• 16 Settembre 1970 Palermo. Scompare Mauro De Mauro, giornalista de «L’Ora»

    Mauro De Mauro: a quarant’anni dalla scomparsa

    di Aaron Pettinari

    Palermo, Via delle Magnolie 58, ore 21 e 10 del 16 settembre 1970. Il giornalista del quotidiano ’’L’Ora’’, Mauro De Mauro, parcheggia e sul portone scorge la figlia Franca ed il fidanzato Salvatore, anche loro appena giunti. Avrebbero dovuto mangiare assieme a pochi giorno dal loro matrimonio.
    Anche loro si accorgono di lui e lo aspettano davanti all’ascensore. Passa qualche attimo. Franca torna sui suoi passi perché il padre, che avrebbe dovuto averli raggiunti, non arriva. Giusto in tempo per sentire qualcuno dire “Amuninni!” e vedere il padre “con la faccia tirata”, allontanarsi in macchina in compagnia di altre persone. “Amuninni”, una parola detta con tono fermo, quasi di comando. E’ l’ultima volta che Franca vede il padre. Undici ore dopo la famiglia denuncia la scomparsa ed iniziano le indagini.

    La riapertura del caso
    Da allora sono passati 40 anni e la scomparsa di De Mauro è ancora avvolta nel mistero. Un caso che scotta e che nel tempo è stato studiato sempre a singhiozzo. Le indagini infinite, scenari contorti, archiviazioni e riaperture d’indagini. Ogni tanto qualche giornale lo ricorda dando voce alla famiglia, lasciata senza giustizia, non rassegnata, ma stanca, segnata da una ferita sempre aperta. Nel 2001, finalmente, una nuova svolta. Sul giornale “La Repubblica” vengono pubblicate le dichiarazioni del pentito Francesco Di Carlo, ex padrino di Altofonte, ai magistrati: “De Mauro è stato ucciso perché sapeva del golpe. Lo seppellimmo alla foce dell’Oreto”. Tali dichiarazioni sono similari a quelle fatte qualche anno prima dal pentito Gaspare Mutolo, ma allora venne vagliato senza trovare risconti. Anche per questo la Procura di Palermo sobbalza ed immediatamente chiede al gip la riapertura dell’inchiesta, soprattutto alla luce delle nuove dichiarazioni dell’ex boss di Altofonte. Durante le indagini preliminari vengono rispolverati tutti gli atti riguardanti la scomparsa del giornalista. Dalla Procura di Pavia vengono inviate le carte sul caso Enrico Mattei, presidente dell’Eni, sulla cui morte stava indagando lo stesso De Mauro nel lontano 1970. Vengono così ripercorse tutte le tappe che segnarono le prime indagini degli anni successivi a quel 16 settembre e rianalizzate le tre piste che portavano ai già citati “Caso Mattei” e “Golpe Borghese” oltre al traffico di droga. Su quest’ultima nel 1970 indagò soprattutto il Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa convinto che De Mauro avesse scoperto i luoghi dove cocaina ed eroina sbarcavano e ripartivano verso altri lidi, dato che in passato lo stesso giornalista aveva scritto più volte sul tema. Nel giugno del 2005 l’inchiesta su uno dei primi delitti eccellenti di Palermo viene conclusa con la richiesta, da parte dei pm Antonio Ingroia e Gioacchino Natoli, di rinvio a giudizio per Totò Riina, al tempo al vertice di Cosa Nostra come sostituto di Luciano Liggio, congiuntamente a Gaetano Badalamenti e Stefano Bontade, entrambi morti. Era l’epoca del famoso triunvirato.

