un gruppo di rifugiati sudanesi di passaggio. I suoi aggressori si sono ritirati in un’auto di pattuglia. Marie sa di essere stata fortunata. Secondo Yasmine, che ha creato un’organizzazione sanitaria a Sfax, centinaia di donne migranti sub-sahariane sono state violentate dalle forze di sicurezza tunisine negli ultimi 18 mesi”, si legge nell’inchiesta.

    Nonostante l’UE sia consapevole delle denunce inerenti agli abusi subiti dalle persone migranti da parte delle stesse autorità con cui collabora per tenerle lontane dall’Europa, secondo il Guaridan “[l’UE] sta chiudendo un occhio”, puntando a esternalizzare il confine meridionale dell’Europa all’Africa. Inoltre, “si prevede di inviare alla Tunisia più denaro di quanto ammesso pubblicamente”.

    Un’altra testimonianza raccolta dall’inchiesta, è quella di Moussa, 28enne originario di Conakry (Guinea). Dopo essere stato catturato in mare dalla guardia nazionale tunisina e riportato a Sfax – insieme ad altre 150 persone, tra cui minori – ha affermato di aver assistito a una scena brutale in cui le stesse autorità hanno iniziato sistematicamene a stuprare le donne.

    “C’era una piccola casa […] ogni ora circa prendevano due o tre donne […] e le violentavano lì. Hanno preso molte donne. Potevamo sentirle urlare, chiedere aiuto. A loro non importava che c’erano 100 testimoni”. Inoltre, Moussa spiega che alcune riuscivano a malapena a camminare, ad altre sono stati restituiti i loro bambini ed altre ancora furono brutalmente picchiate. “C’era una donna incinta e l’hanno picchiata finché il sangue non ha cominciato a uscirle dalle gambe. È svenuta”.

    Oltre alla violenza sessuale, quindi anche le percosse fisiche e sistematiche. Lo racconta Joseph, keniano di 21 anni, che è stato prelevato dal campo profughi di El Amra lo scorso settembre durante un raid della guardia nazionale tunisina. “Siamo stati ammanettati e messi su un autobus. La polizia picchiava tutti con i manganelli: bambini, donne, anziani. Tutti”. E ancora, si legge nell’inchiesta: “Sono stato colpito molte volte [afferma Joseph]”.

    Ad altri è andata peggio: una guardia ha sparato un proiettile di gas lacrimogeno in faccia a un amico. “Il suo occhio pendeva dall’orbita e la sua gamba era stata rotta dalla polizia, quindi doveva saltare”. Joseph racconta che le autorità lo hanno infine abbandonato al confine con l’Algeria, rubandogli il passaporto, il cellulare e i soldi.

    La guardia nazionale tunisina, oltre a violenze sessuali e trattamenti inumani e degradanti, utilizza come forma di deterrenza anche l’intimidazione nei confronti di bar o caffè che offrono i loro prodotti alle persone migranti, blindando soprattutto la città di Sfax: “Adesso Sfax è off-limits. La polizia ha “ripulito” i quartieri dalle persone migranti […]. I proprietari dei bar vengono arrestati se una persona migrante viene sorpresa a ordinare un caffè. Squadracce della polizia [effettuano raid] nei distretti come Haffara, pronti a rimuovere qualsiasi persona migrante”. Le persone sono quindi segregate ad El Emra, dove non arrivano neanche gli aiuti umanitari.

    Benché l’UE continui ad affermare che lo scopo sia porre fine al traffico di esseri umani, quello che continuano a denunciare le organizzazioni umanitarie e le inchieste giornalistiche è che spesso i trafficanti fanno affari con le stesse autorità con cui collabora l’Europa.

    Infatti, sottolinea il Guardian: “L’UE afferma di voler migliorare il codice di condotta per la polizia tunisina, un’ambizione che incorpori la formazione sui diritti umani. I contrabbandieri di Sfax, tuttavia, raccontano al Guardian di una corruzione diffusa e sistematica tra loro e la guardia nazionale. La guardia nazionale organizza le barche del Mediterraneo. Li guardano entrare in acqua, poi prendono la barca e il motore e ce li rivendono”.

    Un circolo vizioso quindi, dove sostanzialmente l’UE e l’Italia si rendono artefici di false “soluzioni” securitarie da centinaia di milioni di euro, finanziando ed equipaggiando forze di polizia di paesi terzi che a loro volta collaborano con trafficanti. Trafficanti che, a differenza di chi poi viene incriminato o incriminata per “scafismo” come capro espiatorio solo perché sull’imbarcazione aiutava compagni e compagne di viaggio, si guardano bene dal rischiare la vita nel Mediterraneo. Resta quindi da chiedersi chi siano allora i veri mandanti di trafficanti, torturatori e autorità di frontiera violente.

    Calano gli sbarchi, ma muoiono altrove

    Utilizzando motovedette fornite dall’Europa, si legge nell’inchiesta del Guardian, la guardia nazionale marittima della Tunisia ha impedito a più di 50.000 persone di attraversare il Mediterraneo, da qui nasce il calo del numero di persone che arrivano in Italia e per cui Starmer si è complimentato con Meloni.

    “Si sostiene che 127 milioni di sterline (ossia oltre 151 milioni di euro) come parte di un più ampio accordo su migrazione e sviluppo siano stati trasferiti direttamente a Saied. Alla richiesta di chiarimenti, la Commissione europea afferma che il pagamento è avvenuto in seguito all’incontro con la Tunisia”, riporta il Guardian. Quindi se da un lato è vero che c’è stato un calo degli sbarchi, dall’altro il governo Meloni si guarda bene dal rivelare a microfoni e telecamere a quale prezzo.

    Di fatto, le persone migranti continuano a partire, semplicemente vengono uccise o muoiono altrove, nella piena consapevolezza di una Fortezza Europa che preferisce da un lato stipulare accordi con Paesi dove il rispetto dei diritti fondamentali non esiste; dall’altro, continuare a trincerarsi senza creare alternative sicure e percorribili che tutelino il diritto alla libertà di movimento.

    https://www.meltingpot.org/2024/09/la-verita-sul-calo-degli-sbarchi-tra-stupri-violenze-e-respingimenti-con
    #migrations #réfugiés #frontières #arrivées #statistiques #diminution #débarquements #invisibilisation #externalisation #dissuasion #pull-backs #refoulements #push-backs #viols #Tunisie #racisme #VSS #violences_sexuelles #violence

  • Immigration : l’Allemagne assume de se replier sur elle-même

    La ministre de l’intérieur sociale-démocrate a annoncé lundi 9 septembre rétablir les contrôles aux frontières. Un sommet s’est tenu mardi pour discuter d’éventuelles mesures supplémentaires en matière migratoire, en présence des conservateurs de la CDU-CSU.

    En théorie, les contrôles aux frontières intérieures ne devraient pas avoir lieu au sein de l’Union européenne (UE). Mais ils sont exceptionnellement possibles, depuis une récente réforme du #code_Schengen, lorsqu’un pays estime que l’#ordre_public ou sa #sécurité_intérieure sont susceptibles d’être menacés.

    Il n’en fallait pas plus à l’Allemagne pour décider de rétablir les contrôles à ses frontières, et à Nancy Faeser, ministre de l’intérieur, pour l’annoncer publiquement, lundi 9 septembre. Ceux-ci démarreront le 16 septembre. « Nous renforçons la sécurité intérieure et poursuivons notre #ligne_dure contre l’immigration irrégulière », a assumé la ministre, mettant en avant les « #menaces actuelles du #terrorisme_islamiste et de la #criminalité_transfrontalière ».

    Le gouvernement a, selon elle, informé la Commission européenne et ses voisins directs de cette décision, qui semble surtout vouloir satisfaire le parti d’extrême droite AfD (Alternative für Deutschland, Alternative pour l’Allemagne) – arrivé en tête des dernières élections régionales en Thuringe et en Saxe, dans l’est du pays – mais aussi les conservateurs de la CDU-CSU.

    Mardi 10 septembre après-midi, un sommet sur les migrations se tenait pour acter cette mesure et trouver des compromis avec l’opposition, insatisfaite, réclamant toujours davantage de restrictions sur les mouvements migratoires. Si les conservateurs de la CDU-CSU n’étaient pas certains d’y participer jusqu’à la dernière minute, ils ont finalement annoncé leur présence au sommet mardi matin : « Nous verrons si nous avons le même point de vue et si nous pouvons agir ensemble », a glissé Friedrich Merz, chef du groupe, au journal Der Spiegel.

    Enfermer les exilés à la frontière

    Très vite, les Verts ont dénoncé des « tentatives de chantage tout simplement ridicules ». « Friedrich Merz se comporte comme un enfant rebelle », a estimé la cheffe du groupe parlementaire des Verts, Irene Mihalic. Les représentant·es de la CDU-CSU ont d’ailleurs décidé de claquer la porte, en pleine réunion, comme le rapporte Der Spiegel, estimant que les négociations avaient échoué.

    La principale mesure évoquée lors du sommet vise à créer des #centres pour y enfermer les personnes migrantes à la frontière en attendant d’examiner leur situation, et de les expulser si elles n’expriment pas le souhait de demander l’asile, ou de les renvoyer vers le premier pays de l’UE par lequel elles sont passées, responsable de leur demande d’asile en vertu du règlement Dublin. Si les capacités de #détention ne sont pas suffisantes, les intéressées pourraient être placées en #garde_à_vue, « en raison d’un #risque_de_fuite, afin de sécuriser la procédure et les empêcher de se cacher », précise Der Spiegel.

    Pour renforcer l’idée de « #fermeté » sur la question migratoire, le gouvernement a en effet annoncé lundi que des #refoulements seraient organisés aux frontières, pour empêcher les exilé·es d’accéder au territoire allemand de manière dite illégale. Une mesure demandée par le chef du groupe d’opposition, et qui peut être contraire au droit international et à la convention de Genève relative aux réfugié·es si les personnes concernées ne parviennent pas à demander l’asile alors qu’elles le souhaitent.

    La Commission européenne a réclamé des mesures « proportionnées » et « strictement exceptionnelles », estimant que le retour des contrôles aux frontières intérieures de l’UE était une possibilité. Elle a déjà annoncé qu’elle « évaluerait la situation » une fois toutes les mesures annoncées de manière officielle.

    Les pays voisins, de leur côté, voient déjà d’un mauvais œil que des exilé·es passé·es par leur territoire pour rejoindre l’Allemagne leur soient « retourné·es ». Dès lundi et l’annonce de ces mesures, le ministre autrichien de l’intérieur, Gerhard Karner, a prévenu que son pays n’accueillerait aucune personne migrante refoulée par l’Allemagne à la frontière. « Il n’y a pas de marge de manœuvre là-bas », a-t-il déclaré, cité par le journal Bild.

    30 000 personnes refoulées depuis octobre

    Mardi, le premier ministre polonais a qualifié la décision du gouvernement d’Olaf Scholz d’« inacceptable », précisant que dans les prochaines heures, il s’adresserait « aux autres pays affectés afin de se concerter d’urgence sur une réaction au sein de l’UE, avec tous les voisins de l’État allemand ». Donald Tusk a par ailleurs plaidé pour « la surveillance et la sécurisation des frontières extérieures » de l’UE, expliquant que c’était ce dont « la Pologne avait besoin ».

    Le revirement de l’Allemagne en matière migratoire en surprend plus d’un. Avec plus de deux millions de personnes accueillies depuis 2015 (sans parler des Ukrainien·nes, plus d’un million de réfugié·es pour cette seule nationalité), le pays suit aujourd’hui un schéma de #repli, poussé par les extrêmes droites européennes, faisant le lien direct entre #sécurité et #immigration et criminalisant les personnes exilées qui, dans l’écrasante majorité des cas, souhaitent trouver refuge en Allemagne et reconstruire leur vie après avoir connu la guerre ou la misère.

    Nancy Faeser s’est déjà targuée d’avoir permis de refouler près de 30 000 personnes migrantes depuis octobre 2023, notamment grâce à un renforcement des contrôles à ses frontières avec la Pologne, la #République_tchèque, la #Suisse et l’Autriche. Pire, l’Allemagne a également repris les #expulsions de ressortissant·es afghan·es en août dernier – soit trois ans après la prise de pouvoir par les talibans.

    Une première dans un tel contexte, visant à répondre à certains #attentats et crimes impliquant des exilés, comme l’attaque au couteau perpétrée dans la nuit du 23 au 24 août à Solingen par un Syrien faisant l’objet d’une mesure d’éloignement, ou celle de Mannheim, perpétrée par un jeune Afghan, en mai dernier.

    « Il s’agit de ressortissants afghans, tous condamnés par la justice et sans droit de rester en Allemagne et qui ont fait l’objet d’ordres d’expulsion », s’est justifié le porte-parole du gouvernement Steffen Hebestreit dans un communiqué.

    Celui-ci a expliqué avoir demandé à « des partenaires régionaux clés un soutien », sans toutefois préciser lesquels, pour faciliter ces expulsions vers l’Afghanistan, où de nombreux hommes et femmes risquent leur vie. Vingt-huit réfugiés afghans ont alors été éloignés.

    https://www.mediapart.fr/journal/international/100924/immigration-l-allemagne-assume-de-se-replier-sur-elle-meme

    #contrôles_frontaliers #frontières #migrations #réfugiés #asile #fermeture_des_frontières #Autriche #refoulements #push-backs #Pologne #criminalisation_de_la_migration

  • Abusi al confine greco-albanese e le omissioni di #Frontex

    La denuncia in un’inchiesta di Balkan Investigative Reporting Network.

    Continuano le denunce riguardo alle costanti violazioni dei diritti umani attuate nei confronti delle persone migranti lungo la cosiddetta rotta balcanica. Questa volta al centro dell’attenzione torna il confine fra Grecia e Albania dove non cessano i respingimenti e, fatto ancor più grave, sembrerebbe che alcuni agenti di Frontex – l’Agenzia europea che supporta gli Stati membri dell’UE e dell’area Schengen nel controllo delle frontiere – abbiano ricevuto l’ordine di non segnalare le violazioni dei diritti umani commesse sul confine a danno delle persone in transito.

    A renderlo noto è il Balkan Investigative Reporting Network (BIRN) che in un’inchiesta, pubblicata lo scorso giugno 2, riporta il contenuto di alcune e-mail risalenti al 2023 (quindi dopo le dimissioni dell’ex capo Fabrice Leggeri, avvenute nell’aprile 2022) in cui si riconferma che il personale di Frontex è a conoscenza dei pushback illegali che sistematicamente avvengono sul confine greco-albanese.

    Respingimenti che gettano le persone in quella che gli agenti stessi definiscono «un’interminabile partita di ping-pong».

    Inoltre, sembrerebbe che qualcuno all’interno di Frontex, non è chiaro chi, avrebbe fornito «istruzioni implicite di non emettere SIR», vale a dire di non redigere rapporti sulle segnalazioni di incidenti gravi che quindi comportano violazioni dei diritti fondamentali ai sensi delle norme UE ed internazionali.

    Frontex, presente in Albania dal 2018 e più volte criticata per il suo operato in vari Paesi poiché accusata di aver svolto attività di respingimento illegali, dispone infatti di un ufficio denominato Fundamental Rights Office (FRO) 3 a cui spetta il compito di gestire le segnalazioni SIR (Serious Incident Report) e di monitorare il rispetto dei diritti nell’ambito delle attività dell’Agenzia. In più, nel 2019, è stata istituita una procedura che consente a chiunque ritiene che i propri diritti siano stati violati di presentare un reclamo all’ufficio preposto.

    A destare preoccupazione sul confine sono soprattutto le modalità con le quali le autorità gestiscono queste operazioni. Nelle e-mail si legge che la polizia greca conduce le persone migranti al confine e la polizia albanese sistematicamente le respinge, in alcuni casi – rileva il FRO – maltrattandole e, segnala la Commissione europea, senza fornire garanzie agli aspiranti richiedenti asilo, di cui non verrebbero raccolte nemmeno le informazioni base.

    Le autorità albanesi negano di aver partecipato ai respingimenti collettivi, in ogni caso, di certo c’è, prosegue l’inchiesta, che le mancate segnalazioni portano, secondo Jonas Grimhede, capo del FRO, a sottovalutare le infrazioni.

    Queste gravi violazioni, confermano fonti di Melting Pot, colpiscono anche persone con disabilità, donne e minori.

    Eppure, l’agenzia continua a rafforzare la propria presenza nella regione: risale infatti a giugno 2024 il nuovo accordo ratificato con la Serbia, il quinto dopo quelli con Moldavia, Macedonia del Nord, Montenegro e Albania, mentre sono in corso negoziati con la Bosnia-Erzegovina.

    Tali accordi si conformano al regolamento adottato da Frontex nel 2019 che estende il proprio operato in qualsiasi Paese terzo, indipendentemente dal confine con l’Unione Europea, dove può dispiegare agenti ai quali spetta più potere esecutivo nel controllo delle persone in transito (tra il resto, la conferma dell’identità all’ingresso, il controllo documenti, l’accettazione o il respingimento dei visti, l’arresto delle persone prive di autorizzazione e la registrazione delle impronte).
    Frontex non può non sapere

    Alla luce di quanto riportato su BIRN ci si può interrogare sull’effettiva capacità di Frontex nel garantire il rispetto dei diritti umani nei Paesi e nelle operazioni di cui fa parte, dal momento che omettendo le segnalazioni si rende complice degli abusi commessi lungo i confini.

    Soltanto un mese fa un’inchiesta della BBC 4 informava che la Guardia costiera greca, anch’essa tristemente nota per i crimini internazionali commessi negli anni, sarebbe responsabile, nell’arco di tre anni, della morte in mare di oltre quaranta persone, lasciate volutamente in acqua o riportate nel Mediterraneo dopo aver raggiunto le isole greche.

    In merito Statewatch 5 riporta alcuni passi dei fascicoli relativi ai SIR contenuti nei report presentati al consiglio di amministrazione di Frontex, in cui si testimonia la responsabilità delle autorità greche: «L’ufficio (il Fundamental Rights Office appunto) considera credibile e plausibile che 7 persone furono respinte da Samos alle acque territoriali turche nell’agosto 2022 e abbandonate in mare dalla Guardia costiera ellenica, il che ha provocato l’annegamento di uno di loro», e ancora «Un migrante arrivò con la sua famiglia come parte di un gruppo di 22 persone a nord di Lesbo, 17 di loro furono presi da quattro uomini armati mascherati, caricati su un furgone e portati su una spiaggia a sud di Lesbo. Da qui furono respinti in Turchia su una barca e lasciati alla deriva su una zattera di salvataggio, in quella che l’Ufficio valuta come un’operazione coordinata che coinvolge ufficiali greci e individui sconosciuti che hanno agito in accordo».

    Via terra non va affatto meglio. È del 3 luglio la rivelazione, da parte di EUobserver 6, di alcuni documenti interni a Frontex in cui si dice che la Bulgaria avrebbe fatto pressione sui funzionari dell’Agenzia affinché ignorassero le violazioni dei diritti umani al confine con la Turchia in cambio del pieno accesso al confine.

    Nel marzo di quest’anno, invece, è stato reso pubblico un documento interno risalente al 2022 che descrive nel dettaglio le pratiche violente e disumane, deliberatamente ignorate sia da Frontex che dall’UE, subite dai richiedenti asilo nel momento in cui vengono respinti con forza verso la Turchia.

    Operando sul campo fra le varie frontiere risulta impossibile che l’Agenzia non sia al corrente di ciò che avviene e dei metodi utilizzati dalle forze dell’ordine per allontanare le persone migranti, tuttavia decide di non agire.

    Anzi, quando non è l’Agenzia stessa, con o senza forza, a praticare i respingimenti, comunque coadiuva gli abusi, come dimostra nuovamente una recente inchiesta dalla quale è emerso che tra il 2021 e il 2023 Frontex ha condiviso con soggetti libici 2.200 e-mail che comunicavano i dati esatti di geolocalizzazione delle imbarcazioni di rifugiati nel Mediterraneo, permettendone l’intercettazione illegale e il ritorno forzato in Libia.

    L’Agenzia, conclude l’inchiesta del BIRN, ha comunque riconosciuto il problema relativo alle omissioni e ne ha discusso, al di là dell’attività in Albania.

    Al momento la realtà resta preoccupante e continuamente da monitorare. Nemmeno l’uscita dell’ex direttore esecutivo di Frontex, Fabrice Leggeri, dimessosi per le evidenze di violazioni “di natura grave” dei diritti umani (e appena candidato alle elezioni europee con Rassemblement National), ha portato ad un vero cambio nelle sue politiche, perchè non c’è possibilità di riformarla.

    Frontex va abolita, per liberare tuttə.

    https://www.meltingpot.org/2024/07/abusi-al-confine-greco-albanese-e-le-omissioni-di-frontex

    #abus #Grèce #Albanie #frontières #migrations #réfugiés #Balkans #route_des_Balkans #push-backs #refoulements #SIR #refoulements_collectifs #violence

    • Frontex Officers Failing to Report Migrant Abuses on Albania-Greece Border

      EU border agents are failing to report rights violations committed against migrants and refugees on the Albanian-Greek border, according to an investigation by #BIRN.

      In February last year, Aija Kalnaja, then the acting head of the European Union’s border agency, Frontex, received a strongly-worded email from the person in charge of making sure the agency adheres to EU law and fundamental human rights in policing the bloc’s boundaries.

      To anyone unfamiliar with the bureaucratic language of Brussels, the subject line might look cryptic: “Albania, ping-pong pushbacks, and avoiding SIRs”.

      But the content was clear: a Frontex officer had just returned from deployment to the border between Albania and EU member Greece with a “very troublesome account” of what was happening there, Jonas Grimheden, head of Frontex’s Fundamental Rights Office, FRO, wrote in the email, obtained by BIRN.

      “Apart from stories of Greek police bringing migrants to the border, and Albanian police returning them in an endless ping-pong game,” Grimheden wrote, the officer said he and his colleagues had “implicit instructions not to issue SIRs”.

      A SIR is a Serious Incident Report, which Frontex officers are ‘obliged’ to file as soon as they became aware of a possible violation of the fundamental rights afforded migrants and refugees under international law, whether committed by border guards of countries that Frontex collaborates with or officers deployed directly by the agency.

      It was unclear who issued the ‘instructions’ the officer referred to.

      According to the officer, whose account was also obtained by BIRN in redacted form, so-called ‘pushbacks’ – in which police send would-be asylum seekers back over the border without due process, in violation of international human rights standards – are “a known thing within Frontex” and all the officer’s colleagues were “told not to write a serious incident report because it just went that way there”. Pushbacks, he was saying, were regularly occurring on the Albanian-Greek border.

      Frontex has faced years of criticism for failing to address rights violations committed by member-states in policing the bloc’s borders.

      Now, this BIRN analysis of internal Frontex documents and reporting from the field has unearthed serious indications of systematic pushbacks at the Albanian-Greek border as well as fresh evidence that such unlawful practices are often evading Frontex’s own rights monitoring mechanism.

      Asked whether rights violations were being underreported, a Frontex spokesman told BIRN that such claims were “completely and demonstrably false”.

      At Frontex, every officer is required to report any “suspected violations,” said Chris Borowski.

      Yet Grimheden, the FRO head, said underreporting remains a “highly problematic” issue within the agency. It “undermines the very system we are dependent on,” he told BIRN.
      ‘Sent back badly beaten’

      Three kilometres from Ieropigi, the last Greek village before the border with Albania, stands a Greek army building, disused for decades.

      On the grassy floor are signs of humans having passed through: packets of ready-made food; the ashes of a campfire; words carved in Arabic on the walls.

      Until autumn last year, dozens of migrants and refugees stopped here every day en route to Albania, hoping to then enter Kosovo or Montenegro, then Serbia and eventually Croatia or Hungary, both part of Europe’s passport-free Schengen zone. They would have originally reached Greece from Turkey, either by land or sea, but few see Greece as a final destination.

      When BIRN visited, the weather was wet and fog obscured the hill on the other side of the border, in Albania.

      “I used to meet beaten migrants and ask them if this happened in Albania and they used to reply: ‘They beat us and send us back, they take our money, mobile phones, expensive shoes. Everything they had that was expensive was taken and they were push-backed,” said Spyros Trassias, a local shepherd. “Sometimes they might shout ‘Policia’ and signalled that they were being beaten. Other times smugglers would beat them, take their money and send them back.”

      According to local residents, the number of refugees and migrants trying to cross the border near Ieropigi dropped dramatically after a network of smugglers was dismantled in September last year.

      BIRN did not come across any Greek border patrols, but the head of the Union of Border Guards of Kastoria, Kyriakos Papoutsidis, told BIRN the border is guarded 24-hours a day. Many of those they intercept, he said, have already applied for asylum on the Greek islands or in the capital, Athens. “Any migrant who comes to the area is advised to return to the city where they applied for asylum and must remain there,” Papoutsidis said.
      Warning of ‘collective expulsion’

      Frontex officers have been present on both sides of the border, under a 2019 agreement that launched the agency’s first ever joint operation outside the bloc.

      Just months after deploying, Frontex faced accusations of pushbacks being carried out by Albanian authorities.

      According to documents seen by BIRN, little has changed over the last five years. The FRO has repeatedly raised concerns about Albania’s non-compliance with lawful border management procedures, warning in multiple SIRs that “unlawful collective returns characterised by a lack of safeguards could amount to collective expulsion”.

      In one FRO report from November 2022, in reference to pushbacks, they went as far as to say that the “sum of alleged facts could indicate the existence of a pattern occurring at the border between Albania and Greece”.

      The European Commission, the EU’s executive arm, voiced similar concerns in its 2023 report on Albania’s progress towards EU accession, when it referred to “shortcomings identified in its return mechanism for irregular migrants” and cited continued reports of migrants “being returned to Greece without adequate pre-screening”.

      In July 2023, in a ‘due diligence’ assessment of plans for enhanced collaboration between Frontex and Albania, the FRO noted “cases of ill-treatment” and “allegations of irregular returns” of migrants to Greece. Yet it endorsed the new arrangement, which was rubber-stamped by Tirana and the EU two months later.

      Asked about the allegation of migrants and refugees becoming caught in a game of “endless ping-pong” between Greek and Albanian border police, Grimheden told BIRN: “We have seen and in some locations still see migrants being forced back and forth across borders in different locations in Europe. This is certainly problematic and the parts where Frontex can or can try to influence this, we have taken measures. But the issue is typically far from Frontex involvement”.

      “We see a number of concerns in several countries that we are operating in, and Albania is one of those. Some countries are more open about addressing identified problems and others less so, at least Albania belongs to the group that is not ignoring the problems.”
      Albania: ‘No irregular migrant is pushed back’

      Albanian authorities deny engaging in pushbacks. According to Albania’s Law on Aliens, anyone entering irregularly can be expelled, particularly if they intend only to transit across Albania. Data from the United Nations refugee agency, UNHCR, shows that in 2023, only 6.5 per cent of 4,307 apprehended migrants were referred to the asylum procedure.

      According to Serious Incident Reports seen by BIRN, groups of migrants and refugees are regularly apprehended either at the border or deep inside Albanian territory, taken to temporary holding facilities, transferred to nearby border crossing points, and told to cross back into Greece on foot.

      In all but one case, the Albanian authorities responded that the groups had been pre-screened – taking their basic information and making an initial assessment of their need for asylum – and served with removal orders.

      Neither the Greek Ministry of Citizens Protection nor Albania’s Ministry of Interior or General Directorate of Border Police responded to requests for comment.

      However, in exchanges with the FRO reviewed by BIRN, Albanian authorities rejected claims of systematic pushbacks.

      “No irregular migrant is pushed back,” the Albanian Ministry of Interior replied to the FRO in exchanges reviewed by BIRN. There was only one case in which four Albanian officers were found to have “led” a group of migrants back towards Greek territory and the officers were punished, it said.

      However, an investigation by the FRO, circulated in October 2023, said allegations of systematic pushbacks were “corroborated by all interviewed Frontex operational staff”.
      Intense discussions within Frontex about underreported violations

      In contrast to the widespread use of violence documented by the FRO in Frontex operations in Bulgaria or neighbouring Greece, most SIRs analysed by BIRN did not contain evidence of force being used by Albanian border police during alleged pushbacks, nor the direct involvement of Frontex personnel.

      One exception was a letter sent in August 2022 to the FRO by a Frontex officer serving in the Kakavije border region of southern Albania. The officer accused a Frontex colleague of mistreating two migrants by “hanging them” out of his vehicle while driving them.

      The letter states that upon being confronted about the incident, the officer in question laughed and claimed he had the protection of important people at Frontex HQ in Warsaw.

      Following up on the letter, the FRO found that despite the incident being “widely discussed” within the pool of Frontex officers on the ground, “no Serious Incident was reported, and no information was shared with the operational team”.

      The Frontex Press Office told BIRN that the officer involved was dismissed from the Frontex operation and his actions reported to his home country.

      The incident “served as a vital lesson and is now used in briefings for new officers to underscore the high standards expected of them”, the press office said.

      In his February 2023 email to Kalnaja, FRO head Grimheden urged her “send a message in the organisation that SIRs need to be issued when they become aware of possible fundamental rights situations – no excuses”.

      It is not clear from the documentation BIRN obtained whether Kalnaja, as acting Frontex head, responded to Grimheden’s email. She was replaced 12 days later when Hans Leijtens took on the leadership of Frontex as Leggeri’s successor.

      According to internal documents seen by BIRN, the issue of non-reporting of rights violations has been the subject of intense discussions within the Frontex Management Board, the agency’s main decision-making body, since at least September 2023.

      In January this year, the FRO issued a formal opinion on “addressing underreporting” to the Board, essentially flagging it as a serious issue beyond only Frontex operations in Albania.

      https://balkaninsight.com/2024/06/28/frontex-officers-failing-to-report-migrant-abuses-on-albania-greece-b

  • Poland : Government pledges to do what is needed to end Belarus border problems

    On Wednesday (July 10), the Polish government pledged to do what is needed to end the border crisis with Belarus. Even if that means complete closure of the border.

    Poland has already closed four of its six official border crossings with its neighbor Belarus. “We are ready for any solution in this area, because we will not allow this migration crisis caused by Belarus to last indefinitely,” Poland’s Deputy Defense Minister Cezary Tomczyk told the news agency Reuters.

    Polish government officials, including President Andrzej Duda have been raising these issues for months now. Most recently, Duda talked to his Chinese counterpart Xi Jinping, stressing that the issue would have an impact on trade within Europe if not resolved.

    Even before the current government took office, Poland has tried various methods to stop migrants from crossing its borders from Belarus. They have heavily fortified the border, with several layers of fencing and barbed wire, and sent police and military patrols to the area.

    On Wednesday, the Norwegian Refugee Council (NRC) issued a press release about the situation. In it, they called for “urgent action” to help “refugees trapped in Europe’s ’death zone’.”
    Further restrictions at the border

    They said that access to the Polish-Belarusian border had been restricted still further recently, which was “preventing the provision of humanitarian assistance to refugees seeking international protection.”

    The NRC said that the Polish government, alongside the EU and the international community, should work together to “address the escalating humanitarian crisis” in the area. “The exclusion zone with no access for humanitarian workers is a recipe for disaster. It affects the weakest and the most vulnerable refugees seeking international protection,” stated Neil Brighton, NRC’s country director in Poland.

    Since 2021, when restrictions were stepped up at the border, the NRC says their local partner on the ground, ’We are Monitoring’, had recorded “nearly 20,000 requests for assistance” from migrants in the zone, 82 deaths and nearly 9,000 violent pushbacks.

    The NRC has asked the EU to help the Polish government increase reception capacity for those who want to seek asylum in Poland, as well as “address the root causes of displacement through humanitarian and development assistance.”

    ’Death zone’

    The NRC describes the forests around the border between Poland and Belarus as a “death zone,” because the area is characterized by “extreme temperatures, dense forests and swamps, making it a dangerous crossing point for refugees seeking protection.”

    Amina, a Syrian refugee told NRC that she had experienced nine pushbacks while trying to cross into Poland. “They hit you with sticks to make your body grow bigger and swell up so that no one will manage to pass through,” she said.

    Farid, a refugee from Afghanistan told NRC, “they asked me ‘where are you from? I said I was from Afghanistan. They hit me on my broken leg, and I shouted terribly, which made them very angry –they beat me.”

    NRC works with local Polish humanitarian organizations to provide assistance and legal aid for those who are seeking asylum. One of those local partners Egala Association, joined NRC in calling for a “safe border…where the rights of those seeking international protection are respected.”

