#stefano_cucchi

  • #Cristina_Cattaneo, il medico legale che disse di #Stefano_Cucchi: «E’ morto di fame»

    La scienziata stimata da molti e dal curriculum impeccabile viene chiamata da varie Procure. Oggi analizza anche il decesso di #Imane_Fadil. Ma fu lei a firmare la prima perizia secondo la quale sul corpo martoriato di Stefano non c’era traccia di vertebre fratturate di recente

    http://m.espresso.repubblica.it/plus/articoli/2019/03/29/news/e-stefano-era-morto-di-fame-1.333092?preview=true
    #médecine_légale

  • C’était 2009... Stefano Cucchi mourrait en #détention_préventive en #Italie...

    #Stefano_Cucchi: How one death in custody has become the symbol of police brutality in Italy

    The death in custody of 31-year-old Stefano Cucchi has brought the abuse of police power under scrutiny in Italy. After losing her brother and enduring the subsequent trial, Ilaria Cucchi is now receiving harassment and online threats from police officers. Sociologists say Stefano’s case is not isolated and ask what the country will do to clean up its policing.


    https://lacuna.org.uk/justice/stefano-cucchi-how-one-death-in-custody-has-become-the-symbol-of-police-b
    #violences_policières

    #Film: #On_My_Skin

    Stefano Cucchi is a young building surveyor who, after being found in possession of some packs of hashish and 2 grams of cocaine, is brought to Regina Coeli prison in Rome. During precautionary custody, Cucchi, after losing a large amount of weight and being apparently beaten up, dies suddenly in unclear circumstances. This brings his family, led by his sister Ilaria, to start a battle for the truth and to try to find out the responsibles of Stefano’s death.


    https://en.wikipedia.org/wiki/On_My_Skin_(2018_film)
    https://www.youtube.com/watch?v=tI9wa-Y9O8s

    #sulla_mia_pelle

    ping @davduf @albertocampiphoto @wizo

    • Sentenza Cucchi, l’associazione Stefano Cucchi Onlus «Mai più casi del genere»

      «In questi anni la famiglia Cucchi ha sempre creduto nella giustizia. Proprio per questo ha lottato con dignità e compostezza e, malgrado ci siano voluti dieci anni, è riuscita ad arrivare alla verità». L’associazione Stefano Cucchi Onlus, nata nel 2017 per volere di Ilaria Cucchi, la sorella di Stefano, morto a 31 anni mentre era nelle mani dello Stato e che oggi vede al lavoro attivisti e attiviste «dalla parte degli ultimi» commenta così la sentenza emessa dalla prima Corte d’Assise di Roma al termine del cosiddetto “processo bis” sulla morte di Stefano.

      «Con Ilaria e Fabio e tutta l’associazione Stefano Cucchi saremo sempre in prima linea affinché questi casi non accadano mai più», dicono dall’associazione Stefano Cucchi Onlus.

      «Forse ora Stefano potrà riposare in pace e forse anche i miei genitori avranno un po’ di sollievo», dice Ilaria subito dopo la lettura della sentenza che vede due dei carabinieri imputati condannati a 12 anni per omicidio preterintenzionale, come autori del «violentissimo pestaggio» che ha portato alla morte di Stefano, e altri due carabinieri a pene minori per falso.

      «Era una verità talmente evidente, negata per troppo tempo», dice il legale della famiglia, Fabio Anselmo, vicepresidente dell’associazione. «Dieci anni di vita che abbiamo perso tutti. Vedremo la sentenza, ma Stefano è morto a causa, per colpa e responsabilità di chi l’ha picchiato».

      «Grazie al lavoro di tutti coloro che ci hanno creduto. Ringrazio anche tutti gli uomini e donne in divisa che insieme a noi hanno combattuto affinché venisse fatta giustizia», aggiunge Ilaria Cucchi.

      «Non abbiamo mai voluto vendetta. Non abbiamo mai voluto qualcuno da incolpare», dice il papà di Stefano, Giovanni. «Non volevamo un colpevole qualsiasi. Volevamo i veri colpevoli».

