• Au tribunal, bras de fer musclé entre la Sacem et les héritiers du « Boléro » de Ravel
    https://www.radiofrance.fr/francemusique/podcasts/reportage/au-tribunal-bras-de-fer-muscle-entre-la-sacem-et-les-heritiers-de-ravel-


    Maurice Ravel photographié en 1929, un an après la composition du « Boléro »
    ©AFP - Archiv Setzer-Tschiedel

    L’audience s’est tenue mercredi après-midi au tribunal judiciaire de Nanterre. Avec une question : le « Boléro » était-il une œuvre « collaborative », comme le soutiennent ses ayants droit ? Compte rendu d’une audience électrique.

    À qui profitent les droits du Boléro de Ravel ? L’héritage de la célébrissime partition composée en 1928 déchaîne les passions, presque 100 ans après. Un procès se tenait mercredi après-midi au tribunal judiciaire de Nanterre. Il opposait la Société des auteurs, compositeurs et éditeurs de musique (Sacem) aux ayants droits de Maurice Ravel. Ces derniers souhaiteraient que le Boléro, tombé dans le domaine public en 2016, soit retenu comme une « oeuvre collaborative », ce qui prolongerait les droits d’auteurs - qui se comptent en centaines de milliers d’euros - jusqu’en 2039. Voire 2051, si l’on prend en compte la date de la mort de la première chorégraphe du ballet, Bronislava Nijinska. France Musique a assisté à l’audience.

    Haro sur la Sacem
    Lorsque l’on demande à un avocat s’il a quelques minutes pour parler de l’affaire du Boléro, il rétorque : « vous n’avez pas plutôt 3h ? », tant l’histoire est rocambolesque. Ce seront finalement près de 2h30 d’une audience où la question centrale sera : Ravel est-il l’unique créateur du Boléro, l’une des œuvres les plus jouées au monde ? 
    Les avocats des ayants droits du compositeur ouvrent le bal. Il concentrent leurs coups sur la Sacem, accusée d’être « opaque, partiale », la Sacem qui inspirerait une « crainte révérentielle » et revendiquerait le « fait du prince », déciderait de qui est l’auteur d’une œuvre « quand ça l’arrange ». « Uniquement sur le Boléro », même, martèle l’avocat de la succession de Ravel, qui pointe aussi des vidéos, des communiqués, où la Sacem se réjouissait de la tombée du Boléro dans le domaine public.

    Pour les ayants droits, le Boléro est bien une oeuvre collaborative. Indissociable du ballet d’origine, créé par Maurice Ravel, mais aussi par la chorégraphe Bronislava Nijinska, et par le scénographe Alexandre Benois. La Sacem a d’ailleurs selon eux mis « beaucoup d’énergie à faire disparaître Nijinska », allant jusqu’à modifier la page Wikipédia du Boléro.

    "La fiction n’a pas sa place dans le prétoire"
    « Faux », rétorque-t-on de l’autre côté de la barre. « La fiction n’a pas sa place dans le prétoire ». Pour la défense, « Ravel n’a cessé de se revendiquer comme le seul auteur du Boléro ». Il a d’ailleurs écrit « mon Boléro », à de multiples reprises. Et le fil rouge, de la mort de Ravel à aujourd’hui, serait l’ « extrême cupidité » de la succession, qui n’a pas hésité à recourir à l’ « optimisation fiscale », à des « sociétés écran », avec de « petits arrangements entre nouveaux amis ». Pour la Sacem, la danse de Nijinska est « détachable » de œuvre, tout comme les décors et les costumes d’Alexandre Benois.

    « Je crois que nous avons compris, à l’issue de cette audience, qu’il y avait un vide énorme de l’autre côté », assène l’une des avocates de la Sacem, Josée-Anne Bénazéraf : « Ce que j’attends, c’est que l’on arrête de salir le nom de Maurice Ravel et qu’on le rétablisse en sa qualité de seul auteur du Boléro. Que le tribunal mette en lumière que tout ce qui nous a été raconté n’est qu’une fiction, qui ne s’appuie strictement sur rien. Il y a un intérêt collectif, et de l’autre côté un intérêt individuel, exclusivement mercantile. »

    Gilles Vercken, avocat de la succession de Maurice Ravel, s’interroge de son côté sur le rôle de la Sacem : « L’enjeu du dossier est de déterminer quel est le pouvoir d’une société de gestion collective de décider, si oui ou non, telle oeuvre comporte un, deux ou trois coauteurs. » Les ayants droits espèrent mettre en lumière « la véritable histoire de la succession de Ravel, traînée dans la boue », estiment-ils, « depuis des décennies ». La décision du tribunal a été mise en délibéré au 24 juin prochain.

  • #Villa_del_seminario”, la storia rimossa del campo di concentramento in #Maremma

    Nella frazione #Roccatederighi del Comune di #Roccastrada tra la fine del 1943 e la metà del 1944 vi fu un “campo di concentramento ebraico”, come scrissero i fascisti nel contratto di affitto con un vescovo vicino al regime. Da lì si partiva per #Fossoli, direzione Auschwitz. Il romanzo dello scrittore Sacha Naspini smuove la polvere.

    Roccatederighi, frazione del Comune di Roccastrada, in Maremma, tra il 28 novembre del 1943 e il 9 giugno del 1944 ospitò un campo di concentramento: vi furono rinchiusi un centinaio di ebrei, 38 dei quali poi deportati verso la Germania, da cui ritornarono solo in quattro. La struttura che ospitò il campo è la sede estiva del seminario vescovile di Grosseto, la “Villa del seminario” che dà il titolo all’ultimo romanzo di Sacha Naspini, scrittore grossetano che a Roccatederighi (che diventa Le Case in questo e in altri dei suoi libri) ha passato l’infanzia nella casa dei nonni materni.

    Che cosa ti ha spinto ad affrontare la vicenda del campo di concentramento della Villa del seminario?
    SN In qualche modo vengo da lì e fin da ragazzino sentivo girare per casa questa faccenda: il seminario sono due grossi edifici all’imbocco del paese, dicevano là sono successe delle cose, ma erano discorsi che sfumavano nel nulla. Prima del 2008, quando in occasione della Giornata della memoria fu messa lì una lastra commemorativa, la villa del seminario era usata per fare le scampagnate, anche le braciate del 25 aprile o del 1 maggio. Ricordo io e mio fratello, con i miei nonni che andavamo nel giardino del vescovo. Pochi sapevano, così quando è uscito il libro ho ricevuto molti messaggi o mail, da parte di persone che magari oggi hanno 75 anni, che sono nate e vivono a Roccatederighi e che di quella vicenda non ne avevano mai sentito parlare. Un uomo, che abita sulla provinciale, a cento metri dal seminario e mi ha proprio scritto: “Davvero vivo davanti a un campo di concentramento?”. Perché da lì si partiva per Fossoli (Modena), proseguendo poi per Auschwitz. E negli anni Ottanta e Novanta lì i giovani della Diocesi, anche quelli della mia generazione, facevano i campi estivi.

    Sei cresciuto a Grosseto: manca ancora o si è sviluppata una memoria condivisa rispetto a quell’evento? Nel libro scrivi che la strada verso quell’edificio ormai diroccato è ancora oggi via del Seminario.
    SN C’è un rimosso, io vengo da quei massi, quella bella cartolina di Maremma, rude e vera, ma anche da quel silenzio. Non tutti i rocchigiani hanno accolto bene il mio romanzo, fa parte della mentalità di paese il sentirsi attaccati o in qualche modo svestiti, spogliati da una serie di costruzioni e difese che la gente prende nei confronti dello stare al mondo in quella routine. Questo però è un caso unico nel mondo, perché nel contratto di affitto tra Alceo Ercolani (prefetto di Grosseto per la Repubblica sociale italiana) e Paolo Galeazzi, vescovo fascista, si parla apertamente di “campo di concentramento ebraico”, cose che danno un certo sgomento. Come ricordo nelle ultime pagine del romanzo, a febbraio 2022, nel giorno in cui ho chiuso le bozze del mio libro, il sindaco di Grosseto Antonfrancesco Vivarelli Colonna inaugurava la piazza in ricordo di Galeazzi, di cui si ricordano pastorali di chiaro stampo fascista e passeggiate a braccetto di Benito Mussolini.

    La memoria, quindi, non è né può essere condivisa.
    SN Il mio libro è stato un po’ come andare a muovere polvere sotto il tappeto. C’è anche chi mi ha detto “Io non lo sapevo, quindi non è vero”, ma la realtà è che una storica, Luciana Rocchi (dal 1993 al 2016 è stata Direttrice dell’Istituto storico grossetano della Resistenza e dell’età contemporanea, ndr) ha scoperto negli archivi della Diocesi il contratto d’affitto, che non può essere nascosto. La notizia, frutto del lavoro di una storica, resta un po’ sottotono, in sordina. Finché un libro, “Il muro degli ebrei”, di Ariel Paggi, una ricognizione su 175 ebrei di Maremma, molti dei quali passano anche da via del Seminario, mi ha dato le mappe per scrivere davvero questa storia.
    Altri particolari sono frutto della storia familiare: mia nonna mi ha raccontato in tutte le salse l’inverno durissimo del 1943, che già da novembre si annunciava così; poi la guerra, com’era avvertita in paese, con la febbre che si alzava sempre di più man mano che avanzavano gli alleati, l’organizzazione delle prime bande partigiane, ma anche le privazioni, il razionamento. Nel dicembre del 1943 il babbo della mia nonna materna è morto di “deperimento organico”, praticamente di fame, in casa. I bottegai di Roccatederighi probabilmente non ne sapevano niente, ma hanno visto arrivare intere famiglie che si facevano auto-internare, con l’idea di trascorrere alla villa del seminario quel momento particolare, lasciar passare la guerra e tornare a casa. Il vescovo è rimasto lì per tutto il tempo, scegliendo solo alla fine di salvare alcuni ebrei, tra i più benestanti, probabilmente per ottenere una “carta verde” dal nuovo governo, a cui ha poi chiesto gli arretrati per l’affitto non pagato.
    Anche dopo il 2008, quand’è stata apposta la lastra, non c’è la giusta attenzione. Sono emersi negli anni alcuni progetti di rivalutazione dello stabile, per farne un albergo o un istituto per malati di Alzheimer, ma la villa resta in abbandono. È cambiata la sacralità del luogo: dormiresti in un albergo sapendo che è stato un campo di concentramento?