    Other humanitarian associations working in Poland have accused the current government of essentially continuing the anti-migrant policies established under the PiS Peace and Justice party.
    ’Hybrid warfare’

    In June 2024, the Polish border guards told the German international broadcaster Deutsche Welle (DW) that they had stopped almost 100,000 attempts to cross the border since 2021, when they accused Alexander Lukashenko of Belarus of beginning a form of ’hybrid warfare’ by encouraging migrants to cross the border into the EU to destabilize the West.

    Andrzej Juzwiak, a spokesperson from the Polish border guard told DW, “there is no doubt that the crisis at the border was caused by hybrid actions of the Belarusian side. We know that it is an artificially created and controlled migration route.”

    According to Polish officials, DW reports, about 90 percent of the migrants stopped at Poland’s border hold Russian visas, which they believe indicates Russian involvement in their journey towards Europe.

    Since the beginning of 2024, the Polish border guard say they see around 400 attempts a day to cross the border by migrants. Most of them, they say, want to journey on to Germany or the United Kingdom.
    ’No-entry buffer zone’

    On June 13, Poland instigated once again a special no-entry buffer zone along about 60 kilometers of its border with Belarus. The zone is 200 meters wide and is off-limits to all non-residents. That includes humanitarian groups and journalists. In 2021, the buffer zone was much wider and stretched along the entire border with Belarus.

    According to Juzwiak from the Polish border guard, the main purpose of the zone, reports DW, “is to ensure the safety of locals and security officials on duty at the border and to limit the activity of human smugglers.”

    At the end of May, a young Polish soldier was stabbed to death through the bars in the border fence. Polish officials say that a migrant carried out the attack. The soldier was taken to hospital, but later died of his injuries.

    Migrant rights groups however say the buffer zone prevents them from helping those in need. They say the buffer zones act as cover so that pushback tactics can be carried out away from the eyes of journalists and activists.

    The IOM has called on Poland, as well as Latvia and Lithuania to make sure that the rule of law is upheld at the border and that respect for human rights and freedoms are maintained, regardless of immigration status.

    In May, on a visit to the border, Polish Prime Minister Donald Tusk was adamant his government needed to continue to fortify their border. “There is no room for negotiation. Poland’s border must be protected,” he said. “Polish troops, border guards, officers have become the targets of aggression, and you have every right, not to say an obligation, to use every means available to you […] when you are defending not only the border but also your own life.”

    https://www.infomigrants.net/en/post/58384/poland-government-pledges-to-do-what-is-needed-to-end-belarus-border-p

    #Pologne #Biélorussie #frontières #migrations #réfugiés #fermeture_des_frontières #murs #barrières_frontalières #militarisation_des_frontières #exclusion_zone #zone_d'exclusion #zone_frontalière #crise_humanitaire #mourir_aux_frontières #décès #morts_aux_frontières #forêt #refoulements #push-backs #buffer_zone


    ajouté à la métaliste sur la Création de zones frontalières (au lieu de lignes de frontière) en vue de refoulements :
    https://seenthis.net/messages/795053

    • Briefing Note: Refugees trapped in Europe’s “death zone” - July 2024

      Poland: Urgent action needed for refugees trapped in Europe’s ‘death zone’
      Access to the Polish-Belarusian border has been restricted, preventing the provision of humanitarian assistance to refugees seeking international protection. The Norwegian Refugee Council (NRC) urgently calls on the Polish government, the European Union, and the international community to address the escalating humanitarian crisis.

      “The exclusion zone with no access for humanitarian workers is a recipe for disaster. It affects the weakest and the most vulnerable refugees seeking international protection. Data shows that building fences and pushing back people won’t stop them from seeking safety and protection,” said Neil Brighton, NRC’s country director in Poland. “The European Union and the international community must support the Government of Poland by increasing reception capacity at the border and addressing the root causes of displacement through humanitarian and development assistance.”

      Since the crisis began in 2021, NRC and local partners have recorded nearly 20,000 requests for assistance and nearly 9,000 violent pushbacks, including incidents involving pregnant women and minors. 82 deaths related to the conditions at the border have been documented in the ‘death zone’ between the Polish and Belarusian border fences and along the border. This area is characterised by extreme temperatures and dense forests and swamps, making it a dangerous crossing for refugees seeking protection. Those crossing the border irregularly, have endured hardships and long journeys from Iraq, Afghanistan, and other countries as far as Eritrea.

      “They hit you with sticks to make your body grow bigger and swell up so that no one will manage to pass through,” said Amina from Syria, a refugee who experienced nine pushbacks. On the final time, she managed to reach Polish territory, where she sought help from one of the humanitarian organisations operating in the area.

      Farid, a refugee from Afghanistan, recalled: “They asked me ‘Where are you from?’ I said I was from Afghanistan. They hit me on my broken leg, and I shouted terribly, which made them very angry - they beat me.”

      NRC has been supporting and working closely with local organisations, on the Polish territory, to provide thousands of refugees with life-saving assistance and legal aid. Despite these efforts, the recent reintroduction of the exclusion zone, a legally defined area restricting access for unauthorised individuals along parts of the Polish-Belarusian border, has severely restricted access for humanitarian workers to support those trapped at the border.

      “We believe that nobody should be left in life-threatening conditions regardless of their origin, nationality or religion. We strongly believe that a safe border means a border that is safe for all people, where the rights of those seeking international protection are respected,” said Katarzyna Potoniec from Egala Association, one of NRC’s local partner organisations in Poland.

      NRC calls on the Polish government to ensure humanitarian access to those in need, and to adhere to the Geneva Convention and the European Convention on Human Rights and ensure all claims for the international protection are properly processed. The European Union and international donors must provide sustained funding and support to address the urgent needs at the border and establish safe, legal pathways for refugees.

      https://reliefweb.int/report/poland/briefing-note-refugees-trapped-europes-death-zone-july-2024

  • Video: Finland to vote on turning back migrants coming from Russia

    Finland’s parliament is set to vote on a bill granting border guards the power to turn back asylum seekers coming from Russia. The government says it is vital to stop arrivals, despite being at odds with Finland’s international human rights commitments.

    https://www.infomigrants.net/en/post/58399/video-finland-to-vote-on-turning-back-migrants-coming-from-russia
    #Finlande #Russie #réfugiés #migrations #frontières #push-backs #refoulements #asile #fermeture_des_frontières

    • Finland to vote on turning back migrants crossing from Russia

      Finland’s parliament is set to vote on a bill on Friday (12 July) granting border guards the power to turn back asylum seekers crossing from Russia, after more than 1,300 people arrived in the country forcing Helsinki to close its border.

      Finland has accused neighbouring Russia of weaponising migration by encouraging scores of migrants from countries such as Syria and Somalia to cross the border, an assertion the Kremlin denies.

      Helsinki believes Moscow is promoting the crossings in retaliation for Finland joining NATO, which backs Ukraine against Russia’s invasion. The rightwing government of Prime Minister Petteri Orpo has said the bill is vital to stop future arrivals, despite the law being at odds with its international human rights commitments. There have been no new arrivals by asylum seekers since March. Finland shut its land borders with Russia late last year.

      The bill is expected to pass as a majority of lawmakers in the main opposition party, the Social Democrats, will back it, according to party officials.

      Still, some Social Democrats could break with their party line, so a majority will be tight.

      For the bill to pass, parliament must first agree, with a five-sixths majority, that the legislation is needed urgently. In a second vote the proposal needs to be approved with a two-thirds majority.

      Supporters of the bill said it was needed so authorities could stop Finland being put under pressure by waves of migrants.

      “Should Russia want to, it has the ability to mobilise and push hundreds, thousands of so-called asylum seekers to our borders in a matter of days or weeks,” said Ben Zyskowicz, a lawmaker for the ruling, conservative National Coalition Party.

      By contrast, opposition Green Party leader Sofia Virta said lawmakers should “hold on to the rule of law” and “respect Finland’s international commitments”.

      “There is no guarantee this will be an effective way to neutralise Russia’s hostile influence,” she added.

      https://www.euractiv.com/section/global-europe/news/finland-to-vote-on-turning-back-migrants-crossing-from-russia

    • EU defends Finland’s ’deportation law’ on security grounds

      The European Commission defended Finland’s border security amid questions on the legality of a national law that temporarily allows border guards to force prospective asylum seekers back into Russia.
      “We are not in a business as usual type of procedure,” Eric Mamer, the European Commission’s chief spokesperson, told reporters in Brussels on Monday (15 July).
      “National laws have to be applied and these have to be compatible with EU law,” he also said, noting that the commission would therefore analyse the new law.
      He would not give a deadline for such an analysis, but the statements follow the adoption of a Finnish deportation law last week that critics say runs foul of EU law because it codifies unlawful pushbacks.
      And when pressed on which law a Finnish border guard should apply when faced with a person demanding asylum, the EU Commission said it was too early to draw any conclusions.
      “Member states have a duty to protect their borders. There are conditions to how they should do that, and that’s why we are going to analyse the law,” said Mamer.
      Amnesty International said the Finnish law serves as a green light for violence and pushbacks at the border.
      It warned that relying on border guards to make exceptions for vulnerable people is far-fetched because each person requires a careful and individual analysis by trained personnel.
      The law was passed as a response to so-called ’instrumentalisation’, a term used to describe a hostile state like Belarus or Russia that forces migrants across shared land borders in order to stoke up tensions.
      Instrumentalisation has since been embedded into EU law and is part of the new pact on migration and asylum, but Amnesty says the Finnish version goes beyond what is allowed under the latest EU norms and risks stoking even more violence.
      The show of support for Finland by EU Commission president Ursula von der Leyen is likely to dampen any hard criticism.
      Earlier this year, she toured Finland’s eastern land border with prime minister Petteri Orpo.
      “It’s not a question of asylum. It’s [a] question of our security,” said Orpo, at the time, and along side von der Leyen.
      “This is a new phenomenon. It is a hybrid threat. And it has to be dealt with as a hybrid threat to national security,” also said von der Leyen.
      By then, alarms had already been raised when Finland closed its land border crossing points with Russia.
      The Finnish Refugee Council said the move likely violated both international and EU asylum laws.
      The closures came after some 900 people arrived over the span of a month, a figure that Finland’s asylum system could have easily absorbed, said the Finnish Refugee Council.
      The BBC reported some people trying to cross were apprehended by Russian authorities and forced to fight in Ukraine in a scenario that appears to run counter to instrumentalisation claims.
      According to Finnish official data, only two people have crossed the border to seek asylum between February and mid-May.
      The Finnish crackdown follows similar controversial laws in Latvia, Lithuania, and Poland.
      But when challenged on their legality, the European commission came to their defence.
      “We are here at the Nato border also. And that’s why [this] legislation have been put in place,” a senior European Commission official told MEPs last September.

      https://euobserver.com/migration/ar8b67660d

    • Finlandia, approvata una legge per aumentare i respingimenti alle frontiere

      Il Paese rischia di violare il principio di non-refoulement.

      Il 12 luglio, il Parlamento finlandese ha adottato una legge controversa, proposta dal Governo il 21 maggio, la cosiddetta “Legge sulle misure temporanee per combattere la migrazione strumentalizzata”. Questa legge consente alle guardie di frontiera di respingere coloro che cercano di attraversare il confine con la Russia, impedendo loro di presentare domanda di asilo, anche utilizzando la forza e, in alcuni casi, senza considerare le condizioni individuali delle persone, contravvenendo il principio inviolabile di non-refoulement.

      La normativa concede alle guardie di frontiera finlandesi l’autorità di fare eccezioni per persone ritenute in situazioni vulnerabili o a rischio di gravi violazioni se rimandate nel paese di provenienza. Tuttavia, valutare correttamente le situazioni e le vulnerabilità delle persone richiede personale specializzato e tempo sufficiente, ed è difficile che questo avvenga durante brevi interazioni con i funzionari di frontiera.

      Come riporta il Consiglio europeo per i rifugiati e gli esiliati – ECRE, dopo l’approvazione della legge con 167 voti favorevoli e 31 contrari, il Primo Ministro finlandese Petteri Orpo ha dichiarato: «Dalla fine dello scorso anno, abbiamo visto la Russia usare deliberatamente i migranti come strumento di influenza ibrida: contro la nostra sicurezza, contro i nostri confini». Ha poi descritto la legge come «un messaggio forte alla Russia e un messaggio forte ai nostri alleati [che] la Finlandia si prenderà cura della propria sicurezza e della sicurezza dei confini dell’UE», cercando poi di dissipare le preoccupazioni di chi critica questa legge circa le sue potenziali implicazioni sullo stato di diritto in Finlandia: «Nessuno deve temere che la Finlandia non sia uno Stato che rispetta lo Stato di diritto in futuro e dopo questo voto».

      Nonostante queste “rassicurazioni”, si sono sollevate critiche riguardo al rispetto degli obblighi in materia di diritti umani. L’ONG finlandese Pakolaisneuvonta ha scritto su X: «Oggi è un giorno buio per lo Stato di diritto, poiché il Parlamento ha votato per includere i respingimenti illegali nella legge». Ha poi aggiunto: «La legge impedisce alle persone in cerca di asilo di accedere a un processo di asilo equo e consente loro di essere rimpatriate in aree dove sono a rischio di tortura o altri trattamenti inumani. Questa legge viola i diritti dei richiedenti asilo e gli obblighi internazionali della Finlandia». Ha concluso con: «La Finlandia non può affermare di essere un Paese che rispetta lo Stato di diritto. I respingimenti non possono essere resi legali nemmeno con un’eccezione».

      Anche Amnesty International ha espresso preoccupazione. La Direttrice dell’Ufficio Istituzioni europee, Eve Geddie, ha dichiarato: «Questa legge mina gravemente l’accesso all’asilo e la protezione dal respingimento in Finlandia. Rischia di essere il lasciapassare per la violenza e i respingimenti alla frontiera». Ha sottolineato l’importanza del principio di non respingimento, aggiungendo che «le denunce di gravi violazioni dei diritti umani al momento del rimpatrio richiedono un esame rigoroso, indipendentemente dal modo in cui le persone hanno raggiunto il territorio». Infine, ha fatto un appello: «La Finlandia dovrebbe respingere questo attacco ai suoi valori costituzionali fondamentali e allo stato di diritto, e ripristinare urgentemente le condizioni per gestire le frontiere in modo umano e nel rispetto dei suoi obblighi internazionali».

      Anche un gruppo di professori universitari, scrittori e artisti, nonché la rappresentante dell’UNHCR nei paesi nordici e baltici, Annika Sandlund, hanno espresso la loro opposizione alla nuova legge 1.

      Come riportato da InfoMigrants, la nuova legge si inserisce in un quadro di aumento significativo del numero di richiedenti asilo provenienti da Paesi come la Somalia e la Siria, arrivati in Finlandia attraverso il confine con la Russia nell’ultimo anno. Helsinki sostiene che Mosca ha orchestrato questo afflusso, accusandola di “usare l’arma della migrazione” come parte di “attacchi ibridi” in rappresaglia all’adesione della Finlandia alla NATO. Il Cremlino nega queste accuse. Intanto la Finlandia a fine novembre aveva chiuso le frontiere con la Russia, riaprendo poi due valichi successivamente.

      Questa legge inoltre «segue le pericolose orme di Lettonia, Lituania e Polonia, dove dal 2021 sono state introdotte numerose politiche e pratiche in violazione della legge sui diritti umani in nome della lotta ai cosiddetti tentativi di “strumentalizzazione”» 2.

      Dall’Unione Europea, il portavoce della Commissione, Eric Mamer, ha riconosciuto la natura eccezionale della nuova legge, affermando: «Non siamo in una procedura di tipo ordinario». Ha poi aggiunto che la Commissione Europea analizzerà la nuova legge per verificarne la compatibilità con il diritto dell’UE; «Gli Stati membri hanno il dovere di proteggere i loro confini. Ci sono condizioni su come devono farlo, ed è per questo che analizzeremo la legge».

      Il dibattito su questa legge rimane accesso, con le autorità finlandesi che sostengono la necessità di proteggere la “sicurezza nazionale” e combattere la strumentalizzazione della migrazione, mentre le numerose critiche denunciano la violazione dei diritti umani fondamentali. Mentre l’Unione Europea esamina la compatibilità di questa nuova legge con il diritto comunitario, è fondamentale monitorare la sua implementazione e impatto sui richiedenti asilo. La Finlandia deve garantire il diritto di chiedere asilo e il rispetto degli obblighi internazionali, senza violare il principio di non-refoulement.

      https://www.meltingpot.org/2024/08/finlandia-approvata-una-legge-per-aumentare-i-respingimenti-alle-frontie

  • New UNHCR/IOM/MMC Report Highlights Extreme Horrors Faced by Migrants and Refugees on Land Routes to Africa’s Mediterranean Coast

    Refugees and migrants continue to face extreme forms of violence, human rights violations and exploitation not just at sea, but also on land routes across the African continent, towards its Mediterranean coastline. This is according to a new report released today by UNHCR, the UN Refugee Agency, the International Organization for Migration (IOM) and the Mixed Migration Centre (MMC), titled “On this journey, no-one cares if you live or die” (Volume 2).

    With more people estimated to cross the Sahara Desert than the Mediterranean Sea – and deaths of refugees and migrants in the desert presumed to be double those happening at sea – the report casts light on the much less documented and publicized perils facing refugees and migrants on these land routes.

    Spanning a 3-year data collection period, the report also warns of an increase in the number of people attempting these perilous land crossings and the protection risks they face.

    This is in part the result of deteriorating situations in countries of origin and host countries – including the eruption of new conflicts in the Sahel and Sudan, the devastating impact of climate change and disasters on new and protracted emergencies in the East and Horn of Africa, as well as the manifestation of racism and xenophobia affecting refugees and migrants.

    The report also notes that across parts of the continent, refugees and migrants are increasingly traversing areas where insurgent groups, militias and other criminal actors operate, and where human trafficking, kidnapping for ransom, forced labour and sexual exploitation are rife. Some smuggling routes are now shifting towards more remote areas to avoid active conflict zones or border controls by State and non-State actors, subjecting people on the move to even greater risks.

    Among the litany of risks and abuses reported by refugees and migrants are torture, physical violence, arbitrary detention, death, kidnapping for ransom, sexual violence and exploitation, enslavement, human trafficking, forced labour, organ removal, robbery, arbitrary detention, collective expulsions and refoulement.

    Criminal gangs and armed groups are reported as the main perpetrators of these abuses, in addition to security forces, police, military, immigration officers and border guards.

    Despite commitments undertaken by the international community to save lives and address vulnerabilities, in accordance with international law, the three organizations warn that current international action is inadequate.

    Huge gaps in protection and assistance prevail across the Central Mediterranean route, pushing refugees and migrants to move onward on dangerous journeys. Specific support as well as access to justice for survivors of various forms of abuse is rarely available anywhere on the routes. Inadequate funding and restrictions on humanitarian access (including in key locations such as informal detention centres and holding facilities) are also hampering support.

    On their part, UNHCR, IOM, partners and several governments have stepped up life-saving protection services and assistance, identification and referral mechanisms along the routes – but humanitarian action is not enough.

    The organizations are calling for concrete, routes-based protection responses to save lives and reduce suffering, as well as a push to address the root causes of displacement and drivers of irregular movements– through positive action on peacebuilding, respect for human rights, governance, inequality, climate change and social cohesion, as well as the creation of safe pathways for migrants and refugees. These should span countries of origin, asylum, transit and destination.

    The organizations hope the report’s findings will bolster action to address the current gaps in the response towards people on the move.

    https://www.iom.int/news/new-unhcr-iom-mmc-report-highlights-extreme-horrors-faced-migrants-and-refugees

    #rapport #migrations #réfugiés #mourir_aux_frontières #morts_aux_frontières #violence #exploitation #Afrique #Méditerranée #Sahara #désert_du_Sahara #travail_forcé #milices #kidnapping #trafic_d'êtres_humains #risques #violence_physique #torture #exploitation_sexuelle #esclavage #trafic_d'organes #détention_arbitraire #refoulements #expulsions_collectives #gangs #groupes_armés #forces_de_l'ordre #protection

    • On This Journey, No One Cares if You Live or Die: Abuse, Protection and Justice along Routes between East and West Africa and Africa’s Mediterranean Coast – Volume 2

      In the complex landscape of migration, this second volume of the report, On This Journey, No One Cares if You Live or Die, emerges as a crucial body of work that sheds light on the stark realities faced by refugees and migrants traversing the perilous Central Mediterranean route all the way from East and Horn of Africa and West Africa to the North African coast of the Mediterranean and across the sea. Jointly published by IOM, MMC and UNHCR, this report delves into the protection risks faced by refugees and migrants during these journeys. It aims to inform increased and concrete routes-based protection responses to reduce the suffering associated with the desperate journeys refugees and migrants undertake, and to serve as a call to action in addressing the root causes of displacement and drivers of irregular migration through positive action on peace, climate change, governance, inequality and social cohesion, as well as the creation of safe migration pathways.

      https://publications.iom.int/books/journey-no-one-cares-if-you-live-or-die

  • Zarzalejos denuncia que Francia «está haciendo #devoluciones_en_caliente»

    De Andrés, líder del PP vasco, ha lamentado «la deslegitimación de instituciones del conjunto de España como la Justicia y los medios de comunicación»
    El Correo, Jesús J. Hernández, 07-06-2024

    avier Zarzalejos ha denunciado este jueves que Francia «está haciendo devoluciones en caliente» y ha asegurado que, además, «está suspendiendo, de manera arbitraria y reiterada, el espacio Schengen». El candidato del PP en las elecciones europeas ha anunciado el envío de una carta a la comisaria de interior Ylva Johansson para informarla de estos hechos y «pedirle que Los investigue y tome las medidas oportunas».

    El PP ha celebrado este jueves su acto de campaña en la avenida de Irun, muy cerca de la frontera francesa, por donde «pasan a diario» los migrantes hacia Francia y Alemania. Y ha aprovechado la ocasión para denunciar allí las políticas fronterizas del país galo. Según la vicesecretaria de Igualdad, Conciliación y políticas sociales del Partido Popular, Ana Alós, «la situación humanitaria con los migrantes que vive nuestro país y la Unión Europea no tendría que ocurrir».

    A juicio de Alós, «la política migratoria necesita de equilibrio entre una protección, que hoy, por parte del Gobierno de España no se está llevando a cabo, y el impulso de las medidas regulatorias de migración». Esa segunda parte se fundamenta en que «también necesitamos a personas venidas de otros países y que vienen a trabajar y buscar empleo», por lo que ha abogado por buscar «soluciones estructurales y una visión integral».

    «Irregularidad sobrevenida»
    Según los populares, «el PSOE entra en contradicción cuando habla de proteger a los inmigrantes pero luego les aboca a una irregularidad sobrevenida». Por eso reclamaron «la puesta en valor del pacto migratorio europeo y el equilibrio sensato que promueve el Partido Popular para acabar con la inmigración irregular en la Unión Europea». También Muriel Larrea, presidenta del PP de Gipuzkoa, ha denunciado «el drama humano» en el que se ha convertido este puente para los migrantes en tránsito que proceden de África.

    https://medios.mugak.eu/noticias/687486/noticia

    #refoulements #migrations #réfugiés #frontières #refoulements_à_chaud #refoulements #push-backs #France #pays_basque #Irun

  • Comment des migrants sont abandonnés en plein désert en #Afrique

    Une enquête de plusieurs mois menée par « Le Monde », le média à but non lucratif « Lighthouse Reports » et sept médias internationaux montre comment des dizaines de milliers de migrants en route vers l’Europe sont arrêtés et abandonnés en plein désert au Maroc, Tunisie et Mauritanie.

    https://www.dailymotion.com/video/x8yrqiy

    #vidéo #migrations #désert #abandon #Mauritanie #Maroc #Tunisie #réfugiés #externalisation #frontières #rafles #racisme_anti-Noirs #Fès #déportations #Rabat #forces_auxiliaires #refoulements #arrestations_arbitraires #enlèvements #centres_de_détention #Ksar #détention_administrative #Espagne #bus #Algérie #marche #torture #Gogui #Mali #accords #financements #expulsions_collectives #Nouakchott #forces_de_l'ordre #Sfax #Italie #équipement #aide_financière #UE #EU #Union_européenne #forces_de_sécurité #gardes-côtes #gardes-côtes_tunisiens #droits_humains #droits_fondamentaux

    ping @_kg_

  • A la frontière franco-italienne, des refoulements « illégaux » de migrants, dénonce la Défenseure des droits

    Dans une décision-cadre inédite, au terme de deux ans d’instruction, la Défenseure des droits dénonce des violations « systématiques » des droits des personnes par les autorités françaises, en particulier des demandeurs d’asile et des mineurs isolés. Des #privations_de_liberté « arbitraires » et « indignes » sont aussi épinglées.

    C’est une décision inédite de la Défenseure des droits, Claire Hédon, qui est rendue publique jeudi 25 avril. Pour la première fois, cette autorité administrative indépendante s’est penchée avec exhaustivité sur les pratiques de la France à sa frontière avec l’Italie. Depuis 2015, des contrôles y ont été rétablis, qui contreviennent au principe de libre circulation des personnes dans l’espace Schengen, mais qui sont sans cesse justifiés auprès de la Commission européenne par la menace terroriste et les flux migratoires irréguliers en Europe.

    Pendant près de deux ans, la Défenseure a enquêté sur la façon dont ces contrôles aux frontières intérieures de l’Union européenne (UE) sont réalisés, en se rendant notamment aux postes de police de Menton (Alpes-Maritimes) et de Montgenèvre (Hautes-Alpes), en épluchant les registres des services, en visitant les locaux dans lesquels les personnes sont retenues, en interrogeant les préfectures et les forces de l’ordre. Ses conclusions sont cinglantes : « Les droits des personnes migrantes font l’objet de violations massives », soulignent les équipes de Mme Hédon auprès du Monde.

    En 2023, plus de trente mille refus d’entrée ont été réalisés à la frontière franco-italienne, quasi exclusivement au motif que les personnes n’avaient pas de document de voyage ou de titre de séjour. Sur 184 pages, les observations de la Défenseure des droits détaillent des contrôles, des interpellations, des privations de liberté et des renvois en Italie de migrants. Pour elle, ces refoulements sont « illégaux ».

    La Défenseure a par exemple constaté que des refus d’entrée sont opposés à des personnes contrôlées en dehors des points de passage frontaliers formellement identifiés. Elles se trouvent donc déjà sur le territoire français et devraient en conséquence se voir appliquer d’autres procédures de contrôle.

    Contrôles « discriminatoires »

    Sur le principal point de passage, la gare de Menton-Garavan, qui concentre « 70 % à 80 % des interpellations », Mme Hédon a aussi observé des contrôles « discriminatoires, fondés sur des caractéristiques physiques associées à une origine réelle ou supposée », mais aussi des palpations systématiques sans qu’un danger potentiel objectif ait été identifié, y compris sur des mineurs et à la vue du public.

    Une fois les personnes contrôlées amenées au poste de la police aux frontières, qu’il s’agisse de celui de Menton ou de Montgenèvre, la Défenseure des droits considère qu’elles sont éloignées sans tenir compte de leur situation individuelle et donc de façon indiscriminée et systématique, au mépris en particulier de leur souhait de demander l’asile. Mme Hédon s’étonne que les autorités « assument » de procéder ainsi. « Cette pratique illégale est pleinement avalisée par la hiérarchie des forces de police ainsi que par l’autorité préfectorale », souligne-t-elle, dénonçant « une violation durable et systématique du droit d’asile à la frontière franco-italienne ».

    Les violations des droits de l’enfant sont également largement documentées. La Défenseure des droits considère que la police doit immédiatement orienter vers l’aide sociale à l’enfance des départements les jeunes se disant mineurs isolés. En lieu et place de quoi, la police aux frontières procède à des « opérations d’identification judiciaires » : elle relève leurs empreintes et consulte plusieurs fichiers biométriques. De même, lorsque les mineurs présentent des documents d’état civil tels que des actes de naissance, ceux-ci ne sont pas pris en compte. A tel point que la police fait figurer des dates de naissance différentes sur les refus d’entrée qu’elle édicte.

    « Appréciation » de l’âge des mineurs

    Dans les Alpes-Maritimes, une expérimentation est menée avec le conseil départemental depuis 2019. Des effectifs sont présents au sein des locaux de police de Menton pour procéder à une « appréciation » de l’âge des jeunes, à travers un entretien de quelques minutes. Un entretien dont les enjeux ne sont pas précisés aux personnes et qui fait l’objet d’un compte rendu qui n’est pas relu par le jeune, pas plus que celui-ci n’est informé de la possibilité de saisir un juge des enfants s’il conteste l’évaluation de son âge. Pour la Défenseure, ce protocole expérimental est illégal. De même, Mme Hédon a constaté que, si la police italienne refusait de reprendre le jeune, la police française avait pour pratique de le laisser libre en lui notifiant une obligation de quitter le territoire. Un procédé jugé, là encore, illégal.

    De façon plus générale, la Défenseure des droits a constaté que la police privait de liberté les personnes interpellées, pendant parfois toute une nuit en raison de la fermeture des services de police italiens. Les locaux préfabriqués utilisés pour, officiellement, des « mises à l’abri » de migrants, sont en réalité des lieux d’enfermement « arbitraire », puisque les personnes n’y bénéficient pas des droits afférents. Le juge n’y exerce aucun contrôle, les personnes n’ont pas accès à un avocat et les conditions matérielles d’enfermement sont qualifiées d’« indignes », en raison notamment de l’exiguïté des lieux, du manque d’hygiène, de lits et de matelas, d’aération ou encore de séparation entre les mineurs et les adultes.

    Surtout, la Défenseure des droits rappelle que, depuis une décision du Conseil d’Etat du 2 février (qui répercute un arrêt de la Cour de justice de l’Union européenne du 21 septembre 2023), le droit applicable aux étrangers à une frontière intérieure a été clarifié. La justice a ainsi rappelé que les éloignements devaient suivre une procédure de remise à l’Italie bien précise (prévue par un accord bilatéral de 1997, dit « de Chambéry »). Ces précisions de droit ont des implications importantes sur les pratiques de la police.

    Aménager des locaux spécifiques

    Les personnes contrôlées à la frontière peuvent ainsi faire l’objet, si elles se trouvent en situation irrégulière, d’une retenue administrative pour vérification de leur droit au séjour. Mais la Défenseure rappelle que ni les demandeurs d’asile ni les mineurs non accompagnés ne peuvent être placés en retenue administrative (car alors ils ne sont pas en situation irrégulière mais doivent être orientés, les premiers vers un guichet de demande d’asile et une véritable mise à l’abri, les seconds vers l’aide sociale à l’enfance pour une procédure d’évaluation). Les demandes d’asile formulées par les personnes étrangères « doivent être transmises sans délai à l’autorité préfectorale, et sans autres vérifications », insiste la Défenseure.

    Mme Hédon profite de sa décision pour se pencher sur les conséquences éventuelles de la loi relative à l’immigration adoptée en décembre 2023 et promulguée début 2024, et qui prévoit le placement en rétention administrative des demandeurs d’asile lorsqu’ils présentent un « risque de fuite ». Pour la Défenseure, cette rétention ne saurait s’appliquer de façon systématique aux migrants à la frontière et devrait faire l’objet d’un contrôle de constitutionnalité au fond.

    Quant aux personnes en situation irrégulière placées en retenue administrative, la Défenseure des droits rappelle que cette retenue ne peut excéder vingt-quatre heures, que des locaux spécifiques doivent être aménagés à cette fin, qui respectent la dignité des personnes, que le procureur doit être systématiquement averti, et qu’il doit en outre autoriser toute consultation du fichier automatisé des empreintes digitales, que les personnes doivent être informées, dans une langue qu’elles comprennent, de la possibilité d’avoir un avocat, qu’un procès-verbal de fin de retenue doit leur être notifié ainsi qu’une décision écrite de remise à l’Italie, pays qui doit formellement donner son accord à cette remise. « Aujourd’hui, rappellent les équipes de la Défenseure des droits, nous n’avons pas de garantie sur un changement de système. »

    https://www.lemonde.fr/societe/article/2024/04/25/a-la-frontiere-franco-italienne-des-refoulements-illegaux-de-migrants-denonc

    #frontière_sud-alpine #asile #migrations #réfugiés #frontières #Italie #France #Vintimille #renvois #expulsions #défenseur_des_droits #contrôles_frontaliers #Hautes-Alpes #Alpes_Maritimes #Montgenèvre #violations_massives #refus_d'entrée #interpellations #refoulements #push-backs #droit_d'asile #illégalité #mineurs #enfants #âge #retenue_administrative

    –-> et ce terme "illégaux" mis entre guillemets... pourtant les #refoulements sont illégaux. C’est l’article 33 de la convention sur les réfugiés qui le dit, c’est le #principe_de_non-refoulement...
    #illégalité #terminologie #mots #vocabulaire

    –-

    ajouté à la métaliste autour de la Création de zones frontalières (au lieu de lignes de frontière) en vue de refoulements :
    https://seenthis.net/messages/795053

    • Respect des droits des personnes migrantes à la frontière intérieure franco-italienne : le Défenseur des droits publie une décision-cadre

      Le Défenseur des droits publie ce jour une décision-cadre sur le respect des droits des personnes contrôlées et interpellées à la frontière intérieure franco-italienne, par les forces de sécurité françaises, dans les départements des Alpes-Maritimes et des Hautes-Alpes.

