• Via il Papa e Mattarella, a Trieste i migranti tornano a dormire all’addiaccio. E il prefetto scopre la Bora: “Moduli Onu inutili”

    Dopo anni di inerzia istituzionale e migliaia di richiedenti asilo all’addiaccio nonostante la legge imponga la loro accoglienza, lo scorso giungo era stata annunciata la soluzione. La 50a edizione delle Settimane sociali dei cattolici italiani si sarebbe tenuta a Trieste, dal 3 al 7 luglio, alla presenza del Capo dello Stato, Sergio Mattarella, e di Papa Francesco, che aveva annunciato di voler incontrare i richiedenti accampati nel famigerato Silos, il fatiscente edificio accanto alla stazione cittadina, di proprietà della Coop, già magazzino portuale ai tempi dell’Impero austroungarico. Per evitare che il pontefice mostrasse al mondo il degrado che il Comune denunciava pur senza muovere un dito, il sindaco Roberto Dipiazza decise di firmare l’ordinanza di sgombero del Silos dove i migranti della rotta balcanica accampavano da anni tra fango, topi, freddo e immondizia. L’alternativa? L’ampliamento di una struttura esistente grazie ai moduli abitativi forniti dalle Nazioni Unite, da installare esternamente, e un “elevato turnover” con trasferimenti più assidui e costanti verso le altre regioni. La farsa – è già tempo di chiamarla così – è durata appena un mese. Già ad agosto, infatti, i trasferimenti sono tornati a diradarsi, mentre l’ampliamento dei posti tardava ad arrivare e, dopo l’iniziale trasferimento delle persone sgomberate dal Silos, i nuovi arrivati ricominciavano a finire sulla strada.

    Oggi, mercoledì 18 settembre, a Trieste ci sono 125 richiedenti asilo in mezzo alla strada, comprese famiglie con bambini piccolissimi. Per anni si sono accampati nel rudere del Silos, spesso restandoci per mesi. Il Comune lo ha sempre chiamato “degrado”, negando soluzioni che, a detta del sindaco, attirerebbero altri migranti. Il flusso in arrivo a Trieste dalla rotta balcanica è in calo, in linea con i numeri dell’anno scorso. Costante anche la volontà di due terzi dei migranti di voler proseguire, per lo più verso altri Paesi europei, lasciando la città già a poche ore dall’arrivo. Secondo il rapporto “Vite abbandonate”, i numeri non possono considerarsi quelli di un’emergenza, vista la media di 5 richieste d’asilo presentate al giorno in una città di 200 mila abitanti. Complice il rallentamento dei trasferimenti dei richiedenti verso altre regioni, nel 2023 si sono contate anche 500 persone lasciate contemporaneamente all’addiaccio. Ma l’imminente visita di Mattarella e del Papa sblocca la situazione. Lo scetticismo non manca, visto che i nuovi posti in località Campo Sacro sono ancora tutti da realizzare e dal cilindro non è uscito che un pugno di container targati Onu. Si lascia passare luglio e intanto la piazza antistante la stazione, quella piazza della Libertà ribattezzata Piazza del mondo dai volontari presenti quotidianamente, si riempie di attivisti e scout venuti da ogni parte d’Italia per incontrare i migranti, richiedenti o transitanti che fossero. Poi il repentino calo delle temperature e le piogge di settembre, un doloroso bagno di realtà: i posti non ci sono e i richiedenti in strada sono di nuovo tanti, ora al freddo. Il punto lo ha fatto la prefettura di Trieste lunedì scorso, convocando sindaco, volontari e associazioni cittadine. E svelando finalmente il mistero dei container dell’Onu, arrivati già ai primi di luglio e mai installati. La ragione? Un evento imponderabile: le raffiche di Bora. Tanto che qualcuno tra i presenti alla riunione si è chiesto se non sia più sciocco chi i moduli li ha inviati o chi se li è fatti mandare per poi accorgersi, a mesi di distanza, che erano inservibili perché potevano ribaltarsi. Flop a parte, di soluzioni per i richiedenti nemmeno l’ombra. Anzi, prefettura e comune si sono limitati a chiederne ad associazioni e volontari. “Non è forse questa la vostra missione?”, è stato detto loro chiedendo di trovare soluzioni indipendenti e autogestite. In altre parole, senza contributi pubblici. Quanto ai transitanti, gli stranieri intenzionati a proseguire il viaggio, la linea è quella dura di sempre: non esistono.

    Assente alla riunione nonostante le promesse, il sindaco Dipiazza è intanto ripartito con le accuse ai volontari che in piazza Libertà distribuiscono cibo, cure, coperte e sacchi a pelo a chi la Bora si prepara ad affrontarla in mezzo a una strada. Dipiazza è da sempre convinto che un pasto caldo e una coperta termica costituiscano un pull factor, cioè una calamita che spinge i migranti a mettersi in viaggio. Come se chi parte dalla Siria o dall’Afghanistan fosse mosso dalla prospettiva di un piatto di minestra offerto davanti alla stazione di Trieste. Così il primo cittadino si guarda bene dal fornire servizi igienici e chiude anche il sottopassaggio davanti alla stazione, unico riparo dalle intemperie. “La Regione Fvg ha elargito oltre un miliardo di contributi nell’ultimo assestamento di bilancio. Non un solo euro è andato per questo dramma che si svolge ogni giorno a Trieste. Invece di vergognarsi delle condizioni in cui queste persone sono costrette a vivere a Trieste – ha scritto il consigliere regionale di Open Sinistra Fvg Furio Honsell – si spendono soldi per sprangare sottopassaggi: restiamo umani”. Un appello che il meteo costringe a tradurre molto concretamente. L’associazione Linea d’Ombra, in piazza da anni per curare i piedi piagati dalla rotta balcanica e a volte le ferite inferte dalle polizie di confine, in queste ore chiede di contribuire con giubbotti e sacchi a pelo trasportabili. Sulla pagina Facebook di Lorena Fornasir, fondatrice dell’associazione, le immagini recenti assomigliano di nuovo a quelle degli anni passati. “Procedere, oltre che con i trasferimenti, con più posti a Campo Sacro, e facendo in modo che le associazioni non vadano più in quella piazza a portare loro di tutto e di più”, ha rilanciato il sindaco Dipiazza. Fornasir ribatte: “Indegne dichiarazioni di chi ha chiuso i due unici gabinetti, di chi abbandona in strada neonati, madri, famiglie transitanti, profughi già identificati che non riescono a entrare in accoglienza, profughi che la questura rimanda di giorno in giorno, di settimana in settimana. Questo è lo scandalo, la vergogna, l’indegnità. Abbiamo salvato delle vite. Curiamo i feriti, li ricopriamo a causa del freddo, li sfamiamo grazie a una rete di comunità, associazioni, persone solidali di tutta Italia. Trieste è stata la vetrina dello scandalo del Silos, continua ad esserlo per lo scandalo dell’abbandono in strada”.

    https://www.ilfattoquotidiano.it/2024/09/19/via-il-papa-e-mattarella-a-trieste-i-migranti-tornano-a-dormire-alladdiaccio-e-il-prefetto-scopre-la-bora-moduli-onu-inutili/7698412

    #Trieste #Italie #SDF #sans-abrisme #sans-abri

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    Et un mot:
    #transitanti —> trasitants
    #mots #vocabulaire #terminologie

    –> ajouté à la métaliste sur les mots de la migration:
    https://seenthis.net/messages/414225

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    Si lascia passare luglio e intanto la piazza antistante la stazione, quella #piazza_della_Libertà ribattezzata #Piazza_del_mondo dai volontari presenti quotidianamente, si riempie di attivisti e scout venuti da ogni parte d’Italia per incontrare i migranti, richiedenti o transitanti che fossero.

    #toponymie_migrante

  • La garrigue ardéchoise dévorée par le photovoltaïque
    https://reporterre.net/La-garrigue-ardechoise-devoree-par-le-photovoltaique

    Derrière l’entreprise Soleil du Varlet, on trouve deux entrepreneurs locaux et la société Verso Energy, capable d’investir 1 milliard de dollars dans l’hydrogène. Cette dernière appartient à Xavier Caïtucoli, cofondateur de l’entreprise Direct Énergie, rachetée par TotalEnergies en 2018.

    #agrivoltaïsme

  • Un nouveau #contrat_écologique

    Alors que notre époque est marquée par l’urgence climatique, la #transition_écologique peine à s’enclencher. Il existe bien d’autres #urgences économiques et sociales plus immédiates, bien d’autres aspirations et préoccupations. Comment concilier nos buts ? Régler ce qui nous divise ? Comment consolider notre unité dans l’action ?