    Uno dei protagonisti della vicenda è Boscaglia, giovanissima guida di una banda partigiana.
    SN La storia di Guido Radi, “Boscaglia”, è legata a quella della partigiana Norma Parenti, due persone che vibrano ancora. Lui venne ucciso a 19 anni, il suo corpo straziato trascinato fino a Massa Marittima, dove lei andò a recuperarlo, per darne sepoltura. Sono storie che potete ritrovare, perché tutto ciò che racconto è vero, a partire dalla morte di Edoardo, il figlio di Anna, in una vicenda che richiama la strage di Istia d’Ombrone, quando 11 ragazzi vennero assassinati per rappresaglia nel marzo del 1944. All’ultima commemorazione, nel 2023, il sindaco Vivarelli Colonna, che si è presentato senza fascia tricolore, è stato contestato da cittadini che hanno assistito al comizio del sindaco girati di spalle, in silenzio.

    La storia è narrata da René, un ciabattino di 50 anni che ha perso tre dita al tornio da ragazzino. Nel libro racconti la sua rivoluzione.
    SN Presa coscienza del grande lavoro di Paggi ho voluto scrivere una storia creando questo cinquantenne fuori dai giochi, che ingoia tutta le cattiverie del paese a partire dai nomignoli per la sua menomazione, da Pistola a Settebello. L’ho voluto ciabattino, perché quello è un pezzo di guerra che si è combattuta tanto con i piedi. È una storia che potrei aver ascoltato in paese e che ho ritrovato in un libro di Cazzullo, “Mussolini il capobanda”, che parla di un ciabattino storpio di Roccastrada che ha fatto la Resistenza. Ho voluto raccontare la trasformazione di un personaggio passivo, spettatore del mondo, dovuto all’impatto con la storia con la “s” maiuscola: il suo impatto vero è quando uccidono Edoardo, suo figlioccio, quando l’amica amata Anna decide di andare nei boschi per continuare l’impegno di suo figlio e lascio a lui un compito. Per la prima volta si trova a modificare il suo sguardo sulle cose e su stesso. È un’epopea interiore. Si chiede che cosa vedano i ragazzi che vanno nei boschi, che cosa intuiscono, elementi che tornano anche nel personaggio di Simone.

    Simone, che diventa amico di Renè, è un giovane soldato che pare appoggiare la resistenza. Come l’hai costruito?
    SN Per costruire il suo personaggio mi sono agganciato alle testimonianze dei ragazzi che si ritrovavano ingabbiati in un’uniforme che non sentivano più loro. Il calvario di Simone lo porta a dire “preferisco morire dalla parte sbagliata”. Oggi mi piace trasmettere questi fuochi, quella brama di futuro ai ragazzi che incontro nelle scuole, che si infervorano di fronte a vicende che riguardano loro coetanei. Ogni romanzo offre un’immersione in una circostanza accompagnata da un’emotività particolare. “Boscaglia” aveva 19 anni quando è morto, 18 quando era andato in montagna, non lascia indifferente un ragazzo di quinta superiore.

    https://altreconomia.it/villa-del-seminario-la-storia-rimossa-del-campo-di-concentramento-in-ma
    #Italie #camp_de_concentration #deuxième_guerre_mondiale #seconde_guerre_mondiale #shoah #histoire #déportation #Auschwitz #mémoire

    • Villa del seminario

      Una storia d’amore, riscatto e Resistenza.
      Maremma toscana, novembre ’43. Le Case è un borgo lontano da tutto. René è il ciabattino del paese. Tutti lo chiamano Settebello, nomignolo che si è tirato addosso in tenera età, dopo aver lasciato tre dita sul tornio. Oggi ha cinquant’anni – schivo, solitario, taciturno. Niente famiglia. Ma c’è Anna, l’amica di sempre, che forse avrebbe potuto essere qualcosa di più... René non ha mai avuto il coraggio di dichiararsi. Poi ecco la guerra, che cambia tutto. Ecco che Settebello scopre la Resistenza. Possibile che una rivoluzione di questo tipo possa partire addirittura dalla suola delle scarpe?
      Villa del seminario evoca fatti realmente accaduti: Grosseto fu l’unica diocesi in Europa ad aver stipulato un regolare contratto d’affitto con un gerarca fascista per la realizzazione di un campo d’internamento. A Roccatederighi, tra il ’43 e il ’44, nel seminario del vescovo furono rinchiusi un centinaio di ebrei italiani e stranieri destinati ai lager di sterminio. Soprattutto Auschwitz.

      Maremma toscana, novembre ’43. Le Case è un borgo lontano da tutto. Vista da lì, anche la guerra ha un sapore diverso; perlopiù attesa, preghiere, povertà. Inoltre si preannuncia un inverno feroce... Dopo la diramazione della circolare che ordina l’arresto degli ebrei, ecco la notizia: il seminario estivo del vescovo è diventato un campo di concentramento.

      René è il ciabattino del paese. Tutti lo chiamano Settebello, nomignolo che si è tirato addosso in tenera età, dopo aver lasciato tre dita sul tornio. Oggi ha cinquant’anni. Schivo, solitario, taciturno. Niente famiglia. Ma c’è Anna, l’amica di sempre, che forse avrebbe potuto essere qualcosa di più... René non ha mai avuto il coraggio di dichiararsi. In realtà, non ha mai avuto il coraggio di fare niente. Le sue giornate sono sempre uguali: casa e lavoro. Rigare dritto.

      Anna ha un figlio, Edoardo, tutti lo credono al fronte. Un giorno viene catturato dalla Wehrmacht con un manipolo di partigiani e fucilato sul posto. La donna è fuori di sé dal dolore, adesso ha un solo scopo: continuare la rivoluzione. Infatti una sera sparisce. Lascia a René un biglietto, poche istruzioni. Ma ben presto trapela l’ennesima voce: un altro gruppo di ribelli è caduto in un’imboscata. Li hanno rinchiusi là, nella villa del vescovo. Tra i prigionieri pare che ci sia perfino una donna... Settebello non può più restare a guardare.

      https://www.edizionieo.it/book/9788833576053/villa-del-seminario
      #Sacha_Naspini

  • Autour des microplastiques et du sens des priorités de celleux qui nous gouvernent...

    35 % des #microplastiques primaires proviennent du lavage des #vêtements_synthétiques
    28 % des #microplastiques_primaires proviennent du frottement des #pneus lors de la conduite

    Mais on va interdire les paillettes (https://www.lemonde.fr/planete/article/2024/01/07/pourquoi-les-paillettes-sont-en-voie-d-etre-interdites-dans-l-union-europeen). Le sens des priorités...
    https://eldritch.cafe/@ralocycleuse/111713256302292054

    Pourquoi les #paillettes sont en voie d’être interdites dans l’Union européenne

    https://www.lemonde.fr/planete/article/2024/01/07/pourquoi-les-paillettes-sont-en-voie-d-etre-interdites-dans-l-union-europeen

    #transports #industrie_textile #interdiction

    • Microplastiques : sources, impact et solutions

      D’où viennent les microplastiques et quel impact ont-ils ? Apprenez-en plus sur les microplastiques et découvrez les solutions sur lesquelles travaille le Parlement européen.

      Que sont les microplastiques et d’où viennent-ils ?

      Les microplastiques sont de minuscules morceaux de #plastique qui mesurent généralement moins de 5 millimètres. Ils peuvent être divisés en deux catégories en fonction de la source dont ils proviennent.

      Les microplastiques primaires

      - Ils sont directement rejetés dans l’environnement sous forme de petites particules
      - On estime qu’ils représentent entre 15 et 31 % des microplastiques présents dans les océans
      - 35 % des microplastiques primaires proviennent du lavage des #vêtements_synthétiques
      – 28 % des microplastiques primaires proviennent du frottement des pneus lors de la conduite
      – 2 % proviennent des #produits_de_soin dans lesquels ils sont ajoutés volontairement (par exemple dans les #gommages)

      Les #microplastiques_secondaires

      – Proviennent de la #dégradation_d’objets en plastique plus grands tels que les #sacs_en_plastique, les #bouteilles, les filets de pêche
      – Représentent entre 69 et 81 % des microplastiques retrouvés dans les océans

      Microplastiques : quel impact ont-ils ?

      On retrouve de plus en plus de microplastiques dans les océans. Les Nations Unies ont déclaré en 2017 que l’océan contenait 51 trillons de particules, 500 fois plus que le nombre d’étoiles dans la galaxie.

      Les microplastiques présents dans l’océan peuvent être ingérés par les espèces marines et donc, se retrouver dans la chaîne alimentaire. Des microplastiques ont en effet été retrouvés dans des produits alimentaires comme la bière, le miel ou encore l’eau du robinet.

      Leur impact sur la santé humaine n’est pas encore connu mais les plastiques contiennent souvent des additifs tels que des stabilisants ou des agents ignifuges qui peuvent être nuisibles pour les humains ou pour les animaux qui les ingèrent.

      Sur quelles solutions l’Union européenne travaille-t-elle ?

      En septembre, les députés européens ont approuvé la stratégie plastiques qui a pour objectif d’augmenter le taux de recyclage des déchets plastiques dans l’UE. De plus, les députés ont appelé la Commission à introduire une interdiction à l’échelle européenne de tous les microplastiques ajoutés volontairement dans les produits cosmétiques et dans les détergents d’ici 2020 et à prendre des mesures pour minimiser les rejets de microplastiques provenant des textiles, des pneus, des peintures et des filtres à cigarette.

      En octobre, le Parlement a introduit une interdiction des plastiques à usage unique les plus retrouvés dans les océans et pour lesquels des alternatives plus écologiques existent. Les députés ont ajouté les plastiques oxodégradables à la liste des produits à interdire. Ces plastiques oxodégradables sont des plastiques conventionnels qui se brisent facilement en petites particules à cause des additifs qu’ils contiennent et contribuent à la pollution des océans.

      En 2015, le Parlement a voté en faveur de la réduction de l’utilisation des sacs en plastique dans l’Union européenne.

      https://www.europarl.europa.eu/news/fr/headlines/society/20181116STO19217/microplastiques-sources-impact-et-solutions

  • Il saccheggio ambientale e culturale del Treno Maya in Messico

    Una rete ferroviaria di oltre 1.500 chilometri permetterà ai turisti di viaggiare tra le città coloniali della Penisola dello Yucatán, i siti archeologici e le spiagge caraibiche. Un’opera inquinante che rischia di cancellare tradizioni millenarie.

