Il saccheggio ambientale e culturale del Treno Maya in Messico
Una rete ferroviaria di oltre 1.500 chilometri permetterà ai turisti di viaggiare tra le città coloniali della Penisola dello Yucatán, i siti archeologici e le spiagge caraibiche. Un’opera inquinante che rischia di cancellare tradizioni millenarie.
Lo speleologo Hoppenheimer camminava lungo il tracciato del Treno Maya quando si è accorto che, a un passo dai piloni che ne sosterranno il viadotto, c’era una caverna sotterranea. I colleghi l’hanno presto battezzata con il suo soprannome, motivato dalla somiglianza con l’attore del film. La caverna “Oppenheimer”, che si trova nello Stato del Quintana Roo, fra le città di Playa del Carmen e Tulum, è una delle migliaia di “porte” di accesso all’intricato sistema di canali che si trova sotto la penisola dello Yucatán: una rete sotterranea lunga 1.800 chilometri che costituisce una delle falde acquifere più grandi del mondo e, per la cultura maya, rappresenta l’inframundo, il luogo dove camminano i morti.
Si tratta di un sistema che ha una composizione geologica carsica e per questo è soggetto a crolli e collassi. “In alcuni punti il tetto della caverna Oppenheimer ha ceduto a causa delle vibrazioni dei lavori di costruzione del Treno Maya, che ha impattato più di centoventi cenotes (grotte con acqua dolce, ndr) e caverne -spiega Guillermo D. Christy, membro del collettivo Cenotes Urbanos-. È un progetto improvvisato, i lavori sono iniziati senza lo studio di impatto ambientale e non ne è stato neanche fatto uno di meccanica del suolo che dimostri la capacità del terreno di reggere un’opera così imponente”.
È sopra questo fragile sistema di canali sotterranei che si sta costruendo il Treno Maya: una rete ferroviaria di più di 1.500 chilometri che permetterà ai turisti di viaggiare tra le città coloniali della penisola dello Yucatán, tra le sue lagune e i cenotes, di visitare i siti archeologici maya e le spiagge caraibiche. Si tratta del megaprogetto “preferito” dal presidente messicano Andrés Manuel López Obrador, il quale ha assicurato che verrà interamente inaugurato entro la fine di febbraio 2024 e ha promesso di portare il Sud-Est del Messico fuori dalla povertà grazie alla crescita del turismo. Per questo, buona parte della popolazione è a favore dell’opera, anche se le voci critiche si fanno sentire.
Il governo non ne parla molto ma, in realtà, il Treno Maya non è solo un treno turistico. Sui suoi binari correranno anche vagoni merci che nella città di Palenque, in Chiapas, si connetteranno a un’altra grande opera promossa dall’amministrazione di López Obrador: il Treno Transistmico, che unirà i due oceani (Atlantico e Pacifico) nel punto più stretto del Messico e si presenterà come un’alternativa al Canale di Panama. “Sono treni neoliberali al servizio dell’agricoltura industriale e funzionale al saccheggio delle risorse naturali presenti nei nostri territori maya ancestrali”, dice Sara López González del Consejo regional indígena y popular de xpujil (Crip).
“Nemmeno un albero verrà abbattuto per costruire il Treno Maya”, ha dichiarato il presidente López Obrador prima dell’inizio dei lavori. In verità, ne sono stati abbattuti circa dieci milioni, soprattutto per costruire il tracciato delle tratte cinque e sei, che corrono parallele alla costa del Mar dei Caraibi e alla strada che collega Cancún a Chetumal. Secondo il biologo Omar Irám Martínez Castillo dell’associazione locale U’yoolche, nello spazio tra la strada e il tracciato della tratta sei, che è protetto da un recinto, si è formata una “terra di nessuno” in cui sono rimaste intrappolate delle scimmie. “La frammentazione dell’habitat mi preoccupa più della deforestazione -spiega il biologo- il treno divide in due la selva yucateca e per gli animali che ci vivono, stiamo parlando di giaguari, tapiri, scimmie e molte altre specie, sarà complicato avere una comunicazione che permetta di evitare l’endogamia e favorire la diversità genetica”.
Un’altra preoccupazione delle organizzazioni che difendono il territorio, alcune delle quali sono indigene, è che molti cenotes sono stati riempiti di cemento per permettere ai binari del treno di passarci sopra. Questo crea un problema ecologico a tutto il sistema di canali sotterranei, che sono interconnessi e rappresentano l’unica fonte di acqua potabile per milioni di persone. Inoltre, questo sistema drena nel Mar dei Caraibi e inquinerà quindi anche le sue acque, con effetti devastanti per la barriera corallina, i pesci e tutto l’ecosistema connesso. “Il mare caraibico cristallino che si vede nelle foto esposte nelle agenzie di viaggi dipende da un equilibrio che ha radici nella selva yucateca, nelle caverne e nei fiumi sotterranei”, dice Miriam Moreno del collettivo SOS Cenotes e della Red de resistencias sur sureste en defensa de la vida y los territorios Utsil Kuxtal. In altre parole, l’industria del turismo di questa regione dipende in buona parte dalla salute dell’ecosistema.
Secondo Ángel Sulub Santos del Centro comunitario u kúuchil k ch’i’ibalo’on, il Treno Maya è il secondo megaprogetto che è stato impiantato nella penisola dello Yucatán. Il primo è stato la città di Cancún, fondata nel 1974 a servizio del turismo di massa, concetto intorno al quale è stata creata l’identità culturale della regione dove, anche nelle scuole, viene presentato come fattore di sviluppo economico e sociale. Prima del 1974 Cancún, che oggi ha quasi un milione di abitanti e spiagge costellate da grattacieli di lusso, era un villaggio di pescatori. In tutto il Quintana Roo la crescita della popolazione negli ultimi decenni è stata velocissima: solo tra il 2010 e il 2020, i suoi abitanti sono aumentati di più del 40%.
Il popolo indigeno maya ha lavorato al servizio di questa espansione, di cui i principali beneficiari sono le grandi corporazioni turistiche che hanno visto nella costa caraibica messicana la gallina dalle uova d’oro. I maya hanno abbandonato l’agricoltura, la pesca e il loro stile di vita millenario per essere impiegati come camerieri, facchini o nel settore delle pulizie. Intanto, la loro cultura viene “venduta” sotto forma di souvenirs o di balli tradizionali messi in scena nei ristoranti per turisti.
Secondo l’artista maya Marcelo Jiménez Santos, il turismo ha “saccheggiato culturalmente” il suo popolo. “Parlano di Treno Maya e Riviera Maya, ma la comunità maya è invitata a partecipare a questi progetti solo come manodopera a basso costo. Vengono promossi i popoli precolombiani e le loro vestigia come dei prodotti turistici in vendita, ma il popolo maya che tuttora vive nella Penisola dello Yucatán non viene minimamente considerato”, dice Jiménez Santos. “Tuttavia, non credo che la nostra cultura maya sparirà; ha capacità di reazione, come è stato dimostrato in 500 anni di tentativi di sterminio”.
L’esercito messicano ha costruito buona parte del tracciato ferroviario. I militari hanno anche il compito di amministrare il treno e di incassare i suoi introiti, di gestire sei hotel di lusso che sono stati costruiti nei pressi delle stazioni e alcuni aeroporti. La Penisola dello Yucatán è stata quindi militarizzata, con grande preoccupazione di parte dei suoi abitanti, visto che le statistiche mostrano che la presenza dei soldati porta un aumento delle denunce di violazione ai diritti umani. “I militari ora pattugliano con le armi in vista anche Bacalar, malgrado non esistano particolari problemi di sicurezza -racconta Aldair T’uut’, membro dell’Asamblea de defensores del territorio maya múuch’ xíinbal-. Godono di totale impunità, non solo quando violano i diritti umani, ma anche quando distruggono l’ambiente: stanno tagliando le mangrovie, deforestando la selva e cementificando cenotes, ma non riceveranno nessuna sanzione per questo”.
Come in altre cittadine della regione, a Bacalar una delle maggiori preoccupazioni riguarda l’assenza di impianti di depurazione e di un adeguato sistema di trattamento dei rifiuti. L’espansione turistica, che nei dieci anni prima della pandemia è stata del 800%, ha già cambiato il tono delle acque della sua laguna, che è sempre più verde e marrone. Da villaggetto, Bacalar è diventato paese e la riviera della laguna è stata quasi totalmente privatizzata. Ai suoi abitanti, che lavorano in gran parte nel settore turistico, sono rimasti solo un paio di moli da cui nel fine settimana si possono tuffare.
▻https://altreconomia.it/il-saccheggio-ambientale-e-culturale-del-treno-maya-in-messico
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]]>Carte des saccages des JOP 2024 - La Grappe
▻https://lagrappe.info/?Carte-des-saccages-des-JOP-2024-462
Pourquoi cette carte ?
Les Jeux Olympiques et Paralympiques (JOP) sont très complexes : ils transforment des quartiers, des villes, parfois des régions. Leurs impacts sociaux et écologiques sont multiples et souvent liés à d’autres grands projets d’aménagement. Cette carte a donc été créée parce que beaucoup de gens nous disent qu’iels ont du mal à se représenter les conséquences des JOP. On pense qu’elle est nécessaire, parce que les cartes et visuels produits par celleux qui organisent les JOP 2024 et réalisent leurs aménagements ne permettent pas de bien comprendre ce qui est construit, où, quelles activités y auront lieu, qui n’y sera pas bienvenu·e. Ces images cachent aussi tout ce qui vient avec les JOP : gentrification, surveillance, gâchis d’argent public, mauvaises conditions de travail sur les chantiers, expulsions des plus pauvres, urbanisation d’espaces naturels, emplois précaires, etc. On voudrait donc que cette carte soit un outil militant, une contre-carte qui donne la parole aux collectifs, aux personnes, aux lieux concernés, et propose un récit alternatif à celui de l’État, des collectivités, des sponsors et des entreprises de construction.
#jeux_olympiques #grands_projets #GPII #cartographie #cartographie_radicale #urbanisme
Les ouvriers sans-papiers sur les chantiers, la face sombre des JO de Paris Raphaël Grand - RTS
Dans moins d’un an, Paris accueillera les Jeux olympiques et paralympiques d’été. La France promet des joutes exemplaires. Mais des ouvriers sans-papiers ont été identifiés sur les chantiers, embarrassant les autorités. Mise au Point a mené l’enquête.
« Les yeux du monde vont être rivés sur Paris. On veut montrer qu’on peut faire du plus grand événement du monde un événement responsable et en lien avec son époque. » Pierre Rabadan, adjoint à la Mairie de Paris en charge des Jeux olympiques et paralympiques, a rappelé dimanche dans Mise au Point la volonté d’exemplarité affichée par les autorités françaises.
« Tout le monde le sait, mais personne n’en parle, parce que ça les arrange. Tu travailles, tu fais ce qu’ils te demandent de faire. Sinon tu prends tes affaires et ils mettent quelqu’un d’autre à ta place », témoigne ainsi Cempara* devant les caméras de la RTS.
Une question taboue
Livrer les ouvrages à temps pour les Jeux olympiques est une véritable course contre la montre. « C’est le plus grand chantier monosite d’Europe. C’est absolument hors normes quand on regarde la vitesse d’exécution », témoigne Antoine du Souich, directeur de la stratégie et de l’innovation pour la SOLIDEO, la Société de livraison des ouvrages olympiques. Conséquence, pour livrer ce projet dans les temps, il faut beaucoup de main d’œuvre.
Dans une antenne locale de la CGT à Bobigny, l’un des plus grands syndicats de France, où s’organisent plusieurs fois par mois des permanences pour travailleurs sans-papiers, la RTS a rencontré plusieurs ouvriers employés sur les chantiers des JO. Mais la situation des uns et des autres reste taboue.
« Personne ne demande à son collègue s’il a un papier ou non. On ne parle jamais de ça sur les chantiers. Entre nous, on dit que c’est un code. Ils m’ont recruté comme manœuvre, mais on fait tout sur le chantier : nettoyage, rangement, marteau-piqueur, maçonnerie, tout… Tu as plein de choses à faire », témoigne Cempara*.
Ils profitent de nous, vraiment, ça fait mal. Nous aussi on travaille sans-papiers, on est comme au Qatar
Gaye*, travailleur sans-papiers sur les chantiers de jeux Olympiques de Paris
Et pour être embauché sur les chantiers, Cempara a utilisé un alias, en louant une identité légale. « C’est un business. C’est un faux nom que j’ai fourni pour avoir le badge sans lequel tu ne peux pas rentrer sur le chantier. Je pointe comme tout le monde, il n’y a pas de différence si tu as ce badge », explique-t-il.
Ces ouvriers parfois sans contrat, engagés sous de fausses identités, sont difficiles à détecter. « Quand on a su que Paris avait été désigné pour accueillir les Jeux olympiques, on s’est dit que ça allait nous faire du travail », explique Jean-Albert Guidou, secrétaire général de la CGT à Bobigny.
Dénoncé, puis renvoyé
Du travail, Gaye en a trouvé dans un premier temps sur les chantiers. Il maniait le marteau piqueur et coulait le béton. Un moyen de gagner un peu d’argent, qu’il envoyait à sa famille restée au Mali. « Quand je travaillais huit heures, je gagnais 80 euros. Mais je travaillais aussi 10, 12 heures, toujours pour 80 euros. Il n’y a pas d’heures supplémentaires et quand tu expliques ça au patron, il te répond : ’si tu veux travailler, tu travailles, sinon tu peux t’en aller et on va appeler une autre personne’. Il sait qu’il y a plein de sans-papiers… Ils profitent de nous, ça fait mal. Nous aussi on travaille sans papiers, on est comme au Qatar », compare-t-il.
C’est ce que j’appelle de la ’chair à chantier’. Ils ne sont pas déclarés, n’ont pas de cotisations sociales, pas de congés payés... Il y a du travail : tu bosses. Il n’y a plus de travail, tu restes chez toi et tu n’es pas payé
Jean-Albert Guidou, secrétaire général de la CGT à Bobigny
Gaye a fini par perdre son travail sur les chantiers des JO après une dénonciation par l’inspection du travail. Son patron l’a renvoyé, il est aujourd’hui sans-papiers et sans emploi. « Il n’est pas trafiquant, il n’est pas dans un réseau. Il n’est qu’un ouvrier qui travaillait depuis des années sur les chantiers, en train de se fatiguer la vie », le défend Jean-Albert Guidou.
« C’est ce que j’appelle de la ’chair à chantier’. Ils ne sont pas déclarés, n’ont pas de cotisations sociales, pas de congés payés... Il y a du travail : tu bosses. Il n’y a plus de travail, tu restes chez toi et tu n’es pas payé. La personne est interchangeable. Si elle a un accident, on prend la voiture, on la dépose deux kilomètres plus loin et on lui dit de se débrouiller toute seule, sans dire que c’est un accident de travail, ni pour qui elle travaille », raconte le secrétaire général de la CGT à Bobigny.
Des boîtes aux lettres vides
Il est difficile de savoir pour qui ces personnes travaillent. Mais la SOLIDEO confirme la présence de travailleurs sans-papiers au cœur des sites olympiques sur des chantiers où se côtoient jusqu’à 3500 ouvriers. « On a été surpris de voir du travail illégal sur nos chantiers, même si on sait que c’est une pratique qui a cours. Il y a plus de 2000 entreprises mobilisées sur les ouvrages olympiques, mais l’immense majorité ne triche pas. On a sanctionné les quatre ou cinq entreprises pour lesquelles on a constaté des manquements au droit et on a amplifié les contrôles », explique Antoine du Souich.
Selon Solideo, la société qui chapeaute les chantiers olympiques, seules 4 à 5 entreprises sur 2000 ont été épinglées pour travail illégal. [RTS]
Contrôler et punir les tricheurs, la tâche est complexe. Car derrière les grands noms de la construction se cachent une myriade de petites entreprise sous-traitantes qui proposent de la main d’œuvre bon marché. Mise au Point a cherché en vain à rencontrer ces patrons qui emploient des travailleurs sans-papiers. Mais les adresses des entreprises épinglées par l’inspection du travail mènent en banlieue, devant des locaux vides et de simples boîtes aux lettres. Il est donc impossible d’atteindre ces entreprises fantômes, ni de savoir combien ils sont encore à travailler sans-papiers sur les chantiers.
Mais des lueurs d’espoir existent : Cempara et Gaye sont par exemple désormais en procédure de régularisation. Et ils ont assigné en justice plusieurs géants de la construction, pour ne plus rester dans l’ombre de la flamme olympique.
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Source : ▻https://www.rts.ch/info/monde/14303366-les-ouvriers-sanspapiers-sur-les-chantiers-la-face-sombre-des-jo-de-par
]]>Paris : les réverbères de l’esplanade des Invalides ont-ils été « détruits » en vue des Jeux olympiques ? La Tribune de l’Art - Le Parisien . . .
Alors qu’une vidéo de candélabres couchés sur l’esplanade du VIIe arrondissement circule sur les réseaux sociaux, la mairie de Paris dément et condamne les « mystifications » de plus en plus nombreuses dès lors que des aménagements sont réalisés dans le cadre des Jeux de Paris 2024.
