• Inchiesta sul gestore del #Cpr di Milano: tra falsi protocolli e servizi non erogati

    Altreconomia ha potuto visionare l’offerta tecnica presentata dalla società Martinina Srl alla prefettura di Milano per aggiudicarsi l’appalto da oltre 1,2 milioni di euro per la gestione della struttura in #via_Corelli: alcuni degli accordi stretti con associazioni e Ong “esterne” per migliorare la vita dei trattenuti non sarebbero autentici

    Lenzuola non distribuite, raro utilizzo dei mediatori culturali, tutela legale inesistente, assistenza sanitaria carente. Ma soprattutto falsi protocolli d’intesa “siglati” per svolgere servizi e attività all’interno del Centro di permanenza per il rimpatrio (Cpr) di via Corelli a Milano.

    Altreconomia ha potuto visionare l’offerta tecnica presentata dalla società Martinina Srl alla prefettura di Milano per aggiudicarsi l’appalto da oltre 1,2 milioni di euro per la gestione della struttura: oltre alla discordanza tra quanto scritto nei documenti e la realtà nella struttura di reclusione, alcuni degli accordi stretti con associazioni e Ong “esterne” per migliorare la vita dei trattenuti sarebbero falsi.

    Altri invece sarebbero stati siglati con soggetti di cui non è stato possibile trovare alcuna traccia online. “Viene da chiedersi in che cosa consista il controllo effettuato dalla prefettura, essendo risultata evidente l’assenza di servizi all’interno del centro oltre che palesi le incongruenze negli atti e nei documenti versati nella gara di appalto”, osserva l’avvocato Nicola Datena dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi), che ha visionato la documentazione insieme a chi scrive.

    Alcuni snodi temporali. Martinina Srl nell’ottobre 2022 si è aggiudicata l’appalto per un anno (scadenza il 31 ottobre 2023, rinnovabile di un anno in assenza di nuove gare pubbliche) indetto dalla prefettura di Milano presentando un’offerta in cui garantiva, tra le altre cose, la collaborazione con diverse associazioni e società profit, finalizzata ad assicurare l’erogazione di “servizi” da integrare nella gestione del Cpr.

    L’offerta tecnica consiste nella documentazione da presentare in sede di gara d’appalto che descrive come l’impresa intende eseguire il lavoro per l’ente che richiede la prestazione, ovvero il piano di lavoro, le fasi e le risorse impiegate, la durata e le ore di lavoro previste, eventuali migliorie richieste o proposte

    Protocolli forniti in sede di gara ed esaminati dalla Commissione giudicatrice, la quale, nella decisione di assegnare l’appalto alla società domiciliata in provincia di Salerno, sottolinea l’importanza del “valore delle proposte migliorative dell’offerta tecnica”. Un “dettaglio” sfugge però ai funzionari della prefettura: almeno otto sarebbero falsi. Eccoli.

    Secondo la documentazione contrattuale, il Vis (Volontariato internazionale per lo sviluppo), una delle più importanti organizzazioni del Terzo settore del nostro Paese, avrebbe firmato un protocollo con Martinina l’8 agosto 2022 volto alla formazione del personale del Cpr. Il nome del responsabile legale non corrisponde però ad alcun referente dell’organizzazione: “Ribadiamo l’assoluta estraneità del Vis e l’assenza di qualsiasi tipo di contatto o accordo, passato e presente, relativo alla gestione del Cpr di via Corelli. E ci tengo a precisare che come Ong salesiana abbiamo una visione della migrazione fondata sui diritti umani, distante dall’approccio applicato nei Cpr, con cui in ogni caso le nostre policy ci impedirebbero di collaborare”, spiega ad Altreconomia Michela Vallarino, presidente del Vis.

    Sono 59 invece le pagine dell’accordo tra Martinina e la cooperativa sociale BeFree, uno dei più importanti enti antitratta italiani con sede a Roma, per la realizzazione del progetto “Inter/rotte” per l’assistenza per vittime di tratta e violenza. “Non avremmo mai potuto firmare un simile protocollo -spiega Francesca De Masi (qui la sua presa di posizione integrale)- perché siamo fortemente critiche nei confronti della stessa esistenza dei Cpr”. Il presunto protocollo è talmente grossolano che il nome del legale rappresentante è sbagliato e di conseguenza anche il codice fiscale generato.

    Ala Milano Onlus secondo l’accordo dovrebbe invece garantire “prestazioni di natura di mediazione linguistica/culturale”. Il presidente, contattato da Altreconomia, dichiara però di non aver mai siglato quel protocollo. Così come Don Stefano Venturini, l’allora parroco della comunità pastorale delle parrocchie di San Martino in Lambrate e SS Nome di Maria, che si sarebbe impegnato, secondo le carte consultate, “a orientare, aiutare gli ospiti prestando attenzione specifica a quanto le persone esprimono”. “Ho incontrato una volta chi gestisce la struttura ma non ho mai siglato un protocollo”, spiega Venturini ad Altreconomia, aggiungendo, tra l’altro, come sia di competenza della curia diocesana un eventuale accordo formale. Nell’offerta inviata alla prefettura, Martinina ha allegato il decreto di nomina di Venturini emesso dall’arcivescovo Mario Enrico Delpini. “Non so come abbiano fatto ad averlo”, spiega ancora l’interessato.

    L’accordo con la società sportiva Scarioni 1925 risulta stipulato il 24 agosto 2022 dall’ex presidente, che però è morto nel febbraio 2020: un post sulla pagina Facebook della società stessa, datato 31 marzo 2020, porge le condoglianze alla famiglia per la sua scomparsa. Il Centro islamico di Milano e Lombardia avrebbe siglato un accordo con Martinina per garantire il sostegno spirituale all’interno del centro. “La carta intestata è di un centro di Roma, la firma del protocollo di un centro di Cologno Monzese -spiega il presidente Ali Abu Shwaima-. Noi non abbiamo mai visto quel protocollo”. L’associazione Dianova Onlus garantirebbe assistenza per i trattenuti con tossicodipendenza: la prefettura sembra non essersi accorta però che il protocollo risulta firmato nell’agosto 2022 solo da Martinina Srl. “Non ho mai sentito questa società -spiega il presidente Pierangelo Buzzo, a cui è intestato l’accordo- e tra l’altro dal febbraio 2021 siamo cooperativa sociale, non più associazione. Il protocollo è falso”.

    Diverso è il caso della Associazione di Volontariato “Il Paniere Alimentare”, dell’Organizzazione “Musica e Teatro” e dell’Associazione “Fiore di Donna”, dei quali non solo non è stato possibile riscontrare alcun riferimento online, ma di cui i codici fiscali inseriti nei protocolli risultano inesistenti, così come gli indirizzi mail di riferimento. La “Bondon grocery” dovrebbe riconoscere “agli ospiti del Cas e agli operatori della Martinina Srl che acquistano per conto delle persone trattenute nel Cpr uno sconto del 5% sulla spesa effettuata”: il protocollo firmato nell’agosto 2022 reca in intestazione la denominazione della società, che ha però cessato l’attività il primo luglio 2021.

    Dianova, BeFree, l’Organizzazione “Musica e Teatro” vengono citati tra i protocolli di intesa presentati anche nell’offerta tecnica presentata da Engel Srl il 26 maggio 2021 per l’aggiudicazione del bando precedente a quello in essere. La prefettura di Milano ha pubblicato i documenti integrali -contratto siglato dalla società e offerta tecnica- il 10 novembre 2023.

    Tornando ai protocolli siglati da Martinina Srl, questi danno uno spaccato della vita nel centro che appare molto distante della realtà. Attività ludico-ricreative, per “impegnare le giornate degli ospiti e rendere più piacevole il trascorrere del tempo”, cineforum, laboratori di teatro, musicali, sport. Addirittura “campagne di prevenzione della salute”. Ma niente di tutto questo si sarebbe mai verificato nella struttura. Sia per i numerosi report prodotti nel tempo da diversi soggetti, dall’Asgi al Garante dei diritti delle persone private della libertà personale, fino agli stessi verbali delle visite di monitoraggio redatti proprio dalla prefettura.