    Lo speleologo Hoppenheimer camminava lungo il tracciato del Treno Maya quando si è accorto che, a un passo dai piloni che ne sosterranno il viadotto, c’era una caverna sotterranea. I colleghi l’hanno presto battezzata con il suo soprannome, motivato dalla somiglianza con l’attore del film. La caverna “Oppenheimer”, che si trova nello Stato del Quintana Roo, fra le città di Playa del Carmen e Tulum, è una delle migliaia di “porte” di accesso all’intricato sistema di canali che si trova sotto la penisola dello Yucatán: una rete sotterranea lunga 1.800 chilometri che costituisce una delle falde acquifere più grandi del mondo e, per la cultura maya, rappresenta l’inframundo, il luogo dove camminano i morti.

    Si tratta di un sistema che ha una composizione geologica carsica e per questo è soggetto a crolli e collassi. “In alcuni punti il tetto della caverna Oppenheimer ha ceduto a causa delle vibrazioni dei lavori di costruzione del Treno Maya, che ha impattato più di centoventi cenotes (grotte con acqua dolce, ndr) e caverne -spiega Guillermo D. Christy, membro del collettivo Cenotes Urbanos-. È un progetto improvvisato, i lavori sono iniziati senza lo studio di impatto ambientale e non ne è stato neanche fatto uno di meccanica del suolo che dimostri la capacità del terreno di reggere un’opera così imponente”.

    È sopra questo fragile sistema di canali sotterranei che si sta costruendo il Treno Maya: una rete ferroviaria di più di 1.500 chilometri che permetterà ai turisti di viaggiare tra le città coloniali della penisola dello Yucatán, tra le sue lagune e i cenotes, di visitare i siti archeologici maya e le spiagge caraibiche. Si tratta del megaprogetto “preferito” dal presidente messicano Andrés Manuel López Obrador, il quale ha assicurato che verrà interamente inaugurato entro la fine di febbraio 2024 e ha promesso di portare il Sud-Est del Messico fuori dalla povertà grazie alla crescita del turismo. Per questo, buona parte della popolazione è a favore dell’opera, anche se le voci critiche si fanno sentire.

    Il governo non ne parla molto ma, in realtà, il Treno Maya non è solo un treno turistico. Sui suoi binari correranno anche vagoni merci che nella città di Palenque, in Chiapas, si connetteranno a un’altra grande opera promossa dall’amministrazione di López Obrador: il Treno Transistmico, che unirà i due oceani (Atlantico e Pacifico) nel punto più stretto del Messico e si presenterà come un’alternativa al Canale di Panama. “Sono treni neoliberali al servizio dell’agricoltura industriale e funzionale al saccheggio delle risorse naturali presenti nei nostri territori maya ancestrali”, dice Sara López González del Consejo regional indígena y popular de xpujil (Crip).

    “Nemmeno un albero verrà abbattuto per costruire il Treno Maya”, ha dichiarato il presidente López Obrador prima dell’inizio dei lavori. In verità, ne sono stati abbattuti circa dieci milioni, soprattutto per costruire il tracciato delle tratte cinque e sei, che corrono parallele alla costa del Mar dei Caraibi e alla strada che collega Cancún a Chetumal. Secondo il biologo Omar Irám Martínez Castillo dell’associazione locale U’yoolche, nello spazio tra la strada e il tracciato della tratta sei, che è protetto da un recinto, si è formata una “terra di nessuno” in cui sono rimaste intrappolate delle scimmie. “La frammentazione dell’habitat mi preoccupa più della deforestazione -spiega il biologo- il treno divide in due la selva yucateca e per gli animali che ci vivono, stiamo parlando di giaguari, tapiri, scimmie e molte altre specie, sarà complicato avere una comunicazione che permetta di evitare l’endogamia e favorire la diversità genetica”.

    Un’altra preoccupazione delle organizzazioni che difendono il territorio, alcune delle quali sono indigene, è che molti cenotes sono stati riempiti di cemento per permettere ai binari del treno di passarci sopra. Questo crea un problema ecologico a tutto il sistema di canali sotterranei, che sono interconnessi e rappresentano l’unica fonte di acqua potabile per milioni di persone. Inoltre, questo sistema drena nel Mar dei Caraibi e inquinerà quindi anche le sue acque, con effetti devastanti per la barriera corallina, i pesci e tutto l’ecosistema connesso. “Il mare caraibico cristallino che si vede nelle foto esposte nelle agenzie di viaggi dipende da un equilibrio che ha radici nella selva yucateca, nelle caverne e nei fiumi sotterranei”, dice Miriam Moreno del collettivo SOS Cenotes e della Red de resistencias sur sureste en defensa de la vida y los territorios Utsil Kuxtal. In altre parole, l’industria del turismo di questa regione dipende in buona parte dalla salute dell’ecosistema.

    Secondo Ángel Sulub Santos del Centro comunitario u kúuchil k ch’i’ibalo’on, il Treno Maya è il secondo megaprogetto che è stato impiantato nella penisola dello Yucatán. Il primo è stato la città di Cancún, fondata nel 1974 a servizio del turismo di massa, concetto intorno al quale è stata creata l’identità culturale della regione dove, anche nelle scuole, viene presentato come fattore di sviluppo economico e sociale. Prima del 1974 Cancún, che oggi ha quasi un milione di abitanti e spiagge costellate da grattacieli di lusso, era un villaggio di pescatori. In tutto il Quintana Roo la crescita della popolazione negli ultimi decenni è stata velocissima: solo tra il 2010 e il 2020, i suoi abitanti sono aumentati di più del 40%.

    Il popolo indigeno maya ha lavorato al servizio di questa espansione, di cui i principali beneficiari sono le grandi corporazioni turistiche che hanno visto nella costa caraibica messicana la gallina dalle uova d’oro. I maya hanno abbandonato l’agricoltura, la pesca e il loro stile di vita millenario per essere impiegati come camerieri, facchini o nel settore delle pulizie. Intanto, la loro cultura viene “venduta” sotto forma di souvenirs o di balli tradizionali messi in scena nei ristoranti per turisti.

    Secondo l’artista maya Marcelo Jiménez Santos, il turismo ha “saccheggiato culturalmente” il suo popolo. “Parlano di Treno Maya e Riviera Maya, ma la comunità maya è invitata a partecipare a questi progetti solo come manodopera a basso costo. Vengono promossi i popoli precolombiani e le loro vestigia come dei prodotti turistici in vendita, ma il popolo maya che tuttora vive nella Penisola dello Yucatán non viene minimamente considerato”, dice Jiménez Santos. “Tuttavia, non credo che la nostra cultura maya sparirà; ha capacità di reazione, come è stato dimostrato in 500 anni di tentativi di sterminio”.

    L’esercito messicano ha costruito buona parte del tracciato ferroviario. I militari hanno anche il compito di amministrare il treno e di incassare i suoi introiti, di gestire sei hotel di lusso che sono stati costruiti nei pressi delle stazioni e alcuni aeroporti. La Penisola dello Yucatán è stata quindi militarizzata, con grande preoccupazione di parte dei suoi abitanti, visto che le statistiche mostrano che la presenza dei soldati porta un aumento delle denunce di violazione ai diritti umani. “I militari ora pattugliano con le armi in vista anche Bacalar, malgrado non esistano particolari problemi di sicurezza -racconta Aldair T’uut’, membro dell’Asamblea de defensores del territorio maya múuch’ xíinbal-. Godono di totale impunità, non solo quando violano i diritti umani, ma anche quando distruggono l’ambiente: stanno tagliando le mangrovie, deforestando la selva e cementificando cenotes, ma non riceveranno nessuna sanzione per questo”.

    Come in altre cittadine della regione, a Bacalar una delle maggiori preoccupazioni riguarda l’assenza di impianti di depurazione e di un adeguato sistema di trattamento dei rifiuti. L’espansione turistica, che nei dieci anni prima della pandemia è stata del 800%, ha già cambiato il tono delle acque della sua laguna, che è sempre più verde e marrone. Da villaggetto, Bacalar è diventato paese e la riviera della laguna è stata quasi totalmente privatizzata. Ai suoi abitanti, che lavorano in gran parte nel settore turistico, sono rimasti solo un paio di moli da cui nel fine settimana si possono tuffare.

    https://altreconomia.it/il-saccheggio-ambientale-e-culturale-del-treno-maya-in-messico

    #tourisme #Mexique #environnement #train #chemin_de_fer #culture #destruction #saccage #Treno_Maya #Yucatán #Train_Interocéanique #peuples_autochtones #forêt #biodiversité #cenotes #maya

    • Cette « info » fait le buzz sur les RS : les israéliens obtiennent les organes qui manquent aux malades français (sous la forme : "Les organes des citoyens français envoyés en Israel ", mais ce n’est qu’un exemple entre mille). Un texte "méconnu" le démontre.
      Sans avoir pu vérifier ce qu’il en est du texte évoqué, il doit s’agir d’une disposition permettant à une personne vivant ici de donner ici un organe à destination d’une personne proche se trouvant en Israël.

      https://www.service-public.fr/particuliers/vosdroits/F182#:~:text=Don%20au%20sein%20de%20la,Son%20frère%20ou%20sa%20sœur

      Occasion de se souvenir que les organes destinés à être transplantés sont prélevés sur des vivants (on lisait ici il y a peu un communiqué s’inquiétant des vols d’organes de cadavres palestiniens commis par les israéliens...)

      Depuis le Moyen-âge, on sait que « les juifs volent les enfants pour des meurtres rituels ». À l’heure de la technoscience, il est logique qu’ils volent la nouvelle naissance qu’est la sortie d’une maladie mortelle grâce à une greffe, etc.. Depuis le XIXe, on sait que la nation risque d’être enjuivée à force d’intégrer des citoyens qui n’en sont pas. Il est donc logique qu’à lire le nom de Simone Veil, etc.

      #antisémitisme

      edit des éléments que l’on peut espérer mieux établis sur l’utilisation par Israël de cadavres de toute provenance en école de médecine, et sur la gestion israélienne du corps d’une partie des palestiniens tués ou morts en détention
      https://seenthis.net/messages/1029191

      #cadavre #personne #morts #sacralité #religion

  • Caricatural, ultra-politisé : le grand n’importe quoi du nouveau #musée_d'Histoire de #Lyon

    Nous avons visité la nouvelle #exposition_permanente du #musée niché dans le vieux Lyon : un parcours déroutant, regorgeant de lacunes, défendant une vision de l’#histoire_engagée et surtout trompeuse.

