Il complotto della Xylella fastidiosa finisce su Nature
«Siamo sotto choc, le accuse sono folli», ha dichiarato invece Donato Boscia nell’articolo di Nature. Lui è uno dei sospettati di aver diffuso il virus della Xylella, oltre che di aver presentato false informazioni riguardo la situazione. Secondo i PM di Lecce il batterio sarebbe arrivato in Puglia nel 2010 in occasione di un convegno europeo di aggiornamento sulla Xylella. I sospetti hanno iniziato a circolare tra il 2013 e il 2014. Mentre agricoltori e ambientalisti lottavano per impedire l’abbattimento degli ulivi, diverse persone hanno accusato i ricercatori di aver introdotto in Europa (specificatamente in Puglia) la Xylella Fastidisosa dopo aver partecipato ad un corso in California (in America, al contrario che nel Vecchio Continente la Xylella è endemica). Molte persone credono ancora oggi che dietro la diffusione del batterio ci sia la mano di qualcuno intenzionato a trarre profitto dalla distruzione degli uliveti pugliesi: il campionario dei complotti va dalla Monsanto ai vivai israeliani che avrebbero già pronta una varietà di ulivi resistenti al batterio. Logico quindi credere che ci siano degli “untori” che hanno contaminato le coltivazioni pugliesi. Gli esperti dell’Università di Bari hanno determinato che il vettore dell’infezione sono alcuni insetti (le cicale sputacchine) e che il ceppo batterico pugliese proviene dalla Costa Rica. Una varietà, quest’ultima, diversa da quella californiana utilizzata nel corso cui hanno preso parte gli scienziati italiani. Insomma la Xylella arriva dalla Costa Rica, ma come ci è arrivata? Secondo i ricercatori il batterio è arrivato tramite l’importazione di piante ornamentali dal paese centro-americano. Sarebbe proprio quello portato dopo il corso in California, però c’è il particolare che il ceppo di quel batterio è diverso da quello che sta attualmente infestando le coltivazioni di ulivi pugliesi. Il sostituto procuratore di Lecce Elsa Valeria Mignone lo aveva detto già a inizio anno a Famiglia Cristiana quando aveva raccontato che i sospetti degli inquirenti erano concentrati su una serie di workshop sulla Xylella tenuti tra il 2010 e il 2013 dallo Iam. E sul fatto che sono stati proprio lo Iam e l’Università di Bari a suggerire una correlazione tra il disseccamento degli ulivi pugliesi e il terribile batterio. I PM sembrano suggerire che il batterio sia “scappato” dai laboratori e da alcune aree dove l’Università e lo Iam stavano conducendo “campi sperimentali di nuovi prodotti contro la ‘lebbra dell’olivo“.
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