      Le franchissement des frontières de l’Union européenne (UE) est régi par le règlement européen dit code frontières Schengen, qui distingue d’un côté, les « frontières extérieures » de l’UE, et de l’autre, les « frontières intérieures » entre deux États membres de l’UE. Le franchissement de chaque catégorie de frontières obéit à des conditions qui lui est propre. Concernant les frontières intérieures, le principe est la libre circulation des personnes. Le droit de l’UE assure ainsi l’absence de tout contrôle des personnes aux frontières intérieures, quelle que soit leur nationalité, lorsqu’elles franchissent ces frontières. Cependant, depuis 2015, la France a rétabli les contrôles à ces frontières, en faisant application d’une exception prévue par le code frontières Schengen mais strictement encadrée.

      La #décision-cadre n°2024-061 (https://juridique.defenseurdesdroits.fr/index.php?lvl=notice_display&id=50351) s’inscrit dans le cadre du traitement de réclamations individuelles adressées à l’institution par les personnes concernées et par l’intermédiaire d’associations. Elle est le résultat d’une instruction contradictoire menée auprès des autorités mises en cause et de la mise en œuvre des pouvoirs d’enquête et d’intervention de l’institution. À ce titre, la Défenseure des droits a effectué un déplacement avec ses équipes à Montgenèvre et Briançon les 10 et 11 février 2022. Les services de l’institution ont également mené une vérification sur place du 10 au 13 avril 2023 à Menton, au sein des locaux de la police aux frontières (PAF) et à des points de passage autorisés.

      Cette décision intervient dans un contexte inédit, dans lequel la Cour de justice de l’Union européenne (CJUE, 4e ch., 21 septembre 2023) et le Conseil d’État (CE, section du contentieux, 2ème et 7ème ch.) ont récemment réaffirmé l’obligation pour les États membres de l’Union européenne, d’appliquer les garanties juridiques minimales prévues par la directive européenne dite retour aux personnes qui sont interpellées à la frontière intérieure, afin que leurs droits fondamentaux soient respectés.

      De manière préoccupante, cette décision-cadre conclut à l’existence de procédures et pratiques qui ne sont pas conformes à la directive retour, au droit européen et au droit national. Elle conclut également à des atteintes substantielles et multiples aux droits des personnes interpellées, à partir du moment où elles sont contrôlées, jusqu’à leur éloignement du territoire.

      Des procédures de refus d’entrée contraires au droit de l’UE

      Le Défenseur des droits constate que les personnes interpellées font l’objet d’une procédure de refus d’entrée qui ne respecte pas les garanties juridiques minimales de la directive retour telles que le recours à une procédure équitable et transparente, impliquant notamment un examen de la situation individuelle de la personne, la motivation des décisions en fait et en droit ou encore l’accès à l’interprétariat. Ces atteintes concernent un nombre de personnes d’autant plus important que la procédure est mise en œuvre sur une zone frontalière très étendue et imprécise, ce qui est en contradiction avec le droit européen.
      Une privation de liberté hors de tout cadre juridique

      Un grand nombre de personnes interpellées se retrouvent enfermées pendant plusieurs heures, voire une nuit entière, dans des locaux présentés comme des espaces de « mise à l’abri », sans fondement légal et dans des conditions indignes. Plus inquiétant encore, parmi ces personnes se trouvent des personnes vulnérables, notamment des familles, des mineurs et des demandeurs d’asile.
      Des obstacles au droit d’asile

      Concernant les demandeurs d’asile, le Défenseur des droits constate notamment que si la personne est considérée comme « non entrée » sur le territoire, elle fait l’objet d’un refus d’entrée et aucune demande d’asile n’est prise en compte. Cette pratique largement assumée est ouvertement contraire au droit d’asile, et constitue une entrave grave, généralisée et durable à l’accès à la procédure d’asile à la frontière franco-italienne.
      De lourdes atteintes aux droits des mineurs

      Concernant les mineurs, le Défenseur des droits relève de lourdes atteintes à leurs droits, qu’ils soient ou non accompagnés, en violation de l’intérêt supérieur de l’enfant et des droits des mineurs, et des garanties de la directive retour. Les procédures mises en place entravent notamment l’accès des mineurs non accompagnés à la protection de l’enfance.

      Au regard de l’ensemble de ses constats et conclusions alarmants, la Défenseure des droits formule une série de recommandations qu’elle adresse au ministre de l’Intérieur et des Outre-mer et aux préfectures concernées. Elle appelle à faire cesser, dans les plus brefs délais, les procédures et pratiques constatées et à mettre fin aux atteintes multiples portées aux droits des personnes qui sont contrôlées et interpellées à la frontière franco-italienne.

      https://www.defenseurdesdroits.fr/respect-des-droits-des-personnes-migrantes-la-frontiere-interieur

    • La France accusée de « violations systématiques » des droits des migrants à sa frontière avec l’Italie

      Une enquête très documentée publiée jeudi par la Défenseure des droits souligne des « violations systématiques » par les autorités françaises des droits des personnes migrantes souhaitant entrer sur le territoire depuis l’Italie, ainsi que des privations de liberté « arbitraires et indignes ».

      En 2023, 30 000 refus d’entrées ont été notifiés à des personnes que la police a ensuite refoulées sur le territoire italien. Dans bon nombre de cas, ces refoulements étaient illégaux. C’est ce qu’a pu constater la Défenseure des droits Claire Hédon au terme d’une enquête de deux ans, en se rendant avec ses équipes à la frontière franco-italienne. Cette « décision-cadre », un document qui fait partie des moyens d’action de la Défenseure des droits, a été publiée jeudi 25 avril et adressée au ministère de l’Intérieur.

      L’Association nationale d’assistance aux frontières pour les étrangers (Anafe) constate ces violations des droits sur le terrain depuis huit ans. « On était encore en observation à la frontière la semaine dernière, précise son président Alexandre Moreau. Ce qu’on observe, c’est qu’il n’y a toujours pas d’interprètes dans les procédures de vérification de séjour. Il n’y a pas d’information sur la procédure appliquée aux personnes, il n’y a pas d’avocat et donc pas d’assistance juridique. Il n’y a pas non plus d’information sur la procédure d’asile. Or un certain nombre de personnes fuient des situations qui leur justifieraient un besoin de protection internationale au-dessus de l’asile, il n’y a pas de toute cette explication et c’est encore pire pour les mineurs isolés. »
      Atteintes aux droits des enfants pour les mineurs non accompagnés

      Le cas des mineurs non accompagnés est particulièrement mis en lumière dans l’enquête de la Défenseure des droits. Selon la loi, une personne migrante se déclarant mineure doit notamment être prise en charge par les services départementaux de l’Aide sociale à l’enfance (ASE). Or, les pratiques de la police française aux frontières (PAF) ne reflètent pas les procédures prévues, estime Alexandre Moreau.

      « Lorsqu’on procède à une vérification du séjour pour les mineurs, on doit leur permettre un temps de répit. Mais on observe qu’il n’y a pas ce temps de répit immédiatement. Quand il y a interpellation, il y a examen. L’examen ne dure même pas 30 minutes. On ne leur explique pas pourquoi ils doivent répondre à ces questions et quels en sont les enjeux. Systématiquement, on s’aperçoit que la minorité, elle, est contestée et donc le doute ne profite pas à la minorité. Et on ne leur explique pas, par exemple, qu’ils ont droit à un avocat, qu’ils ont droit aussi de saisir le juge des enfants pour contester la décision de majorité. Or, les mineurs isolés ne sont jamais, jamais, jamais en situation irrégulière sur le territoire. »
      Privations de liberté arbitraires

      Une fois interpellées, « un grand nombre de personnes se retrouvent enfermées pendant plusieurs heures, voire toute une nuit », souligne l’enquête. Cela sous prétexte d’être « mises à l’abri », avant d’être reconduites de l’autre côté de la montagne par la police italienne. « On n’est ni dans une zone d’attente, ni dans un centre de rétention, indique Alexandre Moreau. C’est une procédure complètement illégale et arbitraire d’un enfermement dans des préfabriqués, donc en plus dans des conditions complètement indignes. Et on ne sait pas exactement dans quel cadre juridique la police pratique cet enfermement. Elle parle de mise à l’abri, mais c’est tout un code particulier qui n’est pas non plus lui-même respecté. »

      Parmi la longue liste d’entraves constatées par la Défenseure des droits dans ce rapport de 180 pages, le lieu même des contrôles policiers pose question. Les points de contrôles doivent être déclarés à la Commission européenne, condition sine qua non au rétablissement des contrôles aux frontières intérieures de l’espace Schengen. Or, à plusieurs reprises, des personnes exilées ont été interceptées à d’autres endroits que ceux officiellement prévus dans les textes.
      Le rétablissement des frontières intérieures justifié par un attentat à Moscou

      Le droit européen permet effectivement aux États membres de l’espace Schengen, dont la libre-circulation des personnes est un principe clef, de rétablir les contrôles à titre exceptionnel et pour une durée de six mois.

      Depuis 2015, en raison d’une menace terroriste après les attentats du 13 novembre 2015 à Paris, la police française aux frontières a activement repris du service. Depuis, le rétablissement des contrôles est sans cesse renouvelé, motivé par des événements aussi variés que la pandémie de Covid-19 en 2020, ou l’organisation de la Coupe du monde de Rugby en 2023.

      L’autorisation actuelle prend fin le 30 avril 2024. Au 1er mai, de nouveaux arguments ont été notifiés à la Commission européenne : la tenue des Jeux Olympiques et paralympiques à Paris et l’attentat de Moscou du 22 mars dernier.

      https://www.infomigrants.net/fr/post/56698/la-france-accusee-de-violations-systematiques-des-droits-des-migrants-

    • Migrations à la frontière franco-italienne : comment la loi est utilisée pour déplacer les montagnes

      Imaginez. La vie chez vous – en Syrie, en Guinée, au Bangladesh, en Turquie – est devenue trop dangereuse. Après y avoir longuement réfléchi, vous prenez donc la décision de partir, de quitter votre pays. Vous avez déjà tenté plusieurs fois d’obtenir un visa pour faire le voyage en sécurité, sans succès. Votre destination : la France. C’est là qu’une cousine peut vous accueillir le temps de la procédure pour obtenir l’asile, puis de reconstruire votre vie. Il ne vous reste donc que de « tenter l’aventure », voilà comment vous définissez le voyage entre vous, comme le soulignent les universitaires Cécile Canut et Alioune Sow dans un texte publié il y a dix ans.

      Vous êtes ainsi contraint de traverser des montagnes, des déserts, des rivières et des mers de manière « illégalisée ». C’est ainsi que le chercheur Harald Bauder suggère de définir les parcours qui se font de manière clandestine. Vous arrivez par voie terrestre ou maritime aux portes de l’Europe début décembre 2023. Vous vous apprêtez à entrer en Grèce, Italie ou Espagne, des pays membres de l’Union européenne et par ce fait soumis aux règles communes de l’espace Schengen.

      C’est une agente des polices aux frontières (PAF) du pays en question qui contrôle si vous avez les papiers requis – un passeport avec un visa valable pour l’espace Schengen – pour passer la frontière dite « extérieure » de l’Union européenne (UE). Vous ne les avez pas, mais vous savez par contre que, pour déposer une demande d’asile, les papiers ne sont pas nécessaires. L’agente devant vous incarne l’autorité nationale, elle agit au nom de l’État, qui est souverain dans le contrôle des flux migratoires et dans la fixation des conditions d’entrée et de séjour des personnes étrangères sur son sol.

      Pourtant, il y a des normes qui priment, et l’agente devrait le savoir. C’est notamment le cas du principe dit « de non-refoulement ». Celui-ci limite cette liberté de principe pour les personnes qui demandent l’asile, soit celles qui font une requête de protection contre une persécution subie dans leur pays. C’est l’article 33 de la Convention relative au statut des réfugiés (ou Convention de Genève) qui interdit l’expulsion d’« un réfugié sur les frontières des territoires où sa vie ou sa liberté serait menacée ».

      Vous décidez donc de manifester votre intention de demander l’asile. Vous êtes enfermé dans un hotspot, un de ces centres d’enregistrement mis en place dès 2015 par l’UE dans le but d’identifier, d’évaluer et de trier les personnes exilées arrivant sur le territoire européen. Vous avez de la chance, vous y restez seulement quelques jours et vous trouvez le moyen de continuer le voyage. Vous êtes en Italie, mais vous êtes surtout sur le sol de l’Union européenne, un espace de libre circulation, pensiez-vous. Fini les contrôles systématiques aux frontières dites « intérieures » depuis mars 1995. Théoriquement.
      Des contrôles accrus

      Dans la pratique, les choses sont différentes. Un compatriote vous a averti : pas possible de passer par l’une des innombrables infrastructures qui permettent de franchir rapidement les Alpes et se rendre en France, où vous attend votre cousine.

      En effet, les contrôles aux frontières ont été réinstaurés par l’Hexagone depuis 2015. Pour faire cela, la France a dû les justifier sur la base d’une « menace grave à l’ordre public » et de la « sécurité ». C’est le seul pays européen à les avoir mis en place sans interruption, depuis 2015.

      Dernière prolongation obtenue, celle qui couvrira la période allant du 1er mai au 31 octobre 2024, dont voici les raisons évoquées :

      « Les Jeux olympiques et paralympiques organisés en France durant l’été 2024, qui augmentent considérablement le risque pour la sécurité nationale, une menace terroriste intensifiée, l’attentat de Moscou du 22 mars 2024 revendiqué par l’État islamique, une pression migratoire constante aux frontières extérieures de l’espace Schengen, une augmentation significative des franchissements irréguliers notamment en provenance de Turquie et d’Afrique du Nord, une pression sur le système d’accueil. »

      Désormais, depuis donc 2015, les frontières sont surveillées et militarisées. Si vous choisissez de passer par l’un des postes-frontière officiels vous serez contrôlé, arrêté, puis expulsé en Italie. Il faut tenter par des passages alternatifs, par les chemins de montagne, vous suggère le même compatriote.
      Vous n’avez qu’un sac en plastique avec des papiers administratifs

      4 janvier 2024. Vous changez de train à Turin pour vous rendre à Oulx, dans le Val de Suse. Là, vous êtes accueilli une nuit au Rifugio Fraternità Massi, un lieu où vous pouvez dormir et manger.

      Des bénévoles vous donneront des habits adaptés pour la traversée via le col de Montgenèvre jusqu’à Briançon. Vous-même n’avez qu’un sac en plastique avec des papiers administratifs, une photo de votre mère et de vos sœurs et frères, un téléphone portable. Le reste, vous l’avez perdu durant votre long périple et vous n’avez évidemment pas de chaussures adaptées pour marcher dans la montagne.

      Au refuge, on vous recommandera les sentiers les moins dangereux si vous décidez de contourner le poste-frontière. Vous suivez les conseils. Vous vous mettez en marche, la nuit vers 2h du matin. Vous voyez en contrebas les lumières dans les maisons de vacances du village de Montgenèvre.

      Vous marchez depuis cinq heures dans le froid et la nuit. Vous avez souvent l’impression de refaire le même chemin plusieurs fois, et vous ne savez pas si vous êtes déjà en France ou encore en Italie. Soudain, vous voyez trois personnes en uniforme. Ils viennent vers vous et ils vous ordonnent de vous arrêter.

      Vous obéissez. Vous êtes amené au poste-frontière de Montgenèvre et là, sans vous poser aucune question, on vous donne un papier, un « refus d’entrée ». Après des formalités avec la police italienne, qui a pris vos empreintes digitales, vous êtes remis à la Croix-Rouge qui vous ramène à Oulx. La bénévole tient à vous dire que vous avez eu de la chance, que vous êtes passé « au bon moment », dans un moment dans lequel le droit semble enfin être respecté, mais elle ajoute : « Les règles et les pratiques aux frontières changent rapidement, on ne sait pas de quoi le demain sera fait ».

      Une procédure, dans ces conditions, illégale. Vous le savez maintenant que vous êtes arrivé à Grenoble, là où vous avez trouvé un refuge temporaire. Une bénévole d’une association vous a expliqué que ce changement est dû à un arrêt publié le 2 février 2024 par le Conseil d’État.

      C’est grâce à cette décision que le droit semble maintenant être respecté à la frontière haute alpine. En effet, une compatriote est passée par le même chemin que vous il y a quelques jours, et elle a pu se présenter au poste-frontière, expliquer aux gardes-frontière son intention de demander l’asile à la France et elle a ainsi pu continuer son chemin jusqu’à Briançon, en toute sécurité et sans peur d’être pourchassée dans les montagnes. La bénévole tient à souligner :

      « Les règles et les pratiques aux frontières changent rapidement, on ne sait pas de quoi le demain sera fait ».

      Avant cette date, les décisions des forces de l’ordre se fondaient sur une vague indication géographique ; et c’était cette interprétation de votre localisation dans l’espace qui comptait et décidait de votre sort.
      Une microgéographie cruciale

      Cette microgéographie importe bien plus qu’elle ne le semble, comme le montre un rapport récent de la Défenseure des droits. Cette dernière prend la forme d’une décision-cadre publiée en avril 2024 et portant sur la frontière franco-italienne dite « haute » (Montgenèvre/Hautes-Alpes) ainsi que sur celle dite « basse » (Menton/Alpes-Maritimes).

      C’est en se fondant sur des visites sur place – qui ont eu lieu à Montgenèvre et Briançon les 10 et 11 février 2022 et du 10 au 13 avril 2023 à Menton – et sur des décisions de justice que la Défenseure des droits a rendu sa décision cadre. Celle-ci permet ensuite à l’institution de régler un litige, préconiser des recommandations ou sanctionner.

      Dans ce cadre-ci, elle a constaté que les pratiques étaient non conformes au droit, notamment en analysant quel régime juridique est appliqué en cas d’interpellation des personnes dans ces régions frontalières.

      Les régimes qui les régissent ne sont pas les mêmes : le « régime frontière extérieure » ou le « régime territoire », selon que la personne est considérée comme ayant franchi la frontière, ou pas.

      Dans le premier cas, la décision porte sur la non-autorisation à accéder au territoire national. Dans le deuxième, les gardes-frontière estiment en revanche que la personne est bel et bien rentrée sur le territoire, mais qu’elle y séjourne de manière irrégulière. Si, dans le premier cas, elle se voit notifier un refus d’entrée, dans le deuxième, c’est une décision de renvoi selon la directive européenne dite « retour » qui s’applique et qui est légalement « autrement plus contraignante », comme l’affirme la Défenseure des droits.

      Il devrait pourtant être simple de juger si une personne se trouve sur le territoire national, il suffit de constater si elle est en deçà ou au-delà du tracé frontalier. La frontière est une ligne, croit-on. Oui, mais…
      Pourquoi la définition de col est problématique

      Ce que constate Madame Hédon, c’est que dans ces régions frontalières haute et basse, il y a une « imprécision du tracé » qui résulte en une « extension illégale de la frontière franco-italienne » (p.18).

      Prenons en exemple la mention de la notion géographique de « col » utilisée par les forces de l’ordre dans les Hautes-Alpes et qui donne lieu à des décisions de refus d’entrée. Si le Larousse la définit comme « Partie déprimée d’une crête montagneuse, utilisée comme passage » on ne peut que constater l’imprécision du terme quant au territoire qu’il est censé définir.

      Cette désignation, selon la Défenseure des droits, ne permet pas d’identifier précisément la zone d’interpellation, et notamment de savoir si les contrôles ont été effectués sur les points de passage autorisés (PPA), seuls endroits où des contrôles peuvent être conduits en vertu du Rétablissement des contrôles aux frontières intérieures en vigueur depuis 2015 en France.

      En dehors de ces points de passage ou « sur le trait de frontière intérieure entre deux PPA » (p.23), les personnes doivent être « considérées sur le territoire français » (p.23). Ainsi, et emblématiquement, la Défenseure des droits recommande d’« établir une liste de PPA précisément délimités, de transmettre les coordonnées géographiques de ces lieux à la Commission européenne et de la publier à l’échelle nationale par le biais du Journal officiel » (p.23).

      Voilà dans quelle imbrication juridique vous êtes tombé quand ces agents en uniforme vous ont sommé de montrer vos papiers ! Vous n’êtes pourtant pas la seule personne à qui l’on dit, et contre toute évidence, que vous ne vous trouvez pas sur le territoire national alors même que le GPS sur votre smartphone vous indique le contraire : Lat. 44°55’25.6"N, Lon. 6°42’20.8"E. Territoire français.
      Zones d’attente

      À quelques centaines de kilomètres de là – même topo, autre endroit où la France « joue » avec le tracé frontalier. Autre fiction juridique.

      C’est un ressortissant d’Amérique latine cette fois à qui cet agent de la police aux frontières dit de ne pas être sur le territoire français. Son avion a pourtant bien atterri à Roissy, et il a même déjà envoyé un petit message à sa conjointe pour l’en informer comme on l’entend dans le documentaire sonore signé Antoine Bougeard et Nausicaa Preiss.

      Mais les gardes-frontière l’ont amené dans « une zone d’attente », des lieux institués en 1992 avec la loi Quilès. Comme le rappelle Laure Blondel, co-directrice de l’Association nationale d’assistance aux frontières pour les étrangers (Anafé), il s’agit de lieux dans lesquels sont enfermées les personnes qui demandent l’asile et celles qui parviennent à atteindre la frontière, mais dont l’accès au territoire est refusé car elles ne remplissent pas les conditions d’entrée ou sont suspectées d’être un « risque migratoire ».

      La loi Quilès préfigure la situation aujourd’hui à Montgenèvre ou à Menton, et qui est en train de se jouer dans le Pacte sur les migrations et l’asile dernièrement approuvé par les États membres de l’Union européenne. Des personnes « enfermées nulle part », comme le suggère le titre du récent documentaire sonore sur les zones d’attente, ou des « prisonnièr·e·s du passage », comme le propose la bande dessinée signée Chowra Makaremi et Matthieu Parciboula (2019).

      Que vous arrivera-t-il ?

      Qu’apprend-on de ces histoires ? On sait que depuis la mise en œuvre de la Convention sur les réfugiés signée en 1951, prétendre à une protection exige deux conditions : être sorti du pays dans lequel la persécution a lieu et se trouver physiquement sur le sol du pays où on demande la protection. On en déduit donc que l’accès au territoire permet l’accès aux droits.

      L’enjeu est donc éminemment géographique en plus d’être juridique. Comme l’a si bien démontré le juriste Bastien Charaudeau Santomauro, à la frontière franco-italienne l’on peut observer « un bricolage du droit », qui passe aussi (avant tout ?) par un bricolage de la définition même des frontières.

      En effet, depuis désormais plus de 30 ans, les États trouvent des astuces afin de créer des « fictions juridiques », c’est-à-dire, décaler le tracé frontalier et créer des zones d’extraterritorialité ou plutôt, comme l’écrit Bastien Charaudeau Santomauro, d’« a-territorialité », c’est-à-dire, des zones qui limitent – voire empêchent – l’accès aux droits.
      Vous marchez plus de dix heures dans la neige

      Ainsi, quand la bénévole vous explique ce changement de pratiques à la frontière, intervenu après la décision du 2 février par le Conseil d’État, vous vous dites que vous auriez dû bénéficier du droit à l’asile directement à la frontière, au lieu d’être renvoyé à Oulx.

      Pour vous, les choses ont été différentes. Après avoir la traversée, après avoir dormi à nouveau au Refuge Fraternità Massi, vous avez repris le bus, et puis continué à pied. Vous croisez d’autres personnes, hommes, femmes et enfants, qui ont fait ce trajet, vous ont-ils dit deux, trois, quatre… huit fois.

      Vous voulez éviter tout risque d’être contrôlé. Alors, vous avez pris un chemin très haut dans la montagne, tant pis s’il a fallu marcher plus de dix heures dans la neige qui vous arrive à la hauteur de votre bassin. Vous êtes épuisé, gelé, et très désorienté.

      Au petit matin vous arrivez enfin à Briançon, et vous êtes accueilli quelques jours au Refuge solidaire. C’est là qu’on vous dit de vous rendre en Préfecture pour déposer votre demande d’asile, maintenant que vous êtes effectivement sur le territoire. Vous mesurez l’absurdité de l’administration… Pour exercer votre droit de demander une protection à la France, vous avez finalement dû éviter les agents normalement en charge d’appliquer le cadre légal et qui vous permettent de le faire en sécurité.

      https://theconversation.com/migrations-a-la-frontiere-franco-italienne-comment-la-loi-est-utili

    • Frontières : des « fictions juridiques » pour esquiver le droit international

      Une « fiction juridique » : c’est ainsi que la Défenseure des droits a qualifié en avril dernier le stratagème que la France a mis en place à sa frontière avec l’Italie. Depuis 2015, l’administration a ainsi esquivé le droit international et décidé d’une politique de refoulement systématique des personnes exilées. Un procédé qui s’est accompagné de nombreux dénis de droits envers ces dernières.

      ram05 a recueilli sur ce sujet les éclairages d’une enseignante-chercheuse et géographe.
      Dans quel cadre se déroulent les contrôles aux frontières ?

      La Défenseure des droits en rappelle l’historique dans sa décision-cadre rendue fin avril 2024. Il s’agit d’un rapport sur les pratiques des forces de l’ordre à la frontière franco-italienne, résultant d’une instruction menée entre 2022 et mars 2024. Le document est très sévère envers l’administration et conclut à de nombreuses atteintes aux droits des personnes interpellées à la frontière franco-italienne.

      Pour résumer, le principe de base à l’intérieur de l’Union Européenne est la libre circulation, quelque soit la nationalité des personnes. Mais une exception est possible : un pays peut demander à l’UE un rétablissement des contrôles à ses frontières, « en dernier recours », et « en cas de menace grave pour l’ordre public ou la sécurité intérieure ».

      La France a enclenché cette procédure le 13 novembre 2015, jour des attentats en Île-de-France, pour lutter contre la menace terroriste. Depuis, elle la renouvelle tous les 6 mois.

      Ces contrôles restent toutefois encadrés par le droit, rappelle Cristina del Biaggio, enseignante-chercheuse et géographe à l’Université Grenoble Alpes.

      Ces contrôles aux frontières ne doivent pas s’apparenter à des contrôles systématiques ou des contrôles au faciès.

      « À partir de 2015, la France a demandé une dérogation du code frontière Schengen, dans lequel elle a demandé de pouvoir rétablir des contrôles frontières. Mais ceux-ci ne doivent pas s’apparenter à des contrôles systématiques aux frontières.

      Dans ce cadre-là, la France a dû envoyer une liste des points de passage autorisés à l’Union européenne, et dans cette liste-là, il y a des endroits précis, des lieux précis, pour lesquels les forces de l’ordre ont le droit de faire des contrôles et des interpellations de personnes qui passent la frontière, et de pouvoir demander les raisons pour lesquelles les personnes passent la frontière.

      Mais ils ne doivent pas, encore une fois, s’apparenter à des contrôles systématiques aux frontières ou des contrôles au faciès », retrace Cristina del Biaggio.

      Un rétablissement des contrôles aux frontières, d’accord, mais dans des lieux précisément identifiés et pas de manière systématique.
      La France a-t-elle respecté ces contraintes ?

      Non, a observé la Défenseure des droits. Celle-ci mentionne d’une part des « contrôles systématiques et sans limitation de durée », ce qui est donc contraire au droit.

      Mais surtout, la Défenseure des droits signale une « imprécision du tracé » et une « extension illégale » de la frontière franco-italienne.

      Ainsi, les PPA, points de passages autorisés, dans les Hautes-Alpes, sont définis notamment comme les cols de Larche, Agnel, de l’Échelle et de Montgenèvre, la notion de col étant particulièrement « imprécise » et permettant donc des contrôles dans une zone trop large. La décision-cadre recommande d’établir des PPA « précisément délimités » et de communiquer leurs « coordonnées géographiques ».

      L’administration est également pointée du doigt pour une autre pratique : considérer que les personnes interpellées ne se trouvent en fait pas sur le territoire français, et leur notifier un « refus d’entrée ».

      On retrouve Cristina del Biaggio.

      La France trouve des stratagèmes pour faire comme si la personne n’était jamais arrivée sur le territoire.

      « Dans une espèce de ce que les juristes appellent une « fiction juridique », la France trouve des moyens, des fictions, des stratégies, des stratagèmes pour faire comme si la personne n’était jamais arrivée sur le territoire.

      D’ailleurs, cette décision s’appelle « refus d’entrée », ce qui montre bien que la personne n’est pas encore considérée comme étant entrée sur le territoire, comme ayant mis physiquement les pieds sur le territoire.

      Donc on refuse d’entrer à des personnes à qui on devrait donner la possibilité de rentrer pour notamment demander une protection et donc l’asile », expose l’universitaire.
      La France respecte-t-elle le droit international ?

      En théorie chaque État doit garantir l’application du droit international et du droit d’asile sur son territoire.

      « En gros, dès qu’une personne accède physiquement à un territoire, qu’elle pose ses pieds sur un territoire, cette personne peut faire valoir des droits, et notamment le droit de demander une protection au titre de l’asile.

      Les États, donc la France aussi, doit garantir que ces droits soient respectés », rappelle Cristina del Biaggio.

      Le raisonnement est donc simple : « vu que l’entrée sur le territoire garantit des droits, on fait semblant que la personne n’est pas entrée sur le territoire pour ne pas avoir à lui donner accès à ces droits », résume l’universitaire.

      Cette sorte d’entre-deux, de zone grise au bord de la frontière, constitue un « détournement » du droit, estime la Défenseure.

      Depuis la publication de ce rapport, les pratiques des forces de l’ordre à la frontière ont cependant évolué vers un meilleur respect des droits des personnes exilées, a constaté l’association Tous Migrants. Nous vous en parlions dans Le Forum Hebdo du 17 mai 2024.
      Ce stratagème existe-t-il aussi ailleurs ?

      La France, décidément, est avant-gardiste sur le sujet, relate Cristina del Biaggio.

      La France a été une pionnière de ces fictions juridiques et territoriales, avec la création des zones d’attente dans les aéroports.

      « La France, déjà, a été une des pionnières dans la création de ces fictions juridiques et/ou fictions territoriales, notamment avec la création des zones d’attente dans les aéroports. Si je ne me trompe pas, c’était 1992. C’est toujours le même principe : la France décide qu’il y a certaines zones sur son territoire qui ne sont pas considérées vraiment comme faisant partie du territoire.

      Il y a des chercheurs qui parlent aussi de « a-territorialité », pour dire que la France fait semblant que ces zones-là ne sont pas des zones qui appartiennent à son territoire », détaille la géographe.

      Et des exemples d’État qui s’amputent d’une partie de leur territoire pour ne pas avoir à y appliquer le droit, il en existe plusieurs à travers le monde.

      Un exemple assez éclatant a été décidé en 2001 en Australie, c’est ce que cet État appelle « l’excision territoriale »de ses côtes nord.

      « C’est le cas par exemple à la frontière entre l’Espagne et le Maroc, à Melilla, enclave espagnole sur le territoire marocain. L’Espagne a construit une barrière frontalière qui est en fait une triple barrière, trois grillages successifs parallèles dans l’espace qui créent une espèce de zone. l’Espagne a décidé que la zone justement qui se trouve entre les trois barrières n’est pas considérée comme étant territoire espagnol. Donc ça veut dire que la personne qui arrive à traverser un grillage qui se trouve dans cette zone entre les trois grillages n’est pas vraiment considérée comme étant sur le territoire espagnol. Et donc les forces de l’ordre les renvoient de l’autre côté, ce qui est encore une fois interdit par le droit international.

      C’est la même chose avec la Hongrie qui a créé une espèce de bande frontalière d’une largeur de 8 km à l’intérieur de son territoire où elle a décrété que ce n’est pas vraiment la Hongrie.