    Le jour de notre visite, un dossier de presse le martèle, en #écriture_inclusive : le nouveau parcours du musée d’Histoire de Lyon, qui achevait samedi 2 décembre une réorganisation commencée en 2019, a été « co-construit », aussi bien avec des « expert.es » que des témoins et… « témouines », citoyens anonymes de Lyon. Une des conceptrices du musée le détaille : « On est allé en ville, on a posé des questions aux passants, à des jeunes qui faisaient du skate pour leur demander leur récit de la ville ». Un postulat de départ qui fait sourire autant qu’il inquiète et augure du sentiment qu’on éprouvera pendant toute la visite.

    Celle-ci tient par-dessus tout à s’éloigner de la si décriée approche chronologique. Une première salle « questionne » donc la ville, exposant pêle-mêle des objets touristiques ou sportifs récents (maillot de foot), sans enseignement apparent. Il faudra s’y faire : l’histoire n’est pas vraiment au centre du musée d’histoire. La fondation de la ville est évoquée au détour d’un panneau sur lequel un Lyonnais de l’Antiquité exhibe sa… Rolex. Une farce assumée par le musée, dont les guides nous préviennent que les anachronismes fleuriront tout au long des salles. On se mettrait à rire si le musée n’était pas destiné aux enfants aussi bien qu’aux adultes, avec la confusion que ces erreurs assumées entraîneront chez les premiers.
    L’homme blanc quasi absent de... l’industrie lyonnaise

    Les salles, justement, sont magnifiques dans cet hôtel de Gadagne, bâti au XVIe siècle. Mais l’architecture des lieux ne semble pas devoir nous intéresser : un tout petit cartel pour présenter une cheminée monumentale, puis plus rien. Les objets historiques sont rares et s’effacent au profit de montages photographiques et de récits (tous en écriture inclusive bien sûr) de quatre personnages fictifs censés raconter la ville : trois femmes nées à différents siècles, et Saïd, ouvrier devenu bénévole associatif. À l’étage suivant, une pirogue-vivier datée de 1540 trône quand même, dans une ambiance bleutée : c’est la partie consacrée au Rhône et à la Saône. Quelques (beaux) tableaux figurant des scènes de vie des deux fleuves sont exposés... à quelques centimètres du sol : cette seconde partie est dédiée aux enfants de cinq ans et l’on apprend que deux groupes de maternelle ont été consultés pour la concevoir. Des jeux ont été élaborés avec eux, « sans mauvaise réponse pour ne pas être moralisateurs » et parce que le musée est un avant tout un lieu d’amusement. Nous commençons à le croire.

    La suite de l’exposition permanente, qui aborde le sujet de l’industrie lyonnaise, prend toutefois un tour nettement plus désagréable, voire odieux. Voyons bien ce que nous voyons : une absence quasi totale de référence aux ouvriers masculins et blancs. Un métier à tisser inanimé constitue la seule preuve tangible de l’existence des canuts et une salopette vide accrochée au mur figure le prolétariat du XXe siècle. Une véritable provocation car les ouvrières sont elles bien mises en avant, et surtout les travailleurs immigrés. Le directeur, Xavier de La Selle, avait prévenu : « Le concept de Lyonnais de souche n’a aucun sens. » Un visiteur manquant de recul sortira de cette pièce convaincu que la ville n’a été construite que par le travail de femmes et de maghrébins. Le prisme social de l’histoire aurait pu présenter ici un réel intérêt : il est manipulé pour servir une vision politique qu’on ne peut qualifier autrement que de délirante.

    Et nous ne sommes pas au bout de ce délire : la dernière partie, celle qui vient d’être révélée au public, porte sur les « engagements » des Lyonnais. On entre ici dans un bric-à-brac stupéfiant, synthèse gauchiste assumée faisant de l’histoire politique de Lyon une sorte de grande convergence des luttes. Sur les murs et dans les vitrines, des nuages de mots à peu près tous synonymes de rébellion, des pancartes féministes, un haut-parleur, et même un objet sordide : un fait-tout utilisé par une avorteuse locale, célèbre semble-t-il, qui y stérilisait ses ustensiles médicaux mais y cuisait aussi ses pâtes. Le père Delorme, prêtre connu pour avoir organisé en 1983 une grande marche contre le racisme, est abondamment glorifié. Rappelons qu’en matière de religion, le musée ne nous a toujours pas expliqué pourquoi et quand fut construite la basilique de Fourvière ! L’autre référence au catholicisme dans la ville est celle du Sac de Lyon par les calvinistes, une œuvre de bois peint de 1565 décrivant des scènes de pillage, un bûcher d’objets liturgiques, des moines chassés. Son intérêt historique est toutefois anéanti par le commentaire de notre guide, qui n’y voit « pas du tout une scène violente ».

    Désacralisation du savoir

    À ce stade, le musée d’Histoire de Lyon réussit son pari : il n’est plus qu’un divertissement. On aborde une salle qui couvre à rebours la crise algérienne, la Seconde Guerre mondiale et enfin la Révolution. Cette dernière ne fait l’objet que d’un panneau succinct. Le musée est-il ennuyé de devoir évoquer plus en détail les tendances contre-révolutionnaires de Lyon ? À propos de Joseph Chalier, qui avait mis en place une dictature sanguinaire dans la ville avant d’être renversé par le peuple en 1793, un commentaire : « Certains l’ont considéré comme un martyr de la liberté. » L’homme avait commandé la première guillotine à Lyon et préconisait de l’installer sur le pont Morand afin que « les têtes tombent directement dans le Rhône »... Le principal historien consulté sur cette époque, Paul Chopelin, est entre autres fonctions président de la Société des études robespierristes. Enfin, une galerie des grandes figures de l’histoire lyonnaise conclut ce drôle de parcours. Miracle : il s’y trouve presque autant de femmes que d’hommes. Quitte à ce que la première conseillère municipale féminine y tienne la même place qu’Édouard Herriot, maire pendant près d’un demi-siècle. Pas de portrait de Raymond Barre en revanche, mais une lettre anonyme fièrement disposée, le qualifiant de « peu regretté [maire], qui de toute sa carrière s’est bien peu occupé du sort de ceux que son système économique met de côté ».

    Tirons un bilan positif : il n’est pas donné à tout amateur d’histoire d’expérimenter une telle distorsion, une telle désacralisation du savoir. Aux inventions « pédagogiques » en vogue, pour certaines réussies mais souvent inutiles, le musée d’histoire de Lyon ajoute un militantisme qui laisse pantois, et ignore des pans entiers de l’histoire lyonnaise, ne faisant qu’effleurer le reste. L’équipe du musée est certes enthousiaste, convaincue de bien faire, mais s’est méprise sur la notion d’engagement. Plus qu’une déception, pour une structure qui emploie 50 personnes (et exploite aussi un musée de la marionnette et de guignol, peut-être moins amusant) avec un budget annuel d’environ 3 millions d’euros. Son projet scientifique et culturel, validé par l’État, bénéficie du plein soutien de l’actuelle mairie : le maire Grégory Doucet (EELV) se dit ainsi « admiratif du travail colossal » des équipes du musée d’une ville « profondément humaine, tissée par les lumières du monde ». Un tissu, oui, mais pas vraiment de lumière.

    https://www.lefigaro.fr/histoire/mensonger-ultra-politise-le-grand-n-importe-quoi-du-nouveau-musee-d-histoir

    Mots-clé tirés de l’article et de la vidéo :
    #wokisme #woke #révolution_culturelle_woke #intersectionnalité #affaire_de_Grenoble #militantisme #militants_extrémistes #ségrégationnisme #séparatisme #pride_radicale #non-mixité #genre #panique_morale #anti-wokisme #universalisme #universités #culture #films #imaginaire #civilisation_occidentale #industrie_lyonnaise #woke-washing #engagement #père_Delorme #1983 #Marche_pour_l'égalité_et_contre_le_racisme #planning_familial #catholicisme #racisme_systémique #Sac_de_Lyon #divertissement #Joseph_Chalier #histoire #Paul_Chopelin #militantisme

    Les invité·es :

    1. #Nora_Bussigny, autrice de ce #livre :
    Les Nouveaux Inquisiteurs


    https://www.albin-michel.fr/les-nouveaux-inquisiteurs-9782226476951

    2. #Pierre_Valentin, auteur de ce livre :
    L’#idéologie_woke. Anatomie du wokisme


    https://www.fondapol.org/etude/lideologie-woke-1-anatomie-du-wokisme

    3. #Samuel_Fitoussi :
    https://www.wikiberal.org/wiki/Samuel_Fitoussi
    (et je découvre au même temps « wikilibéral »)
    –-> qui parle notamment du film #Barbie (min 18’30)

    https://www.fondapol.org/etude/lideologie-woke-1-anatomie-du-wokisme

  • En finir avec la #taxe #copie_privée
    https://framablog.org/2023/11/29/en-finir-avec-la-taxe-copie-privee

    Inspiré par le récent débat auquel il a participé dans la dernière édition d’Au café libre dans l’émission Libre à vous ! de l’April, Gee nous propose cette semaine un point sur la fameuse « taxe copie privée ». En finir avec la … Lire la suite­­

    #Communs_culturels #Lecture #Hadopi #Partage #piratage #sacem

  • Carte des saccages des JOP 2024 - La Grappe
    https://lagrappe.info/?Carte-des-saccages-des-JOP-2024-462

    Pourquoi cette carte ?

    Les Jeux Olympiques et Paralympiques (JOP) sont très complexes : ils transforment des quartiers, des villes, parfois des régions. Leurs impacts sociaux et écologiques sont multiples et souvent liés à d’autres grands projets d’aménagement. Cette carte a donc été créée parce que beaucoup de gens nous disent qu’iels ont du mal à se représenter les conséquences des JOP. On pense qu’elle est nécessaire, parce que les cartes et visuels produits par celleux qui organisent les JOP 2024 et réalisent leurs aménagements ne permettent pas de bien comprendre ce qui est construit, où, quelles activités y auront lieu, qui n’y sera pas bienvenu·e. Ces images cachent aussi tout ce qui vient avec les JOP : gentrification, surveillance, gâchis d’argent public, mauvaises conditions de travail sur les chantiers, expulsions des plus pauvres, urbanisation d’espaces naturels, emplois précaires, etc. On voudrait donc que cette carte soit un outil militant, une contre-carte qui donne la parole aux collectifs, aux personnes, aux lieux concernés, et propose un récit alternatif à celui de l’État, des collectivités, des sponsors et des entreprises de construction.

