• « In Albania tutti trattenuti. Così si violano le norme Ue »

    Per i giudici di Palermo la detenzione è legittima solo come extrema ratio, da valutare caso per caso. «Ma a #Shengjin e #Gjader si presuppone che la reclusione sarà generalizzata: verrebbe a mancare la logica graduale prevista dalle direttive europee», afferma l’esperta di diritto dell’Unione #Daniela_Vitiello

    «Nei centri in Albania viene a mancare la logica graduale della direttiva Ue che prevede il trattenimento dei richiedenti asilo solo come extrema ratio», afferma Daniela Vitiello. Ricercatrice di diritto dell’Unione europea presso l’università degli studi della Tuscia e responsabile di un’unità di ricerca del centro di eccellenza Jean Monnet sull’integrazione dei migranti in Europa, con il manifesto commenta le recenti decisioni del tribunale di Palermo sulla detenzione dei richiedenti asilo a Porto Empedocle. Confermata in un caso, non convalidata negli altri cinque.

    Queste decisioni dicono qualcosa anche sul progetto dei centri in Albania?
    Le decisioni di non convalida dei trattenimenti, ma anche la prima di convalida, vanno nella direzione indicata dalle Sezioni unite della Cassazione nell’ordinanza di rinvio alla Corte di giustizia, dopo i ricorsi contro gli analoghi provvedimenti dello scorso autunno del tribunale di Catania. La Cassazione dà un’interpretazione costituzionalmente orientata della disciplina italiana sulla garanzia finanziaria, evidenziando che la garanzia costituisce una causa generale di esclusione del trattenimento e non una «misura alternativa» ai fini della verifica dei presupposti per l’ingresso e il soggiorno, secondo quanto previsto dalla «direttiva accoglienza» dell’Ue. In pratica il diritto Ue prevede che il trattenimento sia in ogni caso l’extrema ratio, oggetto di una valutazione caso per caso, nel rispetto dei principi di necessità e proporzionalità. Lo Stato membro ha comunque l’obbligo di prevedere misure meno afflittive. Per questo il giudice di Palermo sottolinea la natura facoltativa del trattenimento e che le misure qualificate come «alternative» nel diritto italiano (consegna del passaporto e prestazione della cauzione) sono in realtà di natura diversa. Ciò è rilevante rispetto ai centri in Albania perché il protocollo del 6 novembre 2023 individua solo un’area per l’arrivo dei migranti (Shengjin) e un’area per il loro trattenimento durante la verifica dei requisiti e per il rimpatrio (Gjader); per cui si presuppone che il trattenimento generalizzato debba essere la regola in queste procedure extraterritoriali. Senza alternative. Verrebbe così a mancare la logica graduale della detenzione amministrativa prevista come ultima ratio.

    È l’unico problema?
    No. Per giungere nei centri ci sarà un trasferimento forzato a bordo di navi militari italiane, che costituiscono territorio della Repubblica. Soccorsi, se così vogliamo definirli, di questo tipo non possono essere qualificati come operazioni di ricerca e soccorso (Sar) perché ciò implicherebbe lo sbarco in un luogo sicuro (place of safety). È difficile credere che strutture di trattenimento in cui le persone sono soggette a un regime di isolamento e privazione della libertà di movimento (se non addirittura della libertà personale) possano essere qualificate come tali. Questo tipo di regime detentivo generalizzato potrebbe porsi in contrasto con il diritto alla libertà e alla sicurezza dei migranti, ponendo problemi rispetto al diritto costituzionale, dell’Ue e alla Convezione europea dei diritti dell’uomo.

    Altre criticità sono state sollevate in merito al diritto di difesa.
    Sì, perché il contatto con i legali rischia di essere vanificato, soprattutto a causa della extraterritorialità dei centri. Probabilmente sarà offerto ai migranti un elenco di avvocati per il gratuito patrocinio, ma non è detto che questi abbiano competenze specifiche in materia migratoria e d’asilo. Inoltre, è verosimile che le comunicazioni con gli assistiti avvengano attraverso posta elettronica: l’intermediario sarebbe un responsabile della pubblica amministrazione, cioè la controparte, con una sostanziale compressione del diritto di difesa e la possibile conseguenza di convalide a catena e conseguenti espulsioni collettive.

    A giugno 2026 entra in vigore il Patto Ue su immigrazione e asilo. Cosa cambia per il trattenimento dei richiedenti asilo?
    L’approccio hotspot, già attivo in Italia da anni per una prima identificazione e incanalamento nelle procedure corrette, si accompagna al trattenimento generalizzato ai fini dello screening, che dura tra le 24 e le 48 ore per rispettare l’articolo 13 della Costituzione. Il nuovo Patto istituzionalizza l’approccio hotspot e collega ancor più strettamente la fase dell’accertamento (screening) con le successive procedure di asilo e rimpatrio alla frontiera, rendendo il trattenimento la regola e ponendo una serie di interrogativi di sostenibilità amministrativa e legittimità giuridica, sia rispetto al diritto interno, che europeo e internazionale.

    https://ilmanifesto.it/in-albania-tutti-trattenuti-cosi-si-violano-le-norme-ue
    #Albanie #détention #Italie #accord #rétention #extrema_ratio #nécessité #proportionnalité #rétention_généralisée #externalisation #droit #screening #approche_hotspot

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    ajouté à la métaliste sur l’#accord entre #Italie et #Albanie pour la construction de #centres d’accueil (sic) et identification des migrants/#réfugiés sur le territoire albanais...

    https://seenthis.net/messages/1043873

  • Attention, un #classement peut en cacher un autre !

    L’autre jour, @lemonde a publié un article sur un classement alternatif au à celui de #Shanghai en utilisant les données de #Cairn, la plate-forme francophone de publication scientifique :

    https://www.lemonde.fr/societe/article/2024/08/15/des-universites-francaises-loin-du-miroir-de-shanghai-un-autre-classement-es

    On pourrait s’en féliciter, mais la route de l’enfer est pavée de bonnes intentions...

    Le classement était établi à partir des données de consultations des publications en ligne sur #Cairn.

    En fait, en allant sur la plate-forme, on remarque que cette dernière a été considérablement modifiée et qu’elle offre désormais des statistiques de consultation ... par auteur (voir par exemple : https://shs.cairn.info/publications-de-gabriel-galvez-behar--64066)

    Quelle drôle d’idée !

    En 2020, dans un collectif consacré à l’édition en sciences humaines (https://shs.hal.science/halshs-02937110), j’avais attiré l’attention sur le rôle des #métriques alternatives dans l’ #édition numérique et sur leurs répercussions possible sur l’ #évaluation.

    Il existait déjà des statistiques publiques de consultations ou de citations par article mais toutes les plate-formes ne le font pas. Publier de telles statistiques est donc un choix qui mérite d’être justifié ou, du moins, questionné.

    Pourquoi publier de telles statistiques individuelles ? Qu’est-ce que cela apporte à la plate-forme ? Quels sont les usages pouvant être faits en aval ?

    Ces questions mériteraient d’être posées par toute la communauté scientifique.

    Par ailleurs, que nous disent de telles statistiques sur les différentes voies de diffusion des publications et notamment les archives ouvertes ?

    Faisons une petite expérience à partir d’un article sur #Pasteur que j’ai publié dans @AnnalesHSS

    L’article est présent sur :

    #Cairn et l’article a été vu 874 fois (https://shs.cairn.info/revue-annales-2018-3-page-629)
    #CambridgeCore et l’article a été vu 124 fois (1380 pour le résumé) (https://doi.org/10.1017/ahss.2019.46)
    #HAL-SHS en version pre-print : 977 consultations (mais 2402 téléchargements) (https://shs.hal.science/halshs-01267638)

    Bien entendu, ces données ne sont probablement pas homogènes (même si Cairn et CambridgeCore suivent la « norme » COUNTER, j’y reviendrai).

    Établir une analyse (et a fortiori un classement) sur la base d’une seule source statistique offre donc une vue complètement partielle. En toute rigueur, il faudrait obtenir une perspective consolidée. Mais selon quelle méthode ?

    Du côté des chercheurs, la question se pose de savoir s’il ne faut pas mettre tous ses œufs dans le même panier pour gagner en #visibilité

    Mais surtout, il faudrait se demander à quoi servent ces statistiques et pourquoi rendre publiques les données individuelles.

    Pour engager le débat, il n’est pas inutile de regarder ce que dit l’organisation à but non-lucratif Counter Metrics (https://cop5.countermetrics.org/en/5.1/00-foreword.html) qui fournit une « norme » de mesure de recherche et d’usage des publications électroniques.

    Il s’agit notamment de répondre au besoin des bibliothèques et des consortia pour évaluer leur retours sur #investissements (en matière d’acquisition d’abonnements à des ressources électroniques).

    Que doivent faire les bibliothèques avec les revues qui ne suscitent pas assez de consultations ? Que doivent faire les revues avec les collègues qui ne génèrent pas assez de trafic ?

    Dans les années 2000, lors des débats sur le classement des revues, l’idée d’un usage de la bibliométrie susceptible de distinguer les collègues était l’une des craintes les plus entendues. Avec la diffusion de la publication électronique et l’essor des métriques, il n’est même plus besoin de classer a priori les revues.

    Les données des usages de la #recherche deviennent un élément du pilotage de cette dernière et donc des chercheurs. Elles nous concernent au plus haut point.

    https://social.sciences.re/@ggalvezbehar/113028740594252235

    #classement_de_Shanghai #alternatives #ESR #édition_scientifique

  • Olympia 2024 : Schwimmerin Leonie Beck übergibt sich neunmal nach Wettkampf in der Seine
    https://www.berliner-zeitung.de/news/nach-wettkampf-in-der-seine-schwimmerin-leonie-beck-uebergibt-sich-


    La décision d’exposer les athlètes au service de leurs nations à leau polluée de la Seine rappelle les origines du sport modene. C’est une préparation à la guerre et à la mort pour la. patrie.