    À travers une analyse profonde et percutante, l’ouvrage examine les échecs du passé et identifie une même mécanique : l’#approche_technocratique traditionnellement suivie mène à l’impasse, comme dans le cas emblématique de la #taxe_carbone.

    La focalisation excessive sur les #mesures_techniques empêche de prendre à bras le corps le véritable défi : la nécessité de revoir et de redéfinir le #contrat_social. La transition écologique nécessite une approche #politique et démocratique pour gérer les #conflits, les #désaccords et les #aspirations_divergentes au sein de la société.

    L’ouvrage plaide pour concerter la transition écologique et engager l’ensemble de la société dans la construction d’un #avenir_commun. Semblable à un processus constituant, ce changement d’approche vise à construire un nouveau contrat écologique, un compromis de société qui décloisonne les questions sociales, économiques et écologiques.

    https://www.puf.com/un-nouveau-contrat-ecologique

    #livre

  • Alla ricerca di litio nei pozzi della #valle_di_Baccano

    I vecchi siti geotermici individuati da #Enel nel #Lazio potrebbero contenere importanti quantità del materiale critico fondamentale per la transizione. Due aziende australiane hanno già ottenuto i permessi di ricerca nonostante lo status di area protetta della zona. Promettendo un’estrazione a zero emissioni e impatti. Ma i dubbi sulla sostenibilità ambientale ed economica del progetto rimangono

    “Ecco, qui siamo al centro della valle. L’acqua non è presente, ma se facciamo una buca a neanche due metri troviamo la prima falda”, racconta Alessandro Mecali, geologo consulente del Parco di Bracciano-Martignano nel Lazio, facendo strada a piedi tra la vegetazione della valle di Baccano, chiusa a cerchio dalle colline.

    Siamo nel punto più basso di una conca che nasconde una potenziale miniera, un vecchio cratere vulcanico che fino al XIX secolo ospitava un lago, prosciugato dalla famiglia Chigi nel 1838. L’area è compresa nel Comune di Campagnano, 20 chilometri a Nord dal Grande Raccordo Anulare. L’intera valle è soggetta a vincolo paesaggistico ed è compresa tra due parchi regionali protetti: il Parco di Veio e quello di Bracciano-Martignano, appunto.

    Avanziamo tra le sterpaglie alla ricerca di qualche vecchio pozzo geotermico. Dopo un’ora di cammino, riusciamo a individuare quello che il ministero dell’Ambiente e sicurezza energetica denomina “Pozzo Cesano 8″. Mecali è raggiante: “Non avevo mai visto questi pozzi perché, quando sono stati realizzati, ero piccolissimo”. Un quadrato in cemento, quattro metri per quattro, immerso tra canne e arbusti secchi. Un pozzo anonimo, ma che potrebbe nascondere un tesoro.

    Negli anni Settanta del Novecento, l’Enel qui era impegnata con ricerche sull’energia geotermica. Gli studi rivelarono una forte concentrazione di litio in serbatoi d’acqua ad alte temperature sepolti nelle viscere della valle. Il progetto fu abbandonato, il litio geotermico ritenuto non troppo degno di nota e i vecchi pozzi furono cementati in attesa del domani. Quel domani è arrivato.

    Oggi il litio è chiamato “oro bianco”. È elencato tra le 34 materie critiche fondamentali alla transizione ed è uno dei materiali più ricercati al mondo poiché serve, tra altre cose, a immagazzinare energia nelle batterie delle auto elettriche. Basti pensare che nel 2022 è stato venduto per oltre 80mila dollari alla tonnellata.

    Proprio nel 2022 uno studio dell’Istituto di geoscienze e georisorse di Pisa (Igg) ha elencato le aree più promettenti per il litio geotermico in Italia. “Questo argomento è diventato molto attuale -spiega Andrea Dini, primo ricercatore dell’Igg-. Il nostro è un inventario. Non di miniere, perché quelle vengono aperte quando si sa che c’è un giacimento, ma delle zone più promettenti per il litio”.

    Il luogo che stiamo visitando, la caldera di Baccano, è appunto tra queste. “Siamo usciti con questo studio che ha smosso un po’ le acque. Ma l’argomento era già nell’aria”, commenta Dini. Tanto che questa valle ha attirato attenzione su di sé persino da oltreoceano.

    Due gruppi estrattivi australiani, la Vulcan Energy e l’Altamin, hanno ottenuto tra il 2021 e il 2022 permessi di ricerca di litio geotermico nella valle di Baccano. In particolare, la Vulcan ha già siglato contratti di fornitura con gruppi automobilistici e avviato una collaborazione con Enel green power, che detiene i dati delle vecchie ricerche ed è leader globale nella geotermia. Le società richiedenti stanno valutando i dati d’archivio senza esplorazioni geofisiche.

    Nel Lazio sono state approvate licenze di ricerca anche in altre località. “Nella richiesta presentata all’Ente parco, c’era una planimetria con una vasta area che andava da Sutri, Monterosi, Nepi, Campagnano, Formello e arrivava fino a Cesano”, racconta Marsilio Gregori, geometra del Parco di Veio. Lo incontriamo nella sede di Sacrofano, uno dei luoghi per i quali è stato chiesto un permesso di ricerca.

    Permessi che a volte suscitano dubbi. Nella valle di Baccano, in particolare, la Regione Lazio ha concesso due licenze contigue, stabilendo che non comportano interferenze con l’ambiente. Eppure, sono in molti a non fidarsi. “Non siamo per niente contenti di questa storia”. “Siamo contrari. Dovranno pur fare un sondaggio tra la popolazione”. “Da quanto ho capito, se vogliono espropriano”. “Io abito qui dietro. Non possiamo nemmeno collegarci alla rete del gas, perché siamo in area vincolata, e quelli pensano alla miniera di litio”. Sono gli umori raccolti tra i residenti della valle mentre, seduti al bar “Il Baccanale”, prendiamo un caffè prima di incamminarci. Ma il timore è fondato?

    Il sindaco di Campagnano, Alessio Nisi, dice che “per come viene descritto il modello di estrazione del litio in Italia e Germania, si tratta di una tecnica sostenibile che non impatta sull’ambiente”. Il progetto Zero carbon lithium si basa su una metodologia sperimentale, la Direct lithium extraction, e cioè la produzione di litio da acque geotermiche. Rispetto ai metodi tradizionali, ha un basso impatto ambientale e non produce emissioni. Quando si parla di estrazione di litio, viene in mente l’estensione delle cave australiane o le distese desertiche cilene. Un impatto inaccettabile in una zona come questa, con ampie aree protette.

    Per Dini, il ricercatore dell’Igg, non è così: “È un metodo molto meno impattante rispetto a quanto si vede nel deserto di Atacama, in Cile. Lì, l’impatto è enorme. Basta andare su Google Earth e ci si rende conto”. Qui si tratterebbe invece di individuare il giacimento in profondità e portare l’acqua ricca di litio in superficie con pozzi profondi a circuito chiuso. “L’acqua calda si fa passare attraverso un impianto industriale dove si estrae il litio in maniera selettiva. Rimane un fluido esausto che non viene rilasciato nell’ambiente, ma reimmesso in profondità nel giacimento per ricaricare il sistema”, conclude Dini.

    Il geologo Alessandro Mecali aggiunge una considerazione: “Quando si fa sperimentazione è fondamentale il monitoraggio continuo e verificare se ci sono abbassamenti del terreno. Altro discorso è l’impianto. Devono essere adottate tecniche innovative anche lì, visto che siamo dentro a un parco”. In teoria, la ricerca scientifica sembra escludere effetti negativi nell’uso di questa tecnica. Ma resta ancora tutto da vedere.

    “A oggi, si parla solo di ricerca, non di nuovi fori -riprende il geometra del Parco di Veio durante la nostra visita a Sacrofano-, c’è un vincolo di interesse paesistico nella valle di Baccano, ma con parere speciale delle autorità è aggirabile. In più, siamo tra due parchi. Secondo l’articolo 8, legge regionale 29/97, nelle aree protette è vietata l’estrazione”. Cerchiamo di capire che cosa potrebbe succedere se si dovesse passare a una fase estrattiva in zone protette. Per ragioni di pubblica utilità, la giunta regionale può autorizzare deroghe alle misure di salvaguardia, prescrivendo le modalità per tutelare i luoghi. La giunta potrebbe, cioè, approvare, a condizione che vengano rispettati limitazioni e controlli a spese del proponente. Ma il decreto legge sulle materie prime critiche del 25 giugno 2024, che adegua la normativa nazionale alle disposizioni europee, supera queste considerazioni: dalla data in cui la Commissione europea li riconosce come strategici, i progetti assumono la qualità di pubblico interesse nazionale e gli interventi necessari alla realizzazione sono “indifferibili e urgenti”.

