• La “geografia” della speculazione che fa il prezzo dei beni agricoli

    La guerra tra Ucraina e Russia non incide sul prezzo dei cereali, che dipende piuttosto dalla strategia dei grandi fondi che possiedono le aziende produttrici, controllano le Borse merci di tutto e scommettono sui rialzi

    Il prezzo dei cereali e in generale dei beni agricoli non dipende certo dal blocco del Mar Nero, come molto spesso si racconta, e neppure da altre circostanze troppo specifiche. La produzione mondiale di cereali, secondo le stime dell’Agenzia delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao), si avvicina ai tremila milioni di tonnellate, di cui i cereali ucraini rappresentano poco più del 2%. Un’inezia rispetto al totale. Inoltre il grano ucraino si dirige in gran parte verso i Paesi limitrofi che hanno a più riprese minacciato e adottato misure protezionistiche, per evitare la concorrenza nei confronti dei propri grani. Alla luce di ciò i cereali del Mar Nero non sono certo in grado di determinare la fame in Africa né l’aumento dei prezzi.

    Considerazioni analoghe sono possibili per la produzione di patate e legumi che è, in media, vicina ai 500 milioni di tonnellate annue; considerata una popolazione mondiale di quasi otto miliardi, ciò significherebbe una disponibilità di 150 grammi per persona al giorno. Aggiungendo ai cereali, alle patate e ai legumi la produzione di tutto ciò che serve per realizzare pasti completi, tra cui sale, zucchero e semi oleaginosi, si arriva a una dotazione alimentare pro-capite di 1,5 chilogrammi al giorno. Appare chiaro allora che i prezzi non salgono perché esiste una condizione di carenza di offerta alimentare globale.

    Le difficoltà di approvvigionamento di vaste parti della popolazione del Pianeta dipendono invece da altro: dalla distribuzione profondamente diseguale delle produzioni complessive, dalla natura delle diete adottate, rispetto alle quali la carne sottrae un’enorme quantità di risorse, dalle dinamiche del commercio internazionale e soprattutto dalle modalità di determinazione dei prezzi.

    A tale riguardo occorre porsi una domanda ineludibile: da che cosa dipendono le periodiche impennate di prezzo dei generi agricoli che causano poi drammatiche crisi alimentari? Per rispondere a un simile quesito, bisogna in sintesi descrivere proprio come si formano tali prezzi. La loro determinazione avviene nelle grandi Borse merci del Pianeta, in particolare in quelle di Chicago, Parigi e Mumbai. Un primo elemento da tenere ben presente è a chi appartengono queste Borse; non si tratta infatti -a partire dal Chicago mercantile exchange (Cme)- di istituzioni “pubbliche”, ma di realtà private i cui principali azionisti sono i più grandi fondi finanziari globali. Nel caso di Chicago, i pacchetti più rilevanti sono in mano a Vanguard, BlackRock, JP Morgan, State Street Corporation e Capital International Investors.

    A questo dato se ne aggiunge un altro fondamentale. Soprattutto nelle Borse di Chicago e di Parigi la stragrande maggioranza degli operatori non è costituita da soggetti che producono e comprano realmente il grano, ma da grandi fondi finanziari e da quelli specializzati nel settore agricolo che, senza aver alcun contratto di compravendita dei beni, scommettono sull’andamento dei prezzi. In altre parole: per ogni contratto reale nelle Borse merci, i fondi finanziari operano centinaia di migliaia di scommesse che sono in grado di determinare poi i prezzi reali. Se le aspettative sono orientate all’aumento dei prezzi, scommettono al rialzo e trascinano così i prezzi a livelli insostenibili per intere popolazioni.

    All’origine dell’inflazione alimentare e della fame, si pongono quindi gli strumenti finanziari che sono prodotti dai fondi. Se prendiamo in esame chi sono questi “scommettitori”, troviamo di nuovo gli stessi soggetti (a partire da Vanguard e BlackRock) che sono, come appena ricordato, i “proprietari” delle Borse stesse. In estrema sintesi: pochissimi fondi sono azionisti del luogo dello scambio e sono i principali player di prezzo, pur non avendo nulla a che fare con la produzione e il commercio reali dei beni agricoli scambiati. Tuttavia, la finanziarizzazione di tali, vitali, processi di determinazione dei prezzi di beni essenziali per la sopravvivenza di intere comunità presenta un ulteriore elemento sconcertante.

    Come detto, nelle Borse, a fronte di tanti fondi finanziari, ci sono pochi produttori. Ma chi sono questi ultimi? Nel caso dei cereali si tratta di quattro grandi società: Archer-Daniels Midland, Bunge, Cargill e Dreyfus. Le prime due in particolare sono possedute dai grandi fondi, Vanguard, BlackRock e State Street, che sono, appunto, i medesimi operatori finanziari nelle Borse merci di Parigi e Chicago. L’intera dinamica della formazione dei prezzi agricoli, su cui incidono molto poco le retribuzioni del lavoro contadino, strutturalmente molto basse, risulta pertanto nelle mani di colossi finanziari che controllano Borse, scommesse e produzione: un gigantesco monopolio mondiale rispetto al quale ogni altra variabile, persino quella dell’offerta complessiva di beni agricoli, appare decisamente secondaria.

    È superfluo dire che con l’inflazione “impazzita” le sole società di produzione dei beni agricoli hanno distribuito oltre 30 miliardi di dollari di dividendi in meno di due anni, destinati in larga parte ai fondi finanziari che le possiedono e che hanno sommato quei miliardi ai profitti giganteschi maturati dalla finanza delle scommesse. La narrazione costruita sulle chiusure del Mar Nero c’entra davvero poco mentre sarebbe utile ricordare quanto sostenuto a più riprese dalla Fao, secondo cui per ogni punto percentuale di aumento dei prezzi dei beni agricoli si generano dieci milioni di nuovi affamati.

    https://altreconomia.it/la-geografia-della-speculazione-che-fa-il-prezzo-dei-beni-agricoli
    #spéculation #alimentation #biens_agricoles #prix #céréales #Ukraine #blé #alimentation #pénurie #viande #commerce_international #bourses #Chicago_mercantile_exchange (#Cme) #fonds_financiers #inflation #famine #faim #Vanguard #BlackRock #financiarisation #Archer-Daniels_Midland #Bunge #Cargill #Dreyfus #prix_agricoles #dividendes #Mer_Noire

  • New Study Shows Impacts of Cutting Meat and Dairy Consumption in Half – Mother Jones
    https://www.motherjones.com/environment/2023/09/meat-dairy-consumption-farming-livestock-climate-emissions

    Cows are often described as climate change criminals because of how much planet-warming methane they burp. But there’s another problem with livestock farming that’s even worse for the climate and easier to overlook: To feed the world’s growing appetite for meat, corporations and ranchers are chopping down more forests and trampling more carbon-sequestering grasslands to make room for pastures and fields of hay. Ruminants, like cattle, sheep, and goats, need space to graze, and animal feed needs space to grow. The greenhouse gases unleashed by this deforestation and land degradation mean food systems account for one-third of the world’s human-generated climate #pollution.

    #climat #viande #lait #CO2

    Source:
    Feeding climate and biodiversity goals with novel plant-based meat and milk alternatives | Nature Communications
    https://www.nature.com/articles/s41467-023-40899-2

  • Emmanuel Macron recevra les différents partis politiques mercredi 30 août à la Maison d’éducation de la Légion d’honneur, à Saint-Denis en Seine-Saint-Denis. Rassemblement prévu à partir de 14:00

  • Moins on mange, plus ils encaissent : l’inflation gave les bourgeois
    https://www.frustrationmagazine.fr/inflation-bourgeois

    C’est à n’y rien comprendre. C’est la crise, l’inflation reste très élevée, l’économie n’est ni remise du Covid ni de la guerre en Ukraine qui se poursuit. Et pourtant, les profits atteignent des records, les dividendes sont plus hauts que le ciel, et les milliardaires n’ont jamais accumulé autant de milliards. Si on n’y regarde […]

    • Moins on mange, plus ils encaissent : l’#inflation gave les bourgeois

      C’est à n’y rien comprendre. C’est la crise, l’inflation reste très élevée, l’économie n’est ni remise du Covid ni de la guerre en Ukraine qui se poursuit. Et pourtant, les profits atteignent des records, les #dividendes sont plus hauts que le ciel, et les #milliardaires n’ont jamais accumulé autant de milliards. Si on n’y regarde pas de plus près, on pourrait considérer comme paradoxale une situation qui est parfaitement logique. Pour accumuler les milliards, il faut accumuler les dividendes. Pour accumuler les dividendes, il faut accumuler les profits. Pour accumuler les profits, il faut appauvrir la population en augmentant les #prix et en baissant les #salaires réels. Ça vous parait simpliste ? Alors, regardons de plus près les chiffres.

      Selon l’INSEE, au premier trimestre de cette année, l’#excédent_brut_d’exploitation (#EBE) des entreprises de l’#industrie_agro-alimentaire (c’est-à-dire le niveau de profit que leur activité génère) a progressé de 18%, pour ainsi s’établir à 7 milliards d’euros. Les industriels se font donc de plus en plus d’argent sur le dos de leurs salariés et, plus globalement, sur celui des Français qui galèrent pour se nourrir correctement : les ventes en volume dans la #grande_distribution alimentaire ont baissé de 9% au premier trimestre 2023 par rapport à la même période l’année précédente. La #consommation en France est ainsi tombée en-dessous du niveau de 2019, alors que la population a grossi depuis de 0,3%. Selon François Geerolf, économiste à l’OFCE (Observatoire français des conjonctures économiques), cette baisse de la #consommation_alimentaire n’a aucun précédent dans les données compilées par l’Insee depuis 1980. Dans le détail, sur un an, on constate des baisses de volumes vendus de -6% l’épicerie, -3% sur la crèmerie, -1,6% pour les liquides, etc. Cela a des conséquences concrètes et inquiétantes : en avril dernier, l’IFOP montrait que presque la moitié des personnes gagnants autour du SMIC se privait d’un repas par jour en raison de l’inflation.

      Une baisse de la consommation pilotée par les industriels

      Comment les entreprises peuvent-elles se faire autant d’argent, alors que nous achetons de moins en moins leurs produits ? Tout simplement, car cette baisse de la consommation est pilotée par les industriels. Ils choisissent d’augmenter massivement leurs prix, en sachant que la majorité des gens accepteront malgré eux cette hausse, car ils considéreront qu’elle est mécaniquement liée à l’inflation ou tout simplement, car ces industriels sont en situation de quasi-monopole et imposent donc les prix qu’ils veulent (ce qu’on appelle le #pricing_power dans le jargon financier). Ils savent très bien que beaucoup de personnes n’auront par contre plus les moyens d’acheter ce qui leur est nécessaire, et donc que les volumes globaux qu’ils vont vendre seront plus bas, mais cette baisse de volume sera très largement compensée par la hausse des prix.

      Sur le premier trimestre 2023, en Europe, #Unilever et #Nestlé ont ainsi augmenté leurs prix de 10,7%, #Bonduelle de 12,7% et #Danone de 10,3 %, alors que l’inflation tout secteur confondu passait sous la barre des 7%. La quasi-totalité d’entre eux voient leurs volumes vendus chuter dans la même période. Les plus pauvres, pour lesquels la part de l’alimentaire dans la consommation est mécaniquement la plus élevée, ne peuvent plus se nourrir comme ils le souhaiteraient : la #viande et les #céréales sont particulièrement touchés par la baisse des volumes vendus. Certains foyers sautent même une partie des repas. Les #vols se multiplient, portés par le désespoir et les grandes enseignes poussent le cynisme jusqu’à placer des #antivols sur la viande et le poisson.