      «Un pensiero a tutti coloro che ci sono stati accanto e che hanno aiutato a raggiungere finalmente questo momento di verità e giustizi», dice la mamma di Stefano, Rita. «Abbiamo visto una giustizia che per la prima volta si può definire tale. Oggi Stefano può iniziare a riposare in pace».

      https://www.stefanocucchi.it/sentenza-cucchi-lassociazione-stefano-cucchi-onlus-mai-piu-casi-del-ge

    • Stefano Cucchi pestato a morte dai carabinieri: la sentenza del processo bis

      Dopo dieci anni di attesa e battaglia da parte della famiglia di Stefano Cucchi, la Corte d’Assise di Roma identifica i colpevoli per la morte del 31enne romano: in primo grado condanne a 12 anni per omicidio preterintenzionale ai carabinieri #Alessio_Di_Bernardo e #Raffaele_D'Alessandro.

      Dieci gli anni di attesa, dodici quelli di condanna. A distanza di due lustri da quel 27 ottobre del 2009, quando si apprese della morte del 31enne romano Stefano Cucchi, una sentenza della Corte d’Assise di Roma identifica dei colpevoli: i carabinieri Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro sono stati condannati con l’accusa di omicidio preterintenzionale. Si tratta di una sentenza di primo grado, nel processo bis sul caso Cucchi, su cui i legali dei condannati hanno già manifestato l’intenzione di ricorrere in appello. Un processo, questo, che si è aperto dopo le dichiarazioni del carabiniere Francesco Tedesco, che raccontò del pestaggio subito da Stefano in caserma.

      Dieci anni di attesa e di lotta da parte della famiglia Cucchi.

      «Stefano è stato ucciso, lo sapevamo. Forse adesso potrà riposare in pace e i miei genitori vivere più sereni», ha detto Ilaria Cucchi, la sorella di Stefano.

      Stefano Cucchi: sentenza con condanne al processo bis

      Parla di dieci ani di dolore la sorella di Stefano, l’avvocato Ilaria Cucchi, che dalla morte del fratello, insieme ai genitori, ha iniziato una battaglia senza sosta, per ottenere giustizia e fare luce sulle reali motivazioni di quella tragica fine. Una lotta che si è conclusa, almeno per ora, con una sentenza che vede condannati a 12 anni i carabinieri Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro, inoltre interdetti in perpetuo dai pubblici uffici.

      Giunge l’assoluzione per l’accusa di omicidio, invece, per Francesco Tedesco, l’imputato che fece luce sulle percosse subite da Stefano in caserma la notte in cui fu arrestato perché trovato in possesso di 25 grammi di hashish, qualche grammo di cocaina e farmaci anti-epilettici scambiati per pasticche di ecstasy.

      Per Tedesco, diventato teste d’accusa quando nel 2018 raccontò quello che aveva visto nella caserma Casilina, dove avvenne il pestaggio di Stefano, rimane la condanna a 2 anni e sei mesi per falso, così come per Roberto Mandolini, comandante interinale della stazione Appia, condannato a 3 anni e otto mesi e interdetto per cinque anni dai pubblici uffici. Assolti, invece, Vincenzo Nicolardi, Tedesco e Mandolini dall’accusa di calunnia.
      Processo Cucchi: la sentenza per i medici

      Stefano Cucchi fu arrestato il 22 ottobre del 2009, ma morì una settimana dopo nel reparto detenuti dell’ospedale Sandro Pertini di Roma. I giudici della Corte d’Assiste d’Appello di Roma hanno deciso l’assoluzione per il medico Stefania Corbi, «per non aver commesso il fatto». Mentre le accuse sono prescritte per il primario del reparto di medicina protetta dell’ospedale, Aldo Fierro, e altri tre medici, Flaminia Bruno, Luigi De Marchis Preite e Silvia Di Carlo.

