• 80 Luoghi per 80 anni di Libertà: mappa dei luoghi della Resistenza e della Liberazione a Milano

    Questa mappa dei luoghi della Resistenza e della Liberazione a Milano nasce con l’obiettivo di restituire una visione complessiva della lotta antifascista e delle violenze perpetrate dall’occupazione nazifascista e dalla guerra totale fra il luglio 1943 e l’aprile 1945.
    In occasione dell’80° anniversario della Liberazione, sono stati simbolicamente individuati 80 luoghi, suddivisi in sette categorie:
    – REPUBBLICA SOCIALE ITALIANA
    – TEDESCHI
    – BOMBARDAMENTI
    – PERSECUZIONE E DEPORTAZIONI
    – RAPPRESAGLIE
    – RESISTENZA E PARTIGIANI
    – INSURREZIONE
    Nella selezione si sono privilegiati luoghi che restituissero la dimensione collettiva degli eventi e il loro impatto sulla città.
    La mappa, nelle versioni pdf e interattiva, si propone quindi come uno strumento orientativo accessibile, capace di connettere il passato al presente e di rendere evidente come la città porti ancora oggi innumerevoli segni degli eventi che hanno condotto alla Liberazione dal nazifascismo e alla nascita di un’Italia libera e democratica.

    https://libri.unimi.it/index.php/milanoup/catalog/book/241
    https://www.comune.milano.it/web/milano-memoria/80-luoghi-80-anni-liberta

    #Milan #Libération #Italie #WWII #seconde_guerre_mondiale #Résistance #anti-fascisme #histoire #cartographie #visualisation #carte

  • Da “sudditi coloniali” a partigiani d’Oltremare. Un’esperienza antirazzista della Resistenza

    Giunti in Italia per essere esposti nello “zoo umano” della #Mostra_triennale_delle_Terre_d’Oltremare nel 1940, ne uscirono dopo la guerra come partigiani liberatori. Lo storico Matteo Petracci ha il merito di aver riportato alla luce la vicenda di una dozzina di uomini e donne provenienti dal Corno d’Africa, membri della “#banda_Mario”. Dopo la Liberazione dovettero affrontare però l’“offensiva giudiziaria antipartigiana nell’Italia repubblicana”. L’abbiamo intervistato

    Arrivati in Italia come sudditi coloniali da esporre nello “zoo umano” della Mostra triennale delle Terre d’Oltremare nel 1940, ne uscirono anni dopo, terminata la Seconda guerra mondiale, come partigiani. Erano una dozzina di uomini e donne provenienti dal Corno d’Africa: lo storico Matteo Petracci ha riportato alla luce la loro vicenda unica con il libro “Partigiani d’oltremare. Dal Corno d’Africa alla Resistenza italiana” (Pacini Editore, 2019).

    Le loro storie, insieme a quella dell’italo-etiope Giorgio Marincola e non solo, testimoniano la presenza nelle forze della Resistenza italiana di partigiani provenienti dal continente africano.

    Uno di loro era l’etiope Abbabulgù “Carlo” Abbamagal, che compare in due posizioni diverse nelle foto scattate ai partigiani della banda “Mario”, attiva nelle Marche nei mesi dell’occupazione nazista tra 1943 e 1944. Da queste immagini, conservate presso l’archivio fotografico Anpi di San Severino Marche (MC), prende avvio il nostro incontro con lo storico Matteo Petracci alla scoperta di un’esperienza intrinsecamente antirazzista e meticcia durante la Resistenza italiana.

    Come mai hanno voluto scattare e tramandare, con tutti i rischi che l’eventuale scoperta di quelle foto da parte dei nazifascisti avrebbe potuto comportare, due fotografie praticamente identiche? Che cosa ci rivelano quelle immagini?
    MP Sono state scattate in sequenza: la prima immortala il momento in cui, proprio mentre il gruppo partigiano è in posa su due file, passa il loro compagno etiope che, infatti, compare di striscio e seminascosto sullo sfondo. Decidono allora di farne una seconda, in cui il ragazzo africano si staglia al centro dell’immagine, in mezzo ai suoi compagni di lotta. Queste due foto sono la rappresentazione plastica delle motivazioni ideali che avevano portato queste persone ad armarsi e a lottare contro il progetto nazifascista: richiamando il compagno etiope e facendolo posare al centro della foto hanno voluto enfatizzare una visione del mondo antitetica a quella fascista, sottolineando il valore della solidarietà internazionale e il carattere autenticamente antirazzista della banda “Mario”.

    “A very mixed bunch”, la definì infatti un ex prigioniero inglese. Come mai? Che brigata partigiana era quella che accolse nei suoi ranghi le donne e gli uomini portati in Italia nel 1940 e fuggiti nel 1943 da Villa Spada nel Comune di Treia (MC) in cui erano confinati dopo il trasferimento da Napoli?
    MP La peculiarità di questa formazione partigiana, ovvero la sua composizione marcatamente internazionale, è stata resa possibile da una serie di fattori. In particolare, è stata fondamentale la presenza nei dintorni di diversi campi di prigionia e internamento realizzati dal fascismo nelle zone interne delle Marche e, più in generale, dell’Appennino. La notizia della firma dell’Armistizio l’8 settembre e il conseguente dissolvimento dei centri di comando spinse molti alla fuga, diretti verso le montagne. Qui trovarono dei validissimi alleati all’interno della popolazione contadina della zona: li nascosero, diedero loro da mangiare e fornirono loro le indicazioni necessarie a poter raggiungere i luoghi dove, nel frattempo, si stavano formando i primi gruppi partigiani intorno a figure carismatiche e con un’esperienza politica e militare tale da coagulare intorno a sé i fuggitivi. Mario Depangher era uno di questi: nato a Capodistria nel 1896, conosceva cinque lingue ed era fuggito anche lui dalle prigioni fasciste. Diventò nel giro di poco “la persona giusta nel posto giusto”, aggregando attorno a sé donne e uomini scappati dai campi di prigionia: militari sbandati, antifascisti della zona, preti e anche l’imprenditore Enrico Mattei. Alla banda “Mario” si unirono, dopo la fuga dalla struttura nel Comune di Treia, anche quattro etiopi, portati in Italia nel 1940 per la Mostra triennale delle Terre d’Oltremare e impossibilitati a tornare a casa con l’entrata dell’Italia in guerra. Per loro quattro, a cui si unirono, dopo l’attacco partigiano in cerca di armi a Villa Spada del 28 ottobre 1943, anche altri somali, eritrei ed etiopi, tra cui due donne, la partecipazione alla Resistenza fu una scelta del tutto volontaria e una forma di riscatto personale, ancora prima che politico.

    Nella banda “Mario” c’erano partigiani di tante nazionalità. Come gestivano una questione banale ma centrale nella vita di una qualunque organizzazione come le diversità linguistiche?
    MP Dalle testimonianze raccolte sia da alcuni partigiani sia nei documenti, pare che che ogni singolo gruppo nazionale utilizzasse la propria lingua al proprio interno, mentre l’italiano era una lingua franca, utilizzata e conosciuta da tutti. Molti combattenti della banda “Mario”, infatti, erano stati portati in Italia forzatamente e sapevano benissimo quanto fosse importante la conoscenza della lingua locale, soprattutto in caso di fuga. È curioso notare, però, come ogni tanto le persone che ho intervistato utilizzassero anche parole straniere per descrivere quanto successo in quei mesi nella banda “Mario”: ho immaginato che alcune espressioni, a prescindere dall’origine, fossero diventate di uso comune all’interno di questa formazione partigiana. È come se, in quei mesi, fosse nata una sorta di lingua universale composta da parole provenienti da lingue diverse: era una sorta di esperanto partigiano.