      Les hausse des profits expliquent 70% de la hausse des prix de l’alimentaire

      Comme nous avons déjà eu l’occasion de l’écrire, les hausses de profit des #multinationales sont déterminantes dans l’inflation que nous traversons. Même le FMI le dit : selon une étude publiée le mois dernier, au niveau mondial depuis 2022, la hausse des profits est responsable de 45 % de l’inflation. Le reste de l’inflation vient principalement des coûts de l’#énergie et des #matières_premières. Plus spécifiquement sur les produits alimentaires en France, d’après les calculs de l’institut La Boétie, « la hausse des prix de #production_alimentaire par rapport à fin 2022 s’explique à plus de 70 % par celle des profits bruts ». Et cela ne va faire qu’empirer : en ce début d’année, les prix des matières premières chutent fortement, mais les prix pratiqués par les multinationales poursuivent leur progression, l’appétit des actionnaires étant sans limites. L’autorité de la concurrence s’en inquiète : « Nous avons un certain nombre d’indices très clairs et même plus que des indices, des faits, qui montrent que la persistance de l’inflation est en partie due aux profits excessifs des entreprises qui profitent de la situation actuelle pour maintenir des prix élevés. Et ça, même la Banque centrale européenne le dit. », affirme Benoît Cœuré, président de l’Autorité de la concurrence, au Parisien.

      La stratégie des multinationales est bien rodée : augmenter massivement les prix, mais aussi bloquer les salaires, ainsi non seulement leur #chiffre_d’affaires progresse fortement, mais ils génèrent de plus en plus de profits grâce à la compression de la #masse_salariale. Les calculs sur longue période de l’Institut La Boétie donnent le vertige : « entre 2010 et 2023, le salaire brut horaire réel (c’est-à-dire corrigé de l’inflation) a baissé de 3,7 %, tandis que les profits bruts réels, eux, ont augmenté de 45,6 % ». Augmenter massivement les prix tout en maintenant les salaires au ras du sol permet d’augmenter le vol légal que les #actionnaires commettent sur les salariés : ce qu’ils produisent est vendu de plus en plus cher, et les patrons ne les payent par contre pas davantage.

      La Belgique a le plus bas taux d’inflation alors que les salaires y sont indexés

      L’une des solutions à cela est bien connue, et était en vigueur en France jusqu’en 1983 : indexer les salaires sur les prix. Aujourd’hui seul le SMIC est indexé sur l’inflation et la diffusion des hausses du SMIC sur les salaires plus élevés est quasi inexistante. Les bourgeois s’opposent à cette mesure en affirmant que cela risque de favoriser encore davantage l’inflation. Les statistiques prouvent pourtant le contraire : la Belgique est le pays affichant le plus bas taux d’inflation en avril 2023 (moins de 5% tandis qu’elle atteint 6,6% en France) alors que là-bas les salaires s’alignent automatiquement sur les prix. Il est urgent de mettre en œuvre ce genre de solutions en France. En effet, la situation devient de plus en plus intenable : la chute des #conditions_de_vies de la majorité de la population s’accélère, tandis que les bourgeois accumulent de plus en plus de richesses.

      Cela dépasse l’entendement : selon le magazine Challenges, le patrimoine professionnel des 500 plus grandes fortunes de France a progressé de 17 % en un an pour s’établir à 1 170 milliards d’euros cette année ! En 2009, c’était 194 milliards d’euros… Les 500 plus riches détiennent donc en #patrimoine_professionnel l’équivalent de presque la moitié de la #richesse créée en France par an, mesurée par le PIB. Et on ne parle ici que de la valeur des actions qu’ils détiennent, il faudrait ajouter à cela leurs placements financiers hors du marché d’actions, leurs placements immobiliers, leurs voitures, leurs œuvres d’art, etc.

      La #France au top dans le classement des gros bourges

      La fortune de #Bernard_Arnault, l’homme le plus riche du monde, est désormais équivalente à celle cumulée de près de 20 millions de Français et Françaises d’après l’ONG Oxfam. Sa fortune a augmenté de 40 milliards d’euros sur un an pour s’établir à 203 milliards d’euros. Ce type a passé sa vie à exploiter des gens, ça paye bien (à peine sorti de polytechnique, Bernard Jean Étienne avait pris la direction de l’entreprise de son papa). Au classement des plus grands bourges du monde, la France est donc toujours au top, puisque non seulement on a l’homme le plus riche, mais aussi la femme, en la personne de #Françoise_Bettencourt_Meyers (patronne de L’Oréal, 77 milliards d’euros de patrimoine professionnel). Mais il n’y a pas que le luxe de représenté dans ce classement, la grande distribution est en bonne place avec ce cher #Gérard_Mulliez (propriotaire des #Auchans notamment) qui détient 20 milliards d’euros de patrimoine ou #Emmanuel_Besnier, propriétaire de #Lactalis, le 1er groupe mondial de produits laitiers, qui émarge à 13,5 milliards.

      Les chiffres sont vertigineux, mais il ne faut pas se limiter à une posture morale se choquant de ces #inégalités sociales et appelant, au mieux, à davantage les taxer. Ces fortunes ont été bâties, et progressent de plus en plus rapidement, grâce à l’exploitation du travail. L’augmentation de valeur de leurs entreprises est due au travail des salariés, seul créateur de valeur. Tout ce qu’ils détiennent est ainsi volé légalement aux salariés. Ils doivent donc être pris pour cible des mobilisations sociales futures, non pas principalement parce qu’ils sont #riches, mais parce qu’ils sont les plus gros voleurs du monde : ils s’emparent de tout ce qui nous appartient, notre travail, notre vie, notre monde. Il est temps de récupérer ce qui nous est dû.

      https://www.frustrationmagazine.fr/inflation-bourgeois

      #profit #économie #alimentation #chiffres #statistiques

  • #Science et #nutrition : Le seul endroit au monde où l’on peut manger de la #viande_cultivée_en_laboratoire - BBC News Afrique
    https://www.bbc.com/afrique/monde-65905964

    Depuis que le premier hamburger cultivé en laboratoire a été dévoilé à Londres en 2013, une création qui a coûté pas moins de 330 000 dollars, des dizaines d’entreprises du monde entier se sont lancées dans la course à la commercialisation de viande cultivée à des prix raisonnables.

    Jusqu’à présent, seul Eat Just a réussi à faire approuver la vente de son produit au public après que les régulateurs de Singapour, le seul pays au monde à autoriser la vente de viande cultivée en laboratoire, ont donné leur feu vert à son poulet en décembre 2020.

    Mais il reste un long chemin à parcourir avant que le produit ne soit largement disponible.

    […]

    Les doutes portent non seulement sur la possibilité d’augmenter la production, mais aussi sur les qualités écologiques de l’industrie, remises en question par les scientifiques.

    En théorie, la réduction de la dépendance à l’égard des terres et du bétail pour la production de viande devrait permettre de réduire les émissions de #carbone. Mais à l’heure actuelle, la technologie nécessaire pour créer de la viande cultivée requiert une telle quantité d’#énergie qu’elle en annule tous les avantages.

    Une étude de l’Université de Californie Davis a même estimé que le processus produit 4 à 25 fois plus de dioxyde de carbone que la viande de bœuf normale [selon une étude encore en pre-print*]. Cependant, East Just qualifie l’étude de « défectueuse ».

    Lorsque la BBC a demandé à l’entreprise si le projet pouvait échouer, Josh Tetrickz, de Eat Just, a répondu : « Bien sûr ». « Produire de la viande de cette manière est nécessaire et très incertain », a-t-il déclaré.

    « Ce n’est pas simple. C’est compliqué. C’est quelque chose qui n’est pas garanti et il est possible que cela ne fonctionne pas. Mais l’autre option pour nous serait de ne rien faire. Nous avons donc décidé de prendre un pari et d’essayer ».

    De nombreux investisseurs ont décidé de faire le même pari. On estime que 2,8 milliards de dollars ont été investis depuis le début de l’année dans le développement de la viande cultivée.

    Toutefois, si les efforts visant à faire de la viande cultivée plus qu’une alternative de niche pour les riches du monde développé dépendent des investissements des entreprises privées, cela pourrait ne pas suffire.

    Les gouvernements, a souligné M. Tetrick, devront investir « un montant significatif d’argent public » dans la viande cultivée afin qu’elle puisse concurrencer la viande conventionnelle.

    « C’est comme la transition vers les énergies renouvelables.... C’est le projet d’une vie, voire de plusieurs vies », a-t-il déclaré.

    Selon Ricardo San Martin, de l’université de Berkeley, le financement public et privé des entreprises de viande cultivée se tarira si ces entreprises ne se « regardent pas dans le miroir » rapidement et ne présentent pas des prévisions réalistes aux investisseurs.

    "À moins qu’il n’y ait une voie claire vers le succès à un moment donné dans l’avenir, les investisseurs et les gouvernements ne voudront pas dépenser de l’argent pour quelque chose qui n’est pas scientifiquement prouvé.

    * Environmental impacts of cultured meat : A cradle-to-gate life cycle assessment | bioRxiv
    https://www.biorxiv.org/content/10.1101/2023.04.21.537778v1

  • La faim du steak ? - Daphné Roulier - Maman j’ai arrêté l’avion - inédit - YouTube
    https://www.youtube.com/watch?v=Wga2ZxDnY0k

    « Maman, j’ai arrêté l’avion » se penche sur notre production et notre consommation de viande. Consommation qui a doublé en Europe et quintuplé dans le monde depuis 1960. La viande est devenue un marqueur de civilisation, et même un marqueur de virilité, de vitalité et de progrès social, mais à l’heure de l’urgence climatique, le mythe du steak-frites tel que décrit par Roland Barthes a du plomb dans l’aile ... car la viande pèse lourd, très lourd même dans nos émissions de gaz à effet de serre.
    Un tiers des émissions mondiales de carbone sont liées à l’alimentation. La moitié est imputable à la seule consommation de viande.
    En quelques décennies, celle-ci a été multipliée par 5 selon la FAO.
    Un repas végétarien, c’est 14 fois moins de CO2 qu’un menu avec du boeuf. Pour 1 seul kg de boeuf, il faut 13.500 litres d’eau, soit environ 192 douches. L’Empreinte eau du boeuf par calorie est 20 X supérieure à celle des céréales et des féculents. 1kg de rumsteck = 15.000L d’eau.
    La production de viande est donc très gourmande en eau alors que pays est à sec. Qu’on le veuille ou non, il va falloir modifier notre rapport au vivant si l’on veut continuer à évoluer dans un monde vivable...

    #Vidéo #Alimentation #Viande #Consommation #Ecologie

  • La salade des cravatés Jean-François Nadeau - Le Devoir

    Les pièces de viande sont désormais placées sous haute surveillance. Attention à qui partira sans demander son reste avec un morceau sanguinolent sous le bras : aux portiques de sécurité, l’alarme se mettra à hurler. Ces chiens de garde modernes, ces renifleurs de puces électroniques, sont de plus en plus nombreux à traquer les voleurs.

    Ce n’est pas là de la science-fiction. Plusieurs supermarchés, en Europe, tentent bel et bien de pallier, par des mesures de surveillance exacerbées, les vols à l’étalage du côté de la boucherie et de la charcuterie. D’Athènes à Londres, en passant par Paris et Berlin, les cas de vol de viande sont de plus en plus nombreux https://rmc.bfmtv.com/actualites/economie/conso/les-supermarches-confrontes-a-la-hausse-des-vols-on-met-des-antivols-sur- .