    Il processo
    Martedì 4 Aprile 2006 si è aperto il processo d’innanzi alla Corte d’Assise di Palermo presieduta da Giancarlo Trizzino che è tutt’oggi in fase di dibattimento. Imputato unico Totò Riina, difeso dagli avvocati Luca Cianferoni e Riccardo Donzelli. Dall’altra parte l’accusa, rappresentata dal pm Antonio Ingroia, le parti civili (famiglia e quotidiano “l’Ora”) rappresentate dall’avvocato Francesco Crescimanno, e la Provincia di Palermo rappresentata dall’avvocato Concetta Pillitteri. E’ toccato proprio ad Ingroia esporre il filone d’indagine che condurrà il processo di questo “giallo senza soluzione”. Il sequestro e l’omicidio di Mauro De Mauro si colloca in un periodo storico di grande fermento segnato da due particolari eventi come il tentativo di colpo di Stato (Golpe Borghese) e la morte di Enrico Mattei. “L’eliminazione di De Mauro faceva gola non solo a Cosa nostra” ha detto Ingroia. Un riferimento ai burattinai senza nome e senza volto che favorirono i depistaggi nel corso delle indagini. Poi il pm, all’apertura del processo, ha evidenziato come il boss corleonese Riina fosse sì in cabina di regia, ma non l’unico a dirigere determinati eventi dato che c’erano dietro interessi precisi “della destra eversivo - golpista, della massoneria deviata, oltre a quelli della finanza, dell’economia e della politica corrotta”. Pochi dubbi quindi vi sarebbero che De Mauro sia stato sequestrato e ucciso per le sue inchieste giornalistiche, quelle già archiviate o che avrebbe potuto ancora scrivere. Durante il processo è emersa anche un’ulteriore movente, seppur complicato, per la scomparsa del giornalista. Secondo le testimoninanze dell’ex numero 3 del Sisde Bruno Contrada (sentito a più riprese come testimone per esigenze della Corte, naturalmente tenendo conto della condanna definitiva a 10 anni per concorso esterno in associazione mafiosa), e ancor prima del collaboratore di giustizia Gioacchino Pennino, dietro la scomparsa e la morte del cronista giudiziario de “L’Ora” ci sarebbe stato l’interesse di Nino Salvo. Lo scorso 2 luglio, dopo quattro anni di dibattimenti, si e’ conclusa l’istruttoria del processo.
    La corte d’assise ha quindi rinviato al 22 ottobre l’inizio della requisitoria dei pm Sergio De Montis e Antonio Ingroia. Forse con la conclusione del processo la famiglia potrà avere un minimo di giustizia grazie all’individuazione delle responsabilità concrete sulla morte di De Mauro. Golpe Borghese, caso Mattei, gli interessi dei cugini Salvo. Uno scoop che avrebbe fatto tremare l’Italia. Difficile, forse impossibile, dire quale fosse la notizia che il giornalista de “L’Ora” stesse seguendo. Troppi i pezzi mancanti per chiudere il puzzle. Anche per questo il caso De Mauro resta un mistero di Stato.

    Articolo di La Repubblica del 19 Febbraio 2009
    De Mauro, l’ ultima pista caccia all’ uomo che lo tradì

