#vintimille

  • Quelques extraits de la #BD
    #Humains, #La_Roya est une fleuve , dont il a déjà été question ici :


    https://seenthis.net/messages/693475

    Extraits :


    #ligne #ligne_frontalière #zone_frontalière #frontière_mobile


    #histoire #Giraude #grillage #barrières_frontalières


    #walls_don't_work


    #pas_de_la_mort #campement


    #tunnel #refoulement #push-back #risque


    #légende_de_mamadou #passeurs #vêtements


    #ouverture_des_frontières


    #Roya_citoyenne #délit_de_solidarité #business #armée #militarisation_des_frontières #drones


    #jeu_de_l'oie #migrerrance


    #Bella_ciao #fête


    #Méditerranée #mer_Méditerranée


    #memoria_delle_Alpi


    #20_km #20_kilomètres #Sospel #PAF #police_aux_frontières


    #illégalité #légalité


    #sans-papiers #papiers


    #Francesco_Biamonti


    #Briançon #Hautes-Alpes


    #ouvrir_les_frontières


    #inhumanité


    #mourir_aux_frontières #décès #mort


    #invisibilité #invisibilisation


    #neige #froid

    #bande_dessinée #livre #frontière_sud-alpine #solidarité #frontières #asile #migrations #réfugiés #Cédric_Herrou #Vintimille #Italie #France #Menton #Alpes #montagne

    ping @nepthys @reka

    • Dans la BD on cite le #livre
      "Les Paroles la nuit" de Francesco Biamonti

      Dans l’obscurité de la nuit, sur les sentiers des collines ligures battues par le vent, parmi ces terres arides, de roches et d’argile, de ronces, d’oliviers et de mimosas, erre une humanité inquiète en proie à la violence qui règne sur les côtes : ce sont les laissés-pour-compte de la modernité occidentale, attirés par la frontière française, à la recherche d’une terre d’accueil.

      Des coups de feu, un bruissement dans les arbres, les restes d’un bivouac, des traces de sang, un cadavre retrouvé au petit matin sont les signes du passage de ces hordes de damnés, incarnés par deux personnages poignants, un homme et une petite fille kurdes qu’un implacable destin poursuit.

      Donnant voix aux silences de Leonardo et de ses amis, à leurs remords, à leur perception des événements et des choses, l’auteur nous livre des tranches d’existence qui se détachent sur un paysage à la lumière changeante ; la dérive de notre monde malade revient sans cesse dans une conversation suspendue au-dessus de l’abîme.

      http://www.seuil.com/ouvrage/les-paroles-la-nuit-francesco-biamonti/9782020350105

  • #métaliste sur les morts aux #frontières des #Alpes

    Première décompte des morts, à ma connaissance, celui de Médecins Sans Frontières, dans un rapport de 2018 :
    https://fuoricampo.medicisenzafrontiere.it/Fuoricampo2018.pdf
    A la page 17, on peut lire : plus de 20 cadavres retrouvés aux frontières alpines, dont 15 entre l’Italie et la France

    Article paru dans La Repubblica le 22 février 2019 :
    I volontari francesi : in un anno 30 migranti morti nel tentativo di attraversare le Alpi

    Bilancio denuncia:al confine di Claviere è caccia all’uomo, 7mila respinti nel 2018.

    La frontiera franco–italiana, dove ogni giorno i migranti cercano di lasciare l’Italia, diretti in Francia, è “un confine sotto controllo militare dove è in corso una caccia all’uomo” e dove sono stati trovati una trentina di cadaveri nell’ultimo anno.
    E’ l’analisi durissima presentata ieri a Parigi dall’Anafè, l’associazione nazionale di assistenza agli stranieri sulle frontiere, un’associazione a cui aderiscono una ventina di enti, molti sono gruppi di giuristi e avvocati. Per un anno i volontari dell’Anafé hanno analizzato quello che succede nella regione delle Hautes-Alpes, al Monginevro e al Colle della Scala, e sulla frontiera di Ventimiglia, denunciando “le pratiche illegali dell’amministrazione francese”.

    Il risultato è un rapporto intitolato “#Persona_non_grata. Conseguenze delle politiche migratorie e di sicurezza (https://drive.google.com/file/d/15HEFqA01_aSkKgw05g_vfrcP1SpmDAtV/view)” che mette sotto la lente di ingrandimento - osservando la scena dal lato francese - la militarizzazione della frontiera e le violazioni dei diritti durante i controlli della Paf, la polizia di frontiera francese. L’Anafé solleva dubbi sulle procedure con cui i migranti vengono fermati quando sono individuati. “Vengono suddivisi e selezionati in base a segni esterni come il colore della pelle, l’odore e l’abbigliamento – e aggiungono - Dal 2015 la polizia di frontiera ha emesso rifiuti di ingresso in Francia senza rispettare la legge”.

    Ogni migrante, infatti, avrebbe diritto ad un’esame approfondito della sua situazione con l’aiuto di un interprete, ma al Monginevro molti vengono rimandati verso l’Italia dopo poche ore e, sostiene chi ha redatto il documento, senza la necessaria assistenza. Succede anche con i minori non accompagnati che, per legge, dovrebbero essere accolti. I volontari hanno raccolto la storia di un ragazzino fermato a pochi chilometri da Clavière , il 22 novembre. “La gendarmeria ci ha trovato intorno alle 4 - dice - Eravamo rimasti solo in quattro perché il gruppo si era disperso. Sono svenuto perché ho un problema al cuore e quando mi sono svegliato ho chiesto di essere portato in ospedale ma mi hanno detto che non era possibile. Ricordo che mi hanno fatto scendere dalla macchina al confine e che ho aspettato a lungo al freddo”.

    Nel 2016 i respingimenti al confine con la val di Susa erano stati 316, nel 2017 sono stati 1900. A Modane, nel 2018, sono stati rifiutati oltre 7000 ingressi. “Le persone esiliate - si legge ancora - vengono tenute in condizioni di detenzione deplorevole e senza diritti, senza spazi per dormire, cibo o acqua, contro lo stesso principio di dignità umana”. La procura di Nizza – come riporta il quotidiano Le Monde - ha già aperto un’inchiesta per valutare eventuali abusi della polizia alla frontiera.
    Un ultimo capitolo del documento, che si conclude con una lunga lista di raccomandazioni per garantire i diritti delle persone, è dedicato alla criminalizzazione della solidarietà: la procura di Gap, infatti, ha avviato diversi processi contro persone ritenute responsabili di aver aiutato i migranti. Il 13 dicembre scorso 7 persone erano state condannate dal tribunale e tra queste anche una ragazza torinese.

    https://torino.repubblica.it/cronaca/2019/02/22/news/i_volontari_francesi_trenta_migranti_morti_nel_tentativo_di_attrav

    Quand j’aurai le temps, je chercherais les références des cas antérieures que j’ai répertoriés sur seenthis par le passé...

    #frontière_sud-alpine #montagne #mourir_aux_frontières #asile #migrations #réfugiés #décès #morts #frontières

    J’ajoute à la #métaliste sur la frontière sud-alpine :
    https://seenthis.net/messages/733721

    Voir aussi ces articles consacrés aux morts aux frontières à Vintimille, Brenner et Côme :
    https://openmigration.org/analisi/i-morti-di-confine-a-ventimiglia
    https://openmigration.org/analisi/morire-di-confine-al-brennero
    https://openmigration.org/analisi/morire-di-confine-a-como

    Statistiques telles qu’elles ont été présentées dans une vidéo qui a été publiée le 5 septembre 2017 :


    https://www.ilfattoquotidiano.it/2017/09/05/migranti-quando-capita-a-due-passi-da-te-e-diverso-storia-di-rawda-e-degli-italiani-che-lhanno-restituita-a-sua-figlia/3822631

    Commentaire du rapport Persona non grata par les rédacteurs du rapport, sur les ondes de Radio Parleur :
    La journaliste demande : avez vous des chiffres sur les morts aux frontières ? (minute 4’25)

    « La question des chiffres c’est toujours compliqué, parce qu’on peut avoir une idée de personnes pour lesquelles on en a eu connaissance. Mais il y a forcément des gens qu’on ne peut pas voir et peut-être aussi des personnes qui sont disparues ou qui ont perdu la vie, mais dont on en a pas connaissance. Dans le rapport on parle d’une trentaine, parce qu’il y a eu 22 personnes dont on est sûrs qu’elles sont décédées à la frontière basse. Et à la frontière haute, entre 2017 et 2018 il y a eu 3 décès et une disparition. Et en février, il y a deux semaines, il y a eu un autre décès. Donc on s’approche d’une trentaine, mais on ne peut pas donner de chiffres précis parce qu’il y en a aussi plein pour lesquels on ne sait pas. »

    Source : https://radioparleur.net/2019/03/01/anafe-crise-frontieres-migrations

    Conférence de #Daniela_Trucco : Mise en récit des morts à la frontière franco-italienne des Alpes Maritimes (2015-2018)
    https://seenthis.net/messages/780341

    Article paru dans Le Monde, en juin 2018 :
    Dans les Alpes, la fonte des neiges révèle les corps de migrants morts en tentant de passer en France
    https://seenthis.net/messages/756096#message786236

    –—

    A faire dans le futur... éplucher cette liste de Gabriele Del Grande et identifier les cas « alpins » (notamment pour ceux qui ont eu lieu avant 2015) :
    http://fortresseurope.blogspot.com/2006/02/nascosti-nei-tir.html

    ping @reka @isskein

  • I valdesi volontari al confine Italia-Francia: «Sui migranti le violenze della gendarmerie e i muri del Decreto Salvini»

    A #Bardonecchia flussi diminuiti, a #Claviere stabili. «Ma ora è gente che scappa dai centri e, non potendo stare negli Sprar, prova a sconfinare».

    Rincorso dai cani sguinzagliati dalla gendarmerie, ha passato la notte, con le temperature che possono scendere fino a meno dodici gradi, nascosto nella neve. I piedi non gli verranno amputati, ma i medici dicono che per tornare a camminare ci vorrà tempo. Ha quindici anni. Cinque in meno del ventenne che ha raccontato di essere stato inseguito dalla polizia francese in motoslitta, portato in caserma e derubato del denaro. Entrambi migranti che di recente avevano provato a raggiungere la Francia dall’Italia, entrambi respinti. Storie oscurate dall’odissea dei quarantanove a bordo di Sea Watch e Sea Eye.

    «La quotidianità di quello che accade sul confine», ha scritto qualche giorno fa su Facebook, rilanciando le due testimonianze raccolte da volontari francesi di Briançon, Davide Rostan, pastore valdese, membro della rete di volontari che in Val di Susa offre assistenza e supporto quotidiani ai migranti che provano a passare la frontiera. Dove, oltre a «episodi di ordinaria violenza arbitraria - così li definisce - da parte della gendarmerie, che continua a respingere anche i minori, in certi casi falsificando le date di nascita», si registrano quelli che secondo il pastore valdese sono «gli effetti del decreto Salvini».

    A Bardonecchia e Clavière. Se a Bardonecchia, dopo il caso, anche diplomatico, esploso a marzo scorso in seguito all’irruzione di agenti della dogana francese in un presidio per migranti, i flussi di quanti tentavano di oltrepassare il confine sono diminuiti, a Clavière, sul limite della frontiera, la situazione è rimasta pressoché stabile. Stime ufficiali ancora non ce ne sono, «ma i numeri sono più o meno quelli di sempre, forse c’è stata una flessione anche per la diminuzione degli sbarchi, ma è minima», scandisce Rostan.

    Le differenze rispetto al passato, però, ci sono. «È cambiata la composizione: per la stragrande maggioranza, non si tratta più, come accadeva fino all’anno passato, di persone arrivate in Italia e parcheggiate negli hotspot, non seguite in un percorso concreto di accoglienza e integrazione. Ora in gran parte è gente che scappa dai centri, magari ancora prima di ricevere il responso della Commissione territoriale o perché l’ha ottenuto ed è negativo o che è già stata in un Cas, ha il permesso di soggiorno per motivi umanitari e, sulla base del dispositivo firmato da Salvini, non può rientrare negli Sprar. Probabilmente se non ci fosse stato il decreto sicurezza non sarebbero andati via tutti coloro che rischiano di ritrovarsi in mezzo alla strada».

    A Ventimiglia. Tentativi di passaggio e respingimenti - in media una cinquantina di persone al giorno vengono rimandati in Italia - da parte della polizia francese continuano anche alla frontiera di Ventimiglia, «anche se - puntualizza Chiara Romagno, referente di Oxfam Italia nella cittadina ligure - il numero dei migranti che restano qui si è molto ridotto. Ora molti arrivano da Genova o da Milano, in bus o in treno, provano a passare e se vengono respinti tornano nei luoghi da cui si sono mossi». Anche Romagno ha notato un cambio nella composizione dei gruppi di migranti intenzionati a oltrepassare il confine. «In gran parte - spiega ad HuffPost - si tratta di persone che stanno da più tempo in Italia. I flussi, comunque, un po’ si sono assottigliati, anche per effetto della riduzione degli sbarchi, conseguenza diretta degli accordi con la Libia stretti da Minniti». Il decreto Salvini non c’entra?

    «Ancora non abbiamo evidenze di correlazione tra i flussi di coloro che provano a raggiungere la Francia da Ventimiglia e gli effetti del decreto sicurezza» risponde Romagno ma racconta che, di recente, ha incontrato un ragazzo richiedente asilo che aveva trovato un datore di lavoro pronto a fargli il contratto. Gli aveva chiesto la carta d’identità, che lui, impossibilitato a iscriversi all’anagrafe sulla base di quanto prevede il decreto sicurezza, non può avere. «Dovrebbe essere sufficiente il permesso di soggiorno - fa notare la referente di Oxfam - ma né i datori di lavoro né i sistemi informatici sono ancora aggiornati sulle nuove procedure».

    Intanto, va avanti Romagno, «la polizia continua a prendere i migranti e trasferirli da Ventimiglia a Taranto. Gruppi molto esigui, dieci dodici persone, caricati su bus che costano migliaia di euro, risorse sprecate» e «anche se non si dice, proseguono gli sbarchi spontanei, come dimostra quanto accaduto a Crotone».

    «No» al decreto Salvini. Visto dalle frontiere, alla luce del decreto Salvini, il futuro non sembra incoraggiante. «Porterà più gente per strada - taglia corto Rostagno - Si pensi a tutte le famiglie che hanno protezione umanitaria e non possono più entrare negli Sprar. E, a causa della riduzione delle risorse erogate per il supporto e l’integrazione dei migranti, i centri potranno offrire meno servizi. Resteranno solo i centri grandi e, certo, con fondi esigui, non potranno essere gestiti al meglio».

    «Il rischio è che la gran parte di coloro che arriveranno in Italia in futuro - ragiona Rostan - verrà parcheggiata in centri grandi, dove seguirli in percorsi reali di integrazione sarà più difficile. Strutture che, con ogni probabilità, saranno in prevalenza al Sud, in posti più vicini ai luoghi di sbarco e dove cibo e riscaldamento costano meno che al Nord».

