• La prima operazione di rimpatrio del governo italiano direttamente dall’Albania

    Il 9 maggio un #charter partito da Roma e diretto a Il Cairo ha fatto scalo a Tirana per far salire a bordo cinque cittadini egiziani rinchiusi nel Centro di permanenza per il rimpatrio di #Gjadër. Un’operazione dai dubbi profili di legittimità che il governo italiano ha fatto passare in sordina. “Un fatto gravissimo -sottolinea Gianfranco Schiavone dell’Asgi- perché il trasferimento dalla struttura all’aeroporto è avvenuto al di fuori della giurisdizione italiana”

    L’Italia ha effettuato il suo primo rimpatrio direttamente dall’Albania. Lo scorso 9 maggio un volo partito da Roma e diretto a Il Cairo ha fatto tappa sul suolo albanese per far salire a bordo cinque persone di origine egiziana trattenute nel Centro di permanenza per il rimpatrio (Cpr) di Gjadër. Una procedura inedita che il governo italiano ha deciso di far passare in sordina. “Un fatto grave che mette a rischio la tenuta del quadro giuridico europeo e il rispetto dei diritti fondamentali delle persone coinvolte”, denuncia Francesco Ferri, esperto di migrazioni per ActionAid Italia.

    Secondo il Viminale da quando l’11 aprile a fine giugno la struttura albanese ha riaperto i battenti come Cpr sono transitate 110 persone. Al 21 maggio in totale sono state 24 quelle riportate in Italia per poi essere rimpatriate nei loro Paesi d’origine. Si pensava dunque che nessuno fosse stato espulso direttamente da Gjadër ma i documenti della Direzione centrale dell’immigrazione e della polizia di frontiera, consultati da Altreconomia, dicono altro.

    Lo scorso 28 aprile, infatti, l’ufficio in seno al ministero dell’Interno ha pubblicato un bando pubblico per richiedere un servizio di noleggio di un aeromobile per l’espulsione di stranieri irregolari. Una procedura standard che però, questa volta, aveva una particolarità: l’operazione di rimpatrio verso l’Egitto richiedeva ai partecipanti alla gara una “tappa” intermedia a Tirana.

    Nel tardo pomeriggio dell’8 maggio l’operatore #Pas_professional_solution Srl, tramite il suo procuratore speciale #Angelo_Gabriele_Bettoni, firma il contratto da 113.850 euro per i servizi richiesti dal Viminale. Il giorno successivo un aereo parte da Roma Fiumicino alla volta della capitale albanese, dove atterra intorno alle 15.30, per poi ripartire un’ora e mezza dopo verso Il Cairo, con a bordo le persone provenienti dal Cpr di Gjadër.

    Secondo i dati ottenuti da Altreconomia a metà giugno dall’11 aprile al 21 maggio risultano cinque transiti e altrettanti rimpatri di cittadini egiziani dal Cpr albanese, proprio quelli finiti sul volo. Il ministero dell’Interno, interpellato sul punto, non ha risposto alle nostre richieste di chiarimento. Quello che si sa per certo, però, è che quando la Direzione centrale ha pubblicato il bando e programmato l’operazione il 28 aprile, a Gjadër non c’era nessun cittadino egiziano: questi sarebbero stati “appositamente” portati nei primi giorni di maggio per poi essere caricati sul charter a Tirana.

    La mossa del governo italiano, tenuta fino a oggi “segreta”, apre molti interrogativi, innanzitutto sulla legittimità della procedura. “Anche qualora si volesse sostenere, con una tesi a mio avviso infondata, che il Cpr di Gjadër sia equiparabile ai centri posti nel territorio nazionale -spiega Gianfranco Schiavone, esperto di migrazioni e socio dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi)-, non risulta in alcun modo ammissibile prevedere che la persona sia portata fuori dall’area del centro di trattenimento, sul territorio albanese, e poi da lì rimpatriata”.

    Secondo Schiavone vi è una grave violazione nella riserva di giurisdizione prevista dall’articolo 13 della Costituzione. “Le operazioni di polizia condotte fuori dal centro di Gjadër in territorio albanese nei confronti delle persone trasportate in questo caso in aeroporto sono prive di controllo giurisdizionale e avvengono dunque senza alcuna copertura normativa. Quanto avvenuto è dunque un fatto gravissimo”.

    In questo quadro, poi, potrebbe aver giocato un ruolo importante anche l’Egitto. Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha incontrato in un bilaterale il suo omologo egiziano Mahmoud Tawfiq lo scorso 9 aprile a margine dell’incontro del “Processo di Khartoum”, una piattaforma di cooperazione. Durante l’incontro, secondo quanto dichiarato dal Viminale, i ministri hanno fatto il punto su diverse tematiche tra cui quella dei flussi migratori. Non è detto però che non si sia parlato anche dell’operazione di volo da Tirana.

    Chi con molta probabilità era al corrente dell’operazione è l’aeroporto internazionale di Tirana da cui è transitato il charter. A partire dal 2020, la proprietà dello scalo è stata acquisita da #Kastrati_Group Sha, società energetica albanese che gestisce una serie di stazioni di servizio in tutto il Paese. Fa parte del consiglio direttivo #Piervittorio_Farabbi, ingegnere aeronautico italiano e direttore operativo, che supervisiona la gestione operativa quotidiana dell’aeroporto dall’aprile 2023. Farabbi in passato è stato direttore dello scalo di Perugia e della #Sacal, società aeroportuale calabrese. La direzione dell’aeroporto, contattata da Altreconomia, non ha risposto così come il ministero albanese degli Affari interni. La polizia di Stato invece ha glissato dicendo di rivolgersi alle autorità italiane.

    Per Francesco Ferri di ActionAid Italia, che con il Tavolo asilo e immigrazione (Tai) il 17 e 18 giugno ha visitato la struttura di Gjadër, questa operazione fa fare un’ulteriore salto di qualità in termini di opacità all’operazione Albania. “Con la trasformazione delle strutture in Cpr dell’11 aprile la mancanza di trasparenza si è aggravata -spiega-. Abbiamo saputo di una persona rimpatriata da Tirana durante la visita ed è un fatto gravissimo”.

    Da un lato l’Italia anticipa artigianalmente quanto previsto dalla proposta di nuovo Regolamento sui rimpatri “minando la tenuta del quadro giuridico europeo”, dall’altro le persone sono esposte a gravi violazioni dei diritti. “Già in questi mesi abbiamo faticato molto a rintracciare chi veniva riportato in Italia da Gjadër e lasciato libero se le persone vengono rimpatriate direttamente questo diventa pressoché impossibile -sottolinea-. Diventa ancora più difficile ricostruire e conoscere in che condizioni sono state rinchiuse le persone e se i loro diritti sono stati rispettati”.

    Infine, resta rilevante il tema dei costi: la “tappa” di Tirana è costata solo di affitto charter 31.779 euro in più rispetto all’ultima operazione di rimpatrio, dello stesso numero di persone, verso l’Egitto. Significa, per cinque rimandati indietro dall’Albania, più di 6.300 euro a testa.

    https://altreconomia.it/il-primo-rimpatrio-italiano-di-migranti-irregolari-direttamente-dallalb
    #Albanie #migrations #réfugiés #Italie #externalisation #renvois #expulsions #Egypte #rétention #détention_administrative #prix #coût

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    ajouté à la métaliste sur l’#accord entre #Italie et #Albanie pour la construction de #centres d’accueil (sic) et identification des migrants/#réfugiés sur le territoire albanais...

    https://seenthis.net/messages/1043873

  • La montagna non si spopola, gli italiani ci stanno tornando

    Il saldo dei movimenti tra chi scende e chi sale in montagna per viverci torna ad essere positivo. E non solo grazie ai migranti stranieri.

    Chi l’ha detto che la montagna si spopola? Gli ultimi tre quinquenni (2009-2013, 2014-2018, e 2019-2023) raccontano di tre stagioni diverse: una dell’accoglienza”, una di “ripiegamento” e la terza -la più recente- di “risveglio”. Tradotto in numeri, tra 2009 e 2013, le 387 comunità territoriali della montagna italiana sono state uniformemente investite da un flusso di immigrazione di popolazione straniera: il territorio montano ha visto l’arrivo di oltre 150.000 immigrati, numero “ampiamente in grado di compensare il flusso in uscita che nel complesso interessa oltre 110.000 cittadini italiani”. Tra 2014 e 2018 l’afflusso migratorio di popolazione straniera nelle comunità di montagna, invece, italiana si raffredda: l’apporto scende a meno di 60.000 individui. Per converso il flusso in uscita dalla montagna della popolazione italiana continua rispetto al periodo precedente, registrando un saldo negativo più contenuto di 67.000 unità.
    Ed ecco infine il periodo 2022-2023 con un saldo “tra i movimenti della popolazione in ingresso e in uscita dalla montagna che torna a essere positivo e assume dimensioni assai più significative di quanto non si sia registrato nei momenti migliori del passato”, manda a a dire l’Uncem (Unione dei Comuni, Comuni ed Enti montani). Quasi 100.000 ingressi oltre le uscite, più del 12 per mille della popolazione. Ma non in modo uguale dappertutto: sono 250 su 387, quasi il 65%, le comunità territoriali con saldo positivo; 136 lo fanno con valori che vanno oltre il 20 per mille. La disomogeneità segna una frattura rilevante tra regioni del nord e del centro, tutte sistematicamente con apporti migratori positivi, e quelle del sud dove il segno meno, pur circoscritto e non generalizzato, appare ancora con una certa frequenza.
    Rispetto al passato però la discontinuità più forte è determinata dalla composizione del flusso migratorio.

    IL RITORNO DEGLI ITALIANI, UNA “NOVITÀ ASSOLUTA”

    Non solo, la popolazione italiana della montagna presenta -“ed è una novità assoluta”- un saldo positivo tra ingressi e uscite, ma questo, forte di quasi 64.000 unità, “sopravanza nettamente quello della popolazione di cittadinanza straniera che con meno di 36.000 unità si riduce ulteriormente (quasi si dimezza) rispetto ai valori del quinquennio precedente, portando in evidenza la tendenza ormai presente in tutto il Paese a una progressiva riduzione dell’interesse verso l’Italia da parte dei flussi migratori di lungo raggio”, dice Uncem. Queste analisi fanno parte dei punti fermi che domani a Roma, all’Università Mercatorum, verranno esaminati alla presentazione del Rapporto Montagne Italia 2025, realizzato dall’Uncem: un lavoro di 800 pagine, tra numeri, analisi, dati, approfondimenti curato, con la Fondazione Montagne Italia e #Uncem. E’ il racconto della montagna che cambia. “Una montagna che non è quella dello spopolamento”, evidenzia dunque il presidente nazionale Uncem, Marco Bussone, invitando a rifuggire da semplificazioni, “letture senza numeri, must buoni per convegni e comizi”.

    LA GEOGRAFIA DEI COMUNI DI MONTAGNA

    I Comuni classificati come totalmente montani sono 3.471 (il 43,4% dei Comuni italiani) e ospitano una popolazione di otto milioni e 900.529 abitanti (il 14,7% della popolazione nazionale) su una superficie di 147.531,8 chilometri quadrati (il 48,8% dell’estensione del territorio nazionale) con una densità di 60,3 abitanti per chilometro quadrato (rispetto a un valore medio nazionale di 200,8). La densità insediativa dei Comuni montani è, nella media, di 60,3 abitanti. contro una media nazionale di 200,1 abitanti.

    https://www.dire.it/23-06-2025/1161795-la-montagna-non-si-spopola-gli-italiani-ci-stanno-tornando
    #montagne #Italie #dépeuplement #cartographie #visualisation #démographie #Alpes #Apennins #chiffres #statistiques #migrations #réfugiés #rapport

    • RAPPORTO MONTAGNE ITALIA 2025

      Il Rapporto nasce nell’ambito del Progetto italiae del Dipartimento per gli Affari regionali e le Autonomie della Presidenza del Consiglio dei ministri e attuato dallUNCEM per descrivere come si manifesta la contemporaneità nelle montagne italiane tra criticità, opportunità e nuovo protagonismo. Le montagne italiane raccontate attraverso la illustrazione delle dinamiche socioeconomiche che le caratterizzano e le strategie territoriali che le attraversano. Nella prima parte, mappe e dati servono a evidenziare i caratteri della montagna e la geografia delle comunità territoriali, e le loro caratterizzazioni economiche e sociali, evidenziando i processi associativi in atto. Un quadro completato dalle riflessioni argomentate e informate sul percorso fatto dalla Strategia delle Aree Interne e sulla novità dei processi in atto connessi alla Strategia delle green Community, precedute da un approfondimento sui temi dello spopolamento e del neopopolamento che molto hanno a che fare con entrambe le strategie. All’analisi delle strategie si connette anche l’approfondimento dedicato ai temi della governance, ulteriore affondo nella tematica delle green community, per esaminare le esperienze di governance in atto, inquadrare le politiche in un approccio più ampio e sistemico (il progetto Appennino Parco d’Europa) e quello relativo alla geocomunità delle piattaforme montane italiane che guarda anche alle differenze tra le Alpi e gli Appennini per evidenziare faglie e giunture e ragionare sulla prospettiva. Completano il quadro l’illustrazione di una articolata indagine sulla opinione degli italiani riguardo la montagna. Il Rapporto è arricchito da box tematici e commenti, oltre che da tre appendici.
      Materiali e riflessioni offerti alla politica, agli amministratori, ai territori impegnati a costruire futuro attraverso le Green Community e a tutti coloro che sono chiamati a decisioni importanti nell’allocazione di risorse, definizione di strumenti di governance e assetti istituzionali che riguardano il futuro della montagna e con ciò quello dell’intero Paese.

      https://uncem.it/uncem-presenta-il-rapporto-montagne-italia-2025

  • #Djazirat_al_Mawt, l’île de la mort

    Depuis l’instauration en 1995 du #visa dit « Balladur », les Comoriens n’ont d’autre possibilité que d’emprunter des barques pêcheurs, les #kwasa_kwasa pour se rendre à Mayotte. Des milliers sinon des dizaines milliers sont morts lors de cette traversée.

