• En Allemagne, un groupe d’extrême gauche revendique le « sabotage » d’une usine Tesla
    https://www.lemonde.fr/international/article/2024/03/05/en-allemagne-l-usine-tesla-interrompt-sa-production-apres-un-incendie-volont

    Implantée près de #Berlin, l’usine européenne du fabricant américain de voitures électriques #Tesla a été mise à l’arrêt, mardi 5 mars, en raison d’un incendie volontaire. Elle a été la cible d’un « sabotage », revendiqué par un groupuscule allemand d’extrême gauche, Vulkan Gruppe, selon un message posté sur le site Indymedia.
    « Nous nous sommes fixé pour objectif de réaliser le plus grand black-out possible de la gigafactory » de Tesla, a fait savoir le mouvement. Ce mouvement, connu des renseignements généraux allemands, avait déjà revendiqué un incendie criminel sur un chantier de Tesla en 2021.
    « Aux premières heures de la matinée, il y a eu une panne de courant sur le réseau public, probablement en raison d’un incendie criminel, qui a entraîné l’arrêt de la production », avait annoncé à l’Agence France-Presse une porte-parole de Tesla, avant la revendication diffusée par Vulkan Gruppe. Elle a précisé que les employés étaient retournés chez eux et que l’entreprise ne savait pas quand la production pourra reprendre.

    #sabotage #eau

    • « Cela représente pour nous des dommages économiques d’un montant à neuf chiffres et nous n’avons actuellement aucune visibilité claire quant au moment où nous pourrons reprendre la production », a déclaré à la presse André Thierig, le directeur de l’usine. Inaugurée en 2022, cette dernière, qui est la seule de Tesla en Europe, emploie 11 500 salariés et produit le Model Y, le SUV en tête des ventes de véhicules électriques sur le continent.

      Contestation de la population sur un projet d’agrandissement

      Mais Tesla est au centre des critiques après avoir déposé une demande afin d’agrandir sa « gigafactory » de 170 hectares, qui est située sur la commune de Grünheide, une zone boisée au sud de Berlin.

      Alors que l’entreprise dirigée par Elon Musk entend doubler sa production, les habitants ont exprimé leur opposition au projet et leurs inquiétudes, vis-à-vis notamment de l’importante consommation en eau de l’usine, lors d’un vote consultatif. Jeudi 29 février, des militants écologistes ont commencé à occuper une #forêt près de la gigafactory pour s’opposer aux projets d’agrandissement. Ils ont construit des cabanes dans les #arbres afin d’empêcher d’éventuels travaux.
      Tesla « mange de la terre, des ressources, des hommes, de la main-d’œuvre et crache pour cela 6 000 SUV, machines à tuer et monster trucks par semaine », a dénoncé Vulkan Gruppe dans son message. Les activistes accusent l’usine de « polluer la nappe phréatique et [de] consommer pour ses produits d’énormes quantités d’une ressource en eau potable déjà rare ».
      L’ONG environnementale allemande Robin Wood, qui participe au mouvement de protestation, a toutefois « rejeté tout lien » avec le sabotage et affirmé mener une action « pacifique ».

    • https://de.indymedia.org/node/344525

      Wir haben heute Tesla sabotiert. Denn Tesla in Grünau frisst Erde, Ressourcen, Menschen, Arbeitskraft und spuckt dafür 6000 SUVś, Killermaschinen und Monstertrucks pro Woche aus. Unser Geschenk zum 8. März heißt, Tesla abzuschalten.
      Denn die komplette Zerstörung der Gigafactory und mit ihr das Absägen von „Technofaschisten“ wie Elend Musk sind ein Schritt auf dem Weg der Befreiung vom Patriarchat.

      Voir aussi :

      https://seenthis.net/messages/1044451

      https://seenthis.net/messages/1045159

  • “Ciò che è tuo è mio”. Fare i conti con la violenza economica

    In Italia una donna su due ha subito violenza economica. WeWorld ha raccolto in un dettagliato report le storie di donne vittime di questa forma di abuso che colpisce in modo particolare chi subisce forme multiple di discriminazione legate all’età, al background migratorio o a una condizione di disabilità.

    “Ogni mese lui mi portava alle Poste, mi faceva prelevare tutti i soldi della mia pensione di 550 euro in contanti e poi pagare le bollette. Se rimanevano dei soldi, anche cinquanta euro, lui li prendeva. Nella vita di tutti i giorni io non avevo controllo su nulla: ogni volta dovevo giustificare come spendevo. Veniva sempre con me e decideva che cosa potessi acquistare e cosa no. Soprattutto per le spese alimentari. Non mi lasciava mai più di uno o due euro nel borsellino per bere un caffè o fare delle stampe”.

    Anna (nome di fantasia) è una donna di 55 anni che ha deciso di lasciare il marito dopo dieci anni di violenze fisiche, sessuali e psicologiche. Una relazione segnata anche da una forma di abuso che ancora troppo spesso viene sottovalutata: quella economica. La donna, che da una quindicina d’anni è in carico al Centro di salute mentale di Bologna per depressione, doveva chiedere il permesso al marito per ogni singola spesa, comprese quelle sanitarie: “Tutte quelle per la mia cura personale dovevano passare per una contrattazione perché non aveva piacere che spendessi. Per più di dieci anni ho chiesto di potermi fare sistemare i denti, ma lui non ha mai acconsentito. Nel 2020 gli ho fatto vedere che uno dei miei ponti in bocca era saltato e allora ha acconsentito, ma non ha mai pagato tutto. Quindi sono rimasta con i lavori a metà”.

    Quella di Anna è una delle diverse testimonianze raccolte dalla Ong WeWorld all’interno degli “Spazi donna” attivi in diverse città italiane (Milano, Napoli, Bologna, Brescia, Roma, Pescara e Cosenza) e contenute nel report “Ciò che è tuo è mio. Fare i conti con la violenza economica” pubblicato in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne con l’obiettivo di fare luce su questa forma di abuso.

    Il rapporto unisce alle testimonianze un’indagine inedita realizzata da WeWorld in collaborazione con Ipsos, da cui emerge che il 49% delle donne intervistate dichiara di aver subito violenza economica almeno una volta nella vita, percentuale che sale al 67% tra le divorziate e le separate. Più di una donna separata o divorziata su quattro (il 28%) ha affermato di aver subito le decisioni finanziarie prese dal partner senza essere stata consultata in precedenza. A una su dieci il marito o il compagno ha vietato di lavorare.

    Dai dati e dalle storie raccolte emerge poi come “gli abusi economici abbiano una natura trasversale, ma colpiscano maggiormente quelle persone che subiscono forme cumulative di discriminazione: donne molto anziane o molto giovani, con disabilità o dal background migratorio -commenta Martina Albini, coordinatrice del centro studi WeWorld-. E ha radici ben precise in sistemi socioculturali maschio-centrici e patriarcali che alimentano asimmetrie di potere”.

    Una delle definizioni più riportate nella letteratura scientifica identifica questa forma di violenza come “tutti i comportamenti volti a controllare l’abilità della donna di acquisire, utilizzare e mantenere risorse economiche”. Viene agita prevalentemente all’interno di relazioni intime o familiari ed è raro che avvenga singolarmente: tende infatti a essere parte di un più ampio ciclo di violenza fisica, psicologica e sessuale. “Le donne -si legge nel report– hanno maggiori probabilità di subirla perché sono proprio quei sistemi economici e sociali basati sul controllo maschile a favorirla”.

    Esemplificativa, in questo caso, è la vicenda di una giovane di origini sudamericane che si è rivolta allo “Spazio donna” del quartiere Corvetto di Milano. Ha conosciuto l’uomo che sarebbe diventato suo marito mentre frequentava l’università, nel volgere di poco tempo la coppia è andata a convivere ed è nata una bambina: la neomamma è stata quindi costretta a interrompere gli studi: “Tutte le decisioni economiche in casa spettavano a lui, io non pensavo a questi aspetti: non pensavo fossero cose importanti e lasciato che lui si prendesse la responsabilità -racconta-. Anche il bonus statale per la nascita della bambina l’ha preso lui, io non avevo nulla, né conto bancario né Poste Pay. Mi aveva detto che aprire un altro conto corrente non era conveniente”.

    Come avviene per altre forme di violenza, anche quella economica affonda le proprie radici nelle disuguaglianze di genere, nelle aspettative di ruoli tradizionali (la donna che rinuncia al lavoro per prendersi cura della casa e dei figli). Sempre dal sondaggio realizzato da Ipsos per WeWorld, infatti, emerge come il 15% degli intervistati pensi che la violenza sia frutto di comportamenti provocatori delle donne. Mentre il 16% degli uomini ritiene sia giusto che sia il marito o il compagno a comandare in casa.

    Per inquadrare meglio questo fenomeno può essere utile anche fare riferimento ad altri dati che mettono in evidenza la particolare fragilità della popolazione femminile: in Italia il 21,5% delle donne si trova in una condizione di dipendenza finanziaria. E il maggiore carico di cura familiare può costituire un fattore di rischio: prendersi cura della casa a dispetto dell’accesso al mondo del lavoro retribuito incrementa del 25,3% la probabilità di essere vittima di violenza economica. Un altro indicatore preoccupante è il fatto che il 37% delle donne italiane non possiede un conto corrente.

    In altre parole: nel nostro Paese sono ancora troppe le donne che non hanno adeguate competenze finanziarie, considerano “troppo complessi” questi temi e si affidano completamente alle scelte del partner. Oppure hanno sempre dato per scontato che dovessero essere gli uomini a occuparsi di gestire i bilanci familiari. “All’inizio della relazione con mio marito era mio padre a pensare agli aspetti economici in modo da non farmi mancare nulla -racconta una donna che si è rivolta allo “Spazio donna” di Scampia, periferia di Napoli-. Pensavo che fosse quella la normalità. Io non ricevevo soldi, se si doveva fare la spesa andavamo assieme ed è capitato che, a volte, al momento del pagamento lui era fuori a fumare e io facevo passare avanti le persone, perché non potevo pagare senza di lui. Queste piccole cose erano la normalità”.

    Il report di WeWorld evidenzia poi come le esperienze di violenza economica possono essere diverse e sfaccettate tra loro, a seconda dei contesti in cui si inseriscono, e si manifestano in modi differenti. A partire dal controllo economico: l’autore della violenza impedisce, limita o controlla l’uso delle risorse economiche e finanziarie della vittima e il suo potere decisionale, ad esempio monitorando le spese o facendo domande su come questa ha speso i propri soldi. Le donne possono anche essere vittima di sfruttamento economico all’interno della relazione di coppia (il partner ruba denaro, beni o proprietà, oppure costringe la vittima a lavorare più del dovuto) o di sabotaggio quando l’autore della violenza le impedisce di cercare, ottenere o mantenere un lavoro o un percorso di studi.

    Tutto questo ha gravi conseguenze sulla vita delle donne, non solo nel momento in cui vivono all’interno di una relazione violenta e che limita la loro libertà di autodeterminarsi, ma anche dopo che ne sono uscite. L’autonomia economica, infatti, rappresenta un elemento essenziale nella decisione della vittima di lasciare un partner violento, come emerge da uno studio condotto negli Stati Uniti: il 73% delle vittime di violenza economica intervistate ha riferito di essere rimasta con l’aggressore a causa di preoccupazione finanziarie per mantenere sé stessa o i propri figli.

    “L’impossibilità di allontanarsi dal compagno violento per mancanza di risorse economiche le espone inevitabilmente a ulteriori abusi -si legge nel report-. È stato dimostrato che questo rischio è maggiore tra le donne con uno status economico elevato rispetto agli uomini e nelle società in cui le donne hanno iniziato a entrare nel mondo del lavoro, poiché l’emancipazione femminile interviene come elemento di ‘disturbo’ nel contesto coercitivo instaurato dal partner violento”.

    Altrettanto gravi sono le conseguenze economiche indirette di lunga durata, che si ripercuotono sulla vita delle vittime anche quando si è conclusa la relazione abusante: l’impossibilità di studiare e il mancato inserimento nel mondo del lavoro, ad esempio, rendono più difficile per queste donne trovare un lavoro che permetta di mantenere sé stesse e i propri figli. Non hanno quindi nemmeno risparmi a cui poter attingere e spesso sono costrette a chiedere aiuto a familiari e conoscenti per sostenere le spese legali durante la fase di separazione.

    Uscire da queste situazioni di violenza è possibile, come dimostra la vicenda della donna che si è rivolta allo “Spazio donna” di Scampia e che, attraverso il supporto offerto dalle operatrici, ha potuto avviare prima un percorso di auto-consapevolezza della propria situazione e successivamente uno di formazione professionale. “Quando ho realizzato cosa stessi subendo non sono stata più bene, perché nel momento in cui ti rendi conto che hai speso anni di vita pensando di non meritare e precludendoti qualsiasi cosa, stai male -racconta la donna-. Mi sono sentita come una bomba che esplode”. Questa consapevolezza ha fatto maturare una voglia di riscatto unita all’esigenza di fare qualcosa per sé stessa e di costruirsi una professionalità. Ha seguito un corso di cucito e ha avviato una piccola attività sartoriale: “Questo ha naturalmente cambiato il mio rapporto di coppia perché è cambiata la mia mentalità: ora se dico a mio marito che voglio uscire, anche se sa che ho i soldi, mi dice di prendere quello che mi serve. Ora siamo separati in casa, ma se potessi me ne andrei. Sono molto diversa da quella che ero prima e voglio fare il mio lavoro, mi fa stare bene, è una fonte di guadagno, e se io devo andare a lavorare ora non ho problemi a dire a mio marito di prepararsi da mangiare da solo perché io sono impegnata”.

    https://altreconomia.it/cio-che-e-tuo-e-mio-fare-i-conti-con-la-violenza-economica
    #violence_économique #genre #femmes #hommes #violence #Italie #intersectionnalité #rapport #patriarcat #dépendance_financière #compte_bancaire #contrôle_économique #autonomie_économique #travail

    • “Ciò che è tuo è mio. Fare i conti con la violenza economica”: il nostro report sulla violenza economica sulle donne in Italia

      Il 49% delle donne intervistate dichiara di aver subito violenza economica almeno una volta nella vita, percentuale che sale al 67% tra le donne divorziate o separate; più di 1 donna separata o divorziata su 4 (28%) dichiara di aver subito decisioni finanziarie prese dal partner senza essere stata consultata prima. Eppure, la violenza economica è considerata “molto grave” solo dal 59% dei cittadini/e.

      Sono alcune delle evidenze del report “Ciò che è tuo è mio. Fare i conti con la violenza economica” pubblicato in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Il rapporto vuole fare luce su una delle forme di violenza contro le donne più subdola e meno conosciuta, concentrandosi sui risultati dell’indagine inedita realizzata insieme a Ipsos per valutare la percezione di italiani e italiane della violenza contro le donne e, in particolare, della violenza economica e dell’esperienza diretta.

      Un tempo considerata una forma di abuso emotivo o psicologico, oggi la violenza economica è riconosciuta come un tipo distinto di violenza, con cu si intendono tutti i comportamenti per controllare l’abilità della donna di acquisire, utilizzare e mantenere risorse economiche. Questo tipo di violenza viene messo in atto soprattutto all’interno di relazioni intime e/o familiari e spesso la violenza economica è parte di un più ampio ciclo di violenza intima e/o familiare (fisica, psicologica, sessuale, ecc.).

      LA VIOLENZA ECONOMICA IN ITALIA: I DATI DELL’INDAGINE

      Relazione tra violenza di genere e stereotipi

      - Più di 1 italiano/a su 4 (27%) pensa che la violenza dovrebbe essere affrontata all’interno della coppia.
      - Il 15% degli italiani/e pensa che la violenza sia frutto di comportamenti provocatori delle donne.
      – Il 16% degli uomini, contro il 6% delle donne, pensa che sia giusto che in casa sia l’uomo a comandare.

      L’immagine sociale delle diverse forme di violenza

      - Per 1 italiano/a su 2 la violenza sessuale è la forma più grave di violenza contro le donne.
      - La violenza economica è considerata molto grave solo dal 59% dei cittadini/e.
      – Per il 9% delle donne separate o divorziate, contro il 3% dei rispondenti, gli atti persecutori (stalking) rappresentano la forma più grave di violenza.

