This German village is embracing integration
#Hebertshausen, a small community in southern Bavaria, has taken in five times as many refugees and migrants as required. Locals explain why Germany depends on immigration and what effective integration into a democracy should look like.
▻https://www.infomigrants.net/en/post/54827/this-german-village-is-embracing-integration
#Allemagne #accueil #migrations #réfugiés #asile #rural #intégration #solidarité #villes-refuge
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Migrationskrise ? Eine Gemeinde zeigt, wie es geht
►https://seenthis.net/messages/1023354
via @_kg_
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Migrationskrise ? Eine Gemeinde zeigt, wie es geht
Die Migrationsdebatte läuft seit Wochen auf Hochtouren. Und immer wieder heißt es: Die Kommunen sind überfordert.
Alle Kommunen? Keineswegs: Eine kleine Gemeinde bei München beherbergt viel mehr Geflüchtete, als sie eigentlich müsste. Und gibt sich keineswegs überfordert. Eine Reportage aus einem Ort, von dem Deutschland viel lernen kann.
#Video via Link
▻https://www1.wdr.de/daserste/monitor/videos/migrationskrise-eine-gemeinde-zeigt-wie-es-geht-104.html
#Hebertshausen #Oberbayern #Richard_Reichel
ping @cdb_77 -> petit Riace
Rifarei Tutto
In 10 episodi ricostruisco la storia personale, la vicenda politica e l’odissea giudiziaria di Mimmo Lucano. Di un visionario, che ha trasformato un borgo a rischio di spopolamento in un villaggio globale.
Vi porto a Riace, nella Locride, dove Lucano, sindaco per 14 anni, ha riaperto le case vuote del centro storico, la scuola, l’ambulatorio medico, il forno e la mensa sociale, e ha avviato progetti di integrazione, dal frantoio alla fattoria didattica, dalle botteghe alla moneta complementare, al turismo solidale.
Vi racconto la storia moderna di un greco antico. Che il tribulale di Locri ha condannato a 13 anni di carcere: Mimmo Lucano ha strumentalizzato il sistema dell’accoglienza, dicono i giudici, a beneficio della sua immagine politica. Un caso che ha fatto il giro del mondo suscitando l’indignazione di migliaia di persone. Anche la mia, che Mimmo lo conosco bene. E mi ha detto: «Rifarei tutto».
▻https://www.spreaker.com/show/rifarei-tutto
#podcast #audio #Mimmo_Lucano #Domenico_Lucano #Lucano #Riace #villes-refuge #Italie #justice #accueil #réfugiés #asile #migrations
]]>Migranti, i sindaci delle grandi città contro il governo: «Scelte sbagliate che ledono i diritti: non si cancelli la protezione speciale»
I sindaci delle maggiori città italiane (di centrosinistra) di nuovo contro il governo Meloni. Oggetto della discussione, ma anche (e soprattutto) di preoccupazione: la gestione dell’immigrazione, in particolare, il sistema di accoglienza e la cancellazione della protezione speciale per i migranti. «Come sindaci, come amministratori, come cittadini che quotidianamente si impegnano nei territori per cercare di garantire le migliori risposte alle criticità che le nostre Comunità esplicitano, siamo molto preoccupati per le proposte in discussione relative alle modifiche all’unico sistema di accoglienza migranti effettivamente pubblico, strutturato, non emergenziale che abbiamo in Italia», si legge in un documento congiunto sul decreto Cutro che porta le firme dei sindaci di #Roma, #Roberto_Gualtieri, di #Milano #Beppe_Sala, di #Napoli #Gaetano_Manfredi, di #Torino #Stefano_Lorusso, di #Bologna, #Matteo_Lepore e di #Firenze, #Dario_Nardella. «La preoccupazione delle città – si legge nel documento – è massima a fronte di emendamenti proposti da alcuni partiti al DL 591 dopo le tante evidenze a cui il nostro ordinamento ha dovuto porre rimedio in questi anni». Secondo il fronte dei sindaci dem, l’esecutivo non deve «ragionare in ottima emergenziale: è sbagliato immaginare l’esclusione dei richiedenti asilo dal Sai, precludendo loro qualunque percorso di integrazione e una reale possibilità di inclusione ed emancipazione nelle nostre comunità».
«No alla cancellazione della #protezione_speciale»
Sala, Gualtieri, Manfredi, Lo Russo, Lepore e Nardella non condividono la cancellazione della protezione speciale, confermata anche ieri, sabato 15 aprile, dalla stessa premier Meloni durante il suo viaggio in Etiopia. Per i sindaci delle maggiori città si tratta, infatti, di «una misura presente in quasi tutti i paesi dell’Europa occidentale, mentre circa il 50% dei migranti presenta vulnerabilità ed è in parte significativa costituito da nuclei familiari. Queste scelte, qualora adottate, non potrebbero che procurare infatti una costante lesione dei diritti individuali e innumerevoli difficoltà che le nostre comunità hanno già dovuto affrontare negli anni scorsi, a fronte di un importante aumento di cittadini stranieri condannati appunto all’invisibilità», si legge nel documento congiunto. Tutto questo – scrivono i primi cittadini – «mentre il sistema dei Cas, mai uscito da un assetto emergenziale, è saturo e purtroppo inadeguato ad accogliere già oggi chi proviene dai flussi della rotta mediterranea come da quella balcanica. Insufficiente, sia per numeri sia per le modalità d’accoglienza sia per i servizi di accompagnamento, protezione ed inclusione, assenti. E in questo quadro occorre ripensare anche il sistema di accoglienza dei minori stranieri non accompagnati cui occorre applicare logiche distributive che evitino la concentrazione nelle sole grandi città», prosegue il documento dei sindaci.
«Le nostre città sono infatti impegnate già oggi, spesso con sforzi oltre i propri limiti e frequentemente oltre le proprie funzioni e competenze, a porre rimedio con risorse proprie alle manchevolezze di un sistema nazionale adeguato. La soppressione della possibilità di costruire un unico sistema di accoglienza pubblico, trasparente e professionale (come il Sai), garantendo percorsi dignitosi e tutelanti anche per le persone richiedenti protezione internazionale, non può comportare la nascita di nuovi grandi centri di accoglienza o detenzione nei nostri territori. La storia degli ultimi vent’anni di accoglienza in Italia dimostra chiaramente come modelli emergenziali, con standard qualitativi minimi e volti al mero “vitto e alloggio” abbiano procurato ferite enormi nelle nostre comunità e non abbiano garantito diritti esigibili alla popolazione rifugiata. E soprattutto abbiano fallito processi di inclusione efficaci e duraturi», prosegue il documento.
Le proposte
Dopo questa lunga premessa, i sindaci dem hanno poi avanzato delle proposte sul tema. «1. Sia rinforzata l’unitarietà del Sistema di Accoglienza italiano, valorizzando l’esperienza virtuosa del Sai, ovvero supportando attivamente la rete dei Comuni che quotidianamente affrontano in prima persona le sfide che i movimenti migratori in ingresso sottopongono ai nostri servizi, ai nostri territori e alle nostre comunità. Con un solo obiettivo: garantire percorsi di effettiva inclusione e tutela compatibili con i territori, evitando grandi centri di accoglienza, senza servizi e senza tutele, per tutti», scrivono. «2. Il Sai rimanga accessibile a richiedenti protezione e rifugiati». I primi cittadini chiedono poi che i Cas, ovvero i centri di accoglienza straordinari, vengano trasformati «in hub di prima accoglienza, dedicati alle procedure di identificazione e di screening sanitario per poi procedere a trasferimenti rapidi nel sistema di seconda accoglienza ed inclusione, appunto il Sai».
Al punto 4, i sei amministratori chiedono inoltre che «vengano ripristinati i criteri di riparto che il Piano nazionale di accoglienza aveva indicato. In assenza di azioni positive mirate o, peggio, con azioni sbagliate, le ricadute saranno infatti l’irregolarità diffusa o lunghi percorsi di ricorsi giudiziari che paralizzeranno le vite di molte persone inabilitandole e rendendole facili prede del lavoro nero, che invece non manca». Infine, «ci auspichiamo – continuano – che ancora una volta l’Italia non si contraddistingua per una regressione relativa al sistema di accoglienza per richiedenti asilo e rifugiati: da troppi anni questo tema necessita di una riforma importante e strutturale, che miri ad un equilibrio nazionale del sistema di accoglienza imprescindibile dal coinvolgimento dei Comuni e dagli obiettivi di inclusione, protezione e con una diffusione omogenea a livello nazionale. Siamo convinti, insieme ad altre voci autorevoli, che dopo circa vent’anni e anche alla luce di alcuni temi di strutturale cambiamento demografico e sociale non si debba continuare a parlare di emergenza e che proprio in questo momento occorra la lungimiranza di aprire una discussione per scegliere una via legale all’immigrazione e alla regolarizzazione degli immigrati già presenti in Italia, anche attraverso il ricorso allo ius scholae, premessa a comunità solidali, capaci di proporre percorsi di vera emancipazione e autonomia alle persone nel pieno interesse del nostro Paese», concludono i sindaci.
▻https://www.open.online/2023/04/16/immigrazione-sindaci-grandi-citta-vs-governo-meloni
#Italie #villes-refuge #decreto_Cutro #villes #Naples #Turin #Milan #Rome #Florence #Bologne #résistance #protection_spéciale
]]>#Plataci. Il piccolo comune salvato dai rifugiati, i rifugiati salvati dal piccolo comune.
Come scongiurare la morte di un piccolo comune? Plataci ha trovato nell’accoglienza un elisir di lunga vita.
Il piccolo comune si chiama Plataci ed è storicamente popolato dagli #arbëreshë, italo-albanesi, che parlano ancora l’antica lingua. Il paese è appollaiato sulla montagna, nel parco del Pollino, in provincia di Cosenza. A vederlo sulla mappa dista poco più di dieci chilometri dal mare, ma sono dieci chilometri virtuali, orizzontali. La realtà è la verticalità di una montagna che si erge dalla piana di Sibari e va su, dritta, per mille metri.
Alla fine dei tornanti c’è piazza del Popolo, la piazza principale di Plataci. E’ un pomeriggio d’inizio estate, nel piccolo parcheggio c’è posto per la mia macchina. Scendo. C’è qualcosa che non torna, qualcosa di anomalo: non il clima, assolato ma fresco, non l’odore di bosco. Sono i suoni. Nei piccoli borghi isolati sulle montagne generalmente regna il malinconico silenzio dell’abbandono e i passi risuonano sul selciato delle viuzze come un’eco spettrale di vite passate. Qui, al contrario, lo spazio risuona di voci liete, risate, gridolini. La piazza è gremita di bambini. E’ in atto una partitella di calcio rotta da incursioni di bande di ragazzine e da gruppetti di bimbi più piccoli impegnati in altri giochi. Conquista palla un bambino che – penso – potrebbe avere sette anni; ha la pelle scura, ma non scura come i gemelli dell’altra squadra, un po’ più grandi.
Io oggi sono qui per salutare due famiglie, una eritrea e una nigeriana. Cerco di individuarne i figli tra i ragazzini che giocano sulla piazza. Ma non è facile, perché a Plataci i bambini stranieri sono 25: diciotto nel progetto SAI e cinque fuori (hanno concluso il percorso di integrazione ma sono rimasti a vivere qui, perché i loro genitori si trovano bene).
I bambini immigrati hanno salvato il piccolo comune di Plataci.
Anche Maria Rosaria Bellusci, portavoce dell’associazione Jete , che gestisce il centro SAI locale, ha dei figli, due, anche loro sono in piazza a giocare. La più grande ha sette anni e frequenta la scuola elementare di Plataci. “Senza scuola” mi spiega Maria Rosaria “ci saremmo dovuti trasferire sulla costa. Come noi, altre famiglie”.
La scuola di Plataci è appena sopra piazza del Popolo: scuola materna, elementare e… media.
“Avete anche le medie???”
Sì, ci sono studenti sufficienti a tenere aperta la scuola media. E’ una situazione rarissima nei piccoli comuni italiani. Pensate che Plataci conta solo 673 abitanti (dati Istat 2022).
Come è stato possibile questo miracolo?
Grazie al centro di accoglienza.
Da anni Plataci ospita famiglie di varie nazionalità africane e asiatiche. Ad ognuna è stato assegnato un appartamento indipendente nel cuore del paese. I bambini hanno fatto da collante tra le famiglie e tutti sono fieri del clima interculturale che si è naturalmente creato.
I piccoli comuni italiani, privi di bambini, stanno subendo la lenta agonia dell’invecchiare e morire: chiude la scuola, le famiglie se ne vanno, chiudono i negozi, restano solo gli anziani. Alcuni comuni stanno provando a vendere case (da ristrutturare) ad un euro, ma l’iniziativa non pare funzionare. Il sistema di Plataci, al contrario, ha contribuito non solo a salvare la scuola (e chi ci lavora) ma anche i negozi. Grazie al SAI sono sopravvissuti i negozietti di generi alimentari. “Noi incentiviamo tutti a spendere i loro soldi qui a Plataci” mi spiega Maria Rosaria. La microeconomia del luogo è viva e vegeta e qui si è ritornati anche a coltivare campi, prima abbandonati per mancanza di manodopera.
Plataci ha salvato i bambini immigrati.
Me ne sto in quella piazza, piazza del Popolo, seduta al tavolino del bar, tra altri tavoli di anziani che giovano a carte. Chiacchiero con i responsabili del progetto SAI, sorseggiando un bicchiere di Cirò rosso. Mi indicano i bambini che giocano: sì, il calciatore di sette anni è il piccolo di Rahel, la mamma eritrea che sono venuta a salutare, e i gemelli sono i figli della famiglia nigeriana che io e Amr abbiamo mandato qui due mesi fa.
Dal mio tavolo vedo due donne passeggiare chiacchierando. Una è Rahel. Mi alzo e la chiamo a gran voce. Si gira. Attraversiamo di corsa la piazza, io da una parte e lei dall’altra, e al centro ci abbracciamo come due vecchie amiche che non si vedono da un po’.
In realtà è la prima volta che vedo Rahel, anche se la conosco da più di due anni. Fino al 28 di febbraio scorso (soprav)viveva a Tripoli, in Libia, assieme ai suoi figli. Dentro e fuori i lager libici. Poi, finalmente, è stata evacuata dal governo italiano, era sullo stesso volo del mio amico Lam e delle donne che ho conosciuto nelle Marche.
Anche Blessing, nigeriana, è passata per la Libia, ma senza figli. E’ riuscita a sopravvivere al viaggio e ha fatto venire in Italia i suoi bambini con un ricongiungimento familiare. Per ciò che la sua famiglia ha subito in Nigeria, questa donna coraggiosa ha avuto l’asilo politico. Il suo quarto figlio è nato in Italia, ha otto mesi e mi sorride cercando di mangiare tutto ciò che si trova sul tavolo. Maria Rosaria lo tiene in braccio e riesce a togliergli di bocca un foglio di carta, il bitter Campari, una gomma e un pastello arancione, il tutto senza farlo arrabbiare.
Adesso siamo in quattro attorno al tavolo, quattro donne, ognuna con una sua storia e differenti origini. Una cosa ci accomuna: siamo quattro mamme. Ci capiamo bene. I nostri figli sono andati a giocare (tranne il piccolino intenzionato a mangiare il tavolo), i nostri figli vanno a scuola, i nostri figli la notte dormono in un letto. Adesso. Prima non era così. I figli di Rahel e Blessing hanno subito guerre, attacchi armati, deportazioni nei lager, fame e tutta una serie di ingiustizie immani.
Il piccolo comune con un’ampia veduta sul futuro.
Plataci ha deciso di salvare i bambini e le loro famiglie perché… era GIUSTO salvarle. Questo a prescindere dai vantaggi demografici poi ottenuti. C’è un’idea forte di giustizia sociale che anima questa comunità così viva. C’è la curiosità di conoscere l’altro. C’è la voglia di combattere le ingiustizie. E c’è, soprattutto, la cultura.
Alcuni comuni italiani privi di un’idea culturale hanno aperto progetti SAI per un mero tornaconto personale e ghettizzato gli accolti. La cosa non funziona, gli accolti abbandonano i progetti e il paese continua a morire. A Conza della Campania (AV) ad esempio i rifugiati vengono alloggiati nel vecchio paese terremotato abbandonato dagli abitanti, che invece vivono in case nuove nel paese nuovo. Zero integrazione, altissimo tasso di abbandono del progetto e del comune.
Altri paesini hanno addirittura cacciato i rifugiati oppure non li hanno mai voluti, perché in Italia vengono aperti centri di accoglienza soltanto nei comuni che ne accettano la presenza. E’ emblematico il caso di Borgo Pace, nella provincia di Pesaro e Urbino, che due mesi fa ha scritto a Mattarella lamentando l’imminente chiusura della sua scuola elementare. La lettera è finita su tutti i giornali ma nessuno ha fatto una ricerca sul passato di questo piccolo comune che nel 2016 protestò ritenendo che 60 richiedenti asilo sul totale di 660 abitanti fossero troppi e li fece sloggiare. Se fossero rimasti, adesso magari avrebbero bambini come questi sotto (che invece vivono a Plataci!). Ho comunque telefonato alla sindaca di Borgo Pace, che mi ha detto che per il prossimo anno la loro scuola è salva: hanno preso delle famiglie ucraine. Il problema è che sono qui solo provvisoriamente e quando torneranno alle loro case il piccolo comune riprenderà a morire lentamente. Ed è brutto morire da soli.