    Le fondateur du Mouvement gymnique allemand Ludwig Jahn définit les raisons d’être du sport en quatre devises, les quatre F. Le dernier F pour « fromm » (pieux) appelle les gymnastes au devoir suprême. « Heimgang » le retour aux origines ne signifie rien d’autre que la mort.

    https://de.m.wikipedia.org/wiki/Friedrich_Ludwig_Jahn

    „fromm die Pflichten erfüllen, leutseelig und volklich, und zuletzt die letzte, den Heimgang. Dafür werden sie gesegnet sein, mit Gesundheit des Leibes und der Seele, mit Zufriedenheit so alle Reichthümer aufwiegt, mit erquickenden Schlummer nach des Tages Last, und bei des Lebens Müde durch sanftes Entschlafen.“


    Sur ce relief à Vienne la croix des gymnastes prend la forme d’une croix gammée

    Dans une lettre Jahn énumère les arch-ennemis de la nation. La riche noblesse (Junker), les juifs (Juden), les escrocs (Gauner, à savoir les marchands capitalistes), les idéologues réactionnaires (Gaukler) et l’occupant francais (Garden). L’idéologie du sport est l’apogée pré-industrielle de l’esprit fasciste qui a trouvée sa manifestation idéale ésthétique dans les JO de Berlin en 1936 et sa matérialisation conséquente dans les chambres à gaz d’Auschwitz.

    Brief Jahns vom 24. August 1816 an Theodor Müller:

    „Und darauf verlaß Dich: So wird die preußische Landwehr noch nie geklopft haben, als im Gottesgericht wider Junker, Juden, Gauner, Gaukler und Garden. Gott verläßt keinen Deutschen.“

    Par ses vomissement la nageuse allemande Leonie Beck a fait preuve de l’esprit du sacrifice de guerrière. Elle nous donnera des fils en pleine santé, forts, de futurs Hagen et Siegfried. Noch ist Deutschland nicht verloren ;-)

    10.8.2024 - Nach dem Freiwasserrennen in der Seine klagt Leonie Beck über Durchfall und Erbrechen. Es sei „wie eine Lebensmittelvergiftung“.

    Leonie Beck ist nach dem olympischen Freiwasserrennen in der verschmutzten Seine erkrankt. Auf Instagram berichtete die Doppel-Europameisterin am Samstag: „Habe mich gestern neunmal übergeben + Durchfall.“ Ironisch fügte die 27-Jährige, die am Donnerstag über zehn Kilometer Platz neun belegt hatte, hinzu: „Wasserqualität in der Seine ist genehmigt.“ Dazu postete Beck ein Bild, das sie etwas angeschlagen und mit erhobenem Daumen zeigt.

    Direkt nach dem Rennen hatte sich die Doppel-Weltmeisterin von 2023 und Mitfavoritin über die extremen Bedingungen im Pariser Stadtfluss beklagt. Wegen der starken Strömung sei es für sie „eine andere Sportart“ gewesen, die „nichts mit einem durchschnittlichen Freiwasserrennen zu tun“ hatte. Wegen der Bakterienbelastung, die laut Angaben des Veranstalters und des Weltverbandes World Aquatics unter den Grenzwerten lag, hatte Beck gesagt: „Ich hoffe, dass wir nichts davontragen. Das wäre dann noch das Highlight.“

    Beck nach Seine-Rennen erkrankt: „Wie Lebensmittelvergiftung“

    „An vielen Beispielen hat man gesehen, dass die Werte wohl doch nicht gut genug waren. Bei vielen Athleten war es derselbe Verlauf“, sagte Beck nun im Interview mit Münchner Merkur/TZ.

    „Es ist wie eine Lebensmittelvergiftung, der Körper kämpft mit heftigen Reaktionen dagegen an“, sagte die Würzburgerin, die in Italien lebt und trainiert, weiter: „Ich bin froh, dass ich wieder gesund bin. Ich habe mich neunmal übergeben, in dem Moment war mir alles andere scheißegal. Ich wollte einfach wieder gesund werden. Ich finde es schon schade, wie es gelaufen ist. Die Medaillengewinner sind natürlich glücklich nach Hause. Der Rest ist schon ein bisschen angefressen.“

    Am Morgen nach ihrem Rennen sei es ihr zunächst gut gegangen, berichtete Beck, die den Wettkampf der Männer vor Ort verfolgte. Dann habe sie sich im Hotel ihrer Eltern hinlegen wollen. „Leider habe ich es nicht bis ins Zimmer geschafft, ein bisschen meiner Körperflüssigkeit hat sich in der Hotellobby verteilt“, sagte sie: „Dann ging es irgendwann im Zehn-Minuten-Takt mit dem Erbrechen los. Mir war es dann wichtig, dass ich in ärztlicher Behandlung im Dorf war.“
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    Im Vorfeld der Rennen hatte es viele Diskussionen um die Wasserqualität der Seine gegeben. Nach starken Regenfällen waren mehrere Trainingseinheiten abgesagt worden, der Triathlonwettkampf der Männer wurde um einen Tag verschoben. Bei den Freiwasserrennen sollen die Grenzwerte laut Angaben des Veranstalters und des Weltverbandes World Aquatics nicht überschritten worden sein. Beck hatte ebenso mit den Medaillen nichts zu tun wie Tokio-Olympiasieger Florian Wellbrock, der Achter wurde. Überraschend Silber gewann dessen Trainingskollege Oliver Klemet.

    #sport #histoire #nationalisme #antisemitisme #militarisme #nazis #shoa #jeux_olympiques #Übermensch

  • Walter Gronostay : In zehn Minuten (1928)
    https://www.youtube.com/watch?v=GmeqeEcR_fI

    Walter Gronostay
    https://de.wikipedia.org/wiki/Walter_Gronostay

    Walter Gronostay (geb. 29. Juli 1906 in Berlin; † 10. Oktober 1937 in Sacrow bei Potsdam) war ein deutscher Komponist, der besonders als Filmkomponist tätig war.
    ...
    Dank eines Stipendiums wurde er drei Jahre später (1925) zur Meisterklasse für Komposition an der Akademie der Künste zugelassen.

    Sein Lehrer hier war Arnold Schönberg. Das von ihm komponierte Streichtrio wurde beim ersten Konzert der Schönberg-Schüler 1927 durch Mitglieder des Wiener Streichquartetts (Rudolf Kolisch, Eugene Lehner und Benar Heifetz) uraufgeführt. Im selben Jahr entstand seine Kurzoper In zehn Minuten , die 1928 in Baden-Baden mit großem Erfolg auf die Bühne kam.
    ...
    Der jüdische Schönberg-Schüler Bernd Bergel hat bezeugt, dass Gronostay ihm während der Zeit des Nationalsozialismus (bis zu seiner Emigration nach Palästina) durch Vermittlung lukrativer Aufträge entscheidend geholfen hat. Bergel komponierte für den Berliner Rundfunk sowie Filmmusik unter dem Pseudonym Walter Gronostay, beispielsweise die Musik zu den Filmen Lady Windermeres Fächer (1935), Die letzten Vier von Santa Cruz (1936) und Savoy-Hotel 217 (1936). Diese Filmmusiken Bergels wurden von Gronostay offiziell als seine eigenen deklariert, weshalb sie noch heute gelegentlich irrtümlich als Werke Gronostays verzeichnet werden. Es kam sogar dazu, dass Musik von Bergel (unter Gronostays Namen) für einen nationalsozialistischen Propagandafilm verwendet wurde.

    Walter Gronostay hatte 1930 die Jüdin Eva Schönfeldt geheiratet. Aus der Ehe ging die Tochter Sylvia hervor, die kurz vor seinem Tod geboren wurde. Eva und Sylvia Gronostay entkamen den Nationalsozialisten in Österreich, wo sie von einer mutigen Familie bis zum Ende des Dritten Reichs versteckt wurden. Walter Gronostay starb überraschend im Alter von erst 31 Jahren. Seine Tochter übergab seinen Nachlass dem Archiv der Akademie der Künste in Berlin. Der israelische Musikwissenschaftler Peter Gradenwitz schrieb über Gronostay: „Der 10. Oktober 1937 beraubte die deutsche Musikszene und die musikalische Welt eines der originellsten, weitschauenden Pioniere der Musik für die neu entstandenen Medien Rundfunk, Schallplatte, Film, eines Komponisten, dessen Werk noch heute >zeitgemäß< interessiert, unterhält und erfreut wie das >Zeitgemäße Divertimento 1929<.“
    Filmmusiken

    1929: Sprengbagger 1010
    1929: Alles dreht sich, alles bewegt sich
    1931: Europa Radio
    1933: Reifende Jugend
    1933: Der Tunnel
    1934: Totes Wasser (Dood water)
    1934: Gorch Fock
    1935: Glückspilze
    1935: Metall des Himmels
    1935: Nacht der Verwandlung
    1935: Friesennot
    1935: Hände am Werk (Dokumentarfilm der Reichsleitung der NSDAP)
    1935: Kultur über dem Alltag (Werbefilm für die Nationalsozialistische Kulturgemeinde)
    1936: Jugend der Welt
    1936: Rubber
    1936: Straßenmusik
    1936: Savoy-Hotel 217
    1936: Stadt Anatol
    1936: Olympia
    1937: Die Kronzeugin
    1938: Der Katzensteg
    1938: Revolutionshochzeit

    Olympia (Film)
    https://de.wikipedia.org/wiki/Olympia_%28Film%29

    #musique #antisemitisme #shoa

  • Le Macronistan accueille les jeux du cirque | Le Club
    https://blogs.mediapart.fr/marugil/blog/250724/le-macronistan-accueille-les-jeux-du-cirque

    Le satrape qui dirige d’une main de fer cette lointaine contrée trépigne d’impatience à la veille de la cérémonie d’ouverture pharaonique qu’il a conçue pour célébrer la grandeur de son règne.