      La violenza economica

      - Il 49% delle donne intervistate dichiara di aver subito nella vita almeno un episodio di violenza economica. Il 67% tra le donne separate o divorziate.
      - 1 donna su 10 dichiara che il partner le ha negato di lavorare.
      – Più di 1 donna separata o divorziata su 4 (28%) dichiara di aver subito decisioni finanziarie prese dal suo partner senza essere stata consultata prima.
      – Quasi 1 italiano/a su 2 ritiene che le donne siano più spesso vittime di violenza economica perché hanno meno accesso degli uomini al mercato del lavoro.

      La situazione economica nei casi di separazione e divorzio

      - Dopo la separazione/divorzio, il 61% delle donne riporta un peggioramento della condizione economica.
      - Il 37% delle donne separate o divorziate dichiara di non ricevere la somma di denaro concordata per la cura dei figli/e.
      - 1 donna separata o divorziata su 4 avverte difficolta a trovare un lavoro con un salario sufficiente al suo sostentamento.

      L’educazione per contrastare la violenza economica

      - La quota di donne che non si sentono preparate rispetto ai temi finanziari è più del doppio di quella degli uomini (10% vs 4%).
      – Quasi 9 italiani/e su 10 (88%) sostengono che bisognerebbe introdurre programmi di educazione economico-finanziaria a partire dalle scuole elementari e medie.
      – Quasi 9 italiani/e su 10 (89%) pensano che bisognerebbe introdurre programmi di educazione sessuo-affettiva a partire dalle scuole elementari e medie.

      ”Dietro ai dati raccolti in questa indagine si trovano storie vere, voci di donne che hanno subito violenza economica e che vogliono raccontarla. Per questo abbiamo voluto inserire nel rapporto testimonianze dai nostri Spazi Donna WeWorld. Da qui emerge come gli abusi economici abbiano una natura trasversale, ma colpiscano maggiormente persone che subiscono forme cumulative di discriminazione: donne molto anziane o molto giovani, con disabilità o dal background migratorio”, commenta Martina Albini, Coordinatrice Centro Studi di WeWorld. “La violenza economica, come tutti gli altri tipi di violenza, ha radici ben precise in sistemi socioculturali maschio-centrici e patriarcali che alimentano asimmetrie di potere. Per questo è necessario un approccio trasversale che sappia sia includere gli interventi diretti, sia stimolare una presa di coscienza collettiva a tutti i livelli della società”.

      VIOLENZA ECONOMICA: I COMPORTAMENTI

      Le esperienze di violenza economica possono essere particolarmente complesse e sfaccettate a seconda dei contesti in cui si inseriscono: ad esempio, gli autori di violenza possono agire comportamenti abusanti culturalmente connotati nel Nord o Sud globale.

      I principali tipi di violenza economica identificati dalle evidenze in materia si distinguono in:

      – CONTROLLO ECONOMICO: L’autore della violenza impedisce, limita o controlla l’uso delle risorse economiche e finanziarie della vittima e il suo potere decisionale. Questo include, tra le altre cose, fare domande alla vittima su come ha speso il denaro; impedire alla vittima di avere o accedere al controllo esclusivo di un conto corrente o a un conto condiviso; monitorare le spese della vittima tramite estratto conto; pretendere di dare alla vittima la propria autorizzazione prima di qualsiasi spesa.
      - SFRUTTAMENTO ECONOMICO: L’autore della violenza usa le risorse economiche e finanziarie della vittima a suo vantaggio. Ad esempio rubando denaro, proprietà o beni della vittima; costringendo la vittima a lavorare più del dovuto (per più ore, svolgendo più lavori, incluso il lavoro di cura, ecc.); relegando la vittima al solo lavoro domestico.
      – SABOTAGGIO ECONOMICO: L’autore della violenza impedisce alla vittima di cercare, ottenere o mantenere un lavoro e/o un percorso di studi distruggendo, ad esempio, i beni della vittima necessari a lavorare o studiare (come vestiti, computer, libri, altro equipaggiamento, ecc.); non prendendosi cura dei figli/e o di altre necessità domestiche per impedire alla vittima di lavorare e/o studiare; adottando comportamenti abusanti in vista di importanti appuntamenti di lavoro o di studio della vittima.

      CONTRASTO ALLA VIOLENZA ECONOMICA: LE PROPOSTE DI WEWORLD

      Grazie all’esperienza maturata in dieci anni di intervento a sostegno delle donne e dei loro diritti, abbiamo sviluppato una serie di proposte per contrastare la violenza economica:

      PREVENIRE

      – Introduzione di curricula obbligatori di educazione sessuo-affettiva nelle scuole di ogni ordine e grado a partire dalla scuola dell’infanzia.
      – Introduzione di curricula obbligatori di educazione economico-finanziaria nelle scuole a partire dalla scuola primaria.
      – Campagne di sensibilizzazione multicanale e rivolte alla più ampia cittadinanza che individuino il fenomeno e le sue specificità.

      (RI)CONOSCERE E MONITORARE

      – Adozione di una definizione condivisa di violenza economica che ne specifichi i comportamenti.
      - Attuazione della Legge 53/2022, riservando attenzione alla raccolta e monitoraggio di dati sul fenomeno della violenza economica e su altri dati spia (condizione di comunione/separazione dei beni, presenza o meno di un conto in banca, condizione occupazionale, titolo di studio, presenza o meno di immobili o beni intestati, ecc.)

      INTERVENIRE

      - Maggiori e strutturali finanziamenti al reddito di libertà (sostegno economico per donne che cercano di allontanarsi da situazioni di violenza e sono in condizione di povertà) integrato a politiche abitative e del lavoro più solide e inclusive
      – Attività di prevenzione ed empowerment femminile che possano integrare l’operato della filiera dell’antiviolenza attraverso presidi territoriali permanenti.
      – Allargamento della filiera dell’antiviolenza a istituti finanziari con ruolo di “sentinella”.

      Pour télécharger le rapport:
      https://ejbn4fjvt9h.exactdn.com/uploads/2023/11/CIO-CHE-E-TUO-E-MIO-previewsingole-3.pdf

      https://www.weworld.it/news-e-storie/news/cio-che-e-tuo-e-mio-fare-i-conti-con-la-violenza-economica-il-nostro-report-
      #sabotage_économique #WeWorld

  • Les jeunes-gens ont trouvé un nouveau truc pour sécher les cours. Le mot d’absence falsifié avec imitation de la signature d’un des deux parents ? Complètement has been ... Maintenant on fait dans le « séchage » de masse. La situation est particulièrement « sensible » dans ce département. Depuis le 7 octobre, il ne s’y passe pas un jour sans qu’un établissement ne soit obligé de suspendre les cours.

    À Laval, sept nouveaux établissements scolaires victimes d’alertes à la bombe - France Bleu
    https://www.francebleu.fr/infos/education/a-laval-sept-nouveaux-etablissements-scolaires-victimes-d-alertes-a-la-bo

    Les fausses alertes à la bombe se multiplient en Mayenne. Les élèves et les professeurs de sept établissements à Laval ont été obligés d’évacuer ce mardi 7 novembre.

    https://actu.fr/pays-de-la-loire/evron_53097/en-mayenne-plusieurs-alertes-a-la-bombe-dans-des-etablissements-scolaires_60299

    https://www.ouest-france.fr/pays-de-la-loire/laval-53000/une-nouvelle-alerte-a-la-bombe-est-en-cours-au-college-alain-gerbault-a

    N’empêche que ça pourrait leur coûter cher à tous·tes ces réfractaires à l’éducation « républicaine » ...

    Dans un communiqué de presse en début de semaine, la préfète de la Mayenne a rappelé que diffuser une fausse information dans le but d’une destruction est passible de deux ans de prison et 30 000 euros d’amende.

    https://www.francebleu.fr/infos/faits-divers-justice/alerte-a-la-bombe-en-mayenne-quelle-procedure-a-suivre-2300195

  • Bernard (Vendée) : le sabotage de méga-bassines continue (2)- Sans nom
    https://sansnom.noblogs.org/archives/19340

    Une nouvelle réserve de substitution d’eau dégradée en Vendée France Bleu, 26 octobre 2023 (extrait) Une nouvelle réserve de substitution d’eau, autrement appelées bassines, a été dégradée en Vendée, au Bernard près de La Tranche-sur-Mer. Les faits ont été signalés mardi. Le monde agricole dans son ensemble (...) @Mediarezo Actualité / #Mediarezo

  • Centre-ville : un collectif marseillais revendique le rapt de 40 boîtes à clefs Airbnb - Marsactu
    https://marsactu.fr/bref/centre-ville-un-collectif-marseillais-revendique-le-rapt-de-40-boites-a-cle

    Dans un communiqué anonyme, un collectif de Marseillais et Marseillaises du centre-ville revendique “le kidnapping de 40 boîtes à clefs sécurisées et la dégradation de 21 d’entre elles“. Pour ces derniers, ces installations permettant aux propriétaires de biens immobiliers de les louer, à la chaîne pour de courte durée, et sans se déplacer sont, “le symbole de [leur] colère”. “Ainsi les touristes peuvent choisir la vue mer ou sur la Bonne mère pour passer quelques jours à Marseille et nous nous n’avons plus (vue sur) rien, écrivent-ils. Rareté des logements, augmentation des loyers, accès de ceux qui restent aux plus fortunés, évacuation forcée parfois, peur de perdre son logement sinon. […] Combien de gens à la rue pour combien de meublés touristiques sans âme ?”

    Le collectif, qui dit ne plus rien attendre de la mairie, demande “le retour à la location de tous [les] logements, des conditions d’accès à ceux-ci adéquates avec les revenus et les profils des Marseillais et Marseillaises.” Sinon, ajoutent les protestataires, il faudra s’attendre à d’autres kidnappings de boîtes à clefs, mais aussi des “attaques de petits trains” ou encore des “touristes jetés dans le Vieux-Port”.

    #Marseille #tourisme #Airbnb #meublés_touristiques #logement #rente_foncière #propriété #luttes

  • [pub] Les extraits du « Côté obscur de la force » : « Pendant la crise des “gilets jaunes”, jamais une surveillance aussi massive n’avait été déployée »

    Dans un livre qui paraît chez Flammarion mercredi 11 octobre, le journaliste Vincent Nouzille propose une enquête très fouillée sur ce qu’il appelle les « dérives du ministère de l’intérieur et de sa #police ». « Le Monde » publie en avant-première des extraits concernant le mouvement social qu’a connu la France en 2018.
    Par Vincent Nouzille

    Bonnes feuilles. C’est un secret d’Etat jusque-là bien préservé que nous dévoilons ici : en pleine crise des « #gilets_jaunes », les services de renseignement français ont mis sur #écoute et géolocalisé des milliers de #manifestants. Jamais une #surveillance aussi massive n’avait été déployée. Jamais autant d’individus en même temps n’avaient été concernés. Jamais de tels moyens techniques n’avaient été combinés pour savoir où des citoyens allaient se rendre, et tenter d’interpeller en amont ceux qui étaient suspectés, à tort ou à raison, de s’apprêter à commettre des violences.

    Selon les témoignages de plusieurs responsables de la police et du #renseignement, si le cadre légal a été formellement respecté, certaines de ces surveillances ont été décidées et avalisées sur la base de critères flous et dans la précipitation. « C’était la panique au sommet du pouvoir et dans les services, explique une source au ministère de l’intérieur. Le mouvement des “gilets jaunes” se transformait chaque samedi en insurrection. Il fallait sauver la République. Nous avons donc ratissé large1. »
    Au lendemain de la journée du 1er décembre 2018, où la violence est montée d’un cran, notamment à Paris avec le saccage de l’Arc de triomphe et au Puy-en-Velay avec l’incendie de la préfecture, le ministre de l’intérieur, #Christophe_Castaner, et son secrétaire d’Etat, #Laurent_Nuñez, décident de changer de stratégie. Ils exigent que le dispositif de sécurité soit plus mobile et demandent davantage d’interpellations en amont. Ils souhaitent surtout une surveillance ciblée de toute personne présumée violente. (…)

    Les services de renseignement ont déjà dans leurs radars des individus classés à l’ultragauche et à l’ultradroite, beaucoup étant « #fichés_S » (pour « sûreté d’Etat »). En revanche, la plupart des « gilets jaunes » sont inconnus. Dans les premiers temps, les services peinent à repérer des « leaders » d’un mouvement aussi éruptif que peu organisé. (…) Le préfet de police de Paris, Michel Delpuech, s’inquiète des activistes provinciaux que ses équipes ne connaissent pas et qui risquent de « monter » à Paris pour y semer des troubles chaque samedi.
    Face aux risques de désordre qui se propagent, les « gilets jaunes » étant insaisissables et se déplaçant sans arrêt, la donne change. « Nous allons maintenant travailler sur cette nouvelle population », glisse, de manière elliptique, Laurent Nuñez à propos des « gilets jaunes », lors d’une audition au Sénat le 4 décembre. Durant la seule journée du 8 décembre 2018, 724 personnes sont placées en garde à vue dans toute la France, souvent avant même qu’elles ne commencent à manifester. Les samedi 15 et 22 décembre, le même dispositif se reproduit. Les différents services ont commencé leur surveillance de certains manifestants considérés comme potentiellement dangereux. Et cela avec l’aval des plus hautes instances, qui ont donné leur feu vert à l’emploi massif des « techniques de renseignement », les « TR » dans le jargon des initiés. (…)

    L’emploi des #techniques_de_renseignement ne peut être justifié que pour la défense nationale, la protection des intérêts majeurs du pays, la lutte contre l’espionnage économique et scientifique, la prévention du terrorisme, du crime organisé et de la prolifération d’armes de destruction massive. Mais elles sont aussi autorisées pour la prévention des « atteintes à la forme républicaine des institutions », de la « reconstitution de groupements dissous » ou des « violences collectives de nature à porter gravement atteinte à la paix publique ». C’est principalement ce dernier motif – appelé « 5-C » par les spécialistes, et déjà employé lors de l’évacuation de la #ZAD_de_Notre-Dame-des-Landes au printemps 2018 – qui va être utilisé à grande échelle lors de la crise des « gilets jaunes ».

    En décembre 2018, les requêtes de « TR » affluent brutalement (…). Même si les données publiées dans les rapports annuels de la CNCTR [Commission nationale de contrôle des techniques de renseignement] sont imparfaites, elles donnent un aperçu de cette montée. Les demandes motivées par la « prévention des violences collectives » passent de 6 % de l’ensemble des requêtes en 2017 à 14 % en 2019, ce qui représente une augmentation de 133 % et un cumul de plus de 20 000 demandes en trois ans2 ! Dans le détail, le compteur des « géoloc », déjà en forte croissance les années précédentes, s’affole, passant de 3 751 demandes en 2017 à 5 191 en 2018, puis à 7 601 en 2019, soit un doublement en deux ans et la plus forte progression des techniques de renseignement. Quant aux écoutes, elles se multiplient aussi sur la même période, passant de 8 758 en 2017 à 12 574 en 2019, soit une croissance de 43 % en deux ans. Globalement, cette surveillance a concerné au moins 2 000 personnes entre fin 2018 et fin 2019. (…)

    La pression est telle que le centre d’écoute, basé aux Invalides, doit faire appel à des renforts d’effectifs pour les week-ends. De plus, le nombre de lignes téléphoniques écoutées simultanément a rapidement atteint le maximum autorisé3, ce qui a conduit Matignon à rehausser ce contingent en juin 2019 pour atteindre 3 800 lignes, dont 3 050 réservées au ministère de l’intérieur. Les « grandes oreilles » sont employées à grande échelle.
    Au siège de la CNCTR, un bâtiment sécurisé caché au fond d’un jardin de la rue de Babylone, dans le 7e arrondissement, la tension est maximale chaque fin de semaine à partir de décembre 2018. (…) « C’était l’enfer. Tous les services voulaient un feu vert dans la soirée de vendredi. La Commission n’avait pas forcément le temps de vérifier les motivations indiquées dans les centaines de demandes », précise un de ses membres, qui n’a pas eu son mot à dire sur ces décisions.