A Plataci non si vedono famiglie ucraine. Non ci sono, ammettono i responsabili del SAI. Strano, mi dico, tutta Italia ne è piena. Sì, e sarebbe stato semplice ed economicamente vantaggioso chiederli e prenderli, perché lo Stato italiano paga direttamente per la loro accoglienza, i soldi arrivano subito, non dopo un anno o due. Il fatto è che il centro di accoglienza di Plataci era già pieno di famiglie africane, c’era solo un appartamento libero e hanno deciso di assegnarlo alla famiglia nigeriana di Blessing, che si trovava in estrema difficoltà e che nessuno voleva accogliere. Una scelta economicamente poco conveniente e dettata dal cuore? Sì, ma anche dettata da quella ampia visione del futuro che qui a Plataci sembrano avere tutti: gli ucraini se ne andranno, i quattro bimbi di Blessing cresceranno qui.
Dalle finestre della case di Plataci si ammira il panorama di tutto lo Ionio, da Taranto a Riace, qui la gente è abituata ad avere una visione ampia del presente e del futuro.
▻https://saritalibre.it/plataci-piccolo-comune-rifugiati-accoglienza
#Calabre #asile #migrations #réfugiés #accueil #Italie #villes-refuge
]]>Soins médicaux pour personnes sans assurance maladie
Vous vivez dans la ville de Zurich, vous n’avez pas d’assurance maladie et vous êtes malade ou ressentez des douleurs ?
Dans la ville de Zurich, il existe différentes offres pour les personnes sans assurance maladie. Si vous vivez depuis au moins 3 mois dans la ville de Zurich, les coûts sont pris en charge.
▻https://www.stadt-zuerich.ch/gud/de/index/gesundheitsversorgung/medizin/nkv/nkv-fr.html
#sans-papiers #Zurich #Suisse #villes-refuge #migrations #soins_médicaux #santé #assurance_maladie #accès_aux_soins
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Humanitarian support - cities of #Rijeka & #Zagreb
The City of Rijeka was the first local community to organise humanitarian support and on Tuesday, November 22, the City of Zagreb followed suit – by opening a humanitarian site for migrants behind the Central Train Station next to the Paromlin building. Deputy Mayor #Luka_Korlaet stressed that the current city administration wants to present a humane face towards migrants, and that the whole process is coordinated in cooperation with the Ministry of the Interior.
▻https://www.youtube.com/watch?v=iBFcaVkq2eE
The humanitarian site serves as a short-term stop offering a warm meal, hygiene products, a heated tent and showers every day from 8 a.m. to 8 p.m. Koralet also stated that with Croatia joining Schengen, the “migration crisis will be behind us”, and that “from 1 January onwards, the circumstances will change significantly”.
#Croatie #villes-refuge #asile #migrations #réfugiés #Balkans #route_des_Balkans
via Inicijativa Dobrodosli (mailing-list du 25/11/2022)
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The city of Rijeka decided to help and provide a temporary reception center for migrants in the move
Concerning the continuous arrival of refugees and other migrants in Croatia who, due to their unregulated residence, are denied access to accommodation facilities, hygiene facilities, and other services essential to life, local self-government units in Croatia (mainly Zagreb, Rijeka, Pazin, Buje, and Buzet) are currently facing with a serious humanitarian crisis. The city of Rijeka (▻https://www.novilist.hr/rijeka-regija/rijeka/na-rijeckom-zeljeznickom-kolodvoru-ureduje-se-prihvatni-centar-za-migrante-pogledajte-na-sto-to-sad-lici/?meta_refresh=true), as the first local self-government unit in Croatia, decided to provide a temporary reception center for migrants at the Rijeka railway station, which will include hygiene containers, mobile sanitary facilities, and tents for the distribution of meals, however, this decision was met with resistance from Croatian railroads infrastructure which opposes placing any containers or tents near the railway station.
Similar to the Rijeka station, we are witnessing a dehumanizing situation also at the Zagreb Central Station for some time now, where people find refuge in an area without basic living conditions. This week we also witnessed a police intervention by which a group of people who were there was stuffed into a police van and taken in an unknown direction. Such practices allegedly take place daily. However, unlike in Rijeka, where the City and the Archdiocese are actively trying to find a solution to the current situation and provide people with basic humanitarian conditions, in Zagreb we are still waiting for the reaction of the local authorities. It is high time to stop postponing solidarity – we call on the City of Zagreb to react urgently and direct its resources to the organization of accommodation, access to showers and adequate sanitary facilities, help with food, and the organization of other services crucial to life.
▻https://welcome.cms.hr/index.php/2022/10/31/the-city-of-rijeka-decided-to-help-and-provide-a-temporary-reception-cen
#Rijeka #Croatie #villes-refuge #accueil #réfugiés #migrations #asile #Zagreb #Pazin #Buje #Buzet #crise_humanitaire #Balkans #route_des_Balkans
ping @karine4
Mimmo Lucano, chiesti 10 anni e 5 mesi di reclusione in appello per l’ex sindaco di Riace
Requisitoria dei sostituti procuratori generali Adriana Fimiani e Antonio Giuttari: chiesti meno dei 13 anni e 2 mesi inflitti in primo grado. Rilevate alcune prescrizioni e chiesta l’assoluzione per una parte della truffa. I legali Andrea Daqua e Giuliano Pisapia: «Condivise in parte le nostre osservazioni, spiegheremo i nostri motivi e speriamo in esito positivo»
Dieci anni e 5 mesi di reclusione. È la richiesta della Procura generale di Reggio Calabria per l’ex sindaco di Riace Mimmo Lucano, il principale imputato del processo Xenia che si sta celebrando davanti alla Corte d’Appello e che è nato da un’inchiesta della Guardia di finanza sulla gestione dei progetti di accoglienza dei migranti. Nell’udienza di oggi, c’è stata la requisitoria dei sostituti procuratori generali Adriana Fimiani e Antonio Giuttari che hanno chiesto per Lucano una pena inferiore rispetto ai 13 anni e 2 mesi inflitti in primo grado dal Tribunale di Locri nel settembre 2021.
In sostanza, per la Procura generale l’ex sindaco di Riace dovrebbe essere condannato per reati che riguardano la gestione del denaro pubblico. Lucano nel 2018 era stato arrestato dai finanzieri. Sottoposto prima ai domiciliari e poi al divieto di dimora, è ancora sotto processo per i reati di associazione per delinquere, truffa, peculato, falso e abusi d’ufficio. Come per la Procura di Locri, che aveva coordinato le indagini, anche per i sostituti pg, l’ex sindaco Lucano sarebbe stato il promotore di un’associazione a delinquere ai danni dello Stato. Stando all’impianto accusatorio, si tratta di un’associazione che avrebbe avuto lo scopo di commettere “un numero indeterminato di delitti (contro la pubblica amministrazione, la fede pubblica e il patrimonio), così orientando l’esercizio della funzione pubblica del ministero dell’Interno e della prefettura di Reggio Calabria, preposti alla gestione dell’accoglienza dei rifugiati nell’ambito dei progetti Sprar, Cas e Msna e per l’affidamento dei servizi da espletare nell’ambito del Comune di Riace”.
Rispetto alla sentenza di primo grado, al termine della requisitoria i sostituti procuratori generali hanno rilevato la prescrizione per i due presunti abusi d’ufficio: quello relativo alla mancata riscossione da parte del Comune dei diritti per il rilascio delle carte di identità, e quello sull’affidamento della raccolta dei rifiuti a due cooperative che utilizzavano gli asinelli per effettuare il servizio nel borgo ma che erano prive dell’iscrizione all’albo regionale. È stata, inoltre, chiesta l’assoluzione per una parte del reato di truffa contestato a Lucano. La Procura generale, infine, ha riconosciuto l’unificazione di tutti reati con il vincolo della continuazione. Questo è il motivo per il quale l’accusa ha ridotto la richiesta di condanna rispetto alla sentenza di primo grado.
Sentenza che dovrebbe essere rideterminata anche per buona parte degli altri 15 imputati: Fernando Antonio Capone (8 anni e 10 mesi di carcere), Cosimina Ierinò (8 anni e 1 mese), Jerry Tornese (5 anni), Pietro Curiale Oberdan (4 anni e 8 mesi), Abeba Abraha Gebremarian (4 mesi con pena sospesa), Giuseppe Ammendolia (2 anni e 10 mesi), Nicola Auddino (4 anni), Assan Balde (8 mesi con pena sospesa), Oumar Keita (8 mesi con pena sospesa), Anna Maria Maiolo (4 anni e 8 mesi), Gianfranco Musuraca (4 anni), Salvatore Romeo (4 anni e 10 mesi), Maria Taverniti (4 anni e 4 mesi), Lemlem Tesfahun (4 anni e 8 mesi) e Filmon Tesfalem (8 mesi con pena sospesa). È stata chiesta, infine, l’assoluzione per Cosimo Damiano Musuraca e Maurizio Senese.
Al termine dell’udienza, l’intervento dei pg in aula è stato commentato dagli avvocati Andrea Daqua e Giuliano Pisapia, difensori di Mimmo Lucano. “È stata una requisitoria serena, pacata – ha affermato Pisapia – In parte i sostituti procuratori generali hanno condiviso quanto è stato sollevato da noi come difesa di Mimmo Lucano in contrasto con la sentenza di primo grado. Su altri punti non condividiamo sia le richieste di condanna che le motivazioni. Adesso iniziano le difese e noi confidiamo in una sentenza positiva”. “Aspetteremo l’esito della Corte d’Appello”, ha affermato, invece, Daqua che ha comunque apprezzato come la “Procura generale abbia condiviso l’eccezione sulla inutilizzabilità di alcune intercettazioni così come previsto dalla sentenza ‘Cavallo’ della Corte di Cassazione”. “Nel nostro intervento – ha aggiunto – spiegheremo i motivi del nostro appello e chiaramente speriamo in un esito positivo perché abbiamo sempre ritenuto che i reati contestati a Mimmo Lucano sono insussistenti”.
▻https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/10/26/mimmo-lucano-chiesti-10-anni-e-5-mesi-di-reclusione-in-appello-per-lex-sindaco-di-riace/6852176
#processo_Xenia #Xenia #procès_Xenia
#Mimmo_Lucano #Domenico_Lucano #Riace #procès #appel #justice #Italie #Calabre #villes-refuge
]]>Il #fuorilegge
In ogni periodo di crisi le disuguaglianze rischiano di allargarsi e i diritti di essere rispettati sempre meno. Da dove può ripartire oggi l’Italia? Nel disastro economico e sociale in cui siamo precipitati all’improvviso, abbiamo un enorme bisogno di idee. Prima di diventare un modello per ridare vita a una comunità, Riace era un’idea. O meglio, un’idea di futuro che a Mimmo Lucano venne in mente per la prima volta guardando il mare.
A Riace, alla fine degli anni novanta, non esistevano quasi più né l’agricoltura, né l’allevamento. L’unica possibilità per i pochi abitanti rimasti era fuggire. Poi il sistema di accoglienza diffuso creato da Lucano ha cambiato tutto. Le case del centro, da tempo abbandonate, si sono ripopolate. Centinaia di rifugiati hanno potuto ricostruire le loro famiglie e hanno rimesso in moto l’economia del paese.
Ma Lucano, si sa, è un fuorilegge. Il 2 ottobre 2018, mentre il ministero dell’Interno era sotto la responsabilità di Matteo Salvini, è stato arrestato con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. I progetti di accoglienza sono stati chiusi e il paese di nuovo spopolato. Lucano non ha mai smesso di credere nella sua idea: ogni comunità deve fondarsi sul rispetto della dignità umana.
La storia di Mimmo Lucano è la storia dell’Italia, perché il suo coraggio ha saputo indicare il confine oltre il quale una democrazia tradisce i propri valori fondamentali. Un racconto personale ed eroico di piccoli gesti che diventano grandissimi. Una testimonianza diretta e profonda che ci invita ad aprire gli occhi su chi siamo e su chi vogliamo essere.
“Con l’accoglienza, Riace aveva dimostrato di avere un’anima, aveva riscoperto la propria identità.”
Si può infrangere una legge ingiusta? Un racconto personale e allo stesso tempo collettivo, che mette alla prova la nostra democrazia e, soprattutto, noi stessi.
▻https://www.feltrinellieditore.it/opera/opera/il-fuorilegge
#Lucano #Mimmo_Lucano #livre #Riace #accueil #réfugiés #migrations #Calabre #villes-refuge
]]>"Sans eux, on ne serait plus là" : en #Calabre, un petit village survit grâce aux migrants
À #Camini, un petit village isolé de Calabre, dans le sud de l’Italie, une centaine de migrants arrivés ces dernières années vivent et travaillent grâce à une coopérative créée par les habitants. Leur présence a permis au bourg de retrouver un semblant d’activité. Reportage.
Il faut essayer d’imaginer la place du village il y a quarante ans. Elle était, selon les dires, animée et bruyante. Les habitants aimaient discuter, accoudés à l’un des trois bars que comptait alors Camini, bourg de Calabre qui surplombe une vallée d’oliviers plongeant dans la mer. Mais désormais le cœur de Camini est triste. En cette fin septembre, la terrasse dressée sur l’esplanade proche de la mairie est quasiment vide, comme les rues. En contrebas, une meute de chiens errants aboie et court au milieu d’une route sans déranger les voitures qui de toute façon n’y roulent pas.
Dans les années 1990, les habitants ont déserté Camini, où vivent 800 personnes, réparties entre deux zones : la basse, près de la mer, et la haute, perchée sur la colline. La faute au manque d’emploi dans cette région pauvre du sud de l’Italie, où le tourisme peine à se développer malgré la beauté des lieux.
Camini n’était en rien une exception au moment de l’exode de sa population, mais elle semble en être une aujourd’hui. Car sur ses hauteurs, la vie a repris timidement ces dernières années. Un bar restaurant - l’unique désormais - a ouvert ; l’école primaire, qui pendant 20 ans ne comptait plus qu’une classe, en compte désormais quatre ; et un distributeur automatique de billets y a pris ses quartiers en 2020 pour le bonheur du plus grand nombre.
« Tout ce qui est là est lié aux migrants », lance Rosario Zurzolo, enfant du pays. Cet homme de 45 ans à l’air pressé a dû quitter son village natal à la vingtaine, la mort dans l’âme, pour trouver du travail ailleurs. De retour quelques années plus tard, il a cofondé en 1999 la coopérative EuroCoop Camini dans le but de contenir l’hémorragie des habitants en créant des emplois. Mais les choses n’ont vraiment changé qu’à partir de 2016, quand la municipalité a remporté un appel à projets du ministère de l’Intérieur concernant l’accueil de migrants. Selon ce projet, EuroCoop Camini touche 35 euros par jour et par migrant pour couvrir leurs besoins du quotidien et leur logement.
Aujourd’hui environ 150 migrants, venus d’Afghanistan, du Maroc, de Tunisie, de Libye, du Soudan du Sud, du Pakistan, du Bangladesh, du Nigeria, de Syrie, vivent à Camini, ce qui en fait l’une des communes de la péninsule au plus fort taux d’immigrés parmi sa population. Leur présence, à elle seule, a suscité un élan de solidarité d’organismes qui ont injecté de l’argent dans les caisses du village. La coopérative embauche 18 personnes et a ouvert plusieurs ateliers d’artisanat dans lesquels travaillent des réfugiés : céramique, travail du bois, création de vêtements et d’art.
Dans les rues du village, des femmes voilées et leurs enfants se baladent, passant devant les vieux Italiens qui campent sur le perron de leur maison. Rosario Zurzolo ne rate rien des allers et venues. Le regard partout, il gratifie chacun d’un « Ciao ! » ou d’une tape dans le dos. « On a créé une sorte d’économie circulaire », explique-t-il fièrement. « Les gens que vous croisez ici sont pour la plupart mes employés. »
"La première arabe"
Amal Ahmad Okla se décrit comme « la première arabe » de Camini. Arrivée en 2016, cette Syrienne de 43 ans et mère de cinq enfants a fui Damas en 2013 pour le Liban. Après trois ans de misère, sans travail, elle a pu bénéficier du programme de relocalisation du Haut-commissariat des Nations unies pour les réfugiés (HCR) et démarrer une nouvelle vie en Italie, à Camini. En Syrie, son frère et sa mère ont été tués en même temps dans un bombardement.
« C’était difficile au début, surtout à cause de la barrière de la langue », explique-t-elle, en arabe. Elle a depuis appris les rudiments de l’italien et à manier le métier à tisser. Dans un local du village niché dans une rue étroite, elle confectionne, en djellaba et pieds nus, de petits tapis et des sacs, qui sont mis en vente dans une boutique attenante. Les acheteurs par ici sont rares mais, quoi qu’il en soit, Amal Ahmad Okla touche environ 500 euros par mois pour ce travail. Elle est payée par EuroCoop Camini qui bénéficie, outre l’aide de l’Etat, de dons de différentes organisations.
« L’idée, c’est de donner une activité à ces gens, commente Rosario Zurzolo. C’est de la thérapie par l’art. »
Amal Ahmad Okla a l’air absente en maniant le métier à tisser. Six ans après son arrivée, elle dit se sentir toujours perdue dans ce petit village isolé. « Les gens sont gentils et accueillants. Je trouve que leur mentalité est similaire à celle des arabes car ils sont très proches de leur famille, les plus âgés vivent avec leurs enfants et petits-enfants », observe-t-elle. « Je ne suis pas inquiète quand ma fille sort le soir dans le village, je suis en sécurité ici. Mais la Syrie me manque. » Surtout, cette femme se pose des questions sur son avenir, dans une commune qui n’a rien à offrir à ses enfants âgés de 9 à 21 ans. « Ils vont devoir partir pour faire leurs études. Mon destin dépendra de l’endroit où ils iront. À Camini, il râlent tout le temps. Ils s’ennuient. Ils se plaignent par exemple qu’on n’aille pas plus souvent à la mer, pourtant proche, mais c’est un gros voyage en bus pour nous. »
Non loin de là, la famille d’Haseed Bukari, originaire du Pakistan, tient une boutique depuis 2019. Les parents de ce jeune homme de 17 ans confectionnent des accessoires (sacs, taies d’oreillers, serre-têtes…) dans une petite pièce remplie de moustiques.