#vandalisme #destruction #dénaturation #saccage #ps #anne_hidalgo #hidalgo #bêtise #immobilier #béton #Paris #saccageparis #ville_de_paris #ville #dénaturations #jo #jeux_olympiques #JO2024 #paris2024
Autre sources : ▻https://www.leparisien.fr/paris-75/paris-les-reverberes-de-lesplanade-des-invalides-ont-ils-ete-detruits-en-
]]>Un saccage des services publics très efficace dans la Manche : l’accès aux urgences y est restreint dans plusieurs hôpitaux en raison du manque de personnel
►https://www.bfmtv.com/normandie/manche-l-acces-aux-urgences-restreint-dans-plusieurs-hopitaux-en-raison-du-ma
Les hôpitaux de la Manche manquent de médecins. Pour cette raison, l’accueil des urgences sera fermé à l’#hôpital de Saint-Hilaire-du-Harcouët à partir de ce mercredi 19 avril 18h30, jusqu’au mardi 25 avril à 10h.
« Du fait d’un manque de médecins remplaçants volontaires dans le contexte d’encadrement des tarifs de l’intérim médical depuis le 3 avril, le #centre_hospitalier de Saint-Hilaire doit adapter temporairement l’organisation de son service d’urgence », explique le groupe hospitalier Mont-Saint-Michel dans un communiqué.
Le groupe précise que le #service_des_urgences n’accueillera pas de patients sur cette période, et recommande à ces derniers de composer le 15 en cas de besoin.
]]>Sur le piquet de grève des éboueurs & Hôpital en perdition – L’Actualité des Luttes
►https://www.api.actualitedesluttes.info/sur-le-piquet-de-greve-des-eboueurs-hopital-en-perdition
Dans cette émission, vous entendrez dans un premier temps un reportage réalisé le lundi 13 mars au centre de collecte des déchets de Pizzorno Environnement situé à Vitry-sur-Seine (30 rue Berthie Albrecht), où se tient un #piquet_de_grève dans le cadre du #mouvement_social pour le retrait de la #réforme_des_retraites. La séquence est complétée par deux interviews réalisées le même jour, à l’#incinérateur de déchets d’#Issy-les-Moulineaux, qui était également bloqué. #éboueurs
En seconde partie d’émission, vous entendrez une interview de soignantes recueillies en manifestation, pour parler de leur conditions de travail, de la répressions envers une infirmière ayant voulu prioriser les soins d’un patient, et in fine de la dégradation du #service_public hospitalier. Le tout est complété par des extraits d’une émission diffusée sur #Radio_Canut le 28 février dernier, réalisée par Salomé Dzuilka, intitulée “Plus de Champagne pour Champagnole”. Vous y entendrez des témoignages de soignant.es ayant perdu leur poste suite à la fermeture suspensive de l’hôpital dans lequel ils et elles travaillaient.
“L’#hôpital de Champagnole, situé dans le Jura, subit une fermeture suspensive depuis novembre 2022. Pour des raisons économiques et politiques, ce petit centre hospitalier est encore aujourd’hui à l’arrêt. Plus d’une vingtaine de soignants et soignantes ont perdu leurs postes et ont dû trouver des solutions pour rebondir. Abasourdies de cette volonté de fermer cet hôpital qui avait pourtant tout pour continuer à exister, Isabelle, Didier, Paola, Christelle et Stéphanie témoignent aujourd’hui de la violence politique, émotionnelle et psychologique qu’ils et elles ont subis.
Malheureusement le cas de #Champagnole n’est pas isolé : en France, les choix politiques de ces dernières années ont montré une volonté de réduire le budget économique accordé au service hospitalier. Partout, mais principalement en milieu rural, la population se voit privé de services médicaux et est mise en danger.”
Radio Canut : ►https://radiocanut.org
]]>Macron est pressé d’en finir ? On continue !
▻https://www.lutte-ouvriere.org/editoriaux/macron-est-presse-den-finir-continue-548607.html
Éditorial des bulletins d’entreprise LO (13 mars 2023)
Ce week-end, 195 sénateurs grassement payés, aux longues siestes digestives et au régime de retraite exceptionnellement généreux, ont voté pour reculer l’âge de la retraite de 36 millions de travailleurs. Mercredi 15 mars, une Commission mixte paritaire finalisera le texte qui sera présenté, dès le lendemain, à l’#Assemblée_nationale.
Le principal suspense consiste à savoir si Borne trouvera une majorité pour voter le texte ou choisira de dégainer le #49.3. La belle affaire ! 49.3 ou pas, l’adoption de cette loi contre l’opposition quasi unanime du monde du travail est un passage en force, un bras d’honneur à l’encontre de tous les travailleurs.
C’est la preuve, s’il en était besoin, que le gouvernement est férocement antiouvrier. Si Macron, ses ministres et ses députés sont, pour la plupart, étrangers au milieu ouvrier, ils ont des yeux et des oreilles. Ils voient et entendent les difficultés et les attentes du monde du travail. Ils ont les chiffres des tendinites, des lombalgies, des accidents du travail et des burn out. Ils ont les chiffres de ceux qui meurent quelques mois après avoir pris leur retraite.
Ils savent que le #patronat pousse hors des entreprises les travailleurs anciens qui, en général, coûtent plus cher et sont moins corvéables que les plus jeunes. Ils savent combien de travailleurs et de retraités recourent à l’aide alimentaire pour se nourrir, combien sont mal logés, combien ne peuvent pas se chauffer.
Ils savent aussi, et bien mieux que nous, les milliards qui coulent à flots dans les caisses du grand patronat. Ils savent que les salaires n’ont pas augmenté au rythme des profits et qu’ils n’ont même pas suivi l’inflation. Ils savent que le déficit des caisses de retraite est une paille dans l’océan de profits et de dividendes versés à quelques-uns.
Ils connaissent les groupes capitalistes qui ont profité de l’#inflation pour augmenter leurs marges et réaliser des #surprofits dans l’alimentaire, par exemple. S’ils voulaient agir contre les profiteurs de guerre, ils pourraient le faire, ils ont leurs noms. Eh bien non, c’est aux travailleurs qu’ils en font baver !
Réduire au maximum la part de richesses qui revient aux classes populaires pour augmenter celle de la #bourgeoisie est la feuille de route de tous les gouvernements, quels que soient le pays et l’étiquette politique. Pour le monde bourgeois, c’est une nécessité pour tenir son rang dans la jungle mondiale qu’est aujourd’hui le capitalisme en crise.
Alors oui, les gens que nous avons en face de nous sont certes une minorité de privilégiés, mais ils n’en sont pas moins déterminés. Alors, à nous, à notre camp de trouver la même #détermination pour imposer nos intérêts de travailleurs !
Après deux mois de mobilisation et face au risque d’usure, tout le monde comprend qu’il faudrait passer au stade supérieur, c’est-à-dire à la grève. Seuls certains secteurs s’y sont lancés : la #SNCF, la #RATP, #EDF, certaines #raffineries, les éboueurs de certaines villes ou encore des enseignants. Ils contribuent à maintenir la pression sur le gouvernement et le grand patronat et à créer une agitation qui encourage la mobilisation, mais ils ne l’emporteront pas tout seuls.
Pour forcer Macron à reculer, il est nécessaire que ces grèves fassent tache d’huile. Bien sûr, faire grève a un coût. Mais la passivité nous coûte bien plus cher, car se résigner, c’est se condamner aux bas salaires et à une société de plus en plus injuste, barbare et guerrière. Il ne faut pas l’accepter et la mobilisation actuelle montre que des millions de femmes et d’hommes ne l’acceptent plus.
Grâce à notre action collective, nous avons commencé à construire un rapport de force face au gouvernement et au #grand_patronat. Beaucoup de travailleurs réapprennent à s’exprimer et agir collectivement. Des liens de solidarité et de confiance se construisent et nombre de travailleurs se sentent plus légitimes que jamais pour revendiquer. Rien que prendre l’habitude de discuter entre nous de tous les problèmes qui se posent, #salaires, #horaires, #conditions_de_travail, #transport… est une avancée précieuse pour notre camp et un danger pour le #patronat. Alors, faisons en sorte que cette agitation continue et se généralise à toutes les entreprises pour réussir à peser sur le patronat et le gouvernement de toutes nos forces, c’est-à-dire par la grève.
Macron espère que l’adoption de la loi sonnera la fin de la mobilisation et le retour au calme dans les entreprises. Il dépend de chacun d’entre nous qu’il en soit autrement.
Le monde du travail est vaste. Il a de la ressource et un carburant inépuisable : celui de la colère. Continuons de l’exprimer ! Entraînons les hésitants et retrouvons-nous encore plus nombreux en #grève et en #manifestation mercredi 15 et après !
#lutte_de_classe #gouvernement_borne #emmanuel_macron #grève_générale #saccage_social #régression_sociale #parasitisme #grande_bourgeosie #capitalisme #mobilisation_social #conscience_de_classe
]]>Les écrans : un désastre comportemental, intellectuel & cognitif.
Une journée (le 6 février) sans téléphone portable, c’est bien (pour les malades que nous sommes).
Entre 2 et 8 ans un enfant « moyen » consacre aux écrans récréatifs l’équivalent de 7 années scolaires complètes ou 460 jours de vie éveillée (1,25 année), ou encore l’exacte quantité du temps de travail personnel requis pour devenir un solide violoniste.
Mais il faudrait aussi (365 jours sur 365) la suppression stricte, intégrale, immédiate et en tout lieux (y compris à l’école) des écrans pour tous les enfants de moins de 6 ans. Et la réduction à 30 mn à 1 h (tous usages cumulés) par jour pour tous les moins de 16 ans.
Michel Desmurget le démontre dans son bouquin : sans quoi les jeunes générations d’aujourd’hui ne donneront que des crétins.
Quelques extraits tirés au fil de ma lecture :
« Selon les termes d’une étude récente, « seulement 3 % du temps consacré par les #enfants et #adolescents aux #médias_digitaux est utilisé à la création de contenus » (tenir un blog, écrire des programmes informatiques, créer des vidéos ou autres contenus « artistiques », etc.).
.. Plus de 80 % des ados et préados déclarent ne « jamais » ou « quasiment jamais » utiliser leurs #outils_numériques pour faire œuvre créative. »
« Croire que les #digital_natives sont des ténors du bit, c’est prendre ma charrette à pédale pr une roquette interstellaire ; croire que le simple fait de maîtriser une app informatique permet à l’utilisateur de comprendre quoi que ce soit aux éléments physiques & logiciels engagés »
De « l’effarante débilité de cette triste fiction » des DigitalNatives… comme « un groupe mutant à la fois dynamique, impatient, zappeur, multitâche, créatif, friand d’expérimentations, doué pour le travail collaboratif, etc. Mais qui dit mutant dit différent…
.. Dès lors, ce qui transparaît implicitement ici, c’est aussi l’image d’une génération précédente misérablement amorphe, lente, patiente, monotâche, dépourvue de #créativité, inapte à l’expérimentation, réfractaire au #travail_collectif, etc.
.. Drôle de tableau qui, a minima, dessine deux axes de réflexion. Le premier interroge les efforts déployés pour redéfinir positivement toutes sortes d’attributs psychiques dont on sait depuis longtemps qu’ils sont fortement délétères pour la #performance_intellectuelle : #dispersion, #zapping, #multitasking, impulsivité, impatience, etc. Le second questionne l’ubuesque acharnement mis en œuvre pour caricaturer et ringardiser les #générations_prédigitales. »
« Les changements anatomiques [chez les gamers] dont se gaussent certains médias pourraient très bien poser, non les jalons d’un avenir intellectuel radieux, mais les bases d’un #désastre_comportemental à venir. »
« les digital natives ou autres membres de je ne sais quelle confrérie des X, Y, Z, lol, zappiens ou C, n’existent pas. L’enfant mutant du numérique, que son aptitude à taquiner le #smartphone aurait transformé en omnipraticien génial des nouvelles technologies les + complexes que #Google Search aurait rendu infiniment plus curieux, agile et compétent que n’importe lequel de ses enseignants prédigitaux ; qui grâce aux jeux vidéo aurait vu son cerveau prendre force et volume ; qui grâce aux filtres de Snapchat ou Instagram aurait élevé sa créativité jusqu’aux + hauts sommets ; etc. ; cet enfant n’est qu’une légende. Il n’est nulle part dans la littérature scientifique. […] Ce qui est extraordinaire, c’est qu’une telle absurdité perdure contre vents et marées, &, en plus, contribue à orienter nos politiques publiques notamment dans le domaine éducatif. Car au-delà de ses aspects folkloriques, ce mythe n’est évidemment pas dénué d’arrière-pensées. Sur le plan domestique, d’abord, il rassure les parents en leur faisant croire que leurs rejetons sont de véritables génies du numérique et de la pensée complexe, même si, dans les faits, ces derniers ne savent utiliser que quelques (coûteuses) applications triviales.
.. Sur le plan scolaire, ensuite, il permet, pour le plus grand bonheur d’une industrie florissante, de soutenir la numérisation forcenée du système et ce, malgré des performances pour le moins inquiétantes. »
« Plus globalement, si un observateur ose s’alarmer du temps passé par les enfants devant les écrans de ttes sortes, la triste légion des tartufes conspue sans délai le fâcheux, arguant qu’il s’agit là d’une position « sexiste », représentant fondamentalement « un nouvel outil de #culpabilisation des mères » […] « pr nos néosuffragettes du droit à l’abrutissement, suggérer que les enfants passent bien trop de temps avec leurs écrans signifie juste, en dernière analyse, que « ns n’aimons pas les innovations qui rendent + faciles la vie des mères ».
« Quand les adultes ont constamment le nez scotché sur leur mobile, les #interactions_précoces essentielles au #développement_de_l’enfant sont altérées. »
« Une étude vous déplaît, trouvez-la alarmiste, idiote, dogmatique, moralisatrice, exagérée, excessive, biaisée, absurde, culpabilisante ou sexiste. Affirmez vaguement qu’on pourrait trouver d’autres recherches contradictoires tout aussi convaincantes (évidemment sans les citer).
.. Criez aux heures noires de la prohibition, évoquez la censure, dénoncez les stratégies de la peur, beuglez votre haine de l’oppression culturelle. En désespoir de cause, caricaturez l’auteur, raillez sa #bêtise, faites-le passer pour un #crétin, un demeuré, un réactionnaire un triste sermonnaire ou un sombre élitiste. Tronquez, trompez, truquez. Mais, surtout, ne regardez jamais les faits, ne considérez jamais le cœur du travail discuté. Ce n’est pas si difficile. Avec un peu d’habitude, vous apprendrez aisément à masquer l’absolue vacuité de vos propos sous l’ombrage d’un humanisme paisible et rassurant. Une fois acquises les bases du job, vous parviendrez en quelques mots, avec la dextérité du virtuose illusionniste, à transformer la plus solide recherche en affligeante pitrerie. »
L’explication de cette limite apparemment arbitraire des 3 ans ? « Cet âge semble constituer le seuil optimal à partir duquel inscrire efficacement dans les neurones des gosses la trace de la grenouille Budweiser, de la virgule Nike, de l’estampille Coca-Cola, du clown McDonald ou du mâle viril forcément fumeur. Selon une enquête du gpe Lagardère Publicité, dès 4 ans, + de 75 % des demandes d’achat émises par les enfants sont consécutives à une exposition publicitaire, pour un taux d’acceptation parental supérieur à 85 %. »
« En disant, pas de télé avant 3 ans, on affiche sa bonne foi, sa probité et son indépendance. [et] en proscrivant la télé avant 3 ans, ce que l’on exprime vraiment, in fine, c’est l’idée selon laquelle l’exposition devient possible au-delà de cet âge »…
« Avant 3 ans, petit humain n’est guère intéressant. Ce n’est qu’autour de cet âge qu’il devient une cible publicitaire pertinente et, de ce fait, une potentielle source de revenus pour les opérateurs. Peu importe alors que la télé ampute son développement. »
« L’#industrie_audiovisuelle ne fut pas longue à réaliser le profit qu’elle pourrait tirer de cette césure. Elle accepta sans états d’âme d’abandonner le secondaire pr préserver l’essentiel. À travers ses relais experts & médiatiques elle opéra alors selon 2 axes complémentaires 1) en soutenant diligemment la condamnation des usages précoces (ce qui ne lui coûtait rien). 2) en se lançant dans une subtile (et efficace) campagne d’attiédissement des restrictions tardives. Ainsi, on ne parla plus d’une à 2 h par jour max, mais d’usages « excessifs ». »
« La dernière étude en date montre, sans la moindre ambiguïté, que l’usage d’une #tablette « interactive » non seulement ne développe pas, mais altère lourdement le développement de la motricité manuelle fine chez des enfants d’âge préscolaire. »
« Les recherches montrent que la tablette est, la plupart du temps, pour le jeune enfant, un écran « passif » servant à consommer des contenus audiovisuels dont on nous dit précisément qu’ils sont déconseillés (dessins animés, films, clips, etc.). »
« Au-delà des variations de protocoles, de populations, d’approches et de méthodologies, le résultat n’a jamais varié : les contenus violents favorisent à court et long terme l’émergence de comportements agressifs chez l’enfant et l’adulte. »
« Le lien empirique [entre contenus violents et agression] n’est donc plus à démontrer aujourd’hui, quoi qu’en disent les gamers et quelques démago-geeks qui caressent l’industrie du jeu violent dans le sens du poil. »
« Les médias présentent souvent “les deux côtés” du débat associant violence médiatique et agression en appariant un chercheur avec un expert ou un porte-parole de l’industrie ou même un contradicteur universitaire, ce qui crée une fausse équivalence et la perception erronée que les travaux de recherches et le consensus scientifique font défaut. » Pourtant : « ds le NYT, le secr. géné. de l’Association de #psychologie déclarait que « les preuves sont écrasantes. Les contester revient à contester l’existence de la gravité ».