    (…) Beaucoup de manifestants ciblés sont ainsi repérés en direct, dans leurs déplacements en voiture, en train, jusqu’à Paris, ou vers d’autres grandes métropoles où se déroulaient des rassemblements importants. Ignorant qu’ils sont géolocalisés grâce à leur téléphone, certains sont interpellés sur les routes, aux péages, dans les gares ou près des lieux de leur résidence. Seize personnes, présentées par la police comme des « black blocs » ou des « ultrajaunes », seront arrêtées à 12 h 30 le samedi 7 décembre 2019, dans une maison louée avenue du Général-Leclerc, au Bouscat, près de Bordeaux, et les locaux perquisitionnés.
    Leur localisation a été rendue possible, affirmeront les enquêteurs, grâce à la découverte faite dans la nuit de tags anti-police peints dans le quartier et sur la foi d’« investigations d’environnement » effectuées le matin même. Mais les détails de ces « investigations d’environnement » ne seront pas versés en procédure, car, selon l’officier de police judiciaire chargé de l’enquête, elles « provenaient d’informations classifiées ». Ce qui correspond à des renseignements de surveillance émanant des services.

    La #géolocalisation permet également de suivre le parcours des « cibles » durant les manifestations. Les trajets sont visualisés en direct sur des écrans. (…) Chaque cible est alors colorée selon son appartenance présumée : rouge pour des cibles de l’ultragauche, bleu pour l’ultradroite. (…)

    D’autres « gilets jaunes » font l’objet d’un traçage en direct hors des manifestations habituelles du samedi. Le dimanche 14 juillet 2019, juste avant le défilé traditionnel des armées sur les Champs-Elysées, les services reçoivent des alertes sur la présence de « gilets jaunes » dans les parages, alors que le périmètre a été interdit à toute manifestation sur ordre du préfet de police. Plus grave : ils soupçonnent une attaque contre le président de la République, Emmanuel Macron. Au vu du risque de « trouble grave à l’ordre public », des surveillances téléphoniques sont aussitôt autorisées, pour quelques jours, sur plusieurs cibles, avant d’être levées faute de menaces avérées. Coïncidence ? Ce jour-là, parmi les près de 200 personnes interpellées dans Paris en marge du défilé, trois leaders connus des « gilets jaunes », Eric Drouet, Maxime Nicolle et Jérôme Rodrigues, sont arrêtés dès le matin aux alentours des Champs-Elysées et placés en garde à vue, avant d’être relâchés dans l’après-midi, une fois les procédures lancées ou classées sans suite. Les techniques de surveillance sont également utilisées de manière intensive pour repérer les manifestants contre le sommet du G7 qui se tient à Biarritz du 24 au 26 août 2019. (…)

    La fin du mouvement des « gilets jaunes » en 2020, suivie de la longue crise sanitaire, n’a pas stoppé cette surveillance ciblée. Au contraire. Selon les données de la CNCTR, chargée de filtrer les requêtes des services, les demandes d’écoutes et de poses de balises pour tous types de motifs sont restées stables à un niveau élevé depuis 2020. Celles portant sur des intrusions dans des lieux privés ont fortement augmenté, tout comme celles sur la captation de données informatiques. Quant aux demandes de géolocalisation en temps réel , très prisées lors des manifestations, elles ont continué leur irrésistible ascension, de 7 601 en 2019, jusqu’à 10 901 en 2022 , un nouveau record.

    Notes de bas de page :
    1- Entretiens avec l’auteur. La plupart des sources de ce prologue ont requis l’anonymat, vu le caractère sensible des informations livrées ici. Les dates des entretiens ne sont pas précisées.
    2 - Nombre des requêtes de TR motivées par les motifs de prévention des violences collectives : 4 226 en 2017 (soit 6 % du total des 70 432 demandes) ; 6 596 en 2018 (soit 9 % des 73 298 demandes) ; 10 296 en 2019 (soit 14 % du total des 73 543 demandes). Source : rapports annuels de la #CNCTR.
    3 - Le contingent d’écoutes était de 3 040 depuis 2017, déjà passé à 3 600 en juin 2018.

    https://www.lemonde.fr/idees/article/2023/10/09/les-extraits-du-cote-obscur-de-la-force-pendant-la-crise-des-gilets-jaunes-j
    les (...) du texte sont du journal

    edit #police_politique #solutionnisme_technologique #écologie_radicale #SLT #extinction_rebellion ...

    #manifestations #livre

    • « Le Côté obscur de la force », enquête sur la part d’ombre des pratiques policières
      https://www.lemonde.fr/idees/article/2023/10/09/le-cote-obscur-de-la-force-enquete-sur-la-part-d-ombre-des-pratiques-policie

      L’enquête de Vincent Nouzille qui paraît le 11 octobre chez Flammarion fait la lumière sur deux tendances de fond aux lourdes conséquences sur les libertés publiques : la multiplication des entraves au droit de manifester et le développement de la surveillance de masse.

      Livre. Depuis P… comme police, d’Alain Hamon et Jean-Charles Marchand (Alain Moreau, 1983), les livres d’enquête sur une institution aussi décriée que propice aux fantasmes n’ont pas fait défaut. Il manquait toutefois, dans ce catalogue, un ouvrage consacré aux plus récentes années, un livre qui serait à la fois une mise en perspective de maux endémiques (comme la difficulté à admettre l’existence de violences policières, fussent-elles répétées et objectivées) et un exercice d’analyse prospective sur des pratiques policières renouvelées, bien souvent inquiétantes. Vincent Nouzille, journaliste rompu aux investigations documentées, comble cette lacune en explorant Le Côté obscur de la force (Flammarion, 512 pages, 23 euros).
      Si elle n’oublie pas les figures imposées et traite notamment de la persistance de réseaux d’influence souterrains au sein du ministère de l’intérieur, son enquête aide avant tout à mettre en lumière deux tendances de fond aux lourdes conséquences sur les #libertés_publiques. La première tient à la multiplication des entraves au #droit_de_manifester grâce à la mobilisation de toutes les ressources judiciaires possibles, parfois au moyen de procédés à la limite du dilatoire. La seconde tendance concerne la mise en œuvre de techniques de surveillance de masse.
      Noyés dans les rapports officiels et les interventions des autorités policières, les chiffres exhumés par l’auteur montrent que des milliers d’individus ont fait l’objet d’une surveillance étroite, une vaste entreprise de « renseignement » décidée au plus haut sommet de l’Etat lors de la crise des « gilets jaunes » et prolongée depuis. La pérennisation de ces techniques fait craindre une extension du domaine panoptique, rendue probable par le test grandeur nature des Jeux olympiques et paralympiques de Paris en 2024. « Il est assez vraisemblable, prévient Vincent Nouzille, que les enseignements qui en seront tirés inciteront ses promoteurs, notamment toute la filière de la sécurité qui piaffe d’impatience, à vouloir en tirer parti pour passer à la vitesse supérieure. » Et accélérer un mouvement, manifestement déjà bien engagé, de surveillance généralisée.

      "Ils ne peuvent plus s’en passer" : un livre révèle une "flambée" des écoutes depuis les "gilets jaunes"
      https://www.radiofrance.fr/franceinter/ils-ne-peuvent-plus-s-en-passer-un-livre-revele-une-flambee-des-ecoutes-

      (...) il y a eu au moins 2.000 personnes écoutées ou géolocalisées pendant la crise des « gilets jaunes ». Jamais on n’avait écouté autant de monde en même temps lors d’une crise sociale. Cela a permis aux services de renseignement et services de police, d’une part d’écouter, mais surtout de suivre les #mouvements de ces manifestants et d’en interpeller certains en amont des manifestations. Cela a été, selon eux, extrêmement efficace. Les [représentants] officiels me disent que tout a été fait dans les règles. Mais vu le nombre de demandes et vu, surtout, l’afflux soudain des demandes, nous pouvons nous poser des questions sur les contrôles qui ont pu être exercés en la matière."

      Vous montrez également que cette surveillance n’a pas pris fin après cet épisode des « gilets jaunes »...

      "On aurait pu croire qu’avec la fin de la crise des « gilets jaunes », début 2020, cette surveillance diminue. Or, ce n’est pas du tout ce qui s’est passé, au contraire. En fait, les responsables du service de renseignement m’ont confié qu’ils y avaient pris goût et ne pouvaient plus se passer des écoutes, et surtout des géolocalisations en temps réel, qui permettent de savoir où sont les personnes que l’on veut surveiller. Le nombre des personnes qui ont été surveillées "au titre des violences collectives", comme on dit dans le jargon, a atteint 3.500 en 2021, c’est à dire trois fois plus qu’en 2017. Nous avons donc bien eu une extension de la surveillance à un nombre beaucoup plus grand de personnes.

      Il y a ensuite eu un léger repli en 2022, mais, début 2023, je révèle qu’il y a eu un nouvel accord de la Commission nationale des techniques de renseignement pour élargir les critères de la surveillance et des possibilités d’écoutes à des personnes qui font partie des mouvements de l’écologie radicale. C’est le cas de certains membres des Soulèvements de la Terre, d’Extinction rébellion et d’autres, notamment toutes les personnes qui ont lutté contre les méga-bassines. Cette commission a décidé fin 2022, début 2023, de changer les critères et d’accepter un certain nombre de demandes des renseignements qu’elle avait jusqu’alors refusées. Par exemple, lorsqu’a eu lieu la première manifestation à Sainte-Soline, en octobre 2022, les services de renseignement avaient fait des demandes d’écoute d’un certain nombre de leaders des mouvements, et cela n’avait pas été accepté par cette commission. Mais vu la violence et les incidents qui ont eu lieu fin octobre, l’intrusion ensuite dans la cimenterie Lafarge, près de Marseille, qui a eu lieu en décembre, et d’autres incidents de ce type, cette Commission de contrôle des techniques de renseignement a décidé d’élargir les critères d’écoute en acceptant désormais des cas de demandes de personnes qui sont susceptibles de commettre des violences non pas physiques, mais des #violences_matérielles, de destruction, de #sabotage."

      #justice #enquêtes_judiciaires #JO #gendarmerie #Service_central_de_renseignement_territorial #RT

    • Lors de la dernière audition, à court de nouvelles déductions, Z. avait finit par me questionner à propos d’un billet de France Culture sur la dissolution des Soulèvements de la Terre, écouté le matin même dans sa voiture. Il me précise que l’éditorialiste Jean Leymarie y critique la dissolution mais interroge la « radicalisation du mouvement » : « Leymarie cite le philosophe Pascal et son adage - la justice sans la force est impuissante mais la force sans la justice est tyrannique ? Continuerez vous malgré votre mesure de garde à vue à légitimer l’usage de la violence ? N’avez vous pas peur que votre mouvement devienne tyrannique ? Allez vous vous ranger du côté de la justice ? »

      Ce qui est bien quand on est seul à faire les questions et à savoir que les réponses ne viendront pas, c’est que l’on a toujours la possibilité de se les poser à soi-même et à son corps de métier. Une semaine après nos sorties de garde à vue, des policiers tuaient une fois de plus dans la rue un adolescent des quartiers populaires, provoquant le soulèvement politique le plus fracassant qu’ait connu ce pays depuis les Gilets Jaunes, avant d’envoyer des centaines de nouvelles personnes en prison. Alors que la conséquence que les policiers en tirent quant à eux est de revendiquer aujourd’hui, avec l’appui du ministère de l’Intérieur, un statut d’exception à même de les faire échapper à la loi, la question de ce que devient la force sans la justice est tragiquement d’actualité.

    • Quand je suis emmené pour la dernière fois dans son bureau pour l’audition finale, il ne nous cache cette fois pas sa forte déception et l’étonnement des enquêteurs de ne pas avoir été suivis par la juge. L’un deux soufflera d’ailleurs à une autre personne que celle-ci est « à moitié en burn out ». Lui confirme en tout cas qu’elle a estimé que « les conditions de sérénité des débats n’étaient pas réunies ». On peut imaginer, au-delà de toute autres considérations guidant cette décision, que la juge doit à minima répugner à ce que son indépendance soit publiquement mise en débat et à ce que le doute continue à se distiller sur son instrumentalisation au profit d’une urgence gouvernementale à mettre fin aux Soulèvements de la Terre. D’autant que depuis l’affaire Tarnac, les juges d’instruction savent bien que la fragnolite peut toujours les attendre au tournant, et depuis Bure que les associations de malfaiteurs trop enflées politiquement peuvent finir en relaxe.

    • Le capitaine nous affirme d’ailleurs que justement la SDAT « cherche aujourd’hui de nouveaux débouchés » du côté de l’« écologie » et « des violences extrêmes ».

      [...]

      Z. dira à plusieurs reprises que la seule raison pour laquelle la SDAT a pu « lever le doigt » pour être chargée de l’affaire était les « tentatives d’incendies sur des véhicules de l’usine », et que « sans le feu » tout ceci serait sans doute resté dans une catégorie de délit inférieur sans bénéficier de leur attention

      [...]

      Au long des 4 jours, on constate que Z. oscille quant à lui maladroitement entre une surqualification des faits incriminés seule à même de justifier que les moyens de la SDAT soit employée dans cette affaire, et une posture opposée visant à déjouer les critiques sur l’emploi des moyens de l’anti-terrorisme à l’encontre d’actions écologistes qui peuvent difficilement être qualifiée comme telles. Il estime d’un côté que notre mise en cause de l’emploi de la SDAT dans la presse est déplacée puisque la qualification « terroriste » n’est pas retenue dans le classement de cette affaire et que la SDAT agirait ici comme un « simple corps de police ». Mais il nous exposera par ailleurs dans le détail comment seuls les moyens exceptionnels de l’anti-terrorisme ont pu permettre de mener une telle enquête et que « nul autre qu’eux » aurait été capable de fournir ce travail.

      Il faut dire que la taille du dossier d’instruction encore incomplet est de 14 000 pages, ce qui représente à ce que l’on en comprend six mois de plein emploi pour un nombre significatif de policiers, et donne une idée du sens des priorités dans l’exercice de la justice dans ce pays. A sa lecture ultérieure et en y explorant dans le détail l’amplitude des moyens qu’ont jugé bon de déployer les enquêteurs pour venir à la rescousse de Lafarge, les mis en examen constateront qu’ils avaient effectivement carte blanche. L’officier concède d’ailleurs à mon avocat que la police est, ces dernières années, une des institutions les mieux dotées financièrement du pays, et admet que leurs syndicats font quand même bien du cinéma. En l’occurrence cette manne a été mise au service de ce qui paraît être devenu ces derniers mois deux impératifs catégoriques pour le gouvernement français et les entreprises qui comptent sur sa loyauté à leur égard. En premier lieu produire une secousse répressive suffisante pour décourager toute velléité de reproduction d’un telle intrusion. Il doit demeurer absolument inconcevable que la population fasse le nécessaire et mette elle-même à l’arrêt les infrastructures qui ravagent ses milieux de vie. En second lieu, étendre encore le travail de surveillance et de fichage déjà à l’œuvre sur un ensemble de cercles jugés suspects en s’appuyant sur les moyens débridés offerts par l’enquête.

    • Il veux savoir si j’ai lu les brochures visant à attaquer les #Soulèvements_de_la_Terre, de ceux qu’il qualifie d’« #anarchistes individualistes ». Les accusations portées à notre égard y sont selon lui fort instructives et mettent en cause les faits et gestes de certaines personnes d’une manière qui s’avère sans doute pertinente pour l’enquête. C’est notamment à partir de ces fables intégralement versées au dossier que la SDAT justifie certaines des #arrestations, et fonde une partie de la structure incriminante de son récit sur ces « cadres des Soulèvements » qui resteraient « au chaud » en envoyant d’autres personnes au charbon. Ce sont d’ailleurs ces mêmes pamphlets, publiées sur certains sites militants, que le ministère de l’Intérieur reprend avec application pour fournir des « preuves » de l’existence et de l’identité de certains soit-disant « #dirigeants », et alimenter, dans son argumentaire sur la dissolution, l’idée d’un mouvement « en réalité vertical ». Z. est en même temps « bien conscient », dit-il, que ces écrits, sont « probablement l’expression de « guerres de chapelles », comme ils peuvent en avoir eux-même de services à service ». Cela ne l’empêche pas de proposer à une autre personne, arrêtée lors de la première vague, de prendre le temps de les lire pendant sa garde à vue « pour réaliser à quel point » elle se serait fait « manipuler ».