« Cela fait sept ans qu’on est là mais on ne se sent toujours pas stables », explique Haseed Bukari, traduisant les paroles de ses parents à ses côtés. La famille avait une première fois tenté de se reconstruire en Libye, avant la chute de Mouammar Kadhafi. Puis, en 2014, ils se sont résignés à partir, à bord d’un bateau sur la Méditerranée. « Mes parents adorent Camini, poursuit Haseed Bukari, mais le problème, c’est les transports. Ils ont besoin de se rendre régulièrement à la préfecture pour renouveler leur titre de séjour, et je dois y aller avec eux pour traduire. Mais c’est si loin que ça me fait rater à chaque fois une journée d’école. » L’adolescent fêtera ses 18 ans en décembre : « La première chose que je vais faire, c’est trouver une voiture. »
"Peut-être qu’un jour, le maire s’appellera Mohamed"
Attablé à la place du village, Pino Alfarano, le maire, cheveux blancs gominés et gourmette au poignet, dresse un bilan différent. « La coopérative donne aux personnes de l’espoir et aux jeunes, une nouvelle vie », assure-t-il. Pour sa commune, le constat est positif même si la vie est différente d’antan.
« Sur cette place, avant, il y avait beaucoup de personnes qui parlaient la même langue. Maintenant il y a des gens, parfois, mais qui ne parlent pas la même langue », sourit-il, expliquant qu’il ne comprend pas l’arabe mais parvient à communiquer avec « le langage corporel ».
« Nous ne serions pas là sans les migrants. Tout le monde serait parti de Camini », renchérit Rosario Zurzolo. Ce dernier assume avoir été influencé par Riace, un village voisin devenu un modèle en terme d’intégration des migrants, après que le maire a ouvert les portes de maisons laissées à l’abandon pour les loger.
Quant aux critiques, les deux hommes forts du village les balaient d’un revers de la main. « Certains disent qu’on en fait plus pour les migrants que pour les Italiens. Mais beaucoup d’Italiens ne veulent tout simplement pas s’impliquer dans la communauté », commente Pino Alfarano, calmement. « Je ne suis en tout cas pas inquiet à l’idée que notre culture se perde. Il y a toujours beaucoup plus d’Italiens que de migrants ici et les jeunes qui arrivent apprennent notre culture par le biais de l’école. Qui sait, peut-être qu’un jour l’un d’eux sera le nouveau maire. Un maire qui s’appellera Mohamed. Et alors ? Cela n’a aucune importance. »
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Europe welcomes - A decent and humane asylum policy is possible in Europe
At times when European solidarity was lacking and public policy on asylum became more restrictive in some Member States, thousands of European cities and municipalities declared themselves safe harbours and cities of refuge. As a response to the disaster in Moria, the humanitarian catastrophe in Afghanistan, and more recently the war in Ukraine, municipalities stepped up their efforts to welcome people fleeing, no matter where they come from.
This interactive map demonstrates that solidarity initiatives on the local level go beyond existing national efforts in welcoming and integrating asylum-seekers and refugees. We believe that a greater role and involvement of municipalities in decision-making can lead towards creating a more humane, effective and efficient EU asylum system.
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Il Villaggio globale di Riace ripopolato dagli afghani: nonostante tutto, l’accoglienza non si ferma
Mentre l’ex sindaco Mimmo Lucano attende la sentenza d’appello, una rete di associazioni mantiene in vita il borgo con aiuti e sottoscrizioni “contro la criminalizzazione di un modello solidale”
Dall’Afghanistan a Riace per ricostruire una nuova vita. Quattro famiglie sono arrivate nel mese di giugno nel borgo calabrese, dove l’accoglienza ministeriale è stata bloccata poco dopo l’avvio del procedimento giudiziario contro Mimmo Lucano. Il processo di appello all’ex sindaco, condannato in primo grado a 13 anni e 2 mesi di carcere con una serie di accuse legate alla gestione dei progetti di accoglienza dei richiedenti asilo, è iniziato il 25 maggio. Il 6 luglio è fissata la prossima udienza.
Ezatullah e Roqia, 30 e 29 anni sono arrivati a Riace dopo una lunga attesa. «Abbiamo trascorso quasi nove mesi in Pakistan. Veniamo da Kandahar. Siamo fuggiti con la nostra bimba di tre anni alla fine di agosto e siamo riusciti ad attraversare il confine. Io lavoravo con gruppi di statunitensi, mentre mia moglie era una maestra. Non potevamo restare, rischiavamo entrambi tremende ritorsioni», raccontano a L’Espresso.
Entrare o uscire dal Pakistan non è facile. Ezatullah e la sua famiglia hanno dovuto aspettare che venisse loro concesso un visto, che costa circa 800 euro a persona. A Riace sono quindi arrivati tramite un percorso umanitario gestito dall’associazione #Jimuel Onlus.
«Ci siamo presi carico del costo del visto e del viaggio. Lo Stato italiano chiede infatti delle garanzie per l’arrivo delle persone provenienti dall’Afghanistan. Noi siamo riusciti a coprire i costi per quattro famiglie tramite le sottoscrizioni di privati che hanno donato quote all’associazione. Riace, subito dopo l’invasione russa, si era resa disponibile anche ad accogliere famiglie ucraine, ma serviva un’approvazione formale, che il Consiglio Comunale non ha dato», racconta Isidoro Napoli, presidente di Jimuel.
A Riace Ezatullah e Roqia hanno iniziato la propria ripartenza. Roqia ha una borsa lavoro in un laboratorio di sartoria ed entrambi stanno frequentando la scuola di italiano. «Vedo il mio futuro qui, prima di arrivare speravo di trovare un buon posto in cui vivere ma non potevo esserne sicuro. Il nostro obiettivo è imparare l’italiano prima possibile e iniziare la nostra nuova vita», prosegue Ezatullah.
Un “modello Riace” in versione ridotta sta quindi ricominciando. Le famiglie afghane sono ospitate all’interno del cosiddetto Villaggio globale, la zona del borgo in cui le decine di case abbandonate dai cittadini emigrati nel Nord Italia o all’estero vengono affittate, tramite un’associazione, alle famiglie rifugiate.
«Gli afghani stanno ripopolando il borgo ma in realtà l’accoglienza spontanea a Riace non si è mai fermata», racconta Mimmo Lucano.
E non si è fermata nonostante nel 2016 sia iniziata la trafila giudiziaria per l’ex sindaco e nel 2017 siano stati congelati i fondi del progetto Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, sostituito nel 2018 dal Sipromi, Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per i minori stranieri non accompagnati e nel 2020 dal Sai, Sistema accoglienza Integrazione), finanziato con fondi del ministero dell’Interno.
Dopo che a Riace vennero bloccati i progetti in corso, i migranti vennero trasferiti in altri centri sparsi in tutta Italia. Il blocco dei finanziamenti ha di fatto paralizzato l’accoglienza a Riace: il borgo si era nuovamente spopolato, anche se c’era chi aveva comunque deciso di restare. Il modello Riace, iniziato nel 1998 con i primi sbarchi di curdi e ampliato nei vent’anni successivi, ha contribuito, secondo molti, a fermare lo spopolamento del piccolo centro. In quindici anni il Paese era infatti tornato ai livelli di popolazione del 1920, arrivando a superare i 2.500 abitanti, mentre negli anni Novanta abitavano a Riace solo 1.600 persone.
La storia di accoglienza del borgo calabrese parte da lontano e ha visto Mimmo Lucano in prima linea prima come volontario e poi come sindaco. Lucano è stato infatti primo cittadino di Riace dal 2004 al 2018, anno in cui Antonio Trifoli è stato eletto con una lista civica vicina alla destra, mentre l’ex sindaco non ha ottenuto i voti per poter entrare in Consiglio comunale.
«Ho sempre pensato che l’accoglienza nei borghi spopolati contribuisse a far rinascere un senso di identità. Le comunità in cui ci sono solo autoctoni non sono ideali, non c’è crescita, contaminazione. Io ho sempre considerato quello che abbiamo creato negli anni come qualcosa di spontaneo, che andasse al di là dei confini. Il fatto che un luogo di emigrazione in cui non c’è lavoro e ci sono fortissime infiltrazioni mafiose si stesse trasformando in uno di arrivo ha incuriosito tanti. Nel bene e nel male», racconta Mimmo Lucano.
Ma a ripopolare Riace sono stati negli anni anche i riacesi stessi. Tra questi c’è Vincenzo, emigrato prima in Toscana e poi a Parigi subito dopo il diploma per ragioni di studio e lavoro, e rientrato nel Paese per lavorare con l’accoglienza.
«Sono tornato ad abitare nella mia vecchia casa. Lasciare Riace era stata una necessità visto che volevo lavorare con il cinema. Adesso continuo a farlo ma ho la base nel mio paese e aiuto a portare avanti il nostro progetto di accoglienza. Come me sono stati molti i giovani riacesi che erano tornati per lavorare negli anni passati. Ora in molti sono ripartiti», racconta.
Riace continua in ogni caso a essere «meta di un’accoglienza spontanea». Sono ad oggi, oltre alle famiglie afghane arrivate a giugno, trenta le persone provenienti da Nigeria, Ciad, Etiopia, Etitrea, Somalia, Ghana ed Egitto che abitano nel borgo. «Arrivano tramite passaparola. Tra loro c’è chi ha concluso i progetti di accoglienza nei Sai ma non sa dove andare. C’è chi fugge dalla violenza dei propri familiari. La scorsa settimana è arrivata una ragazza nigeriana incinta con i suoi due bambini. Vengono qui perché sanno che possono trovare una porta aperta, che nonostante tutto non lasciamo per la strada nessuno», spiega l’ex sindaco.
Nel Villaggio globale non ci sono solo case. È anche un luogo di attività: restano aperti i laboratori tessili, di falegnameria, il forno sociale, la biblioteca dei diritti umani ed è in fase di creazione Radio Aut, una web radio che si rifà all’esperienza dell’emittente antimafia creata a Cinisi negli anni Settanta da Peppino Impastato.
È attivo, poi, il banco alimentare che fornisce ogni settimana un buono spesa a ciascun nucleo familiare, così come l’ambulatorio medico in cui tre medici specialisti visitano gratuitamente sia le persone rifugiate che i riacesi.
Dietro al modello di accoglienza c’è il sostegno di una serie di associazioni. Centinaia le attività che dall’inizio del processo a Lucano si sono svolte in tutta Italia per raccogliere fondi con l’obiettivo di portare avanti il progetto. Una delle realtà più attive è “Una luce per Riace”, associazione bolognese che si occupa di pagare le bollette alle case dei rifugiati che abitano nel Villaggio globale. Al lavoro anche vari “Comitati 11 giugno” (data di inizio del processo a Mimmo Lucano) che stanno, tramite sottoscrizioni, sostenendo il modello di accoglienza con eventi, iniziative e raccolte fondi.
Un modello, quello di Riace, che ha subito un processo di criminalizzazione. A dirlo, tra gli altri, una delegazione di parlamentari europei di Verdi (Greens-Efa) e Sinistra (Left) che i primi di giugno ha fatto visita al borgo calabrese per portare la propria solidarietà all’ex sindaco. Un sostegno che, secondo Damien Careme del gruppo dei Greens, si sostanzia al Parlamento di Strasburgo con l’appoggio di 60 deputati.
La criminalizzazione della solidarietà non è un fatto solo italiano ed è anzi diffusa in tutta Europa. Secondo un dossier realizzato dal gruppo dei Verdi, sono state 89 le persone perseguite nei Paesi Membri tra gennaio 2021 e marzo 2022. Tra questi 18 devono affrontare nuove accuse e quattro sono essi stessi migranti. Nell’88 per cento dei casi le persone sono state accusate di «favoreggiamento dell’ingresso, del transito o del soggiorno di migranti». A questi casi si sommano poi le quasi 300 persone che tra agosto e settembre 2021 sono state arrestate per aver aiutato i migranti che attraversavano illegalmente le frontiere tra Bielorussia e Polonia a seguito della crisi afghana.
Anche il rapporto “Accused of solidarity”, publicato da Border violence monitoring network (Bvmn, una rete indipendente di associazioni che monitorano le violazioni dei diritti umani alle frontiere esterne dell’Ue) alla fine di maggio descrive e documenta il processo di «criminalizzazione» dei migranti e delle associazioni e operatori impegnati in questo campo. Elencando e contestualizzando gli episodi di criminalizzazione il rapporto evidenzia il «deterioramento della situazione» per chi offre sostegno ai migranti. Una criminalizzazione che, secondo le rilevazioni di Bvmn, sta diventando «sempre più raffinata perché attuata con metodi e strumenti formalmente legali».
▻https://espresso.repubblica.it/attualita/2022/07/04/news/villaggio_globale_riace_ripopolato-356498761
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]]>Il Comune di #Bologna riconosce lo #ius_soli nel proprio statuto. Lepore: “Noi apripista”
Ok dal Consiglio comunale con i voti contrari di FdI e Lega. Verrà istituita la cittadinanza onoraria per i minori stranieri residenti in città nati in Italia o che abbiano completato almeno un ciclo scolastico
Il Consiglio comunale di Bologna ha approvato la delibera che modifica lo Statuto di Palazzo D’Accursio per affermare che il Comune “si riconosce nel principio dello ‘Ius soli’ come mezzo di acquisto della cittadinanza italiana” e per istituire la cittadinanza onoraria di Bologna per tutti i minori stranieri residenti in città, “nati in Italia da genitori stranieri regolarmente soggiornanti o nati all’estero, ma che abbiano completato almeno un ciclo scolastico o un percorso di formazione professionale”.
Al termine di una lunga discussione in Aula, la delibera è passata con 26 voti favorevoli (Pd, Coalizione civica, M5s, lista Lepore, Anche tu Conti, Verdi), otto contrari (FdI, Lega) e tre non votanti (Fi, Bologna ci piace); con gli stessi numeri, il Consiglio ha approvato anche l’ordine del giorno presentato dalla maggioranza per invitare la Giunta ad “accelerare le tempistiche delle notifiche e il giuramento per ottenere la cittadinanza italiana, per modificare alcune prassi che possono essere discriminatorie in materia di di residenza e per aumentare il personale dei servizi demografici”.
Prima del voto, gli interventi del segretario generale Roberto Finardi e della presidente del Consiglio, Caterina Manca, hanno escluso eventuali problemi legati alla nomina degli scrutatori della seduta (replicando ad una questione sollevata da Fdi). Pronta la soddisfazione da parte del Pd bolognese: “Lo Ius scholae entra nello Statuto comunale, la nostra città fa da apripista sul futuro, il Parlamento faccia altrettanto per aggiornare la legge sulla cittadinanza e guardare in faccia migliaia di bambini e bambine, ragazzi e ragazze italiane di fatto ma ancora senza diritti“, dichiara in una nota la segretaria Federica Mazzoni.
“Siamo orgogliosi per la tenace affermazione di questo diritto di civiltà, grazie ai consiglieri e alle consigliere di maggioranza che lo hanno reso possibile”, aggiunge Mazzoni. “Così, dalla nostra Bologna progressista guidata dal sindaco Matteo Lepore che fortemente si è speso – continua la nota – si accende la scintilla che deve portare le istituzioni nazionali ad approvare una riforma di civiltà destinata a dare una risposta normativa a giovani che sono già italiani di fatto”.
“Modificare la legge sulla cittadinanza è urgente e imprescindibile – prosegue la dirigente dem – Il superamento dello ius sanguinis verso lo ius scholae mette al centro la riflessione sul concetto di cittadinanza come appartenenza, per ampliare i diritti e allargare gli spazi di partecipazione e rappresentazione”. Mazzoni conclude sottolineando che “la nuova sinistra che stiamo costruendo come Pd fa questo: battaglia politica su questa questione di giustizia e civiltà, di attenzione e cura nei confronti delle nuove generazioni. Per costruire una società coesa. Per tutte le ragazze e per tutti i ragazzi. Per il futuro di Bologna e dell’Italia”.
LEPORE: “NOI APRIPISTA, PORTIAMO AVANTI L’ITALIA”
All’indomani dell’approvazione della modifica dello Statuto del Comune che introduce lo Ius soli a Bologna, con il conferimento della cittadinanza onoraria ai ragazzi stranieri nati in Italia o che abbiamo studiano in città, il sindaco Matteo Lepore torna a rivendicare la scelta di Palazzo D’Accursio: “Non è affatto solo un atto simbolico, è un atto politico perché arriva il momento nel Parlamento di discutere lo ‘Ius scholae’. La modifica dello Statuto del Comune di Bologna, di una città progressista e democratica come la nostra, chiede ad altre città di fare lo stesso, chiede al Parlamento di riconoscere a queste persone che vivono, studiano e lavorano nel nostro Paese, di avere riconosciuto un principio liberale, il più importante, che non c’è nessuna tassazione senza la rappresentanza”, ribadisce Lepore a margine della presentazione dell’ultimo libro di Andrea Segrè con il ministro delle Politiche agricole, Stefano Patuanelli.
“Bologna è apripista. Adesso aspettiamo la legge nazionale in Parlamento. Credo che anche riformisti e liberali dovrebbero pensare a questo. Visto che non si fa che parlare del fatto che liberali e riformisti sarebbero tanti, chiedo a liberali e riformisti di sostenere questa proposta”, incalza il sindaco. “Come Comune lavoreremo per le giornate della cittadinanza, per conferire a oltre 11.000 ragazzi questo riconoscimento. Ci sono cose che è evidente che vadano fatte. Dobbiamo dire a questi ragazzi che fanno parte della città, solo così possiamo ridurre quella distanza, che a volte c’è, tra loro e le istituzioni”, spiega Lepore. “La nostra differenza con Fratelli d’Italia è questa: c’è chi vuole portare avanti l’Italia e chi vuole portarla indietro“, conclude.