      Et je pense qu’un exemple assez éclatant a été décidé en 2001 en Australie, c’est ce que cet État appelle « l’excision territoriale ». L’Australie a décidé que ses côtes nord n’étaient pas vraiment son territoire et que les personnes qui arrivaient par bateau n’avaient aucun droit une fois débarquées sur la côte. Ils appellent ça « l’excision territoriale », ils enlèvent une partie du territoire de leur propre territoire », énumère Cristina del Biaggio.

      https://ram05.fr/frontieres-des-fictions-juridiques-pour-esquiver-le-droit-international

  • Politiques migratoires : « Des dispositifs mortels, dont l’effet est de tuer pour dissuader »

    Les textes composant le Pacte migratoire européen devraient être votés à Bruxelles d’ici mercredi 10 avril. Ils pourraient réduire considérablement les droits des personnes en exil qui tenteraient de rejoindre l’Union européenne.

    Renforcer les contrôles aux frontières, procéder au tri des exilé·es aux portes de l’Union européenne, traiter les procédures d’asile en accéléré, expulser plus rapidement les « indésirables » ou encourager les logiques d’externalisation…

    Les textes qui composent le pacte migratoire européen sont actuellement débattus au Parlement européen et doivent être votés mercredi 10 avril. Censé répondre à la crise de l’accueil qu’a connue l’Europe en 2015, il est largement rejeté par la gauche et les ONG, mais a toutes les chances d’être adopté après plus de deux ans de tractations.

    Pourquoi a-t-il été aussi difficile d’aboutir sur un tel pacte ? Que va-t-il changer pour les personnes exilées ? Comment en contrer les potentiels effets négatifs ?

    Nos invitées pour en débattre :

    - #Rima_Hassan, candidate LFI aux élections européennes, juriste et fondatrice de l’Observatoire des camps de réfugiés ;
    - #Sophie-Anne_Bisiaux, membre du réseau Migreurop, spécialiste des questions liées à l’externalisation, notamment en Afrique du Nord ;
    - #Sophie_Djigo, philosophe, fondatrice du collectif Migraction59 dans le nord de la France, autrice de Penser avec la frontière (Éditions d’une rive à l’autre).

    https://www.mediapart.fr/journal/international/090424/politiques-migratoires-des-dispositifs-mortels-dont-l-effet-est-de-tuer-po
    #pacte_européen_sur_la_migration_et_l’asile #pacte #Europe #pacte_migratoire #asile #migrations #réfugiés
    #pression_migratoire #management_migratoire #triple_win #répression #administration_des_flux #exclusion #récupération #humanité #fermeté #enfermement #tri #militarisation_des_frontières #racisme #règlement_filtrage #filtrage #frontières #frontières_extérieures #détention #enfermement #fichage #empreintes_digitales #procédure_d'asile #procédure_à_la_frontière #procédure_accélérée #pays_sûrs #fiction_juridique_de_non-entrée #non-entrée #fiction_juridique #encampement #encampement_généralisé #répartition #répartition_de_solidarité #paternalisme_colonial #externalisation #externalisation_des_frontières #refoulements #push-backs
    #vidéo

  • Face à la hausse des arrivées irrégulières, Chypre annonce la suspension des demandes d’asile de Syriens

    Les autorités chypriotes ont annoncé dimanche la suspension du traitement des demandes d’asile des Syriens. Le président #Nikos_Christodoulides a évoqué « une mesure d’urgence » face à la forte hausse des arrivées irrégulières sur l’île, principalement depuis le Liban voisin.

    « Il s’agit d’une mesure d’urgence, d’une décision difficile à prendre pour protéger les intérêts de Chypre », a déclaré dimanche 14 avril le président chypriote Nikos Christodoulides lors de l’annonce de la suspension des demandes d’asile de Syriens dans le pays.

    Le gouvernement chypriote a pris cette décision en réaction à une forte augmentation des arrivées irrégulières ce mois-ci sur l’île. Plus de 1 000 personnes sont arrivées à Chypre sur des bateaux en provenance du Liban depuis le début du mois d’avril, dans un contexte d’aggravation des tensions au Moyen-Orient.

    Nicosie a donc demandé à ses partenaires de l’Union européenne (UE) de faire davantage pour aider le Liban et de reconsidérer le statut de la #Syrie - jusqu’à aujourd’hui déchirée par la guerre et considérée trop dangereuse pour y rapatrier les demandeurs d’asile.

    Nikos Christodoulides et la présidente de la Commission européenne, Ursula von der Leyen, ont discuté de la possibilité de renforcer l’aide économique attribuée à Beyrouth, a indiqué un porte-parole du gouvernement chypriote dans un communiqué. À cette fin, il a été convenu qu’ils se rendraient ensemble au Liban après une visite préparatoire de la Commission.

    Le #Liban, en proie à une grave crise financière, accueille des centaines de milliers de réfugiés syriens. Et les arrivées ne cessent de se poursuivre, les Syriens continuant à quitter leur pays désormais en proie à une très grave crise économique.

    Chypre, l’État le plus à l’est de l’UE et le plus proche du Moyen-Orient, se trouve à environ 160 km à l’ouest des côtes libanaises ou syriennes. L’île a enregistré plus de 2 000 arrivées par voie maritime au cours des trois premiers mois de l’année, contre seulement 78 au cours de la même période en 2023.

    Une mise en application encore floue

    Dans la pratique, la suspension du traitement des demandes signifie que les demandeurs d’asile pourront déposer un dossier mais qu’il ne sera pas traité.

    Ils seront confinés dans deux camps d’accueil qui fournissent un abri, de la nourriture, et réglementent les sorties, sans autre avantage.

    Ceux qui choisissent de quitter ces installations perdront automatiquement toute forme d’aide et ne seront pas autorisés à travailler, ont indiqué des sources gouvernementales.

    Pour Corinna Drousiotou, coordinatrice de l’ONG Cyprus Refugee Council interrogée par InfoMigrants, la décision du gouvernement chypriote concernant les demandeurs d’asile syriens ne repose sur aucune base légale. Par ailleurs, « il n’est pas encore clair de savoir comment les autorités vont appliquer cette décision […] Mais, nous ne pensons pas qu’elle parvienne à réduire les arrivées de réfugiés car ils ne sont généralement pas au courant de ce type de décision et les passeurs ne les en informent pas », souligne-t-elle.

    La responsable met également en garde : la mesure risque au contraire d’aggraver la crise de l’accueil des demandeurs d’asile, les deux seuls centres d’hébergement de l’île n’ayant que des capacités d’accueil limitées. Or, de plus en plus de demandeurs d’asile syriens risquent de se retrouver bloqués dans ces centres si leurs demandes d’asile ne sont pas examinées.

    En 2022, une décision similaire avait déjà été prise pour tenter de limiter les arrivées de Syriens à Chypre. Mais, selon Corinna Drousiotou, elle n’avait eu aucun effet sur le nombre d’arrivées.

    https://www.infomigrants.net/fr/post/56463/face-a-la-hausse-des-arrivees-irregulieres-chypre-annonce-la-suspensio

    #Chypre #asile #migrations #réfugiés #statistiques #chiffres #2024 #réfugiés_syriens

    • Des centaines de migrants syriens refoulés par Chypre et renvoyés au Liban

      Plusieurs bateaux de migrants syriens ont été bloqués par les #gardes-côtes et la police chypriotes, selon des sources concordantes. Certains ont été renvoyés au Liban, d’autres dérivent en mer dans le plus grand dénuement.

      Les Libanais ne veulent pas de nous et les Chypriotes nous renvoient ici, alors que faire ? » s’exclame Bassem*, frère d’un passager de l’un des bateaux partis du Liban-Nord vers Chypre depuis plusieurs jours et renvoyé à son point de départ après une traversée infernale en Méditerranée.

      Plusieurs centaines de personnes, en majorité syriennes, ayant tenté de rejoindre Chypre de manière irrégulière depuis le Liban ont été interceptées dans les eaux territoriales chypriotes en début de semaine par la police et les gardes-côtes, selon des sources concordantes. Une partie d’entre elles ont été renvoyées mercredi vers le Liban, dans un contexte de raidissement de la politique migratoire et de montée du racisme antisyrien dans les deux pays.

      Raflé au Liban, refoulé à Chypre

      Il est pour l’instant difficile de quantifier avec certitude le nombre de ces candidats malheureux à l’exil. Mais une chose est sûre, ils sont nombreux. Un média chypriote évoque cinq embarcations transportant 500 migrants, tandis que l’ONG Alarm Phone, qui soutient les personnes traversant la mer Méditerranée, assure sur son compte X (anciennement Twitter) être en contact avec les passagers de quatre bateaux et dénonce le refus du Centre commun de coordination des opérations de sauvetage chypriote (JRCC) de lancer une opération de sauvetage.

      Dérivant dans les eaux territoriales chypriotes depuis le 12 avril, « d’aucuns sont malades, ils n’ont plus de nourriture, d’eau et d’essence pour poursuivre leur voyage », écrit Alarm Phone mardi. Parmi eux, des passagers affirment que la police chypriote les a menacés avec des armes à feu en leur disant de rentrer en Syrie. « Les derniers jours ont été un cauchemar pour eux. Nous sommes accablés par le refus des autorités de leur venir en aide », témoigne Anja, membre d’Alarm Phone.

      Bassem, lui, assure que huit embarcations sont parties du Liban : cinq continueraient de dériver en mer tandis que trois auraient fait le chemin inverse vers le Liban. Parti lundi, son frère Ziad* a fait cet aller-retour cauchemardesque pour la somme de 2 650 dollars. Vivant depuis plus de dix ans au Liban où il travaille à Jounieh comme réparateur de climatiseurs, le jeune homme de 28 ans a subitement décidé de remettre son destin dans les mains des passeurs après avoir été victime d’une rafle raciste. « Après la mort de Pascal Sleiman (responsable des Forces libanaises pour la région de Jbeil), mon frère raccompagnait notre soeur à Ghazir, avec son époux et un cousin, quand ils se sont fait tabasser par les
      autoproclamés “Gardiens de Ghazir”. Ils n’ont même pas pu aller à l’hôpital car il était interdit aux Syriens de se déplacer. C’est la goutte d’eau qui l’a décidé à partir pour Chypre », relate-t-il.

      Peur de « mourir de faim »

      Mais son rêve d’exil échoue à quelques milles des côtes chypriotes. « Ils sont arrivés hier à 10h du matin dans les eaux territoriales chypriotes, mais les gardes-côtes les ont bloqués pendant deux jours. Puis ils leur ont donné de l’essence, de l’eau et de la nourriture et les ont renvoyés vers le Liban », dit-il. Mercredi, plusieurs photos et vidéos circulent sur les réseaux sociaux montrant des femmes, des hommes et des enfants débarquant d’un bateau de pêche en bois à Mina, la ville portuaire accolée à Tripoli. Sur ces images, ils expliquent avoir été refoulés par les gardes-côtes chypriotes.

      Selon Mohammad Sablouh, avocat membre de l’ONG Cedar Center for Legal Studies, l’un des trois bateaux arrivés au Liban est détenu par l’armée, avec le risque que ses passagers soient déportés en Syrie. Interrogé, le porte-parole de l’armée n’a pas apporté d’éléments sur ce sujet. Or, selon Bassem, « beaucoup sont recherchés par le régime, soit pour être enrôlés dans l’armée, soit parce qu’ils font partie de l’opposition ».

      Le sort des passagers qui ne sont pas retournés au Liban inquiète aussi Alarm Phone. Sur le réseau X, l’ONG affirme que certains lui « disent craindre de mourir de faim ». D’autres rapportent que le JRCC « leur a dit qu’ils n’atteindraient jamais Chypre et qu’ils devaient retourner en Syrie ». « Cela constitue une violation de la Convention relative au statut des réfugiés et met leur vie en danger », poursuit l’ONG, qui dénonce « un jeu cruel entre le Liban et Chypre », aux dépens du droit d’asile des personnes tentant la traversée irrégulière. « C’est du refoulement et cela est prohibé quoi qu’il arrive. Chypre, comme l’ensemble des États membres de l’UE, doit respecter le principe de non-refoulement qui est la pierre angulaire du droit d’asile », réagit Brigitte Espuche, co-coordinatrice du réseau Migreurop.

      Confrontées à un pic d’arrivées de demandeurs d’asile syriens depuis le Liban, les autorités de l’État insulaire ont exhorté début avril le Liban à ne pas « exporter » son problème migratoire. Le 15 avril, Nicosie a décidé de suspendre tout traitement des demandes d’asile de Syriens. « Nous l’avons appris tandis que mon frère était déjà avec les passeurs. Sinon, il ne serait jamais parti », soupire Bassem. Selon Brigitte Espuche, « le nombre de demandeurs d’asile ne peut justifier une réduction de l’accueil et de la protection, c’est absolument illégal ».

      Après avoir signé en 2020 un protocole d’accord secret avec le Liban visant à freiner les départs et faciliter les retours des candidats à la migration, Chypre cherche désormais à obtenir un accord officiel sur les migrants entre l’Union européenne et le Liban. L’objectif du lobbying de Nicosie ? Convaincre les Européens qu’il existe des « zones sécurisées » à l’intérieur de la Syrie où les réfugiés pourraient être transférés. Les organisations internationales soulignent toutefois de nombreux cas de disparition forcée ou d’arrestation de réfugiés lors de leur retour en Syrie.

      *Les prénoms ont été modifiés pour des raisons de sécurité.

      https://www.lorientlejour.com/article/1410738/des-centaines-de-migrants-syriens-refoules-par-chypre-et-renvoyes-au-
      #refoulements #renvois #expulsions

  • Schengen in Sights, EU and #Frontex Overlook Violent Bulgarian Pushbacks

    Internal documents show Frontex and the European Commission are well aware of Bulgaria’s dire human rights record on its border with Turkey, but the EU’s executive arm had other priorities – expanding Schengen.

    n August 2022, a report landed on the desk of the Fundamental Rights Office, FRO, the internal human rights watchdog of the European Union’s border agency, Frontex.

    Written by an unnamed Frontex officer posted to Bulgaria’s border with Turkey, the report recounted a mission undertaken by the officer at their own initiative to document the treatment of migrants and refugees at the hands of Bulgarian border officers.

    The report, obtained by BIRN, makes for grim reading.

    “It has been suggested that, allegedly … they leave them naked and take all of their belongings,” reads one line of the report. Another spoke of asylum seekers being “forced to swim back to Turkey, even if they do not have the skills or strength to do it”.

    Migrants and refugees, mainly from the Middle East, North Africa or Asia, are routinely referred to as “Taliban” and sometimes reportedly bitten by police dogs or shot at, the report said.

    But despite the prevalence of such practices, the author said that migrants are not fingerprinted or asked for their basic info, nor are there recordings or reports, “no traces” of these “interventions”. The author sourced the information in the report to conversations with 10 Bulgarian border officers.

    Frontex border guards, the officer wrote, are intentionally kept away from “’hot’ points’ where such pushbacks usually occur. “They [Bulgarian border officers] have instructions not to allow FRONTEX to see anything or they would have to do an official report.”

    In a written response, also seen by BIRN, the Bulgarian Chief Directorate of the Border Police said it had found no information concerning “unethical behaviour” by its border officers.

    The report, however, joined a pile of evidence that leaves Frontex once more vulnerable to accusations it has been overlooking systematic abuses of human rights on Europe’s borders.

    Dozens of internal Frontex and European Commission documents, given to BIRN under EU Freedom of Information rules, point to serious neglect on the part of not just Bulgarian authorities but EU officials as well when it comes to addressing evidence of grave and persistent human rights violations on Bulgaria’s borders, evidence that appears to have been swept under the carpet in the process of bringing the country into Europe’s passport-free Schengen zone.

    Previously blocked by the Netherlands and Austria due to concerns over “irregular” immigration and corruption, Bulgaria and Romania were granted partial accession, via air and sea borders, late last year, with the decision due to enter into force at the end of March.

    Despite already being implicated in pushbacks in Greece, BIRN’s investigation poses fresh questions of Frontex’s ability to guarantee human rights in operations it is part of, even after new executive director Hans Leijtens reportedly promised to “restore trust” in the agency when his appointment was announced in January 2023.

    “It is astonishing that an EU Agency is still unable to uphold EU law after so many institutional investigations, reports, recommendations and warnings,” said Tineke Strik, a Dutch MEP and member of a European parliamentary group tasked with scrutinising the work of Frontex.

    Decrying what she called “systematic shortcomings”, Strik told BIRN: “This shows that even though the Agency has a new director, problems are far from being solved.”

    Bulgaria had “an order” in terms of what it needed to do to clinch Schengen membership, said Diana Radoslavova, director of the Sofia-based non-profit Centre for Legal Aid “Voice in Bulgaria”.

    “It is the border which has to be effectively closed,” she said. “In order to fulfil this order we do whatever it takes, in extreme violation of human rights.”
    ‘Public secret’

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    Leijtens replaced Fabrice Leggeri, who resigned in April 2022 over the findings of the EU’s anti-fraud watchdog, OLAF, that Frontex had violated internal rules intended to protect human rights by its involvement in pushbacks in Greece and Malta, and that senior leadership knew.

    The new leadership promised change, but a trove of documents obtained by BIRN points to multiple ‘serious incident reports’ registered by the FRO up to mid-2023; they contain graphic details of alleged brutality inflicted by Bulgarian border officers involved in Frontex operations, including individuals being beaten with sticks, forced to strip naked, robbed of their belongings, verbally abused, and harmed by police dogs. And then they are forced to cross back into Turkey.

    The evidence was so compelling that, in an ‘overview’ of serious incident reports, or SIRs, covering 2022 and part of 2023, the FRO, headed by Jonas Grimheden, wrote that “so-called pushbacks, often involving high levels of violence and other inhuman or degrading treatment, are a regular practice by the Bulgarian border police.”

    Frontex increased its presence on the ground in Bulgaria under Joint Operation Terra, which was launched in early 2022. By the end of that year, Bulgaria’s interior minister at the time, Ivan Demerdzhiev, said Bulgaria had prevented 160,000 migrants from entering EU territory; another 165,000 “illegal entry attempts” were thwarted between January and October 2023, current minister Kalin Stoyanov was reported as saying.

    Iliana Savova, director of the Refugees and Migrants Programme at the Bulgarian Helsinki Committee, said this was untrue.

    “We claim, according to our sources and our regular analysis, that those people have been intercepted inside the country. So we are not talking about prevented entry, but about return, an informal one” she told BIRN. “We all know what the term is: ‘pushback.’”

    According to data produced by the Bulgarian Helsinki Committee under a tripartite asylum monitoring and support agreement with the United Nations refugee agency and the Bulgarian border police, in 2022 alone there were 5,268 alleged pushbacks involving 87,647 persons.

    “It is a public secret that people are being pushed back,” a senior government official told BIRN on condition of anonymity. “There are orders.”

    The interior ministry, however, said that only “isolated cases” of pushbacks had been confirmed and each one investigated. Most allegations are “unfounded”, it told BIRN.

    “The smugglers tell migrants to file alerts in order to compromise the reception system, driven by their willingness to continue their journey to Western Europe – their desired destination,” the ministry said.
    Child vanished

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    In the wake of the pushback scandal in Greece and Leggeri’s departure, FRO’s Grimheden grew increasingly concerned that Frontex could also be “indirectly implicated” in rights violations in Bulgaria, according to a FRO report to Frontex management.

    According to internal emails seen by BIRN, in early December 2022, three months before Leijtens took over, Grimheden’s office circulated a report among senior Frontex officials at its Warsaw headquarters concerning the alleged disappearance of a boy detained by two Frontex officers in a forest along Bulgaria’s border. The officers had “handed over” the boy to Bulgarian border guards, and he vanished without a trace, the report stated.

    FRO warned that the boy, a minor, “might have been unlawfully removed and expelled from Bulgarian territory by Bulgarian officers”. The child’s fate remains unknown, Grimheden told BIRN in January.

    Asked for a response, Bulgaria’s interior ministry told FRO in October 2022 that it had no record of an “illegal migrant detained” in the reported area. FRO took its concerns to Aija Kalnaja, who at the time was Frontex’s acting director after Leggeri had left.

    In an email, Kalnaja, a Latvian former police officer, replied: “Shame I missed it earlier, met in the Council the minister and I could have raised it. Oh well, it is what it is.” The Council Kalnaja referred to was attended by Bulgaria’s then interior minister, Demerdzhiev.

    In mid-February 2023, still officially the Frontex acting director, Kalnaja raised the FRO’s concerns with the then head of Bulgaria’s border directorate, Rositsa Dimitrova.

    Kalnaja “encouraged” Dimitrova to grant Frontex officers access to “first line checks and border surveillance activities”, and noted there are “serious concerns regarding allegations of fundamental rights violations that need to be proactively addressed”.

    Dimitrova brushed aside the worries, insisting that “respect of the fundamental rights of third-country nationals is a top priority” for her directorate.

    In a response to BIRN, Bulgaria’s interior ministry said the border police and its new leadership “do not tolerate cases of abuse and violence against persons crossing the border illegally” and that all allegations with sufficient information to be verified are investigated.

    In the first 10 months of 2023, five border guards were punished for ethics violations, the ministry said in an answer to an FOI request.

    Some experts, however, doubt the ministry’s rigour in investigating its own.

    “All reports drown and all answers are: this never happened,” said Savova. “We have been facing this phenomenon for 20 years.”
    ‘They threw me in the canal’

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    A 16-year-old asylum seeker from Syria, speaking via a translator on condition of anonymity, described to BIRN his own experience of unlawful detention and pushback.

    In late spring 2022, more than a decade into a devastating civil war in Syria, the then 15-year-old entered Bulgaria irregularly and went to an open reception centre for refugees and migrants in the capital, Sofia, to submit a claim for asylum. Instead of being registered and provided with information regarding his rights, the boy said he was taken to a building that resembled a “prison”.

    That night, he said he was driven with dozens of other people in border police cars to the border with Turkey, 300 kilometres away.

    “They made us walk to the fence that had cameras on it,” he said. “After we passed the fence, there was something like a canal … and we had to crawl through it. While we were crawling, they were hitting the people. Everyone.”

    “I had 20 lev [some 10 euros] with me and I told them, ‘Take it, take whatever I have, just don’t beat me.’ They took everything and hit me on the back, on the head.”

    Two days after Leijtens took over from Kalnaja at the start of March 2023, the FRO drafted a letter that it suggested Leijtens send “in whole or part” to Dimitrova.

    The FRO did not hold back. In its letter, the office highlighted “persisting allegations of irregular returns (so-called ‘pushbacks’), accompanied by serious allegations of mistreatment and excessive use of force by national border police against migrants”. It demanded Frontex officers to “be more effectively used” in the areas “where allegations of fundamental rights are reported”, better cooperation with the FRO, and independent investigations of rights violations.

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    But the letter was never sent, BIRN has found based on FOI requests and communication with the Frontex press office.

    Instead, the documents obtained by BIRN indicate that concerns about large-scale mistreatment of migrants in Bulgaria have been brushed aside in the process of bringing Bulgaria into the Schengen zone, something the European Commission, the EU’s executive arm, has long wanted.
    ‘Repeated’ pushbacks

    Early last year, Bulgaria and Romania, both of which have been seeking to join the Schengen zone for the more than a decade, were “volunteering” countries to pilot a scheme to prevent “irregular arrivals” and strengthen “border and migration management” via “accelerated asylum procedures” and the speedy deportation of those rejected.

    Bulgaria received a total of 69.5 million euros in additional EU funds to implement the project, and Frontex deployed additional border guards and surveillance equipment.

    “All activities under this pilot,” the Commission stressed in a June 2023 annex to the agreement, “are to be conducted in full respect of EU law and fundamental rights, in particular the principle of non-refoulement”.

    But even then, both Frontex and the Commission were well aware of the dire human rights record of the Bulgarian border police.

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    Some two months before the pilot was launched, senior European Commission officials, including the then director for Border, Schengen and Visa affairs under Home Affairs Commissioner Ylva Johansson, met with Dimitrova “to discuss the FRO’s concerns as regards allegations of fundamental rights violations”, according to a so-called ‘flash report’ from a January 2023 Frontex Management Board meeting. The discussion happened on the margins of the board meeting.

    Towards the end of the pilot, and despite progress in terms of Frontex participation in “front-line land patrolling activities”, Grimheden once again alerted Frontex top brass to “repeated allegations of” pushbacks and excessive use of force by Bulgaria’s border police.

    “Yes, we remain concerned and keep stressing this in various ways,” Grimheden told BIRN in January.

    When asked whether the FRO had communicated ongoing concerns about violent pushbacks directly to the Commission, he said FRO “raises concerns on a regular basis” to the Frontex Management Board “where the European Commission is participating” and that “in addition, there are regular exchanges of information”

    Asked whether Leijtens had raised any of the FRO’s findings regarding pushbacks with Bulgarian authorities, Frontex’s press office told BIRN that in cases of reported violations “the matter is escalated to the Executive Director and, when necessary” discussed in Frontex board meetings with state representatives. The press office, however, did not provide any information about Leijtens personally raising these concerns with Bulgarian officials. .

    Despite Grimheden’s repeated warnings about human rights violations, in public the Commission was delighted with Bulgaria’s performance in the pilot.

    “The results are excellent,” Johansson said in October last year, hailing the Bulgarian and Romanian authorities’ efforts at preventing “irregular” migrants from entering EU territory in support of the “absolutely necessary decision” to bring Bulgaria into the Schengen zone.

    A few weeks earlier, Commission President Ursula von der Leyen hailed Romania and Bulgaria’s role in “leading the way – showcasing best practices on both asylum and returns”.

    “So let us finally bring them in – without any further delay,” she said.

    Austria was the last holdout, blocking Bulgaria and Romania’s Schengen accession over concerns about “irregular” migration.

    Strik, the Dutch MEP, said it was clear that the Commission’s “sole purpose” was to “prevent irregular entrance into the EU, and it is willing to do so at any costs, sacrificing fundamental rights and EU values along the ride.”

    “But as long as Bulgaria will cooperate on good terms with the protection of borders and implementation of the pilot project, the Commission is happy to sweep allegations under the carpet or look into the other direction.”

    Asked whether the pilot project was conducted in “full respect” of EU law, a Commission spokesperson stated that the Commission will work with Bulgarian authorities to “further strengthen the existing national independent mechanism to monitor fundamental rights compliance”.

    https://balkaninsight.com/2024/02/26/schengen-in-sights-eu-and-frontex-overlook-violent-bulgarian-pushback
    #push-backs #refoulements #Bulgarie #violence #migrations #réfugiés #frontières #Turquie #BIRN

  • Un rapporto sulla frontiera tra Lettonia, Russia e Bielorussia

    Il monitoraggio della ONG “I want to help refugees”

    A ottobre 2023 la ONG lettone Gribu palīdzēt bēgļiem (Voglio aiutare i rifugiati) 2, ha pubblicato un report sulla monitoraggio delle frontiere curato da Anna E. Griķe e Ieva Raubiško 3.

    Questa pubblicazione segue il report sulla visita effettuata in Lettonia dal 10 al 20 maggio del 2022 dal Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti (CPT), un dossier a cui il governo lettone ha replicato in modo ambiguo e fuorviante. L’ONG lettone ha così deciso di redigere un proprio report che contesta le affermazione governative.

    Il Rapporto del Comitato europeo, infatti, forniva 21 raccomandazioni in merito alla situazione di detenzione nei confronti delle persone migranti, mentre la risposta del governo lettone considerava 18 di queste come risolte e/o ingiustificate, per cui non dovrebbero essere prese ulteriori misure, e 3 raccomandazioni presentate insieme a una potenziale azione.

    Tra le raccomandazioni, il CPT ha indicato alle autorità lettoni di garantire che le persone migranti che arrivano nella zona di frontiera o che sono presenti nel Paese non siano rimpatriate con la forza in Bielorussia. E’, invece, doveroso effettuare uno screening individuale al fine di identificare le persone bisognose di protezione, valutare tali necessità e prendere le misure appropriate. Inoltre, è essenziale che i cittadini stranieri abbiano accesso a una procedura di asilo, o altra procedura di soggiorno, che preveda una valutazione del rischio di maltrattamento in caso di espulsione della persona interessata verso il Paese di origine o un Paese terzo, sulla base di un’analisi obiettiva e indipendente della situazione dei diritti umani in quegli Stati.

    Per le autorità lettoni, attualmente, la situazione nei territori amministrativi al confine tra Lettonia e Bielorussia è considerata come un’emergenza e «non consente il flusso incontrollato di persone che attraversano il confine di Stato in luoghi non previsti», e allo stesso tempo non limita il diritto delle persone ad accedere alla procedura di asilo, poiché «il diritto di presentare una domanda al valico di frontiera previsto dalla legge sull’asilo non è limitato».

    Tuttavia, le testimonianze delle persone respinte con la forza dal confine lettone verso la Bielorussia indicano che al confine non viene effettuato un esame adeguato (ad esempio, non vengono verificati i documenti d’identità: nazionalità, età e altri dati identificativi sono sconosciuti), in violazione del divieto di espulsione collettiva dei rifugiati sancito dalla Convenzione di Ginevra, dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo e dalla CEDU (principio di non-refoulement). Ci sono stati casi in cui non solo le famiglie con bambini, ma anche i minori non accompagnati sono stati respinti. Inoltre, perfino il principio dell’unità familiare non sempre è rispettato.

    Altre testimonianze di persone che sono riuscite ad entrare in Lettonia e hanno presentato domanda di asilo per motivi umanitari, mostrano che né le autorità bielorusse né quelle lettoni permettono ai migranti di spostarsi verso i valichi di frontiera ufficiali, respingendo invece in Lettonia o in Bielorussia, nonostante la legislazione vigente preveda che le persone possano presentare domanda di asilo ai valichi di frontiera ufficiali (ce ne sono due a Pāternieki e Silene) e al Centro di detenzione per stranieri di Daugavpils.

    Per dissuadere le persone dall’attraversare la frontiera, le guardie ricorrono all’uso della forza fisica e mezzi speciali, nonché all’uso di cani da guardia. Il 29 agosto 2023, il governo ha ratificato gli emendamenti al “Regolamento sui tipi di mezzi speciali e sulla procedura per il loro utilizzo“, prevedendo oltre ai mezzi speciali già in uso – tra cui manganelli, taser, spray di gas cs, candelotti e granate fumogene, granate a gas, luminose e sonore – anche dispositivi sonori con effetti stordenti.

    L’uso eccessivo della forza da parte delle forze dell’ordine è illegale e per questo il CPT ha raccomandato che le forze dell’ordine vengano informate a riguardo e ricevano una formazione pratica sull’uso proporzionato della forza per l’arresto di cittadini stranieri alla frontiera.

    Le autorità lettoni ribattono di non aver fatto ricorso alla forza fisica e a mezzi speciali contro le persone migranti in quanto non si sono verificati casi in cui queste non hanno obbedito agli ordini considerati legittimi delle guardie di frontiera: le persone, infatti, vengono informate che l’attraversamento del confine di Stato è illegale e che è prevista una responsabilità penale per il suo attraversamento e vengono invitate a non attraversare il confine di Stato o, di conseguenza, a tornare in Bielorussia. Nonostante sia consentito l’uso dei taser ai funzionari, attualmente non sono utilizzati per la sorveglianza delle frontiere a causa della loro carenza numerica, del loro breve periodo di autonomia e della necessità di utilizzarli per le esigenze di altri servizi dell’SBG 4.

    Tuttavia, la risposta del governo è in contraddizione con diverse testimonianze di persone migranti raccolte da “Voglio aiutare i rifugiati” nel 2022-2023, che hanno subito violenze emotive e fisiche, tra cui insulti e minacce, percosse e folgorazioni, sia durante i respingimenti che durante la permanenza nelle tende/basi dell’SBG in territorio lettone.

    Secondo queste testimonianze, gli abusi sono stati commessi il più delle volte da membri di unità speciali non identificate che indossavano maschere. Nel report si legge che «almeno quattro denunce sull’uso eccessivo della violenza sono state presentate all’Ufficio per la sicurezza interna e uno dei denuncianti si è rivolto alla Corte europea dei diritti umani».

    Per quanto riguarda l’accoglienza dei minori non accompagnati, il Comitato vorrebbe fosse adibita una struttura specifica, mentre il governo lettone afferma che sarebbe impossibile in quanto il numero dei minori è esiguo. Per l’associazione questa risposta è fuorviante: nonostante il basso numero solo alcuni minori non accompagnati vengono accolti in modo adeguato. Nel maggio 2023 Anna E. Griķe ha incontrato una ragazza di 13 anni dell’isola di Comore ospitata nel “centro di accoglienza” per richiedenti asilo “Mucenieki“, che offriva le stesse condizioni di alloggio degli adulti e che quindi non può essere considerato un istituto di assistenza all’infanzia. Tra il 4 e il 7 luglio la minore è scomparsa.