Ce qui n’empêche pas « les bons petits soldats du numérique [de continuer], sous couvert d’expertise, à emplir l’espace collectif de leur affligeante #propagande. »
« Les études qui ont mesuré l’exposition durant la petite enfance (avec ou sans analyse de contenus) ont démontré de manière constante que regarder la télévision est associé à des conséquences développementales négatives. Cela est observé pour l’attention, les performances éducatives, les fonctions exécutives et les productions langagières ». Autrement dit, pour les jeunes enfants, l’impact de la télévision n’est nullement complexe. Il est immuablement néfaste. Point. »
« Prenez le lien entre #consommation_audiovisuelle précoce et déficits cognitifs tardifs. Même avec la meilleure volonté du monde, il semble diantrement difficile de rejeter l’hypothèse de causalité sachant, par exemple, que : (1) la présence d’une télé dans une maison effondre la fréquence, la durée et la qualité des interactions intrafamiliales ; (2) ces interactions sont fondamentales pour le #développement_cognitif du jeune enfant ; (3) certains outils statistiques reposant sur des protocoles dits « longitudinaux » ont permis d’établir la nature causale du lien observé, chez le jeune enfant, entre l’accroissement du temps d’écrans et l’émergence de retards développementaux. »
« Il est aujourd’hui solidement établi que les écrans ont, sur la durée et la qualité de nos nuits, un impact profondément délétère. Certaines influences se révèlent relativement directes ; par ex, quand le sommeil est altéré, la mémorisation, les facultés d’apprentissage et le fonctionnement intellectuel diurne sont perturbés, ce qui érode mécaniquement la #performance_scolaire. Certaines influences s’avèrent plus indirectes ; par ex, quand le sommeil est altéré, le système immunitaire est affaibli, l’enfant risque davantage d’être malade et donc absent, ce qui contribue à augmenter les difficultés scolaires. Certaines influences émergent avec retard ; par ex, quand le sommeil est altéré, la maturation cérébrale est affectée, ce qui, à long terme, restreint le potentiel individuel (en particulier cognitif) et donc mécaniquement, le rendement scolaire. […] La plupart des influences sont multiples et il est évident que l’impact négatif des #écrans récréatifs sur la #réussite_scolaire ne repose pas exclusivement sur la détérioration du #sommeil. Ce dernier levier opère ses méfaits en synergie avec d’autres agents dont – nous y reviendrons largement – la baisse du temps consacré aux devoirs ou l’effondrement des #capacités_langagières et attentionnelles. Dans le même temps, cependant, il est clair aussi que l’influence négative des écrans récréatifs sur le sommeil agit bien au-delà du seul champ scolaire. Dormir convenablement se révèle essentiel pour abaisser le risque d’accident, réguler l’humeur et les émotions, sauvegarder la #santé, protéger le cerveau d’un #vieillissement_prématuré, etc. »
« Ce qui ne s’est pas mis en place durant les âges précoces du développement en termes de langage, de #coordination_motrice, de prérequis mathématiques, d’#habitus_sociaux, de #gestion_émotionnelle, etc., s’avère de + en + coûteux à acquérir au fur et à mesure que le temps passe. »
Les moins de 2 ans : « Les enfants de moins de deux ans consacrent, en moyenne, chaque jour, une cinquantaine de minutes aux écrans. […] La valeur paraît sans doute raisonnable de prime abord… elle ne l’est pas. Elle représente presque 10 % de la durée de veille de l’#enfant ; et 15 % de son temps « libre », c’est-à-dire du temps disponible une fois que l’on a retiré les activités « contraintes » telles que manger (sept fois par jour en moyenne avant 2 ans), s’habiller, se laver ou changer de couche. […] Cumulées sur 24 mois, ces minutes représentent plus de 600 heures. Cela équivaut à peu près aux trois quarts d’une année de maternelle ; ou, en matière de #langage, à 200 000 énoncés perdus, soit à peu près 850 000 mots non entendus. […] Pour le seul sous-groupe des usagers quotidiens, la moyenne de consommation s’établit à presque 90 mn. Autrement dit, plus d’1/3 des enfants de moins d’1 an ingurgitent 1 h 30 d’écrans par jour — […] principalement dans les milieux socioculturels les moins favorisés. […]
.. En fonction des groupes étudiés, entre 1 h 30 et 3 h 30 d’usage journalier. Principale raison avancée par les #parents pour expliquer cette incroyable orgie : faire tenir les gamins tranquilles dans les lieux publics (65 %), pendant les courses (70 %) et/ou lors des tâches ménagères (58 %). Chaque jour, près de 90 % des enfants défavorisés regardent la #télévision ; 65 % utilisent des outils mobiles ; 15 % sont exposés à des consoles de jeux vidéo. En 4 ans, la proportion de bambins de - de 12 mois utilisant des écrans mobiles est passée de 40 à 92 %. »
« La consommation numérique [Du 2-8 ans] : entre 2 et 4 ans, 2 h 45 par jour. […] Sur la dernière décennie, elles ont augmenté de plus de 30 %. Elles représentent quasiment 1/4 du temps normal de veille de l’enfant. Sur une année, leur poids cumulé dépasse allègrement 1 000 h. Cela veut dire qu’entre 2 et 8 ans un enfant « moyen » consacre aux écrans récréatifs l’équivalent de 7 années scolaires complètes ou 460 jours de vie éveillée (1,25 année), ou encore l’exacte quantité du temps de travail personnel requis pour devenir un solide violoniste. »
« Durant la préadolescence [entre 8 et 12 ans], les enfants voient leur besoin de sommeil diminuer sensiblement. Chaque jour, ils gagnent naturellement entre 1 h 30 et 1 h 45 d’éveil. Cette « conquête », dans sa quasi-totalité, ils l’offrent à leurs babioles numériques.
.. Ainsi, entre 8 et 12 ans, le temps d’écrans journalier grimpe à presque 4 h 40, contre 3 heures précédemment. […] Cumulé sur 1 an, cela fait 1 700 h, l’équivalent de deux années scolaires ou, si vous préférez, d’un an d’emploi salarié à plein-temps. »
« Les préados issus de milieux défavorisés consacrent chaque jour presque 2 h de + aux écrans que leurs homologues + privilégiés. Pr sa + gde partie, cet écart provient d’un usage accru d’une part des contenus audiovisuels (+ 1h15) et d’autre part des réseaux sociaux (+ 30 mn). »
« « Il existe une corrélation négative entre le bien-être socio-émotionnel et le temps consacré aux écrans ». Autrement dit, les préados & ados qui passent le moins de temps dans le monde merveilleux du cyber-divertissement sont aussi ceux qui se portent le mieux ! »
.. Conclusion : nos gamins peuvent très bien se passer d’écrans ; cette abstinence ne compromet ni leur équilibre émotionnel ni leur intégration sociale. Bien au contraire ! »
Les ados [13-18 ans] : « La consommation quotidienne de numérique atteint alors 6 h 40. […] Il équivaut à un quart de journée et 40 % du temps normal de veille. Cumulé sur un an, cela représente plus de 2 400 heures, 100 jours, 2,5 années scolaires ou encore la totalité du temps consacré de la sixième à la terminale, pour un élève de filière scientifique, à l’enseignement du français, des mathématiques et des Sciences de la Vie et de la Terre (SVT).
.. Autrement dit, sur une simple année, les écrans absorbent autant de tps qu’il y a d’heures cumulées d’enseignement du français, des maths et des SVT durant tt le secondaire. Mais cela n’empêche pas les sempiternelles ruminations sur l’emploi du tps trop chargé des écoliers. »
« Si vs voulez exalter l’exposition de votre progéniture au numérique, assurez-vs que le petit possède en propre smartphone/tablette et équipez sa chambre en tv/console. Cette attention pourrira son sommeil, sa santé et ses résultats scolaires, mais au moins vous aurez la paix. »
« Pr être pleinement efficace à long terme, le cadre restrictif ne doit pas être perçu comme une punition arbitraire, mais comme une exigence positive. Il est important que l’enfant adhère à la démarche et en intériorise les bénéfices. Quand il demande pourquoi il n’a « pas le droit » alors que ses copains font « ce qu’ils veulent », il faut lui expliquer que les parents de ses copains n’ont peut-être pas suffisamment étudié la question ; lui dire que les écrans ont sur son cerveau, son intelligence, sa concentration, ses résultats scolaires sa santé, etc., des influences lourdement négatives ; et il faut lui préciser pourquoi : moins de sommeil ; moins de temps passé à des activités plus nourrissantes, dont lire, jouer d’un instrument de musique, faire du sport ou parler avec les autres ; moins de temps passé à faire ses devoirs ; etc. Mais tout cela, évidemment, n’est crédible que si l’on n’est pas soi-même constamment le nez sur un écran récréatif.
.. Au pire, il faut alors essayer d’expliquer à l’enfant que ce qui est mauvais pour lui ne l’est pas forcément pour un adulte, parce que le cerveau de ce dernier est « achevé » alors que celui de l’enfant est encore « en train de se construire ». »
« ÉTABLIR DES RÈGLES, ÇA MARCHE ! […] Et que se passe-t-il si l’on retire la télé ? Eh bien, même s’il déteste ça, l’enfant va se mettre à lire. Trop beau pour être vrai ? Même pas ! Plusieurs études récentes ont en effet montré que notre brave cerveau supportait très mal le désœuvrement. Il a ainsi été observé, par exemple, que 20 minutes passées à ne rien faire entraînaient un niveau de fatigue mental plus important que 20 minutes passées à réaliser une tâche complexe de manipulation des nombres. Dès lors, plutôt que de s’ennuyer, la majorité des gens préfère sauter sur la première occupation venue même si celle-ci s’avère a priori rébarbative ou, pire, consiste à s’infliger une série de chocs électriques douloureux. Cette puissance prescriptive du vide, la journaliste américaine Susan Maushart l’a observée de première main, le jour où elle a décidé de déconnecter ses trois zombies adolescents169. Privés de leurs gadgets électroniques, nos heureux élus commencèrent par se cabrer avant progressivement, de s’adapter et de se (re)mettre à lire, à jouer du saxo, à sortir le chien sur la plage, à faire la cuisine, à manger en famille, à parler avec maman, à dormir davantage, etc. ; bref, avant de se (re)mettre à vivre. »
« Si les neurones se voient proposer une « nourriture » inadéquate en qualité et/ou quantité, ils ne peuvent « apprendre » de manière optimale ; et plus la carence s’étire dans le temps, plus elle devient difficile à combler. »
« Les expériences précoces sont d’une importance primordiale. Cela ne veut pas dire que tt se joue avant 6 ans, comme le claironne abusivement le titre français d’un best-seller américain des années 1970. Mais cela signifie certainement que ce qui se joue entre 0 et 6 ans influence profondément la vie future de l’enfant. Au fond, dire cela, c’est affirmer un truisme. C’est stipuler que l’apprentissage ne sort pas du néant. Il procède de manière graduelle par transformation, combinaison et enrichissement des compétences déjà acquises. Dès lors, fragiliser l’établissement des armatures précoces, notamment durant les « périodes sensibles », c’est compromettre l’ensemble des déploiements tardifs. »
PAS D’ÉCRAN AVANT (AU MOINS) 6 ANS ! « En 6 ans, au-delà d’un monceau de conventions sociales et abstraction faite des activités « facultatives » comme la danse, le tennis ou le violon, le petit humain apprend à s’asseoir à se tenir debout, à marcher, à courir, à maîtriser ses excrétions, à manger seul, à contrôler et coordonner ses mains (pour dessiner, faire ses lacets ou manipuler les objets), à parler, à penser, à maîtriser les bases de la numération et du code écrit, à discipliner ses déchaînements d’émotions & pulsions, etc. Ds ce contexte, chaque minute compte. […] Cela signifie “juste” qu’il faut le placer ds un environnement incitatif, où la “nourriture” nécessaire est généreusement accessible. Or, les écrans ne font pas partie de cet environnement. […] Plusieurs études, sur lesquelles nous reviendrons également, ont ainsi montré qu’il suffisait, chez le jeune enfant, d’une exposition quotidienne moyenne de 10 à 30 minutes pour provoquer des atteintes significatives dans les domaines sanitaire et intellectuel. […] Ce dont a besoin notre descendance pr bien grandir, ce n’est donc ni d’Apple, ni de Teletubbies ; c d’humain. Elle a besoin de mots, de sourires, de câlins. Elle a besoin d’expérimenter, de mobiliser son corps, de courir, de sauter, de toucher, de manipuler des formes riches. Elle a besoin de dormir, de rêver, de s’ennuyer, de jouer à « faire semblant ». Elle a besoin de regarder le monde qui l’entoure, d’interagir avec d’autres enfants. Elle a besoin d’apprendre à lire, à écrire, à compter, à penser. Au coeur de ce bouillonnement, les écrans sont un courant glaciaire. Non seulement ils volent au développement un temps précieux & posent les fondations des hyperusages ultérieurs, mais en + ils déstructurent nombre d’apprentissages fondamentaux liés, par ex., à l’attention. »
« En compilant les résultats obtenus, on observe que nombre de problèmes émergent dès la première heure quotidienne. En d’autres termes, pour tous les âges postérieurs à la prime enfance, les écrans récréatifs (de toutes natures : télé, jeux vidéo, tablettes, etc.) ont des impacts nuisibles mesurables dès 60 minutes d’usage journalier. Sont concernés, par exemple, les relations intrafamiliales, la réussite scolaire, la concentration, l’obésité, le sommeil, le développement du système cardio-vasculaire ou l’espérance de vie. […] Au-delà de la prime enfance, toute consommation d’écrans récréatifs supérieure à une heure quotidienne entraîne des préjudices quantitativement détectables et peut donc être considérée comme excessive. »
De l’importance primordiale, autrement dit, de « maintenir en deçà de 30 (borne prudente) à 60 (borne tolérante) minutes l’exposition quotidienne aux écrans récréatifs des individus de 6 ans et plus.