    Così l’accesso ai servizi di mediazione linguistica-culturale, previsto nell’offerta, non si riscontra affatto nella realtà: in questo caso è l’Asgi, durante una delle visite d’accesso, a non incontrare alcun mediatore e dal Naga, che ha recentemente pubblicato un dettagliato report sulla situazione all’interno del centro. Oppure l’orientamento legale, anche questo assicurato sulla carta da Martinina Srl, addirittura con la “diffusione di materiale informativo tradotto nelle principali lingue parlate dagli stranieri presenti nel centro” ma che non trova riscontri. È il Garante, questa volta, a scrivere nel febbraio 2023 che l’informativa cartacea “non viene consegnata alle persone trattenute”. Problematico anche l’accesso ai servizi sanitari: nell’offerta tecnica si assicura “al ricorrere delle esigenze la somministrazione di farmaci e altre spese mediche” ma al di fuori degli psicofarmaci -che, come raccontato da Altreconomia nell’inchiesta “Rinchiusi e sedati”, su cinque mesi di spesa rappresentano il 60% degli acquisti in farmaci- sempre il Garante scrive che “l’assistenza sanitaria in caso di bisogno si limita alla distribuzione della tachipirina”. E c’è uno scarso accesso alle visite specialistiche. Emergono poi acquisti di distributori di tabacchi non presenti nel centro, colloqui con lo psicologo non documentati, addirittura la fornitura di “cestini da viaggio” in caso di trasferimenti da un Cpr all’altro, discrepanze anche relative alla qualità del cibo distribuito.

    All’impatto sulla vita delle persone se ne aggiunge uno di natura economica. Secondo dati inediti consultati Altreconomia, infatti, la prefettura di Milano avrebbe già versato a Martinina Srl oltre 943mila euro per la gestione della struttura di via Corelli. Ed è rilevante anche l’avvicendamento delle società gestite dall’imprenditore Alessandro Forlenza. Lui, nel 2012 fonda la Engel Italia Srl, ex gestore del “Corelli” di Milano e del Cpr di Palazzo San Gervasio a Potenza: oggi quella società non esiste più perché il 20 ottobre 2023 è stata definitivamente “inglobata” nella Martinina Srl, a cui inizialmente era stato ceduto il ramo d’azienda che si occupava della detenzione amministrativa. La società è formalmente in mano a Paola Cianciulli, moglie di Forlenza, che è attualmente l’amministratrice unica dopo l’uscita di scena di Consiglia Caruso (la firmataria di tutti i protocolli d’intesa sopra citati), che il 31 agosto 2023 ha ceduto i mille euro di capitale sociale. A lei restano intestate due società con sede a Milano: l’Edil Coranimo Srl, che si occupa di costruzioni, e dal febbraio 2023 l’Allupo Srl che ha sede proprio in via Corelli, nel numero civico successivo al Centro per il rimpatrio. Una dinamica che desta interesse: l’oggetto sociale della Allupo Srl è molto diversificato e oltre alla ristorazione in diverse forme (da asporto o somministrazione diretta) è inclusa anche la possibilità di “gestione di case di riposo per anziani, case famiglia per minori, Cas, Sprar, Cara e Cpr”.

    La Martinina Srl ha altre due sedi attive: una a Palazzo San Gervasio, a Potenza, dove è arrivata seconda nella gara di assegnazione della nuova gestione del Cpr precedentemente dalla Engel, vinto da Officine Solidali nel marzo 2023, un’altra a Taranto, per la gestione del Cas Mondelli che accoglie minori stranieri non accompagnati. L’ultimo bilancio disponibile è del 31 dicembre 2021 con importi ridottissimi: appena 2.327 euro di utili “portati a nuovo”. A quella data ancora non era attivo il Cpr di via Corelli. C’è un terzo soggetto, però, nella “sfera Martinina” con ben altri risultati: si tratta della Engel Family Srl nata nell’ottobre 2020 con in “dotazione” 250mila euro derivanti da Engel Srl. Paola Cianciulli è nuovamente amministratrice e socia unica della società che si occupa di “locazione immobiliare di beni propri o in leasing” che al 31 dicembre 2021 (l’ultimo disponibile) conta un valore della produzione complessivo di poco superiore a 372mila euro.

    Ai milioni di euro per la gestione se ne aggiungono altri (ne hanno parlato anche ActionAid e l’Università degli studi di Bari nel recente dettagliato rapporto “Trattenuti. Una radiografia del sistema detentivo per stranieri”) se si prende in considerazione, documenti ottenuti da Altreconomia alla mano, anche l’esborso dovuto alla costante manutenzione che si rende necessaria anche a causa delle ricorrenti proteste dei trattenuti. Da inizio 2020 al marzo 2023 in totale sono stati spesi più di 3,3 milioni di euro di cui il 58% è stato impiegato per lavori di adeguamento della struttura, manutenzione o interventi di ripristino dei luoghi danneggiati. Anche perché, spesso, le strutture già in partenza sono spesso fatiscenti: il 15 settembre 2021 Invitalia, l’Agenzia nazionale di proprietà del ministero dell’Economia (già attiva nel campo delle migrazioni sul “fronte libico”), ha pubblicato un bando da 11,3 milioni di euro su mandato del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione, in seno al ministero dell’Interno, proprio per la manutenzione straordinaria dei Centri di permanenza per il rimpatrio di tutta Italia. Ad aggiudicarsi i lavori del Cpr di Milano in via Corelli -di cui abbiamo inserito le foto inserite nel progetto di ristrutturazione- è stata la Tek Infrastructure, società con sede a Palermo da 1,6 milioni di euro di fatturato nel 2021, con un ribasso del 20%. Ma tra i pagamenti effettuati dalla prefettura fino al marzo 2023 a fare da “padrona” sulle manutenzioni è la Masteri Srl -non è possibile escludere perciò un subappalto- con quasi 620mila euro ricevuti in tre anni.

    Fiumi di denaro pubblico che richiederebbero controlli estremamente approfonditi. Dai verbali delle ispezioni prefettizie, però, non emerge una verifica dettagliata di quanto avviene nella struttura. In uno dei verbali, infatti, alla domanda “La fornitura degli effetti letterecci avviene regolarmente e secondo le tempistiche e modalità previste dallo Schema di Capitolato vigente?”, il funzionario della prefettura barra “Sì”. Ma nella nota integrativa sottostante, riportata in calce al verbale, si legge che “ai 25 trattenuti non viene richiesto di firmare la consegna/ritiro degli effetti letterecci”. Risultano perciò incomprensibili le basi su cui viene affermata l’effettiva consegna di questi oggetti.

    Assente qualsiasi considerazione sul rispetto dei diritti fondamentali e sulla corretta esecuzione dei servizi presenti nell’offerta tecnica. “Il monitoraggio da parte della società civile si conferma essere uno strumento fondamentale. Se quanto emerso verrà confermato nelle sedi opportune viene da chiedersi chi controlla i controllori”, conclude l’avvocato Datena. Intanto, le claudicanti promesse di Martinina Srl hanno potuto circolare a piede libero, a differenza dei reclusi. Con il rischio che alla sofferenza si sia aggiunta la beffa del racconto di una quotidianità inesistente.

    https://altreconomia.it/inchiesta-sul-gestore-del-cpr-di-milano-tra-falsi-protocolli-e-servizi-
    #détention_administrative #rétention #Italie #Milan #privatisation #Martinina #via_corelli #business #Volontariato_internazionale_per_lo_sviluppo (#Vis) #BeFree #Inter/rotte #Ala_Milano #società_sportiva_Scarioni_1925 #Centro_islamico_di_Milano_e_Lombardia #Dianova #Il_Paniere_Alimentare #Musica_e_Teatro #Fiore_di_donna #Bondon_grocery #Engel #Alessandro_Forlenza #Paola_Cianciulli #Consiglia_Caruso #Edil_Coranimo #Allupo #Tek_Infrastructure #Masteri

  • Life in soil: The psychology of soil in California

    Isabelle Legeron travels to California, a part of the world whose soil holds a complex history. She meets the indigenous Californians reviving ancestral methods of tending to the land, and the soil scientists exploring the impact of colonisation and agriculture on the soil of the Golden State.