    Oltre a strutture specifiche adeguate per l’età dei richiedenti asilo, il CPT vorrebbe assicurare ai richiedenti asilo trattenuti nei centri di Daugavpils e Mucenieki attività come lezioni di lingua, di computer, percorsi formativi ecc. Il massimo sforzo dovrebbe essere dedicato soprattutto per garantire ai bambini in età scolastica attività educative adeguate.

    Il governo lettone ha risposto che all’SBG non compete la pianificazione delle attività del tempo libero, tuttavia collabora con le ONG lettoni, come l’associazione “Voglio aiutare i rifugiati” e la Croce Rossa che, per quanto possibile, assicurano l’organizzazione di varie attività ricreative, di socializzazione e integrazione, misure di sostegno psicologico e di istruzione.

    Nonostante ciò, il report afferma che da quanto osservato nel 2023 l’unica attività garantita dalla CR è stata fornire indumenti scadenti a entrambi i centri di detenzione e che solo nell’estate del 2023 l’associazione ha organizzato attività settimanali in entrambi i centri di detenzione per bambini e famiglie e a volte per adulti: un’iniziativa basata sulla buona volontà, non una soluzione sistemica.

    In ultima istanza, il report si occupa delle problematiche relative alle cure psichiatriche e all’assistenza psicologica nei centri di detenzione. Il CPT insiste che siano presi provvedimenti a riguardo insieme a un necessario servizio di interpretariato professionale. Le autorità lettoni dichiarano che in base alla proposta avanzata dall’Ong “Medici senza frontiere“, nel periodo compreso tra luglio e il 31 dicembre 2022, i loro rappresentanti hanno visitato regolarmente l’IDC (centro di detenzione per immigrati) di Daugavpils e di Mucenieki, fornendo assistenza psicologica agli stranieri detenuti e ai richiedenti asilo ospitati nell’IDC dell’SBG.

    Da quando Medici Senza Frontiere ha cessato la sua attività in Lettonia, nel dicembre 2022 5, non è più disponibile alcun supporto psicologico per le persone detenute. Inoltre nel 2013, l’SBG e la Croce Rossa Lettone hanno firmato un accordo di cooperazione, in base al quale quest’ultima si è impegnata a fornire per le persone accolte misure di sostegno psicologico ed educativo. Secondo “Voglio aiutare i rifugiati” la Croce Rossa non ha offerto assistenza psicologica presso gli IDC anche a causa della difficoltà di organizzare gli interpreti. Sebbene le ONG possano offrire un valido supporto psicologico ai richiedenti asilo e agli stranieri detenuti nei centri di detenzione, i loro servizi non possono essere considerati una sostituzione del supporto psicologico che lo Stato dovrebbe fornire.

    “Voglio aiutare i rifugiati” ha ripreso lo slogan “Nessuno è illegale” (Neviena persona nav nelegāla!) per cercare di sensibilizzare sulla situazione al confine: «Il termine “migrante irregolare” non solo è indesiderabile (ad esempio, si veda il Glossario sulle migrazioni dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni), ma denigra anche i diritti umani di qualsiasi migrante e non è in linea con i principi delle buone pratiche».

    La maggior parte delle persone giunte in Lettonia dalla Bielorussia sono richiedenti asilo: fino a quando non verrà presa una decisione sul loro status, da un punto di vista giuridico dovrebbero essere chiamati richiedenti asilo, nonostante abbiano attraversato il confine “illegalmente“. Da un punto di vista legale ed etico, un processo o un atto può essere etichettato come irregolare, ma non lo può essere una persona.
    Nessuna persona, infatti, è illegale!

    https://www.meltingpot.org/2024/03/un-rapporto-sulla-frontiera-tra-lettonia-russia-e-bielorussia

    #rapport #frontières #migrations #réfugiés #Gribu_palīdzēt_bēgļiem #Gribu_palidzet_begliem #Lettonie #Russie #Biélorussie #accès_aux_droits #droit_d'asile #expulsions_collectives #refoulements #push-backs #violence #violences #dispositifs_sonores #insultes #menaces #violences_psychologiques

    • BORDER MONITORING REPORT, LATVIA

      Background

      On 11 July 2023 both the “Report to the Latvian Government on the periodic visit to Latvia carried out by the European Committee for the Prevention of Torture and Inhuman or Degrading Treatment or Punishment (CPT) from 10 to 20 May 2022” (here and after – Report) and the “Response of the Latvian Government to the report of the European Committee for the Prevention of Torture and Inhuman or Degrading Treatment or Punishment (CPT) on its periodic visit to Latvia from 10 to 20 May 2022” (here and after – Response) were published. The Report provides 21 recommendations in terms of Immigration detention; Response considers 18 recommendations as in progress and/or unjustified where no additional steps should be taken, and 3
      recommendations are presented along with a potential action plan.
      Ieva Raubiško has closely followed the situation of irregular migrants at the Latvian-Belarussian border since August 2021. In October 2022, she joined the NGO “I Want to Help Refugees” as an advocacy officer. In February 2023 Anna E. Griķe began to fulfil her duties as both border monitoring expert and coordinator of
      humanitarian aid for asylum seekers. Based on prior reports, observations, and individual cases, the following border monitoring report aims to highlight misleading information within the Response. It does not cover all recommendations/responses because of the insufficient data available regarding issues such as access to
      legal aid or to health care, but it is more focused on the everyday life in detention, especially, in regard to minors. The reference to both documents includes paragraphs and page numbers.

      Key Findings

      [1] Accommodation of unaccompanied minors

      Report, par. 30, p. 17: “The Committee recommends that the Latvian authorities take the necessary measures to ensure that unaccompanied minors are accommodated in an open (or semi-open) specialised establishment for juveniles (for example, a social welfare/educational institution) where they can be provided with appropriate care and activities suitable for their age; the relevant legal provisions should be amended accordingly.”

      Response, p. 12: “There is no open (or semi-open) specialised establishment in Latvia intended specifically for a minor foreigner to be extradited or unaccompanied asylum seeker and it is not planned to create such an establishment, because the number of unaccompanied minors is small and it would not be feasible to open such an establishment. An unaccompanied minor, who is not detained, is accommodated in a child care institution based on the decision of the Orphan’s and Custody Court.”

      Indeed, the number of asylum seekers – unaccompanied minors is low, and there is no specialised establishment for their accommodation. However, the Response is misleading since only some unaccompanied minors are properly taken care of. In May 2023, Anna E. Griķe came across two of them, a 13-years old girl from Comoros island and a 14-years old boy from DRC. They both were accommodated in the Accommodation centre for asylum seekers “Mucenieki” provided the same accommodation conditions as adults (free of charge accommodation and allowance of 3 euros per day). It could be considered a childcare institution in any way, as it requires individuals to have complete autonomy in taking care of themselves on a daily basis. After the girl’s disappearance of between July 4 and 7 and ‘with serious concerns about the lack of action, relevant institutions as Ombudsman or State Police were informed about the situation.

      [2] Access to education and/or leisure activities for minors in IDCs [immigration detention center]

      Response, p. 12: “Minors accompanied by their parents are accommodated in the IDC, based on the parents’ application for accommodating children together with parents, and after evaluating the best interests of a child. Thus, children are not detained, but accommodated together with their parents, who are detained. In turn, detained unaccompanied minors are accommodated in the premises of the IDC premises, in which there is personnel and equipment to take the needs of their age into account. Minors accommodated in the premises of the IDC are provided with opportunities for acquiring education, engaging in leisure time activities, including games and recreational events corresponding to their age.” Even though there is a theoretical possibility for children from IDC to access education, it does not take place due to multiple factors. For instance, it takes one month to get the response from the Ministry of Education to be assigned to an educational institution, and as the detainees do not know the length of their detention and live in hope that it will not be lasting long, there is low interest to submit an application. Apart from a room with a limited number of toys, there are no specific opportunities considered for children/youth who experience the same limited access of movement within the detention centre as adults. For instance, outdoor space is not openly available. In the premises of the IDC, there is no opportunity for acquiring education; also, online learning is not possible due to the limited access to electronic devices which is restricted to just one hour per day. None of IDC’s personnel has the task to meet the education and or/leisure activity needs.

      [3] About access to purposeful activities for detainees

      Report, par. 35, p. 19: “The CPT recommends that the Latvian authorities take steps to ensure that foreign nationals held at Daugavpils and Mucenieki Immigration Detention Centres are offered a range of purposeful activities (for example, language classes, computer courses, crafts, etc.). The longer the period for which foreign nationals are detained, the more developed should be the activities which are offered to them. Further, every effort should be made to provide children of school age with suitable educational activities.”

      Response, p. 14-15: “The SBG ensures the security guarding of persons accommodated in the IDC, but does not get involved in planning their free time activities. Nevertheless, the SBG actively cooperates with Latvian NGOs, such as the association “I want to help refugees”, which, as far as possible, ensures the organisation of various leisure activities in the IDC of the SBG for both children and adults. […] In 2013, the SBG and the association “Latvian Red Cross” (hereinafter – LRC) signed an agreement on cooperation, based on which the LRC, among other things, undertook to organise, as far as possible, for persons accommodated in the IDC, psychological support and educational measures or other measures that would improve living conditions, as well as to provide the services of social work experts and other measures promoting socialisation and integration, including, if necessary, to organise Latvian language classes. Recommendations regarding the provision of purposeful activities (including the Latvian language classes) for foreigners in accommodation centres for asylum seekers, as well as regarding measures to reduce the language barrier between health care personnel and admitted foreign nationals, by providing translation/interpreting services, are to be supported.”

      In summer 2023, “I Want to Help Refugees” organized weekly activities in both detention centres for children and families, and – when possible, for adults, both men and women. It was based on good will, and in no terms could be perceived as a systemic solution. However, these activities created an opportunity to get a better insight of the everyday life in detention and was an attempt to meet individual or collective needs. These included provision of underwear, socks, basic footwear, additional clothing, spices for food, books, toys, and games.
      Prior to summer 2023 no regular activities were provided by any institution, NGOs or Latvian Red Cross (besides two unsuccessful episodes in December 2022 and April 2023 when a team of LRC did not manage establish contact with detainees to provide leisure time activities). From what has been observed during 2023, the sole outcome of the cooperation agreement with LRC is the provision of donated clothes to both IDCs. These are of very poor quality and do not include such basic items as underwear or socks. No psychological support, educational measures or other initiatives that would improve living conditions are being implemented in any of IDCs. Services of social work experts and other measures promoting socialization and integration, including Latvian language classes, are not provided either.

      [4] About access to outdoor exercise at the IDCs

      Report. par. 36, p. 20: “The CPT recommends that the Latvian authorities take steps to increase significantly the daily outdoor exercise period for foreign nationals held at Daugavpils Immigration Detention Centre. In the Committee’s view, detained foreign nationals should, as a rule, have ready access to an outdoor area throughout the day.

      Response, p. 15: “According to Clause 21 of Cabinet of Ministers Regulation No. 254 of 16 May 2017, the daily schedule of the accommodation premises shall include daily walk time in fresh air (outdoor exercise) – for at least two hours. In turn, Clause 18 of Cabinet of Ministers Regulation No. 254 of 16 May 2017 provides that if a detained person refuses to exercise any rights (for example, outdoor exercise), an official of the accommodation premises may request to confirm it with a written submission. Given the structure of Daugavpils IDC and Mucenieki IDC, it is not possible to ensure free access of the detained persons to the outdoor area throughout the day.” “I Want to Help Refugees” has received complaints from a number detainees at both Daugavpils and Mucenieki Detention Centres about their restricted access to outdoor areas. While no clear-cut reasons for such restriction have been provided, these complaints also indicate a lack of clear procedure as to how the access to open-air areas should be requested by the detainees and why and how the time limit outdoor activities is determined (for example, why only one hour is granted for outdoor activities, not the two-hour minimum as prescribed in the Cabinet of Ministers Regulation No. 254, Internal Rules of Procedure of Accommodation Premises for Detained Foreigners and Asylum Seekers.) As a result, inhabitants of IDCs lose the possibility to be in fresh air for sufficient time each day or, on some days, are not able to spend time outdoors at all.

      [5] About the alleged ill-treatment of detained foreign nationals (irregular migrants) by Latvian special police forces between August 2021 and March 2022 in the border area.

      Report, par. 33, p. 18: “The CPT recommends that all law enforcement agencies concerned are given a clear and firm message on a regular basis that any use of excessive force is illegal and will be punished accordingly. Further, they should be provided with further practical training relating to the proportionate use of force, including control and restraint techniques, in the context of apprehending foreign nationals at the border. As regards more specifically the use of electrical discharge weapons, reference is made to the principles listed in paragraphs 65 to 84 of the 20th General Report on the CPT’s activities.23“

      Response, p. 13: “It has not been necessary to use physical force and special means against persons, because there have been no cases when they did not obey the lawful orders of the border guards. In order to prevent crossing or attempted crossing of the state border outside official border crossing points and procedures established for legal entry, persons are informed that crossing the state border is illegal and there is criminal liability prescribed for crossing it and are invited not to cross the state border or correspondingly invited to return to Belarus. Furthermore, at that moment persons also visually see armed border guards and national guards, and their preparedness for active response in preventing the possibilities of illegal crossing of the state border. Following such actions and the provision of information, persons, as a rule, do not risk approaching Latvia or, if they have already crossed the border, they return to Belarus. The enumeration of special means of the SBG contains electric shock devices, which the officials, based on Cabinet of Ministers Regulation No.55 of 18 January 2011, are entitled to use for fulfilment of the functions assigned to them. There are no electric shock devices of any kind (including TASER) currently used for border surveillance due to the numerical shortage thereof, expiry of their useful life and the necessity to use them for the needs of other SBG services (immigration control, border inspections).”

      The government’s response contradicts several testimonies of irregular border-crossers recorded by “I Want to Help Refugees” in 2022–2023 on having experienced emotional and physical violence, including cursing and threats, beatings, and electrocution both during the pushbacks and while in tents/ SBG bases in the Latvian territory. According to these testimonies, abuse was most often committed by members of unidentified special units wearing masks. At least four complaints on the excessive use of violence have been submitted to the Internal Security Bureau, and one of the complainants has turned to the European Court of Human Rights.

      [6] About the lack of psychological assistance to the detainees at the IDCs.

      Report, par. 44, p. 57: “The CPT recommends that steps be taken at Daugavpils and Mucenieki Immigration Detention Centres to ensure adequate access to psychiatric care and psychological assistance for foreign nationals, combined with the provision of professional interpretation.”

      Response, p. 18-19: “Based on the proposal made by the international non-governmental organisation “Doctors without Borders”, during the period from July to 31 December 2022, the representatives of the international non-governmental organisation “Doctors without Borders” have been regularly visiting Daugavpils IDC and Mucenieki IDC and providing psychological support to the detained foreigners and asylum seekers accommodated in the IDC of the SBG.

      By means of the funds raised via the project from the Asylum, Migration and Integration Fund, in order to reduce the everyday psychological sufferings or struggles of the target group, it is planned to attract psychologists and cover expenses for psychologist services for the foreigners accommodated in the centres.

      Additionally, as already mentioned herein above, in 2013, the SBG and the LRC signed an agreement on cooperation, based on which the LRC, among other things, undertook to organise, as far as possible, for persons accommodated in the IDC of the SBG, psychological support and educational measures or other measures that would improve living conditions of the referred to persons…”

      While NGOs might offer valuable psychological support to asylum seekers and detained foreigners at the IDCs, their services cannot be considered a viable alternative and substitution of state-provided in-house psychological support. Since December 2022 when “Doctors without Borders” ceased its operation in Latvia, no psychological support has been available to the detainees. LRC has not been able to offer any psychological assistance at the IDCs, citing the difficulty of arranging interpreters as one of the main challenges.

      [7] About the forcible return of irregular migrants from Latvia to Belarus

      Report, par. 48, p. 57: “… the CPT recommends that the Latvian authorities take the necessary measures to ensure that irregular migrants arriving at the border or present in the territory of Latvia are not forcibly returned to Belarus prior to an individualised screening with a view to identifying persons in need of protection, assessing those needs and taking appropriate action. Further, it is essential that foreign nationals have effective access to an asylum procedure (or other residence procedure) which involves an individual assessment of the risk of ill-treatment in case of expulsion of the person concerned to the country of origin or a third country, on the basis of an objective and independent analysis of the human rights situation in the countries concerned.38 The CPT considers that the relevant provisions of the Cabinet of Ministers’ Decree No. 518 on the Declaration of a State of Emergency should be revised accordingly.”

      Response, p. 19: “Currently, the emergency situation in the administrative territories at the Latvia- Belarus border does not allow the uncontrolled flow of people across the state border in places not intended for this, and at the same time does not limit the right of persons to access the asylum procedure, because the right to lodge an application at the border crossing point provided for by the Asylum Law is not restricted. The referred to regulation was based on the internationally recognised right of countries to control the border of their country and to prevent the illegal crossing thereof (see the judgment of the ECHR of 13 February 2020 in the case of ND and NT v. Spain and the judgment of the ECHR of 5 April 2022 in the case A.A. and others v. North Macedonia).”

      Testimonies of irregular migrants forcibly returned from Latvia/ Latvian border to the territory of Belarus indicate that no proper screening of persons is performed at the border. There have been cases when not only families with children, but also unaccompanied minors have been pushed back.
      Testimonies of irregular migrants allowed to enter Latvia on humanitarian grounds and submit their claims for asylum, show that neither the Belarussian nor the Latvian authorities allow the migrants to move to the official border crossing points, instead pushing them back to either Belarus or Latvia.

      Recommendations and Action Points

      Clarify the statements in the Response with authorities in question.
      Create an action plan that identifies the gaps in the treatment of detainees in detention centres and explores for possible solutions.
      Establish an obligation and a clear procedure for a prompt investigation of all claims of violence voiced by irregular migrants and detained asylum seekers.
      Ensure presence of a psychologist/psychotherapist at both IDCs to provide psychological help to the detained when necessary (also, ensure that the regular medical staff is present).
      Ensure the possibility for detainees to spend sufficient time outdoors each day.
      Ensure transparent evaluation of migrants’ individual circumstances upon their arrival at the border; share the assessment guidelines with independent monitoring bodies and NGOs.

      https://gribupalidzetbegliem.lv/en/2023/10/01/border-monitoring-report-latvia

  • Comment l’UE a fermé les yeux sur le refoulement illégal de migrants par la #Bulgarie avant son adhésion à Schengen

    Des documents internes de Frontex révèlent des violations répétées. Malgré des alertes répétées, la Commission européenne salue les « résultats excellents » de la Bulgarie, qui s’apprête à rejoindre l’espace Schengen.

    Au printemps 2022, Ali, un Syrien de 16 ans, entre dans un centre d’accueil à Sofia (Bulgarie) pour demander une protection au titre de l’asile et un regroupement familial avec sa mère et ses cinq autres frères et sœurs, restés en Syrie et au Liban.

    Mais les choses ne se passent pas comme prévu. Au lieu de voir sa demande traitée, il est emmené dans un endroit qui, dit-il, « ressemble à une prison ». Pendant la nuit, comme une cinquantaine d’autres personnes, il est embarqué dans une voiture de la police des frontières et reconduit jusqu’à la frontière turque, à 300 kilomètres de là, sans recevoir la moindre information sur ses droits à l’asile.

    « Ils nous ont fait marcher jusqu’à une #clôture équipée de caméras. Après avoir franchi la clôture, il y avait comme un canal. En même temps, ils frappaient les gens, se remémore le garçon. Ils ont tout pris et m’ont frappé dans le dos, sur la tête. Après cela, ils m’ont jeté dans le canal. » Le groupe est invité à retourner en #Turquie et ne jamais revenir.

    Les refoulements, une « pratique courante »

    Les témoignages de refoulements (ou pushbacks, en anglais) comme celui d’Ali sont généralement réfutés par le gouvernement bulgare. Mais de nombreux abus ont été documentés par l’organe de surveillance des droits humains de Frontex au cours des dix-huit derniers mois, selon une série de documents internes de l’agence européenne de garde-frontières et de garde-côtes consultés par le réseau Balkan Investigative Reporting Network (BIRN) et publiés par Le Monde. Ces documents, obtenus grâce aux lois de transparence européennes, décrivent avec force détails des #brutalités commises par des agents bulgares participant aux opérations de Frontex : coups de bâton, #déshabillage de force, #vols d’effets personnels, #agressions verbales et #blessures graves infligées par des chiens, etc.

    Les documents montrent également que les preuves étayant ces pratiques illégales ont été dissimulées non seulement par les autorités bulgares, mais aussi par les hauts fonctionnaires de Frontex et de la Commission européenne. Dans le même temps, l’exécutif européen saluait les « excellents » progrès réalisés par la Bulgarie en matière de #gestion_des_frontières, facilitant l’adhésion du pays à l’espace Schengen – les contrôles aux frontières aériennes et maritimes seront levés le 31 mars, tandis que les contrôles terrestres restent en place pour l’instant.

    Les organisations non gouvernementales (ONG) de défense des droits humains locales et internationales alertent depuis de nombreuses années sur les refoulements violents en Bulgarie. Selon des données compilées par le Comité Helsinki de Bulgarie, 5 268 refoulements, touchant 87 647 personnes, auraient eu lieu au cours de la seule année 2022.

    Plusieurs experts affirment que la plupart des 325 000 entrées de migrants que le gouvernement bulgare revendique avoir « empêchées » depuis 2022 sont en fait des refoulements illégaux. « Ces personnes ont été interceptées à l’intérieur du pays. Nous ne parlons donc pas d’entrées empêchées, mais de retours », explique Iliyana Savova, directrice du programme pour les réfugiés et les migrants du Comité Helsinki de Bulgarie. « C’est un secret de Polichinelle que les gens sont repoussés. De tels ordres existent », admet, sous le couvert de l’anonymat, un haut fonctionnaire du gouvernement bulgare.

    Les preuves s’accumulent tellement que le Bureau des droits fondamentaux de Frontex (FRO) considère « établi » que les refoulements, « impliquant souvent des niveaux élevés de #violence et d’autres #traitements_inhumains_ou_dégradants », sont « une pratique régulière de la police des frontières bulgare », selon un bilan des « rapports d’incidents graves » couvrant la période 2022-2023 obtenu dans le cadre de cette enquête.

    Un lanceur d’alerte en mission discrète

    Pour l’Union européenne (UE), la situation est d’autant plus problématique que son agence des frontières collabore directement sur le terrain avec les forces de sécurité bulgares. Depuis 2022, dans le cadre de l’opération conjointe #Terra, Frontex a déployé des équipes de #gardes-frontières, des véhicules de patrouille et des #caméras_de_thermovision pour aider les autorités bulgares dans leurs activités de #surveillance aux frontières turque et serbe.

    En août 2022, un #rapport inquiétant atterrit sur le bureau de Jonas Grimheden, le chef du FRO. Il émane d’un agent de Frontex qui a mené une enquête de sa propre initiative lors d’un déploiement de six mois à la frontière avec la Turquie. Il révèle que les agents de Frontex sont tenus intentionnellement à l’écart des zones où les migrants sont généralement appréhendés et repoussés. « Lorsque des situations se produisent, le collègue local reçoit les indications pour déplacer l’équipe Frontex, en évitant certaines zones, note le lanceur d’alerte. Ils ont pour instruction d’empêcher Frontex de voir quoi que ce soit, pour éviter qu’ils rédigent un rapport officiel. »

    Pour l’eurodéputée écologiste Tineke Strik, cheffe de file d’un groupe d’eurodéputés chargé de surveiller Frontex, ces conclusions soulèvent de sérieux doutes quant à la capacité de l’agence à garantir le respect des droits humains dans le cadre de ses activités : « Il est étonnant qu’une agence de l’UE soit toujours incapable de faire respecter le droit européen après tant d’enquêtes institutionnelles, de rapports, de recommandations et d’avertissements. »

    Dans les mois qui suivent le rapport du lanceur d’alerte, Jonas Grimheden fait part de ses préoccupations croissantes concernant la conduite des agents frontaliers bulgares aux échelons supérieurs de Frontex, dont le siège se trouve à Varsovie.

    L’agence s’attache alors à restaurer sa réputation, ternie par la révélation de sa complicité dans les refoulements illégaux de migrants en Grèce. En avril 2022, son directeur, Fabrice Leggeri – qui vient de rallier le Rassemblement national en vue des élections européennes –, a été contraint de démissionner après avoir été reconnu coupable par l’Office européen de lutte antifraude d’avoir dissimulé des refoulements de bateaux de migrants en mer Egée.

    Aija Kalnaja, qui lui a succédé à la direction de Frontex pour un court intérim, semble prendre les avertissements du FRO au sérieux. En février 2023, elle exprime de « vives inquiétudes » dans une lettre adressée à Rositsa Dimitrova, alors cheffe de la direction des frontières bulgare, recommandant aux autorités du pays d’accorder au corps permanent de l’agence l’accès aux « contrôles de première ligne et aux activités de surveillance des frontières ».

    Dans sa réponse, #Rositsa_Dimitrova assure que « le respect des droits fondamentaux des ressortissants de pays tiers est une priorité absolue ». Disposée à organiser des séances d’information et des formations à l’intention de ses gardes-frontières, la responsable bulgare explique que chaque violation présumée des droits est examinée par une commission constituée par ses soins. Insuffisant, pour le FRO, qui préférerait un contrôle rigoureux par un « organisme indépendant opérant en dehors de la structure institutionnelle du ministère de l’intérieur bulgare ». Cinq agents ont été sanctionnés pour avoir violé leur code de conduite éthique au cours des dix premiers mois de 2023, précise aujourd’hui le ministère de l’intérieur bulgare.

    Une lettre jamais envoyée

    Au début de 2023, le Néerlandais Hans Leijtens est nommé à la tête de Frontex. On peut alors s’attendre à ce que ce nouveau directeur, engagé publiquement en faveur de la « responsabilité, du respect des droits fondamentaux et de la transparence », adopte une position ferme à l’égard des autorités bulgares. « Ce sont des pratiques du passé », déclare-t-il après sa nomination, en référence aux antécédents de Frontex en matière d’aide aux refoulements en Grèce.

    Soucieux de saisir l’occasion, Jonas Grimheden, à la tête du FRO, lui écrit deux jours après sa prise de fonctions, en mars 2023. Le courriel contient un projet de lettre « que vous pouvez envisager d’envoyer, en tout ou en partie », à Rositsa Dimitrova. La lettre rappelle les « allégations persistantes de retours irréguliers (appelés “refoulements”), accompagnées de graves allégations de #mauvais_traitements et d’#usage_excessif_de_la_force par la police nationale des frontières à l’encontre des migrants » et demande des enquêtes indépendantes sur les violations des droits. Ce brouillon de lettre n’a jamais quitté la boîte de réception d’Hans Leijtens.

    Quelques semaines plus tard, en mars 2023, le #FRO envoie un rapport officiel au conseil d’administration de Frontex, évoquant le « risque que l’agence soit indirectement impliquée dans des violations des droits fondamentaux sans avoir la possibilité de recueillir toutes les informations pertinentes et d’empêcher ces violations de se produire ».

    M. Leijtens a-t-il fait part aux autorités bulgares des conclusions du FRO ? Sollicité, le service de presse de Frontex explique que « les discussions directes ont été jugées plus efficaces », sans pouvoir divulguer « les détails spécifiques des discussions ».

    Une contrepartie pour Schengen ?

    Alors que ce bras de fer se joue en coulisses, sur la scène politique, la Bulgarie est érigée en élève modèle pour le programme de contrôle des migrations de la Commission européenne, et récompensée pour le durcissement de ses #contrôles_frontaliers, en contrepartie de l’avancement de sa candidature à l’entrée dans l’espace Schengen.

    En mars 2023, la présidente de la Commission européenne, Ursula von der Leyen, annonce un #projet_pilote visant à « prévenir les arrivées irrégulières » et à « renforcer la gestion des frontières et des migrations », notamment par le biais de « #procédures_d’asile_accélérées » et d’#expulsions_rapides des migrants indésirables. La Commission sélectionne deux pays « volontaires » : la #Roumanie et la Bulgarie.

    Pour mettre en œuvre le projet, la Commission accorde à la Bulgarie 69,5 millions d’euros de #fonds_européens, principalement destinés à la surveillance de sa frontière avec la Turquie. « Toutes les activités menées dans le cadre de ce projet pilote doivent l’être dans le plein respect de la législation de l’UE et des droits fondamentaux, en particulier du principe de non-refoulement », précise d’emblée la Commission.

    Pourtant, à ce moment-là, l’exécutif bruxellois est parfaitement conscient de la situation désastreuse des droits humains sur le terrain. Deux mois avant le lancement du projet, en janvier 2023, deux hauts fonctionnaires de la direction des affaires intérieures (DG Home) ont rencontré à Stockholm la patronne des gardes-frontières bulgares « pour discuter des préoccupations du FRO concernant les allégations de #violations_des_droits_fondamentaux », révèle un compte rendu de la réunion.

    Au fil de l’avancement du projet pilote, les signaux d’alerte se multiplient. En septembre 2023, Jonas Grimheden alerte une nouvelle fois le conseil d’administration de Frontex sur des « allégations répétées de (…) refoulements et d’usage excessif de la force » par les agents bulgares. Si son rapport salue la participation des agents de Frontex aux « activités de patrouille terrestre de première ligne », il rappelle que ces derniers « continuent d’être impliqués dans un nombre limité d’interceptions » de migrants.

    Au cours du projet, deux documents sur les « droits fondamentaux » aux frontières extérieures de la Bulgarie ont circulé au sein de la DG Home. La Commission européenne a refusé de les communiquer au BIRN, arguant que leur divulgation mettrait en péril la « confiance mutuelle » avec le gouvernement bulgare.

    « Les résultats sont excellents »

    La participation de la Bulgarie au projet pilote de la Commission semble avoir joué un rôle crucial pour faire avancer son projet de rejoindre Schengen – un objectif prioritaire depuis plus d’une décennie. Il coïncide en tout cas avec un changement de ton très net du côté de Bruxelles et Varsovie, qui ont dès lors largement balayé les inquiétudes concernant les mauvais traitements infligés à grande échelle aux migrants.

    « Les résultats sont excellents », annonce Ylva Johansson lors d’une conférence de presse en octobre 2023. La commissaire européenne aux affaires intérieures, chargée des migrations, salue les efforts déployés par la Bulgarie pour empêcher les migrants « irréguliers » d’entrer sur le territoire de l’UE, appelant à prendre la « décision absolument nécessaire » d’admettre la Bulgarie dans l’espace Schengen. Cette décision est alors bloquée depuis des mois par les Pays-Bas et l’Autriche, qui exigent des contrôles plus stricts à la frontière terrestre avec la Turquie. Quelques semaines auparavant, Ursula von der Leyen avait salué la Bulgarie, qui « montre la voie à suivre en mettant en avant les meilleures pratiques en matière d’asile et de retour ». « Faisons-les enfin entrer, sans plus attendre », avait réclamé la présidente de la Commission.

    Selon Diana Radoslavova, directrice du Centre pour le soutien juridique, une ONG sise à Sofia, la fermeture effective de la frontière avec la Turquie est indispensable à l’entrée de la Bulgarie dans l’espace Schengen. « [Les autorités] sont prêtes à tout pour respecter cette injonction, y compris au prix de violations extrêmes des droits de l’homme », estime l’avocate. « Tant que la Bulgarie coopère en bonne intelligence avec la protection des frontières et la mise en œuvre du projet pilote, la Commission regarde ailleurs », ajoute l’eurodéputée Tineke Strik.

    Pour défendre la candidature de Sofia à l’espace Schengen, la Commission européenne s’est appuyée sur le rapport d’une mission d’enquête rassemblant les experts de plusieurs agences de l’UE et des Etats membres, dépêchés en novembre 2023 en Bulgarie pour évaluer son état de préparation à l’adhésion. La mission n’aurait trouvé aucune preuve de violation des obligations en matière de droits humains prévues par les règles européennes, y compris en ce qui concerne « le respect du principe de non-refoulement et l’accès à la protection internationale ».

    Ce rapport n’a pas dissipé les inquiétudes de Jonas Grimheden, qui affirme que ses services font encore « régulièrement » part de leurs « préoccupations » au conseil d’administration de Frontex, « auquel participe la Commission européenne ».
    Cette enquête a été produite en collaboration avec le réseau Balkan Investigative Reporting Network (BIRN), qui a reçu un soutien financier de la Fondation Heinrich-Böll. Son contenu relève de la seule responsabilité des auteurs et ne représente pas les points de vue et les opinions de la fondation.

