Il mondo al contrario (reboot). Note sulla politica dell’immaginario cartografico e sul libro di Vannacci
La cartografia rovesciata è stata spesso utilizzata da artiste e artisti per proporre messaggi politici, forme di attivismo e di pensiero creativo, per contribuire a destabilizzare le nostre convinzioni e il nostro subconscio politico
Il libro di Roberto Vannacci cui si fa riferimento nel titolo è una raccolta di idee, posizioni, commenti e aneddoti che tratteggiano i molteplici modi attraverso i quali – si sostiene – la società sta sovvertendo i presupposti logici comuni. Le idee dell’autore, chiaramente collocabili nell’area politica dell’estrema destra, si sviluppano attraverso dodici capitoli tematici in cui si parla di argomenti assai disparati, dalla sostenibilità all’idea di patria, dalla diversità sessuale all’autodifesa, dalle tasse all’animalismo. Si è già scritto molto al riguardo: ogni singolo capitolo potrebbe essere oggetto di una decostruzione critica e rappresenta l’antitesi (o il contrario, per rimandare ancora una volta al titolo) delle posizioni oggi dominanti nelle scienze sociali: la lotta all’essenzialismo, all’antropocentrismo, al patriarcato, al pensiero binario e a quello coloniale, per citare alcuni temi cari alla geografia umana. I legami fra questo libro e la disciplina che pratico nelle aule universitarie – la geografia– sono peraltro numerosi, a partire dalla considerazione di come l’autore, al momento della pubblicazione del libro, fosse alla guida dell’Istituto Geografico Militare. In più, il libro affronta una gran quantità di tematiche squisitamente geografiche, come il rapporto fra uomo (sic) e natura (spesso indicata con sinonimi e varianti come Natura, Madre Natura e addirittura Creato, in un momento in cui il dibattito scientifico preferisce spesso l’uso della stessa parola nature, al plurale). C’è poi un capitolo esplicitamente dedicato alla crisi della città, in cui l’attenzione si concentra sul tema della mobilità e sull’importanza delle automobili, ma in cui si toccano anche questioni sociali come la gentrification, senza usare esplicitamente il termine. L’autore evidenzia infatti come il sistema di divieti, proibizioni e provvedimenti illiberali (che per esempio limitano l’utilizzo dell’automobile) voluto da vari movimenti politici e da amministrazioni locali produca città sempre più esclusive destinate a “single privilegiati”, ma invivibili “per famiglie con prole”.
Un aspetto geografico del libro su cui vorrei soffermare l’attenzione è però l’utilizzo, fin dal titolo, di una metafora geografica: quella del mondo rovesciato, al contrario. Non si tratta certo del primo caso di metafora planetaria, e anzi esiste una nutrita schiera di prestigiosi lavori in questo senso: è possibile citare il mondo liquido e quello fluido, o l’idea assai criticata del mondo piatto, caratterizzato dalla riduzione delle distanze e dei confini nei fenomeni economici. Il mondo al contrario, ci spiega l’autore, è quello in cui sono rovesciati i principi del senso comune, della logica, della razionalità. Una delle parole maggiormente ricorrenti nel testo è “normalità”, intesa come il solido terreno comune che fornisce le coordinate per orientarsi in un mondo sempre più complesso e frastagliato, proprio come il mondo liquido discusso anni fa dal sociologo e filosofo Zygmunt Bauman. I colpevoli di questo ribaltamento sarebbero “esigue e sparute minoranze”, comprese quelle intellettuali, che il mondo “lo preferiscono a testa in giù”. Il concetto di normalità assunto nel testo è assai problematico, perché inevitabilmente legato a una concezione quantitativa: è “normale” ciò che riguarda una maggioranza di persone (all’interno di una determinata area, qui assunta come l’Italia, perché chiaramente ciò che è statisticamente normale qui non lo sarà altrove) e una sufficiente quantità di tempo (secoli? Millenni? Davvero la tradizione è una virtù che legittima pratiche e posizioni politiche?). Vorrei però concentrare l’attenzione sulla metafora stessa, e cioè sull’immagine fisica del mondo al contrario. Su alcuni siti e testate è stata presentata l’immagine di una cartografia capovolta rispetto a quella tradizionale, con l’Africa in alto e con l’Europa nella parte inferiore, come nell’immagine qui riprodotta, estratta dal sito democraticgeography.
Simili mappe, disponibili in molte varianti, sono spesso chiamate South-up, o upside-down, cioè letteralmente “al contrario”. Si tratta di mappe curiose, ma per nulla strampalate o prive di senso. La Terra è un oggetto in movimento nello spazio, e non esiste un sistema di coordinate assoluto, se non quello creato dalle nostre convenzioni. La tradizione di porre l’Europa al centro della mappa e il Nord in posizione superiore è puramente convenzionale, non è sempre stato così, e in molte parti del mondo si utilizzano (o si utilizzavano) sistemi assai differenti, per esempio posizionando la Cina al centro. Anche senza andare distanti dall’Europa, la tradizione cristiana usava sancire la sacralità della rappresentazione del mondo unendo simbolismi religiosi, come nelle mappe dette T-O, in cui la disposizione dei continenti allora conosciuti richiamava la forma della croce cristiana, con l’Asia (più estesa) posta nella parte superiore della figura. Lo schema cartografico riproduceva il mito dell’assegnazione dei continenti ai tre figli Noe: Sem, Cam e Jafet, ognuno dei quali capostipite delle popolazioni di un’area geografica. L’esempio qui sotto, estratto da un libro medievale, è uno dei molti possibili.
La cartografia rovesciata è stata spesso utilizzata da artiste e artisti per proporre messaggi politici, forme di attivismo e di pensiero creativo, per contribuire a destabilizzare le nostre convinzioni e il nostro subconscio politico. È stata spesso utilizzata dai movimenti anticolonialisti. Come sottolineato da un’ampia letteratura della psicologia ambientale, siamo infatti abituati ad attribuire una posizione di superiorità a ciò che sta in alto, come ben rappresentata nelle consuetudini del nostro linguaggio (“mi sento giù”). Sovvertire il sistema di coordinate è una strategia, come molte altre, per mettere in discussione saggezze consolidate, cercare nuovi punti di riferimento, sperimentare altri modi di essere e di posizionarsi al mondo, creare nuovi discorsi. Cosa si prova a guardare l’immagine dello stivale al contrario? Vedere Roma in quella posizione, sopra Milano? Siamo davvero sicuri che si tratti solo di un gioco inutile? Forse c’è qualcosa di estremamente vitale, critico e creativo nell’immagine del mondo al contrario.
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Il y a même une entrée wiki:
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