    #Jazirat_al_Mawt, l’#île_de_la_mort, c’est ainsi que les navigateurs venus d’Oman ou du Shiraz ont baptisé l’île de #Mayotte parce que ceinte d’une barrière de corail sur laquelle tant et tant de boutres et d’esquifs se sont abîmés.

    Depuis l’instauration en 1995 du visa dit « Balladur », les ressortissants comoriens n’ont d’autre choix que d’emprunter les kwasa kwasa, ces barques de pêcheurs à fond plat, pour rallier Mayotte où le PIB par habitant est dix fois supérieur à celui des Comores. Ils viennent trouver du travail, rejoindre de la famille ou bénéficier de soins.

    Entre 5000 et 10 000 personnes sont mortes dans les traversées de 1995 à 2012 selon la dernière estimation produite. Le décompte a cessé depuis. “C’est une #hécatombe” confie Jean Lhuillier, le directeur des pompes funèbres de Mayotte qui est régulièrement réquisitionné par la police pour récupérer des corps échoués sur les plages ou accrochés aux branches des arbres de la mangrove.

    Pour empêcher ces passages, les gouvernements français successifs ont investi des centaines de millions d’euros sans jamais parvenir à y mettre un terme malgré les drones, les radars, les hélicoptères ainsi que les patrouilles maritime et terrestre de la Police aux frontières aux effectifs toujours plus nombreux.

    “La mission est belle” confie un policier de la PAF aux commandes de son bateau semi-rigide destiné à intercepter les kwasa kwasa au large de Mayotte quand bien même sait-il qu’une fois renvoyées aux Comores, la plupart de ces personnes tenteront à nouveau la traversée.

    “Ça ne me dérange pas d’accueillir dix fois la même personne” abonde une responsable du centre de rétention administrative (CRA) de Mayotte. Lorsqu’ils embarquent sur le ferry qui les ramène vers l’île comorienne d’Anjouan, les personnes expulsées fredonnent une chanson d’amour d’un artiste mahorais : “ne t’en fais pas, je reviendrai”.

    https://www.radiofrance.fr/franceculture/podcasts/lsd-la-serie-documentaire/djazirat-al-mawt-l-ile-de-la-mort-1452799
    #mourir_aux_frontières #France #Mayotte #migrations #réfugiés #Comores #visa_Balladur #mourir_en_mer #décès #militarisation_des_frontières
    #podcast #audio

  • Immigration : la République dominicaine construit une nouvelle section de son mur à la frontière avec Haïti
    https://www.lemonde.fr/international/article/2025/06/21/la-republique-dominicaine-construit-une-nouvelle-section-de-son-mur-a-la-fro

    Immigration : la République dominicaine construit une nouvelle section de son mur à la frontière avec Haïti
    Le Monde avec AFP
    La République dominicaine a commencé, vendredi 20 juin, à prolonger le mur frontalier la séparant de son voisin haïtien, une construction initiée en 2021 par le gouvernement de Luis Abinader pour lutter contre l’arrivée illégale de migrants.La nouvelle section du mur, longue de 13 kilomètres, est en cours de construction dans la province de Dajabon (Nord). Elle portera la longueur totale du mur à environ 170 kilomètres, soit la moitié de la frontière séparant, sur l’île caribéenne d’Hispaniola, la République dominicaine hispanophone et son voisin, Haïti, francophone, pauvre et miné par la violence.
    Le ministre de la présidence, José Ignacio Paliza, et son homologue de la défense ont dirigé la cérémonie de pose de la première pierre, a précisé le gouvernement, dans un communiqué.
    « La clôture périmétrique n’est pas simplement une infrastructure de sécurité, mais aussi un symbole de souveraineté, d’intégrité institutionnelle et d’engagement pour la protection du territoire national », a déclaré M. Paliza. Le mur, composé d’une base en béton et d’une clôture surmontée de fils barbelés, est une initiative du président Abinader, qui a adopté une ligne dure sur la question migratoire depuis son arrivée au pouvoir, en 2020. La construction du mur a débuté l’année suivante.
    Haïti, le pays le plus pauvre des Amériques, a été mis à genoux par des gangs accusés de meurtres, de viols et d’enlèvements. La violence s’y est intensifiée au cours de l’année écoulée et un nombre record de près de 1,3 million de personnes ont été forcées de fuir pour trouver refuge ailleurs dans le pays, selon l’Organisation des Nations unies. Environ 500 000 Haïtiens vivent désormais en République dominicaine.En 2024, Luis Abinader a remporté un second mandat en promettant d’intensifier les expulsions. Au cours des cinq premiers mois de l’année, les autorités dominicaines ont expulsé un peu plus de 143 000 Haïtiens sans papiers, selon des données officielles.

    #Covid-19#migrant#migration#haiti#republiquedominicaine#sante#politiquemigratore#expulsion#pauvrete

  • « Enfermé·e - La détention fondée sur le droit des étrangers en Suisse »

    Chaque année, environ 3 000 personnes sont placées en détention administrative pour une durée pouvant aller jusqu’à un an et demi, non pas en raison d’un délit, mais uniquement en raison de leur statut migratoire. La détention en vertu du droit des étrangers est une mesure de contrainte de droit administratif visant à garantir le départ des personnes en situation irrégulière. Elle constitue une atteinte profonde au droit fondamental à la #liberté_personnelle garanti par la Constitution.

    Communiqué de presse sur le rapport « Enfermé·e - La détention fon-dée sur le droit des étrangers en Suisse »

    Les conditions de détention dans les centres prévus pour le refoulement sont précaires et font régulièrement l’objet de critiques de la part de la Commission nationale de prévention de la torture (CNPT). Contrairement aux conditions légales, la détention dans ces établissements s’apparente à une détention pénale, bien que les personnes concernées ne soient générale-ment pas des criminel·le·s. Le centre de détention administrative fondée sur le droit des étrangers (ZAA) de Zurich a récemment connu deux décès, deux tentatives d’incendie et une grève de la faim en l’espace d’un mois.

    « De tels décès tragiques ne sont pas le fruit du hasard. La détention est presque toujours une expérience traumatisante pour les personnes concernées, qui sont souvent des personnes réfugiées présentant des antécédents psychiatriques. Le taux de suicide en détention administrative est six à sept fois plus élevé qu’en liberté. Il est indéniable que l’accès aux soins psychiatriques est insuffisant dans les centres de détention. De plus, la question de savoir si la santé d’une personne est suffisamment stable pour être placée en détention ne reçoit pas assez d’attention. Un examen approfondi n’est souvent pas effectué. Les conditions restrictives de détention n’arrangent rien. Dans ces circonstances, le fait que rien n’ait changé malgré des décès et tentatives de suicide récurrents est pour le moins négligent. Mais ce n’est qu’un des thèmes de notre dernier rapport. »

    Lars Scheppach (Co-directeur)

    Avec son nouveau rapport « Enfermé·e - La détention fondée sur le droit des étrangers en Suisse », l’Observatoire suisse du droit d’asile et des étrangers (ODAE) a mené une étude approfondie sur la détention administrative en Suisse. Pour ce faire, elle s’est appuyée sur les connaissances scientifiques actuelles, les chiffres les plus récents et huit documentations de cas exemplaires. Elle a constaté à quel point la réalité en Suisse est éloignée des principes de l’État de droit et a tiré d’autres conclusions essentielles :

    - Mineur·e·s en détention : la détention administrative de mineur·e·s de plus de 15 ans n’est pas rare et n’est pas toujours documentée.
    – Détention à titre de punition ou de dissuasion : la détention administrative est souvent ordonnée dans le but de prévenir ou de dissuader. Cela comporte un fort potentiel de dis-crimination.
    - Différence de traitement cantonal : La détention administrative est traitée différemment d’un canton à l’autre. Les personnes concernées sont ainsi l’objet de traitements différenciés, ce qui est contraire au principe d’égalité devant la loi inscrit dans la Constitution.
    – Des alternatives peu utilisées : L’efficacité des alternatives à la détention est ignorée. Il existe suffisamment d’alternatives à la détention qui, d’après les connaissances actuelles, seraient bien plus efficaces et moins coûteuses.
    – Les autorités manquent de sensibilité : elles considèrent souvent à la légère et sans exa-men précis que les conditions juridiques de la détention administrative sont remplies, malgré la grave atteinte aux droits fondamentaux. Les garanties de procédure ne sont sou-vent pas respectées. Les décisions ne sont pas motivées ou ne le sont pas suffisamment. Un contrôle judiciaire de la détention n’est pas toujours effectué.
    - La protection juridique est insuffisante : les personnes concernées ne disposent pas des moyens nécessaires pour se défendre, notamment en raison des barrières linguistiques, de l’absence de réseaux de relations ou du manque de moyens financiers. La législation en vigueur ne leur confère pas la protection nécessaire, ce qui remet en question la protection juridique dont elles bénéficient. Dans de nombreux cas, aucune assistance judiciaire gratuite n’est prévue.
    - Placement dans des prisons ordinaires : contrairement au principe de séparation inscrit dans le droit fédéral, les personnes concernées sont bien trop souvent et trop longtemps placées dans des établissements ordinaires.
    - Saisie lacunaire : il existe des lacunes considérables dans la documentation et la saisie statistique de plusieurs aspects de la détention administrative. Il est donc difficile d’effectuer un suivi précis et d’aborder cette thématique de manière juridiquement fondée.

    En Suisse, la détention administrative fait rarement l’objet d’un examen critique. Notre rapport le montre : il est temps de changer de cap pour aligner les pratiques sur les standards de l’État de droit et de trouver des solutions respectueuses de la dignité humaine. Afin de remédier aux dysfonctionnements existants, l’ODAE formule à la fin du rapport dix exigences concrètes à l’attention des politiques et des autorités. Il est maintenant temps de les mettre en œuvre.

    https://www.humanrights.ch/fr/nouvelles/enfermee-detention-fondee-droit-etrangers-suisse
    #détention_administrative #rétention #migrations #réfugiés #sans-papiers #Suisse #droits_fondamentaux #droits_humains #rapport #punition #dissuasion #protection_juridique #dignité

  • Récit « Je n’avais jamais vu ça de la part de la police » : près de #Dunkerque, des migrants interceptés dans l’eau à coups de #bombes_lacrymogènes

    Plusieurs agents armés, munis de boucliers et de casques lourds, se sont retrouvés au milieu des vagues à #Gravelines, le 13 juin. Si les syndicats de police y voient une opération « exceptionnelle », les associations craignent un changement de méthode pour empêcher les traversées de la Manche.

    Spray au poivre à la main, de l’eau jusqu’à la taille, le policier asperge plusieurs migrants. Objectif : empêcher le petit groupe de monter à bord d’une embarcation en direction de l’Angleterre. La scène se déroule sur la plage de Gravelines (Nord), à quelques kilomètres de Dunkerque, vendredi 13 juin au petit matin. Peu après 5 heures du matin, raconte à franceinfo, clichés et métadonnées à l’appui, le photographe britannique Dan Kitwood, qui a assisté à l’intervention. « C’est vite devenu assez chaotique, avec les gens qui criaient et les enfants qui pleuraient », relate-t-il. Arrivé une heure plus tôt sur les lieux, il remonte le fil de cette opération d’#interception rare, les forces de l’ordre n’ayant pas pour habitude d’intervenir aussi loin dans l’eau avec des équipements aussi lourds.

    « Peu avant 5 heures, les premiers migrants sont sortis des dunes. Ils étaient une trentaine, avec au moins cinq enfants, dont deux en bas âge », raconte-t-il, en se basant sur ses photos. Parmi eux, une poignée d’hommes n’a pas de gilet de sauvetage. Ils sont les seuls à cacher leur visage. « Probablement membres d’un réseau de passage plus large », se dit le photojournaliste. Dix minutes plus tard, une embarcation apparaît sur le rivage et s’approche du groupe de migrants dans l’eau. Depuis les dunes, une dizaine de policiers surgit alors. Ils font partie d’une compagnie d’intervention, reconnaissables aux bandes bleues sur leur casque. Certains courent droit dans la mer, jusqu’à être à moitié immergés, « avec l’intention de sortir [les migrants] de l’eau », explique Dan Kitwood.

    Afin de tenir les agents éloignés, certains hommes les éclaboussent. « Il y a aussi eu une altercation avec un policier muni d’un bouclier qui avait du mal à rester stable dans l’eau plus profonde, avec tout son équipement », relate le photographe. « C’est à ce moment-là qu’un autre agent a sorti son spray devant les personnes les plus agressives », ajoute-t-il. Finalement, les policiers, « qui n’ont rien pu faire », sortent de l’eau, déstabilisés par le courant et le trop grand nombre de migrants. Une famille « prise dans le gaz » est aussi contrainte de regagner la #plage, où d’autres migrants venus faire diversion sont chassés à coup de grenades #lacrymogènes.