    Contro il decreto Salvini anche in Val di Susa è scattata la mobilitazione. Le amministrazioni di Oulx e Vaie hanno già adottato una delibera per ufficializzare la loro contrarietà al provvedimento firmato dal ministro dell’Interno, un po’ sulla falsariga di quanto ha fatto a Palermo il sindaco Leoluca Orlando, e il 26 gennaio si terrà una manifestazione che coinvolgerà la valle. «Il decreto sicurezza - ha scritto su Facebook Rostan - serve a far lavorare di più mafia e criminalità e a criminalizzare la solidarietà e chi fa l’accoglienza in modo trasparente e onesto, chi crea integrazione e chi vuole che le persone che arrivano in Italia possano stare in Italia».

    https://www.huffingtonpost.it/2019/01/11/i-valdesi-volontari-al-confine-italia-francia-sui-migranti-le-violenze-della-gendarmerie-e-i-muri-del-decreto-salvini_a_23640429/?ncid=other_facebook_eucluwzme5k
    #decreto_salvini #asile #migrations #réfugiés #Italie #France #frontières #frontière_sud-alpine #Hautes-Alpes #migrerrance

    • Ventimiglia, al campo Caritas aumentano migranti espulsi da accoglienza: “Dopo decreto Salvini persone esasperate”

      A pochi mesi dall’approvazione del decreto sicurezza di Matteo Salvini, la frontiera di Ventimiglia si dimostra ancora una volta perfetta cartina tornasole dei risultati delle politiche sull’immigrazione in Italia. Dopo il blocco degli sbarchi operato con gli accordi in Libia di Minniti, da quasi due anni, nella città di frontiera con la Francia si era registrato un deciso calo del numero degli arrivi e un cambiamento dei paesi di provenienza, ora il numero di persone bloccate sul territorio di frontiera oscilla tra le 150 e le 200 persone, con una cinquantina di arrivi al giorno, ma si tratta in buona parte persone con regolare permesso umanitario, che in questi anni avevano trovato lavoro, e che ora con il decreto sicurezza si trovano impossibilitati a rinnovare il permesso per ragioni di lavoro e sono stati espulsi dalle strutture di accoglienza dove erano ospitati. “I numeri sono più bassi di qualche anno fa – sottolinea Christian Papini, responsabile del centro d’ascolto della Caritas, che vede giorno per giorno la situazione dalla prima linea – ma lo stato d’animo di chi arriva è molto cambiato, riscontriamo molto più di frequente persone esasperate che si sentono rifiutate nonostante gli anni di impegno per la propria integrazione in Italia”.
      C’è sempre qualche migrante arrivato da poco nel nostro Paese e intenzionato solamente a passare, ora anche proveniente dalla rotta balcanica, “ma tantissimi si trovano qui solo perché si sono trovati improvvisamente in mezzo una strada, costretti a interrompere percorsi di inclusione avviati a causa del cambio delle regole sull’accoglienza”. Chiusa da tempo l’unica esperienza ‘autogestita’ di ospitalità riservata a donne e bambini sul territorio, quella offerta per mesi dalla Caritas alla chiesa delle ‘Gianchette’ di don Rito Alvarez (trasferito nel comune di San Biagio della Cima), il Centro della Croce Rossa resta il solo ‘rifugio’ dove i migranti (uomini, donne, nuclei familiari e minori accompagnati tutti nello stesso campo) possono trovare una brandina e supporto medico e legale, per orientarsi sul proprio futuro relazionandosi con gli operatori o provare a passare in Francia.

      https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/04/18/ventimiglia-al-campo-caritas-aumentano-migranti-espulsi-da-accoglienza-dopo-decreto-salvini-persone-esasperate/5118847/amp
      #décret_salvini

    • Migranti, a Ventimiglia i primi effetti della “strategia Minniti”: “Sono cambiate le rotte. In aumento arrivi dal Maghreb”

      Ventimiglia è un luogo di osservazione privilegiato per comprendere i mutamenti nei flussi e nelle rotte dei migranti in viaggio verso l’Europa. Così negli ultimi 15 giorni, ad arrivare nella città di frontiera, insieme ai tanti richiedenti asilo e rifugiati usciti senza speranza dalle maglie dei circuiti di accoglienza italiani, ci sono le persone arrivate con gli sbarchi, tornati numerosi come gli scorsi anni. A cambiare però è il volto di chi arriva, non più persone provenienti da Sudan, Eritrea, Etiopia e altri paesi dell’Africa subsahariana, che rappresentavano il numero maggiore alla frontiera con la Francia fino allo scorso anno, ma algerini, tunisini e giovani provenienti dall’area del Maghreb. Sono i primi effetti della “strategia Minniti”, che secondo diversi addetti ai lavori corrisponderebbero al tentativo da parte dei paesi vicini alla Libia di battere cassa all’Europa per tornare a bloccare i flussi, come recentemente stabilito dall’accordo tra Italia e Libia.

      Se gli accordi con Tripoli sembrano aver retto, bloccando in Niger, Ciad e Libia la rotta dei migranti tra luglio e settembre, ora a donne, bambini e giovani in fuga da fame e conflitti si stanno sostituendo altri migranti, provenienti da paesi rispetto ai quali è più difficile chiedere e ottenere protezione umanitaria. “Ma se cambiano i volti e verifichiamo che chi arriva dagli ultimi sbarchi proviene da altre aree geografiche, questo non significa che i problemi nei paesi di origine si siano risolti – sottolinea Daniela Zitarosa, operatrice legale di Intersos a Ventimiglia – anzi, i racconti che ci arrivano confermano le peggiori aspettative sulle modalità con cui i libici stiano bloccando i flussi: detenzione, stupri, ricatti e torture”.

      Racconti e testimonianze dal confine che confermano quanto denunciato il 17 ottobre dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, che stima la presenza di oltre 14.500 migranti e rifugiati prigionieri nei centri di detenzione gestiti dai trafficanti nei pressi di Sabratha “Gli accordi non fermano gli arrivi, che qui a Ventimiglia sono tornati a crescere – aggiunge Serena Regazzoni della Caritas Intemelia – e chi arriva dalla Libia ora rischia ancora di più di restare vittima dei rimbalzi tra centri di detenzione e respingimenti in mare, al costo della propria vita”

      https://www.ilfattoquotidiano.it/2017/10/22/migranti-a-ventimiglia-i-primi-effetti-della-strategia-minniti-sono-cambiate-le-rotte-in-aumento-arrivi-dal-maghreb/3924112
      #Vintimille

    • Nell’ex fabbrica di penicillina, un #ghetto di Roma

      Oggi viene presentata la seconda edizione di “Fuori campo”, il rapporto di Medici Senza Frontiere sulla marginalità, secondo il quale “sono almeno 10.000 le persone escluse dall’accoglienza, tra richiedenti e titolari di protezione internazionale e umanitaria, con limitato o nessun accesso ai beni essenziali e alle cure mediche”. Una cinquantina gli insediamenti mappati dall’organizzazione in tutta Italia, 3500 le persone che vivono in occupazioni, baracche e “ghetti” nella sola Roma. Open Migration è entrata dentro il “gran ghetto” della capitale: un’ex fabbrica di penicillina in cui le condizioni di vita sono estreme.

      Appena finisce di spaccare le cassette della frutta e il legname di recupero, Alecu Romel entra nella casa in cui vive con la moglie Maria. Nella stanza d’ingresso, una luce fioca illumina il fornello, collegato ad una bombola a gas. A destra, in un locale spoglio, la coppia tiene una bicicletta e dei passeggini, riadattati per raccogliere ferrivecchi e oggetti abbandonati per strada. Sulla sinistra, una porta rossa separa dalla zona notte: una camera con due letti, la televisione e stampe colorate appese alle pareti.

      “Viviamo in questo appartamento da cinque anni e cerchiamo di tenerlo sempre in ordine”, dice Maria. A cedere loro lo spazio, un altro cittadino della Romania, che dentro la Ex-Penicillina, una delle più grandi aree industriali dismesse di Roma, si era inventato un angolo di intimità arredando alcuni dei locali più piccoli, che un tempo erano probabilmente uffici. In cinque anni di vita fra i capannoni scrostati, Alecu e Maria hanno visto cambiare l’insediamento. “Prima eravamo più rumeni e ci sono state anche famiglie italiane”, continua la donna, “mentre adesso gli abitanti sono cresciuti, e quasi tutti sono africani”.

      Oggi, come allora, il sogno di ricongiungersi con i due figli, affidati ai nonni in Romania, appare lontano: “questo non è un posto per bambini, ci sono topi e sporcizia, non ci si sente sicuri, ma almeno quei pochi soldi che guadagnamo ci permettono di mantenerli a casa, di fargli fare una vita migliore della nostra”, conclude Maria, la voce rassegnata.
      Fra i capannoni del “grande ghetto”

      Sempre più sogni si infrangono dietro la facciata del complesso, che costeggia via Tiburtina, una delle arterie più trafficate della città. Qui i cantieri per il raddoppio della carreggiata vanno avanti da anni: “finite ‘sti lavori!! più che una consolare sembra una via Crucis” è l’urlo che i cittadini hanno affidato ai cartelli affissi sui muri. Siamo all’altezza della periferia operaia di San Basilio, oggi nota alle cronache anche come base per lo spaccio di stupefacenti.

      Rifugiati e richiedenti asilo, arrivati in Italia negli ultimi anni e usciti dal sistema d’accoglienza, hanno infatti trovato qui un riparo precario, aprendo un nuovo capitolo nella storia del complesso, un tempo orgoglio dell’industria italiana. Aperta come Leo – Industrie Chimiche Farmaceutiche Roma, la Ex-Penicillina è stata la prima fabbrica italiana a produrre antibiotici. Una storia complessa, intrecciata ai piani di investimento del secondo dopoguerra, supportati dagli Usa, e alle speculazioni edilizie che avrebbero cambiato il volto della capitale.

      All’inaugurazione dell’impianto, nel 1950, fu invitato lo stesso sir Alexander Fleming, scopritore della penicillina. Un graffito, nello scheletro esterno della struttura, lo ritrae pensieroso: “ti ricordi quando eravamo i più grandi?”, recita la scritta. Il quotidiano “L’Unità” aveva dedicato un paginone all’evento, col titolo “la più grande fabbrica di penicillina d’Europa inaugurata a Roma”. Dagli oltre 1300 operai degli anni Sessanta, si passò però presto a poche centinaia, fino all’abbandono totale dell’attività, alla fine degli anni Novanta. Un altro sogno, quello di una cordata di imprenditori, che volevano demolirla per fare spazio a un maxi-albergo di alta categoria, si infranse di fronte ai costi per lo smaltimento di rifiuti chimici e amianto, tuttora presenti nell’area.

      “Questo posto lo chiamano il grande ghetto”, ci dice Ahmad Al Rousan, coordinatore per Medici senza frontiere dell’intervento nei campi informali, mentre entriamo dentro uno degli stabilimenti con una torcia, perché qui manca tutto, anche l’elettricità. Camminiamo tra spazzatura, escrementi e resti della vecchia fabbrica: ampolle, fiale, scatole di medicinali su cui c’è ancora la bolla di accompagnamento. “C’è un posto qui vicino, il piccolo ghetto, qui ci sono circa 500 persone, lì 150”, aggiunge. “Non solo chiamano questi luoghi ghetti, ma chi ci vive si sente anche ghettizzato”.

      In questa area industriale abbandonata ci sono persone che arrivano da diverse parti del mondo: nord Africa, Sub Sahara, Pakistan, Afghanistan, Romania, e c’è anche un italiano. La maggior parte sono titolari di protezione internazionale, altri in attesa di essere ascoltati dalla commissione territoriale che dovrà decidere sulla richiesta d’asilo, altri ancora hanno il permesso di soggiorno scaduto. Tutti sono fuori dall’accoglienza per qualche motivo.
      Il rapporto di Medici Senza Frontiere

      Come denuncia “Fuori campo”, l’ultimo rapporto di Medici Senza Frontiere, in tutta Italia ci sono almeno 10 mila persone in questa condizione, alloggiate in insediamenti informali con limitato o nessun accesso ai beni essenziali e alle cure mediche. Nella capitale la maggior parte si concentra proprio qui, nella zona est, tra la Tiburtina e la Casilina, passando per Tor Cervara. Edifici abbandonati, ex fabbriche e capannoni, sono diventati la casa di centinaia tra migranti e rifugiati. Che ci vivono da invisibili in condizioni disumane, senza acqua, luce e gas, spesso a ridosso di discariche abusive.

      Da novembre 2017, l’Ong ha avviato un intervento con un’unità mobile composta da un medico, uno psicologo e un mediatore culturale, e da qualche settimana il camper è arrivato anche all’ex Leo. Quella di Msf è l’unica presenza esterna negli spazi dell’occupazione: gli operatori vengono qui una volta alla settimana, dal primo pomeriggio alla sera, per portare assistenza medica e psicologica agli abitanti. Un piccolo gazebo allestito nella parte esterna degli edifici fa da ambulatorio, la sala d’attesa è, invece, lo spazio antistante, un tavolino da campeggio, qualche sedia pieghevole e una lampada. Per chi abita qui questo momento è diventato un rito, c’è chi viene per la prima volta, chi torna per un controllo, chi viene solo per chiacchierare.

      Un ragazzo si avvicina con aria timida: “they rescued me”, ci dice, raccontando di aver riconosciuto il logo di Msf sul gazebo, lo stesso visto sulla pettorina delle persone che lo avevano soccorso nel mezzo del Mediterraneo, nel 2016. Ora, due anni dopo l’approdo in Italia, è sbarcato anche lui all’ex fabbrica della penicillina. Entra e inizia la sua prima visita: lamenta mal di testa frequenti. La dottoressa misura la pressione e compila una scheda.

      “I problemi di salute qui sono legati soprattutto alle condizioni di vita: non ci sono servizi igienici e c’è solo una presa d’acqua fredda, per centinaia di persone”, spiega Al Rousan. La patologia più comune, aggiunge “è quella respiratoria dovuta al freddo o all’aria che respirano; l’unico modo che hanno per scaldarsi è accendere il fuoco, con tutti i rischi connessi: qualche giorno fa abbiamo assistito una persona completamente ustionata, in modo grave. Ha aspettato il nostro arrivo, non ha voluto andare a farsi vedere in un ospedale”. Di incendi qui ce ne sono stati diversi, come rivelano i muri anneriti di interi spazi. L’ultimo, a fine gennaio 2018, ha richiesto l’intervento dei vigili del fuoco, dopo l’esplosione di una bombola del gas. Quando cala la sera, le luci dei fuochi accesi e le fiammelle delle candele spezzano il buio totale degli edifici.

      “Questo è un posto estremo, dove l’esclusione è totale”, sottolinea Al Rousan. Dopo aver subito vari traumi nel viaggio e poi in Libia, trovarsi in questa condizione significa vedere infranto il sogno di potersi integrare, di costruirsi una nuova vita. Lavoro da tanti anni in situazioni simili, ma non ho mai visto una cosa del genere. E non pensavo potesse esserci un posto così a Roma”.
      La normalità dell’esclusione

      La fabbrica è occupata da diversi anni, e come in tutti gli insediamenti informali, gli abitanti hanno ricostruito una parvenza di normalità. Lamin, che viene dal Gambia, gestisce un piccolo market all’ingresso di uno dei capannoni principali. I prodotti li acquista al mercato di piazza Vittorio, dove si trovano i cibi di tutto il mondo. Qui vende aranciata, farina, zucchero, fagioli, candele e i dadi marca Jumbo, indispensabili – ci dice – per preparare qualsiasi piatto africano.

      Ha poco più di vent’anni e prima di arrivare qui viveva a via Vannina, in un altro stabile occupato, poco lontano. Nel violento sgombero del giugno 2017, è volato giù dalle scale e ancora, dice, “ho dolori frequenti alle ossa”. La fabbrica è diventata la sua nuova casa.

      Victor, 23 anni, è arrivato invece all’ex Penicillina dopo un periodo trascorso in un centro di accoglienza a Lecce, mentre era in corso la sua domanda d’asilo. Ottenuto lo status di rifugiato ha deciso di spostarsi a Roma per cercare lavoro, ma non parla neanche una parola di italiano. Il suo sogno è fare il giornalista. Nel suo paese, la Nigeria, ha studiato Comunicazione: “sono grato al governo italiano per quanto ha fatto per me”, dice, “ma non pensavo che una volta arrivato in Italia mi sarei trovato in questa situazione: quando sono arrivato a Roma ho vissuto un periodo alla stazione Termini. Faceva freddo e la temperatura di notte arrivava quasi allo zero. Un connazionale mi ha parlato di questo posto, mi ha detto che qui almeno potevo farmi una doccia. Invece, una volta arrivato ho scoperto che c’era solo una fontanella per l’acqua”. Come tutti, spera di andarsene presto. “Questo luogo cambia le persone, rallenta ogni aspirazione e io, invece, il mio sogno lo vorrei realizzare”, ci dice con uno sguardo vivace.