      #récit #autonomie #surveillance #police_politique #SDAT (héritage du PS années 80) #arrestations #interrogatoires #SLT #écologie #sabotage #anti_terrorisme #Lafarge #Béton

    • Lafarge, Daesh et la DGSE
      La raison d’Etat dans le chaos syrien

      https://lundi.am/Lafarge-Daesh-et-la-DGSE

      Ce mardi 19 septembre se tenait une audience devant la cour de cassation concernant l’affaire Lafarge en Syrie dans laquelle le cimentier et ses dirigeants sont soupçonnés de financement du terrorisme. Alors que le terme terrorisme plane frauduleusement autour du désarmement de l’usine de Bouc-bel-Air, voilà l’occasion d’une petite mise en perspective.

      #lafarge #daesh #dgse #syrie

  • Soulèvements de la terre : « Le Dieu chrétien est le profanateur suprême de la propriété privée »
    https://www.la-croix.com/Debats/Soulevements-terre-Le-Dieu-chretien-profanateur-supreme-propriete-privee-2


    «  Une rapide enquête historique et sociologique suffirait pourtant à montrer que cette propriété est bien plus souvent le fruit d’une appropriation et d’une transmission par héritage.  »
    XAVIER BENOIT/LA NOUVELLE REPUBLIQUE/MAXPPP

    Alors que la dissolution des Soulèvements de la terre a été suspendue et que les soutiens au mouvement s’élancent le vendredi 18 août dans un « convoi de l’eau » vers Paris, Benoît Sibille propose une réflexion sur la remise en cause de la propriété privée et l’usage occasionnel du sabotage par les mouvements écologistes, dans une perspective théologique.

    Le retour des pratiques de sabotage dans les luttes écologistes choque et clive. Certains militants écologistes s’interrogent : suis-je solidaire de ces pratiques ? Ne va-t-on pas trop loin ? Nous ne présenterons pas ici un jugement arrêté sur l’opportunité stratégique, symbolique et politique de tel ou tel sabotage. Nous voudrions seulement nous demander pourquoi ces pratiques nous gênent tant. Il nous semble que cela est en grande partie dû au fait que le sabotage suppose une « violation de la propriété privée » et que, même inconsciemment, cette « propriété privée » est la divinité suprême de notre époque. Au fond, le sabotage choque car il relève de la logique de la profanation et du sacrilège. L’affaire nous semble donc hautement théologique.

    La propriété privée est réputée intouchable, elle est ce dont on ne peut user sans un titre spécifique (le titre de propriété). Elle divise ainsi, comme le font souvent les religions, le corps social en deux : les prêtres (propriétaires) et les fidèles (non-propriétaires) qui leur sont soumis. Les premiers sont, bien sûrs, bien moins nombreux et constituent l’élite sacerdotale. On pourra bien sûr tenter de rationaliser ce culte en disant que ce n’est que justice, que cette propriété est le fruit d’un travail, qu’en cela elle est un droit naturel et est légitimement méritée par ses propriétaires.

    Une rapide enquête historique et sociologique suffirait pourtant à montrer que cette propriété est bien plus souvent le fruit d’une appropriation et d’une transmission par héritage. Le culte de la propriété nous semble donc mériter une enquête théologique : croire qu’il s’agit d’une simple appropriation, c’est-à-dire d’un simple changement de propriétaire, c’est en effet croire que le « Dieu Propriété » est éternel et que toute terre est toujours nécessairement possédée par quelqu’un.

    Si tel était véritablement le cas, on pourrait tout au mieux critiquer tel ou tel propriétaire individuel pour sa mauvaise gestion, mais en aucun cas la propriété elle-même. À cette théologie de la Propriété Éternelle nous voudrions en opposer une autre, biblique, elle. Plutôt que d’entrer dans une régression à l’infini pour fonder l’éternité du Règne de la Propriété, la Bible nous renvoie à l’acte créateur : « Au commencement, Dieu créa le ciel et la terre » (Gn 1,1). Dire que Dieu crée le monde, c’est couper court à l’idée selon laquelle la terre a toujours eu des propriétaires, c’est interrompre la régression à l’infini par laquelle chacun revendique pour sa famille tel ou tel bout de terre.

    Le monde comme un jardin
    Le récit de la genèse présente le monde comme un jardin dont Dieu nous offre les fruits à consommer (Gn 1, 28-31 et Gn 2, 15) et, après la chute, comme une terre à travailler (Gn 3, 19). Toute l’histoire biblique est ensuite celle de la promesse d’une terre (depuis Gn 12, 1 jusqu’à Ap 21, 1) qui pourtant n’est jamais possédée définitivement. Dans cette promesse infinie, les femmes et les hommes se découvrent « pèlerins et étrangers sur la terre » (Gn 23, 4 ; Ps 39, 13 ; Hb 11, 13 ; 1 P 2, 11).

    Méditant cette condition biblique du peuple d’Israël, Franz Rosenzweig, philosophe juif du début du XXe siècle, notait : « Il (le peuple d’Israël) ne lui est pas donné de s’endormir dans son chez-soi ; il reste sans attaches, comme un voyageur (…). La Sainteté de la terre retire la terre de sa mainmise » (Étoile de la rédemption). La parole divine, en effet, est sans appel : « C’est à moi qu’est le pays. »

    Dieu profanateur
    Notre Dieu est ainsi, par le geste de la création, le profanateur suprême de la Propriété Privée. Chaque fois que nous invoquons la divine Propriété pour exiger la possession complète d’une parcelle de terre, sa parole rappelle : « La terre, c’est moi qui l’ai faite » (cf. Is 45, 13). Aussi, nous n’avons tout au plus qu’un droit d’usage sur celle-ci, et encore nous n’en avons l’usage légitimement que si nous l’usons en vue de tous.

    La tradition catholique a toujours été claire sur cela. La propriété privée ne peut être envisagée comme potentiellement acceptable que dans sa subordination à « la destination universelle des biens » (cf. Gaudium et spes 69). Qu’est-ce à dire ? Que reste-t-il de la « propriété privée » si elle est à la destination de tous ?

    Cela signifie, simplement et radicalement, que le droit de propriété doit être subverti de l’intérieur. Le titre de propriété désigne théologiquement un titre d’usage en vue de la mise à disposition de tous : si tu as du pain, c’est pour le partager ; si tu as la terre, c’est pour que personne ne soit sans terre. Selon la formule de l’apôtre Paul, il s’agit d’user du monde comme n’en usant pas (1 Co 7, 31), c’est-à-dire, ici, de s’approprier la terre de manière à la rendre inappropriable et donc commune.

    « Reprises de terres »
    La chose est très concrète, les stratégies de « reprises de terre » (occupations de terre par les paysans sans terre, au Brésil, sur le plateau du Larzac ou à Notre-Dame-des-Landes ; achats collectifs de terre par le biais de GFA citoyens ; mise en commun de terre, etc.) qui fleurissent aujourd’hui dans la militance écologiste réalisent très concrètement des formes de propriété rendant la terre inappropriable.

    Lorsque des citoyens achètent ensemble des terres pour les libérer des risques de l’artificialisation, pour les soustraire à la spéculation foncière et pour les mettre à disposition de paysannes et de paysans, ils font de la terre un bien commun sur lequel personne ne peut revendiquer de droit absolu. Ces initiatives sont profondément théologiques, théologales même. Révélant la terre comme inappropriable, ces reprises de terre sont l’occasion d’être repris par la terre et de laisser la terre être reprise par Dieu pour s’y découvrir pèlerin et usager de passage.

    Subvertir la propriété
    Si cette « destination universelle des biens » doit nous enjoindre de subvertir la propriété, elle est aussi ce qui doit conduire à mettre en cause toute appropriation de la terre sous le signe de la Divine Propriété Privée. Si la seule propriété légitime est celle qui se défait elle-même comme propriété privée, alors la propriété privée captatrice, accumulatrice – bref, capitaliste – est, elle, intrinsèquement illégitime. La contester – par voie légale, par occupation illégale ou par sabotage – n’est qu’une manière de convoquer cette divinité Propriété devant la face du Dieu créateur et de soumettre l’appropriation de la terre à l’inappropriabilité de la création.

    Jacques Ellul avait probablement raison en voyant dans la « profanation » la forme par excellence de l’éthique chrétienne. Confesser le Dieu créateur et sauveur, c’est avoir pour tâche de profaner toutes les idoles de notre monde. Il se pourrait que Dieu attende de nous l’audace d’être les profanateurs de la « Propriété Privée », d’être la terre qui se soulève contre les entreprises d’appropriations.

    • Benoît Sibille soutiendra bientôt une thèse aux allures prometteuses
      https://cv.hal.science/benoit-sibille
      il a contribué à la "revue d’#écologie_intégrale" Limite
      https://revuelimite.fr/auteur/benoitsibille
      dont l’histoire parait... complexe (créée à l’extrême droite)
      https://fr.wikipedia.org/wiki/Limite_(revue)#:~:text=Elle%20a%20été%20cofondée%20par,Dalmas%20et%20d.

      edit : le concept d’« écologie intégrale » apparaît en 1984 dans la publication royaliste, Je suis français. Jean-Charles Masson pose des « jalons pour un écologisme intégral », un terme inspiré du « nationalisme intégral » de l’écrivain Action française Charles Maurras.

      #propriété_privée #droit_d'usage #profanation #sabotage #théorie #théologie

    • apparemment, la revue Limite n’a pas survécu à ses (apparemment, vives…) contradictions internes et… aux difficultés de la presse papier

      Nos limites - Limite
      https://revuelimite.fr/nos-limites

      Après sept ans d’une aventure hors du commun, la revue Limite s’arrête. Il en a fallu, du cœur et du courage, à cette petite bande qui s’est reconnue dans une « génération Laudato Si » et s’est mise en tête d’en faire une revue. Si « l’esprit Limite » a germé partout en France, c’est aussi parce que de nombreux chrétiens y ont vu une nécessité. Entre nostalgie et fierté, voici le mot final de son directeur Paul Piccarreta. Édito frissons.

      Un mois après cette annonce, le tout dernier billet mis en ligne (nov. 2022) est signé de Benoît Sibille

      Des luttes écologiques au Royaume de Dieu - Limite
      https://revuelimite.fr/des-luttes-ecologiques-au-royaume-de-dieu

      De quelle mauvaise théologie sommes-nous les disciples, lorsque nous craignons de saisir la main tendue par les plantes et les bêtes, les fleuves et les forêts ? Il n’y a pas de panthéisme  lorsque nous faisons de « notre sœur mère la terre » une priorité à contempler et à protéger. Pour le philosophe chrétien Benoit Sibille, cette inquiétude qui étreint beaucoup de chrétiens n’est pas une inquiétude chrétienne.

    • son billet (07/2021) sur le covid-19

      Nous ne vivons pas une crise sanitaire - Limite
      https://revuelimite.fr/nous-ne-vivons-pas-une-crise-sanitaire

      Le Covid-19 n’est pas tombé du ciel. La possibilité de propagation d’agents infectieux libérés par la fonte du permafrost inquiète déjà. La situation n’a donc rien d’un mauvais moment à passer grâce à un « passe sanitaire » . La question n’est pas d’accepter ou non des mesures extraordinaires et ponctuelles ; il s’agit de décider de notre réaction face à l’effondrement des écosystèmes que nous provoquons.

      Alors que les citoyens refusant le « passe sanitaire » sont de plus en plus considérés comme responsables de la propagation de la pandémie de Covid-19, il importe de remonter correctement la chaîne des responsabilités. Le Covid-19 est une zoonose, c’est-à-dire une maladie transmise à l’homme par des animaux non-humains du fait de la destruction de leur habitat naturel ou de leur exploitation. Que la pandémie vienne du pangolin ou de la chauve-souris change assez peu de chose, c’est de la prédation de l’humanité capitaliste sur les équilibres écosystémiques que vient la crise. La crise sanitaire ne vient pas de notre négligence dans l’usage du masque, du gel ou des vaccins, mais d’un mode de développement destructeur des écosystèmes. Pire, les industries dont nous attendons le salut (production de gel, de masques, de vaccins, etc.) participent elles-mêmes à la folie productiviste qui nous mène de manière de plus en plus inéluctable à l’effondrement. La pandémie de Covid-19 n’est donc pas une « crise sanitaire » pouvant se résoudre à l’échelle de la seule humanité ; c’est une « crise écologique » dont nous ne pourrons sortir qu’en acceptant de nous considérer nous-mêmes comme membres, parmi d’autres, d’écosystèmes.
      Le Covid-19 n’est pas tombé du ciel, les scientifiques alertaient depuis longtemps sur les risques liés aux zoonoses et l’on sait que d’autres suivront ; la possibilité de propagation d’agents infectieux libérés par la fonte du permafrost inquiète déjà. La situation n’a donc rien d’une crise que l’on pourrait traverser par des mesures strictement sanitaires. Il ne s’agit pas d’un mauvais moment à passer grâce à un « passe sanitaire », il s’agit d’une période dans laquelle nous entrons et il nous incombe de choisir comment nous y entrons. La question n’est pas d’accepter ou non des mesures extraordinaires et ponctuelles ; il s’agit de décider de notre réaction face à l’effondrement des écosystèmes que nous provoquons.
      Entrerons-nous dans cette période par la surveillance généralisée et l’accroissement du pouvoir technique ou y entrerons-nous par un changement radical de notre mode de développement ? Comment la surveillance de la population pourrait-elle être acceptable comme moyen d’espérer une sortie de crise alors que se maintient et se renforce, par et avec elle, le système économique qui produit ces pandémies ? Voulons-nous vivre ce temps de crise en réinventant des manières écosystémiquement soutenables de vivre ? Nous obstinerons-nous dans une forme de développement qui non seulement ne pourra durer qu’un temps, mais ne le pourra qu’au prix d’inégalités croissantes et d’une surveillance généralisée ?

    • [aspirine] peut-être s’agit-il de la revue Philosophique ?

      Philosophique

      La revue Philosophique a été fondée en 1986, à l’initiative de Louis Ucciani. Elle a été initialement éditée par le Centre de documentation et de bibliographie philosophique (CDBP), fondé en 1959 par Gaston Berger et Gilbert Varet. Elle paraît une fois par an, avec une double fonction : susciter la réflexion autour d’un des thèmes que le programme de l’agrégation met à l’ordre du jour. Faire apparaître les termes et les formes les plus récentes de la recherche philosophique.

      https://books.openedition.org/pufc/4137

      mais je ne trouve pas trace d’un n° sur L’Oeuvre
      https://www.lcdpu.fr/revues/?collection_id=536#:~:text=Revue%20%3A%20Philosophique%2C%20Presses%20universi.

    • tkt, je (me) faisais la remarque que la référence dans HAL était bizarre :

      Philosophique. Hors-série, 2022, L’Œuvre, Hors-Série

      L’Œuvre ne correspond à rien

      et oui, c’est bien de ce numéro HS de la revue que la lecture du sommaire me donne mal au crâne (pas le pataquès, ci-dessus)

      merci pour l’aspirine, mais je crains que ce soit insuffisant, l’abstention de toute lecture me semble, seule, pouvoir éviter le mal de tête :- )

  • Le gouvernement à l’offensive contre les arrêts de travail « de complaisance »
    https://www.lemonde.fr/societe/article/2023/08/01/le-gouvernement-a-l-offensive-contre-les-arrets-de-travail-de-complaisance_6

    Le gouvernement à l’offensive contre les arrêts de travail « de complaisance »

    La volonté de l’exécutif de réguler la recrudescence des dépenses liées aux arrêts maladie est soutenue par des organisations patronales et contestée par les syndicats.