.. Précisons […] : un enfant qui ne consommerait aucun écran récréatif les jours d’école et regarderait un dessin animé ou jouerait aux jeux vidéo pendant 90 minutes les mercredis et samedis resterait largement dans les clous… »
« Les écrans sapent l’intelligence, perturbent le développement du cerveau, abîment la santé, favorisent l’obésité, désagrègent le sommeil, etc. […] À partir de la littérature scientifique disponible, on peut formuler deux recommandations formelles :
.. (1) pas d’écrans récréatifs avant 6 ans (voire 7 ans si l’on inclut l’année charnière de cours préparatoire) ; (2) au-delà de 6 ans, pas plus de 60 minutes quotidiennes, tous usages cumulés (voire 30 minutes si l’on privilégie une lecture prudente des données disponibles). »
« Des heures passées principalement à consommer des flux audiovisuels (films, #séries, clips, etc.), à jouer aux jeux vidéo et, pour les plus grands, à palabrer sur les réseaux sociaux à coups de lol, like, tweet, yolo, post et selfies. Des heures arides, dépourvues de fertilité développementale. Des heures anéanties qui ne se rattraperont plus une fois refermées les grandes périodes de plasticité cérébrale propres à l’enfance et à l’adolescence. »
« La #littérature_scientifique démontre de façon claire et convergente un effet délétère significatif des écrans domestiques sur la réussite scolaire : indépendamment du sexe, de l’âge, du milieu d’origine et/ou des protocoles d’analyses, la durée de consommation se révèle associée de manière négative à la #performance_académique. »
« Le smartphone (littéralement « téléphone intelligent ») nous suit partout, sans faiblesse ni répit. Il est le graal des suceurs de cerveaux, l’ultime cheval de Troie de notre décérébration. Plus ses applications deviennent « intelligentes », plus elles se substituent à notre réflexion et plus elles nous permettent de devenir idiots. Déjà elles choisissent nos restaurants, trient les informations qui nous sont accessibles, sélectionnent les publicités qui nous sont envoyées, déterminent les routes qu’il nous faut emprunter, proposent des réponses automatiques à certaines de nos interrogations verbales et aux courriels qui nous sont envoyés, domestiquent nos enfants dès le plus jeune âge, etc. Encore un effort et elles finiront par vraiment penser à notre place. »
« L’impact négatif de l’usage du smartphone s’exprime avec clarté sur la réussite scolaire : plus la consommation augmente, plus les résultats chutent. »
Y compris en « filières d’excellence. Les études de médecine en offrent une bonne illustration. En France, le concours d’entrée admet, en moyenne, 18 candidats sur 100. À ce niveau d’exigence le smartphone devient rapidement un #handicap insurmontable. Prenez, par exemple, un étudiant non équipé qui se classerait 240e sur 2 000 et réussirait son concours. 2 h quotidiennes de smartphone le conduiraient à une 400e place éliminatoire. »
Même chose s’agissant des réseaux sociaux : « Là encore, les résultats sont aussi cohérents qu’opiniâtrement négatifs. Plus les élèves (#adolescents et #étudiants principalement) consacrent de temps à ces outils, plus les performances scolaires s’étiolent. »
Et les usages numériques à l’école : « En pratique, évidemment, personne ne conteste le fait que certains outils numériques peuvent faciliter le travail de l’élève. Ceux qui ont connu les temps anciens de la recherche scientifique, savent mieux que quiconque l’apport “technique” de la récente révolution digitale. Mais, justement, par définition, les outils et logiciels qui nous rendent la vie plus facile retirent de facto au cerveau une partie de ses substrats nourriciers. Plus nous abandonnons à la machine une part importante de nos activités cognitives et moins nos neurones trouvent matière à se structurer, s’organiser et se câbler. Dans ce contexte, il devient essentiel de séparer l’expert et l’apprenant au sens où ce qui est utile au premier peut s’avérer nocif pour le second. »
« « Malgré des investissements considérables en ordinateurs, connexions internet et logiciels éducatifs, il y a peu de preuves solides montrant qu’un usage accru des ordinateurs par les élèves conduit à de meilleurs scores en #mathématiques et #lecture. » En parcourant le texte, on apprend que, après prise en compte des disparités économiques entre États & du niveau de performance initiale des élèves, “les pays qui ont moins investi dans l’introduction des ordinateurs à l’école ont progressé + vite, en moyenne, que les pays ayant investi davantage”. »
Des chercheurs « se sont demandés si l’usage de logiciels éducatifs à l’école primaire (lecture, mathématiques) avait un effet sur la performance des élèves. Résultat : bien que tous les enseignants aient été formés à l’utilisation de ces logiciels, de manière satisfaisante selon leurs propres dires, aucune influence positive sur les élèves ne put être détectée. »
« #Bill_Joy, cofondateur de #Sun_Microsystem et programmeur de génie, concluant comme suit une discussion sur les vertus pédagogiques du numérique : « Tout cela […] ressemble à une gigantesque perte de temps…
.. Si j’étais en compétition avec les États-Unis, j’adorerais que les étudiants avec lesquels je suis en compétition passent leur temps avec ce genre de merde. »
« L’introduction du #numérique dans les classes est avant tout une source de distraction pour les élèves. »
« Dans une recherche réalisée à l’université du Vermont (États-Unis), pour un cours de 1 h 15, le temps volé par les activités distractives atteignait 42 %. »
« Les résultats se révélèrent sans appel : tout dérivatif numérique (SMS, #réseaux_sociaux, #courriels, etc.) se traduit par une baisse significative du niveau de compréhension et de mémorisation des éléments présentés. »
« De manière intéressante, une étude comparable avait précédemment montré que l’usage de l’ordinateur se révélait délétère même lorsqu’il servait à accéder à des contenus académiques liés à la leçon en cours. »
« Bien sûr, ce qui est vrai pour l’#ordinateur l’est aussi pour le smartphone. Ainsi, dans un autre travail représentatif de la littérature existante, les auteurs ont établi que les étudiants qui échangeaient des SMS pendant un cours comprenaient et retenaient moins bien le contenu de ce dernier. Soumis à un test final, ils affichaient 60 % de bonnes réponses, contre 80 % pour les sujets d’un groupe contrôle non distrait. Une étude antérieure avait d’ailleurs indiqué qu’il n’était même pas nécessaire de répondre aux messages reçus pour être perturbé. Il suffit, pour altérer la prise d’information, qu’un #téléphone sonne dans la salle (ou vibre dans notre poche). »
"Pourquoi une telle frénésie ? Pourquoi une telle ardeur à vouloir digitaliser le système scolaire, depuis la maternelle jusqu’à l’université, alors que les résultats s’affirment aussi peu convaincants ? [… Parce que] « si l’on diminue les dépenses de fonctionnement, il faut veiller à ne pas diminuer la quantité de service, quitte à ce que la qualité baisse. On peut réduire, par exemple, les crédits de fonctionnement aux écoles ou aux universités, mais il serait dangereux de restreindre le nombre d’élèves ou d’étudiants. Les familles réagiront violemment à un refus d’inscription de leurs enfants, mais non à une baisse graduelle de la qualité de l’enseignement ». C’est exactement ce qui se passe avec l’actuelle numérisation du système scolaire. En effet, alors que les premieres études n’avaient globalement montré aucune influence probante de cette dernière sur la réussite des élèves, les données les plus récentes, issues notamment du #programme_PISA, révèlent un fort impact négatif. Curieusement, rien n’est fait pour stopper ou ralentir le processus, bien au contraire. Il n’existe qu’une explication rationnelle à cette absurdité. Elle est d’ordre économique : en substituant, de manière plus ou moins partielle, le numérique à l’humain il est possible, à terme, d’envisager une belle réduction des coûts d’enseignement. […] "« Le monde ne possède qu’une fraction des enseignants dont il a besoin ». Car le cœur du problème est bien là. Avec la massification de l’enseignement, trouver des professeurs qualifiés se révèle de plus en plus compliqué, surtout si l’on considère les questions de rémunération. Pour résoudre l’équation, difficile d’envisager meilleure solution que la fameuse « révolution numérique ». […] Le « professeur » devient alors une sorte de passe-plat anthropomorphe dont l’activité se résume, pour l’essentiel, à indiquer aux élèves leur programme numérique quotidien tout en s’assurant que nos braves digital natives restent à peu près tranquilles sur leurs sièges. Il est évidemment facile de continuer à nommer « enseignants » de simples « gardes-chiourmes 2.0 », sous-qualifiés et sous-payés ; et ce faisant, d’abaisser les coûts de fonctionnement sans risquer une révolution parentale. […] [en Floride], les autorités administratives se sont révélées incapables de recruter suffisamment d’enseignants pour répondre à une contrainte législative limitant le nombre d’élèves par classe (vingt-cinq au #lycée). Elles ont donc décidé de créer des classes digitales, sans professeurs. Ds ce cadre, les élèves apprennent seuls, face à un ordinateur, avec pour unique support humain un « facilitateur » dont le rôle se limite à régler les petits problèmes techniques et à s’assurer que les élèves travaillent effectivement. Une approche « criminelle » selon un enseignant, mais une approche « nécessaire » aux dires des autorités scolaires. […] 95 % du budget de l’Éducation nationale passe en salaires ! »
Conclusion :
1) « Plus les élèves regardent la télévision, plus ils jouent aux jeux vidéo, plus ils utilisent leur smartphone, plus ils sont actifs sur les réseaux sociaux & plus leurs notes s’effondrent. Même l’ordinateur domestique, dont on nous vante sans fin la puissance éducative, n’exerce aucune action positive sur la performance scolaire.
2) Plus les États investissent dans les « technologies de l’information et de la communication pour l’enseignement » (les fameuses TICE), plus la performance des élèves chute. En parallèle, plus les élèves passent de temps avec ces technologies et plus leurs notes baissent.
3) le numérique est avant tout un moyen de résorber l’ampleur des dépenses éducatives. […]
4) Pour faire passer la pilule et éviter les fureurs parentales, il faut habiller l’affaire d’un élégant verbiage pédagogiste. Il faut transformer le cautère digital en une « révolution éducative », un « tsunami didactique » réalisé, évidemment, aux seuls profits des élèves. Il faut camoufler la paupérisation intellectuelle du corps enseignant et encenser la mutation des vieux dinosaures prédigitaux en pétillants (au choix !) guides, médiateurs, facilitateurs, metteurs en scène ou passeurs de savoir. Il faut masquer l’impact catastrophique de cette « révolution » sur la perpétuation et le creusement des inégalités sociales. Enfin, il faut éluder la réalité des usages essentiellement distractifs que les élèves font de ces outils. »
« Si l’usage des écrans affecte aussi lourdement la réussite scolaire, c évidemment parce que leur action s’étend bien au-delà de la simple sphère académique. Les notes sont alors le symptôme d’une meurtrissure + large, aveuglément infligée aux piliers cardinaux de notre dévéloppement. Ce qui est ici frappé, c’est l’essence même de l’édifice humain en développement : langage + #concentration + #mémoire + QI + #sociabilité + #contrôle_des_émotions. Une agression silencieuse menée sans états d’âme ni tempérance, pr le profit de qqs-uns au détriment de presque tous. »
« Le #cerveau_humain s’avère, quel que soit son âge, bien moins sensible à une représentation vidéo qu’à une présence humaine effective. C’est pr cette raison, notamment, que la puissance pédagogique d’un être de chair et d’os surpasse aussi irrévocablement celle de la machine. »
« Pr favoriser le développement d’un enfant, mieux vaut accorder du tps aux interactions humaines : [...] l’une des méthodes les + efficaces pr améliorer le dév. de l’enfant passe par les interactions de haute qualité entre l’adulte et l’enfant, sans la distraction des écrans. »
« Le temps total d’interaction volé par 60 mn quotidiennes de télé sur les 12 premières années de vie d’un enfant s’élève à 2 500 heures. Cela représente 156 journées de veille, presque 3 années scolaires et 18 mois d’emploi salarié à temps complet...
.. Pas vraiment une paille, surtout si l’on rapporte ces données à des consommations non plus de une, mais de 2 ou 3 heures quotidiennes. Et, à ce désastre, il faut encore ajouter l’altération relationnelle engendrée par les expositions d’arrière-plan. »
« La consommation d’écrans interfère fortement avec le développement du langage. Par ex., chez des enfants de 18 mois, il a été montré que chaque 1/2 h quotidienne supplémentaire passée avec un appareil mobile multipliait par 2,5 la probabilité d’observer des retards de langage. De la même manière, chez des enfants de 24 à 30 mois, il a été rapporté que le risque de #déficit_langagier augmentait proportionnellement à la durée d’exposition télévisuelle. Ainsi, par rapport aux petits consommateurs (moins de 1 heure par jour), les usagers modérés (1 à 2 heures par jour), moyens (2 à 3 heures par jour) et importants (plus de 3 heures par jour) multipliaient leur probabilité de retard dans l’acquisition du langage respectivement par 1,45, 2,75 et 3,05. [...] Le risque de déficit était quadruplé, chez des enfants de 15 à 48 mois, qd la consommation dépassait 2 h quotidiennes. Ce quadruplement se transformait même en sextuplement lorsque ces enfants avaient été initiés aux joies du petit écran avant 12 mois (sans considération de durée). »
Plus augmente la consommation d’écrans et plus l’#intelligence_langagière diminue. « Notons que le lien alors identifié était comparable, par son ampleur, à l’association observée entre niveau d’intoxication au plomb (un puissant perturbateur endocrinien) et QI verbal [...] si vous détestez [le] marmot de vos horribles voisins & que vous rêvez de lui pourrir la vie [...], inutile de mettre du plomb ds sa gourde. Offrez-lui plutôt une télé/tablette/console de jeux. L’impact cognitif sera tout aussi dévastateur pr un risque judiciaire nul. »
« Le jour où l’on substituera le numérique à l’humain, ce n’est plus 30 mois (comme actuellement) mais 10 ans qu’il faudra à nos enfants pour atteindre un volume lexical de 750 à 1 000 mots. »
« Au-delà d’un socle fondamental, oralement construit au cours des premiers âges de la vie, c’est dans les livres et seulement dans les livres que l’enfant va pouvoir enrichir et développer pleinement son langage. »
.. [...] « Chaque heure quotidienne de jeux vidéo entraînait un affaissement de 30 % du temps passé à lire seul. Des éléments qui expliquent, au moins pour partie, l’impact négatif des écrans récréatifs sur l’acquisition du code écrit ; impact qui compromet lui-même, en retour le déploiement du langage. Tout est alors en place pr que se développe une boucle pernicieuse auto-entretenue : comme il est moins confronté à l’écrit, l’enfant a + de mal à apprendre à lire ; comme il a + de mal à lire, il a tendance à éviter l’écrit et donc à lire moins ; comme il lit moins, ses compétences langagières ne se développent pas au niveau escompté et il a de plus en plus de mal à affronter les attendus de son âge. Remarquable illustration du célèbre "#effet_Matthieu". »
Attention – « Chaque heure quotidienne passée devant le petit écran lorsque l’enfant était à l’école primaire augmente de presque 50 % la probabilité d’apparition de troubles majeurs de l’attention au collège. Un résultat identique fut rapporté dans un travail subséquent montrant que le fait de passer quotidiennement entre 1 et 3 heures devant la télévision à 14 ans multipliait par 1,4 le risque d’observer des difficultés attentionnelles à 16 ans. Au-delà de 3 heures, on atteignait un quasi-triplement. Des chiffres inquiétants au regard d’un résultat complémentaire montrant que l’existence de troubles de l’attention à 16 ans quadruplait presque le risque d’échec scolaire à 22 ans. »
Un travail « du service marketing de #Microsoft, curieusement rendu public, [explique] que les capacités d’attention de notre belle humanité n’ont cessé de se dégrader depuis 15 ans [pour atteindre] aujourd’hui un plus bas historique : inférieures à celles du… poisson rouge. Cette altération serait directement liée au développement des technologies numériques. Ainsi, selon les termes du document, "les modes de vie digitaux affectent la capacité à rester concentré sur des périodes de temps prolongées". »
« Sean Parker, ancien président de Facebook, admettait d’ailleurs que les réseaux sociaux avaient été pensés, en toute lucidité, pour "exploiter une vulnérabilité de la psychologie humaine". Pour notre homme, "le truc qui motive les gens qui ont créé ces réseaux c’est : “Comment consommer le maximum de votre temps et de vos capacités d’attention” ?" Ds ce contexte, pour vous garder captif, "il faut vous libérer un peu de dopamine, de façon suffisamment régulière. D’où le like ou le commentaire que vous recevez sur une photo, une publication. Cela va vous pousser à contribuer de plus en plus et donc à recevoir de plus en plus de commentaires et de likes, etc. C’est une forme de boucle sans fin de jugement par le nombre". Un discours que l’on retrouve quasiment mot pour mot chez Chamath Palihapitiya, ancien vice-président de Facebook (questions de croissance & d’audience). La conclusion de ce cadre repenti (qui déclare se sentir "immensément coupable") est sans appel : "Je peux contrôler ce que font mes enfants, et ils ne sont pas autorisés à utiliser cette merde !" »
Conclusion – « Les écrans sapent les trois piliers les plus essentiels du développement de l’enfant.
– 1) les interactions humaines. [...] Pour le développement, l’écran est une fournaise quand l’humain est une forge.
– 2) le langage. [...] en altérant le volume et la qualité des échanges verbaux précoces. Ensuite, en entravant l’entrée dans le monde de l’écrit.
– 3) la concentration. [...] Ds qqs dizaines ou centaines de milliers d’années, les choses auront peut-être changé, si notre brillante espèce n’a pas, d’ici là, disparu de la planète. En attendant, c’est à un véritable #saccage_intellectuel que nous sommes en train d’assister. »
« La liste des champs touchés paraît sans fin : #obésité, #comportement_alimentaire (#anorexie/#boulimie), #tabagisme, #alcoolisme, #toxicomanie, #violence, #sexualité non protégée, dépression, sédentarité, etc. [...] : les écrans sont parmi les pires faiseurs de maladies de notre temps »
Manque de sommeil : « c’est l’intégrité de l’individu tout entier qui se trouve ébranlée dans ses dimensions cognitives, émotionnelles et sanitaires les plus cardinales. Au fond, le message porté par l’énorme champ de recherches disponible sur le sujet peut se résumer de manière assez simple : un humain (enfant, adolescent ou adulte) qui ne dort pas bien et/ou pas assez ne peut fonctionner correctement. »
« Le sommeil est la clé de voûte de notre intégrité émotionnelle, sanitaire et cognitive. C’est particulièrement vrai chez l’enfant et l’adolescent, lorsque le corps et le cerveau se développent activement. »
Il est possible d’améliorer (ou de dégrader) « très significativement [le fonctionnement de l’individu] en allongeant (ou en raccourcissant) de 30 à 60 mn les nuits de notre progéniture. »
« L’organisme peut se passer d’#Instagram, #Facebook, #Netflix ou GTA ; il ne peut pas se priver d’un sommeil optimal, ou tt du moins pas sans csquences majeures. Perturber une fonction aussi vitale pr satisfaire des distractions à ce point subalternes relève de la folie furieuse. »
« Aux États-Unis, l’#espérance_de_vie augmenterait de presque un an et demi si la consommation télévisuelle moyenne passait sous la barre des 2 h quotidiennes. Un résultat comparable fut rapporté par une équipe australienne, mais à rebours. Les auteurs montrèrent en effet que la sédentarité télévisuelle amputait de quasiment deux ans l’espérance de vie des habitants de ce pays. Formulé différemment, cela veut dire "[qu’]en moyenne, chaque heure passée à regarder la télévision après 25 ans réduit l’espérance de vie du spectateur de 21,8 mn". En d’autres termes, publicité comprise, chaque épisode de Mad Men, Dr House ou Game of Thrones enlève presque 22 minutes à votre existence. »
Conclusion | « La consommation d’#écran_récréatif a un impact très négatif sur la santé de nos enfants et adolescents. Trois leviers se révèlent alors particulièrement délétères.
– 1) les écrans affectent lourdement le sommeil – pilier essentiel, pour ne pas dire vital, du développement.