      Nel reticolo di capannoni, corridoi e cortili, ci sono altri piccoli bar e negozi: l’ultimo è stato aperto pochi giorni fa. Sulla facciata troneggia la bandiera giallorossa della squadra di calcio della Roma. Raffigura la lupa capitolina che allatta Romolo e Remo: qui è quasi un paradosso, quell’immagine simbolo di mamma Roma, patria dell’accoglienza.


      http://openmigration.org/analisi/nellex-fabbrica-di-penicillina-il-grande-ghetto-di-roma
      #Rome

    • Il sistema di accoglienza italiano verso il default organizzativo e morale

      Sono pubblicate da tempo le relazioni della Commissione di inchiesta della Camera dei deputati sui Centri per stranieri. Relazioni che censuravano l’utilizzo degli Hotspot come strutture detentive e chiedevano la chiusura del mega CARA di Mineo. Ma il governo e le prefetture non hanno svolto quel lavoro di pulizia con la estromissione del marcio che risultava largamente diffuso da nord e sud. Una operazione che sarebbe stata doverosa per difendere i tanti operatori e gestori dell’accoglienza che fanno il proprio dovere e che avrebbe permesso di rintuzzare uno degli argomenti elettorali più in voga nella propaganda politica delle destre, appunto gli sprechi e gli abusi verificati da tutti ormai all’interno dei centri di accoglienza, soprattutto in quelli appaltati direttamente dalle prefetture, i Centri di accoglienza straordinaria (CAS), la parte più consistente del sistema di accoglienza italiano.

      https://www.a-dif.org/2018/02/27/il-sistema-di-accoglienza-italiano-verso-il-default-organizzativo-e-morale

    • Ventimiglia. Prima della neve. Un report del gruppo di medici volontari del 27 febbraio scorso tratto dal blog Parole sul Confine

      Sabato 27 febbraio è stata una giornata di lavoro intenso sotto al ponte di via Tenda.

      Avremmo fatto almeno 40 visite.

      Rispetto alla scorsa estate ci sono più persone che vivono sotto al ponte del cavalcavia lungo al fiume, con un numero senza precedenti di donne e bambini anche molto piccoli.

      L’insediamento sembra sempre più stabile, con baracche costruite con pezzi di legno e teli di plastica. Le persone che vivono lì sono prevalentemente eritree e sudanesi. Al momento, tutte le donne sole e le madri sono eritree.

      Le persone che abbiamo visitato erano giovanissime. Tantissime affette da scabbia. Spesso con sovra-infezioni molto importanti. Grazie alla nostra disponibilità di farmaci e grazie alle scorte di indumenti stivati presso l’infopoint Eufemia abbiamo potuto somministrare il trattamento anti scabbia a molte persone, dopo esserci assicurati che avessero compreso come eseguire correttamente tutta la procedura.

      http://www.meltingpot.org/local/cache-vignettes/L440xH294/parole-sul-confine-tende-ponte-roia-3ad5b.png?1520066845
      http://www.meltingpot.org/Ventimiglia-Prima-della-neve.html
      #froid #hiver

    • Purgatory on the Riviera

      Ventimiglia is idyllic. It sits just across the Italian border from the French Riviera. The piercingly blue waters of the Mediterranean churn against its rocky beaches, and its buildings, painted in earthy pastels, back up against the foothills of the Alps. On Fridays, the normally quiet streets are bustling with French tourists who cross the border by car, train, and bicycle to shop in its famous markets where artisans and farmers sell clothes, leather items, fresh produce, truffles, cheeses and decadent pastries. Families with young children and elderly couples stroll along the streets and sit at sidewalk cafes or eat in one of the many restaurants along the shore.


      https://www.irinnews.org/special-report/2017/12/04/purgatory-riviera

    • Ex Penicillina. Dall’evacuazione alla bonifica: 4 mosse per uscire dal ghetto

      La proposta degli abitanti per evitare lo sgombero coatto, più volte annunciato dal ministro Salvini. All’interno circa 200 persone, tra cui alcuni italiani. “Va data a tutti un’alternativa e la fabbrica bonificata e riconsegnata alla città”


      http://www.redattoresociale.it/Notiziario/Articolo/606113/Ex-Penicillina-Dall-evacuazione-alla-bonifica-4-mosse-per-uscire-da

    • Nell’ex fabbrica di penicillina, un ghetto di Roma

      Oggi viene presentata la seconda edizione di “Fuori campo”, il rapporto di Medici Senza Frontiere sulla marginalità, secondo il quale “sono almeno 10.000 le persone escluse dall’accoglienza, tra richiedenti e titolari di protezione internazionale e umanitaria, con limitato o nessun accesso ai beni essenziali e alle cure mediche”. Una cinquantina gli insediamenti mappati dall’organizzazione in tutta Italia, 3500 le persone che vivono in occupazioni, baracche e “ghetti” nella sola Roma. Open Migration è entrata dentro il “gran ghetto” della capitale: un’ex fabbrica di penicillina in cui le condizioni di vita sono estreme.

      Appena finisce di spaccare le cassette della frutta e il legname di recupero, Alecu Romel entra nella casa in cui vive con la moglie Maria. Nella stanza d’ingresso, una luce fioca illumina il fornello, collegato ad una bombola a gas. A destra, in un locale spoglio, la coppia tiene una bicicletta e dei passeggini, riadattati per raccogliere ferrivecchi e oggetti abbandonati per strada. Sulla sinistra, una porta rossa separa dalla zona notte: una camera con due letti, la televisione e stampe colorate appese alle pareti.

      “Viviamo in questo appartamento da cinque anni e cerchiamo di tenerlo sempre in ordine”, dice Maria. A cedere loro lo spazio, un altro cittadino della Romania, che dentro la Ex-Penicillina, una delle più grandi aree industriali dismesse di Roma, si era inventato un angolo di intimità arredando alcuni dei locali più piccoli, che un tempo erano probabilmente uffici. In cinque anni di vita fra i capannoni scrostati, Alecu e Maria hanno visto cambiare l’insediamento. “Prima eravamo più rumeni e ci sono state anche famiglie italiane”, continua la donna, “mentre adesso gli abitanti sono cresciuti, e quasi tutti sono africani”.

      Oggi, come allora, il sogno di ricongiungersi con i due figli, affidati ai nonni in Romania, appare lontano: “questo non è un posto per bambini, ci sono topi e sporcizia, non ci si sente sicuri, ma almeno quei pochi soldi che guadagnamo ci permettono di mantenerli a casa, di fargli fare una vita migliore della nostra”, conclude Maria, la voce rassegnata.
      Fra i capannoni del “grande ghetto”

      Sempre più sogni si infrangono dietro la facciata del complesso, che costeggia via Tiburtina, una delle arterie più trafficate della città. Qui i cantieri per il raddoppio della carreggiata vanno avanti da anni: “finite ‘sti lavori!! più che una consolare sembra una via Crucis” è l’urlo che i cittadini hanno affidato ai cartelli affissi sui muri. Siamo all’altezza della periferia operaia di San Basilio, oggi nota alle cronache anche come base per lo spaccio di stupefacenti.

      Rifugiati e richiedenti asilo, arrivati in Italia negli ultimi anni e usciti dal sistema d’accoglienza, hanno infatti trovato qui un riparo precario, aprendo un nuovo capitolo nella storia del complesso, un tempo orgoglio dell’industria italiana. Aperta come Leo – Industrie Chimiche Farmaceutiche Roma, la Ex-Penicillina è stata la prima fabbrica italiana a produrre antibiotici. Una storia complessa, intrecciata ai piani di investimento del secondo dopoguerra, supportati dagli Usa, e alle speculazioni edilizie che avrebbero cambiato il volto della capitale.

      All’inaugurazione dell’impianto, nel 1950, fu invitato lo stesso sir Alexander Fleming, scopritore della penicillina. Un graffito, nello scheletro esterno della struttura, lo ritrae pensieroso: “ti ricordi quando eravamo i più grandi?”, recita la scritta. Il quotidiano “L’Unità” aveva dedicato un paginone all’evento, col titolo “la più grande fabbrica di penicillina d’Europa inaugurata a Roma”. Dagli oltre 1300 operai degli anni Sessanta, si passò però presto a poche centinaia, fino all’abbandono totale dell’attività, alla fine degli anni Novanta. Un altro sogno, quello di una cordata di imprenditori, che volevano demolirla per fare spazio a un maxi-albergo di alta categoria, si infranse di fronte ai costi per lo smaltimento di rifiuti chimici e amianto, tuttora presenti nell’area.

      “Questo posto lo chiamano il grande ghetto”, ci dice Ahmad Al Rousan, coordinatore per Medici senza frontiere dell’intervento nei campi informali, mentre entriamo dentro uno degli stabilimenti con una torcia, perché qui manca tutto, anche l’elettricità. Camminiamo tra spazzatura, escrementi e resti della vecchia fabbrica: ampolle, fiale, scatole di medicinali su cui c’è ancora la bolla di accompagnamento. “C’è un posto qui vicino, il piccolo ghetto, qui ci sono circa 500 persone, lì 150”, aggiunge. “Non solo chiamano questi luoghi ghetti, ma chi ci vive si sente anche ghettizzato”.

      In questa area industriale abbandonata ci sono persone che arrivano da diverse parti del mondo: nord Africa, Sub Sahara, Pakistan, Afghanistan, Romania, e c’è anche un italiano. La maggior parte sono titolari di protezione internazionale, altri in attesa di essere ascoltati dalla commissione territoriale che dovrà decidere sulla richiesta d’asilo, altri ancora hanno il permesso di soggiorno scaduto. Tutti sono fuori dall’accoglienza per qualche motivo.
      Il rapporto di Medici Senza Frontiere

      Come denuncia “Fuori campo”, l’ultimo rapporto di Medici Senza Frontiere, in tutta Italia ci sono almeno 10 mila persone in questa condizione, alloggiate in insediamenti informali con limitato o nessun accesso ai beni essenziali e alle cure mediche. Nella capitale la maggior parte si concentra proprio qui, nella zona est, tra la Tiburtina e la Casilina, passando per Tor Cervara. Edifici abbandonati, ex fabbriche e capannoni, sono diventati la casa di centinaia tra migranti e rifugiati. Che ci vivono da invisibili in condizioni disumane, senza acqua, luce e gas, spesso a ridosso di discariche abusive.

      Da novembre 2017, l’Ong ha avviato un intervento con un’unità mobile composta da un medico, uno psicologo e un mediatore culturale, e da qualche settimana il camper è arrivato anche all’ex Leo. Quella di Msf è l’unica presenza esterna negli spazi dell’occupazione: gli operatori vengono qui una volta alla settimana, dal primo pomeriggio alla sera, per portare assistenza medica e psicologica agli abitanti. Un piccolo gazebo allestito nella parte esterna degli edifici fa da ambulatorio, la sala d’attesa è, invece, lo spazio antistante, un tavolino da campeggio, qualche sedia pieghevole e una lampada. Per chi abita qui questo momento è diventato un rito, c’è chi viene per la prima volta, chi torna per un controllo, chi viene solo per chiacchierare.

      Un ragazzo si avvicina con aria timida: “they rescued me”, ci dice, raccontando di aver riconosciuto il logo di Msf sul gazebo, lo stesso visto sulla pettorina delle persone che lo avevano soccorso nel mezzo del Mediterraneo, nel 2016. Ora, due anni dopo l’approdo in Italia, è sbarcato anche lui all’ex fabbrica della penicillina. Entra e inizia la sua prima visita: lamenta mal di testa frequenti. La dottoressa misura la pressione e compila una scheda.

      “I problemi di salute qui sono legati soprattutto alle condizioni di vita: non ci sono servizi igienici e c’è solo una presa d’acqua fredda, per centinaia di persone”, spiega Al Rousan. La patologia più comune, aggiunge “è quella respiratoria dovuta al freddo o all’aria che respirano; l’unico modo che hanno per scaldarsi è accendere il fuoco, con tutti i rischi connessi: qualche giorno fa abbiamo assistito una persona completamente ustionata, in modo grave. Ha aspettato il nostro arrivo, non ha voluto andare a farsi vedere in un ospedale”. Di incendi qui ce ne sono stati diversi, come rivelano i muri anneriti di interi spazi. L’ultimo, a fine gennaio 2018, ha richiesto l’intervento dei vigili del fuoco, dopo l’esplosione di una bombola del gas. Quando cala la sera, le luci dei fuochi accesi e le fiammelle delle candele spezzano il buio totale degli edifici.

      “Questo è un posto estremo, dove l’esclusione è totale”, sottolinea Al Rousan. Dopo aver subito vari traumi nel viaggio e poi in Libia, trovarsi in questa condizione significa vedere infranto il sogno di potersi integrare, di costruirsi una nuova vita. Lavoro da tanti anni in situazioni simili, ma non ho mai visto una cosa del genere. E non pensavo potesse esserci un posto così a Roma”.
      La normalità dell’esclusione

      La fabbrica è occupata da diversi anni, e come in tutti gli insediamenti informali, gli abitanti hanno ricostruito una parvenza di normalità. Lamin, che viene dal Gambia, gestisce un piccolo market all’ingresso di uno dei capannoni principali. I prodotti li acquista al mercato di piazza Vittorio, dove si trovano i cibi di tutto il mondo. Qui vende aranciata, farina, zucchero, fagioli, candele e i dadi marca Jumbo, indispensabili – ci dice – per preparare qualsiasi piatto africano.

      Ha poco più di vent’anni e prima di arrivare qui viveva a via Vannina, in un altro stabile occupato, poco lontano. Nel violento sgombero del giugno 2017, è volato giù dalle scale e ancora, dice, “ho dolori frequenti alle ossa”. La fabbrica è diventata la sua nuova casa.

      Victor, 23 anni, è arrivato invece all’ex Penicillina dopo un periodo trascorso in un centro di accoglienza a Lecce, mentre era in corso la sua domanda d’asilo. Ottenuto lo status di rifugiato ha deciso di spostarsi a Roma per cercare lavoro, ma non parla neanche una parola di italiano. Il suo sogno è fare il giornalista. Nel suo paese, la Nigeria, ha studiato Comunicazione: “sono grato al governo italiano per quanto ha fatto per me”, dice, “ma non pensavo che una volta arrivato in Italia mi sarei trovato in questa situazione: quando sono arrivato a Roma ho vissuto un periodo alla stazione Termini. Faceva freddo e la temperatura di notte arrivava quasi allo zero. Un connazionale mi ha parlato di questo posto, mi ha detto che qui almeno potevo farmi una doccia. Invece, una volta arrivato ho scoperto che c’era solo una fontanella per l’acqua”. Come tutti, spera di andarsene presto. “Questo luogo cambia le persone, rallenta ogni aspirazione e io, invece, il mio sogno lo vorrei realizzare”, ci dice con uno sguardo vivace.

      Nel reticolo di capannoni, corridoi e cortili, ci sono altri piccoli bar e negozi: l’ultimo è stato aperto pochi giorni fa. Sulla facciata troneggia la bandiera giallorossa della squadra di calcio della Roma. Raffigura la lupa capitolina che allatta Romolo e Remo: qui è quasi un paradosso, quell’immagine simbolo di mamma Roma, patria dell’accoglienza.

      https://openmigration.org/analisi/nellex-fabbrica-di-penicillina-il-grande-ghetto-di-roma

  • À Vintimille, comment faire preuve de solidarité avec les migrants sans se faire expulser de la ville

    La mairie aimerait se débarrasser d’eux, mais ils continuent d’apporter aux exilés de passage un soutien non seulement moral mais aussi matériel. A Vintimille, ville italienne située à la frontière avec la France, environ 200 bénévoles venus d’Italie, de France et du reste de l’Europe s’activent au sein de l’association Eufemia ou de plusieurs collectifs. Malgré l’hostilité de certains habitants, l’élan de solidarité est réel : de plus en plus de personnes s’engagent, de plus en plus de dons parviennent à l’association. Un reportage sur place de notre partenaire L’Âge de faire.

    « Ici, c’est un peu le Calais de l’Italie. » Alexis Cicciù nous montre l’emplacement d’un ancien camp de migrants, sous un pont, entre l’embouchure de la Roya et un chemin de fer. Nous sommes à Vintimille, en #Italie. Il y a quelques mois encore, cet espace abritait plus d’une centaine de réfugiés. Il est maintenant désert. « C’était comme un village. Avec des quartiers différents, des petits magasins, même une mosquée. Quand la police est arrivée, ils ont tout détruit avec des bulldozers. » Au sol, on trouve encore des vêtements, des sardines de tentes, des couvertures déchirées. « Mes grands-parents ont traversé la même frontière dans les années cinquante, alors forcément, je pense aussi à eux », poursuit Alexis, qui a rejoint l’association Eufemia au mois de février. L’association offre le nécessaire aux migrants, afin de leur assurer les conditions d’un transit convenable.