    La storia dei partigiani provenienti dal Corno d’Africa della banda “Mario” non si conclude, però, con la Liberazione. Quali altre sfide dovettero affrontare? Uno di loro si trovò anche sotto processo per omicidio. Ci può raccontare?
    MP Nel luglio del 1944 la zona dove operava il battaglione Mario venne liberata e in molti si trovarono di fronte al dilemma su cosa fare. Alcuni si arruolarono con il Corpo Volontario per la Libertà e continuarono a combattere fino alla Liberazione di Bologna. Con la fine delle ostilità, uno degli ex combattenti etiopi, però, si trovò addirittura a affrontare un processo per episodi successi durante l’esperienza partigiana. Erano gli anni della cosiddetta “offensiva giudiziaria antipartigiana nell’Italia repubblicana” e a farne le spese fu anche l’etiope Abbagirù Abbanagi, partigiano della banda “Mario”, arrestato con l’accusa di aver ucciso un milite fascista per rapina. Dal carcere, con l’aiuto di un amico italiano, cominciò a scrivere delle lettere alla neonata Anpi a Roma che, contattata la sezione locale, lo fece assistere dall’ avvocato antifascista Virginio Borioni, passato sia dalle galere fasciste sia dall’esperienza del confino. Alla fine, grazie al supporto dell’Anpi locale e dell’avvocato, il partigiano etiope venne prosciolto dall’accusa, uscì dal carcere e tornò nel suo Paese. Nel Corno d’Africa era tornato anche un altro dei combattenti africani della banda “Mario”, il somalo Aaden Shire Jamac. A Mogadiscio si iscrisse alla Lega dei Giovani Somali e prese parte al processo di decolonizzazione dell’ex colonia italiana: sarebbe diventato pochi anni dopo ministro nei governi dopo l’indipendenza del Paese.

    https://altreconomia.it/da-sudditi-coloniali-a-partigiani-doltremare-unesperienza-antirazzista-
    #Italie #colonialisme #Italie_coloniale #partisans #Résistance #WWII #seconde_guerre_mondiale #histoire_coloniale #zoo_humain #Carlo_Abbamagal #Abbabulgù_Abbamagal #photographie #Villa_Spada #Treia #montagne #Mario_Depangher #Enrico_Mattei #langue #Corpo_Volontario_per_la_Libertà #Abbagirù_Abbanagi #Aaden_Shire_Jamac #Lega_dei_Giovani_Somali

    • Partigiani d’oltremare. Dal Corno d’Africa alla Resistenza italiana

      Napoli, 1940. L’ingresso dell’Italia nel secondo conflitto mondiale sorprende un gruppo di somali, eritrei ed etiopi chiamati ad esibirsi come figuranti alla Mostra delle Terre d’Oltremare, la più grande esposizione coloniale mai organizzata nel Paese. Bloccati e costretti a subire le restrizioni provocate dalle leggi razziali, i “sudditi coloniali” vengono successivamente spostati nelle Marche dove, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 e lo sfaldamento dello Stato, alcuni decidono di raggiungere i gruppi di antifascisti, militari sbandati, prigionieri di guerra e internati civili che si stanno organizzando nell’area del Monte San Vicino.

      Attraverso testimonianze, documenti e fotografie, l’autore ricostruisce il percorso di questi Partigiani d’Oltremare, raccontandone il vissuto, le possibili motivazioni alla base della loro scelta di unirsi alla Resistenza e la loro esperienza nella “Banda Mario”, un gruppo partigiano composto da donne e uomini di almeno otto nazionalità diverse e tre religioni: un crogiuolo mistilingue che trova nella lotta al fascismo e al nazismo una solida ragione unificante.

      https://www.youtube.com/watch?v=mdjLAqMB-p4


      https://www.pacinieditore.it/prodotto/partigiani-oltremare

      signalé ici aussi:
      https://seenthis.net/messages/1018245

      #livre

  • La tyrannie de la #commodité (par #Tim_Wu)

    Traduction d’un texte essentiel sur la notion de commodité, de #confort, publié en 2018 par le juriste américain Tim Wu dans le New York Times[1]. Les organisations (institutions étatiques, think tanks, ONG, associations, etc.) et influenceurs de la mouvance éco-capitaliste ne remettent aucunement en question le confort moderne. Le pouvoir ne remettra évidemment jamais en cause ce qui lui permet de tenir le peuple en laisse. Ce texte est à mettre en relation avec une excellente réflexion critique sur le confort publiée récemment par l’anthropologue Stefano Boni.

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    La commodité est la force la plus sous-estimée et la moins comprise dans le monde d’aujourd’hui. En tant que moteur des décisions humaines, elle n’offre pas le frisson coupable des désirs sexuels inconscients de Freud ou l’élégance mathématique des incitations de l’économiste. La commodité est ennuyeuse. Mais l’ennui se différencie de la banalité.

    Dans les pays développés du XXIe siècle, la commodité – c’est-à-dire des moyens plus efficients et plus pratiques pour accomplir des tâches quotidiennes – semble être la force la plus puissante qui façonne nos vies et nos économies. C’est particulièrement vrai en Amérique, où, malgré tous les hymnes à la liberté et à l’individualité, on se demande parfois si la commodité n’est pas en fait la valeur suprême.

    Comme l’a récemment déclaré Evan Williams, co-fondateur de Twitter, « la commodité décide de tout ». La commodité semble prendre les décisions à notre place, l’emportant sur ce que nous aimons imaginer être nos véritables préférences. (Je préfère faire mon café, mais le Starbucks instantané est si pratique que je ne fais presque jamais ce que je « préfère »). Faciliter les choses ne suffit pas, il faut trouver la manière la plus facile de faire, la meilleure.

    La commodité a la capacité de rendre d’autres options impensables. Une fois que vous avez utilisé une machine à laver, le lavage du linge à la main semble irrationnel, même s’il est probablement moins onéreux. Une fois que vous avez fait l’expérience de la télévision à la demande, attendre de voir une émission à une heure déterminée à l’avance semble idiot, voire un peu indigne. Résister à la commodité – ne pas posséder de téléphone portable, ne pas utiliser Google – en vient à exiger un dévouement particulier souvent pris pour de l’excentricité, voire du fanatisme.

    Malgré toute son influence dans sa manière de façonner les décisions individuelles, la part la plus importante du pouvoir de la commodité pourrait découler de décisions prises à un échelon global, à un niveau où il contribue de manière critique à structurer l’économie moderne. La bataille pour la commodité, particulièrement dans les secteurs liés à la #technologie, c’est la bataille pour s’assurer la #domination dans l’#industrie.

    Les Américains disent qu’ils accordent une grande importance à la #concurrence, à la multiplication des #choix, à l’individu. Pourtant, notre goût pour la commodité engendre plus de commodité, grâce à la combinaison des #économies_d’échelle et du pouvoir de l’#habitude. Plus il est facile d’utiliser Amazon, plus Amazon devient puissant – ce qui rend encore plus facile d’utiliser Amazon. La commodité et le #monopole semblent être des alliés naturels.

    Compte tenu de la croissance de la commodité – en tant qu’#idéal, #valeur, #mode_de_vie – il est utile de se demander ce que notre obsession pour celle-ci fait pour nous et pour notre pays. Je ne veux pas suggérer que la commodité est une force malfaisante. Rendre les choses plus faciles n’est pas un mal en soi. Au contraire, elle ouvre souvent des possibilités qui semblaient autrefois trop onéreuses à envisager, et elle rend généralement la vie moins pénible, en particulier pour les personnes les plus vulnérables aux corvées quotidiennes.

    Mais nous nous trompons en présumant que la commodité est toujours une bonne chose, car elle entretient une relation complexe avec d’autres idéaux qui nous sont chers. Bien qu’elle soit comprise et promue comme un instrument de libération, la commodité dévoile une face plus sombre. Avec sa promesse d’#efficacité en douceur et sans effort, elle menace d’effacer le genre de luttes et de défis qui donnent un sens à la vie. Créée pour nous libérer, elle peut devenir une #contrainte influençant ce que nous sommes prêts à faire. Et donc de manière subtile, elle peut nous asservir.

    Il serait pervers d’ériger l’inconfort en idéal, mais lorsque nous laissons la commodité décider de tout, nous capitulons trop souvent.

    La commodité telle que nous la connaissons aujourd’hui est un produit de la fin du XIXe siècle et du début du XXe siècle, lorsque des dispositifs permettant d’économiser le travail à la maison ont été inventés et commercialisés. Parmi les #innovations marquantes, citons l’invention des premiers « #aliments_de_confort », tels que le porc et les haricots en conserve et le Quaker Quick Oats [flocons d’avoine en boîte, NdT], les premières machines à laver électriques, les produits de nettoyage comme la poudre à récurer Old Dutch, et d’autres merveilles comme l’aspirateur électrique, le mélange pour gâteau instantané et le four à micro-ondes.