    « C’était dangereux pour tout le monde »

    Malgré cette intervention musclée dans l’eau, la moitié du groupe parvient à prendre la mer ce matin-là. Pour Dan Kitwood, familier de la crise migratoire dans le Nord de la France, les policiers « n’ont pas fait un usage disproportionné de la force, et n’ont pas été trop agressifs ». « Ils ont tenté quelque chose de nouveau, et ça n’a pas fonctionné ». Reste que la tactique d’entrer dans l’eau avec autant d’équipement est inédite. « Je n’avais jamais vu ça de la part de la #police », assure le photographe, qui estime que « c’était dangereux pour tout le monde », migrants comme policiers. « Vous pouvez imaginer ce qu’il se passerait si un agent venait à glisser et se retrouver sous l’eau, avec le poids de son bouclier ou de quelqu’un sur lui... »

    Depuis 2018 et l’augmentation continue des traversées de migrants par bateau vers le Royaume-Uni, face à une frontière parmi les plus surveillées et sécurisées au monde, les forces de l’ordre ont renforcé leur présence sur les côtes françaises afin d’empêcher les départs et de gêner les passeurs à terre. « Chaque jour, 1 200 effectifs sont mobilisés » sur les 150 km de littoral entre Dunkerque et Le Touquet, rappelait le 27 février le ministre de l’Intérieur, Bruno Retailleau, cité par ICI Nord (Nouvelle fenêtre). Sur ces agents, « 730 sont financés par le Royaume-Uni », ajoutait-il, en vertu du #traité_de_Sandhurst signé entre les deux pays il y a sept ans.

    En plus de démanteler les campements, policiers et gendarmes ont souvent été aperçus sur les plages pour barrer la route des migrants ou pour lacérer les boudins des canots gonflables. Comme le révélait Le Monde(Nouvelle fenêtre) et plusieurs médias étrangers dans une enquête en mars 2024, des bateaux de gendarmerie ont expérimenté des techniques d’interception en mer, autorisées par les directives préfectorales, qui imposent toutefois la plus grande #prudence. Mais au bord des plages, la zone grise demeure et les interceptions dans l’eau avec un tel équipement ne font pas partie des méthodes habituelles des forces de l’ordre, observent plusieurs acteurs locaux.

    La crainte d’un « #changement_de_doctrine »

    « Nous avions déjà eu des témoignages d’opérations #dans_l'eau, mais jamais aussi profondément », explique à franceinfo Charlotte Kwantes, responsable plaidoyer et communication de l’association Utopia56, qui apporte une aide humanitaire aux migrants du secteur. « On se demande désormais jusqu’où le gouvernement français va aller, sous pression du Royaume-Uni », déplore-t-elle, en faisant référence aux récentes déclarations du Home Office, le ministère de l’Intérieur britannique, qui a par exemple appelé (Nouvelle fenêtre) le 31 mai à « exhorter les Français à apporter les changements nécessaires à leur politique opérationnelle » afin que les autorités puissent intervenir « dans les eaux peu profondes le plus rapidement possible ».

    Pour Charlotte Kwantes, « difficile de ne pas faire le rapprochement » entre les méthodes vues à Gravelines et le « changement de doctrine » réclamé par #Bruno_Retailleau fin février lors de sa visite (Nouvelle fenêtre) dans la région. Le ministre de l’Intérieur préconisait alors des interceptions en pleine mer, et ce, jusqu’à 300 mètres des côtes. « Ils veulent rendre la #mer infranchissable, mais c’est impossible. Et ça passera forcément par des moyens violents », juge Charlotte Kwantes.

    L’annonce ne passe pas non plus chez les sauveteurs du littoral, très souvent sollicités pour intervenir sur des naufrages. « On court vers des drames, les interceptions d’embarcations fragiles sont extrêmement dangereuses (...) encore plus si les personnes à bord ont reçu du gaz lacrymogène ou sont blessées au moment du départ », alerte un bénévole local de la Société nationale des sauveteurs en mer (SNSM), qui préfère rester anonyme pour évoquer « cette situation très tendue ».

    « Très difficile d’adapter les moyens »

    Contactées par franceinfo, ni la préfecture maritime de la Manche et de la mer du Nord (Prémar) ni la préfecture du Nord n’ont réagi. Mais aux yeux des syndicats de police, les agents photographiés dans la mer le 13 juin se trouvaient dans les clous. « C’est vrai que ça peut impressionner, cet équipement lourd dans l’eau, reconnaît Marc Hocquard, délégué général adjoint de l’Unsa Police. Mais il faut voir ce que les collègues se prennent comme projectiles lorsqu’ils interviennent sur ces situations. »

    Pour repousser les forces de l’ordre, les passeurs et certains migrants jettent des pierres « et emportent avec eux des barres de fer », assure-t-il. Un constat partagé par Julien Soir, délégué du syndicat Alliance dans les Hauts-de-France. « Ce matériel n’est peut-être pas le plus adapté, mais c’est tout ce que les collègues ont pour se protéger », justifie-t-il, sans écarter les risques de chute ou de noyade pour les agents. « L’intervention de Gravelines reste de l’ordre de l’exceptionnel », insiste-t-il.

    Pour les deux responsables syndicaux, la situation sur les côtes du Nord et du Pas-de-Calais a atteint « un niveau de violence très élevé ». « Mais il n’y a pas de changement de doctrine pour l’instant, ni de groupe de travail sur ce sujet » au sein de la police, réfute Marc Hocquard. « Nos collègues sont juste très engagés, surtout qu’il y a quelques jours, on nous reprochait d’avoir laissé partir un bateau soi-disant sans rien faire », justifie-t-il.

    De là à équiper les policiers de nouveaux moyens, voire de renforcer les brigades maritimes, il y a encore du chemin, prévient Julien Soir. « Selon la météo, il peut y avoir 50 personnes ou alors 1 000 qui tentent de traverser sur une journée, rappelle-t-il. C’est très difficile d’adapter les moyens face à un tel delta. » Surtout que, face aux forces de l’ordre, « les réseaux font sans cesse évoluer leurs techniques pour trouver un moyen de passer... »

    https://www.franceinfo.fr/monde/europe/migrants/recit-je-n-avais-jamais-vu-ca-de-la-part-de-la-police-pres-de-dunkerque-d
    #Calais #violence #violences_policières #frontière #Manche #migrations #réfugiés #France #Angleterre #UK #militarisation_des_frontières

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    • Louis Witter, 13 juin

      https://x.com/LouisWitter/status/1933568565023477981

      Cette image de Jack Taylor, photojournaliste pour le Times, a été prise ce matin sur les côtes françaises, non loin de Calais.

      Pour la première fois, des policiers français empêchent directement dans l’eau le départ de bateaux d’exilés, contrevenant ainsi au droit de la mer.

      #police

    • French plans to stop #small_boats will lead to more deaths, says charity

      French charity to challenge new Channel migrant interception plans in European courts.

      Plans by French police to enter the sea to stop small boats carrying UK-bound asylum seekers willcause more deaths and be challenged in the European courts, a French charity has said.

      Arthur Dos Santos, the coordinator of the refugee charity Utopia 56, said there would be an increase in the number of people who would take “desperate” measures to reach the UK.

      The official, based in Calais, said the charity was examining the possibility of a legal challenge in the European courts to stop the tactics.

      Government sources have told the Guardian that French police would be authorised to tackle boats within 300 metres of the shore and in nearby waterways.

      The strategy aims to be ready in time for the Franco-British summit, which begins on 8 July. This coincides with the state visit to London of Emmanuel Macron, the French president.

      Over the past few days, French police have waded into the sea to stop asylum seekers from boarding boats, increasing speculation that police are already using the tactic.

      In one incident this week at Gravelines beach near Dunkirk, officers were shown waist-deep in water, using CS gas, riot shields and batons, as they attempted to force a boat to return to the beach.

      Dos Santos said the French plan to harden its tactics against asylum-seekers and smugglers would result in more deaths.

      “When police enter the sea, it will cause more deaths, more people will drown as they try to get away before being caught and forced back to the beach. There will be more violence, as some people fight back, and the people attempting to reach England will find other ways to try to get to the UK. This will not stop them, but it will make the crossings much more dangerous,” he said.

      The scheme is intended to give the French authorities the power to halt dinghies that “taxi” up to beaches from nearby waterways. Until now, guidelines prevent French police from intervening offshore unless it is to rescue passengers in distress. In practice, the policy means officers can stop boats leaving the beach by puncturing them, but are restricted once they are in the water.

      Dos Santos said the tactic would face legal challenges in the European courts, with lawyers examining human rights laws and the UN convention on the law of the sea.

      “This policy will be taken to the European courts. We will look very closely at this, as will other organisations,” he said.

      A British charity that operates in France told the Guardian two weeks ago it planed to explore possible legal challenges to stop the tactic.

      Steve Smith, the chief executive of Care4Calais, said: “When the last Tory government tried to do pushbacks in the Channel, Care4Calais initiated a legal challenge and won. Any attempt to introduce interceptions in French waters must face the same level of resistance.”

      In 2024, 73 people died trying to cross the Channel in small boats, more than in the previous six years combined. Nine people this year have so far been reported dead or missing in the Channel.

      Nearly 17,000 people have crossed in small boats so far in 2025, according to Home Office figures, higher than at the same point in 2022, the overall record year for crossings. On Wednesday, Downing Street acknowledged that the situation in the Channel was “deteriorating”.

      The French police union Unity has expressed concern that officers could face legal action if people die during an intervention.

      https://www.theguardian.com/uk-news/2025/jun/20/french-plans-to-stop-small-boats-will-lead-to-more-deaths-says-charity
      #mortalité

  • The EU donates high-tech equipment worth 1.4 million BAM to strengthen operational capacities of the BiH Border Police

    The European Union donated specialised equipment worth 1.4 million BAM to the Border Police of Bosnia and Herzegovina today, with the aim of enhancing their operational capabilities. The equipment includes 25 short and medium-range drones, 30 handheld thermal imaging cameras, and 5 heartbeat detectors, along with specialised training for drone operators. In addition to advanced surveillance technologies, the donation provides four trailers designed for transporting service dogs which will be delivered next week. Together, these resources will significantly enhance surveillance and inspection capabilities at border crossing points and along the border.

    On behalf of the Delegation of the EU to Bosnia and Herzegovina, the equipment was handed over by Karel Lizerot, Head of the Section for Justice and Home Affairs, Migration, and Public Administration Reform to Border Police Director Mirko Kuprešaković, in the presence of Michael J.F. O’Mahony, Deputy Chief of Mission of the International Organization for Migration (IOM) in Bosnia and Herzegovina, who represented IOM BiH, the organization responsible for implementing the procurement and monitoring process.

    “Border security and migration management are shared priorities for Bosnia and Herzegovina and the European Union. The modern surveillance tools the Border Police officers received today will help strengthen the fight against irregular migration and smuggling. Improvements to the coordination, efficiency and the overall effectiveness of border control not only make Bosnia and Herzegovina’s borders safer but enhance our collective security. The EU is committed to supporting Bosnia and Herzegovina on its path to the EU, including strengthening border security and migration management in line with EU standards.”, said Lizerot.

    Director Kuprešaković expressed his gratitude for the long-standing and continuous cooperation with EU: “We especially appreciate that, through various projects - including donations of specialized equipment, vehicles, facilities, communication tools, and officer training, you have helped that Border police agency respond more effectively to numerous security challenges. Thanks to your support and the donated equipment, we are now able to manage the state border more efficiently and strengthen our own capacities, thereby jointly contributing to a safer environment for all citizens in Bosnia and Herzegovina and the wider region," said director Kuprešaković.

    Migration management requires a comprehensive approach to addressing complex humanitarian and security challenges. Therefore, the EU continuously supports the Ministry of Security and Bosnia and Herzegovina in building a sustainable migration management system. Recognising that this task requires significant resources, the EU funded a seven-month training programme in 2025 for 142 new Border Police cadets (the XII generation), worth one million BAM, building on last year’s training of 150 cadets from the XI generation.

    Over the past seven years, the EU has provided more than 9 million euros to strengthen the capacities of the Border Police of Bosnia and Herzegovina, including supplying specialised equipment, vehicles, communication systems, and IT infrastructure. This investment has directly enhanced the operational readiness and professionalism of border management institutions across the country.

    Cooperation between Bosnia and Herzegovina and the EU on border security and migration management will be further strengthened following the signature of the Frontex Status Agreement in Brussels on 11 June 2025, allowing the European Border and Coast Guard Agency (Frontex) to carry out joint operations with Bosnia and Herzegovina and deploy its standing corps anywhere along the country’s borders.

    The European Union, in cooperation with the International Organization for Migration (IOM), will continue to support the strengthening of Bosnia and Herzegovina’s migration and border management systems through the procurement of equipment, capacity building, and the provision of professional assistance to the Ministry of Security, the Service for Foreigners’ Affairs, Border Police and Sector for Asylum, the Directorate for Coordination of Police Bodies in Bosnia and Herzegovina, and other institutions and agencies responsible for this sector.