    #absurdistan #macronistan #shithole_country

  • Un homme de 25 ans dans le coma après avoir été frappé par le GPIS
    https://contre-attaque.net/2024/07/26/villiers-sur-marne-un-homme-de-25-ans-dans-le-coma-apres-avoir-ete-f

    Un chiffre vertigineux : il y a près d’un demi-million d’agents de contrôle et de répression en France. Le journal Le Monde dressait ce décompte en 2021 : « En additionnant les 30.000 policiers municipaux aux 150.000 fonctionnaires de la police nationale et aux 170.000 employés des sociétés privées de sécurité, l’État pourrait disposer d’environ 350.000 membres des forces de maintien de l’ordre et de sécurité intérieure, sans compter les 99.000 militaires de la gendarmerie nationale. […] L’État pourrait avoir à sa disposition répressive, au quotidien, pas loin d’un demi-million d’agents du maintien de l’ordre et de la sécurité intérieure, soit un potentiel ratio d’environ un fonctionnaire des forces intérieures pour 150 habitants (contre un pour 281 en 2018), la France devenant le premier pays sécuritaire de l’Union européenne ».

    #milices #flicaille #Macronie #shithole_country

  • Comme profs on pensait avoir une bonne idée de ce qu’est un service public qui prend l’eau. Puis on a passé une bonne douzaine d’heures aux urgences pédiatriques d’un grand hôpital public parisien et on a compris notre erreur. A la moitié de notre... séjour, le médecin gérant l’accueil s’en va et dit à ses collègues « ça va aujourd’hui, c’est calme ». Il nous serait arrivé quoi un jour pas calme ? On préfère ne pas savoir.

    Outre l’organisation absurde, le sentiment d’être trimbalé à droite à gauche sans jamais rencontrer une personne se sentant un peu responsable de ce qui t’arrive et l’impression d’amateurisme délirant des médecins bossant là, un aspect frappant de notre expérience patient est que rien n’est adapté aux enfants dans un service d’urgences pour les enfants.

    C’est frappant parce que quelques jours plus tôt on était aux urgences pas pédiatriques d’un hôpital de Haarlem (aux Pays-Bas). Dans la salle d’attente il y avait une borne avec des jeux sur écrans qui marchent et des tables à hauteur d’enfants avec poupées, feuilles et crayons. A l’intérieur du service, il y avait toujours quelqu’un de souriant pour lui expliquer ce qui allait être fait. Et c’était fait avec pédagogie et douceur : de fait elle était plus rassurée avec des gens lui parlant en anglais (qu’elle ne comprend pas) qu’avec le personnel parisien. A un moment la médecin hollandaise annonce qu’elle fera une piqûre pour anesthésier, et elle m’explique comment le dire à ma fille. Je la sentais vraiment embêtée de ne pas pouvoir lui expliquer elle-même, parce qu’elle avait en tête les mots exacts qu’elle voulait utiliser pour la préparer en douceur. Donc elle me briefe : on essaye de ne pas utiliser les mots douleur, mal, etc., on dit plutôt ceci et cela. Et avant de lui faire des points de suture, c’est toute une organisation pour dédramatiser : l’infirmière amène un vidéoprojecteur pour afficher sur les murs un film de poissons nageant dans la mer avec musique douce et lumière tamisée, elle lui donne un jeu pour faire des bulles et lui explique comment faire. Pendant l’opération, infirmière et médecin rigolent avec elle. A la fin, elle a droit à un cadeau. De fait, elle garde un bon souvenir de son passage à l’hôpital alors qu’elle avait subi juste avant un accident assez traumatisant.

    A Paris, le seul truc indiquant qu’on est dans un hôpital pédiatrique c’est : des dessins moches d’animaux sur des murs défraîchis. C’est tout.

    Et je parle pas des touristes ne parlant pas français qui ont le malheur de se retrouver là : non seulement personne à l’accueil ne parle anglais, mais quand le médecin partiellement anglophone se ramène c’est pour remettre à sa place la maman seule s’agaçant gentiment de ces déjà 4 heures d’attente avec son bébé qui pleure. Bienvenue en France.
    #cocorico

  • Terezin, l’imposture nazie (2019)- YouTube
    https://www.youtube.com/watch?v=Ai2zZ-bA09o

    Près de 15000 enfants juifs de Prague, de Bohême-Moravie, d’Allemagne, de Hollande et du Danemark ont été enfermés dans la forteresse de Terezín, avant d’être déportés à Auschwitz. À la libération, des milliers de dessins, des centaines de poèmes et des dizaines de journaux intimes de ces enfants ont été découverts dans les casernes de la citadelle. À partir de ces témoignages exceptionnels, le film de Chochana Boukhobza retrace l’histoire du camp-ghetto de Terezín.

    Cette chronique du ghetto à hauteur d’enfants, évoque aussi le rôle des éducateurs et des artistes qui, jour après jour, ont encadré et accompagné ces enfants, jusqu’à partager leur sort à Auschwitz.
    Réalisateur : Chochana Boukhobza

  • #showtime: #GNOME’s New Video Player is Now on Flathub
    https://www.omgubuntu.co.uk/2024/07/showtime-gnome-video-player-flathub

    Were you excited by #News GNOME plans to replace the #totem media player in its core software set with a new, modern, and actively maintained app called Showtime? If so, you may be just as excited to hear that it’s now available to install from Flathub. This means you no longer need to set-up the GNOME Nightly repo (and then tussle with endless updates to both app and the underlying runtimes it relies on) to try it out. Better yet, the initial release of Showtime on Flathub is built against the GNOME 46 runtime. If you’ve installed any other GTK […] You’re reading Showtime: GNOME’s New Video Player is Now on Flathub, a blog post from OMG! Ubuntu. Do not reproduce elsewhere without (...)

    #Apps_on_Flathub

  • Les centres italiens pour migrants en Albanie sont prêts

    Symbole de la politique migratoire de Giorgia Meloni, le projet inquiète les habitants, mais est soutenu par l’Exécutif albanais.
    Des #préfabriqués gris protégés par des grilles métalliques prennent le soleil à côté des chalutiers qui mouillent dans l’Adriatique. Avec ses écriteaux en italien, le tout nouveau centre d’identification détonne dans le port de #Shëngjin, situé à 60 km au nord de Tirana. « Le centre est prêt à accueillir les migrants », assure Sander Marashi, le directeur du port. « Après leur débarquement, les personnes seront prises en charge par nos partenaires italiens. Dans ce centre, leurs données personnelles seront enregistrées et elles recevront une assistance médicale avant d’être acheminées vers le centre de #Gjadër. »

    Signé en novembre 2023, l’accord bilatéral d’une durée de cinq ans prévoit le transfert vers l’Albanie de migrants secourus en Méditerranée par les navires italiens. Une résidence albanaise « temporaire » pour des personnes « non vulnérables », le temps de traiter leur demande d’asile, avant un possible renvoi vers leur pays d’origine. Près de 36’000 personnes par an pourraient séjourner dans deux centres albanais, selon les termes de l’accord. Gérés par les autorités italiennes, ces centres devraient ouvrir au 1ᵉʳ août.

    Une dette envers l’Italie

    La transformation de Shëngjin en « hotspot » de la question migratoire inquiète la plupart des habitants. Avec son front de mer bordé de pins maritimes et ses plages de sable, la cité balnéaire fait figure de poumon économique de la région. Chaque été, elle attire des dizaines de milliers de touristes, notamment les Albanais du Kosovo et la diaspora suisse. Les restaurateurs sont largement opposés au projet, mais personne n’ose critiquer ouvertement les choix du premier ministre albanais.

    Soutien fidèle du projet de Meloni, Edi Rama a répété sa « fierté de pouvoir apporter notre aide » et mis en avant une « dette » albanaise envers l’Italie. Une référence à l’arrivée de l’autre côté de l’Adriatique de centaines de milliers de ses compatriotes fuyant la misère et le chaos politique qui ont suivi l’effondrement de la dictature stalinienne en 1991. L’évocation de ces années douloureuses fait mouche dans une société marquée par l’émigration.

    « Quand je vois les réfugiés aujourd’hui, ça me rappelle mes débuts en Italie en 93 », raconte Besnik Sulaj, 63 ans, qui tient un hôtel familial à quelques pas du port. « Des années difficiles : je ne connaissais pas la langue et je n’avais pas à manger, rien. Et des Italiens m’ont aidé. L’arrivée des réfugiés ne me dérange pas et je ne crains rien pour mon business. D’ailleurs, on accueille déjà des réfugiés afghans depuis des années. Le peuple albanais ne fait pas de divisions religieuses, et on n’est pas racistes. On accueille tous les types d’immigrés ! »

    Crainte de la population

    Le ton se fait moins optimiste dans le village de Gjadër, situé à une vingtaine de kilomètres plus au nord. Depuis quelques semaines, le bruit des tractopelles résonne en continu, et des grilles et des barrières surveillées ont été installées le long de la rivière. C’est au milieu des champs de cette Albanie déshéritée que Giorgia Meloni esquisse un pan crucial de sa politique migratoire. Mais le centre de rétention pour migrants que la présidente du Conseil italien fait construire crispe les habitants de ce village aux maisons modestes et aux jardins vivriers.

    « Personne ne nous a demandé notre avis. L’État décide tout seul, et il se fiche de l’avis du peuple », s’agace Armando, 31 ans. « Mais qu’est-ce qu’on a à gagner avec ces camps ? Tout le village est inquiet. Notre premier ministre n’est pas capable de nous aider, mais il veut aider des Africains et des gens du monde entier. Mais l’Italie n’a pas de terrains pour faire ça chez elle ? Elle en a plein ! »

    Projet contesté

    Giorgia Meloni présente déjà comme un modèle cette externalisation de l’asile dans un pays non membre de l’Union européenne. Pourtant, le projet albanais de la cheffe d’extrême droite est contesté. De nombreuses questions techniques et juridiques sur sa faisabilité restent en suspens, et le coût de sa mise en œuvre pourrait dépasser les 620 millions de francs avancés par les autorités italiennes.