    « On distribue des chargeurs de téléphones et un accès #internet, avec quatre ordinateurs pour communiquer avec les familles », explique Luca*, un autre membre d’Eufemia. « On travaille aussi avec l’ASGI, (Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione, ndlr), une association d’avocats bénévoles qui offre des conseils juridiques, car la plupart des migrants, mineurs ou pas, ne savent pas qu’ils peuvent demander l’asile ni quels sont leurs droits. L’ASGI reste en contact avec chaque personne pendant son voyage en Italie, ils font un vrai suivi. » Eufemia distribue aussi des #cartes_Sim internationales prépayées, qui fonctionnent hors du pays et sans surtaxe, ainsi que des vêtements pour toutes les saisons, des kits sanitaires, des affaires de voyage comme des tentes ou des sacs de couchages.

    « Une loi interdit de donner à manger et à boire aux migrants dans la rue »

    Il est 20 heures. Alexis participe à la distribution du repas, sur un parking près de l’ancien campement. Une file d’une quarantaine de personnes se crée. « Nous, on vient donner un coup de main à Kesha Niya, et on leur amène de la nourriture pour qu’ils préparent leurs prochains repas. » #Kesha_Niya est un collectif international de jeunes gens qui se sont installés du côté français de la frontière. Ils préparent des repas végans – sans aucun aliment d’origine animale – pour respecter tous les types de régimes, et les amènent à Vintimille. « Nous, on ne peut pas distribuer de la nourriture dans notre local parce que ce n’est pas un espace commercial, explique Luca. Et une loi est passée l’année dernière, qui interdit de donner à manger et à boire aux migrants dans la rue. Au moindre faux pas, on risque d’être expulsés de la ville ! »

    La « #cellphone_tower » : « On distribue des chargeurs de téléphones et un accès internet, avec quatre ordinateurs pour communiquer avec les familles »

    Opposé à l’accueil des demandeurs d’asile, le maire de Vintimille, Enrico Ioculano (Parti démocrate, centre-gauche), ne laisse rien passer à Eufemia et aux autres associations solidaires des migrants, étroitement surveillées par l’Agence sanitaire locale (ASL) et par la police. « Ceux qui distribuent de la nourriture risquent de recevoir un #ordre_d’expulsion de Vintimille et de onze petites villes alentour, pendant trois ans », poursuit Luca. Avec Kesha Niya, c’est différent. « Ils font ça depuis tellement longtemps… La police voit bien que, même si elle les en empêche, ils reviennent par un autre moyen. Mais maintenant, ils sont obligés de distribuer toujours au même endroit, sous les yeux de la police. »

    « En Libye, je n’étais jamais sûr de rentrer en vie »

    Parmi les exilés, il y a Saleh, qui accepte de nous parler. Il a 32 ans, est né au Soudan, a déménagé à l’âge de 7 ans en Arabie Saoudite. Fuyant la guerre à 24 ans, il part pour la Libye où il passe quatre années. « Pour vivre en Libye, il faut que les autorités pensent que tu es libyen. Pendant un an, j’ai vécu caché pour apprendre l’accent et savoir comment me tenir dans la rue. Après, j’ai pu sortir et trouver un travail. Mais je n’étais jamais sûr de rentrer en vie. Dans la rue, je voyais la police braquer ses armes sur des enfants. Et les enfants sortaient des plus grosses armes que la police. Il faut s’adapter pour survivre là-bas. »

    Après avoir accumulé assez d’argent, il arrive à embarquer sur un bateau qui l’emmène vers l’Italie. « J’avais une jambe sur le bateau et une jambe dans l’eau. Je regardais l’horizon et j’étais serein. » Saleh garde le sourire : « Ça ne sert à rien de penser à la mort tout le temps. Je suis parti parce que je voulais être heureux, et ça, ce n’est pas triste, si ? Saleh, en soudanais, ça veut dire "ce qui est éternel", alors je n’ai pas peur. » Il est désormais étudiant en Italie. Il lui reste quatre ans pour obtenir ses papiers.

    À côté de lui, il y a Abdel*. Abdel est afghan, il a été embauché comme traducteur par l’armée américaine. En échange de son aide, on lui avait promis une vie aux États-Unis, des papiers, une maison : « Mais bien sûr, quand ils n’ont plus eu besoin de moi, ils m’ont jeté. Alors, j’étais en danger dans mon pays. J’ai laissé toute ma famille et je suis parti. » Abdel est toujours traducteur, il vient aider ses amis à Eufemia quand il n’est pas au travail. Il parle une dizaine de langues, et peut donc communiquer facilement avec une grosse majorité des migrants qui passent par le lieu d’accueil nommé « Info point ».
    « Il est nécessaire de voir les choses de ses propres yeux »

    On entre à #Info_Point comme dans n’importe quelle boutique, sauf qu’ici, il n’y a rien à vendre. Les murs sont couverts de textes dans toutes les langues pour les voyageurs, des mots d’encouragement, des messages personnels. À l’arrière, une petite salle pour les bénévoles, des enceintes qui diffusent des musiques du monde entier, des rangements pour les affaires à distribuer et surtout, la « cellphone tower », une tour géante où s’agglutinent des dizaines de chargeurs de téléphones, ces biens précieux qui permettent aux voyageurs de s’organiser et de rester en contact avec leurs familles.

    Nous parlons avec Luca et Clara*. Luca est membre d’Eufemia depuis un an et forme aujourd’hui Clara, dont c’est le premier jour. Elle nous raconte comment elle a découvert l’association : « La plupart des volontaires ici étudient les sciences politiques et sociales, c’est comme ça que j’en ai entendu parler. Je viens de Milan, et chez moi aussi il y a des camps de migrants, mais je ne m’étais jamais impliquée pour les aider. On entend beaucoup de choses à la télé, et très vite, on peut avoir des préjugés. Je pense que c’est nécessaire d’être dans l’action et d’adopter un point de vue critique, de voir les choses de ses propres yeux. »

    De plus en plus de #bénévoles actifs

    Des membres de l’association ont commencé à s’investir dès 2015, pour répondre à une nécessité immédiate, au moment où les exilés venus d’Italie se sont trouvés bloqués à la frontière. Après les attaques terroristes en France, le contrôle de la police aux frontières s’est renforcé, mais le pays n’a pas respecté les accords de Schengen qui limitaient à deux ans la durée maximale de cette mesure. La France a continué bien au-delà, et aujourd’hui, le renforcement des contrôles est devenu la norme. De nombreuses personnes se sont retrouvées bloquées, complètement démunies, aux frontières. « Nous sommes venus en urgence par camions depuis différentes villes italiennes, explique Luca. C’était vraiment du secourisme basique, plus pour aider les migrants à survivre qu’autre chose. Maintenant, on les aide à continuer leur voyage. »

    L’organisation d’#Eufemia est simple : « Nous sommes un projet indépendant. Ici, il n’y a pas de hiérarchie. Tout le monde peut participer. Des fois, c’est beaucoup de travail, surtout quand il faut former les nouveaux arrivants, et vu qu’ils sont de plus en plus nombreux, il y a beaucoup d’explications à donner. Depuis l’été dernier, Eufemia s’est agrandie. Il y a maintenant environ 200 bénévoles qui viennent de différentes villes d’Italie ou d’Europe. » En plus des bénévoles, Eufemia recueille beaucoup de dons : « Oui, trop même ! », rigolent-ils. « Nous travaillons avec plein d’autres associations, comme Médecins sans frontières qui nous donne des couvertures, des sacs de couchages, etc. Certains de nos entrepôts sont remplis. »

    « Ce sont des images qui font penser à l’Histoire »

    Luca a vécu à Vintimille quand le camp était encore installé sous le pont. Il connaît bien la ville, sa population, et les relations compliquées que celle-ci entretient avec les exilés : « Les habitants de Vintimille n’aimaient pas le camp. Ils venaient tout le temps nous dire à quel point c’était dangereux. Depuis son démantèlement, les migrants ont dû aller à la Croix rouge mais là-bas, ils sont obligés de donner leurs empreintes, alors certains refusent. Ceux-là sont envoyés à Taranto, au sud de l’Italie. Mais ils reviennent toujours. Ils font des allers-retours infinis entre le nord et le sud. C’est complètement inutile de les envoyer dans le sud, c’est juste pour polir l’apparence de la ville. Les habitants se sentent plus en sécurité, mais rien n’a changé. »

    Les bénévoles de Vintimille sont les premiers informés des flux migratoires. « On se rend compte que les gens restent en moyenne deux mois ici avant de passer la frontière. Ceux qui échouent ne sont pas renvoyés directement dans leur pays, ils peuvent parfois rester quelque temps dans des CIE [Centres pour l’identification et l’expulsion, ndlr]. » [1]

    Marco, un bénévole, a été marqué par les violences policières subies par les exilés : « On voit beaucoup de gens revenir de France avec des bleus et des traces de coups. En Italie, je n’ai jamais vu la police frapper des migrants, mais ils les empêchent d’arriver jusqu’à la distribution de nourriture. » Pour Luca, « ce qui était dur au début, c’était de voir ces gens qui attendent la nourriture, alignés par centaines. Forcément, ce sont des images qui nous font penser à l’Histoire. Et puis tu vois des enfants, sans famille, dormir dans des tentes en plein hiver et se faire expulser à la frontière sans avoir aucune idée de leurs droits. »

    https://www.bastamag.net/A-Vintimille-comment-faire-preuve-de-solidarite-avec-les-migrants-sans-se-

    #Vintimille #asile #migrations #frontières #réfugiés #frontière_sud-alpine #France #solidarité #résistance #téléphone_portable #smartphone

  • Map-archive of Europe’s migrant spaces

    The project of an interactive map-archive of ‘migrant spaces’ of transit, border enforcement and refuge across Europe stems from a workshop organised in London in November 2016 by researchers working on migration and based in different European countries.

    The goal of this collective project, is to bring to the fore the existence and the stories of ephemeral spaces of containment, transit, and struggle, that are the outcome of border enforcement politics and of their spatial effects, as well as of their impact on migrant lives.
    What we want to represent

    We do not represent on the map official detention centres or reception camps, but rather unofficial (but visible) spaces that have been produced as an effect of migration and border policies as well as of migrants’ practices of movement. Some well-known examples are the Jungle of Calais, or the Hellenic’s airport in Athens, which represent the output of the relation between the border enforcement policies with the autonomous movements of migrant subjects across Europe. Moreover, spaces of transit like the rail station of Milan will be represented, which have then become places of containment – such as Ventimiglia, Como, and the Brenner after the suspension of Schengen in such border areas. Several structures have been build in such transit knots, being characterized by their humanitarian element that intertwine the dimension of control with that of help and care. Finally, some of these places are zones inside European cities that have played the twofold role of spaces-refuge and area

    controlled by the police, and then have been evicted as dwelling places where migrants found a temporary place to stay – like Lycée Jean-Quarré in Paris, La Chapelle. Others are self-managed places, like Refugee City Plaza Hotel, or square and public spaces that had been sites of migrant struggles for some time – as Orianenplatz in Berlin.
    The three dimensions

    The complexity of the processes that get intertwined in these places can be represented through three dimensions that we aimed to represent, although they cannot be exhaustively of the complexity of this phenomenon.

    Border enforcement/ border control: by border control we understand all the operations, measures and actions put into place by the police for enhancing national borders and obstructing migrants’ movements and presence.

    Humanitarian enforcement: by humanitarian enforcement we understand all the operation/action and structures deployed by those humanitarian actors involved in managing migrants. Being ‘humanitarianism’ a blurry and contested category, we understand it as a continuum with the two endpoints of humanitarian control and humanitarian support. The first endpoint refers to all these actions, operations and structures that aim to control migrants and contain their mobilities. The second endpoint refers to all these actions, operation and structures that aim to support migrants and their movements avoiding deploying control measures.

    Migrant struggles: by ‘struggles’ we understand both self-organized struggles with a declared political claim, and everyday struggles such as the transits mobilities and the ‘everyday resistance’ (Scott, 1985) practices collectively enacted by migrants, that can be visible or remaining under the threshold of visibility.
    Temporality and spatiality

    A crucial feature of this map is the focus on temporality rather than spatiality. Indeed, this map cis an archive of those fleeting and ephemeral spaces that do no longer exist and that have changed their function over time, as frontiers or as spaces of refuge and struggle. The focus on temporality allows us to go beyond the mainstream representations of migrants routes offered by those official actors managing migration such as Fontex, European Union, IOM and the UNHCR.

    We do not want to represent those informal places that are still existing in order to avoid shedding more light on them that could bring some problem to the people dwelling and transiting through those places. The idea of archive is related to that ethical/political topic: we do not want to trace the still existing place where people are struggling, but rather we aim to keep a record and a memory of such ephemeral spaces that do not exist any-more but nevertheless have contributed to the production of a Europe not represented in the mainstream debate. Therefore, we represent only those places still existing where the border and humanitarian enforcement come to the fore, in order to keep an ongoing monitoring gaze.
    The aim

    The aims of this map-archive are: a) to keep memory of these spaces that have been visible and have been the effect of border enforcement policies but that then had been evicted, or ‘disappeared’ ; b) to produce a new map of Europe, that is a map formed by these spaces of transit, containment, and refuge, as result of politics of border enforcement and of migration movements; c) to shed light on the temporality of migration as a crucial dimension through which understand and interpret the complexity of social processes related to migration towards and within Europe and the consequent border enforcement.

    To be continued

    Since Europe externalizes its borders beyond its geopolitical frontiers, we would like to add also spaces of transit and containment that are located in the so called ‘third countries’ – for instance, in Tunisia, Turkey and Morocco – as the map wants also to represent a different image of the borders of Europe, looking also at sites that are the effects of EU borders externalisation politics.


    http://cherish-de.uk/migrant-digitalities/#/2011/intro
    #cartographie #cartographie_radicale #cartographie_critique #frontières #frontière_sud-alpine #visualisation #migrations #asile #réfugiés #conflits #contrôle_humanitaire #militarisation_des_frontières #Europe

    On peut faire un zoom sur la #frontière_sud-alpine :


    #Vintimille #Côme #Brenner #Briançon #Menton

    cc @reka

    • Migration: new map of Europe reveals real frontiers for refugees

      Since the EU declared a “refugee crisis” in 2015 that was followed by an unprecedented number of deaths in the Mediterranean, maps explaining the routes of migrants to and within Europe have been used widely in newspapers and social media.

      Some of these maps came out of refugee projects, while others are produced by global organisations, NGOs and agencies such as Frontex, the European Border and Coastguard Agency, and the International Organisation for Migration’s project, Missing Migrants. The Balkan route, for example, shows the trail along which hundred of thousands of Syrian refugees trekked after their towns and cities were reduced to rubble in the civil war.

      However, migration maps tend to produce an image of Europe being “invaded” and overwhelmed by desperate women, men and children in search of asylum. At the same time, migrants’ journeys are represented as fundamentally linear, going from a point A to a point B. But what about the places where migrants have remained stranded for a long time, due to the closure of national borders and the suspension of the Schengen Agreement, which establishes people’s free internal movement in Europe? What memories and impressions remain in the memory of the European citizens of migrants’ passage and presence in their cities? And how is this most recent history of migration in Europe being recorded?

      Time and memory

      Our collective project, a map archive of Europe’s migrant spaces, engages with with these questions by representing border zones in Europe – places that have functioned as frontiers for fleeing migrants. Some of these border zones, such as Calais, have a long history, while other places have become effective borders for migrants in transit more recently, such as Como in Italy and Menton in France. The result of a collaborative work by researchers in the UK, Greece, Germany, Italy and the US, the project records memories of places in Europe where migrants remained in limbo for a long time, were confronted with violence, or found humanitarian aid, as well as marking sites of organised migrant protest.