    Il sindaco di Campagnano propone di individuare soluzioni a lungo termine, in un quadro di partenariato pubblico-privato, così da coinvolgere i Comuni interessati. “Che impatti positivi si vogliono immaginare per Campagnano? Se un’area ha una data risorsa, facciamo in modo di utilizzarla coinvolgendo il territorio in un percorso virtuoso”. Già perché la domanda latente sulla bocca di tutti è sempre la stessa: chi beneficerà di questa risorsa? Sarà equo il corrispettivo previsto a favore delle comunità locali? O forse le società minerarie dovranno ricorrere a incentivi pubblici per far fronte alla concorrenza globale? Ma, soprattutto, quanto litio si può estrarre da qui? Su questo risponde Alessandro Mecali di ritorno dall’escursione: “Dipende dalle dimensioni del serbatoio. Ci sono stratigrafie, i dati dell’Enel, si può calcolare”. Quindi occorre considerare costi-benefici e la durata operativa dell’impianto. “È quanto stanno valutando queste società”, conclude.

    Restano ancora molti nodi da sciogliere prima di vedere se l’oro della valle luccicherà davvero. Non ultima la questione del prezzo. Il formidabile crollo dei prezzi nel 2023 (circa -80%), e il protrarsi del ribasso nel 2024, è forse indicativo di una tendenza? L’offerta del minerale è stata così alta da aver superato la domanda. Si parlerà ancora di oro bianco?

    https://altreconomia.it/alla-ricerca-di-litio-nei-pozzi-della-valle-di-baccano
    #lithium #matières_premières #extractivisme #Italie #Baccano #Critical_raw_material_act (#Crma) #terres_rares #Latium #transition_énergétique #Parco_di_Veio #Parco_di_Bracciano-Martignano #Pozzo_Cesano_8 #caldera_di_Baccano #Vulcan_Energy #Altamin #Enel_green_power #licences #Alessio_Nisi #Campagnano #Direct_lithium_extraction #Zero_carbon_lithium #environnement #géothermie

  • La guerre des métaux rares. La face cachée de la #transition_énergétique et numérique

    En nous émancipant des énergies fossiles, nous sombrons en réalité dans une nouvelle #dépendance : celle aux métaux rares. #Graphite, #cobalt, #indium, #platinoïdes, #tungstène, terres rares… ces ressources sont devenues indispensables à notre nouvelle société écologique (#voitures_électriques, éoliennes, #panneaux_solaires) et numérique (elles se nichent dans nos #smartphones, nos #ordinateurs, tablettes et autre objets connectés de notre quotidien). Or les coûts environnementaux, économiques et géopolitiques de cette dépendance pourraient se révéler encore plus dramatiques que ceux qui nous lient au pétrole.

    Dès lors, c’est une #contre-histoire de la transition énergétique que ce livre raconte – le récit clandestin d’une odyssée technologique qui a tant promis, et les coulisses d’une quête généreuse, ambitieuse, qui a jusqu’à maintenant charrié des périls aussi colossaux que ceux qu’elle s’était donné pour mission de résoudre.

    https://www.editionslesliensquiliberent.fr/livre-La_guerre_des_m%C3%A9taux_rares-531-1-1-0-1.html
    #métaux_rares #terres_rares #matières_premières #livre #transition_numérique #énergie #Guillaume_Pitron

  • Dove sono i metalli rari in Italia

    Se lo sta chiedendo il governo, che ha approvato un decreto per sfruttare vecchi giacimenti e aprire nuove miniere.

    Dopo le sollecitazioni ricevute negli ultimi anni dall’Unione Europea, lo scorso 20 giugno il governo italiano ha approvato un decreto per sostenere la ricerca delle cosiddette “materie prime critiche”, un gruppo di metalli particolarmente necessari per il settore tecnologico e per la transizione energetica. Le materie prime critiche servono soprattutto all’industria dei microchip e dei componenti elettronici o per la produzione di batterie dei veicoli elettrici. Alcune hanno nomi più conosciuti, come il rame, il litio, il silicio e il nichel, altre sono meno note come il bismuto, il boro, il cobalto, il gallio, il germanio, il magnesio e il manganese, la grafite naturale, il titanio e il tungsteno.

    Fino a qualche decennio fa in Italia c’erano diversi giacimenti di questi metalli, miniere via via abbandonate perché dai costi insostenibili soprattutto se paragonati a quelli delle importazioni. Tuttavia negli ultimi anni l’aumento della richiesta dei metalli rari ha invertito questo rapporto: ora comprarli all’estero e importarli è molto costoso, mentre è più vantaggioso e politicamente strategico sfruttare vecchi giacimenti o trovarne di nuovi.

    Con queste premesse il governo ha approvato una serie di misure: semplificare le procedure per consentire alle compagnie minerarie di cercare nuovi giacimenti, finanziare una mappatura più completa delle aree sulla base di studi geologici, realizzare un piano nazionale delle materie prime con una definizione più puntuale dei finanziamenti per questo settore. L’obiettivo è spingere le compagnie a investire nella ricerca di nuovi giacimenti.

    Il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, ha detto che il programma esplorativo dovrà essere pronto entro il 24 maggio 2025. Se ne occuperà l’ISPRA, l’istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, a cui sono stati dati 3,5 milioni di euro per realizzare una mappa dei possibili giacimenti, la nuova carta mineraria dell’Italia. Grazie alla nuova carta potranno essere aggiornati e migliorati i censimenti fatti dall’ISPRA negli ultimi anni.

    Uno degli ultimi censimenti è stato pubblicato nell’atlante dei dati ambientali, aggiornato al 2023, e comprende i giacimenti sfruttati in passato e ora da rivalutare.

    Nel documento dell’ISPRA si legge che l’Italia è «totalmente dipendente» dai mercati esteri, ma anche che sul territorio esistono mille possibili giacimenti: i più interessanti sono nell’arco alpino, in Liguria, nella fascia tirrenica tra Toscana e Campania, in Calabria e in Sardegna. «La coltivazione di minerali metalliferi è stata progressivamente abbandonata a cavallo dei due secoli non per esaurimento delle risorse ma, nella quasi totalità, per le convenienti condizioni economiche dei mercati esteri delle materie prime e per la mancanza di lungimiranza della politica industriale mineraria», dice lo studio.

    Risultano attive soltanto due miniere di fluorite (a Bracciano, in provincia di Roma, e a Silius, in Sardegna) e una ventina di feldspato tra Piemonte, Toscana, Lazio, Calabria e Sardegna. C’è poi un giacimento di titanio in Liguria, uno di cobalto in Piemonte, di litio in Lazio. Negli ultimi anni sono stati dati permessi per cercare zinco, cobalto, titanio e nichel in particolare sull’arco alpino.

    Il decreto prevede anche che le compagnie minerarie titolari delle concessioni, già attive o future, dovranno dare allo Stato tra il 5 e il 7 per cento dei prodotti estratti. Questa sorta di tassa finanzierà il fondo nazionale del Made in Italy per sostenere nuovi investimenti e un’ulteriore ricerca di materie prime critiche.

    In merito all’impatto ambientale, su cui c’è una maggiore sensibilità rispetto al passato, il governo ha incaricato l’ISPRA di vigilare sui progetti di ricerca dei metalli insieme alle soprintendenze dei territori interessati. L’ISPRA potrà bloccare i permessi se verranno rilevate irregolarità, per esempio trivellazioni in punti non consentiti. L’istituto dovrà anche coinvolgere gli enti locali, in particolare i comuni, per spiegare in modo approfondito i lavori previsti, l’impatto delle ricerche e dell’eventuale apertura di nuove miniere.

    https://www.ilpost.it/2024/07/14/mappa-metalli-rari-italia
    #Italie #extractivisme #Alpes #permis #mines #minières #Italie #terres_rares #matières_premières_critiques #transition_énergétique #batteries #extractivisme #décret #matières_premières_critiques #microchip #électronique #lithium #cuivre #cobalt #tungstène #titan #mines #minières #ISPRA #Gilberto_Pichetto_Fratin #matières_premières #concessions #cartographie #visualisation #carte

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    #métaliste sur l’#extraction de #terres_rares dans les #Alpes :
    https://seenthis.net/messages/1013289

  • Radio : Celia Izoard, Intoxication minière au XXIe siècle, 2024 – Et vous n’avez encore rien vu…
    https://sniadecki.wordpress.com/2024/06/27/rmu-izoard-metaux

    Celia Izoard, journaliste et philosophe, spécialiste des nouvelles technologies au travers de leurs impacts sociaux et écologiques présente son dernier ouvrage La Ruée minière au XXIe siècle, enquête sur les métaux à l’ère de la transition (Seuil, janvier 2024).