    À la tête du Parti socialiste albanais, Edi Rama est critiqué par la gauche européenne pour son appui aux projets de la droite radicale. Mais pour l’opposition locale, le premier ministre cherche surtout à faire oublier les accusations de collusion avec le crime organisé qui se multiplient contre son Exécutif. Récemment encore, des médias italiens présentaient l’Albanie comme un « narco-État ». « L’ensemble des institutions et des gens très proches du premier ministre sont impliqués dans le trafic de drogue », accuse Gjin Gjoni, le responsable du Parti démocratique de la région de Lezhë. « Les scandales s’accumulent, et c’est dans l’intérêt du gouvernement d’offrir tout ce qu’il peut aux partenaires étrangers pour assurer son maintien au pouvoir. »

    Des ONG et de nombreux experts ont affirmé que cette externalisation de l’asile en Albanie n’était pas conforme au droit européen. Mais plusieurs gouvernants brandissent déjà cet accord, afin de prôner un nouveau durcissement de la politique migratoire de l’UE.

    https://www.tdg.ch/albanie-les-centres-italiens-pour-migrants-sont-prets-378676069954

    #externalisation #asile #migrations #réfugiés #Italie

    –-
    ajouté à la métaliste sur l’#accord entre #Italie et #Albanie pour la construction de #centres d’accueil (sic) et identification des migrants/#réfugiés sur le territoire albanais...
    https://seenthis.net/messages/1043873

    • En Albanie, les centres italiens de rétention de migrants n’ont pas l’adhésion du peuple

      L’Italie construit depuis quelques mois des centres de rétention de migrants en Albanie. Giorgia Meloni en a fait un #symbole de sa politique contre l’immigration. Mais sur place, une partie de la population n’apprécie pas la collaboration du pouvoir albanais avec l’extrême droite italienne.

      Signé en novembre 2023, un accord bilatéral d’une durée de cinq ans prévoit le transfert de l’autre côté de la mer Adriatique de migrants secourus en Méditerranée par les navires italiens, le temps de traiter leurs demandes d’asile, avant un possible renvoi vers leurs pays d’origine.

      Exploités par les autorités italiennes elles-mêmes, ces centres de rétention devraient accueillir 36’000 personnes par année. Cette « externalisation de l’asile » dans un pays non-membre de l’Union européenne est une première sur le continent.

      « Personne ne nous a demandé notre avis »

      Le gouvernement albanais soutient l’accord au nom d’une relation historique particulière avec l’Italie. Le Premier ministre #Edi_Rama, un néolibéral souvent décrit comme autoritaire, a mis en avant la « #dette » de son pays : dans les années 90, l’Italie a accueilli des centaines de milliers d’Albanais fuyant le chaos politique et la misère.

      Mais ce discours ne fait pas l’unanimité. Dans le modeste village de Gjadër, au milieu des champs du nord-ouest de l’Albanie, la construction de l’un de ces futurs camps irrite les habitants. « Personne ne nous a demandé notre avis », s’agace l’un d’eux dans l’émission Tout un monde. « L’Etat décide tout seul et se fiche de l’avis du peuple. Mais nous, qu’est-ce qu’on a à gagner avec ces #camps ? L’Italie a plein de terrains chez elle ! »

      « Cet accord, ça me fait surtout du mal pour les réfugiés »

      À 20km du village, le port de Shëngjin se prépare au transit de ces exilés. Des bâtiments préfabriqués gris protégés par des grilles métalliques ont déjà été installés à côté des chalutiers. Cette cité balnéaire, avec son front de mer bordé de pins maritimes et ses plages de sable, est un centre économique de la région. Les restaurateurs sont largement opposés au projet, mais personne ne critique ouvertement les choix du Premier ministre.

      « Quand je vois les réfugiés aujourd’hui, ça me rappelle ma vie quand je suis arrivé en Italie en 1993. Des années difficiles : je ne savais pas la langue, je n’avais pas à manger, rien. Des Italiens m’ont aidé », témoigne le gérant d’un hôtel proche du port.

      « Cet accord avec l’Italie, ça me fait surtout du mal pour les réfugiés. Mais ça ne va rien changer pour moi ni pour mon business », poursuit cet homme de 63 ans. « Le peuple albanais est le seul qui ne fait pas de divisions religieuses. On n’est pas racistes, on accueille tous les immigrés », ajoute-t-il.

      Perte de #souveraineté de l’Albanie

      Pour l’activiste Arlinda Lleshi, ces centres en Albanie ne sont que « pure #propagande_électorale ». « Ce serait évidemment plus facile et bien moins cher pour l’Italie de s’occuper de ces personnes sur son territoire », estime-t-elle.

      La jeune femme de 27 ans a notamment organisé des manifestations pour dénoncer la perte de souveraineté de son pays. « Pourquoi devrions-nous accepter que l’Albanie soit toujours un vassal des pays étrangers en faisant le jeu de responsables politiques qui veulent rester au pouvoir ? », lance-t-elle. « C’est un accord qui n’a pas de sens et dont nous, les Albanais, n’avons aucun intérêt à tirer ! »

      Critiques humanitaires

      À la tête du Parti socialiste albanais, Edi Rama est aussi critiqué par la gauche européenne pour son soutien à l’agenda de l’extrême droite italienne. Pour l’opposition, le Premier ministre cherche surtout à faire oublier les accusations de collusion avec le crime organisé qui se multiplient contre son administration et à consolider son pouvoir en donnant des gages à des partenaires étrangers.

      Selon de nombreux experts, cette politique de déportation des migrants ne respecte pas le droit international. Mais une quinzaine d’Etats membres de l’UE ont déjà proposé de multiplier ce type d’accord. En Suisse aussi, le Parlement a accepté en juin une motion du PLR qui souhaite qu’un tel « #accord_de_transit » soit conclu avec un pays tiers pour pouvoir y expulser les requérants d’asile érythréens déboutés.

      https://www.rts.ch/info/monde/2024/article/en-albanie-les-centres-italiens-de-retention-de-migrants-n-ont-pas-l-adhesion-du

    • A Gjadër, in Albania, slitta l’apertura dei centri di detenzione dei migranti

      Reportage dai luoghi dove il governo italiano aveva assicurato l’apertura di hotspot e Cpr prima a fine maggio e poi a inizio agosto. I lavori, pur su turni sfiancanti, devono ancora terminare. I residenti intanto si interrogano sull’impatto su una comunità di 200 anime, che a volte è senz’acqua ed elettricità. Tra speranze di lavoro e disagio per il destino di migliaia di persone.

      Nella città costiera di Shëngjin, in Albania, la stagione estiva è nel pieno. I resort e gli hotel adagiati lungo la costa stanno infatti vivendo il picco. Il Rafaelo Resort, una delle strutture ricettive più grandi e lussuose della città, è zeppo di persone che frequentano bar, ristoranti, centri benessere.

      Il personale di sicurezza, ben visibile all’ingresso, è lì per garantire la sicurezza di tutti gli ospiti, compresi i rifugiati afghani che entrano ed escono dai cancelli del resort. Sono migliaia le persone che, in fuga dal regime dei Talebani, dall’agosto 2021, sono state ospitate temporaneamente nella struttura in attesa del rilascio dei visti per gli Stati Uniti.

      Questo spirito di ospitalità nell’accogliere i rifugiati afghani non sarà riservato, invece, per quelli che verranno portati dalle autorità italiane nel centro di prima accoglienza per migranti, compresi minori, donne e persone vulnerabili, all’interno del porto di Shëngjin, che funzionerà da hotspot. Lì i migranti saranno sottoposti alle procedure di screening prima di essere caricati su furgoni e rinchiusi nei centri di detenzione di Gjadër, a venti chilometri da Shëngjin.

      Da quando la presidente del Consiglio italiana Giorgia Meloni ha inaugurato l’hotspot il 5 giugno 2024, ai giornalisti e ai non addetti ai lavori è severamente vietato entrare nel porto per visitarlo. Un muro di sette metri cinge le strutture prefabbricate della struttura per nasconderlo agli occhi di turisti e residenti mentre le telecamere installate ai bordi controllano quello che succede lungo il perimetro esterno. L’hotspot all’interno del porto è circondato da edifici residenziali e da un grande luna park sul lato sinistro.

      Nelle scorse settimane, dopo gli annunci del governo italiano dell’imminente apertura, i titoli dei giornali si sono rincorsi con la notizia dell’apertura dell’hotspot il primo agosto, nonostante la costruzione dei centri di detenzione a Gjadër sia ancora lontana dall’essere terminata.

      “Pensate davvero che gli italiani porteranno i migranti ora in mezzo a tutti i turisti? Nessuno arriverà qui fino alla fine della stagione estiva”, dice Altin, nome di fantasia di un anziano seduto in un bar accanto al porto. Ha ricevuto questa informazione da un amico ingegnere che lavorava a Gjadër.

      “Ho sentito che stanno lavorando 24 ore su 24 per finire tutto in due o tre settimane. Le cabine sono situate nel porto di Shëngjin e hanno una capacità di 260 persone, ma chissà, forse questo accordo avrà lo stesso destino del piano Ruanda (del governo inglese, ndr)”, aggiunge.

      A fine maggio il ministero dell’Interno italiano ha pubblicato una gara d’appalto da 13,5 milioni di euro per il noleggio di un’unità navale in grado di coprire la distanza “da 15/20 miglia nautiche a Sud/Sud-Ovest dall’isola di Lampedusa, al porto di Shëngjin in Albania”, a partire da metà settembre 2024.

      “Un mio amico lavora vicino al porto -spiega un altro residente- e mi ha raccontato di una nave italiana ancorata lì, che sta misurando la distanza per trovare la rotta più adatta per le navi per far sbarcare i migranti”. Poi indica il Rafaelo Lake Resort, un hotel inaugurato a fine luglio, che dovrebbe ospitare il personale italiano e si trova un chilometro più a Sud del porto, insieme ad altri hotel vicino al lago Këndall.

      L’uomo ci accompagna in un vecchio negozio vicino al porto per presentarci un’anziana signora che ha dei conoscenti che lavorano proprio a Gjadër. “Lo sposo sta lavorando lì, sta installando telecamere e internet, ma che cos’altro sappiamo? Chi ci dice niente?”, sospira facendo eco alla frustrazione di molti nella comunità.