    With indigenous Californian land steward Redbird (Pomo/Paiute/Wailaki/Wintu), director of the California Indian museum Nicole Lim (Pomo), indigenous ecologist Dr Melissa Nelson (Anishinaabe/Métis/Norwegian), indigenous educator Sara Moncada (Yaqui/Irish), professor Paul Starrs (USA) and soil scientists Suzanne Pierre (India/Haiti/USA), Kenzo Esquivel (Japanese/Mexican/USA) and Yvonne Socolar (USA).

    https://www.bbc.co.uk/sounds/play/w3ct43cn

    #sol #terre #Californie #peuples_autochtones #colonisation #colonialisme #géographie_du_vide #paysage #agriculture #maïs #USA #Etats-Unis #végétation
    #podcast #audio

    ping @_kg_

  • Free Party Redon Amnesty International enquête sur les violences policières - expansive.info
    https://expansive.info/Free-Party-Redon-Amnesty-International-enquete-sur-les-violences-policie

    Une main arrachée pour avoir voulu danser : c’est ce qui s’est passé en France, à Redon, dans la nuit du 18 au 19 juin 2021 lors d’une free-party.

    Pendant sept heures d’affilée, les forces de l’ordre ont lancé des grenades sur des jeunes, dans des conditions extrêmement dangereuses, en pleine nuit, sans visibilité. Face à la gravité de ces faits, nous avons mené une enquête cet été pour analyser l’intervention des forces de l’ordre lors de cette free-party à #Redon, appelée #Teknival par les organisateurs, qui avait été interdite par la Préfecture.

    Notre nouveau rapport intitulé « Redon : free-party de la répression » analyse l’usage abusif et illégal de la force exercée par la gendarmerie au moment de son intervention.

    Nous publions cette enquête alors que le président de la République, Emmanuel Macron, clôture cette semaine les consultations du « Beauvau de la sécurité  » qui visaient à « moderniser la politique publique de sécurité au bénéfice des policiers, des gendarmes et de l’ensemble des Français. » Notre enquête montre bien une dérive du #maintien_de_l’ordre lors des opérations des 18 et 19 juin à l’occasion du Tecknival de Redon.

    "Il est inacceptable que des opérations de maintien de l’ordre, a fortiori pour disperser un simple rassemblement festif, conduisent, à des blessures allant jusqu’à la mutilation."

    Cécile Coudriou, présidente d’Amnesty International France

    https://www.amnesty.fr/liberte-d-expression/actualites/france-violences-policieres-pendant-une-freeparty-redon
    https://amnestyfr.cdn.prismic.io/amnestyfr/93099a3a-e27e-41fa-afdd-e96ed9ace9d9_AI-Rapport-Redon-13092021

    Méthodes de l’enquête. C’est Anne-Sophie Simpere, notre chargée de plaidoyer au programme Libertés qui a conduit cette enquête. Elle a mené des entretiens avec 12 personnes présentes sur place, a analysé plusieurs vidéos et a eu accès à 20 témoignages écrits fournis par des collectifs. Nous avons complété notre enquête par la consultation de sources médiatiques, de documents administratifs, de communiqués de presse, de déclarations de la Préfecture et par le compte rendu de l’association Techno+ relatant le déroulé des faits.

    https://seenthis.net/messages/920788
    https://seenthis.net/messages/919669

  • #Redon : la préfecture a empêché les pompiers de secourir les blessés
    30 juin 2021 - Par Pascale Pascariello | Mediapart
    https://www.mediapart.fr/journal/france/300621/redon-la-prefecture-empeche-les-pompiers-de-secourir-les-blesses

    Lors de la free party organisée à Redon les 18 et 19 juin, les gendarmes ont gravement blessé des teufeurs, dont un a eu la main arrachée par une grenade. Les pompiers, qui auraient pu intervenir pour secourir des jeunes dans un état sanitaire dramatique, en ont été empêchés par la préfecture.

    « J’ai honte d’être pompier. Un jeune risquait de mourir. Nous le savions. Mais nous ne pouvions pas intervenir. » Lors de la free party qui s’est déroulée les 18 et 19 juin à Redon (Ille-et-Vilaine), un jeune homme de 22 ans a perdu sa main. D’autres ont été gravement blessés. Mais, selon les documents et témoignages recueillis par Mediapart, la préfecture a bloqué les pompiers à l’entrée du site. Mettant ainsi des vies en danger.

    Cette nuit-là, responsable de la mise en œuvre des secours, la préfecture motive son refus par le fait qu’aucun plan d’évacuation des blessés n’a été anticipé, et que l’accès au site n’est donc pas sécurisé pour les pompiers. L’argument révèle un très haut niveau d’amateurisme dans la préparation de l’événement, un manque de discernement évident dans l’appréciation de la gravité de la situation. Mais aussi une bonne part de mauvaise foi selon le même pompier, bouleversé : « Quand il s’agissait d’aller chercher des gendarmes blessés à l’intérieur, il n’y avait pas de problème, d’autres gendarmes nous escortaient. »

    Ce n’est que le lendemain, le 19 juin, aux alentours de 18 heures, que les pompiers auront accès directement au site afin de secourir des jeunes dont deux, signalés comme « urgence absolue », et « plusieurs tombés à l’eau ». /.../

    #violences_policieres #maintien_de_l'ordre #mutilation #crime_d'etat

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      Dans la nuit du 18 au 19, 400 gendarmes mobilisés pour empêcher une fête qui n’a pas été autorisée font face à des jeunes venus rendre hommage à Steve, décédé deux ans plus tôt lors de la fête de la musique après une intervention policière. « À partir de minuit, nous avons commencé à recevoir de nombreux appels de jeunes qui étaient sous les tirs de grenades lacrymogènes », nous confie un pompier. « Certains étaient pris de panique, d’autres suffoquaient », poursuit-il.

      « Nous suivions ce qu’il se passait sur les réseaux sociaux. Cela en dit long sur notre absence d’information », précise un autre secouriste.

      À 2 h 45, les pompiers reçoivent un appel pour « un blessé main arrachée par grenade ». Il s’agit d’une « urgence vitale ». Quatorze minutes plus tard, le camion des pompiers arrive à quelques centaines de mètres du site, mais privé d’accès sécurisé, il reste immobilisé sur un rond-point.

      À l’entrée du site sont aussi bloqués depuis minuit deux responsables de l’association Techno+, Ombline Pimond et Sébastien Petit. Près de l’ancien hippodrome, ils suivent à distance la situation de gendarmes qui tentent d’empêcher l’organisation de la fête.

      « Depuis 1995, nous intervenons notamment sur les free parties et les raves. Nous sommes une association reconnue par le ministère de la santé et notre mission consiste à réduire les risques liés aux pratiques festives, à la prise de drogue ou d’alcool. » Cette fois, l’accès leur est donc refusé par les gendarmes. « Nous avons appelé la préfecture du Morbihan, département voisin qui était initialement prévu pour l’organisation d’une free party. Nous avons alors demandé à être mis en contact avec une personne de la préfecture d’Ille-et-Vilaine et nous avons également appelé l’Agence régionale de santé [ARS]. »

      Quels ordres a donnés la préfecture ? En tout cas, elle a interdit l’accès aux pompiers pour secourir les jeunes

      Sébastien Petit, un des responsables de l’association Techno+

      Il est 2 h 33 lorsque la personne d’astreinte à l’ARS décroche et découvre alors la situation. « “Je vais appeler la préfecture”, nous a-t-elle dit. Elle n’avait été informée ni de la free party ni de l’intervention des gendarmes », explique Ombline Pimond.

      Alors que les forces de l’ordre intensifient les tirs de LBD, de grenades lacrymogènes, de grenades de désencerclement et de type GM2L (à composition pyrotechnique), les volontaires de Techno+ restent toujours bloqués.