    #jeux_olympiques #grands_projets #GPII #cartographie #cartographie_radicale #urbanisme

    cc @reka @cdb_77

  • : #Stig_Dagerman, écrivain anarchiste
    https://www.partage-noir.fr/litterature-stig-dagerman-ecrivain-anarchiste

    Peu de gens savent que le célèbre écrivain suédois était aussi un anarchiste. Stig Dagerman, né en 1923, est l’auteur de plusieurs chef-d’œuvre de la littérature comme Le Serpent ou L’Enfant brûlé, Appartenant à une génération qui a connu la neutralité suédoise pendant la Seconde Guerre mondiale, il exprime une profonde angoisse jointe à un sentiment de culpabilité. Une partie de son œuvre est un peu une réponse au prétendu « miracle suédois ». Dagerman était aussi anarcho-syndicaliste. Son père l’avait très tôt amené aux réunions du mouvement et son beau-père appartenait au mouvement anarchiste allemand. Mais, celle filiation n’est pas la seule raison de son engagement : Dagerman était anarchiste. li est temps que l’on accepte, en France, cette vérité sur laquelle on a plus ou moins fermé les yeux jusqu’à (...)

    #Le_Monde_libertaire_n°_640_du_4_décembre_1986 #Suède #SAC_Suède_
    https://www.partage-noir.fr/IMG/pdf/ml0640_1986-4-dec.pdf

  • #Premier_de_corvée

    Malgré deux emplois dans la #restauration et la #livraison, la vie hors des radars d’un travailleur clandestin malien. Un documentaire qui raconte par l’exemple les #luttes des sans-papiers en France, estimés à près de 700 000, pour de meilleures conditions d’existence.

    Depuis son arrivée en France en 2018, Makan cumule deux boulots : plongeur dans une brasserie chic près des Champs-Élysées et livreur à vélo. Solitaire et sacrifiée, la vie de ce Malien de 35 ans est tout entière dédiée au travail, qui lui permet de subvenir aux besoins de sa famille restée au pays, une femme et des enfants qu’il n’a pas vus depuis bientôt quatre ans. « On n’est pas venu ici pour prendre des photos de la tour Eiffel. On est venu ici pour bosser. Ta famille est dans la merde, toi aussi t’es dans la merde », confie-t-il. Comme des centaines de milliers d’autres personnes en France, cantonnées aux #marges de la société alors qu’ils font tourner des pans entiers de l’#économie, Makan est sans-papiers. Il espère sortir de la #clandestinité et, en attendant, « reste dans [son] coin », effectuant avec courage ces métiers ingrats que seule une main-d’oeuvre précaire accepte désormais. « Si les immigrés ne se présentaient pas, je ne sais pas qui prendrait leur place », reconnaît sans ciller sa cheffe de cuisine. En attendant, Makan se demande pourquoi sa vie reste si difficile en France, « le pays des droits »...

    Existences invisibles
    Entre spleen et courage, le documentaire suit le quotidien d’un travailleur sans-papiers dans sa quête de régularisation, précieux sésame qui lui permettrait de se rendre dans son pays natal pour revoir ses proches qui subsistent grâce à son sacrifice. Aidé notamment par des militants syndicaux de la #CGT, Makan, qui tente de sortir de l’ornière administrative où il s’est enlisé, a rejoint la #lutte de ceux qui se mettent en grève pour obtenir de meilleures #conditions_de_travail. Mettant en lumière ces « premiers de corvées » condamnés à mener des existences invisibles (ils seraient près de 700 000 en France), ce film révèle sans misérabilisme le vécu intime de l’exil, de la clandestinité et de l’#abnégation.

    https://www.arte.tv/fr/videos/107817-000-A/premier-de-corvee
    https://www.film-documentaire.fr/4DACTION/w_fiche_film/68753_0
    #film #documentaire #film_documentaire #sans-papiers #travail #migrations #régularisation #France #logement #travailleurs_sans-papiers #sacrifice #déqualification #syndicat #grève

    ici aussi (via @kassem) :
    https://seenthis.net/messages/1006257

  • 21-22 octobre - STOP A69 - Les Soulèvements de la Terre appellent à rejoindre la mobilisation nationale pour bloquer les chantiers en cours

    https://lessoulevementsdelaterre.org/blog/stop-a69-mobilisation-nationale-pour-bloquer-les-chantiers

    La bataille de l’A69 sera décisive pour les terres du Tarn et pour toutes celles que le bitume menace. Elle appelle une mobilisation massive les 21 et 22 octobre.

    Le 22-23 avril dernier, nous étions des milliers à confluer dans la région Toulousaine pour « Sortie de route », la première mobilisation hexagonale d’ampleur contre l’A69. A l’appel des Soulèvements de la terre, du collectif local « La voie est libre » et de nombreuses organisations, nous avions muré la 4 voies pour marquer notre détermination à empêcher les travaux et enterrer ce projet d’un autre âge.

    Cette autoroute inutile est en passe de ravager irrémédiablement plus de 400 hectares de terres. Malgré les recours juridiques encore en cours d’examen, l’État refuse d’attendre et donne encore et toujours la priorité aux intérêts privés de NGE, Vinci et de Pierre Fabre. Il a décidé de s’asseoir sur l’avis négatif du Conseil pour la Protection de la Nature, sur les 90 % d’avis négatifs sur 6 266 déposés à l’enquête publique environnementale, sur celui plus de 200 scientifiques dont des membres du Giec, et de déclencher les hostilités.

    Depuis plusieurs semaines, les travaux ont ainsi commencés. 120 paysan.nes refusant de partir sont expropriées. Les pelleteuses ravagent terres arables, collines et zones humides. Les machines détruisent le paysage et l’habitat d’une multitude d’espèces animales et végétales. Elles abattent en quelques secondes des arbres centenaires. Mais il est encore temps d’agir ! Il est urgent de confluer de toute la France pour rejoindre et appuyer de toutes nos forces celles et ceux qui – sur place – s’organisent pour stopper immédiatement ces destructions irréversibles

    Sur place la résistance s’organise. Diverses actions de blocage et de désarmement d’engins ont eu lieu ces derniers mois sur les chantiers. Certain·es campent dans les arbres pour ralentir les abattages. D’autres préparent d’arrache-pied la mobilisation des 21 et 22 octobre prochains, dans le cadre d’une suite d’actions de la « déroute des route » au niveau national et à l’appel d’un ensemble de collectifs engagés de longue date dans le combat (lien). D’autres encore font la grève de la faim depuis plusieurs semaines, sont pour ceratines dans une situation physique déjà critique et trois d’entre elle ont annoncé le 4 octobre entrer dans une grève de la soif lundi si les chantiers n’étaient pas suspendus.

    Clément Beaune a récemment annoncé l’abandon imminent de certains projets routiers – sans dire lesquels – tout en maintenant l’un des plus gros : l’A69. Après avoir reçu le 3 octobre des représentant·es de La Voie Est Libre et du GNSA, la présidente de région Carole Delga a affirmé quant à elle qu’il n’ y avait aucune autre alternative que la poursuite des chantiers. Une fois de plus, l’État fonce dans le mur coûte que coûte..

    Mettons leur la pression. La bataille de l’A69 sera décisive pour les terres du Tarn et pour toutes celles que le bitume menace. Elle appelle une mobilisation massive les 21 et 22 octobre. Depuis l’interlude et l’intercomité des Soulèvements de la Terre du 30 septembre, nous avons décidé de la rejoindre et de démarrer ainsi la saison 6 des Soulèvements de la Terre. Ensemble, faisons de ce week-end là le point culminant de la campagne pour « la déroute des routes ».

    Nous le savons, ce dont nous avons besoin, ce n’est pas de plus de routes, c’est de protéger les terres agricoles, les espaces naturels menacés, et de mettre fin à l’expansion continue du traffic de marchandises. Le bouleversement climatique et l’effondrement de la biodiversité exigent, a minima, un moratoire sur l’ensemble des projets routiers en France et de réfléchir en profondeur à nos besoins réels. Si l’État refuse de nous entendre, nous l’appliquerons nous-mêmes en nous opposant partout physiquement aux chantiers.

    Alors, retrouvons nous tous et toutes dans la région de Castres-Toulouse le 21 et 22 octobre prochain. Ramenez de quoi camper sur place, résister aux travaux, grimper dans les arbres... Imaginons ensemble de multiples stratégies pour défendre les terres en bloquant les travaux. Soyons nombreux·ses et déterminé·es pour leur barrer la route !

    #slt

  • Painkiller and Dopesick Tell The Same Story Very Differently
    https://www.cbr.com/netflix-painkiller-dopesick-same-story

    In contrast with the similarities between the two shows, it’s their differences that allow them to demonstrate to audiences the impact of OxyContin more broadly. Dopesick’s focus on the case brought by U.S. Attorney for the Western District of Virginia John L. Brownlee and his Assistant U.S. Attorneys, Randy Ramsayer and Rick Mountcastle, gives viewers a look at how OxyContin got to the market and the legal implications of Purdue Pharma’s choices. The amount of time spent with Dr. Finnix also showcases for viewers how easily doctors were swayed in the name of helping their patients who were in pain, and the show’s finale manages to be both optimistic and realistic.

    Painkiller, on the other hand, doesn’t just dive deeper with characters like Glen and Shannon, it also spends more time on the history of the Sackler family and the development of OxyContin. These moments are narrated in flashbacks by Edie Flowers, a former attorney played with quiet strength by Uzo Aduba, which gives them a composed feeling that seems to merge fiction and non-fiction. Additionally, it is Clark Gregg’s eerie and angry portrayal of the deceased Arthur Sackler, who spends most of his time speaking to Broderick’s Richard Sackler, that really ups the ante on how unbalanced the Sackler family seems to be.

    No matter which show viewers watch or prefer, both Dopesick and Painkiller make for important television that amplifies the stories of the hundreds of thousands of people across the United States who have been impacted by OxyContin and the opioid epidemic. Though similar in nature, it is their differences that make them each valuable to the discourse.

    #Dopesick #Painkiller #Sackler #Opioides #Séries_tv

  • Les ouvriers sans-papiers sur les chantiers, la face sombre des JO de Paris Raphaël Grand - RTS

    Dans moins d’un an, Paris accueillera les Jeux olympiques et paralympiques d’été. La France promet des joutes exemplaires. Mais des ouvriers sans-papiers ont été identifiés sur les chantiers, embarrassant les autorités. Mise au Point a mené l’enquête.