    La commodité apparaissait comme la version domestique d’une autre idée de la fin du XIXe siècle – l’#efficience_industrielle et la « gestion scientifique du travail » qui l’accompagnait. Elle représentait l’adaptation de la philosophie de l’usine à la vie domestique.

    Aussi banal que cela puisse paraître aujourd’hui, la commodité, grande libératrice de l’humanité enfin délivrée du #travail, était un #idéal_utopique. En faisant gagner du #temps et en éliminant la #corvée, elle créerait la possibilité de s’adonner à des #loisirs. Et avec les loisirs viendrait la possibilité de consacrer du temps à l’apprentissage, aux passe-temps ou à tout ce qui pouvait vraiment compter. La commodité mettrait à la disposition du grand public le type de liberté et d’élévation culturelle autrefois réservé à l’aristocratie. Dans cette perspective, la commodité apparaissait également comme une grande niveleuse des inégalités.

    Cette idée – la commodité perçue comme une #émancipation – peut être enivrante. Ses représentations les plus captivantes se trouvent dans la science-fiction et les univers futuristes imaginés au milieu du XXe siècle. Des magazines sérieux comme Popular Mechanics et des divertissements loufoques comme The Jetsons nous ont enseigné que la vie dans le futur atteindrait l’idéal du confort parfait. La nourriture serait préparée en appuyant sur un bouton. Les trottoirs en mouvement nous épargneraient l’ennui de la marche. Les vêtements se nettoieraient d’eux-mêmes ou s’autodétruiraient après une journée à les porter. La fin de la lutte pour l’existence pourrait enfin être envisagée.

    Le rêve de la commodité se fonde sur une représentation cauchemardesque de l’#effort_physique. Mais le travail éprouvant est-il toujours un cauchemar ? Voulons-nous vraiment être émancipés de tout cela ? Peut-être que notre humanité s’exprime parfois par des actions incommodes et des quêtes de longue durée. C’est peut-être la raison pour laquelle, à chaque avancée du confort, des résistants se manifestent. Ils résistent par entêtement, oui (et parce qu’ils ont le luxe de le faire), mais aussi parce qu’ils voient une menace pour leur identité, pour leur capacité à contrôler les choses qui comptent pour eux.

    À la fin des années 1960, la première révolution de la commodité commença à s’étouffer. La perspective d’une vie où l’inconfort aurait disparu semblait avoir perdu la première place parmi les grandes aspirations de la société. Commodité signifiait #conformité. La #contre-culture incarnait le besoin des gens de s’exprimer, de réaliser leur potentiel individuel, de vivre en harmonie avec la nature plutôt que de chercher constamment à surmonter ses nuisances. Jouer de la guitare n’était pas facile. Il n’était pas non plus aisé de cultiver ses propres légumes ou de réparer sa propre moto, mais de telles choses étaient néanmoins considérées comme ayant de la valeur – ou plutôt considérées comme un accomplissement. Les gens recherchaient à nouveau à se réaliser en tant qu’individus.

    Dès lors, il était peut-être inévitable que la deuxième vague de technologies de confort – la période que nous vivons – cherche à récupérer cet idéal. Elle rendrait l’#individualité plus pratique.

    Vous pouvez faire remonter le début de cette période à la sortie du Walkman de Sony en 1979. Avec le #Walkman, nous pouvons observer un changement subtil mais fondamental dans l’idéologie de la commodité. Si la première révolution de la commodité promettait de vous faciliter la vie et le travail, la seconde promettait de vous faciliter d’être vous-même. Les nouvelles technologies étaient des catalyseurs de l’#individualité. Elles ont permis l’application de l’efficience industrielle à l’expression individuelle.

    Prenons l’homme du début des années 1980 qui se promenait dans la rue avec son walkman et ses écouteurs. Il est enfermé dans un environnement acoustique de son choix. Il profite, en public, du genre d’expression qu’il ne pouvait autrefois connaître que dans son salon privé. Une nouvelle technologie lui permet de montrer plus facilement qui il est, ne serait-ce qu’à lui-même. Il se pavane dans le monde entier telle une vedette jouant dans son propre film.

    Cette vision est si séduisante qu’elle en est venue à dominer notre existence. La plupart des technologies puissantes et dominantes créées au cours des dernières décennies mettent la commodité au service de la #personnalisation et de l’#individualité. Pensez au magnétoscope, à la playlist, à la page Facebook, au compte Instagram. Ce genre de commodité ne consiste plus à économiser du travail physique – beaucoup d’entre nous n’avons plus à transpirer pour gagner notre vie. Il s’agit de minimiser les ressources mentales nécessaires pour choisir parmi les options disponibles afin d’exprimer son individualité ; la commodité en un clic, un guichet unique, l’expérience sans accroc du « plug and play ». L’idéal poursuivi ? La #préférence_individuelle, le tout sans effort.

    Bien sûr, nous sommes prêts à payer un prix plus élevé pour la commodité, mais nous réalisons moins souvent que nous acceptons de remplacer un service gratuit par un service payant plus commode. Par exemple, à la fin des années 1990, les technologies de distribution de la musique comme Napster ont permis de mettre de la musique en ligne gratuitement, et beaucoup de gens ont profité de cette nouvelle option. Mais s’il reste facile d’obtenir de la musique gratuitement, pratiquement plus personne n’en télécharge illégalement aujourd’hui. Pourquoi ? Parce que le lancement de l’iTunes store en 2003 a rendu l’achat de musique encore plus pratique que le téléchargement illégal. La commodité a battu la #gratuité.

    Alors que les tâches quotidiennes se simplifient, un désir croissant pour davantage de confort crée une incitation à rendre tous les aspects de notre vie encore plus simple. Ce qui ne devient pas plus commode se fait distancer. Nous sommes pourris gâtés par l’instantanéité et nous sommes agacés par les tâches qui restent à un niveau antérieur d’effort et de durée. Lorsque vous pouvez éviter la file d’attente et acheter des billets de concert sur votre téléphone, faire la queue pour voter lors d’une élection devient irritant. C’est particulièrement vrai pour ceux qui n’ont jamais eu à faire la queue (ce qui peut expliquer le faible taux de participation des jeunes aux élections).

    La vérité paradoxale à laquelle je veux en venir, c’est que les technologies actuelles d’individualisation forment un ensemble de technologies d’individualisation de masse. La personnalisation peut être étonnamment uniformisante. Tout le monde ou presque est sur Facebook : c’est le moyen le plus pratique pour garder le contact avec vos amis et votre famille, qui en théorie devraient représenter ce qui il y a d’unique en vous et dans votre vie. Pourtant, avec Facebook, nous nous ressemblons tous. Son format et ses conventions nous privent de toutes les expressions d’individualité, sauf les plus superficielles telle que la photo d’une plage ou d’une chaîne de montagnes que nous choisissons en image de couverture.

    Je ne nie pas que faciliter les choses peut être d’une grande utilité en nous offrant de nombreux choix (de restaurants, de services de taxi, d’encyclopédies open-source) là où nous n’en avions que peu ou pas du tout auparavant. Mais être humain ne se résume pas à avoir des choix à faire. Il s’agit également de savoir comment faire face aux situations qui nous sont imposées, comment surmonter les défis qui en valent la peine et comment mener à bien les tâches difficiles – les combats qui contribuent à faire de nous ce que nous sommes. Qu’advient-il de l’expérience humaine lorsque tant d’obstacles et d’entraves, d’exigences et de préparatifs sont supprimés ?

    Le culte moderne de la commodité ne reconnaît pas que la #difficulté est une caractéristique constitutive de l’expérience humaine. La commodité y est décrite comme une destination et non un voyage. Mais escalader une montagne, ce n’est pas pareil que de prendre le tramway pour se rendre jusqu’au sommet, même si l’on arrive au même endroit. Nous devenons des personnes qui se soucient principalement ou uniquement des résultats. Nous risquons de faire de la plupart de nos expériences de vie une série de trajets en tramway.