    Une nouvelle ruée minière d’une ampleur inédite a commencé. Au nom de la lutte contre le réchauffement climatique, il faudrait produire en vingt ans autant de métaux qu’on en a extraits au cours de toute l’histoire de l’humanité.

    Entretien réalisé par Morgan Large de Radio Kreiz Breizh le 23 avril 2024.

    https://ia802200.us.archive.org/2/items/rmu-093-izoard-metaux/RMU_093_Izoard-Metaux.mp3

    #interview #Célia_Izoard #mine #extractivisme #ruée_minière #critique_techno #voiture #batterie #énergie #pollution #écologie #téléphone #smartphone #datacenter #métaux #transition #radio #audio #Radio_Kreiz_Breizh #radio_zinzine

  • Au Mexique, les migrants de plus en plus victimes de violences sexuelles
    https://www.lemonde.fr/international/article/2024/07/01/au-mexique-les-migrants-de-plus-en-plus-victimes-de-violences-sexuelles_6245

    Au Mexique, les migrants de plus en plus victimes de violences sexuelles
    Par Anne Vigna (Reynosa [Mexique], envoyée spéciale)
    Publié le 01 juillet 2024 à 09h15
    Valentina (qui n’a pas voulu donner son nom) se mord les lèvres et baisse les yeux. « J’ai tellement honte », confie d’abord cette jeune Vénézuelienne de 19 ans qui a quitté son pays avec son mari et son beau-frère en mars pour se rendre aux Etats-Unis. Elle a connu bien des abus sur cette route, mais rien en comparaison de l’enfer qu’elle a vécu à Reynosa (frontière avec le Texas), où, à peine arrivés, ils ont été kidnappés et retenus avec une vingtaine d’autres migrants pendant deux semaines.
    Leurs ravisseurs ont contacté leurs proches à Caracas, qui ont dû réunir 7 500 dollars (environ 7 000 euros) pour les libérer. « Ma famille a vendu tout ce qu’elle possédait, mais ça a pris quelques jours et, pendant ce temps, ils nous frappaient constamment. Et, moi, ils m’ont violée à plusieurs reprises, je ne sais plus combien de fois », raconte-t-elle, les yeux pleins de larmes et les poings serrés.
    Valentina a été prise en charge par l’ONG Médecins sans frontières (MSF), quand elle a retrouvé la liberté : consultation gynécologique d’abord et psychologique ensuite. Si elle a accepté de l’aide, c’est aussi parce que son mari savait déjà ce qu’elle avait connu. « La plupart ne disent rien et on doit évoquer la violence sexuelle avec beaucoup de précautions, car la peur d’être stigmatisée prédomine. D’autre part, les personnes savent que le risque de violences sexuelles existe en prenant cette route et ils l’assimilent comme un prix à payer », considère la médecin Cristina Romero, responsable du projet médical de MSF à Reynosa, dans l’Etat du Tamaulipas.
    L’ONG cherche à attirer l’attention sur les violences sexuelles subies par les migrantes et migrants, qui seraient en nette augmentation. « En 2023, nous avons relevé un total de 107 cas. Mais, les trois premiers mois de cette année, nous en sommes déjà à 105 victimes. C’est trois fois plus qu’en 2022, sachant qu’en plus la plupart des agressés ne disent rien », ajoute la médecin.
    La sœur Maria Telo, responsable depuis plus de dix ans d’un refuge à Reynosa, n’est pas étonnée de cette augmentation. Le 22 juin, le refuge des religieuses, d’une capacité de 170 personnes, est plein. « La plupart des migrants que l’on reçoit ont été kidnappés à leur arrivée à Reynosa. J’ai appris à reconnaître dans leur regard ceux qui ont subi de la violence », explique cette religieuse en nous conduisant auprès d’une famille équatorienne de sept personnes, arrivée récemment au refuge, après un kidnapping de plusieurs semaines.« On est tous partis d’Equateur à cause de la violence que connaît notre pays. Aucun proche sur place ne pouvait envoyer de l’argent en échange de notre libération. Ils se sont vengés sur nos garçons », explique la mère (sans donner son nom) en pleurant. Selon MSF, dans 10 % des cas, la violence sexuelle est commise sur les hommes.
    Les autorités mexicaines nient ces violences sexuelles et les kidnappings, d’autant plus que les victimes ne déposent jamais plainte contre leurs ravisseurs, par peur des représailles.
    Pourtant, les organisations d’aide aux migrants ont alerté à de multiples reprises sur ce fléau qui se produit la plupart du temps dans les autobus ou les gares routières. « Le Mexique pourrait tout à fait mettre en place des corridors sécurisés pour le voyage des migrants, une fois que leurs demandes d’asile ont été acceptées par les Etats-Unis. Ce ne serait pas très compliqué ni coûteux et cela pourrait vraiment éviter bien des violences », souligne Eunice Rendon, coordinatrice de l’ONG Agenda Migrante.
    les agents de la police migratoire qui contrôlent les autobus dans lesquels voyagent les migrants ont plutôt pour pratique de les renvoyer plus au sud du Mexique, comme l’exigent les Etats-Unis, ce qui fait courir toujours plus de risques aux migrants en les obligeant à refaire le voyage. « Il faudrait que les autorités américaines comprennent que leur permettre de traverser le Mexique en sécurité n’est pas une manière d’encourager la migration, mais de sauver des vies », insiste Eunice Rendon.

    #Covid-19#migrant#migration#mexique#equeur#etatsunis#routemigratoire#violence#genre#sante#asile#transit

  • La #sardegna si contrappone alla #speculazione eolica e fotovoltaica.
    https://radioblackout.org/2024/06/la-sardegna-si-contrappone-alla-speculazione-eolica-e-fotovoltaica

    Il territorio sardo è ormai, purtroppo, conosciuto per i numerosi progetti e cantieri che lo costellano nell’ambito della produzione energetica, in particolare quella cosiddetta green, che proviene dal vento e dal sole. La narrazione europea che impone una #transizione_energetica ed ecologica non sostenibile per i territori e per chi li abita diventa qui una […]

    #L'informazione_di_Blackout #devastazione_territori #transizione_ecologica
    https://cdn.radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/06/Comitati-no-speculazione-energetica-Gallura-2024_06_20_2024.06.20

  • En Libye, Benghazi, nouveau hub de la migration clandestine vers les Etats-Unis
    https://www.lemonde.fr/afrique/article/2024/05/31/en-libye-benghazi-nouveau-hub-de-la-migration-clandestine-vers-les-etats-uni