    The Border Police of Bosnia and Herzegovina will continue to pursue opportunities to modernise its resources and strengthen the expertise of its staff, reaffirming its commitment to building a secure, reliable, and E-standard border management system.

    https://bih.iom.int/news/eu-donates-high-tech-equipment-worth-14-million-bam-strengthen-operational-
    #Bosnia #Bosnia-Herzégovine #Balkans #route_des_Balkans #frontières #migrations #réfugiés #militarisation_des_frontières #IOM #OIM #équipement #don #UE #EU #union_européenne #drones #police #caméras #training #formations #surveillance_des_frontières #Karel_Lizerot #Mirko_Kuprešaković #coopération #border_management #Frontex_Status_Agreement #Frontex

  • Sans retenue

    Le podcast « Sans retenue » donne la parole à celles et ceux qui militent contre l’#enfermement des #personnes_étrangères. Ces personnes retenues pour raison administrative n’ont commis aucun délit : simplement, elles ne possèdent pas les bons papiers. Masquer

    Ce podcast s’inscrit dans le cadre d’action de #sensibilisation de la société civile pour témoigner de la réalité de l’enfermement des personnes étrangères. #Zones_d’attente, locaux et #centres_de_rétention_administrative, prisons… ce podcast a pour objectif de donner à voir les conséquences concrètes de l’enfermement sur les premier⋅es concerné⋅es, de rendre visible leurs #témoignages et #luttes pour y mettre fin.
    Décliné en #série, ce podcast aborde tous les aspects de l’enfermement : la vie dans ces lieux, les audiences judiciaires, le rôle des associations, les luttes à l’intérieur et aux abords… Cette série a également une vocation pédagogique lorsque sont abordés des thèmes méconnus et plus complexes.
    Ce podcast est réalisé par l’Observatoire de l’Enfermement des Etrangers (OEE), créé en 2010, qui rassemble seize associations militant contre l’enfermement, sous toutes ses formes, subi par les personnes étrangères. Ses membres défendent leur accès effectif aux droits fondamentaux, sans distinction de genre, de langue, de nationalité, d’opinion politique, d’orientation sexuelle, d’origine ou de religion.

    https://spectremedia.org/sans-retenue
    #podcast #audio
    #migrations #réfugiés #sans-papiers #rétention #détention_administrative #laissez-passer_consulaire (#LPC)

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  • #Enterrement des droits des personnes migrantes - Chambéry

    La République Française a le regret de vous annoncer le décès des #droits_fondamentaux des personnes migrantes, exilées et sans papiers, qui vivent sur son territoire.

    https://www.youtube.com/watch?v=BYHXCiqqv-w


    #fanfare #droits_des_migrants #migrations #asile #réfugiés #sans-papiers #droits #cortège_funèbre #Chambéry #droits_humains #hospitalité #accès_aux_droits #ci-gît #témoignage

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  • #Kosovo Agrees to Shelter up to 50 US Deportees

    Kosovo has agreed to host up to 50 immigrants deported from the US – one of the few countries to respond positively to a US request for its allies to take in deportees.

    Kosovo on Wednesday offered to shelter up to 50 people deported from the US as President Donald Trump’s crackdown on illegal or unauthorised immigrants steps up.

    “Individuals who are subject to this decision, during the time of their stay in Kosovo, will act in line with the legislation in force and enjoy rights designated according to the law,” the Kosovo government said.

    Albin Kurti, the Acting Prime Minister, said the decision followed a US request for its allies to admit citizens from third countries.

    “Our country will accept and shelter up to 50 individuals for a one-year period with the aim to facilitate their safe return to their countries of origin. Selection of these individual will be done from a proposed list as long as they fulfill the designated criteria regarding rule of law and public order,” Kurti said.

    “The United States remain our unwavering partner and the Republic of Kosovo will always be their trusted partner,” he added.

    Last week, Bloomberg reported that Trump’s administration is pushing Serbia and other Balkan nations to take in migrants deported from the US. Serbia’s authorities have not commented on the proposal.

    The Trump administration, which claims to have deported 17,000 people in April, is currently facing protests across the country opposing federal immigration raids and the deployment of Marines.


    https://balkaninsight.com/2025/06/11/kosovo-agrees-to-shelter-up-to-50-us-deportees
    #expulsions #externalisation #migrations #réfugiés #sans-papiers #USA #Etats-Unis #accord

  • How the EU coordinates the outsourcing of migration control

    It is no secret that the EU is seeking greater cooperation from non-EU states in its migration control agenda. Less is known, however, about precisely how that cooperation is organised and encouraged. A document produced last year and released in response to an access to documents request from Statewatch provides some further details on the topic, pointing to avenues for advocacy, research and investigation.

    Coordinating the “external dimension of migration” at the “local level”

    An EU Council document (pdf) sheds light on the mechanisms behind the EU’s externalisation agenda.

    Produced by the Belgian Presidency in mid-2024 and shared with the MOCADEM working group, it outlines how EU institutions and member states align their efforts to influence migration policies beyond the EU’s borders.

    It also highlights the scale and entrenchment of the EU’s externalisation agenda, which is fuelling human rights violations with few obvious avenues for democratic control or accountability.

    A centralised coordination system built on emergency powers

    The document was produced for MOCADEM, the Operational Coordination Mechanism on the External Dimension of Migration.

    In 2022, MOCADEM was established using emergency powers related to “a terrorist attack or a natural or man-made disaster.” It is designed to “enable the [European] Union to coordinate and react in a timely manner to issues related to the external dimension of migration.”

    MOCADEM produces “country-specific action plans,” “action files, and “matrixes” designed to guide coordinated action and messaging by EU member states and institutions in discussions on migration with other states.

    As of mid-2024, ten countries were covered by action plans, and twelve had action files and matrices. Additionally, there were “thematic action files on instrumentalisation and return.” Statewatch has published most of the public documentation that exists on MOCADEM’s work.

    For the EU and its member states, this coordination makes their work on the “external dimension of migration” more efficient.

    But in doing so, it enshrines a powerful and opaque structure for exporting EU migration enforcement that actively avoids any form of democratic scrutiny or oversight.

    Diplomats, delegations, and decentralised enforcement

    “Local coordination in the area of migration varies according to the location and may follow different approaches,” the document says.

    Much of this coordination is pushed through EU delegations and national embassies in partner countries. Through regular meetings, EU and member state officials align approaches, share intelligence, and prepare joint messaging. The document gives examples from Egypt, Iraq, Libya and Niger:

    - In Egypt, the EU delegation and member state diplomatic staff co-chair bi-monthly “migration roundtables.”
    - In Iraq, a meeting chaired by the EU delegation brings together member states “to exchange information on developments in cooperation with Iraq and recent visits.”
    – In Libya, the EU delegation “launched a series of debates with Tripoli-based EU MS [member states] to discuss different aspects of migration.” The document says these follow “the priorities set in the MOCADEM action file on Libya and the strategic discussion organised in the EMWP [External Aspects of Asylum and Migration Working Party].”
    - In Niger, until the 2023 coup, member state officials convened a “migration cluster” to identify priorities and shape political dialogue.

    The document also refers to actions by EU delegations in Bosnia and Herzegovina. Here, events entitled “Rule of Law Breakfasts” are said to cover topics such as “anti-smuggling.”

    To link the actions in targeted states with discussions in Brussels, the document highlights the role played by the “Commission and EEAS [European External Action Service] services in Brussels, as well as the link via member state delegates in Brussels, via capitals, to their own embassies.”

    Samoa Agreement

    The Samoa Agreement, signed in 2023, governs the EU’s political and economic relationships with 77 countries in Africa, the Caribbean, and the Pacific. According to the Council of the EU, this covers around 2 billion people.

    The document notes that the “Partnership Dialogues” established under the Samoa Agreement can be used to push the EU’s migration control agenda. Specifically, it says they “can be used to facilitate collaboration on various areas… including migration.”

    Liaison officers

    Liaison officers deployed by member states, the European Commission and Frontex also play a role.

    According to the document, liaison officers in Morocco and Nigeria organise regular meetings on migration at the EU delegations.

    The document highlights that “closer coordination between liaison officers as well as with other EU stakeholders could have a substantial positive impact.”

    A recently-declassified report from 2018 (pdf), on the work of the Immigration Liaison Officers’ Network in Morocco, gives an idea of these officials’ activities.

    Team Europe Initiatives

    Another layer of coordination happens through “Team Europe Initiatives” (TEIs) – a structure with no legal basis but significant impact.

    The concept of “Team Europe” was introduced in April 2020 in response to the COVID-19 pandemic.

    According to the European External Action Service, it “brings together the EU, its Member States and their diplomatic network, finance institutions and implementing organizations,” along with the European Investment Bank and the European Bank for Reconstruction and Development.

    It has no legal basis in the EU treaties and has been described by Dutch MEP Sophie in’t Veld as a “fantasy body.”

    It is nevertheless a “fantasy body” that has become firmly embedded in the EU’s policy framework – albeit without the inclusion of the European Parliament.

    In a 2024 resolution, MEPs expressed regret that the Parliament had not been “fully recognised by the Commission, the Council and the EEAS as an integral player within the ‘Team Europe’ approach.”

    The June 2024 Council document notes that “country level committees” for the Team Europe Initiatives (TEIs) on the Atlantic/Western Mediterranean and Central Mediterranean migration routes have been set up in 16 African states.[1]

    “These committees meet regularly at the initiative of the EU delegations and local representation of all TEIs members are participating,” the document says.

    They provide a forum for “general coordination with EU member States on Migration,” it adds.

    According to the Belgian Presidency, these committees “have mapped the actions of EU and TEIs members related to Migration in each partner countries and agreed on a TEI implementation plan that identified gaps in programming and agreed on areas of focus for the future.”

    As a result of this work, there were implementation plans in place for seven states: Chad, Ethiopia, Ghana, Guinea, Nigeria, Senegal, and Tunisia.

    A call for scrutiny

    The mechanisms outlined by the 2024 Council document, from embassy roundtables to informal networks, development agreements to diplomatic working groups, provide some of the institutional foundations of the EU’s externalisation agenda.

    They operate largely out of public view – and with little consideration for the human rights implications of outsourcing migration enforcement to authoritarian or unstable regimes.

    For those seeking more scrutiny and accountability — and migration policies that uphold human rights and social justice — the initiatives and groups outlined here would be a good starting point for further investigation.

    https://www.statewatch.org/news/2025/june/how-the-eu-coordinates-the-outsourcing-of-migration-control

    #externalisation #migrations #réfugiés #EU #UE #Union_européenne
    #Egypte #Irak #Libye #Niger #Samoa_Agreement #Team_Europe_Initiatives

  • #Keir_Starmer can’t stop the migrant boats either

    Small boat crossings seem as intractable for Labour as they were for the Tories.

    Keir Starmer promised voters he would “smash the gangs.” It’s proving easier said than done.

    Less than a year after Conservative Prime Minister Rishi Sunak went down in flames amid a failed promise to “#stop_the_boats,” his Labour successor is grappling with the same highly-visible sign of Britain’s struggle to control its borders.

    The early signs aren’t promising.

    More than 1,100 migrants crossed the English Channel this Saturday, official data show, the highest number recorded in a single day so far in 2025. It brings the provisional total of people making the perilous journey so far this year to 14,811.

    Responding to the numbers, Home Secretary Yvette Cooper has been reaching for some familiar scapegoats: France — and the weather.

    Cooper urged swifter action from French authorities after images of police apparently watching people set off for England without intervening were splashed across British newspapers.

    The Home Office has also made great play of unseasonably good weather, publishing an analysis Tuesday linking it to the increased arrivals.

    It said 60 days this year up to May had been classed as “red days” — labeled as such by the authorities because Channel crossings are more likely due to good weather — compared with just 27 in the same period last year.

    Acknowledging voter anger about the crossings, Starmer insisted the government is “ramping up our efforts to smash the people smuggling gangs at source,” pointing to seized boats and engines, raids on illegal workers, and deportations of people deemed ineligible for asylum.

    But the vanquished Conservatives find themselves enjoying a rare moment of schadenfreude.

    “No one revels in massive numbers of illegal immigrants flooding into the country, but they have done a terrible job,” Shadow Home Secretary Chris Philp said. “Their claim to smash the gangs is in complete tatters.”

    He said Tuesday: “Blaming the weather for the highest ever crossing numbers so far this year is the border security equivalent of a lazy student claiming ‘the dog ate my homework.’”
    Regrets, I have a few

    With right-wing insurgent Nigel Farage snapping at his heels, Starmer may well be contemplating the fate of Tory predecessor Sunak.

    Sunak has since conceded that his embrace of the “stop the boats” slogan — emblazoned on the Downing Street lectern at press conferences and adorning Tory campaign literature — was a mistake. He has conceded that the language was “too stark … too binary.”

    Starmer has similarly made big promises about “restoring order” to the asylum system, deploying his own three-word slogan: “Smash the gangs.”

    Yet there are signs of increased confidence among people smugglers. New data show that boats are arriving in the U.K. more packed with people than ever. Some 33 small boats carrying more than 80 people each arrived in the U.K. last year, compared to just one in the year to April 2023.

    Like Sunak, Starmer is grappling with multiple factors that appear beyond his control — as was starkly illustrated by that syndicated picture of French police watching boatloads of migrants depart.

    Cooper has flourished the new agreements she has reached with French authorities, heralding a new multimillion-pound plan when she became the first home secretary to visit Northern France in almost five years.

    But those making the crossings appear to be exploiting French rules that prevent police from stepping in when they are already in the water.