    « Les yeux du monde vont être rivés sur Paris. On veut montrer qu’on peut faire du plus grand événement du monde un événement responsable et en lien avec son époque. » Pierre Rabadan, adjoint à la Mairie de Paris en charge des Jeux olympiques et paralympiques, a rappelé dimanche dans Mise au Point la volonté d’exemplarité affichée par les autorités françaises.

    « Tout le monde le sait, mais personne n’en parle, parce que ça les arrange. Tu travailles, tu fais ce qu’ils te demandent de faire. Sinon tu prends tes affaires et ils mettent quelqu’un d’autre à ta place », témoigne ainsi Cempara* devant les caméras de la RTS.

    Une question taboue
    Livrer les ouvrages à temps pour les Jeux olympiques est une véritable course contre la montre. « C’est le plus grand chantier monosite d’Europe. C’est absolument hors normes quand on regarde la vitesse d’exécution », témoigne Antoine du Souich, directeur de la stratégie et de l’innovation pour la SOLIDEO, la Société de livraison des ouvrages olympiques. Conséquence, pour livrer ce projet dans les temps, il faut beaucoup de main d’œuvre.

    Dans une antenne locale de la CGT à Bobigny, l’un des plus grands syndicats de France, où s’organisent plusieurs fois par mois des permanences pour travailleurs sans-papiers, la RTS a rencontré plusieurs ouvriers employés sur les chantiers des JO. Mais la situation des uns et des autres reste taboue.

    « Personne ne demande à son collègue s’il a un papier ou non. On ne parle jamais de ça sur les chantiers. Entre nous, on dit que c’est un code. Ils m’ont recruté comme manœuvre, mais on fait tout sur le chantier : nettoyage, rangement, marteau-piqueur, maçonnerie, tout… Tu as plein de choses à faire », témoigne Cempara*.
    Ils profitent de nous, vraiment, ça fait mal. Nous aussi on travaille sans-papiers, on est comme au Qatar
    Gaye*, travailleur sans-papiers sur les chantiers de jeux Olympiques de Paris

    Et pour être embauché sur les chantiers, Cempara a utilisé un alias, en louant une identité légale. « C’est un business. C’est un faux nom que j’ai fourni pour avoir le badge sans lequel tu ne peux pas rentrer sur le chantier. Je pointe comme tout le monde, il n’y a pas de différence si tu as ce badge », explique-t-il.

    Ces ouvriers parfois sans contrat, engagés sous de fausses identités, sont difficiles à détecter. « Quand on a su que Paris avait été désigné pour accueillir les Jeux olympiques, on s’est dit que ça allait nous faire du travail », explique Jean-Albert Guidou, secrétaire général de la CGT à Bobigny.

    Dénoncé, puis renvoyé
    Du travail, Gaye en a trouvé dans un premier temps sur les chantiers. Il maniait le marteau piqueur et coulait le béton. Un moyen de gagner un peu d’argent, qu’il envoyait à sa famille restée au Mali. « Quand je travaillais huit heures, je gagnais 80 euros. Mais je travaillais aussi 10, 12 heures, toujours pour 80 euros. Il n’y a pas d’heures supplémentaires et quand tu expliques ça au patron, il te répond : ’si tu veux travailler, tu travailles, sinon tu peux t’en aller et on va appeler une autre personne’. Il sait qu’il y a plein de sans-papiers… Ils profitent de nous, ça fait mal. Nous aussi on travaille sans papiers, on est comme au Qatar », compare-t-il.

    C’est ce que j’appelle de la ’chair à chantier’. Ils ne sont pas déclarés, n’ont pas de cotisations sociales, pas de congés payés... Il y a du travail : tu bosses. Il n’y a plus de travail, tu restes chez toi et tu n’es pas payé
    Jean-Albert Guidou, secrétaire général de la CGT à Bobigny

    Gaye a fini par perdre son travail sur les chantiers des JO après une dénonciation par l’inspection du travail. Son patron l’a renvoyé, il est aujourd’hui sans-papiers et sans emploi. « Il n’est pas trafiquant, il n’est pas dans un réseau. Il n’est qu’un ouvrier qui travaillait depuis des années sur les chantiers, en train de se fatiguer la vie », le défend Jean-Albert Guidou.

    « C’est ce que j’appelle de la ’chair à chantier’. Ils ne sont pas déclarés, n’ont pas de cotisations sociales, pas de congés payés... Il y a du travail : tu bosses. Il n’y a plus de travail, tu restes chez toi et tu n’es pas payé. La personne est interchangeable. Si elle a un accident, on prend la voiture, on la dépose deux kilomètres plus loin et on lui dit de se débrouiller toute seule, sans dire que c’est un accident de travail, ni pour qui elle travaille », raconte le secrétaire général de la CGT à Bobigny.

    Des boîtes aux lettres vides
    Il est difficile de savoir pour qui ces personnes travaillent. Mais la SOLIDEO confirme la présence de travailleurs sans-papiers au cœur des sites olympiques sur des chantiers où se côtoient jusqu’à 3500 ouvriers. « On a été surpris de voir du travail illégal sur nos chantiers, même si on sait que c’est une pratique qui a cours. Il y a plus de 2000 entreprises mobilisées sur les ouvrages olympiques, mais l’immense majorité ne triche pas. On a sanctionné les quatre ou cinq entreprises pour lesquelles on a constaté des manquements au droit et on a amplifié les contrôles », explique Antoine du Souich.

    Selon Solideo, la société qui chapeaute les chantiers olympiques, seules 4 à 5 entreprises sur 2000 ont été épinglées pour travail illégal. [RTS]

    Contrôler et punir les tricheurs, la tâche est complexe. Car derrière les grands noms de la construction se cachent une myriade de petites entreprise sous-traitantes qui proposent de la main d’œuvre bon marché. Mise au Point a cherché en vain à rencontrer ces patrons qui emploient des travailleurs sans-papiers. Mais les adresses des entreprises épinglées par l’inspection du travail mènent en banlieue, devant des locaux vides et de simples boîtes aux lettres. Il est donc impossible d’atteindre ces entreprises fantômes, ni de savoir combien ils sont encore à travailler sans-papiers sur les chantiers.

    Mais des lueurs d’espoir existent : Cempara et Gaye sont par exemple désormais en procédure de régularisation. Et ils ont assigné en justice plusieurs géants de la construction, pour ne plus rester dans l’ombre de la flamme olympique.

    #travail #ps #anne_hidalgo #hidalgo #ouvriers #chantiers #sans-papiers #immobilier #béton #Paris #saccageparis #ville_de_paris #jo #jeux_olympiques #JO2024 #paris2024 #clandestinité #migrants

    Source : https://www.rts.ch/info/monde/14303366-les-ouvriers-sanspapiers-sur-les-chantiers-la-face-sombre-des-jo-de-par

  • Paris : les réverbères de l’esplanade des Invalides ont-ils été « détruits » en vue des Jeux olympiques ? La Tribune de l’Art - Le Parisien . . .

    Alors qu’une vidéo de candélabres couchés sur l’esplanade du VIIe arrondissement circule sur les réseaux sociaux, la mairie de Paris dément et condamne les « mystifications » de plus en plus nombreuses dès lors que des aménagements sont réalisés dans le cadre des Jeux de Paris 2024.


    Ils accompagnent les badauds depuis le pont Alexandre-III jusqu’à l’hôtel des Invalides (VIIe). Les réverbères de l’avenue du Maréchal-Gallieni font partie du patrimoine parisien, éclairant à la nuit tombée cet axe très fréquenté par les touristes de la capitale. Mais ces mâts faits d’acier ont-ils été détruits ?
    Vidéo : https://twitter.com/ReaActuelle/status/1695746092405604430
    _ ( Malgré les dénis officiels. Pourquoi les démonter ? )
    C’est ce que sous-entendent plusieurs membres du collectif Saccage Paris qui relaient sur les réseaux sociaux une vidéo tournée, comme la publication récente le laisse à penser, fin août, mais sans aucune certitude sur cette date. Sur les images, les lampadaires sont déboulonnés et couchés au sol.
    . . . . . .
    La suite : https://www.latribunedelart.com/esplanade-des-invalides-et-champ-de-mars-etude-de-cas-de-desinforma

    #vandalisme #destruction #dénaturation #saccage #ps #anne_hidalgo #hidalgo #bêtise #immobilier #béton #Paris #saccageparis #ville_de_paris #ville #dénaturations #jo #jeux_olympiques #JO2024 #paris2024

    Autre sources : https://www.leparisien.fr/paris-75/paris-les-reverberes-de-lesplanade-des-invalides-ont-ils-ete-detruits-en-

  • Supreme Court Pauses Purdue Pharma Opioid Settlement Pending Review - The New York Times
    https://www.nytimes.com/2023/08/10/us/supreme-court-purdue-pharma-opioid-settlement.html?nl=todaysheadlines&emc=e

    The Supreme Court on Thursday temporarily blocked a bankruptcy deal for Purdue Pharma that would have shielded members of the billionaire Sackler family, which once controlled the company, from additional civil lawsuits over the opioid epidemic and that capped the Sacklers’ personal liability at $6 billion.

    The order is likely to delay any payments to the thousands of plaintiffs who have sued the Sacklers and Purdue, the maker of the prescription painkiller OxyContin, which is widely blamed for igniting the opioid crisis. Under the deal, the Sacklers had agreed to pay billions to plaintiffs in exchange for full immunity from all civil legal disputes.

    That is because the Purdue agreement involves a popular but controversial practice: resolving lawsuits about mass injuries through bankruptcy courts, rather than allowing the cases to make their way through the traditional court system. In many of these agreements, third parties — in this instance, the Sacklers — are shielded from liability without being required to declare bankruptcy.

    “What are the Sacklers getting out of this?” said Lindsey Simon, an associate professor at Emory University School of Law and a bankruptcy expert. “They’re getting one deal to be done. Whereas if they didn’t get it, individuals could still sue them forever.”

    Put simply, Ms. Simon said, “they get all the benefit with none of the costs.”

    “They’re taking on a question that’s literally the basis for billions of dollars in mass torts, from cases involving not just opioids, but the Boy Scouts, wildfires and allegations of sexual abuse in the church diocese — where third parties get a benefit from a bankruptcy they themselves aren’t going through,” said Adam Zimmerman, a law professor at the University of Southern California.