    . . . . .
    Au même moment, au sein d’une des portions les plus privilégiées de la planète, des gens en sont à se demander, dans l’entre-soi de leur vie chic projetée sur papier glacé, si la calandre de la Rolls-Royce, le yacht surdimensionné et la montre en or suffiront encore pour proclamer, à la face du monde, le sentiment exacerbé de leur supériorité.

    Désormais, l’industrie du luxe constitue le fonds de commerce de quelques-unes des plus grandes fortunes du monde. Tandis que le gros de la population se fait manger la laine sur le dos, des béni-oui-oui font l’éloge du mode de vie des ultrariches en vantant, entre autres choses, « l’élégance masculine ». L’homogénéité des apparences vestimentaires, créée par la société de consommation dans l’après-guerre, est une illusion égalitariste que ce retour du chic promet de clarifier.

    Contre quoi se battent ces gens qui revendiquent, sans rire, leur droit à l’élégance, comme si le fait de porter un mouchoir de poche constituait une résistance aux vraies dérives de notre temps ? Que valent leurs déclarations d’amour à la nation, eux qui s’emploient en tout temps à cautionner les iniquités qui la mine de l’intérieur ?

    L’important, pour eux, a toujours été de manifester coûte que coûte le sentiment de leur supériorité. Qu’importe pour ces gens-là que leur élégance se confonde historiquement avec les vieux habits du capital financier. Cette élégance d’un genre bien particulier, érigée en nouvelle norme par ceux qui font fortune des excès, constitue une autre tentative pour justifier l’inégalité économique par une domination symbolique.

    Depuis ses origines, le costume de l’homme d’affaires s’impose comme celui d’êtres qui ont les moyens de chômer. Ce n’est pas un vêtement pour s’user à l’atelier, mais pour commander aux autres de le faire. Pierre Falardeau, dans Le temps des bouffons https://www.ledevoir.com/culture/cinema/563253/le-temps-des-bouffons-le-film-de-liberte-totale-de-pierre-falardeau , parlait à raison d’un « beau ramassis d’insignifiants chromés, médaillés, cravatés, vulgaires et grossiers avec leurs costumes chics et leurs bijoux de luxe ».

    Les porte-voix de l’ultra-droite mondaine s’emploient, par tous les moyens, à avaliser les inégalités sociales dans les journaux, à la télévision, à la radio. Bien assis sur leur steak, ils nous rappellent, au nom de la grandeur d’une civilisation dont ils se croient les parangons, leur droit de faire bombance, entre amis, avec quelques têtes de veau. Devant les autres, ils s’emploient à jouer les bouchers, en tranchant la langue de ceux qui osent les contester.

    Parlant de gros jambons, celui que le commun des mortels mange au Canada est-il à la veille d’être mieux contrôlé ? En France, l’Agence nationale de sécurité sanitaire des aliments a confirmé, l’été dernier, le lien entre le cancer et la consommation de nitrites dans les viandes transformées. Les sels de nitrite, les sels de nitrate ou encore les deux sont ajoutés à plusieurs viandes pour en améliorer la couleur, la texture et la saveur, de même que pour contrôler la croissance microbienne. En Europe, le taux permis, jugé désormais trop élevé, est de 150 mg par kilo de viande. L’État français demande au secteur de l’agroalimentaire de réduire de 20 à 25 % ces teneurs. Plusieurs instances recommandent une interdiction totale. Pendant ce temps, au Canada, l’usage permis de ces substances est de 200 mg/kg…https://inspection.canada.ca/controles-preventifs/produits-de-viande/nitrites/fra/1522949763138/1522949763434

    La consommation de viande à outrance constitue un trait affirmé du modèle de société néoconservateur. Nous sommes encouragés à en manger, bien que nous sachions qu’elle pose toutes sortes de problèmes, d’un bout à l’autre de la chaîne de l’alimentation. Cette consommation a conditionné des comportements troublants, tant chez ceux qui n’ont plus les moyens d’en manger et qui se retrouvent à en voler que chez ceux qui mordent la société de tous côtés, en jouant les grands fauves. Cela dresse, sans conteste, le portrait d’une société malade, condamnée à regarder même le prix de la salade grimper.

    J’ai regardé hier la première de Survivor Québec . Cette aventure en simili, télédiffusée à grand renfort de publicités, présente des gens d’ici à qui est enseigné, entre autres choses, l’art d’identifier, aux Philippines, des plantes comestibles. Très pratique pour apprendre à manger différemment ici-bas…

    Le divertissement, par définition, fait diversion. Peut-on s’empêcher de constater que celui-ci mime un modèle de société dont nous sommes déjà gavés ? Soyez à vous-même votre propre but ! Luttez les uns contre les autres ! Au diable la vie en commun ! Dans cette quête où règne le chacun pour soi, le gagnant est le dernier à survivre, au milieu d’une île en plastique, avec de l’argent qui lui sort par les oreilles. N’est-ce pas là une représentation du modèle de société dans lequel nous coulons ?

    Source : https://www.ledevoir.com/opinion/chroniques/787732/chronique-la-salade-des-cravates

    #bourgeoisie #luxe #entre-soi #viande #inflation #ultra_riches #néolibéralisme #ultra-droite #inégalités_sociales #médias #divertissement #canada #capitalisme

  • Pain de viandes à l’américaine (meatloaf)
    https://www.cuisine-libre.org/pain-de-viandes-a-l-americaine-meatloaf

    Mélangez 600 g d’aiguillette de bœuf hachée, 250 g d’épaule de veau hachée, 250 g de viande de porc hachée. Réservez à part. Faites dorer 1 gros oignon jaune haché avec 1 gousse d’ail écrasée dans l’huile d’olive. Ajoutez 1 verre de vin rouge et laissez mijoter 10 min. Émiettez deux grosses tranches de mie de pain de campagne. Ajoutez la viande, mélangez vigoureusement, jusqu’à obtention d’une pâte. Ajoutez thym et laurier, sel et poivre, puis safran, paprika, poudre de chili, curry, tabasco et #Worcestershire#Terrines, #Pain_de mie, #États-Unis, #Viande_hachée, Worcestershire / #Sans lactose, #Four

  • Porc aux pommes et baies de sorbier
    https://www.cuisine-libre.org/porc-aux-pommes-et-baies-de-sorbier

    Un dîner d’automne où l’amertume des baies de sorbier et l’acidité des pommes se marient au porc caramélisé. Mélanger les pommes et les baies avec le brandy et le miel. Si vos pommes sont trop sucrées, ajoutez un peu d’acide : jus de citron ou vinaigre de vin. Préchauffer le #Four à 200°C. Saisir le porc dans une poêle très chaude, jusqu’à ce qu’il soit légèrement doré de tous côtés. Saler et poivrer. Verser la moitié des fruits dans un plat allant au four, disposer le porc par dessus et verser le reste des… #Roti_de porc, #Viandes_rôties, #Pomme_à cuire, #Pays_baltes, #Sorbe / #Sans œuf, #Sans lactose, #Sans gluten, Four

  • #Manger_autrement : L’#expérimentation

    À #Grossenzersdorf en #Autriche, dans un champ de 4 400 mètres carrés, les chercheurs ont entrepris de cultiver la totalité de ce que mange un Européen moyen : les #céréales, les #légumes et les #fruits d’une part, de l’autre le #fourrage destiné au #bétail produisant sa consommation d’origine animale. Il est rapidement apparu que les cultures fourragères et les produits importés occupaient deux fois plus de surface que les produits végétaux et locaux. L’#expérience a ainsi démontré que nous accaparons une #surface deux fois supérieure à celle dont nous disposons, et que notre #alimentation rejette autant de #gaz_à_effet de serre que l’automobile. Comment #se_nourrir_autrement ? Trois familles ont alors essayé de réduire leur part de surface cultivable en adoptant une alimentation plus responsable, moins riche en #viande et alignée sur la production locale et saisonnière.

    https://www.youtube.com/watch?v=vlHJeAFN-38


    #film #film_documentaire #documentaire
    #alimentation #géographie #espace #élevage

  • #Bruxelles (Jette) : un bac à fleurs installé au milieu d’une piste cyclable Rédaction, image : Twitter Jef Vandenbergen
    https://bx1.be/categories/mobilite/jette-un-bac-a-fleurs-installe-au-milieu-dune-piste-cyclable/?theme=classic

    Le dispositif a été installé récemment.
    Un bac à fleurs a été installé en plein sur la piste cyclable de l’avenue de Jette. Pour éviter la chute, les cyclistes doivent dévier de la piste. Le dispositif a été installé il y a quelques jours pour empêcher les automobilistes d’éviter un ralentisseurs récemment placé sur la voirie.

    Selon Bruxelles Mobilité, il s’agit d’une situation temporaire : “Nous sommes conscients que la situation n’est pas optimale pour les cyclistes“ . Le passage est en effet plus étroit pour les deux-roues. “Le bac à fleurs ne restera pas là, mais il assurera désormais une plus grande sécurité pour les cyclistes“ , précise l’administration bruxelloise à nos confrères de Bruzz.

    https://twitter.com/nonkelvladimir/status/1573035952074903557

    #Fleurs #Piste_cyclable #vélo les #Cyclistes utilisés comme #otages #voitures #ralentisseur @carfree

    • En cinq ans, le bitcoin a coûté autant à l’environnement que la production de viande de bœuf Le temps - AGP

      Selon une étude, parue jeudi, le « coût social du carbone » émis par le minage du bitcoin correspond à 35% de sa valorisation sur le marché

      L’énergie consommée entre 2016 et 2021 pour produire des bitcoins, la plus importante des cryptomonnaies, a eu un impact social et environnemental comparable à celui de la production de viande bovine et neuf fois plus élevé que l’extraction de l’or, un concurrent non virtuel, selon une étude publiée jeudi dans la revue Scientific Reports du groupe Nature. https://www.nature.com/articles/s41598-022-18686-8

      L’article, publié s’appuie sur le concept du « coût social du carbone », une méthode qui chiffre les effets négatifs (sanitaires, économiques et environnementaux) de l’émission dans l’atmosphère d’une tonne de CO2 ou d’équivalent. Avec cette méthode, qui se répand dans l’évaluation de la lutte contre le changement climatique et ses conséquences, le coût de la tonne de CO2 est estimé entre 50 et 185 dollars selon différentes hypothèses d’experts.

      Les auteurs, en retenant un coût de 100 dollars la tonne, « estiment que chaque bitcoin produit en 2021 a généré 11 314 dollars de dommages climatiques, le total des dommages mondiaux dépassant 12 milliards de dollars » depuis 2016, soit 25% de la valeur totale du marché de cette cryptomonnaie.



      Sur la période 2016-2021, ce coût social de la production de bitcoin a représenté en moyenne 35% de la valeur de marché de la cryptomonnaie. Autrement dit, un dollar de bitcoin produit a eu un coût social de 35 centimes. Un coût comparable à celui de la production de viande bovine (33%), inférieur à celle de l’électricité générée à partir du gaz naturel (46%) et largement supérieur à l’extraction de l’or (4%).

      Davantage « pétrole brut numérique » qu’« or numérique »
      « Nos résultats suggèrent que la production de bitcoins pose de réels problèmes de durabilité » , a déclaré à l’AFP Benjamin Jones, principal auteur. « La production de bitcoins est de plus en plus néfaste pour le climat au fil du temps (en moyenne) », a-t-il souligné. L’étude relève que « les émissions énergétiques liées à l’extraction de bitcoins ont été multipliées par 126, passant de 0,9 tonne d’émissions par pièce en 2016 à 113 tonnes par pièce en 2021 » .