    La commodité doit servir un but plus élevé qu’elle-même, de peur qu’elle ne conduise qu’à plus de commodité. Dans un ouvrage paru en 1963 devenu depuis un classique (The Feminine Mystique), Betty Friedan a examiné l’apport des technologies domestiques pour les femmes. Elle en a conclu que l’#électroménager avait simplement créé plus de demandes. « Même avec tous les nouveaux appareils qui permettent d’économiser du travail », écrit-elle, « la femme au foyer américaine moderne passe probablement plus de temps à faire des #travaux_ménagers que sa grand-mère ». Lorsque les choses deviennent plus faciles, nous pouvons chercher à remplir notre temps de vie avec d’autres tâches plus « faciles ». À un moment donné, la lutte déterminante pour la vie se transforme en une tyrannie de petites corvées et de décisions insignifiantes.

    Une conséquence fâcheuse de la vie dans un monde où tout est « facile » ? La seule compétence qui compte se résume à la capacité de faire plusieurs choses à la fois. À l’extrême, nous ne faisons rien ; nous ne faisons qu’organiser ce qui sera fait, une base bien peu solide pour une vie décente.

    Nous devons consciemment accepter l’#inconfort – pas toujours, mais plus souvent. De nos jours, faire au moins quelques choix incommodes, c’est cela l’individualité. Vous n’avez pas besoin de baratter votre propre beurre ou de chasser pour vous procurer votre propre viande, mais si vous voulez être quelqu’un, vous ne pouvez pas permettre que la commodité soit la valeur qui transcende toutes les autres. La lutte n’est pas toujours un problème. Parfois, la #lutte est une solution. Elle peut devenir une solution pour découvrir qui vous êtes.

    Accepter l’inconfort peut sembler étrange, mais nous le faisons déjà sans le considérer comme telle. Comme pour masquer le problème, nous donnons d’autres noms à nos choix incommodes : nous les appelons #hobbies, loisirs, #vocations, #passions. Ce sont les activités non utilitaires qui contribuent à nous définir. Elles nous récompensent en façonnant notre personnalité car elles impliquent de se frotter à une résistance significative – avec les lois de la nature, avec les limites de notre propre corps – par exemple en sculptant du bois, en faisant fondre des matières premières, en réparant un appareil cassé, en écrivant un code, en surfant des vagues ou encore en persévérant au moment où vos jambes et vos poumons commencent à se rebeller lorsque vous courez.

    De telles activités prennent du temps, mais elles nous redonnent aussi du #temps. Elles nous exposent au risque de #frustration et d’#échec, mais elles peuvent aussi nous apprendre quelque chose sur le monde et sur la place que nous y occupons.

    Réfléchissons donc à la #tyrannie_de_la_commodité, essayons plus souvent de résister à sa puissance stupéfiante, et voyons ce qui se passe. Nous ne devons jamais oublier le plaisir pris à faire quelque chose de lent et de difficile, la #satisfaction de ne pas faire ce qui est le plus facile. Cette constellation de choix inconfortables est probablement ce qui nous sépare d’une vie totalement conforme et efficiente.

    https://greenwashingeconomy.com/tyrannie-commodite-par-tim-wu
    #facilité #résistance

  • Projection du film “Tchernobyl, le monde d’après” au cinéma Bonne Garde, #Nantes
    https://nantes.indymedia.org/events/144108/projection-du-film-tchernobyl-le-monde-dapres-au-cinema-bonne-gard

    Projection du film “Tchernobyl, le monde d’après” au cinéma Bonne Garde, Nantes. En commémoration du 39e anniversaire de la #Catastrophe nucléaire de Tchernobyl. Lundi 28.04 : projection au cinéma Bonne Garde à Nantes du film d’Yves Lenoir (en sa présence) : “Tchernobyl, le monde d’aprés”. Débat à suivre autour des…

    #Antinucléaire #Désinformation #Fukushima #radioactivité #Résistance

  • StopMicro printemps 2025 – Rapport de terrain
    https://ricochets.cc/StopMicro-printemps-2025-Rapport-de-terrain-8319.html

    Du 28 au 30 mars, le collectif Stop Micro organisait à Grenoble la mobilisation De l’eau, pas des puces ! contre l’accaparement des ressources par les industries du numérique et la « vie connectée ». Stop Micro, c’est la lutte locale la plus anti-tech de France. Là-bas, le mot « technocritique » est normalisé, la « transition verte » est moquée et les « technocrates » sont hués (car accaparement de l’eau et pollution des terres sont le prix pour créer leurs armes de guerre). Un contexte (...) #Les_Articles

    / #Ecologie, #Résistances_au_capitalisme_et_à_la_civilisation_industrielle, #Technologie

    https://stopmicro38.noblogs.org/post/2025/02/20/de-leau-pas-des-puces
    https://www.antitechresistance.org/blog/soulevements-gauche-desarme-ecologie
    https://chez.renart.info/Les-Soulevements-de-l-industrie-verte
    https://www.antitechresistance.org/blog/discipline-revolutionnaire-nestor-makhno

  • Le 1er mai, fais ce qu’il te plait. Adresse à tous, pour un 1er mai politiquement offensif
    https://ricochets.cc/Le-1er-mai-fais-ce-qu-il-te-plait-Adresse-a-tous-pour-un-1er-mai-politique

    Rejoignons-nous, parlons-nous même, organisons en amont, partout où c’est possible, des assemblées. Tenons-nous au courant, ou pas, à l’occasion. Pour un minimum de cohésion, pour les mots d’ordre qui nous conviennent, pour la banderole, pour nous prémunir de la répression et des provocations de la police (et de leurs nervis fascistes), pour virer les flics et les journalistes (et leurs nervis…) infiltrés dans nos cortèges festifs (et nos assemblées). La farine et les œufs pour les (...) #Les_Articles

    / #Résistances_au_capitalisme_et_à_la_civilisation_industrielle, Révoltes, insurrections, débordements..., Luttes (...)

    #Révoltes,_insurrections,_débordements... #Luttes_sociales
    https://reporterre.net/Simplification-a-l-Assemblee-l-Etat-s-acharne-dans-la-politique-de-la-tr

  • Les réfractaires depuis l’invasion de l’Ukraine par la Russie (20ème épisode • avril 2025)
    https://www.obsarm.info/spip.php?article690

    Depuis octobre 2022, Guy Dechesne recense longuement les actes de désertion, d’insoumission, de désobéissance et d’exil posés pour refuser de combattre, les actions de désobéissance civiles pour entraver la guerre et les appuis que les réfractaires reçoivent tant dans les pays concernés qu’à l’étranger dans le prolongement d’un dossier paru dans le numéro 164-165 de « Damoclès » Les chroniques ont été rassemblées dans un ouvrage co-édité avec les éditions Syllepse et disponible auprès de (…) #Résistances_aux_guerres

    / #Actions_contre_la_guerre, #Antimilitarisme, #Guerres, #La_une

  • SS-Himmler über Alexander Schmorell: Täter wegen „russischen Blutsanteils“
    https://www.berliner-zeitung.de/mensch-metropole/ss-himmler-ueber-alexander-schmorell-taeter-wegen-russischen-blutsa

    Friedrichstraße 176-179, 10117 Berlin, une exposition qui vaut le déplacement.

    31.3.2025 von Michael Maier - Eine Ausstellung erinnert an einen Deutsch-Russen, der wegen seiner Mitwirkung an Aktionen der Weißen Rose von den Nationalsozialisten hingerichtet wurde.

    Zum 80. Jahrestag des Endes des Zweiten Weltkriegs und der Befreiung Deutschland zeigt das Russische Haus in der Friedrichstraße in Mitte eine Ausstellung über das Leben eines besonderen Deutsch-Russen. Alexander Schmorell war Mitglied der Münchener Widerstandsgruppe „Weiße Rose“. Er schloss sich der Gruppe 1941 an, verfasste Teile der legendären Flugblätter gegen die nationalsozialistische Herrschaft. Die Verteilung im Hauptgebäude der Münchner Universität wurde den Widerständlern am 18. Februar 1943 schließlich zum Verhängnis. Der Hausmeister Jakob Schmid entdeckte die Geschwister Scholl, hielt sie fest und denunzierte sie bei der Gestapo.