– 2) Les écrans augmentent fortement le degré de sédentarité tt en diminuant significativement le niveau d’#activité_physique. Or, pr évoluer de manière optimale et pour rester en bonne santé, l’organisme a besoin d’être abondamment & activement sollicité. Rester assis nous tue !
– 3) Les contenus dits « à risque » (sexuels, tabagiques, alcooliques, alimentaires, violents, etc.) saturent l’espace numérique. Aucun support n’est épargné. Or, pour l’enfant et l’adolescent, ces contenus sont d’importants prescripteurs de normes (souvent inconsciemment). »
« Ce que nous faisons subir à nos enfants est inexcusable. Jamais sans doute, dans l’histoire de l’humanité, une telle expérience de décérébration n’avait été conduite à aussi grande échelle.
7 règles essentielles :
1) AVANT 6 ANS, pas d’écrans (du tout)
2) APRÈS 6 ANS, pas + de 30 mn à 1 h par jour (tout compris)
3) pas dans la chambre
4) pas de contenus inadaptés
5) pas le matin avant l’école
6) pas le soir avant de dormir
7) une chose à la fois.
]]>Contre la démolition de nos retraites, pour nos salaires, tous en grève le 19 janvier !
►https://www.lutte-ouvriere.org/editoriaux/contre-la-demolition-de-nos-retraites-pour-nos-salaires-tous-en-grev (éditorial des bulletins d’entreprise #LO du 16 janvier 2023)
Cela devait mettre les travailleurs KO. Eh bien, l’annonce de la #retraite à 64 ans a eu l’effet inverse : des millions de travailleurs sont remontés et en colère contre cette nouvelle attaque et ils se préparent à faire grève et manifester jeudi prochain.
C’est une très bonne chose ! Il faut que nous soyons le plus nombreux possible à dire notre opposition à ce nouveau coup.
Dès qu’il s’agit des besoins des travailleurs, on nous explique qu’il n’y a plus d’argent. Il n’y a pas d’argent pour les salaires. Il n’y a pas d’argent pour les hôpitaux. Il n’y a pas d’argent pour l’école ni pour les transports en commun… Et maintenant il en manquerait pour les retraites. Le gouvernement et le patronat se moquent de nous !
Pour traverser la crise sanitaire, Macron et Le Maire, son trésorier en chef, ont trouvé plus de 200 milliards d’euros. Pour assurer la fameuse compétitivité des entreprises, chaque année, ils leur font cadeau de 160 milliards d’exonérations. Le dernier plan de relance prévoit de mettre 100 milliards sur la table en deux ans… Bref, profits et aides de l’État, l’argent coule à flot pour la grande bourgeoisie. Et pour un déficit des retraites qui oscillerait entre 10 et 15 milliards annuel, il n’y aurait pas de solution ?
Le problème du financement des #retraites n’est pas une question démographique. Est-il gravé dans le marbre que les retraites doivent être payées par les actifs, c’est-à-dire par les #travailleurs ? Pourquoi ne pas puiser dans les profits et dividendes toujours astronomiques ? Ce serait cela, la véritable justice.
Notre labeur et notre sueur assurent des fortunes à la #bourgeoisie. Ils garantissent le train de vie de familles entières de privilégiés et de leurs rejetons pendant des générations. Eux disposent de tout cet argent du berceau au tombeau et ils n’ont pas de problème de retraite. La moindre des choses est que ces richesses servent aussi à assurer un repos mérité aux travailleurs qui les ont produites.
Le problème de #financement des retraites, c’est que la grande bourgeoisie ne veut pas payer. Dans la plupart des entreprises, le patronat a même refusé d’augmenter le salaire de base à la hauteur de l’inflation !
Les bourgeois déboursent des dizaines de millions pour s’acheter des jets, des yachts et des palaces. Mais mettre de l’argent pour assurer les vieux jours des travailleurs qu’ils ont exploités, c’est non. Tant qu’ils pourront écraser la condition ouvrière, intensifier l’exploitation et supprimer des droits à la population laborieuse, ils le feront.
Beaucoup de travailleurs n’auront pas la force de travailler jusqu’à 64 ans ou ne pourront pas cotiser 43 annuités. Ils n’auront donc pas une retraite pleine. Macron et ses sous-fifres le savent. Comme ils savent que l’âge de 64 ans correspond à l’espérance de vie en bonne santé et que 30 % des plus pauvres sont déjà morts à cet âge-là.
Mais ils n’ont aucun scrupule. Ils repartent en guerre contre les retraites car c’est une règle dans cette société : il faut que le magot des capitalistes grossisse, toujours et encore. Le maximum d’argent doit aller aux plus gros, aux plus riches, aux actionnaires, à la grande bourgeoisie, même si une bonne partie atterrit dans la spéculation.
Pour intimider ceux qui s’apprêtent à se mobiliser, ministres et patronat dénoncent les blocages et la pagaille qui pourraient en découler. Comme s’ils n’étaient pas, eux-mêmes, à l’origine d’un chaos grandissant en laissant les mains libres aux affairistes et aux spéculateurs !
Alors jeudi, il faut se lever en nombre contre cette nouvelle attaque et engager le bras de fer ensemble, le privé avec le public, les travailleurs les plus jeunes avec les plus âgés.
Certains, des jeunes en particulier, se disent que la planète aura brûlé ou que la guerre la ravagera avant qu’ils ne partent à la retraite. Il est vrai que des crises et des dangers plus graves encore nous menacent. Mais c’est aussi en s’opposant pied à pied à chacune des attaques et des injustices que les travailleurs retrouveront la force de contester l’ensemble de cet ordre social.
La bataille qui s’engage nécessitera plus d’une journée de mobilisation. Pour l’emporter, ce doit être un mouvement massif qui frappe les capitalistes au portefeuille et leur fasse craindre un embrasement général. Pour l’heure, toutes les #organisations_syndicales sont unies. Mais nous ne pouvons pas nous en remettre aveuglément à elles.
Pour se développer, la mobilisation doit être propagée et contrôlée par les travailleurs de la base . Le succès de cette première journée doit donc être l’affaire de tous. Si nous, travailleurs, réussissons à mobiliser toutes nos forces, nous forcerons Macron à reculer.
#mobilisation_sociale #manifestation #réforme_des_retraites #confédérations_syndicales #capitalisme #saccage_social #réaction_sociale #lutte_de_classe #grève
]]>En Seine-Saint-Denis : la face cachée des Jeux Olympiques
▻https://radioparleur.net/2022/12/21/jeux-olympiques-2024-paris-saccage-seine-st-denis
Dimanche 11 décembre, les collectifs “Saccage 2024” et “Non aux JO en 2024” se sont rassemblés devant le comité de Paris 2024 pour dénoncer l’impact écologique et social des Jeux Olympiques à venir ! D’après les militant·es de “Saccage 2024”, les habitant·es de Seine-Saint-Denis sont victimes d’une politique de mise à l’écart. Les quartiers, toujours plus […] L’article En Seine-Saint-Denis : la face cachée des Jeux Olympiques est apparu en premier sur Radio Parleur.
]]>Réforme des retraites : manœuvres avant l’attaque
▻https://journal.lutte-ouvriere.org/2022/12/21/reforme-des-retraites-manoeuvres-avant-lattaque_456850.html
L’attaque annoncée par l’équipe gouvernementale touchera, à la satisfaction discrète mais réelle du #grand_patronat, tous les travailleurs, en activité, au #chômage ou déjà à la #retraite.
L’âge de départ repoussé à 64 ou même 65 ans pourrait se cumuler avec un #allongement_de_durée_de_cotisation, le tout provoquant, et c’est le but, une baisse des #pensions. Entre ceux qui n’auront pas une carrière complète, ceux qui auront des périodes de sous-activité et de moindres rentrées, ceux qui, âgés, seront licenciés de leur emploi sans avoir droit au chômage… bien des travailleurs se retrouveront avec une pension insuffisante et, de toute façon se verront amputés de deux années d’une retraite pourtant amplement méritée.
C’est d’ailleurs un des aspects révoltants de cette attaque, qui en comporte beaucoup. L’espérance de vie, et surtout en bonne santé, n’augmente plus, c’est un mensonge de le prétendre. La différence entre celle d’un ouvrier et celle d’un cadre est d’une dizaine d’années en moyenne. Macron et ses mentors de la finance n’ont pourtant que ce minable argument à avancer, puisque leur prétexte d’équilibre des caisses de retraites ne tient même plus, le Conseil d’orientation des retraites l’a démontré.
Les grands patrons et leurs familles qui accumulent depuis des décennies les richesses produites par la classe des travailleurs devraient logiquement assurer le paiement des pensions. Mais non, ils exigent au contraire que l’argent public, tout l’argent public, serve à leur assurer une croissance de leurs profits, quitte à réduire des millions de travailleurs à la pauvreté.
]]> Coupes d’arbres à la tour Eiffel : petite étude de texte Didier Rykner - latribunedelart - mardi 3 mai 2022
Intégralité de l’article : ▻https://www.latribunedelart.com/coupes-d-arbres-a-la-tour-eiffel-petite-etude-de-texte
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Une explication de texte est donc nécessaire :
« On a bien vu que ce sujet de sensibilité aux coupes d’arbres était important » : les coupes d’arbres ne sont pas un « sujet de sensibilité » (sic). C’est un sujet majeur de la politique de la municipalité parisienne qui procède à des coupes d’arbres massives partout, et en permanence. Si ceux du Champ-de-Mars seront peut-être sauvés, qu’en est-il de ceux de la porte de Montreuil, où 76 platanes en parfaite santé ont été abattus pour un projet immobilier et où d’autres suivront bientôt ? Cette véritable déforestation urbaine est un classique de la Ville de Paris dirigée par Anne Hidalgo. Il suffit d’aller voir sur Google Earth pour découvrir l’ampleur de ce massacre, dont certains sont documentés sur Twitter avec le hashtag #deforestationurbaine.
« c’est tout l’objet de la concertation de l’écouter et de le prendre en compte » : il faut un sacré culot pour oser prétendre que la Mairie de Paris pratique la concertation. Vue par elle, la concertation se passe ainsi : vous êtes d’accord, elle y va ; vous n’êtes pas d’accord, elle y va quand même. Et c’est exactement ce qui s’est passé au Champ-de-Mars où une « concertation » très large a eu lieu, via l’enquête publique. Celle-ci a été sans aucune ambiguïté : 90 % des participants rejetaient le projet. Vous n’en voulez pas ? On le fera quand même a poursuivi sans hésiter la mairie, faisant ainsi un grand bras d’honneur aux Parisiens. En réalité, comme l’a démontré cette affaire, seule la médiatisation, et mieux encore la reprise par des personnalités médiatiques (Hugo Clément, Guillaume Canet, Nagui, Guillaume Gallienne…), ainsi qu’une pétition largement diffusée ▻https://www.change.org/p/tour-eiffel-non-aux-abattages-d-arbres-non-%C3%A0-la-b%C3%A9tonisation-en-es qui dépasse désormais les 130 000 signatures les ont convaincus de faire marche arrière.
« donc d’ores et déjà on a sur les 42 arbres qui étaient anticipés pour être coupés baissé ce chiffre à 22 » : oui, le rétropédalage est un art en plusieurs temps. Emmanuel Grégoire a d’abord assuré qu’aucun arbre « centenaire » ne serait abattu, feignant de croire que le problème ne concernait pas tout le projet et sous-entendant ainsi que la coupe d’arbres non centenaires était acceptable.
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« Les #cabinets-de-conseil coûtent entre 1,5 et 3 milliards par an à l’Etat »
▻https://www.lopinion.fr/fabrique/les-cabinets-de-conseil-coutent-entre-1-5-et-3-milliards-par-an-a-letat
Matthieu Aron et Caroline Michel-Aguirre ( grands reporters à “l’Obs” ) : « On fait comme si les hauts fonctionnaires étaient nuls. Mais alors, pourquoi continuer à les embaucher ? Les rapports de l’Inspection des finances, de l’IGAS, de la Cour des comptes sont-ils voués à rester lettre morte ? »
Créée en novembre 2021 au Sénat, la Commission d’enquête sur « l’influence des cabinets de conseil sur la conduite des politiques publiques » auditionne ce mercredi les responsables de la SNCF, d’EDF et de La Poste après avoir entendu les dirigeants de plusieurs structures comme McKinsey ou le Boston Consulting Group. Le livre-enquête Les Infiltrés dénonce la montée en puissance des consultants au cœur du pouvoir qui, selon ses auteurs, dépossède l’administration de compétences essentielles.
Les cabinets de conseil, tels McKinsey, Boston Consulting Group ou Bain, sont dans le collimateur depuis la crise sanitaire. Quel a été le montant de leurs interventions ?
Matthieu Aron et Caroline Michel-Aguirre : L’enveloppe globale s’élève à 24,6 millions pour les seuls dix-huit premiers mois de la crise, soit 47 contrats signés avec 7 entreprises de consulting. McKinsey a perçu la plus grosse part (10,7 millions). Dès mars 2020, la problématique des masques était au cœur de ces demandes avec l’évaluation des stocks, les questions de logistique, à raison d’un contrat toutes les deux ou trois semaines. Ont suivi des marchés sur les tests, l’approvisionnement en réactifs, puis sur la stratégie vaccinale.
En 2015, la Cour des comptes estimait le coût du recours aux cabinets de conseil à environ 150 millions d’euros par an entre 2011 et 2013. Vous évoquez aujourd’hui une fourchette globale dix à vingt fois supérieure : entre 1,5 et 3 milliards d’euros.
Comment êtes-vous arrivés à un tel montant ?
M. A. : La ministre de la Transformation et de la Fonction publiques, Amélie de Montchalin, reconnaît elle-même que l’Etat ne sait pas combien il dépense. Cela pose un vrai problème. Notre estimation repose sur les données des organisations professionnelles qui évoquent une fourchette entre 730 et 820 millions d’euros pour 2019. Les dépenses suivant une trajectoire ascendante, nous sommes probablement très largement au-dessus aujourd’hui.
On est loin des 3 milliards…
M. A. : Il faut ajouter les achats de conseil en informatique. Le numérique est l’un des principaux enjeux de transformation de l’Etat aujourd’hui. Le dernier bilan publié par la Cour des comptes, dans lequel n’entrent pas les marchés passés par les collectivités, fait état de 830 millions d’euros de commandes de l’Etat en 2018. Un chiffre lui aussi en constante augmentation (660 millions en 2016, 738 millions en 2017, 828 millions en 2018) et dont on peut estimer qu’il est aujourd’hui au-dessus du milliard. D’autres sources institutionnelles nous confortent dans ce chiffrage.
Qui préside aujourd’hui l’Ecole polytechnique ? Qui a fondé l’Ecole d’affaires publiques de Sciences Po ? Qui s’occupe des cours de modernisation de l’Etat pour les futurs fonctionnaires ? Les consultants sont présents tout au long de la chaîne de formation des idées. Mais l’Etat n’est pas victime, il est consentant
]]>Janvier 2022, un "colloque" (soi-disant) est organisé par l’#Observatoire_du_décolonialisme et le #Collège_de_philosophie.
Sont entre autres présents à ce "colloque" #Jean-Michel_Blanquer et #Thierry_Coulhon (patron de l’HCERES)...
Titre du colloque « Après la #déconstruction : reconstruire les sciences et la culture »
▻https://decolonialisme.fr/?p=6333
Ci-dessous un fil de discussion à son propos.
#Université : « L’#universalisme_républicain ne se décrète pas, il se construit »
Dans une tribune au « Monde », soixante-quatorze universitaires expliquent pourquoi le colloque organisé par l’Observatoire du décolonialisme, les 7 et 8 janvier à la Sorbonne, constitue une caricature de son objet, car il conduit à observer pour ne rien voir !
Tribune :
L’#Observatoire_du_décolonialisme et le #Collège_de_philosophie organisent les 7 et 8 janvier, avec l’aval de #Jean-Michel_Blanquer, un #colloque à la #Sorbonne, intitulé « Après la #déconstruction : reconstruire les #sciences et la #culture » dont l’objectif affiché est de dénoncer l’« #ordre_moral » que la « “pensée” décoloniale », également nommée « #woke » ou « #cancel_culture », introduit dans le domaine éducatif en contradiction avec « l’#esprit_d’ouverture, de #pluralisme et de #laïcité qui en constitue l’essence ».
Il s’agit, est-il précisé, de « favoriser la construction, chez les élèves et les étudiants, des #repères_culturels fondamentaux » et de « faire un état des lieux, aussi nuancé que possible ». Cette recommandation laisse perplexe lorsque l’on constate que les animateurs des tables rondes sont les intervenants et vice-versa, et la quasi-totalité d’entre eux membres de l’Observatoire. Il serait vain dès lors d’attendre #débat_contradictoire ou mise en perspective.
On pourrait s’étonner de la participation annoncée du président de l’agence gouvernementale chargée d’évaluer la recherche dans l’enseignement supérieur, le Haut Conseil de l’évaluation de la recherche et de l’enseignement supérieur (HCERES), dont dépend l’avenir des laboratoires de sciences humaines et sociales. On sait toutefois que la dénonciation du #wokisme, ou d’autres chimères comme l’« #islamo-gauchisme », est un cheval de bataille du ministre de l’éducation nationale comme de la ministre de l’enseignement supérieur et de la recherche.