Il consigliere regionale del Pd Stefano Caliandro, intanto, prende atto della novità bolognese e ‘spinge’ il Parlamento. “Chi nasce o studia a Bologna ora potrà diventare cittadino onorario, qualunque sia la sua nazionalità. Con la decisione del Consiglio comunale di Bologna, che ha recepito lo Ius Soli nello Statuto del Comune, si inaugura una nuova stagione per i diritti – afferma Caliandro – e per il futuro di chi ha scelto di essere cittadino di Bologna e italiano. Una stagione che, si spera, porterà il Parlamento a seguire la via tracciata sotto le Due Torri e ad adottare lo ‘#Ius_Scholae’, realizzando così, a tutti gli effetti, uno dei principi fondanti della nostra Costituzione: l’uguaglianza”.
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Aide aux migrants aux portes de l’Europe : de plus en plus systématiquement, « citoyens et exilés sont condamnés »
Les eurodéputés verts ont dévoilé à Riace, en Italie, un rapport pointant les maltraitances des Etats européens, et notamment de la Grèce, vis-à-vis des exilés et de ceux qui les aident, pour décourager les candidats à l’exil. Ils dénoncent une entorse aux valeurs de l’Europe.
« Il est important pour moi d’être aux côtés de Mimmo alors que son procès en appel vient de s’ouvrir. » Le député européen EE-LV Damien Carême prend la parole devant quelques dizaines de personnes rassemblées vendredi à Riace, petite commune du sud de l’Italie. Lui et d’autres parlementaires européens, dont l’Allemande Cornelia Ernst (Die Linke, gauche) ou l’Italienne Rosa D’Amato (les Verts), sont venus soutenir Domenico Lucano, surnommé Mimmo. Maire de Riace de 2004 à 2018, il avait été condamné à plus de 13 ans de prison ferme en septembre 2021, accusé d’ « association de malfaiteurs visant à aider et encourager l’immigration clandestine, d’escroquerie, de détournement de fonds et d’abus de fonction ». Mimmo avait en fait fait renaître son petit village de Calabre en y accueillant des dizaines de migrants. Le verdict avait ravi l’extrême droite italienne et provoqué la consternation et l’indignation de toutes les personnes concernées par la question migratoire.
« Riace, capitale de l’hospitalité »
« En réalité, pendant ses mandats, Mimmo a fait de ce village un territoire accueillant. Il a refusé l’inaction de l’Etat, pallié les défaillances des politiques européennes et surtout prouvé qu’un autre modèle est possible », reprend Damien Carême. Sa collègue Cornelia Ernst rebondit : « Riace est devenu un lieu d’espoir, une petite ville devenue la capitale de l’hospitalité. » Les députés européens ont aussi profité de ce déplacement pour présenter un rapport sur la criminalisation de la solidarité à travers l’Europe.
« Le choix de Riace et le moment pour y venir sont évidemment symboliques », explique Damien Carême lors d’un entretien avec Libération. Alors qu’il n’y avait pas eu d’enrichissement personnel de la part de Domenico Lucano, mais d’éventuels manquements au droit administratif, comme le fait de ne pas avoir réalisé d’appel d’offres public pour la gestion des déchets de la commune, il avait écopé de cette lourde peine, tandis que l’extrême-droite, avec Matteo Salvini, dirigeait la région. Si le cas du maire est emblématique, « de nombreux autres élus, citoyens, et exilés sont condamnés au sein de l’UE aujourd’hui », enchaîne Damien Carême, pour qui « nous assistons actuellement à une hausse de la criminalisation des migrations et des solidaires dans l’UE ».
« Décourager toute solidarité envers les exilés »
L’étude de 57 pages, réalisée par deux chercheuses, Marta Gionco et Jyothi Kanics, avait été commandée par les eurodéputés verts pour appuyer leurs travaux en commission sur les migrations. Les conclusions du rapport documentent les outils mis en place dans les Etats de l’UE pour criminaliser de plus en plus systématiquement les exilés et les actions de solidarité. « Les actions des bénévoles consistent essentiellement à donner à manger aux exilés, à leur apporter une aide sanitaire ou encore à les accompagner dans leurs démarches pour obtenir des papiers. Mais ils sont victimes de maltraitances des Etats, où ils subissent des procès en réalité pour l’aide qu’ils ont apportée », souligne le député européen, qui fut également maire de Grande-Synthe, commune du Nord où des exilés étaient hébergés dans un camp avant de tenter de gagner l’Angleterre.
Pour lui, « ces procès politiques doivent être dénoncés et cesser. Ils visent à décourager toute forme de solidarité envers les exilés et nous ne pouvons tolérer ces dérives qui piétinent les valeurs de l’UE et les droits fondamentaux », reprend l’eurodéputé. Dans le fond, « les solidaires sont accusés d’être des passeurs. Ce qui n’est pas le cas. Ce sont des gens qui sauvent des vies humaines en mer, dans les montagnes… Ils ne s’enrichissent pas ! Le rapport recommande donc de mettre en place des corridors humanitaires. »
En mars 2021, la Cour de cassation avait confirmé la relaxe de Cédric Herrou, devenu une figure de l’aide aux migrants en France, après une longue procédure jalonnée de trois procès et d’une saisine du Conseil constitutionnel. Il avait été initialement poursuivi pour avoir convoyé des migrants venus d’Italie et organisé un camp d’accueil en 2016 dans les Alpes-Maritimes.
Acharnement judiciaire
Pour Damien Carême, il existe une différence choquante dans le traitement des réfugiés en fonction de l’endroit d’où ils arrivent. Le député européen cite en exemple les initiatives européennes mises en place dès le début du conflit en Ukraine. « La directive de protection temporaire, qui date de 2001, a été activée. Mais pourquoi n’a-t-elle pas été mise en œuvre pour les réfugiés syriens ou afghans ? » interroge-t-il. « C’est révélateur de ce que l’Europe veut. Quand on est blanc et chrétien, on est bienvenu ; quand on est basané et musulman, non. C’est du racisme », estime-t-il. « Dans une Europe dont les valeurs sont la lutte contre les discriminations, la solidarité, la liberté, la démocratie, le respect de l’état de droit… les fondations sont secouées. »
Selon le rapport, c’est un véritable système européen de rejet systématique des migrants qui est mis en place. L’idée est de décourager les candidats à l’exil en criminalisant et condamnant ceux qui les aident par solidarité et compassion. Cette stratégie est de plus en plus visible, notamment dans certains pays comme la Pologne, la Hongrie ou encore la Grèce, pointent les responsables d’ONG également présents à Riace. La journaliste néerlandaise Ingeborg Beugel le sait bien. Son procès en Grèce, qui devait s’ouvrir le 1er juin, a été finalement reporté, mais elle reste accusée d’avoir « facilité » le séjour illégal d’un Afghan de 23 ans qu’elle hébergeait sur l’île d’Hydra, où elle vit depuis 40 ans. Elle risque un an de prison et une amende de 5 000 euros. La journaliste se dit victime d’un acharnement judiciaire, car depuis des années, elle enquête en Grèce sur les sujets migratoires et dénonce les « pushback », ces refoulements illégaux des migrants en mer commis par les garde-côtes, ou encore les conditions déplorables d’accueil des migrants dans les camps. Ce harcèlement s’est accentué depuis qu’elle a osé poser directement au Premier ministre grec Mitsotakis une question sur ces refoulements lors d’une conférence de presse.
Une peine de 187 ans de prison
Les exilés comparaissent, eux aussi, régulièrement devant les tribunaux après leur arrivée sur les îles grecques. Une disposition de la loi grecque permet de qualifier de « passeur » toute personne reconnaissant avoir tenu la barre d’un rafiot de fortune entre la Turquie et la Grèce, point d’entrée dans l’UE, y compris pendant quelques instants. La plupart du temps, le vrai trafiquant et passeur, parfois armé, abandonne le bateau d’exilés pour sauter sur un jet-ski et rentrer à terre, en laissant les réfugiés tenter de se débrouiller pour piloter l’embarcation. Les peines de prison peuvent s’élever à plusieurs dizaines d’années.
Le 5 mai dernier, trois demandeurs d’asile syriens ont ainsi été jugés après le naufrage d’un bateau près de l’île de Paros le 24 décembre 2021. Ils ont écopé de peines de prison pour « aide à l’entrée illégale » sur le territoire grec. L’un a été condamné à 187 ans de prison et les deux autres à 126 ans chacun. Environ 2 000 personnes seraient actuellement détenues dans les prisons grecques pour trafic illégal de migrants, ce qui représenterait la deuxième population de détenus la plus importante en Grèce.
▻https://www.liberation.fr/international/europe/aide-aux-migrants-aux-portes-de-leurope-de-plus-en-plus-systematiquement-
#procès #justice #Mimmo_Lucano #Riace #Domenico_Lucano #Italie #criminalisation_de_la_solidarité #acharnement_judiciaire #asile #migrations #réfugiés #villes-refuge #hospitalité #IoStoConMimmo
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Visualisation : Cities and civil society networks for a Welcoming Europe
The network map visualizes relevant networks of municipalities and civil society actors working closely with cities engaged in the effort of welcoming people seeking sanctuary in Europe, working on local-transnational relocation mechanisms and related topics of migration, integration, and asylum.
The goal of this digital interactive mapping tool is not only to make these networks visible and accessible to actors from civil society, municipalities, researchers, and activists. The map can also be used as a tool to identify and connect relevant actors and to build strategic partnerships between networks of cities, municipalities and civil society all over Europe. We believe that strengthening relationships between these actors contributes to build more political pressure points to change the current European politics towards a human right based migration policy with cities and civil society at its centre.
At the same time, the visualisation tool wants to show to policy makers that many European actors are willing to see change and are already actively working for a welcoming Europe.
▻https://graphcommons.com/graphs/36b68722-0427-45e1-867b-f03f3475f92b?sel=75dd1277-3219-423a-97b6-40a30
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L’accueil des réfugiés peut-il devenir une #politique_locale ?
Alors que les évacuations se poursuivent à Kaboul, plusieurs maires français se sont déjà engagés à accueillir des réfugiés dans leur ville. D’autres, au contraire, refusent catégoriquement toute futur installation. Mais quel pouvoir détiennent vraiment les élus ?
Pour en parler, nous recevons la directrice de France Terre d’Asile Delphine Rouilleault, la politiste Anouk Flamant, le maire de Clermont-Ferrand Olivier Bianchi et le chargé de communication d’Utopia 56 Nikolai Posner.
▻https://www.franceculture.fr/emissions/le-temps-du-debat/l-accueil-des-refugies-peut-il-devenir-une-politique-locale
#podcast #asile #migrations #réfugiés
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33 European cities sign ’alliance of safe harbours’ declaration
An international network of cities is advocating for the just distribution of refugees and migrants in the European Union. During a founding conference in Italy, they articulated their vision of a welcoming Europe.
On Friday (June 25), 33 European cities signed a declaration (▻https://staedte-sicherer-haefen.de/wp-content/uploads/2021/06/IASH-Statement_International-Alliance-of-Safe-Harbours_ENG.p) in the Italian city of Palermo to establish the “International Alliance of Safe Harbours”. All signees are united in their willingness to take in more refugees and migrants.
“Cities that are willing to take in more people should be allowed to do so voluntarily,” said Mike Schubert, the mayor of #Potsdam in Germany, one of the cities that co-signed the declaration.
“With the new network, we want to provide speedy relief for the cities along the Mediterranean,” the Social Democrat politician said.
▻https://twitter.com/FromSea2City/status/1408696129009639426
In addition to Potsdam and #Palermo, the capital of the Italian island of Sicily, #Amsterdam, #Munich, #Leipzig, #Würzburg, Athens, Barcelona and the French city of #Villeurbanne — among others — signed the declaration in the Italian port city as part of the “From the Sea to the City” conference.
“Instead of concentrating the burden through hotspots and camps with many of them in a few cities along the Mediterranean, we rely on a wide distribution among many cities, which distributes the burden for the individual city through the power of a broadly supported alliance,” the declaration reads.
’Committed to humanitarian values’
“As European cities and municipalities that firmly believe in the defence of human rights, we have been offering refugees and migrants a new home for decades. We are unconditionally committed to humanitarian values, universal human rights and the right to asylum, even in difficult times,” the statement reads.
Among other things, the alliance calls for the right to asylum to be upheld in every European state, for quotas for the voluntary acceptance of refugees in the municipalities and for direct funding by the European Union to the municipalities for taking in migrants.
In addition, the signees demanded legal immigration channels for a pragmatic immigration policy and a fair distribution of burdens between EU states.
During said conference, Palermo Mayor Leoluca Orlando stressed that all people in distress at sea needed to be rescued, regardless of whether they are fishermen or migrants. The outspoken politician also suggested a European civil service for young people to help sea rescue efforts to support private aid organizations.
Difficult legal situation
The international alliance joins the existing German Safe Harbors coalition, which declared it would take in migrants and refugees rescued from distress at sea or stranded in overcrowded camps on the EU’s external borders.
The city of Potsdam, located on Berlin’s doorsteps, coordinates the nationwide initiative, which was established in June 2019 and currently consists of more than 100 cities, municipalities and districts.
In January of 2020, the coalition demanded that Chancellor Angela Merkel’s government allow them to immediately begin resettling refugees rescued on the Mediterranean Sea.
However, the legal situation for the voluntary reception of migrants beyond the European distribution mechanisms is far from clear-cut. Federal Interior Minister Horst Seehofer has so far rejected any proposals from state governments like Berlin, Bremen and Thuringia.
Since then, Cities of Safe Harbours has been asking the government to change Section 23, Paragraph 1 of Germany’s Residence Act, which mandates that the distribution of specialty humanitarian residence permits requires the approval of the federal interior ministry.
▻https://www.infomigrants.net/en/post/33237/33-european-cities-sign-alliance-of-safe-harbours-declaration
#Athènes #Barcelone
#villes-refuge #asile #migrations #réfugiés #solidarité #résistance
#ports #ports-sûrs #safe_harbours #humanisme
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Et plus particulièrement les #ports-refuge :
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Géographie de la #dispersion des migrations subsahariennes au #Maroc. Le cas de deux villes-refuge, #Tiznit et #Taza
Contexte et problématique de la thèse
Cette thèse de Doctorat traite des conséquences de la politique d’externalisation des dispositifs de #sécurisation des #frontières de l’Union européenne (UE) au Maroc dans le contexte post-crise migratoire de 2015. Le Royaume du Maroc, pays d’émigration est aussi un espace de #transit, d’#installation et d’#attente pour des individus en migration en provenance d’Afrique subsaharienne. Cette recherche est centrée sur l’outil conceptuel de « dispersion » que j’ai introduit en raison de sa fécondité explicative pour appréhender la politique d’immigration et d’asile marocaine en matière de gestion de l’accueil et d’#inclusion_urbaine des migrants subsahariens dans deux villes moyennes, Tiznit (au Sud) et Taza (au Nord-Est).
Sous l’impulsion et l’accompagnement financier de l’UE, le Maroc a ainsi organisé la politique de dispersion afin d’endiguer les mouvements migratoires subsahariens désireux d’atteindre l’Europe par les côtes marocaines ou les enclaves espagnoles de #Ceuta et #Melilla. À ce titre, la dispersion s’opère via la #distribution_spatiale et la #relocalisation interne des migrants par les autorités publiques. Elle se fait principalement depuis les camps de la frontière nord jusqu’aux villes moyennes de l’intérieur et du Sud marocain. Le processus de « #frontiérisation » que j’associe à celui de « dispersion », comme étant l’une de ses dimensions, est devenu l’un des instruments de la gestion de la frontière au Maroc. La problématique de cette thèse interroge ainsi la dispersion comme nouveau mode de contrôle et de pratique des #frontières, engendrant une dialectique entre les intérêts étatiques et ceux des migrants dispersés. Elle permet une lecture nouvelle et plus précise du phénomène migratoire subsaharien et de sa gestion, marquée à la fois par la contingence des #spatialités et #temporalités migratoires et les réactions imprévisibles des autorités marocaines. Elle nous éclaire également sur les effets complexes des #déplacements_forcés en créant de nouvelles #villes-étapes, inscrites dans le parcours migratoire, qui posent la question de leur transformation potentielle en « #villes-refuges ».
https://journals.openedition.org/cdg/7545
#géographie #spatialité #temporalité #migrerrance
El Gobierno repoblará con migrantes los pueblos castellano-manchegos con poco habitantes
La medida para repoblar la España vaciada se aprobará «justo antes» o «a la vuelta de verano».
El ministro de Inclusión, Seguridad Social y Migraciones, José Luis Escrivá, ha asegurado que les parece «muy bien» la idea de repoblar con migrantes la España vaciada, tras recibir propuestas de la Junta de #Castilla_y_León y de algunos ayuntamientos.
«Me parece muy bien, es una idea que tenemos en la cabeza», ha subrayado Escrivá, este lunes, en un desayuno informativo de Nueva Economía Forum, al ser preguntado por una carta enviada por el vicepresidente de la Junta de Castilla y León, #Francisco_Igea, con una propuesta de repoblar con migrantes los pueblos.
Escrivá considera que esta «muestra de disponibilidad» por parte de comunidades autónomas como Castilla y León y de algún otro ayuntamiento, les va a «permitir trabajar juntos los próximos meses».