      Il processo ai medici del Pertini era iniziato con l’accusa di abbandono d’incapace. Nel 2013 furono poi condannati per il reato di omicidio colposo, successivamente assolti in appello. Ma l’iter processuale ricomincia con un primo intervento della Cassazione che rimandò indietro il processo. I giudici della Corte d’Appello, dunque, confermarono l’assoluzione, impugnata poi dalla Procura generale. La Cassazione rinviò nuovamente disponendo una nuova attività dibattimentale conclusasi giovedì 14 novembre con un’assoluzione e quattro prescrizioni.

      Ed è proprio a questa prescrizione che i difensori dei condannati si appellano nel dichiarare le intenzioni di fare ricorso in appello. «Come si concilia – sono le parole di Giosuè Bruno Naso, legale di Mandolini – questa sentenza sul piano tecnico-giuridico col fatto che oggi stesso la corte d’Assise d’Appello ha dichiarato la prescrizione per i medici?».

      La storia di Stefano Cucchi raccontata da Acad

      «La fine di Stefano Cucchi comincia dal momento in cui i carabinieri lo arrestano al Parco degli acquedotti nel quartiere Casilino di Roma per detenzione di sostanze stupefacenti […] Durante i giorni del ricovero la famiglia del giovane non ha mai potuto vederlo perché l’amministrazione penitenziaria impediva qualsiasi contatto. Stefano morirà alle 6,45 del 22 ottobre 2009 dopo una via crucis giudiziaria e sanitaria durata quasi una settimana».

      È quanto si legge nel dossier “Anomalia Italia”, redatto da Acad, l’associazione contro gli abusi in divisa, uno strumento a disposizione delle famiglie, e, grazie al numero verde (800.58.86.05), di chiunque ritenga di aver subito un abuso da parte di appartenenti alle forze dell’ordine.

      Le assoluzioni, arrivate nel 2016, nel primo processo, che aveva visto come imputati i medici del Pertini, gli infermieri e le guardie penitenziarie, ignorando di fatto il ruolo dei carabinieri che avevano arrestato Cucchi, sembravano aver messo una pietra tombale sulla battaglia portata avanti dalla famiglia Cucchi.

      Ma successivamente arrivò l’inchiesta bis, un altro processo con le rilevazioni del carabiniere Francesco Tedesco, che ammise il pestaggio subìto da Stefano. «Fu un’azione combinata – si legge nel verbale di un interrogazione del 9 luglio 2108 – Cucchi prima iniziò a perdere l’equilibrio per il calcio di D’Alessandro poi ci fu la violenta spinta di Di Bernardo che gli fece perdere l’equilibrio provocandone una violenta caduta sul bacino. Anche la successiva botta alla testa fu violenta, ricordo di aver sentito il rumore».

      Vlad, il vademecum legale contro gli abusi in divisa

      “Stefano Cucchi: il caso che ha cambiato la storia degli abusi”. È l’ultimo capitolo di Vlad, un vademecum che tenta di ricostruire le normative da cui gli abusi traggono origine, redatto nel 2018 da Acad insieme ad Alterego – Fabbrica dei diritti.

      «Il processo Cucchi-bis ha cambiato la storia dei processi in Italia sul tema degli abusi in divisa», si legge nel vademecum, al capitolo dedicato al caso Cucchi.

      «Appresa la notizia della morte di Stefano, fu lo stesso Tedesco a presentare una formale nota di servizio dove raccontava i fatti accaduti in quella notte. Nota di servizio consegnata al suo superiore Roberto Mandolini. Nota di servizio scomparsa nel nulla».

      https://www.osservatoriodiritti.it/2019/11/18/stefano-cucchi-sentenza-condanne-storia-processo

  • The grim task of identifying the migrants who don’t reach Europe

    ZUWARAH, LIBYA — Ibrahim al-Attoushi was looking for another body. Nearly every day, the dead washed ashore on this remote stretch of beach, migrants whose boats had capsized on their way to Europe. This morning there had been a report of one more.


    https://www.washingtonpost.com/world/middle_east/the-grim-task-of-identifying-the-migrants-who-dont-reach-europe/2015/10/22/50641442-6783-11e5-bdb6-6861f4521205_story.html?postshare=7101445663
    #mourir_en_mer #identification #cadavres #asile #migrations #réfugiés #corps