      Quand la situation de la main arrachée se confirme, les gendarmes ne permettent toujours pas aux pompiers d’accéder au site pour secourir le jeune mutilé. Ils laissent passer l’association pour qu’elle aille chercher le blessé. « Quels ordres a donnés la préfecture ? En tout cas, elle a interdit l’accès aux pompiers pour secourir les jeunes, selon l’un des responsables de Techno+, Sébastien Petit. C’est une hérésie de nous avoir demandé d’aller le secourir compte tenu de l’extrême gravité de sa blessure », déplore-t-il.

      « Tout le monde à ce moment-là autour de nous parlait de cette mutilation. Je ne parvenais pas à imaginer que ce soit possible », rapporte la présidente de Techno+, Ombline Pimond, qui tient cependant à préciser : « Si certains volontaires se forment aux premiers secours, nous ne sommes pas des secouristes. Nous n’intervenons que dans des fêtes et nous ne sommes absolument pas formés à ce genre de blessures ni pour intervenir au milieu de tirs de grenades. »

      À tel point que seuls dix d’entre eux décident d’aller sur la zone des tirs. « Je suis la seule infirmière de l’association sur le site à ce moment-là, donc je n’ai pas hésité, bien sûr. Mais je devais également protéger les autres volontaires de l’association. C’est pourquoi nous avons formé un petit groupe plus aguerri pour aller secourir les jeunes. »

      J’ai regardé hélas vers le bas de son bras, en lambeaux. C’était hyper choquant. Une mutilation de guerre que je n’oublierai jamais

      Thomas, 30 ans, venu en aide au jeune mutilé

      Le problème est qu’au milieu des gaz lacrymogènes, sans être guidés et sans expérience, les bénévoles de Techno+ ne trouvent pas le jeune mutilé.

      Au même moment, Thomas∗, un ingénieur du son de 30 ans venu de Toulouse avec son amie pour faire la fête, se retrouve coincé à bord de son camion, en file indienne derrière d’autres véhicules, sur un petit chemin menant vers l’entrée de l’hippodrome, à quelques dizaines de mètres des tirs des gendarmes.

      « L’air était irrespirable. On y voyait presque rien. » Après avoir mis à l’abri son amie dans la cour d’une ferme, Thomas retourne près de son camion. « Il y a toute ma vie dedans. Depuis le Covid, nous y habitons avec mon amie pour des raisons financières. » Après des tirs incessants de grenades lacrymogènes, « d’autres à fortes détonations explosaient à intervalles réguliers. J’attendais que ça passe avec la boule au ventre. C’était effrayant. »

      Il retrouve Armel∗, un de ses amis, et ensemble ils patientent alors près du camion. Lorsqu’il entend soudain « quelqu’un hurler “Ne regardez pas” ». Il voit deux personnes en train de soutenir un « jeune qui semblait en état de choc, sonné ,et j’ai regardé hélas vers le bas de son bras, en lambeaux. C’était hyper choquant. Une mutilation de guerre que je n’oublierai jamais. »

      Près de l’ancien hippodrome, à Redon, dans la nuit du 18 au 19 juin 2021. © DR Près de l’ancien hippodrome, à Redon, dans la nuit du 18 au 19 juin 2021. © DR

      « Au cours de la soirée, certains disaient que les pompiers ne pouvaient pas venir », précise-t-il. Thomas et Armel décident donc de dégager un chemin pour que le véhicule à bord duquel le jeune homme a été installé puisse rejoindre au plus vite la route. « Certains avaient quitté leur voiture en laissant les clefs sur le contact. On en a profité. D’autres non, et nous les poussions à la main. Mais tout m’a semblé rapide, peut-être parce que nous étions dans un état d’une telle urgence que rien d’autre ne semblait exister. »

      Anéanti, Thomas est aujourd’hui encore traumatisé. « Comment peut-on arriver à perdre autant d’humanité ? Détruire une vie pour interdire une fête alors que nous n’étions pas une menace... »

      Heureusement, une jeune femme a réussi à conduire le jeune homme mutilé à l’hôpital. Les pompiers l’apprennent à 3 h 30. « C’était un soulagement mais qui n’efface pas la colère », nous raconte un pompier. À 3 h 48, Sébastien de Techno+ échange à nouveau avec l’Agence régionale de santé sur la situation dangereuse et sur le besoin de faire venir des secours.

      Aux alentours de 4 heures, les volontaires de l’association prennent en charge un premier blessé. Une jeune fille qui a reçu des éclats de grenade à la cheville. « Aidée par une de ses amies, elle a quitté les lieux en empruntant un chemin dans les ronces. Depuis, nous l’avons eue au téléphone. Elle nous a expliqué s’être rendue aux urgences par ses propres moyens. Elle a eu un traumatisme de la malléole et une infection de la jambe due à sa prise en charge tardive », déplore Ombline.

      À 4 h 8, les pompiers reçoivent un appel d’un « gendarme blessé » léger. Deux minutes plus tard, il est pris en charge, et conduit à l’hôpital où il est admis vers 4 h 30. Lorsque les gendarmes sont pris en charge, l’ambulance est parfois « encadrée par un groupe d’intervention de gendarmerie spécialisé dans la récupération des GD [gendarmes] blessés », précisent les pompiers.

      Jeune homme blessé, ancien hippodrome de Redon, 19 juin 2021. © Association Techno + Jeune homme blessé, ancien hippodrome de Redon, 19 juin 2021. © Association Techno +
      Vers 6 heures, « alors que le jour se levait, la situation a commencé à s’apaiser et nous avons pu arriver vers une autre partie du site, un autre champ où nous avons pu commencer à souffler », explique la présidente de Techno+.

      L’association monte alors une tente pour continuer de venir en aide aux jeunes, mais « il fallait une unité de soins avec des secours ». L’infirmière doit soigner une personne qui « semble avoir reçu un tir de LBD entre les deux yeux. Là encore, ce sont ses amis qui l’ont évacuée. »

      À 7 h 29, puis à 8 h 28 et encore à 9 h 36, l’association réclame à nouveau à l’ARS des équipes de secours. En vain. Pourtant, à 8 h 25, les pompiers sont intervenus. Mais c’était, de nouveau, pour venir soigner un gendarme dont l’état ne nécessitera pas son évacuation.

      Vers 9 h 40, les pompiers s’apprêtent à envoyer des équipes. Ils prévoient de mettre en place un poste médical avancé (PMA) mais aussi, « en prévision d’interventions des forces de l’ordre », ils préparent 3 bateaux ainsi que des plongeurs « pour la fin d’après-midi ».

      Mais à 12 h 12, toujours rien. La présidente de Techno+ demande des précisions au sous-préfet Jacques Ranchère. « “Il faut qu’on s’organise”, m’a-t-il dit. »

      À 16 heures, alors que la rumeur d’une nouvelle charge des gendarmes s’amplifie, la présidente de l’association interroge de nouveau le sous-préfet et l’alerte sur les dangers que représente une telle opération, certains jeunes étant alors épuisés, alcoolisés et « le site étant en bordure de rivière ». Mais il la rassure et « lui garantit qu’aucune charge n’est prévue », rapporte-t-elle. Les pompiers, eux, s’y préparent depuis le matin.
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      À Redon, « les jeunes n’ont plus de liberté » Par Pascale Pascariello
      À Redon, un jeune homme perd sa main à la suite d’une intervention des gendarmes Par Pascale Pascariello

      Et effectivement, vers 17 heures, des tirs de grenades lacrymogènes recommencent. Une jeune femme reçoit des éclats de grenade au visage. Cette fois sur place, les pompiers la prennent en charge vers 18 h 30 ainsi que « cinq raveurs dont deux en urgence absolue » et « plusieurs personnes tombées à l’eau ». Dix gendarmes seront également pris en charge, « classés urgence relative ».

      Mediapart a pu consulter des documents de secouristes d’Ille-et-Vilaine ainsi que les alertes lancées à la préfecture et à l’Agence régionale de santé (ARS) par l’association de prévention Techno+. Difficile de savoir combien de jeunes ont été blessés puisqu’ils sont nombreux à avoir dû se débrouiller par leurs propres moyens comme ça a été le cas pour le jeune homme dont la main a été arrachée.