    Par Bertrand Bissuel et Thibaud Métais
    Publié aujourd’hui à 05h35

    Voilà un thème rêvé pour communiquer à la fois sur le sérieux budgétaire et la lutte contre les fraudes. Alors que les dépenses liées aux arrêts de travail s’envolent à un rythme de plus en plus soutenu, le gouvernement cherche à contrer cette évolution, qui pèse sur les comptes de la Caisse nationale de l’assurance-maladie (CNAM). A plusieurs reprises, depuis la fin du mois de mai, les ministres représentant Bercy ont exprimé leur volonté d’agir, à travers des mesures qui, depuis, ont commencé à être mises en œuvre, tandis que d’autres sont envisagées dans le projet de loi de financement de la Sécurité sociale de 2024, dont l’examen au Parlement est prévu à l’automne.

    https://jpst.it/3k07I

    • Puisque travail partout et grève nulle part, il est peut-être temps de s’inspirer de la mobilisation des chtars qui démontre les avantages de la grève dissimulée, de la grève travestie. Syndiqués ou pas, salariés garantis ou pas, pratiquons et incitons à l’arrêt de travail. C’est bon pour la planète. Et, c’est collectivement, par delà les premiers concernés, que la maladie redonne la santé aux travailleurs. On en peut pas seulement compter sur les effets du covid long, ce truc psy pour lequel la GB interdit le don de sang ! Une multiplication significative des arrêts de travail, les plus longs possibles, permettrait à bien des discriminés à l’embauche, à bien des chômeurs et précaires, d’accéder à du salaire, de la prime d’activité, et ensuite d’accéder à une alloc dont plus de la moitié des chômeurs sont privés. Les avantages sont nombreux, pesez-y ! Souvenons-nous par exemple qu’être au travail diminue drastiquement le risque pour arabe ou un noir de se faire lyncher par la police.

      Pour travailler moins, réduire le temps de travail, le partager, du côté des syndicats ou de feu le Mouvement ouvrier, il n’y a plus guère de ressources. Une des options, faute de rente ou d’emploi fictif, c’est d’aller voir chez l’ennemi.

      Un extrait d’une brochure « Maman travaille » réalisée sous l’égide de Schiappa avec des suggestions utiles pour obtenir un arrêt de travail

      Les mères nous montrent le chemin. Dans le répertoire du difficile à contrôler : le mal de dos, la dépression. Pour entrer dans la peau du personnage, on trouve sans mal autour de soi et sur internet des premier.e.s concerné.e.s qui décrivent leur symptômes et les éventuels effets bénéfiques et secondaires de médicaments susceptibles d’être prescrits (c’est un théâtre à accessoires).

      #CNAM #arrêts_de_travail #grève_travestie #Saint-Lundi_everyday #MaladieÉgaleVie #travail #sabotage

    • Le tôlier fait déjà ça. Il préfère voir les gens en arrêt maladie à la maison plutôt que combatifs ou peu productifs au boulot. Et puis de toutes façons il trouvera toujours un remplaçant moins cher. Et chacun bouffe sa merde. La personne en arrêt long, de son côté, tombe à mi-traitement au bout de trois mois et celles que j’ai connues dans cette situation-là n’étaient pas vraiment en meilleur état psychologique, physique et financier qu’en bossant.
      Maintenant, moi je ne porte aucun jugement moral. Si les conditions, comme dirait l’autre, sont réunies pour créer un mouvement de masse solidaire et imposer de cette façon le moyen d’échapper au salariat, je n’y vois aucun inconvénient. Mais j’ai de sérieux doutes sur la chose.

      Et puis, en retraite, je ne suis pas le mieux placé pour avancer ce genre de proposition.

    • de masse, je ne crois pas. les conditions sont rarement réunies pour que, comme dans le cas de l’esprit de corps policier, une minorité significative se fasse arrêter suite à une décision collective. mais dans certains secteurs (éducation au premier chef, mais ça marche pas on voit plutôt des démissions...), ce serait une possibilité. par ailleurs, ayant pratiqué, il existe des mutuelles qui complètent le salaire en cas d’ALD avec baisse de traitement. il est aussi possible de faire de ces moments des périodes bien plus actives que l’emploi. et lorsqu’il n’y a pas de possibilité de lutte dans l’emploi, de lutter ailleurs.

      le souci c’est que la réduction du temps de travail est bien là, organisée par le capital. et que rependre pied sur ce terrain suppose non seulement des revendications générales (celle d’une garantie de revenu, c’est à dire dune réduction du temps de travail qui soit payée, revendication d’ailleurs passée à la trappe depuis les défaites des mouvements de précaires, 25 ans maintenant, si on excepte le rebond de le la lutte des intermittents et précaires en 2003, depuis, on les préserves à part afin d’éviter toute généralisation...) mais aussi des pratiques qui mettent en oeuvre des formes de rotation quant à ce « bien rare » qu’est l’emploi-salaire. par exemple d’inciter les précaires à ne pas s’employer plus que ce qui est nécessaire à une ouverture de droit (laisser de l’emploi aux autres), et les « garantis » à chômer.

      nb au chômage, on n’échappe pas au salariat, on y est dans une situation particulière qui a une portée générale : précarité de l’emploi, contrôle par delà l’entreprise

    • L’Assurance Maladie dévoile un plan pour réduire les dépenses de santé de 1,3 milliard d’euros, 4 juillet 2023
      https://www.caducee.net/actualite-medicale/16163/l-assurance-maladie-devoile-un-plan-pour-reduire-les-depenses-de-sante-de-1

      Les arrêts maladie et leurs prescripteurs dans le viseur

      Avec 16 milliards d’euros en valeur, les arrêts maladie ont bondi de 8 % en 2023 et représentent pour la CNAM un vivier d’économie important. Le nombre d’arrêts maladie a augmenté de manière significative au cours des dernières années, passant de 6,4 millions en 2012 à près de 9 millions en 2022. Cette augmentation peut être attribuée à plusieurs facteurs, notamment l’augmentation des salaires, l’inflation et le #vieillissement de la population. L’assurance maladie pointe également une augmentation de leur durée ainsi qu’une augmentation du taux de recours aux indemnités journalières.

      Pour réduire les dépenses liées aux arrêts maladie, le gouvernement envisage d’impliquer davantage les employeurs, d’ajouter un jour de carence et de renforcer les contrôles au niveau des prescripteurs.

      De son côté la CNAM a lancé une vaste campagne de #contrôles des arrêts de travails auprès des #médecins_généralistes les mettant ainsi à l’index et leur imposant une pression comptable sur des prescriptions qui sont dans leur large majorité complètement justifiées.

      « Une campagne à visée comptable fondée sur l’intimidation des professionnels de santé »

      La Dr Agnès GIANNOTTI, présidente de MG France s’est ému de cette situation dans une lettre ouverte à la population soulignant le désinvestissement progressif de la CNAM et de l’état dans la santé des Français.

      Pour elle l’augmentation des arrêts maladie s’explique d’abord par le mauvais état de santé de la population.

      La proportion de pathologies psychiques a connu une augmentation notable, reconnue par l’UNCAM dans sa lettre de cadrage de la convention médicale, soulignant l’augmentation des consultations pour #souffrance_psychique en médecine générale. Les #troubles_musculo-squelettiques, souvent liés à des emplois physiques, rendent le maintien en poste de plus en plus difficile à partir de 55 ans, tandis que parallèlement, le nombre de trimestres nécessaires pour bénéficier d’une retraite décente a augmenté. Sans oublier ces patients qui attendent pendant de longs mois un traitement chirurgical ou de rééducation, faute de disponibilité ou de rendez-vous. Il ne s’agit en aucun cas d’arrêts de travail de complaisance ou d’absentéisme. [quant aux #covid_long, n’en parlons surtout pas, soit on se fait arrêter sous couvert dun des symptômes, soit c’est au cas par cas que mon peut, ou pas, obtenir l’ALD correstpndante]

      En outre, l’expansion des plateformes de #téléconsultation, soutenues par l’État comme en témoigne leur accessibilité directe via Mon espace santé, et la volonté déclarée d’éliminer le plafond de 20 % de téléconsultations par médecin ont conduit à une hausse inquiétante des arrêts maladie [ce qui serait chouette si cela se conjuguait avec une baisse des prescriptions inutiles ou nuisibles]. En l’absence de possibilité d’interdire le remboursement de ces arrêts de travail prescrits via ces plateformes — une mesure qui pénaliserait les utilisateurs plutôt que de réguler l’utilisation des dispositifs conventionnels par ces structures — l’Assurance Maladie a déplacé ces contrôles vers les médecins généralistes, menaçant 30 % d’entre eux.

      « Que l’on ne s’y méprenne pas, si seuls 2 % des médecins seront in fine sanctionnés, contrôler 30 % des médecins aura évidemment un effet sur les comportements de prescription d’IJ. Excepté les 2 % de comportements jugés déviants, les 28 % des professionnels contrôlés auront une tendance, consciemment ou non, à prescrire moins d’arrêts de travail, y compris lorsqu’ils sont indiqués. Voici le principal objectif de cette vague de contrôle : une campagne à visée comptable fondée sur l’intimidation des professionnels de santé. »

      de plus, les critères d’évaluation des toubibs font grosso modo litière de tout contexte social, n’arrivent pas en tenir compte : un cabinet dont les clients sont pour beaucoup des prolo.tes, pour les TMS et autres soucis liés à la dureté du taf, aux conditions de travail, c’est pas la même et on les contrôle depuis des moyennes, en leur demandant de s’y conformer sou peine sanctions.

      #destructivité_capitaliste #management

    • Les FDO n’ont pas droit de grève c’est la raison pour laquelle ces agents du service public ont recours aux arrêts de travail, avec la complaisance des autorités, comme on l’a vu (puis tout est rentré dans l’ordre).

      Ceci dit, vu l’absence généralisée d’un utilisation offensive du droit de grève dans ce pays, il est probable qu’on en arrive un jour à la suppression effective du droit de grève dans le code du travail (ça se met déjà en place petit à petit, avec les services minimum et les réquisitions) et alors on en viendra peut-être à imiter les flics pour se faire entendre, parce qu’on n’aura, comme eux, pas d’autre choix. Est-il nécessaire de préciser qu’il n’est souhaitable d’en arriver là ?

      Puisque tu l’évoques, quand je bossais, on s’était battu pour que l’employeur prenne en charge la prévoyance (qui permet de couvrir un peu au-delà des 3 mois), au moins la couverture de base (85 % du salaire sans les primes, ce qui n’est vraiment pas terrible pour un SMIC). On avait obtenu cette couverture mais il fallait que ce soit les salariés qui fasse la démarche de s’inscrire auprès de la mutuelle. On avait informé les collègues et on avait demandé et obtenu que l’employeur distribue avec la paie une information sur la procédure d’inscription. C’est désespérant mais dis-toi bien que plus de la moitié des agents ne s’étaient pas inscrits et, comme par hasard, beaucoup des personnes qui nous ont contacté qui en auraient eu besoin n’étaient pas couverts et il n’était pas toujours possible de souscrire après coup (délais).

      C’est là qu’on se prend en plein dans la gueule le décalage entre le projet (ce qu’on s’imagine) et le réel.

      Bref, c’est là où souvent j’ai vu des personnes, pourtant avec un revenu modeste, mais garanti, qui peuvent décrocher socialement très vite parce qu’elles ne peuvent plus travailler (physiquement) et qu’elles ne pourront plus travailler car aucun reclassement n’est accessible.

      Sinon, sur le fond, encore une fois : je n’ai pas de religion. Si de nouvelles modalités de luttes sociales qui permettent d’inverser le rapport de force, à défaut de vraiment de foutre en l’air ce système, émergent, telles que ce que tu évoques (qui me font un peu penser à ce qui se disait dans l’autonomie italienne des années 70), alors je n’y vois que du positif. Mais bon, je ne suis pas vraiment optimiste.

      Je n’ai pas voulu dire qu’au chômage on échappe au salariat. J’ai aussi été chômeur ;-)
      De même, j’ai compris très tôt que personne n’échappe à l’emprise du capitalisme, que l’on soit ou non salarié.

      Je voulais juste signifier que l’objectif, en tout cas pour ce qui me concerne, reste toujours d’anéantir l’économie capitaliste pour construire une société sans classes et sans salariat ; et que si les pratiques de résistance sociale que tu évoques se mettent effectivement en place, cela signifiera alors probablement qu’on sera arrivé à un niveau de conscience individuelle et collective correspondant au moins à une remise en cause du salariat, si ce n’est de la « catégorie » travail.

      Autant dire que je pense qu’on en est très loin mais j’espère me tromper : )

    • [Les médecins contestent la « surprescription »] Arrêts maladie : le gouvernement tente de freiner les dépenses, les médecins contestent la méthode https://www.lemonde.fr/societe/article/2023/08/01/arrets-maladie-le-gouvernement-tente-de-freiner-les-depenses-les-medecins-co

      Les généralistes jugés trop prompts à délivrer des arrêts font l’objet d’une procédure de l’Assurance-maladie

      Ya-t-il de plus en plus d’arrêts maladie prescrits ? Bon nombre de médecins répondent par l’affirmative. Mais y en a-t-il « trop » ? La question leur semble mal posée, quand bien même elle renvoie au constat chiffré avancé, récemment encore, par l’Assurance-maladie : les dépenses d’indemnités journalières, hors Covid-19, ont bondi de 8,2 % en 2022 pour atteindre 13,5 milliards d’euros (hors maternité) ; une hausse « au-dessus de la dynamique » d’avant la pandémie, a averti l’instance dans son rapport « Charges et produits » divulgué à la fin du mois de juin et qui, comme tous les ans, fixe certaines des tendances qui se retrouveront dans le projet de loi de financement de la Sécurité sociale, débattu à l’automne.

      Cette année, peu de suspense : tailler dans les dépenses de santé, notamment en luttant contre l’augmentation des arrêts maladie, figure parmi les leviers d’économies identifiés pour redresser les comptes publics. Un moyen, parmi d’autres, qui, selon les autorités, permettrait de réduire de 250 millions d’euros, en 2024, le déficit de l’Assurance-maladie.

      Sauf que l’équation ne convainc pas les médecins libéraux, priés de lutter contre la « surprescription » des arrêts maladie : « Se contenter d’un tableau chiffré, c’est passer à côté de l’enjeu véritable », fait valoir Agnès Giannotti, présidente de MG France, premier syndicat de généralistes, en rappelant que trois ans de crise sanitaire ont eu un impact sur la santé des Français. « En demandant aux collègues supposés “trop” prescripteurs d’en faire “moins”, on veut casser le thermomètre, dit-elle, mais ça ne fera pas disparaître le mal.Si les statistiques s’emballent, c’est qu’il y a des raisons ! »

      « Pas de baguette magique »
      Un discours qui résonne sur le terrain. « Les autorités invoquent des chiffres, des dépenses, le budget, alors que l’on parle, nous, de patients, de souffrance, de soins… On frise le dialogue de sourds », souligne le docteur D., récemment installé dans la métropole lyonnaise – il a requis l’anonymat, comme tous les médecins ayant accepté de témoigner.

      Ce jeune généraliste est, depuis peu, concerné par une procédure dite de « mise sous objectif » : sa caisse primaire l’a contacté, en juin, pour lui notifier un objectif de diminution de ses prescriptions d’arrêt maladie, dont le nombre a été jugé supérieur à celui de médecins exerçant dans des conditions comparables. Un « correctif » à concrétiser sur six mois sauf à s’exposer à une amende. Une « douche froide », dit-il.