    En Libye, Benghazi, nouveau hub de la migration clandestine vers les Etats-Unis
    Par Nissim Gasteli (Tunis, correspondance)
    Le 18 mai, peu après minuit, un Boeing 777 de la compagnie aérienne libyenne Ghadames Air décolle de l’aéroport Benina à Benghazi, la plus grande ville de l’est de la Libye, pour atterrir quatorze heures plus tard sur l’aéroport de Managua, au Nicaragua. Selon la chaîne de télévision nicaraguayenne 100 % Noticias, 367 passagers de nationalité indienne se trouvaient à son bord. Le 23 mai, une autre rotation a eu lieu à bord du même appareil avec 298 Indiens. Tous avaient l’intention de rallier ensuite les Etats-Unis.
    Plus tôt, le 28 février et le 14 mars, deux vols similaires avaient été opérés depuis la capitale libyenne, Tripoli, sans que des informations sur la nationalité des passagers soient divulguées. Contactés, ni le ministère nicaraguayen des affaires étrangères ni les autorités aéroportuaires du pays n’ont répondu aux sollicitations du Monde sur ce qui apparaît comme l’ouverture d’une nouvelle route clandestine vers la frontière américaine. Aucune confirmation officielle de ces vols inédits n’a été donnée, mais l’aéroport international Augusto C. Sandino à Managua est aujourd’hui reconnu comme un important point de transit pour les candidats à l’immigration vers les Etats-Unis. En décembre 2023, un avion avec à son bord plus de 300 Indiens avait déjà été immobilisé à l’aéroport de Paris-Vatry (Marne) pour « soupçons de traite d’êtres humains » alors qu’il effectuait une escale technique entre Dubaï et la capitale nicaraguayenne.
    Depuis 2021, « le Nicaragua a ouvert ses frontières aux ressortissants de pays politiquement difficiles, leur permettant de venir sans visa », moyennant un paiement à l’arrivée, explique Manuel Orozco, expert en migration au sein du Dialogue interaméricain, un centre de réflexion basé à Washington. Selon les données qu’il a collectées, 1 145 vols charters ont atterri à Managua depuis mai 2023, provenant principalement d’Amérique latine, mais aussi de Casablanca, au Maroc, et récemment de Benghazi.
    Le régime de Daniel Ortega, président « anti-impérialiste » du Nicaragua, tire profit de ces arrivées d’un point de vue à la fois politique – en accroissant les problèmes à la frontière entre le Mexique et les Etats-Unis, qui ont placé Managua sous sanctions depuis 2021 – et économique. M. Orozco estime à environ 30 millions de dollars les recettes générées par les pénalités de visa que Managua impose aux migrants clandestins, sans compter tous les revenus liés à leur transit dans le pays (transport, hébergement…).
    Avec cette nouvelle route, le Nicaragua opère une jonction avec la Libye, l’un des principaux points de passage de la migration africaine vers l’Europe. Cette filière a émergé comme une alternative aux routes passant par la Turquie, verrouillées à partir de 2016 et la signature d’un accord entre Bruxelles et Ankara. Les exilés venus d’Asie, qui arrivent majoritairement par voie aérienne, se sont reportés sur les aéroports libyens, devenus des hubs pour les réseaux de passeurs.La compagnie syrienne Cham Wings, célèbre pour ses activités illicites comme le trafic de mercenaires, de stupéfiants et d’armes, qui lui ont valu d’être sanctionnée par l’Union européenne (UE), a ajouté le transport de migrants à ses spécialités. Elle vend aux candidats à l’exil un package à 1 200 dollars (environ 1 110 euros), selon une enquête du site d’information Al-Araby Al-Jadid, qui comprend le vol depuis Damas ou Beyrouth et l’autorisation de sécurité, document indispensable pour entrer dans les zones contrôlées par le gouvernement de l’Est libyen. Cham Wings Airlines propose aussi des connexions depuis les pays du Golfe.
    Quelques heures avant le décollage du vol du 18 mai pour Managua, un appareil de Cham Wings, un Airbus A320 d’une capacité de 150 à 180 passagers, s’est posé à l’aéroport de Benina en provenance de Damas. Il avait précédemment opéré un vol entre les Emirats arabes unis et l’Amérique centrale. Les mêmes mouvements se sont répétés le 23 mai. En février et en mars, avant de s’envoler pour le Nicaragua, le Boeing 777 de Ghadames Air a réalisé deux allers-retours vers l’aéroport de Tachkent, en Ouzbékistan. Acquis fin 2023, cet appareil d’une capacité de 400 passagers n’a été utilisé qu’à ces occasions, d’après les sites de suivi du transport aérien.
    « Emmener des migrants depuis l’Ouzbékistan ou encore l’Inde et leur promettre qu’ils vont arriver dans le sud des Etats-Unis, en traversant plusieurs pays et continents de manière irrégulière, ne peut se faire que grâce à des réseaux criminels transnationaux et la complicité de certains Etats », analyse Jalel Harchaoui, chercheur associé au Royal United Services Institute for Defence and Security Studies. L’utilisation de l’aéroport de Benghazi pour de tels vols se fait, sans aucun doute, avec l’assentiment du maréchal Khalifa Haftar, l’homme fort de l’est de la Libye. L’Armée nationale libyenne (ANL) qu’il commande assure la sécurité des lieux et garde un œil sur les arrivées et départs de passagers, comme a pu le constater Le Monde en septembre.
    Outre ses activités civiles, cet aéroport international sert de base pour l’ANL de M. Haftar, qui est accusé depuis plusieurs mois de favoriser la migration vers l’Europe, tant pour des raisons économiques que comme levier de négociations avec l’UE. « Les dirigeants européens sont d’autant plus prêts à venir honorer et, de fait, reconnaître le clan Haftar que le nord de la Cyrénaïque est devenu une plaque tournante de la migration », relève M. Harchaoui.
    Mais, en laissant transiter des migrants vers l’Amérique, M. Haftar prend le risque de compliquer davantage ses relations avec les Etats-Unis. Washington s’inquiète déjà de la présence croissante de la Russie et de son Africa Corps – le nouveau label des milices du Groupe Wagner – dans les zones contrôlées par l’ANL. Au cours des derniers mois, l’envoi de matériel par Moscou, via le port syrien de Tartous, s’est multiplié. Début mai, un porte-parole du département d’Etat expliquait au Monde être « préoccupé par les activités de Wagner soutenues par la Russie sur le continent, qui alimentent les conflits et favorisent la migration irrégulière ».
    Dans le contexte de la campagne électorale aux Etats-Unis, en vue de la présidentielle de novembre, la question migratoire est devenue un sujet de crispation. Ces vols « vont faire réagir » à Washington, prédit Jalel Harchaoui. L’administration américaine a en effet multiplié les actions pour combattre les arrivées de migrants du monde entier à sa frontière sud. Elle a notamment sollicité de la part des pays de transit l’imposition de visas aux ressortissants de pays identifiés comme pourvoyeurs de migrants et déployé un arsenal de pressions et de sanctions contre les compagnies aériennes et les prestataires de services qui facilitent les vols charters. « Je pense que la Libye était le point de départ cette fois-ci, tout comme le Maroc avant… C’est une façon de provoquer les Etats-Unis et de voir jusqu’à quel point ils tolèrent le Nicaragua », conclut Manuel Orozco.

    #Covid-19#migrant#migration#libye#etatsunis#nicaragua#migrationirreguliere#ouzbekistan#inde#turquie#routemigratoire#visas#transit#sante#maroc

  • Les voitures électroniques qui vont sauver votre planète
    https://carfree.fr/index.php/2024/05/14/les-voitures-electroniques-qui-vont-sauver-votre-planete

    La #voiture_électrique chinoise sera-t-elle le coup de grâce porté à l’automobile, ou du moins à l’industrie automobile européenne ? Il semble qu’une vague gigantesque de voitures électriques chinoises s’apprête à Lire la suite...

    #Fin_de_l'automobile #chine #consommation #société #transition

  • Être commerçant autrement pour transformer le système alimentaire
    https://metropolitiques.eu/Etre-commercant-autrement-pour-transformer-le-systeme-alimentaire.ht

    Les intermédiaires de la #distribution peuvent-ils contribuer à la transformation du #système_alimentaire ? À partir d’une enquête auprès de primeurs parisiens, Natacha Rollinde donne à voir le renouvellement des pratiques d’approvisionnement et la redéfinition du métier de commerçant qui l’accompagne. Alors que la transformation du système alimentaire passe classiquement par le développement de circuits courts (Aubry et Chiffoleau 2009), des commerçants se présentent comme des acteurs essentiels de la #Terrains

    / distribution, #commerce, #approvisionnement, #Paris, #alimentation, système alimentaire, transition (...)

    #transition_écologique
    https://metropolitiques.eu/IMG/pdf/met_rollinde.pdf

  • Les ports de Belgique débordent de voitures électriques chinoises : « On en a désormais qui stationnent ici pendant un an, un an et demi parfois »
    https://www.lemonde.fr/economie/article/2024/04/26/les-ports-de-belgique-debordent-de-voitures-electriques-chinoises-on-en-a-de
    Et aussi, le même jour, un autre article :
    « Victime de surcapacité, l’industrie chinoise du photovoltaïque licencie »
    https://www.radiofrance.fr/franceculture/podcasts/le-reportage-de-la-redaction/le-photovoltaique-chinois-la-fin-du-succes-1072970

  • Le cumul des énergies
    https://laviedesidees.fr/Fressoz-Sans-transition

    L’historien J.B. Fressoz fournit la première enquête généalogique de la notion de #transition énergétique. Face aux discours qui remettent la « transition » toujours à plus tard, l’historien relève le défi politique inédit d’une sortie définitive des énergies fossiles.

    #Histoire #énergie #Sciences #changement_climatique
    https://laviedesidees.fr/IMG/pdf/20240422_fressoz.pdf

  • Des #mines pour sauver la planète ?

    Pour réaliser la #transition_énergétique, il faudrait extraire en vingt ans autant de métaux qu’au cours de toute l’histoire de l’humanité. C’est « l’un des grands #paradoxes de notre temps », constate #Celia_Izoard.

    Journaliste, traductrice et philosophe, Celia Izoard examine depuis plusieurs années les impacts sociaux et écologiques du développement des nouvelles technologies. Ce nouvel ouvrage s’intègre dans cette veine en explorant les effets délétères de la transition énergétique et numérique.

    La #transition verte nécessite d’extraire du #sous-sol des quantités colossales de #métaux. Ils seront ensuite destinés à la production des énergies bas carbone qui sauveront la planète. Cette course aux métaux supposée sauver la planète du dérèglement climatique n’aggrave-t-elle pas le chaos écologique, les dégâts environnementaux et les inégalités sociales ?

    Celia Izoard mène une vaste enquête sur ce phénomène mondial, inédit et invisible. Si d’autres ouvrages ont également mis en avant l’insoutenabilité physique d’une telle transition, la force de ce livre est d’élaborer un panorama de cette question grâce à des enquêtes de terrain et une analyse fournie sur les aspects culturels, politiques, économiques et sociaux des mines et des métaux.