      All the cities and places represented in this map archive have over time become frontiers and hostile environments for migrants in transit. Take for instance the Italian city of Ventimiglia on the French-Italian border. This became a frontier for migrants heading to France in 2011, when the French government suspended Schengen to deter the passage of migrants who had landed in Lampedusa in Italy in the aftermath of the Tunisian revolution in 2011.

      Four years later in 2015, after border controls were loosened, Ventimiglia again became a difficult border to cross, when France suspended Schengen for the second time. But far from being just a place where migrants were stranded and forced to go back, our map archive shows that Ventimiglia also became an important place of collective migrant protest.

      Images of migrants on the cliffs holding banners saying “We are not going back” circulated widely in 2015 and became a powerful slogan for other migrant groups across Europe. The most innovative aspect of our map-archive consists in bringing the context of time, showing the transformations of spaces over time into a map about migration that explains the history of border zones over the last decade and how they proliferated across Europe. Every place represented – Paris, Calais, Rome, Lesbos, Kos, and Athens, for example – has been transformed over the years by migrants’ presence.
      Which Europe?

      This archive project visualises these European sites in a way that differs from the conventional geopolitical map: instead of highlighting national frontiers and cities, it foregrounds places that have been actual borders for migrants in transit and which became sites of protest and struggle. In this way the map archive produces another image of Europe, as a space that has been shaped by the presence migrants – the border violence, confinement and their struggle to advance.

      The geopolitical map of Europe is transformed into Europe’s migrant spaces – that is, Europe as it is experienced by migrants and shaped by their presence. So another picture of Europe emerges: a space where migrants’ struggle to stay has contributed to the political history of the continent. In this Europe migrants are subjected to legal restrictions and human rights violations, but at the same time they open up spaces for living, creating community and as a backdrop for their collective struggles.

      It is also where they find solidarity with European citizens who have sympathy with their plight. These border zones highlighted by our map have been characterised by alliances between citizens and migrants in transit, where voluntary groups have set up to provide food, shelter and services such as medical and legal support.

      So how does this map engage with debate on the “migrant crisis” and the “refugee crisis” in Europe? By imposing a time structure and retracing the history of these ephemeral border zone spaces of struggle, it upends the image of migrants’ presence as something exceptional, as a crisis. The map gives an account of how European cities and border zones have been transformed over time by migrants’ presence.

      By providing the history of border zones and recording memories of citizens’ solidarity with migrants in these places, this map dissipates the hardline view of migrants as invaders, intruders and parasites – in other words, as a threat. This way, migrants appear as part of Europe’s unfolding history. Their struggle to stay is now becoming part of Europe’s history.

      But the increasing criminalisation of migrant solidarity in Europe is telling of how such collaboration disturbs state policies on containing migrants. This map-archive helps to erode the image of migrants as faceless masses and unruly mobs, bringing to the fore the spaces they create to live and commune in, embraced by ordinary European citizens who defy the politics of control and the violent borders enacted by their states.


      https://theconversation.com/migration-new-map-of-europe-reveals-real-frontiers-for-refugees-103
      via @isskein

  • Ventimiglia, minacce e insulti alla barista che serve i migranti: «Ma io non mollo»

    Titolare di un locale nella cittadina ligure, aiuta gli stranieri di passaggio verso la Francia: «Entravano adulti e bambini con le infradito d’inverno e la pancia vuota da giorni. Come potevo voltare la faccia?». Da allora ha ricevuto anche sputi ma non desiste anche se gli affari vanno sempre peggio.

    A Ventimiglia, in via Hanbury, l’ultimo presidio di umanità in questa zona di confine ha l’insegna bianca e ordinaria di un locale che si presenta come tanti altri. Ma al bar Hobbit, dedicato al romanzo dello scrittore che sentenziò «Non tutti quelli che vagano si sono persi», i migranti che provano a lasciare l’Italia, almeno per qualche giorno, non si perdono davvero. A prendersi cura di loro c’è Delia Buonuomo, quasi sessanta anni, proprietaria del bar da oltre quindici, che provvede a loro come può. E che, visto il boicottaggio degli abitanti del posto, lotta contro la chiusura.

    Da anni Delia prepara un piatto caldo per chi non mangia da giorni, mette a disposizione la corrente del negozio per ricaricare i telefoni e permettere ai migranti di parlare con le proprie famiglie, offre caramelle e patatine ai migranti più piccoli. E poco importa se la popolazione di Ventimiglia ha disertato il bar, se per strada la minacciano o le sputano addosso, se di notte hanno provato a bloccare le porte del locale per boicottare l’attività. Questa instancabile signora con il grembiule addosso non ha girato le spalle «a chi chiede un piatto di pasta o a chi crepa di freddo. Umanamente non è possibile, come mamma, come nonna - ricorda - e perché, prima di tutto, il bar è un pubblico esercizio, dove ha diritto ad entrare chiunque».

    Qui i panini con il tonno al pomodoro hanno sostituito da tempo quelli con il prosciutto, non si servono più cocktail e alcolici ma pacchi di biscotti a un euro, perché «costano quanto un espresso ma riempiono meglio la pancia», e si distribuiscono giochi e pannolini.

    La sua battaglia di civiltà inizia tre anni fa, quando la piccola comunità di Ventimiglia rimane coinvolta nei flussi di transitanti che dall’Italia cercano di raggiungere il resto dell’Europa: «Certo che mille persone al giorno creavano scompiglio, sono persone con esigenze fisiche, quello che i cittadini non capivano è che la colpa non è loro, ma di come l’emergenza viene gestita. Se chiudono le fontane per non permettergli di lavarsi, se i bagni pubblici sono a pagamento, se i bidoni della spazzatura sono pochi, e non bastano già per noi abitanti, il disagio è dietro l’angolo».

    Aperto quindici anni fa, il bar Hobbit offriva caffè e brioche agli abitanti della zona che lavoravano e ruotavano attorno alla stazione. Poi, più di tre anni fa, il piccolo centro cittadino diventa zona di passaggio per oltre mille persone al giorno: Delia non chiude le porte e diventa presto un punto di riferimento per tutti i transitanti.
    «Entravano adulti e bambini con le infradito d’inverno e la pancia vuota da giorni» ricorda la proprietaria.

    Da quel momento alla parlata ventimigliese si accavalla quella tigrina, araba, inglese. Le mattine non si passano più davanti a un cappuccino a leggere il giornale locale, ma a compilare documenti, bonifici alla posta per rinnovare il permesso di soggiorno, a ricaricare i telefoni per avvisare le famiglie e a imparare le prime parole in italiano.

    «L’assistenza che viene data dalla Caritas noi qui la diamo privatamente. Ventimiglia si è spaccata tra chi vuole aiutare i migranti e chi come Salvini vorrebbe affogarli», racconta Delia. «Da quando abbiamo aperto le porte ai migranti gli abitanti di Ventimiglia nel mio bar non ci hanno messo più piede. Ho ricevuto minacce, mi hanno sputato addosso, di notte hanno bloccato le porte del bar. Ho dovuto installare le telecamere di sorveglianza per non essere più disturbata. Ma una delle due porte ancora non funziona, i pezzi di ricambio costavano troppo».

    E con la fine dell’estate la situazione del bar si fa ancora più precaria: molti dei giovani attivisti di associazioni come Penelope e 20k, che sostengono le attività del locale consumando quello che i cittadini di Ventimiglia si rifiutano ormai di ordinare, sono universitari e con l’arrivo dell’autunno sono costretti ad allontanarsi dalla città. Per Delia il bar non può chiudere, ma andare avanti economicamente è sempre più difficile e il prezzo emotivo è alto.

    «Ho visto uomini e donne piangere perché hanno perso la moglie o il marito in mare. Ieri una donna nigeriana è entrata con una bambina piccola, non mangiavano da due giorni. Tutto questo dolore lo subisci indirettamente, all’epoca non ero preparata, ora mi sento provata e stanca» confessa. «Ma quando i ricordi brutti sono tanti, e quelli belli pochi, basta ricevere una chiamata da chi ce l’ha fatta ad arrivare a destinazione e a ricongiungersi con la propria famiglia, e vuole ringraziarti per l’ospitalità, che tutta la stanchezza sparisce».
    E quando la commozione diventa tanta e il tempo poco, la signora Delia non ha dubbi: «Ora basta parlare, devo andare a preparare i panini».


    https://www.repubblica.it/cronaca/2018/09/12/news/barista_serve_gli_stranieri_minacce_e_insulti-206235872

    #résistance #menaces #asile #migrations #réfugiés #Vintimille #frontière_sud-alpine #Italie #France #frontières #solidarité

    • Solidarietà per Delia

      A Ventimiglia, 9 km dalla frontiera francese, passano decine di migliaia di rifugiati ogni anno. Fuggono da guerre, da torture, da violenze. Tentano di varcare il confine per raggiungere familiari o conoscenti in Francia, Inghilterra e altri paesi europei, rischiando la vita durante il tragitto. Una volta superata la frontiera spesso incontrano abusi, detenzioni e respingimenti dalla polizia francese. Questi tentativi durano mesi, mesi in cui uomini, donne e bambini rimangono bloccati a Ventimiglia, senza accesso ai servizi primari: acqua potabile, bagni pubblici, cibo, un luogo dove dormire, a parte il campo della croce rossa, militarizzato, desolato e distante. I rifugiati sono oltretutto soggetti al razzismo e all’ostracismo di buona parte della popolazione locale, ostile a chiunque non abbia la pelle bianca. In questa situazione drammatica, tuttavia, una piccola parte della popolazione resiste: tra questi Delia, il cui bar è diventato l’anima della solidarietà a Ventimiglia. La storia di Delia inizia 3 anni fa, quando invita a entrare e offre un pasto ad alcune donne e bambini seduti sul marciapiede di fronte al bar. Da allora, grazie al passaparola, il bar è diventato un punto di riferimento per tutti i rifugiati che transitano da Ventimiglia, oltre che per i volontari e le organizzazioni solidali. Delia, soprannominata “Mamma Africa”, ha aiutato migliaia di persone in transito, offrendo vestiti, un pasto caldo, un abbraccio e un luogo accogliente a chiunque ne avesse bisogno. Ha distribuito scarpe, aiutato a decifrare documenti, assistito nella ricerca di alloggio, offerto pasti gratuiti a donne, bambini e a chiunque non può permettersi di pagare. Al bar Hobbit si possono caricare i cellulari e si può utilizzare il bagno (attrezzato di spazzolini, dentifricio, sapone, assorbenti e fasciatoio) senza obbligo di consumazione. I bambini hanno un angolo tutto loro, che Delia ha creato raccogliendo giocattoli usati. Il bar è spesso l’unico rifugio per i più vulnerabili, donne incinte, minori, vittime di tratta.


      https://www.gofundme.com/solidarieta-per-delia

      #collecte_de_fonds

  • Giovane cuneese condannata a 6 mesi di carcere in Francia per aver aiutato 8 migranti a attraversare il confine

    E’ stata condannata dalla corte d’appello di Aix En Provence a sei mesi di carcere, con sospensione condizionale della pena per aver aiutato otto migranti ad attraversare il confine da Ventimiglia verso Mentone. Francesca Peirotti ha 31 anni ed è originaria di Cuneo ma da tempo vive a Marsiglia. L’accusa per lei è «favoreggiamento dell’immigrazione clandestina in territorio francese».
    I fatti risalgono all’8 novembre 2016. La giovane animatrice socio-culturale molto attiva sui temi dell’immigrazione, è accusata di aver trasportato su un furgone con il logo della Croce Rossa otto richiedenti asilo arrivati in Italia da Eritrea e Ciad e rimasti bloccati a Ventimiglia. Tra loro c’era anche un neonato. La ragazza era stata bloccata dalla gendarmeria francese sull’autostrada A8 all’altezza di Mentone.
    In primo grado, a maggio 2017, era stata condannata a una multa di 1000 euro dal tribunale di Nizza che non aveva accolto la richiesta di condanna della procura. La corte d’Appello ha deciso per una pena ben più grave a cui potrebbe aggiungersi anche l’interdizione a vivere nella regione francese per prossimi cinque anni, se la condanna dovesse essere confermata anche in cassazione. La ragazza infatti, assistita dal suo avvocato Zia Oloumi, ha già presentato ricorso alla corte di cassazione di Parigi.
    Peirotti aveva fatto ricorso in appello contro la multa e ora intende andare fino al terzo grado di giudizio e - se necessario - fino ala corte di giustizia europea. «La solidarietà non può essere un reato», ha più volte spiegato la giovane che in passato aveva passato sei mesi nella Jungle di Calais.


    http://torino.repubblica.it/cronaca/2018/07/20/news/giovane_cuneese_condannata_a_6_mesi_di_carcere_un_francia_per_aver
    #délit_de_solidarité #asile #migrations #réfugiés #Vintimille #condamnation #Italie #France #frontières #frontière_sud-alpine
    cc @isskein

  • London-bound migrant ’solidarity’ march leaves Italian border town

    A “solidarity” march in support of migrants left the Italian border town of Ventimiglia on Monday, marking the start of a 1,400 kilometre journey across France to the northern port city of Calais and then on to London.

    http://scd.france24.com/en/files/imagecache/france24_large_652_338/article/image/marche-solidaire-300418.jpeg
    http://www.france24.com/en/20180430-migrant-solidarity-march-leaves-italy-ventimiglia-calais-france-l
    #marche #frontière_sud-alpine #asile #migrations #réfugiés #solidarité #Vintimille #Calais

  • Sgomberato dalle ruspe l’accampamento dei migranti a Ventimiglia

    Questa mattina le ruspe hanno sgomberato l’accampamento dei migranti sul torrente Roja, a Ventimiglia. Almeno 180 le persone che sono state allontanate, mentre le tende smantellate sono 110. Le autorità hanno stabilito che non sarà più possibile creare ripari di fortuna al confine tra Italia e Francia.


    http://www.rainews.it/dl/rainews/media/Ruspe-accampamento-di-migranti-a-Ventimiglia-9a6eb857-1366-42f0-97c5-6d76a3c
    #campement #Vintimille #frontières #Italie #France #frontière_sud-alpine #asile #migrations #réfugiés #évacuation #destruction

  • A Menton, la police aux frontières sous inspection parlementaire - Libération
    http://www.liberation.fr/france/2018/04/01/a-menton-la-police-aux-frontieres-sous-inspection-parlementaire_1640389

    Deux élus EELV, Guillaume Gontard, sénateur de l’Isère, et Michèle Rivasi, eurodéputée du Grand Sud-Est, ont rendu samedi une visite surprise à la PAF de Menton.

    Un orage arrose le poste-frontière de Menton (Alpes-Maritimes). Des éclairs zèbrent l’obscurité. Au petit matin, samedi 31 mars, la circulation entre l’Italie et la France est anecdotique.
    Quand Guillaume #Gontard, sénateur EELV de l’Isère, se présente à la police aux frontières pour une visite surprise, la torpeur cède à des longues tractations. Un policier ose, face à l’élu : « Vous voulez un pied dans la réalité ? Passez une semaine avec nous, voyez les horaires qu’on fait. C’est bien que vous soyez venus, parce que les gens qui nous dirigent ne savent pas la réalité du terrain. » L’agent, sorti fumer, ajoute : « C’est compliqué tout ça, pour les migrants, pour nous. Le plus dur, c’est les enfants, ça fait mal. Je suis là depuis un an, le pire que j’ai vu, c’est un gamin de 13 ans, on ne peut pas imaginer comment il a pu traverser la Méditerranée tout seul. Au début, quand on arrive, on est humains. Après, qu’est-ce que vous voulez qu’on fasse, ils sont des millions en Afrique, ils ne vont pas tous venir en France.

