• Della Terra riparte dalla “contadinanza” per favorire la giustizia sociale e ambientale

    La cooperativa “#Della_Terra_Contadinanza_Necessaria” gestisce alcuni terreni fra #San_Ferdinando, #Laureana_di_Borrello e #Rosarno proponendo una visione incentrata sull’umanità, sugli animali e sulla natura. Attraverso una rete coesa con le altre realtà del territorio porta avanti progetti che migliorano la vita dell’ambiente e delle persone.

    La seconda tappa del viaggio alla riscoperta della mia terra è più a sud. Autostrada direzione Rosarno, destinazione finale: San Ferdinando. Proprio lì c’è la tendopoli (l’ennesima) dove vivono circa 500 lavoratori migranti in gravi condizioni abitative, senza contare il campo container e gli insediamenti informali sparsi sul territorio. Ma non è lì che devo andare. Sto invece per conoscere la cooperativa Della Terra Contadinanza Necessaria, che si occupa di agricoltura sociale e agro-ecologia proprio in quell’area.

    Ad accogliermi in fondo a una stradina di campagna c’è Nino Quaranta, socio fondatore della cooperativa, o meglio “cantautore e contadino”, come si definisce lui stesso. Mentre mi mostra le coltivazioni e il punto vendita in costruzione sotto il primo sole caldo di questa primavera, mi racconta la storia del progetto.

    La cooperativa affonda le sue radici nelle lotte contro lo sfruttamento lavorativo e della terra nella piana di #Gioia_Tauro. Nata nel maggio 2020, alcuni dei suoi soci hanno fatto parte per molto tempo di #SOS_Rosarno, una rete nata nel 2012 – due anni dopo la rivolta di Rosarno – per sostenere i migranti sia da un punto di vista lavorativo (attraverso l’agricoltura) che abitativo. «Abbiamo sempre detto che la situazione dei migranti non va trattata come un fenomeno emergenziale, ma come un fenomeno strutturale», dice Nino, che denuncia le mancanze delle istituzioni nell’affrontare la questione.

    Negli anni, infatti, sono state costruite ben quattro tendopoli, mentre circa 34.000 abitazioni nei 33 comuni della Piana rimanevano sfitte. «Quello che invece noi abbiamo cercato di fare è una goccia in mezzo ad un mare di indifferenza e cattiveria: pensare ad una società diversa, partendo anche dall’economia e quindi dall’agricoltura».

    Grazie a Della Terra, ad esempio, i migranti assunti dalla cooperativa hanno potuto avere un’abitazione in cui vivere e sono sostenuti nelle spese con i fondi del progetto Liberiamo gli schiavi di Rosarno. Spartacus, che fa capo alla cooperativa Chico Mendes. Al momento, i lavoratori sono 6 (fra migranti e non) e fra loro c’è I., senegalese, che mi racconta come si trovi bene in questo contesto, dove ha trovato un po’ di stabilità dopo aver vissuto per circa due anni in una tendopoli. Si tratta dunque di un piccolo passo verso la costruzione di qualcosa di diverso, che non riguarda però solamente la questione dello sfruttamento lavorativo.

    Tutto questo, infatti, è strettamente intrecciato al rapporto con la natura: a Rosarno non sono sfruttate solo le braccia dei migranti, ma anche le terre, sottoposte a metodi colturali intensivi e devastanti. La cooperativa invece vuole portare alla ribalta il ruolo centrale della terra: «L’agricoltura spesso è considerata di basso livello, ma in realtà è proprio lei che porta nutrimento ed è da qui che bisogna partire: vediamo già da ora le conseguenze negative di un’agricoltura intensiva che non fa altro che contribuire alla distruzione del pianeta», continua Nino.

    «Per questo noi parliamo di agro-ecologia e di agricoltura resiliente». Tradotto nella pratica questo significa coltivazione naturale e diversificata, non intensiva o monoculturale, e nel rispetto dei cicli stagionali. Nei loro campi in questo momento ci sono fave, insalate, sedano, cipolle, peperoncini, ora persino piante di avocado. Da alcuni di questi, poi, danno vita a dei trasformati naturali e genuini.

    Nel frattempo arriva Germana Loiacono, altra socia fondatrice della cooperativa. Germana ha dato in comodato d’uso il terreno su cui ci troviamo in questo momento e gestisce il villaggio turistico Porta del sole, grazie al quale sostiene la cooperativa e promuove un turismo sostenibile anche attraverso l’alimentazione e i prodotti di Della Terra. In questa lotta, infatti, la cooperativa non è sola: «Ci sono altre persone che stanno facendo il nostro stesso discorso: piccoli e grandi produttori con cui collaboriamo, che producono eticamente e senza sfruttamento alcuno».

    E questo è il punto di partenza per creare sinergie positive, che portano verso un lavoro collettivo e non della singola realtà. Ad esempio, grazie al Consorzio Macramè di cui la cooperativa fa parte, Nino e gli altri hanno preso in gestione un terreno di Rosarno confiscato alla ‘ndrangheta: lo hanno rimesso in sesto e ci hanno creato un parco della biodiversità, rendendolo realmente un bene comune. O ancora, le cooperative del consorzio si sostengono in maniera reciproca, commercializzando quando possibile i prodotti le une delle altre. E poi c’è una finestra aperta sul mondo: Della Terra è rappresentante regionale dell’#Associazione_Rurale_Italiana e questo le permette di essere parte del #Coordinamento_Europeo_Via_Campesina, organizzazione europea di base di agricoltori, e di confrontarsi all’interno di un network internazionale.

    Grazie alla distribuzione nei #GAS (#Gruppi_di_Acquisto_Solidale), presidi di consumo equo e sostenibile, Della Terra riesce poi a raggiungere anche alcune città del Nord Italia e in alcuni casi dell’Europa. E ora si sta attrezzando per costruire un punto vendita proprio nel terreno in cui mi trovo: per adesso è solo una struttura vuota, ma presto si riempirà dei colori dell’estate. È arrivato il momento di andarsene. Si è fatta ora di pranzo, per loro arriva la pausa e io devo tornare verso nord. Prima di partire, Nino mi regala una cassetta di fresco: cipolle, sedani e fave appena raccolte. Ne assaggio una: sono dolcissime. E, con questa sensazione che mi pervade i sensi, saluto tutti e metto in moto.

    https://www.italiachecambia.org/2021/05/della-terra-contadinanza-giustizia-sociale-ambientale
    #contadinanza #Calabre #agriculture #coopérative #biens_confisqués #confiscation_de_biens_à_la_mafia #Nino_Quaranta #paysannerie

  • «Ricordi Rosarno?»: XI rapporto MEDU sulle condizioni dei braccianti stranieri a Gioia Tauro
    https://www.meltingpot.org/2024/06/ricordi-rosarno-xi-rapporto-medu-sulle-condizioni-dei-braccianti-stranie

    A undici anni dall’inizio del lavoro di Medici per i Diritti Umani (MEDU) in Calabria, l’organizzazione denuncia come i braccianti stagionali continuino a vivere negli insediamenti informali sovraffollati e lavorino perlopiù con contratti fittizi, sfruttati e malpagati.Nel maggio del 2024 l’organizzazione ha pubblicato un nuovo rapporto . Nelle tendopoli tra Rosarno, San Ferdinando e Taurianova le condizioni abitative restano precarie e fatiscenti. Nell’aria e sui muri riecheggiano i nomi di Becky Moses e Soumaila Sacko, uccisi nel 2018, la prima in un incendio, il secondo a colpi di fucile. Violenze sistematiche in un territorio in cui la Grande Distribuzione (...)

  • …a casa nostra

    La Calabria è una terra di migranti e di immigrati: una delle regioni italiane più colpite dall’assenza di un futuro per i suoi giovani, e una di quelle che più si sono dedicate all’accoglienza. Marco Rizzo e Lelio Bonaccorso, sbarcati dalla nave Aquarius per il reportage a fumetti Salvezza, hanno camminato lungo il perimetro di un triangolo ideale, che unisce tre esempi di accoglienza: dal modello Riace, noto in tutto il mondo e ormai smantellato, a #Gioiosa_Ionica, uno dei casi virtuosi ancora funzionanti, passando per la baraccopoli di #San_Ferdinando, un buco nero dei diritti e dell’integrazione a due passi da #Rosarno.
    …a casa nostra è un nuovo, grande esempio di graphic journalism sul campo, che include un’intervista a #Mimmo_Lucano e le testimonianze di migranti e operatori, oltre a storie di successi e tragedie, di incubi burocratici e orrori quotidiani: una cronaca a fumetti dei destini di coloro che sbarcano nel nostro paese.

    Qual è il futuro di chi sbarca a casa nostra?
    Da Riace alla baraccopoli di San Ferdinando, il racconto di cosa succede dopo la “salvezza” nell’Italia di oggi.

    http://comics.feltrinellieditore.it/libro/a-casa-nostra

    #BD #bande_dessinée #livre #Riace #accueil #réfugiés #migrations #Italie

  • Le Poison de La Mafia Calabraise et La Loi du Silence

    Depuis des années, le journaliste #Sandro_Mattioli enquête sur un trafic de déchets toxiques en Calabre, dans le sud de l’Italie, qui impliquerait la mafia locale : la ‘Ndrangheta. En 1989, soixante tonnes de déchets médicaux prêts à être incinérés ont été découvertes dans un village de la province de Consenza. Des bateaux auraient également servi de vaisseaux-poubelles. D’autres ont disparu en mer. La mafia calabraise semble être aux commandes de ce trafic destructeur.

    https://www.youtube.com/watch?v=FL8Zp5h1upc

    #film #film_documentaire
    #mafia #calabre #déchets_radioactifs #cancer #crime_organisé #Gioia_Tauro #décharges_illégales #Rigel #Natale_de_Grazia #Simona_del_Vecchio #services_secrets #'ndrangheta #ndrangheta #Piana_di_Gioia_Tauro #Rosarno #déchets_nucléaires #déchets_toxiques #nucléaire #IAM #lixiviat #armes_nucléaires #Veolia #dioxine #incinérateur #usine_d'incinération #TEC #multinationales #MCT #Eurogate #Thomas_H_Eckelmann #Cecilia_Battistello #transport_maritime #port #conteneurs #économie #pizzo #poubelle_d'Europe #hypocrisie #Africo_Nuovo #Giuseppe_Morabito #Morabito #Aspromonte #San_Luca #Giuseppe_Giorgi #Torrente_La_Verde #omertà #résignation #omerta #gaz_neurotoxique #Marseille #Italie #Coraline #France #Côte_d'Azur #infiltration_mafieuse #Vintimille #Bevera #Pellegrino #Giovanni_Tagliamento #contship_Italia_group #Crotone #Korabi_Durres #ARPACAL #déchetterie #Rosso #mortalité #santé #Messina_Lines #Oliva #Rosarno

    ping @albertocampiphoto @wizo

    • La malapianta

      Dopo la strage di #Duisburg, nell’agosto del 2007, il mondo sembra finalmente essersi accorto della ’ndrangheta. Eppure la potente organizzazione criminale calabrese esiste indisturbata da decenni, o da decenni c’è chi quotidianamente rischia la vita per combatterla. #Nicola_Gratteri, procuratore aggiunto di Reggio Calabria, è certamente una delle personalità più controverse e affascinanti coinvolte in questa guerra. Spesso criticato per la durezza dei suoi metodi, Gratteri è nato in Calabria e dalla sua regione d origine non ha mai voluto andarsene, anche a costo di grossissime rinunce. Una vita interamente dedicata alla giustizia, a prezzo di scelte difficili, come per esempio quella di perseguire penalmente persone in passato vicine, magari amici di infanzia o compagni di scuola. In questo libro il grande investigatore anti-’ndrangheta si racconta ad Antonio Nicaso.

      https://www.mondadoristore.it/La-malapianta-Antonio-Nicaso-Nicola-Gratteri/eai978880459369
      #livre

    • Porto franco. Politici, manager e spioni nella repubblica della ’ndrangheta

      È vero, della ’ndrangheta ormai si parla abbastanza. Si sa, ci sono i collusi, i corrotti, la zona grigia. Insomma, le solite storie, si dirà. No! Perché bisogna capire cosa c’è dietro. Lo scenario! Questo libro racconta fatti inediti e incredibili, un Paese assurdo che sembra un marcio Macondo di Garcìa Màrquez. C’è il latitante in Venezuela che tratta voti e petrolio con Dell’Utri, e poi compra azioni con una broker in Vaticano che si incontra col cappellano spirituale di papa Wojtyla. C’è la Onlus di un prete nigeriano che smercia medicinali per conto dei boss. Ci sono i cinesi che contrabbandano scarpe e vestiti, amici dei Templari - non i cavalieri del Santo Sepolcro, ma i massoni - che a loro volta riciclano milioni della ’ndrangheta tramite fondazioni «umaniste». C’è il faccendiere che chiede al ministro di intercedere per il boss al 41 bis, e il ministro, a sua volta inquisito, che chiede una mano al faccendiere. C’è lo stimato commercialista uomo dei Servizi che si vende al boss per pura ammirazione, perché quello sì è «un vero uomo». C’è il giudice erotomane che si vende per qualche escort e un po’ di affari... Tutte storie che in un modo o nell’altro attraversano la Piana di Gioia Tauro e il suo porto, crocevia di mezzo secolo di storia repubblicana, da Andreotti a Berlusconi, di intrecci fra massoneria, Servizi deviati, manager corrotti. Mezzo secolo di storia dei #Piromalli, la famiglia che - tra omicidi e tragedie - ha trasformato la vecchia ’ndrangheta in un potere parallelo.

      https://www.libreriauniversitaria.it/porto-franco-politici-manager-spioni/libro/9788866205340

    • In fondo al mar

      In fondo al mar(under the sea) is a data-driven journalism project mapping out shipping accidents suspected of being involved in illegal waste dumping activities, that have been first revealed by judiciary and parliamentary inquiries.

      The original project data stems from a research conducted at the archive of the Lloyd’s Register of Shipping in London and it has been cross-referenced with information obtained from newspaper article, investigations of environmental organizations and specialist sites sites.

      Maps, timelines and other forms of info-visualization are meant to allow users to navigate this complex dataset and see for themselves some of the anomalies that emerge from the data. But the goal is also to lay the foundations for future research on this case in order to ascertain what has happened and the possible health risks.


      https://infondoalmar.fatcow.com

      #cartographie #visualisation #dataset #données

      ping @reka @fil

  • Il corpo senza vita di #Ousmane_Keita, un #bracciante 22enne originario della Costa d’Avorio, è stato ritrova con un paio di cesoie conficcate in gola nelle campagne di Rosarno. Condoglianze e vicinanza ai familiari. Chiediamo piena luce su questa vicenda.

    https://twitter.com/aboubakar_soum/status/1192190798063951873

    #mourir_dans_la_forteresse_europe #exploitation #décès #mort #asile #migrations #réfugiés #travail #Rosarno #Italie #Calabre

    • "Pugni e calci contro i profughi": i fascisti di #Generazione_Identitaria preparano lo scontro

      L’organizzazione di estrema destra che aveva avviato la caccia alle Ong nel Mediterraneo organizza in una palestra romana sessioni di addestramento. «Per combattere la feccia puntiamo alla preparazione fisica»


      http://espresso.repubblica.it/attualita/2018/02/07/news/pugni-calci-contro-profughi-generazione-identitaria-1.318002?ref
      #identitaires

    • Italie : démonstration de force de l’extrême droite et des antifascistes

      L’Italie a été parcourue de manifestations politiques parfois tendues samedi, à une semaine des législatives du 4 mars, avec une démonstration de force de Matteo Salvini (extrême droite) à Milan et des milliers de manifestants antifascistes à Rome.


      https://www.courrierinternational.com/depeche/italie-demonstration-de-force-de-lextreme-droite-et-des-antif

    • Grave atto intimidatorio contro il Centro accoglienza Casa ex Mercanti di Appiano

      Nella notte tra sabato 19 e domenica 20 maggio si è verificato un grave episodio d’intolleranza davanti al centro di accoglienza per richiedenti asilo di Appiano ospitato nell’ex Caserma Mercanti all’inizio del paese. Nel corso della notte sconosciuti hanno fatto esplodere davanti al cancello d’entrata una carica che ha provocato una forte esplosione. Gli inquirenti stanno accertandone la natura. E’ stato inoltre lasciato un cartello con una svastica una croce celtica e scritte razziste contro gli ospiti del centro.