    Le #mythe de la #mine_verte

    Au début du livre, Celia Izoard part à la recherche des mines du XXIe siècle, « responsables », « relocalisées », « 4.0 », ou encore « décarbonées, digitales et automatisées ». Par un argumentaire détaillé et une plongée dans des mines en #Espagne ou au #Maroc, l’autrice démontre que derrière ce discours promu par les institutions internationales, les dirigeants politiques et les milieux d’affaires se cache un autre visage. Celui de la mine prédatrice, énergivore et destructrice. Celui qui dévore l’habitat terrestre et le vivant.

    De façon locale, le processus de « radicalisation » de la mine industrielle est détaillé par le prisme de ses ravages sociaux. La mine est avant tout « une gigantesque machine de #déracinement » (p. 54), qui vide des espaces en expropriant les derniers peuples de la planète. En outre, la mine contemporaine expose les populations à diverses maladies et à l’intoxication. Dans la mine de #Bou-Azzer au Maroc, on extrait du « #cobalt_responsable » pour les #voitures_électriques ; mineurs et riverains souffrent de cancers et de maladies neurologiques et cardiovasculaires.

    L’ampleur globale de la #prédation du #secteur_minier au XXIe siècle est aussi esquissée à travers la production grandissante de #déchets et de #pollutions. Le secteur minier est l’industrie la plus polluante au monde. Par exemple, une mine industrielle de #cuivre produit 99,6% de déchets. Stockés à proximité des #fosses_minières, les stériles, de gigantesques volumes de roches extraits, génèrent des dégagements sulfurés qui drainent les #métaux_lourds contenus dans les roches et les font migrer vers les cours d’#eau. Les tuyaux des usines crachent en permanence les #résidus_toxiques qui peuvent, en fonction du #minerai traité, se composer de #cyanure, #acides, #hydrocarbures, #soude, ou des #poisons connus comme le #plomb, l’#arsenic, le #mercure, etc. Enfin, les #mines_zéro_carbone sont des #chimères car elles sont toutes très énergivores. La quantité nécessaire pour extraire, broyer, traiter et raffiner les métaux représentent environ 8 à 10% de l’#énergie totale consommée dans le monde, faisant de l’#industrie_minière un principal responsable du dérèglement climatique.

    La face sombre de la transition énergétique

    Dans la seconde partie, Celia Izoard montre que les élites sont « en train d’enfouir la crise climatique et énergétique au fond des mines » (p. 62). Cet impératif d’extraire des métaux pour la transition coïncide avec le retour de la question des #matières_premières sur la scène publique, dans un contexte où les puissances occidentales ont perdu leur hégémonie face à la Chine et la Russie.

    Depuis quand la transition implique-t-elle une relance minière et donc le passage des #énergies_fossiles aux métaux ? Cet argument se diffuse clairement à la suite de la publication d’un rapport de la Banque mondiale en 2017. En collaboration avec le plus gros lobby minier du monde (l’ICMM, International Council on Mining and Metals), le rapport stipule que l’industrie minière est appelée à jouer un rôle majeur dans la lutte contre le changement climatique – en fournissant des technologies bas carbones. #Batteries électriques, rotors d’éoliennes, électrolyseurs, cellules photovoltaïques, câbles pour la vague d’électrification mondiale, toutes ces infrastructures et technologies requièrent néanmoins des quantités faramineuses de métaux. La transition énergétique des sociétés nécessiterait d’avoir recours à de nombreux métaux de base (cuivre, #nickel, #chrome ou #zinc) mais aussi de #métaux_rares (#lithium, #cobalt, #lanthanide). L’#électrification du parc automobile français exige toute la production annuelle de cobalt dans le monde et deux fois plus que la production annuelle de lithium.

    Au XXIe siècle, la matière se rappelle donc brusquement aux puissances occidentales alors qu’elles s’en rêvaient affranchies dans les années 1980. Pourtant, les sociétés occidentales n’avaient évidemment jamais cessé de se fournir en matières premières en s’approvisionnant dans les mines et les industries délocalisées des pays du Sud. Ce processus de déplacement avait d’ailleurs contribué à rendre invisible la mine et ses pollutions du paysage et de l’imaginaire collectif.

    Sous l’étendard de la transition qui permet d’anticiper les contestations environnementales et de faire adhérer les populations à cette inédite course mondiale aux métaux se cache le projet d’une poursuite de la croissance et des modes de vie aux besoins énergétiques et métalliques démesurés. Cette nouvelle légende de l’Occident capitaliste justifie une extraction de métaux qui seront également destinés aux entreprises européennes du numérique, de l’automobile, l’aérospatial, l’armement, la chimie, le nucléaire et toutes les technologies de pointe.

    « Déminer le #capitalisme »

    Ce #livre explore ensuite dans une troisième partie l’histoire du capitalisme à travers celle de la mine et des métaux. Elle montre comment s’est fondé un modèle extractiviste reposant sur des idéologies : le Salut, le Progrès, le Développement – et désormais la Transition ? L’extractivisme est permis par l’élaboration et le développement d’un ensemble de croyances et d’imaginaires qui lui donnent une toute puissance. C’est ce que Celia Izoard nomme : la « #cosmologie_extractiviste » (p. 211). Accompagnée par une législation favorable et des politiques coloniales menées par l’État et la bourgeoisie, puis par l’industrialisation au XIXe siècle, cette matrice a favorisé notre dépendance à un régime minier. Aux yeux du peuple amazonien des Yanomamis, les Blancs sont des « mangeurs de terre » (p. 215).

    Comment sortir de cette vision du monde occidental structuré autour de la mine dont l’objectif est l’accumulation de capital et de puissance. La solution minière, comme technologique, à la crise climatique est un piège, affirme Celia Izoard. Le mouvement climat doit passer par la #décroissance_minérale, par un « sevrage métallique autant qu’un sevrage énergétique » (p. 291). La réduction des consommations énergétiques et matérielles est une solution réaliste. Le quotidien des occidentaux est surminéralisé à l’instar de l’objet emblématique de notre surconsommation quotidienne de métaux : le smartphone. Il contient à lui seul, sous la forme d’alliage complexe, plus de 50 métaux. Les métaux ne devraient-ils pas être réservés aux usages déterminés comme essentiels à la vie humaine ?

    Pour sortir du #régime_minier, il est d’abord urgent de rendre visible la surconsommation de métaux dans le débat public. D’une part, cela doit passer par des mesures politiques. Instaurer un bilan métaux au même titre que le bilan carbone car l’idéologie de la transition a créé une séparation illusoire entre les ressources fossiles toxiques (charbon, pétrole et gaz) et l’extraction métallique, considérée comme salutaire et indispensable. Ou encore cibler la surconsommation minérale des plus riches en distinguant émissions de luxe et émissions de subsistance, comme le propose déjà Andreas Malm. D’autre part, pour « déminer le capitalisme » (p. 281), cela devra passer par un processus de réflexions et de débats collectifs et démocratiques, de mouvements sociaux et de prises de consciences individuelles, en particulier dans les pays hyperindustrialisés dont la surconsommation de métaux est aberrante.

    Non content de contourner l’obstacle de la « transition énergétique », l’extractivisme pousse les frontières toujours plus loin, justifiant la conquête de nouveaux eldorados : le Groenland, les fonds océaniques, voire les minerais extraterrestres. Face au processus de contamination et de dégradation de la planète mené par le secteur minier et industriel, les luttes contre les projets s’intensifient. Récemment, ce sont les Collas, peuple indigène du Chili, qui s’opposent aux géants miniers. Ces derniers ont pour projet d’extraire du lithium dans le salar de Maricunga ; cela entraînera le pompage de millions de mètres cubes d’eau dans les profondeurs des déserts de sel, ces emblèmes de la cordillère des Andes. La communauté colla en sera d’autant plus affaiblie d’autant plus qu’elle souffre déjà de l’exode urbain et de l’assèchement de la région. Les éleveurs devront aussi abandonner leurs élevages et s’engager vers les immenses cités minières de la région. En outre, la transhumance, la biodiversité, une quarantaine d’espèces sauvages locales (le flamant rose chilien, les vigognes ou les guanacos, etc.), sont menacées. Appuyés par leur porte-parole Elena Rivera, ils ne comptent pas se laisser faire et ont fait un recours au Tribunal environnemental de Santiago, qui traite des nombreuses controverses écologiques dans le pays. Au XXIe siècle, les débats et luttes organisés autour de l’extraction au Chili, deuxième pays concentrant le plus de lithium sur la planète, prouvent que les pauvres et les derniers peuples de la planète sont en première ligne face aux effets délétères sous-jacents à la « transition verte ».