      Par ailleurs, « cette production est parfois « submergée », ce qui signifie que ses dommages climatiques dépassent la valeur d’un bitcoin créé », a-t-il expliqué. En effet, avant l’explosion des prix au cours de l’année 2020, « les dommages climatiques des bitcoins ont dépassé le prix des pièces vendues » pendant près de quatre mois cette année-là, atteignant « un pic à 156% du prix des pièces en mai 2020 », selon l’étude.

      « Du point de vue des dommages climatiques, le bitcoin se révèle être du « pétrole brut numérique » plutôt que « l’or numérique » vanté par ses partisans », écrivent les auteurs.

      L’Ether, deuxième cryptomonnaie derrière le bitcoin, a pour sa part effectué mi-septembre une mutation radicale de son mode de fonctionnement, censé faire baisser de 99% sa consommation d’électricité.

      Source : https://www.letemps.ch/economie/cinq-ans-bitcoin-coute-autant-lenvironnement-production-viande-boeuf

      #cryptomonnaie #carbone #bitcoins #ether #ethereum #co2 #changement_climatique #viande #électricité #climat #dommages_climatiques #blockchain #monnaie #crypto-monnaie #finance #numérique #agriculture #élevage

    • Une Brésilienne à Paris pour la Fashion Week se fait voler 3 millions d’euros de bijoux Le Figaro avec AFP - Publié le 29/09/2022
      Une Brésilienne s’est fait dérober des bijoux qu’elle estime à 3 millions d’euros alors qu’elle se rendait à la Fashion Week de Paris mardi, a appris l’AFP ce jeudi 29 septembre de sources policière et proche de l’enquête, confirmant une information du Parisien.

      La victime, une cheffe d’entreprise brésilienne, a déposé plainte au commissariat du 16e arrondissement de Paris, évaluant les biens volés à 3 millions d’euros, selon la source policière. « Le montant du préjudice n’est pas connu actuellement », a nuancé le parquet de Bobigny.

      Mardi, la cheffe d’entreprise atterrit à l’aéroport Roissy Charles de Gaulle et se rend en VTC à la Fashion Week parisienne qui a débuté la veille. Au niveau de l’intersection A1/périphérique extérieur, sur la commune de Saint-Denis, au nord de Paris, le véhicule se retrouve coincé dans les bouchons, relate la source proche de l’enquête.

      « Tout début de l’enquête »
      Deux hommes arrivent alors en scooter, cassent la vitre arrière du VTC et volent un bagage à main et une valise Louis Vuitton, sans faire de blessé, poursuit la source policière. Les suspects sont en fuite. « On en est au tout début de l’enquête », a relevé la source proche de l’enquête. Les enquêteurs cherchent notamment à savoir si la victime était ciblée ou s’il s’agit d’un vol d’opportunité.

      L’enquête a été ouverte pour « vol avec violences en réunion » et confiée à la Brigade de répression du banditisme, a indiqué le parquet de Bobigny.

      Source : https://www.lefigaro.fr/faits-divers/une-bresilienne-a-paris-pour-la-fashion-week-se-fait-voler-3-millions-d-eur

      #redistribution des #richesses #vol #France #en_vedette #réapropriation

    • Laaouej sur le parterre au milieu d’une piste cyclable : “L’incompétence de Bruxelles-Mobilité est insupportable”

      Le bourgmestre de Koekelberg a poussé un coup de gueule hier/lundi sur Twitter. https://twitter.com/AhmedLaaouej/status/1576861268581158912/photo/1 “L’incompétence de Bruxelles-Mobilité est insupportable” , a-t-il écrit, faisant référence au bac à fleurs installé en plein milieu d’une piste cyclable.

      Sur son compte, Ahmed Laaouej (PS) a publié deux photos du chantier de l’avenue de Jette, entre le rond-point Broustin et l’avenue des Gloires Nationales. On peut y voir un bac à fleurs installé en plein milieu de la piste cyclable. “Une aberration” , commente le bourgmestre, dénonçant “un chantier mal conçu et mal suivi sur une voirie régionale à Koekelberg”.

      “Et l’on attend toujours la sécurisation de la station de bus à Simonis ( 2 accidents graves en une année)” _ , a poursuivi Ahmed Laaouej, identifiant par la même occasion le compte Twitter de Bruxelles-Mobilité.

      Source : https://bx1.be/categories/news/laaouej-sur-le-parterre-au-milieu-dune-piste-cyclable-lincompetence-de-bruxelles-mobilite-est-insupportable/?theme=classic
      #bruxelles-mobilité #aberration #sécurité

  • ANDROCÈNE. QUEL EST LE GENRE DE L’ANTHROPOCÈNE ?

    Quelles sont les relations entre le capitalisme industriel, la destruction environnementale et le patriarcat ? En interrogeant le genre de l’Anthropocène – l’Androcène – , la revue Nouvelles Questions Féministes (NQF) porte la focale sur les acteurs qui sont responsables de la dégradation du vivant, ceux qui en ont le plus bénéficié et qui continuent d’innover en la matière.

    Important : NQF refuse l’essentialisme https://invidious.fdn.fr/watch?v=yF7cTZaYi0g&local=true

  • Pain de bœuf à la camarguaise
    https://www.cuisine-libre.org/pain-de-boeuf-a-la-camarguaise

    Mélangez le bœuf haché avec l’huile et poivrez. Hachez menu le lard fumé. Avec les mains, façonnez un pâté avec des couches alternées de bœuf, de lard et de filets d’anchois à l’huile. Couvrez le tout avec la barde ou avec une crépine ramollie dans de l’eau tiède. Faites cuire à #Four moyen (180°C) pendant 1h30. Cinq minutes avant la fin de la cuisson, entourez d’olives à volonté. Sortez du four et décorez d’anchois. Servez très chaud ou froid avec une… #Anchois, #Viandes_rôties, #Provence, Bœuf haché / #Sans lactose, #Sans gluten, #Sans œuf, Four

    #Bœuf_haché

  • Une partie du bétail suisse pourra de nouveau être nourri de farines animales RTS - ami
    https://www.rts.ch/info/suisse/13135293-une-partie-du-betail-suisse-pourra-de-nouveau-etre-nourri-de-farines-an

    Le Conseil des Etats a suivi lundi le Conseil national en décidant tacitement d’autoriser les farines animales pour nourrir les volailles et les porcs. Ces aliments avaient été bannis à la suite du scandale sanitaire de la vache folle au tournant du millénaire.

    L’idée n’avait déjà pas fait de vagues au Conseil national l’automne dernier. Les motions acceptées émanent du camp UDC et socialiste et relevaient que les farines animales sont à nouveau autorisées au sein de l’Union européenne.


    Les farines animales sont à nouveau autorisées dans l’agriculture et l’élevage / 19h30 / 2 min. / hier à 19:30

    L’interdiction de nourrir les animaux de rente par des protéines animales est un héritage de la crise de la « vache folle » (1986-2001), ou encéphalopathie spongiforme bovine (ESB), dont le variant Creutzfeldt-Jakob, pouvait se transmettre à l’homme. En 2001, le Conseil fédéral avait interdit les farines animales pour toutes les bêtes.

    Bovins pas concernés
    Interrogé dans Forum peu avant la décision du Conseil des Etats, Loïc Bardet, le directeur d’AGORA, l’organisation faîtière de l’agriculture romande, a expliqué que la situation actuelle a évolué depuis la crise de la « vache folle ». A ce moment-là, des bovins avaient été nourris avec des sous-produits carnés issus de leur propre espèce.

    « Ce qui est actuellement débattu au Parlement est limité aux omnivores qui sont monogastriques, les porcs et la volaille », a-t-il indiqué. « Et, surtout, on ne veut pas qu’il y ait de la nourriture interne à l’espèce. L’idée c’est de valoriser de la protéine animale, par exemple des porcs pour nourrir la volaille », a-t-il souligné. Les boeufs ne sont pas concernés par le projet, en raison du risque lié à la « vache folle ».

    Selon Loïc Bardet, l’utilisation de ces farines permettra aussi de se passer d’importations de nourriture de l’étranger, comme du soja ou des compléments alimentaires.

    « Un petit plus »
    « C’est un petit plus, mais ce n’est certainement pas déterminant pour l’ensemble de l’affouragement des porcs en Suisse », tempère dans le 19h30 Pascal Rufer, le responsable de la production animale de Prométerre, l’association vaudoise de promotion des métiers de la terre. « Les 20’000 tonnes de potentiel de ces protéines animales transformées représenteraient moins de 3% », estime-t-il.

    Également interrogé dans le 19h30, l’agriculteur vaudois Jean-Daniel Roulin est sceptique : « On a pu s’en passer pendant plus de vingt ans. Je ne vois pas pourquoi on reprendrait le risque de remettre ça dans les rations. »

    #prions #farines animales #vache_folle #encéphalopathie_spongiforme bovine #ESB #Creutzfeldt-Jakob #agriculture #élevage #alimentation #quelle_agriculture_pour_demain_ #vaches #viande #agro-industrie #Suisse #ue #union_européenne

  • « Je ne me sens pas en sécurité à l’UQAM » - Le devoir - Marco Fortier
    https://www.ledevoir.com/societe/education/700803/education-je-ne-me-sens-pas-en-securite-a-l-uqam

    Menaces, intimidation, local vandalisé : des étudiants en science politique de l’Université du Québec à Montréal (UQAM) disent être la cible d’une campagne de harcèlement de la part de militants extrémistes. Ébranlés, une demi-douzaine d’étudiants ont décidé de quitter l’UQAM pour continuer leurs études dans une ambiance plus paisible.

    Selon ce que Le Devoir _ a appris, des tensions entre une association étudiante de l’UQAM et des militants qui se qualifient de « woke » ont dégénéré au cours des derniers jours. Le local de l’Association étudiante du module de science politique (AEMSP) a été vandalisé durant la nuit de mardi à mercredi, la semaine dernière. Une enquête interne est en cours pour trouver les auteurs du saccage. La police a aussi été avisée.


    Le Bureau d’intervention et de prévention en matière de harcèlement (BIPH) de l’UQAM est aussi intervenu dans l’espoir de mettre fin à des gestes d’intimidation contre des membres de l’AEMSP.

    « Je suis stressé. J’ai peur pour mon intégrité physique et personnelle. Je n’ai plus envie de mettre les pieds à l’UQAM parce que je ne me sens plus en sécurité », dit Jérôme Dufour, qui a démissionné de son poste de coordonnateur général de l’AEMSP.

    Tout comme une demi-douzaine de ses collègues, il a décidé de quitter l’UQAM après avoir été la cible de harcèlement au cours des derniers mois. Le saccage du local de l’AEMSP, la semaine dernière, a été la goutte de trop : porte défoncée, ordinateur et imprimante jetés par terre, meubles renversés, graffitis sur les murs. « Fuck la CAQ », « fuck QS », « vive les woke », « fuck toute », « vandalisme », « ACAB » (All cops are bastards), ont notamment écrit les visiteurs non invités.


    « Je ne me sens pas en sécurité à l’UQAM ces temps-ci. La violence est banalisée dans l’institution, c’est ce que je trouve le plus préoccupant dans cette histoire », affirme Marie-Audrey Bernier, qui a démissionné elle aussi du bureau de l’AEMSP. Elle a décidé de continuer ses études dans une autre université.