    In den darauffolgenden Tagen wurden weitere Mitglieder der Gruppe verhaftet. Alexander Schmorell versuchte, mit dem bulgarischen Pass seines Freundes Nikolai Nikolaeff-Hamazaspian in die Schweiz zu fliehen. Doch Schneestürme zwangen ihn zur Rückkehr nach München. Er wurde steckbrieflich gesucht. Am 24. Februar 1943 wurde er während eines Bombenangriffs in einem Luftschutzkeller in München erkannt, festgehalten und an die Gestapo ausgeliefert. Er hatte neben seiner Mitwirkung an den Flugblättern nach der Niederlage der Wehrmacht bei Stalingrad gemeinsam mit Willi Graf nachts Parolen wie „Nieder mit Hitler!“ und „Freiheit!“ auf Münchens Hausfassaden geschrieben.

    Zwei Tage nach seiner Festnahme erklärte Schmorell im Verhör: „Was ich getan habe, habe ich nicht unbewusst getan, sondern ich habe sogar damit gerechnet, dass ich im Ermittlungsfalle mein Leben verlieren könnte. Über das alles habe ich mich einfach hinweggesetzt, weil mir meine innere Verpflichtung gegen den nationalsozialistischen Staat höher gestanden hat.“ Vor der Gestapo sagte Schmorell: „Meine Liebe zu Russland gestehe ich unumwunden ein. Meine Mutter war Russin, ich bin dort geboren – wie könnte ich diesem Land nicht verbunden sein?“

    Am 19. April 1943 wurde sein Fall vor dem Volksgerichtshof verhandelt. Zusammen mit Willi Graf und Kurt Huber wurde er zum Tode verurteilt. Sein Stiefonkel Rudolf Hoffmann und dessen Brüder richteten ein Gnadengesuch an Heinrich Himmler, doch dieser lehnte die Begnadigung schroff ab. Himmler schrieb an die Familie: „Ich gebe Ihnen sehr gern einmal Einblick in die Untersuchungsakten, damit Sie feststellen können, dass die verwerfliche Tat des Alexander Schmorell, die sicherlich zum großen Teil auf seinen russischen Blutsanteil zurückzuführen ist, auch ihre gerechte Strafe verdient. Während Tausende wertvoller deutscher Menschen ihr Leben für ihr Vaterland einsetzen, wäre es unverantwortlich, hier den Vollzug der Todesstrafe auszusetzen. Es kann in einer Familie einmal ein Unwürdiger vorkommen – aber es ist notwendig, dass dieser dann von der Volks- und Sippengemeinschaft ausgeschaltet wird. Heil Hitler! H. Himmler.“
    Von München bis Moskau – Schmorells Wurzeln und sein Erbe

    Schmorell entstammte der Familie des ostpreußischen Pelzhändlers Karl-August Schmorell. Diese war seit 1855 in der Stadt Orenburg am südlichen Ural ansässig, bekleidete dort Ämter in der Stadtverwaltung und besaß Industriebetriebe wie Brauereien sowie Fabriken für chirurgisches Material. Alexanders Vater, Hugo Schmorell, war Arzt und arbeitete an der Universitätsklinik in Moskau. Der Erste Weltkrieg löste eine Welle der Feindseligkeit gegenüber ethnische Deutschen in Russland aus, es gab Schikanen, viele wurde ins Exil geschickt. Alexander Schmorells Mutter Natalia Wwedenskaja hatte in Moskau Wirtschaftswissenschaften studierte. Sie stammte aus einer frommen Familie, ihr Vater war orthodoxer Priester. Als Alexander zwei Jahre alt war, verstarb seine Mutter an Typhus. Sein Vater heiratete ein weiteres Mal, nämlich die deutschstämmige Elisabeth Hoffmann. Ihr Vater, der Erbbrauer Georg Hoffmann, stammte aus Bayern geboren und war Mitte des 19. Jahrhunderts nach Russland ausgewandert.

    Im Chaos des Bürgerkriegs verließ die Familie Schmorell Orenburg 1921 mit dem letzten Zug für deutsche Auswanderer. Feodossija Lapschina, die Kinderfrau von Alexander, hätte als Russin nicht ausreisen dürfen. Doch die Familie schmuggelte das Kindermädchen unter der falschen Identität „Franziska Schmorell, Witwe des Bruders von Dr. Schmorell“ aus dem Land.

    In München wuchs Alexander in einem zweisprachigen Umfeld auf. Die Familie pflegte auch in Deutschland weiter die russischen Traditionen. Alexander nahm Russisch-Unterricht bei einem orthodoxen Priester. Die Familie wurde zum Zentrum für andere Intellektuelle russischer Herkunft, wie etwa die Familie Pasternak oder die Moskauer Pianistin Rosalia Kaufman.

    Nach dem Abitur wurde Schmorell zur Wehrmacht eingezogen. Im Frühjahr 1939 begann er in München ein Medizinstudium. 1940 lernte er während des Frankreichfeldzugs im Juni 1941 Hans Scholl und Willi Graf kennen. Sie wurden Freunde. Schmorell brachte in die Gruppe die Literatur, Musik und Kultur Russlands ein.

    Am 23. Juli 1942 wurden Hans Scholl, Alexander Schmorell und Willi Graf für drei Monate als Sanitäter an die Ostfront geschickt. In ihrer Rolle als „Hilfsärzte“ wurden die jungen Medizinstudenten unmittelbar mit den Schrecken des Krieges konfrontiert. Am 30. Oktober 1942 endete die Zeit in Russland. Zurück in München beschlossen die Freunde, ihren Kampf gegen Hitlers Regime fortzusetzen. Am 13. Juli 1943 wurde Alexander Schmorell im Alter von 25 Jahren im Gefängnis München-Stadelheim guillotiniert. Alexander Schmorell wurde 2012 von der orthodoxen Kirche heiliggesprochen, wegen seiner Treue zum christlichen Glauben und wegen seines Kampfes gegen den Nationalsozialismus.

    Die Ausstellung: „Die russische Seele der ,Weißen Rose‘ – die Geschichte des selbstlosen Lebens von Alexander Schmorell“ zeichnet in zahlreichen Fotos und Dokumenten das Bild einer europäischen Tragödie. Die Ausstellung läuft von 29. März bis zum 31. Oktober im Russischen Haus, Friedrichstraße 176-179, 10117 Berlin.

    #Berlin #Mitte #Friedrichstraße #histoire #événement #exposition #résistance #antifscisme

  • Grenoble - 100 personnes s’en prennent au site de puces de l’entreprise d’armement Teledyne, complice du génocide en palestine
    https://ricochets.cc/Grenoble-100-personnes-s-en-prennent-au-site-de-puces-de-l-entreprise-d-ar

    Alors qu’un gros week-end a lieu sur Grenoble contre les usines STMicroelectronics et Soitec, avec conférences et manifestation, une action de désarmement a eu lieu à St Egrève contre l’entreprise très tournée vers les armes et liée à STMicroelectronics : DÉSARMEMENT D’UNE ENTREPRISE D’ARMEMENT Nous relayons une action de désarmement de l’entreprise Teledyne, vue sur https://cric-grenoble.info/infos-locales/article/grenoble-100-personnes-s-en-prennent-au-site-de-puces-de-teledyne-co #Les_Articles

    / #Résistances_au_capitalisme_et_à_la_civilisation_industrielle

  • Appel à contribution brochure contre le genre et la #Technologie
    https://ricochets.cc/Appel-a-contribution-brochure-contre-le-genre-et-la-technologie-8296.html

    Avec la conviction que patriarcat et technologies sont des arcanes du pouvoir qui nous enserrent et contrôlent nos corps et nos esprits, que le genre est un élément majeur de la séparation et la domination des vivant.es, comment faire vivre des perspectives de lutte contre le genre dans une critique anti-industrielle contre la technologie ? On part à la recherche de propositions qui sortent des habituelles réponses technophiles au cauchemar de la binarité, des critiques de la technologie qui fétichisent un retour à l’état de Nature, et du regard essentialiste sur le vivant. Envoie tes écrits, dessins ou tout ce qui te plaira avant le 1er août 2025, à contrib-antitech-antigenre chez riseup.net. #Les_Articles

    / #Féminisme, #Résistances_au_capitalisme_et_à_la_civilisation_industrielle, (...)

  • Un #juge_fédéral suspend le #démantèlement de #Voice_of_America

    Un juge fédéral a freiné vendredi le démantèlement des médias publics américains à l’étranger initié par le président Donald Trump en suspendant les mesures visant Voice of America (VOA).