      L’association Techno+ a cependant réalisé un premier bilan qui chiffre à 22 le nombre de jeunes auxquels elle a pu apporter les premiers soins. Deux étaient en état de détresse psychologique et vingt autres blessés. Parmi les blessures, l’association a notamment relevé une joue transpercée et une mâchoire touchée par des éclats de grenade, des traumatismes, certainement causés par des tirs de lanceurs de balle de défense (LBD), notamment au front. Sur ces 22 blessés, seuls quatre ont pu être pris en charge par les pompiers, entrés sur le site le 19 juin, vers 18 heures.

      L’un des pompiers que nous avons interrogé reste encore choqué par cette soirée. « Nous ne pouvions pas nous engager en tant que pompiers dans cette zone. C’était trop dangereux. Mais la préfecture comme la gendarmerie n’ont pas réfléchi à la mise en danger qu’ils faisaient courir à ces jeunes. C’est si inquiétant de voir cela. Ce sont nos enfants. »

      « J’ai eu l’impression d’être isolée et enfermée en criant à l’aide sans être vraiment entendue », explique Ombline, qui déplore que le ministère de la santé ne l’ait pas rappelée « alors qu’il nous soutient et nous finance ».
      Lire aussi

      Jennifer Cardini : « La rave, c’est un lieu pacifique » Par à l’air libre

      Contactée par Mediapart, la préfecture d’Ille-et-Vilaine déclare qu’« à 1 h 51, un chef de groupe, un infirmier et une ambulance ainsi qu’un engin-pompe étaient sur place. Des moyens supplémentaires ont été engagés à plusieurs reprises au cours de la nuit pour prendre en charge des victimes, dont certaines s’étaient entre-temps rendues à l’hôpital par leurs propres moyens ». Mais la préfecture n’apporte aucune réponse concernant l’absence de plan d’évacuation des blessés ou d’accès sécurisé pour les pompiers.

      Elle ne livre pas plus d’explications sur l’absence de prise en charge de nombreux blessés, parmi lesquels le jeune homme mutilé.

    • Mais la préfecture comme la gendarmerie n’ont pas réfléchi à la mise en danger qu’ils faisaient courir à ces jeunes. C’est si inquiétant de voir cela. Ce sont nos enfants.

      La gendarmerie a au contraitre tres bien reflechit et elle sais très bien ce qu’elle fait lorsqu’elle pousse dans l’eau les fêtards qui commémorent la noyade de Steve Caniço. Elle sais aussi tres bien ce qu’elle fait lorsqu’elle arrache la main d’une personne et la prive de soins. Elle sait aussi tres bien ce qu’elle fait lorsqu’elle tire des grenades entre les yeux des gamins...

      On est au stade de l’homicide prémédité et de sa tentative car les gendarmes savent parfaitement que leurs méthodes tuent puisqu’ils ont deja tué Steve Caniço comme cela et ils recommence dans le but de tuer des jeunes teufeurs le jour de la mémoire du dernier jeune qu’ils ont assassinés par noyade. Ce jour là donc ils s’efforce de noyer d’autres jeunes et c’est par une récidive de tentative de meurtre qu’ils fetent le dernier meurtre qu’ils ont commis avec exactement le meme mode opératoire. Le préfet aurais déjà du être incarcéré pour homicide et tentative d’homicide, il est en récidive et sera surement récompensé pour cette tentative de meurtre de masse des jeunes teufeurs par noyade.

      En Macronie les gendarmes sont payés par nos impôts pour amputé et noyé vos enfants, les préfets sont des assassins multirécidivistes et le gouvernement leur distribue les primes si ils mutilent des enfants.

    • Autre complément : l’Asso Techno+ met à disposition de toute personne, victimes, avocats, médias, curieux·ses, le témoignage collectif des 43 volontaires de l’association de santé communautaire et de réduction des risques lors du #teknival de #Redon du 19 juin 2021.
      >> 43 volontaires témoignent
      >> Déroulement heure par heure des évènements depuis l’intérieur de la nasse policière
      >> Liste des 22 victimes prises en charge par l’association

      https://technoplus.org/fete-libre/repression-teuf/6703-teknival-de-redon-du-19-juin-2021-techno-temoigne

    • « J’ai honte d’être pompier. Un jeune risquait de mourir. Nous le savions. Mais nous ne pouvions pas intervenir. »

      Je ne suis pas pompier mais je suis né à Redon et je connais bien ce pays. Le pays de r’don où y’a des marrons dans la gueule qui se perdent. J’ai honte d’être français et j’en peu plus de cette république en mocassins.

    • https://seenthis.net/messages/921023

      D’après ton expérience et avec le recul dont tu disposes, que penses-tu des évènements qui viennent de se dérouler à Redon, où les gendarmes et les CRS semblent avoir déployé un niveau de violence rare face à une « rave party » illégale ? Quelle est ta réaction ? Que peux-tu nous en dire par rapport à ce que tu as pu vivre, notamment dans les années 1990 ?

      Bonne question, ce regain de répression en cours est vraiment inédit. À la grande époque des interdictions dans les années 1990, nous n’avons pas vécu ce niveau de violence, ces charges policières, ce gazage massif, des destructions de matériel et de murs de sons. À l’époque, on se contentait d’une saisie. Et tout cela pour un évènement qui commémorait justement la mort d’un raver à Nantes, dans des circonstances peu flatteuses pour les autorités. Qu’est-ce que le jeune raver étudiant, qui cherche à occuper ses week-ends avec ses potes, peut représenter comme danger potentiel pour l’ordre public ? Est-ce que ça nécessite des interventions dignes des manifestations les plus réprimées, comme s’il s’agissait de terroristes ou de casseurs des blacks blocs ?

      Les priorités de ce ministère de l’intérieur m’échappent, cela va de pair avec leur déni flagrant à l’encontre des scènes musicales pendant la pandémie, clubs en tête. Les conditions qui sont accordées aux festivals, cet été, sont tellement draconiennes qu’elles remettent en cause leur seuil de rentabilité et la tenue de fêtes où l’on peut danser. On peut dire ce que l’on veut des gouvernements conservateurs de Grande-Bretagne ou d’Allemagne, mais ils sont moins féroces avec la fête, les jeunes et les concerts.

      Il y a quelques années, nous n’aurions pas imaginer qu’on puisse mourir noyé ou avoir sa main arrachée parce qu’on a voulu transgresser des lois qui sont systématiquement transgressées depuis des années au moment de la fête de la musique. En plus, toutes les études réalisées de Barcelone à Liverpool, ont démontré qu’aucun cluster ne s’est développé pendant ces évènements. Donc, la répression qui est en cours est parfaitement inique, tenant du délit de faciès, d’un racisme anti-jeune et dans le rejet de cette contre-culture qui, j’en suis convaincu , est une sous-culture rebelle a leurs yeux.

      Je n’ai aucun souvenirs de blessés lors des premiers #teknivals, tout au plus quelques gardes à vue et des saisies de matériel.

    • https://france3-regions.francetvinfo.fr/bretagne/ille-et-vilaine/redon-polemique-autour-de-la-rave-les-pompiers-empeches
      (dsl, @val_k, je te l’ai piqué sur ta TL chez Gazouillis-Land)

      Suite à la rave party de Redon, qui s’est tenue les 18 et 19 juin dernier, les polémiques ne cessent d’enfler sur la violence de l’intervention des forces de l’ordre. Médiapart publie un article avec les témoignages de pompiers, affirmant avoir été empêchés d’intervenir. La préfecture dément.

      Le préfet « dément » prétend qu’il fallait « neutraliser le son » :
      https://france3-regions.francetvinfo.fr/bretagne/ille-et-vilaine/rave-party-de-redon-pour-le-prefet-il-fallait-neutralis

      Huit murs de son fracassés

      « A priori, le préfet préfère avoir des gens mutilés que des gens qui s’amusent » s’énerve un teufeur sur une vidéo de l’évacuation qu’il a postée sur Twitter.