    La réponse de Frontex et de la Commission européenne

    Un porte-parole de Frontex déclare que l’agence prend « très au sérieux » les « préoccupations concernant les refoulements ». « Dans les cas où des violations sont signalées, la question est transmise au directeur exécutif et, si nécessaire, discutée lors des réunions du conseil d’administration avec des représentants des Etats membres. Toutefois, ces discussions ne sont pas publiques, conformément à notre politique de confidentialité visant à garantir un dialogue franc et efficace. »

    Dans une réponse écrite, la Commission européenne rappelle « l’importance de maintenir des éléments de contrôle solides tout en renforçant les actions de suivi et d’enquête ». « Les autorités bulgares, comme celles de tous les Etats membres de l’UE, doivent respecter pleinement les obligations découlant du droit d’asile et du droit international, notamment en garantissant l’accès à la procédure d’asile », explique un porte-parole.

    L’institution précise qu’« il a été convenu de renforcer davantage le mécanisme national indépendant existant pour contrôler le respect des droits fondamentaux », mais qu’« il est de la responsabilité des Etats membres d’enquêter sur toute allégation d’actes répréhensibles ».

    Le Médiateur européen enquête actuellement sur la décision de la Commission de refuser la communication aux journalistes de BIRN de deux documents de la DG Home sur les « droits fondamentaux » aux frontières extérieures de la Bulgarie. Dans l’attente de l’enquête, la Commission a refusé de dire si ces documents avaient été pris en considération lorsqu’elle a émis des évaluations positives du programme pilote et de la conformité de la Bulgarie avec les règles de Schengen.

    https://www.lemonde.fr/les-decodeurs/article/2024/02/26/comment-l-ue-a-ferme-les-yeux-sur-le-refoulement-illegal-de-migrants-par-la-

    #refoulements #push-backs #migrations #réfugiés #frontières #opération_Terra

  • En Serbie, rendre invisibles les exilés

    La Serbie est le dernier pays non-membre de l’Union européenne de la route des Balkans. Traversée depuis des siècles, elle l’est aujourd’hui encore par de nombreux étrangers venus de Syrie, d’Afghanistan, de Turquie, même du Maroc… Car la Serbie reste le dernier rempart de la forteresse Europe. Ce petit pays de presque 7 millions d’habitants, entouré de huit frontières dont quatre avec l’Union européenne, applique une politique migratoire orchestrée par celle-ci.

    En effet, la Serbie demande son adhésion depuis plus de dix ans.

    Depuis le mois de décembre, après un contexte politique tendu, ce pays de transit tente de rendre invisibles les exilés, déjà soumis aux passeurs et aux lois en matière d’asile et d’immigration. En plein cœur de l’hiver, reportage entre Belgrade et la frontière croate de l’Europe.

    https://www.rfi.fr/fr/podcasts/grand-reportage/20240219-en-serbie-rendre-invisibles-les-exil%C3%A9s

    #emprisonnement #Serbie #asile #migrations #réfugiés #Belgrade #route_des_Balkans #Balkans #squat #opération_policière #peur #sécurité #insécurité #Sid #Šid #frontières #Croatie #transit #invisibilisation #Frontex #passeurs #frontières_extérieures #externalisation #visas #camps #solidarité #camps_de_réfugiés #refoulements #push-backs #migration_circulaire #game #the_game
    #audio #podcast

  • #Frontex, comment sont gardées les frontières de l’Union européenne ?

    L’ancien directeur #Fabrice_Leggeri a annoncé rejoindre la liste du #Rassemblement_national pour les élections européennes. L’occasion de se demander quel est le #mandat de Frontex, et quel droit régule cette agence chargée de contrôler les frontières européennes.

    Fabrice Leggeri, ancien patron de Frontex, l’agence européenne chargée d’assister les États membres dans la gestion et le contrôle des frontières extérieures de l’espace Schengen, rallie le Rassemblement national ainsi que la liste de Jordan Bardella pour les #élections_européennes de juin prochain. L’occasion de revenir sur les attributions de Frontex.

    L’obligation d’assistance

    Créée en 2004, Frontex fête ses vingt ans cette année. Deux décennies, au cours desquelles l’agence chargée d’assister les États membres dans la gestion et le contrôle de leurs frontières, a démultiplié tant ses effectifs que son budget et s’est progressivement imposée au cœur du débat migratoire européen. Ludivine Richefeu, maîtresse de conférences en droit privé et sciences criminelles à l’université de Cergy-Pontoise, met en avant les exigences humanitaires et d’#assistance auxquelles l’organisation est soumise par le droit européen et international. “Frontex est une agence qui peut intervenir en amont, avant que les migrants soient dans le territoire européen, en apportant un soutien logistique et opérationnel aux États tiers. Par exemple en #Algérie, au #Maroc ou en #Tunisie en ce qui concerne les flux migratoires traversant les côtes maghrébines. Concrètement, le soutien se traduit par l’envoi de personnel Frontex, de #personnel_détaché des États membres ou encore de matériel. Lorsqu’une embarcation entre dans les eaux territoriales, le droit contraint l’agence à lui porter secours et à la rattacher à un port sûr. S’il y a des mineurs non accompagnés ou des femmes enceintes parmi les passagers, ils doivent obligatoirement être pris en charge. Juridiquement, le statut de réfugié est déclaratoire et n’est pas soumis à l’approbation des États membres. La personne est d’abord réfugiée en elle-même. Le #droit_international oblige les États à la prendre en charge pour ensuite examiner sa demande afin de la protéger des persécutions qu’elle risque ou subit dans son pays.”

    Une agence sous le feu des critiques

    Fabrice Leggeri, l’ancien directeur de Frontex entre 2015 et 2022 qui vient de rejoindre la liste du Rassemblement national pour les élections européennes, avait démissionné de son poste notamment à la suite d’accusations de refoulement illégaux de migrants. Ludivine Richefeu nous détaille cette pratique aussi appelée le "pushback" et ses origines. “Le refoulement a lieu lorsqu’une embarcation pénètre dans les eaux territoriales d’un État membre et qu’elle en est repoussée sans que les situations des passagers soient examinées et que l’assistance qui leur est due soit apportée. Des sources journalistiques et des rapports de l’#Office_Européen_Antifraude (#OLAF), nous détaillent ces pratiques. Concrètement, lorsque que l’embarcation est détectée, Frontex envoie les coordonnées aux équipes d’intervention des États membres qui repoussent le navire sous sa supervision. Pour ce faire, les équipes recourent à des menaces, à des formes coercitives et même parfois à l’usage d’armes.”

    Ces pratiques illégales s’inscrivent notamment dans l’élargissement des compétences de l’agence ces dernières années, rappelle la chercheuse. “Grâce à plusieurs règlements adoptés entre 2016 et 2019, Frontex a maintenant un rôle fondamental en matière de lutte contre la criminalité transfrontière et la migration irrégulière est intégrée à cet objectif de criminalité.”

    https://www.radiofrance.fr/franceculture/podcasts/la-question-du-jour/frontex-comment-sont-gardees-les-frontieres-de-l-union-europeenne-135792
    #frontières #migrations #réfugiés #audio #podcast #externalisation #contrôles_frontaliers #push-backs #refoulements

  • Cassazione, dare i migranti ai guardiacoste di Tripoli è reato

    La consegna di migranti alla guardia costiera libica è reato perché la Libia «non è porto sicuro».

    E’ quanto sancisce una sentenza della Corte di Cassazione che ha reso definitiva la condanna del comandante del rimorchiatore #Asso_28 che il 30 luglio del 2018 soccorse 101 persone nel Mediterraneo centrale e li riportò in Libia consegnandoli alla Guardia costiera di Tripoli. Della sentenza scrive Repubblica.

    Per i supremi giudici favorire le intercettazioni dei guardiacoste di Tripoli rientra nella fattispecie illecita «dell’abbandono in stato di pericolo di persone minori o incapaci e di sbarco e abbandono arbitrario di persone». Nella sentenza viene sostanzialmente sancito che l’episodio del 2018 fu un respingimento collettivo verso un Paese non ritenuto sicuro vietato dalla Convenzione europea per i diritti umani.

    Casarini, dopo Cassazione su migranti pronti a #class_action

    "Con la sentenza della Corte di Cassazione, che ha chiarito in maniera definitiva che la cosiddetta «guardia costiera libica» non può «coordinare» nessun soccorso, perché non è in grado di garantire il rispetto dei diritti umani dei naufraghi, diventa un reato grave anche ordinarci di farlo, come succede adesso. Ora metteremo a punto non solo i ricorsi contro il decreto Piantedosi, che blocca per questo le navi del soccorso civile, ma anche una grande class action contro il governo e il ministro dell’Interno e il memorandum Italia-Libia". E’ quanto afferma Luca Casarini della ong Mediterranea Saving Humans.

    "Dovranno rispondere in tribunale delle loro azioni di finanziamento e complicità nelle catture e deportazioni che avvengono in mare ad opera di una «sedicente» guardia costiera - aggiunge Casarini -, che altro non è che una formazione militare che ha come compito quello di catturare e deportare, non di «mettere in salvo» le donne, gli uomini e i bambini che cercano aiuto. La suprema corte definisce giustamente una gravissima violazione della Convenzione di Ginevra, la deportazione in Libia di migranti e profughi che sono in mare per tentare di fuggire da quell’inferno". Casarini ricorda, inoltre, che di recente la nave Mare Jonio di Mediterranea "di recente è stata colpita dal fermo amministrativo del governo per non aver chiesto alla Libia il porto sicuro. Proporremo a migliaia di cittadini italiani, ad associazioni e ong, di sottoscrivere la «class action», e chiederemo ad un tribunale della Repubblica di portare in giudizio i responsabili politici di questi gravi crimini. Stiamo parlando di decine di migliaia di esseri umani catturati in mare e deportati in Libia, ogni anno, coordinati di fatto da Roma e dall’agenzia europea Frontex.

    E il ministro Piantedosi, proprio ieri, l’ha rivendicato testimoniando al processo a Palermo contro l’allora ministro Salvini. Lui si è costruito un alibi, con la distinzione tra centri di detenzione legali e illegali in Libia, dichiarando che «l’Italia si coordina con le istituzioni libiche che gestiscono campi di detenzione legalmente. Finalmente questo alibi, che è servito fino ad ora a coprire i crimini, è crollato grazie al pronunciamento della Cassazione. Adesso questo ministro deve essere messo sotto processo, perché ha ammesso di avere sistematicamente commesso un reato, gravissimo, che ha causato morte e sofferenze a migliaia di innocenti».

    https://www.ansa.it/sito/notizie/cronaca/2024/02/17/cassazione-dare-i-migranti-a-guardiacoste-di-tripoli-e-reato_cfcb3461-c654-4f3c

    #justice #migrations #asile #réfugiés #frontières #gardes-côtes_libyens #Libye #jurisprudence #condamnation #externalisation #pull-backs #refoulements #push-backs #cour_de_cassation #cassation #port_sûr

    • Sentenza Cassazione: Consegnare gli immigranti alla guardia costiera libica è reato

      La Libia è un paese canaglia: bocciati Minniti, Conte e Meloni. Dice la sentenza della Cassazione, è noto che in Libia i migranti subiscono vessazioni, violenze e tortura. Quindi è un reato violare la legge internazionale e il codice di navigazione che impongono di portare i naufraghi in un porto sicuro

      Il governo italiano (sia questo in carica sia quelli di centrosinistra che avevano Marco Minniti come ministro dell’interno) potrebbe addirittura finire sotto processo sulla base di una sentenza emessa dalla Corte di Cassazione.

      Dice questa sentenza che la Libia non è un porto sicuro, e che dunque non si possono consegnare alla Libia (o favorire la cattura da parte delle motovedette libiche) le persone salvate da un naufragio.

      Dice la sentenza, è noto che in Libia i migranti subiscono vessazioni, violenze e tortura. Quindi è un reato violare la legge internazionale e il codice di navigazione che impongono di portare i naufraghi in un porto sicuro.

      Che la Libia non fosse un porto sicuro era stranoto. Bastava non leggere i giornali italiani per saperlo. La novità è che questa evidente verità viene ora formalmente affermata con una sentenza della Cassazione che fa giurisprudenza. E che, come è del tutto evidente, mette in discussione gli accordi con la Libia firmati dai governi di centrosinistra e poi confermati dai governi Conte e infine dai governi di centrodestra.

      Accordi che si basarono persino sul finanziamento italiano e sulla consegna di motovedette – realizzate a spese del governo italiano – alle autorità di Tripoli. Ora quegli accordi devono essere immediatamente cancellati e in linea di principio si potrebbe persino ipotizzare l’apertura di processi (se non è scattata la prescrizione) ai responsabili di quegli accordi.

      I reati per i quali la Cassazione con questa sentenza ha confermato la condanna al comandante di una nave che nel luglio del 2018 (governo gialloverde, Salvini ministro dell’Interno) consegnò alla guardia costiera libica 101 naufraghi salvati in mezzo al Mediterraneo sono “abbandono in stato di pericolo di persone minori o incapaci, e di sbarco e abbandono arbitrario di persone”. La Cassazione ha dichiarato formalmente che la Libia non è un porto sicuro.

      Tutta la politica dei respingimenti a questo punto, se dio vuole, salta in aria. La Cassazione ha stabilito che bisogna tornare allo Stato di diritto, a scapito della propaganda politica. E saltano in aria anche i provvedimenti recentemente adottati dalle autorità italiane sulla base del decreto Spazza-naufraghi varato circa un anno fa dal governo Meloni.

      Ancora in queste ore c’è una nave della Ocean Viking che è sotto fermo amministrativo perché accusata di non aver seguito le direttive impartite dalle autorità libiche. Ovviamente dovrà immediatamente essere dissequestrata e forse c’è anche il rischio che chi ha deciso il sequestro finisca sotto processo. Inoltre bisognerà restituire la multa e probabilmente risarcire il danno.

      E quello della Ocean Viking è solo uno di numerosissimi casi. Certo, perché ciò avvenga sarebbe necessaria una assunzione di responsabilità sia da parte del Parlamento sia da parte della magistratura. E le due cose non sono probabilissime.

      https://www.osservatoriorepressione.info/sentenza-cassazione-consegnare-gli-immigranti-alla-guardia

    • Italy’s top court: Handing over migrants to Libyan coast guards is illegal

      Italy’s highest court, the Cassation Court, has ruled that handing over migrants to Libyan coast guards is unlawful because Libya does not represent a safe port. The sentence could have major repercussions.

      Handing over migrants rescued in the Central Mediterranean to Tripoli’s coast guards is unlawful because Libya is not a safe port and it is conduct which goes against the navigation code, the Cassation Court ruled on February 17. The decision upheld the conviction of the captain of the Italian private vessel Asso 28, which, on July 30, 2018, rescued 101 individuals in the central Mediterranean and then handed them over to the Libyan coast guards to be returned to Libya.

      The supreme court judges ruled in sentence number 4557 that facilitating the interception of migrants and refugees by the Libyan coast guards falls under the crime of “abandonment in a state of danger of minors or incapacitated people and arbitrary disembarkation and abandonment of people.” This ruling effectively characterizes the 2018 incident as collective refoulement to a country not considered safe, contravening the European Convention on Human Rights.

      NGOs announce class action lawsuit

      Beyond its political implications, the Cassation’s decision could significantly impact ongoing legal proceedings, including administrative actions. NGOs have announced a class action lawsuit against the government, the interior minister, and the Italy-Libya memorandum.

      The case, which was first examined by the tribunal of Naples, focuses on the intervention of a trawler, a support ship for a platform, to rescue 101 migrants who were on a boat that had departed from Africa’s coast.

      According to investigators, the ship’s commander was asked by personnel on the rig to take on board a Libyan citizen, described as a “Libyan customs official”, who suggested sailing to Libya and disembarking the rescued migrants.

      The supreme court judges said the defendant “omitted to immediately communicate, before starting rescue operations and after completing them, to the centres of coordination and rescue services of Tripoli and to the IMRCC (Italian Maritime Rescue Coordination Centre) of Rome, in the absence of a reply by the first,” that the migrants had been rescued and were under his charge.

      The Cassation ruled that, by operating in this way, the commander violated “procedures provided for by the International Convention for the Safety of Life at Sea (SOLAS) and by the directives of the International Maritime Organization,” thus carrying out a “collective refoulement to a port deemed unsafe like Libya.”

      Furthermore, the Cassation emphasized the commander’s obligation to ascertain whether the migrants wanted to apply for asylum and conduct necessary checks on accompanying minors.
      ’Cassation should not be interpreted ideologically on Libya’, Piantedosi

      “Italy has never coordinated and handed over to Libya migrants rescued in operations coordinated or directly carried out by Italy,” Interior Minister Matteo Piantedosi said on February 19, when asked to comment the Cassation’s ruling. “That sentence must be read well — sentences should never be interpreted in a political or ideological manner,” he said.

      Piantedosi contextualized the ruling within the circumstances prevailing in Libya at the time, citing efforts to assist Libya with EU cooperation. He highlighted the government’s adherence to principles governing repatriation activities and concluded by saying “there can be no spontaneity” and that “coordination” is essential.

      https://twitter.com/InfoMigrants/status/1759901204501438649?t=ZlLRzR3-jQ0e6-y0Q2GPJA

  • #Green_Border

    Ayant fui la guerre, une famille syrienne entreprend un éprouvant périple pour rejoindre la Suède. A la frontière entre le Belarus et la Pologne, synonyme d’entrée dans l’Europe, ils se retrouvent embourbés avec des dizaines d’autres familles, dans une zone marécageuse, à la merci de militaires aux méthodes violentes. Ils réalisent peu à peu qu’ils sont les otages malgré eux d’une situation qui les dépasse, où chacun - garde-frontières, activistes humanitaires, population locale - tente de jouer sa partition

    https://fr.wikipedia.org/wiki/Green_Border
    https://www.youtube.com/watch?v=5ufcsLA7xow


    #frontières #Biélorussie #asile #migrations #réfugiés #Pologne #forêt #mourir_aux_frontières #violence #push-backs #refoulements #instrumentalisation_de_la_migration #zone_frontalière #film #cinéma #Agnieszka_Holland #solidarité #marécage #zone_interdite #état_d'urgence #zone_d'exclusion

    –---
    ajouté à la métaliste autour de la création de zones frontalières (au lieu de lignes de frontière) en vue de refoulements ou autres pratiques de contrôles migratoires :
    https://seenthis.net/messages/795053

  • #Espace_Schengen : l’Union européenne trouve un #accord pour clarifier le cadre des contrôles aux frontières

    Depuis 2015, de nombreux pays ont réintroduit dans l’espace de libre circulation européen des contrôles d’identité à leurs frontières, invoquant la #pression_migratoire ou la #menace_terroriste.

    Les négociateurs du Parlement européen et du Conseil (Etats membres) ont trouvé un accord, mardi 6 février, sur une réforme du #code_Schengen destinée à clarifier et renforcer le cadre prévu pour la réintroduction et la prolongation des contrôles aux frontières intérieures de cet espace de libre circulation.

    Au sein de l’espace Schengen, qui regroupe 27 pays − dont 23 Etats membres de l’Union européenne (UE) plus l’Islande, le Liechtenstein, la Norvège et la Suisse −, plus de 400 millions de personnes peuvent en principe circuler sans être soumises à des contrôles. Mais depuis 2015, invoquant la pression migratoire ou la menace terroriste − voire les deux −, de nombreux pays ont réintroduit des contrôles d’identité à leurs frontières. Ils sont actuellement plus de la moitié à le faire. L’espace Schengen a aussi été fragmenté par des restrictions de circulation décidées par les Etats membres pendant la pandémie de Covid-19.

    Or, ces contrôles sont autorisés par le code Schengen à titre exceptionnel, en cas de #menace_grave pour l’ordre public ou la sécurité intérieure d’un Etat, mais de manière 3provisoire. Et la Cour de justice de l’UE a rappelé en avril 2022 qu’ils ne devaient pas excéder six mois. En décembre 2021, la Commission européenne a proposé une révision du code Schengen pour tenter de mettre de l’ordre et tirer les leçons de la crise du Covid-19.

    Libre circulation et sécurité

    Selon l’accord trouvé mardi soir, qui devra encore être approuvé formellement par le Parlement européen et le Conseil, en cas de menace grave à sa sécurité, un Etat peut autoriser des contrôles à ses frontières, pour une durée maximale de deux ans, avec une prolongation possible d’un an. Ces Etats devront évaluer la nécessité et la proportionnalité de ces contrôles et déterminer si les objectifs poursuivis ne peuvent être atteints par des mesures alternatives.

    Aux frontières extérieures, la réforme prévoit en cas d’urgence sanitaire de grande ampleur d’harmoniser les règles d’entrée dans l’UE en provenance de pays tiers − les éventuelles mises en quarantaine ou tests notamment. Les citoyens et résidents de l’UE seraient exemptés de telles restrictions d’entrée. Elle prévoit aussi des réponses aux tentatives d’Etat tiers d’« instrumentaliser » les migrants dans le but de déstabiliser un pays de l’UE − comme la Biélorussie et la Russie ont été accusées de le faire −, notamment en limitant les points de passage.

    « La #libre_circulation dans nos frontières intérieures et la sécurité de nos frontières extérieures sont les deux pierres angulaires de l’espace Schengen. L’accord conclu aujourd’hui (…) clarifiera et renforcera ces deux piliers », a commenté la ministre de l’intérieur belge, Annelies Verlinden, dont le pays assure la présidence semestrielle du Conseil de l’UE.

    L’eurodéputée française Sylvie Guillaume (membre du groupe Alliance progressiste des socialistes & démocrates) s’est déclarée « satisfaite ». « Avec cet accord, nous avons protégé la libre circulation des personnes tout en répondant aux défis auxquels l’espace Schengen a été confronté au cours des dix dernières années », a-t-elle insisté.

    https://www.lemonde.fr/international/article/2024/02/07/espace-schengen-l-union-europeenne-parvient-a-un-accord-pour-clarifier-le-ca

    #frontières_intérieures #frontières_internes #frontières #Schengen #contrôles_systématiques_aux_frontières #EU #UE #Union_européenne #migrations #asile #réfugiés #exception

    • Border controls: EU updates Schengen rules despite racial profiling concerns

      The Schengen Border Code will be updated as the Belgian Presidency of the Council of the EU and negotiators from the European Parliament have reached a provisional agreement on the adjustment of the border rules, announced Interior Minister Annelies Verlinden (CD&V).

      The update clarifies the rules on (re)introducing border controls between the 27 European countries who are part of the Schengen area, and ensures that they remain “a last resort,” Verlinden’s office said in a press release.

      “Smooth movement across our internal borders and the security of our external borders are the two cornerstones of the Schengen area,” she said. “This agreement on the revision of the Schengen Borders Code will clarify and strengthen these two pillars.”

      The Schengen Borders Code provides for the absence of internal border controls in the Schengen area, which in principle allows over 420 million people to travel freely between the Member States. From 31 March 2024, Bulgaria and Romania will also become part of the area.

      Introducing border controls

      In recent years, discussions about updating the border rules of the area flared up several times, as a result of the debate around migration but also due to travel restrictions during the Covid-19 pandemic.

      The amended Schengen Borders Code will provide Member States with new opportunities to effectively manage the EU’s external borders in a situation where migrants are used for political gain. “This includes limiting the number of border crossing points or shortening their opening hours.”

      In practice, this means that the deal would allow internal checks and increased policing in situations of so-called “instrumentalisation of migration,” which is when a Member State claims that a non-EU country or ’hostile non-state actor’ is pushing migrants towards external EU borders for political reasons.

      “This is an extremely problematic concept, whose codification into EU law would introduce broad derogations to fundamental rights, including the right to asylum and freedom of movement,” said PICUM, a Brussels-based network of over 160 NGOs working to advance the rights of undocumented people. They added that the new deal would de facto legitimise racial profiling in border checks.

      While the reform of the Schengen Borders Code aims to reduce the amount of temporary generalised internal EU border checks, PICUM stressed that it would escalate checks on specific groups of people. The deal would allow police authorities in joint patrols to carry out “random” document checks near internal EU borders, under the guise of apprehending people without valid travel or residence documents.

      Research has already shown that police tend to stop people for checks based on racial, ethnic, or religious characteristics. It is clear that these checks will depend on the police’s decisions about who “looks like” a person without valid papers, the network said.

      “This agreement embraces a very harmful narrative which assumes that people crossing borders without valid documents are a threat to the EU and proposes to address it by increasing policing, while de facto encouraging racial profiling,” said Silvia Carta, Advocacy Officer at PICUM.

      Internal pushbacks, no safeguards

      The new code also introduces “alternative measures” to counter unauthorised movements of third-country nationals staying in the Schengen area. If they are apprehended in the border area, a new procedure will allow Member States to return them to the Member State from which they arrived directly. The arrest must take place in the context of a bilateral partnership, the deal states.

      However, PICUM stressed that this would legalise the violent practice of “internal pushbacks,” which consists of apprehending and detaining people caught without a valid document near an internal border, and transferring them to the Member State the police think the person came from without conducting an individual assessment.

      It is still unclear which “safeguards” have been introduced to protect children, who are not explicitly excluded from such transfer procedures.

      The deal would most likely also escalate the use of monitoring and surveillance technologies that do not apply relevant safeguards and would be at odds with existing EU data protection legislation and fundamental rights.

      If there is a serious threat to public order or internal security, the deal will also allow Member States to exceptionally (re)introduce border controls. However, this will only be possible after assessing “the necessity and proportionality” of this reintroduction, and ensuring that other measures are not sufficient.

      Controls will be able to be introduced immediately if threats to public order or security are unpredictable. In that case, the Commission, Member States and the European Parliament are required to be informed at the same time. “These controls may then be reintroduced for a period of up to one month and extended for up to three months.”

      Internal border controls for foreseeable threats – which have been communicated to the Commission, other Member States and the European Parliament before being reintroduced – can remain in force for a maximum of six months. They can be extended for a renewable period of up to six months, with a maximum duration of two years.

      In serious exceptional situations relating to a persistent threat, internal border controls may be extended after two years for a maximum of six more months, which may then be extended once more (total duration of one year).

      Another health crisis

      In the event of another large-scale public health emergency, the Council can decide to authorise temporary travel restrictions at the EU’s external border. The decision may also include health-related travel restrictions, such as testing, quarantine and self-isolation. During the Covid-19 pandemic, the EU could only make non-binding recommendations to Member States.

      Certain categories of people – those enjoying the right of free movement, long-term residents and people enjoying international protection – will be exempted from the entry restrictions.

      Now, this provisional agreement will be submitted to the representatives of the Member States in the Council for confirmation. After that, it must still be formally adopted by both institutions.

      https://www.brusselstimes.com/eu-affairs/914176/reintroducing-border-controls-eu-agrees-on-schengen-code-update

      #profilage_racial #instrumentalisation_de_la_migration #contrôles_au_faciès #refoulements #refoulements_internes #push-backs

    • Schengen : le Conseil et le Parlement européen conviennent d’une révision du code frontières de l’UE

      La présidence belge du Conseil de l’UE et les négociateurs du Parlement européen sont parvenus aujourd’hui à un accord provisoire sur la modification du droit de l’UE qui fixe les règles de fonctionnement de l’espace Schengen aux frontières extérieures et intérieures. Les modifications convenues, qui devront être approuvées et adoptées formellement par les deux institutions, renforceront la coordination de l’UE et amélioreront les outils dont disposent les États membres pour faire face aux difficultés rencontrées aux frontières de l’UE.

      « Le franchissement sans entrave de nos frontières intérieures et la sécurité de nos frontières extérieures sont les deux pierres angulaires de l’espace Schengen. L’accord intervenu aujourd’hui en vue de la révision du code frontières Schengen clarifiera et renforcera ces deux piliers. » (Annelies Verlinden, ministre de l’intérieur, des réformes institutionnelles et du renouveau démocratique de la Belgique)

      La mise à jour clarifie en particulier les règles relatives au rétablissement des contrôles aux frontières en veillant à ce qu’ils restent une mesure de dernier recours, propose des solutions pour les situations dans lesquelles les migrants sont instrumentalisés et permet d’introduire des mesures communes pour harmoniser les restrictions de déplacement en cas d’urgence de santé publique.
      Lutte contre l’instrumentalisation des flux migratoires

      Le code frontières Schengen modifié mettra à disposition des États membres de nouvelles mesures pour une gestion efficace des frontières extérieures de l’UE dans les cas d’instrumentalisation des migrants à des fins politiques. Cela passe notamment par une limitation du nombre de points de passage aux frontières ou par la réduction de leurs heures d’ouverture.

      On parle d’instrumentalisation lorsqu’un pays tiers ou un acteur non étatique encourage ou facilite le déplacement de ressortissants de pays tiers vers les frontières extérieures de l’UE afin de déstabiliser l’UE ou un État membre.
      Rétablissement des contrôles aux frontières intérieures

      Le texte approuvé clarifie et renforce le cadre du rétablissement et de la prolongation des contrôles aux frontières intérieures. Les États membres peuvent rétablir des contrôles à titre exceptionnel en cas de menace grave pour l’ordre public ou la sécurité intérieure. Ils devront évaluer la nécessité et la proportionnalité de ce rétablissement et estimer si les objectifs poursuivis ne peuvent pas être atteints par d’autres moyens, notamment par des mesures alternatives.

      Selon les nouvelles règles, si des menaces pour l’ordre public ou la sécurité ont un caractère imprévisible, des contrôles peuvent être mis en place immédiatement en en informant simultanément la Commission, les autres États membres et le Parlement européen. Ces contrôles sont limités à une période d’un mois maximum et ne peuvent être prolongés que pour une durée maximale de trois mois.

      Dans le cas de menaces prévisibles, les contrôles aux frontières intérieures, notifiés à la Commission, aux États membres et au Parlement européen avant d’être rétablis, peuvent rester en place pendant une période de six mois maximum. Ils peuvent être prolongés par périodes renouvelables de six mois maximum, pour une durée n’excédant pas deux ans. Dans des situations exceptionnelles majeures liées à une menace persistante, les contrôles aux frontières intérieures peuvent être prolongés au-delà de deux ans, pour une période maximale de 6 mois supplémentaires, renouvelable une fois, la durée totale n’excédant pas un an.
      Promotion de mesures alternatives

      Une autre mise à jour du code frontières Schengen sur laquelle la présidence et le Parlement européen ont marqué leur accord concerne le recours à des mesures alternatives aux contrôles aux frontières intérieures.

      Le recours à ces mesures alternatives permettra aux États membres de limiter considérablement le rétablissement éventuel des contrôles aux frontières intérieures, en garantissant la sécurité tout en préservant l’espace de libre circulation sans contrôles aux frontières intérieures.

      Le nouveau code introduit également des mesures alternatives pour lutter contre les déplacements non autorisés de ressortissants de pays tiers en séjour irrégulier dans l’espace Schengen. Une nouvelle procédure permettra à un État membre de transférer des ressortissants de pays tiers arrêtés dans la zone frontalière et séjournant illégalement sur son territoire vers l’État membre d’où ils sont arrivés directement. L’arrestation devrait s’effectuer dans le cadre d’une coopération bilatérale.
      Mesures aux frontières extérieures en cas de crise sanitaire

      En vertu du nouveau code frontières Schengen, le Conseil peut adopter une décision autorisant des restrictions temporaires de déplacement aux frontières extérieures en cas d’urgence de santé publique de grande ampleur. Pendant la pandémie de COVID-19, l’UE n’a pu émettre que des recommandations non contraignantes à l’intention des États membres.

      La décision peut également prévoir des restrictions de déplacement liées à la santé, telles que des tests, une quarantaine et l’isolement à domicile.

      Certaines catégories de personnes seront exemptées des restrictions à l’entrée : les personnes jouissant du droit à la libre circulation, les résidents de longue durée et les bénéficiaires d’une protection internationale.
      Prochaines étapes

      L’accord provisoire intervenu aujourd’hui sera soumis aux représentants des États membres au sein du Conseil (Coreper) pour confirmation. Il devra également être formellement adopté par les deux institutions.
      Contexte

      L’espace Schengen s’étend sur plus de 4 millions de kilomètres carrés, se compose de 27 pays européens et permet à plus de 400 millions de personnes de voyager librement entre les pays membres sans passer par des contrôles aux frontières.

      La coopération entre les forces de police, les autorités douanières et les autorités chargées du contrôle des frontières extérieures des pays de l’espace Schengen contribue à la sécurité de la zone.

      Le code frontières Schengen, qui va être mis à jour par cet accord entre le Conseil et le Parlement européen, constitue le cadre réglementaire qui prévoit l’absence de contrôles aux frontières intérieures et fixe des règles pour le contrôle des personnes aux frontières extérieures de l’espace Schengen.