    Experts cited Johnson & Johnson, which has sought to use bankruptcy court to resolve mass claims about its talcum-based baby powder.

    The company faces about 40,000 lawsuits that have been on hold since 2021 over allegations that the powder contained asbestos and caused ovarian cancer. The company denies those allegations, and has said it needs the bankruptcy process to resolve current and future lawsuits.

    Although companies routinely seek bankruptcy protection to be shielded from legal claims, this particular agreement was unusual because it extended liability protection to the company’s owners. Sackler family members have said they would not sign on to a settlement without an agreement protecting them from lawsuits.

    The Supreme Court has been skeptical of some aggressive litigation tactics, notably in cases involving class actions and patents, suggesting that it may be wary of allowing bankruptcy courts to provide legal immunity to rich and powerful people accused of grave wrongdoing who have not themselves declared bankruptcy.

    #Opioides #Sackler #Responsabilité

  • Who is Richard Sackler and where is he now? Details explored ahead of Netflix’s Painkiller
    https://www.sportskeeda.com/pop-culture/who-richard-sackler-now-details-explored-ahead-netflix-s-painkiller

    “Painkiller, a fictionalized telling of real events, explores some of the origins and aftermath of the opioid crisis in America, highlighting the stories of perpetrators, victims, and truth-seekers whose lives are forever altered by the invention of OxyContin.”

    #opioides #Sackler #Painkiller

  • Sacco et Vanzetti, la justice aux ordres de l’Etat
    https://www.partage-noir.fr/sacco-et-vanzetti-la-justice-aux-ordres-de-l-etat


    ❝Evoquer l’affaire Sacco et Vanzetti sans la situer dans son contexte, c’est omettre de mentionner les éléments qui ont permis à un banal fait divers de devenir un enjeu politique interna­tional. Jamais, en effet, les noms de ces deux hommes ne seraient parve­nus jusqu’à nous si #Nicola_Sacco et #Bartolomeo_Vanzetti, n’avaient été deux ouvriers immigrés, militants anarchistes, dans l’Amérique des années 20. #Itinéraire_-_Une_vie,_une_pensée n°2 : « Sacco et Vanzetti »

    #Nicola_Sacco #Bartolomeo_Vanzetti #Etats-Unis #Itinéraire #Sacco_et_Vanzetti #anarlivres
    https://www.partage-noir.fr/IMG/pdf/itineraire_saccovanzetti2.pdf

  • Opioïdes : La famille Sackler paiera 6 milliards de $ pour éviter des poursuites civiles JTA - Time of israel

    Une décision de la cour d’appel fédérale américaine protège la famille juive propriétaire de Purdue Pharma et permet à l’entreprise d’indemniser les victimes et leurs familles

    La famille Sackler, les milliardaires juifs dont la commercialisation de l’antidouleur OxyContin a alimenté le phénomène de l’épidémie d’opioïdes aux États-Unis, bénéficiera d’une immunité totale contre Purdue Pharma, leur société, en échange d’allocation de fonds, pouvant aller jusqu’à 6 milliards de dollars, à des programmes de traitement et de prévention de la toxicomanie.

    La décision d’une cour d’appel fédérale mardi d’accorder l’immunité met effectivement fin aux milliers de poursuites civiles qui ont été intentées contre Purdue Pharma en raison des décès dus aux opioïdes.

    Selon le plan approuvé mardi par la deuxième cour d’appel fédérale de New York, les membres de la riche famille Sackler céderaient la propriété de Purdue, basée à Stamford, dans le Connecticut, qui deviendrait une nouvelle société connue sous le nom de Knoa, dont les bénéfices seraient versés à un fonds destiné à prévenir et à traiter les dépendances.


    Illustration : Sur cette photo du 17 août 2018, proches et amis de victimes de l’OxyContin et d’opioïdes déposent des flacons de pilules en signe de protestation devant le siège social de Purdue Pharma, qui appartient à la famille Sackler, à Stamford, dans le Connecticut. (Crédit : AP Photo/Jessica Hill)

    Les membres de la famille contribueraient également à hauteur de 5,5 à 6 milliards de dollars en espèces au fil du temps, soit environ la moitié de ce que le tribunal a estimé être leur fortune collective, dont une grande partie est détenue à l’étranger. Une grande partie de cet argent – au moins 750 millions de dollars – ira aux victimes individuelles de la crise des opioïdes et à leurs survivants. Les paiements devraient s’échelonner entre 3 500 et 48 000 dollars.

    La décision de mardi protège également les membres de la famille Sackler contre les poursuites judiciaires liées aux effets des opioïdes, même s’ils n’ont pas déposé le bilan.


    Des personnes ayant perdu des proches à cause des opioïdes manifestent devant le musée Arthur M. Sackler, à l’université de Harvard, dans le Massachusetts, le 12 avril 2019. (Crédit : AP Photo/Josh Reynolds, Archives)

    Ces protections sont au cœur de l’accord proposé qui mettrait fin aux plaintes déposées par des milliers d’États, de collectivités locales, de gouvernements tribaux amérindiens et d’autres entités. Les membres de la famille Sackler ont clairement indiqué que sans ces protections, ils ne respecteraient pas leur part de l’accord.

    L’accord n’accorde pas aux membres de la famille Sackler l’immunité contre d’éventuelles poursuites pénales.

    « C’est un grand jour pour les victimes, dont certaines ont désespérément besoin d’argent et attendent ce jour depuis longtemps », a déclaré Ed Neiger, un avocat représentant des victimes individuelles.

    Cheryl Juaire, une femme du Massachusetts qui a perdu deux fils à la suite d’overdoses, a déclaré qu’elle ne savait pas à quel montant s’attendre. « Mes enfants sont partis et il n’y a rien que je puisse faire pour les ramener », a-t-elle déclaré, mais elle a ajouté que les fonds aideraient les enfants de ses fils. « Ils auront des appareils dentaires, des lunettes, des choses dont ils ont besoin et qu’ils n’auraient pas pu avoir autrement. »

    Les membres de la famille Sackler et Purdue ont également salué la décision.

    « Les membres de la famille Sackler estiment que la mise en œuvre tant attendue de cette résolution est essentielle pour fournir des ressources substantielles aux personnes et aux communautés dans le besoin », ont déclaré les membres de la famille propriétaire de Purdue dans un communiqué mardi. « Nous sommes heureux de la décision de la Cour de permettre à l’accord d’aller de l’avant et nous attendons avec impatience qu’il prenne effet dès que possible. »


    Des manifestants font un die-in aux abords du tribunal qui est en train de prononcer la faillite de Purdue Pharma à White Plains, à New York, le 9 août 2021. Illustration (Crédit : Seth Wenig/AP)

    Les fondateurs de Purdue, Arthur, Mortimer et Raymond Sackler, sont les fils d’immigrants juifs de Brooklyn qui ont suivi des études de médecine en Écosse parce que les écoles américaines n’admettaient pas les juifs à l’époque. Mortimer et Raymond ont lancé l’OxyContin en 1996, après qu’Arthur a quitté l’entreprise ; la famille a ensuite gagné des milliards en commercialisant agressivement le médicament pendant plus de deux décennies, alors même que des signes montraient qu’il entraînait les utilisateurs dans la dépendance aux opiacés.

    Les trois frères sont décédés, mais d’autres membres de la famille ont conservé le contrôle de Purdue Pharma et leur fortune, estimée à environ 11 milliards de dollars il y a deux ans.

    Le nom Sackler était régulièrement présent dans les cercles philanthropiques jusqu’à ce que les poursuites contre les opioïdes commencent à s’accumuler en 2019, date à laquelle de nombreuses institutions culturelles ont commencé à refuser les dons de la famille et à retirer leur nom des bâtiments. L’artiste et activiste juive Nan Goldin a été le fer de lance d’un mouvement populaire s’opposant à la famille pendant des années.



    Gabe Ryan, un employé, supprime les lettres formant le nom d’ Arthur M. Sackler à l’entrée du bâtiment de l’école de médecine Tufts à Boston, le 5 décembre 2019 (Crédit : AP Photo/Steven Senne)

    L’un des bénéficiaires notables des Sackler, l’université de Tel Aviv, a résisté aux pressions visant à supprimer le nom Sackler de son école de médecine – bien que l’aile de son école de médecine tournée vers les États-Unis ait discrètement supprimé le nom Sackler de son matériel de marketing l’année dernière.

    Purdue est peut-être l’acteur le plus médiatisé de l’industrie des opioïdes. Mais plusieurs autres fabricants de médicaments, sociétés de distribution et pharmacies ont également été poursuivis par les États et les collectivités locales. Si une poignée d’affaires ont été portées devant les tribunaux, beaucoup sont en cours de règlement.

    La valeur totale des règlements proposés et finalisés au cours des dernières années s’élève à plus de 50 milliards de dollars. Parmi les entreprises qui ont conclu des accords figurent les fabricants de médicaments Johnson & Johnson et Teva, les géants de la distribution AmerisourceBergen, Cardinal Health et McKesson, ainsi que les chaînes de pharmacies CVS, Walgreens et Walmart.

    Un seul autre grand règlement de procès concernant les opioïdes prévoyait des paiements pour les victimes.

    Un militant installant des pierres tombales en carton avec les noms des victimes d’overdose d’opioïdes devant le palais de justice où se déroule le procès de la faillite de Purdue Pharma à White Plains, à New York, le 9 août 2021. (Crédit : AP Photo/Seth Wenig/Dossier)


    La majeure partie de l’argent doit être utilisée pour lutter contre la crise des opioïdes, qui a été liée à plus de 500 000 décès aux États-Unis au cours des deux dernières décennies, dont plus de 70 000 par an récemment.

    Ces dernières années, la plupart des décès ont été liés au fentanyl et à d’autres opioïdes synthétiques illicites, et non à des analgésiques délivrés sur ordonnance.