      A la mi-juillet, il est allé s’en expliquer auprès des médecins-conseils de sa caisse. Un rendez-vous « sur un ton bienveillant », concède-t-il, mais dont il est sorti « avec plus de questions que de réponses ». « J’ai défendu ma position : oui, mes chiffres sont élevés, mais je travaille dans un bassin de population précaire avec beaucoup d’actifs – et peu de retraités – usés par des métiers difficiles. Beaucoup souffrent de troubles musculo-squelettiques, d’arthrose, de tendinites, quand ce ne sont pas des troubles anxieux, des dépressions… » Les « arrêter », affirme-t-il, ce n’est pas seulement leur permettre de « souffler » : la décision « rejoint » la problématique de l’accès aux soins. « Pour pouvoir passer une IRM, ici, les délais sont très longs. Même chose pour obtenir un rendez-vous chez un psy. En attendant, je leur propose quoi, à mes patients ? D’aller travailler pliés en deux ? Je veux bien réfléchir à ma pratique, conclut-il, mais je n’ai pas de baguette magique. »

      Ils sont un millier de médecins, soit 1,5 % environ, à être concernés par cette procédure de contrôle déclenchée par l’Assurance-maladie. S’y ajoute une frange se situant dans la tranche de prescription immédiatement supérieure : à eux, les caisses promettent des « entretiens confraternels » avec des médecins-conseils. Troisième public : des généralistes et des psychiatres qui délivrent des arrêts en lien avec la santé mentale. Eux auront droit à des échanges ou à une visite de délégués de l’Assurance-maladie.

      Les syndicats ont fait leurs calculs : 1 000 médecins « sous objectif », 5 000 contactés pour un entretien d’alerte, 15 000 auxquels seront proposés des rendez-vous à la rentrée… Cela représente, selon eux, près d’un tiers de la profession. L’Assurance-maladie défend un plan d’action « gradué » visant une « minorité de dérives » : « Nous sommes d’abord dans l’accompagnement et la pédagogie. Mais ça n’exclut évidemment pas le contrôle, voire la sanction, si c’est justifié », soutient son directeur général, Thomas Fatôme.

      Sans calmer l’émotion des intéressés, relayée dans les rangs syndicaux où l’on dénonce « harcèlement » et « délit statistique ». « Il peut y avoir des abus, sans doute, mais l’immense majorité des collègues font bien le boulot, s’énerve le docteur Jérôme Marty, de l’Union française pour une médecine libre. Ce n’est pas comme ça que l’on remplira les tiroirs-caisses de l’Etat. » L’ordre des médecins s’est ému du discours ambiant, regrettant qu’il « jette la suspicion sur le comportement des médecins ».

      D’une même voix, les syndicats ont appelé les professionnels concernés à rejeter la procédure. De fait, en cas de refus ou d’échec, la « mise sous objectif » peut aboutir à une « mise sous accord préalable » des prescriptions, un dispositif coûteux en temps et en agents pour les caisses. Une façon de « jouer la montre ». Certains généralistes, après entretien, disent avoir vu la procédure non confirmée ou abandonnée. D’autres espèrent un retour pour le début d’août. « En attendant, témoigne la docteure R., généraliste dans le Sud, j’ai averti certains de mes patients, notamment ceux en arrêt long : s’ils veulent un renouvellement, en septembre,qu’ils se tournent vers la médecine du travail ! »

      Ce plan d’action de l’Assurance-maladie ne part pas de rien, rappelle le docteur Marcel Garrigou-Grandchamp, qui, en tant que responsable de la cellule juridique de la Fédération des médecins de France, apporte une assistance aux praticiens qui le saisissent. « Nous sommes aujourd’hui saturés de demandes, rapporte-t-il. Il y a eu une précédente grosse campagne en 2015 ; nous n’avions pas hésité, à l’époque, à saisir les tribunaux administratifs. Le sujet revient en réalité tous les ans, mais c’est une action d’une ampleur inédite qui vient d’être lancée et, après l’échec de la convention médicale et des négociations tarifaires, c’est la goutte d’eau… »

      « Je suis dans le rouge »
      Une enquête diffusée, le 24 juillet, par l’Union régionale des professionnels de santé (URPS) des médecins libéraux d’Ile-de-France à partir de 973 témoignages permet de verser d’autres chiffres aux débats : la moitié des répondants disent avoir constaté une augmentation des prescriptions d’arrêt, le premier motif correspondant à des troubles anxio-dépressifs. Ils déclarent aussi recevoir très peu de demandes injustifiées ; mais ils sont près d’un tiers (31 %) à avoir déjà subi des menaces ou des pressions de patients sur ce motif. « C’est un sujet systémique, note la docteure Valérie Briole, présidente de l’organisation. Dans une situation globale de pénurie de médecins et de demande de soins croissante, une pression supplémentaire exercée sur les collègues en exercice n’est pas logique. »

      La docteure F., vingt ans de métier en Ile-de-France, en sait quelque chose. Elle aussi a reçu, il y a quelques semaines, un « coup de fil » puis un courrier l’informant de sa possible mise sous objectif. Elle aussi est allée à sa caisse s’en expliquer. Et en reste « très marquée ». « D’un point de vue statistique, je suis dans le rouge… Mais je n’ai pas le sentiment d’avoir dérivé ou d’être complaisante. Croyez-moi : pour les patients, ce n’est pas évident de se retrouver en arrêt, la plupart y perdent financièrement ». Des « demandes abusives », elle en a « quelques-unes » en tête, une seule de récente, pour près de 2 000 patients dont elle est la médecin référente, « et je refuse catégoriquement, tient-elle à souligner. Faire des économies sur ce dossier, vu l’état de santé des patients, vu aussi l’état des médecins, je ne crois pas que ce soit possible », conclut-elle, pessimiste.

      Sauf, peut-être, à contrôler davantage les arrêts prescrits en téléconsultation, une possibilité offerte du temps du Covid-19 et qui s’est beaucoup développée. Le Conseil constitutionnel avait retoqué, en 2022, une mesure en ce sens inscrite dans le budget de la « Sécu ». On peut s’attendre à ce que le débat rebondisse, à la rentrée, à l’Assemblée nationale.

      Dans l’enquête de l’URPS, d’autres pistes sont avancées par les praticiens : concernant les arrêts de moins de quatre jours, plus de sept répondants sur dix seraient favorables à la suppression de l’obligation de prescription. Et neuf sur dix, pour les arrêts de longue durée, accueilleraient favorablement une « alternative », comme un télétravail aménagé.

    • Le terme « de niveau de conscience », tel que je l’ai utilisé, est plutôt un clin d’œil parodique en référence aux mantras gauchistes (quand les conditions subjectives, etc.).
      Pour moi, le « niveau de conscience » pris dans ce sens étroit - idéologique - serait plutôt une figure repoussoir qu’autre chose. Désolé du contresens !
      Pour autant, je ne suis pas du tout cynique et mon propos n’était pas totalement ironique : « niveau de conscience », une fois débarrassé de ses pré-supposés idéologiques, c’est ce qui permet d’interpréter subjectivement, de façon individuelle ou collective, les rapports sociaux (et donc politiques) et les pratiques ordinaires : en bref, le collectif. C’est ce qui me reste pour évaluer où j’en suis avec les gens que je côtoie pour organiser|participer à des actions directes de lutte. C’est en fait, la seule chose qui me semble déterminante aujourd’hui dans une perspective révolutionnaire.
      Pour en revenir à notre sujet : je ne peux donc pas tout simplement imaginer des actions concrètes et collectives organisées autour des pratiques que tu évoques parce que je ne suis plus du tout raccordé à cette réalité (au sens matérialiste) et que j’ai du mal à voir concrètement ce qui pourrait s’organiser, en dehors des pratiques individuelles de survie (que j’ai moi-même pratiquées dans un autre temps et auxquelles j’ai assisté pour d’autres personnes).
      Même si ces pratiques existent, nous sommes collectivement vraiment très très loin du niveau d’engagement ou de confrontation requis pour que ça puisse avoir un effet significatif à l’échelle de la société. Il faudrait probablement que quelque chose de qualitatif et quantitatif - appelons-ça conscience - soit profondément modifié à partir des pratiques sociales pour qu’elles puissent engendrer un rapport de force politique.

      Donc la conscience c’est fondamentalement construit sur des pratiques sociales et non l’inverse, là dessus je suis totalement OK !

    • Ceci dit, ton article du Monde confirme qu’il y aura probablement un clash autour de la question de la santé au travail - arbre des arrêts maladie cachant la forêt de la souffrance au travail - qui peut déboucher sur de nouvelles situations et pratiques sociales ...

      J’ai malheureusement les pires inquiétudes sur les capacités actuelles d’auto-organisation combatives dans le monde du travail ; quant aux syndicats... ce n’est même pas la peine d’en parler.

  • Petit point sur les garde-à-vue de Montreuil dans l’affaire de l’usine Lafarge » Indymedia Nantes
    https://nantes.indymedia.org/posts/89765/petit-point-sur-les-garde-a-vue-de-montreuil-dans-laffaire-de-lusi

    Lundi 5 juin 5 personnes ont été perquisitionnées à Montreuil, puis mises en garde-à-vue par la sous-direction antiterroriste (SDAT), dans ses locaux à Levallois-Perret. Les personnes sont accusées d’avoir participé à l’« invasion-sabotage » de l’usine Lafarge de Bouc-Bel-Air (13, Bouches du Rhône), le 10 décembre 2022. C’est le premier communiqué concernant les personnes de Montreuil sur le sujet, il n’est pas complet, d’autres suivront peut-être.

    Il semble que la SDAT ait été chargée de toute l’enquête depuis au moins février 2023, et qu’elle ait ordonné toutes les arrestations en France. L’enquête est dirigée par deux juges d’instruction à Aix-en-Provence dont Laure Delsupexhe. Les 5 garde-à-vue ont duré 82 heures. Pendant les garde-à-vue, le chef d’inculpation de « refus de donner le code de déverrouillage de téléphone et d’ordinateur » a été ajouté. Les 5 personnes gardées-à-vue sont sorties libres, sans contrôle judiciaire. Si elles sont convoquées par les juges d’instruction, elles pourront être mises en examen, ou qualifiées de « témoin assisté » ou de « témoin », et risqueront alors un procès. Il est aussi possible que les poursuites soient abandonnées (mais en vrai qui y croit au vu des moyens employés ?). 3 personnes sont convoquées dans un an pour refus de signalétique. Les 5 gardé.es-à-vue ont tenu le « je n’ai rien à déclarer » pendant tous les interrogatoires.

    Les infos que les keufs ont.

    Les policier.es ont obtenu les images de vidéosurveillance de l’intérieur des bus passant par la zone commerciale de Plan de campagne, en direction de Marseille, du 10 décembre. Avant d’exploiter le matériel saisi lors des perquisitions, les policiers avaient déjà enquêté sur :

    Les factures détaillées de lignes téléphoniques (l’entièreté des connexions aux antennes, c’est-à-dire la totalité des endroits où on a borné, à qui on a envoyé des messages en clair, qui nous a envoyé des messages en clair, qui nous a appelé en clair, qui on a appelé en clair, la durée des appels, quand et depuis où, mais pas le contenu des conversations) associées par les keufs aux personnes interpellées ont été analysées sur une durée de 1 an (temps maximum de conservation des fadettes) ;
    Très probablement des écoutes téléphoniques des appels en clair pour au moins une personne ;
    L’activité de comptes bancaires associés par les keufs aux personnes interpellées : tous les achats par carte bancaires (dont ceux sur internet), virements (sommes, dates et destinataires), retraits d’espèces (sommes, lieux et dates) ;
    Les antécédents judiciaires (les précédentes garde-à-vue, les condamnations) de manière très détaillée ;
    Des réflexions des enquêteurs laissent penser que les personnes mises en garde-à-vue avaient été suivies les jours précédant la gav.

    [...]

    Pendant la perquisition, les policier.es ont pris en photo toutes les pièces du bâtiment et ont fait un plan des lieux. Les 5 interpellé.es habitent ensemble dans une maison avec plus de monde. Iels n’ont pas arrêté tout le monde, iels cherchaient des personnes précises.

    [...]

    Les policier.es semblaient avoir une grande connaissance des courants politiques et désaccords au sein des mouvements écolos et/ou anarchistes (critique d’anarchistes aux soulèvements de la terre sur la dernière mobilisation de Sainte-Soline notamment, positionnements sur la question de la non-violence entre les différents groupes écolos…).

    #ciment #sabotage #écologie_radicale #vidéosurveillance #criminalisation #SDAT #Montreuil

  • Encore en chantier, la frégate britannique de type 26 HMS Glasgow a été sabotée par Laurent Lagneau - opex360

    Mise à l’eau en novembre 2022, la frégate HMS Glasgow, première de la classe « City » [ou Type 26], se trouve actuellement au chantier naval de BAE Systems à Scotstoun [Écosse] pour l’installation de ses différents – et nombreux – systèmes. Ce qui nécessité la pose de 23’000 câbles. Or, cette semaine, BAE Systems a découvert que plusieurs d’entre-eux – au moins soixante – ont été « intentionnellement endommagés ».

    « Nous avons immédiatement lancé une enquête interne, aux côtés de nos fournisseurs, et avons temporairement suspendu les travaux sur le navire pour en inspecter chaque zone et nous assurer que nos normes élevées et nos contrôles de qualité sont respectés », a expliqué un porte-parole du groupe britannique. « Une évaluation est en cours pour déterminer les réparations nécessaires », a-t-il ajouté.


    Ayant été parmi les premiers à rapporter les faits, le site spécialisé UK Defence Journal a suggéré qu’il pourrait s’agir d’un acte de sabotage commis par un sous-traitant, sur fond d’un litige relatif à des paiements. Ce que BAE Systems n’a pas confirmé.

    Cependant, il est aussi possible que ce sabotage ait un rapport avec le contexte international… ou la politique intérieure britannique, marquée par un climat social agité. Ce qui vaut aussi pour la France, comme l’avait souligné, en septembre 2022, Sébastien Lecornu, le ministre des Armées, en insistant sur le « risque de sabotage contre les chaînes de production des industriels français de l’armement ». Et d’ajouter : « Nous constatons et nous surveillons un certain nombre d’agissements. Je n’irai pas plus loin parce que cela est couvert par le secret ».

    Quoi qu’il en soit, si elle se concentrera évidemment sur l’identification des auteurs du sabotage du HMS Glasgow, l’enquête permettra aussi de prendre les mesures nécessaires pour éviter que des tels incidents ne se reproduisent à l’avenir.

    L’admission au service actif du HMS Glasgow est prévue en 2026/27. Pour rappel, d’une longueur de 150 mètres pour un déplacement de 8000 tonnes à pleine charge, la frégate Type 26 est dédiée principalement à la lutte anti-sous-marine, avec un sonar de proue 2150, un sonar à immersion variable 2087 [ou CAPTAS 4] et le système de leurrage de torpilles SSTD [Surface Ship Torpedo Defence] « Sea Centor ». Elle disposera également de capacités de défense aérienne [avec 48 missiles Sea Ceptor], de frappe contre la terre et de lutte anti-surface. La Royal Navy en comptera huit unités au total.

    #sabotage #Mer #Marine #BAE_Systems #câbles #frégate #Royal_Navy #Angleterre #sabotage #en_vedette

    Source : https://www.opex360.com/2023/05/14/encore-en-chantier-la-fregate-britannique-de-type-26-hms-glasgow-a-ete-sabo

  • La circulation des trains interrompue entre Quimper et Auray jusqu’à ce mardi soir
    https://www.ouest-france.fr/economie/transports/sncf/la-circulation-des-trains-interrompue-entre-quimper-et-auray-jusquau-me


    Des feux de poubelles ont été allumés sur les rails, à Lorient, ce mardi 28 mars 2023. | OUEST-FRANCE

    TER BreizhGo a annoncé que la circulation des trains est interrompue jusqu’à ce mardi 28 mars 2023, à 20 h, entre Quimper (Finistère) et Auray (Morbihan), « en raison d’importantes dégradations par des manifestants ». Des feux de poubelles ont été allumés sur les rails, à Lorient, en marge de la manifestation contre la réforme des retraites.

    La circulation des trains est interrompue entre Quimper (Finistère) et Auray (Morbihan) jusqu’à ce mardi 28 mars 2023, à 20 h, « en raison d’importantes dégradations par des manifestants », annonce TER BreizhGo.

    Le trafic n’a repris que le lendemain matin.