El ministro ha añadido que en el plan de recuperación han constatado una cantidad «significativa» de fondos en la secretaría de Estado de Migraciones para desarrollar centros propios del Estado «que incidan en esa distribución de los migrantes por todo el territorio teniendo en cuenta situaciones como la de la España despoblada».
Reglamento de Extranjería
Por otro lado, el ministro ha anunciado que el Gobierno aprobará la modificación del reglamento de Extranjería «justo antes» o «a la vuelta del verano, con total seguridad». Según ha precisado, con esta modificación corregirán una «anomalía», pues los menores extranjeros no acompañados, al llegar a los 18 años, se encontraban en una «situación de indefinición» porque «los requerimientos administrativos para incorporarse al mercado trabajo eran insoportablemente pesados, y de facto les impedía a la mayoría trabajar».
«El modelo que tenemos, que tiende a extender, por distintos canales, a veces puramente pesadez administrativa, a extender enormemente el periodo de esta irregularidad, esto genera bolsas inaceptables de economía sumergida que tenemos que reconducir», ha indicado el ministro.
En este sentido, ha subrayado la importancia de «formar adecuadamente» a los jóvenes migrantes que llegan a España para que en un futuro a corto o medio plazo puedan incorporarse al mercado de trabajo, sobre todo, a mediados de la década, cuando «se va a necesitar una importante fuerza de trabajo por la llegada de la jubilación de los baby boomers».
https://www.elespanol.com/eldigitalcastillalamancha/region/20210628/gobierno-repoblara-migrantes-pueblos-castellano-manchegos-habitantes/592441168_0.html
#Espagne #accueil #instrumentalisation #migrations #dépeuplement #repeuplement #réfugiés #asile #démographie #travail #marché_du_travail #intégration_professionnelle
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ajouté à la métaliste des #villes-refuge (les raisons pour le devenir peuvent être très diverses) :
►https://seenthis.net/messages/878327
Et plus précisément sur l’Espagne :
https://seenthis.net/messages/878327#message878329
POLICY ROUNDTABLE 12 SANCTUARY AND REFUGE CITIES
–-> Table-ronde organisée lors d’une conférence du réseau Fearless Cities sur les villes-refuge
▻https://www.youtube.com/watch?v=g4Z0VdFWgQ4&feature=youtu.be
#villes-refuge #solidarité #réfugiés #migrations #asile
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Processo Open Arms, la città di Barcellona si costituisce parte civile contro Salvini
Il consiglio comunale di Barcellona si costituirà parte civile nell’ambito del processo Open Arms contro l’ex ministro dell’interno italiano, Matteo Salvini.
La sindaca di Barcellona, Ada Colau, lo ha confermato mercoledì nel corso di una visita alla nave di salvataggio della Ong. Il Comune si presenterà dunque come parte accusante nell’ambito del procedimento in cui Salvini potrebbe dover rispondere di sequestro di persona e rifiuto di atti di ufficio.
Siamo ancora nelle fasi dell’udienza preliminare, al via lo scorso 9 gennaio nella città di Palermo.
Salvini potrebbe andare a processo qualora il Gup, Lorenzo Jannelli, dovesse ritenere che l’ex ministro abbia violato le leggi italiane nel negare l’ingresso nel porto di Lampedusa alla nave di salvataggio spagnola Open Arms, con 163 persone a bordo, nell’agosto 2019.
Il giudice ha ammesso al procedimento le accuse di 18 parti civili, tra cui 7 immigrati che viaggiavano sulla barca.
Il Comune di Barcellona, nel 2019, ha siglato un accordo con la ONG, donandole circa mezzo milione di euro (quasi il 35% del totale del progetto), e conferendo all’organizzazione la medaglia d’oro per il merito civico.
Per questo motivo, «il Comune può rivendicare contro Salvini un danno patrimoniale causato dal blocco della nave»; inoltre, indica l’ufficio del sindaco in un comunicato, sussisterebbe un danno d’immagine causato alla città di Barcellona.
«Sia il governo spagnolo che quello italiano volevano farci una multa di un milione di euro. Ora però possiamo vedere, anzi, tutti possono vedere che si è trattato di un’infamia, che siamo stati vittime di un abuso di potere. Le persone che avevano bisogno di aiuto immediato sono state private della loro libertà, come dicono le convenzioni internazionali», spiega Oscar Camps, direttore della ONG, convinto che la sua organizzazione abbia agito nel rispetto dei trattati internazionali e del diritto del mare.
Nei 21 giorni in cui alla barca è stato negato l’attracco, 14 persone si sono buttate in mare cercando di raggiungere terra a nuoto. Fu alla fine il procuratore di Agrigento a consentire lo sbarco dei migranti.
Il procuratore ha parlato di una situazione «di grande disagio fisico e psicologico, di profonda angoscia psicologica, e di altissima tensione emotiva che avrebbe potuto provocare reazioni difficili da controllare, delle quali, inoltre, il tentativo di raggiungere l’isola a nuoto è stato solo un preludio».
Salvini è già comparso in tribunale il 3 ottobre 2020, a Catania, nell’ambito dell’udienza preliminare sulla richiesta di rinvio a giudizio per il caso della nave Gregoretti e dei suoi 131 migranti a bordo. La ONG ritiene che il politico italiano abbia bloccato l’ingresso in porto alla Open Arms per un proprio tornaconto elettorale.
L’avvocato di Salvini, Giulia Bongiorno, sostiene che la decisione sia stata presa in blocco da tutto il governo, e che non si sia trattata di un’iniziativa singola dell’allora ministro dell’Interno. Sottolinea inoltre che la Open Arms rifiutò altre alternative di porto di sbarco e che, avendo effettuato il salvataggio in acque libiche e maltesi, ed essendo imbarcazione battente bandiera spagnola, non avrebbe dovuto cercare un porto sicuro in Italia.
L’udienza preliminare del processo Open Arms si è già tenuta, anche se brevemente; tuttavia, il magistrato ha deciso di rinviare la seduta al prossimo 20 marzo 2021. Il luogo scelto è stato simbolico, ovvero il bunker del carcere Ucciardone di Palermo, dove si tenne il maxiprocesso contro la mafia negli anni ’80.
Cronologia dei fatti dell’agosto 2019
Nell’agosto 2019, Salvini negò per 21 giorni lo sbarco ad Open Arms sull’isola di Lampedusa ai circa 160 migranti a bordo, salvati dalla Ong da un naufragio. Dopo una serie di evacuazioni parziali, per ragioni medico-sanitarie, rimasero alla fine a bordo 90 persone. Negli ultimi tre giorni, con la barca alla fonda a soli 800 metri dal porto, diversi migranti si buttarono in mare per raggiungere la terraferma.
La prima offerta del governo spagnolo di concedere un porto di sbarco per i migranti arrivò dopo 17 giorni di odissea, ma la Open Arms si rifiutò di fare rotta verso i porti di Algeciras e Mahon, considerati troppo lontani.
L’equipaggio giustificò la propria decisione per ragioni legate alla sicurezza di chi era a bordo e all’impossibilità per la barca di effettuare un viaggio così lungo. Open Arms denunciò anche lo stato di prostrazione fisica e psicologica sia dell’equipaggio sia dei migranti salvati a causa del lungo protrarsi del braccio di ferro politico e diplomatico.
Madrid si decise ad inviare la nave della Marina spagnola «Audaz» per prendere in carico i migranti e scortare la «Open Arms» fino al porto di Maiorca, ma alla fine, nella notte del 20 agosto, la procura di Agrigento diede il via libera agli 83 migranti rimasti a bordo di sbarcare a Lampedusa, mettendo fine all’odissea.
Il procuratore di Agrigento prese questa decisione dopo essere salito a bordo della nave spagnola, accompagnato da diversi medici, per verificare le condizioni dei migranti e la situazione a bordo.
▻https://it.euronews.com/2021/01/27/processo-open-arms-la-citta-di-barcellona-si-costituisce-parte-civile-c
#Barcelone #sauvetage #sauvetage_en_mer #migrations #réfugiés #partie_civile #procès #Open_Arms #Salvini #Italie #Ana_Colau #villes-refuge #justice #abus_de_pouvoir #port
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"Nous, élus, avons décidé de soutenir SOS Méditerranée" : l’appel de 28 collectivités pour « l’#inconditionnalité_du_sauvetage_en_mer »"
Ces élus, maires et présidents d’intercommunalités, de conseils départementaux et régionaux ont décidé, avec leurs assemblées locales, d’apporter un #soutien_moral et financier à #SOS_Méditerranée, qui vient en aide aux migrants.
Vingt-huit maires ou présidents de collectivités lancent un appel dans une tribune publiée sur franceinfo.fr jeudi 21 janvier pour soutenir SOS Méditerranée et pour "affirmer collectivement l’inconditionnalité du sauvetage en mer". La Méditerranée est "la route migratoire la plus meurtrière au monde", rappellent les signataires, parmi lesquels figurent la maire de Paris, Anne Hidalgo, les maires de Lyon (Grégory Doucet), Marseille (Benoît Payan), Lille (Martine Aubry), Bordeaux (Pierre Hurmic) ou Grenoble (Eric Piolle). Ils appellent les villes, intercommunalités, départements et régions de France à apporter "leur soutien moral et financier" aux trois missions poursuivies par l’association SOS Méditerranée : secourir les personnes en détresse en mer, protéger les rescapés et témoigner.
Nous ne pourrons pas dire que nous ne savions pas et appelons les villes, intercommunalités, départements et régions de France à soutenir SOS Méditerranée.
Plus de 20 000 personnes ont péri noyées ces six dernières années en tentant de traverser la Méditerranée sur des embarcations de fortune. L’Organisation internationale des migrations a dénombré 1 224 morts sur la seule année 2020, dont 848 sur l’axe reliant la Libye à l’Europe. Faute de témoins, le nombre de naufrages et de victimes est en réalité bien plus élevé.
Ainsi, aux portes de l’Europe, la Méditerranée confirme son terrible statut de route migratoire la plus meurtrière au monde.
"L’assistance, une obligation morale"
Pourtant, l’assistance aux personnes en détresse en mer est non seulement une obligation morale, valeur cardinale chez les marins, mais aussi un devoir inscrit dans les textes internationaux et dans le corpus législatif français. Pourtant, l’Europe dispose de tous les moyens techniques, financiers et humains pour sauver ces vies.
Or, face à cette tragédie au long cours, les États européens se sont progressivement soustraits à leur obligation de secours en mer et de débarquement des rescapés en lieu sûr. Les navires de l’opération Mare Nostrum ont d’abord été retirés. Puis la coordination des opérations de recherche et de sauvetage en Méditerranée centrale a été déléguée à la Libye, un pays dont les garde-côtes ne disposent ni des moyens ni des compétences pour assumer une telle mission, et qui en aucun cas ne peut être considéré comme sûr pour le débarquement des personnes secourues.
Pour pallier cette défaillance des États, des citoyennes et des citoyens décidés à agir afin de ne plus laisser mourir des milliers de femmes, hommes et enfants affrètent des navires et leur portent secours. Ainsi a été créée en 2015 SOS Méditerranée. Bien implantée en France et labellisée en 2017 “Grande cause nationale" par l’État, l’association a, depuis cinq ans, sauvé 31 799 personnes, avec l’Aquarius les premières années, puis avec l’Ocean-Viking à compter d’août 2019.
Pour SOS Méditerranée comme pour toutes les ONG de sauvetage intervenant en Méditerranée centrale, l’année 2020 aura été des plus éprouvantes. Au printemps, les ports fermés d’une Europe confinée les ont amenées à suspendre leurs missions de sauvetage, tandis que les départs depuis la Libye se poursuivaient. Au déconfinement, à peine avaient-elles repris la mer qu’un véritable harcèlement administratif s’est abattu sur elles, aggravant là des pratiques observées depuis 2017 et avec pour seul résultat de les empêcher de rejoindre les zones de secours. Les navires humanitaires ne sont d’ailleurs plus les seules cibles de ce cynisme depuis que, en août dernier, le pétrolier Maersk-Etienne a été empêché par les autorités maltaises de débarquer les naufragés qu’il avait auparavant recueillis à la demande de ces mêmes autorités… De son côté, poursuivant son leitmotiv de respect du droit, qui est au fondement même de sa mission, il aura fallu cinq mois à SOS Méditerranée afin de satisfaire aux exigences zélées des autorités italiennes et lever la détention dont a été victime l’Ocean-Viking pour, enfin, reprendre ses opérations en mer le 11 janvier dernier.
"Nous ne pourrons pas dire que nous ne savions pas"
Parce qu’elle nous montre le cap du refus de l’indifférence et que nous ne pourrons pas dire que nous ne savions pas, en cohérence avec les actions déjà menées par nos collectivités pour l’accueil et l’intégration des personnes exilées, nous, élu·e·s, maires et président·e·s d’intercommunalités, de conseils départementaux et régionaux avons décidé, avec nos assemblées locales, de soutenir SOS Méditerranée et d’affirmer collectivement l’inconditionnalité du sauvetage en mer.
Nous appelons aujourd’hui tou·te·s les maires et président·e·s des villes, intercommunalités, départements et régions de France à rejoindre la plateforme des collectivités solidaires avec SOS Méditerranée, lancée ce 21 janvier 2021, et à apporter leur soutien moral et financier aux trois missions poursuivies par cette association :
• Secourir les personnes en détresse en mer grâce à ses activités de recherche et de sauvetage
• Protéger les rescapés, à bord de son navire ambulance, en leur prodiguant les soins nécessaires jusqu’à leur débarquement dans un lieu sûr
• Témoigner du drame humain qui se déroule en Méditerranée centrale
De la plus petite à la plus grande, du littoral et de l’intérieur, du Centre, du Sud, du Nord, de l’Est et de l’Ouest, toutes nos collectivités sont concernées, chacune à la mesure de ses moyens. Il s’agit de sauver des vies, sans distinction, et de faire vivre la devise républicaine qui fait battre le cœur de nos territoires : liberté, égalité, fraternité. Il s’agit de sauver nos valeurs et d’assumer la part qui est la nôtre dans ce qui est l’honneur de notre pays.
Tant que les États européens se soustrairont à leurs devoirs, nous serons là pour nous mobiliser et les rappeler à leurs responsabilités, nous serons aux côtés des citoyennes et des citoyens de SOS Méditerranée pour faire vivre sa mission vitale de sauvetage en mer.
>>> La plateforme des collectivités solidaires françaises
Les signataires :
Anne Hidalgo, maire de Paris, Philippe Grosvalet, président du département de Loire-Atlantique, Carole Delga, présidente de la région Occitanie, Georges Meric, président du département de Haute-Garonne, Michael Delafosse, maire de Montpellier, président de Montpellier Méditerranée Métropole, Serge De Carli, maire de Mont-Saint-Martin, président de la communauté d’agglomération de Longwy, Cédric Van Styvendael, maire de Villeurbanne, Loïg Chesnais-Girard, président de la région Bretagne, Nathalie Sarrabezolles, présidente du département du Finistère, Bertrand Affile, maire de Saint-Herblain, Jean-Luc Chenut, président du département d’Ille-et-Vilaine, Pierrick Spizak, maire de Villerupt, David Samzun, maire de Saint-Nazaire, Thomas Dupont-Federici, maire de Bernières-sur-Mer, Martine Aubry, maire de Lille, Hermeline Malherbe, présidente du département des Pyrénées-Orientales, Bertrand Kern, maire de Pantin, Grégory Doucet, maire de Lyon, Pierre Hurmic, maire de Bordeaux
Benoît Payan, maire de Marseille, Hélène Sandragne, présidente du département de l’Aude, Eric Piolle, maire de Grenoble, Nathalie Appéré, maire de Rennes, présidente de Rennes Métropole, Hervé Neau, maire de Rezé, Kléber Mesquida, président du département de l’Hérault, Alain Lassus, président du département de la Nièvre, Johanna Rolland, maire de Nantes, Pierre Laulagnet, maire d’Alba-la-Romaine.
▻https://www.francetvinfo.fr/monde/europe/migrants/tribune-nous-elus-avons-decide-de-soutenir-sosmediterranee-lappel-de-28
#soutien_financier #solidarité #France #migrations #asile #réfugiés #frontières #villes-refuge
La version française du #From_Sea_to_Cities :
▻https://seenthis.net/messages/759145#message885662
#Mediterranean_City-to-City_Migration_Project
#City-to-City (#MC2CM)
The Mediterranean City-to-City Migration Project (MC2CM) brings together city leaders, civil servants and local, national and international multi-disciplinary experts to discuss about, learn from and contribute to improved migration governance at urban level, including migrants’ access to basic services and human rights. MC2CM aims at contributing to more open and inclusive cities by drawing on migrants’ potential to benefit cities and their economies.
The project is funded by the European Union through the Directorate General for Neighbourhood and Enlargement negotiations and co-funded by the Swiss Agency for Development and Cooperation.
The partnership for its implementation is one of the key strength of MC2CM capitalizing on the expertise of United Cities and Local Governments (UCLG) in terms of decentralisation and city-to-city cooperation, on the knowledge of urban development and planning of UN-Habitat and on the competence of ICMPD on migration policy development.
Implemented since 2015, the project concluded successfully its first phase (2015-2018) developing a step-by-step approach for peer-to-peer dialogue to support mutual learning on specific urban challenges and a methodology for developing “urban migration profiles”. Further, this first part of the program supported the definition of policy recommendations on urban migration governance in the Euro-Mediterranean region and the identification of a set of case studies that illustrate how local actors contribute to improved migration governance by fostering social cohesion, intercultural dialogue, employment, housing and provision of basic services for migrants, among others.