    A la mi-mars, Donald Trump a signé un #décret classant parmi les « éléments inutiles de la #bureaucratie fédérale » l’#USAGM, l’agence gouvernementale chapeautant les #médias publics américains à l’étranger.

    Des centaines de journalistes ont été mis en congé administratif depuis.

    Un juge fédéral de New York a fait droit vendredi à la demande de l’association Reporters sans frontières (RSF), des syndicats et des journalistes de VOA de geler les actions en vue du démantèlement de ce fleuron des médias publics américains à l’étranger.

    « Le combat pour sauver VOA, et en réalité, la presse libre, continue alors que l’administration Trump s’active à priver le monde d’une source d’information fiable », a réagi dans un communiqué Clayton Weimers, directeur du bureau de RSF aux États-Unis.

    « Nous exhortons l’administration Trump à débloquer immédiatement le financement de VOA et à réembaucher ses employés sans nouveau délai », a-t-il ajouté.

    Le gouvernement du milliardaire républicain a procédé ce mois-ci à des limogeages massifs à VOA, Radio Free Asia et Radio Free Europe.

    Voice of America, créée pendant la Seconde guerre mondiale, Radio Free Europe, formée pendant la Guerre froide et Radio Free Asia, créée en 1996, visaient à porter la « voix de l’Amérique » à travers le monde et notamment dans les pays autoritaires.

    Moscou et Pékin ont salué la décision de l’administration Trump de réduire au silence ces médias vus pendant des décennies comme des piliers du soft power américain.

    Radio Free Europe avait déjà obtenu cette semaine une victoire judiciaire contre son démantèlement, quand un juge de Washington a décidé de suspendre provisoirement l’arrêt de son financement.

    https://www.france24.com/fr/info-en-continu/20250328-un-juge-f%C3%A9d%C3%A9ral-suspend-le-d%C3%A9mant%C3%A8lement-de-v
    #justice #résistance #USA #Etats-Unis #Trump #trumpisme #VOA #radio

  • « #Covas_do_Barroso », un docu-western sur la face sombre de la #transition_énergétique au #Portugal

    https://www.youtube.com/watch?v=ZklsYH2S58Y

    Le réalisateur #Paulo_Carneiro sort le 26 mars un film choral qui remet en scène la résistance d’un village portugais contre un mégaprojet de #mines de #lithium porté par la multinationale britannique #Savannah.

    https://www.mediapart.fr/journal/ecologie/260325/covas-do-barroso-un-docu-western-sur-la-face-sombre-de-la-transition-energ
    #film #énergie #résistance #extractivisme #lutte

  • Se soumettre ?

    Par Adam Shatz - London Review of Books

    https://www.lrb.co.uk/blog/2025/march/submission

    Michaël Neuman nous dit :

    « Un texte écrit avec colère et tristesse, un article très percutant à la fois sur le plan intellectuel et émotionnel sur la soumission de l’université Columbia. »

    24 March 2025
     Derrière la lâcheté d’Armstrong, et celle de ses complices dans l’administration et le corps professoral de l’université, se cache l’espoir – ou le calcul – que céder à l’ultimatum de Trump permettra à Columbia de fonctionner à nouveau "normalement". Les fonds de recherche reviendront, ainsi que les dons des riches soutiens d’Israël, et le campus retrouvera son calme. Mais le résultat est une parodie de la liberté académique que l’université prétend défendre, et garantit l’érosion – la destruction – de ses valeurs. La campagne de répression s’étend déjà à d’autres cibles. Se soumettre n’est pas une manière d’endiguer le fascisme.  »

    #résistance
    #fascisme
    #États-unis
    #Trump

  • Craig Mokhiber sur X
    https://x.com/CraigMokhiber/status/1903831070870553082
    https

    Yes, they are coming for the rights of all of us. One by one, they are dismantling free speech, free assembly, due process, the prohibition of genocide, your social security, your healthcare, your education. Millions are being surveilled, threatened, attacked, smeared, fired, expelled, arrested, locked away, deported. But this is not the time for cowering in fearful silence. The best shield we have against the rising drumbeat of fascism is solidarity. This is the time to stand up and stand together. Let every church, every mosque, every synagogue, every labor union, every community organization, every student group, every lawyer, every organizer, and every decent person across the political spectrum rise up together to draw an unbreakable line around our human rights. Either this will be the definitive season of #resistance, or it will be the beginning of a long season of darkness.

  • États-Unis. Dans les universités, une campagne maccarthyste pour protéger Israël

    Après de fortes mobilisations dans les plus grandes universités américaines contre la guerre que mène Israël à Gaza, vient le temps du retour de bâton, renforcé par l’administration toute puissante de Donald Trump. Sur les campus, pour les soutiens du peuple palestinien, c’est la chasse aux sorcières, qui n’épargne pas les voix juives.

    Sylvain cypel :

    Un des exemples les plus absurdes de cette situation est la caractérisation d’« antisémite » de tout partisan de la cause palestinienne qui utilise l’expression « from the River to the sea » (« du fleuve à la mer », c’est-à-dire, du Jourdain à la Méditerranée, en référence au territoire de la Palestine historique.).Les pourfendeurs du « nouvel antisémitisme » y voient un refus caractérisé de « reconnaitre l’existence de l’État d’Israël », passible de poursuites. Or, l’expression « du Jourdain à la mer » est quotidiennement exprimée par d’innombrables dirigeants israéliens et leurs soutiens aux États-Unis pour manifester leur désir de s’emparer en totalité de ce même territoire, souvent accompagné explicitement du désir d’expulser la totalité des Palestiniens qui y résident – et ce, sans être jamais menacés de la moindre sanction.

    #Palestine
    #Israël
    #narration
    #résistance

  • Beyond Molotovs – A Visual Handbook of Anti-Authoritarian Strategies

    J’ai le bouquin chez moi, lu en partie, absolument décoiffant !

    https://www.transcript-publishing.com/978-3-8376-7055-4/beyond-molotovs-a-visual-handbook-of-anti-authoritarian-strat

    Authoritarianism operates on a visceral level rather than relying on arguments. How can we counter authoritarian affects? This publication brings together more than 50 first-hand accounts of anti-authoritarian movements, activists, artists, and scholars from around the world, focusing on the sensuous and emotional dimension of their strategies. From the collective art and aesthetics of feminist movements in India, Iran, Mexico, and Poland, to sewing collectives, subversive internet art in Hong Kong, and even anti-authoritarian board games, the contributions open new perspectives on moments of resistance, subversion, and creation. Indeed, the handbook itself is a work of anti-authoritarian art.

    The editors behind the »International Research Group on Authoritarianism and Counter-Strategies« and »kollektiv orangotango« are: Aurel Eschmann, Börries Nehe, Nico Baumgarten, Paul Schweizer, Severin Halder, Ailynn Torres Santana, Inés Duràn Matute, and Julieta Mira.

    #résistance
    #pouvoir

  • De nouvelles voitures Tesla enflammées ! l’empire n’est pas intouchable
    https://ricochets.cc/De-nouvelles-voitures-Tesla-enflammees-l-empire-n-est-pas-intouchable-8284

    Aux USA comme en Corée du Sud, en Serbie ou ailleurs, les tyrans ne sont pas intouchables. Aux USA, les néofascistes égocentriques qui se prennent pour les rois du monde et des messies ne supportent pas d’être égratignés, alors ils lancent leur flicaille sous la bannière de l’anti-terrorisme contre les résistants, banalement classique. S’il devait exister des terroristes professionnels, on sait où ils se trouvent, à la tête des multinationales et des Etats impérialistes. In fine, les (...) #Les_Articles

    / #Résistances_au_capitalisme_et_à_la_civilisation_industrielle

  • [Rennes] Boxe Libre & Déplacement Collectif
    https://nantes.indymedia.org/events/141845/rennes-boxe-libre-deplacement-collectif

    Dans la continuité du cycle antirep, la FRAP organise une nouvelle séance de boxe libre et de déplacement coMERCREDI 19 MARS18Hau 5 RUE DE LORRAINE, sous le préau LE DEPLACEMENT COLLECTIF C’EST QUOI ?La pratique du déplacement co est issue des milieux autonomes. C’est un ensemble d’exercices dont le but est…

    #Anti-répression #Antifascisme #Antisport #Féminisme #Genre/sexualités #Resistances #Rennes

  • Boxe libre et déplacement co : La FRAP lance des sessions publiques !
    https://nantes.indymedia.org/posts/141850/boxe-libre-et-deplacement-co-la-frap-lance-des-sessions-publiques

    A peu près toutes les deux semaines, jusqu’a fin juin minimum, la FRAP organise des sessions publiques de boxe libre et de déplacement collectif ! L’idée, c’est de se préparer a des situations de violences fascistes ou policières, et d’apprendre a se faire confiance individuellement et collectivement dans ces situations. Et…

    #Anti-répression #Antifascisme #Antisport #Féminisme #Genre/sexualités #Resistances #Rennes #Local

  • #Biasca_contro. La trilogia

    Quella che - con il titolo La vigna di San Carlo -sarebbe diventata la terza parte della trilogia di Victor Tognola complessivamente intitolata Biasca contro, andò in onda nella tarda serata del 29 febbraio 2004 nel contesto della trasmissione televisiva «Storie».