Une #police_de_la pensée
La caution quasi officielle apportée par le président du #HCERES à l’Observatoire du décolonialisme laisse-t-elle présager l’apparition d’une police de la pensée qui sanctionnerait toute recherche suspectée d’être contaminée par le prétendu wokisme ? Admettons, bien qu’il soit infondé, le postulat de réduction du #décolonialisme à l’idéologie woke et à la cancel culture.
De quoi est-il donc question ? On sait que l’expression « #being_woke » s’est popularisée aux Etats-Unis dans la communauté afro-américaine tout au long du XXe siècle pour désigner une nécessité : celle d’être éveillé aux #injustices, principalement alors de nature socio-économique. Le slogan, repris par le mouvement #Black_Lives_Matter (« les vies noires comptent »), gagne en popularité avant d’être récupéré par les conservateurs américains pour le dénigrer et disqualifier ceux qui en font usage.
C’est ainsi que s’impose #wokisme, lequel suggère l’existence d’un mouvement politique homogène chargé de propager l’#idéologie_woke. Il est d’ailleurs assez cocasse que la dénonciation de l’américanisation du débat s’accommode de l’importation (fautive) de mots américains.
Les nouveaux inquisiteurs
Désormais, le wokisme désigne péjorativement ceux qui sont engagés dans les luttes antiracistes, féministes, LGBT, etc. Sous couvert d’alerter sur le nouveau danger qui menacerait l’école républicaine, il s’agit de réprouver ceux qui dénoncent les #discriminations fondées sur la couleur et qui font un lien entre celles-ci et notre passé colonial et/ou esclavagiste.
Dans la rhétorique réactionnaire des nouveaux inquisiteurs, on pratique une stratégie d’#éradication_lexicale visant à éliminer du vocabulaire des #sciences_sociales des termes tels que #racisme_systémique, #privilège_blanc, #racisation, #intersectionnalité, #décolonialisme, termes prétendument dénués de toute rationalité. A de nombreux égards, la querelle ressemble à celle de la #political_correctness (le #politiquement_correct) du début des années 1990.
En effet, cette dernière fut avant tout, aux Etats-Unis, l’occasion d’une offensive des conservateurs et de l’extrême droite contre le pouvoir supposé des #minorités. En France, le terme désigne, dans la méconnaissance du contexte américain, un ensemble hétérogène composé de marxistes, de multiculturalistes, de féministes, de postmodernistes, etc., tous accusés, entre autres vices, de #puritanisme, de #censure, de #dictature_des_minorités.
Le #cyberharcèlement moralisateur
A l’inverse, celui qui se veut politiquement incorrect fonde ses jugements sur la #liberté_de_penser, la #rationalité, le #courage_intellectuel. Qui ne s’en réclamerait ? Quelle est donc la valeur d’une position qui rassemble tout le monde et chasse des fantômes ? La « #wokeness » doit en réalité être comprise comme une dynamique inhérente à la #démocratie et, au-delà, l’indice des manquements de celle-ci à ses principes fondamentaux.
Le sort réservé à la cancel culture (#culture_de_l’annulation) illustre ce point de vue. Comme le wokisme, il s’agit essentiellement d’un terme polémique, lequel a servi, d’abord à la droite américaine puis aux néoconservateurs français, à disqualifier toute interpellation progressiste. Ses adversaires pensent que son invocation relève du tribunal populaire et s’accompagne nécessairement de #cyberharcèlement_moralisateur.
Il convient plutôt de l’interpréter comme une modalité de la protestation à l’usage de ceux qui disposent du seul pouvoir de marquer leur indignation en dénonçant certains dysfonctionnements dont la société s’accommode si souvent. Peut-on réellement penser que la cancel culture exprime, comme l’écrivent sans vergogne l’Observatoire du décolonialisme et le Collège de philosophie, la tentation de faire « table rase du passé, de l’histoire, de l’art, de la littérature, et de l’ensemble de l’héritage civilisationnel occidental » ? Nuance, disent-ils ?
Les choses commencent à changer
Plutôt que des effets de la cancel culture, ne faudrait-il pas s’inquiéter de la culture de l’#impunité, laquelle préfère la #disqualification à la dispute argumentée ? Que les choses commencent à changer, nous ne pouvons que nous en réjouir et non redouter la « dictature des minorités ». C’est, au contraire, des droits de ces dernières que nous devrions nous soucier si nous voulons combattre la dérive droitière à laquelle les organisateurs, en invitant #Mathieu_Bock-Côté à s’exprimer, sont coupablement inattentifs.
L’#universalisme_républicain ne se décrète pas, il se construit. Cela passe par la lutte contre les discriminations de classe, sexistes, homophobes ou ethnoraciales, comme contre les #préjugés racistes, antisémites et islamophobes, aujourd’hui de nouveau en vogue dans les espaces publics. Nier leur existence, c’est nuire gravement à l’idéal républicain.
Les signataires de cette tribune sont : Nicolas Bancel, professeur ordinaire, université de Lausanne ; Gilles Bastin, professeur, Sciences Po Grenoble ; Hourya Bentouhami, maîtresse de conférences, université Toulouse-II-Jean-Jaurès ; Magali Bessone, professeure, université Paris-I Panthéon-Sorbonne ; Pascal Blanchard, chercheur associé, CRHIM/UNIL Lausanne ; Philippe Blanchet, professeur, université Rennes-II ; Fabienne Bock, professeure émérite, Paris-XIII ; Gilles Boëtsch, directeur de recherche émérite, INEE-CNRS ; Olivier Borraz, directeur de recherche, IEP Paris ; Ahmed Boubeker, professeur, université de Saint-Etienne ; Michel Cahen, directeur de recherche émérite, IEP Bordeaux ; François Calori, maître de conférences, Rennes-I ; Philippe Chanial, professeur, université de Caen ; Sébastien Chauvin, professeur associé, université de Lausanne ; Christiane Chauviré, professeure émérite, université Paris-I Panthéon-Sorbonne ; Catherine Coquio, professeure, Université de Paris ; Philippe Corcuff, maître de conférences, IEP Lyon ; James Costa, maître de conférences, université Sorbonne-Nouvelle ; Bruno Cousin, professeur assistant, IEP Paris ; Pierre Crétois, maître de conférences, université Bordeaux-Montaigne ; Martine de Gaudemar, professeure émérite, université Paris-Nanterre ; Thierry Deshayes, chercheur postdoctoral, université de Neuchâtel ; Stéphane Dufoix, professeur, membre senior de l’IUF, université Paris-Nanterre ; Estelle Ferrarese, professeure de philosophie, université de Picardie Jules-Verne ; Franck Fischbach, professeur, université Paris-I Panthéon-Sorbonne ; Vincent Foucher, chargé de recherche, IEP Bordeaux ; Jean-Louis Fournel, professeur, université Paris-VIII ; Pierre François, directeur de recherche, IEP Paris ; Claude Gautier, professeur, ENS Lyon ; Jean-Christophe Goddard, professeur, université de Toulouse-II Jean-Jaurès ; Sophie Guérard de Latour, professeure, ENS Lyon ; Jacques Haiech, professeur honoraire, université de Strasbourg ; Abdelhafid Hammouche, professeur, université de Lille ; Stéphanie Hennette-Vauchez, professeure, Paris-Nanterre ; François Héran, professeur, Collège de France ; Philippe Huneman, directeur de recherche, IHPST ; Chantal Jaquet, professeure, université Paris-I Panthéon-Sorbonne ; Nadia Yala Kisukidi, maîtresse de conférences, université Paris-VIII ; Stefan Kristensen, professeur, université de Strasbourg ; Sandra Laugier, professeure, université Paris-I Panthéon-Sorbonne ; Jeanne Lazarus, directrice du département de sociologie, IEP Paris ; Olivier Le Cour Grandmaison, professeur, université d’Evry ; Patrick Le Galès, directeur de recherche, IEP Paris ; Claire Lemercier, directrice de recherche, IEP Paris ; Françoise Lorcerie, directrice de recherche émérite, université d’Aix-Marseille ; Pascal Maillard, professeur agrégé, université de Strasbourg ; Philippe Marlière, professeur, University College London ; Nonna Mayer, directrice de recherche émérite, IEP Paris ; Catherine Miller, directrice de recherche, université d’Aix-Marseille ; Yann Moulier-Boutang, professeur émérite, UTC-Alliance Sorbonne-Université ; Laure Murat, professeure, université de Californie à Los Angeles (UCLA) ; Christine Musselin, directrice de recherche, IEP Paris ; Etienne Nouguez, chargé de recherche, IEP Paris ; Janie Pélabay, chargée de recherche, IEP Paris ; Roland Pfefferkorn, professeur émérite, université de Strasbourg ; Alain Policar, chercheur associé, IEP Paris ; Clotilde Policar, professeure, ENS Paris ; Jean-Yves Pranchère, professeur, ULB Bruxelles ; Alain Renaut, professeur émérite, Sorbonne-Université ; Jacob Rogozinski, professeur, université de Strasbourg ; Diane Roman, professeure, université Paris-I Panthéon-Sorbonne ; Laurence Rosier, professeure, ULB Bruxelles ; Emma Rubio-Milet, professeure agrégée, université Sorbonne-Nouvelle ; Haoues Seniguer, maître de conférences, IEP Lyon ; Réjane Sénac, directrice de recherche, IEP Paris ; Vincent Tiberj, professeur associé, IEP Bordeaux ; Julien Talpin, Chargé de recherche, université de Lille ; Fabrice Virgili, directeur de recherche, UMR Sirice/CNRS ; Tommaso Vitale, professeur associé, IEP Paris ; Albin Wagener, maître de conférences, université Rennes-II ; Patrick Werly, maître de conférences HDR, université de Strasbourg ; Aline Wiame, maîtresse de conférences, université Toulouse-II Jean-Jaurès ; Charles Wolfe, professeur, université de Toulouse Jean-Jaurès ; Geneviève Zoïa, professeure, université de Montpellier ; Valentine Zuber, directrice d’études, EPHE.
▻https://www.lemonde.fr/idees/article/2022/01/05/universite-l-universalisme-republicain-ne-se-decrete-pas-il-se-construit_610
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ajouté à ce fil de discussion :
Projet de #loi sur les #principes_républicains : le niveau des eaux continue de monter
►https://seenthis.net/messages/908798
Les fonds marins, un nouvel eldorado minier qui menace les océans Alexandre Shields
▻https://www.ledevoir.com/societe/environnement/652542/environnement-les-fonds-marins-un-nouvel-eldorado-minier-qui-menace-les-oc
Une organisation méconnue associée à l’ONU prépare activement le terrain en vue de l’exploitation minière des fonds océaniques de la planète. Elle a déjà accordé des permis d’exploration totalisant des centaines de milliers de kilomètres carrés pour la recherche de minerais convoités pour le développement technologique et la transition énergétique. Cette nouvelle industrie risque toutefois de menacer les écosystèmes marins jusqu’aux plus grandes profondeurs des océans.
Or, plusieurs des minerais qui seront utilisés pour répondre à la demande industrielle sont soit rares sur la terre ferme soit peu présents dans certains pays où leur utilisation est croissante, notamment en Europe et en Asie. Cette situation a pour effet d’attirer l’attention sur les imposantes ressources minières qui se trouvent dans les fonds marins de plusieurs régions de la planète, expliquent au Devoir les chercheurs Pierre-Marie Sarradin et Jozée Sarrazin, de l’unité de recherche Étude des écosystèmes profonds de l’Institut français de recherche pour l’exploitation de la mer (Ifremer).
L’idée d’explorer et d’exploiter le potentiel minier des fonds marins, jusqu’à plus de 4000 mètres de profondeur dans certains cas, n’a d’ailleurs rien de théorique. Selon les données fournies par l’Ifremer, un total de 31 permis d’exploration ▻https://www.isa.org.jm/minerals/exploration-areas ont déjà été accordés par l’Autorité internationale des fonds marins (AIFM), un organisme indépendant mis sur pied dans le cadre de la Convention des Nations unies sur le droit de la mer. Celui-ci n’a pas répondu à nos nombreuses demandes de précisions. Il tient sa 26e session jusqu’au 10 décembre.
De multiples détenteurs
Les permis concernent tous des eaux internationales, c’est-à-dire des zones situées loin au large des côtes, et ils sont détenus par 22 entreprises ou États. Selon la liste figurant sur le site de l’AIFM, les détenteurs viennent de plusieurs régions du monde. On y retrouve notamment les gouvernements de l’Inde, de la Pologne et de la Corée du Sud, mais aussi le ministère des Ressources naturelles de la Russie, une entreprise britannique, une société d’État allemande, deux entreprises japonaises et trois promoteurs chinois, dont une entreprise spécialisée dans le développement technologique.
Les détenteurs des permis d’exploration ont la mainmise sur une superficie de fonds marins des océans Atlantique, Indien et Pacifique qui totalise plusieurs centaines de milliers de kilomètres carrés. On retrouve notamment des gisements potentiels de sulfures polymétalliques le long de la côte ouest canadienne. Ces gisements peuvent contenir de l’or, de l’argent, du fer, du cuivre et du zinc. Plus au large, dans les eaux internationales du Pacifique Nord, on retrouve des dépôts de ferromanganèse riches en manganèse, en cobalt et en nickel.
Une vaste région du Pacifique située à l’ouest du Mexique suscite toutefois particulièrement la convoitise : la zone de Clarion-Clipperton. Des permis pour plus de 1,2 million de kilomètres carrés y sont actifs, détenus par 16 promoteurs différents. On retrouverait dans ces fonds marins plus de 20 milliards de tonnes de nodules polymétalliques, qui comptent plus d’une dizaine d’éléments chimiques différents.
Toutes ces ressources trouvées dans le fond des océans pourraient répondre à une demande industrielle croissante au cours des prochaines décennies. Elles contiennent en outre des terres rares utilisées dans le développement de plusieurs technologies, notamment pour la fabrication de nos téléphones cellulaires, de nos ordinateurs et des véhicules électriques, mais aussi pour la production d’énergie solaire et éolienne.
Exploitation à venir
Sous la pression de certains États qui souhaitent lancer des projets expérimentaux d’exploitation, l’AIFM, qui est basée en Jamaïque, travaille actuellement à compléter un cadre réglementaire pour la zone internationale des fonds marins, soit tout le territoire situé hors des frontières nationales. Dans un communiqué publié le 23 novembre, l’organisation a indiqué qu’elle recherchait un « consultant légal » afin, notamment, qu’il lui fournisse un avis en vue de la « finalisation » du projet de règlements pour l’exploitation minière.
Selon Mme Sarrazin et M. Sarradin, cette réglementation devrait être établie d’ici deux ans, ce qui ouvrira la porte à l’octroi de permis d’exploitation. Dans un contexte où la demande pour certaines ressources augmente rapidement et où plusieurs entreprises développent les techniques qui permettraient d’exploiter les fonds marins, même à de grandes profondeurs, les chercheurs de l’Ifremer estiment que la technologie « pourrait être opérationnelle d’ici 5 à 10 ans ».
Le Devoir a consulté le site de certaines des entreprises ▻https://metals.co qui lorgnent ce potentiel minier inexploité. Toutes font valoir que les ressources des fonds marins constituent un élément essentiel de la transition énergétique, et donc de la lutte contre la crise climatique. Qui plus est, toutes les entreprises assurent que cette exploitation serait peu risquée pour l’environnement, et ce, malgré l’absence d’études indépendantes portant sur les effets environnementaux.
Les chercheurs de l’Ifremer font d’ailleurs une mise en garde contre les répercussions potentielles de cette industrie : destruction d’habitats, panaches de particules, bruits, vibrations, remise en circulation de sédiments et de composés toxiques qui pourraient voyager sur de très grandes distances, etc. « Tous ces éléments risquent de perturber des fonctions biologiques de base comme la reproduction, la migration, le recrutement, les cycles de vie, voire les grands cycles géochimiques de l’océan », préviennent Pierre-Marie Sarradin et Jozée Sarrazin.
Demande de moratoire
Pour l’organisation Deep Sea Conservation Coalition, il faut donc imposer « un moratoire » sur les projets miniers en milieu marin avant que ceux-ci provoquent des dégâts qui risqueraient de perdurer pendant plusieurs années.
« La biodiversité des zones ciblées pourrait prendre des siècles à revenir, d’autant plus que l’extraction détruirait complètement les fonds marins », souligne Sian Owen, qui coordonne la stratégie de l’organisme depuis une dizaine d’années. Elle ajoute que la « transition » énergétique devrait aller de pair avec l’idée de réduire la demande en ressources, ce qui ne cadre pas avec la volonté d’aller exploiter des minerais jusqu’au fond des océans. Mme Owen rappelle du même coup que plusieurs produits technologiques sont toujours très peu recyclés, ce qui constitue un important gaspillage de ressources non renouvelables.
Devant le tollé soulevé dans une partie de la communauté scientifique ▻https://www.seabedminingsciencestatement.org , des entreprises comme Samsung, BMW, Google, Volvo et Microsoft ont réclamé un moratoire sur le développement de cette nouvelle industrie minière.
Ce principe semble, aux yeux de plusieurs, la voie à suivre. « La connaissance du fonctionnement des écosystèmes associés à ces ressources, même si elle s’accroît un peu plus chaque année, est encore largement insuffisante pour qu’on puisse évaluer de manière robuste les effets de l’exploitation, mais également pour qu’on puisse proposer des stratégies de surveillance environnementale efficaces », font valoir M. Sarradin et Mme Sarrazin.