      L’Associazione Volontarius, che gestisce la struttura su incarico della Provincia, esprime la propria condanna del grave atto intimidatorio nei confronti delle persone richiedenti asilo e degli operatori. Si tratta di un atto criminale che evidentemente vuole minare gli sforzi messi in atto da parte della Provincia, del Comune di Appiano, dell’Associazione Volontarius e delle altre organizzazioni che operano in questo campo, per dare una risposta solidale e concreta all’inclusione nella nostra società di persone fuggite da situazioni di guerra, persecuzioni e minacce alla loro incolumità.

      Il Centro di accoglienza di Appiano, attivo da circa due anni, ospita, al momento, 39 richiedenti asilo e svolge un’intensa attività per rendere concreta l’accoglienza e l’inclusione sociale di queste persone, anche attraverso l’organizzazione di corsi di formazione e di lingue. 28 ospiti hanno contratti a tempo determinato ed altri 10 stanno svolgendo corsi di formazione per inserirsi nel settore turistico-alberghiero.

      Va sottolineato, a nostro avviso, che nel corso di questi mesi di attività vi è stata una proficua collaborazione con il Comune e la popolazione locale, testimoniata anche dalla presenza di volontari che dedicano con impegno il loro tempo ad assistere queste persone. Nel corso del pomeriggio di domenica il presidente dell’Associazione Volontarius, Claude Rotelli, ha fatto un sopralluogo al centro per portare la propria solidarietà agli operatori ed alle persone richiedenti asilo.

      “Volontarius” assicura il proprio sostegno alle indagini portate avanti dalle autorità inquirenti e garantisce che proseguirà con impegno la propria attività a favore delle persone richiedenti asilo.

      https://www.volontarius.it/2018/05/20/grave-atto-intimidatorio-contro-il-centro-accoglienza-casa-ex-mercanti-d

    • Warning of ’dangerous acceleration’ in attacks on immigrants in Italy

      Anti-racist groups in Italy have warned of a dangerous acceleration in attacks on immigrants after 12 shootings, two murders and 33 physical assaults were recorded in the two months since Matteo Salvini, leader of the far-right League party, entered government as interior minister.

      Opposition politicians have accused Salvini of creating a climate of hate following the attacks, which have coincided with an anti-migration drive that has included closing Italian ports to NGO rescue boats and a vow to expel non-Italian Roma.

      In one incident in July, a 13-month-old Roma girl was shot in the back with an airgun pellet. In at least two recent attacks on immigrants, the perpetrators have allegedly shouted Salvini’s name.

      “Propaganda around anti-migrant policies has clearly contributed to creating a climate of hostility and to legitimising racist violence,” said Grazia Naletto, the manager of migration policies and racial discrimination of the Lunaria association, which publishes quarterly reports on the number of racially motivated attacks in Italy.

      “We are facing a dangerous acceleration of episodes of violence against migrants,” Naletto said.

      The group recorded nine attacks on immigrants between 1 June and 1 August 2017, with no shootings and no deaths – less than a third for same period in 2018.
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      On Sunday, a Moroccan man in Aprilia, 17 miles outside Rome, was the latest to be killed. He was followed and beaten to death by two young Italians who claimed he was a thief.

      Three days earlier, in #Vicenza, in the north-east of Italy, a 33-year-old factory worker from Cape Verde was wounded by a single gunshot. The suspect is a 40-year-old Italian who opened fire from a window in his home.

      On Thursday night in Naples, Cissè Elhadji Diebel, 22, a street vendor from Senegal with a regular permit of stay, was wounded by a gunshot fired by two people on a scooter.

      In Naples in June, Konate Bouyagui, a 22-year-old Malian with legal residency, was struck by a bullet fired by two Italian boys. Nine days earlier, in Caserta, north of Naples, two Malians, Daby and Sekou, were riddled with airgun pellets fired in a driveby shooting from a black Fiat Panda. The aggressors, both Italian, shouted Salvini’s name.

      Two railway porters in Venice who in July beat an unlicensed African porter at the station, allegedly told him: “This is Salvini’s country.” A black Italian athlete, Daisy Osakue, suffered an eye injury when an egg was thrown at her in Turin.

      Salvini has claimed “the wave of racism is simply an invention of the left” and in response to rising criticism on Sunday tweeted “many enemies, much honour” – a reference to a quote from Benito Mussolini on what was also the anniversary of the fascist dictator’s birth.

      Salvini’s first move when he entered the interior ministry on 1 June was to say: “Good times are over for illegals.”

      That same evening, in #Rosarno, in the southern province of #Reggio_Calabria, a bullet struck the head of Soumalia Sacko, a 22-year-old Malian who was rummaging for metal sheets to repair his shack in one of the sprawling encampments that house the thousands of poorly paid immigrants who pick the region’s crops. The suspect is a middle-aged Italian man who was living near the encampment.

      “Statements against migrants, almost always coupled with fake news, seem to have legitimised the use of violence against asylum seekers, who are often cast as parasites and invaders,” said Yvan Sagnet, a Cameroonian anti-racism activist and president of the No Cap association, which fights to improve the rights of immigrant workers. “I have never seen anything like this before in this country and I don’t see an easy way out.’’

      There were hints of the violence to come when, on 3 February in Macerata, one month before national elections, #Luca_Traini opened fire on six immigrants, wounding all of them. Extreme rightwing paraphernalia was found in his home, including a copy of #Mein_Kampf. A year earlier, Traini had been a League candidate in local elections in #Corridonia.

      “The extreme right has found a party through which it can speak,” said Carla Nespolo, president of the National Association of Italian Partisans, a group founded by members of the second world war Italian resistance. “Migrants in Italy have taken the place of Jews during fascism. This is one of the most far-right governments since the end of fascism.”

      Mamadou Sall, the president of Florence’s Senegalese association and an Italian citizen who has lived in the country for more than 20 years, said he wanted to leave. “Every time you speak to an Italian you realise that there’s been a lot of impact on their mentality,” he said. “They seem to be closer to the world of fascism, speaking about the good things that fascism did during the war.”

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      Sall was on the frontline during protests against the Italian government after the death of Idy Diene, a street vendor from Senegal who was killed on 5 March, the day after the Italian elections. Diene was shot six times as he sold his wares on the Vespucci bridge in Florence.

      His killer was Roberto Pirrone, a 65-year-old Italian who told police he had planned to kill himself owing to his dire financial situation. He said that when he was unable to muster the courage to do this he had shot the first random target he could find. A racist motive was ruled out, prompting fury among the city’s Senegalese population.

      In a tragic twist, it was revealed that Diene, 54, was the cousin of Samb Modou, who was killed by Gianluca Casseri, a supporter of the fascist CasaPound party, when Casseri opened fire in two of Florence’s central markets in December 2011.

      While the Italian government seems to ignore the problem, the police are working to bring the perpetrators to justice and several arrests have been made across Italy in recent weeks.

      Two weeks ago, the Turin district attorney, Armando Spataro, unveiled measures to combat racially motivated crimes, targeting anyone who commits “crimes motivated by hatred and ethnic-religious discrimination”. The following day, he received insults and threats on social media from Salvini’s supporters.

      “There is no value for people with a different skin colour,” said Sall. “When a black person is killed there is always an excuse. But when a foreigner kills an Italian they only focus on the fact that [the assailant] was foreign and the skin colour.”


      https://www.theguardian.com/global/2018/aug/03/warning-of-dangerous-acceleration-in-attacks-on-immigrants-in-italy
      #Rome #Naples #Venise

    • Migranti: parte l’offensiva degli amministratori locali contro la deriva xenofoba e razzista del Governo

      Primo firmatario dell’appello «inclusione per una società aperta» Nicola Zingaretti; tra gli aderenti Sala, Pizzarotti e De Magistris.

      Trentatré episodi di aggressioni a sfondo razzista da quando il governo Salvini - Di Maio si è insediato, tre solo nelle ultime ore; porti chiusi e criminalizzazione delle Ong; ruspe sui campi rom e una narrazione costante e diffusa che parla di invasione, sostituzione etnica, pericolo immigrazione: qualcuno ha deciso di non restare in silenzio e mostrare che esiste anche un’Italia che rifiuta tutto questo, rivendica lo stato di diritto e sostiene l’inclusione sociale come valore assoluto.

      Per questo oggi stato lanciato - e ha già raccolto più di 200 adesioni in tutta Italia - il manifesto «Inclusione per una società aperta», ideato e promosso dai consiglieri regionali del Lazio Alessandro Capriccioli, Marta Bonafoni, Paolo Ciani, Mauro Buschini e Daniele Ognibene e rivolto a tutti gli amministratori locali che rifiutino «la retorica dell’invasione e della sostituzione etnica, messa in campo demagogicamente al solo scopo di ottenere consenso elettorale, dagli imprenditori della paura e dell’odio sociale; rifiutino il discorso pubblico di denigrazione e disprezzo del prossimo e l’incitamento all’odio, che nutrono una narrazione della disuguaglianza, giustificano e fanno aumentare episodi di intolleranza ed esplicito razzismo», col fine di costruire «una rete permanente che, dato l’attuale contesto politico, affronti il tema delle migrazioni e dell’accoglienza su scala nazionale a partire dalle esperienze e dalle politiche locali, con l’obiettivo di opporsi fattivamente alla deriva sovranista e xenofoba che sta investendo il nostro paese», come si legge nell’appello diffuso quest’oggi.

      «In Italia viviamo una situazione senza precedenti», ha spiegato Alessandro Capriccioli, capogruppo di +Europa Radicali durante la conferenza stampa di lancio dell’appello insieme ai colleghi Paolo Ciani, Marta Bonaforni e Marietta Tidei. «Attraverso una strategia quasi scientifica è stato imposto un racconto sull’immigrazione che alimenta l’odio e lo sfrutta per ottenere consensi. Questo manifesto si rivolge agli amministratori locali che affrontano sul campo il tema dell’immigrazione con risultati virtuosi che spesso smentiscono quel racconto, ed è uno strumento per formare una rete istituzionale che potrà diventare un interlocutore autorevole e credibile in primo luogo di questo Governo, dettando indicazioni, strategie e proposte».

      Paolo Ciani, capogruppo di Centro Solidale, ha sottolineato come «questa narrazione distorta sta portando a un imbarbarimento della nostra società. Gli episodi di questi giorni rappresentano solo la punta dell’iceberg di un atteggiamento diffuso: sappiamo tutti che esistono degli istinti bassi che appartengono a tutti gli esseri umani e che, se trovano una loro legittimazione nelle istituzioni, diventano un problema». Marietta Tidei, consigliera regionale del Pd ha posto l’attenzione sul fatto che «oggi viene raccontato solo il brutto dell’immigrazione, ma noi siamo qui per dire che c’è anche molto che ha funzionato: il programma Sprar è un esempio virutoso», mentre la capogruppo della Lista Civica Zingaretti Marta Bonafoni ha sottolineato come ciò che conta sia «la quantità e la pronta risposta che stiamo avendo: la distribuzione geografica ci dice che c’è un’altra italia, che con questo appello diventa una rete istituzionale che si pone come interlocutrice del Governo».

      Oltre al Presidente della regione Lazio hanno già sottoscritto l’appello Beppe Sala, sindaco di Milano, Federico Pizzarotti, sindaco di Parma, Luigi De Magistris, sindaco di Napoli e più di 200 tra assessori e consiglieri regionali, sindaci, presidenti di municipi e consiglieri comunali e municipali da ogni parte d’Italia.

      http://www.repubblica.it/solidarieta/immigrazione/2018/08/03/news/migranti_parte_l_offensiva_degli_amministratori_locali_contro_la_deriva_x
      #xénophobie #racisme #anti-racisme

    • Violenta aggressione a #Giugliano, immigrato picchiato in piazza e deriso dai presenti

      Violenta aggressione avvenuta poco fa ai danni di un africano in piazza Gramsci. La vittima è stata pestata a sangue da un gruppo composto da due, tre persone. È stato preso a calci e pugni e lasciato a terra esanime. Alcune persone presenti hanno allertato i soccorsi giunti dopo mezz’ora. Il ragazzo ha riportato un trauma cranico e contusioni in varie parti del corpo. Pare che a scatenare l’aggressione sia stato il gesto dell’uomo di prendere in braccio un bimbo e ciò avrebbe scatenato la violenza del branco. Altri invece sostengono che fosse ubriaco e che avesse dato fastidio a qualcuno, che poi si sarebbe vendicato picchiandolo selvaggiamente.

      Si tratta comunque solo di un’ipotesi ancora da confermare. Ciò che è certo è che dopo il pestaggio, un gruppo di ragazzi presenti in piazza invece di aiutare il ferito erano vicini a lui a ridere insultandolo e apostrofandolo come “nir e merd..”. Sul posto in questo momento i carabinieri stanno raccogliendo le informazioni per ricostruire la dinamica dei fatti.

      https://internapoli.it/violenta-aggressione-a-giugliano-immigrato-picchiato-in-piazza-e-deriso-

    • Jour après jour, voici la liste des agressions racistes en Italie

      Le 3 février 2018, un militant d’extrême droite et ex-candidat de la Ligue à des élections locales ouvrait le feu sur six migrants noirs à #Macerata, dans le centre de l’Italie. Depuis, onze autres attaques à caractère raciste – par le biais d’armes à feu, à air comprimé ou d’armes blanches – ont pris des personnes immigrées pour cible. Mediapart dresse cette liste vertigineuse, qui confirme la montée de la xénophobie dans la péninsule.

      https://www.mediapart.fr/journal/international/090818/jour-apres-jour-voici-la-liste-des-agressions-racistes-en-italie

    • Di seguito aggressioni razziste in ordine di data. QUI la mappa (http://www.radicali.it/cronologia-aggressioni-razziste-da-inizio-giugno-ad-oggi/#mappa) con singole aggressioni e densità nei luoghi.

      3 giugno, San Calogero (Vibo Valentia): mentre raccolgono delle lamiere, tre migranti vengono sorpresi da quattro spari e rimane ucciso il bracciante maliano 29enne Sacko Soumaila.

      8 giugno, Sarno (Salerno): un giovane extracomunitario camerunense di 27 anni, mentre era in sella alla sua bici, viene picchiato brutalmente con una mazza da baseball da due giovani.