      Più tardi incontriamo Dorian Pali, avvocato e residente a Lezhë. Fa parte di un gruppo di attivisti che protesta contro l’accordo fin dal suo annuncio e ha espresso profonda preoccupazione per la privazione della libertà di tutti i migranti interessati dall’accordo. “Mi oppongo a questo accordo perché tutte le infrastrutture militari dovrebbero rimanere all’esercito e la base non può essere ceduta in questo modo per costruire centri di detenzione”, spiega.

      La base aerea di Gjadër, considerata uno dei siti militari più segreti al mondo, è stata infatti costruita su una collina brulla a venti chilometri da Shëngjin, nel Nord dell’Albania, durante l’era comunista. All’inizio degli anni Novanta la Cia la usava per svolgere missioni di spionaggio nelle ex Repubbliche federali di Jugoslavia. L’ultimo jet è decollato da Gjadër nel 2004 e la base, con la sua ricca storia, è rimasta in gran parte inutilizzata dall’esercito albanese.

      Per raggiungere Gjadër da Shëngjin è necessario noleggiare un’auto perché non ci sono mezzi pubblici. Prenotare un taxi costa circa venti euro per mezz’ora di viaggio. Quando ci avviciniamo alla strada dove si trova la base militare, all’orizzonte appaiono le strutture prefabbricate accatastate. Nonostante le temperature roventi, gli operai locali lavorano instancabilmente per terminare la costruzione. “Ci lavorano circa venti uomini di Gjadër”, dice un ragazzo che serve al bar del villaggio.

      Una guardia di sicurezza di stanza al cantiere di Gjadër, che ha chiesto di rimanere anonima, racconta di come i lavori siano andati a rilento a causa dei disaccordi dell’esercito albanese con il protocollo. “La costruzione non è iniziata ed è rimasta ferma per un mese perché l’esercito non ha dato il permesso, poi concesso dopo molte difficoltà”.

      In quest’area si stanno costruendo tre diverse strutture per i migranti in cui, secondo le promesse fatte dalla cooperativa sociale Medihospes, l’ente italiano che si è aggiudicato l’appalto da oltre 133 milioni di euro per gestire i centri, si svolgeranno numerose attività, laboratori, e sarà addirittura possibile guardare Sky e Dazn. La prima struttura, con 880 posti, dovrebbe ospitare i richiedenti asilo sottoposti alla procedura di frontiera, la cui detenzione dovrebbe durare al massimo 28 giorni. La seconda, con 144 posti, dovrebbe avere invece la funzione di Centro di permanenza per il rimpatrio (Cpr). La terza, con 20 posti, sarà di fatto un carcere e verrà utilizzato per l’applicazione di misure di custodia cautelare nei confronti di cittadini stranieri arrestati o detenuti.

      L’esodo delle giovani generazioni in cerca di migliori opportunità ha trasformato Gjadër, che ora sconta l’inquietante silenzio di una città fantasma. Le strade e i parchi sono vuoti, con solo qualche uomo che passeggia o si siede al bar dell’ingresso.

      “A volte esco per strada e questo silenzio mi fa venire i brividi. Una volta non era così, ma i giovani sono senza speranza e se ne vanno”, dice una signora che pulisce il tavolo in uno dei pochi bar della piccola cittadina. “Qui vivono solo 200 famiglie e la maggior parte degli abitanti rimasti sono anziani”, aggiunge Don Alberto Galimberti, parroco italiano che fa parte della missione cattolica di Blinisht e Gjadër.

      Per coloro che sono rimasti nella comunità l’attenzione si è spostata sui centri per i migranti, visti come un’opportunità di lavoro. Alcuni aspettano aggiornamenti da settimane. “Delle donne della sartoria mi hanno detto che quando i centri apriranno, gli italiani cercheranno operatori sanitari. Il compenso offerto è di circa 1.200 euro”, spiega la commessa del mercato vicino all’ingresso della città. Racconta che, saputo dell’apertura dei centri, si è precipitata dall’amministratore del villaggio per dare il suo nome insieme al marito per lavorare lì, ma non hanno ricevuto risposta e nessuno li ha informati sulle procedure di assunzione.

      Nelle scorse settimane sul sito di Medihospes, la “regina dell’accoglienza” in Italia con quasi 160 milioni di euro di fatturato nel 2023, sono apparse ben 379 posizioni lavorative aperte per i centri albanesi, tra cui mediatori, tecnici di laboratorio, medici, psicologi e assistenti sociali. Un esercito di persone ricercate anche tra i “locali”: gli annunci, infatti, sono scritti anche in albanese. Fa riflettere il fatto che la durata del contratto proposto sia di soli tre mesi.

      Gimi, un residente locale seduto al bar, condivide il suo punto di vista sull’accordo. “Non ho paura dei migranti che verranno a Gjadër. Perché? Perché avere paura? Noi stessi abbiamo cercato rifugio e siamo stati picchiati e tenuti in prigione”. I pochi abitanti del bar hanno espresso le loro preoccupazioni per la mancanza di elettricità e di acqua nel villaggio, che deve far fronte a carenze quotidiane. Tuttavia c’è un barlume di speranza: alcuni credono che gli operai che installano le linee idriche e fognarie nei centri italiani potrebbero giovare anche al villaggio e risolvere la carenza di elettricità e acqua. “Spero che il centro non apra le porte -aggiunge Gimi poco prima di andarsene dal bar-. Sono prigioni e spero che nessuno venga trattenuto lì”.

      https://altreconomia.it/a-gjader-in-albania-slitta-lapertura-dei-centri-di-detenzione-dei-migra

  • Wilfrid Israel rettete Zehntausende jüdische Kinder: Warum gibt es in Berlin keinen Gedenkort?
    https://www.berliner-zeitung.de/open-source/wilfrid-israel-rettete-tausende-juedische-kinder-warum-gibt-es-in-b

    11.7.2024 von Michael Thomas Röblitz - Heute vor 125 Jahren wurde der jüdische Pazifist und Unternehmer geboren. In Berlin fehlt bislang ein würdiger Gedenkort. Doch unser Autor hat schon Ideen.

    Dies ist ein Open-Source-Beitrag. Der Berliner Verlag gibt allen Interessierten die Möglichkeit, Texte mit inhaltlicher Relevanz und professionellen Qualitätsstandards anzubieten.

    Dem Berliner Unternehmer Wilfrid Israel gelang es, alle 500 jüdischen Mitarbeiter seines Unternehmens und deren engste Angehörige vor der NS-Rassenpolitik zu retten. In seiner Heimatstadt Berlin ist er weitestgehend unbekannt. Höchste Zeit, ihn dem Vergessen zu entreißen!

    Vor 125 Jahren, am 11. Juli 1899, wurde Wilfrid Israel in London geboren. Als Spross einer Berliner Kaufhausfamilie (Kaufhaus N. Israel, Spandauer Straße) wuchs er in behüteten, jedoch nicht problemlosen Verhältnissen auf.

    Als überzeugter Pazifist pflegte er den Kontakt zu Albert Einstein und Maximilian Harden. Als er den Kriegsdienst im Ersten Weltkrieg verweigern wollte, verhinderten seine Eltern die Einberufung mit einem ärztlichen Attest. Zum Ende dieses Kriegs herrschte auch in Berlin eine große Hungersnot, und der gerade 20-jährige Wilfrid organisierte mit der Pädagogin und Friedensaktivistin Elisabeth Rotten die Quäkerspeisung für die Berliner Jugend.

    Gern wäre er Künstler, vielleicht Bildhauer geworden, aber er musste 1921 ins Geschäft seines Vaters Berthold eintreten. Statt einer Universitätsausbildung absolvierte er eine Lehre im Kaufhaus.

    Eine Weltreise mit den Empfehlungsschreiben des Vaters an potenzielle Geschäftspartner sollte ihm geschäftliche Kontakte erschließen. Allerdings interessierten ihn vor allem die sozialistisch-jüdischen Experimente in Russland und Palästina, die asiatische Kunst und Mahatma Gandhi.

    Dennoch fügte er sich den familiären Erwartungen. 1926 wurde er von seinem Vater Berthold zum Personalchef gemacht. In dieser Funktion führte Wilfrid Israel Personalgespräche; nun fand der junge Liftboy genauso viel Gehör wie der langjährige Abteilungsleiter. Ein Betriebspsychologe musste eingestellt werden, um auf die Unzufriedenheit langjähriger Mitarbeiter einzugehen, die nicht verstehen konnten, warum sie gegenüber den jüngeren nicht mehr privilegiert werden sollten.

    Bereits früher gab es im Unternehmen vielfältige soziale Einrichtungen, aber nun gründete die Firma Israel noch eine private Handelsschule, an der die Absolventen alle Herstellungsschritte der verkauften Ware erlernten. Diese ganzheitliche Ausbildung in Weberei, Stoffdruck, Schneiderei und zum Kaufmann war einzigartig in Deutschland.

    Zugleich blieb Wilfrid Israel Pazifist und Kunstmäzen. Mit großzügigen Spenden unterstützte er sowohl das Anti-Kriegs-Museum seines Freundes Ernst Friedrich als auch das polnisch-russische Reisetheater Habima. Ersteres zeigte vor allem das Elend des Kriegs. Aus Letzterem wurde – wer konnte das ahnen? – später das israelische Nationaltheater Habimah.
    „Visa-Nothilfe“ unter strengster Geheimhaltung

    Zum Beginn der 1930er-Jahre wurden die antisemitischen Anfeindungen immer bedrohlicher. 1933 gründete Wilfrid Israel jüdische Hilfsorganisationen und arbeitete auch für selbige. Mithilfe des englischen Geheimdienstoffiziers Frank Foley besorgte er Visa für die Ausreise jüdischer Berliner. Das Kaufhaus hatte etwa 2000 Mitarbeiter, davon 500 jüdische. Bis auf eine Verkäuferin, die mit einem „Arier“ verheiratet war (dem ein Exil in Schweden lieber gewesen wäre), konnte er so allen jüdischen Mitarbeitern helfen. Im Übrigen bekamen sie alle für den Neustart in England auch zwei Jahresgehälter.