      Les sonos ont été brisées à coup de masse. « Il fallait neutraliser le son », répète le préfet, « c’était la seule solution pour faire cesser la rave. »

      (Le rêve de tout préfet qui se respecte : faire cesser les « raves »)

    • rave party à Redon. Matériel détruit, violences… Les teufeurs annoncent des dépôts de plaintes.
      https://www.ouest-france.fr/bretagne/redon-35600/rave-party-a-redon-materiel-detruit-violences-les-teufeurs-annoncent-de

      Ce mardi 6 juillet, des participants à la rave de Redon et associations en soutien, ont indiqué que des plaintes allaient être déposées, notamment auprès de la Cour européenne des droits de l’Homme, pour le matériel détruit et les violences, lors des affrontements avec les forces de l’ordre, le 18 juin. Un jeune homme avait eu la main arrachée. « L’association Freeform a saisi l’IGGN (Inspection Générale de la Gendarmerie Nationale) concernant la destruction du matériel, avec pour objectif une saisine de l’IGA (Inspection générale de l’administration). »

      l’IGGN étant la cousine de l’IGPN, il ne faut pas en attendre grand chose. Vu la récente déclaration du procureur de Rennes sur l’heure de la mort de Steve Maia Caniço, deux ans plus tôt. Ce que tout le monde savait déjà.
      https://www.amnesty.fr/presse/blesse-grave-a-redon-amnesty-international-france

    • Une tribune par un large collectif de musicien-ne-s et d’oeuvrier-e-s de la culture (dont moi-même) revient sur la criminalisation de la musique et de la culture populaire et lance un appel « à la multiplication des fêtes libres ».
      Publié chez les invités de Mediapart le 26 juillet 2021 https://seenthis.net/messages/924156
      lien direct : https://blogs.mediapart.fr/les-invites-de-mediapart/blog/260721/propos-de-redon-liberte-party

  • Il Comune di #Bologna rimuove la targa in memoria di Lorenzo «Orso» Orsetti

    Il 7 novembre 2019 pubblicavamo il comunicato (https://www.wumingfoundation.com/giap/2019/11/lorenzo-orsetti-in-cirenaica) col quale il «collettivo di collettivi» Resistenze in Cirenaica rivendicava l’intitolazione dal basso di un giardino pubblico ancora senza nome al compagno Lorenzo Orsetti detto «Orso», nome di battaglia «#Tekosher», caduto in Siria nella lotta contro l’ISIS.

    Oggi, 31 gennaio 2020, la targa è stata rimossa. Ora il giardino ha un altro nome, un nome «con tutti i crismi» burocratici e amministrativi.

    La targa in memoria di Orso sarebbe potuta rimanere, perché no? Tanti luoghi delle nostre città hanno un nome ufficioso e uno ufficiale, coesistenti e mai confusi l’uno con l’altro. Tantopiù che parliamo di un giardino pubblico, senza numeri civici, dove non poteva sorgere alcun equivoco o disguido. E invece no, il nome di Orso lo si è voluto rimuovere ed è stato rimosso, senza alcuna remora.

    RIC ha appena pubblicato sul proprio blog alcune considerazioni sull’episodio: https://resistenzeincirenaica.com/2020/01/31/odomen-omen



    https://www.wumingfoundation.com/giap/2020/01/rimossa-targa-ilorenzo-orsetti
    #Bologne #toponymie #Lorenzo_Orsetti #mémoire #plaque_commémorative #Italie #toponymie_politique

    #partisans #ISIS #Etat_islamique #nouveaux_partisans #Syrie

    ping @albertocampiphoto @wizo @reka

    • Un nuovo partigiano in Cirenaica: RIC intitola un giardino pubblico a Lorenzo Orsetti

      La sera del 7 novembre 2019 Resistenze In Cirenaica ha reso omaggio al combattente internazionalista Lorenzo Orsetti, caduto in Siria il 18 marzo 2019. Abbiamo dato il suo nome a un giardino ancora privo di intitolazione all’inizio di via Sante Vincenzi. Ora si chiama Giardino Lorenzo Orsetti detto Orso – Partigiano (1986 – 2019).

      Nel rione Cirenaica di Bologna la maggior parte delle vie porta nomi di partigiani caduti per la Liberazione; anche Lorenzo è stato un partigiano ed è così che lo ricordiamo, tra le combattenti e i combattenti di tutte le liberazioni.

      “Orso” stava dando il proprio contributo alla lotta contro l’ISIS e alla rivoluzione del confederalismo democratico, un esempio di società laica, antisessista e antifascista in pieno Medio Oriente.

      In diverse città – Roma, Torino, Palermo, Firenze… – piazze e parchi portano già il nome di questo nostro compagno.

      Dal 2014 Resistenze In Cirenaica lavora per fare dell’intero rione un grande luogo di memoria, raccontando le storie di resistenza al colonialismo e al fascismo incastonate nei nomi delle vie e nel nome stesso del quartiere; organizzando trekking urbani e performance; realizzando murales e curando libri autoprodotti. L’azione che ha tenuto a battesimo il progetto RIC è stata l’intitolazione dal basso al ferroviere anarchico Lorenzo Giusti del giardino pubblico di via Barontini.

      Durante un trekking urbano abbiamo anche reintitolato via Libia alla partigiana Vinka Kitarovic e via De Amicis alla partigiana Tolmina Guazzaloca.

      Le nostre azioni hanno ispirato le ignote che l’8 marzo scorso hanno ribattezzato la piazzetta degli Umarells «piazzetta delle Partigiane», così come molte altre performance nel resto d’Italia.

      Quella di ieri sera non era dunque la prima azione di guerriglia odonomastica e non sarà l’ultima.

      In Siria del Nord si continua a combattere e morire e dopo l’invasione turca la situazione si è fatta ancora più grave. In questi anni migliaia di persone provenienti da tutta la Siria e da tutto il mondo sono cadute per difendere la rivoluzione del Rojava. Questo cartello non è solo per Orso ma per tutte e tutti loro.

      Della situazione in Siria si parlerà questa sera al Vag61 di via Paolo Fabbri 110.

      Alle 19:30 ci sarà una cena a sostegno della Mezzaluna Rossa Kurdistan Italia Onlus.
      Alle 21 si svolgerà l’incontro con il regista Luigi D’Alife, autore del documentario Binxet – Sotto il confine, per un aggiornamento sulla situazione della Siria del Nord.
      A seguire, la proiezione del documentario Radio Kobani di Reber Dosky.

      https://www.wumingfoundation.com/giap/2019/11/lorenzo-orsetti-in-cirenaica

  • #Histoire de l’#Afrique_de_l’Ouest en un clin d’œil

    De toutes les régions du continent africain, c’est l’Afrique de l’Ouest qui a eu la plus grande concentration d’anciens royaumes et empires dans son histoire précoloniale.

    Ce n’est pas une tâche facile que de tenter de prendre des clichés de l’Afrique de l’Ouest à divers moments de son évolution. Même les royaumes les plus importants de l’histoire de la région — les empires du Mali, Songhai, du Ghana, Ashanti, etc. —, avec leurs frontières toujours changeantes, ne donnent que des images troubles. Les petites communautés et les territoires tribaux, qui ont toujours parsemé le paysage, sont encore plus flous et, bien qu’ils aient eu, sans aucun doute, un impact sur l’histoire culturelle de l’Afrique de l’Ouest, ils ont dû être omis.


    ... et ainsi de suite...

    Pour voir les cartes en une animation vidéo (j’ai pas réussi à l’extraire de twitter pour le mettre ici) :
    https://twitter.com/i/status/1144289420071321602

    #Tékrour

    Établi par le peuple #toucouleur de la vallée du #fleuve_Sénégal, le royaume de Tékrour a été le premier État de la région à adopter l’#Islam. Bien que devenu un État islamique robuste, Tékrour n’a jamais pu se défaire pour très longtemps du contrôle de ses puissants voisins : d’abord sous l’emprise de l’empire du Ghana, il a ensuite été conquis par celui du Mali.

    Écrivant bien plus tard, en 1270, Ibn Saïd a dépeint les aristocrates de Tékrour et leur affinité avec les commerçants blancs du Maghreb, dont ils imitaient les tenues et la cuisine. Il a aussi décrit deux sections distinctes de la population de Tékrour : les sédentaires, ancêtres des actuels Toucouleurs, et les nomades, qui deviendront les Peuls.