    di Attilio Bolzoni

    ROMA - Nel suo taccuino l’ aveva scritto: «Colpo di Stato». L’ aveva scritto ma nessuno, fra i magistrati di Palermo che indagavano sulla sua morte o fra i poliziotti e i carabinieri che inseguivano il suo fantasma, si era incuriosito per quell’ appunto. E mai, negli anni a venire, qualcuno aveva provato a capirne qualcosa di più. Eppure lui aveva annotato quelle tre parole - Colpo di Stato - dopo un incontro con l’ uomo che al tempo era considerato il più potente e inquietante di tutta la Sicilia: l’ avevano chiamato Mister X, era stato la testa di ponte fra mafia e americani per lo sbarco sull’ isola nel ’ 43, il suo nome era Vito Guarrasi. Tutti lessero allora, trentanove anni fa, quelle tre parole. E tutti le dimenticarono. L’ appunto di un giornalista scomparso per mano di mafia e tanto altro di una Palermo lontana è finito in un libro che ha un titolo che annuncia tutto: «Mauro De Mauro, la verità scomoda». L’ ha scritto Francesco Viviano, il cronista che ha ritrovato anche quel documento che si era «perduto» fra migliaia di carte e paludose istruttorie. Un foglio ricopiato su carta intestata - «L’ Ora, il redattore capo» - tre righe prese dall’ agenda di De Mauro da un collega e consegnate agli investigatori palermitani. Era già tutto lì il mistero del rapimento di Mauro, avvenuto la sera del 16 settembre 1970 in via delle Magnolie, una delle strade eleganti di #Palermo. Era stato lui, la vittima, a lasciare la prima traccia che tutti avrebbero ignorato: «Colpo di Stato». Più giù, su quell’ appunto, c’ era anche scritto: «... colpo di stato continuato, uomini anche mediocri ma di rottura, la guerra è un anacronismo». Il nuovo libro di Viviano ricostruisce, partendo da quella nota e mettendo insieme gli atti dell’ ultima inchiesta giudiziaria - è soltanto qualche anno fa e dopo mille depistaggi sbirreschi che il sostituto procuratore Antonio Ingroia ha riaperto il caso, individuato gli assassini del giornalista e portato a giudizio come mandante Salvatore Riina - perché Mauro De Mauro è stato condannato a morte dai boss. Sapeva del colpo di Stato, sapeva che l’ ex comandante della Decima Mas, il principe Junio Valerio Borghese - il suo capo di una volta, De Mauro in gioventù era stato un «repubblichino» - stava organizzando un golpe per l’ 8 dicembre di quell’ anno: il #1970. Al colpo di stato avevano aderito anche alcuni fascisti palermitani. E i capi della Cupola. Di quel piano era venuto a conoscenza in qualche modo Mister X, Vito Guarrasi. Ne parlò lui con Mauro De Mauro. I mafiosi si insospettirono e il giornalista svanì per sempre. Le indagini più recenti del pm Ingroia hanno scoperto come il reporter, il più famoso del quotidiano della sera di Palermo, scivolò nella trappola. Fu fermato sotto casa da Emanuele D’ Agostino, uomo d’ onore della famiglia di Santa Maria di Gesù. Era accompagnato da altri due boss: uno era Stefano Giaconia, l’ altro Bernardo Provenzano. Era stato #TotòRiina a dare l’ ordine di prelevarlo per poi ucciderlo con il metodo della lupara bianca. Quello che ancora non era noto - ma che il libro di Viviano rivela - è che nel tragitto dalla sua casa al luogo dove il suo cadavere è stato seppellito (probabilmente alla foce del fiume Oreto), il giornalista è stato obbligato a far visita «presso un suo conoscente». L’ ipotesi sullo sfondo di una pista investigativa ancora tutta da percorrere: un «giuda» avrebbe tradito De Mauro. Uno che l’ avrebbe invitato a confessare tutto ciò che sapeva sul golpe del principe Borghese, uno che gli avrebbe garantito che sarebbe tornato a casa dopo aver detto tutto. Questo personaggio - intorno al quale a Palermo s’ indaga - sarebbe ancora vivo. Il resto del libro è sull’ avventurosa esistenza di un uomo nato a Foggia nel 1921, figlio di un chimico e di un’ insegnante di matematica, un ragazzo reclutato nelle file dei fascisti «decisi a tutto», l’ accusa e il successivo proscioglimento per aver partecipato alla strage delle Fosse Ardeatine, una fuga verso la Sicilia sotto falso nome. Dopo tante vite, l’ ultima: quella di giornalista a L’ Ora, il quotidiano delle grandi battaglie siciliane, una voce libera nella Palermo soffocata dai mafiosi. Sono firmate da Mauro De Mauro molte delle inchieste più «dure» di quegli anni. Sul traffico di stupefacenti. Sul «sacco» edilizio della città. Sulle contiguità fra mafia e politica. Fu lui il primo a pubblicare già nel 1962 anche l’ organigramma di Cosa Nostra - decine, famiglie, mandamenti - la stessa mappa che 22 anni dopo rivelerà il pentito Tommaso Buscetta al giudice Falcone. Uno scoop dopo l’ altro fino a quella notizia che fu la causa della sua morte. Le indagini che seguirono e gli investigatori che le orientarono - unica eccezione il commissario di polizia Boris Giuliano che nove anni dopo la scomparsa di Mauro fu ucciso anche lui dai sicari di Riina - sono finite per tre decenni negli archivi polverosi del Palazzo di Giustizia di Palermo. Fu però Leonardo Sciascia a spiegare con una sola frase perché era morto davvero Mauro: «Ha detto la cosa giusta all’ uomo sbagliato e la cosa sbagliata all’ uomo giusto». Nuove rivelazioni sul cronista: qualcuno l’ avrebbe invitato a raccontare ciò che sapeva del progettato putsch In cambio la promessa: vivrai Le piste #MATTEI Secondo la polizia De Mauro fu ucciso mentre ricostruiva gli ultimi giorni di vita dell’ ex presidente Eni Enrico Mattei, morto in volo da Catania a Linate nel 1962 per una bomba DROGA I carabinieri presentarono un rapporto che ipotizzava collegamenti fra la scomparsa del giornalista e un traffico di stupefacenti da lui scoperto. Fu un vero e proprio depistaggio ESATTORIE Il capo della Mobile Boris Giuliano era convinto che De Mauro avesse scoperto qualcosa sui terribili cugini di Salemi, gli esattori Nino e Ignazio Salvo, mafiosi #GOLPE Questa pista fu svelata nel 2001 dal pentito corleonese Di Carlo: De Mauro era venuto a sapere che gli ex amici della Decima Mas stavano organizzando un golpe con la mafia Il libro «Mauro De Mauro, la verità scomoda»: è il titolo del libro del giornalista Francesco Viviano dedicato al mistero della scomparsa del giornalista siciliano. Aliberti editore, pagg 160, 15 euro Il processo LA SENTENZA La sentenza per la morte di De Mauro è prevista all’ inizio dell’ estate. Saranno passati 39 anni dalla scomparsa del giornalista IL PM Il caso De Mauro è stato riaperto qualche anno fa dal pm Antonio Ingroia, che ha individuato gli assassini e portato a giudizio Riina TRE ANNI Da tre anni l’ unico imputato per la morte di Mauro De Mauro è Salvatore Riina, accusato come mandante del delitto.