The project is currently in its second phase (2018-2020) and comprises a network of 20 participating cities:
Cities participating since phase 1:
1. Amman
2. Beirut
3. Lyon (City and Metropolis)
4. Lisbon
5. Madrid
6. Tangiers
7. Turin (metropolis)
8. Tunis
9. Vienna
Cities that joined in phase 2:
10. Casablanca
11. Dortmund
12. Grenoble
13. FAMSI (“Andalusian fund of Municipalities for International Solidarity” represented in the project by the cities of Seville & Cadiz)
14. Naples
15. Oujda
16. Rabat
17. Sfax
18. Sousse
19. Tripoli
20. Tajoura
▻https://www.icmpd.org/our-work/migration-dialogues/mtm-dialogue/city-to-city-mc2cm
–-> ajouté à la métaliste sur les #villes-refuge :
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#ville-refuge #migrations #asile #réfugiés #solidarité #ports
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#ville-refuge #migrations #asile #réfugiés #solidarité
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Le bateau d’une ONG avec 125 migrants à bord fait route vers Marseille
La mairie de Marseille a fait savoir de son côté que le « Alan Kurdi » sera accueilli « sans condition ».
Le bateau « Alan Kurdi » de l’ONG allemande #Sea-Eye, qui a sauvé 133 migrants en mer samedi, fait route vers le port de Marseille en France après avoir vu ses tentatives de rejoindre les côtes italiennes échouer, a annoncé l’ONG mercredi. « L’inaction des autorités italiennes et allemandes nous contraint à cette mesure », a assuré le dirigeant de l’ONG, Gorden Isler, dans un communiqué.
Depuis mardi soir, l’ « Alan Kurdi » fait donc route vers le port du sud de la France où il devait « comme prévu se rendre pour procéder à un changement d’équipage et se préparer à une nouvelle intervention » en Méditerranée orientale, a précisé Sea-Eye, une ONG basée à Ratisbonne, en Allemagne.
De son côté, la Ville de Marseille a fait savoir à la mi-journée que « si le Alan Kurdi émet la volonté de venir à Marseille, nous réitérons la position selon laquelle nous ne laisserons personne se noyer en Méditerranée ». #Benoît_Payan, qui assure actuellement l’intérim de la maire de Marseille, Michèle Rubirola, éloignée pour raisons de santé, a par ailleurs précisé avoir appris l’arrivée éventuelle du navire par la presse et a insisté sur le fait que la ville était prête à accueillir ce navire « sans condition ».
Aucune réponse des Etats
Mardi matin, les gardes-côtes italiens avaient évacué deux femmes, un homme et cinq enfants, dont un bébé de 5 mois, a indiqué Sea-Eye, qui ajoute sur Twitter que 125 personnes se trouvent encore à l’heure actuelle à bord.
Sea-Eye explique que jusqu’à mardi soir, « aucun poste de commandement des opérations de sauvetage européen n’a pris en charge la coordination pour les gens sauvés qui se trouvent sur l’ Alan Kurdi », les Italiens renvoyant notamment sur l’Allemagne, pays d’origine de l’ONG.
Celle-ci a renouvelé mardi soir ses appels aux postes de commandement d’Italie, de Malte, d’Allemagne et de France ainsi qu’au ministère allemand des Affaires étrangères, « mais aucun n’a répondu », souligne Sea-Eye.
Au moins 300 morts cette année
L’année 2020 est marquée par une recrudescence d’embarcations en Méditerranée centrale, route migratoire la plus meurtrière du monde pour les candidats à l’exil vers l’Europe, venus pour l’essentiel de Libye et de la Tunisie voisine.
Entre début janvier et fin juillet, les tentatives de traversée au départ de la Libye ont augmenté de 91 %, comparé à la même période l’an dernier, représentant 14 481 personnes ayant pris la mer. Celles au départ de la Tunisie ont flambé, avec 10 174 personnes concernées, en augmentation de 462 %.
▻https://www.leparisien.fr/societe/le-bateau-d-une-ong-avec-125-migrants-a-bord-fait-route-vers-marseille-23.
#villes-refuge #France #Marseille #sauvetage #Méditerranée #asile #migrations #réfugiés #port #sans-condition
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20 refugees arrive in Italy with university scholarships
Twenty refugees from Eritrea, Sudan, South Sudan and the Democratic Republic of Congo arrived in Italy on September 11 thanks to the project University Corridors for Refugees. They will be able to continue their studies at 10 Italian universities through a scholarship.
Twenty refugees who arrived at Rome’s Fiumicino airport on September 11 will soon be able to continue their studies. They will attend one of 10 Italian universities that have joined the project #University_Corridors_for_Refugees (#UNICORE).
According to a statement released by the UN refugee agency UNHCR, the students, including a woman, come from Eritrea, Sudan, South Sudan and the Democratic Republic of Congo. They were selected according to their academic accomplishments and motivation by a commission appointed by all the universities participating in the project through a public competition.
Once they have completed a mandatory quarantine period due to the COVID-19 emergency, the students will start attending courses at the universities of Cagliari, Florence, L’Aquila, Milan (Statale), Padua, Perugia, Pisa, Rome (Luiss), Sassari and Venice (Iuav).
’Extraordinary result’, UNHCR
The project University Corridors for Refugees is promoted with the cooperation of the Italian foreign ministry, the UN Refugee Agency (UNHCR), Italian charity Caritas, the Diaconia Valdese. It was also organized thanks to the support of the University of Bologna (promoter of the first edition in 2019) and a wide network of partners in Ethiopia (Gandhi Charity) and in Italy, which will provide the necessary support to students for the entire duration of the specialization course.
“We are extremely happy for this extraordinary result,” said Chiara Cardoletti, UNHCR representative for Italy, the Holy See and San Marino.
“With this initiative Italy proves it is ahead in finding innovative solutions for the protection of refugees.”
UN goals for the education of refugees
According to the UNHCR report ’Coming Together for Refugee Education’ published two weeks ago, only 3% of refugees at a global level have access to higher education.
By 2030, the UN agency has the goal of reaching a 15% enrolment rate in higher education programs for refugees in host countries and third countries also by increasing safe pathways that take into account specific needs and the legitimate aspirations of refugees.
▻https://www.infomigrants.net/en/post/27244/20-refugees-arrive-in-italy-with-university-scholarships
#réfugiés #asile #migrations #université #universités-refuge #villes-refuge #Italie #bourses_d'étude
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Des villes en première ligne
Face à la proposition minimale d’accueil de la Confédération, plusieurs villes, dont #Zurich, #Genève, #Lausanne, #Delémont ou #Fribourg ont annoncé qu’elles étaient prêtes à recevoir des requérant.e.s en provenance de Lesbos après l’incendie qui a ravagé le camp de #Moria.
Le 8 septembre, un incendie a complètement détruit le tristement célèbre camp de réfugié.e.s de Moria, à quelques encablures maritimes de la Turquie. Dans ce lieu inauguré en 2013, devenu en 2015 un centre d’enregistrement et de contrôle (hotspot), plus de 13’000 personnes, dont 4000 enfants essaient de survivre depuis des mois voire des années dans une infrastructure prévue à la base pour 2000 personnes. Depuis quelques mois, l’apparition du Covid avait encore rendu plus dures les conditions de vie des habitant.e.s. « Depuis mars, les couvre-feux liés à l’épidémie de coronavirus et les restrictions de mouvements des demandeurs d’asile à Moria ont été prolongés sept fois pour une période totale de plus de 150 jours », relève ainsi Aurélie Ponthieu, spécialiste des questions humanitaires chez Médecins sans frontières.
Cet enfermement sans aucune perspective a sans doute conduit à ce que certains réfugiés incendient par désespoir leur prison d’infortune. Et ce n’est pas la construction d’un nouveau camp de tentes de l’Agence des Nations Unies pour les réfugiés (HCR), bâties dans l’urgence par la Protection civile grecque, couplée à la volonté du ministre grec des migrations, Notis Mitarachi, de maintenir les requérants dans l’île qui rabattront la volonté de départ des requérants.
Face à cette impasse, neuf villes suisses comme Zurich, Delémont, Fribourg, Genève ou Lausanne ont annoncé qu’elles seraient prêtes à accueillir rapidement des réfugiés en provenance de l’Île grecque. « Le chaos, d’une ampleur inédite, met en lumière le besoin immédiat de moyens et de soutien dans les régions en conflit, le long des voies d’exil et aux frontières de l’Europe. Les citoyennes et citoyens, ainsi que les responsables politiques de nombreuses villes de Suisse sont convaincus depuis longtemps que cette crise humanitaire nécessite un engage- ment plus important de notre pays pour l’accueil de réfugié.e.s », expliquent conjointement les deux villes lémaniques et leurs maires, Sami Kanaan et Grégoire Junod, tous deux du PS.
« L’urgence de la situation n’a fait que s’aggraver entre la surcharge du camp, la gestion du Covid puis finalement cet incendie », argumente David Payot, municipal popiste de la Ville de Lausanne. « Notre objectif est que la Confédération organise dans les plus brefs délais une conférence nationale urgente sur le sujet. Cela permettrait de mettre tous les acteurs institutionnels – Confédération, cantons et villes – à une même table afin d’éviter de se renvoyer la balle. Il faut coordonner les acteurs plutôt que de diluer les responsabilités. Nous voulons aussi mettre la pression sur la Confédération et faire entendre notre voix, qui représente aussi celle de la population suisse », souligne-t-il.
« L’accueil des migrants relève de la Confédération et l’hébergement des cantons. Par cet appel à la Confédération, nous indiquons que nous sommes prêts à collaborer étroitement avec les cantons pour accueillir des réfugiés dans nos villes », développe le Grégoire Junod. « Nous collaborons en permanence avec l’Etablissement vaudois d’accueil des migrants (EVAM) notamment lorsqu’il s’agit d’ouvrir de nouvelles structures ou de trouver des capacités supplémentaires d’accueil », explique-t-il encore.
Il faut dire que la ministre PLR de la justice, Karin Keller-Sutter a décidé d’adopter une position minimaliste sur le sujet, déclarant que notre pays n’accueillerait que 20 jeunes migrants non-accompagnés. Très loin de l’Allemagne qui, par l’entremise de sa première ministre, Angela Merkel, vient de réviser sa position et se déclare favorable à l’accueil de 1’500 personnes, essentiellement des familles avec des enfants qui ont été reconnues comme réfugiés par les autorités grecques. A ce contingent s’ajouteront 100 à 150 mineurs isolés évacués du camp de Moria. La France fera de même.
Rappelons aussi que l’Union européenne (UE) est en train de plancher sur un nouveau pacte européen sur la migration et l’asile, qui sera présenté à l’automne. Celui-ci vise à « créer un cadre global, durable et à l’épreuve des crises pour la gestion de la politique d’asile et de migration au sein de l’UE ». Du côté des organisations d’entraide comme l’Organisation suisse d’aide aux réfu- giés (OSAR), qui a participé à la consultation, on voudrait « un renforcement des voies d’accès sûres et légales vers l’Europe afin de ne pas rendre les personnes vulnérables dépendantes des passeurs et de ne pas les exposer à la violence, à l’exploitation et aux mauvais traitements ».
La Suisse peut faire beaucoup plus
« La Suisse peut prendre plus de personnes du fait qu’un article de la loi sur l’asile stipule qu’il est possible d’octroyer, sous certaines conditions, un permis humanitaire ou de faire bénéficier les requérants d’un programme de réinstallation selon les critères du HCR », explique #David_Payot. Dans la pratique, la réception d’un nombre plus élevé de réfugiés ne poserait pas de problèmes. « A Lausanne, si l’on parle de l’accueil d’enfants, nos écoles reçoivent 14’000 élèves. Scolariser quelques dizaines d’élèves supplémentaires est tout à fait possible, et représente un investissement pour leur avenir et le nôtre », explique le Municipal.
A titre personnel, le magistrat popiste lausannois tient à dénoncer les carences politiques des accords Schengen/Dublin. « Ce système charge les pays de la Méditerranée du plus gros des efforts d’accueil des requérants, alors qu’ils n’en ont pas les moyens. Cette assignation empêche les requérants de postuler dans des Etats ou ils.elles auraient plus de liens. Ce système accroît les problèmes plutôt que de les résoudre. Il faut le changer », soutient David Payot.
En juin dernier, 132 organisations et plus de 50’000 personnes avaient déjà déposé une pétition demandant au Conseil fédéral de participer à l’évacuation immédiate des camps de réfugiés grecs et d’accueillir un nombre important de personnes en Suisse.
Huit villes suisses avaient déjà proposé des offres concrètes comme le financement des vols d’évacuation et des hébergements. « C’est une concertation que nous souhaitons développer entre les maires et syndics des grandes villes suisses. 70% de la population vit en zone urbaine et les villes sont aux premières loges de nombreux problèmes, sociaux, migratoires, climatiques. Nous devons êtes mieux entendus », assure #Grégoire_Junod.« Proposer l’accueil de 20 mineurs non accompagnés, comme l’a indiqué le Conseil fédéral, fait honte à notre tradition humanitaire », martèle-t-il.
Le Conseil fédéral pourra-t-il plus longtemps faire la sourde oreille ?
▻https://www.gauchebdo.ch/2020/09/18/des-villes-en-premiere-ligne
#Lesbos #Grèce #incendie #villes-refuge #asile #migrations #réfugiés #MNA #mineurs_non_accompagnés
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Des villes allemandes proposent d’accueillir des migrants du camp de l’île de Lesbos ravagé par les flammes
Cinq ans après l’accueil de centaines de milliers de réfugiés, ces appels de la gauche, des Verts mais aussi de certains responsables conservateurs font resurgir le débat qui avait agité le pays à l’époque.
Cinq ans après avoir accueilli des centaines de milliers de réfugiés, des villes et des régions allemandes réclament de prendre en charge des migrants après l’incendie qui a ravagé mercredi le camp de Moria, en Grèce. Qualifié de « catastrophe humanitaire », par le ministre des affaires étrangères, Heiko Maas, l’incendie du camp insalubre et surpeuplé occupait la « une » de tous les grands titres de la presse allemande jeudi 10 septembre.
Ces appels qui proviennent de la gauche, des Verts mais aussi de certains responsables conservateurs font ressurgir le débat ayant agité le pays en 2015. Des manifestations dans tout le pays, en particulier à Berlin, ont également rassemblé plusieurs milliers de personnes mercredi soir, assurant sur leurs banderoles : « Nous avons de la place ! » L’Allemagne compte actuellement quelque 1,8 million de personnes ayant obtenu ou demandé le statut de réfugié, toutes nationalités confondues.
« Un impératif humanitaire »
La Rhénanie du Nord-Westphalie, la région la plus peuplée d’Allemagne, s’est notamment dite prête à prendre en charge jusqu’à un millier de migrants coincés à Moria, sur l’île grecque de Lesbos. « Nous avons besoin de deux choses : une aide immédiate pour Moria et une aide européenne durable pour la prise en charge des enfants et des familles », a affirmé le dirigeant de la région, Armin Laschet, successeur potentiel d’Angela Merkel l’an prochain et qui brigue la tête de leur parti conservateur en décembre. Fait notable : Armin Laschet est un des rares responsables politiques à s’être rendus en août dans le camp qualifié de « honte pour l’Europe entière » par plusieurs ONG alors que son parti, l’Union chrétienne-démocrate (CDU), a mis la barre à droite sur les questions d’immigration depuis 2016.
D’autres Länder comme la Basse-Saxe ou la Thuringe lui ont emboîté le pas. Le gouvernement fédéral leur a toutefois opposé à ce jour une fin de non-recevoir en réaffirmant privilégier un compromis européen sur la répartition des migrants sur le continent.
Evacuer les milliers de migrants de l’île de Lesbos « est un impératif humanitaire », a de son côté alerté jeudi le président de la Fédération internationale de la Croix-Rouge et du Croissant-Rouge (FICR), Francesco Rocca, lors d’une conférence de presse organisée par l’Association des correspondants accrédités auprès des Nations unies. La FICR a présenté un rapport sur les risques menaçant migrants et réfugiés avec la pandémie de Covid-19. Les migrants « sont maintenant dans une situation terrible. La population locale, les ONG, la Croix-Rouge… Tout le monde fait le maximum, mais pour combien de temps ? », s’interroge M. Rocca.
« Les capacités d’accueil existent »
« Les capacités d’accueil, la place existe, il y a la bonne volonté extrêmement grande de Länder et de communes », a insisté la coprésidente des Verts allemands, Annalena Baerbock. Depuis des mois, des maires enjoignent au gouvernement d’Angela Merkel d’agir. Dans les villes comme Berlin ou Hambourg, des banderoles fleurissent aux fenêtres depuis le printemps : « Evacuer Moria » ou « #LeaveNoOneBehind » (« ne laisser personne derrière »).
Un collectif d’ONG a fait installer lundi 13 000 chaises devant le Reichstag, le bâtiment qui abrite la chambre des députés, pour réclamer l’évacuation des migrants de Lesbos. Plus de 170 communes, de Hambourg à Cologne en passant par Munich, se sont également regroupées pour réclamer la prise en charge des personnes sauvées en mer Méditerranée.
Une décision qui contraste avec l’automne et l’hiver 2015 quand de nombreuses villes avaient été contraintes, faute de place, d’installer des réfugiés dans des casernes désaffectées, des gymnases et des containers. A l’époque, beaucoup avaient tiré la sonnette d’alarme, affirmant être débordés.
Cinq ans plus tard, des élus locaux assurent disposer de nombreux lits vides dans des foyers de demandeurs d’asile. « Notre ville a les capacités en termes de personnel et d’organisation », a ainsi réaffirmé le responsable des affaires intérieures de la ville de Berlin, Andreas Geisel. La gestion de la « crise » par la capitale allemande avait pourtant été l’une des plus erratiques, avec des gens contraints d’attendre dehors des jours durant pour se faire enregistrer. « C’est pour moi incompréhensible que l’Etat fédéral ne permette pas aux communes qui y sont prêtes de fournir une aide rapide et solidaire », a déploré le maire de Berlin, Michael Müller. La municipalité veut présenter un programme d’accueil devant les représentants des Etats régionaux au Bundesrat.