    « On veut que ça bouge, ajoute-t-elle. J’aimerais que mes amis qui continuent au bac l’année prochaine n’aient plus peur de se promener dans les corridors et de se faire crier des choses. On a beau être de gauche, pour des extrémistes, on n’est jamais assez à gauche. Je vote pour QS, comme beaucoup d’étudiants à l’UQAM, mais je ne suis pas extrémiste. »

    Une minorité bruyante
    La jeune femme dit avoir constaté qu’une minorité d’étudiants qu’elle considère comme « extrémistes » font la pluie et le beau temps à l’UQAM. Avant même son engagement dans le mouvement étudiant, des signes lui avaient mis la puce à l’oreille.

    À l’été 2021, elle et ses collègues de science politique organisaient des 5 à 7 au parc Laurier. Certains membres de la communauté étudiante avaient protesté : l’alcool « n’est pas inclusif » dans les soirées étudiantes, selon eux. Marie-Audrey Bernier s’est aussi fait reprocher de faire partie « d’un groupe d’hommes blancs hétérosexuels ». Le cercle d’amis était pourtant représentatif de la diversité montréalaise, souligne l’étudiante : « juif, communiste, gauchiste, droitiste, conservateur, féministe, Colombien, Algérien, Québécois de souche, séparatiste, fédéraliste, homosexuel, queer. Bref, j’en passe. Ce qu’il y avait de magnifique, c’était l’ouverture qui nous unissait. »

    Une fois élus au bureau de l’AEMSP, à l’automne 2021, Marie-Audrey et ses collègues ont vécu d’autres difficultés. Les anciens membres du bureau ont refusé de donner les clés du local aux nouveaux élus. Des gens venaient faire le party et laissaient alcool et restes de nourriture sur place. Il a fallu changer la serrure.

    Un événement visant à célébrer la Journée internationale des droits des femmes a créé du mécontentement. Trois étudiantes sont venues invectiver Marie-Audrey Bernier, en lui reprochant d’avoir « exclu les personnes non binaires » (ce dont elle se défend). Un 5 à 7 où les femmes auraient droit à un verre gratuit a aussi provoqué un « malaise » : « On me dit que j’encourage la culture du viol, que je suis fasciste et que l’association étudiante est misogyne. Lorsqu’elles sortent du local, j’ai peur. L’angoisse reprend. »


    Une fête étudiante sur le thème hautement ironique de l’assaut du Capitole par les partisans de Trump a semé la discorde. Le bureau de l’AEMSP a eu beau préciser que l’événement se voulait sarcastique, que l’Association n’approuve aucunement les mouvements antidémocratiques et violents, une poignée d’étudiants a dénoncé le bureau comme un repaire de fascistes.

    Le lendemain, le local étudiant a été vandalisé une première fois. Par la suite, des membres de l’AEMSP disent se faire intimider et insulter à tout moment dans l’UQAM. Dans les corridors, au café étudiant, au local de l’association. Marie-Audrey Bernier, Jérôme Dufour et leurs collègues se sentent abandonnés par la direction de l’université.

    Enquêtes en cours
    Jean-Christian Pleau, vice-recteur à la vie académique de l’UQAM, assure que l’établissement prend la situation « très au sérieux ». « Pour moi, c’est une situation d’intimidation et de harcèlement entre des personnes étudiantes. Il est clair que c’est complètement à l’opposé du climat que nous souhaitons voir sur le campus et des valeurs que nous préconisons », dit-il au Devoir.

    Il affirme que la sécurité dans le secteur du local vandalisé sera renforcée à compter de mardi matin. En plus de l’enquête policière, le Service de prévention et de sécurité de l’UQAM mène son analyse. Les responsables du vandalisme risquent d’être traduits devant le comité de discipline de l’établissement. La sanction peut aller jusqu’à l’expulsion de l’UQAM.

    « Dans un passé qui n’est pas si lointain, il arrivait que le discours politique serve de prétexte ou de paravent à des formes d’intimidation. Ce n’est pas un phénomène nouveau, je crois. C’était une façon d’excuser beaucoup de choses, de dire c’est normal, c’est de la politique. Je pense que cette excuse-là n’est plus admise aujourd’hui. Nous allons déployer tous nos mécanismes d’intervention pour essayer de résoudre la situation. On ne souhaite pas que les choses en restent là », précise le vice-recteur.

    Des activités dérangeantes
    L’Association facultaire étudiante de science politique et de droit (AFESPED), montrée du doigt par des étudiants pour certains gestes d’intimidation, se défend d’avoir commis tout geste déplacé. « L’AFESPED a toujours adopté une attitude cordiale et bienveillante envers l’AEMSP, notamment au sein des instances de collaboration entre associations », indique une déclaration transmise au Devoir par le bureau de l’AFESPED.

    Des membres de la communauté étudiante « se sont plaints de comportements, de propos et d’activités de la part du bureau de l’AEMSP jugés inappropriés » au cours des derniers mois. Des références à Donald Trump et à Vladimir Poutine ont été mal reçues, d’autant plus que « des mandats féministes, antiracistes et contre la montée de l’extrême droite au Québec et en Occident ont été adoptés en assemblée générale par les membres de l’AEMSP eux-mêmes », rappelle l’AFESPED.

    #woke #wokisme #violence #harcèlement #université #menaces #intimidations #agression #intimidation #extrémisme #inclusif #diversité #queer #binaires #culture_du_viol #féminisme #antiracisme #Quebec #uqam

    • La malbouffe se répand chez les végans et serait pire pour la santé RTS - Charlotte Onfroy-Barrier, Feriel Mestiri
      https://www.rts.ch/info/economie/12950435-la-malbouffe-se-repand-chez-les-vegans-et-serait-pire-pour-la-sante.htm

      Etre végétarien ou végan n’est plus forcément synonyme d’esprit sain dans un corps sain. La malbouffe s’est propagée au sein d’une population qui voulait faire la part belle au bien-être animal comme environnemental.

      Dans les grandes surfaces ou dans les restaurants, les choix en matière de malbouffe s’étoffent. Saucisses, burgers, nuggets, cordons verts et même crevettes ou thon végétal existent désormais en version végan, c’est-à-dire qu’ils ne contiennent aucun produit d’origine animale.

      Pour les personnes qui souhaitent arrêter la viande, toutes ces alternatives doivent permettre de remplacer les produits d’origine animale. Au niveau de l’aspect et du goût, la ressemblance avec de la vraie viande est parfois troublante.

      Du côté de la diététique, en revanche, mieux vaut miser sur le tofu, les lentilles ou autres légumineuses riches en protéines. Selon la nutritionniste Tessa Ang, qui a épluché les étiquettes de plusieurs marques de burgers et de nuggets végan, « ces produits sont riches en protéines, mais en termes de nutriments, ils sont très pauvres ».

      Dangereux mélange
      Entre 11 et 25 ingrédients sont nécessaires pour composer ces aliments, du fécule de maïs au stabilisant en passant par le sel et autres huiles et farines. Souvent plus gras et plus salés que la viande, ces produits sont aussi gavés d’additifs. Des épaississants, émulsifiants et stabilisants qui créent l’illusion, mais qui peuvent être dangereux pour la santé. Surtout lors qu’ils passent sur le grill.

      « Certaines vitamines sont fragiles à haute température. Dans l’industrie alimentaire de ce genre de produits, les ingrédients sont généralement chauffés avant d’être transformés et de passer par des machines. C’est ce mode de surchauffe qui va dénaturer les aliments et leur faire perdre leurs nutriments », explique Tessa Ang.

      Ce déficit de nutriments dans le produit peut, à terme, dénaturer la flore intestinale et avoir des conséquences sur la santé, telles que la dépression, la fatigue, des pertes de mémoires ou de l’anémie. Quant à la trop forte quantité d’ingrédients, elle peut provoquer ballonnements, flatulences, inconforts digestifs ou des réactions sur le transit.

      L’économie de 12’100 litres d’eau
      L’an dernier, la Fédération romande des consommateurs (FRC) a passé au crible 39 burgers, hachis et escalopes végan. Le résultat est sans appel : seul un quart des références obtient une bonne appréciation.

      Le responsable des produits culinaires chez Nestlé suisse Jérôme Bonvin rappelle, lui, l’argument écologique d’un repas végétalien : « Il faut 13’000 litres d’eau pour produire un kilo de boeuf, alors qu’il en faut 900 pour produire un kilo de soja », a-t-il argué dans le 19h30 de la RTS.

      Pas tous les jours
      Le gérant du restaurant Envie Vegan à Genève voit surtout dans ces alternatives à la viande l’occasion de rassembler adeptes et opposants au véganisme. Il admet d’ailleurs multiplier les sauces et les graisses en cuisine : « Il ne faut pas venir manger nos menus tous les jours. On ne se prive pas au niveau des graisses. Et les simili carne qu’on utilise contiennent quand même du gras, donc on ne va pas dire aux gens que c’est bon pour la santé, alors que ça ne l’est pas. »

      Pour la nutritionniste Tessa Ang, il n’est pas nécessaire pour autant de tirer un trait définitif sur ces aliments. Ceux qui souhaitent prendre soin de leur santé comme de leur environnement pourront toujours manger de la malbouffe végan. Mais seulement de temps en temps, pour le plaisir.

      #vegan #végétarien #malbouffe #viande #véganisme #graisse #additifs #beurk

    • Varsovie refuse d’accepter et de payer de nouvelles livraisons de vaccins Le Figaro
      https://www.lefigaro.fr/sciences/covid-19-la-pologne-refuse-d-accepter-et-de-payer-de-nouvelles-livraisons-d

      La Pologne refuse de recevoir et de payer de nouvelles livraisons de vaccins anti-Covid, a déclaré mardi le ministre de la Santé, indiquant que son pays disposait toujours de 25 millions de doses non-utilisées.


      « À la fin de la semaine dernière, nous avons eu recours à la clause de force majeure et informé à la fois la Commission européenne et le principal fabricant de vaccins (Pfizer, ndlr) que nous refusions de recevoir ces vaccins et que nous refusions également d’effectuer les paiements », a déclaré Adam Niedzielski à la télévision d’informations en continu TVN24. « Cette situation entraînera un conflit juridique. En fait il a déjà lieu », a-t-il ajouté en indiquant que le contrat portant sur les vaccins avait été signé « entre la Commission et les producteurs » et que son pays ne fait pas directement partie de ce contrat.

      Selon lui, la Pologne, pays de 38 millions d’habitants, dispose toujours de 25 millions de doses de vaccins, alors que 67 à 70 millions d’autres ont été commandées. Actuellement, environ 51% des Polonais ont été entièrement vaccinés, 59% ont reçu une seule dose, et le taux de vaccination a fortement baissé, selon les données du ministère de la Santé.

    • LA VACHE QUI BUVAIT LA MEUSE Claude Semal
      Consomme-t-on vraiment 15.000 litres d’eau pour produire un kilo de viande de bœuf ?
      . . . . . . . .
      Pour le savoir, tentons d’estimer la consommation d’eau totale d’un bovin.
      Commençons par le plus simple : la boisson.

      Un bœuf ou une vache laitière boit 100 litres d’eau par jour (1) et vit en moyenne trois ans, soit à la louche, mille jours (1). Ce qui nous fait 100.000 litres, soit 100 litres d’eau par kilo de viande (100.000 litres : 1000 kg).

      Passons à l’alimentation.

      Un bovin mange en moyenne dix kilos de céréales par jour (1).

      Multiplié par mille jours de rumination, cela fait donc, en trois ans, dix tonnes de céréales dans son écuelle. Un fameux petit dej !

      Or pour faire pousser un kilo de céréales, type mélange maïs/blé, il faut 400 litres d’eau (1) (2).