    Da etwa 20 bis 30 Prozent der Mitarbeiter in einer Nationalsozialistischen Betriebszelle organisiert waren, musste die „Visa-Nothilfe“ unter strengster Geheimhaltung stattfinden. Natürlich erzählten die Betroffenen aber Freunden und Familienangehörigen davon. So erreichten Wilfrid Israel ständig Anfragen zu Visa, aber er musste sich der absoluten Verschwiegenheit sicher sein, um helfen zu können.

    Geheimnisse gab es auch in seinem Privatleben. Sein Onkel Hermann hatte sich 1905, als Wilfrid fünf Jahre alt war, das Leben genommen, um einer Erpressung wegen des Paragrafen 175 zu entkommen. Niemand in der Familie sprach darüber. Befreundet mit Christopher Isherwood (einem britischen Schriftsteller, der von 1929 bis 1933 in Berlin lebte und das homosexuelle Leben dort schilderte) war auch Wilfrid auf Diskretion bedacht. Für den Schriftsteller war diese Haltung unverständlich. So fand Wilfrid Israel als etwas blasierter Lebemann Eingang in dessen Roman „Goodbye to Berlin“ in der Rolle des Kaufhausbesitzers Bernhard Landauer. In Anlehnung an dieses Buch entstand übrigens der Film „Cabaret“ mit Liza Minelli und Joel Grey aus dem Jahr 1972.

    Im Verlauf des Jahres 1938 musste Israel sein Kaufhaus an ein „arisches“ Unternehmen veräußern. Er verkaufte an die Emil Köster AG, ein Unternehmen im Besitz einer amerikanischen Holding, hinter der sich Jakob Michael, ein 1931 bereits nach Amerika ausgewanderter jüdischer Berliner, verbarg, was den deutschen Stellen nicht bekannt war.

    Wilfrid Israel siedelte endgültig, kurz vor dem Überfall der Deutschen Wehrmacht auf Polen, im Sommer 1939 nach London um. Bereits aus Berlin hatte er den britischen Geheimdienst mit Informationen über die Situation der Juden in Deutschland versorgt und auf die Aufnahme von Zehntausenden Flüchtlingen gedrängt, war aber auf Ablehnung gestoßen.

    Berater der britischen Regierung

    Von London aus arbeitete Wilfrid nun als Berater britischer Regierungsstellen und war das unsichtbare Bindeglied zu jüdischen Organisationen. Sein ganzes Streben galt nun der Rettung deutscher Juden, und als dies nicht glückte, traf er mit den Quäkern und britischen Juden Vorbereitungen für die Verschickung jüdischer Kinder zu englischen Pflegeeltern. So war er an der Rettung Zehntausender jüdischer Kinder nach England maßgeblich beteiligt.

    1943 erhielt er von der Jewish Agency in London den Auftrag, sich von Lissabon aus um die Situation der in Portugal und Spanien gestrandeten Juden zu kümmern. Er konnte 750 Visa verteilen, deren neue Besitzer im Februar 1944 endlich mit dem Dampfer „Nyassa“ Haifa erreichten.

    Auf dem Rückflug von Lissabon Richtung England saß Wilfrid Israel im Flieger einer britischen Fluggesellschaft. Der Flug endete am 1. Juni 1943 tödlich über der atlantischen Bucht Biskaya, die Maschine wurde abgeschossen von Jägern der Deutschen Luftwaffe. Zu den Passagieren gehörte auch der englische Schauspieler Leslie Howard, der neben vielen Anti-Nazi-Filmen auch eine der Hauptrollen in „Vom Winde verweht“ spielte.

    Seine umfangreiche Ostasiatische Kunstsammlung vermachte Wilfrid Israel dem kleinen Kibbuz Hasorea. Seine Familie suchte nach dem Krieg den Chefkassierer des Kaufhauses N. Israel, um den zurückgebliebenen („arischen“) Mitarbeitern die Betriebsrenten überweisen zu können. Das Kaufhaus der Familie Israel war bereits 1943 vollständig den Bomben zum Opfer gefallen.

    In Berlin erinnert skandalöser Weise kaum etwas an Wilfrid Israel. Wäre es nicht wunderbar, wenn man seine Biografie (wer möchte sie verlegen?) auf einer Bank auf einem (noch zu findenden) Wilfrid-Israel-Platz lesen könnte? Wie wäre es zum Beispiel mit dem Marx-Engels-Forum, direkt gegenüber seinem Kaufhaus? Auf einer Gedenktafel könnte man seinen Freund Albert Einstein zitieren: „Noch nie in meinem Leben bin ich mit einem so edlen, so starken oder selbstlosen Wesen wie Wilfrid Israel in Berührung gekommen.“

    Michael Thomas Röblitz ist Amateur-Historiker und Stadtführer. Er wurde 1957 in Berlin-Tempelhof geboren.

    #Berlin #histoire #commerce #shoa

  • https://mariewyttenbach.com/desinfox

    –—
    Sur les doubles/triples comptages des passages aux #frontières :




    voir aussi :
    #Seeing_double ? How the EU miscounts migrants arriving at its borders
    https://seenthis.net/messages/705957

    Sur l’appel d’air...

    #préjugés #migrations #réfugiés #immigration #BD #bande_dessinée #fact-checking #ressources_pédagogiques #afflux #invasion #immigration_massive #liquide #vagues #discours #chiffres #statistiques #Frontex #passages #mondialisation #globalisation #sur-médiatisation #surestimation #perception #chiffres_relatifs #chiffres_absolus #welfare_state #aides_sociales #shopping_social #appel_d'air #protection_sociale #accès_aux_soins #régularisation #sans-papiers #à_lire #économie #peur #fantasmes

    ping @karine4 @_kg_

    –-

    ajouté à la métaliste sur le lien entre #économie (et surtout l’#Etat_providence) et la #migration... des arguments pour détruire l’#idée_reçue : « Les migrants profitent (voire : viennent POUR profiter) du système social des pays européens »...
    https://seenthis.net/messages/971875

    • Welfare and social protection: What is the link with secondary migration? Evidence from the 2014-crisis hit Italian region of Lombardy

      Evidence on the relationship between secondary international migration and welfare state (or formal protection) support is currently limited. Also, the experience of financial support from semiformal and informal social protection networks has seen limited inclusion in current reflections on secondary mobility patterns such as onward and return migration. Our study analyses the relationship between support from formal, informal and semiformal social protection and short-term secondary migration intentions. The study uses open-access data from the Regional Observatory for Integration and Multiethnicity of Lombardy (Italy) and adopts a competing-risk framework through multinomial logistic regression. Our data do not support the hypothesis of an ex-post “magnetic effect” of the Italian formal social protection on its beneficiaries: individuals on formal welfare are more prone to onward and return migration. However, the positive relationship observed between welfare entitlements and onward migration intentions cannot rule out any effect of welfare magnetism from more generous welfare systems. Monetary aid received from Italian friends is negatively related to return intention. At the same time, economic support from foreign-born friends is correlated to return migration. We interpret results according to social network theory. Economic support and social capital from bridging networks can act as an ex-post integration-driven magnet. Bonding social capital from ties with migrants in Italy cannot secure the migrants’ stay in Italy. However, it can support return migration. Networks providing bonding transnational social capital, and expressed in the form of financial support from relatives living abroad, are instead positively correlated to both forms of secondary migration.

      https://onlinelibrary.wiley.com/doi/full/10.1002/psp.2469

    • Immigration et appel d’air : anatomie d’un fantasme
      https://www.youtube.com/watch?v=XnRPLS8Crnk


      #Clément_Viktorovitch revient chaque semaine sur les débats et les enjeux politiques. Dimanche 12 novembre : le début de l’examen au Sénat du projet de loi immigration. Parmi les mesures phares de ce texte : la régularisation des immigrés sans papiers qui travaillent dans les métiers « en tension ».

      C’est l’une des mesures les plus discutées au sein du projet de loi immigration : l’article qui prévoit la régularisation des travailleurs sans papiers dans les métiers en tension. Les parlementaires Les Républicains en ont fait une ligne rouge : en aucun cas ils ne voteront le texte si cette mesure en fait partie. Or, la Première ministre a besoin de leur soutien si elle désire s’éviter un nouveau 49-3. Autant dire que les négociations s’annoncent serrées.

      Ce qui est intéressant, ce sont les arguments qui sont utilisés pour pourfendre cette mesure. Et notamment un argument, répété ad nauseam par les élus LR, mais aussi par le Rassemblement national : régulariser les immigrés sans papiers qui travaillent d’ores et déjà sur le territoire, cela créerait un « appel d’air », voire une « pompe aspirante », qui inciterait toujours plus d’exilés à tenter de rentrer illégalement sur notre territoire.

      Aucun accroissement des flux migratoires

      Il se trouve que cette question a été bien travaillée par la science politique. Nous avons, par exemple, un article très important qui a été publié en décembre 2020 par trois chercheurs : Joan Monras, Elias Ferran, Javier Vazquez-Grenno. Il a même été mise à jour en avril 2023, pour intégrer les données les plus récentes. Ce papier se penche sur la décision, prise par le gouvernement espagnole en 2005, de régulariser 600 000 exilés extra-européens. Bilan : près de 20 ans plus tard, aucun accroissement des flux migratoires n’a été constaté. Aucun appel d’air. Mêmes observations pour ce qui s’est produit aux Etats-Unis en 1986 : l’Immigration Reform and Control Act a permis à trois millions d’immigrés de régulariser leur situation. Résultat : toutes les études ont montré que cette décision n’avait pas entraîné une augmentation de l’immigration.

      Plus généralement, aucun article de recherche n’a jamais montré l’existence d’un prétendu « appel d’air » à la suite d’une campagne de régularisation. D’autant qu’il faut, en l’occurrence, être précis sur la mesure proposée par le gouvernement. Les individus concernés doivent justifier de trois ans de présence sur le territoire, avoir travaillé huit mois au cours des derniers 24 mois, dans un secteur en tension, le tout pour obtenir un titre de séjour d’un an renouvelable : cela n’a rien d’une régularisation massive !