    The French interior ministry has promised to free police to operate in shallow waters, with its General Secretariat for the Sea having been asked to formulate a proposal by the summer. Cooper told MPs on Monday she is urging France to complete its maritime review of operational tactics and to implement changes “as swiftly as possible.”
    ‘Not acceptable’

    Starmer’s own MPs, many of whom are facing the threat of Nigel Farage’s anti-immigration Reform UK party, are giving ministers the benefit of the doubt — for now.

    Mike Tapp, the Labour MP for the coastal town of Dover, said the numbers were “not acceptable,” but insisted his party’s approach is the right one.

    “We’ve put a lot of effort into fixing what’s going on behind the scenes,” he said. Border security needs to be a “top priority,” he added. While describing the threat from Reform UK as multifaceted, he said the issue of illegal migration is “toxic.”

    A second Labour MP, granted anonymity to speak candidly, wants to see more movement on deterrence.

    “Serious action needs to be taken to activate third country return hubs, and I would argue an updated approach to the [European Convention on Human Rights] needs to be taken,” the MP said.

    Starmer used a trip to Albania last month to say he wants to send refused asylum seekers to return hubs. But the challenge of setting up such schemes was starkly illustrated when the Balkan country ruled out participating in any U.K. plan.

    The government has set out plans to tighten the application of Article 8 of the ECHR, which protects the right to family life and is sometimes invoked by people seeking to remain in the U.K. in immigration cases.

    It also happens to have been a longstanding bugbear of the Conservatives.

    https://www.politico.eu/article/keir-starmer-labour-small-boat-crossings-borders-migration-security-english

    #Manche #traversées #frontières #migrations #migrations #réfugiés #UK #Angleterre #France #smash_the_gangs #dissuasion #Rishi_Sunak #red_days #météo

    • ‘Smash the gangs’: is Labour’s migration policy just a #slogan?

      The UK government is desperate to show it is preventing small boat crossings, but its PR-heavy approach may cause more problems with voters than it solves

      At 5.30am on Tuesday, six immigration enforcement officers and a BBC TV crew gathered in a deserted B&Q car park near Sheffield’s railway station, waiting in the rain for a call from London that would trigger simultaneous arrests of suspected people smugglers in six towns.

      Forty minutes later, the Home Office staff drove in convoy to a nearby residential block (followed by the BBC and the Guardian), made their way up the stairs carrying a red battering ram, ready to smash the suspect’s door down. The equipment wasn’t needed, because the man, barefoot in his checked pyjamas, opened the door and let the team inside. He was given a few moments to get dressed, before being taken silently in handcuffs to the van outside, sweat running down his face.

      Footage of the wider operation was broadcast that night on the BBC and also ITV News at 10, with the security minister, Dan Jarvis, in Cheltenham, wearing a black immigration enforcement stab vest, observing another of the six linked arrests.

      Keir Starmer posted photographs of the raids on X, tersely announcing: “When I said we would smash the people smuggling gangs, I meant it.”

      It was a useful bit of positive messaging, carefully facilitated by the Home Office press office, in a week when ministers have been confronted with uncomfortable evidence that their efforts to prevent the arrival of small boats are flailing just as spectacularly as those of the last government.

      Last Saturday 1,195 people arrived in the UK on 18 small boats, the highest number of arrivals this year, bringing the provisional total for 2025 to 14,811; 42% higher than the same point last year (10,448) and 95% up from the same point in 2023 (7,610). The defence secretary, John Healey, said Britain had “lost control of its borders over the last five years”.

      The Home Office tried to explain the rising numbers by releasing figures showing that the number of “red days” – when weather conditions are favourable for small boats crossings – peaked in 2024-25.

      Conservative opposition MPs accused the government of “blaming the weather”. “Public opinion won’t put up with this,” the Reform UK party leader, Nigel Farage, told GB News, urging the government again to declare a national emergency on illegal immigration.

      With Reform’s popularity ratings surging, the government is under enormous political pressure to show that its much-advertised “smash the gangs” policy is beginning to work. Last week’s raids were flagged as an anti-gangs success, but they turned out to be entirely unconnected to people smuggling in small boats. The six people who were arrested on suspicion of facilitating illegal entry are believed to have helped at least 200 Botswana nationals to travel to the UK by plane on tourist visas, and to have assisted them with false documentation on arrival to claim asylum or to get work in care homes.

      The criminal and financial investigation unit of the Home Office’s immigration enforcement team said this was one of the department’s top 10 immigration investigations, ranked by potential financial gain, number of people involved and risk of harm to victims exploited by the gang.

      Reminding the home secretary that small boat crossings were “one of the biggest challenges your department faces”, the Labour MP Chris Murray asked Yvette Cooper at a home affairs select committee hearing: “Can you tell us how many gangs you’ve smashed so far?”

      The home secretary gave some details about the arrests that morning, prompting Murray to respond with enthusiasm: “When I asked that question, I did not expect you to say you had smashed a gang today!”

      In its manifesto, Labour made it clear that the policy of launching a new border security command with hundreds of new specialist investigators using counter-terror powers was designed to “smash criminal boat gangs”.

      The arrests may have represented a significant development for Home Office staff trying to crack down on the exploitation of vulnerable people trafficked into the UK and criminalised by being forced to work illegally, but packaging this as a major breakthrough in the smash the gangs drive has prompted some raised eyebrows.

      One former Home Office official described taking TV cameras to these arrests as a sleight of hand, a PR exercise designed to detract attention from a small boats policy that he said had so far been a “damp squib”.

      Peter Walsh, a senior researcher with the migration observatory at Oxford University, said the government should be given some leeway because the border security, asylum and immigration bill, which will bring in the much-trailed counter-terror style powers to help identify and control smuggling gangs, has not yet been passed. “Overall it’s too early to evaluate their ‘smash the gangs’ policy, because the main legislative developments are in that bill,” he said. “But it would be difficult to describe whatever has been done operationally so far to disrupt smuggling networks as a success, because the numbers [of small boats] have gone up.”

      Starmer’s catchy “smash the gangs” slogan risks becoming almost as much of a millstone as his predecessor Rishi Sunak’s commitment to “stop the boats”. Sunak’s pledge was described as impossible to achieve the moment he announced it, but he continued to put out videos repeating his promise, and gave immigration control speeches standing behind a lectern with a “stop the boats” logo.

      Labour may eventually be able to show some progress on dismantling organised people smuggling operations by citing rising arrest figures. The Home Office press office said that, from July to November 2024, its immigration enforcement teams have convicted 53 people smugglers, including 23 individuals for piloting small boats, leading to more than 52 years in sentences. But Walsh questioned whether these arrests would have a discernible impact on the number of people crossing the Channel in small boats.

      “It doesn’t require substantial investment in training and skills to have a functional smuggler on the ground, getting boats into the water in Calais, getting people into boats. But it takes a lot of resources to investigate them and bring them to justice. One of the major challenges is that lower-level smugglers can quickly be replaced,” Walsh said, pointing, as a comparison, to the speed with which gangs dealing drugs hire new recruits to replace those arrested.

      “Smuggling networks are adaptable. They’re increasingly well financed and decentralised. Senior figures operate in countries like Afghanistan, where we have minimal or no law enforcement cooperation.”

      Campaigners for an overhaul of the asylum system have been dismayed by Labour’s resolutely tough rhetoric on those crossing the Channel illegally, which often fails to acknowledge that many arrivals are coming from war-torn nations such as Afghanistan, Syria, and Eritrea. This week, a research paper published by Border Criminologies and the Centre for Criminology at the University of Oxford found that hundreds of those imprisoned for arriving in the UK on small boats since 2022 were refugees and victims of trafficking and torture, in breach of international law. It said at least 17 children had been arrested and charged with “facilitation”, for having their hand on the tiller of a dinghy.

      Enver Solomon, the chief executive of the Refugee Council, said the government should “dial down the rhetoric”, and adopt a quieter multi-pronged approach, cooperating more deeply with France and other European countries, undermining the business model of the gangs by creating safe and legal routes for people to apply for asylum in the UK.

      “The more you make announcements on a week-by-week basis, the more you give the impression to the public that you’re going to fix the problem very quickly, so you end up falling into the trap of damaging trust because you’re overpromising and underdelivering,” he said.

      It is a message that Starmer’s comms team has yet to learn. In a second tweet on the subject of smashing the gangs in the space of 24 hours this week, the prime minister announced: “My government is ramping up our efforts to smash the gangs at their source.” Attached was a video montage of boats, barbed wire, police vans and men being arrested, overlaid with the words (in emphatic capitals) “OUR PLAN IS WORKING”.

      https://www.theguardian.com/news/ng-interactive/2025/jun/08/smash-the-gangs-labour-migration-policy-slogan

  • L’#Italie et le transfert des migrants en #Albanie : le laboratoire et les cobayes

    Les gouvernements italien et albanais ont collaboré pour ouvrir deux centres, à #Shëngjin et à #Gjadër, destinés au #transfert_forcé, à la #détention et au #rapatriement des migrants arrivés en Italie. Ce laboratoire d’#externalisation des frontières, observé avec intérêt par d’autres pays, a un précédent : les #navires_de_quarantaine utilisés pendant la pandémie de Covid-19.

    En novembre 2023, les gouvernements italien et albanais ont signé un #accord selon lequel que les migrants et migrantes secourues par les autorités italiennes en mer Méditerranée ne sont pas conduits vers un port italien, mais en Albanie, où on a ouvert de centres de détention, d’#identification et d’#expulsion et de rapatriement. Dans les récits et les analyses, y compris les plus critiques, de la création de ces centres, on dit souvent qu’il s’agit d’un #laboratoire : avant tout, un laboratoire pour les politiques répressives et autoritaires d’Europe et d’ailleurs. On pourrait se demander laboratoire pour quoi, laboratoire pour qui, et avec le consentement de qui. Ou plutôt, on pourrait partir d’un postulat fondamental : que les laboratoires supposent généralement des cobayes.

    Le cas des centres extraterritoriaux albanais voulus par le gouvernement de Giorgia Meloni est en train de devenir un « #modèle » pour d’autres pays européens. Pourtant, ils ne sortent pas de nulle part. Ils sont eux aussi issus d’autres laboratoires. Plus précisément, d’autres tentatives d’#externalisation des frontières et de la gestion de ses migrants et demandeurs d’asile. Cependant, tout cela ne doit pas faire oublier que, tandis que les laboratoires procèdent habituellement par hypothèses potentielles, pour les personnes concernées, les mécanismes de #rétention, de #concentration et d’#exclusion sont tout sauf hypothétiques : elles les vivent en ce moment même, en cette heure.

    Du laboratoire au modèle

    En 2006, Ismaïl Kadaré avait intitulé l’un de ses derniers essais « L’identité européenne des Albanais ». On peut se demander si ce grand écrivain albanais, qui avait publié la plupart de ses œuvres sous une dictature si répressive, n’aurait jamais pu imaginer que l’Union européenne et l’Albanie seraient aujourd’hui liées par une tentative ambiguë d’externalisation de ces mêmes frontières européennes que Kadaré a vu changer au cours de sa vie.

    En octobre 2024, le gouvernement italien avait déclaré avoir achevé la construction d’un centre de détention pour migrants à Gjadër, en Albanie. Ce centre avait été ouvert en octobre dernier et était initialement destiné à accueillir des demandeurs d’asile secourus en mer et provenant de pays considérés comme « sûrs » par le gouvernement italien et l’Union Européenne. Mais les centres construits par l’Italie en Albanie n’avaient encore jamais fonctionné, car les tribunaux italiens n’ont jamais confirmé la détention des trois groupes de demandeurs d’asile qui y ont été transférés.

    Pourtant, le 11 avril 2025, alors que plusieurs centaines de migrants débarquaient à Lampedusa, une quarantaine de migrants, transférés depuis différents centres de rétention italiens, sont partis de Brindisi, dans les Pouilles, et arrivés dans le port et « #hotspot » albanais de Shëngjin, avant d’être emmenés au centre de Gjadër. Un mois plus tard, le 15 mai dernier, la Chambre des députés italienne a voté la #loi visant à transformer officiellement les centres albanais en « #centres_de_rapatriement ».

    Pour ces personnes migrantes, le passage du statut de « transféré » à celui de « détenu » a été immédiat et injustifié. Tout s’est déroulé dans l’opacité la plus totale. Selon un communiqué d’un réseau d’associations, des sources gouvernementales ont déclaré que les personnes transférées constituaient un « #danger_social » et avaient commis des délits, mais rien de tout cela n’a été prouvé. Le caractère punitif du projet albanais est donc évident. Certaines de ces personnes ont découvert qu’elles allaient être transférées en Albanie au moment même où elles sont arrivées, souvent menottées. Aucune information, aucun avertissement, aucune mesure officielle. Cela nous ramène à la dimension de modèle : comme le souligne l’Association italienne d’études juridiques sur l’immigration dans son rapport, cette affaire marque en effet un tournant dans les politiques migratoires et de gestion des frontières, ouvrant la voie à des scénarios inédits dans le contexte européen.