      10 giugno, Ventimiglia: i volontari della Croce Verde Intemelia hanno soccorso un extracomunitario aggredito nel pomeriggio. L’uomo, che si è rivolto anche ai carabinieri, aveva una ferita di striscio da arma da taglio e lamentava dolore al costato.

      11 giugno, Caserta: due ragazzi maliani, ospiti di un centro Sprar, vengono avvicinati da una Fiat Panda, a bordo della quale viaggiavano tre giovani italiani i quali hanno sparato alcuni colpi con una pistola ad aria compressa, al grido “Salvini, Salvini”.

      12 giugno, Napoli: algerino protesta contro un’auto che non si ferma sulle strisce pedonali e viene accoltellato da tre giovani napoletani.

      12 giugno, Sulmona (Aquila): due uomini armati di coltello hanno fatto irruzione ieri sera nel centro di accoglienza migranti di Sulmona. Un richiedente asilo di origine nigeriana, ospite del centro è stato aggredito e ferito a colpi di arma da taglio.

      16 giugno, Catania: aggredisce lavavetri perché insistente e lo insegue fin dentro a un supermercato minacciandolo con una spranga di ferro.

      17 giugno, Roma: tre ragazzi italiani, tutti minorenni hanno aggredito un gruppo di lavoratori indiani, con le loro famiglie, dapprima insultandoli con frasi razziste, poi lanciando degli sputi su donne e bambini presenti, poi picchiando un giovane indiano che cercava di capire le ragioni di quell’aggressione gratuita nei loro confronti.

      17 giugno, Erba (Como): Aggressione in piazza Padania a Erba. Un italiano ha picchiato uno straniero di 42 anni che è rimasto ferito alla testa.

      17 giugno, Palermo: tre migranti, un nigeriano di 32 anni, un ivoriano di 48 anni e un minorenne della Costa d’Avorio sono stati aggrediti al mercato Ballarò riportando varie ferite lacerocontuse alla testa e al volto.

      17 giugno, Cagliari: un giovane dominicano, fermatosi con il suo scooter prima delle strisce pedonali, è stato aggredito da tre ragazzi sardi che lo hanno malmenato perché straniero.

      20 giugno, Napoli: Bouyangui Konate, cuoco maliano di 21 anni, rifugiato, viene colpito da due ragazzi con un fucile a piombini e rimane ferito.

      22 giugno, Palermo: 21enne gambiano, a Palermo ormai da anni, dove studia al Commerciale e lavora come mediatore, viene colpito da pomodori da due sessantenni perché uno straniero non può sostare davanti a un portone.

      22 giugno, Sassuolo (Modena): tre italiani hanno aggredito un ragazzo straniero dopo una lite. Secondo alcune testimonianze, un membro del gruppetto di italiani avrebbe colpito in volto con un pugno il giovane straniero mentre un altro trattenendolo gli impediva di fuggire.

      23 giugno, Palermo: un branco di violenti si è accanito contro un ambulante di 33 anni originario del Bangladesh che viene picchiato fino a perdere i sensi.

      29 giugno, Torino: Ahmed, un giovane sudanese, rifugiato fuggito dalle persecuzioni nel Darfur, seduto su una panchina nel quartiere Mirafiori, viene aggredito da due uomini di mezza età, con insulti, botte, pugni e calci a raffica. Scappato il ragazzo le seguono nel ristorante dove si era rifugiato e continuano a picchiarlo, insultando e picchiando anche il titolare del ristorante e il cuoco, intervenuti a difesa della vittima.

      30 giugno, Trento: un lavoratore marocchino, che ha registrato le conversazioni col suo datore, viene minacciato di morte da quest’ultimo, che cita anche Salvini. Il principale, alla richiesta del lavoratore di poter prendere un giorno di malattia risponde “ti brucio vivo, brutto islamico”.

      2 luglio, Sassari: Una giovane nigeriana è stata aggredita, malmenata e insultata con frasi razziste da un uomo.

      3 luglio, Spotorno (Liguria): Aizzano il cane contro un ambulante nero e insultano la donna che lo difende insultandola e facendole delle intimidazioni su Facebook quando ha pubblicato il post per denunciare l’accaduto.

      3 luglio, Forlì: una donna nigeriana viene avvicinata da un motorino, con due persone a bordo, dal quale parte un colpo da una pistola ad aria compressa che la ferisce a un piede.

      4 luglio, Val di Susa: al rifugio autogestito di Chez Jesus sono arrivate 6-7 persone residenti di Claviere, poi raggiunte da altre, con lo scopo iniziale di far togliere le bandiere No Tav e No Borders, si sono imposti con violenza verbale, offendendo i presenti con insulti razzisti e sessisti quali “negra di merda”, “a voi non darei neanche venti euro sulla strada”, “avete solo bisogno di un po’ di cazzo”, “pompinari e zecche di merda”.

      5 luglio, Forlì: un uomo di 33 anni originario della Costa d’Avorio viene colpito all’addome con colpi esplosi da pistola ad aria compressa.

      10 luglio, Venezia: un porteur abusivo di origine ghanese viene picchiato dai colleghi “regolari” che gli gridano “Vai via brutto negro abusivo, ora qui c’è Salvini” Colpita anche la donna, spagnola, che da anni vive a Roma, a cui il porteur stava portando i bagagli.

      11 luglio, Latina: due uomini di origine nigeriana vengono raggiunti da proiettili di gomma esplosi da un’Alfa 155 nei pressi della fermata dell’autobus.

      17 luglio, Roma: una bambina rom di poco più di un anno, viene raggiunta da un colpo di pistola ad aria compressa. Rischia di rimanere paralizzata.

      22 luglio, Lercara Friddi (Palermo): un giovane ballerino di 23 anni, figlio di mauriziani ma nato in Italia e adottato dopo la nascita, è stato massacrato al grido di “Sporco negro vai via, non sei degno di stare con noi”.

      23 luglio, Atena Lucana (Salerno): un giovane raggiunge una struttura di accoglienza per cittadini extra-comunitari richiedenti asilo politico, in evidente stato di ebrezza, e aggredisce un ospite, neodiciottenne, di origini egiziane e un’operatrice del centro, provocando ad entrambi lesioni, accompagnando l’aggressione con insulti razzisti.

      24 luglio, Milano: un 42enne originario dello Sri Lanka è stato vittima di un brutale aggressione nella zona di Bruzzano. L’aggressore, un casertano di 55 anni, ha minacciato la vittima con un taglierino, prima di colpirlo ripetutamente al volto e alle braccia. La «colpa» del cingalese? Parlare al proprio cellulare non in italiano.

      26 luglio, Partinico: un richiedente asilo senegalese di 19 anni Khalifa Dieng viene aggredito e picchiato, mentre girava in bicicletta per le vie di Partinico. Così ben presto dagli insulti si è passati ai fatti. Il ragazzo è stato spintonato e poi preso a schiaffi e a pugni. che gli gridano: “Tornatene al tuo paese, sporco negro”.

      26 luglio, Vicenza: un operaio di origine capoverdiana che lavorava su un ponteggio viene colpito alle spalle dai colpi di una carabina sparati da un terrazzo. L’uomo che ha sparato si è giustificato dicendo di voler colpire un piccione.

      26 luglio, Aversa: un richiedente asilo della Guinea viene avvicinato da due ragazzi in moto, che gli sparano con un’arma ad aria compressa, colpendolo al volto.

      27 luglio, Torino: un ragazzo originario del Gabon, Hamed Musa, è stato aggredito e insultato come negro di merda da due uomini con un pitbull che ringhiava. Quando era serenamente seduto su una panchina, in zona Mirafiori.

      28 luglio, Napoli: due titolari di una pescheria hanno malmenato un nigeriano di 29 anni che chiedeva l’elemosina dinanzi al loro negozio

      28 luglio, Milano: un uomo di origine cingalese viene aggredito in un parco. L’aggressore pretendeva che parlasse in italiano al telefono e lo ha minacciato con un taglierino sulla gola davanti alla figlia terrorizzata.

      29 luglio, Moncalieri (Torino): In coda in un ufficio pubblico, squilla il telefono di un giovane arabo: è una preghiera musulmana. E una donna italiana lo aggredisce: “Quella suoneria è vietata, esci di qui e torna al tuo paese”.

      29 luglio, Aprilia: un uomo di origine marocchina viene picchiato a sangue da due uomini e muore, abbandonato sulla strada.

      29 luglio, Moncalieri (Torino): Daisy Osakue, nazionale di atletica leggera, aggredita a Moncalieri mentre rincasava: da un’auto in corsa le sono state lanciate contro delle uova. L’atleta è stata colpita a un occhio ed è stata operata per una lesione alla cornea.

      30 luglio, Roseto (Teramo): alla ASL un italo-senegalese viene respinto, con la frase: “Vai via, questo non è l’ufficio del veterinario”.

      30 luglio, Villaggio Mosé (Agrigento): un giovane diciottenne gambiano, Aggredito dal “branco” giovane migrante ospite di una comunità, ospite della comunità “La mano di Francesco”, viene aggredito mentre era sulla sua bici da un gruppo di ragazzi in scooter.

      2 agosto, Ficovaro (Pistoia): un migrante è stato preso di mira da due giovani italiani che al grido ‘negri di merda’ gli hanno sparato uno o due colpi di arma da fuoco. Fortunatamente è rimasto illeso.

      2 agosto, Napoli: un 22enne senegalese, venditore ambulante in Italia da diversi anni e con un regolare permesso di soggiorno, è stato ferito alla gamba da colpi di arma da fuoco che sarebbero stati esplosi da due persone. Il fatto è accaduto nel quartiere del Vasto. Non è in pericolo di vita: sarà sottoposto a un’operazione.

      3 agosto, Pistoia: Dei colpi di pistola, forse con una scacciacani secondo i primi accertamenti della polizia, sono stati esplosi contro Buba Ceesay, migrante di 24 anni del Gambia, ospite della parrocchia di Vicofaro. Gli spari sono stati accompagnati da insulti razzisti. Il giovane è rimasto illeso.

      14-15 agosto, spiaggia di Ciammarita a Trappeto (Palermo): viene attuato un pestaggio ai danni di sei minori stranieri non accompagnati. Le indagini coordinate dal pm e condotte dai carabinieri della compagnia di Partinico hanno portato all’arresto di sette persone, tra cui due donne. Gli indagati sono accusati di lesioni aggravate e violenza privata e di avere agito con la “finalità dell’odio etnico e razziale”.

      15 agosto, Partinico (Palermo): Quattro immigrati minorenni che erano in attesa del pulmino che li riportasse nella comunità che li ospita sono stati insultati e picchiati. Dopo gli insulti ai quattro immigrati, gli aggressori si sono scagliati contro due e poi sono fuggiti.

      16 agosto, Aprilia: Ferito a un piede da un piccolo proiettile di piombo mentre passeggiava nel centro di Aprilia, vicino Latina. Vittima un cittadino di nazionalità camerunense, che camminava a piedi in una zona del centro della località pontina. L’uomo è stato giudicato guaribile in 5 giorni.

      19 agosto, Terracina (Latina): Un cittadino indiano di 40 anni, mentre era in bicicletta sulla via Pontina, è stato colpito da tre pallini esplosi forse con un’arma ad aria compressa da uno sconosciuto a bordo di un’utilitaria. L’auto sarebbe poi fuggita.

      3 settembre, Raffadali (Agrigento): un ragazzo tunisino di sedici anni, preso a calci e pugni a Raffadali, è stato ricoverato in ospedale con contusioni e ferite su tutto il corpo. Come ricostruito dagli inquirenti, il giovane, che vive a Raffadali da un anno in una struttura che si occupa dell’accoglienza dei minori, ha prima ricevuto una sportellata da un minorenne e poi è stato picchiato con calci e pugni al grido di “torna nel tuo paese”.

      8 settembre, Bettola (Piacenza): In un crescendo di episodi di violenza nei confronti di un profugo, viene appiccato un incendio sul balcone della casa che ospita i richiedenti asilo nella cittadina. I carabinieri della compagnia di Bobbio, hanno deferito tre cittadini del paese della Valnure per violenza privata, danneggiamento a seguito di incendio, ingiuria e minacce aggravate da motivi razziali.

      9 settembre, Mortara (Pavia): un operaio africano, passato con un monopattino di fronte a un bar cittadino, viene insultato e picchiato dal titolare del bar e da due clienti, che sono stati indagati.

      11 settembre, Sassari: Un giovane guineano è stato aggredito durante la notte da cinque ragazzi. A fermare la furia del branco è stato un uomo che ha assistito al pestaggio ed è intervenuto facendo fuggire il gruppetto di razzisti.

      12 settembre, Francavilla Fontana (Brindisi): un giovane migrante, un diciassettenne proveniente dalla Guinea, ha subito un violento pestaggio da parte di alcuni coetanei.

      16 settembre, Piazza Armerina (Enna): un ragazzo gambiano di 23 anni, da due in Italia e ospite dall’associazione Don Bosco è stato pestato a sangue da tre ragazzi.

      17 settembre, Catania: molotov contro il centro per richiedenti asilo di Grammichele. Danneggiata la porta d’ingresso. La coop che lo gestisce: “Speriamo non sia razzismo, ma solo una ragazzata”.

      24 settembre, Castelfranco Emilia (Modena): Un 27enne pachistano che in quel momento stava camminando con alcuni amici, viene colpito da una pistola ad aria compressa da un’auto in corsa. Gli autori potrebbero essere indagati anche per odio razziale perché avrebbero esultato una volta colpito il ragazzo.

      26 settembre, Frosinone: Tre studenti universitari sono stati indagati e le loro abitazioni sono state perquisite dagli investigatori della Digos e della Squadra Mobile della questura di Frosinone. Secondo quanto emerso, i tre studenti, residenti a Ceprano, due di 22 e uno di 23 anni, avrebbero aggredito senza motivo richiedenti asilo politico in diverse regioni italiane e nel Frusinate, in particolare a Ceprano e Roccasecca. In otto mesi di indagini la polizia ha accertato almeno sette episodi di aggressione a sfondo razziale. Pesanti i capi di imputazione contestati ai tre: propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale, etnica e religiosa, minacce, stalking, lesioni personali, danneggiamento. Nelle abitazioni sono stati ritrovati opuscoli di “Blocco studentesco”, organizzazione dell’ultradestra attiva nelle scuole e nelle università, mazze da baseball, sfollagente, due coltelli e materiale propagandistico sulla superiorità razziale.

      30 settembre, Roma: una donna nordafricana viene spinta e gettata a terra da un uomo italiano nei pressi di Piazza Bologna. All’origine dell’aggressione un diverbio per un parcheggio. La donna, infatti, occupava un posto auto in attesa del fratello, che stava arrivando in macchina. L’uomo, un cinquantenne romano, vedendo il posto vuoto le ha intimato di spostarsi immediatamente. Dopo una serie di offese a sfondo razzista come “tornatene al tuo paese”, la donna è stata colpita ed è caduta a terra.

      2 ottobre, Napoli: un passeggero di origini asiatiche, probabilmente pakistano, viene insultato e minacciato da un uomo italiano seduto accanto a lui: “Io sono italiano e tu mi fai schifo, ti taglio la testa, fammi vedere il biglietto, voi facce di m… ci avete rovinato, mi fai schifo a pelle, ti ammazzo di botte”. Interviene solo una signora chiedendo all’italiano di smetterla. A quel punto l’uomo minaccia anche lei: “Tu a Napoli non ci arrivi, se ti incontro sei morta”. Poi si arrende.