    Contro l’orario della prima diffusione vi fu un sollevamento popolare. Ne diedero ampia eco i quotidiani ticinesi. Damiano Realini su «La Regione» il 10 marzo 2004 scrisse: «se da un lato pubblico e critica hanno unanimemente apprezzato il lavoro (che ricordiamo essere la prima parte di una trilogia dedicata alla memoria della Biasca degli ultimi moicani ovvero alla Biasca de i biasca) mandato in onda dalla Televisione della Svizzera di lingua italiana (TSI) nella trasmissione «Storie» di domenica 29 febbraio, dall’altro lato la trilogia starebbe subendo (secondo le accuse qui di seguito riportate) un presunto ostracismo da parte della stessa TSI.»

    Il 15 maggio il comitato a sostegno di Biasca contro si presentò alla sede della TSI a Comano con le firme raccolte: «Biasca contro, 3000 firme a muso duro*»*, intitolava «La Regione» il 22 aprile; lo medesimo quotidiano, il 24 maggio, annunciava la replica dell’opera di Tognola: «In seguito alle pressione del pubblico televisivo (oltre 3 mila firme giunte dalla Svizzera italiana) la Tsi ritrasmette il documentario di Victor Tognola Biasca Contro - La vigna di San Carlo domani sera, martedì, alle ore 21 su Tsi 2, in un orario, dunque, accessibile a tutti.»

    Di grande rilevanza storica, in questo dossier abbiamo raccolto le tre parti della trilogia complessivamente intitolata Biasca contro: La vigna di San Carlo andò in onda il 29 febbraio 2004; Biasca la Strega, il 21 settembre 2005, e la stessa sera andò in onda Biasca la Rossa.

    La vigna di San Carlo:
    https://lanostrastoria.ch/entries/2JZXxe0jnER

    Biasca la strega:
    https://lanostrastoria.ch/entries/BgWA3LpB74O

    Biasca la rossa:
    https://lanostrastoria.ch/entries/WOa7eaOa7eP

    https://lanostrastoria.ch/galleries/biasca-contro-la-trilogia
    #Tessin #suisse #anarchie #film #documentaire #film_documentaire #Victor_Tognola #Biasca #résistance #gauche

  • Grenoble : De l’eau, pas des puces ! Manifestation des Soulèvements de la terre et de Stop micro le dimanche 30 mars
    https://ricochets.cc/Grenoble-De-l-eau-pas-des-puces-Manifestation-des-Soulevements-de-la-terre

    Le collectif STopMicro et les Soulèvements de la terre organisent une grande mobilisation à Grenoble contre l’accaparement des ressources par les industries du numérique, et la « vie connectée ». Soitec et STMicroelectronics, deux industriels fabriquant des puces électroniques, projettent de détruire des terres agricoles et de consommer encore plus d’eau potable pour agrandir leurs usines. Pour empêcher ces extensions et renforcer le front contre l’emballement technologique et les (...) #Les_Articles

    / #Résistances_au_capitalisme_et_à_la_civilisation_industrielle, #Technologie

  • Résister véritablement aux tyrans c’est abattre le système qui les a fait naître
    https://ricochets.cc/Resister-veritablement-aux-tyrans-c-est-abattre-le-systeme-qui-les-a-fait-

    Un article qui résume de manière claire et imagée la situation actuelle : Vers une fin effroyable ? « La fraction la plus abrutie des habitants de cette planète a donné un formidable coup d’accélérateur à la ruée de l’humanité vers son suicide. » « C’est comme si, en l’espace de dix ans, nous étions revenus à l’âge de pierre. Des types humains que l’on croyait disparus depuis des siècles - Le derviche tourneur, le chef de brigands, le grand inquisiteur, sont soudain réapparus, (...) #Les_Articles

    / #Résistances_au_capitalisme_et_à_la_civilisation_industrielle, Révoltes, insurrections, débordements...

    #Révoltes,_insurrections,_débordements...
    https://contre-attaque.net/2025/03/10/propagande-de-guerre-un-sondage-pour-retablir-le-service-militaire

  • Une concession Tesla en feu, le techno-fasciste Musk sur le grill
    https://ricochets.cc/Une-concession-Tesla-en-feu-le-techno-fasciste-Musk-sur-le-grill-8242.html

    Musk et ses bagnoles ultra high-tech bardées de capteurs et de dispositifs intrusifs de surveillance n’ont plus trop la côte semble-t-il.... Incendies de Tesla à Toulouse : la vague d’action mondiale se poursuit Dans la nuit du dimanche 2 au lundi 3 mars, des flammes ont éclairé la nuit de la ville rose. Une concession Tesla située à Plaisance-du-Touch, près de Toulouse, a été la cible d’une action incendiaire. 8 voitures ont totalement brûlé, 4 autres sont gravement endommagées. (...) #Les_Articles

    / #Résistances_au_capitalisme_et_à_la_civilisation_industrielle

    https://www.leperepeinard.com/breves/tesla-prend-feu-au-sens-propre-sabotage-dans-le-31

    • le torchon la dépêche du mou écrit que cette action a été revendiquée par le site IATAA, ces journalistes de préfecture ne savent pas différencier les verbes informer et revendiquer .

  • « Rentrer chez soi, c’est déjà une grande victoire » - Rami Abou Jamous
    https://orientxxi.info/dossiers-et-series/rentrer-chez-soi-c-est-deja-une-grande-victoire,8057

    Un récit déchirant : le franchissement du check point pour entrer à
    Gaza ville, la haie de ruines, l’immeuble encore debout malgré de sérieux dégâts, le comité d’accueil des voisins qui ont, impressionnante solidarité, nettoyé et bricolé quelques réparations.

    Quelques extraits bouleversants :

    Pour moi, le plus grand soulagement, c’est quand je suis entré dans notre chambre, et que je me suis allongé sur mon lit. Pour la première fois depuis un an et demi, nous n’allions pas dormir sur un matelas posé par terre. En face du lit, il y a une grande armoire à glace. C’était aussi la première fois depuis notre expulsion que je me voyais dans un miroir. Je ne me suis pas reconnu tout de suite dans cet homme vieilli, l’air fatigué, avec des cheveux blancs et des poches sous les yeux. Le reflet a provoqué un flash-back. J’ai rembobiné mentalement le film depuis le début, depuis le matin du 7 octobre 2023, jusqu’à notre retour aujourd’hui : notre fuite sous les balles des snipers israéliens, notre installation à Rafah dans un deux-pièces partagé avec une autre famille, puis de nouveau la fuite pour planter une tente à Deir-el-Balah où la vie devenait de plus en plus précaire, les amis et les membres de la famille tués par les bombes et les drones, et puis une dernière étape dans un autre appartement loué, la naissance de Ramzi, notre dernier-né, symbole de l’espoir… Walid aussi se regarde dans la glace. Lui, c’est la première fois de sa vie qu’il a conscience de se voir dans un miroir. Et c’est un sacré étonnement. Je le regarde à la dérobée. Il touche son visage, ses cheveux, ses mains, ses pieds, il se découvre lui-même.