    Le précédent des #navires-quarantaine

    Pourtant, ce laboratoire italo-albanais n’est pas sorti de nulle part. Les pratiques d’#externalisation_des_frontières sont une caractéristique récurrente du régime actuel de gestion des migrations qualifiées d’« illégales » – et aussi, de plus en plus souvent, de « légales », comme nous le constatons par exemple aux États-Unis ces derniers mois. Un exemple parmi d’autres, ou plutôt des précurseurs : les centres de détention pour demandeurs d’asile ouverts en 2001 par le gouvernement australien sur les îles de Manus et de #Nauru. Dans le même temps, je pense qu’il est important de se pencher en priorité sur un exemple interne, européen, qui concerne à nouveau le gouvernement italien, avant même l’arrivée du gouvernement de #Giorgia_Meloni : il s’agit des navires de quarantaine mis en service pendant l’épidémie de #Covid-19.

    Le 7 avril 2020 le gouvernement italien publie un #décret dans lequel il déclare que les ports italiens ne devaient plus être considérés comme des « #POS#Place_of_safety ». Peu de jours après ce décret, en collaboration encore une fois avec la Croix-Rouge italienne, le système de navires-quarantaine a été mis en place et rapidement rendu actif, à travers de nombreuses #dérogations et #exceptions légitimées par l’#urgence_sanitaire. Le premier navire a levé l’ancre le 7 mai 2020. Immédiatement après, cinq autres grands navires sont affrétés et immédiatement mis en service.

    Exactement comme dans le cas des centres albanais, il n’y a jamais eu de communication officielle aux individus, qui n’ont même pas eu la possibilité d’un contact avec le monde extérieur. En outre, de nombreuses personnes contraintes d’embarquer sur des navires-quarantaine ont été soumises à l’obligation de quitter le territoire italien immédiatement après la fin de leur période d’isolement sur le navire en question, sans la possibilité de demander l’asile ou le regroupement familial. Les navires-quarantaine devenaient alors non seulement des centres d’expulsion externalisés et informels, mais aussi des espaces de droits suspendus : le confinement sur une base sanitaire se transformait immédiatement en un outil de gestion des frontières profondément ambigu. Ce que le gouvernement italien a pu faire sous prétexte de pandémie et de biosécurité, il tente désormais de le faire plus ouvertement à travers les centres albanais.

    Les #cobayes, c’est nous

    Les politiques migratoires sont classiquement un laboratoire d’expérimentation de pratiques et de normes à vocation autoritaire. Le cas des centres italiens en Albanie accélère ce processus. Tout cela repose avant tout sur le principe du chantage exercé sur les personnes classées comme migrants « illégaux » : désormais, tout migrant faisant l’objet d’un ordre de retour arbitraire et extrajudiciaire pourra être envoyé en Albanie et y être détenu.

    Ce qui est préoccupant dans cette dimension d’exemple ou de laboratoire, et de leur triste efficacité réelle, c’est qu’il ne s’agit ni d’une hypothèse, ni d’un projet lointain dans le temps. Pour revenir aux navires-quarantaine, il faut noter comment, pendant la pandémie, l’exemple italien a effectivement été suivi par certains : le navire #Bibby_Stockholm mis en place à l’été 2023 par le gouvernement britannique pour le confinement des demandeurs·euses d’asile, par exemple ; ou la proposition du maire de New York, Eric Adams, d’utiliser des #navires_de_croisière comme « solution créative » pour les supposées « vagues de migrants » arrivées dans la ville au cours des mois précédents. Et c’est déjà le cas pour les centres albanais. Pendant sa visite récente en Albanie, Keir Starmer, premier ministre britannique, vient de déclarer : « Nous négocions actuellement avec plusieurs pays au sujet des centres de rapatriement, que je considère comme une #innovation vraiment importante. » Il appelle ces centres « #return_hubs ».

    Face à la facilité avec laquelle ces types d’exemples répressifs sont aujourd’hui suivis et se propagent, il est nécessaire de rester vigilant et de se rappeler que, dans des situations où ces droits fondamentaux sont bafoués et où des personnes qui n’ont commis aucun crime sont soumises à des traitements inhumains et dégradants, le terme « laboratoire » s’avère alors pertinent : mais les cobayes de cette expérimentation sont nos démocraties, et nous tous et toutes.

    https://blogs.mediapart.fr/carta-academica/blog/060625/l-italie-et-le-transfert-des-migrants-en-albanie-le-laboratoire-et-l

    sur les #navi_quarantena :
    https://seenthis.net/messages/866072

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    ajouté à la métaliste sur l’#accord entre #Italie et #Albanie pour la construction de #centres d’accueil (sic) et identification des migrants/#réfugiés sur le territoire albanais...

    https://seenthis.net/messages/1043873

  • #Tunisie : l’#enfer des exilés

    En Tunisie, la vie des exilés venus d’Afrique sub-saharienne, est devenue un enfer. Un enfer peu documenté : les autorités tunisiennes empêchant les journalistes de travailler sur ce thème.

    Pourtant, des ONG accusent le pays de provoquer le naufrage d’embarcations en pleine mer et d’aller jusqu’à livrer au désert des exilés arrêtés au large de la Tunisie, pendant leur tentative de traversée de la Méditerranée.
    Julien Goudichaud et Davide Mattei se sont rendus en Tunisie, en se faisant passer pour des touristes, pour mener une enquête exceptionnelle. Ils ont réussi à prouver ces exactions en parvenant à filmer des bus chargés de migrants et en retrouvant des victimes en plein désert.
    Livrés à eux-mêmes, sans eau ni nourriture ni abri, beaucoup d’entre eux périssent de soif et d’insolation.
    Le président tunisien Kaïs Saïed, qui s’est arrogé les pleins pouvoirs en 2021, mène depuis une politique anti-migrants répressive, qui s’appuie sur la théorie xénophobe du « grand remplacement » pour lutter contre la présence des exilés dans le pays. Pour sécuriser sa frontière méditerranéenne, l’UE a négocié un accord de coopération avec la Tunisie, qui porte notamment sur la gestion des frontières et la lutte contre le trafic d’êtres humains. En contrepartie, la Tunisie bénéficie de plus de 100 millions d’euros de financement européen. Depuis l’entrée en vigueur de cet accord, la violence des autorités semble avoir explosé.

    https://www.arte.tv/fr/videos/125279-000-A/tunisie-l-enfer-des-exiles
    #vidéo

    #migrations #réfugiés #abandon #expulsions #renvois #déportation #désert #Sahara #désert_du_Sahara #exernalisation #frontières

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    ajouté à la métaliste sur les « #left-to-die in the Sahara desert »...
    https://seenthis.net/messages/796051

  • #Manche : la #France envisage de mener des #interceptions en mer

    Pour faire face à la hausse des traversées de la Manche, la France envisage de changer de doctrine et de mener des interceptions en mer. Des opérations impossibles aujourd’hui car le #droit_de_la_mer interdit à la police française d’agir en mer, sauf pour mener des opérations de secours.

    Pour lutter contre l’immigration irrégulière au départ des côtes françaises vers le Royaume-Uni, la France va présenter un #plan pour intercepter les migrants en mer. Elle veut ainsi contrer le phénomène des « #taxis-boats », cette technique consistant à mettre le bateau à l’eau en amont de l’embarquement pour éviter les interceptions terrestres par la police.

    Cette manœuvre des #passeurs rend l’interception des traversées difficiles pour les forces de l’ordre car le droit de la mer interdit à la police française d’intervenir en mer, sauf pour mener des opérations de secours.

    « Malgré l’action menée sans relâche sur le territoire français pour réduire le nombre de traversées transmanche, force est de constater l’augmentation de 42 % du nombre d’individus arrivés au Royaume-Uni par rapport à 2024 », a déclaré une source au ministère de l’Intérieur quelques jours après le débarquement au Royaume-Uni de 1 195 migrants à bord de 19 embarcations. Il s’agit d’un record d’arrivées en une seule journée jamais atteint depuis 2022.

    « Nous sommes conscients du fort enjeu que représentent les interventions en mer et d’une nécessaire adaptation de notre doctrine d’action », a déclaré cette même source. Ainsi, la France va « faire évoluer » le dispositif actuel « afin de pouvoir agir dans les eaux peu profondes, jusqu’à 300 mètres des côtes, et ainsi intercepter les ’taxi-boats’, tout en respectant les principes de la convention des Nations unies sur le droit de la mer ».

    Le Comité interministériel de contrôle de l’immigration (CiCI) a donc mandaté le secrétariat général de la mer (SGMer), qui coordonne l’action de l’État en mer, pour formuler une proposition visant à faire évoluer la doctrine.

    Pratique dangereuse

    Cette pratique est interdite par le #droit de la mer parce qu’elle peut être dangereuse. Interrogé par InfoMigrants en décembre 2023, le procureur de la République de Saint-Omer avait émis des réserves au sujet des aux #interceptions_maritimes. « Le préfet a donné des consignes extrêmement claires aux forces de l’ordre sur le fait de ne jamais mettre en péril la vie des migrants », avait-il dit.

    En 2021, Priti Patel, alors ministre de l’Intérieur britannique, avait déjà évoqué la mise en place d’opérations en mer. Mais ce projet avait été rapidement abandonné suite au refus de la France de mener des pratiques contraires au droit de la mer. À l’époque, le projet avait aussi été décrié par les ONG, estimant que cela pousserait les migrants à emprunter des voix encore plus dangereuses.

    Mais la volonté des gouvernements français et britannique de renforcer le contrôle de la frontière pourrait bien avoir raison de cette règle en place depuis plusieurs années. En février dernier, le ministre de l’Intérieur Bruno Retailleau - qui avait annoncé des effectifs de police supplémentaires et la construction du CRA de Dunkerque - avait déjà évoqué ce changement de doctrine.

    « Dans la bande côtière, dans les premiers 300m, il faut que l’on puisse revoir notre organisation, pour que l’on puisse arraisonner ces bateaux lorsqu’ils arrivent pour prendre les migrants. Il faudrait sans doute prévoir que la gendarmerie nationale, qui a des forces maritimes, puisse intervenir », avait-il évoqué.

    De son côté, la ministre de l’Intérieur britannique Yvette Cooper n’a pas caché son exaspération après l’arrivée record de lundi. Les photographies montrant des policiers français assister au départ de migrants depuis la plage sans intervenir ont aussi fait largement réagir côté britannique. Elle a donc réclamé davantage de mobilisation de la part des Français et souhaite que la France intercepte les embarcations non seulement dans les eaux peu profondes lorsqu’ils quittent les plages, mais dans les rivières et les voies navigables intérieures, où sont déployés les « small-boats ».

    Ce nouveau plan est attendu « d’ici l’été », précise-t-on au ministère de l’Intérieur. Notamment car un sommet franco-britannique doit avoir lieu en juillet. Le président français est attendu du 8 au 10 juillet au Royaume-Uni pour une visite d’État.

    Traversées en hausse

    Malgré les mesures dissuasives et répressives mises en place par Londres et Paris pour enrayer l’immigration irrégulière, 14 808 personnes sont arrivées dans le pays depuis janvier 2025, en traversant la Manche. Un niveau inédit.

    Ces traversées illégales ont aussi connu un net rebond l’an dernier avec 36 800 personnes débarquées, soit 23 % de plus qu’en 2023, année qui avait noté une baisse notable.

    Et elles sont de plus en plus mortelles. Depuis le début de l’année, au moins 15 personnes sont mortes. L’année dernière, ce sont 78 migrants qui ont perdu la vie sur cette route migratoire, un record.

    https://www.infomigrants.net/fr/post/65023/manche-la-france-envisage-de-mener-des-interceptions-en-mer
    #visualisation #infographie #cartographie #France #GB #Angleterre #migrations #réfugiés #frontières #contrôles_frontaliers

  • L’#Algérie a refoulé 16 000 migrants dans le #désert nigérien en deux mois

    Depuis le mois d’avril, plus de 16 000 migrants en situation irrégulière, dont des enfants et des femmes, ont été expulsés d’Algérie vers le Niger, selon les autorités. Et ces expulsions représentent plus de la moitié des 31 000 migrants refoulés sur toute l’année 2024 par Alger, souvent dans « des conditions brutales », rappelle l’ONG locale Alarme Phone Sahara.

    L’Algérie a refoulé plus de 16 000 migrants irréguliers africains vers le #Niger depuis avril 2025, dont des femmes et des enfants, soit plus de la moitié des expulsions de 2024, ont annoncé mercredi 4 juin les autorités nigériennes.

    Dimanche et lundi, 1 466 migrants au total sont arrivés à #Assamaka, localité frontalière de l’Algérie, ont indiqué mercredi les autorités préfectorales d’Arlit, une ville du nord du Niger. Le premier groupe, arrivé dimanche, comptait 688 ressortissants d’une dizaine de pays ouest-africains, parmi lesquels 239 Nigériens, ont précisé les autorités.

    Le deuxième groupe, qui rassemblait 778 Nigériens dont 222 mineurs, est arrivé lundi à bord de 13 camions et d’une fourgonnette, ont-elles ajouté.

    Entre le 1er et le 30 mai déjà, 8 086 migrants (5 287 Nigériens et 2 799 personnes d’autres nationalités africaines) avaient été expulsés par Alger, selon un décompte des autorités. En avril, 6 737 autres avaient été refoulés.

    Toutes ces expulsions représentent plus de la moitié des 31 000 migrants refoulés sur toute l’année 2024 par Alger, souvent dans « des conditions brutales », selon l’ONG locale Alarme Phone Sahara. Elle a récemment dénoncé une « violation des droits humains » et exigé « l’arrêt immédiat des rafles et des expulsions massives » par l’Algérie.