    #Gao (ou #Kaw-Kaw)

    Les débuts de la ville de Gao sont obscurs. Elle a été fondée pendant le VIIe siècle, soit comme village pêcheur des #Songhaïs, soit pour servir d’étape aux commerçants d’or berbères. Quoiqu’il en soit, la ville a rapidement fleurit et elle est devenue un centre majeur de commerce en Afrique de l’Ouest. L’empire de Gao s’est étendu depuis la ville le long du Niger sous la direction des Songhaïs. Au IXe siècle, Gao était déjà une puissance régionale.

    La culture de #Nok

    Parmi les sociétés du Néolithique et de l’Âge de Fer en Afrique de l’Ouest, la culture de Nok est peut-être la toute première et la plus connue, datant de 1000 av. J.-C. Cette société très développée s’est épanouie sur le plateau de #Jos qui surplombe la confluence des fleuves Niger et Bénoué, et a exercé une influence considérable sur une vaste étendue. La terre des sites archéologiques de #Taruga et de Jos était parfaite pour préserver les anciennes poteries et statues en terre cuite du peuple de Nok ; leurs sculptures détaillées d’humains et d’animaux varient en échelle de grandeur nature à 2,5 cm.

    Grâce à la découverte d’outils et d’objets en fer à Nok, les chercheurs savent que l’Âge de Fer a commencé en Afrique de l’Ouest aux alentours de 500 av. J.-C., alors que même en Egypte et en Afrique du Nord, l’usage du fer n’était pas encore généralisé. Contrairement à la plupart des autres cultures qui sont passées du #Néolithique à l’#Âge_de_Fer, la culture de Nok a évolué directement de la #pierre au #fer, sans connaître les étapes des âges du bronze et du cuivre. Ceci a amené les chercheurs à se demander si la technologie de production de fer a été apportée d’une autre région, ou si les Nok l’ont découverte par eux-mêmes.

    #Djenné-Djenno

    L’ancienne ville de Djenné-Djenno comptait une population considérable, comme l’indiquent les cimetières bondés qui ont été déterrés. Les habitants faisaient probablement pousser leur propre nourriture : comparé aux conditions arides de la région aujourd’hui, les précipitations auraient été abondantes à leur époque. Les habitants de Djenné-Djenno étaient des forgerons habiles qui créaient des outils et des bijoux en fer.

    La ville faisait partie d’un réseau commercial bien développé, quoique son étendue fasse toujours débat. L’absence de toute source de fer dans les environs pour leur industrie métallurgique, ainsi que la présence de perles romaines et hellénistiques sur le site suggèrent à certains chercheurs que la ville avait des relations avec des terres distantes.

    Les émigrations

    Le peuple #bantou est originaire du centre de l’actuel #Nigeria, mais a commencé son émigration vers le centre, et plus tard, le sud de l’Afrique vers 1000 av. J.-C. À cette époque, il reste peu de #Bantous, voire aucun, dans la région, mais les échos de leurs culture et traditions résonnent encore à travers l’Afrique de l’Ouest.

    Vers 200 av. J.-C., des groupes #akan ont commencé à se déplacer vers l’ouest, depuis la région située autour du #Lac_Tchad. Au cours des siècles suivants, ils traversèrent des rivières et des forêts denses pour atteindre la côte de l’actuel #Ghana.
    https://www.culturesofwestafrica.com/fr/histoire-afrique-de-l-ouest
    #archéologie #chronologie #cartographie #visualisation

  • Drone Surveillance Operations in the Mediterranean: The Central Role of the Portuguese Economy and State in EU Border Control

    Much has been written in the past years about the dystopic vision of EU borders increasingly equipped with drone surveillance (see here: http://www.europeanpublicaffairs.eu/high-tech-fortress-europe-frontex-and-the-dronization-of-borde, here: http://eulawanalysis.blogspot.com/2018/10/the-next-phase-of-european-border-and.html, here: https://www.heise.de/tp/features/EU-startet-Langstreckendrohnen-zur-Grenzueberwachung-4038306.html and here: https://www.law.ox.ac.uk/research-subject-groups/centre-criminology/centreborder-criminologies/blog/2018/11/role-technology). Yet, when the first joint drone surveillance operation of #Frontex, the #European_Maritime_Safety_Agency (#EMSA) and Portuguese authorities was launched on 25 September 2018, there was a lack of response both from the media and concerned activists or researchers. Yet, the EMSA offered details about the operation on its website, and Frontex as well. In addition, Frontex mentioned in its press statement parallel operations undertaken in Italy and Greece in the same period.

    These operations were a crucial step for the setup of the joint European information system for border surveillance, #EUROSUR. The drone surveillance program in the context of Frontex operations is a major step in the operational setup of the EUROSUR program that aims to integrate databases and national coordination centres of 24 European countries. EUROSUR was officially introduced with a policy paper in 2008, and the system itself was launched on 1 December 2013 as a mechanism of information exchange among EU member states. But it is not yet fully operational, and drone surveillance is commonly seen as a central component for full operationability. Thus, the cooperation between the EMSA, Frontex and the Portuguese state in the recent operation is a crucial milestone to achieve the aim of EUROSUR to create a unified European border surveillance system.

    This is why the operation launched in Portugal in September 2018 is of higher significance to the ones in Italy and Greece since it includes not only national authorities but also the EMSA, located in Lisbon, as a new key actor for border surveillance. EMSA was founded in 2002 as a response to various shipping disasters that lead to environmental pollution and originally focuses on monitoring the movement of ships, with a focus on the safety of shipping operations, environmental safety at sea and the trading of illegal goods via maritime transport.

    In 2016 the EMSA was allocated 76 million Euros in a bid for the production of drones for the surveillance of the Mediterranenan in the context of Frontex missions. EMSA`s bid foresaw that drones would be hired by EMSA itself. EMSA would run the operation of drones and share real-time data with Frontex. The largest part of this bid, 66 million Euros, went to the Portuguese company #Tekever, while smaller portions went to the Italian defence company #Leonardo and to the Portuguese air force that will operate drones produced by the Portuguese company #UA_Vision. At the same time, the successful bid of Tekever and the integration of Portuguese authorities in surveillance operations catapults Portugal onto the map of the defence and surveillance industry that profits immensely from the recent technological craze around border surveillance (see here, here and here).

    Lisbon-based Tekever set up a factory for the production of drones in the Portuguese mainland in #Ponte_de_Sor, an emerging new hub for the aerospace industry. Together with French #Collecte_Localisation_Service, which specialises in maritime surveillance, Tekever founded the consortium #REACT in order to produce those specific drones. Under the Portuguese operation, ground control, i.e. the technical coordination of the flight of the drones, was located in Portugal under the authority of the Portuguese air force, while the operation was coordinated remotely by Frontex experts and Portuguese authorities in the #Frontex_Situational_Centre in Poland where data were shared in real-time with EMSA. This first operation is a crucial step, testing the technical and administrative cooperation between EMSA and Frontex, and the functionality of the drones that were specifically produced for this purpose. These drones are lighter than the ones used in Greece and Italy, and they are equipped with special cameras and #radars that can detect ship movements and receive emergency calls from the sea. This allows to run data collected by the drones through an algorithm that is programmed to distinguish so-called ´#migrant_vessels´ from other ships and boats.

    The Portuguese government has set up a number of initiatives to foster this industry. For example, a national strategy called #Space_2030 (#Estratégia_Portugal_Espaço_2030) was launched in 2018, and the newly founded #Portuguese_Space_Agency (#Agência_Espacial_Portuguesa) will begin to work in the first months of 2019. The fact that border surveillance is one of the larger European programs boosting the defence and surveillance industry financially has not generated any controversy in Portugal; neither the fact that a center-left government, supported by two radical left parties is propping up surveillance, aerospace and defence industries. The colonial continuities of this industrial strategy are all too visible since narratives like ‘from the discovery of the sea to the technology of space’ are used not only by industry actors, but also, for example, by the Portuguese Chamber of Commerce in the UK on its website. In this way, social and political #domination of non-European territories and the control of the movement of racialized bodies are reduced to the fact of technological capability – in the colonial period the navigation of the seas with optical instruments, astronomic knowledge and ships, and today the electronic monitoring of movements on the sea with drones and integrated computer systems. The Portuguese aerospace industry is therefore presented as a cultural heritage that continues earlier technological achievements that became instruments to set up a global empire.