      Ceux qui s’opposent à cette mesure mettent aussi en avant un risque pour l’économie. Mais là aussi, cette question a été tranchée. Un gros travail de synthèse a été réalisé, pour Sciences Po, par Hélène Thiollet et Florian Oswald. On observe que, certes, pour les emplois les moins qualifiés, l’immigration peut entraîner, à court terme, une pression sur les salaires. Mais ce n’est ni systématique, ni pérenne. À l’échelle de l’économie dans son ensemble, l’immigration a au contraire un impact soit neutre, soit positif. Quant aux campagnes de régularisation, elles ont un effet bénéfique pour les finances publiques, puisqu’elles font rentrer un surcroît de cotisations patronales dans les caisses de l’Etat. En plus, bien sûr, de sortir de la précarité des hommes et des femmes qui travaillent, sont intégrés, bien souvent payent des impôts, et contribuent à la vie de notre société.
      Peurs et fantasmes

      C’est précisément tout le problème des débats sur l’immigration : certaines positions ne sont étayées ni par des faits, ni par des preuves, mais par des peurs et des fantasmes. On pourrait d’ailleurs évoquer le cas de l’AME, l’aide médicale d’Etat pour les immigrés sans papiers, dont le Sénat vient aussi de voter la suppression – au motif, là aussi, qu’elle créerait un appel d’air. On sait pourtant que le vrai problème de l’AME, c’est plutôt que ceux qui devraient en bénéficier ne la demandent pas : d’après le dernier rapport de Médecins Du Monde, plus de 80% des personnes éligibles à l’AME n’y ont pas recours. Avec des conséquences évidemment dramatiques pour ces personnes, qui finissent par accumuler de graves retards de soin. Mais aussi des conséquences négatives pour notre système de santé et pour les finances publiques, puisque, comme l’ont rappelé de nombreux médecins, il vaut toujours mieux prendre en charges les pathologies le plus tôt possible.

      Tout le problème, c’est que le gouvernement a tendance à céder devant ces arguments, aussi contestables soient-ils. Le président Macron a d’ores et déjà restreint l’AME, en 2019, quand il a décidé d’en conditionner l’accès au fait de prouver trois mois de présence sur le territoire, contre l’avis des professionnels de santé. Nous verrons bien quel sera le texte qui ressortira, in fine, des débats parlementaires. Mais si l’on se fie à la manière dont ils ont commencé, on peut craindre que les passions n’y triomphent, hélas, sur la raison.

      https://www.francetvinfo.fr/replay-radio/entre-les-lignes/chronique-immigration-et-appel-d-air-anatomie-d-un-fantasme_6150630.htm

  • Weißensee : Für diese beiden NS-Opfer werden Stolpersteine verlegt
    https://www.berliner-zeitung.de/news/berlin-weissensee-stolpersteinverlegung-fuer-julius-und-ruth-marie-

    17.6.2024 von BLZ/KI - Am Sonntag wird in der Puccinistraße 29 in Berlin-Weißensee an die Schicksale des Ehepaars Julius und Ruth Marie Simon erinnert.

    Am Sonntag, 23. Juni, um 14 Uhr wird in der Puccinistraße 29 im Pankower Ortsteil Weißensee ein Stolperstein zu Ehren von Julius und Ruth Marie Simon verlegt. Das berichtet das Museum Pankow auf Facebook. An dieser Adresse befand sich ihr letzter frei gewählter Wohnsitz, der damals als Belfortstraße 2 bekannt war. Von diesem Standort aus blickte das Paar auf ihre Steinmetzwerkstatt in der damaligen Lothringenstraße 24/25, die heute Herbert-Baum-Straße 39/41 heißt.

    Julius Simon kam im Jahr 1938 im Konzentrationslager Buchenwald ums Leben. Seine Frau, Ruth Marie Simon, nahm sich am 1. Januar 1941 das Leben. Rabbi Martin Riesenhuber beschrieb ihren Freitod als „Flucht aus einer Zeit des Grauens“.

    Quelle: Museum Pankow auf Facebook.

    #Weißensee #Lothringenstraße #Herbert-Baum-Straße #Belfortstraße #Puccinistraße #Shoa #Antisemitismus #Arisierung #Straßenumbenennung #Hufeisennummerierung #Orientierungsnummerierung

  • La conscience du danger
    https://laviedesidees.fr/La-conscience-du-danger

    Comment les Juifs français ont-ils affronté le nazisme à partir de 1933 ? Ils se sont mobilisés et sont entrés dans la guerre en portant regard lucide, mais parfois résigné, sur l’Allemagne hitlérienne.

    #Histoire #Shoah #judaïsme #guerre_mondiale #sensibilité
    https://laviedesidees.fr/IMG/pdf/20240617_guedj.pdf

  • Elezioni in #germania: un’analisi del voto.
    https://radioblackout.org/2024/06/elezioni-in-germania-unanalisi-del-voto

    Gli esiti delle elezioni europee in Germania si iscrivono in una tendenza generale di un’Europa belligerante in crisi, aprono la via alle destre più estreme, cancellano le poche illusioni rimaste rispetto alla rappresentanza. E’ interessante analizzare quanto sta accadendo negli Stati europei per comprendere quali saranno i trend dei prossimi anni in merito a possibilità […]

    #L'informazione_di_Blackout #elezioni_destre #europa #guerra #sholz
    https://cdn.radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/06/Elezioni-Germania2024_06_13_2024.06.13-10.00.00-escopost.mp3

  • About Us - Shine
    https://www.shine.cn/about.shtml

    Powered by Shanghai Daily, the largest English-language newspaper in East China, SHINE is a new digital media product providing readers with breaking news, in-depth opinions and insightful analysis about Shanghai and China.

    Launched on October 1, 1999, Shanghai Daily is a member of Shanghai United Media Group. It’s the first local English-language daily newspaper on the Chinese mainland and is the primary source of information for English readers in Shanghai and the Yangtze River Delta Region.

    上海日报社新闻记者证人员名单公示

    #Chine #Shanghai #presse #internet #médiad

  • The key ingredients of Shanghai’s unique haipai culture
    https://www.shine.cn/opinion/foreign-views/1806025684

    2.6.2018 by Dahvida Falanitule - As a foreigner living and working in this marvelous city — while observing the culture of Shanghai at work on a daily basis — I often wonder as to the source of this radiant culture.

    Historically, Shanghai culture was influenced and shaped by the region of Jiangnan (areas south of the Yangtze River), which is recognized today as Jiangsu and Zhejiang provinces, which were previously known as the ancient kingdoms of Wu and Yue.

    Wuyue culture (吴越文化) is a major part of the Han Chinese group that has historically been demographic in the southern half of Jiangsu Province, the entire Zhejiang Province, some regions in Jiangxi Province, some parts of Fujian Province and the city of Shanghai.

    The culture is known for being delicate and refined, having preserved many unique cultural traditions not existing in other regions of China.

    Wuyue culture contributed to and had a significant impact on the civilization of Shanghai culture in many aspects.

    Language

    The Shanghai dialect, or huyu (沪语, literally “Shanghainese language”), is a variety of Wu Chinese. Like other Wu variants, Shanghainese is unintelligible with other varieties of Chinese, such as Mandarin.

    Shanghainese belongs to the Taihu Wu subgroup and contains words and expressions from the area of southern Jiangsu and northern Zhejiang provinces. With nearly 14 million speakers, Shanghainese is a lingua franca of the Yangtze River Delta.

    Music

    Jiangnan sizhu (江南丝竹) is a style of traditional Chinese instrumental music from the regions south of the Yangtze River.

    Sizhu, literally “silk and bamboo,” refers to string and wind instruments ─ string traditionally made of silk and flutes such as the dizi and xiao made of bamboo.

    The term sizhu by extension also came to refer to instrumental music in general, especially that played indoors.

    Cuisine

    Food in Shanghai is widely said to be influenced by cuisines from Zhejiang and Jiangsu provinces.

    Zhejiang cuisine (浙菜) is one of the “Eight Culinary Styles of China.” It derives from the traditional ways of cooking in Zhejiang, which is south of Shanghai. In general, Zhejiang cuisine is not greasy but has a fresh and soft flavor with a mellow fragrance.

    Zhejiang cuisine consists of at least three styles, each originating from a major city in the province.

    Hangzhou style — characterized by rich variations and the use of bamboo shoots.

    Shaoxing style — specializing in poultry and freshwater fish.

    Ningbo style — known for seafood, with emphasis on freshness and salty dishes.

    Some sources also include the Wenzhou style as a separate subdivision due to its proximity to Fujian Province. Wenzhou style is characterized as the greatest source of seafood as well as poultry and livestock.

    Longjing tea, sometimes called by its literal translated name Dragon Well tea, is a variety of pan-roasted green tea from the area of Longjing Village near Hangzhou. It is produced mostly by hand and renowned for its high quality.

    Shaoxing wine is one of the most famous varieties of huangjiu, or traditional Chinese wine fermented from rice. It originates from the region of Shaoxing in Zhejiang Province.

    It is widely used as both a beverage and a cooking wine in Chinese cuisine. It is internationally well known and renowned throughout Chinese mainland, as well as in Taiwan and Southeast Asia.

    Jiangsu cuisine (苏菜) is also part of the eight culinary traditions. In general, Jiangsu cuisine’s texture is characterized as soft, but not to the point of mushy or falling apart.

    For example, the meat tastes quite soft but would not separate from the bone when picked up. As the style of Jiangsu cuisine is typically practiced near the sea, fish is a very common ingredient in cooking.

    East-meets-West culture

    Another source that influenced and shaped Shanghai as experienced by foreigners visiting, or indeed those based here, is haipai (海派, literally “Shanghai style”) culture, which refers to the avant-garde and unique “East-meets-West” culture from Shanghai in the 20th and 21st centuries.

    The term was coined by a group of Beijing writers in 1920s to describe some Shanghai scholars and their style of embracing Western culture.

    The name haipai originally came from painting and drama. According to “History of Chinese Painting,” published in 1937, during Emperors Tongzhi’s and Guangxu’s reigns in the Qing Dynasty (1644-1911), most Chinese painters lived in Shanghai and made a living by selling paintings. In order to make profits, painters catered to public taste, thus their paintings gradually demonstrated haipai style.