      4 ottobre, Montagnana (Padova): una coppia entrata in un ristorante, si è rivolta al cameriere di colore aggredendolo verbalmente e rifiutandosi di essere servita da lui. Una sua collega, Laura, ha difeso il ragazzo dicendo alla coppia: “Potete anche andare via – ha detto – qui noi non serviamo clienti razzisti”. Il fatto, segnalato su Facebook dalla stessa Laura, ha suscitato la solidarietà dei cittadini.

      7 ottobre, Venezia: una ragazza haitiana di colore, adottata da due veneti, viene respinta a un colloquio di lavoro per fare da cameriera in un ristorante dal proprietario che vedendola le dice “Ah, ma sei nera? Scusa, non è per cattiveria – ha detto l’uomo – ma io non voglio persone di colore nel ristorante, potrebbe far schifo ai miei clienti, potrebbe far schifo che tocchi i loro piatti”.

      12 ottobre, Lodi: la Sindaca leghista Sara Casanova, taglia fuori dal servizio mensa e scuolabus oltre 200 bambini tutti figli di stranieri, che sono così costretti a mangiare in stanze separate da quelle dei compagni e a percorrere ogni mattina molti chilometri a piedi per raggiungere la scuola.

      12 ottobre, hinterland di Bari: un gruppo di ragazzi aggredisce un ragazzo di colore loro conoscente, spruzzando su di lui della schiuma bianca dicendogli “sei nero, ora ti facciamo diventare bianco”.

      12 ottobre, Lucca: un ragazzo nato e cresciuto a Lucca da genitori dello Sri Lanka ha ricevuto insulti razzisti su un autobus della città toscana. Un autista della Città Toscana Nord prima avrebbe detto al ragazzo di stare in piedi perché non c’erano posti a sedere. Poi, quando il giovane ha trovato un sedile libero, è arrivato l’insulto: “Ma vieni dal cimitero? Puzzi di morto! C’è un tanfo di morto! Che cosa ti sei messo? Non ti puoi sedere, puzzi di morto”. Nessuno dei passeggeri è intervenuto. Secondo il ragazzo – che ha raccontato ai giornali locali l’episodio – “Forse non hanno sentito o forse hanno preferito far finta di niente. Una cosa del genere non mi era mai successa”.

      13 ottobre, Morbegno (Sondrio): un senegalese di 28 anni è stato avvicinato alle 2 di notte da un gruppo di ragazzi, mentre andava al panificio in cui lavora, e hanno iniziato ad insultarlo per il colore della pelle. Poi calci e pugni fino a mandarlo in ospedale.

      14 ottobre, Varese: Emanuel, ventottenne di origini nordafricane che da 10 anni vive in Italia, fa il cassiere in un supermercato. Durante il suo turno di lavoro, si trova di fronte una donna quarantenne che gli dice: «Non voglio essere servita da un negro». Il ragazzo invita la cliente a concludere i suoi acquisti, ma lei insiste e continua a insultarlo con frasi razziste. Quando sente che i colleghi stanno chiamando la polizia, gli lancia addosso anche una lattina di birra, danneggiando la cassa.

      16 ottobre: una giovane ragazza trentina denuncia su Facebook l’episodio di razzismo di cui è stata testimone su un autobus Flixbus diretto da Trento a Roma sul quale una donna italiana di circa 40 anni ha inveito contro un ragazzo senegalese di 25 anni impedendogli di sedersi nel posto assegnato, che era accanto al suo. “Qui no, vai via, vai in fondo, sei di un altro colore e di un’altra religione”. Davanti alle invettive della donna è scoppiato in lacrime dicendo: “Non faccio nulla di male. Non sono cattivo. Voglio solo sedermi e riposare perché sono stanco”.

      17 ottobre, Trento: uno studente indiano, che frequenta l’università (a breve si laureerà ingegneria meccatronica), è stato fatto cadere e poi colpito a calci nei dintorni della residenza dove abita. Gli aggressori si sono limitati a picchiarlo senza portargli via nulla. Il ragazzo ha informato del fatto l’università, raccontando che il movente dell’aggressione è di tipo razziale.

      19 ottobre, Castel Volturno (Caserta): un ragazzo ghanese di 29 anni si ritrova su una sedia a rotelle con gambe e braccia paralizzate a vita a seguito di un’aggressione di matrice razzista. È stato massacrato di botte mentre rientrava a casa dal lavoro come saldatore in autobus come ogni sera. L’aggressore, che non si spostava per farlo scendere, nonostante il ragazzo chiedesse di passare, ha sferrato un primo colpo, scagliando il giovane fuori dal pullman. Dopo essere caduto, il ragazzo ha subito un pestaggio da parte dell’uomo che lo ha costretto alla paralisi.

      19 ottobre, Brindisi: un ragazzo di 20 anni originario del Senegal è una delle due vittime delle altrettante aggressioni violente a sfondo razziale perpetrate prima contro di lui e poi contro Elia, segretario della comunità cittadina del Ghana. Un terzo raid razzista è stato sventato dall’intervento di un cittadino, che ha minacciato di chiamare la polizia. Si presume che i due violenti che hanno preso a bastonate, calci e pugni le gli immigrati, abbiano voluto ergersi a vendicatori prendendo di mira degli uomini di pelle scura, a seguito di due episodi avvenuti la mattina: prima il danneggiamento di un’auto da parte di un cittadino della Guinea e poi una presunta violenza sessuale su cui la polizia sta ancora cercando di far luce.

      21 ottobre, Milano: Shanti una 23enne italiana di origini indiane. Domenica sale sul Frecciarossa Milano-Trieste e si accomoda accanto a una signora, che prima le chiede se ha il biglietto, poi, ricevuta risposta affermativa, guardando la ragazza dice ad alta voce: “Se è così, io accanto a una negra non ci sto”. E cambia posto. A denunciare il gesto razzista, è stata la mamma della giovane, presidente del Ciai (Centro italiano aiuti all’infanzia, con un post su Facebook).


      http://www.radicali.it/cronologia-aggressioni-razziste-da-inizio-giugno-ad-oggi

    • Un’estate all’insegna del razzismo

      È stato pubblicato il dossier “Un’estate all’insegna del razzismo”, a cura di Lunaria, che analizza i casi di razzismo nel nostro Paese negli ultimi sei mesi. Dal razzismo quotidiano a quello istituzionale, ecco cosa c’è da sapere.

      Quella appena trascorsa è un’estate che difficilmente dimenticheremo. Da qualunque lato la si guardi – i comportamenti sociali, il dibattito pubblico, le scelte istituzionali – desta preoccupazioni profonde. E non sono (solo) i numeri a fondare le nostre ansie. 304 casi di discriminazione e di razzismo documentati in sei mesi, 488 dall’inizio dell’anno, sono molti. Ma come sempre colgono solo quello che si è reso visibile e documentabile grazie alle segnalazioni dirette e al monitoraggio dei media.

      No, non sono i numeri a cui guardiamo. Quello che ci preoccupa di più è altro.

      Sono quelle parole e quei comportamenti violenti che non raggiungono l’onore delle cronache e che non vengono denunciati, ma proliferano in ogni dove. Quello che ci preoccupa è che una bimba Rom di 15 mesi possa essere colpita alla schiena per strada e un lavoratore straniero sia colpito “per caso” mentre lavora. Sono le “goliardate” compiute da minori ai danni dei loro coetanei stranieri.

      È che lo Stato faccia tutto il possibile per impedire di mettere in salvo delle vite umane. È che chi ripropone il primato degli italiani in un asilo pubblico o per accedere a una casa popolare venga acclamato da un’ampia parte dell’opinione pubblica. È la separazione dei bambini a scuola nell’ora dei pasti o mentre devono vaccinarsi. È che un ministro della Repubblica possa permettersi anche solo di proporre in rete l’abrogazione della legge Mancino. È che possano ancora agire indisturbati movimenti che si ispirano al fascismo e al neonazismo. È l’approvazione del D.L. 113/2018, che cancella il permesso per motivi umanitari, affossa il sistema pubblico di accoglienza e amplia il sistema dei centri di detenzione. È la strumentalizzazione politica spudorata dei corpi delle donne violati, laddove l’aggressore è un cittadino straniero. È che una signora qualsiasi possa insultare e rifiutarsi di sedersi accanto a una ragazza italiana in treno solo perché il colore del suo volto non è bianco. È la censura da parte della televisione pubblica di un documentario prodotto da un suo giornalista che osa mostrare le condizioni di vita ingiuste e disumane dei bambini rifugiati a Lesbo. E infine, quello che ci preoccupa è l’attacco al sistema di accoglienza pubblico sferrato con l’arresto di Mimmo Lucano.

      Non siamo i soli ad essere allarmati.

      A scendere in campo contro i rischi di un’escalation di discriminazioni istituzionali, di xenofobia e di razzismo sono stati anche importanti esponenti delle istituzioni, a partire dal Presidente della Repubblica: «L’Italia non può somigliare a un Far West dove un tale compra un fucile e spara a una bambina di un anno rovinando la salute e il futuro. Questa è barbarie e deve suscitare indignazione». O dall’UNHCR, Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, che ha espresso “profonda preoccupazione per il crescente numero di attacchi nei confronti di migranti, richiedenti asilo, rifugiati e cittadini italiani di origine straniera che hanno caratterizzato questi ultimi mesi”.

      Sino ad arrivare all’annuncio dell’invio di “personale in Italia per valutare il riferito forte incremento di atti di violenza e di razzismo contro migranti, persone di discendenza africana e rom” da parte dell’Alto Commissario Onu per i diritti umani, Michelle Bachelet. Persino il Parlamento Europeo è giunto ad approvare (tardivamente) una risoluzione che invita i Governi dei Paesi membri a mettere al bando le organizzazioni neo-naziste e neofasciste.

      In questo ultimo dossier raccontiamo tutto questo nel dettaglio.

      Partiamo come di consueto dai casi di ordinario razzismo, dedicando un approfondimento alla ricorrenza anomala di violenze fisiche che hanno colpito soprattutto persone nere. Riepiloghiamo le scelte compiute dal Governo a partire dal suo insediamento sino ad arrivare all’approvazione del pessimo Decreto Legge 113/2018 e le discriminazioni istituzionali compiute attraverso delibere comunali o leggi regionali.

      Le cronache giornalistiche hanno seguito con una particolare attenzione tutti questi eventi non rimanendo immuni da omissioni, enfatizzazioni e vere e proprie stigmatizzazioni che analizziamo nel quarto capitolo.
      L’estate è stata però attraversata anche da moltissime iniziative di solidarietà. Un vero e proprio risveglio della società civile ha attraversato il nostro Paese da Nord a Sud, coinvolgendo singoli e soggetti collettivi e ambienti del tutto diversi tra loro, agendo in molti casi in modo auto-organizzato. La mobilitazione straordinaria che ha fatto giungere a Lodi più di 165mila euro per consentire a tutti i bambini che ne erano stati esclusi di tornare ad accedere alla mensa scolastica, è forse quella più originale e innovativa.

      Di fronte alle decisioni sbagliate è possibile ribellarsi. Anche quando ci sono regole o leggi ingiuste, rassegnarsi non è inevitabile.

      E proprio a tutti coloro che non accettano la criminalizzazione della solidarietà e la praticano dal basso, è dedicato l’ultimo capitolo.


      https://www.cartadiroma.org/news/in-evidenza/unestate-allinsegna-del-razzismo

      v. le dossier ici:
      https://www.lunaria.org/wp-content/uploads/2018/10/FOCUS62018unestateallinsegnadelrazzismo.pdf

    • #Latina, Torino, Roma: le violenze razziste non si fermano

      Due fratelli di 14 e 15 anni, nati in Italia e originari del Congo, vengono aggrediti, a Latina, prima verbalmente con frasi razziste per il colore della loro pelle e poi fisicamente, subendo un brutale pestaggio da parte di un gruppo di giovanissimi, tutti italiani tra i 13 e i 15 anni. L’episodio è avvenuto il 1 dicembre, ma ne abbiamo avuto notizia solo oggi, quando la squadra mobile ha segnalato alla Procura presso il Tribunale per i minori di Roma ben tredici minorenni del capoluogo pontino. A forza di calci uno dei due fratelli è finito a terra, vittima di un trauma cranico e privo di conoscenza, mentre all’altro sono stati fratturati il naso e uno zigomo. I due fratelli, ricoverati in ospedale, con prognosi di venti e trenta giorni, sono fuori pericolo ma sotto choc. Secondo alcune indiscrezioni, gli aggressori apparterrebbero a “situazioni familiari disagiate e in alcuni casi sono figli di uomini con precedenti penali o con parentele pesanti nella criminalità organizzata della città”.

      Ci spostiamo vicino Torino. Pape Bassirou Tine, ventenne di origine senegalese residente ad Almese, giovane e promettente calciatore del San Maurizio Canavese (campionato di Promozione), viene aggredito davanti al Caffè Stazione di Avigliana (TO). Il fatto è accaduto lunedì 17 dicembre sera. «Mi hanno urlato ‘negro di m*…, torna a casa tua’, poi mi sono avvicinato per chiedere spiegazioni. Uno mi ha colpito con un pugno, un altro con un bicchiere di vetro». Secondo una prima ricostruzione, fatta grazie al racconto del ragazzo e dei testimoni presenti al momento dell’accaduto, gli aggressori sarebbero cinque-sei italiani, più o meno suoi coetanei. Pape, recatosi all’ospedale di Rivoli per farsi medicare, ha perso sangue a causa dei colpi ricevuti ma si rimetterà presto. Torino Today riporta le parole del giovane, che ora chiede giustizia: «Chiedo solo che giustizia sia fatta perché siamo nel 2018 e non permetto a nessuno di sottovalutarmi. Siamo tutti esseri umani. Sembra che siano solo gli stranieri a commettere crimini, ma non è così». Pape ha presentato una denuncia alla stazione dei carabinieri, che sono ora al lavoro per identificare gli autori dell’aggressione grazie anche ai filmati delle telecamere di sorveglianza della stazione.

      Da Torino torniamo a Roma. Ancora un’aggressione razzista nei confronti di una persona nera. Le vittime in questo caso sono due: una mamma e la sua bambina, a bordo del tram 19. A raccontare l’accaduto, ieri, sulla propria pagina Facebook, una testimone che ha assistito al fatto intorno alle 16:45 del pomeriggio. “Ad una fermata sale una donna di colore, con una bimba di un anno in passeggino. Un uomo, romano doc, sulla quarantina le dice: “E tu perché sei qua, cosa fai sul tram?!”. La donna risponde: “Che vuoi, che ti ho fatto?”. L’uomo innervosito dal fatto che una donna, per giunta “nera”, gli risponda, le ribatte: “Tu devi stà zitta, hai capito, devi stà zitta”. Alla fermata del tram, la donna cerca di scendere, ma l’uomo le tira una pacca sul sedere e tira due calci al passeggino e le sputa in faccia”. Nonostante l’intervento della testimone e di un altro ragazzo, l’uomo continua ad infierire e a insultare. Anche altri passeggeri, presenti all’aggressione, partecipano agli insulti generali. Il tram riparte. Nessuno chiede niente. Come se nulla fosse accaduto.