    The lack of any mention about the start of the drone surveillance programme does not only demonstrate that border surveillance goes largely unquestioned in Europe, but also that the sums spent for surveillance and defence by EU agencies create incentives to engage more in the defence and surveillance industry. This goes all the more for countries that have been hit hard by austerity and deindustrialisation, such as Portugal. The recent increase of 9.3 billion Euros for the period 2021 to 2027 for border surveillance funding in the EU with the creation of the #Integrated_Border_Management_Fund focused on border protection, is a telling example of the focus of current EU industrial policies. For the same period, the European Commission has earmarked 2.2 billion Euro for Frontex in order to acquire, operate and maintain surveillance assets like drones, cameras, fences, and the like. In this situation, the political consensus among EU governments to restrict migration reinforces the economic interests of the defence industry and vice versa, and the interest of national governments to attract #high-tech investment adds to this. Those lock-in effects could probably only be dismantled through a public debate about the selective nature of the entrepreneurial state whose funding has decisive influence on which industries prosper.

    While the Portuguese government does not currently have a single helicopter operating in order to control and fight forest fires that have caused more than 100 deaths in the past two years, much EU and national public funding goes into technology aimed at the control of racialized bodies and the observation of earth from space. At the same time, there is considerable concern among experts that surveillance technology used for military means and border security will be rolled out over the entire population in the future for general policing purposes. For this reason, it remains important to keep an eye on which technologies are receiving large public funds and what are its possible uses.


    https://www.law.ox.ac.uk/research-subject-groups/centre-criminology/centreborder-criminologies/blog/2019/02/drone
    #drones #contrôles_frontaliers #frontières #technologie #complexe_militaro-industriel #technologie_de_la_surveillance #externalisation #business #algorithme #colonialisme #néo-colonialisme #impérialisme #héritage_culturel #austérité #désindustrialisation

    ping @daphne @marty @albertocampiphoto @fil

    • Des drones en renfort dans l’#opération_Sophia

      Pour renforcer la surveillance aérienne, après le départ des navires, l’opération Sophia déployée en Méditerranée (alias #EUNAVFOR_Med) va bénéficier d’un renfort d’au moins un drone #Predator de l’aeronautica militare.

      L’#Italie a indiqué sa disponibilité à fournir un drone à l’opération Sophia, selon nos informations confirmées à bonne source. Ce pourrait être un #MQ-9A Predator B, la version la plus avancée et la plus récente du drone, d’une longueur de 10,80 m avec une envergure de plus de 20 mètres, qui peut voler à 445 km / heure. De façon alternative, selon les moyens disponibles, un MQ-1C Predator A, plus modeste (longueur de 8,20 m et envergure de 14,80 m), pouvant voler à 160 km/heure, pourrait aussi être déployé.

      http://www.bruxelles2.eu/2019/04/09/des-drones-en-renfort-dans-loperation-sophia
      #operation_Sophia

  • T.A.Z. vs. police anti-T.A.Z.

    « Rave crowd clashes with riot police in Lambeth » (BBC News, 1er novembre 2015)

    Crowds throwing bottles, chairs and a suspected petrol bomb clashed with riot police at an illegal rave in south London. The Met Police said officers were attacked when they arrived to close the event, in a disused building in Lambeth, late on Saturday.

    http://www.bbc.com/news/uk-england-london-34691392

    #tek #UK #Zone_autonome_temporaire

  • Confessions d’un puriste de la tek :

    « Laurent Garnier : "La musique est devenue un produit jetable" » (entretien, L’Express, 15-04-14)

    http://www.lexpress.fr/culture/musique/laurent-garnier-la-musique-est-devenue-un-produit-jetable_1507100.html?xtmc

    Comment la techno est-elle perçue aujourd’hui ?

    Même si elle est devenue une institution comme le rock ou le hip-hop, les a priori et les méconnaissances sont encore nombreux. Une partie de la population considère toujours la techno comme une musique de drogués et d’idiots. Le terme « musique électronique » est plus employé. Il fait moins peur. Il est moins radical, politiquement correct. La scène techno a un problème : elle ne compte pas beaucoup d’acteurs connus du grand public. David Guetta représente-t-il le monde de la techno ? Non, il produit de l’electronic dance music, un style pop et commercial pour les enfants. Mon fils de 10 ans en écoute avec ses copains. Pour eux, le plus grand DJ du monde, c’est Martin Garrix. Le garçon a 17 ans, et ce sont ses parents qui l’emmènent à ses concerts.

    Pour sortir la techno des préjugés que vous évoquez, pouvez-vous nous en donner une définition ?

    Il est très compliqué de donner une définition. Le mot « techno » est un sac qui englobe trop de sonorités. Il faut rester prudent pour ne pas être réducteur. A ses origines, à Detroit, dans les années 1980, la techno était une musique synthétique créée avec des machines dans le but de faire danser. Le concept est plutôt basique et hédoniste. Instrumentale, elle n’a pas vocation comme le rap, par exemple, à traiter des problèmes des quartiers. Si les machines sont privilégiées, elles ne sont pas exclusives. Par exemple, le saxophone est au coeur de mon tube The Man with the Red Face.

    La techno est une suite logique du jazz. Comme lui, elle est une forme de liberté, d’expression et d’expérimentation, éloignée des formatages radiophoniques. Quant aux amalgames sur les drogues, j’ai renoncé à m’énerver contre ces raccourcis ridicules. La drogue a toujours été liée au monde de la nuit et de la fête. Pourquoi stigmatiser la techno ? Est-ce que, pendant le Festival de Cannes, on parle de la consommation de cocaïne ? Non, on parle de cinéma.

    (...)

    Dans le livret qui accompagnait son dernier album, I’m New Here, le chanteur américain Gil Scott-Heron donnait quelques instructions pour en profiter pleinement : couper son téléphone portable, passer le disque d’une traite... Est-ce qu’on écoute bien la musique aujourd’hui ?

    La façon de consommer la musique a été bouleversée. Sur les plateformes de streaming comme Spotify et Deezer, les gens se branchent sur des radios thématiques ou des playlists. Ils n’écoutent plus d’albums. Les jeunes téléchargent la piste 10 et la piste 12 d’un disque. Comme si, dans un film, on disait : « J’aime uniquement la scène où le héros plonge dans la Seine et celle quand il court tout nu dans les rues de Paris. Le reste ne m’intéresse pas. » Un album raconte une histoire. Il est le fruit d’un travail personnel, d’une réflexion. Malheureusement, la musique est devenue un produit jetable. Un consommable.

    Les DJ stars de l’electronic dance music, comme Calvin Harris, Tiësto, Guetta, Swedish House Mafia, Avicii, génèrent des dizaines de millions d’euros de recettes. A Las Vegas, par exemple, les casinos commencent à réaliser plus de bénéfices avec des soirées dans leurs clubs qu’avec leurs salles de jeu.

    Le fait de ne plus générer d’argent avec la vente des disques a poussé certains DJ à devenir de véritables businessmans. Ils font appel à des agents peu scrupuleux qui demandent des sommes indécentes. Dans le monde de l’electronic dance music, mais aussi dans celui de la techno, des DJ prennent 50000 à 60000 euros pour jouer lors d’un festival, au prétexte qu’ils revendiquent 2 millions de fans sur Facebook. C’est de la folie. Comme dans le rock ou dans le hip-hop, on assiste à des dérives.

    Vous a-t-on déjà proposé d’assurer certaines dates dans le genre de celles de Las Vegas ?

    J’ai fait certaines dates importantes, mais ce ne sont pas les concerts les plus intéressants. On demande aux artistes de mixer seulement une heure. Je refuse généralement. J’aime jouer longtemps. Je suis toujours le vilain petit canard. L’argent ne m’a jamais excité. Je n’ai pas besoin de m’acheter un yacht. Je préfère collaborer avec des petites structures qui placent la musique au centre des discussions. C’est ma façon de faire depuis vingt-cinq ans.

    #Laurent_Garnier #tek #zique