    Quarante minutes plus tard, Guillaume Gontard peut enfin entrer. A condition de laisser dehors la presse, pourtant autorisée depuis 2015 à accompagner les parlementaires dans les centres de rétention et les zones d’attente. Contacté, le cabinet du ministre de l’Intérieur, Gérard Collomb, justifie ce refus au motif qu’il ne s’agit pas d’un lieu de privation de liberté. « C’est clairement un lieu de rétention qu’on ne nomme pas, jugera Gontard à l’issue de sa venue. Il y a un endroit fermé à clé, grillagé, avec des cadenas, où les conditions sont plus que spartiates, qui font même un peu peur. Il y a des gens qui sont retenus pour une nuit, voire plus. On a pu constater que des mineurs y étaient retenus depuis la veille et mélangés à des majeurs. C’est contraire à la loi. »

    A Menton-Garavan, la PAF expéditive

    Au même moment, une autre observation s’est déroulée à quelques kilomètres, à la gare de Menton-Garavan, menée par Michèle #Rivasi, eurodéputée EELV du Grand Sud-Est. Chaque jour, les CRS inspectent les trains en provenance de #Vintimille (Italie), à la recherche de #migrants. Ils sont amenés sur le champ au poste de la PAF. De là, les policiers les renvoient en nombre de l’autre côté de la frontière, qu’ils franchissent à pied. Un modus operandi expéditif que dénonce l’Association nationale d’assistance aux frontières pour les étrangers (Anafé). Avant d’être refoulée, la personne bénéficie en théorie d’une « procédure qui doit lui être notifiée dans une langue qu’elle comprend ou avec l’aide d’un interprète, avec un examen approfondi de sa situation et des documents qu’elle peut présenter. Ses droits, comme la possibilité de déposer une demande d’asile, doivent également lui être notifiés », explique Emilie Pesselier, chargée de mission à l’Anafé.

    Ce samedi, la première rotation des CRS en provenance de Garavan livre un homme. Sans qu’il ne sorte de la fourgonnette banalisée, il lui est remis un « refus d’entrée » signé de la PAF, puis il est congédié vers l’Italie. « On voit bien qu’aucun entretien n’a été fait », commente Emilie Pesselier. Comme les Italiens n’acceptent plus de « retours » entre 19h et 8h, trois conteneurs ont été annexés aux locaux de la police pour « accueillir » les migrants la nuit. Une « boîte de conserve », dit Guillaume Gontard, en forme de U et agencée autour d’une cour dont le ciel a été couvert d’un grillage : « Les policiers nous ont dit que plus de 100 personnes ont pu se trouver là en même temps, hommes et femmes mélangés », explique le sénateur, entre-temps rejoint par Michèle Rivasi. Leur visite va durer près de trois heures.

    Manipulation des dates

    « Dans ces conteneurs, tout est métallique, il n’y a pas de banc, les fenêtres sont fermées et il n’y a même plus l’air conditionné, décrit la députée européenne. On voit bien que les gens amenés ici ne sont pas libres. » Parmi la vingtaine de personnes qui ont dormi au poste, un Malien explique avoir réclamé de l’eau, sans succès. Pas de couverture fournie, ni en-cas, ni informations légales : « On ne nous dit même pas pour la demande d’asile, c’est comme si on n’était jamais entrés. On prend juste notre nom et notre date de naissance. Mais je n’ai pas récupéré le bon papier, ce n’est pas mon nom et la bonne date, je l’ai signalé au policier, il m’a dit que c’est pas son problème. Ils donnent le même formulaire à tout le monde, où c’est coché que tu veux retourner en Italie. »

    Les #mineurs, qui ne devraient pas être expulsés mais placés sous une protection spécifique, font aussi les frais de ce renvoi express et d’une privation de liberté pendant la nuit. « Dans le poste, il y avait deux garçons qui paraissaient très jeunes, les policiers nous ont dit qu’ils étaient là depuis le matin. Les jeunes nous ont dit qu’ils étaient là depuis la veille. Les policiers ont fini par reconnaître qu’ils avaient passés la nuit là », raconte Michèle Rivasi. Elle poursuit : « On a eu accès à un fichier sur lequel, pour certains jeunes, les dates de naissance indiquées étaient les mêmes, le 1er janvier 2000. On a demandé pourquoi, les policiers nous ont dit que les jeunes ne connaissaient pas leur date de naissance. Deux d’entre eux nous ont dit qu’ils étaient de 2002. Les policiers ont répondu qu’ils s’étaient trompés. » Sous les yeux des parlementaires, les années de naissance finissent par être modifiées. « On a assisté en direct à une manipulation des dates ! », s’insurge Rivasi.

    « Le mal-être est palpable »

    Mais la députée préfère fustiger « les défaillances du système » plutôt que de charger les agents de la PAF. « Ils travaillent avec des moyens a minima, souligne-t-elle. Les policiers nous ont montré où ils se changent, où ils peuvent se doucher, c’est en mauvais état. Et ils ont surtout l’impression que ce qu’il font ne sert à rien. Ils font repartir des gens qu’ils retrouvent quelques jours plus tard au même endroit, ça n’a pas de fin, c’est inutile, le mal-être est palpable. » Guillaume Gontard abonde : « Je suis choqué par cette absurdité totale. Les personnes qui entrent en France sont "libres" de retourner en #Italie, mais on les enferme pour être sûrs qu’ils y retournent bien. Quel délit ont-ils commis ? Ils ont juste eu le tort de frapper à la porte de notre pays. »
    Maïté Darnault envoyée spéciale à Menton

    Ah des élu·e·s qui font leur taf ! Ça fait tout drôle !
    #Menton #immigration #PAF #frontière #expulsion #mineurs_isolés #racisme

  • Vidéo : des policiers s’en prennent violemment à un couple avec enfants dans un train à Menton

    Une vidéo publiée sur Facebook le 27 mars montre l’arrestation violente d’un couple et de ses enfants, près de la frontière franco-italienne. On y voit des policiers user de la force pour faire sortir du wagon le mari, sa femme enceinte et leurs progénitures.


    http://www.infomigrants.net/fr/post/8387/video-des-policiers-s-en-prennent-violemment-a-un-couple-avec-enfants-
    #Menton #vidéo #asile #migrations #refoulement #push-back #France #Italie #Vintimille #violence #violences_policières #police #violent_borders #frontières #CRS

    Lien vers la vidéo :
    https://www.facebook.com/100015621601029/videos/307316416465743
    cc @isskein

  • A #Menton, la police aux frontières sous #inspection_parlementaire

    Deux élus EELV, #Guillaume_Gontard, sénateur de l’Isère, et #Michèle_Rivasi, eurodéputée du Grand Sud-Est, ont rendu samedi une visite surprise à la PAF de Menton.

    Un orage arrose le poste-frontière de Menton (Alpes-Maritimes). Des éclairs zèbrent l’obscurité. Au petit matin, samedi 31 mars, la circulation entre l’Italie et la #France est anecdotique.
    Quand Guillaume Gontard, sénateur EELV de l’Isère, se présente à la police aux frontières pour une visite surprise, la torpeur cède à des longues tractations. Un policier ose, face à l’élu : « Vous voulez un pied dans la réalité ? Passez une semaine avec nous, voyez les horaires qu’on fait. C’est bien que vous soyez venus, parce que les gens qui nous dirigent ne savent pas la réalité du terrain. » L’agent, sorti fumer, ajoute : « C’est compliqué tout ça, pour les migrants, pour nous. Le plus dur, c’est les enfants, ça fait mal. Je suis là depuis un an, le pire que j’ai vu, c’est un gamin de 13 ans, on ne peut pas imaginer comment il a pu traverser la Méditerranée tout seul. Au début, quand on arrive, on est humains. Après, qu’est-ce que vous voulez qu’on fasse, ils sont des millions en Afrique, ils ne vont pas tous venir en France. »
    Quarante minutes plus tard, Guillaume Gontard peut enfin entrer. A condition de laisser dehors la presse, pourtant autorisée depuis 2015 à accompagner les parlementaires dans les centres de rétention et les zones d’attente. Contacté, le cabinet du ministre de l’Intérieur, Gérard Collomb, justifie ce refus au motif qu’il ne s’agit pas d’un lieu de privation de liberté. « C’est clairement un lieu de rétention qu’on ne nomme pas, jugera Gontard à l’issue de sa venue. Il y a un endroit fermé à clé, grillagé, avec des cadenas, où les conditions sont plus que spartiates, qui font même un peu peur. Il y a des gens qui sont retenus pour une nuit, voire plus. On a pu constater que des mineurs y étaient retenus depuis la veille et mélangés à des majeurs. C’est contraire à la loi. »

    A #Menton-Garavan, la PAF expéditive

    Au même moment, une autre observation s’est déroulée à quelques kilomètres, à la gare de Menton-Garavan, menée par Michèle Rivasi, eurodéputée EELV du Grand Sud-Est. Chaque jour, les #CRS inspectent les trains en provenance de #Vintimille (Italie), à la recherche de migrants. Ils sont amenés sur le champ au poste de la PAF. De là, les policiers les renvoient en nombre de l’autre côté de la frontière, qu’ils franchissent à pied. Un modus operandi expéditif que dénonce l’Association nationale d’assistance aux frontières pour les étrangers (Anafé). Avant d’être refoulée, la personne bénéficie en théorie d’une « procédure qui doit lui être notifiée dans une langue qu’elle comprend ou avec l’aide d’un interprète, avec un examen approfondi de sa situation et des documents qu’elle peut présenter. Ses droits, comme la possibilité de déposer une demande d’asile, doivent également lui être notifiés », explique Emilie Pesselier, chargée de mission à l’Anafé.

    Ce samedi, la première rotation des CRS en provenance de Garavan livre un homme. Sans qu’il ne sorte de la fourgonnette banalisée, il lui est remis un « #refus_d’entrée » signé de la PAF, puis il est congédié vers l’Italie. « On voit bien qu’aucun entretien n’a été fait », commente Emilie Pesselier. Comme les Italiens n’acceptent plus de « retours » entre 19h et 8h, trois conteneurs ont été annexés aux locaux de la police pour « accueillir » les migrants la nuit. Une « boîte de conserve », dit Guillaume Gontard, en forme de U et agencée autour d’une cour dont le ciel a été couvert d’un grillage : « Les policiers nous ont dit que plus de 100 personnes ont pu se trouver là en même temps, hommes et femmes mélangés », explique le sénateur, entre-temps rejoint par Michèle Rivasi. Leur visite va durer près de trois heures.

    Manipulation des dates

    « Dans ces conteneurs, tout est métallique, il n’y a pas de banc, les fenêtres sont fermées et il n’y a même plus l’air conditionné, décrit la députée européenne. On voit bien que les gens amenés ici ne sont pas libres. » Parmi la vingtaine de personnes qui ont dormi au poste, un Malien explique avoir réclamé de l’eau, sans succès. Pas de couverture fournie, ni en-cas, ni informations légales : « On ne nous dit même pas pour la demande d’asile, c’est comme si on n’était jamais entrés. On prend juste notre nom et notre date de naissance. Mais je n’ai pas récupéré le bon papier, ce n’est pas mon nom et la bonne date, je l’ai signalé au policier, il m’a dit que c’est pas son problème. Ils donnent le même formulaire à tout le monde, où c’est coché que tu veux retourner en Italie. »

    Les #mineurs, qui ne devraient pas être expulsés mais placés sous une protection spécifique, font aussi les frais de ce renvoi express et d’une privation de liberté pendant la nuit. « Dans le poste, il y avait deux garçons qui paraissaient très jeunes, les policiers nous ont dit qu’ils étaient là depuis le matin. Les jeunes nous ont dit qu’ils étaient là depuis la veille. Les policiers ont fini par reconnaître qu’ils avaient passés la nuit là », raconte Michèle Rivasi. Elle poursuit : « On a eu accès à un fichier sur lequel, pour certains jeunes, les dates de naissance indiquées étaient les mêmes, le 1er janvier 2000. On a demandé pourquoi, les policiers nous ont dit que les jeunes ne connaissaient pas leur date de naissance. Deux d’entre eux nous ont dit qu’ils étaient de 2002. Les policiers ont répondu qu’ils s’étaient trompés. » Sous les yeux des parlementaires, les #années_de_naissance finissent par être modifiées. « On a assisté en direct à une manipulation des dates ! », s’insurge Rivasi.

    « Le mal-être est palpable »

    Mais la députée préfère fustiger « les défaillances du système » plutôt que de charger les agents de la PAF. « Ils travaillent avec des moyens a minima, souligne-t-elle. Les policiers nous ont montré où ils se changent, où ils peuvent se doucher, c’est en mauvais état. Et ils ont surtout l’impression que ce qu’il font ne sert à rien. Ils font repartir des gens qu’ils retrouvent quelques jours plus tard au même endroit, ça n’a pas de fin, c’est inutile, le mal-être est palpable. » Guillaume Gontard abonde : « Je suis choqué par cette #absurdité totale. Les personnes qui entrent en France sont "libres" de retourner en Italie, mais on les enferme pour être sûrs qu’ils y retournent bien. Quel délit ont-ils commis ? Ils ont juste eu le tort de frapper à la porte de notre pays. »


    http://www.liberation.fr/france/2018/04/01/a-menton-la-police-aux-frontieres-sous-inspection-parlementaire_1640389
    #frontières #asile #migrations #réfugiés #PAF #police_aux_frontières #rétention
    cc @isskein

    • A la frontière franco-italienne, l’accueil des migrants est « indigne » et « irrespectueuse de leurs droits »

      Locaux insalubres, non-respect du droit d’asile, violences… Un rapport du Contrôleur général des lieux de privation de liberté (CGLPL) dresse un portrait au vitriol de la police aux frontières (PAF) à Menton, à la frontière italienne.

      La prise en charge des migrants à la frontière franco-italienne par la police de Menton est lourdement épinglée dans un rapport du Contrôleur général des lieux de privation de liberté (CGLPL).

      D’après le document, les migrants sont non seulement mal-informés sur leurs droits mais ils en sont surtout privés : ils restent en général moins d’une heure dans les locaux de la police aux frontières avant d’être renvoyés en Italie. Ils n’ont pas accès à une consultation médicale, à l’assistance d’un avocat, à un interprète professionnel. Certains d’entre eux ont également été soumis à des actes de violence.

      InfoMigrants a dressé la liste des principaux points sensibles du rapport.

      Acte de violence :

      Lors de leur enquête réalisée en septembre 2017, les contrôleurs du CGLPL ont assisté, à une scène de violence à l’encontre d’un jeune migrant, qui se disait mineur. Ce dernier a été interpellé à la gare de Menton-Garavan, le 5 septembre 2017 vers 20h, puis conduit dans les locaux de la PAF. Le fonctionnaire de police est accusé de l’avoir giflé.

      Extrait du rapport : « Le chef de poste s’est alors tourné vers le jeune en l’interpellant : ‘Tu es mineur, toi ?’ et l’a aussitôt giflé. L’étranger s’est alors laissé glisser au sol en vue de se protéger, tout en se tenant la joue et en pleurant, manifestement choqué et effrayé par le comportement du policier. »

      Droit d’asile non respecté :

      Les personnes en situation irrégulière ont le droit de demander l’asile aux frontières. Elles n’en sont pas informées.

      Extrait du rapport : « Les personnes interpellées à la frontière franco-italienne sont en droit de solliciter spontanément l’entrée sur le territoire au titre de l’asile. Les services de la police aux frontières ont indiqué aux contrôleurs que personne n’en faisait cependant la demande. »

      Les personnes qui demandent l’asile en arrivant sur le territoire français n’ont pas le droit d’être renvoyés avant examen de leur dossier.

      Pire, les personnes souhaitant demander l’asile ne sont pas entendues. Elles n’ont pas la possibilité d’entamer la procédure.

      Extrait du rapport : « Ces demandes ne sont ni traitées ni enregistrées au motif qu’elles sont irrecevables selon les services de la police aux frontières. »

      Formulaires pré-remplis :

      Les migrants interpellés à la frontière doivent remplir un formulaire de trois pages sur le « refus d’entrée » sur le sol français. Ils y donnent leur identité et y expliquent leur situation administrative. Plusieurs cases sont à cocher, notamment sur ce qu’un migrant envisage de faire : « avertir la personne chez qui vous souhaitez vous rendre », « disposer d’un jour franc (c’est-à-dire du droit à ne pas être renvoyé avant l’expiration d’un délai de 24h) », ou encore « repartir tout de suite »…

      Extrait du rapport : « Dans la quasi-totalité des procédures consultées, la case ’je veux repartir le plus vite possible’ était pré cochée informatiquement avant impression du formulaire. Les quelques formulaires pour lesquels ce n’était pas le cas étaient simplement non renseignés. »

      À aucun moment, un interprète n’est proposé pour aider les personnes en situation irrégulière à comprendre les documents des autorités ou à leur expliquer les démarches.