    https://laviedesidees.fr/Des-mines-pour-sauver-la-planete
    #changement_climatique #climat #extractivisme

  • Les #sciences_humaines et sociales face aux #verrous de la #transition | Institut de la transition environnementale de l’Alliance Sorbonne Université
    https://ite.sorbonne-universite.fr/actualites-ite/les-sciences-humaines-et-sociales-face-aux-verrous-de-la-tra

    #videos

    Mercredi 15 novembre
    Introduction
    09 :15 – 09 :45 > Introduction au #colloque
    Organisateur.e.s et Anouk Barberousse, directrice de l’ITE

    Session 1 : La transition : un verrou ?
    Modérateurs : Nelo Magalhães et Luc Elie
    09:45 - 10:15 › S1-1 : Sans transition. Une nouvelle histoire de l’énergie
    #Jean-Baptiste_Fressoz (historien, CNRS)
    10:15 - 10:45 › S1-2 : Retour sur une longue série de sémantiques socio-politiques : Forces et faiblesses de la transition écologique
    Florence Rudolf (sociologue, INSA Strasbourg)
    10:45 - 11:15 › S1-3 : La transition, une métaphore adaptée pour aller vers une société climatiquement neutre
    #Philippe_Quirion (économiste, #CNRS)
    11:15 – 12 :00 › S1-4 : Débat de la session 1

    https://vimeo.com/902875269

  • Vers une société de réparation. L’exposition The Great Repair
    https://metropolitiques.eu/Vers-une-societe-de-reparation-L-exposition-The-Great-Repair.html

    L’exposition The Great Repair, conçue à #Berlin à partir de la restauration du bâtiment qui l’accueillait, présente une diversité d’expériences qui font valoir la nécessité d’une société de #réparation. En mars 2024, le Pavillon de l’Arsenal, à Paris, en accueille une version condensée. L’un de ses concepteurs nous a accordé un entretien. Entretien réalisé par Olivier Gaudin. Pourriez-vous présenter pour commencer le lieu d’origine de l’exposition, son bâtiment et son contexte ? L’Akademie der Künste est une #Entretiens

    / #architecture, #maintenance, réparation, #transition, #urbanisme, Berlin, #patrimoine, #Allemagne, #décolonisation, sobriété, (...)

    #sobriété #enseignement
    https://metropolitiques.eu/IMG/pdf/met_entretien_florent_hertweck.pdf

  • Vers un habiter écologique en #Chine ?
    https://metropolitiques.eu/Vers-un-habiter-ecologique-en-Chine-2009.html

    Au-delà des discours officiels sur le tournant écologique de l’urbanisme en Chine, quelle est sa portée réelle dans les projets mis en œuvre et dans les #pratiques_habitantes ? Martin Minost éclaire ces enjeux au regard du quartier de Thames Town, à #Shanghai. Les préoccupations écologiques s’affichent depuis le milieu des années 2000 dans les politiques chinoises d’urbanisation. Dans la vague du concept politique de « civilisation écologique » introduit par le président Hu Jintao en 2006 et de #Terrains

    / Shanghai, Chine, #ville_nouvelle, #transition_écologique, pratiques habitantes, #cité-jardin

    https://metropolitiques.eu/IMG/pdf/met_minost.pdf

  • En Serbie, rendre invisibles les exilés

    La Serbie est le dernier pays non-membre de l’Union européenne de la route des Balkans. Traversée depuis des siècles, elle l’est aujourd’hui encore par de nombreux étrangers venus de Syrie, d’Afghanistan, de Turquie, même du Maroc… Car la Serbie reste le dernier rempart de la forteresse Europe. Ce petit pays de presque 7 millions d’habitants, entouré de huit frontières dont quatre avec l’Union européenne, applique une politique migratoire orchestrée par celle-ci.

    En effet, la Serbie demande son adhésion depuis plus de dix ans.

    Depuis le mois de décembre, après un contexte politique tendu, ce pays de transit tente de rendre invisibles les exilés, déjà soumis aux passeurs et aux lois en matière d’asile et d’immigration. En plein cœur de l’hiver, reportage entre Belgrade et la frontière croate de l’Europe.

    https://www.rfi.fr/fr/podcasts/grand-reportage/20240219-en-serbie-rendre-invisibles-les-exil%C3%A9s

    #emprisonnement #Serbie #asile #migrations #réfugiés #Belgrade #route_des_Balkans #Balkans #squat #opération_policière #peur #sécurité #insécurité #Sid #Šid #frontières #Croatie #transit #invisibilisation #Frontex #passeurs #frontières_extérieures #externalisation #visas #camps #solidarité #camps_de_réfugiés #refoulements #push-backs #migration_circulaire #game #the_game
    #audio #podcast

  • Espagne : un réseau de passeurs pour migrants sénégalais, qui transitaient par Madrid, démantelé - InfoMigrants
    https://www.infomigrants.net/fr/post/55259/espagne--un-reseau-de-passeurs-pour-migrants-senegalais-qui-transitaie

    Espagne : un réseau de passeurs pour migrants sénégalais, qui transitaient par Madrid, démantelé
    Par La rédaction Publié le : 16/02/2024
    La police espagnole a arrêté 12 passeurs membres d’un réseau international qui permettait à des Sénégalais de rejoindre des pays européens, dont la France. Tous transitaient par l’aéroport de Madrid, s’y déclarant demandeurs d’asile - un procédé utilisé par de nombreux exilés - avant d’être conduits en voiture vers leurs destinations, moyennant une somme d’argent. Douze passeurs faisant partie d’un même groupe mafieux - qui trafiquaient autour de migrants sénégalais - ont été arrêtés en Espagne. Les enquêteurs ont « démantelé un réseau international », s’est félicitée la police espagnole dans un communiqué paru jeudi 15 février.
    Près de 200 Sénégalais auraient réussi à entrer en Europe via ce réseau, d’après les autorités. Ces personnes se sont dirigées vers « la France, l’Allemagne et la Belgique », le tout en « se faisant passer pour des mineurs afin de demander l’asile », détaille encore le communiqué de la police espagnole. Le circuit était bien huilé. D’abord, tous les départs se faisaient depuis la ville marocaine de Casablanca. Les Sénégalais y achetaient un billet d’avion « à destination de différents pays d’Amérique du sud », qui ne réclament pas de visa... Avec escale à Madrid. Tous ces exilés transitaient donc par l’aéroport de Madrid-Barajas. Au moment de cette escale dans la capitale espagnole, les Sénégalais y demandaient l’asile. Durant le vol entre le Maroc et l’Espagne, ils « déchiraient leur passeport » afin de prétendre « être mineurs ou originaires de pays en conflit comme le Mali ou l’Éthiopie » pour demander l’asile, toujours selon la police.
    Il étaient alors envoyés vers des centres dédiés dans la capitale, avec une liberté de mouvement. Des véhicules venaient ensuite les récupérer pour les transporter vers les différents pays européens.
    Les 12 passeurs de ce réseau ont été arrêtés à Madrid même, mais aussi à Alcoy, dans le sud-est de l’Espagne. Tous étaient de nationalité sénégalaise, à l’exception d’une ressortissante espagnole. Parmi les interpellés se trouvaient « le chef au niveau européen » de ce réseau, a précisé une porte-parole de la police à l’AFP.
    Ces dernières semaines, les arrivées de personnes exilées demandant l’asile lors de leur escale à Madrid débordent les infrastructures de l’aéroport. Fin janvier, plus de 600 migrants, marocains et sénégalais notamment, s’y trouvaient en attente de l’examen de leur demande d’asile « dans des conditions insalubres », dénonçait alors l’ONG Commission espagnole d’aide aux réfugiés (CEAR). Le 30 janvier, une salle d’accueil supplémentaire de 500 m2 avait été ouverte pour faire face aux nouvelles arrivées. Nombre de ces exilés coincés dans l’aéroport avaient des billets à destination de l’Amérique du Sud avec escale, tout comme le procédé utilisé par ce réseau de passeurs tout juste démantelé. Les jeunes migrants non accompagnés utilisent également ce levier. Entre le 1er et le 17 janvier 2024, pas moins de 188 mineurs isolés ont débarqué au terminal de Madrid pour rester dans le pays, via un vol à destination de l’Amérique latine, chiffrent les autorités. Pour réagir à cette pratique, les autorités espagnoles feront entrer en vigueur, le 19 février, l’obligation pour les Sénégalais de présenter un visa de transit aéroportuaire (TAP) en escale. Une mesure qui s’appliquait déjà aux Kenyans. Les passeurs sénégalais sont souvent des hommes, plutôt jeunes, « qui ont déjà fait le voyage, qui connaissent justement les rouages et qui ont même des contacts avec d’autres passeurs se trouvant au niveau des zones de transit, et même parfois au niveau des zones d’accueil », décrit l’enseignant chercheur en sociologie Abdoulaye Ngom, de l’université sénégalaise Assane Seck de Ziguinchor, interrogé par la BBC Afrique.
    Côté français, ce lundi 12 février, un ressortissant d’origine sénégalaise a été condamné à dix mois de détention par le tribunal de Poitiers pour aide au passage entre l’Espagne et la France. L’homme transportait quatre exilés dans son véhicule lorsqu’il a été repéré, rapporte La Nouvelle République. Les quatre migrants ont été reconduits à la frontière espagnole.