#saccage des #fonds_marins #océans #nodules_polymétalliques #transition_énergétique #crise_climatique #écosystèmes #mines #minerais #ONU
]]> Le jardin de l’Archevêché menacé par la Mairie de Paris
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Résumons : la mairie de Paris mène une « concertation » dont le résultat est à 94 % que l’on ne doit pas toucher à l’existant, et surtout en aucune manière au square Jean XXIII. Et plutôt que de donner un cahier des charges qui respecterait ce choix des Parisiens, en interdisant de toucher au jardin qu’il faudrait seulement restaurer, on met en compétition quatre groupements avec des « compétences paysage tout à fait centrale ». Il est parfaitement évident que des paysagistes vont faire œuvre de paysagistes, et qu’ils toucheront forcément au square Jean XXIII. Emmanuel Grégoire ose même dire qu’il veut « rénover » ce jardin - qui n’a nul besoin d’autre chose que d’être restauré comme il était avant que la base vie du chantier ne s’y installe -, qu’il veut le « végétaliser » - mais que veut dire « végétaliser » un jardin déjà abouti ? - et que ces exigences - dont personne ne veut, à part la mairie de Paris - seraient « difficile à concilier » avec le dessin actuel du jardin ?
Que celui-ci, dans sa forme actuelle, qui est son état historique, soit déjà condamné dans l’esprit de la Ville de Paris ne fait donc aucun doute. Et encore moins quand on entend dire dans la même réunion qu’on n’est même pas sûr que tous les arbres auront survécu au traitement infligé par l’installation de la base vie et le déroulement des travaux…
=> ▻https://www.latribunedelart.com/le-jardin-de-l-archeveche-menace-par-la-mairie-de-paris
]]> Les cadeaux d’Anne Hidalgo aux milliardaires Bernard Arnault, François Pinault et Xavier Niel
▻https://linsoumission.fr/2021/09/07/les-cadeaux-danne-hidalgo-aux-milliardaires-bernard-arnault-francois-p
La maire de Paris socialiste se prépare à annoncer sa candidature à l’élection présidentielle. Le précédent Président socialiste, François Hollande, s’était fait élire en annonçant que son véritable ennemi serait la finance, pour in fine bien la servir. Le résultat fut l’élection de son pur produit et serviteur, Emmanuel Macron, grâce à qui les intérêts des puissants oligarques milliardaires n’auront jamais été aussi bien défendus dans toute l’histoire de la République. Y a-t-il autre chose à attendre de la probable future candidate Anne Hidalgo ? Cette note vise, à partir de quelques exemples parisiens, d’évaluer à cet égard le bilan de l’action municipale de la maire socialiste vis-à-vis de certains de ces oligarques milliardaires. Et si les amis d’Hidalgo étaient précisément les financiers ?
Anne Hidalgo et Bernard Arnault, un vieil idylle
Commençons par #Bernard_Arnault, l’homme le plus riche de France et la deuxième fortune mondiale. C’est un grand adepte des #paradis_fiscaux, de l’optimisation et de l’évasion fiscale. Si l’homme d’affaire est amateur d’art et collectionneur, son engagement dans le mécénat suit surtout une stratégie visant à améliorer l’image du groupe LVMH et accroître son rayonnement à l’international.
Pour le milliardaire, comme pour nombre d’oligarques, il est essentiel de tisser des liens avec le politique, de droite comme de gauche. Et côté #PS, dans l’équipe de #Bertrand_Delanoë - #Anne_Hidalgo, ça tombe bien, c’était un de leurs objectifs. #Christophe_Girard, l’ancien adjoint à la culture et maire du 4e, est en partie à l’époque choisi pour cela. Celui qui fut à #EELV avant de rejoindre le PS a occupé des fonctions de premier plan au sein de la maison #Yves_Saint_Laurent et du groupe #LVMH jusqu’en 2016.
#Un immense terrain à prix cassé pour la Fondation Vuitton à Paris
Bernard Arnault avait déjà obtenu pour le groupe LVMH de la Mairie de Paris l’exploitation du jardin d’acclimatation dans le bois de Boulogne par le biais d’une délégation de service public. En 2006, le Conseil de Paris va lui permettre de construire sa “ #Fondation_Vuitton ” qui sera inaugurée en 2014. Une convention de 55 ans au profit de LVMH est établie sur un terrain appartenant à la Ville et jouxtant le jardin d’acclimatation, contre une redevance de 100.000€ par an. Au vu de la superficie de 11.100m2, c’est pas cher payé, soit une redevance de 9€/m2/an.
À titre de comparaison, la redevance versée par la FFT pour la convention d’occupation de #Roland_Garros est d’environ 60€/m2. La largesse est de taille ! Mais surtout, Bernard Arnault va pouvoir profiter du cadre fiscal du mécénat induit par la loi Aillagon. La Cour des comptes en novembre 2018 a révélé que la construction du bâtiment qui devait initialement coûter 100 millions d’euros va voir sa facture exploser à près de 800 millions d’euros au total. Du fait de l’avantage fiscal permettant de défiscaliser 60% de l’argent investi, il en coûtera 518M€ à l’Etat.
Le musée des Arts et traditions populaires offert sur un plateau à LVMH
Celui qui a détruit tant d’emplois, tant de vies et tout le savoir-faire français de l’industrie du textile par sa politique de délocalisation va reprendre, tout un symbole, le musée des Arts et traditions populaires pour en faire sa maison LVMH- Arts-talents-patrimoine… Le bâtiment de l’ancien Musée national des Arts et Traditions populaires qui était installé dans le Bois de Boulogne, lui aussi attenant au jardin d’acclimatation, appartenait à la Ville et avait été concédé à l’État en 1954, par une convention arrivant à échéance en décembre 2014. Ce musée avait été fermé par l’Etat, et ses collections avaient été transférées au MUCEM à Marseille en 2011. Le bâtiment, depuis cette date, avait été laissé sans utilisation, muré en juin 2013 et laissé à l’abandon.
L’État va finalement verser une indemnité de 10 millions d’euros (un montant visant à permettre de réaliser les travaux de réhabilitation du bâtiment) à la Ville de Paris, pour la reprise du bâtiment. Mais plutôt que de recréer un établissement culturel municipal, certains parlaient d’un musée sur l’esclavage, la ville va le céder à LVMH, sans aucune mise en concurrence pourtant imposée à la moindre association culturelle. Et le “projet culturel”, normalement exigé, sera des plus sommaires. La ville va lui offrir les 10 millions d’euros perçus par L’État et établir une convention d’une durée de 50 ans pour une redevance en retour très faible de nouveau pour le groupe LVMH. Il s’agit de 150.000 euros par an, pour plusieurs milliers mètres carrés de surface, soit environ de nouveau 9€ le m2 par an, plus un faible pourcentage du chiffre d’affaires, alors qu’une partie des activités pratiquées dans le lieu (évènementielles et de restauration) sera très lucrative et bien rentable. A titre de comparaison, le prix des loyers commerciaux le plus faible dans le 16ème arrondissement est au minimum de 270€ le m2 par an…
Quand Anne Hidalgo prend la défense de Bernard Arnault contre ATTAC
Les investissements ont été estimés à 158 millions d’euros, bénéficiant là encore de la règle de la déduction fiscale de 60%, donc largement financés par l’Etat. Bernard Arnault peut donc s’offrir ainsi, grâce aux largesses de la ville et de l’Etat, une “Maison LVMH / Arts – Talents – Patrimoine”, mixant résidence d’artiste, salles d’exposition et de concerts, centre de documentation sur les métiers d’art et un restaurant de 1.000 m2, qui lui permettra, sous prétexte de culture, de valoriser son image. Le domaine LVMH dans le bois de Boulogne est dorénavant une vitrine plus que conséquente, nationale et internationale pour l’empire du luxe du milliardaire.
Le 3 juillet, lors de l’inauguration de la réouverture après travaux des magasins emblématiques de #La_Samaritaine, l’association Attac a mené une action non violente, un tag à la gouache et des banderoles pour dénoncer le gang des profiteurs. Pendant la crise sanitaire, alors que la pauvreté explose, ces milliardaires ont en effet augmenté de 68% leur fortune ! Bernard Arnault, lui, a vu ses avoirs personnels augmenter de 62 milliards d’euros, tout en poursuivant des licenciements et ses placements dans les paradis fiscaux ! Mais, Anne Hidalgo, côte à côte avec Emmanuel Macron pour flatter l’indécent milliardaire, fut parmi les premières personnalités politiques à dénoncer le vandalisme de l’association ►https://linsoumission.fr/2021/07/06/hidalgo-defend-arnault-la-gauche-soutient-attac … En cohérence, elle a choisi son camp, celui des milliardaires fraudeurs du fisc, la gôche anti gouache pro LVMH… ►https://linsoumission.fr/2021/07/06/hidalgo-defend-arnault-la-gauche-soutient-attac
Les cadeaux d’Anne Hidalgo à #François_Pinault
Juste après Bernard Arnault, impossible de ne pas mentionner François Pinault, autre milliardaire. François Pinault a lui aussi utilisé des sociétés écrans situées dans les paradis fiscaux des Antilles néerlandaises pour cacher un quart de sa fortune pendant une vingtaine d’années, évitant ainsi d’être assujetti à l’impôt sur le revenu jusqu’en 1997, sans compter les stratégies d’optimisation fiscale réalisées depuis. 3ème fortune française et 59ème au niveau mondiale en 2012, avec une fortune personnelle estimée à 8,5 milliards de dollars et une fortune professionnelle de 8,1 milliards d’euros, rien que ça. Pour François Pinault, impensable de ne pas accéder lui-aussi à sa propre fondation dans la capitale. Et ce que les milliardaires rêvent à Paris, Anne Hidalgo l’exauce. La maire de Paris lui a ainsi permis de réaliser la #Fondation_Pinault au sein de la Bourse du Commerce.
Cette magnifique rotonde datant du XVIIIe siècle avait été cédée par la Ville de Paris à la chambre de commerce et de l’industrie de Paris-Ile-de-France (CCI) en 1949, pour 1 franc symbolique, sous réserve qu’elle y accueille des activités liées à ses missions. Fin de l’été 2015, la municipalité a demandé à la CCI de lui céder cet espace de 13.000 mètres carrés, afin d’y installer une activité emblématique, de visibilité internationale, à côté des Halles : la fondation Pinault. En janvier 2016, alors que la CCI se retrouve financièrement au plus mal, à prévoir plus de 300 licenciements, la Ville de Paris a fait une proposition de rachat jugée satisfaisante par la chambre, laquelle se verrait céder en pleine propriété un bâtiment de 14.000 mètres carrés près de République, dont elle est concessionnaire depuis 1914. L’opération va coûter 86 millions d’euros à la ville de Paris et un dédommagement de 21 millions d’euros pour la CCI !
La ville, là encore, établit pour le milliardaire collectionneur, un bail emphytéotique pour 50 ans, pour un loyer annuel de 15 millions d’euros les deux premières années. Mais ce montant pouvant sembler être impressionnant revient à 1150€/m2/an, soit un loyer bien inférieur aux fourchettes hautes dans le quartier des loyers commerciaux qui sont plus autour de 2589€/m2/an. Et d’emblée, la ville a promis des loyers beaucoup moins élevés pour les années suivantes afin de tenir compte des travaux engagés. Les coûts d’entretien et d’investissement de ce site seraient très élevés (12,3 millions d’euros entre 2009 et 2015, 4 millions nécessaires pour une mise aux normes d’urbanisme et d’accueil du public). Mais François Pinault, en bon mécène désintéressé comme Bernard Arnault, sait user lui aussi de la loi Aillagon de défiscalisation de l’argent investi dans la fondation. Ces milliardaires savent défendre leurs intérêts au point de réussir à les faire passer pour de l’intérêt général !
Les liens d’Anne Hidalgo avec Unibail-Rodamco-Westfield, le premier groupe coté de l’immobilier commercial au monde
Sans chercher à être exhaustif, on ne peut traiter du rapport d’Anne Hidalgo avec les milliardaires et les grandes entreprises au top dans la financiarisation capitaliste sans traiter d’ #Unibail-Rodamco-Westfield , le premier groupe coté de l’immobilier commercial au monde.
Avant d’être Maire de Paris, Madame Hidalgo a été 1ère adjointe de Bertrand Delanoë de 2001 à 2014. Un des gros dossiers d’urbanisme de l’équipe municipale fut celui des Halles. Si les débats à l’époque ont surtout porté sur les aspects esthétiques et la Canopée, l’opération de rénovation des #Halles prévoyait surtout une immense braderie, puisque ce bâtiment emblématique de Paris, porte d’entrée dans la capitale via les immenses stations de métro et RER qu’il abrite, au profit de l’entreprise Unibail.
Cette cession du centre commercial, qui a eu lieu en 2010-2011, a profité de manière aberrante à l’entreprise, aux dépens de la collectivité : la Ville a ainsi réalisé 1 milliard de travaux dans le bâtiment avant de le céder (sans contribution d’Unibail, alors que l’entreprise devait initialement contribuer pour 238M€ aux travaux, mais ce concours a été annulé). Elle cède pour 142 millions un centre commercial qui doit en valoir dans les 700 millions selon l’évaluation de la CRC en 2018, qui estime que “le réaménagement des Halles a profité de manière déséquilibrée à Unibail-Rodamco(-Westfield) potentiellement au détriment 1) des finances de la Mairie et 2) de l’intérêt public considéré plus généralement.”)
De plus, la surface commerciale a été étendue, ce qui accroît la marchandisation aux dépens de l’intérêt général et notamment à l’encontre des revendications des riverains.
Les liens de Mme Hidalgo et de son équipe avec cette entreprise ne s’arrêtent pas là : en effet, elle a décidé en 2014 de permettre à #Unibail de construire au coeur du Parc des expositions qui était déjà délégué en délégation de service public à Viparis, filiale d’Unibail, la gigantesque Tour Triangle, bâtiment anti-écologique, contesté par les riverains, des élu.es (comme #Alexis_Corbière et moi-même à l’époque et les élu.es écologistes) et spéculatif. D’après un rapport de la CRC, publié en juin 2020, on a appris de plus que la Ville avait dans le cadre de ce projet offert un cadeau de 263 millions d’euros, sans raison, à l’entreprise Unibail !
En effet, en 2014, la Ville a résilié de manière anticipée le contrat de délégation du Parc des expositions qui la liait à Unibail, afin de signer un nouveau contrat intégrant la présence de la future Tour Triangle. La résiliation a été l’occasion d’une indemnisation d’Unibail à hauteur de 263 millions d’euros, pour le dédommager de cette résiliation anticipée… C’est pourtant l’entreprise Unibail le premier bénéficiaire, puisqu’elle a obtenu le nouveau bail du Parc des expositions et de la Tour triangle, pour une durée de 50 ans ! Après la braderie des Halles à Unibail en 2011, c’est un nouveau cadeau injustifié fait par la Ville à cette multinationale, qui va déjà profiter de larges bénéfices du fait du projet de Tour triangle (si le projet voit le jour car il est tellement à contre temps !) et qui a, selon les termes de la CRC, “durablement renforcé sa situation sur son secteur d’activité”.
Pour rendre concret ce montant, avec 263 millions d’euros on pourrait très très largement héberger et garantir un accompagnement social à l’ensemble des sans-abris parisiens et mal logés pendant 5 ans !
De plus, avec un loyer de 2 millions d’euros par an pour une durée de 80 ans (et 8 millions versés à la livraison du bâtiment), la convention est assez généreuse : rien que les 77.000m2 de bureaux prévus peuvent permettre à Unibail d’engranger environ 80 millions d’euros par an, montant qui n’inclut pas les bénéfices liés à l’espace de conférences, à l’hôtel de luxe, aux locaux commerciaux en pied d’immeuble.
Anne Hidalgo et Xavier Niel
Dernier exemple pour la route dans cette note, parlons des largesses de la ville avec #Xavier_Niels et sa station F. Non content de faire de la capitale la vitrine des milliardaires, du luxe, de la transformer en centre commercial géant, l’équipe municipale d’Anne Hidalgo entend en faire une vitrine de l’innovation, la capitale des #start-up, de quoi faire rougir de plaisir Emmanuel Macron qui s’auto présente comme le Président de la start-up Nation.
L’équipe se tourne naturellement vers un autre milliardaire, Xavier Niel. Il est le fondateur et actionnaire principal d’ #Iliad, groupe de télécommunications français, maison mère du fournisseur d’accès à internet #Free et de l’opérateur de téléphonie mobile #Free_mobile. C’est aussi un parisien qui vit par ailleurs dans un somptueux palais dans le 16e arrondissement.
Pour monter la station F, plus grand incubateur numérique à start-up d’Europe, la SNCF va céder la #Halle_Freyssinet à la Ville de Paris qui la cède ensuite au groupe Free en 2016 pour 70 millions d’euros, soit pour 1800€ le m2 dans une zone où au même moment le prix du m2 avoisinait les 8000 €.