    • L’Italia fa scuola nell’identificazione dei migranti morti nel Mediterraneo

      Quando ha fatto le prime autopsie sui corpi dei migranti morti nel naufragio del 18 aprile del 2015, Cristina Cattaneo ha cominciato anche a fare incubi. “Sognavo che i migranti fossero impiccati sul barcone, sognavo di cercare per la strada dei segni che mi aiutassero a identificarli, a capire chi fossero”, racconta Cattaneo, mentre è seduta dietro a montagne di libri e faldoni nel suo studio all’Istituto di medicina legale dell’università statale di Milano.

      http://www.internazionale.it/notizie/annalisa-camilli/2016/11/22/morti-migranti-mediterraneo-identificazione

    • Naufraghi senza volto

      Il corpo di un ragazzo con in tasca un sacchetto di terra del suo paese, l’Eritrea; quello di un altro, proveniente dal Ghana, con addosso una tessera della biblioteca; i resti di un bambino che veste ancora un giubbotto la cui cucitura interna cela la pagella scolastica scritta in arabo e in francese. Sono i corpi delle vittime del Mediterraneo, morti nel tentativo di arrivare nel nostro paese su barconi fatiscenti, che raccontano di come si può “morire di speranza”. A molte di queste vittime è stata negata anche l’identità. L’emergenza umanitaria di migranti che attraversano il Mediterraneo ha restituito alle spiagge europee decine di migliaia di cadaveri, oltre la metà dei quali non sono mai stati identificati. Il libro racconta, attraverso il vissuto di un medico legale, il tentativo di un paese di dare un nome a queste vittime dimenticate da tutti, e come questi corpi, più eloquenti dei vivi, testimonino la violenza e la disperazione del nostro tempo.

      http://www.raffaellocortina.it/scheda-libro/cristina-cattaneo/naufraghi-senza-volto-9788832850574-2867.html
      #livre

    • @aude_v, je ne peux pas répondre ici à la question que tu poses, par pour l’instant et pas sans l’accord de la personne qui m’a donné des informations. Mais en gros, elle serait un peu trop proche du pouvoir en place...

      Mais voir ici pour un autre type de réponse à ta question :
      https://seenthis.net/messages/771381
      –-> Elle a dit de #Stefano_Cucchi qu’il serait mort de faim et que sur son corps il n’y avait pas de trace de fractures récentes...
      https://seenthis.net/messages/764138

    • #Cristina_Cattaneo, médecin légiste : « On trouve dans les poches des cadavres ce qu’on trouverait dans celles de nos enfants »

      #Cristina_Cattaneo est médecin légiste en Italie et travaille depuis 2014 sur l’identification des corps de migrants récupérés en mer Méditerranée. Dans son livre « Naufragés sans visage », sorti aux éditions Albin Michel, elle raconte son combat pour « rendre leur identité » aux cadavres de migrants. Rencontre.

      InfoMigrants : Pourquoi avez-vous voulu écrire un livre sur les disparus en mer Méditerranée ?

      Cristina Cattaneo : On est face à la plus grande catastrophe après la Seconde Guerre mondiale, avec plus de 30 000 morts en mer. Pourtant la moitié de ces morts n’ont pas été identifiés.

      Or, l’identification des corps est très importante surtout pour les vivants, pour la santé mentale et psychique des parents. Les familles des disparus ne peuvent pas faire leur deuil car elles n’ont pas la certitude que leur proche est décédé.

      C’est aussi important pour des raisons administratives. Les familles, les orphelins, les veuves, ont besoin de certificat de décès pour reconstruire leur vie.

      Quand on a commencé à travailler sur l’identification des migrants morts en mer, beaucoup de personnes nous disaient que les familles ne chercheraient pas les disparus et que ce serait impossible de les identifier.

      Mais depuis 2014, on a démontré que, même si c’est très difficile, c’est possible. Depuis cinq ans, nous avons identifié 40 personnes.

      InfoMigrants : Y a-t-il un événement qui vous a particulièrement marqué ?