      Pochi giorni fa, aveva scosso e fatto il giro dei social l’episodio della donna rom e di sua figlia aggredite nella metro, raccontato alla giornalista Giorgia Rombolà, testimone dell’aggressione. Pochi giorni fa, avevamo ricevuto una segnalazione simile anche da una nostra lettrice (ne abbiamo parlato qui).

      Fatti con cadenza quotidiana estremamente gravi, e sempre più relegati alla pura cronaca. Fatti che non dovrebbero passare inosservati. E che dovrebbero far riflettere sul clima inquietante in cui siamo immersi e che sembra restringere ogni giorno i pochi interstizi di umanità che restano.


      http://www.cronachediordinariorazzismo.org/alatina-torino-roma-le-violenze-razziste-non-si-fermano
      #Turin #Rome

    • Ordina le pizze, brasiliana pestata a sangue. «Siamo in Friuli, devi parlare friulano per legge»

      Pestata in un locale pubblico perché non parla friulano. Accade fuori da una pizzeria da asporto, a #Mereto_di_Tomba. La donna, brasiliana, 47 anni, residente a Cavasso Nuovo nel Pordenonese, era entrata nel locale insieme ai figli, per ordinare delle pizze da portare a casa. Ha chiesto le pizze in buon italiano, ma ad un uomo presente nel locale, un camionista, non è bastato: «Qui siamo in Friuli e si deve parlare friulano per legge». La donna, per evitare liti, è uscita fuori, al freddo, per attendere le pizze. Ma l’uomo è uscito e nonostante il figlio della donna cercasse di difenderla, l’ha spintonata e colpita al volto. Col naso sanguinante e sotto choc la brasiliana è andata al pronto soccorso: ha numerosi traumi.

      https://www.ilmessaggero.it/italia/brasiliana_picchiata_pizzeria_udine_oggi-4222441.html

  • Rifiuti, prostituzione e caporali: l’inferno di Rosarno

    Viaggio nel #ghetto più grande d’Italia. Più di 2500 migranti ammassati nella baraccopoli della Piana di #Gioia_Tauro. Il rapporto dei Medici per i diritti umani (Medu) si chiama “#Terraingiusta” e racconta “le condizioni spaventose” in cui vivono gli ospiti della spianata in provincia di #Reggio_Calabria


    http://www.repubblica.it/cronaca/2017/04/12/news/rifiuti_droga_e_caporali_l_inferno_di_rosarno_viaggio_nel_ghetto_piu_gran
    #déchets #prostitution #caporalato #Rosarno #rapport #Italie #Calabre

    • Magdalena, che difende i braccianti dal caporalato

      #Magdalena_Jarczak è arrivata in Italia nel 2001, in cerca di lavoro. Ha passato mesi d’inferno nelle campagne pugliesi. Ma ha avuto il coraggio di ribellarsi ai caporali e oggi è diventata la paladina dei braccianti senza diritti


      http://www.donnamoderna.com/news/italia/braccianti-agricoli-caporalato-magdalena-jarczak

    • Red gold and blood money: the fight to end modern slavery in Italy’s agricultural sector

      For #Yvan_Sagnet, a Cameroonian migrant working in a tomato field in Puglia, Italy, the last straw came on a hot summer’s day in 2011. The harvest was in full swing. Teams of undocumented labourers were busy working at 42°C with no access to water or toilet facilities.


      https://www.equaltimes.org/red-gold-and-blood-money-the-fight?lang=en
      #tomate #Pouilles

    • Rosarno, otto anni dopo: nella baraccopoli degli immigrati, senza acqua corrente né elettricità

      Il #ghetto di #San_Ferdinando è rimasto lo stesso, uomini che vivono nel fango e in condizioni igieniche pessime in attesa di una giornata di lavoro a cottimo. Lì dove il 7 gennaio del 2010 era scoppiata una rivolta non è cambiato niente

      http://www.corriere.it/video-articoli/2017/12/28/rosarno-otto-anni-dopo-baraccopoli-immigrati-senza-acqua-corrente-ne-elettricita/e7b13272-ebe2-11e7-9fa2-1bd82b1c1e98.shtml

    • “Bastonati e investiti dagli italiani”. Nell’inferno di Rosarno che attende Salvini

      Nelle baraccopoli 2.500 braccianti vivono in condizioni disumane. Emergency: “Almeno 30 colpiti volontariamente dagli automobilisti”

      http://www.lastampa.it/2018/03/17/italia/cronache/bastonati-e-investiti-dagli-italiani-nellinferno-di-rosarno-che-attende-salvini-XfsEbYNLD5vD2hPYq9aoKJ/pagina.html

    • Caporalato, i nuovi schiavisti minacciano #Marco_Omizzolo. Ma lui non si arrende

      Lui si chiama Marco Omizzolo, sociologo, giornalista, responsabile scientifico della associazione In Migrazione. Da anni studia, scrive e denuncia le infiltrazioni della camorra nell’agro-pontino, ricostruisce la catena del malaffare e della corruzione, ricostruisce e documenta la tragedia del caporalato e le nuove forme della schiavitù che segnano le esistenze di migliaia di esseri umani, a prescindere dal colore della pelle e da luogo di nascita.

      I nuovi schiavisti non fanno distinzione tra bianchi, gialli e neri, inseguono solo l’odore dei soldi. Marco Omizzolo, e con lui altri coraggiosi cronisti di quella terra, non ha solo scritto e descritto, ma è anche andato, accompagnato da un avvocato, e dai sindacalisti della Cgil, davanti ai caporali, e poi li ha denunciati e ha contribuito a mettere in moto indagini e inchieste che hanno infastidito chi ha bisogno del buio per realizzare profitti e affari che, spesso, si intrecciano con lo spaccio della droga e lo sfruttamento della prostituzione.


      https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/03/18/caporalato-i-nuovi-schiavisti-minacciano-marco-omizzolo-ma-lui-non-si-arrende/4233199
      #résistance

    • A Rosarno, la tendopoli delle donne

      Becky Moses, giovane nigeriana, muore carbonizzata in un ennesimo incendio scoppiato nella tendopoli di San Ferdinando a Rosarno. Questa volta è una donna, non è una bracciante e non raccoglie arance. Finora il popolo della tendopoli innalzato alle cronache è maschio, bracciante impiegato nella raccolta degli agrumi.

      Le immagini che ci accompagnano dalla famosa rivolta del 2010 sono di centinaia di migranti uomini africani scesi in piazza, per le vie del paese, pieni di rabbia, per protestare contro le violenze fisiche subite, lo sfruttamento nei campi e la vita da bestie vissuta in casupole fatiscenti sparse nelle campagne della piana di Rosarno e Gioia Tauro. In seguito alla rivolta l’anno dopo viene allestita la prima tendopoli a San Ferdinando, lontano dal paese, nella zona industriale, fatta di capannoni vuoti e abbandonati realizzati con la legge 488, ma le cui attività produttive non sono mai partite.

      Rosarno è da tempo conosciuta come la tendopoli più grande di Italia. Nei periodi di raccolta delle arance, da ottobre a marzo, vi vivono circa 2.500 immigrati e tanti di loro oggi vi risiedono in modo permanente anche tutto l’anno. Da anni si ricercano soluzioni, si investono finanziamenti ma di fatto si moltiplicano solo campi mai del tutto attrezzati. Inconcepibilmente l’ultima tendopoli è stata costruita priva di spazi dove poter cucinare mentre era previsto un servizio di catering, scelta insensata se pensiamo che ad abitare questa tendopoli vi sono una ventina di etnie con culture sul cibo tra loro diversissime. Il cibo, come si sa, è uno degli elementi che permette di mantenere la propria identità. E le persone, nei loro processi migratori, hanno bisogno di poter continuare a prepararsi un pasto secondo le proprie usanze e culture, e molte volte questo contribuisce un po’ ad alleviare le sofferenze che le migrazioni portano con sé, a rimanere ancorati alle proprie identità e radici culturali.

      Nei giorni che hanno proceduto le festività dell’ultimo Natale, Blessing è arrivata nella nostra comunità dopo essere stata presa in una retata della polizia mescolata con maman e sfruttatori che costringevano lei e altre ragazze a prostituirsi in strada. Anch’essa passata dalla tendopoli di Rosarno e poi spostata in altri luoghi della Calabria. Blessing ha dormito per due giorni interi, come se il suo corpo e la sua mente avessero avuto bisogno di allontanare da sé mesi e mesi di violenze e soprusi. Al suo risveglio abbiamo preparato insieme la cena di Natale per tutti, lei il suo piatto nigeriano e io quello calabrese. Ore e ore in cucina e lentamente lievitava quel sapore della vita che nutre identità diverse e dignità uguali.

      Così a San Ferdinando i migranti della nuova tendopoli vanno a cucinare e mangiare nella vecchia tendopoli, dove pur vivendo condizioni di grande degrado, con tende e baracche costruite con legni e plastiche riciclate, preferiscono continuare a preparare con fornelli e bracieri improvvisati i pasti secondo le loro usanze. E come in tutti gli slum qui pullula la vita, tra docce e latrine a cielo aperto, cumuli di rifiuti e spazzatura, dormitori con materassi messi direttamente sulla terra battuta, spazi di vita che non conoscono intimità.

      La tendopoli è anche un luogo di mercato, dove crescono piccoli business, minime attività commerciali avviate tra chi vende carne, chi ripara biciclette, chi gestisce piccoli night, chi vende bevande. Però il cibo viene condiviso, e chi non ne ha viene qui a cercarlo. Si forma così una sorta di “cittadella” tra persone che non sempre parlano la stessa lingua, una cittadella dove si può nascere e si può anche morire. Ma è anche un luogo di violenze, soprusi e sfruttamenti dove il più forte prevarica sul più debole.

      Alla tendopoli non arrivano più soltanto braccianti per la stagione agrumicola, spesso arrivano migranti richiedenti asilo in fase di ricorso contro il diniego da parte delle Commissioni territoriali. L’incertezza sulla regolarità di soggiorno non tocca solo i richiedenti asilo in fase di ricorso ma pure i titolari di permesso di soggiorno per motivi di lavoro e che in assenza di una forma contrattuale rischiano di non vedersi rinnovato il documento. Sono migranti che vivono condizioni di forte precarietà sia in termini abitativi che lavorativi. Vi è un ritorno in agricoltura anche di lavoratori stranieri che vivevano e lavoravano nel nostro Nord ma che con la crisi delle attività produttive hanno perduto il lavoro. Altri arrivano non sapendo in quale altro luogo andare, cercando un riparo, e trovando un sostegno tra i migranti dello stesso paese o continente. La tendopoli diventa così un luogo di mera sopravvivenza.

      Arrivata in Italia Becky era stata ospite in un progetto Sprar. Alcune settimane prima, però, si è vista rifiutare la richiesta di asilo politico e ha dovuto lasciare il progetto. In alcune realtà territoriali anche se hai fatto ricorso sei comunque costretta ad andar via. Ha cercato cosi, come altri, un appoggio presso i connazionali che vivono stabilmente nella tendopoli di San Ferdinando.

      La tendopoli per alcuni è un luogo di sosta, un momento di transito per proseguire altrove il viaggio, prima di spostarsi in altri territori come Castelvolturno, Foggia, Falerna, Sibari e adoperarsi nella raccolta agricola di altri prodotti stagionali come il pomodoro o la cipolla. Per le donne è un modo di cambiare il territorio dove prostituirsi, assecondando maman e sfruttatori che hanno bisogno continuamente di “nuova merce”. Per altri il viaggio termina qui, in questo luogo non luogo, e qui possono rimanere anche per anni.

      Negli ultimi due anni la tendopoli di San Ferdinando ha visto aumentare la presenza femminile. Prima le donne si contavano sulla punta delle dita, adesso ce ne sono circa un centinaio, quasi tutte giovanissime e per lo più nigeriane. Campavano nella parte dove è scoppiato l’incendio che ha ucciso Becky e gravemente ustionato due sue connazionali. In gran parte né le donne e né gli uomini nigeriani occupano la filiera di coloro che vanno a lavorare nei campi. Molti uomini sono dediti a imbastire le fila dei traffici di droga e dai proventi della prostituzione possono investire sempre più nello spaccio di cocaina. Le donne nella tendopoli sono, quasi tutte, costrette a prostituirsi sia dentro la tendopoli che nei pressi dei paesi vicini o in altre città calabresi raggiungibili in treno. E fanno quest’attività per 10 o 12 ore al giorno. Se devono raggiungere altre città partono la mattina per tornare la sera. Nelle stazioni da Lamezia Terme, Vibo Valentia, Gioia Tauro puoi incontrare in certe ore queste donne che regolarmente vanno e vengono in treno. In tendopoli i clienti sono gli uomini che la abitano, altrove i clienti sono italiani. I prezzi cambiano; per gli africani il costo è di 10 euro, per i vicini clienti italiani sono 20 euro; ma questi prezzi possono arrivare fino a 30-50 euro nei pressi delle città e secondo le prestazioni. Alcune di queste ragazze finiscono per risiedere nei paesi o nelle città.

      Tessy è originaria di Benin City (Nigeria), la città da cui proviene la maggior parte delle nigeriane. Dopo aver attraversato il Niger è giunta a Saba (Libia) dove è rimasta per 5 mesi chiusa in una casa, violentata e costretta con altre ragazze a prostituirsi, per poi essere imbarcata verso l’Italia. Approdata in Sicilia è stata trasferita in un centro di accoglienza del nord. Dopo alcuni giorni vi è stata prelevata da connazionali e trasferita a Foggia, dove una maman le porta i vestiti e le indica i luoghi in cui dovrà prostituirsi e le regole da osservare. Dopo qualche mese viene spostata a Rosarno nella tendopoli, che Tessy definisce una connection house, il nome col quale si indica un luogo di transito. Vi resta per un certo tempo prima di venire ritrasferita a Lamezia Terme, dove l’attende la maman con casa e programma di lavoro su strada. Per sette mesi è sottoposta ininterrottamente alla prostituzione fino a una retata notturna dei carabinieri, quando viene arrestata insieme ad altre sei ragazze oltre la baby maman, un brother e uno sfruttatore italiano. A seguito di vari colloqui con operatori antitratta, decide di denunciare i suoi sfruttatori e di entrare in un sistema di protezione per vittime di tratta.

      La responsabile del poliambulatorio di Emergency di Polistena che eroga prestazioni sociali e sanitarie a donne migranti presenti nella tendopoli racconta che alcune di esse arrivano al poliambulatorio accompagnate da connazionali. Forse tra loro vi sono anche maman, probabilmente sono quelle stesse a richiedere la visita e garantire il trasporto dalla tendopoli. È un servizio tra tanti altri che viene offerto per mantenere “in forma e salute” i loro “oggetti di produzione” (ovviamente a pagamento, aggiungendolo al debito già contratto nel paese di origine dove le ragazze vengono sottoposte a riti voodoo e mantenute sotto ricatto e altre forme di violenza, fisica e psicologica, fino a quando il debito contratto non verrà sanato. Solitamente il debito iniziale va dai 25 ai 30 mila euro). La funzione delle maman può essere duplice, a volte è lei a organizzare insieme ad altri connazionali il viaggio delle ragazze dalla Nigeria fino al luogo di destinazione dove essa stessa provvederà a far prostituire e a sfruttare le ragazze; altre volte sono considerate come baby maman e non sono altro che ragazze che sono state anch’esse vittime di tratta, a servizio dell’organizzazione che le sottopone a compiti di controllo per la consegna dei proventi della prostituzione al trafficante.