      Extrait du rapport : « Il n’est jamais recouru à un interprétariat professionnel. Quand les personnes étrangères ne sont pas francophones, les agents se débrouillent pour communiquer en anglais (voire en italien ou en arabe selon les informations recueillies). »

      Mineurs isolés étrangers :

      Selon le rapport, les mineurs sont traités comme des adultes. Ils ne sont pas signalés à l’Aide sociale à l’enfance. Ils ne bénéficient d’aucune protection particulière – contrairement à ce que prévoit la loi.

      Extrait du rapport : « La prise en charge des mineurs isolés qui représentent près d’un tiers des personnes non admises à la frontière franco-italienne dans les Alpes-Maritimes, n’est pas […] différenciée des adultes.

      Les contrôleurs ont relevé que des mineurs isolés interpellés sur le territoire ont été réadmis vers l’Italie alors qu’ils ne peuvent en aucun cas faire l’objet d’une mesure d’éloignement. »

      Expulsion :

      En moyenne, les migrants interpellés à la frontière passent moins de 5 heures dans les locaux de la PAF. Ils sont ensuite exhortés à retourner en Italie, par leurs propres moyens, à pieds, munis de leur décision de refus d’entrée en France.

      Extrait du rapport : « En journée, les personnes non admises ne passent en général que quelques minutes au poste de police, installées sur une rangée de quatre sièges située dans le hall d’entrée. Leur identité, leur âge et leur nationalité leur est de nouveau demandée et les échanges s’en tiennent à cela. »

      Pour le CGLPL, les forces de police sont sans doute soumises à la pression de leur hiérarchie.

      Extrait du rapport : « L’objectif de réacheminement des migrants interpellés à la frontière franco-italienne par la police aux frontières s’apparente à une obligation de résultat : garantir l’étanchéité de la frontière dans le déni des règles de droit. Dans ce contexte de pression politique, les fonctionnaires de police accomplissent leurs missions ’à la chaîne’ ».

      Détention dans les locaux de la PAF dans des conditions difficiles :

      Il apparaît dans le rapport que les locaux de la PAF sont exigus, qu’ils ne sont pas adaptés pour accueillir les personnes en situation irrégulière. Il n’y a pas de douches, pas de chauffage, pas de lits ou de matelas, pas de repas non plus. L’électricité fonctionne partiellement.

      Extrait du rapport : « De nuit, les étrangers sont maintenus dans des locaux indignes. Les mineurs et les femmes restent jusqu’au matin dans une ’salle d’attente’ pouvant accueillir jusqu’à trente personnes, dépourvue de tout confort minimal (quelques bancs ne permettant pas de s’allonger, un WC à la turque sans verrou).

      La nuit, les mineurs placés dans cette salle se plaignaient d’avoir froid : ils ne disposaient pas de couvertures et n’avaient pas accès à leurs effets personnels ; ils portaient les mêmes vêtements qu’au moment de leur interpellation, souvent en tenue d’été.

      Les points d’eau installés dans la salle d’attente et dans la cour ne permettent pas d’assurer l’hygiène corporelle des personnes en attente. Aucun équipement (matelas, couverture…) n’est fourni pour dormir ou se protéger de la fraîcheur de la nuit. De plus, les étrangers qui passent plusieurs heures de jour comme de nuit dans ces locaux ne bénéficient d’aucun repas. Seuls quelques madeleines et des bouteilles d’eau sont distribuées à la demande, voire selon la bonne volonté des fonctionnaires de police. »

      http://www.infomigrants.net/fr/post/9695/a-la-frontiere-franco-italienne-l-accueil-des-migrants-est-indigne-et-

      Pour télécharger le #rapport :
      Rapport de visite des locaux de la #police_aux_frontières de #Menton
      http://www.cglpl.fr/wp-content/uploads/2018/06/Rapport-de-la-deuxi%C3%A8me-visite-des-services-de-la-police-aux-fronti%C3%A8r
      #PAF

  • Country Report : Italy

    The updated AIDA Country Report on Italy documents developments in the asylum procedure, reception conditions, detention of asylum seekers and content of international protection throughout 2017.
    The year 2017 has been chatacterised by media, political and judicial crackdown on non-governmental organisations (NGOs) saving lives at sea, and by the implementation of cooperation agreements with African countries such as Libya, while barriers to access to the territory have also been witnessed at the northern borders of the country, against the backdrop of increasing arrivals from Austria.
    Severe obstacles continue to be reported with regard to access to the asylum procedure in Italy. Several Police Headquarters (Questure) in cities such as Naples, Rome, Bari and Foggia have set specific days for seeking asylum and limited the number of people allowed to seek asylum on a given day, while others have imposed barriers on specific nationalities. In Rome and Bari, nationals of certain countries without a valid passport were prevented from applying for asylum. In other cases, Questure in areas such as Milan, Rome, Naples, Pordenone or Ventimiglia have denied access to asylum to persons without a registered domicile, contrary to the law. Obstacles have also been reported with regard to the lodging of applications, with several Questure such as Milan or Potenza unlawfully refusing to complete the lodging of applications for applicants which they deem not to be in need of protection.
    Since December 2017, Italy has established a specific Dublin procedure in Questure in the Friuli-Venezia Giulia region bordering Austria and Slovenia, with support from EASO. According to that procedure, as soon as a Eurodac ‘hit’ is recorded, Questure move the lodging appointment to a later date and notify a Dublin transfer decision to the persons concerned prior to that date. Applicants are therefore subject to a Dublin transfer before having lodged their application, received information on the procedure or had an interview.
    Despite a continuing increase in the capacity of the SPRAR system, which currently counts over 35,000 funded places, the vast majority of asylum seekers are accommodated in temporary reception centres (CAS). CAS hosted around 80% of the population at the end of 2017. In Milan, for example, the ratio of SPRAR to CAS is 1:10.
    Destitution remains a risk of asylum seekers and beneficiaries of international protection. At least 10,000 persons are excluded from the reception system. Informal settlements with limited or no access to essential services are spread across the entire national territory.
    Throughout 2017, both due to the problems related to age assessment and to the unavailability of places in dedicated shelters, there have been cases of unaccompanied children accommodated in adults’ reception centres, or not accommodated at all. Several appeals have been lodged to the European Court of Human Rights against inappropriate accommodation conditions for unaccompanied children.
    Five pre-removal centres (CPR) are currently operational, while a new hotspot has been opened in Messina. However, substandard conditions continue to be reported by different authorities visiting detention facilities, namely the hotspots of Lampedusa and Taranto and the CPR of Caltanissetta and Ponte Galeria.
    The hotspots of Lampedusa and Taranto have been temporarily been closed as of March 2018.

    http://www.asylumineurope.org/sites/default/files/report-download/aida_it_2017update.pdf
    #Italie #asile #migrations #réfugiés #procédure_d'asile #hotspots #Dublin #frontières #procédure_accélérée #vulnérabilité #pays_sûr #relocalisation #hébergement #logement #éducation #travail #santé #rétention #détention_administrative #naturalisation #liberté_de_mouvement #rapport #refoulement #push-back

    Intéressant, lien avec la #frontière_sud-alpine (#Côme #Milan #Vintimille) :

    Particularly as regards Taranto , as reported by the Senate , among the 14,576 people transiting through the hotspot from March to October 2016 , only 5,048 came from disembarkations while the majority (9,528 ) were traced on Italian territory, mainly at border places in Ventimiglia , Como and Milan , and forcibly taken to Taranto to be identified. Some o f them were asylum seekers accommodated in reception centre in the place they were apprehended and who, after being again identified, were just released out of the hotspot without any ticket or money to go back to their reception centres.

    v. aussi la carte de #Gwendoline_Bauquis, produite dans le cadre de son mémoire de master : « Géopolitique d’une crise de la frontière – Entre #Côme et #Chiasso, le système européen d’asile mis à l’épreuve » (2017)


    #cartographie #visualisation

  • L’Etat condamné pour avoir refoulé des mineurs étrangers
    https://www.mediapart.fr/journal/france/260218/l-etat-condamne-pour-avoir-refoule-des-mineurs-etrangers

    Migrants à la frontière franco-italienne entre #Vintimille et Menton en 2015 © Reuters Pour la quatrième fois en moins d’un an, l’État a été condamné vendredi dans les Alpes-Maritimes pour sa politique migratoire. Cette fois, la situation concernait 19 mineurs, réacheminés vers l’Italie au mépris de la loi. Pour la préfecture, le revers est sérieux et massif. Mais modifiera-t-elle pour autant sa politique ?

    #France #droit_d'asile #immigration

  • Minori e frontiere: il rapporto di INTERSOS

    Pubblichiamo il rapporto “I minori stranieri non accompagnati lungo il confine Nord italiano” realizzato da INTERSOS con il supporto di OPEN SOCIETY FOUNDATIONS.

    Il rapporto è frutto del lavoro dei team di monitoraggio di INTERSOS lungo le frontiere nord del nostro Paese e si avvale di materiali e testimonianze raccolti nell’ambito dei due progetti specifici avviati da INTERSOS a Como e Ventimiglia, in partnership con UNICEF, volti a facilitare la presa in carico dei minori stranieri non accompagnati intercettati, attraverso l’informativa, il supporto e l’assistenza legale, in stretta collaborazione con le realtà presenti sul territorio e le istituzioni di riferimento.

    Dai risultati ottenuti nel corso del nostro assessment emerge, nelle zone dei confine settentrionali italiani, una diffusa inapplicazione delle disposizioni previste a tutela dei minori non accompagnati dalle relative norme di rango internazionale, europeo e nazionale, con la presenza di prassi operative, variamente articolate, comunque gravemente lesive dei diritti e del benessere psico-fisico dei soggetti coinvolti.

    Le autorità francesi, svizzere e austriache procedono sistematicamente alla riammissione in Italia dei minori da loro intercettati e, seppur con modalità che variano a seconda dei luoghi, vengono meno all’obbligo di protezione e alla conseguente presa in carico dei minori.

    La natura del sistema di gestione dei flussi pare nei fatti, avere una portata sanzionatoria. L’unica colpa dei migranti sembra essere quella di volersi emancipare, con enormi sacrifici, dal paradigma di vittime, da una condizione e da un’esistenza che spesso li ha visti oggetto di soprusi, sfruttamenti e violenze.
    La ricerca è stata condotta avvalendosi del materiale raccolto tramite le attività intraprese, costituito principalmente da interviste effettuate direttamente con i minori a Roma, Como e Ventimiglia e dalle informazioni assicurate dal dialogo costante con le istituzioni e le realtà della società civile operanti nel settore. Nelle località dove non è stabilmente presente un’equipe Intersos la ricerca è stata effettuata attraverso visite di monitoraggio, interviste con i migranti, incontri con le autorità coinvolte nella gestione del fenomeno migratorio e potendo contare su una stabile cooperazione con le associazioni attive sui territori.


    https://www.intersos.org/minori-e-frontiere-il-rapporto-intersos-open-society

    Pour télécharger le rapport
    https://www.intersos.org/wp-content/uploads/2018/01/Rapporto-MSNA.pdf

    #frontière_sud-alpine #asile #migrations #réfugiés #Italie #frontières #MNA #mineurs #enfants #enfance #Intersos #rapport #Côme #Italie #Vintimille #Suisse #Autriche #Slovénie #push-back #MNA #mineurs_non_accompagnés #refoulement
    cc @isskein

    • Frontiera Francia-Italia : associazioni ed avvocati si mobilitano per il diritto d’asilo e la protezione dei minori stranieri

      Il ripristino dei controlli alle frontiere interne deciso dal governo francese alla fine del 2015, e regolarmente rinnovato fino ad oggi, non può giustificare la violazione di principi fondamentali quali la protezione dei minori, il divieto di detenzione arbitraria o ancora il diritto d’asilo.

      Eppure ogni giorno le autorità francesi respingono verso l’Italia minori stranieri non accompagnati, in violazione della Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia.

      Viste le modalità dei rinvii, a molti viene di fatto impedito di chiedere asilo in Francia.

      https://www.asgi.it/allontamento-espulsione/frontiera-francia-italia-diritto-asilo-protezione-minori-stranieri

      #Vintimille

    • Minori non accompagnati, Asgi: «A Ventimiglia respingimenti illegali»

      In una lettera alle istituzioni europee e italiane dura denuncia di Associazione studi giuridici sull’immigrazione, Intersos, Terres des Hommes Italia, Oxfam Italia, Caritas Diocesana di Ventimiglia-Sanremo e Diaconia Valdese nei confronti delle autorità francesi «per violazioni sistematiche dei diritti dei minori migranti». Sotto esame anche la situazione in Italia, dalle cui strutture spesso i msna scappano per «condizioni di accoglienza non adeguate»

      http://www.vita.it/it/article/2018/04/10/minori-non-accompagnati-asgi-a-ventimiglia-respingimenti-illegali/146515

      Lettre:
      https://www.asgi.it/wp-content/uploads/2018/04/2018_4_Lettera-Respingimenti-MSNA-Ventimiglia.pdf

    • Important decision in the alpine northern border region of Italy: Minors not to be left in the cold

      A new report by INTERSOS and Open Society Foundations reveals systematic violation of legal guarantees and international standards for foreign minors along Italy’s northern border. In a recent decision concerning a 12 year-old asylum applicant who was denied access to France, the Administrative Tribunal of Nice found the denial of entry unlawful and a serious violation of the best interest of the child.

      In the order from 22 January 2018, the judge granted an emergency request (référé-liberté) brought forward by the National Association for Border Assistance to Foreigners (Anafé) on behalf of a 12-year-old Eritrean asylum seeker who was stopped by the French police upon arrival at the Menton-Garavan train station in France. French police refused his entry to the territory and sent him back to Ventimiglia (Italy), where he was left without assistance. In accordance with the request by Anafé, the Administrative Tribunal ordered the relevant national authorities to grant the applicant a “safe conduct” (sauf-conduit) allowing him to present himself before the authorities so that his request for entry to the territory is examined in conformity with national safeguards. Further, the judge ordered the relevant authorities to ensure that the unaccompanied child is given information with regard to his rights and obligations concerning asylum applications, in a language he understands.

      “Even though Anafé celebrates the decision by the Administrative Tribunal of Nice, there is still a long way until the rights of all children who are present in the border are respected by the French administration”, said Alexandre Moreau, President of Anafé .

      The report “Unaccompanied foreign minors along the Italian northern border” discloses that this case is similar to those of many other minors. Amongst others based on interviews conducted in Rome, Como and Ventimiglia the study reveals that one of four minors left Italian reception facilities, made themselves untraceable to bypass the deficiencies of the Italian reception and asylum system to reach other Member States, often to reunite with relatives. Attempting to cross the well secured and mainly alpine borders either to France, Switzerland or Austrian, the interviewees gave similar testimonies of immediate interception and readmission to Italy despite their intention of applying for asylum.

      https://www.ecre.org/important-decision-in-the-alpine-northern-border-region-of-italy-minors-not-to

    • A la frontière italienne, la #police prive des migrants mineurs de leurs droits

      Dans un rapport publié mardi 5 juin, l’autorité chargée de veiller sur les personnes privées de liberté dénonce des « atteintes aux #droits » en série à l’encontre des migrants, lorsqu’ils sont refoulés par la police aux frontières de Menton. Mediapart a vérifié sur place.

      C’est un petit pont coincé entre falaises et Méditerranée. À proximité de Menton (Alpes-Maritimes), il enjambe la frontière et relie deux postes de garde : la police française à gauche, l’italienne à droite, distantes d’une centaine de mètres. Chaque année depuis 2015, sur le « pont Saint-Louis », se jouent non seulement le destin de dizaines de milliers de migrants mais aussi l’idée qu’on se fait de l’Europe, continent forteresse ou refuge, oublieuse ou bien respectueuse des droits fondamentaux censés lui servir de socle.