    #Covid-19#migration#migrant#espagne#senegal#transit#trafic#routemigratoire#maroc#ameriquelatine#sante

  • Energy, Power and Transition. State of Power 2024

    The fossil fuel based energy system has shaped capitalism and our geopolitical order. Our 12th State of Power report unveils the corporate and financial actors that underpin this order, the dangers of an unjust energy transition, lessons for movements of resistance, and the possibilities for transformative change.

    https://www.tni.org/en/publication/energy-power-and-transition

    #transition_énergétique #énergie #énergie_fossile #rapport #tni #capitalisme #pétrole #résistance #

  • « La ruée minière au XXIe siècle » : le #mensonge de la #transition_énergétique

    La transition énergétique telle qu’elle est promue par les entreprises, les institutions et les gouvernements partout dans le monde repose sur l’extraction d’une quantité abyssale de #métaux. C’est ce paradoxe que décortique la journaliste et philosophe #Celia_Izoard dans son essai intitulé La ruée minière au XXIe siècle, qui paraît cette semaine au Québec aux Éditions de la rue Dorion.

    « Pour régler le plus important problème écologique de tous les temps, on a recours à l’industrie la plus polluante que l’on connaisse », résume l’autrice en visioconférence avec Le Devoir depuis son domicile, situé en pleine campagne dans le sud-ouest de la France.

    Cette dernière examine depuis plusieurs années les impacts sociaux et écologiques des nouvelles technologies. Elle a notamment publié un livre sur la vie des ouvriers de l’entreprise chinoise Foxconn, le plus grand fabricant de produits électroniques au monde. Ironiquement, nos outils numériques font défaut au cours de l’entrevue, si bien que nous devons poursuivre la discussion par le biais d’une bonne vieille ligne téléphonique résidentielle.

    Les métaux ont beau être de plus en plus présents dans les objets qui nous entourent, dont les multiples écrans, l’industrie minière fait très peu partie de l’imaginaire collectif actuel, explique Mme Izoard d’un ton posé et réfléchi. « Je croise tous les jours des gens qui me disent : “Ah bon, je ne savais pas que notre système reposait encore sur la #mine.” Ça me conforte dans l’idée que c’était utile de faire cette enquête. Notre système n’a jamais autant reposé sur l’#extraction_minière qu’aujourd’hui. »

    L’extraction de métaux a déjà doublé en vingt ans et elle n’est pas en voie de s’amenuiser, puisque les #énergies dites renouvelables, des #batteries pour #voitures_électriques aux panneaux solaires en passant par les éoliennes, en dépendent. Elle est susceptible d’augmenter de cinq à dix fois d’ici à 2050, selon une évaluation de l’Agence internationale de l’énergie.

    « Électrifier le parc automobile français nécessiterait toute la production annuelle de #cobalt dans le monde et deux fois plus que la production annuelle de #lithium dans le monde. Donc soit cette transition prendra beaucoup trop longtemps et ne freinera pas le réchauffement climatique, soit elle se fera dans la plus grande violence et une destruction incroyable », rapporte l’autrice.

    On bascule d’une forme d’extraction, du pétrole, à une autre, des métaux. « Cela n’a pas plus de sens que d’essayer de venir à bout de la toxicomanie remplaçant une addiction par une autre », juge-t-elle.

    Une justification officielle

    Les pouvoirs publics ne semblent pas y voir de problème. Ils font largement la promotion de cette #ruée_minière, promettant le développement de « #mines_responsables ». La #transition est la nouvelle excuse pour justifier pratiquement tous les #projets_miniers. « Une mine de cuivre est devenue miraculeusement une mine pour la transition », souligne Mme Izoard. Pourtant, le #cuivre sert à de multiples usages au-delà de l’#électrification, comme l’électronique, l’aérospatiale et l’armement.

    C’est dans ce contexte que la journaliste est partie à la recherche de mines responsables. Elle s’est documentée, elle a visité des sites d’exploitation, elle a consulté des experts de ce secteur d’activité et elle a rencontré des travailleurs, tout cela en #France, au #Maroc, au #Suriname et en #Espagne.

    Malgré les engagements publics et les certifications de plusieurs #entreprises_minières envers des pratiques durables et les droits de la personne, Celia Izoard n’a pas trouvé ce qu’elle cherchait. Au cours de cette quête, elle a publié une enquête pour le média Reporterre au sujet d’une mine marocaine mise en avant par les constructeurs automobiles #BMW et #Renault comme étant du « #cobalt_responsable ». Or, il s’est avéré que cette mine empoisonne les sols à l’#arsenic, dessèche la #nappe_phréatique et cause des maladies aux travailleurs.

    « La #mine_industrielle est un modèle qui est voué à avoir des impacts catastrophiques à moyen et long terme. Ce n’est pas parce que ces entreprises sont méchantes et malhonnêtes, mais parce qu’il y a des contraintes physiques dans cette activité. Elle nécessite énormément d’#eau et d’énergie, elle occupe beaucoup d’espace et elle déforeste. »

    #Boues_toxiques et pluies d’oies sauvages

    Dans son livre, Mme Izoard décrit de nombreux ravages et risques environnementaux qui sont matière à donner froid dans le dos. Les premières pages sont notamment consacrées au phénomène du #Berkeley_Pit, une ancienne mine de cuivre devenue un lac acide causant la mort de milliers d’oies sauvages.

    « Rappelons-nous la rupture de digue de résidus de la mine de cuivre et d’or de #Mount_Polley en 2014, lors de laquelle 17 millions de mètres cubes d’eau chargée en #métaux_toxiques ont irréversiblement contaminé de très grandes superficies et des ressources en eau d’une valeur inestimable, a-t-elle souligné au sujet de cette catastrophe canadienne. Or, des bassins de résidus de même type, il y en a 172 rien qu’en #Colombie-Britannique, et les boues toxiques qui y sont stockées représentent l’équivalent d’un million de piscines olympiques. Malheureusement, avec le chaos climatique, les risques de rupture accidentelle de ces barrages sont décuplés. » Elle considère d’ailleurs que le Canada est « au coeur de la tourmente extractiviste ».

    Les gouvernements du #Québec et du #Canada soutiennent généralement que le développement minier sur leur territoire respectera des #normes_environnementales plus strictes, en plus d’utiliser de l’énergie plus propre. Cet argument justifierait-il l’implantation de nouvelles mines ? Non, estime Mme Izoard.

    « Aucun État puissant industriellement ne relocalise sa #production_minière ni ne s’engage à cesser d’importer des métaux. Ce qui est en train de se passer, c’est que les besoins en métaux explosent dans tous les domaines et que les entreprises minières et les États se sont mis d’accord pour créer des mines partout où il est possible d’en créer. Ce n’est pas parce qu’on accepte une mine dans sa région qu’il n’y aura pas de mine pour la même substance à l’autre bout du monde. » Il est peu probable, par exemple, que des batteries produites au Québec s’affranchissent totalement des métaux importés.

    Pour une #décroissance_minérale

    Celia Izoard estime plutôt qu’une grande partie des mines du monde devraient fermer, puisqu’elles sont situées dans des zones menacées par la sécheresse. Nous n’aurions alors pas d’autre choix que de nous engager dans une désescalade de la consommation de métaux, « une remise en cause radicale de la manière dont on vit ». Selon cette vision, il faudrait contraindre l’ensemble du secteur industriel à se limiter, tout comme on lui demande de réduire ses émissions de GES. Les métaux devraient être réservés aux usages alors déterminés comme étant essentiels. Les immenses centres de données, les avions, les VUS électriques et les canettes d’aluminium sont-ils nécessaires à la vie humaine ?

    « Il faut arrêter de se laisser intimider par le #déterminisme_technologique, soit l’idée que le #progrès suit cette direction et qu’on ne peut rien changer. Ce sont des choix idéologiques et politiques très précis avec du financement public très important. Il faut cesser de penser que les technologies sont inéluctablement déployées et qu’on ne peut pas revenir en arrière. »

    https://www.ledevoir.com/lire/806617/coup-essai-mensonge-transition-energetique
    #mines #extractivisme #terres_rares #pollution