    Accélération des retours « volontaires »

    Face à ces arrivées massives - qui ont cours depuis des années -, le Niger avait annoncé en mai vouloir appuyer l’#Organisation_internationale_de_la_migration (#OIM) pour accélérer le #rapatriement dans leur pays d’origine - d’ici juillet - d’environ 4 000 migrants. Les autorités nigériennes disent vouloir éviter un « désastre humanitaire ».

    Mais ces retours « volontaires » prennent du temps. De manière générale, l’OIM est tributaire des processus imposés par les États d’origine pour délivrer les #laissez-passer. Chaque nouvelle exigence de ces derniers - entretiens en vidéoconférence avec le migrant, formulaires rébarbatifs, etc. - entraîne un peu plus de retard pour les migrants originaires de ces pays, bloquant ainsi tout le processus et provoquant l’embolie du système d’accueil onusien sur le territoire nigérien.

    Cette surpopulation de migrants - notamment à Assamaka et #Agadez - concentre toutes les frustrations.

    Cette situation « perturbe l’équilibre sécuritaire » du pays, avait déclaré fin janvier le général Mohamed Toumba, ministre nigérien de l’Intérieur de ce pays gouverné depuis près de deux ans par un régime militaire.
    Le double discours d’Alger

    Les autorités algériennes, elles, affichent un double discours sur leur politique migratoire. D’un côté, Alger expulse ces sans-papiers dans le désert, de l’autre, le pays communique sur leur accueil et leur intégration.

    Les personnes expulsées doivent survivre dans des conditions de vie particulièrement difficiles. Dans un environnement désertique, elles sont confrontées à un climat très hostile qui cumule de très fortes températures (souvent 47°C- 48°C), l’absence d’abri ainsi qu’un manque d’accès à l’eau, à la nourriture et aux soins.

    Abandonnés par Alger dans la zone dite du « #Point_Zero » - un lieu désertique en Algérie à une quinzaine de kilomètres de la frontière avec le Niger, les migrants doivent ensuite parcourir à pied pendant des heures le chemin vers Assamaka où se trouve le #centre_de_transit de l’Organisation internationale des migrations (OIM), le bras de l’ONU qui assiste les retours volontaires des migrants vers leur pays d’origine.

    L’Algérie n’est pas le seul pays de la région à abandonner des migrants dans le désert. La #Libye aussi. Entre le 28 mars et le 25 avril 2025, 792 migrants, majoritairement nigériens, ont débarqué dans des zones désertiques de la région de #Siguidine (centre-est du Niger) après avoir été renvoyés du sol libyen. Parmi eux, on comptait plusieurs femmes et mineurs.

    En Libye, les exilés peuvent être interpellés dans la rue, sur leur lieu de travail, dans leur appartement... puis placés dans des camions de marchandises à destination du sud du pays, près de la frontière nigérienne. D’autres sont expulsés directement depuis les centres de détention libyens, selon Alarme phone Sahara.

    https://www.infomigrants.net/fr/post/64971/lalgerie-a-refoule-16-000-migrants-dans-le-desert-nigerien-en-deux-moi
    #asile #migrations #réfugiés #abandon #expulsions #renvois #déportation #désert #Sahara #désert_du_Sahara #retour_volontaire #désert_du_Ténéré

  • #Sénégal - #Mauritanie : un #accord_migratoire pour harmoniser les flux de populations entre les deux pays

    Les ministres sénégalais et mauritanien des Affaires étrangères ont signé lundi 2 juin deux accords migratoires, l’un sur la lutte contre l’immigration clandestine, l’autre sur les conditions de séjour. Parmi les points très attendus : des mesures pour faciliter l’installation des Sénégalais en Mauritanie.

    Le Sénégal et la Mauritanie se sont donc entendues pour permettre des flux de population plus harmonieux entre les deux pays. Pour tout séjour au-delà de trois mois, les Sénégalais comme les Mauritaniens ont désormais l’obligation de demander une #carte_de_séjour. Mais cette carte pourra être accordée même en l’absence de contrat de travail ou de justificatif de revenu pour une durée d’un an. Ensuite, seulement, il faudra justifier de revenus pour la renouveler.

    Cet accord, qui remplace celui qui datait de 1972, était très attendu, notamment après la vague d’#expulsions qualifiée d’"indigne" par la ministre sénégalaise des Affaires étrangères, Yassine Fall, en février dernier. Elle avait parlé de « traitements inhumains » subies par les personnes expulsées.

    « Lever les obstacles à la #libre_circulation »

    Dans le texte signé ce lundi 2 juin, le Sénégal et la Mauritanie s’engagent « à lever tout obstacle à la libre circulation des ressortissants » de chacun des deux pays. Pour les milliers de #pêcheurs sénégalais qui travaillent en Mauritanie, c’est une bonne nouvelle.

    La ministre des Affaires étrangères sénégalaise, Yassine Fall, s’est réjouie de cet accord. « C’est un pas très important parce que ça reflète d’abord l’engagement de nos chefs d’État. Ces deux accords nous permettent de faire en sorte que les populations soient en mesure de se déplacer et de contribuer au développement ».

    Enfin, un deuxième accord sur la lutte contre la migration clandestine doit permettre de mieux coordonner les efforts de la Mauritanie et du Sénégal, pour éviter les départs clandestins.

    https://www.infomigrants.net/fr/post/64933/senegalmauritanie--un-accord-migratoire-pour-harmoniser-les-flux-de-po
    #migrations #réfugiés #accord

    ping @6donie

  • #Bloody_borders

    The Bloody Borders project is an initiative aimed at shedding light on the illegal pushbacks and violence that people on the move experience at Europe’s borders, with the ultimate goal of demanding accountability, and transforming the current border regime into one that prioritizes humane policies, safe pathways, and legal protections.

    Over the last period, migration patterns have changed significantly due to various factors, including armed conflicts, economic injustice, and the alarming level of securitization to prevent any informal move. As people move in search of safety and better opportunities, they often encounter racism, discrimination, cruelty, and violence.

    While many governments adopt a deterrence approach of implementing aggressive measures to prevent entry, countless human rights activists monitor and report these abuses, which are particularly evident in the practice of pushbacks.

    https://bloodyborders.org
    #données #témoignage #violence #migrations #réfugiés # #base_de_données #push-backs #refoulements #border_violence #No_Name_Kitchen

    ping @reka

  • #Laâyoune au #Sahara_occidental, point de départ pour rejoindre les #Canaries

    Le Sahara occidental, territoire considéré comme non-autonome par l’ONU, situé au sud du #Maroc et au nord de la Mauritanie, est au cœur de la route migratoire dite « de l’Atlantique ». Si les autorités marocaines tentent de contrôler les flux irréguliers, la région reste une zone de départ importante pour les migrants, principalement en provenance d’Afrique subsaharienne. Reportage à Laâyoune, de François Hume-Ferkatadji.

    Le désert, puis l’océan. Dans les environs de Laâyoune, au Sahara occidental, le trait de côte se résume à cette simple barrière naturelle. Il n’est pas difficile d’y faire partir un bateau pneumatique à moteur. Si le trajet pour rejoindre les #îles_Canaries peut durer (minimum) une semaine au départ du Sénégal ou de la Mauritanie, il faut compter seulement 9 à 10 heures au départ de Laâyoune.

    « Le Maroc a installé des postes de surveillance, tous les deux kilomètres. Parfois, on tombe sur un poste de surveillance, mais malgré ces installations, les mafias arrivent à faire le passage, parce qu’elles possèdent maintenant des matériaux spécifiques », explique Taghia Abdelkebir, président de l’association Sakia El Hamra pour la Migration et le Développement.

    Les trafiquants organisent des arrivées sur la plage de nuit, dans des convois chargés de candidats au départ, pour déjouer la vigilance des autorités, selon cet homme d’Afrique de l’Ouest, résident de Laâyoune, en contact régulier avec les migrants. « Quand les membres des mafias voient que la marée est basse, ils font une descente ici, et ils empruntent des camionnettes. Ils ne font ça que la nuit. Dans une Jeep, par exemple, ils peuvent mettre plus de 50 à 60 personnes. Puis, ils roulent de nuit pour entrer dans la ville », raconte-t-il.

    « Les photos des #morts, ceux refoulés par la mer, sont vraiment choquantes »

    Le #coût d’une traversée est estimé entre 4 000 et 6 000 euros par personne. Les migrants économisent parfois des années pour la tenter. « La plupart de ceux qui arrivent ici n’ont qu’un seul objectif, c’est de passer par les îles Canaries, traverser l’eau et rejoindre l’Europe », continue-t-il.

    Pourtant, la route Atlantique est extrêmement dangereuse. Selon l’ONG espagnole Caminando Fronteras, plus de 10 400 personnes ont perdu la vie en 2024, dont plus d’un millier au départ du Maroc.

    « Quand les gens arrivent à pouvoir traverser, ils envoient des photos, en s’exclamant ’#bozafri, bozafri !’, ce qui signifie qu’ils sont arrivés de l’autre côté. Mais ce n’est pas toujours le cas. Les photos des morts, de ceux refoulés par la mer, sont vraiment choquantes. On peut y voir, 50, 60 personnes décédées », se désole notre témoin.

    Si environ 6 000 migrants ont pu trouver du travail et s’installer durablement plus au sud à #Dakhla, les autorités marocaines mènent régulièrement des opérations de refoulement à Laâyoune dans le but d’endiguer les départs, en collaboration avec les autorités espagnoles.

    https://www.infomigrants.net/fr/post/64877/laayoune-au-sahara-occidental-point-de-depart-pour-rejoindre-les-canar
    #route_atlantique #migrations #réfugiés #prix #décès #morts_aux_frontières #mourir_aux_frontières #contrôles_frontaliers
    ping @6donie

  • #Maggio è stato un mese cruciale per il #Cpr di Macomer, in Sardegna

    Nell’ex carcere ora Centro di permanenza per il rimpatrio nella provincia di Nuoro sono esplose le proteste dei “trattenuti” contro durata e condizioni della detenzione amministrativa. Anche attraverso gesti estremi e di autolesionismo. Una situazione comune in tutte queste strutture e che mostra ancora una volta la disumanità inefficace del “modello” dei rimpatri. Ma il governo non cambia rotta e prosegue i trasferimenti verso le “colonie penali” d’Albania

    https://altreconomia.it/maggio-e-stato-un-mese-cruciale-per-il-cpr-di-macomer-in-sardegna
    #rétention #détention_administrative #Italie #Sardaigne #sans-papiers #migrations #réfugiés #déshumanisation

  • La #Grèce veut passer un accord avec la #Libye face à l’ampleur des arrivées en #Crète

    Le gouvernement grec souhaite négocier un accord avec Tripoli pour limiter l’augmentation des départs de migrants depuis Tobrouk, à l’est de la Libye, vers la Crète. Athènes veut conclure un partenariat similaire à celui signé entre l’Italie et la Libye en 2017, afin de stopper les embarcations de migrants en route vers la Grèce.

    La Grèce cherche la parade. Face à l’augmentation des arrivées irrégulières en provenance de Libye, Athènes souhaite conclure un accord migratoire avec Tripoli.

    Fin mai, le ministre des Migrations grec, #Makis_Voridis, a fait état d’une nette augmentation des arrivées irrégulières depuis la Libye vers la Grèce au cours des premiers mois de 2025. « Grâce à une protection efficace des frontières et à une meilleure coopération avec la Turquie, les flux d’immigration ont diminué d’environ 30 % au cours des quatre premiers mois, bien que l’afflux en provenance de Libye ait augmenté de 174 % », a-t-il déclaré le 22 mai.

    Il a par ailleurs annoncé une visite officielle en Libye dans les prochaines semaines, avec le ministre des Affaires étrangères, pour négocier un accord bilatéral sur le même modèle que celui entre l’Italie et la Libye signé en 2017. La visite de Makis Voridis vise à « renforcer la coopération bilatérale » entre les deux pays, selon un communiqué publié par les autorités libyennes.

    Depuis février 2017 et la signature d’un accord controversé avec l’Italie, les gardes-côtes libyens sont chargés de stopper les embarcations de migrants en Méditerranée, en échange d’une aide financière italienne. Ces interceptions ont été maintes fois dénoncées par les ONG, rapportant des faits de violences sur les exilés, et des intimidations envers les humanitaires opérant des sauvetages en mer.

    Mais là où Rome avait négocié avec le gouvernement de Tripoli, Athènes devra s’adresser aux autorités de Tobrouk, les deux gouvernements se disputant le pouvoir en Libye depuis 2022.
    La route Tobrouk-Crète prend de l’ampleur

    La Grèce s’inquiète notamment de l’ampleur prise ces derniers mois par la route migratoire allant de Tobrouk, à l’est de la Libye, à la Crète (300 kilomètres). Depuis un an, la petite île de Gavdos, située au large de l’île grecque et ne comptant que quelque 200 habitants, est devenue une zone d’arrivées pour les migrants partis des rives de l’est libyen. Les plages de Tripiti et Karave voient débarquer ces derniers mois un afflux d’exilés sans précédent, principalement des Égyptiens, mais aussi des Pakistanais, Bangladais, Soudanais et Yéménites.

    Au total, 5 161 ont débarqué à Gavdos et en Crète l’an dernier, soit six fois plus qu’en 2023, où l’on comptait 815 arrivées. Cette augmentation pose le problème de l’accueil des demandeurs d’asile sur ces îles dénuées de structures. Selon le média grec Ekathiremini, lors d’une récente visite en Crète, le ministre Makis Voridis a appelé à la création d’un centre d’accueil temporaire à Héraklion ou à Lasithi.