      Ce qui nous fait 1000 jours x 10 kilos de céréales x 400 litres d’eau divisé par le poids de la bête,… n’essayez pas de suivre, je compte pour vous, abracadabra… !
      Cela fait 4 m3 d’eau par kilo de viande. Ah ! bon quand même ! …Mais est-ce que le compte y est ?

      Par ce biais, on s’en rapproche un peu. 4100 litres d’eau, c’est effectivement beaucoup.

      Mais cela n’en fait toujours pas 15.000.
… Bon sang, mais c’est bien sûr ! J’ai fait mes “calculs” avec le poids d’une bête “sur pied”.

      Or seuls 30 % de l’animal seront effectivement transformés en viande (6).

      Par kilo de viande, cela multiplie par 3,3 notre “consommation” d’eau, soit 13.530 litres. On approche, on approche.

      Qu’est ce que j’ai encore oublié ? OK, le fonctionnement général d’une ferme, et plus encore celui d’un abattoir, divisé par le nombre de vaches, cela doit nécessairement consommer beaucoup de flotte. Le sang, ça tâche, et la bouse aussi. Sans doute assez pour justifier cette différence. OK, je rends les armes. Méluche avait raison.

      On vérifie ? Je fais appel à l’équipe… ou à défaut, à Wikipédia. Bon, finalement, ce sera plutôt decodagri.fr (3).

      Et ici, surprise ! Sur ce site, visiblement inspiré par les éleveurs, on nous explique que depuis 2002, le système Water Footprint Network (WFN) ne calcule pas la vraie consommation d’eau, mais une empreinte virtuelle, comme on calcule par ailleurs l’empreinte carbone de certains produits.
      Dans les chiffres ci-dessus cités, 95 % de “l’estimation” ne concerneraient ainsi ni la vraie consommation d’eau des animaux, nécessaire à ce qu’ils boivent, ni la vraie consommation d’eau des cultures céréalières, nécessaire à ce qu’ils mangent, mais… l’ensemble de l’eau de pluie qui tombe sur la surface des prairies et des champs cultivés, avant de retourner remplir les nappes phréatiques.

      Et qui serait de toutes façons tombée sur le sol, avec ou sans vaches, avec ou sans cultures. Et qu’il semble donc un peu tiré par les cornes de comptabiliser dans le bilan hydrique de nos hamburgers.
      . . . . . . . .
      La suite : https://www.asymptomatique.be/la-vache-qui-buvait-la-meuse

      #Boeuf #vache #viande #eau

      #agriculture #alimentation #élevage #consommation #agroalimentaire #culture #Water_Footprint_Network #WFN #empreinte_carbone

  • Une nuit avec des ramasseurs de volailles - KuB
    vidéo 2005, 27 minutes

    https://www.kubweb.media/page/nuit-ramasseurs-volailles-l214-elevage-industriel-rault

    Toutes les nuits, des hommes et des femmes ramassent manuellement des milliers de volailles pour assurer l’approvisionnement des abattoirs. Dès 20h00, ils partent d’élevage en élevage jusqu’au petit matin, parcourant certaines nuits plus de 400 km. Dans chaque poulailler, ils devront mettre en caisses plus de 20 000 poulets. Agenouillés dans les fientes, ils attrapent les volailles par les pattes, puis les mettent en caisses. Celles-ci sont aussitôt acheminées vers l’abattoir. Véritable lien entre les élevages et nos assiettes, ces ouvriers de l’ombre, partent plus de 60 heures par semaine pour un salaire mensuel brut de 970 €. Au-delà de leurs conditions de travail, ils nous racontent leur vie de tous les jours, une vie faite d’espoirs mais surtout de fatalisme face à la place qui leur est accordée dans la société. Au rythme des transports, des ramassages, des pauses, le film retrace leurs vies au travers d’une de ces nuits.

  • #Vomir #Canada : D’ici 2028, les vaches laitières devraient pouvoir mettre bas sans être enchaînées Julie Vaillancourt - Radio Canada
    https://ici.radio-canada.ca/nouvelle/1871152/vaches-laitieres-enchainees-agriculture

    Au Canada, la majorité des vaches laitières sont élevées en stabulation entravée, ce qui implique qu’elles mettent souvent bas, enchaînées, dans des stalles trop petites pour elles. Ça pourrait changer : les experts recommandent maintenant de leur donner plus de liberté de mouvement pour améliorer leur bien-être.


    Il manque d’espace dans les stalles régulières pour que les vaches mettent bas à leur aise. Photo : Radio-Canada

    La scène est désolante aux yeux du profane : une vache, la chaîne au cou, qui met bas dans sa stalle, souvent trop petite pour lui permettre de se mouvoir avec agilité. L’animal tente de se retourner pour voir son veau, mais son carcan métallique l’entrave partiellement ; le producteur laitier doit apporter le nouveau-né en face de sa mangeoire pour que la vache puisse enfin le lécher.

    Une action plus fréquente au Québec qu’ailleurs au Canada, car c’est dans la province qu’on retrouve le plus de fermes en stabulation entravée, un système où chaque vache garde toute sa vie une place fixe dans l’étable, enchaînée à une barre d’attache.


    Un des principes les plus importants, pour le vétérinaire Edwin Quigley, est que les vaches doivent faire le plus possible d’exercice. Photo : Radio-Canada

    Pour le vétérinaire Edwin Quigley, qui pratique dans la région de Chaudière-Appalaches, le fait que 72 % des vaches de la province vivent ainsi (contrairement à la moyenne canadienne de 44 %) est consternant. “Des vaches attachées dans un espace de quatre pieds par six à l’année longue et qui ne changent pas de place, il manque quelque chose.”

    Ce “quelque chose”, c’est la liberté de mouvement, beaucoup plus présente en stabulation libre, une façon d’élever les bovins laitiers dans des espaces à aire ouverte. Avec ce modèle, les vaches disposent de logettes individuelles où elles vont manger ou se reposer à leur guise, sans jamais être immobilisées de force.

    Les chiffres parlent d’eux-mêmes : en stabulation entravée, la prévalence de blessures aux jarrets chez l’animal est de 56 % comparativement à 47 % en stabulation libre, de 43 % pour les blessures aux genoux comparativement à 24 % en stabulation libre.

    Conséquence, entre autres, d’une surface de couchage souvent trop abrasive en comparaison avec la litière de plus de 15 centimètres d’épaisseur qu’on retrouve régulièrement dans les étables en stabulation libre.

    Quant aux 33 % de blessures au cou en stabulation entravée, elles trouvent évidemment leur source dans le port constant de la chaîne.


    Au Canada, les vaches qui passent leur vie dans des stalles entravées ont plus de blessures qu’avec d’autres systèmes d’élevage. Photo : Radio-Canada

    Le “Code de pratique pour le soin et la manipulation des bovins laitiers”, un outil de référence à l’intention des producteurs laitiers canadiens, est actuellement en révision, puisque la dernière mouture date de 2009.

    Nous avons obtenu la version préliminaire du nouveau code, dont l’élaboration sera terminée d’ici la fin de l’année. Elle propose dorénavant de loger les vaches laitières au pâturage ou en stabulation libre afin qu’elles aient la possibilité de se mouvoir davantage. Quant au vêlage, les producteurs devraient obligatoirement permettre aux vaches de mettre bas en stabulation libre d’ici 2028, s’il n’en tient qu’aux experts canadiens qui se penchent présentement sur la question.

    https://fr.scribd.com/document/566235947/Code-de-pratique-pour-le-soin-et-la-manipulation-des-bovins-laitiers#down

    Ce serait la moindre des choses aux yeux d’Edwin Quigley, qui supervise présentement l’agrandissement de l’étable d’un de ses clients, Dave Kelly, un producteur laitier de Saint-Nazaire-de-Dorchester, dans la région de Chaudière-Appalaches.


    Dave Kelly, producteur laitier, veut améliorer le bien-être de ses vaches et collabore avec son vétérinaire pour changer les choses. Photo : Radio-Canada

    M. Kelly tente d’améliorer le bien-être de ses vaches à la mesure de ses moyens. “Il y a des gens qui pensent qu’on utilise les vaches comme des machines, moi, je ne suis pas d’accord avec ça, mais il faut qu’elles soient bien dans ce qu’elles ont à faire, c’est important.”

    Au programme chez lui, des travaux de construction pour bâtir une section où ses vaches pourront mettre bas en stabulation libre : un enclos de groupe où les vaches auront le loisir de bouger à leur guise pendant le vêlage sans être gênées par l’étroitesse de leurs stalles ou, pire encore, leurs chaînes.


    En stabulation, la litière disposée sur le sol rend la surface plus confortable et aide à éviter l’abrasion. Photo : Radio-Canada

    Un virage pris par de plus en plus de producteurs laitiers du Québec qui, massivement, convertissent leurs troupeaux à l’élevage en stabulation libre pour l’ensemble de leurs opérations, et non uniquement le vêlage. “On fait du rattrapage, soutient Daniel Gobeil, président des Producteurs de lait du Québec.”

    “Des vaches attachées toute leur vie, on tend à éliminer ces pratiques-là. On est à la croisée des chemins en termes de bien-être animal”, conclut-il.

    #chaînes #beurk #boycott #alimentation #sirop_d'érable #assiette #malbouffe #agriculture #élevage #élevage #alimentation #vaches #viande #agrobusiness #lait #agro-industrie #quelle_agriculture_pour_demain_ #violence #torture #capitalisme

    • Monsieur trudeau, vous êtes une honte pour la démocratie ! Veuillez nous épargner votre présence Christine Anderson, députée européenne (Allemande) au Parlement européen

      Après parlé avec des parlementaires européens lors de sa visite officielle de deux jours à Bruxelles, la parole a été donnée à la députée allemande Christine Anderson qui a interpellé le Premier ministre canadien, disant qu’il ne devrait pas pouvoir s’exprimer au Parlement européen.

      Anderson a accusé Trudeau d’admirer ouvertement la dictature de base chinoise et a appelé le Premier ministre pour avoir piétiné “les droits fondamentaux en persécutant et en criminalisant ses propres citoyens en tant terroristes simplement parce qu’ils osent s’opposer à son concept pervers de démocratie”.

      le Canada est passé du statut de symbole du monde moderne à celui de « symbole de la violation des droits civils » sous la « chaussure semi-libérale » de Trudeau.

      Elle a terminé son discours en disant à Trudeau qu’il était « une honte pour toute démocratie. Veuillez nous épargner votre présence.
      https://www.youtube.com/watch?v=vtnfcVAZB6I


      Le député croate Mislav Kolakusic a également dénoncé Trudeau pour avoir violé les droits civils des Canadiens qui ont participé aux manifestations du « Freedom Convoy ». Lors de son propre discours cinglant devant ses collègues parlementaires européens, Kolakusic a déclaré à Trudeau que ses actions en promulguant la loi sur les urgences étaient « une dictature de la pire espèce ».
      Trudeau s’est assis et a écouté Kolakusic informer le premier ministre que de nombreux Européens l’ont vu « piétiner des femmes avec des chevaux » et bloquer « les comptes bancaires de parents célibataires ».
      L’eurodéputé roumain Christian Terhes a également refusé d’assister au discours de Trudeau aux autres membres de l’UE.

      Source :
      https://thecanadian.news/vous-etes-une-honte-un-depute-allemand-interpelle-trudeau-en-face-lors
      https://twitter.com/lemairejeancha2/status/1507033759278940161
      https://vk.com/wall551774088_43985?z=video640533946_456239116%2Fa7ea5429d710b84557%2Fpl_post_55

      NDR Cette députée allemande est de droite, mais la vérité ne fait pas de politique.