    Articolo del 24 Marzo 2011 da antimafiaduemila.com

    ANSA

    Dopo 40 anni altre carte sulla scomparsa di De Mauro

    Palermo. Note, appunti, relazioni di servizio dell’ufficio politico della Questura sulla scomparsa di Mauro De Mauro tornano alla luce dopo 40 anni.
    I documenti, rintracciati negli archivi polverosi della polizia, saranno portati domani in aula dalla corte d’assise davanti alla quale si celebra il processo per il rapimento del redattore del giornale L’Ora. Unico imputato è Totò Riina. Nell’udienza del 4 marzo il pm Antonio Ingroia aveva già cominciato la requisitoria che domani pomeriggio dovrebbe proseguire l’altro pm, Sergio Demontis. Ma l’arrivo delle carte a lungo dimenticate, e mai consegnate ai magistrati, potrebbe provocare la riapertura dell’istruzione dibattimentale. I documenti sono stati recuperati su richiesta della stessa corte in base alle tracce emerse in alcune testimonianze tra cui quella di Bruno Contrada che nel 1970 condusse con Boris Giuliano la prima fase delle indagini sul caso De Mauro. Alcuni accertamenti furono delegati dal questore dell’epoca, Ferdinando Li Donni, all’ufficio politico. Le «nuove» carte, che in un primo momento non erano state trovate, dovrebbero toccare le piste seguite per risalire al movente della scomparsa del giornalista. Ma potrebbero riguardare altre vicende oscure che da 41 anni frenano la ricerca della verità. È probabile che domani la difesa e le parti civili chiedano un breve rinvio del processo per l’esame degli atti.

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