  • Retraites : dégâts importants sur le pont de Saint-Nazaire, les manifestants ont quitté les lieux
    https://www.francebleu.fr/infos/economie-social/pont-de-saint-nazaire-les-manifestants-ont-quitte-les-lieux-5445811

    Une centaine d’opposants à la réforme des retraites ont bloqué le pont de Saint-Nazaire ce mercredi. Ils ont quitté les lieux vers 14h30. Mais la colère reste visible. Un portique routier en partie incendié doit être évacué avant la rouverture du pont à la circulation.

    L’hélicoptère de la gendarmerie a survolé la zone, quelques forces de l’ordre visibles au loin, mais pas de charge, pas d’affrontements ce mercredi matin sur le pont de Saint-Nazaire où une centaine de manifestants avaient érigé des barricades. Les grévistes ont quitté les lieux vers 14h30. Il faut à présent nettoyer et sécuriser la zone avant de pouvoir rouvrir le pont à la circulation. Les pompiers sont intervenus pour éteindre les feux et il s’agit à présent d’évacuer un portique de signalisation [et des radars], en partie incendié, et qui menace de s’écrouler.

    #ouvriers #blocage #sabotage

    "Que Macron vienne décharger les containers avec moi, il tient une semaine !", un docker en colère à France Bleu.

  • "Ce sont les capitalistes qui bloquent et sabotent l’économie"

    Cercle Léon Trotsky : Introduction sur le mouvement contre la réforme des retraites (Jean-Pierre Mercier)

    https://videos.lutte-ouvriere.org/download/video/20230310-clt-chine-introduction-retraites-sd.mp4

    [...] C’est en se mettant en grève que les travailleurs peuvent occuper leur entreprise et contester la propriété privée patronale. Et ça, les patrons en sont pleinement conscients, plus que la majorité des travailleurs. C’est cela qu’ils craignent plus que tout. [...] Ce ne sont pas les travailleurs qui bloquent l’économie, ce sont les capitalistes. Ce sont eux qui bloquent et sabotent l’économie, pas les travailleurs qui la font tourner. Ce sont les capitalistes qui bloquent les millions de travailleurs sans emploi qui sont en train de s’appauvrir au #chômage et à qui Macron vient encore de supprimer des droits. Ce sont les capitalistes qui sont en train de bloquer des millions de jeunes et de moins jeunes dans la #précarité, leur imposant les postes les plus durs et les plus mal payés. Ce sont les #capitalistes qui bloquent les salaires face à une inflation galopante. Ce sont les capitalistes qui veulent nous bloquer deux ans de plus au boulot. Ce sont les capitalistes qui bloquent l’économie en la sabotant avec leur spéculation, avec leur rentabilité, leurs bénéfices, leurs dividendes. Ce sont les capitalistes qui bloquent l’#économie avec leur sacro-sainte propriété privée de leurs usines et de leurs banques. En tant que communistes révolutionnaires, notre objectif est que les travailleurs se débarrassent de ces parasites, de ces saboteurs, prennent en main les rennes de la société. Non pas pour la bloquer mais pour la réorganiser de fond en comble et la faire tourner et satisfaire les besoins élémentaires de la population. [...]

    #réforme_des_retraites #capitalisme #parasitisme #classe_capitaliste #propriété_privée_des_moyens_de_production #grève #lutte_de_classe #communisme_révolutionnaire #révolution_ouvrière #révolution_prolétarienne #sabotage #LO #Lutte_Ouvrière #Jean-Pierre_Mercier

  • Russia targets Netherlands’ North Sea infrastructure, says Dutch intelligence agency
    https://www.reuters.com/world/europe/russia-targets-netherlands-north-sea-infrastructure-says-dutch-intelligence

    THE HAGUE, Feb 20 (Reuters) - Russia has in recent months tried to gain intelligence to sabotage critical infrastructure in the Dutch part of the #North_Sea, Dutch military intelligence agency MIVD said on Monday.

    A Russian ship has been detected at an offshore wind farm in the North Sea as it tried to map out energy infrastructure, MIVD head General Jan Swillens said at a news conference.

    The vessel was escorted out of the North Sea by Dutch marine and coast guard ships before any #sabotage effort could become successful, he added.

  • Offset — transforming industrial sabotage and other forms of direct action into carbon offsets
    https://offset.labr.io

    This methodology aims to quantify the carbon benefits of industrial sabotage and other direct actions in order to award them the carbon credits they are due, in the same way that other positive climate actions are rewarded. This is the goal of the Industrial Sabotage Methodology, which adopts existing approaches for calculating offsets from temporary carbon storage. Source: Relevé sur le Net...

  • Dominique Pinsolle, Du ralentissement au déraillement, 2015 – Et vous n’avez encore rien vu…
    https://sniadecki.wordpress.com/2023/02/11/pinsolle-deraillement

    En effet, au cours de cette période, le sabotage passe du rang de pratique marginale cantonnée au lieu de travail à celui d’instrument de lutte susceptible d’entraver la mobilisation, voire de paralyser le pays tout entier. Aussi, il est nécessaire de revenir sur l’émergence de ce mode d’action dont l’apparente simplicité et la potentielle dangerosité suscitent autant d’enthousiasme que de réprobation morale, jusqu’à ce que les projets de « sabotage de la mobilisation » s’évanouissent avec l’Union sacrée. Pourquoi, en effet, le sabotage devient-il si important pour une frange des révolutionnaires français et si dangereux aux yeux de l’État entre 1897 et 1914 ? Comment en vient-il à dépasser le cadre du lieu de production pour devenir une arme susceptible de paralyser le pays dans son ensemble ? Nous verrons que le sabotage reste une pratique marginale (bien que très discutée) jusqu’à la grève des postiers de 1909. Cet instrument de lutte acquiert alors une nouvelle dimension, avant d’être pleinement intégré aux plans antimilitaristes suite à la mobilisation des cheminots de 1910-1911.

    #Dominique_Pinsolle #sabotage #Histoire #CGT #lutte_sociale #stratégie #travail

    • Ça inquiète les services de renseignement à défaut d’inquiéter sérieusement les saccageurs en chef (les industriels et leurs domestiques d’État). Ces écologistes « radicaux » en sont encore à la roue carré, et bientôt ils réaliseront (j’espère) que rien ne s’obtiendra par quelques actions dérisoires (même explosives, même terroristes) mais seulement par l’action organisée et déterminée des masses sur la base de leurs revendications de classe. Une évidence que le coma du mouvement ouvrier a fait oublier…

    • Écologie radicale : « Où est la force publique ? On sait parfaitement qui sont ces activistes »
      https://www.leparisien.fr/faits-divers/ecologie-radicale-ou-est-la-force-publique-on-sait-parfaitement-qui-sont-

      Guillaume Guérin, président (LR) de Limoges Métropole et vice-président de l’Assemblée des maires de France, s’inquiète de la montée de l’ « éco-sabotage » dans l’Hexagone, et en particulier dans son département de la Haute-Vienne.

      Élu local en Haute-Vienne, Guillaume Guérin interpelle le ministre de l’Intérieur, Gérald Darmanin, en demandant des actes face à la recrudescence des violences dans ce département très rural, perpétrées par des groupuscules de l’écologie radicale selon lui.

    • Inquiétant. C’est bien le mot qui convient pour relater les funestes évènements qui survinrent sur le plateau des Millevaches en Limousin le 15 juin 2021.

      Début octobre, était mis en ligne sur La Bogue l’interview réalisée par Radio Vassivière, radio associative du Plateau de Millevaches, de Marie-Claire, l’une des trois mis.e.s en examen pour l’affaire du 15 juin.
      Ses propos ont été retranscrits et elle les a enrichis de quelques réflexions.
      En pièces-jointes, deux documents permettront d’avoir les dernières nouvelles (dont des bonnes, enfin). L’un concerne les contrôles judiciaires, le second rappelle les principaux événements depuis ce funeste 15 juin 2021.

      https://labogue.info/spip.php?article1392

      Le 15 juin 2021, dans plusieurs endroits du Limousin, la police antiterroriste a arrêté une dizaine de personnes entre la Creuse et la Haute-Vienne. Douze personnes ont été perquisitionnées, six ont été mises en garde à vue dont certaines pendant 4 jours, trois seront mises en examen sous contrôle judiciaire. Les faits instruits dans l’enquête menant à ces arrestations sont, d’une part, des incendies qui ont eu lieu début 2020 à Limoges sur des véhicules Enedis avec des revendications taguées contre le déploiement des compteurs Linky et, d’autre part, début 2021, près de Limoges, l’incendie du relais des Cars sur des émetteurs de tv, téléphone. Les accusations vont de « destructions en bande organisée » à « participation à un groupement formé ou une entente établie en vue de la préparation (…) d’un ou plusieurs crimes ou délits punis de 10 ans d’emprisonnement » soit la fumeuse « association de malfaiteurs ».

      #violences_judiciaires

  • A Marseille, l’usine Lafarge de la Malle envahie et sabotée par 200 militant·e·s - Marseille Infos Autonomes
    https://mars-infos.org/a-marseille-l-usine-lafarge-de-la-6721

    Ce 10 décembre 2022 à 18h, 200 personnes ont envahi et désarmé par surprise l’usine Lafarge de la Malle à Bouc-Bel-Air dans les Bouches-du-Rhône. Dans une ambiance déterminée et joyeuse, l’infrastructure de l’usine du cimentier pollueur a été attaqué par tous les moyens : sabotage de l’incinérateur et de dispositifs électriques, câbles sectionnés, sacs de ciments éventrées, véhicules et engins de chantiers endommagés, vitrines des bureaux abîmées, murs repeints de tags.

    Lafarge-Holcim, est un des plus gros pollueurs et producteurs de CO2 du pays. Visé par plusieurs procédures judiciaires anti-terroristes, la multinationale cherche systématiquement à étouffer les attaques qui lui sont faites. Ici à Bouc-Bel-Air, les fours qui ont été ciblés, longtemps alimentés par des déchets industriels et des pneus sont aujourd’hui le symbole du greenwashing. La pollution atmosphérique est considérable et a été maintes fois dénoncée par toute la presse et les riverain•e•s. Pour autant, les cheminées crachent toujours leur venin.

    En France et en Suisse, cela fait trois ans que des actions de plus en plus déterminées visent Lafarge-Holcim : blocages « Fin de Chantiers » en 2020, occupations simultanées et sabotage de 4 sites par des centaines de personnes en juin 2021 lors de l’opération « Grand Péril Express », mobilisations successives contre la destruction du bocage de Saint-Colomban par Lafarge en Loire-atlantique, Zad de la Colline contre une extension de carrière Lafarge en Suisse. Après les échecs cuisants de la COP27 et prévisibles de la COP15 Biodiversité et sans attendre une COP 2050 et 3 degrés de plus, nous sommes revenu•e•s aujourd’hui en visant à se donner dès maintenant les moyens d’arrêter ces industries de la construction qui détruisent la terre.

    #toctoc #Lafarge #Lafarge_Holcim #béton #BTP #sabotage #écologie

    • Pourquoi viser Lafarge ?

      Le groupe Lafarge Holcim, aux milliards de chiffre d’affaire ne recule devant rien pour continuer sa course délirante au profit et cela au mépris de toutes les conséquences écologiques et sociales engendrées. Poursuivi dans plusieurs pays, Lafarge et ses dirigeants ont fait preuve de leur cynisme à travers leur implication dans le financement de l’Etat Islamique en Syrie. Condamnés par les Etats-Unis en octobre 2022, à 778 millions de dollars pour avoir soutenu Daech, ils sont toujours mis en examen en France pour complicité de crimes de guerre contre l’humanité. Dans cette affaire, la succession de choix tactiques faits par l’Etat français, à travers des échanges entre la DGSE et Lafarge démontrent une fois de trop que la bonne tenue du #capitalisme nécéssite que l’#Etat et les industriels marchent ensemble.

      Extraire la roche sous protection de l’Etat quitte à alimenter la guerre. Vendre le ciment pour reconstruire ce que les guerres auront démoli. Et au passage, détruire nos conditions de vie et nos environnements pour y ériger un monde de béton et de mort, fut-il fait de #greenwashing à base de neutralité carbone ou ciments bas carbone produits par incinération des déchets.

      De l’extraction du sable, à la production de ciment et béton, et aux grands projets inutiles, toute la chaîne de l‘industrie de la construction représente une catastrophe écologique. Le secteur du BTP, de sa chaîne de production à son utilisation, est responsable de 39 % des émissions de CO2 au niveau mondial.

      Ici à Bouc-Bel-Air l’entreprise n’a jamais hésité à faire du lobbying pour dépasser les normes environnementales en matière de poussières et de d’oxydes de soufre fixées par l’Union européenne. Sur les 50 sites les plus polluants de France, 20 sont des cimenteries dont cette usine qui produit plus de 444 464 tonnes de CO2 par an et alimente ses fours de milliers de vieux pneus et toutes sortes de déchets toxiques.

      L’usine Lafarge de Bouc-Bel-Air saccagée
      https://www.laprovence.com/actu/en-direct/1177785609562316/l-usine-lafarge-de-bouc-bel-air-saccagee
      "Tout est allé très vite. En moins d’une heure ils étaient déjà repartis", témoigne un employé. "Ils sont arrivés par la partie stockage de pneus, on n’a rien pu faire".

      Un échangeur autoroutier privatisé par Lafarge inquiète les habitants au nord de Marseille
      https://www.francebleu.fr/infos/societe/un-echangeur-autoroutier-privatise-par-lafarge-inquiete-les-habitants-au-

      L’échangeur imaginé sur l’A55 entre Marseille et les Pennes-Mirabeau, sera financé par Lafarge. Le cimentier qui exploite une carrière à l’Estaque, veut ainsi éviter à ses camions un détour de 22 kilomètres et défend un projet moins polluant. Des arguments peu convaincants pour les riverains.

      « Les odeurs sont indescriptibles » : près de Marseille, les voisins d’une cimenterie suffoquent
      https://reporterre.net/Les-odeurs-sont-indescriptibles-pres-de-Marseille-les-voisins-d-une-cime

    • https://www.bfmtv.com/marseille/replay-emissions/sud-week-end/bouches-du-rhone-pres-de-200-personnes-s-introduisent-sur-le-site-du-cimentie

      Assez extraordinaire de voir un BFM Marseille rapporter une action de sabotage en termes factuels et en citant des extraits du communiqué des « personnes » (et pas de reactions d’officiels cherchant à criminaliser un geste écologique - mais peut etre n’existent-t-elle pas.). Tiens j’aimerais bien l’enregistrer cette vidéo, je suis pas sur qu’elle reste longtemps disponible sur leur site.

    • Bouc-Bel-Air : la cimenterie Lafarge au coeur des inquiétudes - 8 mars 2021

      https://www.laprovence.com/article/ecoplanete/6286747/bouc-bel-air-la-cimenterie-lafarge-au-coeur-des-inquietudes.html

      « On ne sait pas ce qu’on respire »

      Encore aujourd’hui, les plaintes se poursuivent. Des riverains habitant à proximité de l’usine font toujours état de gênes respiratoires occasionnées par les fumées visibles - jusqu’à Septèmes-les-Vallons voire Plan-de-Campagne - s’échappant de la cimenterie. Thomas*, père de famille dont le domicile se situe dans le périmètre direct de l’exploitant du liant hydraulique, raconte notamment que sa fille de 10 ans est atteinte de toux chroniques et d’asthme depuis plus d’un an. D’autres ont fait des signalements à l’association Bouc-Bel-Air Environnement (BBE), pointant « de fortes nuisances olfactives » décrites comme étant épisodiques. Pascal*, adhérent représentant BBE, a lui-même constaté ces effets lors de ses fréquentations du centre Décathlon : « La direction est au courant et a notamment adressé une plainte environnementale au préfet. »

      La préfecture, justement... C’est elle qui, en 2018, a signé un arrêté permettant à l’usine de déroger aux normes européennes en matière d’émissions de soufre et de poussières. Dans ce document, il est stipulé que les fours de cuisson peuvent émettre jusqu’à 900 mg/Nm³ de soufre (SO2) et les refroidisseurs 40 mg/Nm³ de poussières au lieu des 400 et 20 imposées par l’Europe. Lafarge, dans sa requête auprès de la préfecture en date du 31 octobre 2018, rappelait qu’une dérogation « peut être accordée si l’exploitant démontre que le respect des niveaux d’émission associés à la mise en oeuvre de MTD (meilleures techniques disponibles qui satisfont le mieux aux critères de développement durable dans le cadre d’émissions industrielles, Ndlr) entraînerait une hausse des coûts disproportionnée au regard des bénéfices pour l’environnement ». Une phrase qui a de quoi en surprendre plus d’un, se demandant si l’environnement passe au second plan face à l’activité économique du groupe

      .