    Haipai culture came from the 1920s and 1930s. Before the city opened its port in 1843, Shanghai culture was mainly influenced by the ancient kingdoms of Wu and Yue.

    The idea of haipai has gradually changed and the culture has become one of the most charming styles in China. Usually haipai is seen as “all-embracing” while jingpai (literally “Beijing style”) is “traditional.” They represent two kinds of Chinese cultures and still have profound influence.

    In contemporary China, haipai hasn’t lose its attraction. On the contrary, its influence continues.

    In modern terms, it is seen as a symbol of diversity and inclusiveness, a special style which boasts both Eastern and Western cultures.

    Red culture

    Shanghai is where aspiring revolutionaries first met and put their ideas to the test. To be more specific, it was where the Communist Party of China was founded.

    This focuses on the city as the birthplace of the Party and the impact that has on its culture today.

    It is about the stimulation, innovation and creation of Shanghai as an open and inclusive international metropolis under the guidance of socialism with Chinese characteristics.

    The red culture continues to influence the Shanghai spirit today. The core of it, as we can see, is concern about the people’s happiness, national rejuvenation, and building a community with a shared future for mankind.

    #Chine #Shanghai. #Jiangsu #Zhejiang #languw #cuisine #culture

  • Zëri i Shqipërisë. L’accordo Italia-Albania, visto dagli albanesi

    Il 6 novembre 2023 la premier Giorgia Meloni e il suo omologo albanese Edi Rama presentano il protocollo d’intesa bilaterale in materia di gestione dei flussi migratori.

    Come si può guardare a questo accordo da un’altra prospettiva, quella della popolazione e della società civile albanese?
    Per capirlo abbiamo deciso di partire per l’Albania e ascoltare cosa aveva da dire chi vive sul territorio.

    Racconteremo il nostro viaggio in due episodi.

    In questo ascolterete i sopralluoghi a #Shëngjin e #Gjadër (dove sono in costruzione rispettivamente l’hotspot e il Centro di Permanenza per il Rimpatrio) e le interviste a:

    Dorian Pali, avvocato residente nel Comune di Lezhë, dove ricadono entrambe le località in cui verranno costruiti i centri detentivi italiani. Quando lo incontriamo ci parla di come si sente, in qualità di albanese e residente locale, al pensiero di come questo accordo impatterà sulla vita e le aspirazioni delle persone coinvolte.
    «[…] per gli albanesi l’Italia all’inizio dell’inizio degli anni 90 era un sogno. E gli albanesi proprio ci volevano andare – con dei costi che poi ovviamente ci sono stati: allontanarsi dalle famiglie, eccetera. Ma c’era un sogno. Invece le persone che verranno qua.. l’Albania, non è la loro scelta».

    Gjergi Erebara, giornalista investigativo di BIRN (Balkan Investigative Reporting Network) residente a Tirana.
    «Il nostro Primo Ministro è stato un richiedente asilo politico in Francia dopo essere stato malmenato da giovane. Fondamentalmente è stato picchiato perché le sue opinioni politiche, ha scritto articoli giornalistici con cui possiamo essere d’accordo o meno, ma non importa. Di fatto è stato perseguitato per le sue opinioni».

    https://www.meltingpot.org/2024/05/zeri-i-shqiperise-laccordo-italia-albania-visto-dagli-albanesi
    #audio #podcast #migrations #réfugiés #asile #Albanie #accord #Italie #externalisation

    –-

    ajouté à la métaliste sur l’#accord entre #Italie et #Albanie pour la construction de #centres d’accueil (sic) et identification des migrants/#réfugiés sur le territoire albanais...

    https://seenthis.net/messages/1043873

  • Israeli soldiers set fire Aqsa University [@AqsaUniversity]’s library in Gaza City and took pictures of themselves in front of the flames.


    date : 23.5.2024 source : https://x.com/ytirawi
    On ne sait jamais d’où parvient une image, mais celle-ci a de fortes chances d’être authentique. C’est une scène symbolique parce qu’elle rappelle une mise en scène allemande qui est entrée dans l’histoire.

    https://de.wikipedia.org/wiki/B%C3%BCcherverbrennung_1933_in_Deutschland


    Ce fut un prélude à la #shoa.

    #barbarie #Allemagne #Israël

  • Alonso Gurmendi sur X : https://x.com/Alonso_GD/status/1796299207336132958

    US Presidents have set up torture sites, staged coups, ordered human experiments, invaded entire countries, ethnically cleansed indigenous peoples, enabled genocides. That the first Presidential conviction ever is over hush money to cover a sex scandal is… very telling I guess

    […]

    (And just to be clear: it’s good that corrupt fascist coup mongers go to jail. Just spare me the “historic conviction no one is above the law in the greatest country on earth” part pls)

    #showtime #états-unis

  • L’écrire-juif
    https://laviedesidees.fr/Nelly-Wolf-Le-Juif-imagine

    La #littérature française porte la trace d’un « fait juif », comme en attestent trois prix Goncourt entre 1955 et 1962. Souvenir de la #Shoah et du yiddish perdu, la judéité s’écrit en termes moins identitaires que mémoriels et politiques.

    #Histoire #judaïsme #langage #fiction
    https://laviedesidees.fr/IMG/pdf/20240530_juifs.pdf

  • L’État va utiliser les données de santé des usagers pour envoyer des messages de prévention personnalisés | À la une | Acteurs Publics
    https://acteurspublics.fr/articles/mon-espace-sante-va-utiliser-les-donnees-des-usagers-pour-envoyer-des

    C’est le dernier étage de la fusée : après avoir dématérialisé le carnet de santé, “Mon espace santé” va exploiter toutes les données qu’il contient pour envoyer aux usagers des messages de prévention personnalisés, en fonction de leur état de santé et de leurs caractéristiques, telles que l’âge, le sexe ou les antécédents.

    #crétins_cosmiques #shadoks #promis_juré_on_va_rien_en_faire_de_vos_données #puisqu_on_vous_envoie_des_messages_on_peut_aussi_en_faire_profiter_les_gafam #vous_aussi_vous_le_saviez_que_les_contenus_des_notifications_push_terminent_chez_les_gafams_ ?
    #la_santé_ça_coute_cher_alors_le_partage_des_données_va_financer_la_sécurité_sociale #overton_sors_de_ce_corps #gilles_de_la_tourette_priez_pour_nous

    • vous_aussi_vous_le_saviez_que_les_contenus_des_notifications_push_terminent_chez_les_gafams_ ?

      Les mails aussi sont lus par les hébergeurs pour fournir de la pub personnalisée.
      Utiliser une boite mail de gafam c’est fournir des données sur soi et sur tous ses contacts (sans leur consentement bien sur, à moins que d’envoyer un mail sur une boite gmail soit, de fait, un consentement ?).

    • Je comprends pas : on reçoit déjà plein de mails adaptés à notre profil de santé, je me demande bien pourquoi l’État aurait besoin de s’en mêler.

      Regarde, là dès 50 ans j’ai commencé à recevoir des « messages de prévention » pour faire contrôler ma vue, contrôler mon audition, contrôler mes érections, contrôler mes cheveux… Dès 65 ans je commencerai à recevoir des « messages de prévention » pour préparer mes obsèques. Dès 40 ans je recevais des « messages de prévention » pour acheter une épouse très jolie et très slave. À 30 ans je recevais des messages de prévention pour faire attention à bien choisir mon « siège gamer » pour ne pas m’abîmer le dos. Et si j’avais 20 ans, je suis sûr que je recevrais des messages de prévention de TiboInShape pour apprender à choper des gonzesses avec ses compléments alimentaires dans le but de réarmer notre démographie.

      De fait, je ne vois pas bien ce que l’État pourrait m’envoyer de mieux comme messages de prévention en fonction de mes caractéristiques…

    • Les notifications push : Apple et Google ont accès au texte en clair des notifications transmises par les applications aux ordiphones. Apparemment, ça aussi, ça alimenterait des IA et des profils publicitaires. Apparemment. On n’est pas dans les petits papiers de ces gens qui ont pour métier de disséquer tout ce qu’on fait avec ces matériels, non pour nous surveiller, mais pour revendre à d’autres.

      Et donc, apparemment, ce dossier médical, que promis juré craché, on n’en fera que ce pour quoi c’est prévu, à savoir vous permettre de gérer en un seul endroit unique vos données de santé entre vous et le personnel de santé, et bien. On va l’analyser, et vous faire des suggestions, et ces suggestions, on va les envoyer sur vos ordiphones et vos messageries, et c’est pas nous qui, mais on va le donner à manger aux IA et aux systèmes de profilage de vos ordiphones et de vos messageries.

      C’est consternant de malveillance candide. « oh mé vou voyé le mal partout, cé le progré koa fo pa fèr lé piss froa kom ça a chak nouvoté ».

      (je me trouvais extrémiste en m’opposant à ce bidule l’an dernier (ou l’année d’avant je ne sais plus), mais finalement, c’était juste rationnel)

    • A la Mgen (mais peut-être aussi chez d’autres), j’ai dû joindre le centre d’aide (service client ?) pour que l’on notifie formellement notre refus d’intégrer la base de donnée « mon espace santé ». Sinon, ton consentement ils s’en foutent : tu bascules par défaut vers le dispositif si tu ne te manifestes pas avant la date déterminée.

      Je pense que les données de santé enregistrées sur cet « espace santé », ça va servir aux compagnies d’assurance lorsque tu veux faire un gros emprunt pour t’acheter un logement. Comme ça, ils pourront vérifier direct si tu n’as pas l’intention de leur mentir. Ainsi ils pourront te proposer la formule adéquate à tes « problèmes ». Tu devras juste payer (cher) si tu veux réaliser ton projet de financement bancaire.

      Et là, tu vois mieux l’objectif de l’état dans la collecte des données de santé numérisées : ils vont pouvoir les revendre à des organismes privés : assurances, banques, mutuelles, etc.