L’arrivée de centaines de milliers de réfugiés en 2015 avait dans un premier temps suscité un immense élan de solidarité parmi les Allemands. Mais le vent avait ensuite tourné, notamment à la lumière des agressions sexuelles du Nouvel An 2016 à Cologne attribuées à des migrants nord-africains, et de faits divers utilisés par l’extrême droite pour dénoncer la politique d’accueil.
▻https://www.lemonde.fr/international/article/2020/09/10/des-villes-allemandes-proposent-d-accueillir-des-migrants-du-camp-de-moria-r
#réfugiés #asile #migrations #Allemagne #villes-refuge
#incendie #Lesbos #Grèce
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Ajouté à la métaliste sur l’incendie de Lesbos de septembre 2020 :
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#métaliste sur l’#incendie de #septembre_2020 dans le #hotspot de #Moria, #Lesbos (#Grèce)
Fil de discussion sur l’incendie :
►https://seenthis.net/messages/875743
Les réactions d’#indignation en #Allemagne et ailleurs :
▻https://seenthis.net/messages/876121
Manifestation de réfugiés à #Kara_Tepe : "#Nous_voulons_partir
▻https://seenthis.net/messages/876128
La réaction de certains maires en Allemagne...
"Des villes allemandes proposent d’accueillir des migrants du camp de l’île de Lesbos ravagé par les flammes"
►https://seenthis.net/messages/876124
#villes-refuge
... et en #Autriche :
►https://seenthis.net/messages/877116
Et des villes en #Suisse...
Des villes en première ligne
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#Zurich, #Genève, #Lausanne, #Delémont, #Fribourg
Le #nouveau_camp de Lesbos, Grèce (septembre_2020) :
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D’autres incendies dans les camps de réfugiés en Grèce (métaliste historique) :
►https://seenthis.net/messages/851143
Libérez l’« Ocean Viking » et les autres navires humanitaires
Les maires de #Montpellier et de #Palerme lancent un #appel pour que le navire de #SOS_Méditerranée détenu en Sicile soit libéré, et que les opérations en Méditerranée centrale puissent reprendre.
Nous, maires des #villes_méditerranéennes jumelées de Montpellier et Palerme, confrontés à la #crise_humanitaire majeure qui a transformé la #mer_Méditerranée en cimetière ces dernières années, sommes indignés par la #détention_administrative du navire humanitaire #Ocean Viking de SOS Méditerranée depuis le 22 juillet en Sicile.
Cette détention vient s’ajouter à celle de trois autres #navires_humanitaires depuis le mois d’avril. A chaque fois les autorités maritimes italiennes invoquent des « #irrégularités_techniques_et_opérationnelles » et de prétendus motifs de #sécurité à bord des navires. Pourtant, malgré le harcèlement exercé à l’encontre de leurs navires, ces #ONG de sauvetage en mer opèrent depuis plusieurs années en toute transparence et en coordination avec les autorités maritimes compétentes qui les soumettent très régulièrement au contrôle des autorités portuaires.
Ces dernières années, les ONG civiles de sauvetage en mer ont secouru des dizaines de milliers d’hommes, de femmes et d’enfants en danger de mort imminente, comblant un #vide mortel laissé par les Etats européens en Méditerranée.
Alors que les sauveteurs sont empêchés de mener leur mission vitale de sauvetage, de nouveaux naufrages, de nouveaux morts sont à prévoir aux portes de l’Europe.
Est-ce là le prix à payer pour l’#irresponsabilité et la #défaillance des Etats européens ? En tant que #maires, #citoyens méditerranéens et européens, nous le refusons et dénonçons ces politiques délétères !
Nous demandons la levée immédiate des mesures de détention qui touchent l’Ocean Viking et tous les navires de sauvetage, pour une reprise immédiate des opérations en Méditerranée centrale !
Nous appelons tous les citoyens à signer la pétition demandant aux autorités maritimes italiennes la libération du navire.
►https://www.liberation.fr/debats/2020/08/28/liberez-l-ocean-viking-et-les-autres-navires-humanitaires_1797888
#asile #migrations #réfugiés #villes-refuge #Méditerranée #sauvetage #indignation #Michael_Delafosse #Leoluca_Orlando #géographie_du_vide #géographie_du_plein
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Sanctuary Cities : All You Need In An Infographic
What are sanctuary cities?
Sanctuary cities are local governments that refuse to help the federal government enforce immigration policy.
The tug-of-war
The federal government and sanctuary cities are in a tug-of-war power struggle.
The federal government aims to get local government agents working to enforce immigration law, i.e. to have local police on the lookout for potential immigration violations. Sanctuary cities don’t want to participate. They believe enforcing immigration law will harm residents’ cooperation with local government.
The laws relating to sanctuary cities
The American legal structure sets the rules of the game. What are the elements of the federal government and sanctuary cities’ leverage?
To explain how sanctuary city law works, we have produced an Infographic and a Legal Landscape.
Legal Landscape
Outlining the relevant laws by legal authority
the constitution
The Constitution gives Congress the general power to legislate (Article I). It specifically mentions that this power includes creating laws on “naturalization” (Section 8, clause 4), i.e. defining immigration categories and providing procedures on entry and on deportation. See Legislative column below for some of the laws Congress has made relating to immigration.
The 10th Amendment says that the federal government cannot “commandeer” (boss around) the state governments. Basically, the federal government can create laws in certain categories (those listed in the Legislative Powers part of the Constitution), but it cannot force the states to help enforce them. This means states don’t have to use state or local resources (money or people that work for the state or local governments) to enforce federal policies.
The Spending Clause of Article I, Section 8 gives Congress the power to control the federal budget. The federal government is tasked with providing for the welfare of the people, so it sets aside money for certain programs that it decides will provide a public benefit. Sometimes, Congress gives the money for a particular program to state governments, so that the states can “administer” (do the legwork for) the programs. Because of the 10th Amendment, the states always have the choice whether or not to participate. The Medicaid program is an example of a federal program administered by the states. A couple other examples relevant to immigration enforcement are discussed in the Legislative column below (left). Here is a useful general discussion of federal grants to states.
federal courts
This section outlines cases relevant to the 10th Amendment and Congress’s Spending Power. The last case listed here ruled on Trump’s executive order attempting to block local governments from getting funding if they do not help enforce immigration law.
Courts Interpreting the 10th Amendment:
In Printz v. United States (1997), the Supreme Court overturned part of a federal law for attempting to require state law enforcement officers to conduct background checks on potential gun purchasers. The background checks would be undertaken on behalf of the federal government because the policy was a federal policy (the Brady Handgun Violence Prevention Act). The court ruled that the 10th Amendment’s “dual sovereignty” principle (federal government does federal law; states do state law) barred the federal government from making states participate by doing the background checks.
In New York v. United States (1992), the Supreme Court overturned part of a federal law that attempted to make states responsible for disposing of certain radioactive waste on behalf of the federal government. The court ruled the 10th Amendment separation between federal and state governing barred the federal government from “commandeering” the states like that.
Courts Interpreting the Spending Power:
In South Dakota v. Dole (1987), the Supreme Court upheld a federal law challenged by South Dakota. The law used a threat of revoking federal funds to get the state to raise its drinking age to 21. South Dakota argued that the law, which threatened to take 5% of the state’s highway funds if it did not comply, was an unconstitutional use of the Spending Power. The Court disagreed, saying the federal government is allowed to induce states into federal programs that “promote the general welfare,” as long as Congress made the requirement clear so that the states are aware of their choice (potential to forfeit federal funds). Further, the court said the 5% potential loss of highway funds is not coercive because it is not significant enough to cross the line into compulsion.
In National Federation of Independent Business v. Sebelius (2013) (the case challenging Obamacare), the Supreme Court ruled against the federal government’s power to use money as an incentive for states to participate in a federal program. In this case, the federal program was Medicaid. Under the Affordable Care Act, the federal government threatened to take away states’ Medicaid funds if the states did not expand the group of people to which they offered Medicaid, to align with the goal of the federal program. Until this point, Medicaid had offered money to whatever degree the states wished to participate, and with the Affordable Care Act the federal government threatened to take that away and make states accept the whole deal (give Medicaid to anyone who qualified under the new federal standard). States, at the time, received a significant portion of their total budget through the Medicaid program (around 10%). The Court ruled that the amount of money involved, in addition to it being money the states already relied on, made the Affordable Care Act requirement to expand Medicaid coercive on states. The Court distinguished South Dakota v. Dole because in that case, the funds constituted only one half of one percent of the state’s budget. In this case, the much larger percentage made the federal pressure cross the line into coercion, which the Spending Power does not allow.
The Spending Power and Immigration Enforcement:
Like in the cases above, the current federal government (under President Trump) is attempting to use Congress’s Spending Power to encourage states and local governments to help enforce federal law. These following two cases were consolidated because they have the same issue, and they are in the same federal district court (Northern District of California).
County of Santa Clara v. Trump (▻https://www.sccgov.org/sites/cco/overview/Pages/fedlawsuit.aspx)
City and County of San Francisco. v. Trump (▻https://law.justia.com/cases/federal/appellate-courts/ca9/17-17478/17-17478-2018-08-01.html)
These two cases were filed in federal court in California (the Northern District of California) by San Francisco and Santa Clara’s local governments. They challenged President Trump’s Sanctuary Cities Executive Order (See Executive column) for violating the 10th Amendment and the Spending Power. The Executive Order threatened to cut federal funding from local governments that do not comply with 8 U.S.C. Section 1373. Section 1373 requires local governments to communicate with federal authorities on immigration enforcement (see Legislative column, left). San Francisco and Santa Clara have policies that they will not transmit information about an individual’s suspected immigration status to federal authorities, in apparent violation of Section 1373. The local governments have the right to do this under the 10th Amendment. In other words, Section 1373 has no teeth unless Congress attaches some funds to it.
On April 25, 2017, the court (Northern District of California) ruled on a preliminary matter: is San Francisco and Santa Clara’s case strong enough to call for a temporary block on the Executive Order? The court said yes.
The court said President Trump’s Executive Order tried to attach all federal funds to compliance with Section 1373. That includes not just the federal funds attached to Section 1373 through Congressional power (or through delegation as mentioned in the Executive column), but even potentially Medicaid and all other funds. The court ruled such a broad attachment of funds would be a violation of the Spending Power and the 10th Amendment. The preliminary ruling is valid until the case goes to trial (or if it gets a decision on appeal).
Update: Trump appealed to the 9th Circuit Court of Appeals and lost. The 9th Circuit agreed with the lower court that the executive order is likely unconstitutional and should continue to be placed on hold (August 2018).
congress
The following federal laws (a non-exhaustive list) relate specifically to immigration.
The Immigration and Nationality Act of 1952 governs immigration to and citizenship in the United States. It was signed in the context of the Cold War and in the scare of the spread of Communism. The Act established a preference system which determined which ethnic groups were desirable immigrants and placed importance on labor qualifications.
The Immigration and Nationality Act of 1965 revised several aspects of the 1952 law. Passed during the civil rights movement, it outlaws discrimination against people seeking immigration status (eliminated national origin, race, and ancestry as bases for immigration). Among its other provisions, it gave priority to relatives of U.S. citizens and legal permanent residents and to professionals and other individuals with specialized skills, and it allowed U.S. organizations to employ foreign workers either temporarily or permanently to fulfill certain types of job requirements (on visas such as the H-1B Visa).
The Illegal Immigration Reform and Immigrant Responsibility Act of 1996 placed rules restricting the rights of people who stayed in the U.S. unlawfully for a period of time. Among its other provisions, it made people eligible for deportation based on minor criminal offenses (like shoplifting). The Act also includes a provision that is at issue in regards to Sanctuary Cities:
8 U.S.C. Section 1373 (▻https://www.law.cornell.edu/uscode/text/8/1373) requires state and local governments to communicate with federal authorities regarding immigration-related information of individuals.
8 U.S.C. Section 1373 has limited power on its own. It cannot actually force the states to use their own resources (state law enforcement agents or state money) on federal priorities like immigration. The 10th Amendment does not allow it. However, in conjunction with a federal grant program, it can have more effect on state and local governments. This is the federal government’s Spending Power. It is also called “attaching strings” or the “power of the purse.” The federal government can offer money to states with the condition that the states follow certain rules. The conditions have to be clear; they cannot be coercive. States do not have to participate.
Congressionally-Established Federal Grant Programs:
Usually conditions on grants are set when Congress establishes the grant program. Sometimes Congress establishes grant programs and allows a federal agency to deal with the specifics. For example, Congress gave to the Department of Justice administration of the following programs:
The Edward Byrne Justice Assistance Grant Program gives federal money to state and local governments to help in their criminal justice efforts. It was funded by the Consolidated Appropriations Act of 2005.
The State Criminal Alien Assistance Program reimburses state and local governments for costs of incarcerating unauthorized immigrants. It was funded by the Violent Crime Control and Law Enforcement Act of 1994.
See the Executive below for a discussion of Department of Justice potential to enforce federal law through administering a federal grant program.
president and Executive agencies
Federal Agencies Involved with Immigration Enforcement:
The Department of Homeland Security includes the sub-agency Immigration and Customs Enforcement (ICE). ICE was established in 2003. It is responsible for enforcement of immigration law and removal of individuals in violation of immigration law. It investigates activities relating to the movement of people and goods to and from the country.
The Department of Justice, the legal arm of the government, controls the immigration courts. It has other responsibilities relating to immigration, for example, as described below.
Implementing the “Spending Power” through the Executive:
Congress is the only federal authority that can use the federal government’s spending power (offer of money) to encourage states or local governments to enforce federal policies. However, Congress can give the authority to administer federal grant programs to executive agencies, like the Department of Justice.
Because the Department of Justice administers the Edward Byrne Justice Assistance Grant Program and the State Criminal Alien Assistance Program, it can set rules on how states and local governments can get the funds. It can only determine rules within the boundaries defined by Congress.
In July 2016, the Department of Justice issued “guidance” (a formal letter) relating to the Edward Byrne Justice Assistance Grant Program and the State Criminal Alien Assistance Program. The guidance said that any state or local government participating in these two of its programs related to state and local criminal justice would have to show that they cooperate with the federal government’s immigration enforcement efforts as stated in 8 U.S.C. Section 1373. The Department of Justice had the power to do this because it was granted the authority by Congress.
Sanctuary Cities Executive Order
In January 2017, President Trump wanted to “remind” states that the federal government has the power to give money to state and local governments. President Trump gave an Executive Order on January 25, 2017 threatening to cut federal funding to local governments that refuse to follow 8 U.S.C. Section 1373. Among the jurisdictions that could suffer from this order are those with “sanctuary policies,” cities and counties with policies that local officials should not seek immigration information from people and that refuse to turn over to the federal government people with questionable immigration status.
If a particular federal program was attached through Congressional power (legislation or delegation) to a policy requirement (e.g. that a state or local government getting money must obey a certain law), then the funding threat is valid. If the requirement was not already there, an Executive Order cannot create it. That is why President Trump was sued by Santa Clara and San Francisco. The Executive Order purported to attach all federal grant programs to compliance with Section 1373. See Judicial column, County of Santa Clara v. Trump and City and County of San Francisco v. Trump.
state governments
In the immigration enforcement battle between the federal government and sanctuary cities or sanctuary counties, the state can be the deciding factor. The 10th Amendment does not allow the federal government to command cities and counties, but the state can command its own localities.
First, see the two main camps of local governments:
Local Government Policies on Immigration Enforcement:
Pro-enforcement (non-sanctuary cities)
Local governments that want to help enforce federal immigration law can participate through a type of agreement with the federal government authorized by the Illegal Immigration Reform and Immigrant Responsibility Act of 1996, provision 287(g). 287(g) Agreements give local officials the power to inquire about federal immigration offenses and to make related arrests. Another type of program called Secure Communities (a Department of Homeland Security program, not a Congressional program) works to share information between local jails and the federal government. Local governments can submit fingerprints of any arrestees to Immigration and Customs Enforcement (ICE) so the federal agency can check for potential immigration violations. If they want, the localities can hold individuals suspected of immigration violations for federal authorities.
Against-enforcement (sanctuary cities or sanctuary counties)
Alternatively, a local government can choose not to help the federal government enforce immigration law (unless there is a state law against it, see below). These local governments are called “Sanctuary Cities” and “Sanctuary Counties.” In these localities, the government agents (police and other public safety officials, for example) will not ask about immigration status when going about their activities. In other words, the cities/counties will not spend local funds to help the federal government enforce federal immigration law. Local governments with these policies cannot actively subvert federal enforcement efforts, but the federal government cannot command the states to perform federal responsibilities.
State Laws on Immigration Enforcement:
States can determine what their local governments are allowed to do. Some states have made it clear that they are on the federal enforcement team and that all their local governments must follow.
For example, in May 2017, Texas passed a law requiring local police and other local government officials to help enforce federal immigration law. The law will probably face legal challenge from civil rights groups, who already claim it may cause 4th Amendment problems (causing unconstitutional stops and searches of individuals suspected of immigration violations).
▻https://www.subscriptlaw.com/sanctuary-cities
#villes-refuge #résistance #USA #Etats-Unis #sanctuary_cities #migrations #asile #réfugiés #infographie
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Map : Sanctuary Cities, Counties, and States
The sanctuary jurisdictions are listed below. These cities, counties, and states have laws, ordinances, regulations, resolutions, policies, or other practices that obstruct immigration enforcement and shield criminals from ICE — either by refusing to or prohibiting agencies from complying with ICE detainers, imposing unreasonable conditions on detainer acceptance, denying ICE access to interview incarcerated aliens, or otherwise impeding communication or information exchanges between their personnel and federal immigration officers.