      Cristina Cattaneo : Il y a beaucoup de moments qui m’ont marqués pendant les autopsies mais un en particulier m’a touché.

      Un jour, j’ai trouvé sur le corps d’un migrant une petite poche cousue sur le tee-shirt d’un jeune. J’ai eu peur que ce soit de la drogue car si j’avais trouvé la même chose lorsque je travaillais à Milan sur des disparus italiens, j’aurais pensé à ça.

      Le policier avec qui je travaillais m’a alors dit : « Ne vous inquiétez pas, c’est fréquent de trouver cela. C’est de la terre que certains migrants emportent de leur pays pour s’en souvenir, ne pas oublier. »

      Cette anecdote m’a permis de me rapprocher encore plus de ces disparus car j’ai réalisé que je faisais la même chose. Quand je quitte un endroit que j’aime beaucoup, je prends avec moi des fleurs, des branches… que je range dans mes poches.

      Les effets qu’on retrouvent dans les poches des corps des migrants ont le pouvoir de nous dire qu’ils sont comme nous. Et qu’ils ont donc les mêmes droits que nous.

      InfoMigrants : Qu’avez-vous trouvé d’autres dans les poches des cadavres de migrants ?

      Cristina Cattaneo : On a trouvé beaucoup de choses dans les vêtements que nous avons pu récupérer, des choses qui nous racontent qui ils étaient.

      On a trouvé notamment des bulletins scolaires d’adolescents de 14 ou 16 ans, des cartes de bibliothèque, des cartes de don du sang…

      >> À lire sur InfoMigrants : Quelles démarches entreprendre quand un proche a disparu sur la route de l’exil ?

      En fait, on a trouvé tout ce qu’on pourrait trouver dans les poches de nos enfants.

      InfoMigrants : Quelles sont les différences entre le fait d’identifier un corps italien d’un corps « étranger » ?

      Cristina Cattaneo : C’est plus difficile d’identifier techniquement les corps étrangers disparus car les données que nous avons ne sont pas aussi nombreuses que pour un cas domestique ou lors d’une grande catastrophe aérienne par exemple.

      On ne peut pas travailler pour eux comme on travaillerait pour des morts domestiques car toutes les conditions ne sont pas réunies.

      Mais la vraie différence est celle qui est affective, humaine, émotionnelle. Toutes les morts violentes sont une tragédie mais dans ce cas, on assiste à une double tragédie : celle des familles d’avoir perdu un proche et le fait que personne ne s’occupe des parents.

      Les familles subissent une double peine.

      InfoMigrants : Qu’est-ce qui vous a paru le plus dur dans votre travail ? Est-ce le travail d’identification, la rencontre avec les familles... ?

      Cristina Cattaneo : Il y a beaucoup de difficultés dans ce travail : les choses sont très lentes, on n’a pas beaucoup d’argent…

      C’est aussi très dur de ne pas pouvoir donner rapidement de réponses aux familles. C’est frustrant car on sait qu’elles cherchent leurs proches depuis des années.

      Mais la chose la plus difficile est de faire comprendre aux gouvernements européens qu’investir des ressources pour permettre l’identification des corps est une obligation. C’est un droit pour les familles, c’est même un devoir.

      InfoMigrants : À qui doivent s’adresser les familles de disparus à la recherche d’un proche ?

      Cristina Cattaneo : La première chose à faire est de prendre contact avec les Croix-rouge ou les Croissant-rouge de son pays.

      Si vous cherchez un proche qui se trouverait sur le territoire italien, vous devez aussi prendre contact avec notre institution pour effectuer un entretien, délivrer éventuellement des données ante-mortem, nous envoyer toutes informations utiles.

      Il faut envoyer un mail [en anglais, italien ou français] avec le maximum d’informations à ces deux adresses : labanofmigrants@unimi.it / ufficiocommissario.personescomparse@interno.it

      https://www.infomigrants.net/fr/post/19507/cristina-cattaneo-medecin-legiste-on-trouve-dans-les-poches-des-cadavr