    Le 26 mai, plus de 500 migrants ont été secourus au large des deux îles. Le 28 février, près de 350 migrants ont ainsi débarqué à Gavdos, un record sur une journée. Mais cette nouvelle route, bien que moins surveillée par les autorités libyennes, est très dangereuse. Les migrants doivent parcourir 300 km en haute mer, souvent entassées dans des bateaux de pêche en mauvais état ou de petites embarcations. Le 14 décembre, au moins huit personnes ont ainsi péri dans le naufrage de leur embarcation au large de la Crète et une quarantaine d’autres sont portées disparues.

    La Grèce reste surtout marquée par le drame de Pylos en juin 2023, lors duquel un chalutier chargé de 400 à 750 migrants avait sombré au large du Péloponnèse, en Grèce, tuant plus de 600 migrants. Le bateau était là encore parti de #Tobrouk, en direction de l’Italie.

    https://www.infomigrants.net/fr/post/64955/la-grece-veut-passer-un-accord-avec-la-libye-face-a-lampleur-des-arriv
    #migrations #accord #externalisation #asile #réfugiés

  • En #Tunisie, les autorités accélèrent le démantèlement des #camps de migrants près de #Sfax

    En Tunisie, les opérations de #démantèlement de #campements de migrants dans les oliveraies de Sfax, dans le centre-est du pays, s’accélèrent depuis le mois d’avril. Ils seraient entre 20 000 et 30 000 migrants originaires d’Afrique subsaharienne à vivre dans ces campements de fortune, selon les chiffres de la garde nationale. Mais cette stratégie est-elle vraiment efficace et à quel prix humain se fait-elle ? Reportage de nos correspondants Lilia Blaise et Hamdi Tlili.

    https://www.infomigrants.net/fr/post/64878/en-tunisie-les-autorites-accelerent-le-demantelement-des-camps-de-migr
    #encampement #destruction #migrations #réfugiés #migrants_sub-sahariens

  • #Allemagne : la politique migratoire de refoulement est contre-productive, selon un rapport

    Un nouveau #rapport sur les migrations dans le monde (https://www.bicc.de/Publications/Book/Report-Globale-Flucht-2025/pu/14876) appelle le nouveau gouvernement allemand à reconsidérer ses politiques d’immigration restrictives, notamment les #contrôles_aux_frontières. « Lorsque un migrant est refoulé », il ne rebrousse pas chemin, « il réessaie encore et encore, jusqu’à ce qu’il arrive dans le pays », estime Franck Düvell, chercheur en migration à l’université d’Osnabrück.

    « Les politiques allemandes à l’égard des réfugiés ne sont pas adaptées aux défis mondiaux actuels », estime Benjamin Etzold, qui a récemment présenté le « Rapport mondial sur les déplacements forcés », coécrit avec le Centre international d’études sur les conflits de Bonn (BICC).

    Alors que les thèmes de l’immigration et de l’insécurité ont dominé la dernière campagne électorale pour les législatives de février en Allemagne, Benjamin Etzold dénonce un débat « passionné » focalisé sur la manière dont l’immigration affecterait le pays.

    Il note que trop souvent, les faits et les études sont ignorées, tout comme la dimensions globale de la migration et des déplacements forcés.
    Les contrôles aux frontières ont-ils un effet dissuasif ?

    L’expert en migration critique ainsi vivement les premières mesures annoncées par le nouveau gouvernement du chancelier Friedrich Merz. Celui-ci a renforcé les contrôles aux frontières et décidé de refouler certains demandeurs d’asile début mai. L’efficacité de ces mesures est largement surestimée, assure Benjamin Etzold.

    Franck Düvell, chercheur en migration à l’université d’Osnabrück, partage cet avis. « Lorsque quelqu’un est refoulé, il réessaie encore et encore, jusqu’à ce qu’il arrive dans le pays ».

    Et cela vaut autant pour les frontières intérieures qu’extérieures de l’Union européenne (UE). « Chaque fois qu’une route est fermée, il en existe une autre pas loin. Elle peut être plus dangereuse, mais elle sera plus fréquemment utilisée », observe Franck Düvell. C’est précisément ce phénomène qui permet aux trafiquants d’êtres humains de se présenter comme l’unique solution aux yeux des personnes migrantes.

    Les réseaux de #passeurs en profitent

    Les passeurs se spécialisent ainsi dans les nouvelles voies de migration irrégulière, souvent plus risquées.

    « Il peut s’agir de l’utilisation de faux documents, de cacher des personnes dans des camions ou de bateaux qui ne sont pas en état de naviguer », explique Franck Düvell. « C’est l’effet secondaire indésirable que nous constatons régulièrement avec de telles mesures ».

    « Il est urgent de relancer les politiques multilatérales en matière de réfugiés et de migrants, même sans la participation des États-Unis », défend Benjamin Etzold. « L’Allemagne peut et doit prendre une position de leader européen et mondial sur cette question, au lieu de poursuivre des réponses nationales fragmentées. »

    L’absence de perspectives d’avenir

    De plus en plus de personnes en quête de protection se retrouvent détenues dans des camps d’accueil pendant de longues périodes. Même si une personne y est prise en charge, le manque de perspectives d’avenir incite à reprendre la route, notamment vers l’Allemagne.

    Selon Benjamin Etzold, « en fin de compte, seules la sécurité juridique et l’amélioration des perspectives de vie à l’endroit où les personnes se trouvent peuvent réduire la pression migratoire et empêcher l’immigration irrégulière vers l’Allemagne ».

    Ainsi, la volonté de Berlin de limiter considérablement les voies d’accès légales à l’Allemagne par des restrictions sur les programmes d’accueil humanitaire ou un durcissement des conditions de regroupement familial semble contre-productive. Benjamin Etzold prévoit que cette politique risque au contraire d’encourager l’immigration irrégulière.

    Enfin, Petra Bendel, de l’université d’Erlangen-Nuremberg, qui a également participé à la rédaction du rapport, craint que l’Allemagne n’enfreigne la loi en refoulant des personnes à la frontière. Le #droit_d'asile est protégé à la fois par la constitution allemande et par le droit européen. « Si l’on fait passer la politique avant la loi, on ouvre la porte au #despotisme », prévient-elle.

    https://www.infomigrants.net/fr/post/64850/allemagne--la-politique-migratoire-de-refoulement-est-contreproductive

    #migrations #réfugiés #refoulements #renvois #expulsions #efficacité #inefficacité #contrôles_frontaliers

  • #Tegel könnte das neue Moria werden“

    Am ehemaligen Flughafen Tegel wird ein Aufnahmezentrum für Asylsuchende nach den neuen EU-Regeln eingerichtet. Pro Asyl befürchtet Einschränkungen des Asylrechts.

    Flüchtlingsorganisationen sehen den neuen Beschluss des Berliner Senats zur Notunterkunft in Tegel mit großer Sorge. Der Sprecher von Pro Asyl, Tareq Alaows, befürchtet, dass Tegel unter den EU-Regeln zum Gemeinsamen Europäischen Asylsystem (GEAS) das größte „Haftzentrum“ für Asylsuchende in Deutschland, vielleicht sogar in Europa wird. „Tegel könnte das neue Moria werden“, sagte Alaows am Mittwoch der taz.

    Auch beim Berliner Flüchtlingsrat lässt die Ankündigung von CDU und SPD, Tegel werde zum zentralen Ankunftszentrum nach den GEAS-Regeln, die Alarmglocken klingeln. „Unter dem Deckmantel eines einheitlichen Verfahrens droht eine massive Einschränkung des individuellen Asylrechts – inklusive Schnellverfahren, eingeschränkter Rechtsmittel und haftähnlicher Unterbringung“, sagte Mitarbeiterin Djairan Jekta der taz.

    Der Senat hatte am Dienstag auf Vorlage der zuständigen Senatorin für Integration, Cansel Kiziltepe (SPD), eine Verlängerung der Unterbringung von Geflüchteten in Tegel bis 2031 beschlossen. Bisher lief die Genehmigung nur bis Ende 2025. Zugleich sollen die Kapazitäten von derzeit 7.000 auf 2.600 Plätze verkleinert, die Großzelte abgebaut und durch Container ersetzt werden.

    Die Betriebserlaubnis wird verlängert, weil Tegel übergangsweise zum zentralen Ankunftszentrum für Asylsuchende nach den GEAS-Regeln werden soll. Das derzeitige zentrale Ankunftszentrum auf dem Gelände der ehemaligen Karl-Bonhoeffer-Nervenklinik in Berlin-Reinickendorf entspreche nicht den EU-Standards, so der Senat – es soll saniert werden.

    Zu GEAS gehört die zentrale Unterbringung von neu ankommenden Asylsuchenden und das so genannte Screening, bei dem es um Identität, Gesundheitszustand und Bleibeperspektive der Geflüchteten geht.
    Screening nach Bleibeperspektive

    Was genau die neuen GEAS-Regeln für den Asylprozess in Berlin wie auch in den anderen Bundesländern bedeuten, ist noch nicht klar, weil die Richtlinien noch nicht in nationales Recht überführt wurden. Dies muss bis Jahresende geschehen, das neue EU-System gilt ab Januar 2026.

    Nach taz-Informationen stellt sich der Senat unter anderem auf die Vorgabe ein, dass Menschen ohne „gute“ Bleibeperspektive nach dem Screening, das etwa eine Woche dauern soll, nicht in eine Gemeinschaftunterkunft in der Stadt verteilt werden, sondern in Tegel bleiben müssen. Gleiches könnte für sogenannte Dublin-Fälle gelten, für die andere EU-Länder zuständig sind. Damit würde Tegel nicht nur Aufnahmezentrum sondern auch eine Art Gewahrsam bis zur Abschiebung.

    Auch an den EU-Außengrenzen sollen laut GEAS Aufnahmelager entstehen, in denen Flüchtlinge interniert werden – und solche mit „schlechter“ Bleibeperspektive sollen in der Regel gar nicht erst einreisen dürfen. Laut Alaows soll das Screening normalerweise in den Lagern an den EU-Außengrenzen geschehen. „Dass nun auch für Tegel von einem Screening die Rede ist, weist darauf hin, dass hier ähnliches geplant ist wie an den Außengrenzen.“

    Auch die Gesamtzahl der geplanten Plätze in Tegel weise in die Richtung einer riesigen Haftanstalt, so der Experte von Pro Asyl. Tatsächlich sind laut Senatsbeschluss von den geplanten 2.600 Plätzen im neuen Ankunftszentrum nur 600 für das Screening vorgesehen – wofür die übrigen gedacht sind, wird nicht erwähnt.
    „Isolation, Gewalt, Krankheiten“

    Dem Flüchtlingsrat gibt die große Kapazität von Tegel ebenfalls zu denken: „Große Sammelunterkünfte schaffen Abhängigkeit, Isolation, Gewalt, Krankheiten und erschweren gesellschaftliche Teilhabe, insbesondere wenn sie mit restriktiven Verfahren verknüpft sind“, so Jekta.

    Vor zwei Wochen hatte die beim Regierenden Bürgermeister Kai Wegner (CDU) angesiedelte Task Force Unterbringung noch weitere Vorschläge gemacht. Dazu gehörte unter anderem der weitere Ausbau der Unterbringung am ehemaligen Flughafen Tempelhof sowie die Festlegung, bis zu 8.700 weitere Plätze in dezentralen Unterkünften schaffen zu wollen. Zu all dem beschloss der Senat am Dienstag nichts – offenbar gibt es dazu keine Einigkeit in der Koalition aus CDU und SPD.

    Die Notunterkunft in Tegel war kurz nach Beginn des Ukraine-Kriegs Anfang 2022 entstanden. Ursprünglich war sie nur als Verteilzentrum geplant, von dem aus Kriegsflüchtlinge binnen weniger Tage in andere deutsche Kommunen oder in Gemeinschaftsunterkünfte in Berlin gebracht werden sollten. Mit der Zeit wurde Tegel jedoch zu Deutschlands größter Notunterkunft, in der skandalöse Zustände herrschen.

    Menschen müssen teils weit länger als ein Jahr in Großzelten leben, in denen jeweils bis zu 320 Menschen auf engstem Raum untergebracht sind. Das Lager ist mit etwa 250 Euro Kosten pro Platz und Tag vermutlich auch die teuerste Flüchtlingsunterbringung Deutschlands.

    In den vergangenen Monaten wurde Tegel immer leerer, Mitte Mai lebten dort laut Landesflüchtlingsamt knapp 3.000 Menschen. Ohnehin kommen in Berlin immer weniger neue Flüchtlinge an. Bis Ende April nahm Berlin 2.278 Geflüchtete auf – 30 Prozent weniger als im Vorjahreszeitraum.

    Der Senatsbeschluss von Dienstag schafft außerdem die Voraussetzungen für die Umsetzung des Projekts „Urban Tech Republic“ sowie des Wohnungsbauprojekts „Schumacher-Quartier“. Auch die Berliner Feuerwehr- und Rettungsakademie will auf dem früheren Flughafengelände bauen.

    https://taz.de/Fluechtlingsunterbringung-in-Berlin/!6090824
    #Berlin #Allemagne #accueil #réfugiés #demandeurs_d'asile #centre_d'accueil #aéroport