    Sur les aspects matériels :

    Notre chambre a elle aussi été nettoyée de fond en comble par nos amis. Ils avaient remplacé les vitres, toutes cassées, par du nylon qui nous empêche malheureusement de bien profiter de la vue panoramique sur la mer. Walid regarde et dit : « Papa, tout est cassé ! Qui a fait ça ? » J’évite de parler des Israéliens, alors il trouve un coupable : « C’est la police ! »
    [...]
    Bien sûr, notre appartement n’est plus aussi confortable qu’avant. Sans électricité, les climatiseurs ne fonctionnent plus ni les deux grands écrans de télévision. Sans eau courante, on ne peut pas prendre une vraie douche dans les deux salles de bain avec jacuzzi. Nous avons tout de même de l’eau, Hassoun a mis un grand réservoir de 500 litres dans la cuisine avant notre arrivée. Merci à lui. C’est comme vivre dans un palais, mais un palais du Moyen-Âge. Heureusement, on a quand même une bouteille de gaz pour la cuisine, c’est un grand progrès par rapport au four en argile où l’on faisait parfois brûler des morceaux de plastique.

    Et cette conclusion :

    Mais rentrer chez soi, c’est déjà une grande victoire. Je pensais ne plus revoir notre foyer. Je m’attendais à un transfert vers l’étranger, je me disais que notre tour allait être détruite, comme presque toutes les autres. Nous avons eu beaucoup de chance.

    Cette première nuit, nous avons dormi dans notre grand lit, tous les trois ensemble, avec Walid au milieu. Nous avons dormi comme des bébés, d’ailleurs, même le bébé ne s’est pas réveillé toutes les demi-heures comme les nuits précédentes.

    Bien sûr, il y a toujours le bourdonnement des drones. Walid les pense toujours inoffensifs, comme je le lui ai fait croire. Il dit : « Papa, le drone va nous rendre visite, il va entrer dans notre appart. » Je lui réponds : « Oui, il va venir jouer avec toi, comme les oiseaux. »

    Ici, nous allons tourner la page de la guerre. Certes, il y aura toujours de la souffrance, de la non-vie, mais au moins nous sommes parmi les survivants de ce génocide. Et notre famille s’est agrandie. Nous sommes partis à trois, nous sommes rentrés à quatre. Nous avons réussi à nous en sortir, après avoir vécu des mois dans les pires conditions. Là encore, nous allons nous adapter. Mais Ramzi nous apporte la joie. Nous allons commencer cette nouvelle vie avec courage. Et nous allons relever tous les défis.

    #Gaza #résistance #résilience #solidarité
    #Israël #drones #ruines

  • #Italie : fuite en avant répressive du gouvernement #Meloni

    La #loi_1660, approuvé par les députés italiens en septembre 2024, envoyait un message clair : #ordre et répression. Elle dévoile toute sa dimension anti-sociale. Prévoyant de sanctionner plus fermement les #contestations, elle durcit également les conditions imposées aux détenus dans les prisons – et ouvre la voie aux entreprises dans le système pénitentiaire. Par Carlotta Caciagli, traduction Letizia Freitas [1].
    Radicalisation de mesures pré-existantes

    De nombreuses larmes de crocodile ont été versées, de Marco Minniti [ancien ministre de l’Intérieur NDLR] et Maurizio Lupi [ancien ministre des Infrastructures et des Transports NDLR] jusqu’au dernier maire ayant mis en application le décret Daspo [qui interdit d’accès à un lieu déterminé pour des raisons d’ordre public NDLR]. Parmi les voix qui, aujourd’hui, s’indignent, de nombreuses ont soutenu des décrets répressifs ces quinze dernières années.

    De quelle manière le débat a-t-il pu se détériorer au point que la question des inégalités sociales et de la pauvreté puisse être traitée comme un simple problème d’ordre public ? Les mesures auparavant en vigueur étaient déjà inadaptées et, à bien des égards, anticonstitutionnelles. Une détérioration ultérieure était difficile à imaginer, mais le gouvernement italien y est parvenu. Comment ? Principalement par des modifications ad hoc et quelque peu artificielles du code de procédure pénale.

    Le projet de loi intervient essentiellement dans trois domaines : gestion des comportements individuels et collectifs dans l’espace public, conditions imposées aux détenus dans les prisons et prérogatives des forces de l’ordre. Si chacune des mesures se traduit par une réduction des droits sociaux et humains, elle sous-traite également à des acteurs privés des tâches autrefois assumées par les pouvoirs publics.

    En ce qui concerne l’espace public et urbain, des actions telles que « l’occupation arbitraire d’immeubles destinés à l’habitation d’autrui » sont qualifiées de criminelles. Une peine allant de deux à sept ans de réclusion est prévue pour toute personne qui occuperait des habitations ou des dépendances (garages, jardins, terrasses). Le projet ne prévoit pas de circonstances atténuantes pour l’occupant, mais uniquement des circonstances aggravantes fondées sur le profil du propriétaire dont le bien est occupé.

    Mais sur cette mesure comme sur d’autres, il faut bien reconnaître que Giorgia Meloni ne part pas de zéro. L’ancien ministre Maurizio Lupi n’avait-il pas ouvert la voie à l’actuelle réforme avec le Piano Casa, ce décret de 2014 visant à protéger le droit de propriété des immeubles contre les mouvements sociaux en faveur du droit au logement ?

    L’introduction d’une règle surnommée « anti-Gandhi » est plus digne d’attention encore. Elle vise à punir d’emprisonnement quiconque bloque une route ou une voie ferrée. Si les participants sont nombreux – c’est-à-dire si l’action prend une dimension politique – les peines sont durcies. Si, au cours de la manifestation, des dommages (de toute nature, y compris morale) sont causés à des agents publics, la peine est majorée. Tout comme elle l’est si « la violence ou la menace est commise dans le but d’empêcher la réalisation d’un ouvrage public ou d’une infrastructure stratégique ».

    Stratégique, comme le pont du détroit de Messine, comme la Tav [Treno ad alta velocità, TGV, NDLR] Turin-Lyon, et comme tous les incinérateurs, gazéificateurs et bases militaires que l’on tente régulièrement d’implanter sur le territoire. De plus, le Code pénal sera à son tour modifié afin de punir davantage les auteurs de délits commis à proximité des gares.
    Américanisation du système pénitentiaire ?

    En ce qui concerne la prison, le projet de loi intervient de deux manières. Tout d’abord, en tentant de réglementer les émeutes dans les établissements pénitentiaires – caractérisées comme des actes de violence, de menaces ou de résistance aux ordres – en introduisant le délit de « résistance passive ». Par « résistance passive », il faut entendre « les conduites qui, compte tenu du nombre de personnes impliquées et du contexte dans lequel opèrent les agents publics ou les chargés d’une mission de service public, empêchent l’accomplissement des actes nécessaires à la gestion de l’ordre et de la sécurité ». Sont ainsi visées les révoltes contre la malnutrition et les conditions dégradantes d’incarcération.

    Mais il y a plus : désormais, l’organisation du travail des détenus est révisée par décret. Les initiatives de promotion du travail entendent davantage impliquer… les entreprises privées. En somme, il s’agit de préparer une force de travail docile et peu chère à se mettre au service du privé.

    Limitations généralisée des droits ? Pas pour les forces de l’ordre. En plus de permettre aux policiers et aux gendarmes de porter leur arme en-dehors des heures de service, le projet introduit la possibilité, sans aucune contrainte, pour le personnel de police, de s’équiper de « dispositifs de vidéosurveillance portables adaptés à l’enregistrement de l’activité opérationnelle et de son déroulement ». Des appareils qui peuvent également être utilisés dans n’importe quel lieu où sont détenues des personnes soumises à une restriction de leur liberté personnelle.

    Ces mesures pourront être financées grâce à une autorisation de dépenses pour les années 2024, 2025 et 2026. Pour promouvoir le travail en milieu carcéral, on y fait entrer les entreprises, tandis que pour les « body cam » des agents de la Police ferroviaire, l’addition sera payée par les contribuables…

    Face à une attaque aussi massive contre les droits individuels et sociaux, s’indigner et dénoncer les « mesures fascistes » ne suffira pas. Il est nécessaire de reconstruire des organisations professionnelles, des syndicats et des partis d’opposition. Un exercice face auquel l’opposition italienne bute depuis des décennies.

    Note :

    [1] Article initialement publié par notre partenaire Jacobin Italia sous le titre « La repressione è servita »,

    https://lvsl.fr/italie-fuite-en-avant-repressive-du-gouvernement-meloni
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