      La rendita garantita da una donna su strada è alta. Si stima che le organizzazioni criminali possano guadagnare, da una donna vittima di tratta immessa nel giro della prostituzione, un profitto fino a 150 mila euro in un anno. Svolgendo una ricerca in Calabria, abbiamo calcolato circa mille donne in strada da Rosarno a Gioia Tauro, da Lamezia Terme ad Amantea, dalla piana di Sibari al litorale jonico del Crotonese. Ovviamente i numeri non sono esaustivi della realtà. Basta un dato per capire la dimensione del fenomeno: 150 milioni di euro di guadagno all’anno, un grande business criminale sulla pelle di mille donne disperate.

      Glory racconta: sono arrivata a Rosarno che non sapevo parlare italiano e neppure lo comprendevo. Mi avevano istruita, ai clienti che mi fermavano su strada avrei dovuto mostrare due o tre dita in segno di 20 o 30 euro e dare tutti i soldi alla mia maman per iniziare a pagare il mio debito.

      Qualcuno la chiama “mafia nera” questa organizzazione criminale nigeriana che sta diventando simile alle mafie nostrane. Questa rete ha messo radici in buona parte dell’Europa ed è strutturata in confederazione di gruppi a volte divisi ma pronti a coalizzarsi. In Calabria si constata la presenza di due grandi organizzazioni, denominate “Black Axe” e “Eiye”. Oltre a essere violentissime, si caratterizzano per l’uso dei rituali magico-religiosi riferiti al voodo. Alcuni dicono che superano le modalità violente della ‘drangheta. Per l’affiliazione all’organizzazione utilizzano simboli che ricordano le nostre mafie, ci si entra per cooptazione e gli adepti devono dimostrare di saper agire con spietatezza e crudeltà. Nel mercato clandestino si occupano della bassa fascia della prostituzione, un settore in cui le nostre cosche criminali non intervengono da tempo. Fatti e indagini ci dicono però che stanno entrando sempre più negli affari di droga, grazie anche alle loro reti internazionali. Non dimentichiamo che il porto di Gioia Tauro, il più grande d’Italia e tra i più rilevanti di Europa e del Mediterraneo, è considerato la porta principale di entrata della droga nel nostro continente.

      A chi è utile la tendopoli di Rosarno? È una domanda a cui difficilmente potremmo rispondere se non con il rischio di darne letture circoscritte, punti di vista che ne ignorano altri. Nel corso degli anni i flussi dei finanziamenti arrivati per la tendopoli, non hanno cambiato nulla, il “modus operandi” è sempre lo stesso. Le strutture sono concepite come emergenziali e temporanee, la tendopoli è una misura “ponte” limitata nel tempo per offrire risposte a persone che non possono usufruire immediatamente di una abitazione, ma di fatto diventa permanente. E vi è anche il rischio che molti di questi soldi possano essere utilizzati da clan mafiosi attraverso ditte di costruzione e manutenzione a loro sottomesse, per il completamento dei diversi lavori. Rosarno è uno tra i vari comuni calabresi che è stato sciolto per mafia. Il lavoro nella piana di Rosarno è caratterizzato dalle forme di un’agricoltura assistita, sfruttata dalle multinazionali e dalla grande distribuzione che vi fa sopra ingenti profitti comprando gli agrumi a bassissimo costo. Oggi dei migranti che vivono a Rosarno meno della metà è occupata in agricoltura, oltretutto essi sono sottoposti a turni e ciascuno può fare al massimo due o tre giornate a settimana. San Ferdinando è divenuta lentamente non solo una tendopoli del “tempo della raccolta delle arance”, ma uno slum, un campo, una favela, una bidonville – cioè un insediamento umano densamente popolato con condizioni di vita di forte degrado, e a forte rischio sociale e sanitario. Oltre all’agricoltura vi si vive di occupazioni informali, un brulicare di attività rivolte all’interno e all’esterno dell’insediamento. La prostituzione è una di queste.

      Se la tendopoli non è più per tutti un luogo di transito o di “transumanza”, allora per chi vi rimane stabilmente, che vita può esserci in un contesto come questo? E queste persone aspirano ancora a qualcosa? Resta difficile a persone come noi, noi europei, cogliere la drammaticità della sopravvivenza che spinge a rimanere in luoghi simili quando ogni fatica di poter cambiare è stata troncata. È lo spazio di una umanità espulsa, e questi spazi degli espulsi, come sottolinea Saskia Sassen, “esigono con forza di essere riconosciuti sul piano concettuale. Sono tanti, stanno crescendo e vanno diversificandosi. Sono realtà concettualmente sotterranee che devono essere portate alla luce. Sono potenzialmente i nuovi spazi in cui agire, in cui creare economie locali, nuove storie, nuovi modi di appartenenza.”

      Tra i diseredati e gli espulsi vi sono persone che nonostante le sofferenze a cui sono state sottoposte nelle condizioni più degradanti, riescono ancora a esprimere una capacità di fronteggiare le situazioni dinanzi a circostanze avverse. Anche quando i loro corpi sono stati abusati, violati, schiavizzati hanno avuto la forza e l’energia di non abbrutire, di rimanere ancorati alla vita e di riemergere con capacità vitali tali da mutare il corso delle proprie esistenze e da far tornare nella loro vita quotidiana le aspirazioni sopite o nuovi orizzonti. Spesso si tratta di donne, di donne che hanno ben chiaro che “la vita passata non si dimentica”.

      Faith ventenne, uscita dalla strada, lavora in pizzeria. Sta facendo anche un corso per pizzaiola. Vuole ritornare nei prossimi anni in Nigeria e aprire una pizzeria. “Sai, ho letto che a Lagos stanno aprendo delle pizzerie e che vanno molto bene. La mia pizza sarà di gusto nigeriano-italiano”. E pure Mercy, tornata alla vita dopo un lungo periodo in cui è stata sottoposta a tratta e sfruttamento sessuale, mi racconta di sua figlia oggi diciottenne: “Sai, è tanto brava a scuola, sta finendo le superiori e vuole prendere medicina. Sono orgogliosa di questa mia figlia che sa quello che vuole. Farò di tutto per aiutarla a mantenersi agli studi.”

      http://gliasinirivista.org/2018/04/rosarno-la-tendopoli-delle-donne
      #femmes

    • Shattered dreams: life in Italy’s migrant camps - a photo essay

      Photographer #Sean_Smith went to Camp San Ferdinando and #Campobello in southern Italy to meet the residents.
      When Matteo Salvini took over as Italy’s interior minister in June, he made one thing clear: the “good times” for asylum seekers and migrants were over.

      But at the San Ferdinando ghetto in southern Italy the “good times” never properly arrived in the first place. This was home to Sacko Soumayla, a 29-year-old Malian trade unionist who was fighting for the rights of migrant workers. Soumayla was shot in the head by an Italian while rummaging for metal to repair his makeshift home.

      It is also home to almost 1,000 migrants, who live in 400 shacks resembling cargo containers. These homes are cobbled together with metal, wood and plastic. They are scorching in the summer and bitterly cold in winter.

      Almost all of the inhabitants are from sub-Saharan Africa. They are forced to work for little more than €2 an hour picking “made in Italy” delicacies such as olives and tomatoes. They have been called “new slaves”, and their limbo is San Ferdinando.

      The San Ferdinando camp was established in about 2010. Migrants from all over the country descended on the countryside around Rosarno, in southern Calabria, a stronghold of the ruthless local Mafia, the ‘Ndrangheta.

      The shacks began to increase in number and San Ferdinando was transformed into a shantytown. Some shacks function as a repair shop for the bicycles that migrants use to reach the fields, others serve as butcher shops or taverns.

      The days are monotonous. With no electricity in the camp it is not easy for the residents to idle away the time. Some fill their days with repairing their shack, while others prepare meals, usually with rice and chicken.

      Thierno shares his shack with Osmane. They both arrived from Senegal in 2015. Thierno, whose wife died during childbirth, has a daughter who lives with her grandmother back at home.

      In Senegal he owned a small factory with five employees. Over the years, Thierno has attempted to turn his dwelling into his notion of “home”. He built a makeshift porch outside his front door, and sourced materials from a nearby dump, such as using car seats from abandoned vehicles as sofas.

      In the kitchen, made from wooden planks and complete with a gas hob, there is a small table with two chairs. Dinner is served here for everyone. The rule is to offer a meal to anyone unable to earn money during the week.

      Thierno’s shack is a meeting point for friends returning home from the fields in the late afternoon. One of them wears a shirt bearing the face of Sacko, the man from Mali killed in June.

      There’s just enough time to smoke a few cigarettes, and chat about their condition. A frequent point of discussion is the exhausting wait that forces them to put their lives on hold while the authorities evaluate their asylum requests.

      Thierno says: “It’s a maze with no way out. To obtain a permit of stay you must have residence, but many of us have no stable home. Some years ago the authorities decided to recognise San Ferdinando as an official residence.

      “It was a brilliant idea for the authorities, who in doing so found a way to keep us out of the cities. San Ferdinando was subsequently transformed into a bona fide ghetto, which every year continues to attract migrants who simply want to request refugee status, and in the meantime they slowly become slaves for the farmers.”

      This is not the Europe that Thierno and his friends dreamed about, nor is it the Italy for which they risked death in the desert, torture in Libya, or drowning at sea, to reach. What’s more, it is not easy for them to admit to their family members back home that their dreams have been shattered.

      In the evening, while a small fire glows to light their shacks, it’s time to phone relatives back home. Asuma Yaw, a 45-year-old Ghanaian, lives next door to Thierno. He left Ghana in 2015 in search of work in Europe and to pay for his daughter’s university education.

      He says: “I left for her, I’m old now. My only hope is my daughter. What would I say to her if one day she told me that she wanted to come to Europe? I’d tell her to have her paperwork in order to avoid falling into a trap like this.”

      The number of informal migrant labour camps is increasing, according to local rights groups.

      In Sicily, a group of about 15 migrants live in a factory in the countryside around Campobello di Mazara in western Sicily. They are survivors of an illegal camp like San Ferdinando, which for four years had housed exploited African migrants during the olive harvest. That camp was razed by the authorities because of mounting concerns about health.

      Today, the survivors of that camp have moved into abandoned buildings in the surrounding countryside. They’ve made repeated requests to the local council to provide public housing they can rent. But the locals have closed their doors.

      According to trade unions and associations, more than a dozen illegal camps have been destroyed in Italy over the past three years. In March 2017, the authorities dismantled a settlement in Rignano Garganico, the largest migrant labour camp in Europe accommodating 3,000 workers . A year earlier, bulldozers had destroyed camps in Nardò, Salento, and Borreano, Basilicata.

      Despite all this, new camps continue to spring up, sometimes on the ruins of the demolished shantytowns. The truth is simple, according to the Italian Union of farmers (UILA), 36% of workers employed in the agricultural sector are foreigners, mainly from Africa.

      Without them, Italy’s agricultural sector would implode. Without Thierno, Asuma, and more than 10,000 other migrants who are exploited in the fields, the ‘‘good times’’ for Salvini’s Italy would be over.


      https://www.theguardian.com/world/2018/oct/10/life-in-italy-migrant-camps-a-photo-essay?CMP=share_btn_tw
      #photographie

  • PIANA DI #GIOIA_TAURO: DUEMILA PERSONE NELLE BARACCOPOLI DI SAN FERDINANDO. SI TORNA INDIETRO DI ANNI.

    Nella zona industriale di San Ferdinando sono più di 2mila i migranti accampati tra tende, baracche e stabili abbandonati in condizioni di vita e di lavoro disastrose. Il Protocollo Operativo in materia di accoglienza e integrazione sottoscritto quasi un anno fa in Prefettura con Regione e Comuni è rimasto lettera morta. Un quadro disperante a sette anni dalla cosiddetta “rivolta di #Rosarno”. Medici per i Diritti Umani chiede che vengano attuate misure immediate e nel lungo periodo volte ad assicurare condizioni dignitose ai lavoratori che ogni anno giungono nella #Piana_di_Gioia_Tauro per la stagione agrumicola.


    http://www.mediciperidirittiumani.org/piana-di-gioia-tauro-duemila-persone-nelle-baraccopoli-di-sa
    #logement #hébergement #asile #migrations #réfugiés #agriculture #travail #exploitation #campement #Italie

    • Subverting neoliberal slavery: migrant struggles against labour exploitation in Italy

      We are witnessing cumulative processes of politicization – struggles and organization involving migrant workers and activists setting out to build awareness locally, and link up globally.

      https://www.opendemocracy.net/can-europe-make-it/susi-meret-sergio-goffredo/subverting-neoliberal-slavery-migrant-struggles-agains
      #résistance

    • Tutte le case degli africani di Rosarno

      I silos per l’olio. Il capannone. La cartiera. La fabbrica della Fanta. Le tende fredde del Ministero dell’Interno. I container da dopo terremoto. Le casupole sfondate in campagna. Il più strano di tutti, nella sua normalità, un appartamento vicino la stazione. Sono le tipologie abitative degli africani impegnati nella raccolta delle arance

      https://www.terrelibere.org/tutte-le-case-degli-africani-di-rosarno

    • I DANNATI DELLA TERRA. Rapporto 2018 sulle condizioni di vita e di lavoro dei braccianti stranieri nella Piana di Gioia Tauro

      I grandi ghetti di lavoratori migranti nella Piana di Gioia Tauro rappresentano uno scandalo italiano dimenticato dalla politica ed il segno più evidente di tutte le contraddizioni della gestione del fenomeno migratorio nel nostro paese. Sempre di più sono i migranti titolari di protezione internazionale o umanitaria giunti recentemente in Italia che, in assenza di adeguate politiche di integrazione, si ritrovano a lavorare nelle campagne in condizioni di sfruttamento e grave emarginazione.

      Per il quinto anno consecutivo, un team di Medici per i Diritti Umani è tornato a prestare prima assistenza medica e orientamento socio-sanitario agli oltre tremila lavoratori agricoli stranieri che giungono nella Piana di Gioia Tauro per la stagione agrumicola. Una stagione particolarmente critica in cui alle condizioni di vita e di lavoro dei migranti, segnate da una gravissima e cronica precarietà, si è andato ad aggiungere il tragico incendio della baraccopoli di San Ferdinando che ha provocato la morte di Becky Moses, giovane donna nigeriana.

      Nel corso della conferenza stampa, oltre al rapporto I dannati della terra, verranno presentati i dati di cinque anni di attività nella Piana di Gioia Tauro del Progetto Terragiusta in cui il team e la clinica mobile di Medu hanno assistito duemila lavoratori migranti.


      http://www.mediciperidirittiumani.org/conferenza-stampa-rapporto-dannati-della-terra
      #rapport

    • #Il_sangue_verde

      Il #sangue_verde racconta le storie dei protagonisti delle manifestazioni di Rosarno, che nel Gennaio 2010 hanno portato alla luce le condizioni di degrado e ingiustizia di migliaia di braccianti africani.

      Dagli anni ’90 in poi in Italia, in particolare in alcune aree del Sud con forte presenza di organizzazioni mafiose, migliaia di immigrati africani e dell’est Europa sono sfruttati come braccianti agricoli senza alcun tipo di diritto e in condizioni di vita intollerabili.