       #canada #justin_trudeau #trudeau la #violence #contrôle_social #police #dictature #violences_policières #violence_policière #répression #violence #maintien_de_l'ordre #brutalité_policière #manifestation #violences_policieres

    • Salaire mirobolant et logement de fonction : le train de vie princier du directeur du Fresnoy à Tourcoing Pierre Leibovici
      https://www.mediacites.fr/lu-pour-vous/lille/2022/03/24/salaire-mirobolant-et-logement-de-fonction-le-train-de-vie-princier-du-di

      Les angles morts, Quelques obscurcissements, Prolongations… Le titre de ces romans signés Alain Fleischer était-il prémonitoire ? Il résonne en tout cas avec le rapport publié, vendredi 18 mars, par la Chambre régionale des comptes des Hauts-de-France sur l’association Le Fresnoy — Studio national des arts contemporains, dont il est le directeur.


      Ouvert au public en 1997, l’imposant bâtiment du Fresnoy, situé dans le quartier du Blanc Seau à Tourcoing, abrite une école supérieure d’art ainsi qu’un lieu de représentation et de production (cinéma, danse, photo, arts numériques). L’établissement, imaginé dès 1987 par l’artiste Alain Fleischer à la demande du ministère de la Culture, est aujourd’hui mondialement reconnu. Trente-cinq ans plus tard, et malgré son âge de 78 ans, il n’a toujours pas lâché le bébé.

      Un salaire brut de 91 000 euros
      « Le cinéaste », « l’auteur », « le photographe, le plasticien » : le parcours d’Alain Fleischer est fièrement détaillé sur le site Internet du Fresnoy, qui lui consacre une page entière. « L’ambassadeur du Fresnoy », ajoute la Chambre régionale des comptes dans son rapport : « il en est pilote stratégique, notamment pour l’évolution vers le projet de StudioLab international [un programme de collaboration entre artistes et scientifiques], il initie les grands partenariats et exerce les fonctions de responsable pédagogique ».

      « Le montant de sa rémunération ne s’appuie pas sur son contrat de travail »
      Pour remplir ces missions, Alain Fleischer bénéficie d’un confortable salaire de 91 000 euros bruts par an, soit 7 600 euros bruts par mois. Un montant stable sur la période allant de 2016 à 2019, sur laquelle se sont penchés les magistrats financiers, mais qui interroge : « le montant de sa rémunération ne s’appuie sur aucun élément présent dans son contrat de travail qui date de plus de 30 ans, pas plus que des avenants ultérieurs dont le dernier date, en tout état de cause, de 2002 ». La Chambre demande donc instamment une révision du contrat de travail du directeur et sa validation par le conseil d’administration de l’association.

      Un immeuble pour logement de fonction
      Dans la suite de leur rapport, les magistrats recommandent aussi que le conseil d’administration valide la mise à disposition d’un logement de fonction pour Alain Fleischer. Ou plutôt d’un « immeuble d’habitation », peut-on lire sans plus de précisions. Ce bâtiment, ainsi qu’un autre d’une surface de 11 000 m2, est la propriété de la région Hauts-de-France, principal financeur du Fresnoy.

      Quelle est la valeur de l’avantage en nature consenti à l’association et à son directeur ? Difficile à dire : la dernière évaluation, réalisée en 2002, tablait sur un coût de 455 823 euros par an. Un montant sans doute bien plus élevé vingt ans plus tard, d’autant que la région prend à sa charge les travaux et la majeure partie de l’entretien des bâtiments. « Une réévaluation de la valeur de ces biens immobiliers qui figurent dans les comptes de l’association serait nécessaire », acte la Chambre régionale des comptes.

      Gouvernance à clarifier
      Autre recommandation adressée au studio d’art contemporain : la clarification de la gouvernance de l’association. À l’heure actuelle, un conseil d’administration cohabite avec une assemblée générale. Mais les deux instances, dont les missions diffèrent, sont composées des mêmes membres : 10 membres de droit et 14 personnalités qualifiées. Pour mettre fin à cette « confusion », les magistrats appellent donc l’association à revoir ses statuts.

      Cette dernière recommandation vaut aussi pour la rémunération de certains membres du conseil d’administration. Car, d’après la Chambre régionale des comptes, « des membres du conseil d’administration, du fait de leurs fonctions et qualités professionnelles et artistiques, peuvent être amenés à remplir le rôle de commissaire de certaines expositions du Fresnoy ou à effectuer des missions de représentation, donnant lieu à versement d’émoluments ». Et de conclure, en des termes toujours policés, que l’association devrait réviser ses statuts « par souci de sécurité juridique ».

      Sollicité à l’issue de l’audit des magistrats financiers, le président de l’association, Bruno Racine, s’est engagé à suivre toutes leurs recommandations et à mettre à jour les statuts dans un délai de six mois. « Cette révision permettra de préciser les modalités de recrutement du directeur », a-t-il affirmé. Écrivain et haut-fonctionnaire, aujourd’hui âgé de 70 ans, Bruno Racine a toutes les raisons de prêter attention aux recommandations de la Chambre régionale des comptes : il a un temps été conseiller-maître à la Cour des comptes.

      #Fresnoy #Tourcoing #argent #fric #art #art_press #claude_leveque @legrandmix #art_contemporain pour #bobo #ruissèlement #ruissellement #photographie #guerre_aux_pauvres

    • Énergie : au Royaume-Uni, même les pommes de terre deviennent trop chères LePoint.fr
      https://www.msn.com/fr-fr/finance/other/%C3%A9nergie-au-royaume-uni-m%C3%AAme-les-pommes-de-terre-deviennent-trop-ch%C3%A8res/ar-AAVqibD?ocid=msedgdhp&pc=U531#

      Durant des siècles, les pommes de terre ont été, par excellence, l’aliment de base des populations pauvres. Faciles à cultiver, peu chères à l’achat et nourrissantes, elles étaient l’élément de base ? sinon le seul - de populations entières. À tel point qu’au XIXe siècle, l’apparition du mildiou en Irlande ? une maladie qui anéantit presque totalement la culture de la pomme de terre ? provoqua une famine ? et la mort de près d’un million de personnes.

      Par les temps qui courent, cependant, la pomme de terre semble perdre son avantage auprès des populations dans le besoin. En effet, selon The Guardian, https://www.theguardian.com/business/2022/mar/23/food-bank-users-declining-potatoes-as-cooking-costs-too-high-says-icela de plus en plus de personnes ayant recours aux banques alimentaires refusent les pommes de terre, ne pouvant se permettre la dépense énergétique nécessaire à la longue cuisson de ces dernières.

      Une inflation record en 30 ans
      « C’est incroyablement inquiétant », a expliqué le gérant d’une chaîne de supermarchés low cost sur la BBC. « Nous entendons parler de certains utilisateurs de banques alimentaires qui refusent des produits tels que les pommes de terre et d’autres légumes-racines parce qu’ils n’ont pas les moyens de les faire bouillir », détaille-t-il, parlant de « la crise du coût de la vie » comme du « plus important problème intérieur » au Royaume-Uni.

      Outre-Manche, le coût de la vie continue d’augmenter rapidement, rapporte The Guardian. L’inflation a atteint 6,2 % en février, selon les chiffres de l’Office for National Statistics, une première depuis trente ans. Elle est alimentée par la hausse du coût de l’essence et du diesel et d’un large éventail de produits de nourriture aux jouets et jeux. En 2021, l’inflation spécifique aux produits alimentaires a été de 5,1 % au Royaume-Uni.

      #pauvreté #prix de l’#énergie #spéculation #capitalisme #marché_libre-et_non_faussé #électricité #spéculation #alimentation #banques_alimentaires #pommes_de_terre

  • Gratin de chou à l’italienne
    https://www.cuisine-libre.org/gratin-de-chou-a-l-italienne

    Pour faire aimer le chou aux enfants ! Préchauffer le #Four à 230°C (thermostat 7-8). Éplucher et laver le chou. Dans un faitout, mettre un grand volume d’eau salée à bouillir pour y plonger le chou 10 minutes. Pendant ce temps, cuire les tomates à l’étouffée avec le laurier, le cumin et le jus de citron, salées et poivrées, pendant 10 minutes. Égoutter le chou et le couper en lamelles. Ajouter aux tomates et laisser mijoter 15 minutes. Retirer le laurier. Ajouter la #Viande_hachée. Mélanger et verser… #Chou_vert, #Mozzarella, #Gratins, #Lombardie, #Tomate_en conserve, Viande hachée / #Sans œuf, #Sans gluten, Four

  • Arnabeet B’bashamel (gratin de #Chou-fleur)
    https://www.cuisine-libre.org/arnabeet-b-bashamel-gratin-de-chou-fleur

    Gratin de chou-fleur et #Viande_hachée à la béchamel. Porter 3 tasses d’eau à ébullition dans une casserole, ajouter le cumin et le chou-fleur et faire bouillir pendant 2 minutes, jusqu’à ce que le chou-fleur soit tendre. Égoutter et réserver. Faire revenir la viande hachée, l’oignon, le sel, le poivre et le piment jusqu’à ce que la viande soit dorée. Ajouter la sauce tomate et cuire à feu doux pendant 10 minutes. Mettre de côté. Pour préparer la sauce béchamel, faites fondre le beurre dans une casserole de… Chou-fleur, #Gratins, #Égypte, Viande hachée

  • L’élevage entre deux feux - Mon blog sur l’écologie politique
    https://blog.ecologie-politique.eu/post/L-elevage-entre-deux-feux

    La viande est en passe de devenir le énième emblème identitaire, marqueur de francité ou de progrès social. La droite rance réagit au quart de tour quand il est question de végétarisme. L’annonce de menus végétariens sans possibilité de choix dans les écoles lyonnaises avait déclenché une véritable panique morale, quand bien même la mesure avait été mise en place par la mairie de droite avant la victoire d’EELV, pour fluidifier la circulation dans les cantines par temps de Covid. À les entendre, c’est Mozart qu’on assassine, les enfants pauvres qu’on prive de subsistance, les éleveurs qu’on condamne à un suicide certain.

    Cette droite est désormais suivie par le candidat communiste pour qui la tradition française et la qualité de la nourriture se confondent en une devise ternaire : « Viande, fromage, vin (avec modération). » Exit les patates du gratin dauphinois, les haricots du cassoulet, les pommes de la tarte Tatin, le populo veut de la barbaque et du frometon, la gauche va leur en donner !

    […]

    Et en face d’un gloubi-boulga identitaire qui nous éloigne des vraies questions sur notre alimentation (comment produire sans pourrir le milieu, produire pour répondre aux besoins de tout le monde), la cause animale avance sous divers faux nez, incarnant la rectitude morale. Entendons-nous bien, je ne remets pas en question les choix éthiques des animalistes et je les trouve très vertueux. Mais les justifications écologiques et politiques sont à la peine.

    […]

    En deux lignes : les prairies sur lesquelles paissent les herbivores ont beaucoup d’avantages en matière de biodiversité (qui peut être plus riche que dans la forêt tempérée) et de climat car leurs rotations avec les cultures permettent de se passer d’engrais de synthèse, produits à base de pétrole et qui rejettent un gaz à effet de serre hyper puissant, le protoxyde d’azote. Réunir de nouveau élevage et polyculture, ça implique aussi une baisse de moitié de la consommation de produits d’origine animale, donc plein de bons plats végétariens et végétaux.