A detainer is the primary tool used by ICE to gain custody of criminal aliens for deportation. It is a notice to another law enforcement agency that ICE intends to assume custody of an alien and includes information on the alien’s previous criminal history, immigration violations, and potential threat to public safety or security.
▻https://cis.org/Map-Sanctuary-Cities-Counties-and-States
#cartographie #visualisation #villes-refuge #résistance #USA #Etats-Unis #sanctuary_cities #migrations #asile #réfugiés #ICE #rétention #détention_administrative
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#Petaluma City Council unanimously adopts ‘It Won’t Happen Here’ resolution (article qui date de 2017)
Petaluma became the latest North Coast jurisdiction to show solidarity with its immigrant community as the City Council on Monday night unanimously passed a resolution affirming the city’s commitment to shield undocumented residents from the deportation policies of the federal government.
After a lengthy discussion in a packed council chambers, the board adopted the so-called “It Won’t Happen Here” declaration, which states the city’s refusal to work with federal Immigration and Customs Enforcement officials on actions leading to the detention and deportation of undocumented immigrants.
More than three dozen speakers, many of them immigrants and children of immigrants, addressed the council and the roughly 300 audience members that spilled into a hallway. Many in the audience held signs reading “No human is illegal,” and “We are better than this.”
Christina Hernandez told the council her family brought her to the United States from Mexico when she was young in search of a better life. She said since President Trump’s executive orders on immigration enforcement, she has been afraid her family will be deported.
“I really want my family to stay together,” she said through tears. “I don’t want my family to be separated.”
The city’s resolution stopped short of declaring Petaluma a so-called “sanctuary city,” a politically-charged term that has drawn the ire of proponents of tougher immigration laws. President Trump has threatened to withhold federal funds from sanctuary cities.
The resolution states Petaluma Police officers will not hand over undocumented immigrants to federal authorities, unless they have been detained for certain serious offenses listed in the 2014 California Trust Act, such as rape and robbery.
“We are upholding our constitutional obligation,” said Councilman Dave King, one of the authors of the resolution. “We are not allowing our police force to discriminate against certain protected categories.”
Similar resolutions have been passed by the Sonoma County Board of Supervisors, and the city councils of Santa Rosa, Healdsburg and Sebastopol. A resolution is forthcoming in Sonoma, and a bill has been put forward in the state Senate to declare California a “sanctuary state.”
Petaluma City Councilwoman Teresa Barrett acknowledged the fear many immigrants in the city have said they are experiencing. She said it is the responsibility of leaders to ease those concerns.
“This is a time when fear is spread all over,” she said. “If we can come together as a community and alleviate some of that fear so children can sleep at night, I think that is incumbent upon us. This is an opportunity for all of us to come together and act as one.”
Three speakers asked the council to vote against the resolution. John Cheney spoke of anecdotal instances of undocumented immigrants committing crimes.
“We have got a few criminals among us,” he said. “To hand-tie our police is just wrong. This needs to change. No sanctuary city.”
The overwhelming majority of audience members, however, supported the resolution.
Just before taking the council vote, Mayor David Glass said the resolution was the first step in what he said would be a bruising battle to protect immigrant rights across the nation.
“The work and the fight will go on,” he said. “This is not the end of the journey, it’s the beginning. It’s not going to be fought just in Petaluma. It’s going to be fought throughout the country.”
▻https://www.pressdemocrat.com/article/news/petaluma-city-council-unanimously-adopts-it-wont-happen-here-resoluti
#villes-refuge #asile #migrations #réfugiés #Californie #USA #Etats-Unis
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La Sicile défie Rome en décidant de fermer tous ses centres de migrants
Le président de la région Sicile, #Nello_Musumeci, a défié dimanche le gouvernement italien en publiant un arrêté de fermeture sur son territoire de tous les centres d’accueil de migrants, qu’il juge propices à la diffusion du coronavirus.
▻https://twitter.com/Musumeci_Staff/status/1297247841807749127?ref_src=twsrc%5Etfw%7Ctwcamp%5Etweetembed%7Ctwterm%5E12
Des sources du ministère italien de l’Intérieur ont immédiatement précisé que cette mesure régionale était invalide, car de la #compétence de l’#Etat. « D’ici demain minuit, tous les migrants présents dans les « hot spots » et dans tous les centres d’accueil de Sicile devront être impérativement transférés vers des installations situées en dehors de l’île », peut-on lire dans l’arrêté d’une trentaine de pages.
Interdiction d’entrer même avec des ONG
Le texte ambitionne aussi d’interdire à tout migrant d’« entrer, de transiter et de faire escale sur le territoire de la région sicilienne avec des embarcations, grandes et petites, y compris celles des ONG ».
Le président de Sicile explique sa décision par le fait qu’il « n’est pas possible de garantir le séjour sur cette île dans le respect des #mesures_sanitaires de prévention de la #contagion ».
Dans un commentaire sur les réseaux sociaux, M. Musumeci (élu président de région grâce à une alliance de droite et d’extrême-droite) a estimé que "la Sicile ne peut pas être envahie pendant que l’Europe détourne le regard et que le gouvernement ne procède à aucune expulsion". Une prise de position qui lui a valu le soutien de Matteo Salvini, le chef de La Ligue (extrême droite) et ex-ministre de l’Intérieur qui s’était employé à empêcher les débarquements de migrants dans les ports italiens.
1200 migrants à Lampedusa
De nombreuses petites embarcations de migrants, essentiellement des Tunisiens, continuent d’accoster sur l’île de Lampedusa, au sud de la Sicile. Il y avait dimanche environ 1 200 migrants à Lampedusa, après le transfert d’environ 300 personnes depuis vendredi vers des structures d’accueil en Sicile.
Le navire Sea-Watch 4, appartenant à une ONG allemande, a fait savoir dimanche qu’il avait actuellement à son bord 104 migrants dont 37 mineurs, retrouvés samedi et dimanche en mer au large des côtes libyennes.
Des dizaines de migrants hébergés dans les centres siciliens se sont avérés positifs au coronavirus ces dernières semaines.
▻https://www.letemps.ch/monde/sicile-defie-rome-decidant-fermer-centres-migrants
#villes-refuge #Sicile #Italie #asile #migrations #réfugiés #covid-19 #centres_pour_réfugiés #centres_d'accueil #contamination #coronavirus #pandémie #fermeture #hotspots
Une #résistance qui n’est pas celle de l’accueil, mais celle qui se fonde sur la rhétorique de l’invasion...
ping @thomas_lacroix @isskein @karine4
#Belmonte_Calabro, come studenti e migranti hanno contribuito a ripopolare un borgo della Calabria: “Noi ora lo chiamiamo #Belmondo”
A Belmonte Calabro l’aria ha lo stesso profumo di quella di Madaripur, in Bangladesh. Se ne è accorto Rajib Hossain, 20 anni e un lungo viaggio alle spalle. Ha lasciato il suo Paese quattro anni fa, è in Italia da febbraio 2017. La prima volta a Belmonte ancora se la ricorda: “Mi guardai intorno, osservando il mare, e pensai che quello era il posto perfetto per godersi bene il mondo. L’aria era più dolce. Ho sentito gli stessi profumi di casa mia. Non mi era mai successo, da quando me ne ero andato”, racconta a ilfattoquotidiano.it. Per capire il percorso che ha portato lì Rajib bisogna fare un passo indietro.
▻https://www.youtube.com/watch?v=AU1dGl9dFik&feature=emb_logo
Arroccato su una collina che guarda il mare, Belmonte conta poco più di mille abitanti. Nel 2016 il suo centro storico rischia lo spopolamento: i telefoni non prendono la linea e la gente del posto preferisce vivere vicino alla marina, dove si trova la ferrovia. Per le strade non c’è quasi nessuno. Sembra un luogo destinato a essere dimenticato. Eppure, c’è ancora chi se lo ricorda: nello stesso anno Rita Adamo sta studiando architettura alla London Metropolitan University. Originaria di Potenza, ha passato le estati della sua infanzia proprio a Belmonte. Racconta a compagni e professori londinesi l’isolamento in cui sta cadendo il borgo storico: “Quella stessa estate abbiamo deciso di passare qualche giorno lì. Io conoscevo l’ex Convento dei Cappuccini, ora gestito da operatori culturali, e sapevo che potevamo soggiornarci”, racconta. “Era il periodo dei grandi sbarchi sulle coste italiane. Ad #Amantea, poco distante, c’è un centro di accoglienza migranti. Ci siamo rivolti a loro per sapere se qualcuno fosse interessato a passare del tempo con noi. Hanno accettato in dieci. Non ci era ancora chiaro cosa volessimo fare: all’inizio pensavamo a conoscerci e a conoscere meglio il posto, riscoprendo luoghi considerati vecchi. Io stessa non andavo a Belmonte da molto tempo e quell’anno sono tornata con una nuova coscienza”.
In quell’occasione Rita e altri studenti fondano La #Rivoluzione-delle_Seppie, che si occupa di riattivare le aree calabresi a rischio spopolamento. È un inizio. Poco dopo l’università di Londra organizza una classe di ricerca: ogni anno, in novembre, un gruppo di studenti va in visita a Belmonte Calabro. “Restano una settimana. Entrano in contatto con la comunità di migranti, conoscono meglio il contesto locale. Ognuno di loro, mentre è sul posto, sceglie il luogo che lo ha colpito di più. Poi progetta strutture o edifici utili a incoraggiare l’inclusione sociale e a contrastare lo spopolamento”, continua Rita. Sono opere di studio, non vengono realizzate, precisa. Ma spesso servono da spunto.
Il tempo passa e nasce #Crossings, il festival estivo che unisce sotto lo stesso ombrello diverse realtà: La Rivoluzione delle Seppie, il collettivo di architettura #Orizzontale, l’associazione culturale Ex Convento, la #London_Metropolitan_University, l’#Università_Mediterranea_di_Reggio_Calabria e il Centro di solidarietà “Il Delfino”. Protagonista Belmonte Calabro, sottratto all’isolamento di anni prima. Partecipa anche l’amministrazione comunale, con il proprio patrocinio.
A ogni edizione seminari e workshop diversi, che richiamano l’attenzione di esperti e professionisti. Studenti di Londra e migranti partecipano agli incontri fianco a fianco. In inverno invece c’è un’altra spedizione: “L’Università londinese prevede che gli studenti di architettura vadano nelle campagne inglesi, ospiti di fattorie, a sperimentare materiali nuovi. Costruiscono strutture che poi smontano a esperimento concluso. Abbiamo deciso di organizzare la stessa cosa a Belmonte. Qui gli studenti possono realizzare strutture che poi rimarranno nel tempo, aiutati dal collettivo di architetti Orizzontale”, racconta Rita.
Nel 2019 nasce BelMondo, la comunità virtuale che vuole mantenere connessi tutti i partecipanti a Crossings. Il nome lo ha trovato Rajib, che quell’anno aveva partecipato a un workshop organizzato dal festival: “Ho scelto questo nome perché era simile al nome originario del posto, Belmonte, e perché il paese è un posto bellissimo dove vivere, soprattutto per la natura e i paesaggi”, racconta. “Il ricordo più bello che ho è la condivisione con gli studenti di Londra”. Fotografie, disegni, lavoro. Ma anche balli e chiacchiere: “Io non ho mai studiato, ma loro non mi hanno mai fatto sentire diverso perché migrante. Siamo diventati amici”. Rajib lavora a Cosenza come mediatore culturale. Aiuta i nuovi arrivati, che come lui non sanno cosa fare né dove andare. “Il progetto segue le fasi politiche: con il Decreto Sicurezza molti migranti sono stati costretti ad andarsene”, spiega Rita. “Ma tutti quelli che coinvolgiamo vogliono tornare anche gli anni successivi, perché a Belmonte hanno trovato una dimensione umana che manca nelle grandi città”.
Tra i progetti più recenti c’è la ristrutturazione dell’ex Casa delle Monache, ora diventata Casa BelMondo. Sarà un punto di ritrovo e condivisione. Per ora sono stati rifatti i pavimenti di tre stanze: il programma originario prevedeva di proseguire i lavori quest’estate in occasione di Crossings 2020, ma non è stato possibile a causa della pandemia. L’edizione di quest’anno sarà quindi digitale e virtuale, come è successo per molti altri eventi.
Il segnale di rete è ancora incerto per le vie del centro storico, a Belmonte Calabro. Ma non è più un’isola: “Molti ragazzi dei territori vicini, per esempio di Cosenza, hanno scelto di visitarlo. La comunità locale all’inizio ci guardava con un po’ di diffidenza, ma ora ci conosce e interagisce con noi, soprattutto nei momenti di convivialità”, spiega Rita. “Ora vogliamo pensare a come crescere per il futuro”. E poi ci sono i migranti, per i quali questo borgo storico calabrese è diventato una seconda casa, come dice Rajib: “Per me, c’è il mio paese natale. Subito dopo c’è BelMondo”.
▻https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/07/25/belmonte-calabro-come-studenti-e-migranti-hanno-contribuito-a-ripopolare-un-borgo-della-calabria-noi-ora-lo-chiamiamo-belmondo/5874467
#migrations #asile #réfugiés #Calabre #Italie #accueil #étudiants #villes-refuge #dépeuplement #démographie #architecture #urbanisme #imaginaire
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Education : la Grèce octroie l’asile à un étudiant Guinéen admis à Sciences Po Paris
Les autorités grecques vont octroyer l’asile à un jeune migrant guinéen, admis à Sciences Po Paris. Il était bloqué en Grèce car l’examen de sa demande d’asile a été retardé par l’épidémie de coronavirus.
« C’est un pas positif, un pas dans la bonne direction », s’est félicitée Sofia Kouvelaki, directrice de l’ONG, The Home Project, qui s’était chargée du jeune migrant guinéen admis à Sciences Po à Paris mais bloqué en Grèce à cause du coronavirus.
Les autorités grecques vont octroyer mardi l’asile à Amadou Diallo, 20 ans, réfugié sans-papiers. Après avoir terminé sa scolarité en Grèce, il a été accepté pour étudier à Sciences Po Paris sur dossier, après avoir passé un entretien en visioconférence.
L’asile octroyé à trois jeunes migrants boursiers
Le ministère grec des Migrations a indiqué ce lundi dans un communiqué que le ministre Notis Mitarakis allait octroyer mardi l’asile « à trois migrants qui ont réussi à obtenir des bourses d’études grâce aux possibilités que la Grèce leur a offertes ».
Outre Amadou Diallo, deux autres jeunes migrants vont recevoir l’asile, respectivement de nationalité camerounaise et afghane. La responsable de l’ONG The Home Project a toutefois exprimé l’importance qu’Amadou Diallo reçoive « rapidement une carte de séjour et un passeport » pour qu’il puisse se rendre à temps à Paris pour commencer ses études.
L’examen de sa demande d’asile a été retardé par l’épidémie de coronavirus, qui risquait en effet de l’empêcher de se rendre en France à temps pour la rentrée universitaire. C’est l’ambassade de France à Athènes qui s’est saisie de la question du jeune Guinéen, et avait travaillé à une solution avec le gouvernement grec.
« La France est prête à l’accueillir ! »
Le jeune homme, qui a perdu ses parents encore enfant, a fui son pays où il se sentait persécuté. Il est arrivé en 2016 sur l’île grecque de Lesbos. Il s’est enfui du camp de réfugié de Moria à Lesbos en se cachant dans un ferry pour Athènes où il a vécu un temps sans abri, jusqu’à ce qu’il rencontre des membres de l’ONG The Home Project.
Grâce à un travail dans un hôtel l’été et au soutien de l’ONG, il a pu intégrer le lycée franco hellénique Eugène Delacroix à Athènes. Sur les réseaux sociaux, son histoire a été vivement commentée et a suscité l’émotion.
La ministre française déléguée à la citoyenneté Marlène Schiappa a réagi sur Twitter : « Grâce à la mobilisation du Ministère de l’Intérieur et de la diplomatie française la Grèce va octroyer l’asile à Amadou Diallo, jeune réfugié admis à Sciences Po. Il pourra donc poursuivre sa scolarité en France ! ».
▻https://twitter.com/MarleneSchiappa/status/1285310610629107714?ref_src=twsrc%5Etfw%7Ctwcamp%5Etweetembed%7Ctwterm%5E12
▻https://twitter.com/MarleneSchiappa/status/1285310610629107714
▻https://www.leparisien.fr/societe/education-la-grece-octroie-l-asile-a-un-etudiant-guineen-admis-a-sciences
#relocalisation #Grèce #France #études #université #études #réfugiés #asile #migrations
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Ajouté à la métaliste des #villes-refuge et en particulier des #universités-refuge :
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Corte costituzionale : DECRETO SICUREZZA : IRRAGIONEVOLE LA NORMA CHE PRECLUDE L’ISCRIZIONE ANAGRAFICA AI RICHIEDENTI ASILO
▻https://www.cortecostituzionale.it/documenti/comunicatistampa/CC_CS_20200709165957.pdf
#cour_constitutionnelle #justice #décret_sécurité #Decreto_Sicurezza #Decreto_Salvini #Italie #asile #migrations #réfugiés #anagrafe #constitutionnalité #iscrizione_anagrafica
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Semble naître en #Italie un nouveau réseau de #villes-refuge... des villes qui accueillent et soutiennent celleux qui défendent les #droits_humains...
Ci-dessous une petite liste à partir des signalisation de Filippo Furri.
Je vais ajouter à la métaliste sur les villes-refuge :
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