    • Extrait de l’article de Reporterre cité par @colporteur ci-dessus.

      Le 4 août 2021, le Conseil d’État a d’ailleurs condamné l’État à verser 10 millions d’euros d’astreinte à plusieurs associations environnementales pour insuffisance de mesures prises pour lutter contre la pollution de l’air. Parmi les cinq zones où les seuils limites de pollution sont toujours dépassés figure la zone « Marseille-Aix ».

      « On doit se contenter de ça. On sait qu’il y a eu des dépassements, et donc, pour l’État comme pour Lafarge, c’est OK. Mais on veut savoir ce que ces fumées ont pu causer aux poumons de nos enfants  », dit Marie. Sa fille est scolarisée à l’école Virginie Dedieux, située à environ un kilomètre du site. Avec plusieurs parents d’élèves, elle demande une étude d’impact sur la santé des populations riveraines de l’usine. Une demande restée lettre morte jusqu’ici.

    • Une cimenterie Lafarge ciblée par des activistes écologistes près de Marseille
      https://www.lemonde.fr/planete/article/2022/12/11/une-cimenterie-lafarge-ciblee-par-des-activistes-ecologistes-pres-de-marseil

      Plusieurs dizaines de militants ont causé d’importants dégâts à l’établissement.

      L’entreprise a porté plainte, a précisé M. Leuliette, qui dénonce « une action d’une violence incroyable » ayant causé « d’importants dégâts » et laissé « les personnels très choqués », même s’il n’y a eu aucune confrontation physique. « Les limites ont vraiment été franchies », a-t-il déclaré, alors que des sites du cimentier ont déjà été la cible d’occupations ou de blocages par des militants dans le passé, notamment en juin 2021 par Extinction Rébellion.

      Lafarge « met tout en œuvre pour redémarrer le plus rapidement possible » le site, qui emploie au total deux cents personnes, a ajouté M. Leuliette, en affirmant que « cette usine est la plus en avance sur la décarbonation, après des investissements de plusieurs millions d’euros ».
      « Les fours qui ont été ciblés, longtemps alimentés par des déchets industriels et des pneus, sont aujourd’hui le symbole du “greenwashing” », rétorque au contraire le texte de revendication. Par téléphone, une personne se décrivant comme « un des activistes présents sur place » a dit à l’AFP que l’action avait été menée par « des personnes qui se sont organisées et viennent d’un peu partout ». « La violence vient avant tout de ces entreprises qui investissent des milliards pour continuer à produire en polluant. On considère qu’il n’y a plus le choix, c’est la seule réponse possible aujourd’hui pour se faire entendre », a ajouté cet interlocuteur.

      ... Le ministre délégué à l’industrie, Roland Lescure, a rappelé sur Twitter que l’usine de La Malle faisait partie des « cinquante sites prioritaires à décarboner », dont les patrons ont été reçus en novembre par Emmanuel Macron pour leur proposer un « pacte de décarbonation ». « Je préférerai toujours l’action résolue à l’activisme violent », a-t-il écrit. « Je condamne toujours ceux qui, au nom de l’écologie, font de la violence la seule expression de leur lutte », a également tweeté son collègue de la transition écologique, Christophe Béchu.

  • Antenne 5G incendiées : un coup de filet à Toulouse, sept personnes arrêtées par les gendarmes - ladepeche.fr
    https://www.ladepeche.fr/2022/11/24/info-la-depeche-antenne-5g-incendiees-un-coup-de-filet-a-toulouse-sept-per

    Depuis deux ans, les incendies des antennes relais 5G se multiplient dans le département de la Haute-Garonne, sans que les enquêteurs puissent identifier les auteurs. Mais cette fois sept personnes soupçonnées d’avoir participé ces actes de vandalisme ont été arrêtées ce mardi 22 novembre. « Elles sont entendues depuis trois jours pour dégradation et destruction en bande organisée et association de malfaiteurs », précise Samuel Vuelta-Simon, le procureur.

    En exploitant la vidéosurveillance, les militaires vont remarquer un véhicule suspect. Ils vont travailler jusqu’à l’identification de plusieurs personnes : six femmes et un homme «  appartenant à la mouvance contestataire multiforme (antivax, antipass et Gilets jaunes) », précise le procureur de la République. Ces activistes ne seraient pas à leur premier coup d’essai" . Certains suspects auraient aussi embrasé des radars vitesse en Ariège (09), encore le 30 mars et à Céreste, dans les Alpes-de-Haute-Provence, le 7 avril. Leurs agissements auraient entraîné un préjudice financier de centaines de milliers d’euros.

    #sabotage

  • Reporterre, cynique boute-feu irresponsable

    Cinq manifestants, arrêtés lors de la manifestation de Sainte Soline, dont l’un gravement blessé d’un tir de LBD (orbite fracturée) a été placé en GAV par les gendarmes venus l’interpeller au CHU où il avait été évacué, ont été inculpés de « participation à un groupement en vue de la préparation de violences ou dégradations » (un an de prison).

    Ils comparaitront le 28 novembre prochain à Poitiers.

    Le même jour cinq autres manifestants itou après une action à Bures.

    Suivront au moins quatre autres manifestants, à qui il est reproché leur participation à deux manifs précédentes dans le Marais Poitevin…

    « On n’a pas réussi à interpeller les personnes qui ont jeté des cocktails Molotov, des boules de pétanque sur les forces de l’ordre, qui ont tiré des mortiers », reconnaissait le procureur de la République de Niort, Julien Wattebled, deux jours après la mobilisation (Mediapart).

    Après les sorties fracassantes de Darmanin sur les « éco-terroristes ». Eric-Dupont-Moretti invitait les parquets par une circulaire datée du 9 novembre à la plus grande sévérité.

    Là-dessus l’autoproclamé « quotidien de l’écologie » ne trouve rien de mieux à faire que de publier une « défense et illustration du sabotage », photos à l’appui, sur lesquelles on peut identifier les contrevenants ( !), un délire « ultra-gauchiste » rappelant les belles heures de « l’autonomie » des années 80.

    Pain bénit pour nos adeptes étatiques de la nouvelle stratégie de la tension. Des clous dans le cercueil des 5 inculpés qui vont comparaître à Poitiers le 28 novembre ! Sous réserve d’une étude juridique approfondie certains passages de cet article pourraient même tomber sous le coup de la loi.

    Cynisme mercantile : caressons la base dans le sens du poil. Et surtout soutenez-nous financièrement…

    Tout-à-fait logiquement les inculpés sont défendus par deux branquignols membres d’un énigmatique collectif de défense contre les violences étatiques, qui vont plaider « la désobéissance civile » et faire du procès une « tribune politique »…

    Le lendemain, pas gèné, le même Reporterre publie un autre article, titré « Ultras, violents, ces medias qui criminalisent les écologistes »…

    Gardez-moi de mes amis, mes ennemis je m’en charge…

    – Megabassines, les ingrédients d’une lutte efficace

    https://reporterre.net/Megabassines-petit-manuel-d-une-lutte-efficace

    – - Ultras, violents, ces medias qui criminalisent les écologistes

    https://reporterre.net/Ultras-violents-Ces-medias-qui-criminalisent-les-ecologistes

  • Un pylône de téléphonie mobile gravement vandalisé près de Laval La Tribune - Pierre Manière

    Un site appartenant à l’opérateur d’infrastructures TDF, et utilisé par Orange, SFR, Bouygues Telecom et Free, a essuyé un acte de vandalisme dans la nuit de mardi à mercredi. Le pylône de 90 mètres s’est effondré, perturbant les communications dans la région.


    Les câbles qui stabilisaient ce pylône de 90 mètres ont vraisemblablement été sectionnés. (Crédits : TDF)

    Les actes de vandalisme visant les réseaux télécoms ne cessent décidément pas. Un site mobile de TDF situé à Changé, au nord de Laval, en a fait les frais dans la nuit de mardi à mercredi. Les images fournies par les équipes en charge du réseau de Free, publiées sur Twitter, et par TDF à La Tribune, sont impressionnantes. Ce pylône de 90 mètres a été retrouvé couché au sol. Un ou plusieurs câbles qui le maintenaient ont vraisemblablement été sectionnés.


    (Crédits : Capture d’écran Twitter)

    Cet acte de malveillance a perturbé les communications dans la région. Ce pylône hébergeait notamment les antennes de téléphonie mobile des quatre grands opérateurs, à savoir Orange, SFR, Bouygues Telecom et Free. Il accueillait aussi des équipements de diffusion de radio pour Fun Radio et RTL2. Dans un communiqué, TDF précise qu’au total,  « près de 150.000 habitants de Laval et de sa région » ont été « en partie privés de radio » . Le signal a finalement été rétabli mercredi soir. TDF précise que  « les services de téléphonie mobile sont également très fortement touchés » . Le groupe a décidé de porter plainte, et  « travaille activement avec les autorités compétentes » . Des « solutions provisoires » visant à rétablir le service vont voir le jour, en attendant de réparer le pylône.


    (Crédits : TDF)

    Cet acte survient environ une semaine après que des réseaux Internet fixe ont été vandalisés dans la région de Marseille. Des fibres optiques, assurant des liaisons longue distance, ont été sectionnées https://www.latribune.fr/technos-medias/telecoms/les-reseaux-de-free-et-de-sfr-encore-vandalises-dans-la-region-de-marseill . Environ 4.600 pannes sur l’Internet fixe ont été constatées, dans la foulée, dans la région. Ces perturbations ont majoritairement concerné les clients de Free et de SFR. L’affaire en a rappelé une autre. Au printemps dernier, plusieurs liaisons longue distance avaient également fait l’objet de dégradations similaires https://www.latribune.fr/technos-medias/telecoms/d-importants-sabotages-de-fibres-optiques-perturbent-le-reseau-internet-91 . Elles avaient, cette fois aussi, occasionnés des pannes et dysfonctionnements chez les clients de Free et de SFR.

    Des réseaux essentiels à la vie du pays
    Les opérateurs tirent depuis longtemps la sonnette d’alarme. En mai dernier, Arthur Dreyfuss, l’ancien président de la Fédération française des télécoms (FFT), le lobby du secteur, avait appelé, dans nos colonnes, à  « durcir les sanctions pour les actes de vandalisme ». « L’enjeu n’est pas seulement de protéger les opérateurs, mais aussi toutes les activités les plus sensibles et essentielles du pays » , a-t-il expliqué.

    De fait, les réseaux télécoms sont aujourd’hui indispensables à la vie du pays. En juin 2021, un événement l’a rappelé. Une panne massive chez Orange a empêché de nombreux Français d’appeler les services d’urgence, et plusieurs personnes sont décédées, faute de pouvoir prévenir les secours. Le numérique, qui irrigue désormais tous les secteurs d’activités, rend ces derniers mécaniquement vulnérables aux problèmes concernant les infrastructures télécoms, dont les actes de vandalisme.

    #téléphonie #surveillance #mobile #internet #5g #téléphone #télécommunications #téléphonie_mobile #free #smartphone #france #technologisme #géolocalisation #sabotage #tdf #Orange #sfr #bouygues_telecom #Free #fft

    Source : https://seenthis.net/recherche?recherche=t%C3%A9l%C3%A9phonie

  • 8 caméras brûlées à Marseille
    https://lundi.am/8-cameras-brulees-a-Marseille

    lundimatin#356, le 24 octobre 2022 - « Démantelons, sabotons, incendions les infrastructures de la surveillance. »
    [Communiqué]

    Il y a encore quelques années, l’éclosion de caméras de vidéo surveillance au coin des rues faisaient encore scandale. A cela comme à tant d’autres choses, nous nous sommes habitués. Le quadrillage des villes par des centaines de dispositifs de surveillance ne va cependant pas de soi. C’est en tous cas ce que viennent nous rappeler les auteurs de ce communiqué anonyme qui assurent en avoir désactivé huit dans la nuit du 17 au 18 octobre dernier à Marseille. A rebours de la course inlassable au contrôle sécuritaire, certains s’organisent pour propager une certaine pratique de la discrétion.

    Dans la nuit du lundi 17 au mardi 18 octobre 2022, 8 caméras ont été détruites par le feu lors d’une action coordonnée dans le centre de Marseille. Notre ville est la 2e plus surveillée de France, elle sert de terrain d’expérimentation aux technologies sécuritaires : projet de BigData de la tranquillité publique, caméras à tous les coins de rue (1 558 au total), reconnaissance faciale, vidéo-verbalisation. Des projets au coût gigantesque (7 millions d’euros par an pour l’entretien du réseau de caméra et 25 000€ pour l’installation d’une caméra) et dont les dépenses viennent alimenter une vision politique raciste et bourgeoise basée sur la peur et la volonté de tout contrôler. La vidéo-surveillance normalise nos comportements et dissuade le passage à l’action subversive.

    Nous refusons d’être observés dans nos milieux de vie, dans nos interactions quotidiennes, dans notre intimité.
    Nous ne voulons pas voir nos quartiers s’aseptiser et Marseille devenir une station balnéaire pour touristes.
    Nous ne les laisserons pas aller plus loin dans leur fantasme de gestion et de contrôle de nos vies.

    Dérèglement climatique, effondrement de la biodiversité, inflation, crise énergétique, remise en cause du droit de grève, montée du fascisme… Alors que nous devrions entrer dès maintenant en résistance face au ravage écologique et social en cours, nous restons pétrifiés devant ces dispositifs répressifs.

    Démantelons, sabotons, incendions les infrastructures de la surveillance.

    Alors que la grève des raffineries maintient la pression sur l’État et les capitalistes, un mouvement plus large de contestation est en train de naître. Lycéen·nes, dockers, marins, féministes, cheminots, enseignant·es… tous·tes appellent à la grève générale ce mardi 18 octobre.

    Dans un contexte de forte mobilisation, des actions offensives, répétées et décentralisées peuvent renforcer le rapport de force. Partout dans nos villes et nos quartiers, commençons par débarrasser nos rues des caméras, puis continuons l’offensive. Organisons-nous en groupes d’actions, renforçons nos réseaux de lutte, rentrons en résistance !

    #Frankreich #Marseille #Überwachung #Video #Sabotage

  • Comment saboter un gazoduc
    Par Pierre Rimbert (mai 2021)

    https://www.monde-diplomatique.fr/2021/05/RIMBERT/63053

    Pour Washington, cibler Nord Stream 2 présente des avantages mercantiles autant que géopolitiques : grâce au soutien de la Commission européenne, favorable au marché flexible du gaz naturel liquéfié (GNL) américain plutôt qu’aux gazoducs russes, et à l’appui des pays les plus atlantistes de l’Union (Pologne, Danemark…), Washington n’entend pas seulement contrecarrer les plans de Moscou, mais aussi et surtout imposer ses excédents de gaz de schiste liquéfiés sur le marché européen. Et, au passage, mettre sous pression l’Allemagne, avec laquelle les différends commerciaux s’accumulent. Toute la subtilité diplomatique des États-Unis se déploie à cet effet.

    M. Trump, qui, depuis son arrivée au pouvoir, menace l’Europe de sanctions douanières, obtient en juillet 2018 la capitulation de Bruxelles : l’Union accepte de revoir de fond en comble sa politique gazière en faveur du GNL « de la liberté » (dixit M. Trump) et au détriment du gazoduc « totalitaire ». La nouvelle directive gaz, adoptée l’année suivante, empile les chicanes administratives destinées à entraver Nord Stream 2, au point que ses concepteurs doivent en repenser l’architecture juridique et commerciale.

    #gazoduc #nord_stream_2