      A Rosarno in particolare, dove il potere della ‘Ndrangheta è cresciuto moltissimo negli ultimi anni fino a portare al commissariamento per mafia del Comune, gli immigrati sfruttati nella raccolta delle arance sono anche oggetto di intimidazioni e minacce da parte di piccole bande di stampo mafioso.

      Per oltre dieci anni gli immigrati africani hanno cercato di denunciare pacificamente questa situazione, come ben racconta nel film Giuseppe Lavorato, ultimo sindaco di Rosarno che tentò di opporsi al potere della ‘Ndrangheta.

      Il 7 gennaio 2010, dopo l’ennesimo episodio di violenza contro quattro di loro, hanno deciso di far esplodere la rabbia e hanno dato vita ad una manifestazione molto forte, durante la quale vi sono stati anche episodi di saccheggio e distruzione. Così in quelle ore l’Italia si è accorta di loro, si è spaventata e ha reagito con violenza: il Governo Berlusconi, per voce dei Ministri dell’Interno e della Difesa, ha dichiarato che quelle manifestazioni erano frutto di “eccessiva tolleranza nei confronti dell’immigrazione clandestina” e ha ordinato l’espulsione di tutti gli immigrati da Rosarno.

      Nel frattempo nella regione si stava scatenando una vera e proprio caccia al nero da parte di cittadini italiani, probabilmente organizzati dai locali poteri mafiosi. In poche ore Rosarno è stata “sgomberata” e il problema “risolto”: in televisione la classe politica, al fine di mietere consenso nell’opinione pubblica impaurita, ha raccontato che in quel modo era stata riportata la legalità e che gli immigrati sprovvisti di documenti sarebbero stati velocemente espulsi dall’Italia.

      Così non è stato. Nei giorni successivi è calato il silenzio sulla vicenda, ma quasi tutti gli immigrati di Rosarno sono stati rilasciati e abbandonati a sè stessi in giro per l’Italia: da Caserta a Roma, da Napoli a Castelvolturno, mentre alcuni hanno addirittura deciso di tornare di nascosto negli aranceti di Rosarno.

      E’ in questi luoghi di fuga che, pochi giorni dopo le manifestazioni, abbiamo incontrato 7 protagonisti di queste vicende, chiedendo a loro di raccontare non solo cosa fosse successo, ma come fosse la loro vita in Italia.

      Ne è nato un racconto in prima persona che, alternato alla memoria storica rappresentata dalle ricostruzioni di Giuseppe Lavorato e dalle immagini di documentari sul lavoro di contadini italiani nel Meridione degli anni ’60, riporta al centro dell’attenzione la dignità e il coraggio di centinaia di ragazzi, che dalle loro terre di origine si sono messi in viaggio per salvare o cambiare la loro vita.


      http://www.zalab.org/projects/il-sangue-verde
      un #film #documentaire de #Andrea_Segre

    • Migranti: nella Piana di Gioia Tauro vivono “i dannati della terra”

      Condizioni disumane per oltre 3 mila lavoratori migranti impiegati in agricoltura nella Piana di Gioia Tauro, in provincia di Reggio Calabria. Lo denuncia “I dannati della terra” (https://www.osservatoriodiritti.it/wp-content/uploads/2018/05/migranti-medu.pdf), il rapporto di Medici per i diritti umani presentato oggi.

      Più di 3 mila persone stanno vivendo tra cumuli di immondizia, bagni maleodoranti, dormendo su materassi a terra o su vecchie reti. Circondati da l’odore nauseabondo di plastica e rifiuti bruciati. A denunciarlo è l’ultimo report di Medici per i diritti umani (Medu) presentato oggi a Roma, “I dannati della terra”. Un’indagine che descrive le “condizioni di vita e di lavoro dei braccianti stranieri nella Piana di Gioia Tauro”, in provincia di Reggio Calabria, come recita il sottotitolo dello studio.

      Quello che emerge sono storie di lavoratori migranti che hanno fornito manodopera flessibile e a basso costo ai produttori di arance, clementine e kiwi nei mesi scorsi. Racconti di sfruttamento del lavoro, situazioni abitative degradate, condizioni igienico-sanitarie ai limiti della sopravvivenza e dignità calpestata.
      Gli effetti della riforma Minniti sulla vita dei migranti

      A complicare la situazione, in alcuni casi, ci si è messa anche la recente riforma Minniti, che ha modificato il procedimento che sta alla base della concessione dell’asilo politico e della protezione internazionale. Come nel caso di M.B, un richiedente asilo di 27 anni originario del Burkina Faso.

      A ottobre 2017 l’uomo si è ritrovato senza possibilità di difesa di fronte alla decisione del tribunale di Bari, che aveva respinto il suo ricorso contro il provvedimento di diniego emesso dalla commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale. Il decreto Minniti, infatti, ha cancellato il secondo grado di giudizio nella procedura di valutazione della domanda di protezione. E così M.B non ha potuto presentare ricorso, perdendo anche il posto nel centro di accoglienza dove viveva.

      A quel punto il giovane ha perso pure il diritto a un materasso dove dormire. Fino a quando non l’ha trovato all’interno della Piana di Gioia di Tauro, nella vecchia tendopoli che si trova nel comune di San Ferdinando, in provincia di Reggio Calabria. Qui M.B aveva trovato anche un lavoro, nella raccolta degli agrumi: otto ore al giorno senza contratto per 27 euro di paga. Ma ora i “gestori” della tendopoli gli hanno comunicato che dovrà lasciare il suo posto perché sprovvisto di un permesso di soggiorno.
      Dall’Africa sub-sahariana alla Piana di Gioia Tauro

      M.B è tra le centinaia di giovani uomini provenienti dall’Africa sub-sahariana – soprattutto dal Gambia, Costa D’Avorio, Mali, Senegal – che si sono rivolti alla clinica mobile di Medici per i Diritti Umani. Tra dicembre 2017 e lo scorso aprile, l’organizzazione umanitaria ha operato attraverso un camper mobile prestando assistenza socio-sanitaria ai lavoratori migranti che si sono riversati, anche quest’anno, nella zona della Piana di Gioia di Tauro durante la stagione della produzione e commercio degli agrumi.

      Raccontano dall’associazione: «Almeno 3.500 persone, distribuite tra i vari insediamenti informali sparsi nella Piana, hanno fornito in questo periodo manodopera flessibile e a basso costo, ai produttori locali di arance, clementine e kiwi». Non soltanto. «Alle condizioni di grave sfruttamento lavorativo, si aggiungono quelle abitative, che sono altamente drammatiche».

      Secondo Medu, «nella Piana di Gioia Tauro più di 3000 persone vivono tra cumuli di immondizia, dormono su materassi posizionati per terra sull’erba o su vecchie reti, usano per i bisogni latrine fatiscenti. Bruciano plastica bruciata per potersi scaldare».

      Nella tendopoli di San Ferdinando, a causa di questa abitudine-necessità, spesso, avvengono incendi. E in uno degli ultimi roghi, quello del 27 gennaio, è morta anche una persona, Becky Moses, e ha lasciato circa 600 persone senza una “casa”.
      Migranti lavoratori: 7 su 10 sfruttati e senza contratto

      La fotografia scattata da “I dannati della terra” è impietosa: «Sette persone su dieci lavorano senza un contratto, e, degli altri, quasi la totalità ha ricevuto una paga iniqua, lamentato orari di lavoro eccessivi e assenza completa di tutele».

      Nel rapporto si incontrano racconti di alienazione e sfruttamento vissuti dai migranti nella Piana di Gioia Tauro. Souleyman (il nome è di fantasia) ha raccontato al team di Medu:

      «Mi fa male la schiena, ho lavorato tanto oggi. E non riesco a dormire bene. Penso al documento che ancora non c’è, alla mia famiglia, si guadagna sempre troppo poco qui, sempre senza contratto. E poi fa tanto freddo la notte».

      Pensa di continuo a come ottenere il “documento” (cioè un titolo di soggiorno valido per vivere e lavorare regolarmente in Italia) anche M.B., 20enne senegalese arrivato da minore, finito a lavorare a Rosarno dopo aver conseguito in Italia la licenza media e la qualifica triennale di idraulico. Ha detto M.B:

      «Finora sono riuscito ad avere un contratto di 3 mesi per 30 giorni lavorativi totali. A gennaio ho lavorato sedici giorni, ma sulla busta paga compaiono solo 2 giorni».

      Invisibile e senza assistenza sanitaria per 10 anni

      O.G. è un uomo di 53 anni nato in Burkina Faso, in Italia dal 1990. Ha rinnovato il suo permesso di soggiorno per 18 anni. Poi non è più riuscito a rispettare i requisiti economici previsti per rinnovarlo, così ha passato gli ultimi 10 anni della sua vita da invisibile, tra i ghetti di Foggia e Rosarno.

      Qualche settimana fa O.G si è presentato all’unità mobile di Medu per farsi visitare. Gli operatori lo hanno accompagnato al pronto soccorso più vicino ed è poi stato trasferito in un reparto di cardiologia a Reggio Calabria. Aveva gravi problemi di salute, ma non era mai riuscito a curarsi perché non sapeva che i trattamenti sanitari, in Italia, sono garantiti anche a chi non è in regola con il permesso di soggiorno.
      La filiera dello sfruttamento economico dei migranti

      Sono storie di esclusione legate alla filiera dello sfruttamento economico che governa le vite di queste persone. Otto anni dopo la “rivolta di Rosarno”, i ghetti di lavoratori migranti nella Piana di Gioia Tauro sono ancora uno scandalo per il nostro Paese. Dice Antonello Mangano, curatore del sito internet di inchiesta, ricerca e documentazione terrelibere.org:

      «Rosarno è uno dei luoghi centrali dell’economia globale. La manodopera arriva dall’Africa occidentale, i contributi alle coltivazioni vengono da Bruxelles e infine le arance sono esportate in mezzo mondo: Romania, Russia, Repubblica Ceca, Germania, Polonia, Emirati Arabi, Stati Uniti.

      In questo modo, aggiunge Mangano, «braccia migranti, multinazionali del succo, grandi commercianti e supermercati sono gli attori del gioco».
      Medici per i diritti umani: il progetto Terra Giusta

      Medici per i diritti umani ha operato per il quinto anno consecutivo nella Piana di Gioia Tauro per fornire assistenza sanitaria e orientamento socio-legale ai lavoratori agricoli stagionali che vivono in situazioni di estremo disagio lavorativo e abitativo.

      È il cuore del progetto Terra Giusta, che dal 2014 porta assistenza a migliaia di persone che vivono all’interno dei ghetti etnico-agricoli dell’Italia meridionale: nella Capitanata, vicino Foggia; nei territori del Vulture Alto Bradano, in provincia di Potenza; nella piana di Gioia Tauro, in Calabria, durante l’ultima stagione degli agrumi, appunto.

      https://www.osservatoriodiritti.it/2018/05/03/migranti-piana-di-gioia-tauro-medu

  • Terrified Migrants Toil on Land Taken From the Mafia in #Corleone, Sicily

    In the dark heart of Sicily near the town that for decades was the Mafia’s capital and killing ground, a dozen strangers cultivate a vineyard.

    They are the new muscle on land that was taken from Corleone’s most feared Mafia bosses, who were jailed for dozens of murders stretching back decades. The migrants, who are among some 400,000 to have washed up on Sicily’s shores over the past two years, were hired from refugee camps after enduring long and dangerous journeys.


    http://www.nbcnews.com/storyline/europes-border-crisis/terrified-migrants-toil-land-taken-mafia-corleone-sicily-n541356
    #réfugiés #mafia #terres #asile #migrations #Italie #vin #agriculture
    cc @albertocampiphoto

  • #Rosarno, tornano le aggressioni a sprangate contro i lavoratori africani

    Sembra un incubo. Per le migliaia di giovani africani che raccolgono agrumi non basta essere sfruttati come animali e vivere in luoghi che farebbero orrore anche ai maiali. Devono anche stare attenti alle bastonate. Tutto nell’assenza imbarazzante dei pubblici poteri, attoniti di fronte a questa vergogna. Le denunce di Sos Rosarno, Medici per i Diritti Umani e di una parrocchia

    http://www.repubblica.it/solidarieta/immigrazione/2015/12/23/news/rosarno_rosarno_tornano_le_aggressioni_contro_i_lavoratori_stranieri-130054410/?ref=fb
    #travail #exploitation #asile #migrations #réfugiés #Calabre #Italie

  • DOSSIER : LES ESCLAVES NOIRS D’ITALIE
    http://lesbrindherbes.org/2013/05/06/dossier-les-esclaves-noirs-ditalie

    Les fraises du Péloponnèse - et les oranges de Calabre...Retour à Rosarno.

    Ici, les orangers s‘étendent sur plus de 7000 hectares. Les 5000 agriculteurs, qui vendaient autrefois leurs oranges à la Russie ou aux Etats-Unis, doivent désormais accepter les prix fixés par de grosses firmes telles que Coca-Cola par exemple.

    Sans ces travailleurs migrants, la seule alternative est de laisser les fruits pourir à même le sol. Ce qui arrive déjà bien sourvent.

    “Les agriculteurs doivent accepter les prix fixés par l’industrie qui ne veut pas payer plus et c’est ce qui est l’origine de l’exploitation des travailleurs étrangers. Ces travailleurs sont exploités depuis 50 ans, et ils le sont encore aujourd’hui. Avant ils étaient de la région, maintenant ce sont des étrangers”, explique Fabio Mostaccio, sociologue à l’Université de Messine.

    Un coût du travail si faible représente une bouffée d’oxygène pour l‘économie locale, mais rien n’est prévu pour accueillir décemment ces travailleurs étrangers. Aucune politique d’encadrement n’est mise en place. Ils sont comme invisibles.

    Alors, ils tentent de survivre. En février, le camp construit par le gouvernement, a rapidement doublé de volume. Ils étaient plus de 700 à vivre sous des bâches en plastique. Après un violent orage, le maire a quand même dû réagir.

    “J’ai immédiatement demandé de l’aide. J’ai écrit au préfet, au président de la région Calabre. J’ai aussi contacté d’autres institutions. Personne n’a répondu alors je n’ai pas eu d’autre choix que de fermer le camp”, explique Domenico Madafferi, le maire de San Ferdinando.

    Malgré l’urgence humanitaire, il aura fallu deux mois avant que suffisamment de fonds et de ressources soient réunis pour établir un nouveau camp.

    “Nous ne pouvions pas rester dans cette situation cet hiver. Ces tentes ne sont pas adaptées à la météo. Alors nous avons fait un effort supplémentaire et avons décidé de nous servir de tentes utilisées normalement après une catastrophe naturelle”, dit Vittorio Piscitelli, préfet de la région de Calabre.

    Pourtant, deux semaines après cet entretien, le nouveau camp était toujours vide. Le transfert avait bien commencé mais faute d’argent les autorités ont finalement hésité.

    #saisonniers #agriculture #Calabre #mafia #migrants

  • #Italie : Les “#esclaves” de Rosarno ne sont toujours pas affranchis | Presseurop (français)
    http://www.presseurop.eu/fr/content/article/3248221-les-esclaves-de-rosarno-ne-sont-toujours-pas-affranchis

    Ils ont tort, ceux qui disent que trois ans après la révolte des #migrants, les saccages, la contre-révolte des Italiens, les chasses à l’homme et pour finir la déportation des Africains, tout est redevenu comme avant à Rosarno. Aujourd’hui, c’est pire.