      Le code permet aux États membres de rétablir des contrôles aux frontières intérieures dans des circonstances exceptionnelles mettant en péril le fonctionnement global de l’espace Schengen.

      https://www.consilium.europa.eu/fr/press/press-releases/2024/02/06/schengen-council-and-european-parliament-agree-to-update-eu-s-borde

    • Réforme Schengen : le nouveau code rend possible les refoulements aux frontières intérieures

      Un accord a été trouvé, mardi, par les négociateurs du Parlement et du Conseil européens quant à la révision du code Schengen des frontières. Cet accord introduit de nouvelles mesures qui, rendent notamment légal le transfert de migrants depuis une zone frontalière vers le pays dont il arrive. Infomigrants fait le point.

      L’accord a été annoncé mardi soir. Les négociateurs du Parlement européen et du Conseil européen viennent d’aboutir à une version finale de révision du code Schengen des frontières. Ce code régit les pratiques aux frontières intérieures et extérieures de l’espace Schengen, territoire composé par 27 États au sein duquel, en théorie, chacun peut circuler sans contrôle.

      L’accord doit encore être approuvé formellement par le Parlement et le Conseil. Si un communiqué de presse en donne les grandes lignes, le texte détaillé n’a pas encore été rendu public. « La libre circulation dans nos frontières intérieures et la sécurité de nos frontières extérieures sont les deux pierres angulaires de l’espace Schengen. L’accord conclu aujourd’hui (...) clarifiera et renforcera ces deux piliers », soutient la ministre belge de l’Intérieur, Annelies Verlinden, dont le pays assure la présidence du Conseil de l’UE.

      Depuis 2015, de nombreux États, dont la France, ont réintroduit des contrôles d’identité à leurs frontières intérieures. En raison de la menace terroriste, mais aussi des restrictions sanitaires dues au Covid-19. Ils sont actuellement plus de la moitié des États membres de l’espace Schengen à le faire, rappelle l’AFP. Et ce, alors que ces contrôles internes sont contraires au principe de libre circulation dans l’espace Schengen.
      Un an de prolongation supplémentaire pour les contrôles aux frontières intérieures

      Ce type de contrôle est autorisé par le code Schengen « en cas de menace grave pour l’ordre public ou la sécurité intérieure d’un État ». La réintroduction d’un contrôle aux frontières intérieures est d’une période de six mois maximum. Ces périodes sont ensuite renouvelables, sur une durée maximale de deux ans.

      La nouvelle réforme du code Schengen réaffirme le caractère exceptionnel de ces contrôles. La « nécessité et la proportionnalité » de ces derniers devra être argumentée.

      Mais elle ajoute la possibilité de les prolonger encore d’une année supplémentaire. Le nouveau code encadre donc mieux la pratique… Tout en allongeant sa possibilité à trois années maximum.
      Une nouvelle mesure qui légitime les refoulements aux frontières intérieures

      À partir de cette base, les négociateurs ont introduit une nouvelle mesure pour contrôler les mouvements migratoires au sein de l’espace Schengen qui inquiète fortement les ONG et avocats en droit des étrangers. Le nouveau code permettra en effet à un État membre de « transférer les ressortissants de pays tiers appréhendés dans la zone frontalière et séjournant illégalement sur son territoire vers l’État membre d’où ils sont directement arrivés. L’arrestation devra avoir lieu dans le cadre d’un cadre de coopération bilatérale », détaille le communiqué.

      Par exemple : à la frontière franco-italienne, avec cette nouvelle mesure, « toute personne qui se trouve dans la zone frontalière pourra être arrêtée si les autorités françaises soupçonnent que cette personne est en situation irrégulière et venue d’Italie », décrit Ulrich Stege, avocat en droit des étrangers membre du réseau juridique italien ASGI, et enseignant à l’International University de Turin. Il sera possible de la refouler via « une procédure simplifiée, par exemple un unique document indiquant l’identité de la personne. On le lui fait signer, puis on la repousse ». Des pushbacks qui deviendraient légaux, en somme.

      Cette pratique a pourtant été épinglée, pas plus tard qu’en septembre 2023, par la Cour de Justice de l’UE. « La volonté est clairement de codifier et généraliser, dans la législation européenne, une pratique qui est en ce moment même en place notamment entre la France et l’Italie », confirme Ulrich Stege.
      Risques accrus de contrôles au faciès

      Edwige*, une exilée ivoirienne rencontrée à Vintimille en octobre, avait raconté à Infomigrants le déroulement des contrôles de police menant à des refoulements, dans les trains entre l’Italie et la France. « Les policiers nous ont dit de sortir. Directement, sans regarder nos documents. Moi, j’étais aux toilettes à ce moment-là : ils sont rentrés, ils m’ont tirée dehors. Je ne comprenais pas ce qu’il se passait », témoignait-elle. « C’est là que je me suis rendue compte qu’ils avaient fait sortir tous les Noirs du train. »

      « Rappelons que, dès que l’on parle de contrôles aux frontières intérieures, on ne peut pas imaginer autre chose que ce que l’on voit depuis 2015 : c’est-à-dire des contrôles avec un profilage racial des personnes. Cela ne peut pas se faire autrement », met en garde Ulrich Stege.

      Avec cette nouvelle mesure, « on s’oriente vers une systématisation de ces contrôles basées sur du profilage racial », soutient l’avocat et professeur d’université italien. Pour rappel, ces contrôles au faciès sont bien entendus illégaux... Car discriminatoires. "Il est clair que les contrôles « aléatoires » de documents dépendront des décisions de la police quant à savoir qui « ressemble » à une personne sans-papiers", abonde l’ASGI dans son analyse de la réforme, parue mi 2022.

      « Jusqu’ici, on avait des pratiques basées sur des accords bilatéraux. Cette fois, il y aurait une loi européenne qui régularise et légitime ces pratiques. Or, ce sont des pratiques violentes, de refoulements et de discriminations raciales », tranche Silvia Carta, chargée de plaidoyer politique migratoire pour le réseau PICUM (Plateforme pour la coopération internationale sur les migrants sans papiers), également interrogée par Infomigrants.
      Pas d’exception pour les mineurs, les demandeurs d’asile ou les familles ?

      Plusieurs questions restent en suspens. Existera-t-il un droit au recours, pour les personnes soumises à cette nouvelle mesure ? Mais aussi : combien de temps les personnes pourront-elles être placées dans des locaux de rétention, en attendant leur refoulement ? Par-dessus tout : y aura-t-il des exceptions pour les catégories protégées, à savoir les mineurs non-accompagnés, les familles avec enfants, ou encore les demandeurs d’asile - qui ont le droit imprescriptible de déposer une demande d’asile partout dans l’UE ?

      « Notre crainte, c’est que cette mesure favorise, entre autres, la rétention illégale des personnes », pointe Silvia Carta. « Le Parlement avait envisagé des garde-fous. Mais nous ne savons pas exactement ce qui a été retenu dans le texte, d’autant que le Conseil était, à l’inverse, réticent à les intégrer dans l’accord... »

      Or, « sans précision, sans règle claire, chacun fait un peu comme il le veut. On le voit bien à la frontière franco-italienne, où des demandeurs d’asile sont refoulés », insiste Ulrich Stege.

      De manière globale, le nouveau code Schengen vise à promouvoir et créer d’autres « mesures alternatives pour lutter contre les mouvements non autorisés de ressortissants de pays tiers en séjour irrégulier dans l’espace Schengen », assume le communiqué européen.

      Sans publication du texte, difficile de savoir pour le moment ce que recouvre ce champ des « mesures alternatives ». Les ONG craignent une intensification du recours aux technologies de surveillance. Avec l’idée de « faciliter les détections et les interceptions des gens de façon de plus en plus systématique. Via des drones, des caméras, l’intelligence artificielle... », souligne Silvia Carta.
      Des mesures face aux tentatives « d’instrumentalisation » de migrants

      La révision du code Schengen concerne aussi les frontières extérieures. Il est prévu une harmonisation des règles d’entrée dans l’UE « en cas d’urgence sanitaire », avec des « éventuelles mises en quarantaine ou tests », laisse entrevoir le communiqué.

      Surtout, l’accord prévoit des mesures face aux tentatives d’Etats tiers d’"instrumentaliser" les migrants « dans un but politique » de déstabilisation - comme le Bélarus ou encore la Russie ont été accusés par l’UE de le faire, en 2023. Il s’agira de « limiter le nombre de points de passage, ou de réduire leurs horaires d’ouverture », annonce le communiqué.

      "Ce concept d’"instrumentalisation" est problématique et inquiétant", réagit Silvia Carta. "Il associe la migration à une menace sécuritaire. Et puis, qui rentrera dans cette définition de l’"instrumentalisation" ? Est-ce qu’à terme, cela pourrait viser aussi les missions de sauvetage des personnes exilées menées par des ONG ?"

      Le rôle de l’agence de garde-frontières Frontex s’en verra renforcé, souligne dans son analyse détaillée le réseau Border Violence Monitoring. Dans les moments de tension aux frontières extérieures, comme entre la Finlande et la Russie fin 2023, des agents sont envoyés sur place, en mission.

      « C’est un constat que l’on fait pour tous les textes sur les migrations, y compris le nouveau Pacte migratoire européen : l’UE produit des nouvelles règles qui se basent sur une approche sécuritaire, avec la criminalisation de la figure du migrant », conclut Ulrich Stege. « Et cela nuit aux droits fondamentaux qui devraient s’appliquer ».

      https://www.infomigrants.net/fr/post/55028/reforme-schengen--le-nouveau-code-rend-possible-les-refoulements-aux-f

    • Racial profiling and « internal pushbacks » in new Schengen borders legislation

      Statewatch is publishing the final compromise text of the revised Schengen Borders Code, which is due for adoption soon by the Council and the Parliament. The text has been heavily criticised for encouraging racial profiling through the increased use of police patrols and checks at internal borders in the Schengen area, as well as legitimating “internal pushbacks”, with the aim of avoiding the full-blown reintroduction of internal border controls.

      The proposed Regulation, which comes hot on the heels of other new legislation as part of the Pact on Migration and Asylum, has a number of goals, as explained in the compromise text document (pdf):

      a) establish a new mechanism which should allow for a timely adoption by the Council of a binding instrument setting out temporary travel restrictions at the external borders in case of a pandemic,

      b) address the instrumentalisation of migrants, where a third country actor is using human beings to destabilise the Union or its Member States,

      c) create a new mechanism allowing for a European response to problems affecting a majority of Member States at the same time and thus putting the overall functioning of the Schengen area at risk,

      d) clarify and expand the list of elements that must be assessed by a Member State when taking the decision on temporary reintroduction of border controls,

      e) provide that safeguards should always be applied, to limit the negative impact of the temporary reintroduction of border checks at internal borders, should this reintroduction be inevitable.

      The Platform for International Cooperation on Undocumented Migration has said that the text will increase the use of police checks at internal borders that will be based on “racial, ethnic, or religious characteristics,” whilst warning that it also legalises “the violent practice of ‘internal pushbacks’, which consists in apprehending and detaining people caught without a valid document near an internal border, and transferring them to the member state the police think the person came from without conducting an individual assessment.”

      The document includes an explanation from the Presidency of “the key elements of the compromise text”:

      – Travel restrictions – The definition and concept of “large-scale public health emergency” were agreed and the Parliament accepted that Member States can apply stricter measures than those agreed at EU level. A supplementary list of categories of travellers that could be exempted from travel restrictions was included from which categories of essential travellers could be added to Annex XI by means of an implementing act.

      – Alternative police measures – These measures are intended to enable Member States to avoid having to resort to the reintroduction of internal border controls. These provisions were largely maintained in the final agreement. This is an important element since it will expand the toolbox available to Member States to deal with threats before reintroducing internal border controls.

      – Transfer procedure – The procedure will take place in the context of a bilateral cooperation framework. Minors will not be exempted from the procedure, but procedural safeguards will be included.

      – Instrumentalisation – A cross-reference was made to the definition of instrumentalisation as contained in the Crisis Regulation

      – Attempt to cross the external border en masse and using force – The wording of a ruling of the European Court of Human Rights was maintained.

      – Reintroduction/prolongation of internal border controls – On the issue of a maximum duration for which Member States can reintroduce internal border controls, an agreement was reached for a total period of two years, with possibility of two additional prolongations of 6 months each. In the case of a situation putting at risk the overall functioning of the area without internal border controls that affects several Member States, the application of the provision will be restricted to large scale public health emergencies.

      https://www.statewatch.org/news/2024/february/racial-profiling-and-internal-pushbacks-in-new-schengen-borders-legislat

    • Asylum and migration reform: EU member states’ representatives green light deal with European Parliament

      Today, EU member states’ representatives (Coreper) approved the provisional deal that was reached between the Council presidency and the European Parliament on 20 December 2023, constituting a pact of five key laws which will reform the EU’s asylum and migration system.

      “The member states today confirmed their commitment to improve the European asylum and migration system. These new rules will make the European asylum system more effective and increase solidarity between member states. This agreement will fundamentally change the way in which we deal with migration and asylum on the ground, at the borders and within our territories. The agreement will not change the situation on the ground from day one after its adoption, but now we have to be fully committed to implement what we have decided.” (Nicole de Moor, Belgian State Secretary for Asylum and Migration)

      Pact on asylum and migration

      The five EU laws of the pact touch upon all stages of asylum and migration management.

      The update of the Eurodac regulation (the EU fingerprint database) will make it possible to better tackle irregular movements and monitor the paths of asylum seekers and persons in an irregular situation throughout the EU.

      The screening regulation’s aim is to strengthen controls of persons at external borders. It also ensures fast identification of the correct procedure – such as return to their country of origin or start of an asylum procedure – when a person enters the EU without fulfilling the right entry conditions.

      The asylum procedure regulation (APR) establishes a common procedure that member states need to follow when people seek international protection. It streamlines the procedural arrangements and sets standards for the rights of the asylum seeker. It introduces a mandatory border procedure, with the aim of quickly assessing at the EU’s external borders whether applications for asylum are unfounded or inadmissible.

      The asylum and migration management regulation (AMMR) will replace the current Dublin regulation. It sets out rules determining which member state is responsible for the examination of an asylum application. To balance the current system whereby a few member states are responsible for the vast majority of asylum applications, a new solidarity mechanism will be established. The new rules combine mandatory solidarity to support member states who cannot cope with the number of irregular arrivals into their territory with flexibility for member states as regards the choice of their contributions

      The fifth leg of the Pact is a new law that establishes a framework allowing member states to address situations of crisis in the field of asylum and migration. They would be authorised to adjust certain rules, for instance concerning the registration of asylum applications or the asylum border procedure. On the other hand these countries would be able to request solidarity and support measures from the EU and its member states.
      Reception conditions, qualification and resettlement

      The permanent representatives committee also gave the thumbs up to three asylum and migration laws on which Council and Parliament had already reached agreement in 2022. These three laws comprise a revision of the reception conditions directive, an update of the qualification regulation and a regulation establishing an EU resettlement framework.

      A return border regulation was also approved which allows the pact to apply to those European countries with differing Schengen rules.
      Next steps

      The laws approved today will have to be formally adopted by the European Parliament and the Council.

      Background

      The asylum procedure regulation, asylum and migration management regulation, Eurodac regulation, screening regulation and crisis regulation are components of the new pact on migration and asylum, which the Commission proposed on 23 September 2020.

      The reception conditions directive, qualification regulation and EU resettlement framework were proposed in 2016.

      https://www.consilium.europa.eu/en/press/press-releases/2024/02/08/asylum-and-migration-reform-eu-member-states-representatives-green-

  • FROM LIBYA TO TUNISIA : HOW THE EU IS EXTENDING THE PUSH-BACK REGIME BY PROXY IN THE CENTRAL MEDITERRANEAN

    On August 21, 2023, the rescue ship Aurora from Sea Watch was detained by the Italian authorities after refusing to disembark survivors in Tunisia as ordered by the Rome MRCC (Maritime Rescue Coordination Center), a country which by no means can be considered a place of safety.

    This episode is just one example of the efforts of European states to avoid arrivals on their shores at all costs, and to evade their responsibility for reception and #Search_and_Rescue (#SAR). Already in 2018, the European Commission, with its disembarkation platform project, attempted to force sea rescue NGOs to disembark survivors in North Africa. While this project was ultimately unsuccessful as it stood, European states have endeavored to increase the number of measures aimed at reducing crossings in the central Mediterranean.

    One of the strategies employed was to set up a “push-back by proxy regime”, outsourcing interceptions at sea to the Libyan Coast guards, enabling the sending back of people on the move to a territory in which their lives are at risk, undertaken by Libyan border forces under the control of the EU authorities, in contravention of principle of non-refoulement, one of the cornerstones of international refugee law. Since 2016, the EU and its member states have equipped, financed, and trained the Libyan coastguard and supported the creation of a MRCC in Tripoli and the declaration of a Libyan SRR (search and rescue region).

    This analysis details how the European Union and its member states are attempting to replicate in Tunisia the regime of refoulement by proxy set up in Libya just a few years earlier. Four elements are considered: strengthening the capacities of the Tunisian coastguard (equipment and training), setting up a coastal surveillance system, creating a functional MRCC and declaring a Tunisian SRR.
    A. Building capacity of the Garde Nationale Maritime
    Providing equipment

    For several decades now, Tunisia has been receiving equipment to strengthen its coast guard capabilities. After the Jasmine Revolution in 2011, Italy-Tunisia cooperation deepened. Under the informal agreement of April 5, 2011, 12 boats were delivered to the Tunisian authorities. In 2017, in a joint statement by the IItalian Ministry of Foreign Affairs and its Tunisian counterpart, the two parties committed to “closer cooperation in the fight against irregular migration and border management,” with a particular focus on the maritime border. In this context, the Italian Minister declared Italy’s support for the modernization and maintenance of the patrol vessels supplied to Tunisia (worth around 12 million euros) and the supply of new equipment for maritime border control. On March 13, 2019, Italy also supplied Tunisia with vehicles for maritime border surveillance, sending 50 4-wheelers designed to monitor the coasts.

    Recently, Germany also started to support the coast guard more actively in Tunisia, providing it with equipment for a boat workshop designed to repair coast guard vessels in 2019. As revealed in an answer to a parliamentary question, in the last two years, the Federal Police also donated 12 inflatable boats and 27 boat motors. On the French side, after a visit in Tunis in June 2023, the Interior Minister Gérard Darmanin announced 25 million euros in aid enabling Tunisia to buy border policing equipment and train border guards. In August 2023, the Italian authorities also promised hastening the provision of patrol boats and other vehicles aimed at preventing sea departures.

    Apart from EU member states, Tunisia has also received equipment from the USA. Between 2012 and 2019, the Tunisian Navy was equipped with 26 US-made patrol boats. In 2019, the Tunisian national guard was also reinforced with 3 American helicopters. Primarily designed to fight against terrorism, the US equipment is also used to monitor the Tunisian coast and to track “smugglers.”

    Above all, the supply of equipment to the Tunisian coastguard is gaining more and more support by the European Union. Following the EU-Tunisia memorandum signed on July 16, 2023, for which €150 million was pledged towards the “fight against illegal migration”, in September 2023, Tunisia received a first transfer under the agreement of €67 million “to finance a coast guard vessel, spare parts and marine fuel for other vessels as well as vehicles for the Tunisian coast guard and navy, and training to operate the equipment.”

    In a letter to the European Council, leaked by Statewatch in October 2023, the European Commission president Ursula von der Leyen highlighted the provision of vessels and support to the Tunisian coast guards: “Under the Memorandum of Understanding with Tunisia, we have delivered spare parts for Tunisian coast guards that are keeping 6 boats operation and others will be repaired by the end of the year.”
    Trainings the authorities

    In addition to supplying equipment, the European countries are also organizing training courses to enhance the skills of the Tunisian coastguard. In 2019, Italy’s Interior Ministry released €11 million to Tunisia’s government for use in efforts to stem the crossing of people on the move from Tunisia, and to provide training to local security forces involved in maritime border control.

    Under the framework of Phase III of the EU-supported IBM project (Integrated Border Management), Germany is also organizing training for the Tunisian coast guards. As revealed in the answer to a parliamentary question mentioned before, the German Ministry of Interior admitted that 3.395 members of the Tunisian National Guard and border police had been trained, including within Germany. In addition, 14 training and advanced training measures were carried out for the National Guard, the border police, and the coast guard. These training sessions were also aimed at learning how to use “control boats.”

    In a document presenting the “EU Support to Border Management Institutions in Libya and Tunisia” for the year 2021, the European Commission announced the creation of a “coast guard training academy.” In Tunisia, the project consists of implementing a training plan, rehabilitating the physical training environment of the Garde Nationale Maritime, and enhancing the cooperation between Tunisian authorities and all stakeholders, including EU agencies and neighboring countries. Implemented by the German Federal Police and the International Centre for Migration Policy Development (ICMPD), the project started in January 2023 and is supposed to run until June 2026, to the sum of 13,5 million EUR.

    Although the European Commission underlines the objective that “the Training Academy Staff is fully aware and acting on the basis of human rights standards” the increase in dangerous maneuvers and attacks perpetrated by the Tunisian coast guard since the increase in European support leaves little doubt that respect for human rights is far from top priority.

    On November 17, 2023, the ICMPD announced on its Linkedin account the inauguration of the Nefta inter-agency border management training center, as a benefit to the three agencies responsible for border management in Tunisia (Directorate General Directorate of Borders and Foreigners of the Ministry of the Interior, the General Directorate of Border Guard of the National Guard and the General Directorate of Customs).
    B. Setting up a coastal surveillance system

    In addition to supplying equipment, European countries also organize training courses to enhance the skills of European coastguards in the pursuit of an “early detection” strategy, which involves spotting boats as soon as they leave the Tunisian coast in order to outsource their interception to the Tunisian coastguard. As early as 2019, Italy expressed its willingness to install radar equipment in Tunisia and to establish “a shared information system that will promptly alert the Tunisian gendarmerie and Italian coast guard when migrant boats are at sea, in order to block them while they still are in Tunisian waters.” This ambition seems to have been achieved through the implementation of the system ISMaris in Tunisia.
    An Integrated System for Maritime Surveillance (ISMaris)

    The system ISMaris, or “Integrated System for Maritime Surveillance”, was first mentioned in the “Support Programme to Integrated Border Management in Tunisia” (IBM Tunisia, launched in 2015. Funded by the EU and Switzerland and implemented by the International Centre for Migration Policy Development (ICMPD), the first phase of the program (2015-2018) supported the equipment of the Garde Nationale Maritime with this system, defined as “a maritime surveillance system that centralizes information coming from naval assets at sea and from coastal radars […] [aiming] to connect the sensors (radar, VHF, GPS position, surveillance cameras) on board of selected Tunisian Coast Guard vessels, control posts, and command centers within the Gulf of Tunis zone in order for them to better communicate between each other.”

    The implementation of this data centralization system was then taken over by the “Border Management Programme for the Maghreb Region” (BMP-Maghreb), launched in 2018 and funded by the EU Emergency Trust Fund for Africa. The Tunisia component, funded with €24,5 million is implemented by ICMPD together with the Italian Ministry of Interior and designed to “strengthen the capacity of competent Tunisian authorities in the areas of maritime surveillance and migration management, including tackling migrant smuggling, search and rescue at sea, as well as in the coast guard sphere of competence.” With the BMP programme, the Tunisian Garde Maritime Nationale was equipped with navigational radars, thermal cameras, AIS and other IT equipment related to maritime surveillance.
    Data exchange with the EU

    The action document of the BMP program clearly states that one of the purposes of ISMaris is the reinforcement of “operational cooperation in the maritime domain between Tunisia and Italy (and other EU Member States, and possibly through EUROSUR and FRONTEX).” Established in 2013, the European Border Surveillance system (EUROSUR) is a framework for information exchange and cooperation between Member States and Frontex, to prevent the so-called irregular migration at external borders. Thanks to this system, Frontex already monitors the coast regions off Tunisia using aerial service and satellites.

    What remains dubious is the connection between IS-Maris and the EU surveillance-database. In 2020, the European Commission claimed that ISMariS was still in development and not connected to any non-Tunisian entity such as Frontex, the European Border Surveillance System (EUROSUR) or the Italian border control authorities. But it is likely that in the meantime information exchange between the different entities was systematized.

    In the absence of an official agreement, the cooperation between Frontex and Tunisia is unclear. As already mentioned in Echoes#3, “so far, it has not been possible to verify if Frontex has direct contact with the Tunisian Coast Guard as it is the case with the Libyan Coast Guard. Even if most of the interceptions happen close to Tunisian shores, some are carried out by the Tunisian Navy outside of territorial waters. […] Since May 2021 Frontex has been flying a drone, in addition to its different assets, monitoring the corridor between Tunisia and Lampedusa on a daily basis. While it is clear that Frontex is sharing data with the Italian authorities and that Italian authorities are sharing info on boats which are on the way from Tunisia to Italy with the Tunisian side, the communication and data exchanges between Frontex and Tunisian authorities remain uncertain.”

    While in 2021, Frontex reported that “no direct border related activities have been carried out in Tunisia due to Tunisian authorities’ reluctance to cooperate with Frontex”, formalizing the cooperation between Tunisia and Frontex seems to remain one of the EU’s priorities. In September 2023, a delegation from Tunisia visited Frontex headquarters in Poland, with the participation of the Ministries of Interior, Foreign Affairs and Defence. During this visit, briefings were held on the cross-border surveillance system EUROSUR and where all threads from surveillance from ships, aircraft, drones and satellites come together.

    However, as emphasized by Mathias Monroy, an independent researcher working on border externalization and the expansion of surveillance systems, “Tunisia still does not want to negotiate such a deployment of Frontex personnel to its territory, so a status agreement necessary for this is a long way off. The government in Tunis is also not currently seeking a working agreement to facilitate the exchange of information with Frontex.”

    This does not prevent the EU from continuing its efforts. In September 2023, in the wake of the thousands of arrivals on the island of Lampedusa, the head of the European Commission, Ursula von der Leyen, reaffirmed, in a 10-point action plan, the need to have a “working arrangement between Tunisia and Frontex” and to “step up border surveillance at sea and aerial surveillance including through Frontex.” In a letter written by the European Commission in reply to the LIBE letter about the Tunisia deal sent on the Greens Party initiative in July 2023, the EU also openly admits that IT equipment for operations rooms, mobile radar systems and thermal imaging cameras, navigation radars and sonars have been given to Tunisia so far and that more surveillance equipment is to come.

    To be noted as well is that the EU4BorderSecurity program, which includes support to “inter-regional information sharing, utilizing tools provided by Frontex” has been extended for Tunisia until April 2025.
    C. Supporting the creation of a Tunisian MRCC and the declaration of a Search and rescue region (SRR)
    Building a MRCC in Tunisia, a top priority for the EU

    In 2021, the European Commission stated the creation of a functioning MRCC in Tunisia as a priority: “Currently there is no MRCC in Tunisia but the coordination of SAR events is conducted by Tunisian Navy Maritime Operations Centre. The official establishment of a MRCC is a necessary next step, together with the completion of the radar installations along the coast, and will contribute to implementing a Search and rescue region in Tunisia. The establishment of an MRCC would bring Tunisia’s institutional set-up in line with the requirements set in the International Convention on Maritime Search and Rescue (SAR) of 1979 (as required by the Maritime Safety Committee of the International Maritime Organisation IMO).”

    The objective of creating a functioning Tunisian MRCC is also mentioned in a European Commission document presenting the “strategy for the regional, multi-country cooperation on migration with partner countries in North Africa” for the period 2021-2027. The related project is detailed in the “Action Document for EU Support to Border Management Institutions in Libya and Tunisia (2021),” whose overall objective is to “contribute to the improvement of respective state services through the institutional development of the Maritime Rescue Coordination Centres” in the North Africa region. The EU also promotes a “regional approach to a Maritime Rescue Coordination Center,” that “would improve the coordination in the Central Mediterranean in conducting SAR operations and support the fight against migrant smuggling and trafficking in human beings networks in Libya and Tunisia.”

    The Tunisia component of the programs announces the objective to “support the establishment of a Maritime Rescue Coordination Centre, [… ] operational 24/7 in a physical structure with functional equipment and trained staff,” establishing “cooperation of the Tunisian authorities with all national stakeholders, EU agencies and neighbouring countries on SAR.”

    This project seems to be gradually taking shape. On the website of Civipol, the French Ministry of the Interior’s service and consultancy company, a new project entitled “Support for Search and Rescue Operations at Sea in Tunisia” is mentioned in a job advertisement. It states that this project, funded by the European Union, implemented together with the GIZ and starting in September 2023, aims to “support the Tunisian authorities in strengthening their operational capacities (fleet and other)” and “provide support to the Tunisian authorities in strengthening the Marine Nationale and the MRCC via functional equipment and staff training.”

    In October 2023, the German development agency GIZ also published a job offer for a project manager in Tunisia, to implement the EU-funded project “Support to border management institution (MRCC)” in Tunisia (the job offer was deleted from the website in the meantime but screenshots can be shared on demand). The objective of the project is described as such: “improvement of the Tunisia’s Search and Rescue (SAR) capacity through reinforced border management institutions to conduct SAR operations at sea and the fight against migrant smuggling and human being trafficking by supporting increased collaboration between Tunisian actors via a Maritime RescueCoordination Centre (MRCC).”

    According to Mathias Monroy, other steps have been taken in this direction: “[the Tunisian MRCC] has already received an EU-funded vessel tracking system and is to be connected to the “Seahorse Mediterranean” network. Through this, the EU states exchange information about incidents off their coasts. This year Tunisia has also sent members of its coast guards to Italy as liaison officers – apparently a first step towards the EU’s goal of “linking” MRCC’s in Libya and Tunisia with their “counterparts” in Italy and Malta.”

    The establishment of a functional MRCC represents a major challenge for the EU, with the aim to allow Tunisia to engage actively in coordination of interceptions. Another step in the recognition of the Tunisian part as a valid SAR actor by the IMO is the declaration of a search and rescue region (SRR).
    The unclear status of the current Tunisian area of responsibility

    Adopted in 1979 in Hamburg, the International Convention on Maritime Search and Rescue (SAR – Search & Rescue Convention) aimed to establish an international search and rescue plan to encourage cooperation and coordination between neighboring states in order to ensure better assistance to persons in distress at sea. The main idea of the convention is to divide seas and oceans into search and rescue zones in which states are responsible for providing adequate SAR services, by establishing rescue coordination centers and setting operating procedures to be followed in case of SAR operations.

    Whereas Tunisia acceded to the treaty in 1998, this was not followed by the delimitation of the Tunisian SAR zone of responsibilities nor by regional agreements with neighboring states. It is only in 2013 that Tunisia declared the limits of its SRR, following the approval of the Maghreb Convention in the Field of Search and Rescue in 2013 and by virtue of Decree No. 2009-3333 of November 2, 2009, setting out the intervention plans and means to assist aircraft in distress. In application of this norm, Tunisian authorities are required to intervene immediately, following the first signal of help or emergency, in the limits of the Tunisia sovereign borders (12 nautical miles). This means that under national legislation, Tunisian authorities are obliged to intervene only in territorial waters. Outside this domain, the limits of SAR interventions are not clearly defined.

    A point to underline is that the Tunisian territorial waters overlap with the Maltese SRR. The Tunisian Exclusive Economic Zone – which does not entail any specific duty connected to SAR – also overlaps with the Maltese SRR and this circumstance led in the past to attempts by the Maltese authorities to drop their SAR responsibilities claiming that distress cases were happening in this vast area. Another complex topic regards the presence, in international waters which is part of the Maltese SRR, of Tunisian oil platforms. Also, in these cases the coordination of SAR operations have been contested and were often subject to a “ping-pong” responsibility from the involved state authorities.
    Towards the declaration of a huge Tunisian SRR?

    In a research document published by the IMO Institute (International Maritime Organization), Akram Boubakri (Lieutenant Commander, Head, Maritime Affairs, Tunisian Coast Guard according to IMO Institute website) wrote that at the beginning of 2020, Tunisia officially submitted the coordinates of the Tunisian SRR to the IMO. According to this document, these new coordinates, still pending the notification of consideration by the IMO, would cover a large area, creating two overlapping areas with neighboring SAR zones – the first one with Libya, the second one with Malta* (see map below):

    *This delimitation has to be confirmed (tbc). Nothing proves that the coordinates mentioned in the article were actually submitted to the IMO

    As several media outlets have reported, the declaration of an official Tunisian SRR is a project supported by the European Union, which was notably put back on the table on the occasion of the signing of the Memorandum of Understanding signed in July 2023 between the EU and Tunisia.