    #Aude_Vidal #alimentation #agriculture #élevage #viande #animaliste #écologie #biodiversité #polyculture

  • Les lobbies productivistes sapent l’ambition européenne d’une agriculture plus écologique - Page 1 | Mediapart
    https://www.mediapart.fr/journal/international/191021/les-lobbies-productivistes-sapent-l-ambition-europeenne-d-une-agriculture-

    Ce mardi 19 octobre après-midi, le #Parlement européen doit voter sur cette stratégie baptisée « De la ferme à la fourchette » (Farm to Fork) censée mettre l’agriculture européenne sur la voie d’une transition écologique. C’est l’un des grands chapitres du Pacte vert (Green Deal) lancé par la présidente Ursula von der Leyen depuis son arrivée aux manettes de l’exécutif européen, fin 2019.

    Pour la #production_alimentaire du continent, dominée jusqu’ici par le recours à la chimie de synthèse, une telle perspective serait une petite révolution. Mais c’est compter sans l’intense travail de lobbying effectué par les défenseurs du modèle existant : #lobbies de la #viande, de l’#agrochimie et des #céréales… et #Copa-Cogeca, dont fait partie la puissante fédération syndicale française #FNSEA.

    Le Copa-Cogeca est l’union, au niveau européen, du Comité des organisations professionnelles agricoles (c’est-à-dire les syndicats d’exploitants agricoles) et du Comité général de la coopération agricole (c’est-à-dire les coopératives). Et c’est la présidente de la FNSEA, Christiane Lambert, qui officie à la tête du #Copa.

    Mediapart, en collaboration avec le consortium de journalistes européens #Lighthouse_Reports, explique aujourd’hui comment, depuis plusieurs semaines, cette organisation ainsi que d’autres lobbies européens font tout pour couler l’ambition de la Commission européenne et en atténuer les objectifs. Avec pour principal outil une manipulation des savoirs scientifiques autour de cette feuille de route dont le but est de faire baisser les émissions de gaz à effet de serre (GES) de l’agriculture européenne et d’enrayer l’effondrement de la biodiversité.

    Même le ministre français de l’agriculture, Julien Denormandie, a repris à son compte les arguments avancés par les lobbies qui défendent à Bruxelles les intérêts de l’#agro-industrie.

  • L’Israélien MeaTech veut mettre sur la table du porc cultivé en laboratoire Shoshanna Solomon
    https://fr.timesofisrael.com/lisraelien-meatech-veut-mettre-sur-la-table-du-porc-cultive-en-lab

    MeaTech 3D Ltd, un fabricant de produits carnés cultivés en laboratoire, a déclaré avoir entamé des recherches sur la production de viande de porc cultivée, pour éventuellement produire en masse la viande la plus consommée dans le monde sans tuer de porcs dans le processus.

    En fonction de l’avis des rabbins, le bacon pourrait également être considéré comme casher, a déclaré Simon Fried, responsable du développement commercial de l’entreprise Ness Ziona, basée en Israël, qui a été fondée en 2018 par Omri Schanin et Sharon Fima.


    Image illustrative de bacon en train de cuire dans une poêle à frire (Crédit : Krasyuk ; iStock by Getty Images)

    « Le jury est encore en train de délibérer », a déclaré Fried dans une interview. « Il n’y a pas de réponses toutes faites pour savoir si cela sera jugé casher ou non. »

    Les aliments casher sont des produits conformes aux exigences alimentaires définies par le judaïsme. La viande de porc n’est jamais casher, alors que les vaches ou les poulets, par exemple, sont casher s’ils sont abattus d’une manière particulière et que leur viande est traitée d’une manière prescrite qui implique un trempage et un salage.

    La production de MeaTech n’implique pas l’abattage d’animaux, a déclaré M. Fried, mais le produit final a des propriétés « identiques » à celles de la chair animale.

    MeaTech puise les cellules souches des animaux et les reproduit par une sorte de processus de fermentation dans des bioréacteurs, dans lesquels « nous recréons les conditions à l’intérieur de l’animal », a déclaré Fried dans une interview.

    Cela permet aux cellules de se multiplier « de manière exponentielle », a-t-il ajouté. Elles peuvent ensuite être utilisées comme additifs alimentaires ou pour créer des tissus animaux cultivés, puis des morceaux de viande cultivés.

    Les bioréacteurs, a expliqué M. Fried, « sont comme un hôtel cinq étoiles » dans lequel les cellules « reçoivent tout ce dont elles ont besoin pour se propager, comme dans la nature. »

    Le « scénario idéal », selon M. Fried, serait de continuer à utiliser les cellules cultivées pour créer encore plus de cellules, en laissant les vrais animaux en dehors du processus, à terme. Les morceaux produits ne seraient que des parties que les gens sont prêts à manger – pas d’os, de sabots ou de queues.

    La société MeaTech prévoit d’imprimer à terme des produits à base de bœuf, de volaille, de porc et de poisson, ainsi que de la graisse de poulet et d’oie.

    Le fait que l’on se demande même si la viande de porc cultivée pourrait être casher est un signe de l’ »énorme révolution » qui se produit sur le terrain, a déclaré le cofondateur Schanin dans l’interview.

    Une quarantaine d’entreprises dans le monde entier se battent pour être les premières à commercialiser des produits carnés à base de cellules qui ont le goût et l’apparence de la vraie viande et qui peuvent être produits en masse à un prix abordable pour répondre à la demande massive de protéines dans un monde dont la population augmente et s’enrichit.



    Omri Schanin, cofondateur et PDG adjoint de MeaTech, à gauche, et Sharon Fima, cofondateur et PDG (MeaTech)

    Selon une étude publiée dans la revue Nature , l’élevage de vaches pour la viande a l’un des plus grands impacts négatifs sur l’environnement mondial. Il est donc nécessaire de réduire la consommation de viande pour diminuer les émissions de gaz et éviter le dérèglement climatique. Quelque 56 milliards d’animaux – vaches, agneaux et volailles – sont abattus chaque année pour nourrir le monde, où la consommation de viande devrait augmenter de 70 % d’ici à 2050, selon l’Organisation des Nations unies pour l’alimentation et l’agriculture, les classes moyennes d’Asie et d’Afrique devenant de plus en plus carnivores.

    Israël joue un « rôle substantiel » sur le marché mondial des protéines alternatives et est considéré comme un pionnier dans ce domaine, les startups israéliennes ayant levé un montant record auprès des investisseurs en 2020, indique un rapport de The Good Food Institute Israel, une organisation à but non lucratif qui cherche à promouvoir la recherche et l’innovation dans ce domaine.

    La semaine dernière, la société israélienne Aleph Farms a déclaré avoir obtenu un investissement de 105 millions de dollars pour mettre sur le marché des steaks cultivés en laboratoire. Future Meat Technologies, qui produit également de la viande à partir de cellules animales, a bouclé un tour de table de 27 millions de dollars en février. Selon le rapport, le secteur de la viande cultivée est appelé à prospérer dans les années à venir, lorsque les entreprises passeront du stade du développement à celui de la production.

    Même si leurs processus cellulaires sont similaires, a expliqué M. Schanin, ce qui différencie MeaTech des autres entreprises, c’est qu’elle développe également ses propres technologies d’impression 3D pour imprimer à terme les produits carnés entiers. Pour les imprimantes, l’entreprise travaille en étroite collaboration avec Tal Dvir, de l’université de Tel Aviv, dont l’équipe de chercheurs a imprimé en 2019 un cœur humain en 3D, avec des tissus et des vaisseaux, dans un développement décrit comme une avancée médicale majeure.

    Dvir est le conseiller scientifique de MeaTech, a déclaré Schanin, ajoutant que MeaTech a eu l’idée d’imprimer en 3D ses produits de viande de culture à partir de la technologie médicale. Tout comme les chercheurs impriment des organes à des fins médicales, a déclaré M. Shanin, les mêmes technologies peuvent être utilisées pour créer des protéines de viande de culture.

    Les produits de MeaTech et les imprimantes en sont encore au stade de la recherche et du développement, a précisé M. Fried. L’entreprise a déclaré en mai qu’elle prévoyait de mettre en place une usine de production de graisse de poulet de culture en Belgique. Le processus de production de graisse de poulet de culture utilisera des technologies développées par la filiale belge de MeaTech, Peace of Meat, que l’entreprise israélienne a acquise au début de l’année.

    L’idée est de produire de la graisse de poulet de culture, fabriquée à partir de cellules de poulet, pour l’utiliser comme additif et arôme dans l’industrie alimentaire, notamment pour donner aux aliments d’origine végétale comme les hamburgers végétariens la saveur, le parfum et la sensation du vrai produit.



    Simon Fried, responsable du développement commercial de MeaTech (Crédit : MeaTech)

    D’ici la fin de l’année, a déclaré M. Fried, la société a pour objectif d’imprimer un steak de 100 grammes, afin de démontrer sa technologie.

    L’objectif de MeaTech est de développer les lignées cellulaires et les imprimantes et d’octroyer des licences pour ses technologies aux producteurs de viande et à d’autres fabricants de produits alimentaires, qui cherchent à fournir des protéines de remplacement sous la forme de produits hybrides – un mélange de protéines végétales et de cellules cultivées pour une meilleure saveur – ou de versions hachées ou entières des produits de viande cultivée. Ces dernières sont plus difficiles à produire et prendront plus de temps à développer, a déclaré M. Fried.

    Les actions de MeaTech ont commencé à être négociées à la bourse de Tel Aviv en octobre 2019 et la société a organisé une offre d’actions sur le Nasdaq en mars 2021. La société a déclaré en mai qu’elle prévoyait de retirer ses actions de la Bourse de Tel Aviv le 5 août.

    La radiation de la bourse de Tel Aviv facilite la gestion des relations avec les investisseurs en envoyant un seul ensemble de messages à une seule bourse plutôt qu’à deux, a déclaré M. Fried, et résout les problèmes de délai d’information, étant donné le décalage entre les marchés boursiers, et de bureaucratie, a déclaré M. Fried.

    La valeur de marché de la société sur le Nasdaq est de 90 millions de dollars et ses actions ont baissé d’environ 26 % depuis le début de leur négociation en mars de cette année.

    L’extension des activités de recherche et de développement de MeaTech au porc fait partie de sa stratégie visant à développer une offre plus large de sa technologie, qui comprend déjà des lignées cellulaires de bœuf et de poulet. L’agriculture cellulaire porcine, si elle est développée avec succès, pourrait élargir la portée du marché potentiel de MeaTech, a déclaré la société.

    Ses activités de fabrication de viande de porc ont déjà suscité l’intérêt du groupe Tiv Ta’am, propriétaire d’une chaîne de supermarchés en Israël et producteur et fournisseur de viande non casher, notamment de viande de porc. Tiv Ta’am a déclaré mercredi qu’il avait signé une lettre d’intention non contraignante avec MeaTech pour coopérer au développement conjoint de produits de viande cultivée, en mettant l’accent sur son porc cultivé.

    Selon l’accord, que les parties s’efforceront de transformer en accord contraignant, Tiv Ta’am et MeaTech coopéreront dans le domaine de la recherche, mettront en place une usine de production de produits carnés cultivés et accorderont des droits de distribution et de commercialisation à Tiv Ta’am, y compris d’éventuels droits exclusifs sur les produits développés conjointement.

    Tiv Ta’am s’attend à ce que la demande croissante entraîne une augmentation de l’utilisation de la graisse de porc comme matière première dans les années à venir, ont déclaré les entreprises dans un communiqué.

    « Nous voulons reconnecter l’ensemble de l’industrie », a déclaré M. Fried, et il y a « beaucoup de place » pour les concurrents. « Nous voulons rendre l’accès à la nourriture plus compétitif et permettre aux fabricants de produire des produits de culture n’importe où, y compris dans les pays où le bœuf et la volaille ne sont pas produits, a-t-il ajouté.

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