    A nouveau, les Africains ont atteint le millier, comme il y a trois ans. Arrivés à l’automne, ils repartiront au printemps après avoir récolté des agrumes pour 25 euros par jour, bien que les patrons préfèrent les payer à la pièce, pour augmenter leur rendement : un euro la caisse pour les mandarines et 0,50 euro pour les oranges, chacune pesant 18 à 20 kilos.

  • Extraits de ce livre :
    Jean Duflot, De Lampedusa à Rosarno. Euromirage, Edition Golias, Villeurbanne, France Novembre 2011, Livre de poche, 238 pages, CHF 20.- / EUR 15.-, ISBN 978-2-35472-139-8

    http://www.forumcivique.org/fr/produkt/de-lampedusa-%C3%A0-rosarno-euromirage

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    « Le racisme qui gangrène des pans entiers du tissu social du pays n’est pas une aberration géographique. Ce qui s’est passé à Rosarno, en janvier 2010, n’est pas l’exception honteuse qui confirmerait la règle. Elle est l’une des manifestations de l’intolérance communautaire qui instaure à l’intérieur des frontières de l’Europe un état d’exception permanente »

    Jean DUFLOT, De Lampedusa à Rosarno. Euromirage, Golias, 2011, p.12.

    « ’Le syndrome de Rosarno’ que Le Monde (2/2/2010) diagnostique en Italie sévit sur l’ensemble du territoire européen. Au fond, le laboratoire italien et ses expérimentations juridiques ne posent pas trop de problèmes moraux à la plupart de ses partenaires »

    Jean DUFLOT, De Lampedusa à Rosarno. Euromirage, Golias, 2011, p.59.

    « La criminalité de sang qui tue les femmes et les hommes issus de l’immigration tient une place importante dans des statistiques sérieuses. Elle dément la version officielle qui gonfle systématiquement les chiffres des délits ’étrangers’ proportionnellement à leur population, la criminalité des immigrés (tous délits confondus) n’atteint pas le quart de celle des citoyens italiens. Pourtant une enquête publiée par Panorama établissait en 2007 que 60% des interviewés étaient convaincus de l’incidence criminelle. Et la presse a embrayé en révélant que dans les prisons italiennes un détenu sur trois était étranger. Bien entendu, ces chiffres omettaient de préciser que la majorité de ces étrangers étaient incarcérés pour infraction aux lois de l’immigration »

    Jean DUFLOT, De Lampedusa à Rosarno. Euromirage, Golias, 2011, pp. 76-77.

    « Toutes les zones méridionales visitées par MSF comportent des foyers d’immigration que les conditions de vie et le surpeuplement ont transformés en autant de bantoustants. Mais il ne faudrait pas penser que ce phénomène d’apartheid ne se vérifie qu’en Italie méridionale. Le samedi 9 janvier 2010, deux jours après les émeutes de Rosarno, le quotidien La Repubblica a publié très opportunément une liste de ghettos italiens (bidonvilles, baraques et campements ’illicites’) qui montre que le phénomène n’épargne pas les régions riches du nord »

    Jean DUFLOT, De Lampedusa à Rosarno. Euromirage, Golias, 2011, p.112.

    "Un rapport du ministère de l’Intérieur reconnaît l’effet délétère d’une immigration socialement marginalisée par le manque de structures d’accueil. ’Les énormes flux migratoires qui ont déferlé au cours de ces dernières années ont donné lieu à des phénomènes tangibles de ségrégation résidentielle, basée sur les groupes ethniques d’appartenance’. Le discours officiel est sémantiquement clair : le désordre généré par l’immigration est la conséquence d’un refus d’intégration lié aux particularismes des envahisseurs. Autrement dit, c’est la xénophobie des immigrés qui a créé les ghettos sordides où ils se tassent : une inversion de la responsabilité qui voudrait faire oublier des décennies d’incurie.

    Jean DUFLOT, De Lampedusa à Rosarno. Euromirage, Golias, 2011, pp.112-113.

    ’Vous pouvez construire des murs de dix mètres de haut, ils passeront en dessus ou en dessous, dit le responsable de la CGIL de Caserta ; l’image qu’ils se font de l’Europe est trop forte’. Il suffit d’un immigré de retour au pays avec quelques économies ou de l’envoi régulier d’argent aux familles pour que la machinerie de l’illusion s’emballe. Et puis, dans les villes il y a la télévision, les antennes paraboliques : la féérie des images qui dépeignent l’Europe comme un Eden aide beaucoup les rabatteurs de main-d’oeuvre dans leurs campagnes publicitaires."

    Jean DUFLOT, De Lampedusa à Rosarno. Euromirage, Golias, 2011, p.123.

    "Dans un article du Figaro (5 octobre 2009), Renaud Girard explique le mode de paiement qui permet aux candidats à l’Eldorado européen de s’acquitter des sommes souvent exorbitantes que l’on exige d’eux. Il fonctionne sur l’ensemble de l’aire arabo-musulmane, de l’Afghanistan à la Corne d’Afrique et de la Turquie à l’Afrique du Sud. A propos d’une filière de passeurs baloutches qui opère à la frontière entre l’Afghanistan et l’Iran, il écrit : « A Zaranj, Khaled et ses trois amis ont un problème. Le passeur baloutche demande 500 dollars à chacun pour les amener à Téhéran. Comment garantir qu’il ne les abandonnera pas dans le désert, une fois qu’il aura empoché ses 2000 dollars ? Réciproquement, si le paiement ne se fait qu’après service rendu, comment la filière de passage baloutche peut-elle être sûre d’être payée à l’arrivée ? C’est là qu’intervient le système de l’hawala, réseau informel de paiement à distance, basé sur l’avance des ’frais’ d’acheminement des clandestins. Un réseau hawala unit, à travers le monde, des boutiquiers musulmans qui se font entre eux une confiance totale’ ».

    Jean DUFLOT, De Lampedusa à Rosarno. Euromirage, Golias, 2011, p.125.

    « Depuis la fin des années 80, les réseaux de trafiquants et de passeurs se sont multipliés sur tous les continents. Les services secrets allemands ont estimé que 500’000 clandestins entraient chaque année en Europe. Le trafic d’immigration clandestine rapporterait aux grandes organisations criminelles (mafias) entre 5 et 6 milliards de dollars par an. Un rapport confidentiel de l’ONUDC évalue à 300’000 le nombre d’Africains qui pénètrent chaque année clandestinement dans l’espace communautaire. L’enquête menée au Sénégal, Mali, Mauritanie, Gambie, Sierra Leone a permi d’évaluer autour de 700 millions de dollars le chiffre d’affaires des réseaux opérant depuis l’Afrique de l’Ouest jusqu’en Europe »

    Jean DUFLOT, De Lampedusa à Rosarno. Euromirage, Golias, 2011, p.124.

    « A travers le traitement des procédures qui réglementent les entrées, les visas, les titres de séjour, les contrats de travail, les regroupements familiaux, les demandes d’asile et de protection internationale, apparaît le dénominateur commun de cette jungle administrative : la violation des droits de l’homme de 1948 et notamment l’article 13 qui stipule que : ’Toute personne a le droit de circuler librement et de choisir sa résidence à l’intérieur d’un Etat. Toute personne a le droit de quitter tout pays, y compris le sien, et de revenir dans son pays’ »

    Jean DUFLOT, De Lampedusa à Rosarno. Euromirage, Golias, 2011, p.142.

    « Comme partout en Europe, l’Italie a légiféré pour se prémunir de ce que les pays membres considèrent comme les nouvelles invasions barbares du XXI siècle. Soixante-cinq ans après la fermeture des camps nazis, le territoire communautaire est quadrillé par des centaines de ’lagers’ où viennent échouer des convois d’hommes et de femmes fascinés par le mirage européen. Un dispositif concentrationnaire qui n’est pas sans rappeler à certains les déportations ’al confine’ du régime mussolinien »

    Jean DUFLOT, De Lampedusa à Rosarno. Euromirage, Golias, 2011, p.165.

    « Jusqu’en 1992, à Milan, il y avait un zoo. On a même dit, à juste titre, que les animaux ne pouvaient pas être traités comme ils l’étaient. Et puis le zoo a été fermé. En 1999, en janvier, sept années après, le zoo a été rouvert. Dans la même ville. Il ne renfermait plus d’animaux. La loi l’interdisait. Il contenait des hommes et des femmes, des filles sans défense et même des malades âgés. Une grande cage à ciel ouvert. Des barreaux d’acier. Des barbelés et des baraques de tôles pour dormir. Ces hommes et ces femmes enfermés là n’avaient pas commis de délits, ils n’avaient tué personne. Simplement, ils étaient entrés en Italie, y étaient restés et avaient sans doute accepté de travailler sans permis de séjour ».

    Fabrizio GATTI, in Jean DUFLOT, De Lampedusa à Rosarno. Euromirage, Golias, 2011, p.165.

    « Cet échec donne ainsi raison à tous ceux qui soutiennent qu’un centre de détention idéal est en pratique impossible. Précisément parce que ces structures naissent avec une tare qui, même avec l’approbation de la Cour Constitutionnelle, constitue ni plus ni moins un abus légal : à savoir la détention administrative de personnes soumises à une justice sommaire, après des audiences qui avalisent leur traitement et ne durent en moyenne que cinq minutes, sans procès véritable et surtout en l’absence de tout délit. Une absurdité juridique qui dissimule un mensonge avec lequel, toutes ces années, les forces politiques du centre-droit et du centre-gauche ont justifié les énormes dépenses faites pour la construction et le maintien du réseau de CIE : autrement dit destinées à l’expulsion des immigrés irréguliers.
    Le rapport de Médecins Sans Frontières révèle au contraire toute autre chose. 40% seulement des étrangers ont été rapatriés. Les autres, au terme de leur réclusion, à présent portée à six mois, ont été relâchés. Ils se sont donc retrouvés dans la situation de citoyens sans papiers, sans droits, condamnés à alimenter la force de travail au noir. Jusqu’au prochain contrôle de police »

    Fabrizio GATTI, in Jean DUFLOT, De Lampedusa à Rosarno. Euromirage, Golias, 2011, p.167.

    « Mais, à bien y regarder, l’étanchéité de la Forteresse Europe est toute relative. Il n’y a pas de fermeture systématique de l’espace communautaire. La preuve en est ces milliers d’immigrés clandestins qui continuent d’y pénétrer et d’y séjourner. En fait, vu le peu d’efficacité réelle des dispositifs policiers et judiciaires, on peut se demander si l’appareil de répression ne vise pas surtout à marginaliser et à criminaliser une main d’oeuvre précarisée que l’on exploite ainsi plus aisément et à moindre coût »

    Jean DUFLOT, De Lampedusa à Rosarno. Euromirage, Golias, 2011, p.168.

    « Le système de détention administrative ne semble donc pas tellement poursuivre un objectif de lutte contre l’immigration irrégulière, mais plutôt celui d’un confinement symbolique du phénomène dans l’optique d’offrir à l’opinion publique la perception de son confinement possible. Une distorsion maladive entre la finalité explicite et l’objectif implicite des CIE qui semble produire un humus pathogène d’insuffisances, d’abus, de violations des droits humains et maladies »

    Rapport MSF in Jean DUFLOT, De Lampedusa à Rosarno. Euromirage, Golias, 2011, p.173.

    « La théorie de l’’appel d’air’ figure en bonne place dans l’arsenal idéologique ad hoc. Elle soutient que toute concession en termes de droits ou d’assistance humanitaire suscite de nouvelles envies d’exil, les migrants étant supposés n’avoir rien à fuir, être seulement aspirés par la tentation de l’Occident. La maltraitance aurait donc des chances de les dissuader de risquer l’aventure. Le dogme de l’appel d’air a une visée beaucoup plus nocive encore. En accréditant l’idée quel es migrations sont facultatives, qu’elles ne reposent sur aucune nécessité, il transfère la responsabilité des aléas liés au déplacement à ceux qui s’y risquent, légitimant dans la foulée la mise en place de dispositifs de surveillance et de répression qui tuent : si ces migrants, ces exilés meurent, c’est en quelque sorte de leur faute »

    Extrait d’un texte de la revue Gitsi Plein Droit, « Passeurs d’étrangers » (2010), Jean DUFLOT, De Lampedusa à Rosarno. Euromirage, Golias, 2011, pp.206-207.

    « Une mobilité forcée imposée par le ’nettoyage ethnique’, certes avec des modalités quelque peu différentes à Rosarno, caractérise la pratique de nombreuses communes du nord qui ont construit leur bien-être sur le labeur des immigrés et les écartent aujourd’hui comme des détritus. La teneur de la loi Bossi-Fini qui prévoit, après le licenciement et six mois de chômage, que l’on perde le permis de séjour, constitue un extraordinaire instrument d’exploitation du travail des immigrés. En effet, en temps de crise l’étroite relation entre le contrat de travail et le contrat de séjour alimente le retour à l’irrégularité de milliers d’immigrés licenciés par leurs employeurs, un nombre très supérieur à la réduction drastique des débarquements de clandestins en Sicile, qui remplit tellement d’orgueil le ministre Maroni. Un orgueil qui devrait virer à la honte si l’on considère le nombre de victimes des trafiquants et de la police en Lybie, les abus subis dans ce pays par les migrants refoulés d’Italie ou par ceux qui n’ont aucune possibilité de fuite. Bien que le ministre parle de 40’000 expulsions exécutées en 2008 et 2009, selon d’autres sources le nombre d’expulsions d’immigrés irréguliers ’effectivement réalisées’ en 2008 ne dépasse pas 6553, et s’élève à environ 9000 en 2009, avec une baisse encore plus nette dans la partie de l’année où est entré en vigueur le ’pacchetto sicurezza’. […] Compte tenu de ces données il est facile de prévoir que la situation explosive qui s’est produite à Rosarno, par suite de la mobilité forcée vers le Sud à laquelle ont été contraints de nombreux immigrés sur le point de perdre leur permis de séjour, ou devenus déjà irréguliers, par suite d’un refus du statut de protection internationale, ne pourra que se répéter dans d’autres zones du pays ; en particulier dans les régions méridionales où prédomine l’exploitation d’une main-d’œuvre étrangère, surtout si elle comporte des immigrés irréguliers ».

    Fulvio VASSALO PLEOLOG in Jean DUFLOT, De Lampedusa à Rosarno. Euromirage, Golias, 2011, p.212.

    « Les expulsions (non exécutées et non exécutables, malgré la prolongation à six mois de la détention administrative) se traduiront de plus en plus par la création d’une force de travail disposée à se vendre par pur et simple besoin de survie. Au nom de la ’sécurité’ et de la ’capacité d’accueil’ on va s’acheminer en Italie vers un ’régime’ social d’’apartheid’ qui a montré à Rosarno ses revers tragiques de violence et qui va empirer de plus en plus rapidement. Une spirale continue parce que les alarmes sécuritaires produiront des lois et des pratiques plus restrictives, et donc toujours plus de ’clandestinité’, comme effet de la fermeture des frontières et de la criminalisation des immigrés sur le territoire national ; et cette diffusion de la ’clandestinité’ déterminera à son tour une inquiétude sociale toujours plus grande, laquelle offrira à la spéculation politique et aux entrepreneurs des opportunités de politiques sécuritaires »

    Fulvio VASSALO PLEOLOG in Jean DUFLOT, De Lampedusa à Rosarno. Euromirage, Golias, 2011, p.213.

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