      Le soleil tape déjà fort, ce samedi 2 juin au matin, quand on aperçoit quatre jeunes exilés sortir du bâtiment de la police aux frontières (PAF) française. La veille, ils ont été interpellés en gare de Menton alors qu’ils tentaient de pénétrer l’Hexagone en train depuis Vintimille (Italie). Après avoir écopé d’un « refus d’entrée », ils sont relâchés sur le pont avec une seule consigne : repartir de l’autre côté, à pied.

      Les voilà donc qui retraversent la frontière, sans même un sac sur le dos, dépités. À peine a-t-on le temps de les interroger sur leur nationalité (trois Syriens, un Irakien) qu’ils arrivent déjà devant la PAF italienne, où ils sont introduits pour un énième contrôle. Trente minutes plus tard, surprise. Deux des Syriens ressortent sur les talons d’un fonctionnaire en tenue civile (baskets et simple badge autour du coup), un chef visiblement agacé, qui hèle un agent en uniforme pour qu’il l’escorte : la petite troupe s’engage illico sur le pont, direction Menton. « Je les ramène en France », lâche l’Italien.

      « C’est des mineurs, pourquoi la France ne les garde pas ?, nous lance-t-il, en avançant au pas de charge. S’ils disent qu’ils sont mineurs, faut les traiter comme des mineurs. C’est simple. Pourquoi je dois descendre les ramener ? C’est du travail inutile pour tout le monde. » On les interroge à la volée : « Quel âge ? » Eux : « 16 ans », « 17 ans ». Pas sûr qu’ils comprennent pourquoi ils repartent en sens inverse.

      Arrivé devant la #PAF française, l’Italien pousse la porte sans trop de formalités, puis ressort sans les adolescents. Cette fois, la France va respecter les obligations qui lui incombent à chaque fois que des « mineurs non accompagnés » (sans famille), en situation de vulnérabilité, tombent entre ses mains : organiser leur prise en charge par les services de l’aide sociale à l’enfance (ASE) du département, les placer en foyer, au moins le temps de vérifier leur âge, quitte à les renvoyer en Italie plus tard en cas de « fausse minorité ». « S’ils trichent et mentent sur l’âge, il faut contrôler évidemment, gronde l’Italien en remontant le pont. En attendant, la France doit les prendre. » Ce n’est pas la première fois qu’il fait le trajet, ni la dernière. « C’est un problème. »

      Que deux polices aux frontières, de deux pays amis fondateurs de l’Union européenne, se repassent des enfants comme des « patates chaudes », oui, comment le dire autrement, c’est un « problème ».

      Sur cette frontière où des contrôles ont été réintroduits par la France en novembre 2015, plus grosse porte d’entrée en métropole, c’est loin d’être le seul. Mardi 4 juin, une autorité administrative indépendante, le Contrôleur général des lieux de privation de liberté (CGLPL), a publié un rapport au vitriol sur les pratiques des forces de l’ordre dans le département, où quelque 40 000 adultes et plus de 10 000 mineurs isolés ont été refoulés en 2017, ou plutôt « réacheminés » à la faveur d’une procédure propre aux interpellations en zones frontalières (dite de « non-admission » dans le jargon), très allégée parce qu’elle revient à considérer que l’étranger n’est jamais entré en France. Malgré tout, elle est censée garantir certains droits sur le papier.

      Or, dans les faits, les contrôleurs du CGLPL (que des associations locales ont alertés) ont relevé de nombreuses « atteintes aux droits » des migrants (la plupart stoppés dans leur élan en gare de Menton), à l’occasion d’un déplacement effectué sur place en septembre.

      « La prise en charge quotidienne des personnes étrangères s’effectue dans des conditions indignes et irrespectueuses de leurs droits », cingle le rapport. « L’objectif de réacheminement des migrants interpellés à la frontière franco-italienne par la police aux frontières s’apparente à une obligation de résultat : garantir l’étanchéité de la frontière dans le déni des règles de droit, analyse l’institution pilotée par la magistrate Adeline Hazan (ex-élue socialiste). Dans ce contexte de pression politique, les fonctionnaires de police accomplissent leurs missions “à la chaîne”. » D’urgence, « il revient à l’État d’assurer la mise en œuvre de procédures respectueuses des droits des personnes ». À ce stade, toutefois, le ministre de l’intérieur, sollicité par le CGLPL, n’a toujours formulé aucune remarque, ni démenti d’ailleurs.

      Que se passe-t-il exactement avec les mineurs isolés ? « Ils ne font pas l’objet d’un traitement différent de celui des adultes », s’indignent les contrôleurs. Le devraient-ils, en droit ? Si l’obligation de prise en charge par la France est inconditionnelle une fois qu’ils sont entrés sur le territoire, la procédure de « non-admission » en cas d’interpellation en zone frontalière peut bien leur être appliquée. Comme les adultes, ils écopent alors d’un « refus d’entrée » (document de trois pages obligatoirement remis par un fonctionnaire de la PAF).

      Cependant, à la différence des majeurs, leur renvoi n’est alors autorisé qu’à l’issue d’un « jour franc », et la justice doit en être informée au préalable, afin qu’elle désigne un administrateur ad hoc pour assister l’enfant, défendre ses intérêts. Lors du passage du CGLPL à Menton, aucune de ces deux conditions n’était respectée.

      Saisi en janvier et février 2018 par diverses associations, le tribunal administratif de Nice a d’ailleurs mis en échec le réacheminement d’une vingtaine de mineurs (Soudanais, Érythréens, etc.), au motif qu’ils n’avaient pas bénéficié du « jour franc ». Quant au Défenseur des droits, Jacques Toubon, il vient d’estimer à son tour, dans une décision publiée le 31 mai, que cette pratique était « contraire à la Convention internationale des droits de l’enfant » ainsi qu’« au droit français », tout bonnement, au point de « demander instamment » au préfet des Alpes-Maritimes « d’y mettre fin » et au ministre de l’intérieur « de veiller à la bonne application de [cette] recommandation ».

      Qu’à cela ne tienne ! Dans le projet de loi « asile et immigration » de Gérard Collomb (examiné ces jours-ci Sénat), un amendement a été discrètement glissé qui prévoit de faire sauter ce fameux « jour franc »… « On est dans une espèce de jeu de go, s’attriste Me Mireille Damiano, auteure du référé victorieux devant le tribunal de Nice et membre du Syndicat des avocats de France, attablée dans un café de Menton. On met un pion blanc ? Paf, ils mettent un pion noir en face. »

      https://www.mediapart.fr/journal/france/050618/la-frontiere-italienne-la-police-prive-des-migrants-mineurs-de-leurs-droit

  • I migranti minorenni come in un gioco dell’oca

    Bambini perquisiti, lasciati nudi davanti agli adulti, tra urla, calci e spinte. Trattati come merci deteriorate, buone solo per essere rispedite al mittente. Accade ai confini italiani, in quell’Europa dall’identità incerta pronta a respingere nonostante l’obbligo di garantire protezione. È la denuncia contenuta in un rapporto di Intersos.


    https://www.tvsvizzera.it/tvs/rapporto-di-intersos_i-migranti-minorenni-come-in-un-gioco-dell-oca/43833712
    #frontière_sud-alpine #asile #migrations #réfugiés #mineurs_non_accompagnés #enfants #enfance #MNA #frontières #Côme #Chiasso #Vintimille #Autriche #Italie #Suisse #France #Brenner #renvois #expulsions #disparition #Bardonecchia #montagne #Col_de_l'Echelle

    • Gli arrivi in Italia dei MSNA negli ultimi anni

      In questo contesto, se la normativa italiana sta facendo notevoli progressi per quanto concerne la tutela del minore non accompagnato, non si può dire altrettanto di quella comunitaria volta ad avere un’impronta securitaria e non solidale. A trattare, cioè, il fenomeno degli MSNA come mera questione di ordine pubblico e non come categoria da tutelare sempre e comunque.
      In tal senso, lampante è il comportamento della polizia francese al confine di Ventimiglia. E cioè l’identificazione come maggiorenni di ragazzini che si dichiarano minorennie che tali erano stati riconosciuti dallo Stato Italiano.
      Quindi, trattasi di minori stranieri non accompagnati rispediti dalla Francia all’Italia come maggiorenni. Oppure in Svizzera, dove numerose sono le denunce per casi in cui il minore è stato costretto a spogliarsi dinanzi ad altre persone per le perquisizioni. O in Austria, dove al minore viene negato l’inizio dell’iter per la protezione internazionale e dove regnano i respingimenti collettivi sistematici.

      http://www.meltingpot.org/SOS-Minori-Stranieri-Non-Accompagnati.html
      #âge #mineurs #adultes

    • Frontiera di Ventimiglia. Minori stranieri rinviati in Italia come maggiorenni: lettera di denuncia alla Commissione europea e alle autorità italiane

      Una dura condanna nei confronti dei respingimenti di minori stranieri non accompagnati (MSNA) effettuati dalle autorità francesi alla frontiera di Ventimiglia, ma anche delle violazioni dei diritti dei MSNA perpetrate in Italia.

      È quanto si legge in una lettera inviata alla Commissione europea e alle autorità italiane da ASGI (Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione), INTERSOS, Terres des Hommes Italia, Oxfam Italia, Caritas Diocesana di Ventimiglia – Sanremo e Diaconia Valdese.

      La lettera si rivolge alla Commissione europea chiedendo di verificare se le competenti autorità italiane e francesi abbiano violato la normativa europea, valutando se sussistano gli estremi per l’apertura di una procedura d’infrazione.

      Al Ministro dell’Interno si richiede di rafforzare le “ispezioni nei centri di accoglienza e di garantire un’adeguata informazione ai MSNA in merito al diritto al ricongiungimento”, sottolineando in particolare come “solo se le procedure di ricongiungimento diventeranno più celeri potrà ridursi il numero di minori che tentano di raggiungere i parenti attraversando irregolarmente le frontiere interne all’Unione europea”.

      Infine, al Ministro degli Affari Esteri, le organizzazioni rivolgono la richiesta di “adottare nei confronti delle competenti autorità francesi tutte le misure necessarie affinché cessino i respingimenti illegittimi di MSNA”.

      Gravi le violazioni registrate nel monitoraggio alla frontiera da parte delle autorità francesi e già oggetto del rapporto “Minori stranieri non accompagnati lungo le frontiere nord italiane” promosso da INTERSOS con il supporto di Open Society Foundation nel corso del 2017.
      “Come è noto – si legge nella lettera – ai sensi del Regolamento Dublino e della giurisprudenza della Corte di Giustizia europea, i minori non accompagnati che presentano domanda d’asilo in Francia, non possono essere rinviati in Italia: a differenza degli adulti, infatti, ai MSNA non si applica il criterio del paese di primo ingresso. Nel caso in cui invece il minore non manifesti la volontà di presentare domanda d’asilo in Francia (spesso perché non adeguatamente informato di tale diritto), e venga fermato nella zona di frontiera, le autorità francesi potranno respingerlo in Italia. La normativa francese stabilisce però precise garanzie che devono essere rispettate nel caso di respingimento di un MSNA: in particolare deve essere nominato un tutore provvisorio (c.d. “administrateur ad hoc”) e il respingimento non può essere effettuato prima del termine di 24 ore (c.d. “jour franc”)”.

      Tali norme e garanzie vengono costantemente disattese dalla polizia di frontiera francese. Non solo i minori fermati non vengono messi nella condizione di presentare domanda di asilo, ma il respingimento viene effettuato immediatamente, senza che sia nominato l’“administrateur ad hoc” e senza attendere la scadenza del termine di 24 ore previsto dalla legge francese. Un comportamento che espone i minori, che tentano nuovamente di attraversare la frontiera, al controllo dei trafficanti e in alcuni casi al rischio della vita.

      Il Tribunale di Nizza, con ordinanza del 22 gennaio 2018, ha riconosciuto per le prima volta le violazioni delle garanzie previste dalla normativa francese, ordinanza ribadita in seguito di fronte ad altri 20 ricorsi. “Successivamente alle decisioni del Tribunale di Nizza – sottolineano le organizzazioni – abbiamo osservato da parte della polizia francese l’introduzione di una pratica di identificazione come maggiorenni di persone che si dichiarano minorenni e che erano state precedentemente identificate come minorenni in Italia”.

      Gravi le mancanze anche dal lato italiano, legate in particolare all’estrema lunghezza dei tempi di esame delle domande di ricongiungimento famigliare, alla mancata informazione nei confronti d minori e alle condizioni dei centri di accoglienza. “In molte città – affermano le organizzazioni – i minori non riescono a presentare domanda d’asilo e quindi avviare la richiesta di ricongiungimento se non dopo molti mesi dall’arrivo, in violazione delle norme italiane ed europee che stabiliscono l’obbligo della questura di formalizzare la domanda di protezione internazionale entro tre giorni dalla manifestazione di tale volontà da parte del richiedente, prorogabili di dieci giorni lavorativi in presenza di un elevato numero di domande”.

      Nel monitoraggio effettuato a Ventimiglia, “molti minori, anche dopo diversi mesi dal loro arrivo, non erano stati iscritti a scuola né a corsi di formazione, non era stato loro rilasciato un permesso di soggiorno né avevano potuto presentare domanda d’asilo, non avevano un tutore né altre figure adulte di riferimento che si prendessero cura di loro. Alcuni hanno lamentato addirittura il mancato soddisfacimento di bisogni primari, quali la disponibilità di cibo, vestiti e spazi adeguati, e l’inadeguata protezione da violenze e abusi”.

      “Fino a quando non miglioreranno le condizioni di accoglienza – concludono quindi le organizzazioni – un elevato numero di minori continueranno ad allontanarsi dalle strutture, per cercare altrove migliori opportunità. Si ricorda come, al 28 febbraio 2018, 4.307 MSNA risultavano irreperibili, essendosi allontanati dalle strutture di accoglienza in cui erano stati collocati”.

      http://www.meltingpot.org/Frontiera-di-Ventimiglia-Minori-stranieri-rinviati-in.html

  • MIGRANTI. VENTIMIGLIA, SUL ROIA OLTRE 200 ALLO STREMO. UNO SU TRE È MINORE

    La denuncia di Oxfam e Diaconia Valdese. «Costretti in un limbo: sono fantasmi, in una condizione di spaesamento, isolamento e abbandono». Inammissibile il respingimento dei minori migranti e appello all’Ue per il rispetto della normativa europea e per la creazione di canali sicuri per le persone in fuga

    http://minoristranierinonaccompagnati.blogspot.fr/2017/12/migranti-ventimiglia-sul-roia-oltre-200.html
    #Roya #vallée_de_la_roya #mineurs #mna #mineurs_non_accompagnés #France #frontières #Italie #Vintimille #refoulement #push-back

  • The French farmer smuggling migrants in the Alps

    Crossing that border is part of Herrou’s daily life, he explained to me, as we sat at one end of a long table. “You have to understand,” he said, “it’s not like in my head I go to one country, I go to another. When I buy chickens, I go to Ventimiglia. If I go to the beach, I go to Ventimiglia. Ventimiglia, the Roya valley – it’s chez moi.”

    https://www.newstatesman.com/sites/default/files/styles/thumb_730/public/Longreads_2017/09/2017_39_trilling_opener.jpg?itok=EpjmZiX5

    https://www.newstatesman.com/world/europe/2017/09/french-farmer-smuggling-migrants-alps?amp
    #passeurs #asile #migrations #réfugiés #Cédric_Herrou #La_Roya #frontières #Italie #France #Vintimille #frontière_sud-alpine

  • https://mars-infos.org/niet-editions-sort-2-nouveaux-2548- Marseille Infos Autonomes

    https://mars-infos.org/home/chroot_ml/ml-marseille/ml-marseille/public_html/local/cache-vignettes/L300xH200/arton2548-8a4d5.jpg?1504798939

    Le collectif d’édition Niet ! a le plaisir de vous annoncer la sortie de deux livres sur les luttes récentes aux frontières de l’Hexagone : Calais et Vintimille. A partir de nombreux entretiens avec des personnes migrantes et des « soutiens », ces petits ouvrages permettent de revenir sur les politiques répressives de l’Etat français, sur le rôle des « associatifs/caritatifs » et sur les luttes et révoltes pour la survie et la liberté de circulation...

    #MarseilleInfosAutonomes #MIA #MédiasLibres #Mutu #Niet #Calais #Vintimille