Pur hasard ? #Jean-Louis_Missika, l’adjoint d’Anne Hidalgo à l’urbanisme durant la précédente mandature, celui qui pilota en grande partie sa campagne municipale “Paris en commun”, très actif sur ce dossier, avait auparavant travaillé comme lobbyiste auprès de Free et de Xavier Niel…C’est vrai qu’il avait été en grande partie choisi pour avoir siégé dans une cinquantaine de conseil d’administration de grande entreprises et notamment chez free. Son soutien lors de la présidentielle à Emmanuel Macron n’avait en aucun cas entaché leur collaboration politique.
Si la station F peine à fidéliser les 1000 start-up promises du fait de nombreuses difficultés pour garantir l’efficacité des services promis et de bonnes conditions matérielles (même le wifi dysfonctionne, quel comble pour le patron de Free !), la gare de la start-up nation-capitale accueille de beaux voyageurs, comme le fondateur d’ #Airbnb, la numéro 2 de #Facebook, le PDG de #Microsoft… Le jour de l’inauguration du lieu, le 29 juin 2017, en présence d’Emmanuel Macron, fut précisément le même jour où celui-ci avait déclaré “Une gare, c’est un lieu où on croise les gens qui réussissent et les gens qui ne sont rien.”
Par Danielle Simonnet.
#paris #Saccage2024 #anne_hidalgo #ps #enMarche #paris #jo du #fric
]]> Non au Saccage2024 !
►https://saccage2024.wordpress.com
Nous nous opposons aux saccages écologiques et sociaux que provoquent les Jeux Olympiques de Paris en 2024. Nous, habitant-e-s de Seine-Saint-Denis et de ses alentours, associations et collectifs, sommes rassemblé-e-s pour défendre les espaces que l’on habite, où l’on se rencontre, on tisse des liens, on s’entraide et on s’amuse. Ce site vise à rendre plus accessible les informations sur les différents chantiers et enjeux des JO 2024 et à vous tenir au courant des prochaines actions que l’on organise.
#paris #Saccage2024 #anne_hidalgo #ps #enMarche #paris #jo du #fric
]]> 2024 : Les Jeux olympiques n’ont pas eu lieu - Par Marc Perelman
▻http://marcperelman.com/ouvrages/ouvrage.php?id_ouvrage=23
La France devrait accueillir les Jeux olympiques et paralympiques en 2024. Ce sera un été de fête. Et pour qu’il soit réussi, des milliers de travaux seront engagés, des fonds énormes seront dépensés. Paris deviendra un parc olympique écoresponsable et les Français seront « tous citoyens du sport ». Même la Covid-19 sera endiguée pour l’occasion.
Pourtant nous ne voulons pas de ces Jeux. Pas seulement parce que cette débauche de moyens nous inquiète, pas seulement à cause de ses e ets collatéraux de corruption, de dopage, de pollution, pas seulement à cause du risque pandémique, mais aussi parce que nous refusons la société olympisée qu’ils nous construisent.
Marc Perelman décortique les documents liant le Comité international olympique à ses partenaires, ainsi que la Charte olympique, et les met à l’épreuve de l’organisation de « Paris 2024 ». Et non, l’olympisme n’est pas écologique, il ne fait pas œuvre sociale, n’éduque pas, n’agit pas pour la santé publique, ne respecte pas les territoires qu’il occupe. Il n’a pour horizon que la « croissance » : plus de records, plus de spectateurs, plus d’argent.
Nous ne sommes pas obligés de lui dérouler le tapis rouge.
jeux_olympiques #jo #sport #football #france #cio #des_grands_projets..._inutiles_ #urbanisme #corruption évènementiel #politique #saccage #jeux_olympig
]]>Saccager la montagne pour des canons à neige : le désastre des retenues collinaires
▻https://reporterre.net/Saccager-la-montagne-pour-des-canons-a-neige-le-desastre-des-retenues-co
Grimper en haut du plateau de #Beauregard, à 1 741 mètres d’altitude, sur les hauteurs de la station de #La_Clusaz (Haute-Savoie), c’est bénéficier d’un splendide panorama sur le massif des #Aravis et sur le majestueux mont Blanc. Cette vaste prairie, où l’on peut croiser des chamois, des renards voire le rare tétras-lyre, est aujourd’hui menacée par les pelleteuses qui vont y construire une #retenue_collinaire. Un réservoir d’#eau pour abreuver les #canons_à_neige et maintenir le manteau neigeux de la station, chaque année plus fragile sous l’effet du dérèglement climatique. La mairie assure que cette retenue d’une capacité de 150 000 m3, la cinquième de la commune, permettra également de sécuriser l’alimentation en eau potable.
Mais les opposants, réunis au sein de l’association #Nouvelle_Montagne, s’indignent du « #saccage d’un sanctuaire de #biodiversité ». Sur le site de leur pétition, qui a récolté quasiment 50 000 signatures, ils rappellent que le site est classé #Natura_2000 et que cette retenue collinaire mettra en danger l’#équilibre_hydrologique et détruira des #écosystèmes, lieu de vie de sept espèces d’#oiseaux.
]]>#JO_2024 : un bassin contre des jardins
Le projet d’une giga-#piscine à #Aubervilliers menace les #jardins_ouvriers des #Vertus, tandis que la maire y voit l’occasion de « faire décoller » sa ville. Opacité comptable et budgétaire, utilité olympique contestable, coût important, pari sur la rentabilité foncière d’une vaste #friche urbaine : un drame métropolitain éclate. Et des anti « saccages » par les JO se rassemblent à Paris le 6 février.
▻https://www.mediapart.fr/journal/france/050221/jo-2024-un-bassin-contre-des-jardins
#jeux_olympiques #JO #Paris #France #agriculture_urbaine #Fort-d’Aubervilliers #Seine-Saint-Denis #Grand_Paris_Aménagement #destruction #saccage_olympique #quartiers_populaires #urbanisme #urban_matter #géographie_urbaine #Solideo #Karine_Franclet
Coronavirus : la déforestation en Amazonie menace plus que jamais les peuples isolés
▻https://www.numerama.com/sciences/618142-coronavirus-la-deforestation-en-amazonie-menace-plus-que-jamais-les
D’après les dernières données de l‘Institut national de recherches spatiales (INPE) du Brésil, ce sont 327 kilomètres carrés de #forêt amazonienne qui ont été rasés, en mars 2020. Sur les douze derniers mois, le total est porté à 9 152 kilomètres carré. Il s’agit, à l’échelle d’une année, du chiffre le plus haut depuis mai 2008.
]]>Palestinian Farmer’s Land Flooded With Sewage
November 10, 2019 8:40 PM – IMEMC News
▻https://imemc.org/article/palestinian-farmers-land-flooded-with-sewage
Israeli occupation forces prevented Palestinians from harvesting their olive crops in the village of Sebastia, northwest of Nablus, WAFA reported.
Mayor of Sebastia, Mohammed Azem, said Israeli forces kicked farmers out of their land under the pretext of lacking prior coordination, despite the fact that their lands are located beyond the fence that surrounds the illegal Israeli settlement of Shafi Shomron.
Azem further stated that farmers were shocked to find pig carcasses on the property, and the land flooded with sewage, acts attributed to the illegal settlers from the nearby settlement.
All Israeli settlements in the occupied Palestinian Territories are illegal under International Law, however more than 600,000 Israeli settlers live in settlements across the West Bank.
Edited for IMEMC: Ali Salam
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Settlers Chop 118 Olive Trees
November 10, 2019 9:19 PM IMEMC News & Agencies
▻https://imemc.org/article/settlers-chop-118-olive-trees
At dawn, on Sunday,Israeli settlers destroyed dozens of Palestinian-owned olive trees in Yasuf and al-Sawiya villages, in the occupied West Bank districts of Salfit and Nablus.
Anti-settlement activist Ghassan Daghlas said that Israeli settlers from the illegal settlement of Rahalim chopped off about 60 olive trees in al-Sawiya village.
Head of Yasuf’s village council, Khaled Ibayya, said that 58 olive trees were cut down in his village.
]]>Dans les Alpes, la neige artificielle menace l’eau potable, par Marc Laimé (Les blogs du Diplo, 21 janvier 2019)
►https://blog.mondediplo.net/dans-les-alpes-la-neige-artificielle-menace-l-eau
Développée aux États-Unis dans les années 1950, la fabrication de neige artificielle s’est répandue en Europe depuis une trentaine d’années. En France, la neige de culture, utilisée sur 120 hectares au milieu des années 1980, s’étendait vingt ans plus tard sur plus de 4 500 hectares, soit 18 % de l’ensemble du domaine skiable. Depuis, l’industrie de l’or blanc n’a cessé de mettre de nouvelles installations en service, menaçant l’ensemble du cycle hydrologique naturel, et désormais jusqu’à la production d’eau potable.
par Marc Laimé, 21 janvier 2019
#montagne #tourisme #loisirs #neige #sports (divers) #eau #saccage (environnemental)
]]>L’Afrique et le business de la misère – Le Partage
▻http://partage-le.com/2018/01/8584
Les années passent, nous voici en 2018. Malheureusement la plupart des trajectoires destructrices sur lesquelles nous sommes embarqués restent inchangées (les émissions de gaz à effet de serre, l’étalement urbain, l’artificialisation des terres, la consommation et la surexploitation des « ressources naturelles », etc., tout cela continue d’augmenter, qui plus est à un rythme de plus en plus frénétique). Au cœur de ce saccage et de ces ravages mondialisés, on retrouve toujours le continent africain. Ça non plus, ça ne change pas.
]]>Gonesse : le jardin des opposants à EuropaCity saccagé - Le Parisien
▻http://www.leparisien.fr/gonesse-95500/gonesse-le-jardin-des-opposants-a-europacity-saccage-08-08-2017-7182306.p
C’est Bernard Loup, président du Collectif pour le #Triangle_de_Gonesse qui a fait cette amère découverte samedi. « Je l’ai constaté en rentrant de vacances, déplore-t-il. L’essentiel des citrouilles ont été arrachées et balancées dans tous les sens. Elles n’ont pas été volées. J’en ai ramené, mais je pense que beaucoup ne vont pas pouvoir se conserver. » Pour le président de l’association qui #lutte contre l’#urbanisation de cette zone agricole de 300 ha, qui doit accueillir le complexe de loisirs et de commerce #EuropaCity, il ne fait guère d doute quant aux motivations des auteurs. « Manifestement, c’est une action contre notre initiative », conclut-il.
Cette parcelle environ 2 000 à 3 000 m2 avait été plantée avant une manifestation organisée par le collectif le 21 mai dernier contre EuropaCity. « C’est une parcelle qui avait été mise à disposition par un exploitant qui nous l’avait labourée avant », précise Bernard Loup. Le matin, plusieurs centaines de participants avaient semé des graines de tomates, de haricots et de maïs. Certains avaient préparé des plants de citrouille qu’ils avaient plantés.
Depuis, un groupe d’une quinzaine de personnes revient régulièrement pour entretenir la parcelle. « A l’automne, on comptait faire des animations avec les citrouilles, ajoute Bernard Loup. On voulait s’inspirer d’une initiative des opposants au Village Decathlon de Saint-Jean-de-Braye (Loiret) qui étaient allés servir la soupe aux élus favorables au projet. »
]]> Militants chassés de la forêt de Bialowieza Le Courrier - ATS - 21 juillet 2017
▻https://www.lecourrier.ch/151249/militants_chasses_de_la_foret_de_bialowieza
Bialowieza, à la frontière orientale de la Pologne, est l’un des derniers témoins de la forêt primaire. Des militants opposés à sa destruction ont été violemment réprimés.
https://ds1.static.rtbf.be/article/image/1248x702/1/c/2/0ce6bcaa9d197338283783bae1982c276febcb9f.jpg
Des gardes forestiers ont expulsé violemment vendredi en Pologne des militants rassemblés dans la forêt protégée de Bialowieza, à la frontière avec la Biélorussie. Ils protestaient contre l’abattage des arbres.
L’Unesco a demandé à la Pologne de cesser l’abattage dans cette forêt, qu’elle menace de placer dans le cas contraire sur la liste du patrimoine mondial en péril. La Commission européenne a de son côté saisi la Cour de justice de l’UE afin de suspendre immédiatement les opérations d’abattage dans cette zone protégée.« Les manifestations sont plus violemment réprimées qu’avant. Les gardes forestiers ont plus de main-d’oeuvre pour protéger leurs machines, ils mobilisent des gardes forestiers de toute la Pologne », a dit la fondation Wild Poland dans un communiqué.
Bialowieza, à la frontière orientale de la Pologne, est l’un des derniers témoins de la forêt primaire qui, jadis, recouvrait une bonne partie de l’Europe. Son parc national abrite notamment des bisons d’Europe.
#Pologne #Violence #Deforestation #loi_szyszko #bois #forêt #saccage #collusion #prédation #biens_communs #arbres #forêts_primaires
▻https://seenthis.net/recherche?recherche=Bialowieza
Le gouvernement polonais s’attaque à un trésor de la nature, la forêt de Bialowieza
▻https://reporterre.net/Le-gouvernement-polonais-s-attaque-a-un-tresor-de-la-nature-la-foret-de
La #forêt de #Bialowieza, en #Pologne, abrite une extraordinaire biodiversité et la plus importante population de bisons d’Europe. Elle est aujourd’hui menacée par un vaste programme de coupe d’arbres décidé par le nouveau gouvernement ultraconservateur. Un plan qui traduit une vision très interventionniste et datée de la gestion forestière.
on en parlait déjà
▻https://seenthis.net/messages/493374
#saccage/ N°2
▻https://coutoentrelesdents.noblogs.org/post/2016/06/12/saccage-n2
#ANTISPECISME #animaux #antispécisme #humanié #nature #résistance #résistance_animale
Privé de RSA, il détruit la porte d’entrée, deux téléphones, cinq écrans d’ordinateurs, trois claviers et une borne interactive à la #Caf de Chateauroux
▻http://www.leparisien.fr/centre/chateauroux-les-locaux-de-la-caf-saccages-par-un-homme-prive-de-rsa-18-06
Le conseil départemental, siégeant en commission, lui avait retiré récemment ses droits au #RSA, ont expliqué les agents à l’homme qui s’est présenté à eux jeudi matin.
Après avoir entendu les agents, le quadragénaire est allé chercher dans sa voiture une barre à mine.
Précisant « ne pas vouloir s’en prendre au personnel », l’homme a détruit la porte d’entrée, deux téléphones, cinq écrans d’ordinateurs, trois claviers et une borne interactive, a indiqué Luc Della-Valle, président du conseil d’administration de la CAF de l’Indre.
« Plus rien à perdre »
« Au bout d’un moment, il s’est calmé. Il s’est assis, et a attendu patiemment les policiers que nous avons bien évidemment appelés. Quand ces derniers sont arrivés, il leur a tendu ses poignets, en précisant qu’on pouvait lui faire ce qu’on voulait, qu’il n’avait plus rien à perdre, et qu’on ne pourrait pas lui prendre ce qu’il n’avait pas », a raconté M. Dalla-Valle.
]]>Non au barrage de Sivens ! - TV BRUITS
▻http://tvbruits.org/spip.php?article2073
Présenté comme un projet d’intérêt général, ce barrage est en réalité destiné à 70% pour l’irrigation d’une vingtaine de fermes pratiquant un modèle d’#agriculture intensive, notamment du maîs, et à 30% au soutien d’étiage, pour la dilution de pollutions !!!!
Ségolène Royal, croyait jusqu’à la semaine dernière que ce barrage était un barrage hydro-électrique. Ayant enfin compris de quoi il s’agissait, elle a tout de même, envoyé des experts en mission. Les travaux n’ont pas pourtant été suspendus, et un immense désert remplace aujourd’hui la #forêt saccagée !!!
]]>Des chercheurs chinois s’inquiètent de la transformation des montagnes en villes
▻http://ici.radio-canada.ca/nouvelles/environnement/2014/06/04/001-villes-chinoises-aplanir-montages-pollution-environnement.shtml
Des dizaines de sommets pouvant atteindre 150 mètres de haut ont été aplanis pour combler des vallées et créer des dizaines de kilomètres carrés de terrain au cours de la dernière décennie. On s’est toutefois peu intéressé aux coûts et à l’impact environnemental de ces projets, déplorent des chercheurs de l’Université Chang’an dans un commentaire publié par le prestigieux journal scientifique Nature.
[...]
En plus de la pollution de l’air et de l’eau, de l’érosion, des glissements de terrain et des inondations, les projets ont détruit des terres agricoles et l’habitat d’animaux et de plantes sauvages, poursuit le groupe.
Satellite images of western Shiyan, China, in 2010 (left) and 2012 (right) after several peaks have been flattened.
▻http://www.nature.com/news/environment-accelerate-research-on-land-creation-1.15327
#Chine #sols #anthropocene #simcity
]]>#saccage
►http://coutoentrelesdents.noblogs.org/post/2014/06/06/saccage
BROCHURES A LIRE EN CLIQUANT L’IMAGE PLUS D’ANIMAUX QUI RÉSISTENT SUR SACCAGE LE BLOG.
#LIBERATION_ANIMALE #LUTTES #antispécisme #libération_animale #luttes #pensé_critique
]]>#saccage
►https://coutoentrelesdents.noblogs.org/post/2014/06/06/saccage
BROCHURES A LIRE EN CLIQUANT L’IMAGE PLUS D’ANIMAUX QUI RÉSISTENT SUR SACCAGE LE BLOG.
#LIBERATION_ANIMALE #LUTTES #antispécisme #libération_animale #luttes #pensé_critique
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