    During the summer 2023, the Civil MRCC legal team initiated a freedom of information access request to the Tunisian authorities to clarify the current status of the Tunisian SRR. The Tunisian Ministry of Transport/the Office of the Merchant Navy and Ports replied that”[n]o legal text has yet been published defining the geographical marine limits of the search and rescue zone stipulated in the 1979 International Convention for Search and Rescue […]. We would like to inform you that the National Committee for the Law of the Sea, chaired by the Ministry of National Defence, has submitted a draft on this subject, which has been sent in 2019 to the International Maritime Organisation through the Ministry of Transport.” A recourse to the Ministry of Foreign Affairs and the Interior was sent but no reply was received yet.

    Replying in December 2023 to a freedom of information access request initiated by the Civil MRCC, the IMO stated that “Tunisia has not communicated their established search and rescue region to the IMO Secretariat.” However, on November 3, 2023, the Tunisian Ministerial Council adopted a “draft law on the regulation of search and rescue at sea in Tunisia’s area of responsibility.” A text which, according to FTDES, provides for the creation of a Tunisian SAR zone, although it has not yet been published. While the text still has to be ratified by the parliament, it is quite clear that the Tunisian authorities are currently making concrete steps to align on the IMO standards and, by doing so, on the EU agenda.
    Conclusion: A EU strategy to escape from its SAR responsibilities

    While some analysts have seen the drop in arrivals in Italy from Tunisia in recent months as a sign of the “success” of the European Union’s strategy to close its borders (in November, a drop of over 80% compared to the summer months), in reality, the evolution of these policies proves that reinforcing a border only shifts migratory routes. From autumn onwards, the Libyan route has seen an increase in traffic, with many departing from the east of the country. These analyses fail to consider the agency of people on the move, and the constant reinvention of strategies for transgressing borders.

    While condemning the generalization of a regime of refoulement by proxy in the central Mediterranean and the continued brutalization of the border regime, the Civil MRCC aims to give visibility to the autonomy of migration and non-stop solidarity struggles for freedom of movement!

    https://civilmrcc.eu/from-libya-to-tunisia-how-the-eu-is-extending-the-push-back-regime-by-prox

    #push-backs #refoulements #asile #migrations #réfugiés #frontières #externalisation #Tunisie #Libye #EU #UE #Union_européenne #gardes-côtes_libyens #push-back_by_proxy_regime #financement #training #formation #gardes-côtes #MRCC #Méditerranée #Mer_Méditerranée #Libyan_SRR #technologie #matériel #Integrated_Border_Management #surveillance #Integrated_System_for_Maritime_Surveillance (#ISMaris) #International_Centre_for_Migration_Policy_Development (#ICMPD) #Border_Management_Programme_for_the_Maghreb_Region #Trust_Fund #Trust_Fund_for_Africa #EUROSUR #Frontex #ISMariS #Search_and_rescue_region (#SRR)

    ping @_kg_

  • Oltre 28mila persone respinte alle frontiere europee nel 2023 : 8° rapporto #PRAB

    Di fronte all’emergenza umanitaria i respingimenti illegali e le violazioni dei diritti continuano ad essere diffusi e sono diventati uno strumento accettato per la gestione delle frontiere europee .

    L’ottavo rapporto di Protecting Rights at Borders (PRAB) “Respinti alle Frontiere dell’Europa: una crisi continuamente ignorata” documenta ancora una volta le continue violazioni dei diritti umani che si verificano lungo le frontiere europee.

    Il monitoraggio conferma violenze e numeri crescenti

    Secondo il rapporto, nel 2023 più di 28.609 migranti hanno subito respingimenti e violazioni dei diritti umani alle frontiere europee, di cui oltre 8.400 solo negli ultimi quattro mesi dell’anno. Tuttavia, tali numeri rappresentano solo una frazione degli effettivi respingimenti illegali.

    Questo rapporto copre il periodo dal 1 settembre al 31 dicembre 2023. I dati raccolti direttamente dai partner di PRAB o ottenuti dalle fonti governative documentano un totale di 8.403 casi di respingimento durante il periodo di rilevamento. Come parte della documentazione, 1.448 persone sono state intervistate dai partner di PRAB, fornendo dettagli sulle violazioni dei diritti alle quali hanno dichiarato di essere stati esposti.

    I numeri riportati dall’iniziativa PRAB rappresentano una frazione delle persone respinte alle frontiere dell’Europa. La natura delle aree di confine europee e i metodi utilizzati per attraversarle, uniti alla mancanza di accesso a alcune zone di frontiera, rendono difficile raggiungere tutte le persone che subiscono respingimenti e violazioni correlate. Inoltre, la registrazione dei respingimenti dipende dal momento dell’evento e dalla volontà delle vittime di segnalarlo. Come documentato dai partner di PRAB, molte vittime di respingimenti hanno paura di segnalare l’incidente, temendo che ciò possa influire negativamente sulla loro possibilità di entrare o rimanere in uno Stato membro dell’UE.

    I fatti principali che vengono riconfermati dal monitoraggio:

    Numeri allarmanti – Nel solo 2023, più di 28.609 migranti hanno subito respingimenti e violazioni dei diritti umani alle frontiere europee. Nel periodo settembre-dicembre 2023, sono stati documentati oltre 8.400 casi.

    Mancanza di vie legali sicure – Molti migranti, provenienti da regioni colpite da conflitti, persecuzioni o disastri naturali, intraprendono viaggi pericolosi verso l’Europa in cerca di sicurezza e opportunità.

    Respinti con violenza: I respingimenti illegali coinvolgono l’uso di metodi violenti e disumani, con migliaia di persone respinte forzatamente oltre il confine e sottoposte a violenze e abusi.

    Violazioni documentate: PRAB ha intervistato 1.448 persone, documentando i trattamenti disumani e degradanti subiti dall’83% degli arrivi al confine tra Croazia e Bosnia ed Erzegovina e dal 61% al confine tra Francia e Italia.

    Distruzione e confisca illegittima dei beni personali: Oltre alle violenze fisiche, i respingimenti forzati privano le persone dei loro beni, lasciandole vulnerabili e senza mezzi vitali.

    La situazione ai confini italiani

    L’ottavo rapporto di Protecting Rights at Borders (PRAB) rivela la dura realtà dei respingimenti che riguardano quanti arrivano alle frontiere italiane e tentano di attraversarle.

    In Italia, le organizzazioni della rete PRAB hanno documentato il respingimento di 3.180 persone nelle zone di Oulx e Ventimiglia, con particolare preoccupazione per i 737 bambini, di cui 519 erano minori non accompagnati. Un aspetto inquietante è la pratica di respingere minori registrati erroneamente come adulti.

    La maggior parte delle persone coinvolte nei respingimenti proveniva dall’Etiopia, Costa d’Avorio, Marocco e Sudan, con quasi il 40% di loro che ha dichiarato di essere arrivato in Italia via Tunisia.

    Oltre al persistere dei respingimenti , il rapporto registra anche nuovi peggioramenti per chi cerca asilo in Italia.

    Inoltre, l’Italia ha recentemente reintrodotto controlli alle frontiere con la Slovenia, giustificando tale misura con una presunta minaccia alla sicurezza con il conflitto in Medio Oriente. Il governo italiano ha dichiarato apertamente di avere l’intenzione di riprendere i respingimenti dei richiedenti asilo, in violazione della legge nazionale e internazionale.

    Il rapporto critica, infine, anche gli accordi con paesi terzi, tra cui il recente Accordo tra Italia e Albania, evidenziando le problematiche relative al trasferimento dei migranti e la detenzione in Albania.
    Dal patto europeo nuove violazioni

    Il rapporto dimostra come l’impiego sistematico di respingimenti alle frontiere e la mancanza di percorsi sicuri e legali per raggiungere l’UE spinga i rifugiati a mettere a rischio le proprie vite.

    La volontà politica, il coraggio e il realismo nel mettere i diritti delle persone prima della protezione delle frontiere sembrano assenti dagli accordi politici che si tengono a livello europeo e nazionale.

    Sia gli accordi, come il Memorandum tra Italia e Albania, sia il nuovo Patto UE su Asilo e Migrazione rischiano di compromettere ulteriormente i diritti delle persone in cerca di asilo, invece che mettere fine alle violazioni alle frontiere europee.

    Pour télécharger le rapport :
    https://www.asgi.it/asilo-e-protezione-internazionale/oltre-28mila-persone-respinte-alle-frontiere-europee-nel-2023-8-rapporto-prab/attachment/prab-report-september-to-december-2023-_-final

    https://www.asgi.it/asilo-e-protezione-internazionale/oltre-28mila-persone-respinte-alle-frontiere-europee-nel-2023-8-rapporto-prab
    #rapport #Protecting_Rights_at_Borders (#PRAB) #2023 #statistiques #chiffres #refoulements #push-backs #migrations #asile #réfugiés #frontières #droits_humains #violence #violences #Italie #Bosnie #Bosnie-Herzégovine #Grèce #Macédoine_du_Nord #Biélorussie #Pologne #Lithuanie

  • 21.09.2023 : #Pratiques_policières & préfectorales illégales en réponse à la demande de places d’hébergement d’urgence.

    La semaine dernière, la préfecture des #Hautes-Alpes a annoncé l’arrivée, dès le jeudi 21 septembre, de 84 effectifs supplémentaires dédiés au #renforcement des contrôles à la frontière franco-italienne. Depuis, des #interpellations se multiplient autour de la frontière, jusque dans la ville de #Briançon, et même au-delà, où la #police traque les personnes exilées pour les chasser de l’#espace_public. Or, si la préfecture se targue de respecter la loi, il n’en est rien et ces pratiques policières et préfectorales sont illégales et dangereuses.

    Les pratiques en matière de contrôles des personnes exilées dans la ville de Briançon ont changé depuis jeudi dernier : chaque jour, plus d’une dizaine de personnes ont été retenues au poste de police, parfois une nuit entière, suite à des contrôles d’identité dans la ville même, fait plutôt rare jusqu’ici. Les exilé.e.s sont poursuivi.e.s au-delà même de Briançon, dans le train, les bus, et jusqu’à Paris, où vendredi matin (29 septembre) une armada de policiers les attendaient à la descente du train de nuit à la gare d’Austerlitz. La présence policière est également renforcée à Marseille, Gap ou Grenoble.

    Ces contrôles ciblent les personnes racisées, et sont suivies par des retenues au commissariat pouvant aller jusqu’à 24 heures, qui se soldent par des #mesures_d’éloignement : des #OQTF (obligation de quitter le territoire français) sans délai, parfois suivies par des placements en #CRA (centre de rétention) dans des villes éloignées, comme Toulouse.

    Dans la ville frontalière de Briançon, ces vagues d’interpellations dissuadent les personnes exilées de circuler, elles ne sont donc à l’abri de ces contrôles que dans le seul lieu d’accueil actuellement ouvert, un bâtiment occupé en autogestion. La société publique locale Eau Service de la Haute Durance, dont le président n’est autre que le maire de Briançon, M. MURGIA, a coupé l’approvisionnement en eau courante de ce bâtiment le 17 août 2023. Aggravant la précarité des personnes accueillies, cette décision a de fortes répercussions pour la santé et le respect des droits fondamentaux des personnes. (Le lieu accueillant l’association Refuges solidaires a fermé fin août, ne pouvant assurer seul l’hébergement d’urgence à Briançon.)

    Des ordres ont été donné par le préfet pour augmenter la #présence_policière dans la ville de Briançon. L’augmentation des #contrôles_d’identité viserait à prévenir la recrudescence des « #incivilités » liées au contexte de pression migratoire. Les forces de l’ordre répètent que les contrôles qu’ils opèrent dans la ville de Briançon sont des contrôles dits « Schengen », possibles dans une bande de 20 km après la frontière, visant à rechercher et prévenir la #criminalité_transfrontalière.

    Or, le fait de franchir une frontière irrégulièrement, ou de se maintenir sur le territoire français irrégulièrement ne sont pas des infractions permettant de justifier un contrôle d’identité. En aucun cas, la police ne peut déduire que la personne est étrangère à cause d’un critère inhérent à la personne contrôlée (couleur de peau, d’yeux, de cheveux, vêtements, etc..). Ces contrôles sont restreints dans le temps : pas plus de douze heures consécutives. Or, ils sont permanents dans la zone frontalière briançonnaise. Dans les faits, ce sont bien des #contrôles_au_faciès qui sont menés, car ce sont bien les personnes racisées qui sont la cible de ces contrôles, qui ne semblent justifiés par aucun motif précis. A moins que le simple fait de dormir dans la rue soit considéré cyniquement comme une infraction par l’État, ou une « incivilité » alors même que celui-ci se place dans l’illégalité en n’ouvrant pas de places d’hébergement d’urgence dans le département ? Ces contrôles au faciès font plutôt penser à une réelle volonté du préfet de supprimer la présence des personnes exilées de l’espace public.

    Par ailleurs, la CJUE (Cour de justice de l’Union européenne) a bien rappelé dans sa décision du 21 septembre que la France met en place des pratiques illégales en termes de contrôles et d’enfermement aux frontières intérieures, et qu’elle est tenue de se conformer aux textes européens, ce qu’elle ne fait pas.

    Ces pratiques répondent à la même logique que celle dénoncée par nos associations depuis maintenant plusieurs années à la frontière : une volonté politique d’empêcher tout prix les personnes exilées de circuler, en faisant fi des textes de loi qui encadrent à la fois les contrôles d’identité et les procédures de non-admissions sur le territoire. Aussi, la réponse de l’Etat est une fois de plus de faire croire qu’il est possible « d’étanchéifier » la frontière, en déployant pour cela des moyens dispendieux.

    Or, Médecins du Monde et Tous migrants ont mené une enquête sur une semaine à la fin du mois d’août, et les résultats de nos observations confirment ce que nous documentons depuis plusieurs années : ce dispositif de contrôle de la frontière met en danger les personnes. Il n’empêche absolument pas les personnes exilées d’entrer en France, mais accroît par contre leur vulnérabilité en rendant le passage plus difficile, plus dangereux.

    Les récits des personnes qui traversent la frontière sont édifiants : contrôles par surprise, courses-poursuites par les forces de l’ordre, qui provoquent des chutes, avec des fractures, des entorses ou encore des pertes de connaissance. Marchant en moyenne 10 heures depuis l’Italie pour atteindre Briançon, les personnes font état de leur extrême #fatigue, de #déshydratation, et du #risque_de_se_perdre en #montagne. Certain.es ont passé plus de 48 heures en montagne, parfois sans boire ni manger. Cette énième traversée de frontières avec des tentatives de passage souvent multiples s’ajoute à un parcours migratoire extrêmement éprouvant et crée de plus des #reviviscences_traumatiques susceptibles ensuite de se traduire par des altérations de la #santé_mentale. Les #récits recueillis ces dernières semaines et les observations de Médecins du Monde lors des permanences médicales confirment ces pratiques.

    La plupart des personnes qui traversent la frontière sont originaires des pays d’Afrique sub-saharienne, et plus récemment du Soudan, et relèvent du droit d’asile ou de la protection subsidiaire. Les refouler en Italie de manière systématique et collective ignore le droit d’asile européen. De même, prendre à leur encontre des mesures d’éloignement (OQTF) vers leurs pays d’origine, où elles risquent la mort ou la torture, est contraire au principe de non-refoulement (article 33 de la Convention de 1951 relative au statut des réfugiés).

    https://www.medecinsdumonde.org/actualite/pratiques-policieres-prefectorales-illegales-en-reponse-a-la-demand

    #asile #migrations #réfugiés #frontières #France #Italie #frontière_sud-alpine #Alpes #contrôles_frontaliers #squat #refoulements #push-backs

  • EU’s AI Act Falls Short on Protecting Rights at Borders

    Despite years of tireless advocacy by a coalition of civil society and academics (including the author), the European Union’s new law regulating artificial intelligence falls short on protecting the most vulnerable. Late in the night on Friday, Dec. 8, the European Parliament reached a landmark deal on its long-awaited Act to Govern Artificial Intelligence (AI Act). After years of meetings, lobbying, and hearings, the EU member states, Commission, and the Parliament agreed on the provisions of the act, awaiting technical meetings and formal approval before the final text of the legislation is released to the public. A so-called “global first” and racing ahead of the United States, the EU’s bill is the first ever regional attempt to create an omnibus AI legislation. Unfortunately, this bill once again does not sufficiently recognize the vast human rights risks of border technologies and should go much further protecting the rights of people on the move.

    From surveillance drones patrolling the Mediterranean to vast databases collecting sensitive biometric information to experimental projects like robo-dogs and AI lie detectors, every step of a person’s migration journey is now impacted by risky and unregulated border technology projects. These technologies are fraught with privacy infringements, discriminatory decision-making, and even impact the life, liberty, and security of person seeking asylum. They also impact procedural rights, muddying responsibility over opaque and discretionary decisions and lacking clarity in mechanisms of redress when something goes wrong.

    The EU’s AI Act could have been a landmark global standard for the protection of the rights of the most vulnerable. But once again, it does not provide the necessary safeguards around border technologies. For example, while recognizing that some border technologies could fall under the high-risk category, it is not yet clear what, if any, border tech projects will be included in the final high-risk category of projects that are subject to transparency obligations, human rights impact assessments, and greater scrutiny. The Act also has various carveouts and exemptions in place, for example for matters of national security, which can encapsulate technologies used in migration and border enforcement. And crucial discussions around bans on high-risk technologies in migration never even made it into the Parliament’s final deal terms at all. Even the bans which have been announced, for example around emotion recognition, are only in place in the workplace and education, not at the border. Moreover, what exactly is banned remains to be seen, and outstanding questions to be answered in the final text include the parameters around predictive policing as well as the exceptions to the ban on real-time biometric surveillance, still allowed in instances of a “threat of terrorism,” targeted search for victims, or the prosecution of serious crimes. It is also particularly troubling that the AI Act explicitly leaves room for technologies which are of particular appetite for Frontex, the EU’s border force. Frontex released its AI strategy on Nov. 9, signaling an appetite for predictive tools and situational analysis technology. These tools, which when used without safeguards, can facilitate illegal border interdiction operations, including “pushbacks,” in which the agency has been investigated. The Protect Not Surveil Coalition has been trying to influence European policy makers to ban predictive analytics used for the purposes of border enforcement. Unfortunately, no migration tech bans at all seem to be in the final Act.

    The lack of bans and red lines under the high-risk uses of border technologies in the EU’s position is in opposition to years of academic research as well as international guidance, such as by then-U.N. Special Rapporteur on contemporary forms of racism, E. Tendayi Achiume. For example, a recently released report by the University of Essex and the UN’s Office of the Human Rights Commissioner (OHCHR), which I co-authored with Professor Lorna McGregor, argues for a human rights based approach to digital border technologies, including a moratorium on the most high risk border technologies such as border surveillance, which pushes people on the move into dangerous terrain and can even assist with illegal border enforcement operations such as forced interdictions, or “pushbacks.” The EU did not take even a fraction of this position on border technologies.

    While it is promising to see strict regulation of high-risk AI systems such as self-driving cars or medical equipment, why are the risks of unregulated AI technologies at the border allowed to continue unabated? My work over the last six years spans borders from the U.S.-Mexico corridor to the fringes of Europe to East Africa and beyond, and I have witnessed time and again how technological border violence operates in an ecosystem replete with the criminalization of migration, anti-migrant sentiments, overreliance on the private sector in an increasingly lucrative border industrial complex, and deadly practices of border enforcement, leading to thousands of deaths at borders. From vast biometric data collected without consent in refugee camps, to algorithms replacing visa officers and making discriminatory decisions, to AI lie detectors used at borders to discern apparent liars, the roll out of unregulated technologies is ever-growing. The opaque and discretionary world of border enforcement and immigration decision-making is built on societal structures which are underpinned by intersecting systemic racism and historical discrimination against people migrating, allowing for high-risk technological experimentation to thrive at the border.

    The EU’s weak governance on border technologies will allow for more and more experimental projects to proliferate, setting a global standard on how governments will approach migration technologies. The United States is no exception, and in an upcoming election year where migration will once again be in the spotlight, there does not seem to be much incentive to regulate technologies at the border. The Biden administration’s recently released Executive Order on the Safe, Secure, and Trustworthy Development and Use of Artificial Intelligence does not offer a regulatory framework for these high-risk technologies, nor does it discuss the impacts of border technologies on people migrating, including taking a human rights based approach to the vast impacts of these projects on people migrating. Unfortunately, the EU often sets a precedent for how other countries govern technology. With the weak protections offered by the EU AI act on border technologies, it is no surprise that the U.S. government is emboldened to do as little as possible to protect people on the move from harmful technologies.

    But real people already are at the centre of border technologies. People like Mr. Alvarado, a young husband and father from Latin America in his early 30s who perished mere kilometers away from a major highway in Arizona, in search of a better life. I visited his memorial site after hours of trekking through the beautiful yet deadly Sonora desert with a search-and-rescue group. For my upcoming book, The Walls have Eyes: Surviving Migration in the Age of Artificial Intelligence, I was documenting the growing surveillance dragnet of the so-called smart border that pushes people to take increasingly dangerous routes, leading to increasing loss of life at the U.S.-Mexico border. Border technologies as a deterrent simply do not work. People desperate for safety – and exercising their internationally protected right to asylum – will not stop coming. They will instead more circuitous routes, and scholars like Geoffrey Boyce and Samuel Chambers have already documented a threefold increase in deaths at the U.S.-Mexico frontier as the so-called smart border expands. In the not so distant future, will people like Mr. Alvarado be pursued by the Department of Homeland Security’s recently announced robo-dogs, a military grade technology that is sometimes armed?

    It is no accident that more robust governance around migration technologies is not forthcoming. Border spaces increasingly serve as testing grounds for new technologies, places where regulation is deliberately limited and where an “anything goes” frontier attitude informs the development and deployment of surveillance at the expense of people’s lives. There is also big money to be made in developing and selling high risk technologies. Why does the private sector get to time and again determine what we innovate on and why, in often problematic public-private partnerships which states are increasingly keen to make in today’s global AI arms race? For example, whose priorities really matter when we choose to create violent sound cannons or AI-powered lie detectors at the border instead of using AI to identify racist border guards? Technology replicates power structures in society. Unfortunately, the viewpoints of those most affected are routinely excluded from the discussion, particularly around areas of no-go-zones or ethically fraught usages of technology.

    Seventy-seven border walls and counting are now cutting across the landscape of the world. They are both physical and digital, justifying broader surveillance under the guise of detecting illegal migrants and catching terrorists, creating suitable enemies we can all rally around. The use of military, or quasi-military, autonomous technology bolsters the connection between immigration and national security. None of these technologies, projects, and sets of decisions are neutral. All technological choices – choices about what to count, who counts, and why – have an inherently political dimension and replicate biases that render certain communities at risk of being harmed, communities that are already under-resourced, discriminated against, and vulnerable to the sharpening of borders all around the world.

    As is once again clear with the EU’s AI Act and the direction of U.S. policy on AI so far, the impacts on real people seems to have been forgotten. Kowtowing to industry and making concessions for the private sector not to stifle innovation does not protect people, especially those most marginalized. Human rights standards and norms are the bare minimum in the growing panopticon of border technologies. More robust and enforceable governance mechanisms are needed to regulate the high-risk experiments at borders and migration management, including a moratorium on violent technologies and red lines under military-grade technologies, polygraph machines, and predictive analytics used for border interdictions, at the very least. These laws and governance mechanisms must also include efforts at local, regional, and international levels, as well as global co-operation and commitment to a human-rights based approach to the development and deployment of border technologies. However, in order for more robust policy making on border technologies to actually affect change, people with lived experiences of migration must also be in the driver’s seat when interrogating both the negative impacts of technology as well as the creative solutions that innovation can bring to the complex stories of human movement.

    https://www.justsecurity.org/90763/eus-ai-act-falls-short-on-protecting-rights-at-borders

    #droits #frontières #AI #IA #intelligence_artificielle #Artificial_Intelligence_Act #AI_act #UE #EU #drones #Méditerranée #mer_Méditerranée #droits_humains #technologie #risques #surveillance #discrimination #transparence #contrôles_migratoires #Frontex #push-backs #refoulements #privatisation #business #complexe_militaro-industriel #morts_aux_frontières #biométrie #données #racisme #racisme_systémique #expérimentation #smart_borders #frontières_intelligentes #pouvoir #murs #barrières_frontalières #terrorisme

    • The Walls Have Eyes. Surviving Migration in the Age of Artificial Intelligence

      A chilling exposé of the inhumane and lucrative sharpening of borders around the globe through experimental surveillance technology

      “Racism, technology, and borders create a cruel intersection . . . more and more people are getting caught in the crosshairs of an unregulated and harmful set of technologies touted to control borders and ‘manage migration,’ bolstering a multibillion-dollar industry.” —from the introduction

      In 2022, the U.S. Department of Homeland Security announced it was training “robot dogs” to help secure the U.S.-Mexico border against migrants. Four-legged machines equipped with cameras and sensors would join a network of drones and automated surveillance towers—nicknamed the “smart wall.” This is part of a worldwide trend: as more people are displaced by war, economic instability, and a warming planet, more countries are turning to A.I.-driven technology to “manage” the influx.

      Based on years of researching borderlands across the world, lawyer and anthropologist Petra Molnar’s The Walls Have Eyes is a truly global story—a dystopian vision turned reality, where your body is your passport and matters of life and death are determined by algorithm. Examining how technology is being deployed by governments on the world’s most vulnerable with little regulation, Molnar also shows us how borders are now big business, with defense contractors and tech start-ups alike scrambling to capture this highly profitable market.

      With a foreword by former U.N. Special Rapporteur E. Tendayi Achiume, The Walls Have Eyes reveals the profound human stakes, foregrounding the stories of people on the move and the daring forms of resistance that have emerged against the hubris and cruelty of those seeking to use technology to turn human beings into problems to be solved.

      https://thenewpress.com/books/walls-have-eyes
      #livre #Petra_Molnar

  • 17.08.2018: German government concludes agreement with Greece
    (pour archivage)

    On 17 August 2018, the Federal Minister of the Interior, Building and Community, #Horst_Seehofer, and his Greek counterpart reached an agreement which covers cooperation regarding refusal of entry at the border and family reunification in cases under the Dublin-III-Regulation.

    In cases where internal border checks at the German-Austrian border produce a hit in the European fingerprint database #EURODAC revealing that an asylum applicant has already filed an asylum application in Greece, it will be possible under this agreement for Germany to return the persons concerned directly to Greece within 48 hours. This does not apply to unaccompanied minors.

    In line with what was agreed in the margins of the European Council meeting and in compliance with existing legal obligations, Germany is, in return, prepared to speed up processing the backlog of family reunification cases by the end of 2018. In addition, Germany is prepared to review contentious family reunification cases. Both sides confirm their resolve to continue working towards common European solutions and ensure one another of their mutual solidarity and support in case of future migration crises.

    The Federal Minister of the Interior, Building and Community, Horst Seehofer, said: ""The signing of this administrative agreement with Greece is another important step that will help establish orderly conditions in European migration policy. With this agreement, Germany and Greece set a clear signal for the enforcement of existing law which does not give individuals the freedom to choose the EU member state which is to process their asylum application.""

    Greece is the second partner country after Spain with which Germany has concluded an agreement on the refusal of entry at the border.

    https://www.bmi.bund.de/SharedDocs/pressemitteilungen/EN/2018/agreement_greece.html

    #Allemagne #frontière_sud-alpine #frontières #accord #renvois #expulsions #refoulements #Autriche #refus_d'entrée #empreintes_digitales #frontières_intérieures #Grèce

    • Deal between Greece and Germany „clearly unlawful“

      On 4 May 2021 in a chamber decision the Administrative Court of Munich found the administrative arrangement between Germany and Greece, known as the “Seehofer Deal”, which facilitates the immediate return of asylum applicants from the German border with Austria to Greece, as “clearly unlawful” and in violation of European law. The court ordered to immediately return the concerned applicant from Greece to Germany, who had been deported in August 2020. The person concerned is represented by the lawyer Matthias Lehnert. The proceedings are supported by the Greek Council for Refugees (GCR) and PRO ASYL.

      „The Administrative Court of Munich clearly states: procedural requirements and compliance with human rights cannot be bypassed by fast-track procedures at the border, especially by the Federal Police. The Dublin Regulation cannot be circumvented unilaterally or by an agreement between two Member States,“ emphasizes lawyer Matthias Lehnert. „But that’s what the federal government of Germany has done, and in doing so, it’s been breaking European law with its eyes wide open.“

      The Greek Council for Refugees and PRO ASYL expect the decision to be implemented immediately.

      Background to the case

      The person concerned, a Syrian applicant, had initially applied for asylum in Greece. There he was threatened with deportation to Turkey due to the EU-Turkey deal. He continued his flight to Germany. On 13 August 2020 he was apprehended by the Federal Police at the German-Austrian border and expressed his wish to apply for asylum. Instead of initiating the procedure required under European law within the framework of the Dublin III Regulation at the Federal Office for Migration and Refugees (BAMF), the Federal Police deported the Syrian concerned to Greece in application of the “Seehofer Deal” the following day. In Greece he was notified a rejection decision regarding his asylum application and a return decision to Turkey and was detained for several weeks before GCR was able to obtain his release. Since then he has been living homeless in Athens, threatened with deportation to Turkey.

      The „Seehofer Deal“: refoulement at the German-Austrian border

      The “Seehofer Deal” between Germany and Greece (a similar arrangement also exists with Spain) was concluded in 2018. It provides for the refusal of entry to protection seekers who were previously registered in Greece and who enter Germany via the border with Austria. They are to be detained and deported to Greece within 48 hours. As of June 2020, 39 people were affected by the deal between Greece and Germany (answer to question 42).

      As Prof. Dr. Anna Lübbe already confirmed in her expert opinion in December 2018, the binding Dublin Regulation defines the procedure and criteria for whether and how an asylum seeker can be transferred from one Member State to another – after sufficient examination and with effective access to legal protection. The “Seehofer Deal” ignores this and places itself outside the existing law.

      The deal itself was not even made available to members of the parliaments at first. It only became public thanks to PRO ASYL’s Greek partner organisation, Refugee Support Aegean.

      https://www.proasyl.de/en/pressrelease/deal-between-greece-and-germany-clearly-unlawful

  • Rohingya child challenges Croatia and Slovenia over violent pushbacks. Unaccompanied minor files complaints at UN Child Rights Committee

    A Rohingya child refugee faced repeated beatings by Croatian border officers, had his belongings burnt and his shoes confiscated before numerous forced expulsions, including a “chain” pushback from Slovenia. U.F. submitted complaints against Croatia and Slovenia at the UN Child Rights Committee for multiple violations of the Convention on the Rights of the Child (CRC). These are the first complaints of their kind against these two states.

    Case

    U.F. was 8 years old when he fled a military attack on his village and became separated from his family. After many years searching for protection, he spent over a year in Bosnia and Herzegovina (BiH) from 2020 to 2021 having to survive without state support or medical care, sleeping rough in forests and squatting in abandoned buildings. During this time, he was pushed back five times from Croatia to BiH and subjected to consistent, choreographed violence. In Slovenia he was subjected to a “chain” pushback, by which he was forcibly returned first to Croatia by Slovenian authorities and then onwards by Croatian authorities to BiH in a coordinated operation.

    National, EU, and international law oblige Croatia and Slovenia to act in a child’s best interests and prioritize the identification of their age during their handling by border officers. The applicant’s complaints argue violations of the CRC, in relation to his expulsions and ill-treatment, and states’ failure to assess his age or apply any of the relevant safeguards under articles 3, 8, 20(1), and 37 CRC. U.F. corroborated his accounts with a range of digital evidence. The complaints were filed against Croatia and Slovenia with the support of ECCHR and Blindspots. The litigation forms part of the Advancing Child Rights Strategic Litigation project (ACRiSL). ACRiSL comes under the auspices of the Global Campus of Human Rights – Right Livelihood cooperation.

    Context

    In Croatia, pushbacks form part of a designed and systematic state policy, which has been fully documented by human rights institutions, NGOs and the media. Slovenia’s pushbacks have been implemented since 2018 through a readmission agreement which authorizes hasty expulsions with complete disregard for a person’s protection needs, a child’s identity or their best interests. In 2020 and 2021 alone, 13.700 people were pushed back from Slovenia in this manner.

    The applicant is represented by ECCHR partner lawyer, Carsten Gericke. These complaints are the latest in a series of legal steps to address systematic human rights violation at the EU’s external borders.

    https://www.youtube.com/watch?time_continue=72&v=HJlmNZdblSc&embeds_referring_euri=https%3A%2F%2Fww


    https://www.ecchr.eu/en/case/pushbacks-un-child-rights-croatia-slovenia

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