    #Sackler #purdue_pharma #big_pharma #santé #oxycontin #fentanyl #opioïdes #McKinsey #Johnson_&_Johnson #Teva #AmerisourceBergen #Cardinal_Health #McKesson #CVS #Walgreens #Walmart #oxycodone #naloxone #opiacés #addiction #opioïdes #drogues #drogue #pharma #usa #santé_publique #etats-unis #purdue_pharma #carfentanil #overdose

    Source https://fr.timesofisrael.com/opioides-la-famille-sackler-paiera-6-mds-de-pour-eviter-des-poursu

  • L’un s’appelait Sacco et l’autre... ? - PARTAGE NOIR
    https://www.partage-noir.fr/l-un-s-appelait-sacco-et-l-autre

    L’affaire #Sacco et #Vanzetti souleva une réprobation si massive que diffé­rents horizons politiques furent entrai­nés dans la tourmente. Les artistes et intellectuels de nombreux pays, se vou­lant avant gardistes, coopérèrent au combat contre l’injustice. Cette parti­cipation se manifesta soit par une si­gnature ou une présence dans un co­mité de soutien, soit par une évocation de l’arbitraire du procès à travers leurs moyens d’expression. Ainsi de nom­breux peintres, dessinateurs et poètes prirent ce sujet comme thème pour une œuvre. Il faut dire que tous les ingré­dients sont ici fournis pour l’inspira­tion : innocence probable des accusés, procédure pénale plus que douteuse, verdict scandaleux et enfin deux victi­mes aussi hautes en couleur que cou­rageuses ?

    #anarchiste

  • Un saccage des services publics très efficace dans la Manche : l’accès aux urgences y est restreint dans plusieurs hôpitaux en raison du manque de personnel
    https://www.bfmtv.com/normandie/manche-l-acces-aux-urgences-restreint-dans-plusieurs-hopitaux-en-raison-du-ma

    Les hôpitaux de la Manche manquent de médecins. Pour cette raison, l’accueil des urgences sera fermé à l’#hôpital de Saint-Hilaire-du-Harcouët à partir de ce mercredi 19 avril 18h30, jusqu’au mardi 25 avril à 10h.

    « Du fait d’un manque de médecins remplaçants volontaires dans le contexte d’encadrement des tarifs de l’intérim médical depuis le 3 avril, le #centre_hospitalier de Saint-Hilaire doit adapter temporairement l’organisation de son service d’urgence », explique le groupe hospitalier Mont-Saint-Michel dans un communiqué.

    Le groupe précise que le #service_des_urgences n’accueillera pas de patients sur cette période, et recommande à ces derniers de composer le 15 en cas de besoin.

    #service_public #fermeture #saccage_social

  • Sur le piquet de grève des éboueurs & Hôpital en perdition – L’Actualité des Luttes
    https://www.api.actualitedesluttes.info/sur-le-piquet-de-greve-des-eboueurs-hopital-en-perdition

    Dans cette émission, vous entendrez dans un premier temps un reportage réalisé le lundi 13 mars au centre de collecte des déchets de Pizzorno Environnement situé à Vitry-sur-Seine (30 rue Berthie Albrecht), où se tient un #piquet_de_grève dans le cadre du #mouvement_social pour le retrait de la #réforme_des_retraites. La séquence est complétée par deux interviews réalisées le même jour, à l’#incinérateur de déchets d’#Issy-les-Moulineaux, qui était également bloqué. #éboueurs

    En seconde partie d’émission, vous entendrez une interview de soignantes recueillies en manifestation, pour parler de leur conditions de travail, de la répressions envers une infirmière ayant voulu prioriser les soins d’un patient, et in fine de la dégradation du #service_public hospitalier. Le tout est complété par des extraits d’une émission diffusée sur #Radio_Canut le 28 février dernier, réalisée par Salomé Dzuilka, intitulée “Plus de Champagne pour Champagnole”. Vous y entendrez des témoignages de soignant.es ayant perdu leur poste suite à la fermeture suspensive de l’hôpital dans lequel ils et elles travaillaient.

    “L’#hôpital de Champagnole, situé dans le Jura, subit une fermeture suspensive depuis novembre 2022. Pour des raisons économiques et politiques, ce petit centre hospitalier est encore aujourd’hui à l’arrêt. Plus d’une vingtaine de soignants et soignantes ont perdu leurs postes et ont dû trouver des solutions pour rebondir. Abasourdies de cette volonté de fermer cet hôpital qui avait pourtant tout pour continuer à exister, Isabelle, Didier, Paola, Christelle et Stéphanie témoignent aujourd’hui de la violence politique, émotionnelle et psychologique qu’ils et elles ont subis.

    Malheureusement le cas de #Champagnole n’est pas isolé : en France, les choix politiques de ces dernières années ont montré une volonté de réduire le budget économique accordé au service hospitalier. Partout, mais principalement en milieu rural, la population se voit privé de services médicaux et est mise en danger.”

    Radio Canut : https://radiocanut.org

    #saccage_social #régression_sociale

  • Macron est pressé d’en finir ? On continue !
    https://www.lutte-ouvriere.org/editoriaux/macron-est-presse-den-finir-continue-548607.html

    Éditorial des bulletins d’entreprise LO (13 mars 2023)

    Ce week-end, 195 sénateurs grassement payés, aux longues siestes digestives et au régime de retraite exceptionnellement généreux, ont voté pour reculer l’âge de la retraite de 36 millions de travailleurs. Mercredi 15 mars, une Commission mixte paritaire finalisera le texte qui sera présenté, dès le lendemain, à l’#Assemblée_nationale.

    Le principal suspense consiste à savoir si Borne trouvera une majorité pour voter le texte ou choisira de dégainer le #49.3. La belle affaire ! 49.3 ou pas, l’adoption de cette loi contre l’opposition quasi unanime du monde du travail est un passage en force, un bras d’honneur à l’encontre de tous les travailleurs.

    C’est la preuve, s’il en était besoin, que le gouvernement est férocement antiouvrier. Si Macron, ses ministres et ses députés sont, pour la plupart, étrangers au milieu ouvrier, ils ont des yeux et des oreilles. Ils voient et entendent les difficultés et les attentes du monde du travail. Ils ont les chiffres des tendinites, des lombalgies, des accidents du travail et des burn out. Ils ont les chiffres de ceux qui meurent quelques mois après avoir pris leur retraite.

    Ils savent que le #patronat pousse hors des entreprises les travailleurs anciens qui, en général, coûtent plus cher et sont moins corvéables que les plus jeunes. Ils savent combien de travailleurs et de retraités recourent à l’aide alimentaire pour se nourrir, combien sont mal logés, combien ne peuvent pas se chauffer.

    Ils savent aussi, et bien mieux que nous, les milliards qui coulent à flots dans les caisses du grand patronat. Ils savent que les salaires n’ont pas augmenté au rythme des profits et qu’ils n’ont même pas suivi l’inflation. Ils savent que le déficit des caisses de retraite est une paille dans l’océan de profits et de dividendes versés à quelques-uns.

    Ils connaissent les groupes capitalistes qui ont profité de l’#inflation pour augmenter leurs marges et réaliser des #surprofits dans l’alimentaire, par exemple. S’ils voulaient agir contre les profiteurs de guerre, ils pourraient le faire, ils ont leurs noms. Eh bien non, c’est aux travailleurs qu’ils en font baver !

    Réduire au maximum la part de richesses qui revient aux classes populaires pour augmenter celle de la #bourgeoisie est la feuille de route de tous les gouvernements, quels que soient le pays et l’étiquette politique. Pour le monde bourgeois, c’est une nécessité pour tenir son rang dans la jungle mondiale qu’est aujourd’hui le capitalisme en crise.

    Alors oui, les gens que nous avons en face de nous sont certes une minorité de privilégiés, mais ils n’en sont pas moins déterminés. Alors, à nous, à notre camp de trouver la même #détermination pour imposer nos intérêts de travailleurs !

    Après deux mois de mobilisation et face au risque d’usure, tout le monde comprend qu’il faudrait passer au stade supérieur, c’est-à-dire à la grève. Seuls certains secteurs s’y sont lancés : la #SNCF, la #RATP, #EDF, certaines #raffineries, les éboueurs de certaines villes ou encore des enseignants. Ils contribuent à maintenir la pression sur le gouvernement et le grand patronat et à créer une agitation qui encourage la mobilisation, mais ils ne l’emporteront pas tout seuls.

    Pour forcer Macron à reculer, il est nécessaire que ces grèves fassent tache d’huile. Bien sûr, faire grève a un coût. Mais la passivité nous coûte bien plus cher, car se résigner, c’est se condamner aux bas salaires et à une société de plus en plus injuste, barbare et guerrière. Il ne faut pas l’accepter et la mobilisation actuelle montre que des millions de femmes et d’hommes ne l’acceptent plus.

    Grâce à notre action collective, nous avons commencé à construire un rapport de force face au gouvernement et au #grand_patronat. Beaucoup de travailleurs réapprennent à s’exprimer et agir collectivement. Des liens de solidarité et de confiance se construisent et nombre de travailleurs se sentent plus légitimes que jamais pour revendiquer. Rien que prendre l’habitude de discuter entre nous de tous les problèmes qui se posent, #salaires, #horaires, #conditions_de_travail, #transport… est une avancée précieuse pour notre camp et un danger pour le #patronat. Alors, faisons en sorte que cette agitation continue et se généralise à toutes les entreprises pour réussir à peser sur le patronat et le gouvernement de toutes nos forces, c’est-à-dire par la grève.

    Macron espère que l’adoption de la loi sonnera la fin de la mobilisation et le retour au calme dans les entreprises. Il dépend de chacun d’entre nous qu’il en soit autrement.

    Le monde du travail est vaste. Il a de la ressource et un carburant inépuisable : celui de la colère. Continuons de l’exprimer ! Entraînons les hésitants et retrouvons-nous encore plus nombreux en #grève et en #manifestation mercredi 15 et après !

    #lutte_de_classe #gouvernement_borne #emmanuel_macron #grève_générale #saccage_social #régression_sociale #parasitisme #grande_bourgeosie #capitalisme #mobilisation_social #conscience_de_classe

  • Argentine, 6 années d’agitations ouvrière et anarchie
    https://www.partage-noir.fr/argentine-6-annees-d-agitations-ouvriere-et-anarchie


    ❝De la prison de Dedham, en 1927, Vanzetti écrit aux travailleurs argentins : Nous voulons dire aux camarades, aux amis, au peuple argentin, que nous savons combien leur solidarité à notre égard est grande, sublime, héroïque. (...) La voie de la liberté, qui est la voie du progrès et de la justice, est entachée de sang, semée de fosses. Il n’y a que les forts qui peuvent la parcourir. Vous êtes forts. Encore deux morts et alors ? D’autres viendront occuper nos places, plus décidés et plus nombreux que (...) #Itinéraire - Une vie, une pensée n°2 : « #Sacco et #Vanzetti #FORA #Argentine

    #Bartolomeo_Vanzetti
    https://www.partage-noir.fr/IMG/pdf/itineraire_saccovanzetti2.pdf